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1,80...La Lacotisce-Rabuiese è un’opera che parte da lontano, la cui idea originaria era stata...

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1,80 n.9 SETTEMBRE 2006 MENSILE DI CULTURA, INFORMAZIONE, POLITICA DELL’ARCO ALPINO Poste Italiane S.p.A. Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, DCB Sondrio n.9 SETTEMBRE 2006 MENSILE DI CULTURA, INFORMAZIONE, POLITICA DELL’ARCO ALPINO Poste Italiane S.p.A. Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, DCB Sondrio 1,80 ACQUA: GLI SPRECHI UBRIACHI SUL LAVORO INNI NAZIONALI URGE CAMOMILLA! PRIVACY: ISTRUZIONI PER L’USO ELICOTTERI A CAIOLO: 118 E OFFICINA ACQUA: GLI SPRECHI UBRIACHI SUL LAVORO INNI NAZIONALI URGE CAMOMILLA! PRIVACY: ISTRUZIONI PER L’USO ELICOTTERI A CAIOLO: 118 E OFFICINA
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Nel 2003 la Cossi Costruzioni Spa, già impegnata nei lavori delterzo lotto della Grande Viabilità di Trieste, in associazionetemporanea con l’impresa Collini Spa di Milano, è stata incaricatadall’Anas, Compartimento Regionale della Viabilità per il FriuliVenezia Giulia, di realizzare un’altra importante opera: ilcollegamento tra l’autostrada A4 Torino-Trieste e il valico diconfine Lacotisce-Rabuiese verso le repubbliche di Slovenia eCroazia, un asse viario internazionale di primaria importanza, perun importo di 112 milioni di euro.Il collegamento tra l’autostrada A4 Torino-Trieste e il valico diconfine ha una lunghezza di circa 4.700 metri. Le rampe disvincolo dal nodo di Lacotisce, a pochi chilometri da Trieste,verso il valico di Rabuiese sono previste in viadotti per scavalcarele infrastrutture esistenti. Subito dopo ha inizio il doppio viadottoa carreggiate separate, per 1.560 metri di lunghezza, che conduceall’imbocco delle gallerie Monte d’Oro, di circa 1.338 metri. Siprosegue con due viadotti paralleli di 1.052 metri cheattraversano la zona industriale, allargandosi progressivamenteverso il valico di confine, passando da tre a quattro corsie emantenendo la divisione per 327 metri. In una zona che sicaratterizza per i rallentamenti causati dall’intenso trafficodoganale, si crea in questo modo un polmone di accumulo, chedall’inizio del viadotto fino al confine raggiunge i 1.800 metri dicorsie, evitando code e incolonnamenti.La realizzazione del collegamento autostradale da Lacotisce finoal valico doganale di Rabuiese verso l’Istria slovena e croata èconsiderata un’opera fondamentale per l’Italia, soprattutto in

previsione dell’eliminazione delle frontiere tra l’Italia e la Slovenia,che dal maggio scorso è entrata a far parte dell’Unione Europea,fissata per il 2007. Per quella data sarà ultimato anche il trattoautostradale attualmente in costruzione in Slovenia. Ilcollegamento Lacotisce-Rabuiese s’inserisce nelle Tens, TransEuropean Networks, gli assi viari prioritari individuati dall’UnioneEuropea, essendo segmento essenziale del Corridoio 5, che daLisbona porta a Kiev passando per Trieste e Lubiana,connettendosi con la nuova autostrada slovena. Un sistema diinterscambio su gomma al servizio della futura piattaformalogistica di Trieste e di Capodistria, già progettata, che prevedeil transito delle merci sul nuovo asse viario in entrambe ledirezioni. Il porto di Trieste è considerato strategico per losviluppo e la funzionalità del Corridoio 5 perciò le opere diaccesso e i collegamenti sono considerati di grande importanza.La Lacotisce-Rabuiese è un’opera che parte da lontano, la cuiidea originaria era stata inserita nel Trattato di Osimo, siglato tral’Italia e l’allora Repubblica Socialista Jugoslava nel 1975, chesancì l’unità d’intenti dei due Paesi confinanti, dopo anni diconflitti, per promuovere gli scambi e l’integrazione. I successivistrumenti legislativi avevano demandato proprio all’Anas diprovvedere alla realizzazione dei nuovi collegamenti viari. Quasitrent’anni più tardi, dopo la disgregazione della RepubblicaJugoslava, i colloqui sono proseguiti e si sono intensificati congli Stati indipendenti di Slovenia e Croazia fino allaconcretizzazione dell’idea originaria in un progetto esecutivoche ora ha trovato attuazione.

Collegamento Autostrada A4 Torino – Triesteal valico di confine Lacotisce – Rabuiese (TS)

COSSI COSTRUZIONI SPA - Piazza Garibaldi 9 - 23100 SondrioTel. +39 0342 527711 - Fax +39 0342 200595 - [email protected]

www.cossi.com

Trieste Due

COSSI PER ALPES SETTEMBRE 31-08-2006 12:07 Pagina 1

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SOMMARIOALPES N. 9 - SETTEMBRE 2006

EVENTI 8LA PAGINA DELLA SATIRA 9aldo bortolotti

IL PIANO DELL’IRAN CIRCOLASU INNUMEREVOLI BLOG 10david r. baker

QUATTRO BREVI CONSIDERAZIONISUL RISCHIO DELLA PROLIFERAZIONENUCLEARE E SUL RUOLODELL’EUROPA 12giuseppe brivio

IL PARERE LEGALE 14guido birtig

ACQUA: INTERVENTO DI PIETROLAURETANO AL CONVEGNO DIALCATRAZ CONTRO GLI SPRECHI 16pietro lauretano

L’INNO DI MAMELICOMPIE 160 ANNI 19alessandro canton

LE PAROLEDEGLI INNI NAZIONALI EUROPEI 20alessandro canton

ALCOL E INFORTUNI SUL LAVORO:SE NE PARLA TROPPO POCO 23medardo moskowski

INDULTO: PRO O CONTRO? 24manuela del togno

MIRACOLI A SINISTRA:FUORI DAL CARCERE TROVANOSUBITO UN POSTO IN COOP 25fausto carioti

ACQUA, FATICA, MONDINE E RISO 40giancarlo ugatti

EDILIZIA: SOLUZIONI SECONDOTRADIZIONE E INNOVAZIONE 45raimondo polinelli

EKATERINBURG,UNA CITTÀ TRA DUE CONTINENTI 47nemo e eliana canetta

I MUSEI ETNOGRAFICIDELLA PROVINCIA DI SONDRIO 51ivan fassin

A CAVALLOTRA NATURA E CULTURA 52

BREVI NOTE SU ALTIERO SPINELLIA VENTI ANNI DALLA MORTE 55giuseppe brivio

LA TV DIGITALE E IL CALCIO:UN PO’ DI STORIA 56gianluca lucci

UNITED 93, QUANDO IL TERRORE VIENE DAL CIELO 57ivan mambretti

GIOVANNI PAPINI SI SPEGNEVA50 ANNI ORSONO 58giovanni lugaresi

RECENSIONI 60giuseppe brivio

ELUDERE LA SORVEGLIANZAE DIFENDERE LA PROPRIAPRIVACY 26LA ASSOCIAZIONE AMICIDEL BAMBINO DI MORBEGNO 29paolo pirruccio

BRUNO DELL’AVA 30anna maria goldoni

A ORVIETO (TR), PALAZZI PAPALIE CHIESA D SANT’AGOSTINO 32donatella micault

IL PRIMO GIORNO DI SCUOLANON SI DIMENTICA MAI: TI FA PAURA, CHISSÀ CHE SUCCEDE 35pier luigi tremonti

L’ELISOCCORSO IN VALTELLINA 36pier luigi tremonti

È A CAIOLO LA “CLINICA DEGLIELICOTTERI” 38pier luigi tremonti

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Troviamo pericoloso ricorrere ai narcotici per dimenticare e per dormire: capita di risveglarsi conun terribile mal di testa!Da qualche mese i nostri rappresentanti (deputati e senatori) sono al lavoro, dicono loro, per

risolvere i nostri problemi (dicono ancora loro)!Nessuno si vuole rendere conto che il nostro paese è come il Titanic (cfr. Gianni Riotta sul Cor-sera).Pare che solo i responsabili del potere economico, politico e della informazione addomesticata nonse ne vogliano rendere conto (o fanno finta?).Si vedono i frutti di un malgoverno e di una malaopposizione che agiscono in perfetto sincronismoper darci l’illusione di essere in contrapposizione, mentre in realtà il loro comportamento assomigliaparecchio a quello del famosi “ladri di Pisa”.Corruzione, fallimenti, truffe ai risparmiatori, abusivismo, carceri stracolme, prostituzione, droga, giu-dici corrotti, giustizia lentissima, industrie in crisi, mafie, banditismo, stupri, omicidi in famiglia, tan-genti (convertite in euro e rivalutate), strade e ferrovie allo sbando ... perfino il calcio!Alcuni reati sono ufficialmente in calo, ma non sarà che le vittime non vogliono perdere tempo per

denunciarli, visti i miseri risultati?La nostra è una vera dittatura governata da un falso bipolarismoo bipartitismo che ha un solo comune denominatore: infinocchia-re i cittadini!La democrazia è in affanno, gli elettori sono sempre meno ... non sela sentono di avvallare l’operato degli eletti, che, essendo nominatidai partiti, alcuni dei quali non celebrano congressi da anni, debbo-no essere “affidabili” e “grati” ... pertanto pensano solo ad aumentarsilo stipendio ed i rimborsi agendo spesso di sotterfugio, forse per pu-dore!L’Italia reale, quella sconosciuta ai vari Prodi, D’Alema, Veltroni,Bersani, Castagnetti, Berlusconi, Fini, Casini e &, quella insommafatta di povera gente, da tempo non ha “santi in parlamento”.I giochi servono solo a dar significato ad una guerra tra le due coali-zioni che null’altro sono che le espressioni di due diverse lobbies eco-nomiche. Siamo di fronte a finte sfide tra i rappresentanti di “razzepadrone” che dietro le quinte trovano certamente il modo di dialo-gare e di fare affari assieme, alla faccia degli italiani. Il vero volto del

potere traspare spesso solo dalle scomposte e incontrollate iniziative dei vari eletti!In campagna elettorale si assiste alle accorate presentazioni di programmi ed a vivaci confronti: solopochi si rendono conto che i programmi sono quasi fotocopiati, per cui, chiunque prevalga si adegueràallo stesso indirizzo.A tutt’oggi cosa è stato fatto di concreto e significativo?Invece di far rientrare i militari dalle missioni estere, come promesso, ecco che i nostri, naturalmen-te alla unanimità, ne mandano in giro a caterve, oltretutto impegnati in missioni a rischio.Un po’ di demagogia per spargere zizzania sociale usando taxisti, notai, farmacisti e medici (qualcunodi loro li avrà pur votati ...) serve ad illudere la gente di poter risparmiare cospicue cifre e non pochieuro come succederà realmente.I tagli fatti agli enti locali li obbligano ad attingere alle tasche dei cittadini usando strumenti fiscali econtravvenzioni a tappeto.All’orizzonte compaiono stravaganti proposte sulla falsariga di tasse per entrare nelle città, assieme astudi per far rottamare auto efficienti a tutto vantaggio dell’industria automobilistica per far felice ilsolito L. C. di Montezemolo (&) che ha tanti e tanti incarichi che dubitiamo riesca ad elencarli tut-ti di fila senza fare preventivamente l’appello delle prebende, speriamo almeno di quelle!Il prezzo del greggio aumenta vertiginosamente, ma il carico fiscale non accenna a diminuire ... anzi!Se poi il greggio cala i carburanti restano al palo ... nel silenzio assoluto dei C.D. Consumatori!Aumenti di tasse e costo dei servizi, prezzi dei prodotti petroliferi alle stelle, pensioni e tfr a rischio ...Insomma ... tra marchingegni, trovate e trucchi ... nulla vi è di nuovo sotto il sole.Prepariamoci al peggio, ad un inverno lungo e rigido, a case fredde e risparmi in evaporazione ...

In cauda venenum ...• Nella vicina Svizzera il costo dell’energia elettrica, oltre che essere da tempo molto inferiore al no-

stro, è recentemente diminuito ... non è uno scherzo!• Il C.D. “Stato Sociale” impone l’aliquota dei beni di lusso (20%) sui pannoloni per anziani malati,

per cateteri e per test e siringhe per diabetici: quasi fossero usati o sfoggiati a mo’ di anelli e pellic-ce ... Se gli stessi articoli sono poi a carico del SSN, invece che del povero cristo di turno, ecco chel’aliquota scende “magicamente” al 4%: viene il voltastomaco.

Avevamo ragione o no nel dire di preparare la camomilla?

È proprio il casodi prepararci

una salubre camomillaprima di iniziare

la lettura.

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Settembre 2006 Alpes

AAllppeessRIVISTA MENSILE DELL’ARCO ALPINO

Anno XXVI - N. 8 - Settembre 2006

Direttore responsabilePier Luigi Tremonti - cell. 3492190950

Redattore CapoGiuseppe Brivio - cell. 3492118486

Segretaria di redazioneManuela Del Togno

Direttore editorialeAldo Genoni

A questo numero hanno collaborato:David R. Baker - Guido Birtig - Aldo Bortolotti - Giuseppe Brivio

- Eliana Canetta - Nemo Canetta - Alessandro Canton - Fausto Carioti - Antonio Del Felice - Manuela Del Togno -

Ivan Fassin - Anna Maria Goldoni - Pietro Lauretano - Gianluca Lucci - Giovanni Lugaresi - Ivan Mambretti -

Donatella Micault - Medardo Moskowski - Paolo Pirruccio -Raimondo Polinelli - Pier Luigi Tremonti -

Giancarlo Ugatti

In copertina: Campo di Matricaria Chamomilla

(foto pielleti)

Ed.ce l’Alpes Agia - S. Coop.23100 Sondrio - Via Vanoni, 96/A

Direzione e amministrazione:Sondrio - Via Vanoni, 96/A

Tel. e Fax 0342.512.614E-mail: [email protected] - [email protected]

http://www.alpesagia.com

Autorizzazione del Tribunale di Sondrio n. 163 del 2.12.1983

Stampa Lito Polaris - Sondrio

ABBONAMENTO ANNUALE EURO 15,5Europa EE 33,57 - Altri EE 51,65

C/C postale n. 10242238 intestato:Alpesagia Soc. Coop.

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Tutti i manoscritti pervenuti a questa rivista sono al vaglio deldirettore responsabile e della redazione.Gli articoli firmati rispecchiano solo il pensiero degli autori enon coinvolgono necessariamente la linea della rivista.Testi e foto, pubblicati o meno, non si restituiscono, salvo spe-cifici accordi, e la redazione non si assume la responsabilità perl’eventuale smarrimento.La riproduzione anche parziale, è subordinata alla autorizza-zione della direzione ed alla citazione dell’autore e della rivista.

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Si è tenuto per la prima volta inItalia precisamente a Sapri (SA)il MR&MISS UNIVERSO di

Body Building e Fitness 2006 IBFA etra più di 150 atleti provenienti da tut-ta Europa, Africa e perfino dal Brasilec’erano due rappresentanti della nostraValtellina, il plurititolato campioneItaliano ed Europeo Giuseppe MarioGherbi e la sua compagna Gemma Ti-ziana Borgni.Il Gherbi sfoderando una forma invi-diabile ha gareggiato nella categoriaover 45 (lui 53enne) ottenendo un ot-timo 4°posto e il consenso di un nu-meroso pubblico che ha molto applau-dito la routine libera del Gherbi ese-guita sulle note di un famoso pezzo delgrande Mario Del Monaco. Un perso-nale successo che bissa quello altret-tanto importante dello scorso 2005 chelo vide primeggiare sia come campioneitaliano che anche come campione eu-ropeo. Una carriera agonistica, la sua,partita nel 1998 che lo ha portatoovunque si sia esibito a ricevere con-sensi sia dai giudici che dagli atleti perla sempre perfetta preparazione.La compagna, la 38enne Gemma Tizia-na Borgni, con alle spalle 5 anni di pre-parazione sotto le esperte mani del per-sonal trainer Gherbi, porta a casa unimportante 5° posto nella Miss Uni-verso categoria over 35 alla sua secon-da gara ufficiale, dopo quello consegui-to lo scorso anno sempre a Sapri nellacategoria unica Body Fitness Miss Ita-lia 2005 dove si qualificò 7a.Ora i bilancieri riposeranno per qual-che giorno ... qualche concessione allerigide regole dell’alimentazione e poi dinuovo in corsa per la stagione 2007 rin-correndo nuovi obiettivi ... su tutti “uncorpo sano in una mente sana”. ■

Due body buildersvaltellinesi

nell’ “Universo”

8 Alpes Settembre 2006

La Direzione e la Redazione di ALPES so-no liete di segnalare ai lettori l’ennesimoriconoscimento attribuito all’amico AldoBortolotti che da molti anni ci onoracon la sua rubrica di satira.Aldo Bortolotti ha infatti partecipato alConcorso Nazionale dell’Umorismo di Ri-gomagno, frazione di Sinalunga, in pro-vincia di Siena, insieme ad altri 42 vi-gnettisti che hanno inviato vignette daogni parte d’Italia.Suo è stato il 1° Premio Rigomagno Ri-dens con una vignetta intitolata

“L’ubriaco”.Inutile ricor-darlo, il temadel concorsoera appuntoil vino; nonpoteva esse-re diversa-mente inuna terra come quella sene-se, ricca di vini celebri e preziosi.All’amico Bortolotti le più sentite con-gratulazioni.

ALDO BORTOLOTTI vincitore del Concorso Nazionale dell’Umorismo di Rigomagno in provincia di Siena

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Settembre 2006 Alpes 99L A PA G I N A D E L L A S AT I R A

di Aldo Bortolotti

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L’Iran ha un piano per distrug-gere gli Stati Uniti, e non haniente a che vedere con labomba. In realtà, la repubblica

islamica userà il petrolio e l’euro per di-struggere il Grande Satana, come av-verte un numero imprecisato di siti in-ternet. L’attacco sarà così strutturato:l’Iran costituirà una borsa petroliferache opererà in euro invece che in dol-lari, finora unica valuta usata nelmondo per acquistare il greggio. Glialtri paesi, le cui banche centrali sitengono ben strette le loro riserve didollari per poter comprare il petrolio,si libereranno in massa di questa va-luta. Il valore del dollaro crollerà, el’economia degli Stati Uniti arriveràal collasso. Il Nuovo Ordine Mondialevoluto dagli statunitensi scompariràin un turbinio di scambi monetari.Questa storiella circola sulla rete damesi, e ovviamente i blogger si scate-nano con commenti apocalittici. Per-sone che si autodefiniscono economistisi infervorano in dettagliati quantooscuri dibattiti, e alla fine, come ognibuona storia che circola su internet, lasaga della borsa petrolifera iraniana si èanimata di vita propria, e si è diffusacome un virus.Si è insinuata profondamente nel web,quel non-luogo dove regnano incon-trastati i teorici della cospirazione: gliStati Uniti hanno invaso l’Iraq perchéSaddam Hussein aveva iniziato a com-merciare petrolio in euro. Faremo lastessa cosa all’Iran, e per la stessa ra-gione. La disputa sul programma nu-cleare di Teheran? Soltanto una cor-tina di fumo per nascondere il vero in-tento degli USA: stroncare sul nascerela borsa iraniana.La storia contiene un fondo di verità.L’Iran vuole davvero istituire una borsapetrolifera. Il paese, ricchissimo di pe-trolio, accarezza l’idea da anni, sia purea fasi alterne. Questa borsa andrebbe acontrapporsi al NYMEX [1] e all’IPE[2] di Londra, i due centri mondiali del

commercio petrolifero.Ma è tutt’altro che scontato che il pro-getto decolli, e anche se ciò accadesse,gran parte degli economisti ritiene chenon costituirebbe una minaccia per gliStati Uniti.Innanzitutto, per mettere in piedi unaborsa, l’Iran ha bisogno della collabo-razione degli stati produttori di petroliosuoi vicini, e con molti di essi le rela-zioni sono piuttosto tese.“Io non credo che gli iraniani si azzar-derebbero a procedere senza un ac-cordo con l’Arabia Saudita”, dice Ch-ris Cook, ex direttore dell’IPE che perprimo ha suggerito agli Iraniani l’ideadi una borsa del petrolio. A suo parere,probabilmente la borsa inizierebbe lapropria attività con la vendita di pro-dotti chimici derivati dal petrolio, perpoi passare al greggio in un secondomomento, dopo un eventuale accordocon gli altri paesi produttori di petroliodel Golfo.“L’idea dell’Iran, a medio o a lungo ter-mine, sarebbe quella di entrare nelcommercio del greggio”, continuaCook “ma sappiamo quanto sia deli-cata la questione”.Inoltre, spostare gli affari da New Yorke Londra alla repubblica teocraticadell’Iran potrebbe rivelarsi difficoltoso.All’Iran mancano molti degli elementiindispensabili a far sì che una borsa pe-trolifera abbia successo, inclusi strettilegami con istituzioni finanziarie inter-nazionali, operatori di borsa, economi-sti e tecnici informatici.“Non si può fondare una borsa petroli-fera ad Omaha”, dice John Taylor, do-cente alla Stanford University ed exsottosegretario del Tesoro agli affariesteri. Riferendosi all’Iran, aggiunge:“E’ fattibile, ma in questo caso partico-lare sembra decisamente difficile”.Molti economisti considerano irragio-nevole l’ipotesi che un’eventuale borsairaniana possa distruggere il dollaro.Sostengono che le valute possono fa-cilmente essere scambiate sui mercati

internazionali, e che non c’è bisognodi avere enormi riserve di banconoteper poter comprare petrolio. I paesiconservano o vendono dollari permolte altre ragioni oltre al commerciodel petrolio.“C’è differenza fra la moneta di fattu-razione e la moneta che di fatto lagente vuole possedere”, dice RichardLyons, preside della Haas School ofBusiness di Berkeley.Gli scettici considerano la storia dellaborsa iraniana un classico esempio dicome una discussione su internet puòdiffondersi senza freni. In quella gigan-tesca cassa di risonanza che è il Web,una storia che normalmente interesse-rebbe solo un ristretto gruppo di finan-zieri e petrolieri si è trasformatanell’Armageddon. Perfino i suoi ele-menti più congetturali vengono presicome fatti assodati, almeno da qual-cuno.“Ha avuto 20.000 contatti su Google,quindi ci deve essere qualcosa di vero”,dice Geoffrey Bowker, direttore delCentro Studi sulla Scienza, Tecnologiae Società dell’Università di SantaClara. “E’ quello che un tempo succe-deva a scuola durante la ricreazione,quando si diffondeva un pettegolezzo,ed entro un’ora era diventato realtà”.A gennaio, un articolo di Krassimir Pe-trov, comparso su numerosi siti web, hafornito la versione più completa dellastoria della borsa.Petrov, professore di economia all’Uni-versità Americana in Bulgaria, so-stiene che il valore del dollaro è forte-mente legato al petrolio, proprio comeun tempo era legato all’oro. Il dollaro èdiventato la moneta dominante nelmondo perché tutte le nazioni hannobisogno di comprare petrolio. Se si ini-ziasse a commerciare il petrolio inun’altra valuta, questa posizione domi-nante avrebbe fine, portando via agliStati Uniti gran parte del loro potereinternazionale.Scrive Petrov: “Il governo iraniano ha

Il piano dell’Irancircola su innumerevoli blog

di David R. Baker

10 Alpes Settembre 2006

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infine sviluppato l’arma nucleare defi-nitiva in grado di distruggere rapida-mente il sistema finanziario che costi-tuisce le fondamenta dell’ImperoAmericano”.Petrov afferma che, come risposta, gliStati Uniti hanno a disposizione un li-mitato numero di opzioni, fra cui sabo-tare la borsa con attacchi informatici,farla saltare in aria, negoziare con gliIraniani, dichiarare loro guerra totale oorganizzare un colpo di stato.“Qualunque sia la strategia scelta, daun punto di vista strettamente econo-mico, se la Borsa Petrolifera Iranianadovesse decollare, verrebbe appoggiatacon entusiasmo dalle maggiori potenzeeconomiche, e decreterebbe il crollodefinitivo del dollaro”, scrive Petrov.Per usare un eufemismo, non è un’ana-lisi molto approfondita.Molta gente non crede che i commer-cianti di petrolio internazionali, orasprofondati nelle loro confortevoli pol-trone a New York o Londra, siano im-pazienti di stabilirsi in Iran. Questepersone e le loro società potrebberonon essere così entusiaste di entrare in

affari con un paese noto per il suo go-verno evanescente, per la sua rigida ap-plicazione della legge coranica e per lasua ostilità nei confronti dell’occi-dente.Sebbene Teheran possegga un suo at-tivo mercato azionario, non è un fulcrodella finanza internazionale, né è illuogo prescelto per la locazione dellaborsa, che è invece una piccola isolanel Golfo Persico di nome Kish.Inoltre la Borsa dell’Iran dovrebbefronteggiare una concorrenza accanitaa pochi chilometri da casa. Il NYMEXfa parte di una joint venture che pro-

getta l’apertura diuna borsa petroli-fera in Dubai. Que-sto paese cresce aduna velocità im-pressionante, e daanni mira a diven-tare il principalecentro finanziariodella regione, no-nostante le sue ri-serve di petroliosiano relativa-

mente modeste. La Dubai MercantileExchange dovrebbe aprire nell’ultimotrimestre di quest’anno, e commerceràin dollari. ■

1) New York Mercantile Exchange = Il Mer-cato di New York specializzato in petrolio e pro-dotti energetici.2) International Petroleum Exchange = BorsaPetrolifera Internazionale.

