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6.1 Cracking catalitico 2008-10-30 · Thermofor Catalytic Cracking) e a letto fluido (FCC, Fluid...

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6.1.1 Fondamenti e sviluppo Introduzione Dopo circa 70 anni di attività, all’inizio del nuovo millennio il cracking catalitico mantiene ancora la sua posizione di principale processo di conversione di fra- zioni pesanti dell’olio in prodotti più leggeri, soprattut- to benzina. Storicamente, la distinzione tra raffinerie a ciclo semplice e raffinerie di conversione si è basata sul- l’assenza o la presenza del cracking catalitico nel ciclo di produzione. Primo vero processo catalitico dell’industria della raffinazione, il cracking rimane tuttora uno dei proces- si catalitici più importanti dell’industria petrolchimica, sia per dimensioni degli impianti sia per quantità di cata- lizzatore. Il suo avvento ha decisamente contribuito alla com- prensione dei meccanismi di catalisi acida che portano alla formazione dei carbocationi, a partire da molecole idrocarburiche. Rispetto al suo precursore (ovvero il processo ter- mico di cracking), il cracking catalitico presenta nume- rosi vantaggi, tra cui miglior resa in benzina (50% in peso rispetto alla carica), maggiore qualità della benzi- na ottenuta e minor produzione di sottoprodotti gassosi, liquidi e solidi (coke). Le frazioni gassose possono costi- tuire l’alimentazione per processi di alchilazione (v. cap. 4.3), di produzione di metil ter-butiletere o MTBE (v. cap. 4.4) e per impianti di polipropilene; le frazioni liqui- de pesanti (cycle oil) sono ottime cariche per la produ- zione di nerofumo (fig. 1). L’uso degli alchilati e degli eteri è stato favorito, a partire dall’ultima decade del 20° secolo, dalla riduzione del contenuto di aromatici e ben- zene nelle benzine commerciali. Tipiche cariche per il cracking catalitico sono i distil- lati altobollenti ottenuti mediante distillazione sotto vuoto e i residui deasfaltati o idrogenati. Gli ultimi sviluppi del processo permettono anche l’alimentazione parziale di residui atmosferici, però in miscela con la carica distillata, in quanto il processo avviene in fase vapore; i residui, inoltre, disattivano più rapidamente il catalizzatore. Grazie alla versatilità e alla capacità di rinnovarsi ed evolvere continuamente, il cracking catalitico ha resi- stito a lungo agli ‘attacchi’ di altri processi di conver- sione, soprattutto dell’hydrocracking (v. cap. 6.2). Non è escluso che la preminenza del suo ruolo nel- l’ambito dei processi catalitici venga ridimensionata, sia per le mutate esigenze del mercato (minor richiesta di benzina a favore di altri carburanti), sia per la necessità di ottenere direttamente prodotti privi di zolfo, sia per l’affermarsi di processi capaci di convertire direttamen- te i residui. Il cracking catalitico rimarrà comunque, anco- ra per molti anni, un processo fondamentale per l’indu- stria della raffinazione. Evoluzione dei processi Nonostante alcuni precedenti tentativi di migliorare il processo termico con l’aggiunta di varie sostanze (non sempre definibili come catalizzatori), fu solo negli anni Trenta del 20° secolo che il cracking catalitico raggiun- se un’importanza commerciale, grazie all’opera di Eugè- ne Houdry (v. cap. 1.1). La prima unità, dotata di tre reattori a letto fisso, fu avviata nel 1936 negli Stati Uniti; il catalizzatore era costituito da un’argilla naturale a base di mont- morillonite. Nello stesso anno sorse il primo impian- to per rifornire di ‘terre attivate’ (con acido) gli impian- ti catalitici e, nel 1940, la Houdry Corporation avviò un impianto per la produzione di silicoalluminati sin- tetici. Il processo a letto fisso era di difficile gestione per quei tempi in quanto i tre reattori alternavano le fasi di reazione con quelle di rigenerazione, con bonifi- che intermedie. Nonostante l’aumento del numero di 247 VOLUME II / RAFFINAZIONE E PETROLCHIMICA 6.1 Cracking catalitico
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6.1.1 Fondamenti e sviluppo

IntroduzioneDopo circa 70 anni di attività, all’inizio del nuovo

millennio il cracking catalitico mantiene ancora la suaposizione di principale processo di conversione di fra-zioni pesanti dell’olio in prodotti più leggeri, soprattut-to benzina.

Storicamente, la distinzione tra raffinerie a ciclosemplice e raffinerie di conversione si è basata sul-l’assenza o la presenza del cracking catalitico nel ciclodi produzione.

Primo vero processo catalitico dell’industria dellaraffinazione, il cracking rimane tuttora uno dei proces-si catalitici più importanti dell’industria petrolchimica,sia per dimensioni degli impianti sia per quantità di cata-lizzatore.

Il suo avvento ha decisamente contribuito alla com-prensione dei meccanismi di catalisi acida che portanoalla formazione dei carbocationi, a partire da molecoleidrocarburiche.

Rispetto al suo precursore (ovvero il processo ter-mico di cracking), il cracking catalitico presenta nume-rosi vantaggi, tra cui miglior resa in benzina (�50% inpeso rispetto alla carica), maggiore qualità della benzi-na ottenuta e minor produzione di sottoprodotti gassosi,liquidi e solidi (coke). Le frazioni gassose possono costi-tuire l’alimentazione per processi di alchilazione (v. cap.4.3), di produzione di metil ter-butiletere o MTBE (v.cap. 4.4) e per impianti di polipropilene; le frazioni liqui-de pesanti (cycle oil) sono ottime cariche per la produ-zione di nerofumo (fig. 1). L’uso degli alchilati e deglieteri è stato favorito, a partire dall’ultima decade del 20°secolo, dalla riduzione del contenuto di aromatici e ben-zene nelle benzine commerciali.

Tipiche cariche per il cracking catalitico sono i distil-lati altobollenti ottenuti mediante distillazione sotto vuotoe i residui deasfaltati o idrogenati.

Gli ultimi sviluppi del processo permettono anchel’alimentazione parziale di residui atmosferici, però inmiscela con la carica distillata, in quanto il processoavviene in fase vapore; i residui, inoltre, disattivano piùrapidamente il catalizzatore.

Grazie alla versatilità e alla capacità di rinnovarsi edevolvere continuamente, il cracking catalitico ha resi-stito a lungo agli ‘attacchi’ di altri processi di conver-sione, soprattutto dell’hydrocracking (v. cap. 6.2).

Non è escluso che la preminenza del suo ruolo nel-l’ambito dei processi catalitici venga ridimensionata, siaper le mutate esigenze del mercato (minor richiesta dibenzina a favore di altri carburanti), sia per la necessitàdi ottenere direttamente prodotti privi di zolfo, sia perl’affermarsi di processi capaci di convertire direttamen-te i residui. Il cracking catalitico rimarrà comunque, anco-ra per molti anni, un processo fondamentale per l’indu-stria della raffinazione.

Evoluzione dei processiNonostante alcuni precedenti tentativi di migliorare

il processo termico con l’aggiunta di varie sostanze (nonsempre definibili come catalizzatori), fu solo negli anniTrenta del 20° secolo che il cracking catalitico raggiun-se un’importanza commerciale, grazie all’opera di Eugè-ne Houdry (v. cap. 1.1).

La prima unità, dotata di tre reattori a letto fisso,fu avviata nel 1936 negli Stati Uniti; il catalizzatoreera costituito da un’argilla naturale a base di mont-morillonite. Nello stesso anno sorse il primo impian-to per rifornire di ‘terre attivate’ (con acido) gli impian-ti catalitici e, nel 1940, la Houdry Corporation avviòun impianto per la produzione di silicoalluminati sin-tetici.

Il processo a letto fisso era di difficile gestione perquei tempi in quanto i tre reattori alternavano le fasidi reazione con quelle di rigenerazione, con bonifi-che intermedie. Nonostante l’aumento del numero di

247VOLUME II / RAFFINAZIONE E PETROLCHIMICA

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Cracking catalitico

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reattori (sei) e l’introduzione di commutatori elettricia tempo (cycle timer) per regolare l’apertura e la chiu-sura di tutte le valvole dei vari circuiti (dell’olio, delvuoto, dell’aria e del vapore), il processo rimaneva com-plesso e impegnativo.

Sotto la spinta degli eventi bellici, iniziarono gliesperimenti per passare a impianti a letto mobile (TCC,Thermofor Catalytic Cracking) e a letto fluido (FCC,Fluid Catalytic Cracking), che furono avviati quasicontemporaneamente negli anni 1942-43 negli StatiUniti.

Nei reattori a letto mobile il movimento del cataliz-zatore fu realizzato dapprima mediante elevatori mec-canici a tazze e successivamente con aria: si ottenne cosìla rigenerazione continua del catalizzatore, con conse-guenti migliori rese e qualità dei prodotti.

Gli stessi vantaggi si ottennero fluidizzando il lettocon la carica vaporizzata (nel reattore) e con l’aria (sulrigeneratore).

Il catalizzatore era costituito da sfere di circa 3 mmdi diametro e da microsfere (polvere), rispettivamenteper il processo TCC e FCC.

Dopo una competizione durata qualche decennio, latecnologia a letto fluido ha soppiantato quella a lettomobile così che, già alla fine del 20° secolo, le unità TCCerano molto rare.

A sua volta, il processo FCC ha subito nel corso deglianni continue evoluzioni che lo hanno mantenuto sem-pre attuale. Una delle più importanti è stata, all’iniziodegli anni Sessanta, l’introduzione dei catalizzatori zeo-litici (capaci di ‘selezionare’ le molecole in reazione),che ha rivitalizzato notevolmente il processo.

Le migliorate efficienza e stabilità dei catalizzatorihanno portato all’eliminazione del reattore tradizionalee all’introduzione del riser reactor; sono stati realizzatianche sistemi di rigenerazione del catalizzatore più effi-cienti. Un ulteriore balzo in avanti è stato possibile gra-zie a catalizzatori, sempre zeolitici (ZSM-5), capaci dimigliorare il numero di ottano delle benzine prodotte egrazie all’introduzione di una serie di nuovi additivi epassivanti.

Reazioni del cracking cataliticoLe temperature relativamente elevate del processo

(�450 °C) comportano la formazione di radicali liberie il verificarsi di reazioni termiche. Tali reazioni sonoscarsamente selettive e producono molecole gassose leg-gere di tipo metano ed etano, nonchè la formazione diolefine.

Sebbene queste ultime possano essere precursoridella formazione di carbocationi, le reazioni termichevanno limitate operando a temperature il meno possi-bile elevate.

Le reazioni catalitiche di cracking comprendonol’isomerizzazione, la b-scissione delle paraffine, ladeidrogenazione, il trasferimento di idrogeno e varitipi di reazioni di condensazione. Le principali di esse,per le varie classi di idrocarburi, sono riassunte nellatab. 1.

I catalizzatori di tipo acido promuovono la forma-zione di intermedi carbocationici piuttosto che di radi-cali liberi, migliorando le rese e la selettività.

Carbocationi possono formarsi a partire da una ole-fina, in presenza di siti acidi di Brönsted nel catalizza-tore, oppure per protonazione di una paraffina o di unnaftene:

Il primo di questi meccanismi è unanimemente accet-tato e, se comparato con altri meccanismi, è notevol-mente più veloce. È comunemente accettata l’ipotesi checarbocationi possano formarsi anche a partire da siti di

248 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI

PROCESSI DI CONVERSIONE CATALITICA

nerofumo

propilene

naphthaalchilata(C7-C8)

MTBE(o altro etere)

naphtha dacracking

distillatopesante

CH3OH(o altro alcol)

olio aromatico

gas

fig. 1. Processi a valle delcracking catalitico.La configurazionepiù comuneprevedel’alchilazionedirettamente avalle del cracking.

R1 C R1 C C+ R2C R2�H�

H H H

H H

R1 C C R2�H+ R1 C C R2

H H H H

H

H

HH

H

R1 C C+ R2�H2

H

H H

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tipo Lewis, presenti sul catalizzatore insieme a quelli diBrönsted:

Essendo deficitari di elettroni, i siti di tipo Lewis pos-sono stabilizzare uno degli idrogeni in forma H� e for-mare il carbocatione complementare.

I carbocationi formati sulla superficie del catalizza-tore tendono a isomerizzare verso la forma più stabile(da carbocatione primario a secondario a terziario); inquest’ultimo stato il carbonio recante la carica è legatoad altri tre atomi di carbonio. Riferendosi a una catenaparaffinica, dopo la formazione dello ione carbonio pos-sono verificarsi più possibilità: la prima è la eventualeisomerizzazione verso una forma più stabile; la secon-da, endotermica, comporta la rottura del legame C�Cin posizione b rispetto alla carica, con formazione di unaolefina e di un carbocatione paraffinico instabile, cheisomerizza successivamente:

La probabilità di b-scissione aumenta se la configura-zione del carbocatione originario è favorevole (terziario o

secondario, piuttosto che primario). Esistono anche ulte-riori possibilità: il carbocatione libera un protone e sitrasforma in olefina, o si satura prendendo un protonedal sito attivo del catalizzatore, oppure reagisce conuna olefina, alchilandola.

Le olefine si comportano in modo analogo, con ladifferenza che il loro cracking è molto più veloce, datala maggior predisposizione a formare carbocationi; essepossono però anche oligomerizzare e ciclizzare contri-buendo, insieme agli aromatici, alla formazione di coke.

Il meccanismo di rottura in b comporta una rotturapreferenziale dei legami interni alla molecola; gas noncondensabili, come metano, etano ed etilene, che si for-merebbero per rottura dei legami terminali, sono quin-di presenti solo in piccole quantità, contrariamente aquanto avviene nei processi termici. Le olefine che siformano hanno infatti 3 o 4 atomi di carbonio e costi-tuiscono ottime alimentazioni per i processi a valle (v.ancora la fig.1).

