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SVILUPPO DELL'INDUSTRIA E PROTESTA OPERAIAAuthor(s): GUIDO BAGLIONISource: Studi di Sociologia, Anno 7, Fasc. 3 (Luglio Settembre 1969), pp. 241-251Published by: Vita e Pensiero Pubblicazioni dellUniversit Cattolica del Sacro CuoreStable URL: http://www.jstor.org/stable/23002893 .Accessed: 06/02/2015 09:18
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NOTE E DISCUSSIONI
SVILUPPO DELL'INDUSTRIA E PROTESTA OPERAIA
1. Gli autori dell'opera Industrialism, and Industrial Man * sono studiosi nord
americani molto conosciuti nel loro paese ed anche in Europa; essi si definiscono
economist! ma, sia in questo come in numerosi altri contributi, dimostrano una
spiccata attenzione ai problemi normalmente analizzati dai sociologi, specie in
ordine alle relazioni industriali, alia considerazione del mondo operaio e di quello
imprenditoriale l.
Questo loro interesse, nel decennio '50, li ha sollecitati a dar vita ad un vasto
progetto di ricerca con il quale si proponevano di unificare la loro esperienza e la
loro curiosita di scienziati sociali per esaminare il processo di industrializzazione,
nelle sue molteplici forme e manifestazioni, con l'obiettivo finale di delineare una
visione generale di tale processo.
L'opera, che qui presentiamo la cui pubblicazione in lingua inglese risale al
1960 2 e solo uno dei molti risultati del progetto , perche altri studi - dovuti
ai nostri autori e ad altri ricercatori, americani e non sono venuti alia luce nella
prospettiva comune di analizzare i problemi del lavoro e della direzione aziendale
in concomitanza con le diverse fasi dello sviluppo industriale. In effetti quest'opera,
anche se nella dichiarazione degli autori non vuol essere una messa a punto di carat
tere definitivo, rappresenta una sintesi compiuta del loro pensiero e si colloca su un
piano molto impegnativo, quello cioe di tracciare l'evoluzione del processo di indu
strializzazione e delle relazioni di lavoro, tenendo conto di diversi tipi di ambiente, e
con l'esigenza di individuare le probabili tendenze che si manifesteranno nel futuro
dei sistemi industriali.
2. Nella considerazione del processo di industrializzazione, con riferimenti al
passato e al presente, gli autori prendono in esame molti fattori di ordine strutturale
* Si tratta di C. Kerr - F. H. Harbison - J. T. Dunlop - C. H. Myers, la cui opera viene ora
pubblicata in lingua italiana col titolo L'industrialismo e Cuomo dell'Industrie,, Collana di Socio
logia industriale, n. 1, F. Angeli, Milano 1969. Riproduciamo in questa sede, la Presentazione
da noi redatta per l'edizione italiana. 1 Per un inquadramento generale del contributo di tali autori e specie di C. Kerr e J. T.
Dunlop alia sociologia industriale e del lavoro, si veda il nostro II problema del lavoro operaio (Teorie del conflitto industriale e dell'esperienza sindacale), F. Angeli, Milano 1967, cap. V
e VI. 2 Le idee fondamentali e le principali conclusioni cui gli autori sono pervenuti sono state
esposte in un saggio pubblicato in Italia in Politica Sindacale, III, n. 5, ottobre 1960, col
titolo L'industrialismo e il lavoro industriale.
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e culturale che contribuiscono a determinare il processo; tuttavia il centro dei loro
interessi e costituito dalle relazioni e dai conflitti fra lavoratori dipendenti e impren
ditori, il tutto nel quadro delle caratteristiche intrinseche dell'industrializzazione e
delle sue forze evolutive.
L'insieme di questo complesso e dinamico fenomeno porta gli autori ad alcune
conclusioni, che il lettore trovera sovente ripetute e ribadite nel corso della loro
esposizione, conclusioni riassumibili in via di prima approssimazione dalle seguenti:
a) l'industrializzazione rappresenta una realta universale, corrisponde ad esi
genze che sono ormai comuni e condivise dai popoli di tutti i continenti; infatti
la maggior parte dei paesi si muove senza sosta attraverso un periodo di transizione
verso l'industrializzazione, che costituisce il segno distintivo della societa contem
poranea.