Da “San Francisco Chronicle”Fonte: http://sfgate.com/Scelto e tradotto perwww.comedonchisciotte.org da Giuseppe Schiavoni

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Come mostra anche l’esperienzastorica recente, l’avventodell’era atomica ha sì intro-dotto un importante deterrente

contro il ricorso alla guerra, almeno di-rettamente fra potenze nucleari, ma nonha reso impossibili le guerre, né le cosid-dette guerre per delega, né ha eliminato ipreparativi alla guerra ed il loro corolla-rio, la corsa agli armamenti, favorita tral’altro proprio dai molteplici canali discambi commerciali e di informazioneaperti dalla globalizzazione.A questo proposito è possibile fare quat-tro brevi considerazioni.1. La corsa agli armamenti e il rischiodella proliferazione nucleare dipendonodall’evoluzione della bilancia del poteremondiale e della globalizzazione.Nella seconda metà degli anni Ottantadel secolo scorso la fine della guerrafredda aveva alimentato grandi aspetta-tive circa la possibilità di avviare unanuova fase della distensione internazio-nale basata su una sicurezza garantitasempre più dalla crescente fiducia fra gliStati e dalla collaborazione internazio-nale, e sempre meno sui rapporti di forza.La base materiale di queste aspettativeera rappresentata dagli accordi Reagan -Gorbaciov per l’avvio della riduzione de-gli arsenali nucleari di USA e URSS edalla cooperazione fra le due superpo-tenze per rafforzare gli organismi interna-zionali e l’ONU in particolare.Negli anni Novanta la prima guerra del

Golfo, la disgregazione dell’URSS e dellaJugoslavia e i conflitti in Africa mostra-rono la fragilità dei presupposti su cui sifondavano quelle aspettative. Ma la cre-scente globalizzazione nel campo delcommercio, delle comunicazioni, deiprocessi produttivi, con le inevitabili ri-cadute in termini di accresciuta interdi-pendenza economica, sociale e culturalefra tutti i popoli, faceva ancora sperare, senon nell’avvento di una nuova era neirapporti tra gli Stati, almeno in un’era di“pace fredda”.Il primo lustro di questo nuovo secolo hainfranto anche quelle speranze: il terrori-smo internazionale, due guerre - la primain Afghanistan e la seconda in Iraq - levicende tragiche che vedono coinvoltoIsraeale, il Libano e i Palestinesi, la defi-nitiva affermazione del Pakistan comepotenza nucleare, la probabile attuazionedel programma militare nucleare nordcoreano e la ripresa di quello iranianohanno mostrato, qualora ce ne fosse an-cora bisogno, che il mondo è sì cambiato,ma non fino al punto che gli Stati pos-sono escludere di prepararsi alla guerra edi dover chiamare i propri cittadini acombatterne una.2. Il possesso e la minaccia dell’usodelle armi nucleari resta legato alla pos-sibilità della guerra fra gli Stati.La corsa al riarmo nucleare era un peri-colo fortemente temuto dagli stessi stra-teghi della deterrenza americana nel se-colo scorso. Bernard Brodie, uno dei teo-

rici della strategia nucleare USA, avevafin dagli anni Quaranta denunciato il ri-schio della proliferazione nucleare, datoche un numero crescente di Stati si sa-rebbe dotato dell’arma atomica per ga-rantire da sé la propria sicurezza ed even-tualmente per minacciare quella degli al-tri. Da qui secondo lui la necessità dicontrollare internazionalmente l’usodella bomba atomica, da sviluppare su trelivelli: quello della libera circolazionedelle informazioni, per mettere a disposi-zione di tutti i dati relativi alla ricerca ealla produzione di materiale nucleare;quello della limitazione della produzionedel numero di armi atomiche; quellodella progressiva abolizione della produ-zione di armi nucleari. Vi fu il tentativo,fallito, del Piano Baruch per creareun’Autorità mondiale per il controllodell’energia nucleare. Dei tre livelli indi-cati da Brodie solo il primo ha avutoqualche probabilità di essere parzial-mente perseguito a livello internazio-nale. Questo in effetti fu quanto accaddenei decenni successivi, che videro lacreazione di vari organismi di verifica econtrollo e la stipula di innumerevolitrattati internazionali, che non limita-rono la produzione né poterono avviarel’abolizione delle armi nucleari. Non re-stava che accettare di convivere con il ri-schio del conflitto atomico, cercando diprevenirlo rendendolo inaccettabile dalpunto di vista delle sue conseguenze di-struttive. La minaccia dell’uso di

Quattro brevi considerazionisul rischio della proliferazione nucleare

e sul ruolo dell’Europadi Giuseppe Brivio

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un’arma o di una ritorsione terribili perprevenire la guerra rappresentava il solomezzo per dissuadere gli Stati dall’intra-prendere un confronto militare che nonavrebbe potuto avere vincitori.Ma qual era il livello minimo di arma-menti nucleari che uno Stato dovevapossedere per esercitare la deterrenza? Larisposta di USA e URSS a questa do-manda fu una corsa sfrenata al rafforza-mento dei rispettivi arsenali nucleari giànegli anni Cinquanta e Sessanta. Questaprima era della proliferazione nucleareaveva una causa ben precisa: l’enormesquilibrio di forze, in primo luogo con-venzionali, che si era instaurato sul con-tinente europeo fra la superpotenza so-vietica e i deboli Stati europei occiden-tali. Il risultato fu che, almeno sul conti-nente europeo, divenne sempre più in-certa e ambigua la definizione del con-fine tra guerra convenzionale e guerranucleare: l’equilibrio del terrore impedìla guerra tra USA e URSS in Europa, maal prezzo di rendere pensabile il ricorsoagli armamenti atomici anche nei con-flitti locali e di giustificare il possesso diingenti arsenali nucleari per rendere effi-cace la deterrenza.3. Gli squilibri nei rapporti di forza fraStati alimentano il binomio deterrenza eproliferazione nucleare.La proliferazione nucleare non coinvolse,come si temeva, un numero crescente diStati, finché l’ordine mondiale dipese dairapporti di forza tra USA e URSS in unaregione ben definita del mondo: l’Eu-ropa. Ma la fine del bipolarismo ha messoin contatto mondi fino a quel momentoseparati sia sul terreno degli scambi com-merciali sia su quello dei trasferimenti ditecnologie sempre più a buon mercato esempre più facilmente accessibili, e il pe-ricolo della proliferazione nucleare edelle armi di distruzione di massa è di-ventato concreto ed ha incominciato adinteressare la ridefinizione stessa dei rap-porti di forza fra Stati ormai usciti dal ri-gido schema dell’equilibrio bipolare.Non era più pensabile che il mondo ac-cettasse a lungo che fosse la sola potenzaUSA a decidere dove, quando e comefare giustizia e garantire l’ordine mon-diale. Così nel corso dell’ultimo decen-nio si è affermato un processo di reazioneallo strapotere americano che ha avutodelle implicazioni anche per quanto ri-guarda la deterrenza e la proliferazionenucleare. In sostanza, come nel corsodella guerra fredda gli USA non esita-rono a contemplare l’impiego di armi nu-cleari in Europa per contrastare la supe-

riorità convenzionale dell’URSS, cosìmolti paesi hanno incominciato a svilup-pare programmi militari finalizzati a con-trastare la superiorità convenzionaleamericana, ponendo le premesse di unaseconda era della proliferazione dellearmi di distruzione di massa abbinata alriarmo missilistico e al terrorismo. Sitratta di una svolta nel campo dei rap-porti fra Stati che introduce un ulterioreelemento di pericolo in quanto aumentale variabili in gioco e i possibili errori divalutazione della situazione di pericoloche questo o quel governo potrebberocommettere.Conseguenza: gli USA hanno aumentatoa dismisura le loro spese militari e i paesiche si sentono minacciati dallo strapo-tere americano, o non vogliono dipen-dere dalla politica USA, hanno accele-rato i loro programmi di riarmo, anchenucleari, nel tentativo di scoraggiare gliamericani ad agire contro di loro.4. L’assenza di un polo europeo aggravala percezione degli squilibri di potere nelmondo e, quanto più questo vuoto di-venta una costante nei rapporti inter-nazionali, tanto più diventa difficile di-sinnescare il time - table della corsa alriarmo, convenzionale e non.La non Europa degli anni Cinquanta hafavorito la proliferazione nucleare sottol’ombrello sovietico – americano. Più re-centemente la non Europa della finedella guerra fredda, delegando agli USAil ruolo di poliziotto internazionale superarmato, ha favorito la nascita di un climadi competizione sbilanciata tra USA e ilresto del mondo. Se fosse esistito unoStato federale europeo negli anni Cin-quanta, è ragionevole pensare che essoavrebbe avuto interesse a rendere menoconflittuali i rapporti tra USA e URSS ea promuovere la cooperazione tra i dueblocchi. E’ altresì ragionevole pensareche se fosse esistito lo Stato federale eu-ropeo negli anni Novanta, esso avrebbeavuto interesse a condividere con gliUSA, la Cina e la Russia la responsabi-lità di contribuire a frenare le spinte allaframmentazione in diverse regioni delmondo (in primis nei Balcani) e a ridurrei focolai di tensione in Medio Oriente ein Africa. Se oggi ci troviamo in unasorta di Far West più o meno nucleare informazione, ciò è dovuto in gran parteall’assenza di un polo europeo. Per questosi può affermare che il rischio maggioreper il mondo e per l’Europa non riguardase e come questo o quello Stato si doterànel prossimo futuro di quelle armi, ma inquale sistema mondiale di Stati questo

fenomeno si svilupperà. Diversi fattoriche lo avevano caratterizzato sono desti-nati a sgretolarsi. Basti pensare che per-sino in paesi usciti sconfitti nella secondaguerra mondiale ai quali era stata negatala possibilità di riarmarsi, come il Giap-pone, si sta riaprendo il dibattito sull’op-portunità di riaffermare la propria auto-nomia militare nazionale. Su un altroversante, mentre gli USA cercano di pre-venire e contrastare la proliferazione nu-cleare, si assiste alla stipula di accordi bi-laterali USA-India per il trasferimentodelle tecnologie nucleari che, al di làdella loro valenza strategica regionale,sono destinati ad aprire un nuovo fronte,difficilmente controllabile, per la prolife-razione stessa.In che modo l’Europa può contribuire afar uscire l’attuale sistema mondiale de-gli Stati dal regime di multipolarismofortemente squilibrato in cui si trova epromuoverne uno più equilibrato, in cuinessun polo possa o debba svolgere dasolo il compito di garante in ultimaistanza della sicurezza propria e altrui suscala regionale e globale?Gli europei dovrebbero incominciare atrarre le conseguenze di due incombentidati di fatto: la fine della protezioneamericana sull’Europa e la crisi del mo-dello europeo di integrazione. Il primodato di fatto è la conseguenza del logora-mento a cui va incontro la potenza ame-ricana: nella misura in cui gli USA nonsi dimostreranno in grado di garantire lasicurezza e di impedire la corsa agli arma-menti in gran parte del mondo, non sa-ranno più in grado neanche di garantirela stabilità e l’ordine in Europa, né sa-ranno interessati a legare la loro sicurezzaa quella degli europei. Il secondo dato difatto deriva dal logoramento di un mo-dello di integrazione regionale, quellocomunitario europeo, che non è riuscitoa consolidarsi in una unione politica eche in un quadro di multipolarismo squi-librato come quello attuale, rischia di es-sere frantumato e travolto dalle crisi eco-nomiche e militari che, proprio a causadelle contraddizioni e della precarietàche questo ordine mondiale genera, ine-vitabilmente si manifesteranno.Noi europei dobbiamo sostituire allapseudo-diplomazia dell’Unione europeae a quella basata sulle iniziative di questoo quel gruppuscoli di Stati, la politicaestera e di difesa - ivi compresa la com-ponente nucleare e la ridefinizione deirapporti con gli USA - di uno Stato fe-derale europeo.Così l’Europa incomincerà ad esistere. ■

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L’Italia sta diventando il Paese dal-le molte regole, poiché con sem-pre maggior frequenza si cerca diimporre non solo cosa fare, ma

anche come fare. Inoltre, le nuove normehanno, nella generalità dei casi, un gradodi complessità tale che, come un tumore,stanno frenando e soffocando ogni attivitàimprenditoriale. Leggi, disposizioni nor-mative, circolari ministeriali, circolari ap-plicative ed interpretative, che tutto vor-rebbero regolare e prevedere, comprese leeccezioni e le eccezioni delle eccezioni,con una meticolosità che però non reggeal confronto con la realtà. Pertanto sem-pre più frequentemente gli amministrato-ri locali frenano le iniziative in attesa dipronunce giudiziarie che tardano ancheanni per giungere, con conseguenti dannieconomici e perdita di competitività. Nonpossiamo reggere la concorrenza interna-zionale se i permessi per la costruzione diun capannone o per l’installazione di mac-chinari secondo le norme tardano a giun-gere, laddove in molti Paesi nostri con-correnti - e non si tratta esclusivamente diPaesi in via di sviluppo - si facilitano inogni modo le iniziative produttive.L’impianto normativo italiano sembraparticolarmente penalizzante per le im-prese perché rende incerto il loro cammi-no. Le imprese per svolgere il proprio ruo-lo hanno bisogno di convincimenti, senon di certezze giuridiche, con estremasollecitudine. I tempi biblici della giusti-zia italiana fanno allontanare le impresedai Tribunali. Le imprese cercano di con-tenere o, meglio ancora, di prevenire ilcontenzioso. Pertanto si stanno semprepiù diffondendo formule contrattuali cheprevedano di non adire la Giustizia ordi-naria in caso di controversie, ma di ricor-rere ad arbitrati. Per fare ciò si avvalgonodell’assistenza di appositi servizi legali alproprio interno o di quelli delle Associa-zioni di categoria.Si può asserire che, presso le imprese mag-giori, le decisioni di grande rilevanza im-prenditoriale sono confortate, sempre piùfrequentemente, da specifici interventidell’apposita struttura interna, al puntoche non di rado, nella prosa aziendale è ri-portata la notazione di rito “sentito il pa-rere dell’ufficio legale”. Tale giudizio puòassumere connotazioni diverse: può esse-re racchiuso in una breve memoria, in unaannotazione anche manuale sulla praticao, al contrario, dalla redazione di un ap-posito elaborato, più o meno strutturato etecnicamente impegnativo. Il giudizio for-mulato da tale funzione aziendale si estrin-seca dunque con modalità diverse e tal-volta è possibile che sia addirittura con-

validato e rafforzato da un ulteriore docu-mento predisposto dall’omologo ufficio diun’Associazione di categoria o da unoStudio legale di fiducia esterno. In talecaso si ha il conforto di una conferma suconclusioni già raggiunte, oppure una sor-ta di imprimatur da chi si trova in una po-sizione particolarmente autorevole in ma-teria. Tale modalità di comportamentonon è tuttavia una esclusività del mondoimprenditoriale.

Il parere legale in senso tecnicoIl sempre più complesso modo di viveremoderno induce anche il semplice citta-dino a rivolgersi con crescente frequenzaa quelli che, con espressione impropria,ma intuitiva, potrebbero essere definiti“operatori del diritto”- avvocati, notai,commercialisti, consulenti del lavoro,consulenti finanziari, ecc. - per chiedereloro pareri in merito a possibili compor-tamenti futuri. In ter-mini tecnici, il parerelegale è un qualcosa dimolto più complesso.Invero, il più delle vol-te, quello che comune-mente chiamiamo pa-rere è una sempliceinformazione: la pigri-zia e la scarsa dimesti-chezza con il linguaggio giuridico e tal-volta il dubbio di qualche aggiornamentonormativo, ci inducono sovente a ricor-rere alla conoscenza legale degli addetti ailavori. Si tratta di una risposta ai nostri in-terrogativi che non varia a seconda del ri-chiedente. Il parere legale in senso tecni-co ha un quid in più, ossia un contenutospecifico che risponde a quesiti precisi ecircostanziati e che pertanto si configuracome una elaborazione con valenza unicae nella generalità dei casi sprovvista diconnotati di universalità. Quanto asseri-to trova conferma indiretta dal fatto chei siti internet degli Studi professionali cheoffrono consulenza on line contengonoappositi disclaimer asserenti che “il mate-riale pubblicato su questo sito è fornito ascopo informativo e non costituisce pare-re legale”. D’altra parte il nostro ordina-mento giuridico - pur ampio e ridondan-

te - non contempla il parere legale, maprevede una disciplina minuziosa ed arti-colata solamente per l’istituto del parereamministrativo. I codici, alcune leggi spe-ciali e talvolta Organi di vigilanza - co-me ad esempio la Banca d’Italia - preve-dono, in specifiche ipotesi, che alcuni do-cumenti, predisposti da figure giuridichesottoposte alla loro giurisdizione, sianocorredati da pareri legali a conferma del-la loro conformità sotto l’aspetto giuridi-co ed economico.L’impresa è il principale utilizzatore di pa-reri legali perché le problematiche giuri-diche che la interessano sono le più am-pie e variegate. La realtà dell’impresa co-stituisce l’humus su cui si innestano te-matiche di vasto respiro che concernonol’organizzazione, la gestione, la produzio-ne, la promozione delle vendite, la com-mercializzazione ed altre ancora. Pertan-to le imprese richiedono sempre più l’as-sistenza legale nell’adozione o nell’inter-

pretazione delle nor-me piuttosto che l’as-sistenza nel conten-zioso. Ma quali sonole caratteristiche cheun parere legale do-vrebbe garantire ? Sipuò asserire che lestesse si identifichinoin requisiti di corret-

tezza, chiarezza e tempestività. Correttez-za sotto il profilo tecnico-giuridico, azien-dalistico ed etico. Chiarezza in termini diintellegibilità anche da un non addetto ailavori e tempestività sì da risultargli uti-le. Se il contenuto tecnico-giuridico delparere deve essere sempre impeccabile, lostesso deve venir espresso in termini chia-ri e convincenti, tenuto conto che devevenir comunicato ad un committenteche usualmente non è un giurista. Sarà in-fatti scarsamente utile se espresso in ter-mini quali quelli utilizzati da una corag-giosa pronuncia della Corte costituziona-le, che per denunciare il fatto che le nor-me vigenti sono tante da rendere umana-mente impossibile la loro conoscenza, hadichiarato illegittimo l’articolo 5 del co-dice penale nella parte in cui “non esclu-de dall’inescusabilità dell’ignoranza dellalegge penale l’ignoranza inevitabile”. ■

Il parere legaledi Guido Birtig

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Le imprese ricorronoa pareri legali -

intesi in senso tecnico - per cercare di prevenire

il contenzioso.

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Parlerò dell’acqua

L’acqua, come sapete, è unelemento fondamentale. Sia-mo tutti fatti di acqua. Cisiamo portati via l’acqua nel

nostro organismo quando gli esseri vi-venti sono usciti dall’oceano. Se da unapianta togliamo l’acqua rimane soltan-to una piccola quantità di materia fisi-ca, di polveri. Il nostro organismo ècomposto per circa l’85% di acqua.L’acqua è una metafora straordinariadelle risorse in genere. Perchè sembraabbondantissima, sembra che lo sia,che non abbia valore, e invece è pre-ziosissima. Sembra tantissima invece èrara perchè la maggior parte delle ac-que sul pianeta, le acque degli oceani,sono sterili, sono salate, sono inutiliz-zabili per noi e per la gran parte degliorganismi terrestri. Pensate che se potessimo mettere tut-ta l’acqua del pianeta in un contenito-re di 5 litri, solo un cucchiaio sarebbeacqua non salata, ed è quella che chia-miamo acqua potabile. E solo una goc-cia è disponibile per noi, perchè la granparte è stoccata nei ghiacciai, un’altraquantità è in ciclo nell’atmosfera, quin-di evapora dagli oceani però piove su-gli oceani stessi. Solo una goccia ripio-ve sulla terra ed è disponibile nelle fal-de come acqua bevibile.Quindi l’acqua è rara e non è distribui-ta in modo uniforme: ci sono terre chesono completamente aride e ce ne so-no altre dove apparentemente l’acquaè più abbondante. L’acqua arriva a scro-sci improvvisi, può arrivare con pioggeviolente in alcune situazioni oppurepuò mancare del tutto.Ecco, quindi, una risorsa che in realtàl’umanità ha imparato, nel corso dellasua storia, ad amministrare saggiamen-te. Si apre il rubinetto e arriva l’acquae non si pensa che per portare l’acquafino al rubinetto ci sono reti, lavori ecosì via. E, ripeto, il problema è quellodell’acqua bevibile, potabile. Pensate,le città romane erano vicine ai fiumieppure facevano centinaia di km di ac-quedotti. Perchè? Perchè l’acqua delfiume non sempre è acqua potabile, ac-qua bevibile.Ecco, questa risorsa di acqua bevibileoggi è negata per circa un miliardo diesseri umani sul pianeta. E parliamo so-lo degli esseri umani. Si calcola cheogni giorno 300 bambini nel mondomuoiano per la mancanza di accessoall’acqua.

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ACQUA:intervento di Pietro Laureanoal convegno di Alcatraz contro gli sprechidi Pietro Lauretano Parliamo di acqua e lo facciamo

riportando parte dell’intervento diPietro Laureano* ad Alcatraz, inoccasione del Convegno sullo sprecoorganizzato da Franca Rame.

Forse non è una coincidenza cheproprio in questi giorni il Comitatodi vigilanza sull’uso delle risorseidriche abbia tenuto la suarelazione in Parlamento, rivelandouna situazione italiana scandalosa.Come conferma Laureano, ilsistema idrico italiano disperdemediamente una quantità enormedi acqua, il 40% (!) e a questo sideve aggiungere un calo delleprecipitazioni piovose (-10% in 10anni).La portata dei fiumi diminuisce(nel luglio del 2005 la portata delPo è stata di 341 metri cubi alsecondo, dieci anni fa era tre voltetanto) e aumenta il consumo diacqua per ogni abitante, siamo a 200 litri a testa al giorno.

ACQUA:intervento di Pietro Laureanoal convegno di Alcatraz contro gli sprechidi Pietro Lauretano Parliamo di acqua e lo facciamo

riportando parte dell’intervento diPietro Laureano* ad Alcatraz, inoccasione del Convegno sullo sprecoorganizzato da Franca Rame.

Forse non è una coincidenza cheproprio in questi giorni il Comitatodi vigilanza sull’uso delle risorseidriche abbia tenuto la suarelazione in Parlamento, rivelandouna situazione italiana scandalosa.Come conferma Laureano, ilsistema idrico italiano disperdemediamente una quantità enormedi acqua, il 40% (!) e a questo sideve aggiungere un calo delleprecipitazioni piovose (-10% in 10anni).La portata dei fiumi diminuisce(nel luglio del 2005 la portata delPo è stata di 341 metri cubi alsecondo, dieci anni fa era tre voltetanto) e aumenta il consumo diacqua per ogni abitante, siamo a 200 litri a testa al giorno.

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Settembre 2006 Alpes 17

Che facciamo noi di questa risorsa?Prendiamo l’esempio di una città comeFirenze, posta vicino all’Arno: la risor-sa d’acqua di Firenze è il fiume, noiprendiamo l’acqua dal fiume e la ren-diamo potabile. Siamo bravissimi, larendiamo potabilissima, viene fuoriun’acqua perfetta, bevibile, a costi chenon vi dico. Che facciamo di quest’ac-qua? La diamo alla città, che la prendee la riscarica nei gabinetti.La gente non la beve quasi per nienteperchè beve acqua minerale. La genteusa acqua potabile per lavarsi e la ri-butta dentro il fiume. E questo è un ci-clo di spreco delle risorse. Uno sprecodi risorse è uno schiaffo all’umanità chesoffre per mancanza di acqua potabile.Ecco: l’acqua si spreca. E si spreca an-che negli acquedotti. È considerato fi-siologico un acquedotto che perde il40% di acqua potabile, quindi sana, be-vibile. L’acquedotto pugliese ne sprecatranquillamente l’80% ed è un datoconsiderato, per l’acquedotto pugliese,normale.L’acqua si può produrre, si può realizza-re ormai, scientificamente, in qualsiasisituazione del pianeta, ed è acqua bevi-bile. Diciamo che il costo al metro cu-bo, il costo di mille litri di acqua pro-dotta in vari modi (con la dissalazionemarina, per osmosi inversa, per con-densazione, anche con le grandi dighe,diciamo, con gli sbarramenti, con l’ac-qua di captazione) è di circa 40 cente-simi: con 40 centesimi si possono pro-durre 1000 litri di acqua bevibile pota-bile. Invece sapete tutti quanto costaun litro di acqua minerale. Arriva finoa 2 euro al litro. Quindi vuol dire checon il costo che noi paghiamo per unabottiglia di acqua in realtà si possonoprodurre 4mila litri di acqua. Noi pa-ghiamo una bottiglia il valore di 4 mi-la litri di acqua. Cominciate a capireperchè c’è tutto questo gioco sull’ac-qua? Perchè ci sono dei profitti im-mensi.L’acqua è oggi l’elemento su cui si fan-no i più grandi profitti. Altro che pe-trolio, altro che uranio: l’acqua!Non costa veramente nulla fare unabottiglia di acqua, una bottiglia di ac-qua minerale, che oggi non è mineraleper niente perchè le falde sono più in-quinate dell’acqua sanitata dagli ac-quedotti. L’acqua minerale non esistepiù, perchè le falde superficiali sonotutte inquinate, quelle profonde stannosparendo e sono fossili, falde geologi-che.

