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65. 65 dicembr… · el e M e ucci ri t r o v a to ... Nadia corre già da atleta consumata, il...

Date post: 28-Jul-2020
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n. 65 Nadia Battocletti oro all’Eurocross Bronzo a squadre con i seniores Daniele Meucci ritrovato Convegno a Milano, La Torre spietato! Ricostruzione storica del “caso” Schwazer Foto Colombo/Fidal
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n. 65

•Nadia Battoclettioro all’Eurocross•Bronzo a squadrecon i seniores•Daniele Meucciritrovato•Convegno a Milano,La Torre spietato!•Ricostruzione storicadel “caso” Schwazer

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nior uomini), Nadia Battocletti (under 20 donne), mi pia-ceva di più scrivere juniores, ma i tempi cambiano…Ci si siede in tribuna e il monitor che potrebbe fornirciinformazioni più dettagliate sullo svolgimento della gara“is broken” è rotto, ma non è sostituito. Non fa nulla, unoschermo gigante sopperisce al tutto, poi Marco Sicari(responsabile Media/Fidal) è arrivato armato di compu-

ter e in streaming si può vedere anche la gara. Si parte,si palpita per Nadia Battocletti la figlia d’arte con papàGiuliano che non sta nella pelle a bordo prato e urlacome un ossesso. Nadia corre già da atleta consumata, ilbabbo e la mamma Jowahra non appena è riuscita a met-tere un piede dopo l’altro in sequenza e senza cadere, lehanno insegnato l’arte di correre e di attraversare i prati.Nadia vince alla grande, domina la prova. Noi giù a capo-fitto verso la “zona Mista” per sentirla con un’emozioneche non si provava da tempo. La neo campionessa dicross arriva e sul visino scorre qualche lacrimuccia cherende ancora più bello il suo successo. Ci racconta com’èandata, ci dice quali saranno i prossimi appuntamentiatletici, ci ricorda che si alza alla sei del mattino va ascuola (quinta liceo scientifico), poi risponde in un in-

Ho contato i Campionati Europei che hoseguito “in diretta”, mi sono reso conto,escludendo i primi due di Anwick, Mal-moe (2000) e Samokov nel 2014, li hoseguiti tutti. La Eaa ne ha allestiti venti-cinque, compreso quello di quest’anno,

io ne ho visti ventuno. Penso sia un record abbastanzainavvicinabile, visto i chiari di luna, giornalisticamenteparlando, che viviamo. Sino a qualche anno fa a seguire ilcross continentale ci si andava in auto. Spedizioni “proibi-tive” con automezzi da 7/8 posti. Partenze la notte del gio-vedì, arrivo il venerdì mattina: hotel, giro esplorativo sultracciato, conferenza stampa, gara la domenica, ritornocon partenza all’alba del lunedì. Così è stato anche permolti Campionati Mondiali di cross, disputatisi in Europa.Poi il vento è cambiato, qualcuno è andato avanti neglianni, qualcuno ha deciso di desistere, qualcuno è volato incielo e ci segue da lassù. Nelle ultime due edizioni la star-ting list dei componenti la spedizione si è ridotta a tre: chiscrive, Daniele il mio sodale ed Ennio Buongiovanni(detto GoodJohn 1) che a dispetto dell’età, e dei continuibrontolii “è l’ultima volta... è l’ultima volta...” c’è sempre, oquasi.Gli appuntamenti di Hyerès (Francia), Chia (Sardegna)e Samorin (Rep. Slovacca) ci hanno visto come un soluomo agli ipotetici nastri di partenza, forti anche delfatto che i voli low cost danno una grande mano. Que-st’anno la spedizione ha avuto una nuova defezione. Da-niele, accortosi (in ritardo) del genetliaco della genitrice(90 primavere... auguri) ha “dovuto” restare a casa a fe-steggiarla. La toccata e fuga, cioè sabato e domenica 8 e9 dicembre, ha visto sul volo low cost della Ryanair cheda Bergamo ci ha portato a Eindhoven in Olanda solo ioe il prode Ennio. A Tilburg (Brabante Settentrionale) cieravamo già stati nel 2005, sempre di Europeo si trat-tava, ma di quella trasferta, fatta in auto, non ricorda-

vamo che qualche fram-mento, come ad esem-pio la vittoria di SerhgyiLebid. Ai tempi quasiuna consuetudine. Al-l’aeroporto di Eindho-ven non troviamo DafneSchippers ad attenderci.Qualcuno ci sperava…L’arrivo e il trasportoall’hotel della stampa siè rivelato abbastanzacomplicato. Non si rie-sce mai a capire il per-ché ci portino al centroaccrediti, degli atleti odei team e non dellastampa. Con noi sul pul-mino niente di menoche Sonia O’Sullivan,l’irlandese che amavainzaccherarsi tra i pratie 21 anni fa a Marrakeshvinse il mondiale sia nel“corto” sia nel “lungo”.L’hotel della stampa èabbastanza lontano dalcampo gara. Evitiamo ilsolito sopralluogo sulpercorso che è sempre stato una nostra peculiarità,manco avessimo dovuto correre noi, poi spesso piove e ilmeteo non da buone notizie.Veniamo all’Europeo. Esordio ufficiale di Antonio La Torre(The Tower) come D.T., in settimana ha detto la suasenza peli sulla lingua al “Corriere della Sera”. Le puntedella spedizione sono Yeman Crippa e Daniele Meucci (se-

Rapido racconto del campionato Europeo di corsacampestre disputatosi a Tilburg in Olanda che haregalato per la prima volta una medaglia d’oronella categoria under 20 grazie a Nadia Battocletti.Bronzo a squadre tra i senior uomini. YemanCrippa sesto, Meucci undicesimo.

Dall’Olanda si torna con un oro e un bronzoA sinistra: Nadia Battocletti sulpodio delle under 20.

A destra: Yeman Crippa,staccato dal gruppo di testa,alla fine sarà sesto.

(Foto Colombo/Fidal).