La formazione di olefine è comunque mediamenteinferiore a quanto previsto dai meccanismi sopra visti.Ciò è dovuto alle reazioni esotermiche di trasferimentodi idrogeno da molecole di cicloalcani donatrici a mole-cole insature, con formazione di composti aromatici e diparaffine.

Questa reazione è probabilmente importante quan-to la rottura dell’anello naftenico, con formazione diisoalcani.

La reattività dell’anello naftenico aumenta con ilgrado di sostituzione, ovvero con la possibilità di for-mare carbocationi terziari sull’anello. Solo le catene late-rali, più lunghe, vengono spezzate: i gruppi metilici edetilici non vengono in genere toccati, causa l’elevata

249VOLUME II / RAFFINAZIONE E PETROLCHIMICA

CRACKING CATALITICO

R1 C C R2�L R1 C C+ R2�LH−

H H

H

H

HH H

R1 C+

H CH2 CH2 CH2 CH2 R2

R1 CH CH2�R2 CH2 CH2 C+

H2

R2 CH2 CH2 C+H2 R2 CH2 C

+H CH3

R2 C+H CH3

CH3

tab. 1. Principali reazioni di cracking per varie classi di idrocarburi

Idrocarburi Struttura schematica Reazioni principali Prodotti principali

ParaffineRottura della molecola in punti diversi: difficile rottura dei legami C�C

Paraffine e olefine con almeno 3 o 4 atomi di C; piccole quantità di metano

NafteniRottura dell’anello e delle catene laterali

Paraffine e olefine; piccole quantità di aromatici

Naften-aromaticiApertura dell’anello naftenico; rottura delle catene laterali degli anelli aromatici

Paraffine, olefine e aromatici

Aromatici senza catene laterali Cracking trascurabile Coke

Aromatici con catene laterali Rottura delle catene lineari Olefine e aromatici

OlefineRottura delle catene in vari punti

Olefine ramificate; paraffine; diolefine

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energia di formazione degli ioni corrispondenti. In talcaso si può avere la isomerizzazione da anello con 5atomi carbonio ad anello con 6 atomi di carbonio, piùreattivo.

Quanto sopra detto vale anche per la dealchilazio-ne degli aromatici, il cui anello è però molto stabile enon viene spezzato; può però essere coinvolto in rea-zioni di condensazione con formazione di coke. I meti-laromatici possono subire una disproporzione: così,partendo da toluene, si possono formare benzene exilene.

La formazione di cokeIl temine coke indica il materiale che si deposita sul

catalizzatore durante il processo e che viene ossidatonella fase di rigenerazione, producendo l’energia neces-saria alle reazioni di cracking. È costituito da una seriedi componenti ad alto contenuto di carbonio (�90%),prevalentemente sotto forma di anelli aromatici con-densati. La sua composizione dipende dal tipo di ali-mentazione, dal contenuto di contaminanti come V, Ni,Fe che catalizzano le reazioni di deiidrogenazione, dallanatura del catalizzatore e dalle condizioni operative.Come la sua composizione, anche il meccanismo di for-mazione del coke è complesso e implica reazioni diciclizzazione e policondensazione a partire da precur-sori quali olefine, diolefine e aromatici. Tali reazioni,pur non essendo favorite dalle condizioni adottate negliattuali processi (alte temperature e basse pressioni),possono avvenire ugualmente. I composti poliaromati-ci che si formano sono resistenti al cracking e si accu-mulano gradualmente nelle frazioni liquide pesanti esul catalizzatore.

CatalizzatoriSi è visto che il meccanismo del cracking catalitico

passa attraverso la formazione di carbocationi ed è atti-vato da funzioni acide.

Nei primi processi i catalizzatori erano sostanzial-mente delle argille naturali (silicoalluminati) attivate conun trattamento acido e quindi calcinate. Il trattamentoaveva lo scopo di creare i centri acidi, responsabili del-l’attività catalitica, sostituendo gli ioni alcalini e alcali-no-terrosi che saturavano le cariche negative.

La principale argilla impiegata era la montmorillo-nite, cui può essere attribuita una formula generale:

Si8Al4 O20(OH)4 �nH2O

La silice e l’allumina, se prese separatamente, nonhanno caratteristiche acide; se tuttavia l’allumina è disper-sa in una matrice silicea si osserva una forte acidità. Lasilice è costituita da tetraedri SiO4

�4; la sostituzione diun atomo di silicio con uno di alluminio è accompagna-ta dalla formazione di una carica negativa che deve esse-re bilanciata; se ciò accade a opera di un protone (anziché,

per esempio, di uno ione sodio), ne risulta un materialefortemente acido:

Nei catalizzatori a base di silice-allumina si ha comun-que la presenza di due tipi di acidità legati all’atomo dialluminio: l’acidità di Lewis, caratteristica di un Al tri-coordinato (capace di acquistare un doppietto elettroni-co per costituire l’ottetto stabile), e l’acidità di Brönstedo protonica. Nel riscaldamento, l’acidità protonica tendea diventare acidità di Lewis; questa tende a sua volta atrasformarsi in acidità protonica per azione di piccolequantità di acqua.

La necessità di un miglior controllo della composi-zione chimica e della morfologia portò già negli anniTrenta alla comparsa di catalizzatori sintetici (gel di sili-ce-allumina) ottenuti mediante processi di spry drying,con forma fisica più regolare e migliori prestazioni.

La vera rivoluzione si ebbe però verso la metà deglianni Sessanta con l’introduzione dei catalizzatori a basedi zeolite (faujasite).

A differenza dei silicoalluminati naturali prece-dentemente usati, che erano amorfi, le zeoliti sonomateriali cristallini porosi, le cui proprietà vengonocontrollate e definite principalmente dalla composi-zione chimica e dalla struttura cristallina, costituita daun reticolo tridimensionale dotato di pori regolari. Chi-micamente sono anch’esse silicoalluminati con cari-che negative presso i tetraedri [AlO4]�; devono quin-di contenere ioni positivi esterni M (per esempio H�,Na�, K�, Ca��, Mg��, ecc.) per bilanciare la caricadegli anioni. A tali materiali può essere attribuita laformula generale:

Mu(AlO2)x(SiO2)y�zH2O

Se M è un catione monovalente positivo, u�x; se èbivalente, u�x/2.

I cationi sono posizionati vicino agli anioni nei cana-li del cristallo, i cui diametri variano, nei minerali natu-rali, da 0,25 nm (sodalite) a circa 0,8 nm (faujasite).

Sebbene le zeoliti esistano come minerali naturali,nella catalisi vengono impiegati prodotti sintetici.

Le zeoliti fanno parte dei catalizzatori di tipo acido,ma vengono spesso considerate a parte, date le loro pecu-liari caratteristiche; la principale di esse è la capacità dieffettuare una catalisi selettiva per forma: le dimensio-ni e la forma della cavità interna determinano quella dei

250 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI

PROCESSI DI CONVERSIONE CATALITICA

Si O Al O Si

O

O

Si

Si

H�

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prodotti, mentre il diametro dei pori definisce il tipo dimolecole che possono accedere all’interno.

Le zeoliti vengono spesso classificate in base al rap-porto Si/Al (tab. 2); tale rapporto è uguale o maggioredi uno.

Il fatto che il gruppo [AlO4]� nelle zeoliti del tipo

Linde ‘A’ e ‘X’ fosse un sito instabile all’attacco acido,in presenza di vapor d’acqua ad alta temperatura, creòle premesse per la sintesi di prodotti con minor conte-nuto di Al.

La zeolite Linde ‘Y’, con rapporto Si/Al tra 1,5 e3,0 e stessa tipologia strutturale e scheletrica della Linde‘X’ (e del tutto simile alla rara zeolite naturale faujasi-te), fu introdotta nel 1964 e subito preferita nei proces-si industriali.

L’unità base della faujasite è la gabbia sodalitica,costituita da 24 tetraedri di (SiO4) o (AlO4); dipenden-temente da come si uniscono le unità base, si possonoavere due diverse strutture: la zeolite di tipo Linde ‘A’ ela zeolite di tipo Linde ‘X’ o ‘Y’ (fig. 2). In ogni caso siottiene una rete tridimensionale di canali intercomuni-canti contenenti, all’interno, delle cavità (o gabbie) piùlarghe; il diametro dei pori è determinato anche dal tipodi catione che bilancia la cariche negative della struttu-ra. Trattasi quindi di strutture altamente porose in cuipossono circolare le molecole gassose.

Le dimensioni lineari delle gabbie più larghe sono dicirca 1,15-1,20 nm; le ‘finestre di ingresso’ sono peròmolto piccole nelle zeoliti di tipo Linde ‘A’ e più larghenelle zeoliti Linde ‘X’ e ‘Y’ (v. ancora tab. 2 e fig. 3);questa proprietà rende possibile l’utilizzo delle zeoliti ditipo Linde ‘A’come setacci molecolari per piccole mole-cole, mentre le zeoliti di tipo Linde ‘X’ e ‘Y’, che per-mettono il passaggio di molecole con maggiori dimen-sioni (nafteni, idrocarburi ramificati, ecc.), sono idealiper il processo di cracking.

Quando le zeoliti sono sintetizzate, le cariche nega-tive sono neutralizzate da ioni sodio, che vengono poiscambiati con ioni ammonio o con ioni di terre rare (Ce�3,La�3); durante la calcinazione, gli ioni NH4

� vengonotrasformati in ammoniaca e ioni H�, che creano l’aci-dità protonica necessaria, mentre le terre rare contribui-scono sia all’acidità di tipo Brönsted sia a quella di tipoLewis:

Lo scambio con terre rare conferisce maggior aci-dità; ne conseguono un aumento della conversione e unadiminuzione della qualità ottanica (fig. 4).

251VOLUME II / RAFFINAZIONE E PETROLCHIMICA

CRACKING CATALITICO

tab. 2. Classificazione delle zeoliti in base al rapporto Si/Al

Rapporto Si/Al Tipi Origine Å Caratteristiche

Basso (1,0-1,5)Linde ‘A’Linde ‘X’

SinteticaSintetica

3-57-8

Instabile ad alta T e all’attacco acidoPoco resistente al vapore

Intermedio (1,5-5,0)FaujasiteLinde ‘Y’Mordenite

NaturaleSinteticaSintetica

7-87-86-7

Rara in naturaCome faujasite ma più stabile; per cracking e isomerizzazioneStruttura diversa

Alto (6-100)ZSM-5Silicalite

SinteticaSintetica

5-65-6

Molto selettivaEssenzialmente silicea, idrofobica

O O

O O

O�

O�

O�

H�

O

O

O

O

O O

O

Ce (OH)

O O

O

O

Si Al Si Si Si Al SiAl

sito acidotipo Brönsted

sito acidotipo Lewis

fig. 2. Unità cubo-ottaedricadella sodalite (A),struttura delle zeoliti di tipo Linde ‘A’(B) e di tipo ‘X’ e‘Y’(C).

A

B

C

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L’aumento del rapporto Si/Al comporta una maggiorestabilità termica e una maggiore resistenza al vapor d’ac-qua, proprietà fondamentali per i catalizzatori di cracking,dati il largo impiego di vapor d’acqua (stripping duran-te i passaggi da reattore a rigeneratore e viceversa) e leelevate temperature nella rigenerazione.

Zeoliti ultrastabili, fino a 1.000 °C (per esempio zeo-liti ‘Y’ ultrastabili o USY), si preparano anche per trat-tamento idrotermico, spostando Al verso posizioni nonpiù reticolari.

La tab. 3 riporta indicativamente le selettività di alcu-ni tipi di zeoliti di tipo Linde ‘Y’. La necessità di privi-legiare la quantità, anziché la qualità ottanica della ben-zina prodotta, porta alla scelta di zeoliti contenenti terrerare. Per aumentare il Numero di Ottano (NO) si posso-no impiegare, insieme alle usuali zeoliti di tipo Linde‘Y’, minori quantità di zeolite ZSM-5 (diametro poricirca 0,5 nm), più selettiva nei confronti dei compostilineari; questi vengono in parte isomerizzati e in partecrackizzati, eliminandoli (sotto forma di gas) dalla fra-zione benzina, a spese però delle rese in benzina.

I catalizzatori industriali sono composti da zeoliti cri-stalline disperse in una matrice amorfa che funge dalegante, da veicolo di diffusione e da disperdente delcalore; essa inoltre effettua il precracking dei compo-nenti più grossolani e prepara quindi le molecole per lazeolite. La matrice include vari componenti: la coesio-ne tra le microsfere del catalizzatore è fornita da gel di

252 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI

PROCESSI DI CONVERSIONE CATALITICA

6.1.1 Giavarini fig 03

H

H gabbiainterna(12 nm)

0,7-

0,8

nm

1 1

2

23

3

4

4

fig. 3. Struttura della faujasite sintetica Linde ‘Y’di formula Na56[(AlO2)56(SiO2)136]�250 H2O, con indicazione parziale dei siti acidi, della posizione dell’ossigeno (cerchietti gialli) e dei cationi non reticolari (cerchietti rossi).

92 70

60

50

91

89

90

0,5 1,0 1,5 2,0

Num

ero

di O

ttan

o R

esea

rch

(NO

R)

conv

ersi

one

(% in

pes

o)

conversione

NOR

terre rare (%)

fig. 4. Effetto del contenuto di terre rare sulla conversione e sul Numero di Ottano Research (NOR).

tab. 3. Selettività di alcuni tipi di zeoliti di tipo Linde ‘Y’ verso prodotti diversi

USY = zeolite Y ultrastabileREUSY = zeolite Y ultrastabile contenente terre rare

REHY = zeolite Y contenente terre rare e idrogenoREY = zeolite Y contenente terre rare

Prodotto USY REUSY REHY REY

C3-C4 saturi Alta Moderata Moderata Bassa

C3-C4 olefine Alta Moderata Moderata Bassa

Coke/conversione Molto bassa Molto bassa Bassa Moderata

Benzina Moderata Alta Alta Alta

Resa ottanica Alta Moderata Bassa Bassa

Attività vs cariche

340-480 °C Alta Alta Alta Alta

�480 °C Moderata Moderata Bassa Bassa

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silice-allumina; al caolino o materiale analogo è deman-data la funzione di disperdente del calore (durante la rige-nerazione) e di materiale macroporoso per la diffusionee il precracking dei reagenti.