Ci vendono questa bottiglia di acqua edè la stessa che noi abbiamo dal rubi-netto, quella la paghiamo ancora 40centesimi per mille litri, questa la pa-ghiamo 2 euro al litro.Questa è la situazione. Cosa dovrem-mo fare?Evidentemente non dovremmo buttarel’acqua potabile nella toilette, non do-vremmo utilizzare l’acqua potabile perlavarci, anche per dare un segnale alresto del mondo. Evidentemente do-vremmo insegnare a bere l’acqua di ru-binetto, a non bere acque minerali.Tutte le acque minerali sono in manoalle multinazionali. Non esiste più unafonte locale di acqua minerale che nonsia Nestlè o Coca-Cola. In Messicol’acqua è distribuita dalla Coca-Cola.Con le grandi montagne che ha il Mes-sico!Se provate ad aprire una fabbrica di im-bottigliamento di acqua minerale sare-te subito bloccati dalle multinazionali.Non avrete accesso al mercato delle ac-que minerali. È l’affare del millennioed è anche il problema del millennio.Perchè appunto la gente muore permancanza di acqua.Ai vertici, ai forum mondiali a cui ab-biamo partecipato, le multinazionalierano pronte a proporre centrali nu-cleari in riva al mare, grandi sistemi perdissalare l’acqua marina e via, vendia-mo l’acqua alla gente! Ad Algeri han-no proposto: vi facciamo un dissalato-re di acqua potabile dal mare, non vo-gliamo soldi, non vi vendiamo nem-meno l’impianto, vogliamo solo potervendere e commercializzare il prodotto.Ecco, sanno che è un elemento strate-gico. Domani potranno fare il prezzoche vogliono perchè avere in manol’acqua è avere in mano la vita.Quindi questo è un bene fondamenta-le. Noi dobbiamo certo abituare le po-polazioni a non sprecarlo, come fatto dicostume, di etica. Ma il grande sprecoviene soprattutto dall’agricoltura.Noi buttiamo il 70% della nostra acquanell’agricoltura. Quindi, è certamenteimportante informare la popolazione,abituarla a non sprecare, ma anchecambiare modello agricolo, che oggi èbasato sullo spreco dell’acqua. Noi in-naffiamo continuamente i campi, chehanno bisogno di essere innaffiati per-chè fitofarmaci e pesticidi hanno reso isuoli delle colture assolutamente artifi-ciali, superfici artificiali che hanno bi-sogno di acqua per essere sempre ali-mentati, abbiamo tolto tutte quelle

piante che invece nella tradizione e nelpassato potevano fruttificare anche conpoca acqua. E naturalmente i prodottierano più buoni. Le mele di una volta,che non erano innaffiate, erano picco-le, magari brutte, però gustose. Le me-le che si trovano adesso sul mercato so-no assolutamente senza sapore. Stiamoabituando il mercato a prodotti senzagusto, che hanno solo un bell’aspetto, eche sono pieni di acqua. Esportiamo ac-qua quando esportiamo una mela. Il va-lore dell’acqua è spaventoso quandoviene prodotta a prezzi enormi, dissa-lando l’acqua del mare, sprecando ener-gia per produrre acqua. È quindi asso-lutamente da rivedere il modello agri-colo affinchè non sia dispendioso d’ac-qua. Si deve tornare a colture tradizio-nali, colture di nicchia, tornare soprat-tutto a una agricoltura non più basatasulle grandi superfici: ora abbiamo bi-sogno di grandi superfici, sempre ugua-li, indifferenziate, perchè devono pas-sare i trattori e i mezzi meccanici chespianano tutto, il terreno non ha piùgibbosità, non ci sono rigagnoli, non cisono più i filari degli alberi. Quella cheera la bellezza del paesaggio italiano stascomparendo per avere superfici levi-gate dove si può innaffiare continua-mente, dove possono passare i trattori,dove si possono buttare i fitofarmaci ei pesticidi.E l’Unione Europea, fino ad ora, ha fi-nanziato tutto questo. La nuova politi-ca agricola europea ha stabilito che i fi-nanziamenti andranno alla manuten-zione dell’ambiente e non più alla pro-duttività.Questo è stato il grande disastrodell’agricoltura europea: finanziamentidati alla produttività, puntare alla mas-sima produttività. Abbiamo fatto pro-dotti che poi hanno distrutto i mercatidel Terzo Mondo, perchè evidente-mente l’agricoltura europea superfi-nanziata arriva nel Terzo Mondo a prez-zi bassissimi, nel Terzo Mondo non va-le più la pena produrre nel modo tradi-zionale perchè i prodotti europei costa-no meno: eh già, quelli europei sono fi-nanziati, è chiaro che costano meno. Ealla fine arrivano prodotti scadenti, an-che nocivi (pensate alla mucca pazza),non gustosi e a basso prezzo che di-struggono l’economia locale. Non dob-biamo più finanziare la produttivitàagricola però possiamo finanziare ilpaesaggio, la manutenzione del paesag-gio. L’Unione Europea ha dato questiprincipi ma poi saranno le regioni che ▼

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dovranno dare applicazione a questiprincipi.Gli altri obiettivi, quali devono essere?L’attenzione alle risorse, il non sprecodi risorse (acqua prima di tutto), la pro-tezione del paesaggio, la protezione dimuretti a secco che sono quelle strut-ture di pietra che permettono all’acqua,quando arriva a scrosci, di non essererovinosa, proteggono i pendii, impedi-scono la distruzione del suolo. I muret-ti a secco, questa grande bellezza delpaesaggio italiano e mediterraneo.Rifare le cisterne di captazione, le pic-cole ritenute, le cisterne sui tetti delleabitazioni, la captazione dell’acqua. Ec-co, tutte quelle tecniche che facevanodell’agricoltura italiana un bellissimogiardino, che facevano il nostro pae-saggio. Dunque: bisogna riorganizzare il terri-torio con pratiche tradizionali, prati-che antiche di gestione anche riutiliz-zate in modo innovativo. Ma anche ri-fare una politica dell’abitazione che siabasata su principi diversi.In questo campo c’è un grande spazioper l’innovazione, per lo studio, per tec-nologie diverse, appropriate, basate sulnuovo modello, un modello che nonsia di espansione illimitata e distruzio-ne delle risorse. Un modello di equili-brio, di progresso umano. Vi faccio unesempio: l’acqua secca. Si tratta diuna sostanza fatta di piccoli granuli.

Questi granuli vengono imbibiti di ac-qua, si gonfiano e hanno la proprietà ditrattenerla. I contadini, una volta, vi-cino alle piante mettevano delle pietredi calcare. Questi massi assorbivanol’umidità durante la notte poi la rila-sciavano piano piano alle radici. La tra-dizione aveva risolto il problema dellasiccità per le piante.Oppure mettevano giare di creta che siriempivano d’acqua. Si possono trova-re tante soluzioni di questo tipo.Vi racconto di quest’altra soluzione in-novativa, tecnologica: si tratta di unenzima che viene messo vicino allapianta. Ci permette di piantare un ar-busto anche nel deserto e non doverstar lì un anno ad innaffiarlo finchè cre-sce: questo infatti trattiene l’acqua chepoi viene presa piano piano dalle radi-ci. È una soluzione straordinaria perònessuno l’ha ancora testata. Non so sequesti granuli possono essere, alla lun-ga, nocivi per l’ambiente.Ecco, che cosa ci manca adesso. Cimanca il rapporto fra tradizione, inno-vazione e abilitazione dell’innovazio-ne. Abbiamo bisogno di istituti scien-tifici che siano capaci di testare e vali-dare queste cose. Il processo di svilup-po da rimettere in moto deve essere unprocesso tra antico, passato, radici an-tiche, conoscenze antiche e innovazio-ne, capacità delle imprese di produrreinnovazione, fare proposte. Con

l’UNESCO stiamo cercando di ripro-porre ora per l’ambiente quello che ab-biamo fatto con la convenzione del pa-trimonio mondiale per i monumenti.Per 30 anni abbiamo lavorato sui mo-numenti, siamo riusciti a mettere in te-sta alle persone il fatto che i monu-menti non vanno toccati, che bisognaproteggere loro e il centro storico. Ec-co, basta, questa cosa, secondo me, or-mai è andata. Ora dobbiamo fare lostesso lavoro sul paesaggio e sull’am-biente. Dobbiamo fare la stessa campa-gna di sensibilizzazione: e per far questodobbiamo parlare di queste cose, dob-biamo parlare di muri a secco, di ci-sterne di captazione e dobbiamo ri-creare un circuito virtuoso tra passato,sapienza antica, innovazione, compe-tenza scientifica, validazione delle co-noscenze e mercato. E imporre sul mer-cato questi prodotti.Così avremo finalmente anche unpaesaggio più sano e forse un avveni-re con più speranze per i nostri figli.

By Cacao Quotidiano at 27 Lug 2006

* Laureano è architetto e urbanista, attualmentepresta la sua opera come consulente Unesco. È unesperto nella scoperta e riuso delle tecniche tradi-zionali per la captazione dell’umidità e della ru-giada, il filtraggio e il riciclaggio dell’acqua.

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L’inno di Mameli, cheGiuseppe Verdi definìL’Inno degli Italiani, persimboleggiare la nostra

Patria e lo pose accanto a Godsave the Queen e alla Marsigliese,da sessanta anni, dal 12 ottobre1946 è l’inno nazionale della Re-pubblica Italiana.Le parole dell’inno furono scritteda Goffredo Mameli tra il 4 e il 9novembre 1847, dopo aver par-tecipato l’8 settembre a Genovacon novemila giovani al corteoda Oregina, passando per Porto-ria, davanti al famoso mortaiodove venne issata la bandieraconquistata agli Austriaci, e aversfilato per tutta la città, inneg-giando al Re Carlo Alberto algrido di Viva l’Italia e Viva laStampa libera !Goffredo Mameli aveva soloventi anni, essendo nato nel1827.Visse a Genova, in piazza S. Bernardo 30,primo di cinque fratelli.Essendo gracile e spesso ammalato la ma-dre non volle mandarlo a scuola fino adodici anni. Era molto intelligente e im-parò rapidamente il latino e il greco, lamatematica e la filosofia, e completò isuoi studi dopo soli tre anni. Divorava ilibri: Foscolo, Goethe, Victor Hugo,George Sand, Berchet, D’Azeglio, Man-zoni erano i suoi autori preferiti. Data lasua preparazione a soli quindici anni fuammesso alla Facoltà di Filosofiadell’Università di Genova. A causa di unlitigio con un compagno di corso, fu pu-nito dal Rettore e dovette ripeterel’anno, così nel 1846 si iscrisse di nuovo,ma alla facoltà di Legge.In quegli anni a Genova erano sorte di-verse correnti politiche: mazziniani, libe-rali, moderati, monarchici.Nel maggio del 1847 è segretario dell’As-sociazione dei Liberali riformatori diChiavari. Partecipa così a diverse mani-festazioni e si impone all’attenzione diNino Bixio, Raffaele Rubattino e Boc-cardo.Nel 1848, anno che Giosuè Carducci de-finì “l’anno dei portenti”, venti rivolu-

zionari percorsero l’Italia a partire dallaSicilia con Rosolino Pilo.Avvenne così che “in men che non sidica”, Ferdinando II concesse la Costitu-zione, poi anche il Granducato di To-scana e poi il re di Sardegna e, nel marzo,anche Pio IX.A metà marzo insorse Venezia con Da-niele Manin e Nicolò Tommaseo, poi in-sorse anche Milano con la cacciata degliAustriaci e infine insorsero Parma eLucca.Intanto il Mameli scriveva a Mazzini perapprofondire, per conoscere.Il 20 settembre si incontra con GiuseppeGaribaldi che sta organizzando ungruppo di volontari per soccorrere Vene-zia.In questa occasione, trasmette un pro-clama alla flotta piemontese, comandatadall’ammiraglio Giorgio Mameli, padredi Goffredo, in navigazione nell’Adria-tico per invitarla a soccorrere Venezia,ma invano.Il 16 ottobre, diventato Direttore del“Diario del Popolo”, pubblica il suo pro-gramma e fissa come due primi obiettivi:la guerra di indipendenza e la costi-tuente italiana.Intanto in Lombardia nella Valle d’In-

telvi la popolazione insorge e Ga-ribaldi annuncia sul suo giornaleil suo imminente arrivo e invita igenovesi ad armarsi e a partire perla Lombardia, scrivendo sul Dia-rio del Popolo: “E’ passato iltempo in cui i soldati erano mac-chine! Ora i soldati sono cittadiniarmati, che non intendono ven-dere il cuore, la coscienza el’anima!”.Il 29 dicembre, durante l’assenzadi Pio IX, che è a Gaeta, dopol’uccisione di Pellegrino Rossi,Ministro del Governo pontificio,parte per Roma e getta le basi peril Comitato Centrale provvisoriodella Democrazia italiana con DeBoni, Marstri e Dall’Ongaro,come era già stato fatto a Firenzedal Montanelli.Il 29 gennaio 1849 vi furono levotazioni e furono eletti a capodella Repubblica Romana Maz-

zini, Saffi e Armellini. Purtroppo però cifu la sconfitta di Custoza, culminatanell’armistizio di Novara. Le truppe di Francia, Austria, Spagna eRegno delle due Sicilie confluirono,forti di 40 mila uomini, verso Roma. Di-fesa da 12 mila uomini. In uno scontroalla baionetta, Goffredo fu ferito da uncolpo accidentale di un garibaldino.Pochi giorni dopo il ricovero gli fu am-putata la gamba.Il 6 luglio spirava, dopo avere ricevuto iSacramenti dal Padre Raffaele Ameri.La salma fu deposta con solenni ono-ranze funebri nel cimitero sotto la sacre-stia della Chiesa delle SS. Stimmate inRoma.Attualmente dal 1891 è al Gianicolo nelsacrario che ricorda i caduti perchéRoma fosse italiana.Giosué Carducci, in questa occasionedisse: “Egli visse la vera vita, amò,cantò, combatté, tutto nello spazio diappena tre anni, a partire dal 10 di-cembre 1846 , quando in Oregina fecesventolare i tre colori della Rivoluzioneitaliana. Aveva fatto molto questo ra-gazzo di vent’anni ed avrebbe fattomolto di più. Poeta delizioso, è natogrande”. ■

L’Inno di Mameli compie 160 annidi Alessandro Canton

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Prima o al momento dellapremiazione di ogni com-petizione sportiva interna-zionale abbiamo sentito an-

che recentemente ai CampionatiEuropei di Atletica Leggera, suo-nare gli inni nazionali e abbiamo vi-sto gli atleti cantare.Cosa cantano? Con quali parole gliatleti di ogni nazione accompa-gnano la musica?Sono musiche e parole che fannovibrare le fibre più recondite: ri-cordi, entusiasmi giovanili e magarianche illusioni.Dopo tanto cercare ho trovato lapubblicazione dove, alcuni anni fa,le avevo lette.Questo è un libero riassunto di unsaggio di Francesco Sindoni pubbli-cato su Realtà Nuova.Anche ad un lettore superficiale ap-pare evidente che nei vari testi tra-spare lo spirito guerriero, l’anelitoalla libertà e alla pace, il ricordo delglorioso passato e la bellezza natu-rale del proprio Paese.

AUSTRIA

L’Austria fino al 1918 ha cantatol’inno all’Imperatore. Dal 1946 l’innonazionale ha adattato alla Piccola can-tata massonica di Mozart i seguentiversi:

Terra di montagne, terra di fiumi,terra di pianure, terra di guglie,terra di martelli, ricca di futuro,Tu sei Patria di grandi figli,popolo benedetto dal senso della beltà,ricca di gloria Austria!

BELGIO

L’inno è dell’antico Ducato di Bra-bante, composto durante i moti rivolu-zionari del 1830.Dopo secoli di schiavitù,il Belgio, uscendo dalla tomba,ha riconquistato col suo coraggio,il suo nome, i suoi diritti, la sua ban-diera.(ritornello)O Patria! Tu vivrai sempre grande ebella.E la tua invincibile unitàAvrà come motto immortale:il Re, la Legge, la Libertà.

REPUBBLICA CECAL’inno ha una prima parte, per la Re-pubblica Ceca, e una seconda parte perla Repubblica Slovacchia:

Dov’è la mia Patria? Dov’è la mia Pa-tria?L’acqua scroscia nei prati,i boschi frusciano sopra le roccenel giardino splende il fiore della Pri-mavera.Allo sguardo ecco il Paradiso terre-streÈ questo il bel PaeseIl Paese Ceco: la mia Patria!

REPUBBLICA SLOVACCHIASopra i Tatra lampeggia,i tuoni selvaggiamente rimbombano,fermiamoci Fratelli,essi svaniranno egli Slovacchi risorgeranno!

CITTA’ DEL VATICANO (melodia senza parole)L’inno ufficiale dal 1949 è la “MarciaPontificale” di Charles-Francois Gou-nod: la struttura melodica non con-sente l’applicazione di un testo lettera-rio.

DANIMARCAHa due inni: uno marziale che è sonatola domenica; uno melodico, pacificonei giorni feriali.Inizio del primo:Il re Cristiano stava ritto accantoall’albero della navenella nebbia caliginosa;la sua spada vorticava velocementetrapassando elmi e crani di Goti.Inizio del secondo:Conosco l’amabile terra,dove incantevoli boschi di faggi,crescono presso la sponda del Baltico.

FRANCIALe parole della Marsigliese sono fintroppo note, dirò soltanto che fu com-posta a Strasburgo dal Capitano Rogetde l’Isle, nel 1792, con il titolo “Can-tata di guerra per l’Armata del Reno”,i volontari marsigliesi la ribattezzarono“Marcia dei Marsigliesi”. L’inno è mar-ziale, aggressivo e trascinante, ignotol’Autore delle parole. Fu dichiarataInno nazionale francese nel 1879. Mipiace ricordare il ritornello:Alle armi, Cittadini!Formate i vostri battaglioni!Marciamo! Marciamo!Che un sangue impuroIrrighi i nostri campi!

GERMANIALa Repubblica Federale tedesca dal1952 ha scelto la musica che Franz Jo-seph Haydn scrisse nel 1797 dal titolo“Inno Germanico”, il testo fu scrittonel 1841 da Hoffmann von Fallersle-ben, ma per discrezione (!), si cantasolo la terza strofa:Unità e Diritto e Libertàa ciò tutti dobbiamo tenderefraternamente col cuore e con lamano.Unità e Diritto e Libertà

Le parole degli inni nazionali europeiraccolte da cura di Alessandro Canton

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sono pegno della felicità.Fiorisci nello splendore di questa feli-cità,fiorisci Patria tedesca.E la seconda strofa?Germania, Germania, sopra tutto nelMondo!Donne tedesche, fede tedesca, vinotedesco, canto tedescodebbono nel mondo conservare il lorobel suono,a nobili imprese spronarci, per tuttala vita!

GRAN BRETAGNA“Dio salvi la Regina (o il Re)!” è notoda tutti “God save the Queen” fu com-posto molto probabilmente dall’orga-nista John Bull che lo eseguì nel 1603in occasione dell’unione delle coronedi Inghilterra e di Scozia.Le parole sono ispirate:Dio salvi la nostra graziosa Regina, lunga vita alla nobile sovrana,Dio salvi la Reginale conceda vittoriosafelice e gloriosadi regnare a lungo su noi.Dio salvi la Regina!Che possa regnare a lungo;possa difendere le nostre leggie sempre darci motivodi cantare col cuore e con la voce:Dio salvi la Regina!

GRECIAL’autore del testo è Dionisios Solomos(1798-1857) che nel 1823 scrisse l’Im-nos in tin elefteheria (Inno alla Li-bertà), la musica è di Mantzaros.Io ti riconosco dal tagliodella terribile spada;ti riconosco dallo sguardoche con fretta misura la terra.Risorta dalle ossa sacredegli Elleni,e, come allora, valorosa,Salve! Salve o Libertà!

RUSSIALe parole del testo sono recenti e le hascritte il poeta Sergei Mikhalkof, lamusica è di Alexander Alexandros. Fueseguito per la prima volta alla pre-senza di Putin al Cremlino, al brindisidi fine anno del 2000.Russia, nostra santa Patria!Russia, nostra amata Patria!Tu sei unica al mondo, inimitabileterranatia, protetta da Dio!

EUROPANel 1972 il Consiglio di Europa ha ap-provato l’inno europeo. La musica èl’ultimo movimento della Sifonia n° 9in re minore op. 125 di Ludvig vanBeethoven sui versi dell’ode di Schiller“Alla Gioia”:Gioia, bella scintilla divina,figlia dell’Eliso!Noi penetriamo, ebbri di fuoco,o celeste, il tuo santuario.

ITALIA

Ci fu chi, al momento della scelta, pro-pose il “Va’ pensiero sull’ali dorate…”del Nabucco di Verdi, altri proposerol’”Inno a Roma” dall’Iris di Ma scagni,ma giustamente fu scelto l’inno di Ma-meli.Fratelli d’Italiadi Goffredo Mamelimusica di Michele Novaro

Fratelli d’Italia,l’Italia s’è desta,dell’elmo di Scipios’è cinta la testa.Dov’è la vittoria?Le porga la chioma,che schiava di RomaIddio la creò.

Stringiamoci a coorte,siam pronti alla morte.Siam pronti alla morte,l’Italia chiamò.Stringiamoci a coorte,siam pronti alla morte.Siam pronti alla morte,l’Italia chiamò, sì!

Noi fummo da secolicalpesti, derisi,perché non siam popoli,perché siam divisi.Raccolgaci un’unicabandiera, una speme:di fonderci insiemegià l’ora suonò.

Uniamoci, uniamoci,l’unione e l’amorerivelano ai popolile vie del Signore.Giuriamo far liberoil suolo natio:uniti, per Dio,chi vincer ci può?

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Non si tratta certamente di unproblema solo italiano: ri-sulta che l’OrganizzazioneInternazionale per il Lavoro

denunci che il 10-12% di tutti i lavo-ratori di età superiore ai 16 anni ha pro-blemi legati all’abuso o alla dipenden-za da alcol. Una recente ricerca dell’As-sociazione Dirigenti Risorse Umane hastimato, inoltre, che il 45% dei mana-ger abusa di alcol. (meglio non indaga-re su abuso di eroina o di cocaina!).Tutte le attività lavorative risultano in-compatibili conil consumo dialcol, in parti-colare quellenelle quali è ri-chiesta concen-trazione, quellenelle quali siutilizzano mac-chinari o siconducono vei-coli.Un conto sonole conseguenzedi un errorecommesso daun impiegatoavvinazzato e ben altre sono quelle dichi può “urtare, mettere un piede in fal-lo, cadere dall’alto, schiacciarsi, colpir-si” e può arrivare fino ad uccidersi o aduccidere!Il consumo di bevande alcoliche deveessere evitato anche nelle ore che pre-cedono l’attività lavorativa. Modera-zione e rispetto dei tempi anche nellapausa pranzo, per non parlare delle mi-grazioni di interi staff al bar per l’aperi-tivo! Si consideri che la velocità concui il fegato elimina l’alcol si aggira suuna media di un bicchiere all’ora.Quindi, chi lavora deve necessaria-mente aspettare almeno un’ora dopoaver bevuto un bicchiere prima di ri-prendere a lavorare!Lo Stato, per specifiche categorie di la-voratori, ha formulato leggi, tanto inrelazione all’idoneità all’assunzione chein previsione di sanzioni - fino al li-cenziamento - una volta che l’assun-

zione sia già avvenuta, qualora si veri-fichino problemi e patologie alcolcor-relate.

Le leggi che prevedono inidoneitàall’assunzione di alcol o sanzioni chearrivano al licenziamento, si riferisco-no alle seguenti categorie: Arma deiCarabinieri - Polizia di Stato - Forzearmate - Corpo di polizia penitenziaria- Corpo forestale dello Stato - Corponazionale dei Vigili del Fuoco - Perso-nale di regioni e degli enti pubblici

non economicida esse dipen-denti, dei co-muni, delleprovince, dellecomunità mon-tane e loro con-sorzi - EnteAutonomo delleFerrovie delloStato - Licenzao abilitazione

degli esercenti arti ausiliarie delle pro-fessioni sanitarie - Insediamento e at-tività dei pubblici esercizi - Inabilitàal pilotaggio - Idoneità della gente dimare - Regolamento per la navigazio-ne interna, norme sulla navigazioneda diporto - Abilitazione per la circo-lazione dei motoscafi e delle imbarca-zioni a motore - Abilitazione opera-zioni relative all’impiego di gas tossi-ci - Abilitazione alla condotta di ge-neratori a vapore.

Articolo 15 Legge 125/01(Disposizioni per la sicurezza dei lavoratori)

1. Nelle attività lavorative che com-portano un elevato rischio di infortunisul lavoro ovvero per la sicurezza, l’in-columità o la salute di terzi, individua-te con decreto dal Ministero del Lavo-ro (…) di concerto con il Ministerodella Sanità, da emanare entro novan-ta giorni dalla entrata in vigore dellapresente legge è fatto divieto di assun-zione e di somministrazione di bevan-de alcoliche e superalcoliche.2. Per le finalità previste dal presentearticolo i controlli alcolimetrici neiluoghi di lavoro possono essere effet-tuati esclusivamente dal medico com-petente ai sensi dell’articolo 2, comma1, lettera d) del d.lgs 19.9.1994, n°626,e successive modificazioni, ovvero daimedici del lavoro dei servizi per la pre-venzione e la sicurezza negli ambien-ti di lavoro con funzioni di vigilanzacompetenti per territorio delle azien-de unità sanitarie locali 3. Ai lavoratori affetti da patologie al-colcorrelate che intendano accedere aprogrammi terapeutici e di riabilitazio-ne presso i servizi di cui all’articolo 9,comma 1, o presso altre strutture riabi-litative, si applica l’art.124 del TestoUnico delle leggi in materia di disci-plina degli stupefacenti e sostanze psi-cotrope, prevenzione, cura e riabilita-zione dei relativi stati di tossicodipen-denza, approvato con decreto del Pre-sidente della Repubblica il 9 ottobre1990, n°309 (...). ■

Alcol e infortuni sul lavoro: se ne parla troppo pocodi Medardo Moskowski

Una percentuale compresa trail 4 e il 20% di tutti gliincidenti che capitano suiluoghi di lavoro in Italiarisulta alcol correlata. Ciòsignifica che dei 967.785infortuni segnalati all’Inail nel2002, dai 35.000 ai 185.000trovano la lorocausa nell’uso eabuso di alcol.