Tutto cio comporta una generale trasformazione, una trasformazione globale ed
irresistibile, nel senso che l'industrializzazione modella i vari ambienti in base ai
suoi imperativi di impostazione e di funzionamento. Conseguentemente, anche se non
e possibile presumere che nemmeno due casi di industrializzazione riescano identici,
in ogni ambiente investito da tale processo si manifestano in misura crescente
fattori e situazioni che giocano in favore dell'uniformita piuttosto che in favore della
diversita3. Al limite, rispetto ai precedenti, l'uomo industriale conduce un nuovo
tipo di vita e, nel corso di essa, diventa un nuovo tipo di persona .
b) I veri protagonisti del processo sono rappresentati dalle elites che proget
tano, iniziano e si adoperano per far passare il loro paese dallo stadio tradizionale a
quello industriale 4. Sono queste minoranze che determinano la grande trasformazione,
che scelgono le strategic piu adatte per conseguire tale obiettivo; a loro, in definitiva,
spetta il merito del successo. II poderoso ruolo delle elites si manifesta particolarmen te nel tentativo di vincere le resistenze che esse incontrano sulla loro strada, nell'an
teporre il nuovo al vecchio, nell'imporre quelle soluzioni economiche,
istituzionali, culturali che la logica dell'industrializzazione richiede. II risultato
di questo sforzo e, con poche eccezioni, assicurato: le elites, con l'andare del tempo, sono destinate a vincere in ogni caso. Infatti - per i nostri autori
il grande e
drammatico problema non e tanto quello dell'emergere dall'mdustrializzazione, ma
piuttosto quello di quale elite assumera e manterra il controllo del processo o di
quale sara il suo approccio strategico all'organizzazione dell'industrializzazione .
c) Tra le resistenze che le elites dell'industria devono affrontare, una delle
piu diffuse e, oggettivamente, delle piu importanti e la protesta operaia . Essa
ha spesso assunto un vasto significato politico e sociale e, infatti, rappresenta una
questione ricorrente nelle analisi del capitalismo e dell'industrializzazione in generale.
Gli autori, a questo proposito, esprimono la convinzione che la protesta operaia, nel corso dell'industrializzazione, tende a raggiungere il suo apice in uno stadio
relativamente iniziale e poi, via via, perde di intensita 5.
3 Questa tesi viene sensibilmente ridimensionata da R. Bendix, Stato nazionale e integrazione di classe, Laterza, Bari 1969.
4 Per lo studio dell'imprenditorialita nelle diverse e, soprattutto, nelle piu recenti prospettive si veda A. Pagani, II nuovo imprenditore, F. Angeli, Milano 1967.
5 Anche un altro notissimo studioso nord-americano sostiene che, con l'evoluzione del pro cesso industriale e specie con il prevalere del manager sul proprietario nella gestione dell'im
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All'inizio la rottura con la societa tradizionale e radicale, difficile risulta l'adat
tamento professionale della manodopera, lo sfruttamento e palese e percio le reazioni
dei lavoratori sono piii dirette e violente; congiuntamente la forza di richiamo delle
utopie, delle ideologic, dei programmi di trasformazione sociale tende ad essere
particolarmente vigorosa. Con il passare dei decenni, si giunge normalmente a con
tenere, controllare e dirigere le istanze dei lavoratori, immettendole nella logica pro
posta e perseguita dalle elites.
d) Questo passaggio che rappresenta la chiave del pensiero degli autori
e
dovuto ad una pluralita di elementi, tra i quali spicca il fatto che i rapporti tra im
prenditori e lavoratori dipendenti finiscono inevitabilmente per assestarsi su un
complesso di regole, di norme, di procedure, di istituti sempre piu dettagliati, forma
lizzati e istituzionalizzati. In forza di cio, ed in connessione con il logoramento delle
vecchie ideologie , sia i lavoratori che i leaders delle loro organizzazioni si rendono
adattabili alia logica industriale e, salvo eccezioni, protestano in effetti piu in favore
che contro l'industrializzazione.
e) Conseguentemente, l'aspetto saliente delle relazioni di lavoro e, oggi, rap
presentato dalla collaborazione di classe ; la via dell'industrializzazione e sem
pre meno lastricata di lotte di classe e sempre piu di alleanze di classe .
Nell'attuale societa e, cosi, in quella di domani, i conflitti industriali non scompa
riranno, ma si limiteranno a sorgere su specifiche questioni relative all'impiego
del lavoro 6. Le organizzazioni dei lavoratori non assumeranno la fisionomia di gran
diosi movimenti sociali che reclamano riforme radicali; saranno piuttosto semplici
raggruppamenti di interessi professionali; in genere, queste organizzazioni costi
tuiranno una forza sociale conservatrice 7, che si opporra a nuove situazioni produt
tive e ad ogni aumento di sforzi richiesti alle forze di lavoro. I dirigenti d'azienda
rappresenteranno, invece, gli elementi progressisti della societa.
Costoro, in ragione della logica propria del mondo produttivo, chiederanno una
elevata conformita al dipendente nella sua vita lavorativa, ma costui, al di fuori
della professione, potra godere di grande liberta sul piano sociale, politico e ricrea
tivo. II lavoratore, protetto dal sindacato per gli aspetti specifici dianzi ricordati,
accettera la nuova situazione perche il sacrificio regolato nel lavoro sara ampiamente
presa, si assiste al declino del conflitto industriale e della lotta sindacale: cfr. J. T. Galbraith, II nuovo stato industriale, Einaudi, Torino 1958, capp. XXIII e XXIV.
