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8/9/2019 Calcio 4.0: Le Strategie Dell' Aquila Calcio
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Università degli Studi di Roma "Tor Vergata"
Facoltà di Economia
Corso di laurea in
Economia e Management
Tesi in Strategia e politica aziendale
“Calcio 4.0
Le strategie della società L’ Aquila Calcio 1927
S.r.l.”
Il Relatore
Chiar.mo Prof. Marco Meneguzzo
Il laureando
Danilo Sciò
Anno accademico 2013/2014
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………. a Roby Baggio, George Best e F. Totti,
ad A. Nesta, A. Del Piero, J. Zanetti,
a Luis Nazario da Lima Ronaldo, A. Pirlo e M. Verratti..…
……….uomini, calciatori, campioni ed artisti
in grado di trasmettermi emozioni uniche…….
…a tutti coloro che come me provano sensazioni positive
nel veder tirare 4 calci ad un pallone …
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Ringraziamenti
Un ringraziamento sincero va al Prof. Meneguzzo, senza il quale il presente lavoro non
sarebbe stato realizzabile. La flessibilità mentale che ha dimostrato nell’ acconsentire lo
sviluppo di un elaborato sul settore calcistico non è da tutti. Molto lo devo anche al
costante aiuto ed impegno del Dottor Frondizi.
Un grande Grazie vorrei darlo all’ Aquila Calcio 1927 S.r.l., ed in particolare al Presidente
Dott. Corrado Chiodi, al Dott. Fabio Aureli ed al Dott. Alessandro Canfora, i quali mi hanno
fornito informazioni rilevanti sulla gestione e sulle strategie societarie e soprattutto per
qualche tempo hanno dovuto sopportarmi.
Grazie anche ai ragazzi dell’ Aquila Me’, continuerò a seguirvi con ammirazione.
Il Dottor Francesco Ghirelli mi ha piacevolmente colpito. Lo conoscevo solamente per
“fama”. Più che per le specifiche, elevate, profonde conoscenze e competenze che lo
contraddistinguono, mi ha sorpreso l’ umiltà, la disponibilità ed il lato umano che hasempre dimostrato in ogni occasione di contatto. Non è facile oggigiorno trovare persone
con dei valori sinceri, lui lo è. La mia stima è incondizionata e sono soddisfatto di aver
avuto la possibilità di inserire all’ interno della tesi un suo diretto contributo. Grazie,
Grazie, ed ancora Grazie.
Il ringraziamento più caloroso va alla mia famiglia, che mi ha appoggiato e supportato in
ogni scelta ed esperienza che ho voluto intraprendere in questi anni.
Grazie a tutta “la mia gente”, che ogni istante sento vicina. Non c’è bisogno di elencare
nessuno in particolare, ognuno conosce benissimo il ruolo che recita nella mia vita ed il
valore del rapporto che ci lega.
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Abstract
La presente tesi tratta come argomento centrale la football industry . Il settore calcistico in
Italia vive oggi una grave crisi economica e conseguentemente di risultati, derivante dauna profonda incultura manageriale. Troppo spesso nella gestione dei sodalizi sportivi ci si
è affidati a soggetti incompetenti, carenti di abilità analitiche ed organizzative, ed incapaci
di cogliere con opportuno tempismo e tempestività le opportunità ed i rischi derivanti
dall’ambiente circostante. Sin dal principio, le società di calcio hanno vissuto grazie
all’esclusivo apporto di imprenditori mecenati, non consapevoli e ben lontani dalla
cognizione di detenere una società totalmente business oriented .
Con questa tesi ho voluto esplicitare il mio punto di vista in relazione a tale sport, al fine
di apportare un contributo positivo al mondo del football .
Dopo aver ripercorso le tappe che hanno segnato il processo evolutivo che ha portato, in
forza del proliferare legislativo, i club calcistici a divenire, da associazioni non profit,
società di capitali puramente profit; viene illustrata la teoria del calcio 4.0. Questa
rappresenta la mia idea di football moderno, il quale deve essere ispirato a principi
fondamentali che verranno specificati in seguito.
Viene poi definito il concetto di Supporters’ Trust , ovvero associazioni di tifosi
giuridicamente riconosciute che dialogano e collaborano attivamente con il club di
riferimento. Dall’ analisi svolta ho accertato che per quanto i Supporters’ Trust risultino
essere entità “nuove” nel nostro paese, il loro continuo proliferare fa ben sperare per il
futuro del calcio ed in particolare per uno sviluppo qualitativo del rapporto club-
sostenitori.
Infine, verrà presentato lo studio di un caso concreto. Grazie alla possibilità di svolgere
alcuni giorni di lavoro presso la sede legale, ho provato ad analizzare le caratteristiche, le
peculiarità e le strategie presenti e future della società L’Aquila Calcio 1927 S.r.l. Il mio
intento è stato quello di evidenziare i caratteri innovativi che caratterizzano il sodalizio
abruzzese. Il principale risultato scaturito dall’ elaborato è stato quello di aver potuto
constatare di persona la volontà della proprietà e del managment societario di far
divenire il sodalizio un benchmark di riferimento per tutte le società provinciali del
panorama calcistico nazionale.
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Sommario
Executive Summary............................................................................................................... 7
CAPITOLO 1 “IL CALCIO 4.0” ............................................................................................... 10
1.1 Evoluzione storica delle imprese calcistiche ............................................................ 10
1.1.1 La riforma federale del 1966 ............................................................................. 10
1.1.2. Legge 23 Marzo 1981, n. 91: il lucro oggettivo .................................................... 12
1.1.3. La sentenza Bosman e il D.L. 20 Settembre 1996, n. 485: il lucro soggettivo ..... 14
1.2 La crisi dei valori del settore ..................................................................................... 18
1.3 Il calcio 4.0. .................................................................................................................... 20
1.3.1 Lega Pro, “Integrity Tour” e Codice Etico ............................................................... 24
1.3.2 Sostenibilità economica e sviluppo sostenibile ...................................................... 27
1.3.3 Il Progetto “Stadi senza barriere” ........................................................................... 30
1.4 Intervista a Francesco Ghirelli ....................................................................................... 32
CAPITOLO 2 “SUPPORTERS’ TRUST” ................................................................................... 37
2.1 Supporters’ Trust ........................................................................................................... 37
2.1.1 Definizione, caratteristiche e propositi .................................................................. 37
2.1.2 L’importanza del coinvolgimento dei supporters .................................................. 40
2.1.3 Football club as open system ................................................................................ 42
2.2 Esperienze Europee ....................................................................................................... 45
2.2.1 England and Supporters’ Trusts ............................................................................. 45
2.2.2 L’ azionariato popolare spagnolo ........................................................................... 48
2.2.3 “Regel 50 +1”. Supporters’ Trust in Germania. ...................................................... 50
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2.2.4 La situazione italiana .............................................................................................. 52
2.3 Il Supporters’ Manager.................................................................................................. 54
2.4 Intervista a Francesco Ghirelli ...................................................................................... 57
CAPITOLO 3 “LE STRATEGIE DELLA SOCIETA’ L’AQUILA CALCIO 1927”............................. 59
3.1 L’Aquila ed il calcio. ....................................................................................................... 59
3.2 La storia ......................................................................................................................... 61
3.3 L’ Aquila Calcio 1927 S.r.l. .............................................................................................. 65
3.3.1 Identità aziendale: oggetto sociale, mission e valori ............................................. 65
3.3.2 La compagine societaria e la “Rete Impresa L’Aquila” ........................................... 70
3.3.3 Il potenziamento della struttura organizzativa ...................................................... 73
3.4 Il Bilancio ........................................................................................................................ 75
3.4.1 Il Conto Economico ................................................................................................. 76
3.4.2 Lo stato patrimoniale ............................................................................................. 79
3.5 Le Strategie Societarie ................................................................................................... 82
3.5.1 L’Aquila Calcio as open system. Strategie di riposizionamento. ............................ 82
3.5.2 La responsabilità sociale, un approccio strategico innovativo ............................... 86
3.6 Strategie per il futuro .................................................................................................... 88
3.6.1 L’ importanza del vivaio .......................................................................................... 88
3.6.2 Impianto di proprietà: lo stadio di Acquasanta ...................................................... 91
3.6.3 L’ Aquila Me’ ........................................................................................................... 95
BIBLIOGRAFIA .................................................................................................................... 100
SITOGRAFIA ........................................................................................................................ 103
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Executive Summary
Il football è sempre stato parte della mia vita. Ricordo ancora il primo giorno in cui entrai
in un campo di calcio, la prima volta che toccai “seriamente” un pallone. Sembra ieri, ma
sono passati più di 20 anni; chi lo avrebbe mai detto che questo sport, questa passione,
questo business, non sarebbe più uscito dalla mia vita e per di più l’avrebbe influenzata
così tanto da essere oggetto di ben due tesi di laurea?
