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Anno 2016 Numero 3 e s t r a t t o - ancic.it · se si guarda al lavoro svolto dal sociologo...

Date post: 15-Feb-2019
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www.ancic.it/jaccm via Malta, 42 – 95127 Catania (+39) 339 6539740 – 349 1429058 – 347 6809481 [email protected] JOURNAL OF APPLIED CEREMONIAL AND COMMUNICATION IN MANAGEMENT testata iscritta al n.15/2016 del Registro della stampa del Tribunale di Catania anno I numero 3, ottobre – dicembre 2016 ISSN 2499-9326 © Accademia Nazionale Cerimoniale Immagine e Comunicazione (A.n.c.i.c.) Tutti i diritti sono riservati. Nessuna parte di questa pubblicazione può essere riprodotta o conservata in un sistema di recupero o trasmessa in qualsiasi forma, o con qualsiasi sistema elettronico, meccanico, per mezzo di fotocopie, registrazioni o altro, senza un’autorizzazione scritta da parte del Direttore Responsabile. Rivista scientifica trimestrale di Cerimoniale, Immagine e Comunicazione ISSN 2499-9326 Anno 2016 – Numero 3 e s t r a t t o
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testata iscritta al n.15/2016 del Registro della stampa del Tribunale di Catania

anno I numero 3, ottobre – dicembre 2016 ISSN 2499-9326

© Accademia Nazionale Cerimoniale Immagine e Comunicazione (A.n.c.i.c.)

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Rivista scientifica trimestrale

di Cerimoniale, Immagine e Comunicazione

ISSN 2499-9326

Anno 2016 – Numero 3

e s t r a t t o

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(+39) 339 6539740 – 349 1429058 – 347 6809481

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© Accademia Nazionale Cerimoniale Immagine e Comunicazione (A.n.c.i.c.)

Tutti i diritti sono riservati. Nessuna parte di questa pubblicazione può essere

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con qualsiasi sistema elettronico, meccanico, per mezzo di fotocopie, registrazioni

o altro, senza un’autorizzazione scritta da parte del Direttore Responsabile.

Direttore Responsabile Francesco RANERI

Journal manager

Direttore Editoriale Maximiliano E. KORSTANJE

Chief Editor

Comitato editoriale Santo DI NUOVO, Pasquale FATUZZO,

Sebastiano LICCIARDELLO, Adriano

NICOSIA, Elisa SCIACCA Editorial Board

Comitato scientifico Michele AMBAYE, Alexandru CAPATINA,

Luigi CIAMPOLI, cardinale Andrea

CORDERO LANZA di MONTEZEMOLO,

Santo DI NUOVO, Pasquale FATUZZO,

Vanessa GB GOWREESUNKAR, Sebastiano

LICCIARDELLO, Manuela PILATO,

Giovanni PUGLISI, Francesco RANERI,

Hugues SÉRAPHIN, Roberto SGALLA,

Mustafeed ZAMAN

Scientific Committee

Segreteria di redazione Alessandro D'ALIO, Chiara LEANZA,

Martina MIGNOSA, Adriano NICOSIA,

Valentina SPITALERI

Editorial Staff

Editor informatico Alfio NICOTRA

Computer Editor

SOMMARIO Anno 2016 – Numero 3

ORIGINE STORICA E SOCIOLOGICA DEL CERIMONIALE DI CORTE

Francesco Raneri pag. 1

I SERVIZI OFFERTI DALLA FARMACIA

Giovanni Puglisi pag. 19

THE SOCIOLOGY OF FIFA WORLD CUP: THE PERFORMANCE

OF MEDIA EVENTS INTO GLOBAL CULTURES

Maximiliano E. Korstanje pag. 28

L’OMICIDIO STRADALE

Luigi Ciampoli pag. 53

MINDFULNESS: VALUTAZIONE E TRATTAMENTO

Alice Caruso e Santo Di Nuovo pag. 60

1 Anno 2016 – Numero 3

ORIGINE STORICA E SOCIOLOGICA

DEL CERIMONIALE DI CORTE

Francesco RANERI

Sommario

1. Origini storiche – 2. I cerimoniali preistorici – 3. L’evoluzione del cerimoniale

nelle corti europee – 4. L’analisi sociologica di Norbert Elias – 5. Strutture e

significato delle abitazioni – 6. Il Lever del Re come feticcio del prestigio

Abstract

Il cerimoniale designa quel complesso di regole di comportamento e di formule che

disciplinano lo svolgimento di determinate celebrazioni o manifestazioni pubbliche

e private. Nell’opinione comune non è raro che esso sia confuso con il galateo. Il

galateo, in realtà, riguarda la persona nella sua individualità mentre la norma del

cerimoniale sottende la conoscenza delle buone maniere ma può, in alcuni casi,

essere opposta a quella prevista dal galateo stesso. Basti pensare, ad esempio, alle

differenze di genere che, in materia di cerimoniale, sono inesistenti perché ogni

carica pubblica è considerata neutra. Le regole del cerimoniale servono a creare un

linguaggio ed un codice di comportamento formali comuni e facilita le relazioni fra

attori diversi rendendole reciprocamente intellegibili.