6 Le questioni relative all'impiego del lavoro possono assumere le caratteristiche indicate,
ma, ugualmente, possono avere un respiro ben piu vasto quando investono i criteri di fondo
dell'organizzazione del lavoro proprio della impresa industriale avanzata (cfr. A. Gorz, II socialismo
difficile, Laterza, Bari 1968; S. Mallet, La nuova classe operaia, Einaudi, Torino 1964; Autori
vari, Sviluppo economico e rivoluzione, De Donato, Bari 1969).
Le recenti tendenze dell'iniziativa sindacale, specie in Italia, sembrano essere orientate nel
senso di dare un grande rilievo innovativo alle rivendicazioni attinenti l'impegno del lavoro, in
particolare nelle aziende tecnologicamente avanzate. 7 La tesi dell'esperienza sindacale come forza conservatrice non e nuova nella letteratura
nord-americana. II suo sostenitore piu noto e F. Tannenbaum: si veda II sindacato, una nuova
societa, Opere Nuove, Roma 1962, che tuttavia assegna all'azione sindacale una funzione indi
spensabile di correttivo rispetto ai danni sociali e professionali provocati dal processo di industria
lizzazione, processo valutato in chiave pessimista e quindi assai diversa dalla prospettiva dei
nostri autori.
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compensato da livelli di vita piu elevati e dalle maggiori gratificazioni che ritrovera
nelle numerose appartenenze extraprofessionali8.
3. Gli autori pervengono all'intuizione e, soprattutto, alia verifica delle prece dent! affermazioni attraverso un esame articolato e generalizzato del processo di indu
strializzazione e delle sue relazioni con i lavoratori dipendenti e con gli imprenditori. Ecco alcuni dei principali passaggi di tale esame:
1) viene sottolineata la necessita di un nuovo approccio ai fenomeni in que
stione. In particolare, rispetto alia prospettiva marxiana, si ritiene che, essendo l'in
dustria una realta potenzialmente universale, non conviene tanto limitarsi al processo
produttivo di tipo capitalistico quanto all'industrializzazione nelle sue molteplici e
variabili forme 9.
2) Infatti l'industrializzazione nonostante le differenze iniziali dei vari am
bienti, alcune delle quali resteranno a lungo nel tempo
precede con una sua
logica inevitable che si manifesta in continui mutamenti in campo scientifico, nella
tecnologia, nei metodi di produzione, mutamenti che comportano conseguenze rela
tivamente uniformi di tipo strutturale (es. composizione e caratteristiche delle forze
di lavoro, sviluppo dell'urbanizzazione, ampi interventi dei pubblici poteri) e di
tipo culturale (programmi educativi, l'etica del lavoro impegnato, ecc.).
3) L'industria e introdotta e voluta dalle elites. Esse rappresentano il fattore
fondamentale di ogni societa che si propone la promozione della sua economia;
percio diventa di centrale importanza la considerazione delle scelte strategiche, che
queste minoranze compiono per conseguire tale obiettivo, e delle mete socio-politiche da loro ipotizzate.
Alio stadio attuale della societa contemporanea si possono individuare cinque
tipi ideali di elites e precisamente: 1'elite dinastica espressa originariamente dall'aristocrazia terriera e commerciale (Germania, Giappone e, spesse volte, Francia
e Italia); la classe media che sorge in opposizione alia vecchia elite (caso classico la
Gran Bretagna ma, anche, USA e Canada); gli intellettuali rivoluzionari (caso tipico
1'URSS); gli amministratori coloniali (si pensi all'India prima dell'indipendenza); i leaders nazionalisti (Egitto ed altri paesi del terzo mondo).
4) La presenza dell'industrializzazione trasforma la cultura delle societa tra
dizionali: queste oppongono resistenza, possono limitare il processo in atto ma
non lo determinano perche, nel lungo periodo, nuovi modelli culturali prevalgono
su quelli appartenenti al passato. Questa transizione sara piu o meno rapida a seconda
delle caratteristiche della societa tradizionale (qui torna, ad esempio, il tema webe
riano della relazione tra religione ed atteggiamenti verso le attivita economiche);
8 Numerosi autori condividono questa impostazione; altri, invece, ritengono essenziale una
valorizzazione del lavoratore a partire dall'ambiente produttivo. Una puntuale rassegna in
ordine a questo tema e quella di G. P. Cella, Lavoro e tempo libero nella sociologia francese e
nord-americana, in Studi di Sociologia, V, n. 2, aprile-giugno 1967. 9 interessante ricordare che voci recenti della letteratura marxista denunciano la situazione
di insoddisfazione e di alienazione del lavoratore dipendente anche nel caso di paesi socialisti, smentendo decisaraente l'assunto che il problema del lavoro operaio sia una realta squisitamente confinata al sistema capitalista (cfr. A. Gorz, op. citR. Richta, La via cecoslovacca, F. Angeli, Milano 1968).