Ci sono storie che solamente lo sport sa raccontare, emozioni che solo il calcio riesce a
farmi provare; per lo sviluppo dell’elaborato non avrei potuto quindi scegliere un
argomento differente. Premetto che inizialmente avrei voluto trattare il tema della
gestione degli stadi di proprietà, materia sicuramente in voga e d’attualità, ma dopo aver
letto tanti, troppi lavori trattanti tale argomentazione, ho deciso nettamente di
orientarmi verso qualcosa di differente, di originale, esclusivo, a tratti unico. Ho optato
per un progetto che consentisse di proporre la mia idea di calcio. Nel corso della
trattazione, verrà esposto il concetto di “calcio 4.0” e tutte le implicazioni che ne
derivano; non voglio svelare in questo istante gli elementi che lo caratterizzano. Terrei
però a far presente come lo sviluppo di questa tesi mi ha reso realmente orgoglioso e
soddisfatto. La sento del tutto “mia” e vicina ai miei ideali, in quanto credo che esprima
totalmente quei valori e modelli comportamentali positivi che, attraverso lo sport, ha
provato a trasmettermi la mia famiglia; e si sa, da bambini, gli esempi che si seguono
usualmente sono quelli dei genitori. Il football ha ricoperto un ruolo primario per la mia
formazione, accompagnandomi giornalmente durante la crescita personale, e mi sento
fortunato ad averne ricavato tutte le positività di cui è portatore.
L’elaborato pone anche l’attenzione sul concetto di tifoso ed, in particolare, tratta i
supporters’ trust , argomento che in Italia ritengo totalmente sottovalutato. I sostenitori
non sono paragonabili a classici customers e neanche ai semplici stakeholders presenti in
tutte le organizzazioni della realtà economica; rappresentano piuttosto un ibrido che
caratterizza solamente particolari società, e soprattutto un elemento che va considerato
risorsa per tutti quei sodalizi che hanno la possibilità di poterne far leva. Nel nostro paese,
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tale concezione non è minimamente seguita; oltretutto, credo fortemente che il
movimento calcistico italiano senta oggi il necessario bisogno di responsabilizzare i tifosi e
stimolarli a compiere un salto di qualità verso una maggiore coscienza delle peculiarità,
opportunità, difficoltà e caratteristiche presentate da tale settore. Per raggiungere il
suddetto obiettivo, c’è un modo migliore che rendere i sostenitori parte attiva della
football industry ? Nel seguito della trattazione proverò a dare una risposta a tale quesito,
sperando che in futuro il tema possa essere rilevante e sempre più approfondito ed
oggetto di studi e riflessioni.
Parte del lavoro riguarda il case study dell’Aquila Calcio 1927 S.r.l.
Grazie all’ opportunità che mi è stata concessa di svolgere alcuni giorni lavorativi in sede,
ho avuto modo di visionare e valutare direttamente le modalità attraverso le quali viene
gestito un club calcistico “di provincia” e le strategie che stanno alla base del suo operare.
Perché proprio L’Aquila Calcio?
Innanzitutto, questa è la mia terra, le mie origini, ma principalmente perché la ritengo
una realtà completamente innovativa, che sta implementando una serie di attività che
son convinto la porteranno nel medio periodo, grazie allo sviluppo di elementi distintivi,
al conseguimento di un vantaggio competitivo che renderà questo club un benchmarkverso cui tendere. Dallo studio ho potuto constatare che sono 3 gli elementi che
garantiscono alla compagine abruzzese caratteri innovativi:
- La flessibilità derivante da un management e da un assetto proprietario composto
principalmente da soggetti giovani e competenti che, lavorando in simbiosi, riescono
a carpire i segnali provenienti dall’ambiente circostante e sono di conseguenza capaci
di rendere il club adatto ad operare nel contesto di riferimento.
-
La responsabilità sociale. La società vuole divenire un punto di riferimento per tutti i
cittadini aquilani, offrendo un qualcosa che vada oltre al mero spettacolo calcistico.
L’obiettivo è quello di ricoprire un ruolo trainante per lo sviluppo economico e sociale
di tutta l’area circostante.
- Per assolvere tale compito, vengono poste continuamente in essere attività orientate
allo sviluppo di relazioni con entità cittadine pubbliche e private, al fine di creare un
sistema che veda come fulcro centrale L’Aquila Calcio. Prerogativa del network è
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CAPITOLO 1
IL CALCIO 4.0
1.1
Evoluzione storica delle imprese calcistiche. Da associazioni a società di
capitali for profit
Essendo il calcio uno sport di antiche origini, la cui forma primordiale affonda le proprie
radici addirittura in epoca romana1, ha chiaramente subito col passare del tempo
consistenti ed innumerevoli modifiche, sia dal punto di vista delle regole del gioco, s ia per
quanto riguarda gli enti e le organizzazioni che ne hanno fatto e che ne fanno tuttora
parte. Nell’ultimo cinquantennio le società calcistiche sono state assoggettate a processi
evolutivi legittimati ed imposti dall’attività legislativa e regolamentare. In questo
paragrafo verranno sinteticamente illustrate le tappe fondamentali di tale evoluzione, che
ha visto questa tipologia di sodalizi trasformarsi da semplici associazioni non riconosciute
a complesse società di capitali business oriented .
1.1.1
La riforma federale del 1966
In origine le società calcistiche si costituirono in associazioni, per consentire la pratica
atletico-agonistica dei propri tesserati; sino al 1966 tutti i sodalizi sportivi affiliati alla
Federazione Italiana Giuoco Calcio 2, sia quelli facenti parte del settore dilettanti sia quelli
del settore professionistico, erano giuridicamente inquadrati nella tipica forma delle
associazioni non riconosciute, le quali risultavano e risultano prive di personalità giuridica,
pur godendo comunque di autonomia patrimoniale imperfetta, perseguendo scopi non
1 Di origine arcaica e in uso presso gli antichi Romani con l ’harpastum, nel quale due fazioni dovevanoportare una palla oltre la linea di fondo avversaria, il “calcio” si modificò nel corso degli anni, fino adiffondersi nel Medioevo in Italia quasi nella sua versione attuale, come calcio fiorentino;la suaaffermazione moderna e codificata si ebbe in Inghilterra, riconosciuta come patria del calcio moderno. Inorigine era uno sport di élite: erano i giovani delle scuole più ricche e delle università a giocare al football .Le classi erano composte sempre da 10 alunni e a questi si aggiungeva il maestro che giocava sempreinsieme a loro. Ecco perché si gioca in undici. Nel 1848 all’Università di Cambridge si tenne un incontro tra irappresentanti delle maggiori scuole inglesi e vennero stilate le prime basilari regole del gioco del Calcio,mentre il 24 ottobre 1857 a Sheffield venne fondata ufficialmente la prima squadra di calcio della storia: loSheffield FC.2 La Federazione Italiana Giuoco Calcio, nota anche con l’ acronimo FIGC e come Federcalcio, è l'organo di
organizzazione e controllo del calcio in Italia, fondata a Torino il 16 marzo 1989 con il nome di FederazioneItaliana del Football (F.I.F.), denominazione che mantenne fino al 1909.