Nel 2004 è stata formulata una propostacongiunta SIA – ANM e LP dell’elenco dicui all’art. 15 comma 1: (…) è fatto di-vieto di assunzione e somministrazione dibevande alcoliche:•alla guida di mezzi di trasporto su strada, su

rotaia, su acqua, su aria•alla guida di macchine di movimentazione

terra e merci•alla guida o ai comandi di macchine agricole•ai pannelli di manovra (o ai telecomandi) di

macchine di sollevamento e movimentazionemerci

•alla consolle di comando di macchine com-plesse e robotizzate

•nell’utilizzo di macchine utensili di ogni tipo•nell’edilizia• in tutti i lavori in quota•nelle lavorazioni di movimentazione di merci•nelle fonderie e lavorazione metalli•nell’industria del legno•nell’impiantistica elettrica•nell’industria chimica a rischio di incidente

rilevante•nelle lavorazioni soggette a certificato di

prevenzione incendi•nelle cave e miniere•nei cementifici e nelle fornaci•nelle mansioni di sorveglianza di altre per-

sone o quando ci si debba prendere cura diesse (es. insegnanti, personale sociosanita-rio)

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L’estate 2006 è stata contraddistintaper la discussione che si è scatenatain seguito all’approvazione dellalegge sull’indulto, che ha coinvolto

tutto il mondo politico e non.L’indulto, a differenza dell’amnistia cheestingue il crimine, è un provvedimento diclemenza con il quale il parlamento con-dona o commuta parte della pena senza can-cellare il reato, in definitiva si resta colpevolipur evitando il carcere.Il provvedimento approvato dal governoProdi prevede uno sconto di pena di tre anniper i reati commessi entro il 2 maggio 2006.Il beneficio di sconto della pena è revocatoa tutti coloro che, entro 5 anni dalla data dientrata in vigore della legge, commettanoun delitto per il quale riportino “una con-danna a pena detentiva non inferiore a dueanni”.Il provvedimento non è applicabile ai reatidi terrorismo, strage, banda armata, schia-vitù, prostituzione minorile, pedo-pornogra-fia, tratta di persone, violenza sessuale, se-questro, riciclaggio, produzione, traffico edetenzione di sostanze stupefacenti, usura,mafia. L’indulto, quindi, non riguarda alcuni reaticonsiderati troppo riprovevoli dal Parla-mento per essere inclusi nell’atto di cle-menza; anche se mi pare una contraddizionenon escludere l’omicidio, considerato il piùgrave dei delitti contro la persona e il piùpericoloso per la stabilità della società.Molti hanno gridato allo scandalo perchél’indulto è stato applicato ai reati finanziari,societari e contro la pubblica amministra-zione ma non si sono scandalizzati quando igiornali hanno elencato alcuni illustri assas-sini che beneficeranno dell’indulto (ErikaDe Nardo, la ragazza che massacrò madre efratellino, Ruggero Jucker che trucidò la fi-danzata, Pietro Maso che uccise i genitoriecc…).L’Italia dei Valori ha scatenato una dura pro-testa per l’applicazione del provvedimentoanche a questi reati: si può perdonare tutti(assassini compresi) ma non i corrotti. Il de-naro è più importante della vita umana?Si vuole mettere sullo stesso piano il dannoche procura un omicidio alla società civile aldanno procurato dai cosiddetti “furbetti”che si macchiano dei reati finanziari (falso inbilancio ecc ... ).

Come si fa a ritenere i reati finanziari supe-riori in gravità ad un omicidio? E’ senz’altromeglio fare sconti a chi ruba piuttosto che achi uccide.La pena non deve essere considerata unavendetta ma un risarcimento che, chi in-frange le regole, paga alla società.Non mi scandalizzo per l’indulto in sé, ma ilfine per cui è nato. E stato fatto passare comeun provvedimento “svuota carcere”, neces-sario per poter riformare e risolvere i pro-blemi del sistema penitenziario italiano, maè solo un tentativo, destinato a fallire, di af-frontare il problema del sovraffollamentodelle carceri e delle condizioni in cui vivonomolti detenuti: ammassati in spazi ristrettidestinati a ospitare un numero inferiore dipersone, in condizioni di grande sofferenza.La dignità umana va sempre rispettata anchein carcere: il sistema carcerario italiano èfuorilegge: le condizioni di vita dei detenutisono precarie, le condizioni igieniche inim-maginabili; in questi ultimi anni si è assistitoa un aumento preoccupante dei suicidi edelle violenze nelle strutture penitenziarie. Grazie a questo decreto sono state scarceratecirca 12.000 persone, ma il problema del si-stema carcerario italiano, che fa acqua datutte le parti, non è risolto anche perchéquesto provvedimento non può evitare che,chi rimesso in libertà, possa ricadere nelreato.I giornali, in questi giorni, stanno elencandoi casi di persone, che avendo beneficiatodell’indulto, si mostrano recidive e dopo po-che ore rientrano in carcere.Un altro punto che il governo, a mio parere,doveva prendere in considerazione è che ilprovvedimento sconta la pena ma non lacancella quindi impone la prosecuzionedelle indagini e del processo, a spese dei cit-tadini, con la certezza dell’inutilità dellapena e soprattutto intasando la macchinadella giustizia già di per sè lentissima.La società ha diritto, per tutelarsi, di limitarela libertà agli individui ritenuti, dopo rego-lare processo, socialmente pericolosi ma haanche il dovere di cercare di educarli ad unaconvivenza democratica e civile, per questosono fondamentali le condizioni ambientalinelle quali vive una persona condannata eda questo dipende anche il suo reinseri-mento nella società.Non è l’indulto la soluzione per il carcere

italiano ma è necessario prendere dei prov-vedimenti per evitare di ritrovarci, fra qual-che tempo, nella stessa situazione di so-vraffollamento.Per prima cosa bisognerebbe migliorare lecondizioni di vita nelle carceri e migliorarele condizioni di lavoro per tutti gli opera-tori, prendere misure concrete per sostenereil reinserimento sociale e lavorativo diquanti escono dalla prigione creando leggifinalizzate alla rieducazione del detenutocome sancito dalla nostra costituzione.Assieme all’indulto è necessario riformare ilsistema penale e penitenziario: la lentezzadei processi, l’uso distorto della custodiacautelare, la strumentalizzazione e l’abusodella carcerazione preventiva, che dovrebbeessere usata solo ed esclusivamente per ireati di maggior gravità che possono metterea rischio la comunità (omicidio, stragi, vio-lenze … ), ridurre il rischio di errori giudi-ziari, sono solo alcuni dei punti che vannomodificati.Non dimentichiamo che molta gente è in-giustamente detenuta in carcere in attesa digiudizio, se dovesse risultare innocente chila risarcirà del tempo perduto e della soffe-renza patita in carcere?E’ necessaria una vera riforma della giustiziache depenalizzi certi reati e che crei le basiper migliorare e modificare il sistema carce-rario italiano, oggi al collasso.“Il grado di civiltà di un paese si misura os-servando le condizioni delle sue carceri”scriveva Fedor Dovstojevskj, se le nostre pri-gioni sono lo specchio del nostro modo divivere significa che, in Italia, si sta diffon-dendo una cultura dell’odio e della ven-detta: i valori su cui si deve fondare un paesecivile e democratico sono altri e dovremmocercare di riscoprirli per evitare che la nostrasocietà si corroda. ■

Indulto: pro o contro?di Manuela Del Togno

“Il grado di civiltà di un paese si misura osservando le condizioni delle sue carceri”

Fedor Dovstojevsky

(ANSA) - ROMA, 19 AGO - Una “celladell’amore” che conceda, lontano da occhiindiscreti, 24 al mese di intimità ai detenu-ti e le loro mogli. La propone Boato (Verdi).Nessuna limitazione - è spiegato nella pro-posta di legge - per quanto riguarda le per-sone che possono entrare nel penitenziario:consorti, conviventi, familiari, amici intimi.Le visite si svolgerebbero in locali adibiti adhoc, senza controlli visivi e auditivi. Obiet-tivo: tutelare il “diritto all’affettività”.

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Siete disoccupati one-sti, con la fedina penale imma-colata? Avete passato gli ultimianni a sbattervi da

un’agenzia interinaleall’altra, ma il posto fissoresta un miraggio? E nono-stante queste continue fru-strazioni non vi siete maisognati di rubare uno spil-lo, tantomeno di torcere uncapello a nessuno? Peggioper voi: certi errori si paga-no.Se vi foste fatti arrestare perassociazione a delinquere fi-nalizzata al traffico di drogao magari perché sorpresi arapinare, ora trovare un la-voro sarebbe molto più faci-le. Primo, perché grazieall’indulto, voluto da granparte del centrosinistra e dametà della Cdl, adesso sare-ste comunque a piede libe-ro. Secondo, perché il go-verno di Romano Prodi sisarebbe impegnato in tutti i modi pertrovarvi un impiego. Invece che inmezzo alla strada, sareste su una corsiapreferenziale, potendo contare sull’aiu-to di un governo che più di sinistra nonsi può: solidale verso chi ha la fedinapenale lunga, perché a sinistra la colpadei reati di chi non è ricco è solo dellasocietà; generoso come può esserlo chispende i soldi dei contribuenti. L’idea è stata del diessino Cesare Da-miano, ministro del Lavoro, e del lea-der dell’Udeur Clemente Mastella, mi-nistro della Giustizia. Dei 15mila dete-nuti che hanno ottenuto l’indulto (se-condo Mastella 12mila sono già uscitidal carcere e altri 3mila lo faranno diqui a breve), duemila potranno parte-cipare a un tirocinio semestrale di for-mazione nelle aziende che hanno ade-rito al progetto del governo. Durantequesto periodo gli ex detenuti riceve-ranno dallo Stato un “sostegno al red-dito” pari a 450 euro al mese. Non so-lo, per invogliare le assunzioni, Damia-no e Mastella hanno assegnato a ognilavoratore una “dote” di mille euro, de-

stinata come “una tantum” alle aziendeche trasformeranno l’apprendistato inun vero e proprio contratto d’impiego.A “Italia Lavoro”, società controllatadal governo tramite il ministerodell’Economia, il compito di gestire itirocini e le assunzioni.Il costo iniziale, hanno spiegato i mini-stri, è di 13 milioni di euro: dieci li met-te il dicastero del Lavoro, tre quello del-la Giustizia. Dovrebbe essere solo l’ini-zio: “Se l’iniziativa avrà un riscontropositivo”, ha già fatto sapere Damiano,“il finanziamento potrà essere imple-mentato”. Grazie a questa dotazione, ilprogetto nasce già con l’adesione di Le-gacoop (coop rosse), di Confcooperati-ve (coop bianche) e del Cnca, il coor-dinamento delle comunità d’acco-glienza: tutte realtà vicinissime al go-verno Prodi, che avranno così l’oppor-tunità di coniugare ancora una volta laloro vocazione per il “sociale” con l’al-trettanto naturale vocazione per i soldipubblici e le assunzioni agevolate.Per i due ministri si tratta di una speciedi bingo. Con la loro iniziativa potran-

no finanziare il mondo della coopera-zione, amico dell’Unione. Hanno postole basi per la creazione di una nuova ca-

tegoria di lavoratori pro-tetti, quella degli ex car-cerati socialmente utili,che al pari degli Lsu fa-ranno parte di un mon-do contiguo alla sinistra,con tutto quello che ciòpotrà significare anchein termini di rapporticlientelari ed elettorali.Con questa mossa il go-verno spera poi di evita-re che parte degli ex car-cerati beneficiatidall’indulto torni a de-linquere in tempi brevi.Sebbene manchino datiufficiali, ad una settima-na dall’apertura delleprigioni i segnali che ar-rivano dalle cronachesono tutt’altro che posi-tivi. Alcuni di coloroche erano stati scarcera-

ti, colti in flagranza di reato, sono giàrientrati in cella. Non manca chi, tor-nato nel giro della droga, è stato trova-to morto con una siringa in vena. Sonoargomenti che chi ha votato control’indulto, come l’Italia dei Valori, Al-leanza Nazionale e la Lega Nord, non sifa certo problemi ad usare come armapolitica, e chi ne fa le spese è soprattut-to il governo, dove è forte la pressionedi un “rompiscatole” come Antonio DiPietro, che su questo tema sa di poterecontare sul consenso di gran partedell’elettorato di centrosinistra. “Nor-malizzare” il più possibile l’impatto pro-dotto dall’uscita contemporanea dalcarcere di 15mila detenuti serve quindia salvare la faccia dei diessini e del mi-nistro Mastella. Pazienza per i tanti incerca di lavoro che, avendo sempre ri-gato dritto, scoprono adesso che il sedi-cente governo della serietà e della lega-lità li penalizza rispetto a chi è appenastato tirato fuori dal carcere. ■

da Il Legno Storto, inviato il 09/08/2006 - tratto daLibero

Miracoli a sinistra: fuori dal carceretrovano subito un posto in Coop

di Fausto Carioti

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Google... digitare “intercettazioni” e leggere con attenzione!

■ Non sottovalutate mai un improv-viso abbassamento di volume o un leg-gero sibilo durante una conversazioneal telefono. In certi casi ci si sente diredall’interlocutore: “non ti sento bene,hai il telefono rotto?”. Se il problemapersiste, non limitarsi a cambiare l’ap-parecchio; provare ad aprir l’apparec-chio e la relativa spina (basta svitare 4viti)La migliore sicurezza in questi casi siottiene bandendo categoricamenteogni supporto tecnologico, lasciando acasa (e spento!) il GSM e comunicatea voce in ambienti pubblici affollati ocamminando lungo una strada citta-dina, comunque sempre lontano dagliambienti abituali (casa - ufficio - auto-vettura). Se avete sospetti fondati por-tate l’apparecchio telefonico, spinacompresa, presso un tecnico.Per ulteriore precauzione e tranquillitàincaricate agenzia investigativa di svol-gere una accurata operazione di boni-fica ambientale e telefonica, soprat-tutto se ritenete di essere un soggetto arischio e dovete difendere interessi la-vorativi, morali, personali o patrimo-niali consistenti.

■ Se volete essere certi che il vostroapparecchio non sia manomesso o di-fettoso, potete effettuare un ulterioretest collegandolo ad un’altra lineapresso un conoscente fidato o un pa-rente, e controllarlo con attenzione.Talvolta gli apparecchi per il monito-raggio telefonico non si nascondononei telefoni o nelle spine ma lungo lalinea, addirittura fuori dall’abitazione.Se l’apparecchio telefonico nuovo pre-senta migliori performances generali in

termini di sensibilità microfonica e/oresa acustica, può limitare gli “effetticollaterali” meglio di un trasmettitoretelefonico resistivo seriale.

■ Durante la conversazione da appa-recchio fisso prestare attenzione a de-boli fruscii, rumori estranei all’ambitovocale, brevi scatti, ecc. soprattutto seprovenienti da linee recenti (quelleche consentono di comporre un nu-mero anche con i toni audio dettiDTMF). Di norma le linee analogicherecenti non presentano disturbi signifi-cativi.

■ Privilegiare le linee ISDN e ADSL.Sono anch’esse intercettabili, ma conqualche difficoltà tecnica in più, so-prattutto se ciò non avviene tramite lacentrale Telecom.

■ Se volete migliorare la privacy dellevostre telefonate (senza tuttavia risol-vere il problema di un trasmettitorecollocato nell’ambiente dove si trovail telefono) potete farvi installare unapparecchio chiamato “scrambler”. Inpratica lo scrambler altera la voceagendo sulla base di un algoritmo dicriptazione vocale. E’ una soluzioneche garantisce un elevato livello di si-curezza, ma il problema legato a questisistemi è che anche l’altro interlocu-tore, all’altro capo del filo, deve avereun identico apparecchio con lo stessocodice di criptazione preimpostato. Al-trimenti ascolterà solo suoni indecifra-bili: per questo motivo sono poco usati.

■ Prendete la buona abitudine di nonrilasciare il “callerID” (identificativochiamante) quando telefonate. E’ suffi-ciente digitare *67# prima di comporreil numero. Anche un numero telefo-nico, in certi casi, dovrebbe essere trat-tato come un effetto personale.

■ Richiedete alla Seat (elenchi telefo-nici, gruppo Telecom) la cancellazionedel proprio nominativo dall’elenco ab-

bonati. E’ un piccolo espediente gene-rico che quasi sempre presenta, neltempo, più vantaggi che svantaggi,sebbene a nulla valga nel caso di inter-cettazioni su linea.Quasi mai tale cancellazione avvienedavvero (non sappiamo perché, masappiamo invece che esiste un mono-polio, e forse la risposta è tutta in que-sta considerazione). In tal caso insi-stere con raccomandate RR. Provareanche a cambiare numero telefonicose, come spesso avviene, l’operatorenon provvede in merito.

■ Evitare tassativamente l’uso del te-lefono domestico per trattare argo-menti riservati (potrebbe essere anchequesto sotto controllo dello spione diturno, o comunque nel raggio di capta-zione acustica di un apparecchio am-bientale); se assolutamente indispen-sabile è opportuno telefonare da unacabina, mai la stessa e preferibilmentea qualche Km da casa.Può essere di aiuto inviare comunica-zioni utilizzando la carta e la posta tra-dizionale, e soprattutto evitando di af-fidare questioni riservate a Internet,telefoni fissi, cellulari e supporti tec-nologici in genere.

■ Se ritenete di essere spiati è oppor-tuno evitare la vostra autovettura pereffettuare telefonate, conversazioni ospostamenti riservati. Vi esponete acontrollo, non solo acustico ambien-tale ma potete essere controllati facil-mente anche tramite strumenti di ra-dioavviso e radiolocalizzazione GPS.

■ Prestate assoluta attenzione agli og-getti personali. Un microtrasmettitorepuò essere facilmente nascosto in unaborsetta, in un necessaire da viaggio,nel manico di un ombrello, nella piladi un cellulare, addirittura dentro unpersonal computer portatile (laptop onotebook), in una calcolatrice o in unapenna biro.

Eludere la sorveglianza e difendere la propria privacyalmeno per quanto dipende da voi!

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■ Ottima abitudine generale è quelladi diminuire il tono medio della voce(gli italiani notoriamente al telefonourlano!). Occorre veramente poco perascoltare (e molto bene) attraverso imuri. In molti casi basta appoggiare unorecchio al muro (provare per cre-dere!) ma anche gli apparecchi conce-piti allo scopo sono efficienti ed eco-nomici.

■ Mai installare l’apparecchio telefo-nico vicino alla porta d’ingresso (so-prattutto nei condomini). Questa èuna singolare consuetudine del nostrostile abitativo. In molti paesi stranieriil telefono si mette ovunque tranneche negli ingressi delle abitazioni: è fa-cile diffondere i vostri piccoli problemiquotidiani “dal primo al quinto piano”con tanto di resa acustica spesso eccel-lente e notevole comodità nell’ascolto.

■ Tenere tirate le tende delle finestre,sia di giorno che di sera. Esistono si-stemi audiovisivi di ripresa di comuneutilizzo e facilissima reperibilità ingrado di assicurare potenze di avvici-namento (zooming) impensabili soloqualche anno fa.Un monoculare 100X si acquistadall’ottico sotto casa, e oltre a consen-tire la visione dei crateri della luna,consente anche di vedere distinta-mente una moneta a 300 metri di di-stanza!

■ A casa prendete la buona abitudinedi parlare di questioni riservate convoce contenuta in una stanza di pic-cole dimensioni, preferibilmente privadi finestre, e/o alzando leggermente ilvolume di un televisore o di una radio:può essere un banale escamotage perrendere molto difficoltoso anche il la-voro di una sofisticata cimice, oltrechèdei classici e sempreverdi sistemi steto-scopici per ascoltare attraverso le pa-reti. Occorre ricordarsi che le muradelle abitazioni (soprattutto condomi-niali) possono trasformarsi in vere eproprie membrane acustiche, ma che lapresenza di suoni “estranei” alla con-versazione (ad esempio il classico tele-giornale) è un facile e sicuro scudo perla privacy.

■ Si dovrebbe sempre provvedere a di-struggere adeguatamente la spazzatura,preferendo lo strappo sistematico dei

documenti invece dell’accartoccia-mento, ed eliminando con efficaciatutti gli scontrini, le ricevute, i post-itdegli appunti (soprattutto quelli presidurante le telefonate) e il materialepersonale in genere di cui abbiamo de-ciso di disfarci.Qualcuno si divertirà nel leggere que-ste righe, ma quel qualcuno probabil-mente non immagina quanto sia facilededicarsi a queste apparentemente stu-pide attività, e quante informazionipersonali chiunque può facilmente re-perire in questi modi, senza peraltroviolare neppure la legge.

■ I telefoni fissi e i cellulari sono unvero e proprio colabrodo in quanto ariservatezza. E’ dimostrato che, sia latelefonia fissa che quella mobile, rap-presentano una sorta di localizzatorecostantemente attivo. Utilizzare le co-municazioni telefoniche significa tra-smettere una grossa quantità di datisulle nostre abitudini, sui nostri sposta-menti, ecc. Non da meno sono le ca-bine pubbliche, le carte telefoniche,ecc. Tutti i sistemi telefonici registranosempre dati, numeri seriali, sposta-menti, numeri chiamati e numeri chia-manti, zona di chiamata, orari, duratadelle chiamate, ecc. Anche le carteprepagate e le tessere telefoniche con-tengono dei numeri seriali che sono re-golarmente rilasciati nelnetwork e gestiti daidatabase centrali.I network di te-lefonia fissa emobile regi-strano pra-ticamentetutto e con-servano talidati (tabu-lati) per lassidi tempo atutt’oggi maichiariti, ma presu-mibilmente fin anchedecennali.Le comunicazioni telefoniche sono in-tercettabili in vari modi anche senza ilcontributo dell’operatore. ■

Ricordate: tutto quanto attiene la te-lefonia fissa e mobile è intercettabilee localizzabile!

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“Le finalità della associa-zione - inserite nello sta-tuto del 6 settembre 1995- si continuano a realiz-

zare con tutte quelle iniziative chepromuovono attenzione alla tutela deibambini”

Così annota il dott.Giuseppe Zecca,presidente del soda-lizio e, con altri vo-lontari, fondatoredel progetto.Perché di questa ini-ziativa?“Ad un bambino

regalerei le ali, ma lascerei che dasolo imparasse a volare” è una bellafrase dello scrittore colombiano Ga-briel Garcia Márquez, Nobel 1982della letteratura, che potrebbe cam-peggiare ad emblema dell’Associa-zione per gli aiuti dell’infanzia in dif-ficoltà. Traggo questo pensiero - ag-giunge - dall’ esperienza che ho prati-cato, negli anni, verso i bambini biso-gnosi di cure, nella professione di me-dico e nel ruolo di primario nel re-parto pediatrico dell’Ospedale diMorbegno. Si era creata una neces-sità sociale di intervento verso i bam-bini che, per motivi familiari o sociali,non avevano assistenza sanitaria”.Può fare qualche esempio?“Si è trattato, in prevalenza, di bam-bini extracomunitari dei quali ab-biamo avuto segnalazione di gravi pa-tologie e che non avevano possibilitàdi cure od interventi nei Paesi d’ori-gine. In questi anni abbiamo assistitocirca dieci casi per ricoveri, assi-stenza e cure”.Quali altre iniziative continuano ad es-sere promosse?“Un particolare impegno è stato as-sunto nell’offrire ospitalità. In questianni, insieme ad altre Associazioniabbiamo ospitato 50 bambini prove-nienti dalla Bielorussia, in una cam-pagna denominata Operazione Cher-nobyl. Inoltre, il nostro impegno si èprodigato a sostenere l’iniziativa delBanco Alimentare che consiste nellaraccolta e nella distribuzione di generialimentari mirati alle esigenze delle

famiglie. Altro scopo - aggiunge - èaiutare famiglie indigenti, con apportimateriali e sanitari. Vi sono altri ser-vizi espletati dall’Associazione - con-tinua - e in particolare desidero anno-tare il nostro sostegno economico per18 adozioni a distanza di bambini deiPaesi del Sud Est Asiatico. Ed è intale territorio, che tramite la C.E.I.nel 2005 abbiamo contribuito con5000,00 Euro, a sostenere la costru-zione di un Ospedale per bambini. Direcente abbiamo sostenuto l’acquistodi un Ecografo destinato in un centroOspedaliero di Taco-Pozzo, localitàcentrale del Brasile. Uno strumentoindispensabile che ha evitato alledonne del luogo, di oltre 3500 abi-tanti, in particolare ragazze madri,bisognose di tale indagine ecografica,di dover raggiungere l’ospedale più vi-cino che dista oltre 500 Km.Un altro progetto di grande interessesociale è stato messo in atto presso le

scuole elementarie medie del com-prensorio dellaBassa Valtellina:Educare alla Di-versità. Si trattadi sviluppare lacoscienza dellapropria identità,aumentare la con-sapevolezza e il ri-spetto della pro-pria ed altrui di-versità, stimolarenei ragazzi il for-marsi di una per-sonalità flessibile,capace di leggerele diversità inter-personali in ter-mini di cultura earricchimento.Un progetto se-guito da personalespecializzato cheha avuto un costo,in parte finan-ziato dalla Re-gione Lombardia,di 34 mila euro.Queste ed altre

iniziative sono fatte conoscere attra-verso il nostro sito ww.amici dei bam-bini.org.Da dove attingete i contributi?“Fonte primaria sono le quote asso-ciative e contributi vari da benefat-tori. In secondo ordine sono gli in-troiti provenienti dall’attività delpunto vendita di Via Garibaldi 12 aMorbegno, i cui oggetti sono confezio-nati da volontari grazie alla loro fan-tasia artistica. In questo ruolo - an-nota - c’è l’attiva presenza della si-gnora Aurelia Nicolini, coordinatricedell’attività commerciale e con spic-cate doti nella realizzazione degli og-getti creativi”.