L’uso di matrici selettive (SAM, Selective AluminaMatrix) è particolarmente importante nei processi in cuisi impiega nell’alimentazione anche una discreta quan-tità di residuo (30-50%), insieme ai distillati pesanti(O’Connor et al., 1991), come mostrato nell’esempiodella fig. 5.

Nella matrice vengono dispersi vari additivi, soprat-tutto allumina, con lo scopo di promuovere l’attività dicracking di determinati catalizzatori destinati a trattarecariche particolarmente pesanti; altri additivi possonoessere aggiunti come microsfere a parte.Tra gli additivi vanno menzionati i promotori di com-bustione (da CO a CO2); composti dell’alluminio e delmagnesio per fissare gli ossidi di zolfo sotto forma disolfati (nel rigeneratore), liberandoli come H2S nel reat-tore e negli stripper; i passivanti per neutralizzare l’a-zione di vanadio e nichel.

La fig. 6 mostra come può essere strutturato un tipi-co catalizzatore di cracking.

La struttura dei catalizzatori di cracking fa compren-dere come questi possano essere disattivati da compostipotenzialmente basici (Na o composti contenenti azoto)e da metalli presenti nell’alimentazione che, a lungo anda-re, ne provocano la disattivazione permanente.

In particolare, il vanadio è ossidato a V2O5 nel rigene-ratore e può formare vanadati delle terre rare, oltre checatalizzare la deidrogenazione (nelle condizioni di cracking).

Il nichel è un deidrogenante molto più forte del vana-dio e favorisce quindi la formazione di coke; l’aggiuntadi composti organometallici dell’antimonio e del bismu-to neutralizza parzialmente tale effetto tramite la for-mazione di composti intermetallici.

La formazione di coke, originata come detto da variereazioni secondarie di deidrogenazione, condensazionee polimerizzazione, porta al graduale blocco dei centriattivi del catalizzatore, che perde l’attività e deve quin-di essere rigenerato per combustione del deposito e rici-clato nel reattore.

Nel processo di cracking il catalizzatore svolge alme-no tre funzioni (v. oltre): attivatore delle reazioni dicracking, supporto per il coke, trasportatore di calore;ciò in condizioni molto severe in quanto circola in con-tinuazione in zone a forte frizione (letto fluido) e in zonea elevata velocità (cicloni, riser: 20-30 m/s). Ogni 8-10minuti, inoltre, il catalizzatore passa da una atmosferariducente a circa 500 °C (riser-stripper) a una atmosfe-ra ossidante a 700-800 °C (rigeneratore).

Aspetti termodinamiciUn’accurata analisi termodinamica del cracking cata-

litico richiederebbe l’acquisizione di dati relativi agliidrocarburi e agli altri composti contenuti nelle frazionipesanti che alimentano il processo, il che è impossibile.Il riferimento ad alcuni idrocarburi tipici e più semplicipuò essere utile per definire a grandi linee gli aspetti ter-modinamici del processo.

La tab. 4 (Raseev, 2003), riporta i calori di reazione ele variazioni di entropia per alcune tipiche reazioni dicracking che coinvolgono paraffine, olefine, cicloalcani e

253VOLUME II / RAFFINAZIONE E PETROLCHIMICA

CRACKING CATALITICO

6.1.1 Giavarini fig 05

H�

molecola asfaltenica

componentea larghi poridella matrice

componentezeolitica

H�

i-C4, C5, C4=, C3

=, ecc.

fig. 5. Modello a stadi del cracking parzialedi una molecola asfaltenica. Solo la catena laterale,spezzata dai componenti acidi a larghi pori (>100 nm)della matrice, viene a contatto con la componentezeolitica che provvede all’ulteriore cracking.

10-40% 60-90%

fig. 6. Composizionetipica di uncatalizzatore FCC perproduzione dibenzina ad alto NO. I promotori ottanici egli additivi possonoessere incorporati inmicrosfereindipendenti.

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aromatici, nelle condizioni tipiche del cracking e cioè circa500 °C e pressioni di poco superiori a quella atmosferica.

Le differenze tra varie possibili reazioni di una sin-gola serie idrocarburica non sono elevate. Se si eccet-tuano le reazioni secondarie di condensazione e poli-merizzazione (del resto non volute, ma subite) e le iso-merizzazioni, le reazioni tipiche del cracking (e cioèrottura dei legami carbonio-carbonio e deidrogenazioni)sono tutte endotermiche. Le isomerizzazioni sono debol-mente esotermiche (∆H tra �4 e �20 kJ/mol).

Globalmente il processo di cracking è quindi endo-termico, con valori dei DH di reazione moderatamenteinfluenzati dal tipo di catalizzazione e mediamente com-presi tra 900 e 1.000 kJ/kg (Pekediz et al., 1997).

Calcoli termodinamici approssimati, basati su espres-sioni semplificate dell’energia libera, mostrano che l’e-quilibrio che porta a una paraffina più una olefina a par-tire da una generica paraffina

Cm�nH2(m�n)�2����CmH2m�2�CnH2n

è spostato verso destra a temperature maggiori di 300 °C(Giavarini, 1999).

I processi industriali devono quindi operare a tem-perature superiori (oltre 450 °C) alle quali si può assu-mere che le reazioni di cracking siano complete.

Un analogo calcolo, riferito al passaggio da cicloe-sano a benzene, porterebbe a determinare una tempera-tura superiore a 550 °C.

254 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI

PROCESSI DI CONVERSIONE CATALITICA

tab. 4. Valori di DH° e DS° a 800 K, per alcune tipiche reazioni di cracking (Raseev, 2003)

Reazione DH°800 K (kJ/mol) DS°800 K (kJ/mol)

79,13 140,50

79,09 139,70

77,79 140,49

77,75 143,18

62,24 66,71

84,10 94,90

77,25 141,53

72,90 140,50

220,29 402,58

90,71 126,40

79,71 138,27

78,58 135,47

�77,71 �143,08

C6H14 C3H8�C3H6

C20H42 C3H8�C17H34

C6H12 2C3H6

C20H40 2C10H20

C6H12

C5H10

C3H6�

C4H9 CH3

�3H2

C3H6�C4H9 CH3

2C8H16 C16H32

C5H11

�C4H8

CH3

�C3H6

C3H7

�C4H8

C5H11 CH3

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Pertanto, nelle condizioni dei processi industriali (470-520 °C e pressioni poco superiori a quella atmosferica)gli aspetti termodinamici sono limitanti per la decompo-sizione degli alcani ad alcheni, in fase gassosa.

Lo stesso dicasi per la rottura delle catene lateralidegli anelli naftenici e aromatici, le cui conversioni sonodefinite dalle relative cinetiche. Sempre in fase gassosa,il cracking degli anelli naftenici, che è meno favorito ter-modinamicamente rispetto a quello degli anelli aroma-tici, avviene di preferenza negli anelli a 5 termini, men-tre negli anelli a 6 termini è favorita la deidrogenazione(Raseev, 2003).

Anche la decomposizione dei composti eteroatomi-ci (contenenti pure zolfo, azoto o metalli) non ciclici nonha limitazioni termodinamiche.

Se l’obiettivo è quello di ottenenere isomeri ad altonumero di ottano (reazioni esotermiche), si dovrà ope-rare alle minori temperature possibili, compatibili conle reazioni di cracking (endotermiche).

Più difficile risulta la definizione delle reazioni cheavvengono sullo strato chemiadsorbito nel catalizzatoree che portano alla formazione di coke. Nelle condizionidi processo, infatti, la polimerizzazione degli alcheni ele altre reazioni di condensazione non sono favorite: essepossono avvenire solo in fase liquida o sulla superficiedel catalizzatore; in fase gassosa sarebbero possibili soloa pressioni molto elevate (Raseev, 2003).

La formazione di composti ad alto peso molecolare(per polimerizzazione, condensazione, deidrogenazio-ne) avviene all’interno delle gabbie e dei pori, dove nonpossono essere desorbiti (date le dimensioni) dal cata-lizzatore, conducendo alla formazione di coke.

Nel rigeneratore il coke depositato sul catalizzatoreviene ossidato per ripristinare l’attività e per fornire ilcalore al processo. Il calore di combustione del cokedipende dal suo contenuto di idrogeno e dal rapportoCO2/CO nei gas di combustione; il contenuto di H2 cadesolitamente nell’intervallo 4-10%. La tab. 5 (Raseev,2003) riporta i calori di combustione di coke con diver-so rapporto H/C e diverso rapporto CO2/CO nei fumi.

Il bilancio termico, basato su due opposti scambi dienergia, dipende soprattutto dalla qualità della carica:

per cariche ‘facili’ a basso contenuto di carbonioConradson, come i gasoli da vuoto, la resa in coke puòessere insufficiente per equilibrare i fabbisogni dell’u-nità, mentre per i residui l’energia prodotta dal rigene-ratore è eccessiva e una parte deve essere smaltita.

Il calore Qcat (kJ/h) trasferito al catalizzatore nel rige-neratore può essere espresso dalla equazione (Bonifay eMarcilly, 2001):

Qcat�∆coke �Wcat �Qcoke �R

dove: ∆coke (kg di coke/kg di catalizzatore) è la diffe-renza, riferita all’unità di peso del catalizzatore in cir-colazione, tra il peso del coke depositato sul catalizza-tore (proveniente dal reattore) e il peso del coke residuosul catalizzatore (proveniente dal rigeneratore); Wcat (kgdi catalizzatore/h) è la portata ponderale del catalizza-tore in circolazione; Qcoke (kJ/kg di coke) è il calore dicombustione del coke; R è l’efficienza di combustionenel rigeneratore, cioé il rapporto fra il calore assorbitodal catalizzatore e il calore prodotto dalla combustionedel coke. Qcat è un parametro molto importante che dipen-de dalle caratteristiche della carica e da quelle del cata-lizzatore. Per cariche pesanti, come per esempio i resi-dui, converrà quindi scegliere catalizzatori caratterizza-ti da bassi valori di Dcoke, per ridurre i problemi disurriscaldamento; invece in caso di deficit energetico(cariche più leggere) si dovrà adottare un catalizzatorecon elevato Dcoke.

A titolo orientativo, un aumento dello 0,1% del Dcokepuò produrre variazioni di 20 °C o più nel rigeneratore.

Aspetti cineticiUna completa analisi del processo dovrebbe tene-

re in considerazione sia i fenomeni di diffusione deireagenti e dei prodotti sia la graduale diminuzione del-l’attività del catalizzatore, in sistemi a numero eleva-tissimo di componenti non noti, quali sono le frazionipesanti di petrolio; essa risulta quindi estremamentecomplessa.

Tra i primi tentativi figura quello di Voorhies (1945)che ha correlato la conversione media su un letto sta-zionario con la portata di alimentazione e il tempo di

255VOLUME II / RAFFINAZIONE E PETROLCHIMICA

CRACKING CATALITICO

tab. 5. Effetto termico della combustione del coke (kJ/kg di coke) (Raseev, 2003)

Rapporto CO2/CO nei fumi

Contenuto (% in peso) di idrogeno nel coke

4,0 8,0 12,0

0 14.590 19.010 23.400

1 24.075 28.070 32.090

2 27.215 31.085 34.960

4 29.745 33.535 37.300

10 31.820 35.505 39.210

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contatto. Per la costante cinetica k è stata proposta l’e-spressione:

1K�w �ln11�x�1�x

dove w è la portata volumetrica e x il grado di conver-sione.

Un metodo più recente per ottenere una rappresen-tazione cinetica consiste nel raggruppare le molecole enel considerare delle ‘pseudoreazioni’ tra gruppi o bloc-chi (lump) di componenti (fig. 7; Lee et al., 1989).

Si assume che la costante sia riferibile a cinetiche delsecondo ordine per il gasolio e del primo ordine per labenzina.

In una serie di equazioni (Ancheyta-Juarez e Murillo-Hernandez, 2000) vengono prese in considerazione lafunzione di decadimento del catalizzatore, i parametricinetici e le variazioni delle rese con il tempo.

I parametri cinetici così ricavati possono essere impie-gati come valori di partenza per stimare le costanti cine-tiche di modelli con più di quattro lump.

La reazione di combustione (fase di rigenerazione)è assunta come del primo ordine rispetto sia al carboniosia all’ossigeno (Bonifay e Marcilly, 2001):

r �ke�E/RT [C] [O2]

dove r è la velocità di reazione, [C] è la concentrazio-ne del carbonio nel catalizzatore, [O2] la pressione par-ziale dell’ossigeno, T la temperatura assoluta, E l’e-nergia di attivazione, R la costante dei gas e k la costan-te cinetica.

La combustione in un processo reale è comunque mol-to più complessa di quanto mostrato dalla schematicaequazione sopra riportata. Ciò nonostante l’espressione

consente una valutazione orientativa del tempo neces-sario per raggiungere una determinata riduzione del cokenel catalizzatore; a sua volta, tale tempo dipende espo-nenzialmente dalla temperatura, che determina quindi ledimensioni del rigeneratore.

Sviluppo delle tecnologie a letto fluidoGli attuali processi di cracking catalitico sono tutti a

letto fluido (FCC, Fluid Catalytic Cracking) e impegna-no catalizzatori in polvere (20-50 m).