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tuttavia tale transizione e oggi facilitata dal fatto che le elites incontrano diffuse
aspirazioni che sono assecondabili dall'industria 10.
5) Tutte le elites, all'inizio o nel corso del loro itinerario devono affrontare
problemi difficili, non solo quelli appena sopra ricordati ma anche quelli di ordine
propriamente economico-strutturale {in primis, l'accumulazione). Rispetto ad essi, gli
uomini dell'industria devono prendere decisioni cruciali, devono costruire la loro
strategia, la quale riguarda, tra l'altro, il ritmo di industrializzazione, le fonti del
capitale, la priorita fra i vari settori produttivi, il sistema educativo, la politica
demografica. Le decisioni prese su questi punti hanno notevoli implicazioni sulle
relazioni di lavoro e sul trattamento della manodopera (livello dei consumi, distribu
zione delle forze di lavoro, metodi per stimolare e valutare il lavoro, ecc.).
6) Nonostante le impostazioni iniziali e per quanto sussistano anche in seguito
notevoli diversita, la classe imprenditoriale, con il consolidarsi dell'esperienza indu
striale, assume tratti tendenzialmente uniformi nei suoi comportamenti; in partico
lare, si puo osservare il prevalere del manager di carriera e professionale 11
rispetto
a quanti fondano la loro legittimita di gestione su elementi patrimoniali- familiari (es.
la Germania di ieri) e su elementi squisitamente politico-ideologici (es. l'URSS del
periodo staliniano); inoltre si assiste al declino delle gestioni aziendali autoritarie e
paternalistiche, cui corrisponde la diffusione della gestione costituzionale (ossia:
i salari e le condizioni di impiego basati su leggi, regolamenti, decisioni governative,
contratti collettivi ed accordi procedurali).
7) Uno dei campi piu delicati e complessi dell'iniziativa delle elites riguarda la formazione della manodopera industriale, nei vari passaggi dal reclutamento, al
l'adattamento al lavoro industriale, al mantenimento del posto di lavoro. Anche in
questo caso le elites possono compiere scelte differenti ma non riescono a sfuggire ad
alcune situazioni comuni, come quelle relative alia scarsita di manodopera qua
lificata, alle tensioni dovute agli spostamenti geografico-professionali, alia dinamica
crescente delle aspirazioni della popolazione operaia.
8) Queste e molte altre situazioni provocate dall'industrializzazione (come la
distruzione dei mestieri tradizionali, la rigida disciplina presente nei rapporti azien
dali) stanno all'origine della reazione dei lavoratori, della loro protesta 12. Questa
individuale e collettiva, spontanea od organizzata, ideologizzata o no e pratica
mente provocata, modellata e controllata dalle politiche delle elites', percio va valu
tata nel quadro della globale strategia degli imprenditori verso il processo di indu
strializzazione. La protesta operaia , anche se costituisce un elemento non mar
10 Si deve, perd, aggiungere che essendo il livello di aspirazione normalmente superiore alle
possibility di soddisfarle, l'affermarsi del processo di industrializzazione provoca congiuntamente nuove aspirazioni e nuove rivendicazioni che contrastano con i progetti delle elites (cfr. A. Kor
nhauser - R. Dubin - A. M. Ross, Industrial Conflict, Mc Graw-Hill Book Company, New York
1954). n Questa tendenza e oggetto di molti scritti, specie nord-americani, negli ultimi decenni. Per
un quadro di tale letteratura si veda G. Ruffolo, La grande impresa nella societd moderna,
Einaudi, Torino 1967. 12 II panorama delle ragioni che stanno all'origine della protesta operaia, del suo consolida
mento, della sua evoluzione e assai complesso e non e stato a nostro giudizio sufficientemente
considerate dagli autori in questione. Anche limitandosi al Nord-America, ci si pud rendere
conto di cio seguendo la ricostruzione di M. Perlman, Labor Union Theories in America, Row
Peterson and Company, Evaston (111.) 1958.
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ginale della configuranzione di tale processo, non e mai stata al centro della scena e,
oggi, in ragione delle tendenze sopraddette (e, in particolare, dell'accentuazione
generalizzata dei vantaggi connessi alio sviluppo economico da parte di tutti i gruppi
sociali) essa e in fase di declino: i lavoratori sono piii adattabili di un tempo agli
impatti dell'industrializzazione, gli imprenditori hanno grande esperienza nel ge stire l'azienda operaia, i sindacati si adeguano alle nuove situazioni.
Da qui il rilievo della formazione e della sperimentazione di un complesso di
norme ed istituti che regolano i rapporti fra imprenditori e lavoratori, senza i
drammatici e spesso violenti scontri di un tempo; da qui la prospettazione, gia delineata nelle pagine precedenti, di relazioni a-ideologiche e burocratizzate fra
organizzazioni del mondo del lavoro e direzioni aziendali, con un ruolo di media
zione e di guida assunto dallo Stato.