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lucrativi ma finalità prettamente idealistiche, ben diverse dunque dalle finalità dei club di
calcio odierni. L’amministrazione degli enti sportivi era solitamente affidata all’iniziativa e
soprattutto al sostegno finanziario di coloro che contribuivano, con versamenti personali,
agli oneri sociali. L’attività calcistica, di rilevanza finanziaria piuttosto limitata, era
imperfettamente regolamentata, così come la gestione non era mai rispondente ai
fondamentali requisiti della veridicità, della trasparenza e correttezza. Al termine di
ciascuna stagione sportiva si era soliti procedere alla formazione di un rendiconto
finanziario, nel quale erano schematicamente riportate, per classi, le entrate e le uscite
monetarie dell’esercizio. Veniva attuata una gestione che possiamo definire “per cassa”:
gli esborsi di amministrazione, al netto dei proventi di cessioni dei giocatori e da
contributi, costituivano il cosiddetto deficit, il quale veniva assunto dai dirigenti. Con
questo sistema di rilevazioni non si teneva in considerazione il patrimonio sociale e
tantomeno quello costituito dai giocatori, al quale non veniva attribuito alcun valore
contabile. Le perdite di gestione, traducendosi in consistenti esborsi da parte dei dirigenti,
andavano ad accrescere ulteriormente il deficit e la mancanza di norme precise dava ai
valori risultanti dalla contabilità un notevole grado di incertezza, tanto che le difficoltà
finanziarie caratterizzanti il settore calcistico fin dai primi anni Sessanta indussero gliorgani federali a predisporre un importante programma di risanamento, che tendesse a
rendere più sana e trasparente l’attività economica e finanziaria delle società sportive.
È in questo contesto che il 16 Settembre 1966 la F.I.G.C., con una propria delibera, al fine
di adattare la struttura giuridica dei suddetti sodalizi al mutato contesto socio- economico
in cui gli stessi operavano, dispose che tutte le squadre professionistiche (serie A e serie
B), rappresentate come detto da associazioni non riconosciute, si sciogliessero, e
conseguentemente si ricostituissero in forma di società per azioni o società a
responsabilità limitata3, previa validità dell’iscrizione al campionato successivo. Dalla
stagione sportiva 1966/1967 divenne dunque necessario per i club l’ottenimento della
3 Merita osservare che l’adozione della forma della S.p.A. o della S.r.l. da parte delle società sportive,richiedente l’applicazione di disposizioni sulla formazione e pubblicità del bilancio più rigorose e un
controllo più incisivo da parte delle autorità sportive competenti, venne posta tra le condizioni essenzialiper ottenere il mutuo sportivo e per la concessione di agevolazioni tributarie.
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personalità giuridica, nonostante gli stessi continuassero a perseguire fini non lucrativi 4.
Obiettivi di tale riforma federale erano: ridurre le posizioni debitorie correnti, attuando
un miglior coordinamento finanziario dell’attività d’impresa; imporre il rispetto di criteri
uniformi che consentissero di contemperare le finalità sportive con l’inderogabile
esigenza di un’ordinata gestione economica. Imponendo la forma societaria, si voleva
altresì rendere possibile l’applicazione di tutta una serie di disposizioni, in particolare
quelle sulla formazione e pubblicità del bilancio, che avrebbero assicurato
un’amministrazione più trasparente e la possibilità di osservare attraverso più adeguati
strumenti contabili le realtà dell’attività sociale, onde garantire un controllo più incisivo
da parte delle autorità sportive competenti.
Nonostante l’arricchimento e la moltiplicazione delle fonti di introito - l’estensione
dell’attività e delle competizioni internazionali, i diritti di ripresa radiotelevisiva, le
sponsorizzazioni - le società calcistiche si trovavano, agli inizi degli anni Ottanta, in una
situazione di squilibrio gestionale definito “catastrofico”5 . Tale situazione evidenziò i
limiti della riforma imposta dalla federazione, tanto che apparve sempre più urgente la
necessità di procedere ad una revisione globale del settore, la quale trovò attuazione con
la promulgazione della legge 23 marzo 1981, n.91.
1.1.2. Legge 23 Marzo 1981, n. 916: il lucro oggettivo
Tale legge, recante “norme in materia dei rapporti tra società e sportivi professionisti”,
sancisce definitivamente la differenza tra agonismo e professionismo e rappresenta un
intervento legislativo di ampia portata con il quale si disciplinano tutte le società sportive
professionistiche e si riconosce e si regolamenta giuridicamente e fiscalmente il lavoro
sportivo e dunque la figura dello sportivo professionista7; in particolare, si abolisce il
4 La contraddizione secondo cui le società calcistiche fossero costituite come società di capitali ed allo
stesso tempo non perseguissero fini lucrativi fu oggetto di numerose discussioni e critiche.5 Nel 1981 uno studio commissionato dalla FIGC ad un gruppo di esperti, che analizzava i bilanci delle 36società di Serie A e B dal 1972 al 1980, evidenziò risultanti poco confortanti, sottolineando l’urgenza diinterventi di carattere radicale e, in particolare, di un articolato piano di salvataggio finanziario.6 Pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 27 marzo 1981, n. 86.
7 Nel Capo primo, intestato allo sport professionistico, viene enunciata la definizione di sportivoprofessionista all’art. 2: “Ai fini dell’applicazione della legge, sono sportivi professionisti gli atleti, gli
allenatori, i direttori tecnico-sportivi ed i preparatori atletici, che esercitano l’attività sportiva a titolooneroso con carattere di continuità nell’ambito delle discipline regolamentate dal CONI per la distinzione
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“vincolo sportivo”, ovvero l’anacronistico istituto secondo il quale la società sportiva era
titolare del diritto di “utilizzazione esclusiva” delle prestazioni di ogni suo giocatore.
Possiamo inoltre affermare che l’intento di tale norma è quello di seguire la scia della
riforma federale del 1966, perfezionandone e legittimandone i contenuti.
Le società sportive professionistiche, alla luce della legge di riforma, si mostrano
caratterizzate anzitutto dall’assenza della finalità lucrativa: l’art.10 della legge al secondo
comma afferma, infatti, che “l’atto costitutivo deve prevedere che gli utili siano
interamente reinvestiti nelle società per il perseguimento esclusivo dell’attività sportiva8” .
La previsione legislativa ha avuto l’indubbio merito di risolvere le perplessità che le
previsioni contenute nello Statuto-tipo, emanato a seguito della riforma federale del
1966, avevano suscitato tra gli interpreti sulla compatibilità dell’assenza della finalità
lucrativa con la struttura societaria. Tale apparato normativo riconosce alle società
sportive esclusivamente una capacità lucrativa oggettiva9, vale a dire l’obiettiva
destinazione dell’attività sociale al perseguimento del profitto, non riconoscendosi invece
la finalità lucrativa soggettiva all’imprenditore sportivo. Ed è proprio questa scissione tra
profitto dell’impresa - riconosciuto - e profitto dell’imprenditore - non riconosciuto – il
fattore principale, individuato successivamente all’entrata in vigore della leggen.91/1981, dell’incapacità dell’impresa sportiva di produrre stabilmente risultati positivi.
L’assenza della finalità lucrativa ha, secondo un’opinione diffusa, influenzato
negativamente la gestione manageriale delle società sportive: con la legge n. 91/1981 si è
persa l’occasione di far emergere le intenzioni lucrative di chi dota le società sportive del
necessario capitale di rischio. Ad avallare tale pensiero, ci hanno pensato degli studiosi
che, in una ricerca sulle cause della crisi dell’impresa sportiva sotto il profilo aziendalistico
dell’attività dilettantistica da quella professionistica”. È importante rilevare come lo strumento principeattraverso cui le società sportive reclutano gli atleti è stato individuato nel contratto di lavoro subordinato.8 La norma andava poi letta in relazione al secondo comma dell’art.13 nella parte in cui, regolando la
procedura di liquidazione, disponeva il divieto di distribuire a ciascun socio parte dell’attivo eccedente ilvalore nominale delle azioni o quote possedute, mentre il residuo attivo veniva assegnato al C.O.N.I., cheera obbligato a reinvestirlo, conformemente alla propria natura di ente pubblico non economico, nelperseguimento delle finalità sportive. 9 Occorre sottolineare, sotto questo profilo, l’innovazione prodotta dal disposto del secondo comma
dell’art. 10 della legge n.91/1981 - che riconosce e legittima la presenza di utili nei bilanci delle societàsportive - rispetto al secondo comma dell’art. 22 dello Statuto -tipo, che faceva riferimento esclusivamente
“ad eventuali utili di bilancio”, dove l’aggettivo “eventuali” appare sintomatico di una tendenza chesottovaluta la capacità lucrativa della stessa impresa sportiva.