La rigenerazione viene effettuata in continuo invian-do parte del catalizzatore dal reattore al rigeneratore edi nuovo dal rigeneratore al reattore (fig. 8). Una partedel calore serve e compensare la forte endotermicità delcracking, un’altra parte esce con i fumi sotto forma dicalore sensibile; una terza parte (eccesso eventuale) puòessere recuperata in serpentini di raffreddamento o, pre-feribilmente, in scambiatori esterni. Come detto, la par-ziale alimentazione di residui fa aumentare la produzio-ne di coke e l’eccesso di calore prodotto dalla sua com-bustione. La produzione di coke è generalmente compresatra il 3 e il 5% in peso rispetto alla carica.

Il catalizzatore viene mantenuto nella condizione diletto fluido dalla fase idrocarburica vaporizzata (nel reat-tore) e dall’aria (sul rigeneratore); il movimento del cata-lizzatore fra i due comparti avviene per gravità o per dif-ferenza di pressione; tale movimento può essere con-trollato variando la densità apparente del catalizzatoremediante immissione di vapor d’acqua o di aria.

Il vapor d’acqua funge, inoltre, da fluido di bonificanei passaggi dalla fase ossidante (rigeneratore) a quellapuramente idrocarburica del reattore. La necessità diimpiegare grandi quantità di vapor d’acqua a tempera-ture elevate spiega gli sforzi continuamente compiuti permigliorare la stabilità termica e nei confronti dell’acquadei catalizzatori zeolitici.

Il calore necessario per il processo diminuisce in fun-zione del grado di conversione in quanto a bassa con-versione predominano le reazioni di rottura del legame

256 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI

PROCESSI DI CONVERSIONE CATALITICA

k21k22 k31

k32

k2k3

k1

k1

fig. 7. Modelli cinetici per il cracking a tre e quattro blocchi.

prodotto catalizzatore

alimentazionecatalizzatore

+ cokefumi

aria

fig. 8. Schema funzionale di una unità FCC.

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C�C, fortemente endotermiche, mentre ad alta con-versione diventano importanti le reazioni esotermiche dicondensazione e polimerizzazione.

La temperatura di combustione necessaria per rige-nerare il catalizzatore è in genere di 100-200 °C più altadi quella del processo di cracking.

Secondo le condizioni, soprattutto in funzione del-l’eccesso di aria, si può avere una combustione più omeno completa, con formazione di CO2 o di CO; la com-bustione a CO permette di controllare meglio la tempe-ratura, ma obbliga a installare un sistema (CO boiler) perla successiva ossidazione del CO a CO2.

Oltre che dal deposito del coke (disattivazione rever-sibile) il catalizzatore viene avvelenato anche dal depo-sito di metalli e da composti basici; esso subisce inoltreun’azione di usura meccanica e di alterazione della poro-sità. Si provvede quindi in continuo a spurgarne una partee a integrare catalizzatore fresco.

Esistono varie versioni del processo di cracking chesi differenziano per la reciproca posizione del reattore edel rigeneratore e per la forma di questi ultimi.

L’evoluzione delle tecnologie è sempre stata attiva, apartire dall’installazione della prima unità FCC nel 1942,a Baton Rouge (Louisiana, USA).

Storicamente, tra i pionieri dei processi figura laStandard Oil (poi diventata Esso e quindi Exxon Mobil)che, attraverso una serie di evoluzioni, creò nel 1952 ilnoto Model IV e poi il Flexicracking nelle sue varie ver-sioni; in questo gruppo va annoverata anche la UOP

(Universal Oil Products), che già nel 1945 introdusse laversione con reattore e rigeneratore affiancati e che oggipropone processi anche per i residui e per la deep con-version (v. cap. 7.2).

La fig. 9 mostra schematicamente il Model IV dellaEsso, il primo a introdurre le tubazioni a ‘U’ per il tra-sferimento del catalizzatore. Appesantito dal coke, ilcatalizzatore esaurito scende verso il fondo del reattoredove viene bonificato con vapore e trasportato nel rige-neratore. Dal rigeneratore, il catalizzatore rigenerato (piùleggero) viene separato per ‘sfioramento’ dall’alto ericondotto nel reattore, la cui temperatura è regolata tra-mite la portata del catalizzatore caldo. Il movimento èfacilitato mantenendo una leggera differenza di pressio-ne tra reattore e rigeneratore e variando l’immissione diaria nella tubazione di ritorno al rigeneratore (aumen-tando l’aria diminuisce la densità e quindi la circolazio-ne del catalizzatore rallenta). I cicloni a doppio stadiosul ciclo del rigeneratore e del reattore hanno la funzio-ne di catturare le particelle di catalizzatore trascinate daivapori e dai gas effluenti; la figura ne rappresenta unosolo, ma in realtà se ne hanno almeno sei o otto.

Nel successivo processo di Flexicracking, introdot-to nel 1979, la Exxon ha posizionato il ‘reattore’ soprail rigeneratore, con riser esterno verticale (riser reactor).

La fig. 10 mostra un classico schema della Kellogg(Orthoflow F) dotato di due zone di rigenerazione e direattore tubolare esterno. Come detto in precedenza, l’in-troduzione negli anni Sessanta di catalizzatori molto

257VOLUME II / RAFFINAZIONE E PETROLCHIMICA

CRACKING CATALITICO

vapore

reattore

vapore

vapo

re

vapo

re

stripper

reintegrocatalizzatore

gas combustibile

compressoreprincipale

compressoresecondario

aria

aria

vapore

rigeneratore

vapore

grigliadistributrice

prodotti alfrazionamento

cicloni

caricapreriscaldata

fig. 9. Lo storicoModel IV FCC della Esso.

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più attivi portò all’eliminazione del letto catalitico inquanto le reazioni avvenivano già nella linea di tra-sferimento (riser). Le varie tecnologie di riser crackingdifferiscono per la forma e la sistemazione del riser(esterno o interno al rigeneratore).

Nel caso vengano alimentate cariche particolarmen-te pesanti, può essere previsto uno scambiatore per recu-perare calore dal catalizzatore fluido.

La circolazione del catalizzatore è controllata da appo-site valvole collegate al sistema di controllo della tempe-ratura. Da notare, ancora nella fig. 10, il raccordo ad ango-lo retto sulla parte superiore del riser, dotato di un ‘tappo’che è facilmente sostituibile in quanto si fa carico dell’a-brasione indotta dal catalizzatore. Va infatti ricordato chegli impianti, dovendo operare a elevate temperature, sono

internamente protetti da materiale refrattario, che puòessere facilmente abraso.

Altre società si sono affiancate a quelle precedente-mente citate per proporre validi processi di cracking; traesse la Stone & Webster, l’Institut Français du Pétrole(Axens), la Shell (Shell Global Solutions).Orientativamente i tempi delle varie fasi in un processotipico sono i seguenti:• permanenza del catalizzatore: nel riser �3 s; nello

stripper 2 min; nel rigeneratore 6-10 min; • permanenza degli idrocarburi nel riser �1,5 s.

Gli ultimi sviluppi del processo sono stati orientatialla riduzione del tempo di contatto tra catalizzatore evapori idrocarburici, onde limitare il cracking non selet-tivo a valle del riser (post-riser cracking); ciò può esse-re realizzato effettuando la separazione dei vapori dalcatalizzatore con l’installazione di cicloni di ‘prestrip-ping’all’uscita del riser reactor (McAuley e Dries, 2001).Tale accorgimento ha comportato maggiori rese, mino-ri Dcoke e cracking più selettivi verso le benzine e le ole-fine leggere.

La coesistenza di una fase di combustione e di unafase costituita da vapori di idrocarburi, aventi come solabarriera gli stripper con vapore e le tubazioni del cata-lizzatore, rende tutto il processo molto delicato; la stru-mentazione e i sistemi di sicurezza devono quindi esse-re adeguati.

L’effluente dal reattore di cracking contiene un’am-pia gamma di prodotti (tab. 6); deve pertanto essere fra-zionato in un impianto con caratteristiche analoghe aquelle del topping (v. cap. 2.2), con la differenza che l’a-limentazione non è una miscela liquido-vapore ma unvapore surriscaldato, che va quindi raffreddato anzichériscaldato come nel topping. Parte del residuo e del distil-lato pesante della colonna di distillazione principale vienenormalmente riciclata al reattore per incrementare le resedi conversione.

Cracking dei residuiAnche se molte delle normali unità FCC sono spes-

so alimentate parzialmente con residui, il cracking diret-to dei residui è possibile solo in unità appositamente pro-gettate e quando il contenuto di metalli (Ni e V soprat-tutto) e di carbonio Conradson non eccede determinativalori (per esempio, 30 ppm e 5-10% in peso, rispetti-vamente). Cariche particolarmente ricche di questi com-ponenti devono essere preliminarmente idrogenate (hydro-cracking/hydrofining).

Le unità per trattare i residui sono dotate di specialiscambiatori per raffreddare il catalizzatore; tali scam-biatori devono poter lavorare in ambiente particolarmenteabrasivo. L’elevato rapporto C/H della carica porta allaproduzione di maggiori quantitativi di coke nel cataliz-zatore e, di conseguenza, alla maggior produzione dicalore nel rigeneratore.

258 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI

PROCESSI DI CONVERSIONE CATALITICA

vapore

valvola a maschio

vapore

reattore riser

separatore

stripper

prodotti alfrazionamento

gas dicombustione

distributoridell’aria

aria comburente

caricapreriscaldata

fig. 10. Schema del sistema Kellogg F con riser reactoresterno e rigeneratore a due zone.

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Anche i sistemi di iniezione della carica devono esse-re adeguati, così come le tipologie dei catalizzatori, par-ticolarmente ‘robusti’ nei confronti dei contaminanti ecapaci di pretrattare, nella matrice, molecole di grandidimensioni.

Il processo MSCC (MilliSecond Catalytic Cracking)della UOP prevede l’alimentazione della carica per-pendicolarmente al flusso discendente del catalizzatore(fig. 11). I prodotti di reazione e il catalizzatore sono tra-sportati orizzontalmente attraverso la zona di reazioneverso il separatore. Viene così eliminato anche il riserreactor (v. par. 6.1.2)

Sono state sviluppate anche tecniche (per esempio,da IFP-SWEC-Total) basate sulla rigenerazione del cata-lizzatore in due stadi separati (Bonifay e Marcilly, 2001):nel primo stadio viene bruciato a bassa temperatura il60-70% del coke, in difetto di aria per dare CO; nel secon-do stadio la combustione del restante coke viene com-pletata in eccesso di aria. I gas ricchi di CO del primostadio devono essere inviati a una caldaia (CO boiler) incui si genera vapore ad alta pressione. Il CO boiler ècaratteristico anche di altri processi FCC non necessa-riamente dedicati ai residui; la combustione a CO, infat-ti, permette di lavorare a minori temperature nel rigene-ratore, a vantaggio della durata del catalizzatore e dellasicurezza. Per contro gli investimenti per l’unità sonomaggiori.

Processi di conversione spintaL’impiego di condizioni operative più severe (alte tem-

perature di conversione con bassi tempi di contatto e ridot-te pressioni parziali) e l’uso di catalizzatori selettivi (shapeselective) permette al processo di produrre quantitativipiù significativi di olefine, quando queste sono richie-ste da particolari situazioni di mercato. I primi anni delDuemila, come quelli immediatamente precedenti, hanno

infatti visto un forte incremento dei consumi di propi-lene per la produzione di polipropilene, un polimeroestremamente versatile con un tasso di crescita tra i piùalti. Il propilene viene fornito anche dagli impianti dicracking termico, il cui principale prodotto è però l’e-tilene (v. cap. 10.5).

Stime fatte all’inizio di questo millennio attribui-vano ai cracking catalitici circa il 30% della produzio-ne mondiale di propilene. Non essendo però le raffine-rie ancora ben integrate con i complessi petrolchimici,

259VOLUME II / RAFFINAZIONE E PETROLCHIMICA

CRACKING CATALITICO

tab. 6. Rese tipiche (% in peso) di una unità FCC operante a due diverse temperature e di una unità di deep conversion (DCC, Deep Catalytic Cracking) operante con alimentazioni diverse

Temperatura diingresso nel reattore 490 °C 530 °C DCC

Carica tipicaDCC

Carica paraffinica

H2, CH4, Etano Etilene

0,670,42

1,320,59

3,52,3

3,25,8

PropanoPropilene

1,282,72

1,154,81

2,114,5

2,022,0

i-Butanon-Butano

5,171,24

3,861,12 14,6

5,0

Buteni 3,52 6,78 14,0

Benzina 57,32 56,14 42,5 28,1

Olio leggeroOlio pesante

15,207,65

15,805,85

15,99,45,0

Coke 4,85 2,58 4,6 5,5

catalizzatore dalrigeneratore

separatoreprimario

alimentazione

reattore

stripper

fig. 11. Principio di funzionamento del reattore MSCC (UOP).

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solo il 50% circa del propilene ottenuto in raffineriaveniva impiegato in produzioni petrolchimiche. Nelcorso degli anni il processo FCC si è rivelato moltoflessibile; pur essendo dedicato soprattutto alla produ-zione di benzine, sono stati frequenti i casi di gestionedel processo al fine di massimizzare altri prodotti, comeGPL e olefine. Per l’immediato futuro è previsto unsempre maggior coinvolgimento del processo FCC nelleproduzioni petrolchimiche, a scapito della produzionedi benzina.

Unità di Deep Catalytic Cracking (DCC) apposita-mente progettate possono dare, se alimentate con cari-che paraffiniche, oltre il 25% in peso di propilene. L’u-nità della Stone & Webster/Sinopec può operare per mas-simizzare le rese in polipropilene o quelle in iso-olefine(Refining […], 2002). L’unità Petro FCC della UOP èdescritta nel par. 6.1.2.

Lo schema di una unità DCC è fondamentalmentesimile a quello di un FCC convenzionale dotato di riserreactor. Le differenze riguardano, oltre al catalizzatore,la selezione delle variabili operative, la severità e il pro-getto dell’impianto a gas. La tab. 6 confronta le rese tipi-che di un impianto DCC con quelle di un FCC.