La conversazione si conclude con unappello verso tutti coloro che deside-rano far parte dell’associazione o di so-stenerla con un loro contributo da farpervenire sul c/c 28111, Banca CreditoValtellinese- filiale di Morbegno. ■

La Associazione Amici del Bambino di Morbegnodi Paolo Pirruccio

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Ci siamo recati a Chiavenna,per visitare lo studio diBruno Dell’Ava. Una scala,poi la stanza con due fine-

stre che si affacciano sui tetti e le paretibianche; da una parte il cavalletto dastudio, a destra un tavolo con i colori ei pennelli e tanti scaffali dove metterei quadri. Tanti, tantissimi lavori, impi-lati e accatastati ordinatamente. Nellesue ultime opere notiamo una notevolericerca di movimento dinamico emolto bianco, che crea un notevolecontrasto con le parti colorate in tintemolto vive e pure. Per l’artista, che se-gue un suo linguaggio personale, la casasembra un tema ricorrente, come ledonne e i diversi personaggi ritratti; al-cuni titoli sono molto significativi (Aquiloni, La solitudine, Omino sottola montagna incombente, Case senzaluce, Destino, Speranza, …).Notiamo, sul tavolo, un libro, “L’alfa-beto del custode”, curato da Claudio DiScalzo, dove sono stati riportati deisuoi scritti, aforismi, detti o pensieri,che, unitamente alla riproduzione dialcuni suoi lavori, ci danno un’ideaunica del loro singolare autore.Dell’Ava ci confida che, in questo mo-mento, è abbastanza contento perchécon la pubblicazione di questo volumeha avuto, in un certo senso, come la ri-conoscenza pubblica del suo lavoro,che gli sembra che sia servito a qual-cosa.Leggiamo il libro tutto d’un fiato, ci fasorridere e pensare; ne riportiamo al-cune piccole parti, significative perchéscritte da “amici”, che l’hanno cono-sciuto personalmente:

“… La sua opera è rivelazione di forticontrasti interiori, di sofferenzanell’accettazione di ciò che lo cir-conda, è proiezione del desiderato. Ilsuo modo d’esprimersi, essenziale,sintetico, a volte apparentemente fintroppo elementare, fa sì che propriocon la forza della semplicità, senza or-pelli dovuti a strutture razionali, rie-sca a toccare corde esistenziali conforte impatto comunicativo”. (BrunoBaldari)

“Fondamentale, nel percorso artisticodell’autore, è cogliere i nessi dellascomposizione dal cosmo astratto aglielementi del mondo organico e artifi-ciale. Compaiono aggregazioni di fan-tasia, stravolgimenti floreali, creaturemetamorfiche metà adiacenti allaflora e metà all’anatomia. Spesso la fi-gura è riconoscibile da un elementodell’abbigliamento. Il pittore sceglie didelimitare le figure con segni massiccinel tratteggio, nati sicuramente inambito grafico…”. (Claudio Di Scalzo)

“… Non nascondo di invidiare la li-bertà espressiva di bruno e la sua ca-pacità poetica che arriva a livelli esi-laranti su aspetti meno scontati dellavita. L’energia fanciullesca dei suoi se-gni mi ricorda Mirò. L’apparentespensieratezza dei suoi ritratti che in-trecciano storie nell’aria, mi fa pen-sare a Paul Klee. La trasparenza dellesue campiture mi rimanda alla sintesidei primordi…”. (Wanda Guanella)

“… Dall’Ava ha sempre praticatoun’astrazione dalle forme possenti eda un grafismo che gli è proprio, vi-

cino talvolta a caratteri cuneiformi diantiche scritture, non per questo tra-lascia una figurazione stilizzata, es-senziale, arricchita da tonalità vivaci,che possono apparire talvolta stri-denti, ma in realtà sempre collegatefra loro in un’armonia esemplare …”.(Donatella Micault)

“…Davanti alla sua opera provo di-sagio e un senso di forza rigeneratriceper un nuovo ordine. I suoi segni sonolame nella carne viva e martoriatadell’uomo che vaga tra i non sensi egli enigmi della vita. Nell’ignavia ebanale mostruosità di questi nostritempi tecnologici, burocratici, pub-blicitari, si ode il suo urlo unico e in-confondibile: forza primordiale dellanatura …”. (Roberto Plevano)

Abbiamo chiesto a Bruno Dell’Avadi rispondere ad alcune domande:Quando ha iniziato a dedicarsiall’arte?A diciotto anni, con periodi più omeno attivi.

Bruno Dell’Avadi Anna Maria Goldoni

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Perché?Mi piaceva l’arte; ho scoperto le ripro-duzioni di quadri famosi, che mi hannomolto interessato.

Ha seguito qualche particolare corsodi disegno, pittura ...?Sì, sono voluto andare al Liceo Arti-stico Brera di Milano.

Qual è il suo genere preferito?Mi piacciono molto l’arte moderna,Paul Klee, Joan Mirò, la Scuola di Pa-rigi …, tutto rielaborato secondo il miopensiero.

Ha partecipato a mostre e concorsi?Sì, a collettive e personali, soprattuttoin vari luoghi della nostra provincia e aMilano.

Che tecniche usa abitualmente?Nella mia ultima mostra ho presentatotrenta acquerelli, ma ho fatto anche la-vori ad olio, a china su carta e a col-lage; mi piace anche provare tecniche

■ “Ricordo di Paul klee”, acquerello.

■ “Personaggi in balia del destino”.

Lo studio dell’artista è a Chiavenna (SO), lo si può trovare vicino alla Ca’ Rossa del Parco Paradiso; telefono 0342/380039.

diverse perché, certe volte, mi suggeri-scono nuove cose.

I suoi lavori hanno delle misure par-ticolari.Di solito sono di media misura. Ogniopera ha direttamente il titolo; neitrenta acquerelli, ad esempio, c’è unfilo conduttore che li unisce, perchésono stati fatti nello stesso periodo esono partiti dalla stessa idea.

Quali sono i suoi progetti artistici fu-turi?Penso di continuare a dipingere, a far

mostre; ho iniziato a presentare le mieopere nel 1967, subito dopo il diploma.Si sta avvicinando l’inverno, stagionenella quale ho più tempo e posso dedi-carmi maggiormente all’arte. ■

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internazionale per gli amatori. Il mo-numento principale, vicino ad altri al-trettanto importanti, è il meraviglioso

Duomo gotico, con la fac-ciata sontuosamente or-nata, vicino a quella diSiena, dove si trova an-

che, nelsuo fian-co de-

stro, unacappella edificata in ono-re di Santa Maria Assun-ta, chiamata Cappelladella Madonna di SanBrizio, aggiunta tra il 1406e il 1444, costruita a ridos-so del lato meridionale del

transetto, alla quale fu aggiunta la de-corazione, iniziata dal Beato Angeliconel 1447 per essere terminata cin-quant’anni dopo da Luca Signorellicon le scene grandiose del GiudizioUniversale.Nei Palazzi Papali e nella chiesa diSant’Agostino, la mostra propone unaffascinante percorso tra capolavori diSimone Martini, Arnolfo di Cambio,Luca Signorelli, Giambologna, France-sco Mochi in grado di restituire allafruizione una serie di opere di grandis-simo valore storico e artistico, che ri-specchiano la vastità e la varietà delpatrimonio raccolto e conservatodall’antica Fabbrica orvietana.Questa esposizione rappresenta il

A Orvieto (Tr), Palazzi Papali e chiesa di Sant’Agostino

LE STANZE DELLE MERAVIGLIEda Simone Martini a Francesco Mochi.

Verso il nuovo Museo dell’opera del Duomo della città.di Donatella Micault

Orvieto, in Umbria, è una di quel-le preziose cittadine del centroItalia colme di opere d’arte di

una ricchezza tale dacrearne la reputazione

A sinistra: Angeli Reggicortina - bronzo con tracce di policromia e foglia d’oro.Sopra: Due apostoli - Tempera su intonaco staccato.

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ed alcuni paramenti sacerdotali di unvalore eccezionale, perfettamente con-servati, di cui i ricami provengono dacartoni, di cui alcuni sono di SandroBotticelli.La chiesa di Sant’Agostino, inseritanel nucleo medievale della città, acco-glie il gruppo scolpito dell’Annuncia-zione di Francesco Mochi (1603-1608), e il complesso monumentaledelle dodici statue degli apostoli, rea-lizzate tra la fine del Cinquecento el’inizio del Settecento da più autori ce-lebri.Queste statue, all’origine disposte nellatribuna e nella navata centrale delDuomo, e sbarazzate anch’esse dal ri-goroso purismo dell’Ottocento, sono in

mostra in questa ubicazione provviso-ria, allo scopo di promuoverne la risco-perta. La manifestazione, corredata daun agile catalogo Silvana Editoriale, ciravvicina alla semplicità ed alla sobriaintensità dei secoli del Rinascimentoitaliano. ■

primo passo verso la riapertura defini-tiva del Museo dell’Opera del Duomo,uno dei principali musei d’arte in Um-bria, chiuso già da vent’anni, ma cheesiste dal 1882. La mostra permette digodere della vista di una serie di operedi un valore inestimabile storico e arti-stico, e nello stesso tempo di affermarenuovamente il legame d’origine con lacittà e il suo territorio.Il percorso dell’esposizione, che sisnoda nelle sale dei Palazzi Papali, vi-cino al Duomo, presenta in un ordinecronologico una selezione critica disculture, dipinti e oggetti d’arte deco-rativa dal Duecento fino alla primametà del Seicento, fra i quali moltisono stati recuperati grazie ad inter-venti specializzati di restauro. In parti-colare sono esposti la Madonna introno col Bambino, opera attribuita alpittore fiorentino Coppo di Marco-valdo (1270 ca.), due opere di SimoneMartini, il Polittico di San Domenico(1321 ca.), ed il pannello centrale diquello di San Francesco (1320 ca.), ledue piccole statue che hanno pur-troppo perduto la loro testa nel corsodei secoli di Arnolfo di Cambio di dueangeli (1282 ca.), con alcuni capola-vori della scultura del Trecento, di ore-ficeria ed ebanisteria senese della stessaepoca.Fra le opere del puro Rinascimento, se-gnaleremo la splendida tavola con laMaddalena di Luca Signorelli (1504),

Le Stanze delle Meraviglie da SimoneMartini a Francesco Mochi.Verso il nuovo museo dell’Opera delDuomo di Orvieto.(piazza del Duomo e piazza San Giovenale).Fino al 7 gennaio 2007.Orari: tutti i giorni, salvo martedì, da no-vembre a gennaio.Settembre-ottobre dalle 10 alle 18.da novembre a gennaio dalle 10 alle 17.Per informazioni tel. 0763 343592.

Dall’alto in basso:

Dalmatica appartenente al “parato Vanzi” -ricamo raffigurante Presentazione al Tempiosu cartone attribuito a Sandro Botticelli.

Luca Signorelli - Santa Maria Maddalena -Tempera su tavola.

Girolamo Muziano - Flagellazione di Cristo -Olio su tela.

Coppo di Marcovaldo (?) - Madonna in tronocon Bambino e Angeli reggicortina -Tempera su tavola.

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Sondrio, 1 ottobre 1948. Dram-ma in via Cesare Battisti: bim-bo morsica maestra!Si, è vero … quel bimbo di sei

anni ero io, vestito di tutto punto conregolamentare grembiulino nero e col-letto bianco, come si usava, e accom-pagnato dalla mamma.Ci siamo: il primo giorno di scuola è ar-rivato. Quanta emozione! Il batticuoredavanti al portone e l’attesa dei nuovicompagni! Un bambino che va a scuo-la la prima volta è un bambino che stadiventando grande e si appresta ad ini-ziare un importante capitolo della suavita: non più solo gioco!Tante mamme commosse e pochi papàsono in mezzo ad una moltitudine dibambini vocianti.Ecco la nuova maestra che parla e sor-ride.La maestra, Emma Castagnino, pure leicon il suo grembiulone nero, mi vieneincontro sorridente e ben disposta, maai miei occhi doveva rappresentare unasorta di “bau catif”.Non ne volevo sapere di lasciare la ras-sicurante mano della mamma e di se-guire la maestra verso quello che misembrava l’ignoto.Tira e molla. Strepiti, pianti disperati.O mi smezzavo o …Un bel morso sulla mano ha risolto tut-to e la maestra mi ha mollato di colpo.Per fortuna i dentini da latte non han-no fatto gravi danni.C’è poi voluto del bello e del buonoper convincermi a seguire la maestra super le scale e fin dentro l’aula odorosadi inchiostro e di gesso.Dopo qualche tempo ho fatto la pacecon la maestra, tanto che mi ha invita-to a casa sua – ero emozionatissimo - emi ha regalato un libro che ancora og-gi conservo gelosamente.Da sposato sono andato a trovarla aTrieste, nella sua città, ma purtropponon sono riuscito a rievocare con lei “ilfattaccio” di molti anni prima: non miha riconosciuto, il suo sguardo era per-so nel nulla … ■

Il primo giorno di scuola non si dimentica mai:ti fa paura, chissà che succede

di Pier Luigi Tremonti

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L’elisoccorso in Valtellina pre-vede per il servizio la “Coper-tura ENAC”, vale a dire 13ore (12,30 nette) di servizio

giornaliere.In estate tenendo conto delle maggioriore di luce il servizio inizia alle 8,30 delmattino e termina dopo 13 ore alle21,30; in inverno va dalle 8 alle 16,30.Negli altri orari si fa riferimento al ser-vizio integrato con Como, Bergamo,Brescia e Milano.Si sente tanto parlare di volo strumen-tale e notturno, ma si deve fare chia-rezza una volta per tutte. Il volo stru-mentale è impossibile in quanto non viè traccia di radioassistenza e per giuntaè difficilissimo tra le montagne. Conuna certa sicurezza è possibile operareentro 30’ dopo le effemeridi. Quando siparla di volo notturno si deve intenderesolo il volo VFR (volo a vista)!Vale a dire che decolli e atterraggi av-vengono solo in aree omologate, op-portunamente segnalate ed illuminate,

che attualmente esistono solo a Livi-gno, a Sondalo, a Colico, a Caiolo, aColico ed a Campodolcino e prossima-mente a Chiavenna ed a Bormio, poi aTirano ed a Madesimo.Si potrà pensare a qualche ipotesi di“volo notturno” solo per prova, nellastagione invernale, e nella fascia orariache va dalle 16,40 alle 21/22 per tra-sporto di infortunati dalle stazioni scii-stiche ai centri attrezzati nelle ore nellequali il traffico stradale è ancora in-tenso.Si potrà avere una estensione del servi-zio notturno in valle solo quando si po-trà pensare all’allestimento di molteelisuperfici e all’utilizzo di un serviziomeglio integrato o esteso anche al difuori della valle!I posti di rifornimento garantiti si tro-vano a Sondalo, a Caiolo ed a Gor-dona.Il nuovo elicottero un Agusta AB 139è uno dei più moderni velivoli reperi-bili sul mercato.

L’elisoccorso in Valtellinadi Pier Luigi Tremonti

■ Il responsabile è il dr. Paolo DellaTorre, valtellinese, classe ’53, ap-pena laureato in medicina e chirur-gia nell’80 prende servizio come ane-stesista rianimatore presso l’ospe-dale di Sondrio.Nel 1992 è stato tra i pionieri dellacentrale operativa del 118, che per lacronaca è stata la prima ad entrare infunzione in Lombardia.Oggi è direttore del DipartimentoEmergenza Urgenza ed Accettazionedella Azienda Ospedaliera della Val-tellina e della Valchiavenna.Da lui dipendono anche i servizi diAnestesia e di Rianimazione, diPronto Soccorso ed i Punti di PrimoIntervento della Azienda Ospeda-liera.

■ Il direttore generale, dr RobertoRotasperti è giustamente orgogliosodel servizio e tiene a precisare chenon tutto il territorio nazionale è co-perto dall’elisoccorso: manca il Mo-lise e mezza Sicilia.Al mondo sono pochi i paesi che pos-sono vantare un simile servizio! IlS.S.N. viene spesso criticato, maquesto servizio pone l’Italia sul li-vello dei paesi con più alto redditopro capite. Quando si tratta di emer-genza non si debbono guardare i co-sti.

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disincentivare chiamate non indispen-sabili.Il 118 nel 2005 ha risposto in totale a35.500 chiamate, seguite da 12.615 in-terventi sul territorio.11.473 interventi sono stati fatti conautoambulanza mentre per 665 inter-venti si è utilizzato l’elicottero che èstato utilizzato per 550 ore di volo!Cosa c’è dietro: la sala operativa.La sede è presso l’ospedale di Sondrio.Ci sono tre postazioni (una è di riservain caso di calamità o di guasto alle al-tre). Sempre due operatori sonoall’opera.Squilla il telefono e subito compare suuno schermo il numero chiamante(qualunque esso sia) che viene localiz-zato. Durante il colloquio l’operatorecerca di capire la situazione e di indivi-duare il tipo di soccorso necessario.Man mano vengono annotati tutti glielementi utili per individuare la localitàe le possibilità di collegamento utiliz-zando diverse cartografie della zona.Una volta inquadrata la richiesta ven-gono impartite le indicazioni a chideve intervenire.Ogni operatore sul territorio è munito

di una radio facilmente individuabile eche permette alla centrale di localiz-zarla con un sistema GPS. Le varie ra-dio portatili sono tutte collegabili traloro per mezzo di una serie di ripetitoriche coprono il territorio da Livigno aMadesimo.Su un altro monitor è possibile saperein ogni momento cosa sta succedendo,la posizione dei soccorritori e di saperea che punto è l’intervento.Con la stessa procedura, e con l’ulte-riore aiuto di telecamere, viene con-trollato l’afflusso ai posti di Pronto Soc-corso.Tutte le chiamate sono registrate e me-morizzate: restano a disposizione dellamagistratura o per eventuali controlliinterni.La struttura è modernissima, pertantostupisce il sentir dire che vi sono attesedi ore al Pronto Soccorso. La risposta èfin troppo chiara.Se la medicina sul territorio è carente èovvio che tutti cercano di ricorrere alPosto di Pronto Soccorso dove di con-seguenza si mescolano casi drammaticied urgenti con una miriade di casi insi-gnificanti. ■

Ha due motori che consentono una ve-locità di crociera di 150 nodi (270km/h) ed una velocità massima di 167(310 km/h). La autonomia permette dipercorrere senza scalo distanze dell’or-dine di 7/800 chilometri. Rispetto alvecchio elicottero è più corto di 50 cm,anche se sembra molto più ingom-brante. Il costo è di tutto rispetto: 11milioni di dollari!E’ attrezzato per poter trasportare dueferiti, il limite è imposto dalle attrezza-ture di dotazione!La Elilombarda s.r.l. di Calcinate delPesce (Va) si occuperà della gestionedel velivolo.Il contratto per il servizio prevede unaspesa di 27 milioni di euro per la duratadi nove anni e prevede oltre all’elicot-tero le retribuzioni di piloti, co-piloti etecnici di volo ed è a carico della Re-gione Lombardia. Le retribuzioni delpersonale sanitario restano a caricodella Azienda Ospedaliera della Valtel-lina e della Valchiavenna.L’Equipaggio richiesto è formato da pi-lota e co-pilota, un tecnico di volo, unmedico anestesista e rianimatore, uninfermiere di pronto soccorso o di ria-nimazione, un tecnico di soccorso al-pino e speleologico, solo in invernosarà a bordo una unità cinofila per va-langhe.Viene spontanea la domanda: sempretutti presenti anche in caso di tra-sporto secondario (da ospedale ad ospe-dale)? Certo! In caso di allarme nellafase del rientro è possibile agire imme-diatamente senza avere la necessità dirientrare alla base. Il servizio di elisoc-corso richiede un considerevole impe-gno di personale: 7 medici anestesistirianimatori, 10 tecnici CNSAS, 12 in-fermieri specializzati, 3 piloti, 3 co-pi-loti e 4 tecnici.Il tempo di decollo del velivolo dal mo-mento dell’allarme è brevissimo e si ag-gira tra i tre ed i quattro minuti, salvocasi particolari che richiedono unacerta preparazione specifica o in condi-zioni critiche che obbligano ad effet-tuare una serie di controlli e di verifi-che.Va tenuto presente che il costo orariodi volo dell’elicottero con personale abordo è di circa 5.450 euro e che il co-sto medio per intervento si aggira me-diamente sui 4.500 euro. Si tratta dicifre di tutto rispetto che inducono a ri-flettere sulla opportunità di far pagareuna sorta di ticket nel caso di interventinon indispensabili o non seguiti da ri-covero ospedaliero del paziente: ciò per

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Tra le decine di capannoni dis-seminati sul fondovalle val-tellinese uno ospita una atti-vità di alta specializzazione:

assistenza e riparazioni di elicotteri.Fino a qualche anno fa nessuno ciavrebbe creduto!Roberto Grazioli sì.Oggi ha 47 anni e vive in Valtellinacon la moglie Marina e due figli.Il maschio lavora con lui, la ragazzastudia ragioneria.Roberto, milanese, inizia a lavorare aDomodossola come pilota e come tec-nico di elicotteri: a Domodossola, inambiente montano è diffuso l’elicot-tero, un po’ come dalle nostre parti.Nel 1982 decide di trasferirsi in Valtel-lina e lavora presso la Elilario ed allaElitellina.In questo periodo mette famiglia, ov-viamente in Valtellina.Nel frattempo matura la coraggiosa de-cisione di mettersi in proprio: il terri-torio allora più favorevole era il coma-

sco. Infatti Roberto per tre anni fa il“pendolare” ... ma la famiglia premeper un riavvicinamento!Un po’ di coraggio ancora e una consi-derazione “capannone più, capannonemeno …”.E poi si può sempre tornare sui propripassi!Correva l’anno 1999.Ovvia la scelta della ubicazione …nelle vicinanze della aviosuperfie diCaiolo!Con soddisfazione Roberto scopre diaverci visto giusto: la clientela è dispo-sta a seguirlo anche a Caiolo.Tra i clienti spiccano i Vigili del Fuocodella Malpensa, i militari e perfino lastessa Agusta in quanto una delle spe-cializzazioni della EuroTech è proprioquella di provvedere alla bilanciaturadi precisione dei rotori degli elicottericon speciali apparecchiature per lequali Roberto si occupa della vendita,della assistenza ed anche della prepara-zione del personale che li utilizzerà sul

campo.La azienda EuroTech è certificataENAC ed è autorizzata anche a tenerecorsi per tecnici di elicottero.E’ attiva pure una scuola di pilotaggioche ha consentito in quattro anni aduna quarantina di allievi di conseguireil Brevetto Privato per elicottero.I più giovani tra gli allievi si sono suc-cessivamente orientati verso il lavoroconseguendo la Licenza Commerciale.Gli altri si limitano a noleggiare l’eli-cottero per diletto tranne i pochissimiche nella nostra provincia hanno l’eli-cottero privato o pensano di acquisirlo.I nostri cieli sono anche meta ambitadi brianzoli che apprezzano molto ilnostro territorio.La maggior parte del lavoro della Eu-roTech è incentrata comunque sullamanutenzione, sul controllo e sulla ri-parazione degli elicotteri ed occupauna decina di persone.Inutile sottolineare che la attività dellaEuroTech si svolge sotto il rigido e