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(Catturi, anno), concordano nell’individuare nell’impossibilità di remunerare il capitale
investito come la motivazione principale degli effetti negativi della gestione aziendale: la
previsione, anche se limitata, di una remunerazione del capitale investito avrebbe
attivato naturalmente un meccanismo di autocontrollo con effetti benefici sull’attività
esercitata. Si può osservare poi che la legge, vietando ai soci la ripartizione degli utili, di
fatto, induceva tutti coloro che investivano nello sport professionistico a ricercare forme
diverse, indirette, più o meno limpide, per non perdere ciò che si riteneva correntemente
essere la giusta remunerazione del capitale di rischio: il tutto con effetti certamente non
benefici anche per l’immagine sociale dello sport professionistico.
1.1.3. La sentenza Bosman e il D.L. 20 Settembre 1996, n. 485: il lucro soggettivo
La legge n. 91/1981 sullo sport professionistico ha regolamentato le attività sportive e
quelle calcistiche per oltre quindici anni. In questo periodo si è evidenziata la crescente
importanza degli aspetti economici ed imprenditoriali. che venivano tuttavia fortemente
penalizzati dal divieto del fine di lucro soggettivo. La grave crisi economica dello sport
professionistico a cavallo degli anni ’80 e ’90 e i numerosi fallimenti delle società
sottolinearono l’urgenza e la necessità di una modifica all’assetto giuridico allora vigente.
Ulteriori spinte al processo di riforma venivano dalla crescita esponenziale, in termini
economici, del settore calcio, e soprattutto dalla sentenza della Corte di Giustizia
dell’Unione Europea del 15 dicembre 1995, conosciuta come sentenza Bosman 10. Tale
giudizio, oltre a liberalizzare i trasferimenti di atleti professionisti comunitari tra i Paesi
membri, dichiarò illegittimo l’obbligo di versare l’indennità di preparazione e di
promozione11 per il trasferimento di atleti professionisti; ciò comportò una serie di
conseguenze sul piano giuridico nel nostro Paese. In particolare, non si consentiva più alle
10 Mark Bosman giocava nella Jupiler League, la massima serie belga e il suo contratto era scaduto nel 1990.
Il calciatore intendeva cambiare squadra e trasferirsi al Dunkerque, una squadra francese. Il Dunkerque nonoffrì al club del RFC Liège una contropartita in denaro sufficiente, e la squadra belga rifiutò il trasferimento.Inoltre, nel frattempo, l’ingaggio di Bosman venne ridotto e si ritrovò fuori dalla prima squadra.Il calciatore, a quel punto, portò il caso davanti alla Corte di Giustizia delle Comunità Europee inLussemburgo, denunciando il comportamento della propria società di appartenenza come una restrizione alcommercio. Dopo una dura battaglia legale, vinse il processo e il 15 dicembre 1995 la corte stabilì che ilsistema fino ad allora in piedi costituiva una restrizione alla libera circolazione dei lavoratori e ciò era
proibito dall'articolo 39 del Trattato di Roma.11 Introdotta dall’art. 6 della legge n. 91/1981, dopo l’abolizione del vincolo sportivo.
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società sportive di ricavare importi a titolo di indennità di trasferimento in occasione del
passaggio di un calciatore con contratto di lavoro subordinato scaduto, da un club ad un
altro. Da ciò sono derivati importanti effetti sui bilanci di quelle società, che, prima della
predetta sentenza, avevano ascritto nell’attivo dello stato patrimoniale i crediti
concernenti le indennità di preparazione e promozione che si presumeva di poter
percepire al termine della durata dei contratti. In particolare, occorre considerare gli
effetti derivanti dalla necessità di annullare i predetti esercizi, annullamento che
comportava necessariamente un effetto negativo sul risultato economico, in quanto si
verificava la diminuzione dell’attivo (determinata dall’eliminazione dei crediti), e
l’aumento di perdite di esercizio, già consistenti nei club. In Italia era dunque
improrogabile un intervento legislativo, sia per uniformarsi a quanto affermato dalla
Corte di Giustizia, sia per introdurre sostanziali modifiche di ammodernamento alla legge
91/1981. Il prolif erare dell’attività normativa vide l’emanazione di un susseguirsi di D.L.12,
mai tramutati in legge, fino ad arrivare al D.L. 20 settembre 1996, n.485 il quale ebbe una
sorte diversa rispetto ai precedenti: infatti, le novità sostanziali vennero accolte nella
Legge di conversione del 18 novembre 1996, n. 586. Dal punto di vista prettamente
contabile, nel decreto in questione il legislatore non si limitò ad abolire le indennità di
preparazione e promozione, ma si preoccupò anche di tenere conto degli effetti
destabilizzanti che tale abolizione avrebbe prodotto sui bilanci delle società calcistiche;
inoltre, il suddetto articolo abolì definitivamente il divieto del lucro soggettivo,
consegnandoci una struttura societaria calcistica del tutto nuova, e totalmente business
oriented . Il decreto e la seguente legge di conversione, infatti, accogliendo parte delle
richieste dei club, hanno modificato profondamente la legge n. 91/1981, eliminando in
particolare l’obbligo di reinvestimento degli utili per le società sportive
professionistiche13.
12 La prima risposta normativa a tali problematiche è avvenuta il 17 maggio del 1996, quando fu emanato ilD.L. n. 272, recante “disposizioni urgenti per le società sportive” , con il quale fu abolita l’indennità dipreparazione e promozione, modificando la legge n. 91/1981; tale intervento normativo è statosoprannominato come decreto “spalma- perdite”, poiché il suo principale obiettivo era quello di diluire sutre esercizi le minusvalenze che si erano venute a creare in seguito all’azzeramento degli indennizzi,realizzando appunto un “effetto spalmatura”. 13
Questa decisione è la risposta alle diverse richieste avanzate in tal senso dal mondo del calcio e, comeaffermato dall’allora Vicepresidente del Consiglio, Walter Veltroni: “Siamo tutti favorevoli alla
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Questo passo ha finalmente fatto chiarezza sulla natura delle società sportive
professionistiche, che ora sono da considerare società di capitali in tutto e per tutto,
avendo ottenuto la possibilità di perseguire un reddito e di d istribuirlo tra i “soci”. Infatti,
l’art. 10 della legge n. 91/1981 – relativo alla “costituzione e affiliazione” delle società
sportive professionistiche – fu in gran parte riformulato, abolendo l’obbligo di totale
reinvestimento degli utili realizzati per il perseguimento di finalità sportive, eliminando
pertanto il divieto dei club alla distribuzione ai soci dell’utile di esercizio (lucro soggettivo)
e del residuo attivo della liquidazione, rendendo così le società in discorso for profit sotto
ogni profilo.
L’obiettivo è stato quello di favorire l’adozione di criteri imprenditoriali nella gestione
delle grandi società sportive. Sono stati introdotti notevoli elementi di novità circa i
controlli e i poteri di denuncia spettanti alla Federazione; inoltre, il decreto in esame ha
introdotto l’obbligo di istituzione del collegio sindacale anche per tutte le società sportive
professionistiche costituite in forma di società a responsabilità limitata.
L’elemento caratterizzante il decreto legge 20 settembre 1996, n. 485 è però, come
accennato, il totale riconoscimento del fine di lucro (quello soggettivo ed oggettivo), ai
club calcistici; ciò, da un punto di vista prettamente economico, segna una vera e propriasvolta nella gestione e nell’attività delle società sportive professionistiche, in quanto i soci
possono partecipare agli utili conseguiti e vedere così remunerato il rischio
dell’investimento legato all’acquisto delle azioni della società.
Viene sostituito infatti il 2° comma dell’art. 10 della legge 23 marzo 1981, n. 91, che
imponeva alle società in esame di prevedere nell’atto costitutivo l’obbligo di
reinvestimento degli utili conseguiti per il perseguimento esclusivo dell’attività sportiva,
con l’ Art. 4 del nuovo decreto, il quale dispone che: “l’atto costitutivo deve prevedere che
una quota parte degli utili, non inferiore al 10 per cento, sia destinata a scuole giovanili di
addestramento e formazione tecnico-sportiva” e che “non costituisce sollecitazione del
pubblico risparmio il collocamento di azioni e di altri valori mobiliari effettuato dalle
trasformazione dei club in società per azioni a scopo di lucro. È un miglioramento necessario, unriconoscimento di uno stato di fatto, poiché il calcio per il nostro paese è molto importante. Le societàdevono fare un passo di qualità, entrare in una logica diversa, formarsi una cultura d’impresa: né più né
meno di una normale azienda industriale”. Cfr. A. Balistri, I club di calcio vanno in gol con l’utile , in il Sole 24Ore, 24 settembre 1996.