Erroneamente si pensa che le regole del cerimoniale trovino attuazione

esclusivamente durante le cerimonie ufficiali. Al contrario, esse regolano numerosi

altri aspetti formali. Oggi chiunque assolva funzione pubblica o svolga attività

d’azienda verso l’esterno, dovrebbe conoscere ed applicare gli elementi essenziali

del cerimoniale.

Strettamente legati al concetto di cerimoniale ritroviamo anche quelli di rituale e di

etichetta. Mentre per cerimoniale intendiamo un insieme di norme sia scritte che

tramandate che si debbono osservare in momenti particolarmente solenni, per

rituale intendiamo comunemente tutto quel complesso di formule, gesti e

2 Anno 2016 – Numero 3

movimenti che esprimono, esplicitano ed accompagnano la celebrazione di un rito

che ha un fondamento religioso ma che non attiene alla sola sfera ecclesiale . Per

etichetta, infine, si intende quella serie di regole comportamentali volte a

distinguere ed a differenziare il gruppo che ne è a conoscenza e che ne fa uso, da altri

gruppi che ne ignorano l’esistenza o che seguono comportamenti differenti.

Keywords

rango – riordino – comunicazione – rito – etichetta

Autore

prof. Francesco RANERI email: [email protected]

Docente di Abilità relazionali e Cerimoniale, Università degli Studi di Catania

Presidente Accademia nazionale cerimoniale immagine e comunicazione

3 Anno 2016 – Numero 3

1. Origini storiche

Risulta estremamente complicato ricostruire le origini delle prime

forme di rituali cerimoniali. Sicuramente è plausibile pensare che si

siano sviluppate contestualmente all’evoluzione dell’uomo e delle sue

dinamiche sociali. Il cerimoniale preesiste allo Stato. Abbiamo modo di

pensare che anche nelle prime cerimonie delle tribù preistoriche si

potessero individuare già degli elementi. Le tribù nomadi conoscevano

già delle regole formali. La capanna del capo, ad esempio, doveva avere

una certa collocazione all’interno del villaggio ed anche durante i cortei

i capi assumevano una precisa posizione. Ne abbiamo conferma anche

se si guarda al lavoro svolto dal sociologo francese Émile Durkheim nei

suoi studi sulle civiltà totemiche ove possiamo vedere come le pratiche

ed i rituali legati alla celebrazione del totem ricordino una forma

embrionale di cerimoniale. Le prime regole concrete risalgono

comunque a 10000 anni fa con la scoperta delle prime tecniche agricole

e le prime civiltà stanziali. Un vero codice di comportamento scritto fu

il papiro rosso che pare risalga addirittura al 2500 a.C. Esso fu redatto

durante l’egemonia del faraone Isesi che lo fece diffondere in tutta la

Mesopotamia e rimase l’ unico canone di regole fino al 700 a.C

2. I cerimoniali preistorici

Possiamo individuare quattro tipologie di eventi :

L’iniziazione

La cerimonia del matrimonio

Il mondo religioso

La morte

L’iniziazione è un insieme di cerimonie e prove iniziatiche

4 Anno 2016 – Numero 3

attraverso le quali un maschio, generalmente in età puberale, è

riconosciuto adulto o viene a far parte, con pieno diritto, del gruppo

degli adulti. Attraverso questi rituali egli apprende i comportamenti, le

tecniche e le istituzioni degli adulti, i miti e le tradizioni sacre della tribù,

i nomi degli dei e la storia delle loro opere.

La cerimonia del matrimonio risulta essere una delle più antiche

forme di Cerimoniale e prevede delle usanze che difficilmente sono

mutate nel tempo. Nelle tribù antiche veniva prediletta la celebrazione

durante i giorni pari e durante la luna nuova. Si dava estrema

importanza alla preparazione dei regali, agli ornamenti della sposa, ai

sacrifici animali duranti la festa, ai riti religiosi, ai balli ed alle danze e

spesso anche a quei rituali atti a concretizzare il passaggio della

promessa sposa da ragazza a donna.