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glese abbastanza fluido all’intervista a un’emittente dellaterra d’Albione, non scordando la dedica ai genitori perla sua vittoria. Bene le altre con un rammarico, per unsolo punto quarte, a squadre. Le altre gare ci mostranouna discreto Colombini (12ª) tra gli under 23, RebeccaLonedo generosa e spavalda nella stessa categoria, mafino alla prova clou tra senior uomini dagli azzurri prove,per così dire, solo in chiaroscuro. È la volta della gara più attesa. Il sole ogni tanto fa capo-lino fra spesse nuvole che mantengono le loro promesse eci irrorano abbondantemente, così da rendere molle il ter-reno che in alcuni tratti è fradicio con una poltiglia che siattacca alle scarpe e ai pantaloni. Yeman Crippa è la no-stra punta di diamante. Ha già nel suo palmares ben 4 me-daglie con le campestri. Due d’oro, tra gli under 20 e duebronzi negli under 23. Yeman, 22 anni, ha deciso di fare ilsalto di qualità, corre con i seniores, lascia la categoria in-feriore. Un azzardo? Niente affatto. Se non si osa… Sa-peva di avere contro keniani che battono bandiera turca, ifratelloni Ingebrigsten, spagnoli e francesi di lignaggio,non fa nulla Occorre osare. E Yeman di coraggio ne hasempre avuto. Non arriva a medaglia, ma regala alla nazio-nale azzurra, grazie alla volata finale, di quelle che lui safare un sesto posto che permette agli italiani di salire sulpodio (terzi), con Daniele Meucci, che rientra dopo la pol-monite di origine virale, che si batte come sa fare, congrande esperienza, arriva 11º e Neka Crippa, fratello mag-giore di Yeman, 20º. I due azzurri hanno due approcci di-versi in “zona mista”. Yeman dice: «ci riproverò», Danieleci informa che è solo da settembre che ha iniziato a cor-rere. Nazionale promossa, non a pieni voti, ma quasi.Arriva il presidente Alfio Giomi è felice tanto quantoavesse intascato già il premio dellaLotteria di Capodanno. Oscar Cam-pari (capo delegazione) sostiene diportare fortuna, papà Crippa sor-ride amaro, i genitori di ValeriaRoffino scuotono la testa. Il cross èfinito. Sempre un grande spetta-colo, visto da vivo. Un solo ap-punto: la staffetta mista non èsistemata nell’orario delle gare inmaniera che possa avere un futuro.Messa alla fine non è né carne népesce. Non la segue nessuno. Tuttiintenti a parlare con i protagonistidell’ultimo impegno. Il prossimoanno si corre a Lisbona. Non saròsolo… spero!

Walter Brambilla

I senior che prendono il via sono 89. Un bel gruppo nelquale tutti lottano per prendere le prime posizioni.Ogni tanto piove, ogni tanto smette, ogni tanto esce

un occhio di sole, c’è sempre un po’ di vento. Quando gli89 passano nei pressi delle tribune si nota che moltihanno in testa un cappellino o un berretto o una ban-dana. Ma fra tanti copricapo ne svetta soprattutto uno,uno bianco, che più bianco non si può. Quindi lo si distin-gue bene. È un cappellino tipo baseball. Ha una capacevisiera e al centro ha stampato uno scudetto tricolore. Alpassaggio del primo giro il cappellino bianco passa in 32ªposizione, al secondo giro in 20ª, al terzo in 14ª, al quartoancora in 14ª, al quinto in 13ª, al sesto in 10ª e al set-timo… è forse addirittura nei primi tre? No, è in 11ª posi-zione e qui la gara, dopo 10.300 metri, si conclude. Ilcappellino bianco, provato dall’entusiasmante progres-sione e in ultimo dalla lotta ingaggiata con il britannicoJones, nell’ultimo giro si è trovato costretto a cedere unaposizione all’irlandese Tobin, anche perché un po’ soffe-rente alla schiena all’altezza polmonare. Ma che grangara ha fatto! A questo punto c’è da chiedersi chi saràmai il proprietario di questo cappellino bianco (peraltrogià notato in altre occasioni)? Scudetto tricolore, com-pleto azzurro a spicchi, perfetto stile di corsa (nel fangocome in strada e in pista): ebbene, è chiaro, il cappellinoè del 33enne ingegnere informatico, con specializzazionein Automazione e Robotica, Daniele Meucci.

Il pisano – vincitore di 16 medagliein rassegne internazionali continen-tali tra le quali spicca quella d’oroeuropea della maratona di Zurigo2014, 33 maglie azzurre, 5 Mondiali,2 Olimpiadi, 4 Campionati Europeiin pista e 6 nel cross, 11 titoli ita-liani, primati di 13’19”00 nei 5000, di27’32”86 nei 10.000, 9 maratone conun primato di 2h10’45” (Otsu 2018) - – grazie a tutto ciò non lo si scoprecertamente oggi: a scoprirlo fu Mas-simo Rosellini che, finché restò invita, coadiuvò con Luigi Principato,ex mezzofondista di buon livello, suoallenatore ufficiale dal 2003 al 2009.Nella gestione dell’atleta contribuìanche Denise Cavallini. Dal 2010come allenatore è subentrato Mas-simo Magnani. Dal dicembre 2004veste la maglia dell’Esercito. Ai primi di luglio di quest’anno èstato colpito da una pesante forma

di polmonite che lo ha costretto a una sosta dall’atti-vità atletica per tutto luglio e agosto con inevitabile ri-nuncia agli Europei di Berlino. Debilitato nel fisico e nella mente, Daniele, dopo sedicianni di atletica, ha meditato il ritiro dall’attività agoni-stica. È grazie a un gran lavoro psicologico portato avantida Magnani se il pisano ha superato le sue tentazioni e,con nuove condizioni e nuovi stimoli, ha ripreso ad alle-narsi col solito impegno e con la solita passione, ormai deltutto dimentico degli spiacevoli episodi che in carriera lohanno amareggiato. I nuovi stimoli sono ascrivibili soprat-tutto al cambio di allenatore, suggerito da Magnani stessoal quale sono subentrati l’amico Daniele Caimmi – ecco lacoppia Daniele & Daniele – e la compagna Giada Ber-tucci, già discreta mezzofondista toscana e madre deisuoi tre figli: Dario di 7 anni, Noemi di 5 e Greta di 8 mesi.Caimmi è un ex maratoneta che sui 42 chilometri vantaun crono di 2h08’59”, tempo che lo vede al 7° posto nelleliste italiane all-time. Nato a Jesi nel ’72, si dà il caso cheabbia partecipato a un solo Europeo di cross, quello tenu-tosi nel 2005 proprio nella stessa Tilburg. Si classificò 20°.Giada, infermiera di professione, è tecnico specialistaFidal. Oltre a partecipargli pareri tecnici vari, seguespesso il compagno in bicicletta. Da metà settembre Daniele ha ripreso pian piano ad alle-narsi con due obiettivi primari e ben precisi, beninteso inmaratona: il Mondiale 2019 a Doha (Qatar) e l’Olimpiade2020 a Tokyo (Giappone). Il 4 novembre scorso ha volutoriassaporare il gusto di una maratona e così s’è cimentato,senza impegno di sorta, in quella di New York, concluden-dola al 51° posto in 2h29’38”. Nell’occasione ha accompa-gnato un gruppo di dieci amatori che si erano preparatisotto la sua guida tecnica utilizzando sistemi analiticidella Società italiana Integris, sistemi coi quali, attraversouna serie di test effettuati con l’uso di tecnologie digitali, idieci hanno potuto prevedere il tempo che avrebbero ot-tenuto, cosa avvenuta con quasi assoluta precisione. Chesia questa la sua futura professione? «Assolutamenteno” – assicura Daniele – è stata solo un’esperienza occa-sionale per testare sistemi e materiali». All’Europeo di Tilburg Meucci ha dunque preso il viacon un allenamento molto relativo. Il nuovo D.T., Anto-nio La Torre, ben conoscendo il suo valore, gli ha chie-sto la disponibilità a dare una mano alla nazionalesenior affidandogli il ruolo di Capitano. Daniele ha ac-consentito ben volentieri. Il suo ultimo Eurocross risa-liva a quello di Belgrado 2013. E il risultato lo si è visto:sorprendentemente undicesimo e la Nazionale terza,con lui miglior italiano dopo Crippa (sesto). La Torre loha ringraziato con un giudizio molto lusinghiero, acco-