4. I punti essenziali del pensiero degli autori sono espressi - crediamo corret
tamente nelle pagine che precedono: ad esse faremo riferimento per esprimere le nostre valutazioni critiche ed il nostro dissenso specie sulla tesi fondamentale del
declino della protesta operaia .
Tuttavia, prima di formulare valutazioni, riteniamo opportuno offrire al lettore una
brevissima caratterizzazione dell'opera e, implicitamente, del perche abbiamo promosso la sua pubblicazione in lingua italiana.
Quest'opera piuttosto conosciuta tra gli specialisti
puo essere affrontata
agevolmente dal lettore medio e puo risultare utile in ispecie alle diverse categorie di operatori sociali ed economici non solo per il linguaggio chiaro e raramente
tecnico ma, anche, per l'esemplare architettura espositiva. L'individuazione dei
tipi ideali di elites dell'industrializzazione consente agli autori di costruire uno
schema analitico estremamente coerente e tale da inquadrare le molteplici manife
stazioni strutturali e culturali connesse al fenomeno.
Nel compiere tale complessa operazione, gli autori mettono giustamente in rilievo
le varieta delle correlazioni che si riscontrano fra il modo industriale di produzione ed i diversi sistemi sociali; inoltre conducono il loro esame tenendo presente le
situazioni di molti paesi e non semplicemente di quelli dell'Europa Occidentale e del
Nord-America, allargando considerevolmente il consueto quadro di riferimento.
Questa impostazione e doveroso ricordarlo ha pero un suo costo: l'esigenza
di coprire tutti gli spazi dovuti alia costruzione dello schema analitico porta gli autori
ad assecondare un metodo deduttivo di argomentare che, se e giustificato dall'utilizzo
dei tipi ideali , a volte risulta oggettivamente troppo forzato e, quindi, scarsa
mente plausibile; conseguentemente, nel corso della lunga esposizione, si ritrovano
sovente affermazioni assai generali riferite a fenomeni (per es., quello della disoccu
pazione I3), che meritano un esame ben piu puntuale e dettagliato. Infine, il gusto del
l'individuazione delle grandi tendenze che sarebbero proprie dell'evoluzione delle
societa industriali comporta la riduzione ad uniformita di situazioni e fenomeni
assai differenti e dinamici (come, ad esempio, dove si parla dell'azienda con gestione costituzionale ).
13 Come e noto, il tema del posto di lavoro e dell'equilibrio del mercato del lavoro e stato ed e al centro delle preoccupazioni del sindaealisrao statunitense. A questo proposito si ricordi
l'insegnamento di uno dei piu acuti interpreti di tale esperienza, ossia S. Perlman, Ideologia e pratica dell'azione sindacale, La Nuova Italia, Firenze 1956.
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C'e pero una ragione piu profonda e, in parte provocatoria che ci ha indotti
alia traduzione italiana di quest'opera. Essa, infatti, rappresenta una delle elaborazioni
piu lucide, fondate e documentate di un modo di vedere i problemi attuali del
lavoro dipendente che e assai diffuso tra gli operatori economici, politici e, in ampie
zone, di altre categorie: si tratta in sostanza dell'atteggiamento di chi ritiene che tali
problemi siano in via di esaurimento in misura direttamente proporzionale al con
solidamento del processo di industrializzazione ed all'aumento globale della ricchezza
prodotta. E proprio questa tesi che sia a livello di opinione, sia nella complessa
costruzione dei nostri autori non ci sembra per nulla convincente.
5. Clark Kerr ed i suoi compagni di viaggio esprimono e razionalizzano quella tesi perche sono convinti che il processo di industrializzazione inizia nei vari am
bienti assai caratterizzato sul piano fattuale e su quello ideologico e, naturalmente,
in relazione al tipo di elite dominante; in seguito, nel corso della inevitabile evolu
zione, gli elementi caratterizzanti perdono di rilievo e prendono sopravvento ele
menti comuni, necessariamente richiesti dalla stessa dinamica del processo. La scien
za, la conoscenza tecnica, le esigenze nazionali della produzione (ed altri fattori, qui
omessi) favoriscono il trionfo nel lungo periodo dei gruppi manageriali pro
fessional^ degli imprenditori che sono tali per la funzione che svolgono e non per
ragioni patrimoniali o politiche o squisitamente ideologiche. Questa tendenza
unita alia crescente accettazione dei vantaggi dovuti all'industrializzazione da parte
delle popolazioni dei paesi economicamente avanzati o in via di sviluppo
comporta il declino della protesta ed un crescente adattamento dei lavoratori rispetto
alia logica della produzione.
In questo tipo di ragionamento sono colte alcune tendenze che indubbiamente
si manifestano nel corso dell'evoluzione dell'industrializzazione in primis, la
comparsa dei managers professionali e che sono state ampiamente messe in luce
prima e dopo la pubblicazione dell'opera in questione.