È a Caiolo la “clinica degli elicotteri”di Pier Luigi Tremonti

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In volo!Montate le rotelle sotto i pattini e affer-rata la maniglia sulla coda l’elicotteroviene tirato fuori dal capannone e sospintoverso la piazzola.Roberto fa una serie di controlli pre de-collo, poi mi fa accomodare a bordo.Una ulteriore serie di controlli sugli stru-menti, sui comandi e sui dispositivi vieneeffettuato con scrupolo maniacale e misono illustrati passo passo.Finalmente si allacciano le cinture di sicu-rezza, si indossano le cuffie e con voce di-venuta gracchiante si chiede alla torre dipoter decollare.Il motore sale di giri, la vegetazione neiparaggi si piega al vento generato dallepale e finalmente ci si alza da terra: musoin basso e su di quota …Come d’accordo tenevo mani e piedi suicomandi, ma con estrema leggerezza senza

ostacolare le manovre, per capire la logicadelle varie manovre.Ad un tratto … “ti lascio i comandi” …Quasi panico. Ma mi ci provo.Ogni minimo movimento comporta rea-zioni abnormi dell’elicottero ed ogni ten-tativo di rimedio è ancora peggio del guaioiniziale, come se non bastasse tengo fissigli occhi sulla strumentazione.Roberto se ne accorge subito e mi invita aguardare fuori, a guardarmi attorno ... de-dicando solo un paio di secondi ogni tantoagli strumenti: la situazione migliora, ca-pisco il giochetto e comincio a divertirmiper davvero.Sono quasi un pilota di elicottero? Balle!Sulla strada c’è un casino diabolico: vero,verissimo! Erano i primi di agosto!E’ molto bello il paesaggio e ancora megliola sensazione di staccarsi dalla terra, soprale miserie umane delle file di vacanzieri. ■

scrupoloso controllo dell’ENAC che dianno in anno ne certifica il lavoro.Al di fuori dei controlli “pre-decollo”che sono effettuati dallo stesso pilota aterra, ci sono decine di interventi diestrema delicatezza che scandiscono lavita di un elicottero che può arrivare“arzillo”fino ad una trentina di anni.Al traguardo delle 100 e delle 500 oresono previsti controlli accurati e si pro-cede alla sostituzione dei ricambi“schedulati”, vale a dire da sostituirecategoricamente qualunque sia il lorostato!Ogni tre anni si deve procedere al rin-novo del Certificato di Navigabilitàcontrollato dall’ENAC.Dopo 5000 ore di volo e/o dopo 12anni si deve procedere ad un inter-vento radicale: telaio a nudo, metico-losi controlli, sostituzione di gran partedei componenti e degli strumenti …Insomma, dopo questo trattamentoche comporta quasi tre mesi di lavoro,un elicottero anche di venti o trentaanni è di fatto nuovo ed acquista unconsiderevole valore.Il valore è quindi determinato sullabase della manutenzione più che dallaanzianità del velivolo.Con l’avvento dell’elettronica si ri-corre più spesso di quanto si facesse unavolta alla sostituzione di parti avariatepiuttosto che alla loro riparazione: suc-cede anche con le auto!Tra revisioni e riparazioni passano perl’azienda valtellinese mediamentequattrocento velivoli l’anno.Se l’intervento è semplice spesso è pos-sibile mettere tutto a posto diretta-mente sul posto senza grossi problemi,altrimenti si deve trasportare con unapposito carrello il velivolo in avaria,opportunamente smontato, fino alla“clinica” di Caiolo!In provincia di Sondrio si verificano 1o 2 sinistri l’anno, ma per fortuna rara-mente sono gravi.Capita anche di dover soccorrere sulposto un elicottero che non va inmoto: lo si deve raggiungere con un al-tro elicottero ed intervenire sul posto… insomma una sorta di soccorso “ae-reo”.Con che frequenza capita?Una o due volte l’anno! ■

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All’estremo orientaledella Pianura Padana,ad occidente delle piùantiche linee di costa

del mare Adriatico, tutt’oggi rico-noscibili lungo la linea: Veneta-Padana-Romagnola, compresa frai rami attivi e morti del sistema deltiziodel Po, si estende un’ampia zona ditorbe.Diffuse nell’arco del delta Veneto-Emi-liano, trovano la loro più notevoleconcentrazione nel territorio compresofra il Po grande e il Po di Volano, esten-dendosi su di una superficie di circaventimila ettari.Queste sicuramente emerse in tempiremoti, trascinate dall’abbassamentotettonico di tutto l’arco del Delta, ve-nivano gradualmente sommerse dalleacque riducendosi a paludi ed acqui-trini.La vegetazione palustre, regina incon-

trastata, vegetando su se stessa, mesco-lando i propri resti con le varie sedi-mentazioni che le acque affluenti va-riamente stratificavano su di essi, for-mava banchi consistenti di torba che ilbradisismo trascinava in profondità ela vegetazione ricostituiva in superfi-cie.Su questi terreni torbosi iniziò nel lon-tano 1873 (prima avevano tentatoEtruschi, Romani ed Estensi) la boni-fica e successivamente dopo circamezzo secolo la messa a coltura deglistessi terreni, incontrando ostacoliquasi insormontabili di carattere fisico-chimico che ne diminuivano la pro-

duttività: la salinità e l’acidità.Dopo svariati tentativi con esitonegativo, finalmente la tenacia, ilcoraggio e la perseveranza di que-sti indomabili, riuscirono a realiz-zare le tanto attese opere irriguepremiate poi dalla introduzione

della coltivazione del riso.A vederle dall’alto, le innumerevoli ri-saie sparse nella vastità uniforme dellecampagne del basso Ferrarese, assomi-gliano a frammenti di vecchi specchiabbandonati tra il verde, ma anche alturista che transita in auto tra le innu-merevoli strade e stradine sterrate chearabescano le distese di campi, da qual-siasi parte volga lo sguardo e frastornatoda un fantasmagorico riflesso argentatoche si estende sino al lontano orizzonteper circa duemila ettari di risaie.Tutta questa uniforme massa acquea daallo stupefatto turista l’impressione diallagare le campagne circostanti, in-

Acqua, fatica, mondine e risodi Giancarlo Ugatti

“ ... il cantava il mundin in tlà risàraQuand’i s’incuntrava con n’àltar branc

L’a iera n’à sfida e n’à risposta allaFadiga ... ”

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per ettaro.La tecnica moderna ha rivoluzionato ilmodo di fare agricoltura e in più i mo-derni diserbi, che allora venivano fattia mano dalle mondine, annullanoquasi in modo chirurgico le erbe infe-stanti.Tutto questo ha contribuito al totaleannullamento di quelle bestiali fatichealle quali erano obbligate, per qualchesoldo e un tozzo di pane, le mondine,costrette a rompere i lotti (marre) conzappe e mazzuoli dal lungo manico, egli uomini alla semina manuale a“braccio”, al trapianto del riso, allaestirpazione delle erbe infestanti edalla mietitura con falci.

vece è ben regolata e regimentata nellasua portata e nei suoi livelli, per mezzodi una rete di canali, canaletti e fossiartificiali, sollevata dall’alveo del Po,aspirata per mezzo di grandi pompe chea pieno regime hanno la forza di im-metere nella rete di irrigazione sino a35 metri cubi di acqua al secondo.L’acqua, dopo essere stata usata nellerisaie, viene espulsa dai bacini, rimessiall’asciutto secondo rigide regole det-tate dagli agronomi per far sì che lepiantine di riso attecchiscano, rinfor-zino il loro apparato radicale e si svi-luppino per raggiungere la matura-zione.Successivamente questa immensa“onda” viene convogliata in grandiidrovore che la sollevano e lentamentela fanno defluire nel Po di Volano e dilà nel mare Adriatico.Questo grandioso, favoloso e stupendo“gioco dell’oca” sembra scaturito dallabacchetta magica del mago Merlino,invece non è altro che il coronamentodi un sogno, frutto della fatica, dell’in-gegno e della lungimiranza di uominiche hanno creduto nel progresso enell’ingegno, con l’aiuto di migliaia dioperai, i cosiddetti “dannati dellaterra” che, spinti dalla fame, hannocontribuito in modo fattivo alla realiz-zazione dell’opera.Nel Ferrarese il riso arrivò nel 1475,quando Gian Galeazzo Sforza, duca diMilano, fece dono alla famiglia degliEstensi di un sacco di riso, che in Italiae in Europa era cosa pregiatissima, tu-telato da editti, leggi e proclami, per farsì che non fosse esportato in Stati ne-mici.Nel 1939 un gesuita, padre Calleri,abusivamente portò in Europa tutte lequarantatre varietà di riso asiatico, checontribuirono a creare la risicolturaferrarese.Su questo abbiamo una data : il 1926,quando Antonio Zaniboni, agricoltoreresidente nel comune di Iolanda di Sa-voia (Ferrara) iniziò la coltivazione delriso su vasta scala e con le tecniche an-cor oggi in uso.Iniziò i suoi esperimenti tagliando ametà dei grandi tini di legno, speri-mentando la coltura di risaia in zollatorbosa, verificando che il riso attec-chiva e ben produceva in questi terreni

torbosi e comprese che il dilavaggiocontinuo asportava la salsedine, rige-nerandone le potenzialità agronomi-che per altre colture dopo una ciclicitàdi cinque-otto anni di risaia.Dal lontano 1926 la produttività risi-cola è variata di poco, allora si produ-cevano circa 48 q.li per ettaro, oggi-giorno si toccano i 56 q.li.La grande rivoluzione si è verificata nelsuo modo di conduzione.Nei lontani anni cinquanta per ogniettaro coltivato a riso vi era un impe-gno di mano d’opera di circa 700/800ore per la preparazione dei terreni, lasemina, la monda e la trebbiatura.Oggi si impiegano non più di trenta ore ▼

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Quante storie di vita vera ho ascoltatoin questi anni da quelle donne che, coni grossi e colorati fazzolettoni annodatisotto il mento, sfidando la calura, lamalaria, il cattivo odore dei terreni, lebisce e quant’altro viveva nelle acquedella risaia, con le braccia protette damanicotti di tela grezza infilati sino algomito, con calze lunghe senza piedeper difendersi dalle ruvide foglie delriso, arrivavano in bicicletta all’albadopo aver dormito nelle stalle o nei fie-nili, per sei giorni lontane dalle loro fa-miglie, con la schiena rotta dalla faticae con qualche puntura in più, operadelle sanguisughe.Terminava il lavoro quando in cielocompariva la prima stella: Sirio. Il la-voro iniziava alle prime luci dell’alba esi faceva colazione alle otto: era costi-tuita praticamente da pane duro conqualche filo di muffa azzurrina, che dinorma ve-niva grat-tato via conla punta diun coltello,cipolla e ac-qua, qual-che raravolta dapane e mar-mellata, contesa dalle mosche che ten-tavano in tutti i modi di conquistarla.Spesse volte per combattere la fame sinascondevano le rane, che pullulavanonelle risaie, nelle lunghe calze, ma sevenivano scoperte dai “caporali” fini-vano nei guai.Quante volte ho ascoltato dal vivoqueste tristi esperienze di vita di donneche immancabilmente con tristezza ri-cordavano i comandi imperiosi e duridei caporali, insensibili ai tormenti ealle fatiche di queste donne, che chie-devano di poter lavorare per garantireun tozzo di pane ai loro numerosi bam-bini; la nausea da fatica, che seppurstremate e affamate impediva loro dimangiare; la sete pazzesca che le tortu-rava essendo bersagliate dai raggi co-centi del sole e dal riverbero dell’ac-qua; ogni tanto, per grazia del capo, ve-niva data da un acquaiolo con un me-stolo di rame che attingeva in ungrosso secchio coperto a malapena dauno straccio che, all’inizio della gior-

nata, era di colore bianco; le lunghe edinterminabili veglie notturne, stese supagliericci di fortuna fatti di foglie sec-che di granoturco, assalite da nugoli difameliche zanzare che le costringevanoad infilarsi in sacchi di juta, nono-stante l’umidità ed il caldo soffocante

degli edificidestinati adormitorio,che altro nonerano chevecchi fienilio vecchiestalle in di-suso; il pen-siero conti-

nuo ed ossessionante alle loro case, aifigli, ai mariti ed al traguardo del ter-mine del lavoro che avrebbe posto finealmeno per quella stagione (si eranosentite fortunate) a quel girone infer-nale che era la risaia.Il tutto veniva pagato “lautamente”,secondo i datori di lavoro, con una

somma che si aggirava tra le 200 e le300 lire giornaliere.Durante i loro racconti, istintivamentemimavano le mosse dell’inizio del la-voro e immancabilmente sui loro visi,resi rugosi e scolpiti dalle fatiche sop-portate, scorreva lentamente qualchelacrima.Dai loro racconti però traspariva unavelata nostalgia, forse nel loro intimoascoltavano in lontananza i canti chele hanno sorrette e spinte ad andareavanti, a sopportare angherie e soprusi,ma anche i ricordi dolci dei primi bacie dei primi amori sbocciati al chiaro diluna, tra il canto dei grilli, delle rane,dei profumi dei fiori palustri e dellepiantine del riso che facevano dasfondo a quell’inferno, in cui l’ostilitàdella natura non si voleva arrendere alprogresso, alla cupidigia degli uomini,alla dolcezza ed alla fatica di quella mi-riade di “formiche dai grossi fazzo-lettòni” che arrancavano tra la melmae l’acqua della risaia. ■

“ ... il cantàva il mundin, in tlà risàra‘na canta lènta, quas’nà ninna-nana

D’un amòr trùva tra i piopp e’na spagnàra‘na canzon sola, di pensier divérs ...

... il cavava al giavon e l’erba cuciara... il cantàva il mundin in tlà risàra ...”

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Nella grande gamma degli usidel legno si sono sviluppatemolte sue forme e mentalitàdi utilizzazione. Nelle varie

tecniche che le ditte specializzate, nongli improvvisati, pongono in essere, viè l’eco e la visione di quello che il le-gno è stato da sempre anche nella no-stra Valle “antica”, ma che venne tra-scurato per motivi che si rifannoall’oblio delle nostre tradizioni. Se nonvi fosse stato questo oblio noi oggiavremmo una provincia simile nel suoaspetto abitativo a quelle dell’AltoAdige e del Trentino. Ma non dispe-riamoci, poiché vi sono molti segniche indicano che da noi il legno puòrifiorire se ci renderemo conto diquanto esso faccia inconsciamenteparte della nostra vita e dei nostri stessigusti.Mi appello con fiducia all’atavismo de-rivato dai nostri antenati che rivive innoi, anche a dispetto dei fattori av-versi. C’è un segreto che sta dietro que-sta rinascita che dobbiamo auspicarcicon tutto il cuore, se amiamo la nostraterra. Questo segreto è un po’ comel’uovo di Colombo e proprio perché èassai semplice spesso non viene affer-rato.Ciò che è elementare può sfuggiredalle nostre menti troppo complicate omagari sfiduciate di fronte al cementoche ha invaso le valli. Si tratta di ren-dercisi conto che il legno, nella costru-zione delle case, spesso è inteso, sba-gliando, come un fattore estetico.“Mi piacerebbe tanto una casetta in le-gno, ma non avrei il tempo per goder-mela, perché dovrei costruirla sui mieimonti, troppo lontano da qui ….” di-ceva un mio amico commentando lamia passione per il legno e pensando allegno come ad un capriccio. Il fatto èche si deve comprendere che il legno,il ritorno abbondante del legno nellanostra provincia, sta nella visionechiara che esso è prima di tutto strut-turale. Strutturale vuol dire conside-rarlo l’essenza della costruzione perchérimpiazza il calcestruzzo per la primacasa. Già per i motivi elencati negli al-tri articoli, esso è meglio non solo per-ché è sano e biologico, ma anche per-ché è più vantaggioso sotto tutti ipunti di vista. Per il risparmio energe-tico è risolutivo, per i fattori antincen-dio è più sicuro, per i problemi del ru-more anche e per la durata, pure.In Austria ed in Alto Adige lo si con-sidera “culturalmente” quale materialestrutturale, sino a giungere in certi casi

Edilizia:soluzioni

secondo tradizionee innovazione

di Raimondo Polinelli

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delle fole dello sciocco consumismoprivo di cultura. Anche il tetto, quindi,verrà costruito in legno e isolato op-portunamente permettendo quella “re-spirazione” naturale che preserva gliambienti sottostanti dai picchi termicie dagli sprechi incalcolabili di riscalda-mento e dall’uso dei condizionatorid’aria che incidono sul bilancio dellefamiglie e su quello generale.Le opportune guaine frenovapore, epoi di impermeabilizzazione sin sotto ilistelli per l’areazione del tetto, sarannoanch’esse naturali e non sintetiche.Così avremo una casa che ci farà ri-sparmiare moltissimo sia d’inverno ched’estate e che al tempo stesso potrà es-sere definita una casa ecologica dav-

vero poiché avrà anche il marchio eu-ropeo “Nature plus”, visto che avremoutilizzato solo materiali approvati dallenorme sia tedesche e austriache cheeuropee.E’ un dato di fatto, e su questo specu-lano coloro che vogliono ingannare gliignari acquirenti, che in Italia vi è unagran confusione circa le norme che do-vrebbero regolare il “sistema” casa(chiamiamolo così) in quanto a prote-zione da ogni inquinamento e rispar-mio energetico. Ragion per cui, dob-biamo guardare ai prodotti austriaci etedeschi certificati davvero o a quellipochissimi italiani che vi siano,al finedi poter un domani usufruire di quegliaiuti che anche la nostra regione e laprovincia dovrà per forza erogare a chivorrà costruir casa secondo le normemigliori. C’è veramente da stupirsi nelvedere come ancora oggi manchi unserio studio locale su questa necessitàd’incentivazioni per la nostra provin-cia, almeno, e si spera anche per le areemontane vicine, al fine di adeguarciagli altri paesi europei quali Austria eGermania, o almeno alla provincia diBolzano con la quale confiniamo e cheincentiva da tempo chi costruisce sanoe coi derivati dal legno secondo il mar-chio europeo “Natureplus”. L’idea diuna casa per le nostre valli è sintetiz-zata in una illustrazione di questo arti-colo dove si vedono i vari possibilistrati per una casa veramente sana,economica ed ecologica.Teniamo anche conto del recupero deicondomini in cemento di Sondrio, ovel’uso del cappotto esterno di fibre di le-gno di pino(non coese sinteticamente,perché sarebbe un controsenso!), dimassima qualità, eseguito da veri pro-fessionisti del settore e non da improv-visati, può salvare in buona parte la si-tuazione del dispendio energetico, poi-ché la parete esterna diviene “inglo-bata” nel sistema di isolamento, fa-cendo dimenticare gli orrori dei cap-potti in polistirolo, una vera e propriaaberrazione del concetto di isola-mento, che oltre a non essere in gradodi far traspirare la casa, non sono néecologici né salutari. La stessa cosapossiamo dire per i sistemi di coibenta-zione dei tetti.Infine, consideriamo l’importanza diun isolamento interno che potremoapplicare ai pavimenti, alle pareti ed aisoffitti, contro freddo, calura, umiditàe rumore. Come possiamo vedere, il di-scorso si amplia considerando il risana-mento ed il recupero edilizio locale.

a ricoprire i soffitti con pannelli digesso poiché ciò che è più importante èstato fatto: avere la struttura portante ecoibentante eseguita a regola d’arte inlegno, prima di tutto. Vedere il legnosolo dal punto di vista estetico è un er-rore , poiché esso prima di tutto è ma-teriale da costruzione. Beninteso se-condo i canoni di qualità già descritti esecondo la precisione tecnica degliesperti che costruiscono la struttura.Su una struttura in legno con anche lepareti in legno, si può applicare il pan-nello compatto di fibre di legno di pinoe ricoprirlo con le apposite materie cheprescrive un buon programma secondola tecnica esatta, proprio come forniscol’esempio nelle foto allegate a questoarticolo. Si noterà ad esempio come lafinestra (uno dei punti più a rischiodella casa per la creazione dei “pontitermici” col suo dispendio energetico)sia ottimamente “sigillata” nelle giun-zioni combacianti e chiuse attorno aldavanzale e al suo telaio di fissaggioalla parete. E anche per le eventualisottopareti in muratura, il cappotto difibre naturali di legno di pino, senzacollanti sintetici ma con resine mine-rali e naturali, posto a regola d’arte,darà quel benessere di vita che oggitanto si ricerca.A questo punto eventuali altri rivesti-menti in legno saranno posti nellaparte superiore a sottotetto, e la coi-bentazione, con pannelli maschiatil’un con l’altro e con densità di 270 Kgper metro cubo, trattati con paraffinain modo da renderli capaci di resistereall’acqua ed alla pioggia battente daràla sua vitalità al solaio, secondo anticatradizione.Cosa ampiamente trascurata nei de-cenni dal dopoguerra, i solai dalle no-stre parti erano luogo deputato al de-posito e alla maturazione di svariatiprodotti utili ai nostri nonni. Chi nonricorda i nostri solai con le castagne,coi funghi, con l’uva , con le mele e al-tro, sino al sapone fatto in casa fruttodel riunirsi delle vecchie del paese chelo preparavano usando veri prodottinaturali e poi lo distribuivano fra loromeglio di qualsiasi burocratica coope-rativa?Io ho avuto la fortuna, grazie alla miacara nonna materna, di assistere dabambino a queste opere profonda-mente sociali e tradizionali, e di potergodere del fascino dei profumi del no-stro solaio in Alta Valle, così bello efunzionale, indelebile ricordo di comedovrebbero essere le cose a dispetto

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L’appetito vien mangiando equando progettiamo un viag-gio, siamo quasi sempre assali-ti da una gran voglia di “ag-

giungere” altre destinazioni, scelte tra iluoghi vicini alla meta iniziale.In Russia il concetto di “vicino” è ela-stico: nel paese più vasto al mondo,1000 km sono una bazzecola, quasiuna gita “fuori porta”! Insomma, a fu-ria di “aggiungere” si rischia, da Mosca,di trovarsi sullo Stretto di Bering! Que-sta primavera, nel nostro viaggio sibe-riano tra sci di fondo e turismo, giorna-lismo e cultura, dopo Novosibirsk ed iMonti Altai, perché non salire sulla mi-tica Transiberiana e raggiungere Eka-terinburg? Della Transib, come è notatra i viaggiatori, si sente spesso parlare:il viaggio, che ha del fantastico, da Mo-sca a Vladivostok, 9 giorni di treno, dal

cuore dell’Europa al Pacifico! Resta daaggiungere che è puntualissima, il cheper noi italiani è una vera novità, co-moda e ben servita: l’acqua del samovarè sempre bollente, la provodnitsa, inelegante uniforme, servizievole e gen-tile. Ma Ekaterinburg, cosa offre? Perché ciha intrigato? La città, un po’ come tut-ta l’area degli Urali (ma anche tantealtre zone della vecchia URSS) era“chiusa” al turismo. Troppe fabbrichestrategiche, troppi depositi “da non mo-strare”: qui infatti erano molti degli im-mensi arsenali sovietici. Ed ancora mi-niere importanti che si riteneva di na-scondere a sguardi indiscreti. Ma nonbasta: Ekaterinburg possiede anche unacaratteristica particolare. Si trova a ca-vallo tra Europa ed Asia, lungo la cate-na degli Urali. Ma la città è pure nota

per un truce episodio storico che hacontribuito a mutare la storia del XXsecolo: la strage della famiglia imperia-le, che qui era confinata, da parte deibolscevichi. Un massacro, i cui trattistanno solo ora venendo completa-mente alla luce, che la Russia di oggi ri-corda come uno dei momenti chiavedella sua storia recente.All’arrivo del treno, una gentile (edassai carina ...) guida-interprete,dell’agenzia Guide Center, ci accogliecon grande cordialità e forse una pun-ta di curiosità. Non devono essere mol-ti gli italiani che arrivano, in pieno in-verno, nella città. E per di più non peraffari ma per turismo, anzi, per sciare!Attraverso un traffico che nulla ha dainvidiare a quello italiano giungiamo alnostro albergo. Vale la pena di accen-nare, all’Hotel Iset : pare che, dall’alto,

EKATERINBURG,una città tra due continenti

di Nemo ed Eliana Canetta

■ Nella grande piazza tra il teatro dell’Opera e l’Università si erge la statua del rivoluzionario Sverdlov,cui la città fu dedicata dagli anni ’20 sino al 1991.

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no ora d’accordo nel valutare NicolaII, l’ultimo Zar, un personaggio non pri-vo di buoni propositi e di sincero desi-derio di migliorare la Russia ma un po’troppo debole per gestire l’immensopaese e l’immenso potere che gravavasu di lui. Finì, assieme alla moglie assaiinfluente, travolto dalla Grande Guer-ra, in parte voluta da lui (ma pure damoltissimi russi) per “salvare” i serbidagli austroungarici, inseguendo il so-gno panslavo. Se la prima fase rivolu-zionaria, guidata da Karenski, avessedefinitivamente trionfato, probabil-mente Nicola II sarebbe andato in esi-lio e la sua famiglia oggi siederebbe trale tante teste ex coronate d’Europa. MaGuglielmo II, imperatore di Germania,fece un brutto scherzo al caro cugino.Karenski, benché socialista, aveva il di-fetto, agli occhi dei tedeschi, di volercontinuare la guerra, al fianco dell’In-tesa. E che ti fanno i germanici? Cari-cano Lenin, che si trovava in Svizzera,su di un bel vagone piombato, gli fan-no traversare tutta la Germania ed ar-rivare a S.Pietroburgo, ove l’infiamma-to tribuno scatenò una seconda e benpiù terribile rivoluzione. Il povero Ni-cola finì ad Ekaterinburg, in attesad’eventi. Ma il fato avanzava, sotto for-ma delle truppe cecoslovacche, alleateai “bianchi”, che oramai controllavanotutta la Siberia. La decisione fu presa:eliminare lo Zar, pare fosse Lenin inpersona a decidere l’esecuzione. Esecu-zione ... in realtà un efferato massacro,eseguito in una cantina, ove vennerobarbaramente trucidati Nicola, la mo-glie, i 5 figli (tra i 20 ed i 14 anni, checerto responsabilità o colpe politichenon ne avevano) e, tanto per non sba-gliare, il medico e tre servitori. Quelche non fecero le pallottole fu comple-tato con le baionette! Poi si cercò di farsparire i corpi, una vera odissea: tenta-tivi di scioglierli nell’acido, di gettarliin cunicoli di miniera, una vicenda or-renda, di cui, negli ultimi anni del po-tere sovietico, pare che Mosca inizias-se a provare, se non vergogna, certoimbarazzo.Non meraviglia quindi che oggi, nel-la “nuova” Russia che, con tutta evi-denza, sta cercando di ritrovare le sueradici nel plurisecolare potere impe-riale, ad Ekaterinburg vi siano duegrandi monumenti, per ricordare ilmassacro.In città vi è la Chiesa del Sangue, percosì dire il ricordo “ufficiale”, voluto

abbia la forma a “falce e martello”, perdi più era la sede della polizia politica,con annessi alloggi. Chiaro segno deitempi fortunatamente mutati, ora è sta-to completamente ristrutturato, dive-nendo confortevole, con gentile acco-glienza plurilingue e camere assoluta-mente su standard occidentali. Il po-meriggio una deliziosa ragazza suona ilpiano ... sempre romantici, questi russi!Dinnanzi a noi un viale trafficatissimo.Il che prova che oramai molti russi pos-sono permettersi l’auto, anche di mo-delli tedeschi, giapponesi o coreani eche il livello di vita sale costantemen-te. Ma ciò che, in questo contesto dicittà indaffarata e pulsante di vita, col-pisce di più noi “mediterranei” è chetutto ciò succede con temperature co-stantemente a -10°/-20°, con strade emarciapiedi coperti da neve e in pre-senza di vere tormente; ne abbiamoprovata una alla partenza, tanto inten-sa da bloccare, per ore, l’aeroporto. Magli abitanti di Ekaterinburg non paionofarci caso, le ragazze caracollano su tac-chi altissimi, una vera passione, e nonrinunciano certo a sfoggiare mini ve-stiti all’ultima moda. Siamo lontanissi-mi dalle robuste contadine ed operaieche fanno mostra di sè su tanti monu-menti. Le russe sono molto spesso bel-le, sanno di esserlo e sono orgogliose dimostrarlo.La città, che ha le dimensioni e gli abi-tanti di una Milano, non manca di nul-la: università, teatri, librerie affollate (ènoto ma constatare come i russi sianoappassionati alla cultura è invero im-pressionante), grandi palazzi in queglistili tanto tipici del “passato regime”,ove tutto doveva essere grandioso, alloscopo di dimostrare che il “paradiso”dei lavoratori non aveva nulla da invi-

diare all’Occidente. Ed ancora palazzidell’epoca zarista, forse più piccoli maanche più affascinanti, musei, negozi,alberghi, ristoranti, una metropolitana,invero ancora in costruzione. Nelle pe-riferie ferve un’intensa attività edilizia.Ne restiamo un po’ sconcertati. Ed Iri-na, la nostra guida, sbotta “... perchè vimeravigliate? Queste case non sarannopoi tutte acquistate dai mafiosi, comedite voi ... i russi stanno meglio di quan-to si creda in Europa!”. Giusta esibizio-ne di orgoglio russo, verso un mondoche crede, ancora oggi, che in questoimmenso paese, salvo pochi “boiari”,tutti siano alla fame. Per inciso, recen-te è la notizia che l’attuale governo,dell’energico Putin, ha drasticamenteridotto la percentuale di “poveri” ai li-velli occidentali.Ma torniamo ad Ekaterinburg ed almassacro della famiglia imperiale.Gran parte degli storici, pure russi, so-

■ I mezzi militari risalenti al secondo conflitto mondiale, nei pressi del Circolo Ufficiali e ilMuseo dell’Esercito.

