Post on 16-Feb-2019
transcript
Educare.it - SCUOLA
DOI: 10.4440/201603/franco
© Educare.it (rivista on line - ISSN: 2039-943X) - Vol. 16, n. 3 – Marzo 2016 24
Il “Learning Object” come strategia per una nuova di-dattica delle Scienze della Terra
Roberto Franco
laureato in Scienze Geologiche, esperto in Sistemazione bacini montani e difesa del suolo. Socio della Società Italiana di Geologia Ambientale. Docente di Scuola Superiore di Secondo grado, ha pubblicato diversi contributi scientifici su riviste nazionali ed internazionali, oltre al libro: Alburchia, la montagna incantata. Un contributo della Geoarcheologia alla cono-scenza, tutela e valorizzazione di un sito della Sicilia centro-settentrionale.
L’articolo fornisce una approfondita dissertazione sugli oggetti di appren-
dimento (LO) che le moderne tecnologie rendono disponibili per una didat-
tica sempre più centrata sull’allievo. I LO vengono analizzati sul piano con-
tettuale, pedagogico e didattico. In conclusione, l’autore presenta
un’esperienza didattica condotta in prima persona con l’impiego di LO.
Introduzione
Negli ultimi decenni la scuola e, conse-
guentemente, la vita scolastica sono cambia-
te radicalmente. Basti solamente pensare ai
processi di globalizzazione e ai crescenti
flussi migratori che determinano una popo-
lazione scolastica eterogenea, portatrice di
culture e valori plurimi. Questa diversità
può essere declinata, anche, secondo altri
parametri come l’età, il sesso, la provenien-
za socio-culturale, la personalità, le attitudi-
ni, le “intelligenze”, gli stili di apprendi-
mento, le motivazioni, le convinzioni, gli at-
teggiamenti.
Da questo spaccato parte l’esperienza
quotidiana di ogni insegnante: percepire la
sensazione delle difficoltà di gestire
l’eterogeneità, ossia la presenza di differen-
ze individuali all’interno del gruppo classe.
“Io sono uno, e loro sono trenta”, è
un’affermazione ricorrente durante dibattiti,
lavori di gruppo, seminari di aggiornamento
tra insegnanti. Dietro questa constatazione,
banale quanto significativa, si percepiscono
spesso la preoccupazione, il disagio,
l’insoddisfazione derivanti da uno dei di-
lemmi forse più acuti che un insegnante può
vivere, pari forse soltanto a quello, altrettan-
URL: http://www.educare.it/j/temi/scuola/didattica/3227
© Educare.it (rivista on line - ISSN: 2039-943X) - Vol. 16, n. 3 - Marzo 2016 25 25
to “sofferto”, relativo alla educazio-
ne/formazione degli alunni.
Il dilemma si riassume nel desiderio, da
parte dei docenti, di “personalizzare” quan-
to più l’insegnamento, anche dinanzi alle e-
sigue risorse personali e istituzionali dispo-
nibili.
Le metodologie didattiche più innovative
sottolineano la centralità
dell’apprendimento personale e dell’aiuto
reciproco per valorizzare le competenze di
ciascuno, grazie anche alle innovazioni tec-
nologiche che hanno consentito lo sviluppo
di strumenti e strategie del tutto inedite e,
con esse, la predisposizione di nuovi am-
bienti di apprendimento, plurali e flessibili.
La scuola è chiamata a interpretare tutto
ciò, a diventare laboratorio di formazione,
contesto in cui più che trasmettere cono-
scenze si crei supporto verso la formazione
di una cittadinanza attiva. Al centro di essa
non c’è più l’insegnamento ma
l’apprendimento, non più le conoscenze, il
sapere, ma il “saper fare” che renda capaci
di comprendere i costanti cambiamenti e di
muoversi agevolmente in essi.
Il lavoro del docente è perciò cambiato:
da esperto che elargisce conoscenze è diven-
tato guida, facilitatore, supporto per un ap-
prendimento autonomo, nella costruzione
attiva della conoscenza da parte degli allie-
vi. In che modo? Costruendo attorno a chi
apprende delle “impalcature” (scaffolding),
dei supporti a cui il discente potrà attingere
secondo le sue necessità.