Il mondo religioso è basato su usanze imperniate su preghiere,

celebrazioni e sacrifici che prevedevano dei veri e propri rituali con le

quali le tribù potevano esprimere il loro culto divino verso il loro Dio per

ottenere le cose necessarie alla loro sopravvivenza o per scacciare gli

spiriti maligni.

La morte risulta abbastanza variato nel corso del tempo ma presenta

alcune analogie . La celebrazione è basata sulla simbologia del cammino

del defunto dal regno dei vivi a quello dei morti. I defunti venivano

solitamente sistemati in modo che il volto fosse rivolto alla montagna

sacra e successivamente venivano sepolti, bruciati e mummificati.

3. L’evoluzione del cerimoniale nelle corti europee

Tra il 700 e l’800 il processo di acculturazione messo in atto da quella

che viene definita la “civiltà occidentale” ha contribuito all’estensione

5 Anno 2016 – Numero 3

di determinati codici normativi, contribuendo a creare il profilo dell’

“uomo civile” in contrapposizione con la cultura esterna. Questo

processo però non si è sviluppato in maniera lineare. Mentre nelle

monarchie nazionali in Francia, Inghilterra e Spagna sono stati creati

dei modelli unificati che si proponevano di valere anche aldilà delle sue

frontiere materiali ed ideali, in Italia la situazione storica delle corti

regionali ha contribuito a proporre modelli diversi destinati a rimanere

interni al circuito delle corti stesse.1

Il Cerimoniale della corte italiana prevedeva la classificazione delle

personalità in ben quattordici categorie, come di seguito elencate.

I categoria: i “Cugini” del Re.

II categoria: Presidenti del Senato e della Camera.

III categoria: ministri, generali e ammiragli.

IV categoria: era ripartita a sua volta in sette classi e tra le sue

personalità spiccava la figura del ministro della Real casa

ed il Prefetto del Palazzo.

V categoria: Senatori e Deputati.

VI categoria: anche questa divisa a sua volta in ben dieci classi,

comprendeva i cavalieri di Gran Croce e i vice ammiragli.

VII categoria: Prefetti, Presidi dei Consigli Provinciali, Consiglieri di

Stato e Direttori Generali.

VIII categoria: Commendatori, colonnelli, soci ordinari delle Accademie

delle Scienze di Torino e Napoli, degli Istituti Lombardo

e Veneto, della Società “dei XL” di Modena e

dell’accademia della Crusca, I Sindaci delle città con

popolazione di 60000 abitanti ed oltre.

1 BERTELLI S. e GRIFO G; 1985, Rituale Cerimoniale etichetta, Gruppo Fabbri, Bompiani, Sonzogno, Eras,

Milano, p12

6 Anno 2016 – Numero 3

IX categoria: referenti al consiglio di Stato, ragionieri alla Corte dei

Conti, capi divisione, capitani di fregata e rettori delle

Università di Stato.

X categoria: ingegneri capo del Genio Civile; professori ordinari nelle

scuole di perfezionamento e nelle università.

XI categoria: sottoprefetti, maggiori, sindaci dei capoluogo di

provincia, questori.

XII categoria: cavalieri, pretori, capitani, sindaci dei capoluogo di

circondario, professori nei licei e negli istituti tecnici.

XIII e XIV categoria: sindaci di capoluogo di mandamento, sottotenenti

e guardia marina di prima classe.2

Tutte queste corti italiane avevano come caratteristiche principali un

modello di tipo elitario non inimitabile e riferito solo all’uomo ed al suo

mondo della corte rinascimentale. Toccò alla Chiesa, affiancandosi al

modello aristocratico, il ruolo di unificare i codici comportamentali delle

varie corti, andando a fondere il comportamento aristocratico con le

virtù del buon cristiano.