Tuttavia, anche a proposito dell'evoluzione dell'industrializzazione, il peso affidato
dagli autori alle elites ci appare esagerato e, quanto meno, discutibile; essi, in pratica,
pongono le elites come il fattore determinante dei principali processi connessi alia
esperienza industriale, come il fattore che rappresenta la causa di una serie prolun
gata di effetti. Questa scelta da rigore e coerenza al loro discorso ma ci sembra
semplifichi eccessivamente la realta e, soprattutto, non tenga conto che grossi feno
meni come quelli dell'emigrazione, dell'urbanizzazione, dei consumi di massa
sorti in concomitanza con l'industrializzazione, hanno assunto dimensioni e caratte
ristiche non previste e non sempre controllabili da parte degli operatori industriali.
II nostro rilievo sull'enfasi eccessiva assegnata al ruolo delle elites non e tanto
dovuto a preoccupazioni di ordine metodologico quanto, invece, al fatto che e con
tale punto di partenza che gli autori giungono alle loro peculiari conclusioni. Essi,
infatti, seguendo il tipo sopra descritto di evoluzione dell'industrializzazione, per
vengono all'affermazione che tale evoluzione comporta il declino della protesta
operaia e che, nel contempo, risulta assai consolidata la legittimita sociale dei
managers proprio perche si tratterebbe di persone che esercitano tale ruolo in ragione del possesso di requisiti che risultano funzionali rispetto al sistema produttivo.
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A queste affermazioni possono essere contrapposte quanto meno due obbiezioni:
a) gli obbiettivi dei gruppi manageriali e le motivazioni che li sorreggono nel loro impegno
specie con riferimento alle grandi societa per azioni dei sistemi
capitalistici non risultano affatto neutrali e la vasta letteratura su questo argo
mento ha dimostrato, con rare eccezioni, come l'obbiettivo di massimizzare i profitti
e di utilizzarli ai fini privati resti sempre nel breve e nel lungo periodo, in modo
diretto o mediato il punto di riferimento della condotta di quanti governano l'im
presa 14. Su questa base e illusorio pensare che l'azione imprenditoriale si imponga
da se, sia accettata come tale perche impersonificata da soggetti che svolgono questa
funzione solamente in forza della competenza, dell'abilita e della dedizione pro
fessionale.
Infatti i gruppi manageriali, anche quando hanno una notevole autonomia nella
conduzione dell'impresa, rappresentano e si identificano con le elites economiche e,
piu recentemente, rispondono a motivazioni e ad esigenze proprie della loro cate
goria15; anche in questo caso, dunque, non riescono ad essere portatori di una legit
timita oggettiva che sarebbe tale perche essi svolgendo la loro funzione
ter
rebbero conto, esplicitamente od implicitamente, delle esigenze e delle aspirazioni
degli altri gruppi sociali 16. II fatto che il governo dell'impresa sia passato nelle
mani del gruppo dei dirigenti industriali ripropone il problema della legittimita
dell'impresa e del controllo sociale, sia perche di essa non rispondono piu i proprie
tari (ossia i piccoli azionisti ed anche i grandi azionisti che non assumono ruoli
dirigenziali), sia perche essa tende ad esercitare un'influenza massiccia sulla vita
economica, sociale e politica dell'ambiente 17;
b) se cio e vero, le modificazioni intervenute nella struttura e nell'ideologia di
chi gestisce l'industria non comportano affatto l'annullamento e, semplicemente, il
progressivo venir meno delle differenze istituzionali fra direzione e lavoratori, dello
squilibrio posizionale fra chi utilizza e chi presta il lavoro, delle differenze di interessi
fra le due parti nell'organizzazione del lavoro e nella divisione del prodotto azien
dale. noto che in molti casi (ma non sempre, come negli ultimi tempi) il conflitto
industriale e meno violento e meno radicale di un tempo; tuttavia tale tendenza non
puo essere fatta risalire al venir meno delle ragioni del conflitto, quanto, invece, alle
modificazioni che il conflitto ha subito in connessione con le trasformazioni interve
nute nel piu generale processo di industrializzazione la.
Perche i nostri autori non percepiscono questo passaggio?
Perche essi studiano le motivazioni che inducono gli operai alia protesta nel
primo periodo dell'industrializzazione (il periodo della rottura del vecchio equilibrio,
14 Tra le opere piu conosciute su questo argomento, si vedano C. W. Mills, La elite del potere,
Feltrinelli, Milano 1959; P. A. Baran-P. M. Sweezy, II capitale monopolistico, Einaudi, Torino
1968. 15 Cfr. J. T. Galbraith, op. cit. 16 Riguardo al fatto che i managers non hanno sostanzialmente mutato la struttura ed i rap
porti di classe, si veda M. M. Postan, Storia economica d'Europa, 1945-1964, Laterza, Bari 1966. 17 Cfr., tra gli altri, G. Ruffolo, op. cit. 18 Su questo punto ci sia consentito di rimandare al nostro II conflitto industriale e I'azione
del sindacato, II Mulino, Bologna 1966.