Variabili operativePrima di vedere l’influenza delle principali variabi-

li operative sul processo di cracking, occorre richiama-re i concetti di conversione e di riciclo.In genere si ipotizza che tutti i prodotti con peso mole-colare simile alla carica non abbiano subito conversio-ne. Tradizionalmente, si considerano come frazioni pesan-ti tutti i prodotti che bollono sopra i 220 °C, temperatu-ra che può essere considerata il punto finale della benzina.La conversione può pertanto essere così definita:

C% �100(1 �Qpes/Qalim)

dove Qpes e Qalim sono rispettivamente le portate volu-metriche dei prodotti pesanti e della carica liquida.

I prodotti sono classificati come gas secchi, Gas diPetrolio Liquefatto o GPL (C3 e C4), benzina, olio di rici-clo leggero (LCGO, Light Cycle Gas Oil), olio di rici-clo pesante (HCGO, Heavy Coker Gas Oil), residuo(decant oil) e coke.

Il decant oil, talvolta considerato insieme a HCGO,è molto aromatico e adatto a produrre nerofumo (car-bon black).

Se la conversione è troppo alta (�76-81%, dipen-dentemente dal tipo di carica) parte della benzina otte-nuta è trasformata in prodotti più leggeri e coke tramitereazioni di cracking secondario, con conseguente dimi-nuzione delle rese in benzina.

La conversione è influenzata da: a) tipo di alimen-tazione; b) attività del catalizzatore; c) quantità di cokesul catalizzatore rigenerato (Dcoke); d) temperatura direazione; e) portata dell’alimentazione combinata;

f ) rapporto olio/catalizzatore; g) vapore di nebulizza-zione della carica.

Gli oli (LCGO e HCGO) ottenuti dal cracking sonopiuttosto refrattari a subire successive conversioni a causadella loro natura prevalentemente aromatica; tuttavia, sericiclati in parte al reattore, producono una quantità sup-plementare di benzina, aumentando le rese rispetto all’o-perazione senza riciclo.

Il rapporto di riciclo R è definito dal rapporto tra oliodi riciclo e alimentazione fresca (R=Qric/Qalim), il volu-me totale alimentato al reattore sarà dato da Qalim + Qric.

Un esempio chiarisce il concetto di riciclo. Si sup-ponga di inviare al reattore 100 m3/h di carica liquidacon una conversione del 60% senza riciclo; in tal modo,ricordando l’espressione della conversione, si ottengo-no 40 m3/h di olio non convertito. Se ricicliamo al reat-tore 20 m3/h dell’olio residuo non convertito, l’alimen-tazione del reattore dovrà essere ridotta a 80 m3/h e ilrapporto di riciclo sarà pari al 25%. Supponendo, persemplicità di trattazione, che la conversione sia ugualeper la carica fresca e per l’olio di riciclo (nella praticaperò non è così) e ricordando che il ricircolo rappresen-ta un circuito chiuso (loop) all’interno della sezione direazione, la produzione netta di olio pesante che esce dalfondo della colonna sarà di 20 m3/h anzichè 40 m3/h ela conversione diventerà quindi il 75% anzichè il 60%,avendosi C�100 [1�(20/80)]�75%.

Anche ipotizzando che il cracking dell’olio di rici-clo sia la metà di quello della carica fresca, il guadagnodi conversione (15/2�7,5%) è sempre sensibile.

Le principali variabili del cracking catalitico cheinfluenzano la conversione sono la qualità della carica,la temperatura del reattore, la pressione del reattore, lavelocità spaziale, il rapporto catalizzatore/olio, la por-tata del riciclo.

Le variabili principali del rigeneratore sono la por-tata dell’aria, la temperatura e la differenza di pressionecon il reattore. Tutto il processo è inoltre influenzato dalbilancio del coke.

Qualità della caricaCome già ricordato, il cracking di cariche contenen-

ti soprattutto idrocarburi alifatici e naftenici è molto piùfacile e selettivo di quello di cariche aromatiche. Nel-l’ambito di una stessa classe di composti, la minore omaggiore predisposizione al cracking dipende dal pesomolecolare: più facili da trattare sono le paraffine alto-bollenti; gli oli di riciclo, ricchi in poliaromatici, dannobasse rese in benzine, pur essendo frazioni altobollenti.Le olefine promuovono la formazione del coke e gli aro-matici fungono da precursori.

I composti solforati e azotati vengono in parte decom-posti con produzione di H2S e NH3; le benzine e i gaso-li ottenuti devono comunque essere desolforati con trat-tamenti successivi. L’ammoniaca tende a neutralizzare

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PROCESSI DI CONVERSIONE CATALITICA

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l’acidità del catalizzatore. Alti contenuti di zolfo aumen-tano le emissioni di SO2 durante la rigenerazione.

I composti organometallici tendono a liberare, nellecondizioni di cracking, i metalli pesanti (V, Ni, Fe) depo-sitandoli sul catalizzatore e riducendone l’attività; pos-sono inoltre attivare (soprattutto il nichel) reazioni di dei-drogenazione, con maggiore formazione di prodotti leg-geri e di coke. Il vanadio provoca anche fenomeni disinterizzazione. La difficoltà di trattare residui deriva dalloro elevato contenuto di metalli.

Altri problemi connessi al trattamento dei residuisono: l’alta concentrazione di composti asfaltenici chedisattivano troppo rapidamente il catalizzatore (per for-mazione di coke); la presenza di metalli alcalini, comeNa e K, che neutralizzano permanentemente i siti acididella zeolite; il fatto che una gran parte dell’alimenta-zione non vaporizza nelle normali condizioni di cracking.Se questi residui provengono da processi di idrotratta-mento (per esempio, hydrocracking) i problemi vengo-no notevolmente ridotti.

Temperatura del reattoreL’alimentazione viene preriscaldata a 300-400 °C per

vaporizzarne la maggior quantità possibile e abbassareil rapporto catalizzatore/olio. La temperatura del crackingè compresa di solito tra 480 e 550 °C; essa influenza la velo-cità di reazione facendola quasi raddoppiare ogni 80 °C.Aumentando la temperatura aumenta quindi la conver-sione, e perciò la quantità di benzina, gas, GPL e coke.Oltre un determinato livello di conversione, la resa inbenzina diminuisce e il suo numero di ottano aumentaper via del maggiore contenuto di olefine e aromatici.

La temperatura è definita dal contenuto entalpico del-l’alimentazione combinata e dalla quantità di catalizza-tore caldo nel riser; viene variata regolando l’immissio-ne del catalizzatore. La temperatura è la variabile piùimportante poiché da essa dipendono l’andamento delprocesso e il bilancio termico tra reattore e rigeneratore.

Pressione del reattoreLa pressione totale del processo è poco più alta di

quella atmosferica: il rigeneratore si trova in genere apressione superiore a quella del reattore. Nell’interval-lo usuale di valori (1,5-3,5 bar) l’effetto della pressioneparziale della carica idrocarburica vaporizzata sulla con-versione e sulla selettività è molto limitato.

Un aumento della pressione provoca una diminuzio-ne del numero di ottano, data la minor produzione di ole-fine; a bassi valori di pressione, un modesto aumentofavorisce il contatto tra olio e catalizzatore nonché laconversione e la formazione di coke.

Velocità spazialeLa velocità spaziale è, come tale, scarsamente indi-

cativa; essa varia anche se la portata dell’alimentazione

(intesa come somma dell’alimentazione fresca e dell’o-lio di riciclo) rimane costante, potendosi variare la quan-tità di catalizzatore nel reattore; in ogni caso deve essereespressa in termini ponderali e non volumetrici (WeightHourly Space Velocity, WHSV), data la variabilità delvolume di catalizzatore nella fase fluida: WHSV� (pesoalimentazione/h)/(peso catalizzatore nel reattore).La circolazione del catalizzatore può essere variata aumen-tando o diminuendo la pressione nel rigeneratore.

L’esperienza ha mostrato che i migliori risultati coni moderni catalizzatori si ottengono con tempi di con-tatto molto brevi: pochissimi secondi (o frazioni di essi)sono sufficienti nel riser per convertire pressoché total-mente la porzione non aromatica dell’alimentazione. Contempi di contatto brevi si aumentano le rese di benzina,limitando i fenomeni di cracking secondario (over-cracking); si ha altresì una minor formazione di coke.

Rapporto catalizzatore/olioÈ definito come il rapporto tra portata unitaria in peso

di catalizzatore in circolazione e portata ponderale dellacarica al reattore.

La quantità di catalizzatore circolante dipende dalbilancio termico della sezione di reazione. A tempera-tura costante, ogni variazione della temperatura di ali-mentazione provoca una variazione del rapporto cata-lizzatore/olio. Se la temperatura della carica è bassa,aumenta il rapporto; se la temperatura della carica è trop-po alta, si abbassa il rapporto, con conseguente diminu-zione delle reazioni di cracking.

Anche una variazione della temperatura del cataliz-zatore rigenerato produce cambiamenti nel rapporto cata-lizzatore/olio: se diminuisce, il rapporto aumenta permantenere il reattore alla temperatura prefissata. Unaumento del rapporto catalizzatore/olio, a parità di tem-peratura di reazione, fa aumentare la conversione, il cokee gli aromatici.

Portata del ricicloUn aumento della portata di riciclo provoca una

diminuzione dell’olio residuo dall’impianto e una mag-giore deposizione di coke; come conseguenza aumen-ta la temperatura del rigeneratore e diminuisce la cir-colazione del catalizzatore. La quantità di olio da rici-clare varia con le condizioni di esercizio: quantomaggiore è la severità, tanto più piccola è la quantitàdi olio da riciclare.

Prima dell’avvento dei catalizzatori zeolitici, si ope-rava con alti rapporti di riciclo per compensare la bassaselettività del catalizzatore.

Temperatura del rigeneratoreIn genere la temperatura del rigeneratore (700-750 °C)

non è sotto controllo diretto, ma dipende dalle condizio-ni del reattore, dalla qualità della carica e dalla quantità

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CRACKING CATALITICO

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di aria. Il limite massimo della temperatura dipende dallaresistenza termica del catalizzatore e dei materiali costi-tuenti il rigeneratore.

Più la carica è pesante, maggiore è la produzione dicoke, con conseguente maggior sviluppo di calore duran-te la rigenerazione; la quantità di catalizzatore necessa-rio al reattore è in tal caso minore; la minor circolazio-ne di catalizzatore limita la conversione.

Le basse temperature dovute a minor contenuto dicoke fanno invece aumentare la portata di catalizzatorecircolante.

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Carlo Giavarini

Dipartimento di Ingegneria Chimica, dei Materiali, delle Materie Prime e Metallurgia

Università degli Studi di Roma ‘La Sapienza’Roma, Italia

262 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI

PROCESSI DI CONVERSIONE CATALITICA

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6.1.2 Tecnologie industriali

Cracking catalitico a letto fluido UOPe processi collegati

I processi di cracking catalitico brevettati da UOP(Universal Oil Products) comprendono il processo dicracking catalitico a letto fluido (FCC, Fluid CatalyticCracking), il processo RFCC (Resid FCC), il proces-so MSCC (MilliSecond Catalytic Cracking) e il pro-cesso PetroFCC. Scopo di questi processi è la conver-sione di correnti di gasolio e di idrocarburi pesanti inprodotti più leggeri e pregiati, mediante cracking cata-litico ad alta temperatura. Per facilitare il trasferimen-to del catalizzatore e del calore tra il reattore e il rige-neratore si usa un sistema a catalizzatore fluidizzato.Tale sistema è in equilibrio termico: la combustionedel coke nel rigeneratore fornisce tutto il calore richie-sto dal reattore. I principali prodotti ottenuti da questiprocessi sono: a) gas leggero: principalmente H2, meta-no, etano ed etilene (in genere sottoprodotti indeside-rabili di cracking termico); b) GPL (Gas di PetrolioLiquefatto): essenzialmente propano e butano, incluseolefine leggere utilizzabili nelle unità di alchilazioneo per la produzione petrolchimica (il processo PetroFCCè diretto alla massima produzione di olefine leggere);c) benzina: C5+ ad alto numero di ottano impiegatocome componente per il pool di benzina o carburanteleggero; d) LCO (Light-Cycle Oil): miscela di oli diriciclo leggeri impiegata come componente per il pooldei carburanti diesel o per carburante leggero; e) HCO(Heavy-Cycle Oil): olio di riciclo pesante, prodottoopzionale impiegabile come olio combustibile o flus-sante; f ) CLO (Clarified Oil): olio purificato o slurryper olio combustibile (potenziale carica per nerofumo);g) coke: sottoprodotto bruciato nel rigeneratore per for-nire al reattore il calore di cui ha bisogno.

Il processo FCC è basato su una tecnologia tradizio-nale e ben collaudata, di cui fanno parte gli alimentato-ri Optimix, il dispositivo di uscita dal riser VSS (VortexSeparation System), la tecnologia di stripping del cata-lizzatore esausto AF e un rigeneratore a combustione.Per aumentare la flessibilità nei riguardi dell’alimenta-zione e dei prodotti, è possibile dotare l’impianto di dispo-sitivi per raffreddare il catalizzatore, di tecnologia RxCate di riciclo selettivo.

La carica per l’unità FCC è costituita di normada gasolio da vuoto (VGO, Vacuum Gas Oil) ma può

comprendere anche altre correnti pesanti, come gasolioda distillazione primaria, gasolio da coking, gasolio dahydrocracking e olio deasfaltenato (deasfaltato) o deme-tallizzato. Talvolta si alimentano residui, fino a un con-tenuto del 4% in peso di residuo carbonioso Conradson.

Il processo RFCC utilizza una tecnologia di reazio-ne simile a quella del processo FCC, ma è stato studia-to per il trattamento di cariche di residui con un conte-nuto di residuo carbonioso Conradson superiore al 4%in peso. Per controllare la maggiore produzione di cokee di calore si ricorre di solito a un’unità di rigenerazio-ne a due stadi con refrigerazione del catalizzatore.