■ Su di una fossa comune, scoperta di recente, una croce ricorda i caduti deltotalitarismo.

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da Mosca. Un ciclopico edificio, a duepiani, pieno di ori, marmi, altari, icone.Certo grandioso, forse un po’ freddo, si-curamente adatto alle cerimonie uffi-ciali ed ad ospitare capi di stato esteri.Ben diverso il monastero che, a pochichilometri dal centro cittadino, haeretto la Chiesa Ortodossa. Per la qua-le Nicola ed i suoi sono la “Santa fami-glia martire” elevata in toto all’onoredegli altari. In mezzo ad una silente fo-resta di betulle, si erge improvviso ungrande recinto, come tutto il resto, dilegno. All’interno, nella quiete assolu-ta, 7 chiese come 7 sono i martiri. Tut-te diverse, senza un chiodo, tutto co-struito seconda l’antiche usanze russe.Nei viali monaci barbuti, sovente gio-vani, spalano la neve, accudiscono agliedifici, intrattengono i visitatori. Poi,una tettoia semicircolare, al centro, inun avvallamento, una semplice croce:qui furono infine gettati i poveri corpi.Difficile restare insensibili. Dopo la storia, la geologia,piatto forte degli Urali, unadelle aree del mondo più ric-che di materie prime ma pu-re di pietre ornamentali esemipreziose. Come imitici demantoidi,che pare si trovinosolo qui ed in Val-malenco! Nonmancano certo i

Ekaterinburg!

■ In alto: il commovente monumento dedicato ai caduti cittadini in Afganistan (ed ora pure in Cecenia...)

In basso: la Chiesa del Sangue, nel centro di Ekateringburg.

Il nostro soggiorno, ad Ekaterinburg, èstato organizzato dalla Guide Center, unadinamica agenzia, ben preparata pure al-le escursioni nei dintorni.

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In Italia reperire carte russe, specie didettaglio, è veramente difficile. In Russiainvece, contrariamente a quanto si pensa,tali fogli sono in genere acquistabili edanche di buona qualità. Ad Ekaterinburgvi sono un paio di librerie ben fornite.Inoltre in Prospekt Lenina 58 il negozioKarta-Atlas è una vera miniera. Se sietefanatici della cartografia non mancatelo!

musei, tutti rigorosamente affiancati dafornitissime botteghe ove si trova ditutto: dagli anelli ed orecchini di pietredure ad orologi e statue di malachite.Assolutamente da non mancare, il Mu-seo dell’Università: piani interi ripienidi ogni ben di Dio, qualcosa che, ai no-stri occhi italici, pare addirittura irrea-le, tale è la ricchezza e l’abbondanza dicampioni.Ed infine Ekaterinburg è un’ottima ba-se per fare turismo ed escursionismo ne-

gli Urali, mitiche montagne tra Euro-pa ed Asia che pare da decenni nonvedano italiani sulle loro vette. C’è da farci un pensierino. Anzi noi l’abbiamo già fatto. Arri-vederci. ■

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Settembre 2006 Alpes

Risale agli anni ’70 la creazionedei primi musei etnografici inprovincia di Sondrio, nel qua-dro di una nascente politica

culturale della Regione Lombardia.L’idea era, allora, quella del museo divalle, sull’esempio di quanto si stava fa-cendo in Svizzera (soprattutto in Can-ton Ticino) e di qualche esperienzasparsa in Italia. Dove per “valle” era daintendersi non tanto l’intera Valtellina(e, distintamente, la Valchiavenna),ma anche alcune grandi vallate tra-sversali, confluenti nella principalevalle dell’Adda.La Valmalenco e alcune comunità delBormiese si mossero infatti precoce-mente, insieme a Tirano e al suo museoetnografico, che aveva viceversa qual-che ambizione di scala provinciale, su-bito fermata dalle note divisioni all’in-terno della realtà locale. Il modello diSan Michele all’Adige (un grande Mu-seo che documenta gli usi e costumidella gente trentina)era, ovviamente,allora irraggiungibile.Trascorsi molti anni, mutato profonda-mente il clima culturale e politico dellaRegione, il quadro attuale è quello diuna gran dispersione di iniziative loca-listiche, nemmeno solo di vallata,spesso di Comune, talvolta promosse osorrette dalle Comunità Montane.Molte di queste, del resto, sono private,legate alla proprietà di un bene (unmulino, una fucina, un torchio, ecc.):anche apprezzabili, a parte le superfeta-zioni di cui sono spesso caricati questipregevoli impianti, ma piuttosto fruttonaif di buone intenzioni che non di unprogetto preciso di guida e governounitario, possibilmente di scala almenoprovinciale.Queste carenze sono probabilmente ilmotivo per cui non decollano seria-mente due iniziative progettate per lacittà di Sondrio: un Museo del vino(che sarebbe essenziale quale supportoculturale per un’area vitivinicola conambizioni addirittura di acquisizione alPatrimonio mondiale dell’Unesco) eun Museo della Montagna (cheavrebbe ovviamente un senso in rap-porto alla nascita precoce del Club Al-pino Valtellinese e alle vicende dellaGrande Guerra che si svolsero in AltaValtellina).Le più recenti tendenze in campo mu-seale, quali quelle derivanti dal mo-dello dell’eco-museo diffuso in altreRegioni, hanno sinora riscosso una ecotardiva e debole in provincia; ancor

minore riscontro hanno le suggestioniofferte dagli studi di antropologia mu-seale, che potrebbero offrire una pro-spettiva culturale meno limitata e lo-calistica alle diverse iniziative.Ci si è esercitati, un paio di anni fa, inuna sorta di inventario di queste realtà,sulla base di una semplice scheda do-cumentaria, visitando quasi tutte leraccolte e i musei della provincia: si èconfermata questa sensazione diffusa diimprovvisazione e incertezza istituzio-

nale. Il tentativo è stato condotto en-tro il “Progetto Masegra” (Interreg IIIA Italia-Svizzera), che, oltre al restauroedilizio del Castello di Sondrio, acqui-sito dal Comune, prevedeva la costitu-zione di una sorta di Museo virtualecon funzioni anche di raccordo provin-ciale, idea rimasta incompiuta per lafine dei finanziamenti. Una parte delmateriale raccolto o elaborato per l’in-trapresa è reperibile sul sito www.pro-gettomasegra.com. ■

I Musei Etnograficidella Provincia di Sondriodi Ivan Fassin

■ Museo Etnografico Tiranese, gli attrezzi del falegname. In basso, la cucina.

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Alpes Settembre 2006

Si è appena concluso in Albosaggia,presso la Associazione Meriggio Equita-zione, uno stage, il quale ha avuto comescopo l’avvicinamento dei ragazzi e bam-bini all’affascinante mondo del cavallo.L’obiettivo è stato quello di sfatare il mi-to comune che l’equitazione sia uno sportdi elite, creando tra persone e animaliuna amicizia intensa e ricca di senti-mento, che vada al di là del puro viverel’equitazione solo a livello agonistico.Attività come pulizia delle lettiere, puli-zia e preparazione dei cavalli, sommini-strazione degli alimenti e apprendimentodelle nozioni di base riguardanti la tecni-ca equestre, sia dal punto di vista teori-co che pratico, sono state affrontate dapiccoli e grandi con entusiasmo e passio-ne.Oltre alle attività strettamente legateall’equitazione i ragazzi hanno potuto di-vertirsi giocando in piscina o nelle areeverdi che circondano il centro, sempreperò seguiti da personale competente alquale rivolgersi in caso di bisogno.Al termine di queste sette settimane, daparte dello staff organizzatore e dei bam-bini che hanno partecipato, uno specialeringraziamento va alle tre “mascotte”:Samanta, Argo ed Emma (i tre cavallidella scuola) i quali con pazienza e dol-cezza hanno lasciato loro il tempo di im-parare.Lo stage estivo è terminato e riprenderàla prossima estate, intanto nel mese disettembre il centro organizzerà il “batte-simo della sella” per tutti coloro che vo-lessero avvicinarsi a questo mondo percontinuare l’attività per tutto il restodell’anno.Un sentito ringraziamento da parte del-lo staff organizzatore va a tutti i genito-ri ed ai bambini che hanno partecipato.Il centro ringrazia anche Valentina e Si-mona.Vi aspettiamo numerosi in Albosag-gia, via Gerone: il centro è apertotutti i giorni e potete contattarci aln° 347/80891740 (Consuelo). ■

Alcuni commenti dei bambiniche hanno partecipato

In questa settimana mi sono divertita tanto perchè hoimparato cose nuove, per esempio come si prepara uncavallo, come si puliscono i vari attrezzi, e con la le-zione giornaliera ho ripreso un po’ l’allenamento, per-chè ero già andata a cavallo 2 o 3 anni fa’. Riprenderòa fare equitazione perchè mi appassiona tantissimo.

Camilla - 11 anni

Non ho frequentato molto lo “stage” quest’anno, main quelle poche ma importanti settimane ho imparatoa stare oltre che con i meravigliosi cavalli anche conpersone che non conoscevo e a conoscere altri amici,mi sono divertita molto perchè oltre a fare il bagno inpiscina si giocava a tanti giochi, ad esempio a nume-ri, a nascondino, a monopoli, ed a molti altri giochi.Dico grazie a tutti i bambini dello stage che mi han-no sopportato per tutto il tempo e un grazie specialeva a Consuelo

Lucrezia - 12 anni

Ho iniziato il corso quando la mamma ha scoperto cheparlava soprattutto del cavallo. Avevo già provato acavalcare, ed è questo che mi ha spinto ad iscrivermia equitazione. Mi sono divertita un mondo, in pocotempo mi sono fatta tanti amici con cui giocare e al-cuni bambini mi hanno anche insegnato a pulire i ca-valli. I cavalli disposti alle lezioni erano Emma, Sa-manta ed Argo

Alessia - 8 anniQuesta settimana mi sono divertita molto: andare acavallo, fare il bagno in piscina e pulire i cavalli: Hoconosciuto tanti amici. Il mio cavallo è l’”Arguzzo”.

Eleonora - 7 anniMi sono divertita tantissimo perchè facciamo cose bel-le: di mattina montiamo e Argo, Samanta ed Emmasono cavalli bravissimi. Al pomeriggio facciamo teoriae giochiamo.

Stella - 7 anniDurante lo stage ho imparato molte cose sui cavalli:pulirli e cavalcarli con impegno. Grazie alla mia istrut-trice, che ha perso molto tempo per noi, continuerò adamare e frequentare questi magnifici animali.

Michela - 11 anni

Associazione Ippofila P

A CAVALLOTRA NATURA E CULTURA

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In Albosaggiaa pochi minuti da Sondriosi trova

L’ASSOCIAZIONE“MERIGGIO EQUITAZIONE”moderno Centro Ippicoaffiliato Fise

Si organizzano nei mesi estivi stage rivolti a ragazzi in età scolare.Per orari e costi contattare il Centro.

Il centro è aperto tutti i giorni - Per informazioni e prenotazioni Tel. 347/8089140 Consueloe-mail:[email protected] - sito internet: www.meriggioequitazione.it

a Provinciale di Sondrio

E’ stato bellissimo! I bagni in piscina, le cavalcate …secondo me è stata un’estate piena di nuove amiciziee giochi scatenati. Un mese puo’ sembrare lungo, mase lo si passa in compagnia dei cavalli e degli amicipassa in un batter d’occhio. Eleonora - 12 anniDurante questo stage mi sono divertita moltissimomontando, sellando i cavalli, portandoli nel bosco apasseggiare, ma anche asciugandoli dopo le lezioni,pulendo i box, giocando con i vari amici conosciuti eandando in piscina.E’tata veramente una bellissima esperienza e anche sesapevo già ndare a cavallo mi è servita per avvicinar-mi di più a questi splendidi animali, grazie alla nostraistruttrice Consuelo.

Maddalena - 13 anniDopo che la scuola è finita ho iniziato questo stage an-che se non avrei mai creduto di proseguirlo per più diuna settimana. Invece ho continuato per altre due. Hoimparato oltre che a cavalcare, anche a preparare i ca-valli. In più ho conosciuto nuove persone e mi sonofatto tanti nuovi amici … mi sono divertito un mon-do!

Daniele - 12 anniLo stage è stato affascinante, sia dal punto di vistateorico che pratico.Il divertimento era sempre presen-te, anche nei lavori di pulizia e di manutenzione delcavallo. Ora la mia passione è cresciuta e sicuramen-te continuerò a viverla.

Astrid - 12 anniIn questa settimana grazie ai cavalli ed ai collabora-tori mi sono divertita giocando, sellando i cavalli, pu-lendoli e facendoli passeggiare nei boschi e nelle areeverdi: Grazie ai tre cavalli della scuola, forti e grandi,ho imparato a cavalcare ed a fare tante cose nuove.Al pomeriggio mi sono divertita con la piscina. Io disolito monto la Sami perchè è molto alta e bella. Misono divertita tantissimo: spero di fare altre lezioni edi avere come maestra Consuelo.

Martina - 11 anniI momenti che mi sono piaciuti di più sono stati quel-

li in cui ero a cavallo e in piscina con i miei amici.Arianna - 5 anni

In questa settimana ho potuto liberare il mio amoreverso questi splendidi animali.Iil mio cavallo preferi-to è Argo, dolce e sensibile. Mi sono affezionata a luie l’ho sempre montato. Anche Astrid é molto affezio-nata ad Argo. Sara - 11 anni

Nonostante mi fossi già avvicinata al magnifico mon-do dei cavalli ho voluto incentivare il rapporto con que-sti animali partecipando a questo stage. La prima vol-ta avevo paura, ma con il passare dei giorni, sellare,pulire e motare i cavalli mi sembrava una cosa quoti-

diana e semplice. Mi sono molto divertita, oltre che inpiscina e a giocare con i miei amici. Quando ho por-tato Argo in giro per gli spazi verdi del maneggio eratroppo bello vedere un cavallo libero senza sella e fi-nimenti, che si gustava saporitamente l’erba. Le le-zioni teoriche sono state un po’ noiose … però ho im-parato molte cose che prima non sapevo … informa-zioni e curiosità. Marta - 12 anniIniziando questo stage ho vissuto una grande, mafantastica settimana. Ho imparato a sellare i cavalli,a pulirli ecc. Andare a cavallo è molto emozionante(forse un po’ difficile) ma molto bello. Nel pomerig-gio andavo in piscina. Questi giorni sono stati molto

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23100 Sondrio, Via XXV Aprile - Tel. 0342 512303

dal 1925

da allora tante cosesono cambiate,ma non i valori:

competenza, serietà,riservatezza

ORO - ARGENTO

VERGOTTINI ORO "da allora" 27-04-2005 17:31 Pagina 1

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Vent’anni fa, maggio 1986,moriva a Roma, quasi ot-tantenne, Altiero Spinelli,intellettuale antifascista che

aveva passato quindici anni tra carceree confino nell’isola di Ventotene, scri-vendo insieme ad Ernesto Rossi , nel1941, il Manifesto di Ventotene, il do-cumento che fu poi alla base del Movi-mento Federalista Europeo, costituito inclandestinità a Milano nell’agosto del1943, e di tutta l’azione a favore degliStati Uniti d’Europa dei federalisti eu-ropei e degli europeisti, sotto lo stimo-lo e la guida di Altiero Spinelli, oggigiustamente affiancato a Schuman, aMonnet, ad Adenauer e a De Gaspericome padre dell’Europa unita.Io credo che la riscoperta del personag-gio Altiero Spinelli come uno dei gran-di del ‘900 non avvenga a caso: siamoinfatti in un momento cruciale dell’av-ventura europea, preconizzata da Spi-nelli nel Manifesto di Ventotene. Perun’Europa libera e unita, scritto con Er-nesto Rossi e pubblicato a Roma e dif-fuso in modo clandestino con una pre-fazione da Eugenio Colorni nel 1944,poco prima di essere ucciso dai nazifa-scisti, e portata avanti con coerenza elungimiranza fino al 1986, prima comefondatore e animatore del MovimentoFederalista Europeo, poi come studiosodi politica internazionale attraversol’Istituto Affari internazionali (1965),come Commissario CEE (dal 1970 al1976) e come membro del Parlamentoeuropeo (dal 1976 al 1986) dove fu acapo di tutti i tentativi di dare vita aduna Unione europea.Nel “Manifesto di Ventotene” egli ave-va preconizzato un sistema internazio-

nale per perseguire la pace e la demo-crazia. Mi sembra particolarmente si-gnificativo e altamente simbolico che laprima uscita da Capo dello Stato diGiorgio Napolitano sia stato il viaggioa Ventotene per rendere omaggio adAltiero Spinelli a vent’anni dalla suascomparsa e che già nel discorso d’in-vestitura a Presidente della Repubblicaegli abbia citato Alcide De Gasperi eAltiero Spinelli: il primo quale statistache seppe reinseri-re l’Italia nelcircuito euro-peo (e ameri-cano), il se-condo qualeprofeta che de-dicò tutta la suavita alla realizza-zione della fe-derazione eu-ropea.E’ guardandoa figure come quel-la di Altiero Spinel-li che la costruzionedella democrazia so-vranazionale europeapuò uscire dalle secche in cuisi è ‘incagliata’. L’Europa che oggic’è non è certo quella preconizzatada Spinelli e dai federalisti europei,ma è innegabile che si tratta di unorganismo reale che in sessant’annidi pace ha dato vita all’ideale di pa-ce, di fraternità, di democrazia e di li-bertà che ha entusiasmato genera-zioni di giovani tra gli anniCinquanta e Sessanta eche merita di trovarenuovo impulso da par-

te delle nuove generazioni.Ha scritto in questi giorni MassimoTeodori su “Il Giornale”: “Credo chesi continuerà a parlare di Spinelli co-me della personalità di un ristrettoPantheon che ha dato risposte genia-li alle malattie totalitarie del Nove-cento. Perché ha saputo unire duequalità che difficilmente stanno in-sieme: quella dell’utopista che indivi-dua per sé e per il proprio popolo unamissione che dà senso all’esistenza, equella dell’uomo con il senso della mi-sura che sa operare tra gli uomini nondisdegnando mai di immergere le ma-ni nella politica che può essere brut-tissima ma anche entusiasmante”. ■

Brevi note su Altiero Spinelli,a venti anni dalla morte

di Giuseppe Brivio

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La nascita in Italia delle prime formedi televisione criptata a pagamento,e delle successive offerte sulla piat-taforma digitale, hanno cambiato

notevolmente il modo di concepire lo sport,e in particolare il calcio, in tv.I nuovi canali in pay-tv hanno modificato,infatti, la modalità di fruizione da parte del-lo spettatore, stanco di poter avere a dispo-sizione soltanto canali gratuiti, con poca va-rietà nel palinsesto.Inoltre, il mercato della pay-tv è diventatofin da subito un punto di riferimento per lesocietà calcistiche, che hanno cominciato araccogliere una grande quantità di introiti.All’inizio, però, vi è stata una forte specula-zione da parte degli stessi club di calcio, il-lusi di poter aumentare fino all’infinito leproprie risorse economiche, tanto da esserein grado di spendere cifre mai viste per l’ac-quisto di giocatori. Questo ha portato alla si-tuazione attuale, nella quale quelle medesi-me e ingenti somme di denaro sono termi-nate, e numerose società si trovano, così, inuna situazione deficitaria molto a rischio.Tele+ è stata la prima televisione a paga-mento operativa sul mercato italiano. Natanel 1990, grazie all’investimento da partedi alcune società e imprenditori di spiccocome Della Valle, Moratti, la Fininvest, laKirch e la Mondadori, Tele+ comincia leproprie trasmissioni il 1 giugno 1991. Na-scono dapprima una rete tematica dedicataal cinema (Tele+ 1), alla quale si andrà adaggiungere nove mesi dopo un’altra intera-mente dedicata allo sport (Tele+ 2).Nel 1993 assistiamo da parte del gruppo Te-le+ a una mossa per il calcio del nostro Pae-se: l’emittente, per attirare l’interesse deitifosi e degli abbonati, acquista per 148 mi-liardi di lire i diritti criptati della trasmis-sione in diretta per tre anni di un posticipodi Serie A, la domenica sera, e di un antici-po di Serie B, al sabato sera.La grande novità consiste nel fatto che, perla prima volta, viene a cadere la contempo-raneità delle partite, che verrà applicata suc-cessivamente solo alle ultime quattro gior-nate del calendario.Un altro anno sicuramente da ricordare è il1996. Nasce infatti la piattaforma satellita-re digitale D+ e fa i suoi primi passi il pro-getto Tele+ Calcio. Con il satellite è possi-bile, infatti, accedere ad un elevato nume-ro di canali a costi piuttosto contenuti e conuna qualità di fruizione assai migliore. Tele+

Calcio porta le partite in casa: per la primavolta lo spettatore può assistere, infatti, al-la trasmissione in diretta di tutte le partitedi Serie A e B, con la possibilità di abbo-narsi solo alla propria squadra del cuore op-pure a tutti gli incontri del campionato.Tra il 1997 e il 1999 Tele+ viene acquisitatotalmente da Canal+ e, nel frattempo, na-sce per la prima volta il sistema del pay perview.Poco dopo, si afferma nel panorama digita-le la prima concorrente diretta di Tele+:Stream. Nata, in realtà, nel 1993 da Tele-com Italia come operatore via cavo, a cau-sa dei risultati scadenti nel 1998 si reinven-ta televisione digitale satellitare. La societàviene costituita da Telecom, da News Corp,la società del magnate Murdoch, dal Grup-po Cecchi Gori e dalla SDS, società dei di-ritti sportivi rappresentata da quattro so-cietà di calcio (Fiorentina, Roma, Lazio eParma).Nel giro di tre anni Stream riesce a togliereuna parte del mercato di Tele+, acquisendoi diritti tv criptati di alcuni club di serie Ae B e ottenendo l’esclusiva su tutti i rima-nenti incontri di Champions League cheMediaset, proprietaria dei diritti in chiaroper l’Italia, non trasmetteva.Nel Giugno del 2000, però, Stream vienedivisa in parti uguali tra la Telecom Italia ela Sky Global Network (ex News Corp) equest’ultima, un anno dopo, ne riesce ad ot-tenere il controllo completo, portando cosìil proprietario Rupert Murdoch ad un primopasso per l’acquisizione di un controllo to-tale del mercato satellitare in Italia.Nonostante i buoni risultati di Tele+, a cau-sa delle forti perdite di entrambe le piat-taforme dovute agli alti costi di gestione eagli insufficienti ricavi, si comincia a pen-sare ad un’eventuale unificazione delle tueemittenti in un’unica piattaforma.Nell’aprile del 2003, dopo il parere favore-vole dato dalla Commissione dell’UnioneEuropea per la libera concorrenza, si assisteall’acquisizione di Tele+ da parte di Stream,con la conseguente nascita della piattafor-ma satellitare digitale Sky Italia. La nuovasocietà fa a capo per l’80% circa alla SkyGlobal Network di Murdoch e per il re-stante 20% a Telecom Italia.Sky Italia mantiene, dunque, fin da subitouna posizione monopolistica. Ma quello chepoteva sembrare un progetto perfetto (conl’acquisizione dei diritti per tutte le partite

di Serie A e B e della Champions League)manifesta presto le sue pecche nella defini-zione dei contratti con le società di calcio.I grandi club, come Juventus, Milan e Inter,vengono coperti d’oro, mentre alle altresquadre medio-piccole vengono propostidegli accordi con cifre notevolmente infe-riori.Questo porta a una dura reazione di questeultime società che, nel 2003, decidono dicreare una piattaforma alternativa a Sky,dal nome Gioco Calcio e di proprietà deglistessi club attraverso il consorzio Plus Me-dia Trading. Gioco Calcio acquisisce per 50 milioni dieuro complessivi i diritti delle squadre ap-partenenti al Pmt che militano in Serie A(Brescia, Chievo, Empoli, Modena, Peru-gia) e dell’Ancona, iniziando così la stagio-ne 2003-2004 con la trasmissione delle suepartite, appoggiandosi a Sky.La differenza di offerta tra le due piattafor-me è, però, notevole. Sky possedeva i dirit-ti di 12 squadre di Serie A di fascia medio-alta, mentre Gioco Calcio ne aveva solo 6con un bacino di tifosi potenziale molto li-mitato.Si assiste, dunque, in poco tempo, alla crisidel sistema Gioco Calcio. Quando, poi, lesquadre iniziano a non ricevere il compen-so stabilito, il meccanismo salta e tutte lesocietà coinvolte sono costrette al passaggioa Sky.Nel marzo del 2004, infatti, anche il Bre-scia, come avevano già fatto precedente-mente gli altri cinque club di Gioco Calcio,decide di accettare l’offerta di Murdoch didue milioni di euro, dando così fine allapiattaforma del consorzio Pmt e permet-tendo a Sky di continuare a mantenere unaposizione monopolistica nel mondo televi-sivo satellitare.Sky, ancora oggi, non ha alcuna concor-renza a livello di televisione digitale. Alcontempo, però, nel 2005 è nato il Digi-tale Terrestre: attraverso un decoder esenza la necessità di un collegamento sa-tellitare, è possibile, infatti, acquistare lesingole partite di serie A. Un modo al-ternativo di guardare la tv e un primotentativo di togliere alla stessa Sky unafetta di mercato soprattutto nel panoramadei diritti tv per il calcio: Mediaset Pre-mium e La 7 ci stanno riuscendo, ma po-trebbero non essere le sole in un futuroprossimo. ■