4. L’analisi sociologica di Norbert Elias

Per capire come il fenomeno del cerimoniale si è sviluppato fino ai

giorni nostri bisogna studiare gli scritti del sociologo tedesco Norbert

Elias che nella sua opera Uber den Process der Zivilisation , studiando

i modelli comportamentali della corte francese del Re Sole, è riuscito a

teorizzare la nascita delle buone maniere. Non bisogna però ridurre

l’etichetta di corte ad una serie di buone maniere , sradicandole dal suo

2 M.PILATO e F. RANERI; 2006, IL MODERNO CERIMONIALE Tecniche di comunicazione e strategie

d’immagine, BONANNO EDITORE, ROMA, pp 20-21

7 Anno 2016 – Numero 3

stretto rapporto con il rituale ed il cerimoniale. D’altra parte rito,

cerimoniale e comportamento non sempre coincidono. Più reference

groups possono partecipare ad un unico rito, esserne coinvolti e

sottostare ad un unico medesimo cerimoniale mantenendo nello stesso

tempo comportamenti distinti3

L’Elias, nel suo lavoro minuzioso ed empirico, ha esaminato i

meccanismi della corte del regno di Luigi XIV perché egli intravide in

quel sistema caratteristiche capaci di dar vita ad una struttura sociale

che risulta esemplare. Tale corte ha sedotto l’autore poiché entro la sua

cerchia ognuno era legato all’altro, nessuno escluso. Lo stesso Re Sole

era come prigioniero del suo meccanismo: in un certo senso non solo lo

dominava ma ne era dominato4.

Questo meccanismo comportava dei modelli di interdipendenza tra i

nobili ed il sovrano. La nobiltà, per mantenere il suo rango ed il suo

prestigio, infatti, venne a dipendere sempre più dal favore del monarca

che li vincolò sempre di più ai meccanismi della corte. Vi erano centinaia

di persone destinate a servire, consigliare e a stare a fianco del Re che

riteneva di governare in maniera assoluta . Una gerarchia ben precisa ed

una etichetta legava gli uni agli altri5. Ciascuno, nel tentativo di

affermarsi e sostenersi doveva rispettare l’impronta dell’uomo di corte.

La lotta per garantirsi una certa posizione entro l’ordine gerarchico di

corte viene assimilata alla lotta per il potere. Modificare o abbandonare

il cerimoniale avrebbe significato compromettere lo stesso tipo di potere

vigente6. La grande abilità del Re Sole sarebbe consistita appunto

3 BERTELLI S. e GRIFO G; 1985, Rituale Cerimoniale etichetta, Fabbri, Bompiani Eras, Milano, p 26 4 A. TENENTI;1985, Introduzione all’edizione italiana della Società di Corte di Norbert Elias, Il Mulino,

Bologna, p11 5 E. NORBERT; 1975, Die Hofische Gesellschaft Darmstad und Neuwied Luchterhand Verlag GmbH, p 23 6 A. TENENTI; 1985, Introduzione all’edizione italiana della Società di Corte di Norbert Elias, Il Mulino,

Bologna, p 15

8 Anno 2016 – Numero 3

nell’orchestrare l’etichetta e il cerimoniale come strumenti di dominio e

di sovranità. Il cerimoniale diventava così il linguaggio obbligatorio dei

rapporti sociali e l’etichetta, anche se rispettata controvoglia, diveniva

l’unica possibilità per mantenere intatta la propria esistenza sociale.

5. Strutture e significato delle abitazioni

Il potere che il sovrano esercitava sul paese era direttamente

proporzionale a quello che egli esercitava sulla casa e sulla sua corte.

L’idea di Luigi XIV fu quella di organizzare il paese come sua proprietà

personale7. Il sovrano, nonostante i suoi pieni poteri, agiva sul paese con

la mediazione di coloro che vivevano a corte. Si giunse così alla

strutturazione di unità abitative o residenziali che sempre più

rispecchiavano questa nuova forma di integrazione umana e sociale.

Tutti gli uomini di corte, o almeno una parte cospicua di essi, avevano

contemporaneamente dimora sia nella casa del re, al Castello di

Versailles, che in un’abitazione nella città di Parigi.

L’edificio abitato dalla nobiltà di corte veniva chiamato “hotel” o

“Palais” a seconda del rango del suo proprietario ma era sicuramente il

palazzo del re il centro effettivo della corte e della sua società ove la

gente riceveva la sua formazione valida per tutta l’Europa e poteva

stabilire e conservare il proprio rango. Norbert Elias analizza dal punto

di vista sociologico la struttura e le dinamiche del Castello di Versailles

donandoci uno spaccato molto preciso di come anche i rituali più banali

potessero avere una rilevanza sociale molto importante. Versailles aveva

un complesso di edifici in grado di ospitare fino a 10000 persone. Luigi

XIV aveva riservato un appartamento ad una parte dei nobili di corte i

7 E. NORBERT; 1975, Die Hofische Gesellschaft, Darmstad und Neuwied Luchterhand Verlag GmbH, p 32

9 Anno 2016 – Numero 3

quali vi si recavano costantemente. Tralasciando in questa sede le

descrizioni architettoniche e strutturali che, molto dettagliatamente,

l’Elias ci descrive, diventa invece importante soffermarsi sulla

descrizione del lever del re. Norbert Elias individuò nel risveglio del re

un rituale che, quanto a solennità, aveva assai poco da invidiare ad una

cerimonia di Stato e che si svolgeva ogni mattina presso la sua camera

da letto8.