Simile dal punto di vista meccanico al tradizionaleFCC, il processo PetroFCC unisce a una maggiore seve-rità di reazione la tecnologia RxCat, gli alimentatori dellacarica Optimix, la tecnologia di stripping del catalizza-tore esausto AF e il dispositivo di uscita dal riser VSSper aumentare al massimo la produzione di olefine leg-gere e/o aromatici. Si possono raggiungere rese di pro-pilene del 20-25% in peso, a seconda dell’alimentazio-ne utilizzata; le cariche paraffiniche e i gasoli da hydro-cracking favoriscono la selettività per le olefine leggere.

La tecnologia del reattore del processo MSCC, svi-luppata da BARCO e brevettata in esclusiva da UOP,prevede un tempo di contatto ridottissimo in una zonadi contatto il cui progetto è industrialmente protetto,che permette di eliminare il tradizionale reattore riser.Si può applicare a tutti i tipi di alimentazione, ma è par-ticolarmente efficace nel trattamento dei residui.

Processi FCC

Sistemi di distribuzione della caricaIl processo di cracking ha inizio con l’iniezione della

carica al riser. Gli alimentatori Optimix disposti radial-mente fanno parte integrante del sistema UOP di distri-buzione della carica. A differenza di altri sistemi che uti-lizzano ancora un’iniezione di carica in fase densa, unodegli elementi caratterizzanti del sistema di distribuzio-ne della carica Optimix è il fatto che la zona di accele-razione, situata sotto gli alimentatori Optimix, riduce ladensità del catalizzatore; ciò consente di migliorare lapenetrazione e la miscelazione dello spruzzo di cari-ca atomizzata. Il sistema di distribuzione della caricaOptimix offre anche altri vantaggi, tra cui una riduzio-ne del gas secco e del Dcoke (delta coke, v. par. 6.1.1) euna maggiore resa in benzina.

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Gli alimentatori Optimix di ultima generazione per-mettono il trattamento di cariche di qualità VGO con unariduzione di almeno il 50% del consumo di vapore rispet-to agli alimentatori precedenti.

In ogni caso, a prescindere dalla qualità della caricao dalla severità di processo, i fattori più importanti peruna buona miscelazione e una rapida vaporizzazionedella carica di olio non trattato nel reattore riser FCCsono due: un ambiente catalitico uniforme e controllatoe una corretta distribuzione della carica. Per questa ragio-ne, la tecnologia UOP di distribuzione della carica è diret-ta a migliorare sia l’ambiente catalitico in cui si iniettala miscela, sia lo stesso alimentatore della carica. La zonadi accelerazione del catalizzatore, situata alla base delreattore riser, stabilisce un ambiente catalitico uniformee dotato di velocità e densità contenute, precedentementeall’iniezione della carica. Gli alimentatori Optimix, cuoredel sistema UOP di distribuzione della carica, atomiz-zano la carica e la iniettano nel catalizzatore condizio-nato nel reattore riser.

La base del riser, indicata di solito come wye section,è una zona molto turbolenta, dove il flusso di catalizza-tore rigenerato cambia direzione e inizia a risalire lungoil riser. È importante che il movimento ascensionale delcatalizzatore si svolga in modo uniforme prima dell’i-niezione della carica, per ridurre al minimo la retromi-scelazione e il contatto imperfetto tra carica e catalizza-tore. Il sistema UOP di distribuzione della carica iniet-ta vapore e/o gas secco alla base della wye section peraccelerare il catalizzatore a velocità moderata e ottene-re una distribuzione uniforme a stantuffo del catalizza-tore, con densità moderata. Questa densità uniforme emoderata migliora la penetrazione e la rapida vaporiz-zazione della carica. I controlli della prestazione eseguitisulle unità commerciali hanno confermato i vantaggidella zona di accelerazione, registrando una conversio-ne superiore all’80% in volume e rese in benzina grez-za superiori al 66% in volume.

Nel corso di questi controlli, i profili di densità delcatalizzatore nella zona di accelerazione e nella zonasuperiore, oltre il punto di iniezione della carica, sonostati misurati per mezzo di sistemi di scansione a raggigamma. La densità del catalizzatore nella zona di acce-lerazione può variare tra 15 e 20 lb/ft3, a seconda dellaquantità di accelerante utilizzata. Con diametri del riserdi 1,5 ft a valle del punto di iniezione della carica, la den-sità del catalizzatore scende a circa 5 lb/ft3. Questo datoconferma una vaporizzazione molto rapida ed efficien-te della carica attraverso la fase catalitica a densità mode-rata. Le mappe di densità mostrano anche che il sistemadi distribuzione della carica Optimix facilita lo stabilir-si nel riser di un regime di corrente a stantuffo unifor-me, sia prima sia dopo il punto di iniezione della carica.

L’alimentatore Optimix è un sofisticato dispositivomeccanico in grado di atomizzare efficacemente la carica

di olio non trattato. L’uso di un’innovativa tecnica di ato-mizzazione a tre stadi permette di ottenere una buona ato-mizzazione e distribuzione della carica con una piccolaquantità di vapore (0,5-3,0% in peso della carica fresca).Una delle più importanti caratteristiche dell’alimentato-re Optimix consiste nel fatto che l’atomizzazione si veri-fica vicino all’estremità dell’alimentatore, impedendo ifenomeni di coalescenza e di flusso pulsante.

L’estremità dell’alimentatore Optimix genera unospruzzo piatto e uniforme a forma di ventaglio. Questaconfigurazione a spruzzo piatto si ottiene mediante l’usodi una serie di speciali orifizi che sostituiscono le con-suete fessure, più larghe, e che vengono progettati e orien-tati in modo da creare uno spruzzo con queste caratteri-stiche per ogni installazione, in base alla qualità dellacarica, alla velocità di alimentazione e alle dimensionidel riser. Gli alimentatori Optimix producono uno sprayestremamente uniforme, formato da goccioline di oliomolto piccole e di dimensioni molto simili tra loro. Que-sti dispositivi generano inoltre un angolo di spruzzo con-trollato, con un’inclinazione verso il basso anche del50%, per assicurare una completa copertura della super-ficie della sezione trasversale del reattore riser. In dire-zione verticale, la configurazione a ventaglio mantieneun piccolo spessore per facilitare la vaporizzazione rapi-da e uniforme della carica e aumentare la resa e la selet-tività del processo. Ogni alimentatore Optimix è pro-gettato e collaudato specificamente per ogni singolainstallazione. Questo consente a UOP di progettare i suoialimentatori in modo da garantire una totale coperturadel riser limitando le perdite di carico e la velocità diuscita, al fine di evitare il logoramento del catalizzato-re e i problemi di erosione del riser; permette inoltre diriutilizzare nel modo migliore le attrezzature del siste-ma di alimentazione preesistente.

Le esigenze di manutenzione e di ispezione degli ali-mentatori Optimix sono praticamente inesistenti. L’e-stremità dell’alimentatore Optimix è di materiale otte-nuto per fusione, che garantisce un’elevata resistenzaall’erosione. Inoltre, i giunti Dur-O-Lok utilizzati daUOP facilitano la sostituzione dei componenti interni edesterni, nel caso si verifichi un sostanziale cambiamen-to degli obiettivi di produzione o della capacità operati-va della raffineria.

Tecnologie di uscita dal riser e di separazione (VSS e VDS)

Il VSS (Vortex Separation System) per reattori riserinterni e il VDS (Vortex Disengager Stripper) per reat-tori riser esterni, brevettati da UOP, rappresentano l’e-spressione più avanzata dell’attuale tecnologia di uscitadal riser. Entrambi i sistemi svolgono fondamentali fun-zioni di stripping preliminare e consentono il massimocontenimento degli idrocarburi attualmente raggiungi-bile nella zona post-riser. Questi sistemi catturano la

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PROCESSI DI CONVERSIONE CATALITICA

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miscela vapore-catalizzatore all’uscita del riser e ne sepa-rano efficacemente il catalizzatore, senza permettere alvapore di penetrare nel recipiente del reattore. La cor-rente di vapore è alimentata ai cicloni per la pulizia fina-le. Oltre il 99,5% dei vapori passa attraverso un sistemaseparatore a ciclone senza penetrare nel reattore. In que-sto modo, è possibile eliminare tutte le reazioni di crackingche avvengono al di fuori del riser e ottenere una miglio-re distribuzione del prodotto. Altri vantaggi sono la ridu-zione del gas secco e del Dcoke, un maggiore contenutodi olefine, l’aumento della resa in benzina e la diminu-zione della resa in olio purificato.

La tecnologia UOP di separazione Vortex è l’ultimoritrovato di una lunga serie di perfezionamenti dei dispo-sitivi di uscita dal riser nei processi di cracking cataliti-co a letto fluido, finalizzati a una separazione più effi-cace delle fasi catalitica e idrocarburica nel reattore FCC.UOP offre due opzioni: il modello VDS e il modelloVSS.

Nessun dispositivo di uscita dal riser contiene al 100%i vapori di idrocarburi che fluiscono al suo interno. Percontenimento si intende la quantità di vapori di idrocar-buri che fuoriescono dal dispositivo di separazione pri-maria senza sostare nel recipiente del reattore. In tutti isistemi, il catalizzatore fluisce in un dispositivo di sepa-razione primaria, che può essere di tipo ciclonico o iner-ziale. La maggior parte dei vapori catturati fuoriesce rapi-damente dal dispositivo e passa nei cicloni secondari avalle. Di norma, il gas fluidizzante è trascinato necessa-riamente insieme alla corrente di catalizzatore in uscitadal dispositivo di separazione primaria. Questi vaporisfuggono nel recipiente di reazione/stripping. Nella fasediluita del reattore, i vapori di idrocarburi trascorronoun lungo periodo di tempo in presenza del catalizzatoread alta temperatura e subiscono un processo di over-cracking, che comporta una maggiore resa di gas seccoe una perdita di selettività.

La tecnologia UOP di separazione Vortex consentedi ridurre al minimo il passaggio di vapori nel recipien-te del reattore, per garantire la maggiore selettività direazione possibile. In altri termini, tale tecnologia rea-lizza il massimo contenimento degli idrocarburi, che puòsuperare il 99%. Oltre ai vantaggi di una rapida separa-zione e di un elevato contenimento, la tecnologia UOPdi separazione Vortex permette di realizzare un disposi-tivo di uscita dal riser dotato di grande flessibilità neiriguardi dei cambiamenti operativi e di tolleranza anchein condizioni di funzionamento irregolare.

Nei cicloni direttamente collegati e in altri sistemi diseparazione a cicloni, una considerevole quantità di vapo-ri di idrocarburi sfugge dalla zona dei cicloni e penetranel recipiente del reattore. Il gas utilizzato per mante-nere il catalizzatore allo stato fluidizzato scende lungole gambe (dipleg) del ciclone insieme al catalizzatore.Dato che quasi tutto il catalizzatore in circolazione passa

attraverso le gambe del ciclone primario, la fase gasso-sa trasportata dal catalizzatore può raggiungere il 5-6%in peso della carica. Di conseguenza, un sistema ciclo-nico privo di un dispositivo di stripping preliminare puòraggiungere al massimo un contenimento degli idrocar-buri del 94-95%. Una volta penetrato nel recipiente distripping o di reazione, il contenuto di idrocarburi resi-duo può trascorrere 30 secondi o più a diretto contattocon il catalizzatore attivo e caldo. Una percentuale signi-ficativa di questo materiale esce infine dal reattore sottoforma di residui leggeri, di aromatici ad anello conden-sato e di deposito di coke sul catalizzatore.

Per catturare e recuperare i prodotti utili presenti inquesta corrente di idrocarburi e prevenire le reazioni diovercracking, occorre sottoporre il catalizzatore a qual-che forma di stripping preliminare, prima che si scari-chi nel reattore. Al fine di effettuare uno stripping effi-cace del catalizzatore circolante, la velocità di discesadel catalizzatore deve essere inferiore alla velocità dirisalita delle bolle nella fase catalitica fluidizzata delcatalizzatore. Questa differenza di velocità è necessariaper permettere alla fase gassosa idrocarburica di fuoriu-scire dalla fase catalitica e di essere rimossa rapidamentedal sistema. Per ridurre al minimo la quantità del diluen-te di stripping (nella maggior parte dei casi, vapore), èpreferibile che il catalizzatore si trovi in fase densa. Unamaggiore densità del catalizzatore riduce anche gli spaziinterstiziali contribuendo a ‘spremere’ più efficacemen-te il gas dal catalizzatore. UOP ha concentrato quindi lesue ricerche in direzione di una conversione della cor-rente di catalizzatore, che scende lungo le gambe delciclone, in una fase densa più lenta, in modo da effet-tuare uno stripping preliminare. Questi sforzi hanno por-tato alla nascita della tecnologia di separazione Vortex.

La prima applicazione commerciale della tecnologiadi separazione Vortex si adattava in modo particolare aisistemi di reattori a pila di modeste dimensioni, facil-mente riconvertibili in impianti con riser esterno. Que-sta versione è nota come VDS. Un singolo sistema VDSviene collocato all’estremità di un riser esterno a ingres-so laterale. Il sistema VDS è basato sugli stessi principidi separazione centrifuga di un normale ciclone, ma fun-ziona in modo diverso ed è dotato alla base di una spe-ciale sezione incaricata di rallentare il flusso di cataliz-zatore e di formare una fase densa. Il vapore di strippingè iniettato alla base di questa camera, sotto la fase densadel catalizzatore. Gli idrocarburi di stripping risalgonola condotta di disimpegno ed escono dal tubo del gasinsieme al resto della fase vapore. Una serie di ciclonisecondari è collegata all’uscita del vapore per comple-tare la separazione del catalizzatore.