munandolo a un gran bel lavoro svolto da Caimmi. Nel futuro prossimo Meucci ha in calendario la 10 km dellAtleticom We Run Rome del 31 dicembre. Poi correrà ilCampaccio del 6 gennaio, poi… finché il 7 aprile gareg-gerà nella maratona di Roma. Noi sperando di rivederlocol cappellino bianco portafortuna!

Ennio Buongiovanni

Un cappellino bianco nel fango di Tilburg

Nadia Battocletti guida il gruppodelle Under 20. Alle sue spalle la turcaKalkan, terza classificata.(Foto Colombo/Fidal).

Il cappellinobiancoportato aspasso daDanieleMeucci.Undicesimoal traguardo.(FotoColombo/Fidal)

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Non c’ero, imberbe sedicenne, inquel di Helsinki 1971 a urlare

per la supremazia mostrata da CiccioArese sul il resto del continente, bat-tendo un polacco dal nome impro-nunciabile (Szordykowski). Ma lessitutto avidamente sui giornali trovatinella casa del custode dello stadio.Poi il nostro mitico coach, al secoloAngelo Filighera, ci fece omaggio diqualcosa che negli anni sarebbe di-ventata la mia casa: la rivista AtleticaLeggera. Su quelle pagine mi formaie capii che quel mondo poteva ancheessere il mio futuro.

Non c’ero nella Roma del 1974 adisperarmi per la sconfitta di

“March” Fiasconaro, crollato sotto glispietati colpi di Susanj e dell’astronascente (19 anni) britannico SteveOvett. Nel contempo, riuscivo adesaltarmi per l’inaspettato e sorpren-dente bronzo di Beppe Cindolo nei10.000. Ricordo ancora il sorriso suquel volto baffuto. Spiantato stu-dente non potevo permettermi unasettimana nell’Urbe. Soprattutto do-vevo preparare un paio di esami perpassare da un Istituto all’altro… Nonc’ero… però ho potuto “ubriacarmi”bevendo avidamente dalle pagine deigiornali, la rosea in primis e qualchesettimana dopo dalla rivista AtleticaLeggera (sempre lei...) tutto quantoera stato scritto.

Non c’ero nella grigia Mosca del1980. Così almeno la racconta-

vano gli “eletti”, quelli che avevanoavuto l’opportunità e la fortuna di es-serci, gli inviati di quei quotidiani cheogni giorno acquistavo all’edicola econcorrevano pesantemente a deci-mare la già mie modeste finanze. Ma

tripudiare per l’oro di Sara e dellaFreccia del Sud valeva la spesa.

Non c’ero ad Atene (1982), Hel-sinki (1983) Los Angeles (1984)

per accompagnare l’ascesa al monteOlimpo, del baffuto Ragionier CovaAlberto da Inverigo. Gentile ma ful-mineo e pericoloso come un crotaloquando si palesava un titolo pregiato.Non c’ero, ma tutto conoscevo unavolta penetrati i misteri svelati sem-pre da chi poteva raccontare di per-sona e in prima battuta quelleleggendarie sfide.

Non c’ero nella capi-tale del Baden-

Württemberg (agosto1986), sud-ovestdella Germania, adammirare la pazza efolle cavalcata diFrancesco Panettalanciato verso un im-probabile e quasi im-possibile titolo europeodelle siepi. E infatti fu trafittodal tedesco dell’Est Hegen Melzer.Crogiolandomi al sole della Pugliapassavo ore sotto l’ombrellone ad in-formarmi, su pagine di carta predadel vento, di quanto accadeva lassùalle porte del cosmo.

Non c’ero nella capitale del SolLevante ad ammirare due atleti

impegnati nella più grande prova disalto in lungo della storia. Con 8.95Michael Anthony Powell, detto Mike,riuscì a dominare il “Figlio del vento”che dovette arrendersi pur volando a8.91. Nulla potè il fuso orario (ottoore avanti rispetto all’Italia) e nienteriuscì a fermare la consueta, insazia-bile, fame di notizie. Un’unica fonte

era in grado di soddisfare quell’ata-vica ingordigia: i giornali. Di ogni fog-gia e colori.

Non c’ero in altre centinaia di ma-nifestazioni, piccole o grandi,

nazionali, o internazionali. Non ap-partenevo alla fortunata stirpe degli“inviati”, sempre sul pezzo ad ogni la-titudine, spediti dai rispettivi diret-tori e, dunque, senza problemi dibilancio. Ma sopperivo a tutto ciò conla puntuale informazione, gli impec-cabili resoconti, i sognanti racconti dichi, fortunato, poteva rendere parte-cipe il resto del mondo.

C’ero a Spalato a celebrare Salva-tore

Antibo, a raccontarequella saga vibrante e appassionata.C’ero, sugli spalti del Gradski Sta-dion, nel mezzo della bolgia con i pa-renti accorsi ad acclamare quelpiccolo siciliano che metteva sogge-zione ai giganti nordici, tedeschi ebritannici. C’ero a Helsinki ‘94,pronto a favoleggiare su una storiad’amore sbocciata sulle pedane deisalti. Lei Fiona, inglese, lui Gianni,toscano. Lungo e asta, un’unione cheha generato, così raccontano le cro-nache attuali, un altro gioiello chepotrà impreziosire la corona dell’atle-tica italiana.