La tv digitale e il calcio: un po’ di storiadi Gianluca Lucci

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. UNITED 93, quando il terrore viene dal cielodi Ivan Mambretti

La macchina da presa in-quadra una stanza d’al-bergo. Si ode una som-messa preghiera in ara-

bo. A recitarla è uno dei quattrogiovani kamikaze che hanno ri-cevuto la terribile consegna didirottare un apparecchiodell’United Airlines per farloschiantare sulla Casa Bianca. E’l’11 settembre 2001. Sta perconsumarsi una tragedia didimensioni bibliche. Il terzomillennio non avrebbe potu-to nascere sotto peggiori au-spici.Nei centri di assistenza ai vo-li Usa, dove il personale vivela sua normale giornata dilavoro, è bruschissimo il bal-zo dalla routine all’imprevi-sto. Dall’“ordine” al “disor-dine”. Si stanno diffonden-do confuse notizie di possi-bili attentati. I monitor in-viano immagini curiose. An-zi, strane. Dal World TradeCenter di New York fuorie-scono colonne di nero fumo.Ci si interroga ma senza far-ci gran caso, ed è abbastanzaovvio: solo chi riuscisse acredere all’incredibile po-trebbe concepire quanto staaccadendo. Ma ecco, arriva-no i primi inquietanti dati. Ro-ba da matti! Due aerei si sonoabbattuti sulle Torri Gemelle,un terzo ha colpito il Pentagonoe un altro vaga per i cieli d’Ame-rica come scheggia impazzita.Viene individuato. Si tratta diun United 93. E “United 93” èanche il titolo del bel film del re-gista inglese Paul Greengrass,classe 1955, che ci racconta lamisteriosa vicenda del quartoaereo in un incalzante rimpallofra i luoghi di terra dove l’emer-genza si va facendo assoluta e il

boeing su cui il panico cresce inmaniera esponenziale, mentredalle sedi del potere politico-mi-litare non arrivano ordini (perforza: chi è in grado di prenderedecisioni?). Concitatissime leultime ore a bordo, dove il pia-no terroristico fallisce per l’im-provvisa reazione di un gruppodi passeggeri coraggiosi. A un

certo punto, infatti, sono loro adirottare i dirottatori e l’aereo,anzichè su Washington, precipi-ta nelle campagne della Penn-sylvania.Lo stile di Greengrass è asciutto,essenziale, sobrio, quasi docu-mentaristico (non a caso gli at-tori sono tutti illustri sconosciu-ti). Il suo punto di vista è osten-tatamente anti-hollywoodiano.Niente film-catastrofe alla “Air-port”, sembra volerci dire: sta-volta i veri effetti speciali sonol’atroce e scioccante realtà dei

fatti. “United 93” non è il solitoinutile film d’azione, ma un’ope-razione cinematografica rigoro-samente documentata. Preziosein tal senso le testimonianze deiparenti delle vittime, che finoall’ultimo hanno udito ai cellu-lari parole strazianti e disperate.Il film si attiene dunque alla ve-rità ufficiale: il commando ha

mancato il bersaglio per am-mutinamento dei passeggeri.Punto e basta. Il resto sonoipotesi. Certo, se a girare ilfilm fosse stato Oliver Stone,cui Greengrass viene impro-priamente paragonato, cipuoi giurare che sarebbeemersa almeno un’altra ve-rità: quella dell’abbattimentodell’aereo da parte dell’avia-zione statunitense. Il registad’oltreoceano, molto polemi-co, ama infatti il cinema didenuncia: “Salvador”, “Pla-toon”, “JFK”, “Nixon” … (aproposito, è attesa suglischermi proprio la sua ver-sione dell’11 settembre: sta-remo a vedere). Greengrasspreferisce invece ricorrere al-la più prudente tecnica delreportage, come ha fatto an-che per “Bloody Sunday”(2002), cronaca puntigliosa

e distaccata del massacro di Lon-donderry nel gennaio 1972.“United 93” non emette senten-ze, non ci rifila predicozzi e nongiudica neppure l’azione dei ter-roristi, descritti come fragili epavidi strumenti di un disegnoimmane e devastante. La loromissione suicida, mirata a farcrollare i simboli della nuovaBabilonia chiamata America,riesce a esprimere tutto l’odio,la rabbia e la voglia di rivalsache agitano il mondo non-occi-dentale. ■

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C’è stato un periodo nelquale un grande scritto-re aveva fatto parlaremolto di sé: non per

avere unito alla genialità le stravagan-ze di comportamenti alla D’Annunzio,e nemmeno gli scandali legati alla vi-ta amorosa del “Vate”. Di tutt’altro ge-nere, infatti, era la sua vita privata, so-bria, seria, priva di appigli per qualsi-voglia risvolto di pettegolezzo monda-no. Questo personaggio era GiovanniPapini, avventuriero della cultura, in-soddisfatto man mano che perveniva anuove conoscenze, a nuovi approdi in-tellettuali, filosofici, inquieto ed irre-quieto, polemicamente presente sullascena per almeno mezzo secolo, eppu-re, dopo la morte, dimenticato (ingiu-stamente), relegato in un silenzio al-trettanto … assordante, quanto lo erastata la sua presenza nel panorama ita-liano (e non soltanto italiano) da vivo.La sua morte avveniva giusti cin-quant’anni fa, a conclusione di unavicenda umana, intellettuale e spiri-tuale, fra l’altro, non comune, ed em-blematica. Tanto era stato infatti ilclamore che le sue prese di posizioneavevano suscitato nel corso dei primicinquant’anni del secolo scorso, quan-to, poi, sul finire della sua esistenza, aquel clamore aveva fatto seguito unasorta di sorpresa, perché il Papini po-lemico e funambolico era stato, per co-sì dire, sostituito da un altro più rasse-renato, pacificato - si disse - con sestesso e con gli uomini. E ciò, in coin-cidenza con l’avanzare dei mali che loaffliggevano.La scena degli ultimi anni, degli ultimitempi, era quella di un uomo quasi cie-co e quasi muto, che si esprimeva a ge-sti, a versi e mugolii, riuscendo tutta-via a dettare ad una nipote che era riu-scita a comprenderne il linguaggio,quegli scritti che quindicinalmenteapparivano sulla Terza Pagina del“Corriere della Sera” e che si chiama-vano “Schegge”, a prezzo di un grandesacrificio. Ancora: lui, gran cammina-tore, era stato colpito alle gambe, equindi condannato alla immobilità.Ma in quel corpo murato dalle malat-

tie, si conservarono sino alla fine ungrande cuore e una grande mente.Se, a mezzo secolo di distanza da quel-la morte avvenuta nella casa fiorenti-na di via Guerrazzi, e così ben descrit-ta, in maniera aderente alla realtà, etoccante, da Roberto Ridolfi, dobbia-

mo infatti ricordare lo scrittore fio-rentino, e prenderne le pagine chedanno la misura della sua attualità,pensiamo si debba ricorrere proprio aquella fase terminale della sua vicen-da umana e intellettuale.Certo: di Papini rimangono l’esempio

GIOVANNI PAPINI si spegneva 50 anni orsonodi Giovanni Lugaresi

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la fine, pronto all’ultimo passo alla in-segna della bontà, della fede. E sul pia-no dell’afflato poetico, è poi un torna-re alle origini, agli inizi, al Papini del-le “Cento pagine di poesia”, il Papinilirico, insomma, sul quale già nei pri-mi anni del secolo scorso aveva postol’accento Giuseppe Prezzolino, conquelle pagine pubblicate nelle edizio-ni della Libreria della Voce (1915), piùvolte ristampate e che proprio oggi ri-vedono la luce per i tipi delle Edizionidi Storia e Letteratura fondate da donGiuseppe De Luca. Del resto, proprioPrezzolino, primo grande amico, e ami-co per tutta la vita, di quella virile ami-cizia che non impedisce di vedere i li-miti e i difetti dell’altro, avrebbe scrit-to su di lui espressioni definitive e cheoggi più che mai appaiono attuali.Sentite: “La figura di Giovanni Papiniè così ricca che può essere sfrondata dipiù d’un foglioso ramo e di più d’unacima impennacchiata di fiori, senzache ne soffra, anzi guadagnandonequello che è il solido tronco”.E ancora, aggiungeva Prezzolino:“Della nostra generazione Papini restail prosatore più forte e lo scrittore piùestroso, oltre che lo spirito più rap-presentativo del buono e del cattivoche essa ebbe, dei suoi tormenti, del-le sue mutevolezze, delle sue incertez-ze, delle sue aspirazioni. Il tormentoche ha avuto è il suo titolo di gloria”.Forse non sareb-be stato maleche, proprio inquesto anniver-sario, si fosseroristampati libricome “Un uomofinito” o “La feli-cità dell’infeli-ce”, o “Schegge”.Per l’elevazionedell’intelligenzae per la riflessio-ne dell’anima eanche per laconsolazione deinostri povericuori. ■

dell’avanguardia storica del Novecen-to, il rinnovamento che con Prezzoli-ni, Soffici, e poi i futuristi, provocò inun panorama o limitato, provinciale,della nostra cultura, o dominato dalsensualismo dannunziano. Certo: c’èl’esempio delle pagine autobiografichedell’Uomo finito, bilancio non soltan-to di trent’anni di vita, suoi, ma anchedi una generazione.E ancora, c’è l’elemento sconvolgen-te della sua conversione al cattolice-simo, che suscitò sorpresa, se nonscandalo nella vita culturale di queiprimi anni Venti del secolo scorso.Una conversione che non vide peral-tro Papini diventar mansueto, ma conun immutato spirito battagliero.Sono momenti, sono fasi, di una atti-vità culturale, di una presenza cultura-le che hanno avuto un loro peso, e checerto hanno lasciato un segno, nono-stante l’oblio di cui lo hanno voluto ri-coprire le nuove generazioni (egoiste eirriconoscenti, come sempre accadenella storia, nei confronti di chi le haprecedute). Ma, tornando all’assuntoiniziale, ecco che proprio mezzo seco-lo dopo la sua morte, vien da pensare,e da rileggere quelle pagine del perio-do della malattia, delle menomazioni,del dolore del corpo, pagine che ap-paiono come un distillato di fede e dipoesia, di letteratura e di umanità, nel-le quali Papini trasporta visioni e con-siderazioni della sua mente e della suaanima arrivate diremmo all’essenziale,alla realtà autentica delle cose, delmondo, ad una riflessione nella qualeavevano posto la creazione nei suoiaspetti anche minimi e il Creatore nel-la sua manifestazione più piena, quel-la che parla alle anime.E’ il raggiungimento di una pienezzadi spirito che vede appunto il polemi-sta placato e riconciliato con tutti, nel-la visione (prossima) di Dio. Ed è inquesta dimensione, anche, che l’uomodi malattia, di pena, riesce a valutare,a valorizzare, i beni che nonostantetutto Dio gli ha concesso di poter go-dere proprio nella sua condizione. Ed èquindi un Papini pacificato, quello del-

Giovanni Papini (1881-1956), fio-rentino, fondatore con Prezzolino di“Leonardo” e “La voce”; con Soffici,della rivista futurista “Lacerba”. Au-tore di libri di polemica, poesia,prosa, storia, fra i quali. “Il crepu-scolo dei filosofi”, “Il tragico quoti-diano”, “Un uomo finito”, “Pragma-tismo”, “Stroncature”, “Storia diCristo”, “Gog”, “Dante vivo”, “Let-tere agli uomini di Papa CelestinoVI”, “Vita di Michelangelo nella vitadel suo tempo”, “Libro nero”, “Ildiavolo”, “La spia nel mondo”, “Lafelicità dell’infelice”. Postumi: “Laseconda nascita”, “Schegge”. Fondòe diresse collezioni, fra le quali, perl’editore Barabba di Lanciano, “Lacultura dell’anima”, nella quale ap-parve la prima traduzione italiana diun testo di Kierkegaard (“In vinoveritas”) ad opera di Knud Ferlov.Le sue opere sono state tradotte inarabo, armeno, bulgaro, catalano,ceco, danese, esperanto, finlandese,francese, giapponese, cinese, greco,inglese, lituano, maltese, olandese,polacco, portoghese, rumeno, russo,serbo-croato, slovacco, sloveno,spagnolo, svedese, tedesco, unghe-rese, yddish.

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pagina a cura di Giuseppe Brivio

Un ragazzo senza nome

di Luigi PozziL’officina del libro - Sondrio

L’opera di Luigi Pozzi è di quelle che sileggono con grande interesse soprat-tutto da parte dei lettori che hannoqualche ricordo personale o familiaredella seconda guerra mondiale edell’immediato dopoguerra; “Un ragaz-zo senza nome” è infatti la storia perso-nale di un ragazzo che si unisce a quel-la di molti altri in modo da ricostruirela più vasta storia dell’uomo. E’ soprat-tutto attraverso le parole del Professo-re, il principale personaggio narratore,che il ragazzo protagonista del roman-zo, ambientato nell’Italia della occupa-

zione nazista, par-tendo dalla tristerealtà bellica rie-sce a rivivere larealtà della Borgo-gna medioevale,la guerra deitrent’anni che in-sanguinò l’Europa,l’attentato di Sa-rajevo del 1914che fu la scintillache fece esploderenel cuore d’Euro-pa la sanguinosaprima guerra mon-diale e pose le pre-messe per l’avvento del nazifascismo edello scoppio del secondo conflitto

mondiale e dellalotta di resistenza.Luigi Pozzi mostrauna forte capacitànarrativa, tale dacoinvolgere emo-tivamente ed in-tellettualmente illettore. Esperien-ze personali e fat-ti storici si uni-scono armoniosa-mente in un in-sieme che avvin-ce e stimola allariflessione. Un li-bro quello di Lui-

gi Pozzi che merita di essere letto e gu-stato.

La chiesa dell’Assuntaa Prosto di Piuro

di Guido ScaramelliniRotalit srl - Chiavenna

Ha da poco visto la luce un bel volumesulla chiesa parrocchiale di Prosto diPiuro dedicata a Santa Maria Assunta,a cura di Guido Scaramellini, in occa-sione del quarto centenario della suafondazione e del cinquantesimo di sa-cerdozio dell’arciprete don Gustavo DeStefani, da ben quarantatré anni par-roco – arciprete di Prosto di Piuro.L’autore dell’importante opera ha tral’altro consultato il locale ricco archi-vio parrocchiale oltre a quello comu-nale e a quello storico della diocesi diComo.Il volume, arricchito da una lettera dipresentazione del vescovo di ComoMonsignor Alessandro Maggiolini e dauna presentazione dell’arciprete donGustavo De Stefani, in 190 pagine ric-che di foto e di documenti, ci permet-te una approfondita conoscenza di unadelle tre chiese barocche più interes-santi della Valchiavenna (le altre sonola Trinità di Novate e Santa Maria di

Chiavenna) che non aveva ancora unapropria monografia, anche se devonoessere ricordati gli studi analitici suidipinti del presbiterio e sui pregevolilavori di intagliofatti da SimonettaCoppa tra il 1982e il 1984.Nella prima partedel volume GuidoScaramellini fa,tra l’altro, la sto-ria del toponimodi Prosto parten-do da un Atto del31 maggio 1279del notaio Prevo-sti di Piuro, rinve-nuto presso la Bi-blioteca comuna-le di Como, e so-prattutto rico-struisce la storiadella chiesa diMaria Assunta at-traverso l’esposizione della prima e ul-tima pagina dell’atto notarile del 29giugno 1694, in cui l’arciprete France-sco Casanova racconta le apparizionidella Madonna comunicategli da suor

Anna Foico di Piuro, badessa del mo-nastero di San Nicolò delle Clarisse, dalui incontrata più volte a Vienna. E’comunque assodato e documentato

che la posa dellaprima pietra dellachiesa edificatain onore dellaMadonna Assun-ta avvenne nelluglio del 1605sulla sponda delfiume Mera inuna zona priva disole per alcunimesi all’anno,lontana dall’abi-tato, e che lachiesa fu consa-crata il 18 giugno1628 dal vescovoLazaro Carafino.Il volume descri-ve poi tutte le tra-s f o r m a z i o n i

dell’edificio sacro succedutesi nel tem-po e le ricchezze artistiche che lo ca-ratterizzano e che meritano di essereammirate visitando direttamente lachiesa dell’Assunta a Prosto di Piuro.

R E C E N S I O N I

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MERCOLEDÌ 25 OTTOBRE 2006

Apologia di Socrateda Platone - traduzione di Giovanni Reale - Compagnia Carlo Rivolta

con Carlo Rivoltacon la partecipazione della Civica Scuola di Musica della Provincia di Sondrio

MERCOLEDÌ 8 NOVEMBRE 2006

Edipo Redi Sofocle - regia di Fabio Sonzogni - Elsinor Teatro

con Enrichetta Bortolani, Franco Pistoni,Andrea Soffiantini, Hal Yamanouchi,Gabriele Parrillo, Marco Mete

MARTEDÌ 28 NOVEMBRE 2006

Vuoti a renderedi Maurizio Costanzo - regia di Giancarlo Zanetti - Lux T

con Valeria Valeri, Paolo Ferrari

LUNEDÌ 11 DICEMBRE 2006

Sabrinadi Samuel A. Taylor - regia di Massimo Natale - G.G. Production

con Corrado Tedeschi, Corinne Bonugliae con Renato Cortesi, Andrea Carli, Milly Falsini,Andrea Montuschi

VENERDÌ 12 GENNAIO 2007

Riccardo IIIdi William Shakespeare - regia di Corrado Accordino - Teatro Binario 7

con Alberto Astorri,Alessandro Conte,Silvia Sartorio, Sabina Villa,Tommaso Amadio,Annalisa Amodio, Enrico Roveris, Daniele Ornatelli

GIOVEDÌ 1 FEBBRAIO 2007

Processo a Diodi Stefano Massini - regia di Sergio Fantoni - La Contemporanea

con Ottavia Piccolo,Vittorio Viviani, Silvano Piccardi

MERCOLEDÌ 21 FEBBRAIO 2007

Lampi accecantidi ovvietàdi E. Bertolino, P. Guerriera,A. Zalone, C.G. Gabardini - regia Giampiero SolariITC 2000

con Enrico Bertolino

VENERDÌ 2 MARZO 2007

Ferdinandodi Annibale Ruccello - Gli Ipocriti

con Isa Danielie con Adriano Mottola, Lello Serao, Luisa Amatucci

VENERDÌ 30 MARZO 2007

Aspettando Godotdi Samuel Beckett - Donati e Olesen - TeMa Produzioni

con Giorgio Donati, Jacob Olesen,Ted Kejiser,Jaon Gunn, Giovanni Olesen

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SALA POLIFUNZIONALEDON BOSCOORE 21

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PREVENDITA ABBONAMENTIGli abbonamenti per l’intera Stagione saranno in prevendita a partireda lunedì 2 ottobre 2006 presso l’Ufficio Relazioni con il Pubblico del Comune di Sondrio tel. 0342 526311 / 0342 526312lunedì, martedì, giovedì e venerdì:ore 09.00/12.00 - 14.30/16.30mercoledì: ore 08.30/12.30 - 13.30/17.30

PREVENDITA BIGLIETTIPresso l’Ufficio Relazioni con il Pubblico del Comune di Sondrio da lunedì 23 ottobre 2006 per il primo spettacolo

INGRESSIAbbonamento € 145,00Biglietto € 20,00

RIDUZIONIPer i nati dal 1987 in poi e per studenti universitariAbbonamento € 110,00Biglietto € 15,00

INFORMAZIONI• Ufficio Cultura del Comune di Sondrio tel. 0342 526266• Ufficio Relazioni con il Pubblico del Comune di Sondrio

tel. 0342 526311 - 0342 526312Sono previste particolari agevolazioni per gruppi di almeno 15 persone

Città di Sondrio

RegioneLombardia

FONDAZIONECARIPLO

TEATRO SONDRIO x alpes 31-08-2006 12:33 Pagina 1

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Per ottenere questi grandi risultati bisogna sempre lavorare

con il massimo impegno e investire continuamente nella

propria azienda, infatti la Nino Negri ha di recente sostituito

38 botti da 80 hl. con 80 botti di rovere francese di dimensioni

più piccole per permettere una maggiore selezione delle

masse. La nostra barricaia conta 1500 barriques di rovere

francese e americano e ogni anno 300 barriques vecchie

vengono sostituite con quelle nuove. La Nino Negri è

orgogliosa di esibire le due certificazioni: la ISO 9000 e la

ISO 14000. La prima è una certificazione aziendale che

controlla il processo di gestione dell’azienda. Ha come

obiettivo quello di rispettare le norme che controllano tutti

i processi di lavorazione del vino con l’obiettivo di migliorare

la soddisfazione del cliente finale. La seconda è una

certificazione ambientale che riguarda il modo di operare

dell’azienda nell’assoluto rispetto ambientale con regole

restrittive che limitano fortemente l’impatto inquinante non

solo all’interno dei processi produttivi della cantina ma anche

nella Azienda Agricola; il tutto per migliorare la qualità dei

prodotti ma soprattutto quella dell’ambiente di lavoro e del

territorio. Dalla tradizione alla tecnologia: nella cantina di

vinificazione sono state acquistate 19 vasche che ci

permettono di implementare nuovi sistemi di vinificazione,

con rimontaggi e che ci permettono il controllo della

temperatura automatico. La tecnica moderna unita ad un

gran rispetto della tradizione permette di estrarre nel migliore

dei modi quanto l’uva nebbiolo può dare, per ottenere vini

sempre più gradevoli, eleganti e di ottima qualità. Non solo,

gli investimenti annuali toccano anche i vigneti: dal 1997

al 2005 sono stati reinpiantati 11 dei 34 ettari di proprietà

della Nino Negri, con nuove selezioni clonali di nebbiolo

(chiavennasca) e nuovi sistemi di impianti a giropoggio,

ciò permette la parziale meccanizzazione del lavoro nel

vigneto e lo rende meno faticoso per l’uomo.

È nata una stella. NINO NEGRI è la prima cantina

del Gruppo Italiano Vini che riceve la tanto ambita

stella della guida “Vini d’Italia” edita da Gambero

Rosso e Slow Food. Dopo 10 anni consecutivi di

“tre bicchieri” è arrivato il riconoscimento

dell’eccellenza produttiva. Ecco che si aggiunge

una stella nel firmamento delle migliori aziende

vitivinicole italiane. Senza dimenticare che a

novembre 2003 la Nino Negri era stata citata

sempre dalla stessa guida come produttrice del

migliore vino rosso d’Italia, lo Sfursat 5 Stelle

vendemmia 2001. Da sempre il 5 Stelle della Nino

Negri rappresenta la massima espressione

qualitativa del vitigno nebbiolo in Valtellina e,

per questo l’abbiamo scelto per celebrare il

riconoscimento dell’eccellenza che interessa tutta

la produzione della cantina. 800 bottiglie della

vendemmia 2002, una delle migliori mai prodotte,

sono state confezionate in maniera speciale:

numerate e sigillate con cera lacca, con un’etichetta

argentata ed incastonata una stella in cristallo firmata Swarovski. La cassa di legno marchiata “Riserva Speciale” Swarovski

contiene 6 bottiglie. La vendemmia 2002 è caratterizzata da un colore granato intenso e profondo, un profumo fine ampio

e molto complesso, con eleganti sentori di prugna sotto spirito, marasca e note speziate (cannella) che sfumano nel

cioccolato e nel tabacco dolce. Il sapore è concentrato, vigoroso, straordinariamente intenso e piacevole, con aristocratico

fondo di confettura e di spezie assai a lungo persistente.

Sfursat 5 Stelle Swarovski

23030 Chiuro (Sondrio) - Via Ghibellini, 3Tel. 0342 485211 - Fax 0342 482235 - e-mail: [email protected]

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