Nel modello VSS, la miscela catalizzatore-vaporerisale lungo il reattore riser al centro della camera efuoriesce attraverso appositi bracci di disimpegno. Que-sti bracci generano un flusso centrifugo che separa il

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CRACKING CATALITICO

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catalizzatore dal vapore nella camera. Il meccanismodi flusso è analogo a quello delle entrate tangenziali diun normale ciclone. Il catalizzatore cade e forma unafase più densa alla base della camera, dove è sottopo-sto a uno stripping preliminare prima di fluire nellazona di stripping del reattore. I vapori di idrocarburidesorbiti sono totalmente contenuti nella camera e fuo-riescono con il resto dei vapori effluenti dal riser indirezione dei cicloni secondari. Gli unici idrocarburiche sfuggono nel recipiente del reattore sono quelli cheaccompagnano la piccola quantità di catalizzatore libe-rato dai cicloni. Sia nel sistema VSS sia in quello VDS,gli idrocarburi in uscita dal recipiente di stripping ven-gono captati nella camera, per evitare che sostino trop-po a lungo nello spazio di reazione circostante. Il con-tenimento complessivo degli idrocarburi raggiungibi-le con questo sistema supera il 99%.

In confronto ad altri sistemi di uscita dal riser attual-mente disponibili, i sistemi VSS e VDS riducono lepotenzialità di cracking non selettivo al di fuori del riserstesso. Si calcola che il tempo di permanenza post-riserdella fase idrocarburica nella camera sia meno di unsecondo. Creando una fase densa del catalizzatore esottoponendola a stripping all’interno del dispositivodi separazione primario, le ‘infiltrazioni’ di idrocarbu-ri nel recipiente del reattore sono ridotte al minimo. Lostripping in fase diluita attuato da altri sistemi risultaal confronto poco efficiente, a causa della difficoltà dispostare il volume interstiziale (in altri termini, la velo-cità di discesa del catalizzatore eccede la velocità dirisalita delle bolle di stripping). La tecnologia UOP diseparazione Vortex ha consentito di superare efficace-mente i difetti dei sistemi precedenti, mantenendo unabuona flessibilità operativa.

Nel caso di unità di grandi dimensioni e di unità ariser interno, il modello VDS presenta alcuni inconve-nienti meccanici. Per queste configurazioni UOP ha svi-luppato quindi il modello VSS. Quest’ultimo modellomantiene le funzioni di contenimento degli idrocarburie di stripping preliminare che caratterizzano il sistemaVDS; è compatto, per adattarsi alla più ampia gamma distili e dimensioni dei reattori, e richiede minori spese diinvestimento del sistema VDS.

Stripping del catalizzatore esaustoI sistemi di uscita dal riser UOP includono una zona

di stripping preliminare. Le caratteristiche della proget-tazione consentono di raggiungere altissimi livelli di effi-cienza di contatto e di stripping. I vapori in uscita dallacolonna di stripping passano nel dispositivo di uscita dalriser senza sostare nel recipiente del reattore. Questa com-binazione di stripping preliminare e di stripping nella zonaprimaria, se si tiene debitamente conto del tempo di per-manenza del catalizzatore, produce il migliore strippingdel catalizzatore attualmente possibile. La tecnologia UOP

di stripping AF (Advanced Fluidization) ha prodotto unamaggiore efficacia di spiazzamento degli idrocarburi,anche a velocità di flusso del catalizzatore molte eleva-te (superiori alle 120.000 lb/h/ft2).

Oggi molte delle più aggiornate unità FCC utilizza-no le tecnologie avanzate sviluppate da UOP, come glialimentatori Optimix e i dispositivi di uscita dal riserVSS. Una delle conseguenze dell’intensificazione delprocesso di cracking catalitico, causata dall’uso diqueste tecnologie, è l’aumento della circolazione delcatalizzatore. Ne risulta che la colonna di stripping del cata-lizzatore esausto si trova spesso a operare ben al di sopradei valori di flusso del catalizzatore previsti dal proget-to originale, con il rischio di compromettere l’efficaciadi spiazzamento degli idrocarburi e le prestazioni del-l’unità. La tecnologia di stripping del catalizzatore esau-sto AF è stata sviluppata per migliorare non solo la capa-cità di resa dell’unità FCC, ma anche la sua capacità dicircolazione (idraulica) nel catalizzatore.

La colonna di stripping del catalizzatore esausto è unelemento importantissimo dell’unità FCC. Il suo com-pito è desorbire gli idrocarburi trascinati e adsorbiti dalcatalizzatore esausto prima del passaggio nel recipientedi rigenerazione. Questi idrocarburi sono chiamati comu-nemente coke sul catalizzatore. In linea generale, esi-stono quattro tipi differenti di coke collegati al cataliz-zatore esausto: coke catalitico, coke contaminante, cokeadditivo e coke cat-to-oil. I coke catalitico, contaminantee additivo dipendono dalla qualità della carica, dal tipodi catalizzatore e dalla severità di reazione e non esisto-no molte opportunità di migliorare il processo di strip-ping del catalizzatore. Diverso è il caso del coke cat-to-oil, che è direttamente legato alla velocità di circolazio-ne del catalizzatore, essendo costituito da idrocarburidesorbibili. Questo tipo di coke è fortemente influenza-to dalla prestazione dello stripper.

La tecnologia di stripping AF è stata sviluppata nelcorso di un programma triennale di ottimizzazione, checomprendeva un lavoro di modellizzazione computa-zionale del flusso dinamico e di modellizzazione esten-siva del flusso freddo. Il lavoro di modellizzazione delflusso freddo includeva il collaudo di numerosi model-li di piatti commerciali e sperimentali, con un’ampiavarietà di flussi (fino a 140.000 lb/h/ft2) e di velocitàdei mezzi di stripping. Grazie a queste ricerche si èpotuto stabilire che la prestazione ottimale della colon-na di stripping è il risultato di un adeguato controllodei mezzi di stripping, finalizzato a un utilizzo ottimaledella superficie della sezione trasversale della colon-na. Il prodotto di questo programma di ottimizzazioneè stata la tecnologia AF dei piatti, delle griglie e degliimpaccamenti. Tutti questi componenti migliorano laprestazione, in quanto creano nell’intera apparecchia-tura di stripping condizioni migliori di fluidizzazionee di contatto (fig. 1).

266 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI

PROCESSI DI CONVERSIONE CATALITICA

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Refrigerante del catalizzatoreÈ relativamente facile aggiungere un refrigerante

del catalizzatore alle unità di rigenerazione di qualun-que tipo. I primi refrigeranti a fascio tubiero, in fasedensa e a bassa velocità, sono stati introdotti da UOPnegli anni Ottanta per il trattamento delle cariche pesan-ti, nelle quali un elevato Dcoke poteva causare un aumen-to eccessivo della temperatura del rigeneratore. Il refri-gerante del catalizzatore UOP utilizza tubi a baionettae genera vapore saturo a pressione media o alta. I van-taggi di questa tecnologia comprendono: riduzione dellatemperatura del catalizzatore rigenerato, rapporto cata-lizzatore/olio più alto, possibilità di trattare carichepesanti, rese più elevate.

Un numero sempre maggiore di operatori sceglie ditrattare nelle unità di cracking catalitico a letto fluido icomponenti residui e meno costosi dell’alimentazione.La conversione di queste cariche pesanti in prodotti piùleggeri e pregiati comporta un aumento della tempera-tura operativa nel rigeneratore. La rimozione del calorein eccesso non solo contribuisce a mantenere l’efficienza

del catalizzatore, ma permette anche di incrementare ilrapporto catalizzatore/olio, assicurando rese più eleva-te, maggiore selettività del prodotto e più elevata reddi-tività dell’impianto.

Il refrigerante del catalizzatore FCC UOP (fig. 2) èuno scambiatore a fascio tubiero verticale esterno. Il cata-lizzatore fluisce lungo l’intera superficie della sezionetrasversale del fascio tubiero in fase densa. Il sistema didistribuzione a lancia assicura una distribuzione unifor-me dell’aria nel fascio tubiero e un coefficiente di tra-sferimento termico uniforme. La generazione di vapore(fino a 850 psi) dall’acqua circolante permette di rimuo-vere il calore dal catalizzatore rigenerato. Sono stati pro-gettati e messi in commercio tre differenti modelli di refri-geranti del catalizzatore (a flusso, a retromiscelazione eibrido), per soddisfare un’ampia gamma di carichi ter-mici e adattarsi ai limiti posti dagli spazi disponibili.

Le caratteristiche principali di un refrigerante delcatalizzatore UOP sono le seguenti:• superficie verticale di trasferimento del calore: assi-

cura l’uniformità del trasferimento termico e del con-tatto del catalizzatore con il fascio tubiero, riducen-do i punti di stress prodotti da una distribuzione diso-mogenea della temperatura;

• variabilità della capacità di rimozione del calore:migliora il funzionamento dell’unità FCC nelle fasi

267VOLUME II / RAFFINAZIONE E PETROLCHIMICA

CRACKING CATALITICO

fig. 1. Colonna di stripping del catalizzatore esausto con piatti AF (per cortesia UOP).

catalizzatore caldo

catalizzatorefreddo

acqua circolante

vapore e acqua

aria

fig. 2. Refrigerante del catalizzatore FCC UOP.

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di avviamento del reattore e del rigeneratore, quan-do si verifica un innalzamento della temperatura. Senecessario, è possibile arrestare il refrigerante e iso-larlo completamente durante il funzionamento del-l’unità FCC;

• affidabilità meccanica: risulta dalle operazioni in fasedensa e a bassa velocità del catalizzatore, per ridur-re l’erosione;

• mantello del refrigerante separato dal rigeneratore:assicura la massima flessibilità di adeguamento del-l’impianto e rende più semplice e veloce la manu-tenzione del refrigerante o la sostituzione periodicadel fascio tubiero.Queste caratteristiche assicurano il funzionamento

affidabile e flessibile del refrigerante, aumentando laredditività dell’investimento.

Riciclo del catalizzatore (tecnologia RxCat)Uno dei fattori che contribuiscono maggiormente

all’affidabilità di un’unità FCC è una buona circolazio-ne del catalizzatore. Una tecnologia innovativa consen-te ora di riciclare il catalizzatore sul quale si è deposita-to il coke (carbonized catalyst) dal reattore alla zona dicontatto della carica (fig. 3), sfruttando l’attività intrin-seca dei moderni catalizzatori, che non sono realmentedel tutto esausti quando escono dal reattore. Il risultatoè un rapporto catalizzatore/olio molto più alto di quelloconsentito dall’uso di un rigeneratore in equilibrio ter-mico. La tecnologia RxCat è stata sviluppata per le ope-razioni a basso Dcoke, in cui una temperatura troppo bassadel rigeneratore può creare problemi, e per ottenere resepiù elevate in olefine leggere. L’applicazione della tec-nologia RxCat provoca un aumento della temperaturadel rigeneratore e assicura, tra l’altro, una bassissimaproduzione di gas secco e un miglioramento della selet-tività della resa complessiva. Tale tecnologia è parte inte-grante del processo PetroFCC UOP.

Il carbonized catalyst riciclato viene mescolato conil catalizzatore rigenerato in un recipiente di miscela-zione (camera M�R) collocato alla base del riser. Datoche il riciclo del carbonized catalyst al riser è un pro-cesso che non influenza il bilancio termico, la velocitàdi circolazione del catalizzatore al riser può subire ampievariazioni, senza che ciò comporti un aumento della resain coke. In sostanza, la tecnologia RxCat spezza il lega-me tra circolazione del catalizzatore e resa in coke. Ilrisultato è un rapporto catalizzatore/olio molto più altodi quello consentito dalle normali operazioni a bilan-ciamento termico. L’uso della tecnologia RxCat presen-ta notevoli vantaggi:• consente tempi di contatto molto più brevi, riducen-

do l’oligomerizzazione delle olefine e quindi la loroperdita;

• permette al reattore riser di operare a temperature diingresso del catalizzatore relativamente basse, dato

che il catalizzatore rigenerato è mescolato al carbon-ized catalyst, più freddo, mantenendo un’elevata tem-peratura di uscita dal riser;

• aumenta il numero di siti di reazione catalitica nellazona di reazione.I benefici pratici comprendono: incremento della con-

versione, aumento della selettività del prodotto (mag-giori percentuali di benzina e propilene), riduzione dellaresa in gas secco, aumento della flessibilità di alimenta-zione e di processo.

Riciclo selettivoIl riciclo selettivo è l’applicazione di processi di rici-

clo a passaggio unico e diretto di CLO, HCO, LCO onaphtha, per ridurre la quantità di prodotti indesiderabi-li e incrementare le rese selettive nei prodotti. Il ricorsoa una zona di reazione separata impedisce la commistionedei prodotti con l’effluente del riser. Il riciclo selettivo èparticolarmente adatto alle operazioni di distillazione incondizioni di bassa severità. I vantaggi includono unaumento della selettività delle rese (per esempio, benzi-na�LCO) e una riduzione dei prodotti indesiderabili (peresempio, CLO nelle operazioni di distillazione).

Rigenerazione del catalizzatore e tipologiedei rigeneratori

Introdotta alla fine degli anni Settanta, l’unità UOPdi rigenerazione per combustione è dotata di una zonadi combustione intensamente fluidizzata che le consen-te di effettuare una combustione ottimale del coke, conuna conversione completa del CO a CO2. I principali

268 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI

PROCESSI DI CONVERSIONE CATALITICA

riciclo delcatalizzatore

esausto

cameraMxR

fig. 3. Riciclo del catalizzatore.

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vantaggi di questa tecnologia sono una combustione com-pleta senza bisogno di promotori, la riduzione al minimodella postcombustione, una minore presenza di carboniosul catalizzatore rigenerato, l’eliminazione dei rischi diaggiramento della zona di rigenerazione da parte del cata-lizzatore esausto e scorte di catalizzatore minori.