È IL PROGRESSO BELLEZZA! C’ero a Montecarlo quando l’urlo didolore fermò il volo di Gimbo im-

pedendogli la partecipazione ai Gio-chi di Rio. C’ero anche in campo,unico “giornalaio”, entrato spaccian-domi per un addetto al soccorso. Edebbi, così il “privilegio” di raccontare,in presa diretta, il dramma del ra-gazzo e del padre.

Ogni articolo, ciascun “pezzo”, nonimporta da chi scritto o dove ve-

nisse pubblicato, differiva dall’altro.Gli inviati raccontavano emozioni, ec-citazioni, suggestioni captate in loco etrasmettevano quelle sensazioni alpubblico, ai lettori seduti comoda-mente a casa. Che cosa è rimasto ditutto questo? Nulla. Spazzato dallafuria delle nuove tecnologie, dalla vio-lenza dei bilanci che impongono taglinetti. Dai cambi di politica editoriale.Tutti, o quasi, a casa. Basta lo

schermo di un computer, un te-levisore ed ecco che si può

ripetere la magia. Falsasuggestione, pur-troppo. Oggi ci si af-fida ai comunicatistampa, stilati dagliorganizzatori o dalle

Federazioni, alle noti-zie d’agenzia. O, peggio

ancora, a facebook, aqualche appassionato

sgrammaticato. Risultato? Me-lassa insapore. Piattume e “colate

di piombo” (una volta si usava questaespressione) inesorabilmente uguali,omogenei. Articoli che paiono scrittida un’unica mano, dove non si coglienessuna vibrazione, emozione, fre-mito, nessun palpito.

Il web ci salverà sostenevano e so-stengono i futurologhi. Forse. Per-

metteteci il dubbio. Non sono stato aTilburg, in Olanda. Mi sono bastati iracconti degli amici presenti. I gior-nali? Quattro righe, forse dieci, venti.Nulla più che una scarna e asetticacronaca dell’evento, con qualche ec-cezione... Sempre più velocemente ilWeb va sostituendo la stampa scritta.Ma siamo sicuri che si tratta propriodi un progresso?

Daniele Perboni

Il web e le nuove tecnologie tolgonosempre più spazio alle cronache sullacarta stampata. Ma è vero progressooppure un appiattimento generale?

Ci sono giornate che ci riconciliano con il nostro mondo. Nessuno è disgustato,sia ben chiaro, ma a volte, come si dice in gergo, “cadono i pantaloni” per nondire altro. Nel mese di ottobre ci ha pensato il gruppo di amici guidato da “Octa-vius” Castellini ad organizzare una giornata dedicata a Giuseppe Gentile in oc-casione del cinquantesimo del suo record del mondo in quel di Messico 1968. Il 30novembre, chi scrive, ha avuto l’opportunità di essere graditissimo (notare il su-perlativo assoluto) ospite di Maura Viceconte. Sì, proprio la signora della Val diSusa che nel 1988 andò a medaglia a Budapest. Maura ha nel suo palmares unbronzo nella maratona continentale, un primato italiano sulla distanza dei km42,195, battuto solo cinque anni fa da Valeria Straneo, per una miseria di 3 se-condi. Un battito d’ali, un sospiro. Maura è però sempre al comando della listaitaliana dei 10 mila. Come potete leggere, primati non da poco conto. L’ex az-zurra in occasione del suo genetliaco nel 2017 (gli anni non ve li dico, se voleteandate a cercarli sugli annuari, o sulla cloaca massima dell’informazione o di-sinformazione che risponde al nome di facebook), ebbe l’opportunità d’ideare tra-mite un compaesano e di trasformare in realtà un docu-film sulla sua vita daatleta. Traduzione: un vero e proprio film dove gli interpreti sono gli stessi prota-gonisti che si tramutano in attori. Maura e Luigi Cantore (film maker) hannogirato in largo e in lungo per un anno ed hanno compiuto un ottimo lavoro. Maoltre alle interviste, agli spezzoni d’epoca con Maura impegnata a correre, comead esempio a Vienna dove stabilì il record italiano, ci voleva un’abile penna“commentatrice”. E qui è venuto in soccorso Remigio Picco, altro valsusino, uncultore dell’atletica. Chi scrive lo ha incontrato in tutti i campi del mondo oquasi. L’atletica chiama e lui risponde: presente! Il gioco ha così potuto avere uninizio e una fine. La sera del 30 novembre in località Villar Dora, 3000 abitantinon lontano da Torino, in un centro sociale comunale c’era il mondo intero. Salaaffollatissima. Gli ospiti d’onore erano stati anche protagonisti del docu-film:Laura Fogli, Maria Curatolo, Franca Fiacconi, Rossella Giordano, Daniela Gra-glia, Patrizia Cassard, Maurizio Damilano, Alessandro Lambruschini, i tecniciLuciano Gigliotti e Renato Canova, Walter Durbano e tanti bei nomi dell’atleticapiemontese, dalla stampa all’organizzazione di gare. In altre parole tutti atten-tissimi allo sviluppo della pellicola intitolata: “La vita una maratona: La corsail mio modo di vivere”. Un’ora o giù di lì inframmezzata da scrosci di applausi,ricordi, aneddoti, testimonianze. Dopo la proiezione lo tesso Remigio Picco ha in-tervistato, oltre alla splendida regina della serata Maura Viceconte, anche tuttele altre atlete ospiti con qualche gustosissimo ricordo, tipo la rivalità all’epocatra Franca Fiacconi e la stessa Maura Viceconte. Si è finito a sera inoltrata, maci aspettava uno splendido chalet in riva al Lago di Avigliana. Meglio di così!