Non solo: l’attenzione si è sempre più
concentrata sulla diversità umana, sui biso-
gni formativi di ciascuno, sui personali stili
di apprendimento e di pensiero. La scuola
deve perciò divenire flessibile, comprende-
re, valorizzare e adeguarsi alle differenze.
Solo rispondendo adeguatamente ai diversi
bisogni essa può diventare davvero inclusi-
va e le tante buone intenzioni possono con-
cretamente divenire buone prassi, in termini
di “individualizzazione” e “personalizza-
zione”.
L’obiettivo principale è quello di creare
una scuola per tutti e per ciascuno. Al centro
dell’azione didattica non c’è più il lavoro del
docente ma quello degli allievi.
Ben vengano dunque le attività diversifi-
cate, i laboratori didattici, gli ambienti di
apprendimento costruiti con il supporto del-
le tecnologie informatiche, i prodotti didat-
tici audiovisivi, multimediali, interattivi, ric-
chi di possibilità di accesso.
L’e-learning è - con le parole della Com-
missione Europea - “l’istruzione di doma-
ni”. È il nuovo modo di studiare reso possi-
bile dalle tecnologie dell’informazione e del-
la comunicazione.
I learning objects (LO) sono attualmente al
centro dell’attenzione nel mondo dell’e-
learning proprio perché sembrano dare una
risposta a esigenze molto sentite nella for-
mazione aziendale, nell’aggiornamento pro-
fessionale e, soprattutto, nella didattica tra-
dizionale.
Il concetto di LO
Si parla comunemente di LO per indicare
un tipo di contenuto formativo utilizzabile a
supporto dell’apprendimento (Khan, 2004).
A dire il vero i LO sembrano essere una
delle realtà più soggette a definizione
nell’ambiente dell’e-learning. Le definizioni
di LO sono tante quanti sono coloro che ne
parlano. Solo per citare le due più conosciu-
te, l’Institute of Electrical and Electronics Engi-
neers (IEEE) definisce i LO come «qualsiasi
entità digitale o non digitale, che può essere
usata, riusata e alla quale fare riferimento
URL: http://www.educare.it/j/temi/scuola/didattica/3227
© Educare.it (rivista on line - ISSN: 2039-943X) - Vol. 16, n. 3 – Marzo 2016 26
durante l’apprendimento supportato dalla
tecnologia» (IEEE, 2002).
David Wiley, uno dei più famosi teorici
dei LO, li definisce come «ogni risorsa digi-
tale che può essere riutilizzata per supporta-
re l’apprendimento» (Wiley, 2000).
Definizioni a parte, il concetto che è alla
base degli oggetti di apprendimento trova la
sua origine nella programmazione informa-
tica object oriented, in cui vengono creati
componenti (gli object, appunto) indipen-
denti e assemblabili di volta in volta in con-
testi diversi e per raggiungere diversi obiet-
tivi (Bianchi, 2003).
Da questa prospettiva è possibile vedere
un LO in un qualsiasi materiale informativo:
video, esercizio di matematica o ipertesto
che sia.
E’ importante che un LO venga visto co-
me un’unità di conoscenza autoconsistente,
con un obiettivo didattico ben definito, di
dimensioni ridotte, usabile e riusabile in di-
versi contesti di apprendimento, sia didattici
che tecnologici, facilmente reperibile tramite
apposite descrizioni o metadati (Alvino &
Sarti, 2005). Questi ultimi vengono conside-
rati “dati sui dati”, ovvero descrizioni di
contenuto (Fini & Vanni, 2004). L’esempio
classico che si fa per spiegare la loro funzio-
ne è quello dei cataloghi delle biblioteche,
che, relativamente ai libri, contengono in-
formazioni su autore, anno di pubblicazione
soggetto e altro. Attraverso queste informa-
zioni è possibile reperire esattamente un do-
cumento che si cerca (Petrucco, 2002).
Una delle caratteristiche dei LO è la riusa-
bilità: in situazioni diverse si dovrebbe, al-
meno teoricamente, poter usare lo stesso
oggetto di apprendimento, per questo è im-
portante che esso sia reperibile con facilità.