6. Il Lever del Re come feticcio del prestigio

Il cerimoniale del risveglio del sovrano coinvolgeva tutta la corte e

risultava essere molto complesso e strutturato in maniera molto precisa

e rigorosa.

Esistevano sei diversi gruppi di persone aventi diritto d’ingresso nella

stanza del sovrano:

l’entrée familière composta dai figli legittimi ed i nipoti del

sovrano, la principessa ed i principi di sangue reale, il primo medico,

il primo chirurgo, il primo cameriere personale e il primo paggio;

la grande entrée riservata ai grand officier de la chambre et de la

gardarobe ed a tutti quei nobili a cui il sovrano aveva concesso tale

onore;

la première entrée era composta dai lettori del re, l’intendente

delle feste e dei divertimenti ed altri;

l’entrée de la chambre che comprendeva tutti gli altri officier de la

chambre ed il grande elemosiniere, i ministri e segretari di stato, gli

ufficiali della guardia del corpo, i marescialli di Francia;

la cinquième entrée dipendeva invece dalla disposizione del primo

8 E. NORBERT; 1975, Die Hofische Gesellschaft, Darmstad und Neuwied Luchterhand Verlag GmbH, p 93

10 Anno 2016 – Numero 3

cameriere oltre che dal favore del re e vi partecipavano quei signori e

quelle dame della nobiltà che godevano di tale favore ed avevano il

privilegio di avvicinarsi al re davanti a tutti gli altri;

la sesta entrée era la più ricercata di tutte. Essa avveniva attraverso

una porta laterale della camera del sovrano. Vi prendevano parte i figli

del re, anche illegittimi, insieme alle loro famiglie ed ai generi.

Ai membri di questo gruppo era concessa in ogni momento l’entrata

nelle stanze del re e potevano rimanervi per lungo tempo.

I primi due gruppi potevano accedere quando il re era ancora a letto,

quando poi egli si era alzato e il gran ciambellano, insieme con il primo

cavaliere, gli aveva porto il vestiario, veniva annunziato il gruppo

successivo.

Dopo che il re aveva calzato le scarpe, chiamava gli officier de la

chambre e le porte si spalancavano per la successiva entrée. Il re

prendeva i suoi abiti; il maître de la gardarobe gli sfilava la camicia da

notte dal braccio destro, il primo cameriere “de la gardarobe” il braccio

sinistro; la camicia da giorno gli veniva porta dal gran ciambellano o da

uno dei figli del re che fosse presente. Il primo cameriere gli faceva

infilare la manica destra, il primo cameriere “de la garderobe” quella

sinistra. Quindi si alzava dalla poltrona e finiva di sistemarsi le scarpe

aiutato dal maître de la gardarobe che poi gli cingeva al fianco la spada

e gli infilava la giubba. Nel contempo l’intera corte attendeva nella

grande galleria dietro la camera del re9.

Osservando questo rigoroso rituale risulta evidente che l’etichetta

aveva una funzione simbolica di grande importanza.

Il re utilizzava i suoi momenti più privati per stabilire differenze di

9 E. NORBERT 1975, Die Hofische Gesellschaft, Darmstad und Neuwied Luchterhand Verlag GmbH, p 95

11 Anno 2016 – Numero 3

rango ed elargire distinzioni e manifestazioni di favore e di sfavore10.

Il semplice gesto di sfilare la camicia del re diveniva, presso i nobili,

un privilegio che li distingueva dagli altri. Questa gerarchia di privilegi

inevitabilmente rafforzò il carattere feticistico di questi rituali. I simboli

del potere acquisirono una vita propria, diventando veri e propri feticci

del prestigio.

Il feticcio che in questo senso esprime meglio di ogni altro il valore

autonomo dell’esistenza del re è l’idea di “gloire”. L’etichetta di corte

venne mantenuta in vita dalla competizione tra le persone coinvolte in

questo sistema che ottenevano in cambio privilegi e chance di potere. I

membri di questa società si condannavano reciprocamente ad esercitare

il cerimoniale e l’etichetta anche controvoglia perché pendeva da quello

la loro esistenza sociale. Qualsiasi tentativo di modificarne le dinamiche

veniva visto come una minaccia per i propri privilegi e chances di potere

ed accolto con grande ostilità. Ciascuno di quei nobili, quindi, era

sensibilissimo alla minima variazione dell’etichetta allo scopo di

mantenere saldo l’equilibrio di potere fino ad allora valido.