Walter Brambilla

La maratona della vita

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nazionale e oggi giorna-lista, ha ricordato comel’atletica dia di sè, agliocchi dei giovani, unaimmagine vecchia,poco appetibile. «Ser-vono progetti in gradodi confrontarsi con i social, strumenti che ormai tutti igiovani usano senza nessun problema».Tutto tranquillo, sino a quando è intervenuto lui, il dia-volo, l’orco Shrek, però geneticamente modificato, il rullocompressore Antonio La Torre. Bastano poche frasi perfar capire quanto sia stato duro e spietato. Ha sforato itempi, ma nessuno si è preso la briga di intervenire. Anzi,non avevano neppure fatto partire il cronometro...«Signori, mettetevi in testa che il decentramento non hafunzionato (assestando così uno stordente uppercutagli organizzatori che in apertura di serata avevano au-spicato un modello tecnico che presupponeva ancheuna sorta di decentramento). Fra i nostri juniores eunder 23 ne abbiamo solo una che potrà arrivare fra leprime 30 al mondo (Battocletti n.d.r.).«Mi chiedono perché Chiappinelli è fuori dai top! Gli hoparlato chiaro: “non sei in grado di fare il record di Pa-netta sulle siepi, quindi è meglio che ti sposti sui 10.000”.«Basta chiamare velocista chi corre i 100 in 10”30. Dal1964 a oggi ci sono mezzo milione di giovani in meno. Edè con questi numeri che dobbiamo fare i conti. Se propriodobbiamo fare qualcosa, almeno famolo strano... (butta lìprovocatorio). Ho fissato dei criteri e da lì non mi sposto. «A Tilburg fosse stato per me avrei portato solo unadecina di atleti. Guardate gli inglesi. Non avevanograndi campioni eppure a squadre sono andati a me-daglia in tutte le categorie. Ma quelli sono tosti, muo-iono sempre dieci metri dopo il traguardo, mentre inostri... (e qui mima passettini da danza)».Poi, in separata sede confessa che «Ho avuto chiarimentianche con il tecnico cubano Santiago Nunez (anche sepropendiamo più per uno scontro fra placche tettoniche).Gli ho spiegato che non mi interessa se allena Lorenzo Pe-rini, al sottoscritto serve che alleni il suo tecnico, Ripa-monti. Perché quando lui (Nunez) se ne andrà, e haminacciato di farlo, quì resterà qualcosa e qualcuno in

grado di allenare. Identica precisazione che ho fatto aWerner Goldman (il tedesco tecnico dei lanci)».Il dubbio è che così facendo sia andato in rotta di colli-sione anche con Elio Locatelli, ex D.T. e che fortementeimpose quegli specialisti. «Beh, diciamo che anche con luiho avuto dei chiarimenti». Sorride sornione.

Daniele Perboni

Il rischio, enorme come labolla finanziaria di anniaddietro, poteva essere

quello di assistere a una se-rata da amarcord “Comeerano belli, felici, interes-santi, magnifici, coinvolgentii vecchi tempi, quando l’atle-tica sfornava campioni, erasempre sui giornali e si vin-cevano medaglie”. Invece, eper nostra fortuna, non è an-data così. Almeno, non tuttala serata è stata condotta suquel binario. Certo, alcunidegli intervenuti probabil-mente non hanno compresosino in fondo lo spirito e iltema del convegno (IoFarei Così, proposte permigliorare questa nostraatletica). Comunque, fra altie bassi l’incontro milanese,organizzato da Sergio Previ-tali e Saro Naso (OfficinaAtletica), ha prodotto alcunispunti interessanti e diversesorprese. Prima di tutto sipensava, almeno lo scriventese lo figurava, di ritrovarsifra i soliti “quattro amici albar”. Così non è stato. C’èchi, infatti, si è sciroppatocentinaia di chilometri, o chiha viaggiato per mezzo sti-vale, Puglia e Lazio la re-gioni più lontane, per esserepresenti. La speranza è chegli organizzatori riescano amettere tutto su carta (o sulweb, anche se l’incontro èstato trasmesso in strea-ming) così da poter permet-tere, a chi non era presente, di conoscere ciò che ne èscaturito. Particolarmente apprezzato l’intervento diGiacomo Leone, presidente della Puglia, quando ha sot-tolineato l’obiettivo che si è dato, cioè «Diffondere il“verbo” tecnico e l’aiuto finanziario (70.000 euro) distri-

buito alle varie società dellasua regione. Denaro raccoltograzie alle numerosissimecorse su strada organizzate.E il pensiero è corso allaDeejay Ten, 40.000 parteci-panti lo scorso ottobre a Mi-lano e nessun euro versatonelle casse Fidal.Maurizio Barbieri, Lazio, hasottolineato quanto poco onulla ha reso, in termini nu-merici, l’impegno di avermandato i tecnici nellescuole. La sua conclusione?«Servono “seminari” apertianche alle famiglie, con lapresenza di psicologi dellosport. Insomma è impor-tante, riuscire a mettere “asistema” tutte le compe-tenze che compongono la fa-miglia dell’atletica».Stefano Mei ha puntato ildito sulla mancanza di co-municazione fra il territorio,la periferia, e il centro, men-tre il settore tecnico do-vrebbe essere un punto diriferimento. Una frecciatinaanche alle società militariche dovrebbero tesseraresolo atleti formati.Dino Ponchio, forse il piùcriticato fra i personaggiche ruotano attorno al Pre-sidente Giomi, presente allaserata, ha messo in evi-denza come ormai sia«giunto il momento storicoaffinché tutte le animedell’atletica si riuniscano at-torno a un tavolo. Serve un

“punto a capo – ha sottolineato – sul metodo, sui con-tenuti. Dobbiamo tornare ad avere fiducia fra di noi».Roberto De Benedittis si è detto allarmato per l’etàsempre più avanzata dei giudici di gara: «Sono in estin-zione», mentre Magda Maiocchi, exmezzofondista della

Gli intervenutiSergio Previtali Officina AtleticaSaro Naso Officina AtleticaChristian Zovico* Presidente Fidal VenetoRosa Maria Boaglio Presidente Fidal PiemonteGiacomo Leone Presidente Fidal PugliaMaurizio Barbieri Fidal LazioStefano MeiMaurizio Lorenzini Podisti.netNicola Rossi Team A LombardiaAchille Ventura Presidente Atl. BergamoMassimo Di Giorgio** Luca Di GennaroDino PonchioAndrea Uberti TecnicoAntonio La Torre D. T. NazionaleRoberto De Benedittis Resp. Naz. ACSI AtleticaSergio Baldo Resp. Fiamme OroAlessandro Castelli Cus Milano Pro PatriaMagda Maiocchi Giornalista* Intervenuto con un video** Ha mandato un intervento scritto e letto in aula.

Io farei così... allora famolo stranoA destra: alcuni momenti dellaserata. Fra gli altri siriconoscono Saro Naso (nellafoto piccola) e, sotto, SergioPrevitali e il Presidente FidalAlfio Giomi.