Correlata alla riusabilità è la modularità
dell’oggetto, o autosussistenza, cioè la capa-
cità del LO di rappresentare un’unità auto-
noma e indipendente dal contesto d’uso. Più
unità autonome possono essere aggregate
insieme a formare un’unità di apprendimen-
to.
L’autonomia del LO dipende a sua volta
dalla sua granularità. Questa è rappresentata
dalla grandezza minima dell’oggetto e dal
numero di componenti l’un l’altro indipen-
denti da cui è formato, ed è legata
all’ambiente in cui l’oggetto nasce: più am-
pie sono le dimensioni del LO minore sarà la
sua granularità e quindi, sostanzialmente, la
riusabilità in contesti diversi da quello per
cui è stato pensato.
LO e cornice pedagogica
I LO sono attualmente al centro di un
ampio dibattito, che interessa tutti gli aspetti
intrinseci alla natura stessa degli oggetti, al-
la loro effettiva reperibilità e riutilizzabilità
nei vari ambienti di apprendimento.
Dopo un primo momento in cui la defini-
zione stessa di LO sembrava poter essere at-
tribuita a qualsiasi risorsa di tipo digitale,
purché corredata di metadati e in linea con
le specifiche e gli standard internazionali, si
sono aperte questioni, che si possono defini-
re emergenze, che mettono in discussione la
concettualizzazione, le teorie paradigmati-
che e i criteri di qualità di un LO.
Un nodo che ancora è in via di risoluzio-
ne, è la valenza educativa e formativa dei
LO in relazione ai contesti, agli obiettivi, ai
destinatari, alle strategie didattiche. Una
tecnologia didattica incorpora sempre una
filosofia educativa, e i LO non fanno certa-
mente eccezione. D’altra parte, chi si occupa
di tecnologie dell’educazione mette sempre
al centro della sua visione un’attenta valuta-
zione delle tipologie dell’apprendimento e
URL: http://www.educare.it/j/temi/scuola/didattica/3227
© Educare.it (rivista on line - ISSN: 2039-943X) - Vol. 16, n. 3 - Marzo 2016 27 27
delle dinamiche cognitive potenzialmente
attivabili, e sa che informazione non vuol di-
re conoscenza, che ambiente comunicativo
non vuol dire apprendimento (Calvani,
2004).
Una riflessione attenta è indispensabile,
in particolare, all’interno dello scenario sco-
lastico, dove si stanno introducendo i LO, ed
è prevedibile che in un prossimo futuro si
farà un uso sempre più massiccio di questo
nuovo strumento didattico.
Ci si trova quindi a dover riflettere su
quale sia la strada praticabile di
un’educazione con i media, ricercando le re-
ali opportunità che questi offrono per favo-
rire l’apprendimento e potenziare le espe-
rienze cognitive, attraverso una visione cri-
tica che ne valuti la non intrusività e il con-
trappeso formativo (Alvino et alii, 2007).
Le domande da porsi sono pertanto le più
svariate. Innanzitutto, quali caratteristiche
deve possedere un oggetto di apprendimen-
to multimediale, affinché da semplice sup-
porto possa evolvere in un vero strumento,
capace non solo di veicolare informazioni,
ma anche e soprattutto di favorire
l’acquisizione di conoscenza significativa e
lo sviluppo di competenze? Quali sono le
reali possibilità di utilizzo in riferimento alle
aspettative di un insegnante, che intenda fa-
cilitare e favorire l’apprendimento attraver-
so questo strumento multimediale? Quali
sono le condizioni che rendono effettiva-
mente utilizzabile un LO all’interno di un
percorso formativo? Si può pensare a un LO
come a un oggetto pedagogicamente “neu-
tro” (quindi utilizzabile e riutilizzabile, tout
court, in qualsiasi contesto) oppure è neces-
sario conoscere e valutare il modello didatti-
co che sottende e in base a questo operare le
proprie scelte progettuali? A quali nuove
frontiere potrà aprirsi la filosofia e la tecnica
degli LO?
Partendo dall’assunto che il valore di un
percorso formativo non risiede solo nel con-
tenuto, ma anche e soprattutto nella cornice
pedagogica, nelle metodologie e strategie
adottate per ottenere una comprensione pro-
fonda e raggiungere un apprendimento si-
gnificativo, è necessario porre attenzione al-
la struttura didattica che comunque un LO
prevede. Questo, infatti, non si configura
come un semplice assemblaggio di informa-
zioni, ma porta con sé una progetto educati-
vo, finalizzato al raggiungimento di un pre-
ciso obiettivo di apprendimento (Bevilac-
qua, 2011).