Tutta la struttura sociale rimaneva dunque stabilizzata in una

situazione di equilibrio: per tutti questa situazione si esprimeva con

l’etichetta.11 La minima variazione nella posizione dei vari personaggi

nell’etichetta comportava una variazione nell’ordine gerarchico della

corte e della sua società.

La posizione effettiva di una persona all’interno della società di corte

era determinata da due fattori diversi: dal suo rango ufficiale e dalla sua

effettiva posizione di potere presso la corte. Quest’ultimo fattore

10 E. NORBERT; 1975, Die Hofische Gesellschaft, Darmstad und Neuwied Luchterhand Verlag GmbH, p 97 11 E. NORBERT; 1975, Die Hofische Gesellschaft, Darmstad und Neuwied Luchterhand Verlag GmbH, p 103

12 Anno 2016 – Numero 3

esercitava certamente un peso maggiore sull’atteggiamento della gente

di corte nei suoi confronti.12 Presso la società di corte erano i privilegi

posseduti e la benevolenza del sovrano di cui di godeva a contare più del

denaro e di qualsiasi altro bene materiale. Mentre nella società

borghese-professionale era il denaro la discriminante per il successo

sociale, presso la nobiltà di corte era l’etichetta lo strumento attraverso

il quale questa posizione poteva essere salvaguardata. In un certo senso

l’etichetta cosi praticata diveniva auto-proiezione della società di corte.

I membri della nobiltà di Luigi XIV svilupparono alcune tecniche

specifiche per mantenere il proprio status e favorire la propria ascesa

nella società di corte. Eccone alcune:

l’arte di osservare gli uomini ossia la capacità di meditare sui

gesti e sulle espressioni di ogni altra persona e cercare di interpretare

il significato delle sue azioni contestualizzandolo nell’intreccio dei

suoi rapporti sociali;

l’arte di trattare gli uomini si avvicina moltissimo a quella che

oggi noi definiamo “diplomazia”. Questa arte era praticata soprattutto

dagli uomini di ranghi inferiori quando, grazie anche ad una capacità

dialettica rilevante, cercavano di guidare in modo quasi impercettibile

il proprio interlocutore, di rango più elevato, per ottenere un

vantaggio personale;

la razionalità della società di corte ovvero il controllo dei

sentimenti che vanno dominati per fare posto ad un atteggiamento

accuratamente calcolato e sfumato nel rapporto con gli altri.

Se è vero che la nobiltà, attraverso il rispetto rigoroso delle regole del

cerimoniale e dell’etichetta di corte, tentava di conservare o aumentare

12 E. NORBERT; 1975, Die Hofische Gesellschaft, Darmstad und Neuwied Luchterhand Verlag GmbH, p 106

13 Anno 2016 – Numero 3

il proprio prestigio, è altrettanto vero che il Re si servì di questi

meccanismi per dominarla. Lasciare andare in rovina la nobiltà, infatti,

avrebbe significato per il sovrano distruggere la nobiltà stessa della sua

stessa casa. Questo istinto di autoconservazione era presente, dunque,

anche in Luigi XIV. Per il Re, l’etichetta non è soltanto uno strumento

per distanziarsi ma anche per dominare13. Attraverso il rango i nobili

misurano il loro rispetto ed è attraverso questo rispetto che il sovrano

può tutelare il suo potere assoluto. All’interno della corte il re si trova in

una posizione unica nel suo genere, egli non subiva, a differenza di tutti

gli altri, nessuna pressione dall’alto o dai lati. Tuttavia le pressioni di

quanti gli erano inferiori per rango era tutt’altro che trascurabile ai suoi

occhi. Se i nobili avessero voluto avrebbero potuto distruggerlo se si

fossero coalizzati contro di Lui. Al re, dunque, spettava il compito

preciso di vegliare affinché le tendenze reciprocamente ostili dei vari

membri della corte vadano nella giusta direzione, secondo il suo punto

di vista.14 Il Re utilizzava le numerose feste e le passeggiate come

strumento di ricompensa o punizione ed in questo modo scatenava quel

processo di fidelizzazione della nobiltà, che avrebbe fatto di tutto per

presenziare alla festa del sovrano pur di mantenere invariato il proprio

prestigio. La corte e l’etichetta sono dunque, dal punto di vista del re, un

meccanismo di regolamentazione, sicurezza e sorveglianza15.