Alla tavola rotonda, Io Farei Così, orga-nizzata da “Officina Atletica”, venerdì14 dicembre presso la sede della FidalLombardia, si sono ascoltate diverseproposte interessanti, anche se in di-versi passaggi ci è parso di essere da-vanti al “Muro del Pianto”. Mal’intervento più dirompente è venutoda Antonio La Torre. Come sua abitu-dine, il Direttore Tecnico non ha avutoremore di sorta nell’elencare qualisono, a suo giudizio, i mali dell’atleticaitaliana e le eventuali correzioni da ap-portare al sistema.

Antonio La Torre.

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Le “quattro righe” della finanziaria che ri-schiano – come grida chi è avverso alla ri-forma Giorgetti – di ridurre il CONI ad una“sorta di agenzia di viaggi”, sollecitanomolti interrogativi, soprattutto da parte dichi questo mondo lo vive dal di dentro, ri-

guardo al futuro di tante strutture che oggi sono allabase dello stesso CONI e dello sport italiano. Ci chie-diamo: che fine farà la giustizia sportiva? Attualmente,tra Nado (Tribunale antidoping, Procura antidoping, Co-mitato controlli antidoping, Comitato esenzioni terapeu-tiche), Procura generale dello sport e Collegio digaranzia, risultano coinvolte, per nomina, circa ottantapersone, con ai vertici il generale Leonardo Gallitelli, re-sponsabile Nado, l’ex-ministro Franco Frattini, respon-sabile del Collegio di Garanzia, e il prefetto Ugo Taucer,insediatosi al vertice della Procura generale da pocotempo al posto del generale Cataldi.

Se la futura società “Sport e Benessere” sarà una strutturaal cento per cento “governativa”, niente impedisce di ipo-tizzare che la parte più legata alla materia doping vadasotto la tutela del Ministero della Salute, che già in partese ne occupa, e per quanto riguarda invece la problema-tica della giustizia ci possa essere un coinvolgimento delMinistero competente che per adesso, con i suoi magi-strati, garantisce l’applicazione della legge 376/00, quellasul doping. Vedremo.

L’aspetto doping, materia assolutamente sensibile e nonsolo perché ha implicazioni internazionali, meriterà un’at-tenta valutazione in sede di eventuali riforme, anche per-ché le normative sportive e quelle penali non seguono lostesso percorso e, anzi, talvolta appaiono in conflitto. Al ri-guardo è un recente e chiaro esempio la squalifica di quat-tro anni inflitta al nuotatore Filippo Magnini dal tribunaleCONI, a fronte del mancato rinvio a giudizio della procura

di Pesaro che pure lo aveva indagato. Quattro anni, senzauna pur minima prova che l’atleta si fosse mai dopato(“Ma chi non ha mai pensato di farlo”, disse qualche annofa un guru del doping come Alex Schwazer), sono apparsiai più una follia giuridica, anche se è giusto, per capiremeglio, aspettare le motivazioni della sentenza.

Che però la giustizia sportiva, in particolare quella relativaai reati di doping, sia apparsa negli anni contraddittoria, lodimostra anche il suo atteggiamento nei confronti dei me-dici Giuseppe Fischetto e Pierluigi Fiorella e della diri-gente Rita Bottiglieri, coinvolti, come noto, nella primapositività di Alex Schwazer e condannati in primo gradodal tribunale di Bolzano rispettivamente a due anni i me-dici e a nove mesi la dirigente. Una sentenza che giudi-chiamo incomprensibile dopo aver letto tutte le carte esoprattutto le motivazioni – un testo, quest’ultimo, pienodi omissioni riguardo a quanto emerso dal dibattimento

(email, testimonianze, regolamenti) – ma dove emergeanche la palese difficoltà da parte del giudice monocraticoche l’ha emessa di comprendere i meccanismi dell’antido-ping e non certo perché, ad esempio, il dottor Fischettonella motivazione viene citato addirittura come “responsa-bile sanitario del CONI”!

Adesso i tre professionisti aspettano il processo di ap-pello per dimostrare che il loro comportamento fu ri-spettoso dei ruoli e dei regolamenti nei riguardidell’ex-carabiniere altoatesino che – ricordiamo – èstato poi trovato nuovamente “positivo” nel 2016 e con-dannato dal Tribunale internazionale (TAS) a otto annidi squalifica. Intanto però Fischetto, Fiorella e Botti-glieri prossimamente si dovranno anche difendere da-vanti al tribunale sportivo della prima sezioneantidoping, essendo stati rinviati a giudizio dal procura-tore Mario Vigna. Che questo avvenga a sei anni dai fatti

Il ruolo ambiguodella giustizia sportiva

Per gentile concessione di SportOlimpico.it pubblichiamoi recenti sviluppi del “Caso Schwazer”, partendo da una

interessante ricostruzione storica, curata da Sandro Aquari.

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contestati appare di per sé già paradossale, e lo appareancor di più se si considera che i due medici sono statigià “valutati” in passato dalla procura CONI (e proprioda Vigna!), che ha considerato i loro comportamenti neiconfronti dell’ex-carabiniere altoatesino corretti e leloro dichiarazioni attendibili rispetto alle accuse cheaveva formulato Alex Schwazer alla ricerca di unosconto di pena che ovviamente non ha avuto.

Ma c’è di più: Fischetto e Fiorella, quali medici tesseratiper la Federazione Medico Sportiva, sono stati già giudi-cati dal tribunale della citata federazione e assolti, dopo lalettura di tutte le carte emerse dal dibattimento di Bol-zano. Né la Procura generale del CONI ha mai fatto ap-pello contro questa sentenza assolutoria, come inveceavrebbe potuto fare. Ma la procura antidoping ha l’obbligodi deferire comunque i soggetti davanti a una sentenza diprimo grado e quindi appellabile, peraltro dopo aver giàfatto una prima valutazione della responsabilità e dopouna sentenza assolutoria da parte della federazione com-petente in fatto di tesseramento?

Nel regolamento antidoping non ci pare esista questaconcatenazione, anche perché l’articolo 40.2.4 del rego-lamento antidoping precisa che solo una decisioneemessa da una corte o da un ordine professionale nonoggetto di un appello debba considerarsi prova inoppu-gnabile da parte del tribunale antidoping. Ipotizziamo:se Fischetto, Fiorella e Bottiglieri venissero squalificatidal tribunale CONI (da precisare che i due medici nonrisultano al momento tesserati, mentre lo è Bottiglieri,dirigente anche di una società sportiva romana) e poiassolti in appello a Bolzano, che figura farebbe la giusti-zia sportiva visto che le motivazioni del procuratoreVigna per l’attuale deferimento si basano praticamentesu quanto scritto a sostegno della sentenza di Bolzano,

dove Alex Schwazer viene considerato un teste assolu-tamente attendibile e non un “bugiardo” come soste-nuto nel 2015 dallo stesso Vigna e dal tribunale che gliha negato sconti di pena?