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società sportive professionistiche tra persone fisiche o giuridiche per importi unitari non
superiori ad una soglia di riferimento14”.
Con questa riforma, si tenta di mettere fine ad una quadratura dei conti ottenuta
esclusivamente attraverso la ricapitalizzazione più o meno massiccia effettuata dai
presidenti per consentire l’iscrizione al campionato successivo e si cerca di imporre ai club
un salto di qualità nella propria gestione; il calcio professionistico si trova così nella
necessità di archiviare le gestioni dilettantistiche affidate ad un management non sempre
all’altezza dei compiti attribuitigli. Nel mondo del football , ma in realtà in tutto lo sport
professionistico, la parola d’ordine diventa quella di avere bilanci in utile. Ciò per riuscire
ad attrarre azionisti che, pur travolti dalla passione per i colori sociali e desiderosi di
partecipare attivamente alle vicissitudini gestionali del club, certo non sarebbero disposti
a investire i risparmi in un’avventura non remunerativa. E remunerativa, al momento
dell’entrata in vigore della “legge sul lucro”, la gestione del calcio non era, dato che i club
professionistici avevano accumulato miliardi di perdite. Con la nuova legge, le società
sportive sono costrette a divenire più responsabili; devono mettere in ordine i propri
bilanci, troppo spesso falsati da un non corretto ammortamento del costo del giocatore;
devono garantire un perfetto funzionamento del collegio sindacale, spesso invececonsiderato come organo di semplice rappresentanza in diversi club; devono impegnarsi
nello sviluppo del settore giovanile, troppo spesso accantonato nella gestione societaria o
fortemente ridotto per non appesantire ulteriormente i conti. Infine, con l’eliminazione
della limitazione alla distribuzione dell’utile, i club hanno la grande responsabilità di
riuscire a produrre quei redditi che dovrebbero rendere appetibile lo sport di vertice per
gli investitori.
14
Tale principio ha dato chiaramente il “la”, alla quotazione delle società di calcio presso la Borsa Valoriitaliana.
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1.2
La crisi dei valori del settore
“La grande popolarità del calcio nel mondo non è dovuta alle farmacie o agli uffici
finanziari, bensì al fatto che in ogni piazza, in ogni angolo del mondo c'è un bambino che
gioca e si diverte con un pallone tra i piedi”.
(Zdenek Zeman)
Il calcio. Non è facile darne oggi una definizione univoca, chiara e globale, che metta
d’accordo tutti: uno sport? un business? un settore? uno svago? Un gioco? Una forma
d’arte? Forse in ogni concetto sopra esposto c’è un fondo di verità; tutto probabilmente
dipende dal punto di vista, dalla passione, dalla cultura di chi lo guarda e giudica. L’unicacertezza è che il calcio rappresenta un fenomeno ampio, di portata mondiale, travolgente,
motore di passioni, che investe tutte le razze, tutte le età, tutti i ceti sociali. La sua
popolarità è descritta con semplicità e naturalezza nel precedente aforisma di Zeman15; le
pay tv, gli sponsor, gli ingaggi milionari, sono solamente una conseguenza, un effetto di
tale notorietà.
Oggi siamo bombardati dal messaggio “il calcio italiano è in crisi”, diven tato quasi un
inesorabile slogan che investe tutti, appassionati e non.
Ma cosa si intende per crisi? Perché il calcio italiano è in peggioramento e indietro
rispetto ai campionati top europei? Di seguito, cercheremo di dare una risposta
significativa a tali interrogativi.
La maggior parte degli articoli e documenti che si possono trovare sul web, nelle librerie
ed in edicola fanno coincidere la crisi del football nostrano con la ridotta circolazione di
capitale, con il rallentamento finanziario di tale industria, che si traduce nella mancanza di
risultati sportivi a livello internazionale dei nostri club. Inoltre, legate all’attuale crisi
economica globale, vengono individuate una serie di cause che hanno promosso il
ridimensionamento dell’Italian football industry . Tra queste, le più gettonate sono:
l’avvento delle pay tv, la mancanza di stadi di proprietà, l’assenza di una normativa
15 Zdeněk Zeman (Praga, 12 Maggio 1947) è un allenatore di calcio ceco naturalizzato italiano. Tra le molte
squadre allenate, figurano Foggia, Pescara, Parma, Lazio e Roma. Nel 1998 lanciò la sua accusa di abuso difarmaci nei confronti del mondo del calcio.
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moderna che favorisca la costruzione di impianti e che garantisca protezione alle azioni di
merchandising, la violenza negli stadi.
Tutte queste teorie sembrano convalidate solamente da un’analisi superficiale e
alimentate da una sorta di “miopismo storico16”. Basti conoscere il passato delle società
di calcio moderne, per capire che il calcio ed i club che ne fanno parte sono sempre stati
in crisi da questo punto di vista. Non hanno mai ricercato, dimostrato ed avuto una
solidità patrimoniale ed un equilibrio economico-finanziario che li supportasse e che li
rendesse stabili, integri e tendenti ad una continuità aziendale futura, ma, al contrario,
vuoi per la mancanza di disposizione normative a riguardo, vuoi per l’incapacità
manageriale degli imprenditori proprietari, tali sodalizi hanno sempre vissuto di
ricapitalizzazioni eseguite dai soci. Il calcio italiano è dunque da sempre in crisi in questo
senso. La differenza con la situazione attuale sta nel fatto che, negli anni precedenti
(principalmente ’80 e ’90), nel settore confluivano somme di denaro talmente ingenti che
non ci si rendeva conto della sciagurata condotta degli enti calcistici, dell’enorme
distruzione di valore e del depauperamento costante di capitali. Il calcio d’ élite ha
sempre continuato a vivere al di sopra delle proprie possibilità, incurante di quei vincoli e
condizioni che invece stavano e stanno alla base dello sviluppo di questo sport/business.Oggi, la carenza di liquidità ha portato alla luce tutte le problematiche che il settore
calcistico si trascina dietro da anni ed anni, orientativamente quasi più di mezzo secolo. Il
declino del football italiano non è dunque dovuto semplicemente ad aspetti economico-
finanziari. Il reale problema, la vera e profonda crisi che tale mondo vive dipende dalla
mancanza o, meglio, dalla perdita di valori fondamentali, intesi come virtù sociali e
principi economico-imprenditoriali. La crescita di questa industria nel corso degli anni ha
fatto sì che ruotassero attorno ad essa somme di capitali sempre più notevoli; tale
sviluppo ha ridotto il contatto con la realtà e annientato la sensibilità di molti soggetti che
vi hanno operato.
16 Il concetto di miopismo storico sta ad indicare in questa sede l’ incapacità delle persone di analizzareaccuratamente ed oggettivamente fatti o situazioni passate. In particolare l’ incompetenza della maggior
parte degli individui di non riuscire a comprendere che dal punto di vista economico- finanziario il calcioitaliano è stato sempre in crisi.
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Quando parlo di valori, il riferimento è sia a virtù umane prettamente etico-sociali, che a
principi economici basilari, i quali verranno specificatamente trattati nel prosieguo della
trattazione.
Sposo con convinzione la corrente di pensiero secondo cui se, con il crescere della
football industry in Italia, ci fosse stato un adeguato sviluppo di una cultura aziendale e
manageriale, oltre che di una cultura sociale orientata all’integrità e all’eticità, il calcio
italiano non si sarebbe trovato nella situazione di oggi, un’industria dalle potenzialità
enormi ridotta quasi al fallimento. Se solo avessimo avuto la flessibilità intellettuale e
l’apertura mentale di affidare tutti gli enti calcistici ad un management capace, preparato,
eticamente sano e con una solida integrità, anziché ricorrere al misero clientelismo, non
staremmo qui ad analizzare la drammaticità del nostro sport più amato, ma ci saremmo
ritrovati un fiore all’occhiello, un benchmark da seguire per tutti i competitors
internazionali, un settore trainante dell’economia. Se solo avessimo saputo orientarci un
minimo al football as social business così come ci siamo orientati negli anni alla sola
ricerca del risultato sportivo, il nostro calcio sarebbe ora un sistema invidiabile,
totalmente maturo, capace di autoalimentarsi e di fungere da cassa di risonanza per la
diffusione di positività largamente intese.