Il meccanismo dell’etichetta e del cerimoniale non si manifestava

solamente nei rapporti di interdipendenza tra i nobili ed il sovrano ma

andava anche a ripercuotersi nei rapporti dei ranghi più bassi e

13 A. TENENTI; 1985, La Società di Corte di Norbert Elias, Il Mulino, Bologna, p 148 14 A. TENENTI; 1985, Introduzione all’edizione italiana della Società di Corte di Norbert Elias, Il Mulino,

Bologna, p 151 15 A. TENENTI; 1985, Introduzione all’edizione italiana della Società di Corte di Norbert Elias, Il Mulino,

Bologna, p 167

14 Anno 2016 – Numero 3

coinvolgeva una intero paese.

La struttura ed i valori della monarchia francese delineata da Norbert

Elias sono difficilmente comprensibili dalla maggior parte dei membri

di una società industriale e borghese . Il cittadino della società borghese

sa benissimo come deve comportarsi nella vita pubblica e professionale

e segue dei rituali e dei cerimoniali ben precisi. Tutti gli altri aspetti che

vengono rinviati alla sfera della vita privata, invece, non vengono

conformati in modo diretto attraverso il rapporto sociale-mondano

come presso la corte del re sole. Il denaro diventa, invece, strumento di

dominio e di potere. Il feticcio, dunque, non è più la gloria ed il prestigio

di cui si gode a corte, sublimato dalle regole d’etichetta , ma piuttosto la

ricchezza, il possesso e la proprietà privata.

In linea di massima nello Stato unitario italiano non si affermarono

rituali statali condivisi a livello nazionale almeno fino al 1929, anno in

cui, venne risolto l’eterno conflitto con la Chiesa. Fino ad allora, infatti,

gli italiani avevano posto maggiore attenzione alle regole liturgiche,

piuttosto che a quelle civili e non avevano manifestato assolutamente un

attaccamento sentimentale alla Casa reale. Gli unici anni in cui il

Quirinale aprì le porte del palazzo a comportamenti e cerimonie

protocollari molto austere e di stampo quasi militare, fu sotto il regno di

Umberto, soprattutto per merito della consorte Margherita. Durante il

periodo fascista la sobrietà dei rituali cedette il posto a cerimonie ricche

di simbologie ed istruzioni comportamentali caratterizzate da una forte

liturgia corporativa atta ad enfatizzare il carattere assolutistico e la

centralità del ruolo di Capo. Pertanto con la caduta del regime e

l’istituzione di un sistema repubblicano nel 1946, divenne auspicabile

un distacco dal cerimoniale del Regno d’Italia. L’assemblea costituente

del 2 giugno 1946 deliberò principalmente sulle disposizioni

15 Anno 2016 – Numero 3

protocollari relative all’inno, all’emblema ed alla bandiera e si

preoccupò di eliminare ogni simbologia romana e rituale del regime

fascista.

Subito dopo l’istituzione del sistema repubblicano, arrivarono i partiti

che ebbero sempre più peso nella vita politica, decentralizzando il

potere dello stato. Da un lato i partiti etici, come la Democrazia

Cristiana ed il Partito Comunista, enfatizzarono i riti di partito, dall’altro

i partiti laici, come ad esempio quello socialista, rifiutarono qualsiasi

forma di ritualità. Il risultato fu quello di abbandonare completamente

ogni regola di formalità statuale e qualsiasi simbologia di Stato. In

questa generale carenza di regole formali, tuttavia, alcune disposizioni

protocollari dovettero essere assunte ed è il caso della nota circolare n.

90219 firmata da Alcide De Gasperi, il 26 dicembre 1950 sul tema delle

precedenze durante le pubbliche funzioni. Questa nota, non priva di

alcuni errori, doveva costituire una disciplina “provvisoria” in attesa di

una formale regolamentazione da concordare con Camera e Senato e che

doveva risolvere alcuni problemi nati con l’istituzione di cariche dello

Stato prima non esistenti. Oggi questa norma disciplina ancora le regole

del nostro cerimoniale.

Nel ventennio successivo alla nascita della repubblica si registrò un

forte disinteresse per le regole di forma e lo stile istituzionale. Gli italiani

erano molto più attenti alla crescita economica piuttosto che a riti

protocollari ufficiali.

Bisognerà aspettare gli anni ’70 e l’ incidenza dei movimenti eversivi

di destra e di sinistra, per risvegliare nella popolazione e nelle istituzioni

un nuovo senso di nazione con conseguente riconoscimento della

funzione pubblica come attività da rispettare e degli organi pubblici

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come strumenti da tutelare16.