Il processo di rigenerazione a due stadi è impiegatonelle unità in cui una combustione completa causereb-be un aumento eccessivo della temperatura del rigene-ratore (per esempio, RFCC). Il rigeneratore superiore(primo stadio) effettua una combustione parziale, men-tre quello inferiore (secondo stadio) opera una combu-stione completa, inviando il gas di combustione e l’ec-cesso di O2 al rigeneratore superiore. Il rigeneratore adue stadi è fornito di un’unica linea dei gas di combu-stione, che fuoriesce dalla camera superiore. La presen-za di uno o più refrigeranti del catalizzatore consente ditenere sotto controllo il calore di combustione. I van-taggi di questa tecnologia sono la pulizia del catalizza-tore dopo il secondo stadio di rigenerazione (meno dello0,05% di carbonio sul catalizzatore rigenerato) e la pos-sibilità di trattare residui pesanti e contaminati (fino al10% in peso di residuo carbonioso Conradson).

Un sistema di recupero dell’energia consente di riu-tilizzare l’energia ancora disponibile (sotto forma dielettricità prodotta dal gas di combustione del rigene-ratore), impiegata di solito per azionare il ventilatoreprincipale. La sua giustificazione economica dipendedai costi locali dell’energia. La tecnologia Third Stage

Separator (TSS) UOP consente di proteggere i mac-chinari rotanti e ridurre le emissioni.

Processo PetroFCC per la produzione di caricapetrolchimica

Lo scopo del processo PetroFCC è di incrementarela produzione di cariche petrolchimiche rispetto a quel-la di prodotti combustibili. Questo innovativo processo,che utilizza un’unità FCC appositamente progettata, quan-do è integrato con un complesso per la produzione diaromatici consente di ottenere rese altissime in olefineleggere e aromatici (fig. 4).

Si prevede che nei prossimi anni la crescita delladomanda di polietilene e polipropilene produrrà unaumento della richiesta di cariche petrolchimiche, soprat-tutto di olefine leggere e in particolare di propilene. Sicalcola che la maggior quantità di propilene prodotta dal-l’aumento della produzione di etilene da steam-crackingsarà insufficiente a soddisfare l’aumento della doman-da, rendendo necessaria l’individuazione di altre fonti dipropilene. Benché la funzione principale delle unità FCCsia quella di produrre benzina, spesso questi impiantisono utilizzati in modo da aumentare al massimo la resain altri prodotti, quali i distillati o i GPL. La produzio-ne di GPL rappresenta una tappa importante nell’ambi-to delle configurazioni operative petrolchimiche, poichéconsente di incrementare le rese in cariche petrolchimi-che. Tuttavia, prima che si possa considerarla una com-ponente fondamentale di un complesso petrolchimico,

269VOLUME II / RAFFINAZIONE E PETROLCHIMICA

CRACKING CATALITICO

colonna principalee sezione di

concentrazionedel gas

trattamentodel GPL

trattamentodel gas

(sponge gas)

recuperodell’etilene

separatoredel C3/C4

C4 allaraffineria

riciclo deicomponenti pesanti

recupero delpropilene

complesso diproduzione

degli aromatici

sezione cataliticadell’unità FCC

caricafresca

residui leggeri

benzene

p-xilene

raffinato

C3=

C3

C2=

C2

H2�CH4fig. 4. Complesso PetroFCCUOP. C2,etano; C3, propano;C2�, etilene; C3�, propilene.

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un’unità di tipo FCC deve giungere a produrre una quan-tità molto maggiore di olefine leggere, produrre altrecariche petrolchimiche richieste e ridurre al minimo oeliminare del tutto la resa in benzina e in combustibililiquidi più pesanti. Lo scopo del processo PetroFCC è ilraggiungimento di questi obiettivi.

Questo processo ha alla base un’unità FCC apposi-tamente progettata e consente di ottenere una composi-zione del prodotto, in volume liquido, pari al 35% di pro-pilene, al 12% di etilene, al 20% di butileni e al 20% dibenzene e paraxilene, con un aumento significativo dellaresa in petrolchimici rispetto a un’unità FCC conven-zionale. La sezione catalitica del processo PetroFCC èformata da una zona di reazione a breve tempo di con-tatto e alto indice di conversione, operante a temperatu-re elevate di uscita dal reattore riser e a basse pressioniparziali. Essa inoltre incorpora una quantità relativa-mente elevata di catalizzatore zeolitico stereospecifico,in misura equilibrata con il prescelto catalizzatore stan-dard FCC. Il processo PetroFCC comprende il sistemadi distribuzione della carica Optimix, la tecnologia diseparazione Vortex VSS, la tecnologia di stripping delcatalizzatore esausto AF e la tecnologia RxCat, per aumen-tare la produzione di olefine leggere e/o aromatici. Unodei punti di forza del processo PetroFCC in rapporto adaltre tecnologie è rappresentato proprio dall’utilizzo dellatecnologia RxCat.

I componenti della tecnologia PetroFCC possonoessere applicati anche alle unità FCC già esistenti, chetrattano cariche più convenzionali a base di VGO e sonodestinate a migliorare la resa in propilene. La portata delmiglioramento nella resa in olefine leggere dipende ingenere dai limiti della sezione di recupero dei residuileggeri dell’unità FCC.

Unità di recupero del propileneIl recupero di propilene dalle correnti di raffineria è

sempre più usato per rifornire gli operatori a valle di pro-pilene di classe polimerica (polymer-grade) per le appli-cazioni petrolchimiche. Per soddisfare le specifiche poly-mer-grade, la corrente deve avere una concentrazione dipropilene di almeno il 99,5 % e deve essere sostanzial-mente priva di diolefine e di specie acetileniche. Incor-porando l’apparecchiatura di processo UOP industrial-mente protetta, la PRU (Propylene Recovery Unit) rap-presenta attualmente il metodo più economico direcuperare propilene polymer-grade dalle correnti di raf-fineria (fig. 5).

Circa il 30% della produzione mondiale di propile-ne per la petrolchimica è contenuto oggi nelle correntidi sottoprodotti dei processi FCC e RFCC. La PRU UOPoffre ai raffinatori l’opportunità di convertire a costi con-tenuti il poco appetibile sottoprodotto C3/C4 in pregia-to propilene polymer-grade. Inoltre, la PRU consente diaumentare il grado di purezza del propilene prodotto,

trasformando il propilene di raffineria e di classe chi-mica in propilene polymer-grade.

La configurazione della PRU dipende dal tipo di cari-ca che si intende trattare. Presumendo che si tratti del sot-toprodotto C3/C4 di un’unità FCC, sarà necessario prov-vedere a depurare la carica prima dal propano e poi dal-l’etano. La frazione di testa dell’unità di estrazionedell’etano è inviata in genere al sistema di gas combu-stibile della raffineria, mentre la destinazione dei fondidell’unità di estrazione del propano varia da una raffi-neria all’altra. Il separatore del C3 fraziona poi propanoe propilene; il propano è inviato dal fondo della colon-na all’immagazzinamento, mentre il propilene è prele-vato dalla testa della colonna e inviato a valle per ulte-riori trattamenti. Si tratta di un’operazione difficile, cherichiedeva finora l’impiego di due torri per accogliere ilconsistente riflusso e di un gran numero di piatti di distil-lazione. Tuttavia, la PRU presenta tre importanti van-taggi tecnologici che, come è stato dimostrato, permet-tono di effettuare il frazionamento in un’unica torre, conuna significativa riduzione del capitale investito:• i piatti di distillazione MD (Multiple Downcomer)

UOP, che possono essere installati a una distanzaminima l’uno dall’altro, consentono di ridurre sial’altezza sia il diametro della torre, senza sacrifica-re la purezza del prodotto;

• le tubazioni High Flux UOP, installate nel ribollito-re/condensatore, riducono le dimensioni di questoscambiatore aumentando l’efficienza di trasferimentodel calore;

• un sistema di compressione a pompa di calore fun-ziona sia da ribollitore sia da condensatore, consen-tendo una significativa riduzione dei costi complessi-vi dell’impianto e della pressione di frazionamento.L’unione di queste tecnologie dà luogo al più econo-

mico metodo di separazione del propilene dal propanoattualmente disponibile.

Se necessario, il propilene può essere ulteriormentetrattato per rimuovere il solfuro di carbonile (COS) inun sistema a solvente. Dopo l’essiccamento in una came-ra adsorbente, la corrente di propilene è trattata per rimuo-vere le tracce di arsina, fosfina e antimonio (e di altrimetalli, se presenti). Il prodotto risultante soddisfa lespecifiche industriali per il propilene polymer-grade.

Processo MSCCIl cracking catalitico è ancora la pietra angolare della

maggior parte degli impianti di raffinazione del petro-lio. Questo processo si è dimostrato uno dei più effica-ci per la conversione dei gasoli e del residuo in idrocar-buri più leggeri e pregiati. Le recenti ricerche nella pro-gettazione delle unità FCC si sono concentrate sullariduzione del tempo di contatto tra il catalizzatore e il va-pore di idrocarburi. I miglioramenti apportati ai disposi-tivi di uscita dal riser hanno condotto a una significativa

270 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI

PROCESSI DI CONVERSIONE CATALITICA

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diminuzione del tempo di residenza e della prosecuzio-ne del cracking al di fuori del riser. I vantaggi di questadiminuzione della durata del contatto tra olio e cataliz-zatore consistono in minori rese di gas secco, minoredeposizione di Dcoke sul catalizzatore e maggiore selet-tività del cracking verso la benzina e le olefine leggere.Per cercare di diminuire il tempo di contatto è stato svi-luppato un sistema di reazione innovativo, che prevedel’eliminazione dello stesso reattore riser. La tecnologiaMSCC ha dimostrato di essere un sistema ‘robusto’ e disemplice funzionamento, dotato di innegabili vantaggiin termini di resa e di qualità del processo rispetto aisistemi di reattori FCC convenzionali.

La configurazione del reattore MSCC segna unasvolta nella progettazione dei sistemi riser. Nelle unitàMSCC, la carica è iniettata in senso perpendicolare auna ‘cortina’ di catalizzatore che scorre verso il basso(fig. 6). I prodotti della reazione attraversano la zona direazione e sono rapidamente separati dal catalizzatorein un dispositivo di separazione primaria. Dopo il pas-saggio in questo dispositivo, il catalizzatore rimanen-te è sottoposto a un’ulteriore separazione con un sin-golo passaggio attraverso un gruppo di cicloni esterni.I vapori del reattore sono quindi inviati alla sezionedella colonna principale del complesso MSCC. La rapi-da separazione di catalizzatore e vapore e il volumeridotto della zona di reazione permettono di ottenere ilmassimo di reazioni catalitiche e il minimo di reazio-ni termiche, con una notevole riduzione delle reazionisecondarie indesiderate e una composizione del pro-dotto più selettiva. Il processo MSCC comprende ancheun sistema del tutto originale di stripping del cataliz-zatore esausto. A causa della posizione del reattorerispetto al rigeneratore, è possibile prelevare una cor-rente di catalizzatore caldo dal rigeneratore e iniettarladirettamente nella sezione di stripping. Il catalizzatorecaldo aumenta la temperatura nella sezione di stripping

e, di conseguenza, l’efficacia del trattamento. A suavolta, la maggiore efficacia del trattamento di strippingaumenta il recupero del volume liquido e riduce il con-tenuto di idrogeno nel coke. Il risultato è una minoretemperatura nell’unità di rigenerazione e un rapportocatalizzatore/olio più elevato.

271VOLUME II / RAFFINAZIONE E PETROLCHIMICA

CRACKING CATALITICO

6.1.2 Houdek fig 05

C4sottoprodotto

propanoprodotto

propileneprodotto

fig. 5. Unità di recupero del propilene UOP.

iniettoredella carica

sezione di strippingad alta temperatura

catalizzatorerigenerato

separatoreprimario

cicloneesterno

fig. 6. Reattore MSCC.

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La convenienza sempre maggiore dell’uso dei residuicome alimentazione del processo FCC ha indotto molteraffinerie ad aumentare la severità delle condizioni di rea-zione delle loro unità FCC per mantenere inalterate lepercentuali di resa e di conversione. Tuttavia ciò può riflet-tersi negativamente sulla selettività del prodotto: infattiun aumento della severità di reazione nel reattore riser diun’unità FCC riguarderà tutta la carica, compreso il mate-riale facilmente convertibile, che tenderà all’overcrackingaumentando la produzione di gas secco e coke. La confor-mazione dell’unità MSCC rende possibile l’utilizzazio-ne di due zone di reazione: la zona di reazione primaria,caratterizzata intrinsecamente dalla brevità del tempo dicontatto tra il catalizzatore e gli idrocarburi, è la base delmiglioramento della selettività e della riduzione del Dcoke;la zona di reazione secondaria, che si effettua alle tem-perature più elevate della sezione di stripping, consentela conversione delle componenti più refrattarie della cari-ca. In questo modo è possibile raggiungere un’efficaceconversione della carica MSCC, evitando i rischi di over-cracking inerenti al funzionamento di un’unità FCC tra-dizionale in condizioni di elevata severità.

L’unità MSCC amplia la capacità di gestione di unagrande varietà di complesse reazioni di cracking cata-litico, tipica delle moderne unità FCC, attraverso uncontrollo ancora più efficace del trasferimento di idro-geno e della deidrogenazione. Un miglior controllo diqueste reazioni è importante, in quanto il trasferimen-to di idrogeno riduce il contenuto di olefine dei com-ponenti GPL (potenziali cariche per i processi di alchi-lazione e petrolchimici), mentre la deidrogenazione deicomponenti più pesanti favorisce la formazione di cokesul catalizzatore.

Bibliografia generale

Johnson J.A. (1986) Aromatics complexes, in: Meyers R.A.(editor in chief) Handbook of petroleum refining processes,New York, McGraw-Hill, Chapter 2.1.

Mark HoudekCopyright 2004 UOP LLC

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PROCESSI DI CONVERSIONE CATALITICA


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