Da qui la necessità di una valutazione cri-
tica dell’oggetto, tesa a valutarne le reali
possibilità di impiego in un contesto diverso
da quello per cui è stato creato, evitando
forzature che comporterebbero impieghi
impropri sul piano educativo.
Di fondamentale importanza è quindi la
scelta delle linee progettuali che guidano la
costruzione di un LO, che dovrebbero rifug-
gire da una concezione ingegneristica della
conoscenza, per orientarsi invece verso pa-
radigmi di stampo costruttivista, che pon-
gono al centro di un processo formativo il
soggetto che apprende e lo rendono prota-
gonista attivo del suo percorso di appren-
dimento (Alvino & Sarti, 2004).
Il valore aggiunto di un LO risiede infatti
nella funzione di supportare, facilitare, favo-
rire la comprensione profonda,
l’apprendimento significativo e lo sviluppo
di abilità e competenze. L’attenzione deve
quindi rivolgersi alla cornice pedagogica di
riferimento, entro cui l’oggetto didattico as-
sume significato e si configura come stru-
mento, come mezzo per il raggiungimento
URL: http://www.educare.it/j/temi/scuola/didattica/3227
© Educare.it (rivista on line - ISSN: 2039-943X) - Vol. 16, n. 3 – Marzo 2016 28
di un chiaro e ben definito obiettivo di for-
mazione.
Ancora una volta, il docente, sebbene i
suoi ruoli si siano diversificati, rimane
l’insostituibile regista del processo formati-
vo.
Progettare un LO: dieci punti per ini-ziare
Se si volesse riassumere in un decalogo la
progettazione didattica di un LO, la si po-
trebbe chiamare “lo standard del buon sen-
so” (Penge, 2006). In breve:
1. Ogni LO può essere almeno immaginato
come un elemento autonomo di una
struttura più grande. Anche se nel pro-
getto didattico il LO è un unicum, è pos-
sibile, per esempio, che in seguito venga
inserito in un repository pubblico, o per lo
meno che venga pubblicato sul web e
che sia soggetto a essere reperito attra-
verso i normali motori di ricerca.
2. Oltre al titolo, il LO dovrebbe avere una
serie di parole chiave che ne descrivano
il contenuto e che ne permettano even-
tualmente l’inquadramento in contesti
diversi da quelli in cui è nato.
3. Allo stesso modo è opportuno annotare
sempre la data di rilascio del LO.
4. Scegliere un formato dei dati il più pos-
sibile pubblico, diffuso e aperto. Inoltre
un formato aperto ne aumenta le speran-
ze di “vita”, cioè di non obsolescenza.
5. Curare l’interfaccia del LO in modo da
tenere in considerazione gli aspetti di e-
cologia digitale.
6. Il rispetto degli standards (interfacce,
formato dei dati, ecc.) non è soltanto a-
deguamento a una norma. C’è un aspetto
per il quale “standard” non è legato ad
automazione, ma al rispetto degli altri,
dei loro stili cognitivi e delle loro abilità.
Molti software oggi consentono a un non
vedente di ascoltare documenti testuali,
purché realizzati secondo alcune regole
di base. E oltre alle disabilità sensoriali ci
sono quelle cognitive, che sono forse (pa-
radossalmente) meno considerate quan-
do si progettano materiali didattici digi-
tali.
7. La manualistica è di solito la parte più
carente di ogni prodotto didattico. Per-
ché un LO sia efficace è necessario che
sia accompagnato da informazioni paral-
lele che ne inquadrano l’uso.
8. Il supporto tecnico offerto all’utente è un
altro elemento fondamentale. Dichiarare
la propria disponibilità ad aiutare chi de-
sidera utilizzare un LO che si è prodotto
è a volte l’elemento che fa la differenza
tra un uso produttivo e uno di routine.