1.3 Il calcio 4.0.
Siamo testimoni del passaggio dalla fase del calcio che definiamo 2.0 a quella del 3.017, o
social media football . Un’epoca, quest’ultima, caratterizzata dalla presenza attiva ed
17 Con il Web 2.0, abbiamo assistito alla trasformazione del World Wide Web: siamo passati da un Web
statico (1.0) ad un Web più dinamico, in cui l’utente interagisce pienamente con g li altri. Nel Web 1.0 lacostruzione di siti o anche di semplici pagine Web presupponeva la conoscenza del linguaggio HTML; oggi,con l’avvento dei blog, ognuno è in grado di costruirsi velocemente una pagina ricca di contenuti più omeno validi, caratterizzandola con accattivanti vesti grafiche senza alcuna conoscenza dei linguaggi diprogrammazione. Il passaggio dal Web 1.0 al 2.0 ha interessato il segmento di maggior rilievo del Web:quello della condivisione delle informazioni. Il Web 2.0 è stato il nuovo modo di intendere e utilizzareInternet; ha indicato l’insieme di quelle nuove applicazioni che hanno permesso all’utente di agiredirettamente sul Web, diventandone l’attore principale. Le applicazioni sono stati i blog, i social network quali Facebook, Flickr, Twitter, Myspace, Youtube, fino ad arrivare a Wikipedia. Mentre è ancora aperto ildibattito sul nuovo modo di utilizzare la rete, il termine Web 3.0 si è affermato come materia di crescenteinteresse all’interno della comunità “scientifica” di Internet. Ognuno cerca di fornire diverse interpretazionisu quello che sarà il nuovo modo di utilizzare il Web, anche se poi tutti concordano nel dire che il Web 3.0
sarà l’evoluzione del suo predecessore e che, per questo, cercherà di raffinare l’enorme cambiamento cheha portato in questi anni.
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interattiva delle società e gli enti calcistici sulle più famose piattaforme di networking on-
line, condizionata dalla crescita esponenziale delle possibilità di interazione e
comunicazione biunivoca che contraddistingue il rapporto società-tifoso.
Annunci di acquisti e cessioni, rinnovi contrattuali, contratti di nuove sponsorizzazioni,
aggiornamenti istantanei di partite e formazioni, video di allenamenti ed interviste. Foto
private, spesso privatissime, che raffigurano semplici momenti di vita dei calciatori. Sono
solamente alcune delle informazioni, che vengono condivise e postate oggi sul web da
account ufficiali delle società di calcio. È il tempo di Facebook, di Instagram, di YouTube,
delle Web Tv, è il tempo delle applicazioni per dispositivi mobile, dell’e-commerce, delle
azioni di marketing on-line, delle web engagement strategies. È Il tempo in cui i derby si
giocano sì sul campo, ma la battaglia inizia e continua dopo il fischio finale anche su
Twitter: la Juventus attacca, ed il Torino controbatte18 e, seguendo questa logica, viene a
crearsi un’interazione che potenzialmente potrebbe essere seguita da molte più persone
di quelle che fruiscono direttamente o per mezzi interposti il “mero” spettacolo sportivo.
Il Web è diventato ormai il centro del mondo, raggiungibile da chiunque, a qualsiasi
latitudine, con un semplice click. Facile capire come lo sviluppo di tale strumento sia
importantissimo per tutte le società, non solo sportive, e non solamente dal punto di vistacomunicativo. Il web, infatti, è diventato e sta diventando sempre di più fonte di
guadagno per le società, una leva straordinaria per l’aumento del valore della produzione,
un espediente da sfruttare per incrementare i ricavi societari; le potenzialità di tale
strumento sono indecifrabili, non conosciute, e sta alla creatività ed allo spirito
imprenditoriale degli amministratori e proprietari scoprirne limiti e possibilità.
Le società “big” europee hanno perspicacemente, da diversi anni, mosso passi importanti
in tale direzione, sviluppando e rafforzando la propria presenza on-line; i nostri club li
seguono un po’ distaccati, qualcuno, meno competitivo ed innovativo, con più lentezza.
Questo è il football odierno italiano, quello 3.0. In questo gioco ed intreccio di cifre, ho
voluto identificare il calcio che vorrei in Italia. Seguendo il banale ma onesto ciclo dei
18 Si fa riferimento all’ accesa diatriba che ha visto come protagoniste le società di Torino e Juventus nelpost partita del derby. La discussione non creò scalpore per l’ oggetto del dibattito poiché si argomentava
come spesso accade sull’ operato dell’ arbitro, ma per il “luogo” del dibattito: Twitter. Una vera e propriadisputa virtuale.
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numeri, e prendendo in parte spunto dal concetto di Society 4.0 teorizzata dal Prof. Otto
Scharmer19, ho voluto coniare il concetto di Calcio 4.0.
Ma cos’è in sostanza, e cosa si intende per Calcio 4.0?
Non ho, e non voglio enunciare una definizione rigorosa a riguardo, semplicemente
perché ciò che penso non è racchiudibile e limitabile dalla rigidità dell’utilizzo di parole e
frasi vincolanti. Il football 4.0 è piuttosto un concetto, una raffigurazione, un’idea di
calcio; un calcio moderno, libero, aperto, autosufficiente, in cui operano, competono e
cooperano enti, società e una vasta tipologia di stakeholder 20, secondo una visione
capitalistica il più moderna possibile, ma permeata allo stesso tempo di forti radici
“antiche”.
Tutti i sodalizi della football industry , specialmente i club, devono continuare a crescere e
migliorarsi seguendo una filosofia open-mind . È corretto e legittimo espandersi, come
stanno facendo, perseguendo strategie innovative, sia legate all’utilizzo del web che non.
Al medesimo tempo, è necessario percorrere parallelamente una nuova direttrice, che
trova fondamento in valori, virtù e principi indispensabili. Il calcio 4.0 prevede società che
si evolvono anche in questo senso, cercando sì la massimizzazione dei profitti, ma
sposando e tendendo congiuntamente verso concetti nobili, veri, tangibili, i quali sonostati valutati in passato da tutte le aziende come un freno, un ostacolo alla capacità
produttiva, mentre la visione odierna ritiene e ne promuove la massima diffusione, in
quanto se ben gestiti possono portare al conseguimento di solidi vantaggi competitivi.21
19 Famoso docente del Massachussets Institute of Technology di Boston, successore spirituale di PeterSenge, autore di “Theory U”, opera nella quale teorizza il concetto di Society 4.0. Secondo il Professor
Scharmer, occorre diventare pionieri di pratiche e percorsi per una società che è più sostenibile, inclusiva econsapevole: la società 4.0.20 Per un approfondimento si rimanda al capitolo 2, paragrafo “Club as an open system” 21 Nell’ articolo “Creare valore condiviso” di M. Porter e M. Kramer pubblicato sull’ Harvard Business Review(2011) viene evidenziata l’ importanza dello “shared value” . Per valore condiviso si intende l’ insieme dellepolitiche e delle pratiche operative che rafforzano la competitività delle aziende migliorando, nello stessotempo, le condizioni economiche e sociali della comunità in cui l’ impresa opera. Risulta fondamentale inquesto senso riavvicinare e connettere armoniosamente la sfera economica con quella sociale. Secondoquesto nuovo paradigma, non risulta più sufficiente per le imprese utilizzare singoli strumenti di CSR( codiceetico, bilancio sociale etc.), ma occorre assolutamente integrarl i con una visione d’impresa che ponga alcentro del proprio pensiero e delle proprie strategie il legame tra impresa (o meglio società) e la comunitàdi riferimento. Seguendo un approccio di questo tipo si potranno ottenere migliori performance in termini
di vantaggio competitivo, credibilità, reputazione, capacità di attrarre i migliori dipendenti e clienti e unamaggiore fiducia da parte degli investitori e della comunità finanziaria.
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Risulta fondamentale in questo senso permeare il settore di manager competenti e
preparati.
Il riferimento è, come esposto in precedenza, a principi e valori etico-sociali ed economici.