Ci ha meravigliato, peraltro, che un procuratore ormaiesperto come Vigna non abbia potuto dimostrare in que-sta occasione una sua indipendenza intellettuale su unamateria che conosce come pochi, rispetto alla poca com-petenza dimostrata più di una volta dai giudici penali, adesempio come nel caso di Alberico Di Cecco, maratonetasqualificato dalla giustizia sportiva e assolto in tribunalepenale nonostante il palese uso di doping. Insomma la giu-stizia sportiva relativamente al doping non può una voltasentirsi di serie A e un’altra volta chinare il capo per fareda raccattapalle.

Viene anche da domandarsi: perché le sentenze penalivengono utilizzate ad uso e consumo? Perché nei con-fronti di Fischetto, Fiorella e Bottiglieri una condanna diprimo grado diventa l’alibi per un deferimento sportivoa ben sei anni dai fatti, e perché lo stesso metro non èstato usato per Alex Schwazer? L’ex-carabiniere è statocondannato dal TNA a una squalifica di tre anni e seimesi (poi nel 2015 furono aggiunti altri tre mesi) per ifatti relativi al 2012. Ma il tribunale di Bolzano il 22 di-cembre 2014 lo ha poi condannato, previo patteggia-mento, a otto mesi più multa per essersi dopato “aRacines tra marzo 2010 e il 30 luglio 2012”, mentre perl’uso della tenda ipossica nel 2008 – non proibita dallanormativa sportiva – scattò la prescrizione.

Perché da parte della Procura CONI non è mai partito unulteriore deferimento per il dopaggio del 2010 e 2011?Perché la giustizia sportiva non ha chiesto l’annullamentodei risultati del 2010 (e 2011) tanto che Alex Schwazer ri-

sulta per la storiadello sport an-cora campioneeuropeo della 20km di Barcel-lona, nonostanteun tribunale pe-nale abbia accer-tato in viadefinitiva che nel2010 si dopava?Addirittura il tri-bunale antido-ping non ha maichiesto neppurel’annullamentodei risultati del2012 e in parti-colare del

tempo-record (1h17’30”) che l’ex-marciatore ottennesulla 20 km di Lugano il 18 marzo in condizioni di pienodopaggio, come poi ammise lui stesso in tribunale. Suc-cessivamente fu necessario l’intervento d’ufficio dellaIAAF per la cancellazione di quel risultato taroccato.

Comunque, qui di seguito, per avere un quadro preciso diquello che è stato il ruolo della giustizia sportiva nei con-fronti di Fischetto, Fiorella e Bottiglieri, abbiamo cercatodi ricostruire cronologicamente i fatti.

L’11 novembre 2014 l’allora UPA (Ufficio pro-cura antidoping), che aveva aperto un’indagine nei con-fronti del dottor Fiorella, convoca il medico per chiederglichiarimenti sull’ipotesi accusatoria, ovvero che durante icampionati Europei del 2010 avesse somministrato aglistaffettisti della 4x100 azzurra (Collio, Donati, Checcuccie Di Gregorio) farmaci (in particolare il cortisone) in vio-lazione delle leggi antidoping. Fiorella fornisce tutte le ri-sposte del caso, ma si avvale della facoltà di nonrispondere sulla questione Schwazer, in quanto è ormaidiventato ufficiale il rinvio a giudizio con relativo processoche poi partirà in modo definitivo il 25 novembre 2015.Tre dei quattro staffettisti (Collio, Donati e Checcucci),sentiti in aula a Bolzano, confermano la correttezza delcomportamento del dottor Fiorella. L’ipotesi accusatorianon è stata comunque mai inserita tra i capi di accusa.

Il 7 maggio 2015 l’UPA convoca ancora il dot-tor Fiorella e a seguire, il 29 maggio, chiama come per-sona informata dei fatti anche il dottor Fischetto. Adentrambi vengono chiesti chiarimenti sulle accuse postein essere da Alex Schwazer nella memoria che l’atleta il27 marzo ha presentato alla Procura di Bolzano e suc-cessivamente (24 aprile) alla Procura CONI, con la ri-chiesta di ottenere uno sconto sulla sua squalifica. Sia ildottor Fiorella sia il dottor Fischetto fanno seguire alleloro deposizioni delle memorie.

Il 5 ottobre 2015 il Tribunale CONI nega adAlex Schwazer la riduzione di pena facendo proprioquanto trasmesso dalla Procura che aveva inviato le sueconsiderazioni anche a IAAF e WADA: un solido puntofermo a favore dei due medici. Si legge infatti nella sen-tenza del Tribunale:

“le ultime dichiarazioni dell’Atleta non sono sufficienti asupportare la sua istanza di sospensione di parte dellaprima sanzione. Siffatte affermazioni non sono suppor-tate da adeguato materiale probatorio e i due dottori(i.e. Fiorella e Fischetto) hanno fornito prova documen-tale al fine di confutare le affermazioni dell’atleta. È pos-sibile affermare che alcuni membri della FIDAL hannosottovalutato il comportamento dell’atleta e il suo possi-bile collegamento a pratiche di doping. Tuttavia non esi-

ste al-cuna prova di una delle condotte di complicità previstenell’art. 2.8 del NSA (2.8 Codice WADA 2009 e 2.9 Co-dice WADA 2015). In questo senso, deve essere notatoche l’atleta stesso dichiara che né il dott. Fiorella né ildott. Fischetto lo abbiano assistito nel suo piano do-pante. La possibile ‘mancata denuncia’ da parte del dott.Fiorella sembra non essere sufficientemente supportatada prove o non soddisfare gli standard di prova richiestie, in ogni caso, non costituisce una violazione delle ADRratione temporis applicabili”.

Per quanto riguarda le accuse al dott. Fiorella, con lequali l’atleta affermava di aver confessato al medico ilsuo uso di doping nella primavera del 2012, Fiorellaaveva contestato le affermazioni di Schwazer (“Mi parlòsolo dell’uso della tenda…”), dimostrando anche che illoro incontro era avvenuto in tutt’altre date rispetto aquanto affermato dall’ex-carabiniere. Tuttavia il verbaledell’interrogatorio fu passato anche alla difesa dell’atletache in tribunale, a Bolzano, ebbe modo di correggersi af-fermando che nelle precedenti deposizioni e nella me-moria aveva “confuso le date”.