9. La collaborazione a distanza - che è il
passo successivo al precedente - è sem-
pre meno un oggetto di ricerca universi-
taria e sempre più una modalità di lavo-
ro possibile, grazie alla diffusione di
internet e alla disponibilità di strumenti
di collaborazione su web open source e
gratuiti.
10. Un discorso che stranamente resta spes-
so fuori dalle discussioni sui LO, ma che
è legato a quello sulla collaborazione, è
quello sulle licenze e il diritto d’autore.
Investire nella creazione di LO può esse-
re un’attività redditizia quando si esce
dal domino dell’educational e si entra in
quello dell’istruzione tecnica specialisti-
ca.
LO nella didattica delle Scienze
Da un punto di vista pedagogico, l’analisi
della letteratura scientifica in riferimento ai
URL: http://www.educare.it/j/temi/scuola/didattica/3227
© Educare.it (rivista on line - ISSN: 2039-943X) - Vol. 16, n. 3 - Marzo 2016 29 29
LO, al di là della diversità delle terminologie
utilizzate nelle singole concettualizzazioni,
fa emergere in definitiva cinque categorie di
caratteristiche metodologico-didattiche che
dovrebbero caratterizzarli, soprattutto
quando ci si riferisce all’ambito scientifico
(Guerra, 2006).
La categoria formativa dell’individualiz-
zazione riguarda la necessità di utilizzare
strategie didattiche differenziate per consen-
tire a tutti gli studenti di raggiungere un
medesimo obiettivo. Il concetto didattico
che sostiene questa categoria prevede che
l’obiettivo formativo (nozione, competenza,
abilità, ecc.) rimanga identico per tutti gli
studenti, ma poiché essi sono diversi richie-
de che si utilizzino procedure didattiche
che, rispettando appunto tale diversità, con-
sentano effettivamente a tutti il raggiungi-
mento dell’obiettivo stesso.
La categoria formativa della personalizza-
zione riguarda l’opportunità di consentire
agli studenti di perseguire obiettivi formati-
vi diversi, in funzione d’identiche o diffe-
renti strategie didattiche utilizzate. Il concet-
to didattico che sostiene questa categoria
prevede che lo studente possa far valere la
peculiarità soggettiva delle sue motivazioni,
aspirazioni e risorse nella scelta degli obiet-
tivi formativi da perseguire e nella messa a
punto delle strategie didattiche per rag-
giungerli.
L’approccio costruttivista capovolge le logi-
che tradizionali del curricolo “discendente”,
ponendo al centro del percorso di appren-
dimento il ruolo attivo dello studente nella
costruzione del proprio sapere: un ruolo
possibile se il percorso di studio insiste sul
processo di apprendimento piuttosto che sul
prodotto e se viene quindi costantemente
valorizzata l’esperienza diretta dello studen-
te, la sua attività di ricerca e di riflessione.
L’interazione tra studente e docente. Difficili
sul piano tecnico e comunque occasionali le
possibilità di un incontro studente/docente
con finalità di sostegno dell’apprendimento
e di recupero. Del tutto non previste, se non
in casi eccezionali, le funzioni di counselling,
di accompagnamento metodologico, di at-
tenzione al contesto personale e sociale
dell’apprendimento. La letteratura consulta-
ta concorda nell’individuare per l’e-learning
(e quindi anche per i LO) la necessità di ga-
rantire strutturalmente forme continuative
di rapporto studente/docente e di farlo po-
nendo in essere figure di docenza/assistenza
all’apprendimento differenziato: il tutor,
l’esperto disciplinare, il mentor, il coach.
L’interazione tra studenti. In ambiente for-
mativo tradizionale era in sostanza di tipo
competitivo con qualche elemento collabo-
rativo occasionale di carattere imitativo. La
pianificazione di un ambiente di e-learning
di buona qualità didattica e, di conseguenza,
la progettazione dei singoli LO che ne costi-
tuiscono i contenuti, non può oggi non pre-
vedere la conduzione di forme adeguate di
collaborazione fino a giungere alle frontiere
più innovative del cooperative learning.
Didattica delle Scienze mediante i LO. Un esempio di Earth learning
La lezione tradizionale, che rimane anco-
ra la modalità più diffusa per la comunica-
zione di idee e di concetti nelle scuole italia-
ne, rappresenta l’occasione più favorevole
per consigliare l’attività di problem solving e
la costruzione di LO.