Al rispetto, all’eticità, all’integrità, all’inclusività, alla responsabilità, alla solidarietà
sociale, alla sostenibilità, alla propensione alla territorialità. Nel calcio italiano
professionistico, la Lega Pro (e tutti i club che ne fanno parte), ne rappresenta l’ ente
promotore, diffusore, educatore e precettore per eccellenza.
Nel prosieguo del paragrafo illustrerò il significato dei concetti precedentemente esposti
e le principali iniziative portate avanti dalla Lega Pro per coltivare i semi di tali valori,
formando le generazioni del futuro ed educando quelle del presente al fine di ottenere un
radicale cambio di mentalità e di cultura.
Al fine di sintetizzare in una immagine il calcio 4.0 ho ritenuto utile l’ elaborazione della
figura 1 sottostante; invito il lettore a prenderne visione prima di proseguire nella lettura.
Figura 1: Il Calcio 4.0
Fonte: elaborazione propria
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1.3.1 Lega Pro, “Integrity Tour” e Codice Etico
La Figura 2 mostra la composizione della F.I.G.C., l’ organo di gestione e controllo del
calcio italiano.
Mentre quella di serie A, costituisce un football d’élite poiché vi fanno parte i maggiori
clubs nazionali, e quella di serie B una sorta di “passaggio”, la Lega Pro, terza ed ultima
lega professionistica del nostro paese, è composta per lo più da società di piccole
dimensioni, portatore dunque di determinati valori e principi fondamentali. È questo
l’ente più vicino alla comunità, al territorio22, ai ragazzi, ai club. Le squadre che ne fanno
parte sono oggi 60, composte a loro volta da migliaia di tesserati, per lo più giovani; da
qui nasce il complicato e delicatissimo compito di educare questi ragazzi, che “navigano”
tra il professionismo ed il dilettantismo; ragazzi che potrebbero sentirsi oggi importanti,
popolari, ricchi, ma che una mancanza di salto di categoria potrebbe rendere deboli,
spersi e incompleti nella giungla della vita. È questa la lega delle innovazioni, perché
22
Lega definita “dei 100 comuni”, a riferimento delle numerose squadre che rappresentano altrettantecittà.
Fonte: elaborazione propria
Figura 2: composizione del calcio italiano
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spesso, come la storia ci insegna, gli stimoli più potenti al cambiamento sono quelli che
vengono dal basso, spinti dalla “gente comune”, dal popolo.
Visti i numerosissimi scandali che si sono verificati anche recentemente in questo mondo,
per sviluppare nel settore il concetto di integrità ed onestà, la Lega Pro ha deciso, prima
lega professionistica a farlo in Europa assieme alla Bundesliga tedesca, di costituire nel
2011 un Integrity Office23, (un ufficio interamente dedicato al monitoraggio e alla
formazione in collaborazione con i club) e di dotarsi di propria iniziativa di persone
formate per le attività anti frodi sportive. In concomitanza, a partire dalla stagione
sportiva 2011/2012, ha istituito l’“Integrity Tour 24”, un percorso di formazione e
prevenzione nella lotta alle frodi sportive. Un progetto concreto che prevede una serie di
incontri tra i club e l’Integrity Office, svolti in differenti città italiane, al fine di formare ed
educare alla prevenzione di immoralità sportive dirigenti, staff ed atleti di tutte le squadre
affiliate. Lo scopo fondamentale è dunque quello di combattere ogni tipologia di illecito a
cui è soggetto questo mondo, grazie ad una capillare lotta al frauding su tutto il territorio;
basti pensare che solamente nell’ ultimo anno di tour sono state visitate oltre 37 città al
fine di incontrare 37 società ed oltre 4.800 persone tra dirigenti, giocatori, tecnici, arbitri,
delegati di lega e presidenti dei club sono stati informati e formati. Nella lotta alle frodisportive, il segnale che la Lega vuole dare è che l’esistenza di un forte collegamento tra
tutte le forze di contrasto possano sviluppare un’opera di dissuasione. Per questo, la Lega
Pro si impegna sensibilmente a cooperare con le forze di polizia, con l’Uefa e la Fifa. Le
risposte che la Lega ha avuto durante il percorso sono andate oltre le aspettative, e
questo l’ha portata a credere ancora di più nella scelta strategica dell’Integrity Tour .
Direttamente collegato al concetto di integrità è senza dubbio quello di eticità. A difesa di
questi valori, di cui il calcio è portatore, la Lega Pro si è dotata di un proprio Codice Etico,
la cui versione aggiornata ufficiale è stata redatta nell’Aprile 2012. Il do cumento detta le
norme e i principi generali di correttezza etica che devono rispettare le società sportive, i
23 Ufficio voluto fortemente dall’UEFA (unione delle associazioni calcistiche europee) per tutte le
federazioni dei paesi aderenti. Funzione fondamentale è quella di monitorare e prevenire qualsivogliatipologia di frode sportiva. Ha inoltre compiti attivi di formazione ed educazione per assolvere alle propriefunzioni. Responsabile dell’integrity office è il Dottor Francesco Ghirelli, Direttore Generale della Lega Pro.24
Progetto che viene supportato dalle partnership con Sportradar (agenzia leader a livello mondiale nellalotta al frauding) e con l’Istituto per il credito sportivo.
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dirigenti, i tecnici, gli atleti e tutti i tesserati. La Lega ha previsto che, per la regolare
iscrizione al campionato, tutti i sodalizi sono tenuti ad aderire incondizionatamente a tale
normativa ed a rispettare tutte le prescrizioni ivi contenute; i club sono inoltre obbligati a
richiedere a tutti i tesserati, quale condizione necessaria per la stipula del contratto di
tesseramento, l’accettazione incondizionata di tale regolamento e l’impegno degli stessi
ad accettare le relative prescrizioni25. Con l’ adozione del Codice Etico, La Lega Pro ha
dimostrato di credere fortemente che l’osservanza delle regole in esso contenute è
essenziale per il buon funzionamento, l’affidabilità e la reputazione dello sport del calcio,
quale spazio di educazione individuale e di accomunamento sociale, nonché quale
modello civico di vita valido anche al di fuori del fenomeno sportivo, guardando quindi il
calcio non solamente come un “mero” sport, ma come una vera e propria “palestra di
vita” in cui qualsiasi individuo può crescere e formarsi. Il codice consta di tre parti
fondamentali, ognuna delle quali prevede politiche e principi da rispettare, ed è cosi
suddiviso:
1- Principi generali:
Principi olimpici
Principi di legalità
Principi di leale cooperazione
Principi di lealtà sportiva
Principio di tutela della persona
Principi di responsabilità sociale
Principi di obbligazione etica
2- Principi di condotta delle società sportive:
Politiche di sicurezza legale
Politiche per la sicurezza degli eventi sportivi
Politiche di fair-play finanziario
Politiche di fair-play organizzativo
Politiche di repressione degli illeciti
3- Principi di condotta dei dirigenti sportivi, tecnici, atleti e tesserati:
25 L’inottemperanza alle disposizioni di cui al presente paragrafo non costituisce motivo diinvalidità/nullità/annullabilità del contratto di tesseramento, ma la società sportiva sarà tenuta a
rispondere di tale violazione dinanzi al competente Organo di Giustizia Sportiva su deferimento dellaProcura Federale.
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Canoni di rispetto della legalità
Canoni di condotta in materia di scommesse sportive
Inoltre, al fine di vigilare sull’ adozione e sul rispetto del Codice da parte dei club, il 7
Maggio 2012 è stato istituito e presentato a Roma un Comitato Etico ad hoc, composto da
6 persone indipendenti, nominate dalla Lega stessa, caratterizzate da un elevato profilo
morale e da un CV manifestante un passato contrassegnato dallo svolgimento di attività e
funzioni di prestigio nazionale in ambito universitario, professionale, sportivo, culturale o
religioso.