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INDUSTRIA E PROTESTA OPERAIA 249
dell'impatto con il modo nuovo di impiego del lavoro nella fabbrica, della margi nalita politica e sociale del proletariate) ma non compiono la stessa operazione per
gli operai d'oggi19, dei quali mettono in rilievo solamente la maggiore capacita di
adattamento lavorativo e le loro diffuse esigenze, che verrebbero soddisfatte dallo
sviluppo del sistema industriale.
Inoltre, essi ritrovano condizioni strutturali di sfruttamento sempre nel primo
periodo e non rawisano condizioni di sfruttamento (anche se meno evidenti e piu
raffinate) nella grande e media impresa altamente meccanizzata e avvicinata verso
processi di automazione, dimostrando, in tal modo, di essere dotati di ottimismo, a
nostro parere, imperdonabile.
L'attenzione preminente che gli autori riservano alle prime fasi dell'industria
lizzazione, perche in essa la protesta operaia avrebbe avuto le manifestazioni
piu diffuse e piu significative, li induce quindi a sottovalutare il problema del lavoro
dipendente nei tempi a noi piu vicini; a loro giudizio, la prova piu profonda del
secolare declino del conflitto industriale e ravvisabile nella tendenza ad una sem
pre maggiore organizzazione ed istituzionalizzazione dei rapporti e dei contrasti
fra le direzioni e le associazioni dei lavoratori, come dimostra il complesso insieme
di regole dovute alia contrattazione collettiva, alia legislazione sociale, ed altri istituti
che regolano il rapporto di lavoro dipendente.
La tendenza, come e noto, e nei fatti; tuttavia essa non puo semplicemente essere
interpretata con l'ottica di Kerr e dei suoi colleghi. La cosiddetta istituzionalizzazione
del conflitto di lavoro non va equivocata; essa esprime un processo che tende a
sottoporre il conflitto al rispetto di certe regole procedurali (di cui si giovano entrambi le parti in causa) e che consente di non ripartire da zero ogni qual volta si
profila un problema, un dissenso, una lotta; essa, pero, non comporta la riduzione
della portata del conflitto, dell'interesse che le parti in esso ravvedono, del suo
significato politico e culturale, ne abbassa 1'intensita di aspettative che si puo ravvi
sare nel comportamento dei lavoratori, ad esempio, durante il periodico rinnovo
di un contratto collettivo.
Anche quando la contesa negoziale fra imprenditore e lavoro organizzato (nel
sindacato) si riferisce a problemi di ordine strettamente economico-rivendicativo, va
sottolineato che tale contesa (nel presente e nel futuro) riguarda uno dei punti
nevralgici del contrasto di fondo tra le due parti e, inoltre, e ormai acquisito come
le richieste salariali risultino spesso cariche di significati (per i lavoratori dipendenti)
che vanno al di la della mera attesa di gratificazioni retributive. I nostri autori sem
brano essere molto distanti da tale consapevolezza e, anche se non lo affermano espres
samente, condividono la valutazione (da molti sostenuta, ma non verificata) secondo
la quale il conflitto industriale tende ad esaurirsi in relazione alPincremento del
tenore di vita dei lavoratori dipendenti 20.
19 Altri autori si sono impegnati in tal senso, anche negli Stati Uniti; fra questi uno dei piu interessanti e dei piu rigorosi e E. V. Schneider, Industrial Sociology, Mc Graw-Hill Book
Company, New York 1957. 20 Uno degli studiosi contemporanei che ha dimostrato l'infondatezza di tale valutazione, pur
tendendo a sdrammatizzare il conflitto industriale in ragione della sua istituzionalizzazione, e R. Dahrendorf, Classi e conflitto di classe nella societa industriale, Laterza, Bari 1963.
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250 GUIDO BAGLIONI
Ma c'e un altro punto che va messo a fuoco per meglio comprendere la prospettiva
degli autori e, se ci e permesso, le ragioni del nostro dissenso. Essi, in numerosi pas
saggi, intendono la protesta operaia come 1'insieme di movimenti collettivi e di
schemi ideologici che si pongono in alternativa all'organizzazione del sistema indu
striale e, conseguentemente, hanno buon gioco nel sostenere che 100 anni di espe rienza hanno ridotto le alternative concrete e che, quindi, il livello della protesta
operaia e diminuito, in quanto i programmi volti ad evadere, ad evitare od a rove
sciare l'ordine industriale hanno perso il loro potere di richiamo .