In questa sede si vuole riportare un e-
sempio, dei tanti realizzabili, di Earth lear-
ning che aiuti gli studenti di scuola superio-
re di secondo grado a capire la teoria della
Tettonica delle Placche con particolare rife-
URL: http://www.educare.it/j/temi/scuola/didattica/3227
© Educare.it (rivista on line - ISSN: 2039-943X) - Vol. 16, n. 3 – Marzo 2016 30
rimento a come si formano le montagne con
le relative pieghe e faglie (Greco, 2009).
La domanda principale iniziale può esse-
re la seguente: quali sono i prodotti nella
formazione delle montagne?
In fase preliminare è utile mostrare agli
studenti il fossile di un’ammonite, creatura
marina estinta, vissuta e morta in mare, che
tuttavia è stata ritrovata in una roccia a
un’altezza di 5000 metri sull’Himalaya. Co-
me è possibile? Spiegare che l’Himalaya si è
formata quando l’India è entrata in collisio-
ne con l’Asia e di conseguenza il subconti-
nente indiano è stato spinto verso quello a-
siatico da processi legati a movimenti delle
placche tettoniche.
A questo punto si può ricostruire quello
che è successo agli strati di rocce sul fondo
marino che si erano depositati tra le due
placche.
Si creerà un modello che simulerà il mo-
do in cui si formano deformazioni duttili e
fragili nelle montagne a causa di pressioni
laterali.
Questo LO sarà composto da foto e da un
filmato, accompagnati da una scheda di pre-
sentazione (tab. 1), da una mappa concettua-
le e da un test di valutazione finale. Attra-
verso esso gli studenti saranno in grado sia
di comprendere e descrivere come le forze
laterali possono produrre pieghe e faglie in
materiali stratificati, sia di spiegare come si
può essere formata, se le forze sono abba-
stanza grandi, una catena montuosa parten-
do da rocce stratificate.
Considerazioni conclusive
Il fenomeno LO si colloca dentro una del-
le aree in cui lo sviluppo della didattica è vi-
sto come strettamente connesso con la cre-
scita dei media. L’obiettivo è di rendere le
pratiche della formazione il più coerente
possibile con le caratteristiche di novità che
sono proprie delle tecnologie digitali: si trat-
ta di novità che hanno a che fare con la riar-
ticolazione disciplinare e semiotica dei con-
tenuti dell’apprendimento/insegnamento,
con la ridefinizione in chiave attiva e co-
struttiva del ruolo di chi apprende, con la
possibilità di far condividere le esperienze
dell’insegnare e dell’apprendere. Sono in
gioco questioni che investono l’intimo della
teoria e della pratica della formazione.
Va chiarito, però, che non c’è soluzione
tecnica che valga se i problemi sono soprat-
tutto di ordine epistemologico, pedagogico,
didattico. È però evidente che l’innovazione
tecnologica permette, comunque, di avere
una vista più diretta e precisa sulla natura
dei problemi in gioco.
Quella dei LO non è la soluzione dei clas-
sici problemi della didattica, ma la combina-
zione di alcuni di questi e, nello stesso tem-
po, l’apertura di nuovi.
Tab. 1 – Esempio di scheda di presentazione di un LO.
Titolo L’Himalaya in 30 secondi!
Obiettivi Produrre in miniatura, in una scatola, una montagna con una serie
di pieghe.
Ambito scolastico Primo biennio di scuola secondaria di secondo grado.
Prerequisiti teorici Conoscenza storica ed evolutiva della teoria Tettonica delle Plac-
URL: http://www.educare.it/j/temi/scuola/didattica/3227
© Educare.it (rivista on line - ISSN: 2039-943X) - Vol. 16, n. 3 - Marzo 2016 31 31
e sperimentali che.
Conoscenza della connessione tra catene montuose e placche tet-
toniche.
Materiali Una piccola scatola rettangolare trasparente di plastica o di vetro;
una tavoletta della misura del lato minore della scatola; sabbia a-
sciutta; farina, o un’altra polvere con colore contrastante a quello
della sabbia.