Esempi lampanti di questa ritrovata rilevanza dello stile pubblico

formale si ritrovano nei funerali di stato di quei giornalisti, magistrati,

militari, dirigenti d’azienda, tutori dell’ordine che furono celebrati in

quegli anni. Un esempio su tutti è quello dei funerali di stato

dell’onorevole Aldo Moro che fu celebrato da Papa Paolo VI divenendo

una prima nuova liturgia protocollare atta a ricostruire la dignità delle

istituzioni pubbliche.

Sotto il presidente Pertini inizia una nuova attenzione per i simboli

nazionali. Il suo famoso bacio alla bandiera italiana ridona finalmente

dignità al tricolore. Anche sotto il repubblicano Spadolini ed il socialista

Craxi, durante gli anni ’80, si registra una forte attenzione per la

simbologia pubblica, si emana la legge sulle esequie di Stato. Il

presidente Cossiga introduce nel frattempo la lettura diretta della

formula del giuramento del Presidente della Repubblica che la rende

molto più solenne e avvia gli studi su aspetti araldici dei simboli di Stato

e ne sollecita l’impiego17. Cossiga propone, infine, il titolo di Presidenti

emeriti della Repubblica per gli ex capi di Stato e riunisce una

commissione per definire le regole del protocollo della Presidenza della

Repubblica, commissione che, tuttavia, non ha portato a termine i suoi

lavori. Un momento sicuramente importante arriva nel 1998 quando,

per fronteggiare il rifiuto dei simboli dello Stato messa in atto dalla Lega

Nord ed altri movimenti secessionisti, si promulga la legge che dispone

l’esposizione quotidiana della bandiera nazionale, accompagnata da

quella europea, sui principali edifici pubblici. Il nostro vessillo

16 M.SGRELLI; 2012, Il Cerimoniale moderno e il protocollo di Stato, ottava edizione, Di Felice Editore,

Capitignano (AQ), p59 17 M.SGRELLI; 2012, Il Cerimoniale moderno e il protocollo di Stato, ottava edizione, Di Felice Editore,

Capitignano (AQ), p 60

17 Anno 2016 – Numero 3

nazionale, che prima era esposto solamente durante le sole festività

ufficiali, diviene ora molto più visibile.

La svolta vera e propria si ha sotto la presidenza di Ciampi. Egli

ripristina la festività nazionale del 2 giugno. Appellandosi al valore dei

padri costituenti, risveglia il concetto di amore per la nazione e ridà

dignità e valore a tutti i simboli nazionali: la bandiera, l’inno e le

onorificenze repubblicane. A questo punto entra in gioco anche l’opera

del Dipartimento del cerimoniale di Stato della Presidenza del consiglio

dei ministri. Tra il 2000 ed il 2004 vengono redatti regolamenti,

circolari e istruzioni sulle festività nazionali, sulla bandiera, sulle

esequie di stato, sulle precedenze delle cariche pubbliche, sulle

onorificenze e su molti altri aspetti legati al Cerimoniale di stato. Viene

creato anche un servizio di consulenza in materia a disposizione di tutti

gli altri organi pubblici e si inizia la formazione di funzionari statali e

locali in materia. Con l’integrazione europea arrivano anche regole per

dare valore anche alla bandiera ed all’inno europeo e si includono

nell’ordine delle precedente anche le cariche dell’Unione. Con la recente

modifica del titolo V della Costituzione che attribuisce alle regioni e agli

altri enti maggiore autonomia sono sorte alcune aspettative di

indipendenza protocollare e di riordino delle cariche rispettive. Il

Dipartimento del cerimoniale di Stato ha promosso perciò delle

iniziative e degli incontri allo scopo di chiarire e ribadire il carattere

generale della materia cerimoniale.

Sul piano del rango delle cariche locali, invece, alcune significative

rivalutazioni sono state apportate nell’ordine delle precedenze. Tali

contenuti sono inseriti nel documento più importante in materia di

cerimoniale: il decreto del Presidente del consiglio dei ministri 14 aprile

2006 che definisce le regole generali del protocollo pubblico.

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI

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Bompiani, Sonzogno, Eras, Milano

PILATO M. – RANERI F., (2006), Il Moderno Cerimoniale. Tecniche di

comunicazione e strategie di immagine, Bonanno Editore, Roma

SGRELLI M., (2012), Il Cerimoniale Moderno e il protocollo di stato, De Felice

editore, Capitignano (AQ)

SEGALEN M., (2002), Riti e Rituali contemporanei, Il Mulino, Bologna

TENENTI A., (1985), Introduzione all’edizione italiana della società di corte di

Norbert Elias, Il Mulino, Bologna


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