Passano due anni nel silenzio più assoluto daparte degli organi di giustizia sportiva. Il processo penaleè ormai alle sue fasi conclusive. Il 15 settembre2017 laProcura della Federazione medici sportivi informa che Fi-schetto e Fiorella, tesserati FMSI, sono convocati il 19 ot-

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tobre per il procedimento contro di loro, formalmenteaperto il 25 giugno 2013 solo in base ad articoli di giornali.La Procura FMSI, quando convoca i due medici, ha solo inmano il decreto di citazione a giudizio e la relazione intro-duttiva della Procura di Bolzano, documenti trasmessidalla Procura Generale dello sport del CONI, il cui procu-ratore, il generale Cataldi, sarebbe andato di persona, a lu-glio, per conferire con gli inquirenti di Bolzano e poisollecitare l’intervento della procura FMSI. In due fasi suc-cessive tutti gli atti ufficiali del processo di Bolzano ven-gono spontaneamente consegnati alla procura dellaFedermedici dagli avvocati della difesa.

Tuttavia già Il 26 ottobre, con i documenti asua disposizione, il procuratore Cesare Martellino (giàProcuratore capo a Terni, già rappresentante italianopresso l’Eurojustm, già primo presidente della Commis-sione di appello della Federcalcio) chiede l’archiviazioneper Fischetto e Fiorella (“Dov’è il vulnus?”, dice palese-mente sorpreso dalla lettura degli atti). La richiesta diarchiviazione viene ribadita nella successiva udienza del30 novembre. Il Tribunale di giustizia della federazionemedico sportiva italiana, presieduto dall’avvocato An-drea Trecapelli, accoglie l’istanza della procura e assolveFischetto e Fiorella.La Procura generale del Coni fa passare i trenta giorniprevisti senza fare ricorso al Collegio di Garanzia contro ladecisione del tribunale FMSI.

Il 25 gennaio 2018 il giudicemonocratico deltribunale di Bolzano, Carla Scheidle, emette la sentenza diprimo grado nei confronti dei tre imputati, Fischetto, Fio-rella e Bottiglieri. Le pene sono superiori a quanto richie-sto dallo stesso PM Bramante: due anni per i medici, novemesi per la funzionaria FIDAL per la quale lo stesso pro-curatore aveva chiesto l’assoluzione. I tre sono accusati diomissione: secondo la giudice sapevano che Alex Schwa-zer si dopava ma non avrebbero fatto nulla per evitarlo.

Nel dispositivo della sentenza pubblicato il 10 aprile silegge che la giudice ha motivato la condanna sostenendol’assoluta credibilità di Alex Schwazer (le sue accuseerano soprattutto nei confronti di Fiorella). Nel disposi-tivo si dà credito soprattutto e quasi unicamente agli ele-menti d’indagine, mentre non viene confutato in alcunmodo tutto quanto emerso dal dibattimento a favore degliimputati. Inoltre il dispositivo è infarcito di considerazionidel tutto approssimative, se non errate, sui vari meccani-smi alla base del sistema antidoping.

Intanto, in attesa del processo di appello, non ancoramesso in agenda dal tribunale di Bolzano, si rifà improvvi-samente viva la giustizia sportiva. Il 29 maggio 2018 il vi-ceprocuratore capo avvocato Mario Vigna convoca ildottor Fischetto chiedendo una serie di chiarimenti su

fatti peraltro non necessariamente primari nello schemagenerale delle accuse. Sono passati quasi quattro anni dalrinvio a giudizio penale e appena sei mesi dall’assoluzioneda parte del tribunale della Federazione medici sportivi.

Fischetto viene chiamato anche una secondavolta il 17 luglio dall’avvocato Vigna per ulteriori chiari-menti. È difficile non credere a un Vigna a disagio, vistoche è stato proprio lui la persona che trasmise al TNA, allaIAAF e alla WADA, le valutazioni sulla non attendibilità diAlex Schwazer e sulla mancanza di prove di una condottadi complicità da parte di Fischetto e Fiorella. Valutazioniche, come già detto, il TNA fece proprie per respingere larichiesta di sconto da parte dell’ex-carabiniere.

Peraltro, rispetto alle valutazioni di quei giorni, il dibatti-mento svoltosi a Bolzano non ha certo portato sostegno, aprescindere da quanto scritto nella sentenza, alle tesi ac-cusatorie di Schwazer, anzi ha evidenziato più volte lapoca credibilità dell’ex-carabiniere. Un esempio per tutti:ha dovuto ammettere, di fronte a tre referti di Ospedali emedici diversi e formulati in tempi diversi, di soffrire diasma allergico, fatto che aveva sempre negato, accusandopiù volte Fischetto di volergli somministrare farmaci peruna patologia che non avrebbe avuto.

Il 4 settembre viene invece convocata Rita Botti-glieri. La dirigente, che al tempo dei fatti coordinava il set-tore sanitario della Fidal, era stata sentita solo come teste,nella primavera del 2016, nel processo sportivo che ri-guardava i whereabouts e che aveva portato a giudizioventisei atleti azzurri accusati dalla procura Coni di avereluso i controlli antidoping. Era stato grazie anche alla te-stimonianza dell’ex-campionessa che si era fatta chiarezzasu molti aspetti, contribuendo in tal modo, nell’aprile2016, all’assoluzione di tutti.

Il 20 novembre il Viceprocuratore capoVigna emette richiesta di deferimento alla prima sezionedel tribunale antidoping per Fischetto, Fiorella (que-st’ultimo mai più sentito dal maggio 2015!) e Bottiglieri.Viene chiesta per Fischetto l’inibizione di tre anni per“favoreggiamento omissivo” o in subordine sei mesi permancata collaborazione; invece quattro anni (o in subor-dine sei mesi) per Fiorella accusato anche lui di “favo-reggiamento omissivo”. Per Bottiglieri (soggettotesserato) vengono chiesti sei mesi di squalifica per“mancata collaborazione”. Il fatto stesso che il procura-tore nella sua richiesta “ondeggi” tra richieste chevanno da quattro anni (Fiorella) a sei mesi ci apparecome ammissione di una evidente carenza di un quadroaccusatorio solido, che invece era addirittura assenteper la procura della Federmedici.

Sandro Aquariper gentile concessione di SportOlimpico.it


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