Descrizione della
Procedura
Disporre diversi strati di sabbia asciutta e farina in un contenitore
trasparente. Qualsiasi polvere con colore diverso dalla sabbia può
essere usato per alternare gli strati. La scatola va riempita per me-
tà.
Facendo molta attenzione, spingere la tavola attraverso la scatola,
così da iniziare a comprimere gli strati di sabbia e farina, ferman-
dosi ogni tanto per osservare i risultati. Di solito, gli strati forma-
no delle pieghe, e alcune di loro diventano rovesciate.
Può succedere che in una serie di strati si formi una faglia.
La superficie superiore della sabbia si alza verso l’alto nella scato-
la, imitando il sollevamento degli strati rocciosi che formano le
montagne come l’Himalaya.
Dati sperimentali Gli alunni, durante la durata dell’esperimento, hanno
l’opportunità di osservare, sequenza per sequenza, gli effetti della
deformazione a causa delle spinta laterale prodotta dallo scivola-
mento della tavoletta.
Discussione e va-
lutazione dei ri-
sultati
Le forze agiscono sulle rocce provocandone le deformazioni.
Quando la tavoletta viene mossa sulla sabbia si applica una forza
che genera attrito, provocando le pieghe e anche il sollevamento,
agendo contro la forza di gravità.
Le deformazioni plastiche (pieghe) normalmente precedono le de-
formazioni fragili (faglie).
Estensione
dell’esperienza
Questa attività può essere utilizzata come un’estensione di una le-
zione di fisica sulle forze, o per aiutare a capire il modo con il qua-
le le forme della superficie terrestre possono influenzare il sistema
meteorologico, come ad esempio i monsoni in geografia.
BIBLIOGRAFIA
Alvino S., Fini A. & Sarti L. (2007), Oltre i Learning Object: dal modellare i contenuti al modellare i processi didattici, in: Delogu C. (a cura di), “Tecnologia per il web learning: realtà e scenari”, Firenze University Press, 49-70.
Alvino S. & Sarti L. (2004), Learning Objects e Costruttivismo, in: “Atti del convegno Didamatica”, 761-772.
Alvino S. & Sarti L. (2005), Learning Objects, strategie e mediazione didattica, in: “Journal of e-Learning and Knowledge Society - The Italian e-Learning Association Journal”, Issue 1 - n. 1 - April 2005.
URL: http://www.educare.it/j/temi/scuola/didattica/3227
© Educare.it (rivista on line - ISSN: 2039-943X) - Vol. 16, n. 3 – Marzo 2016 32
Bevilacqua B. (2011), Apprendimento significativo mediato dalle tecnologie, in: “Rivista Scuola IaD, 4.
Bianchi F. (2003), Che cosa sono i Learning objects. Tesi di laurea, Università degli Studi di Torino.
Calvani A. (2004), Che cos’è la Tecnologia dell’Educazione, Carrocci, Roma.
Fini A. & Vanni L. (2004), Learning object e metadati. Quando, come e perché avvalersene, in: “I quaderni di Form@re”, Erickson.
Greco R. (2009), Earth Learning Idea: idee per insegnare le scienze della Terra nella scuola, in: “Geoitalia”, 26, 4-11.
Guerra L. (2006), L’elaborazione didattica di Learning objects, in: “Ricerche di Pedagogia e Didattica”, 1, 1, Clueb, Bolo-gna.
Khan B.H. (2004), E-learning: progettazione e gestione, Erickson, Trento.
IEEE (2002), Draft Standard for Learning Object Metadata. Institute of Electrical and Electronics Engineers 1484, New York.
Penge S. (2006), Progettare learning object come attività didattica, in: “Puntoedu, Indire”.
Petrucco C. (2002), Learning objects: un innovativo supporto all’e-learning?, in: “Informatica e Scuola”, X, 3, pp. 7.
Wiley D.A. (2000), Connecting learning objects to instructional design theory: A definition, a metaphor and a taxonomy. Utah State University.
SITOGRAFIA http://d7.unicam.it/teachingearthsciences/ http://www.anisn.it/ http://www.earthlearningidea.com/ http://www.earthscienceeducation.com/ http://www.eniscuola.net/it/ http://www.indire.it/ http://www.intute.ac.uk/ htpp://www.merlot.org/ http://www.scienzainrete.it/