Ora, a parte la rigidita di quest'ultima asserzione, bisogna sottolineare che
essi non riescono a distinguere fra la protesta nei riguardi dell'ordine capitali stic e degli ordinamenti istituzionali concomitanti al sorgere dell'industrializzazione
e la reazione operaia che si manifesta (sia pure in misura ed in forme diverse)
ovunque si utilizzi il lavoro dipendente. La prima e probabilmente in declino, anche se
con vistose eccezioni e con andamento non del tutto lineare; la seconda continua a
sussistere negli stessi ambienti piu avanzati. Quest'ultima anche se non e sempre
nettamente distinguibile dalla protesta contro l'industria capitalistica come tale
rappresenta un dato di fatto costante che si trova in tutto l'arco di svolgimento del
processo di industrializzazione, ha una sua autonomia, una sua logica (si pensi alia
grande tradizione trade-unionista) che non e semplicemente il residuo della protesta del primo tipo, necessariamente ispirata da vasti disegni ideologici21.
Non e questa solamente la nostra convinzione ma, al contrario, in una simile
prospettiva si puo far confluire l'insegnamento di tutti quegli studiosi in primis,
Commons e Perlman della scuola del Wisconsin 22 - che hanno valutato il
conflitto industriale e l'azione sindacale all'interno dell'ordinamento industriale, l'uno
e l'altra come elementi intrinseci del rapporto di lavoro, senza ricorrere ad interpre tazioni del tipo ideologico dianzi indicato.
In definitiva, possiamo seguire Kerr ed i suoi colleghi quando sottolineano
l'adattamento dei lavoratori all'industria nel senso che essi sono oggi piu con
sapevoli di ieri di cosa comporta l'impegno professionale nell'azienda industriale
ma riteniamo che cio non significhi piena conformita ai criteri di organizzazione e di
valutazione del lavoro stabiliti dagli imprenditori, dagli stessi managers professionali.
Su questo piano, certamente non destinato ad assottigliarsi, si ripropone co
stantemente il conflitto: esso probabilmente non assumera le tinte tardo-romantiche
(volute da molti letterati) di reazione al macchinismo industriale 23; esso, di norma, non sara il portato di un rifiuto dell'impegno industriale del lavoro che coinvolge la stessa struttura istituzionale della societa; il conflitto, in ogni modo, non si confi
gurera semplicemente come una serie di contrasti fra burocrati (manageriali, sin
dacali e governativi) anche se il pericolo della sclerosi burocratica e sempre pre
sente ma, al contrario, e destinato ad esprimere un complesso ordine di aspira
21 II graduale, ma non assoluto, passaggio dalla prima alia seconda forma di protesta operaia e stato da noi esposto nel volume II problema del lavoro operaio, cit.; si veda, in par ticolare, il cap. VI.
22 Ibid., cap. IV. Si veda inoltre M. Perlman, Labor Union Theories in America, cit. e G.
Giugni, Introduzione a S. Perlman, Ideologia e pratica delfazione sindacale, cit. 23 Atteggiamento brillantemente discusso da F. Ferrarotti, in Macchina e uomo nella societa
industriale, E.R.I., Torino 1963.
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INDUSTRIA E PROTESTA OPERAIA 251
zioni collettive, di esigenze diffuse, di attitudini competitive, che non sono certo
in fase di liquidazione e che la stessa cultura dei paesi industriali avanzati contribui
sce a riformulare di ambiente in ambiente, di generazione in generazione 21.
su questa base che respingiamo la prospettiva degli autori di Industrialism
and Industrial Man, per i quali la protesta operaia e piu il frutto del passato che
il seme del presente 2S.
GUIDO BAGLIONI
2i Cfr. A. Kornhauser, Human Motivations Underlying Industrial Conflict, in A. Kornhauser - R. Dubin - A. M. Ross, op. cit.
25 Per altre considerazioni su quest'opera rimandiamo a V. R. (leggasi: V. Rieser) nella recensione in Quaderni di Sociologia, XII, n. 4, ottobre-dicembre 1963.
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Article Contentsp. [241]p. 242p. 243p. 244p. 245p. 246p. 247p. 248p. 249p. 250p. 251
Issue Table of ContentsStudi di Sociologia, Anno 7, Fasc. 3 (Luglio Settembre 1969), pp. 211-308Front MatterCARISMA E ISTITUZIONI: MAX WEBER E LA SOCIOLOGIA MODERNA [pp. 211-240]NOTE E DISCUSSIONISVILUPPO DELL'INDUSTRIA E PROTESTA OPERAIA [pp. 241-251]MODELLI BUROCRATICI ED ORDINAMENTO PROCESSUALE [pp. 252-262]LE STATISTICHE SULL' EMIGRAZIONE: SITUAZIONE E PROPOSTE [pp. 263-276]SOCIET SOCIALISTA E LAICIZZAZIONE: LA DINAMICA ATTUALE DELL'ATTEGGIAMENTO RELIGIOSO IN POLONIA [pp. 277-288]EUROCENTRISMO E SOTTOSVILUPPO: UNA CRITICA SOCIOLOGICA [pp. 289-301]
ANALISI D'OPEREReview: untitled [pp. 302-303]Review: untitled [pp. 303-303]Review: untitled [pp. 304-304]Review: untitled [pp. 304-306]Review: untitled [pp. 306-307]
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