1.3.2 Sostenibilità economica e sviluppo sostenibileIl concetto di Sostenibilità è molto ampio: può essere contemporaneamente un’idea, uno
stile di vita, un modo di produrre. Per alcune persone, è poco più che una vacua parola in
voga. Una prima
definizione è stata
data dall’ ONU nel
198726
. Questa
concezione, rispetto
alle sue prime
versioni, ha subito
nel corso degli anni
una profonda
evoluzione, passando
da una visione
centrata preminentemente sugli aspetti ecologici, ad un significato più globale, che
tenesse conto, oltre che della dimensione ambientale, di quella economica, sociale ed
istituzionale. Questi quattro aspetti sono stati comunque considerati in un rapporto
sinergico e sistemico e, solamente se combinati tra loro, possono portare al
26
“Sviluppo sostenibile è quello che soddisfa i bisogni delle attuali generazioni se nza compromettere lecapacità delle future generazioni di soddisfare i loro bisogni e aspirazioni” (Relazione Brundland, 1987).
Figura 3: lo sviluppo sostenibile
Fonte: Web
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raggiungimento di uno sviluppo sostenibile, ovvero un processo di cambiamento tale per
cui lo sfruttamento delle risorse, la direzione degli investimenti, l’orientamento dello
sviluppo tecnologico ed i cambiamenti istituzionali siano resi coerenti con i bisogni futuri
oltre che con gli attuali. La Figura 3 mostra le quattro componenti della sostenibilità. In
questa sede ci concentreremo sulla componente economica applicata alla football
industry . Siamo oggi consapevoli delle difficoltà che la maggior parte delle società
calcistiche europee e specialmente italiane presentano nel trovare un’adeguata stabilità
economico-finanziaria. Le aree problematiche possono essere identificate come segue:
tendenza cronica dei club a vivere oltre i propri mezzi;
situazione di insolvenza per molte società;
strutture societarie decisionali poco propense all’operare in favore della
sostenibilità a lungo termine delle società;
i sodalizi che attuano politiche di sostenibilità finanziaria di lungo termine sono
svantaggiate dall’attuale quadro normativo regolamentare, eccessivamente
permissivo, poco incisivo e che si è dimostrato essere inadeguato.
Per il bene di questo sport, settore importante per l’economia italiana, è arrivato ormai il
momento di ridurre gli eccessi, e le società, complice anche l’attuale crisi economica
globale, devono iniziare a distinguersi perseguendo l’obiettivo di uno sviluppo sostenibile,il quale deve essere supportato da un’accurata gestione basata sui principi di efficacia
strategica ed efficienza operativa, al fine di tendere al raggiungimento dell’equilibrio
economico-finanziario, presupposto fondamentale per garantire continuità aziendale,
ovvero la capacità del club di svolgere la propria attività in futuro. Come detto, oggi, la
situazione europea globale in questo senso è piuttosto critica, essendo pochi i sodalizi che
riescono ad operare con coscienza economica. Fortunatamente, siamo in una fase di
continuo miglioramento e tutti gli attori della football industry , siano essi pubblici o
privati, hanno finalmente compreso la reale importanza e potenzialità del settore, e
sembrano tendere congiuntamente verso uno sviluppo sostenibile delle società
calcistiche.
In Italia, la Legge di Stabilità per il 2014, approvata il giorno 27 Dicembre 2013, ci porta in
dotazione (comma 303 – 306) una nuova normativa riguardante la costruzione di impianti
sportivi. Senza entrare troppo nel merito, sembra banale sottolineare l’importanza per
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ogni società calcistica di perseguire strategie di differenziazione27 e diversificazione28
grazie alla costruzione di un impianto di proprietà. Le esperienze estere ci hanno
mostrato come questo asset , se adeguatamente progettato e gestito con professionalità
e competenze strategiche, possa rappresentare una fonte di ricavo di indiscusso valore e
conseguentemente un vantaggio competitivo su cui far leva, in definitiva come possa
apportare il proprio contributo ad uno sviluppo sostenibile, essendo esso stesso
economicamente sostenibile29. In Italia, ci troviamo in posizione sfavorevole rispetto al
resto d’Europa, ma tale norma potrebbe rappresentare un punto di partenza.
La Lega Pro, per garantire alle società componenti un concreto supporto, ha sviluppato
una serie di partnerships con enti pubblici, tra cui l’Istituto per il Credito Sportivo30 ed
Anci31, ed alcune società private32 di consulenza, al fine di portare avanti iniziative per la
costruzione e ristrutturazione di stadi nei territori dei club richiedenti. Grazie a tali
collaborazioni, si vuole promuovere una nuova filosofia di stadio, che non sia solamente
polifunzionale e sostenibile, sia dal punto di vista dell’impatto ambientale che dal punto
di vista economico, ma concepito come vero e proprio polo urbano per la città. Uno
stadio vivo sette giorni a settimana grazie al supporto di specifiche azioni di marketing
territoriale e strategie ad hoc, capace di essere un punto di riferimento e strumento dacui trarne beneficio per tutta la comunità. Inoltre, al fine di aiutare le società a perseguire
27 La strategia di differenziazione consiste nel realizzare un prodotto/servizio con un carattere di unicità cheha valore per un numero elevato di clienti e che si distingue dai concorrenti. Nel merito grazie allacostruzione di un impianto sportivo si cerca di offrire ai propri fans opportunamente segmentati (e nonsolo) uno spettacolo sportivo che garantisca un’ adeguata customer satisfaction ed una fondamentaleunicità esperienziale.28 Strategia orientata alla crescita e sviluppo di un’ impresa basata sull’ introduzione di nuovi prodotti o sull’entrata in nuovi mercati. A titolo di esempio, con impianti sportivi di proprietà, i clubs possono operare nel
mondo della ristorazione prevedendo all’ interno dello stadio l’ inserimento di veri e propri ristorant i;oppure hanno la possibilità di diversificare le fonti di ricavo affittando l’ impianto stesso a societàorganizzatrici di eventi di vario genere (concerti, meeting, etc.)29 Fattore positivo di competitività è oggi senza dubbio anche il concetto di sostenibilità ecologica. Nellacostruzione di impianti sportivi la componente “rispetto per l’ambiente” sta acquisendo sempre maggiorevalenza.30 Istituto di credito di diritto pubblico con gestione autonoma e sede legale a Roma. Definito anche “Bancadello Sport”, è stato istituito con la Legge 24 Dicembre 1957 n. 1295. Inizialmente funzionante solamente inambito sportivo, con la Legge Finanziaria del 2004 è stato previsto un vero e radicale cambiamentonell’assetto statutario dell’Istituto che, pur mantenendo inalterato il suo impegno in favore dello sport, haampliato la sua operatività, prevedendo la possibilità di operare anche in ambito culturale.31 Acronimo di Associazione Nazionale Comuni Italiani.32
Vengono citati per conoscenza: Amapaola, Golder Associates, Studio Zoppini & Associati, Resquadro eAlatri.
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un andamento economicamente cosciente, è stato introdotto il concetto di budgeting. Il
meccanismo è molto preciso e tutt’altro che complesso. Ogni squadra che vuole iscriversi
al campionato deve depositare all’atto della domanda d’iscrizione una cospicua
fidejussione, con funzioni di garanzia per le spese annuali di gestione del club e per far sì
che i sodalizi non spendano più di quanto sia loro possibile, ovvero più del budget.
Trimestralmente la Lega effettua azioni di controllo finanziario sull’ economia della
società, e sancisce una serie di penalità, più o meno gravi ma comunque significative, a
quelle inadempienti.
1.3.3 Il Progetto “Stadi senza barriere”Vecchi, scomodi e sempre più vuoti. Gli stadi del calcio italiano sono lontani anni luce
dagli standard europei. Ma qualcosa, oggi, comincia fortunatamente a cambiare. Sta
crescendo in qualche modo sempre più la sensibilità rispetto all’argomento discusso, ed
anche la tanto attesa “legge sugli stadi”, come visto nel paragrafo precedente, ha
finalmente concluso l’iter legislativo a cui era soggetta ed è divenuta realtà, favorendo
così la riqualificazione e costruzione di nuovi impianti sportivi. In questa sede,
focalizzeremo l’attenzione sul progetto “stadi senza barriere”, ideato, concretizzato e
sviluppato da Lega Pro, che dimostra in questo senso sempre più di essere la Lega del fare
e non del proporre e basta. Il progetto è molto semplice e chiaro, ma allo stesso tempo
innovativo per le realtà italiane e prevede l’abbattimento di ogni barriera all’interno dello
stadio, sia tra settori, così da avere i supporters di squadre avverse adiacenti, sia tra spalti
e campo di gara, così da far sentire il pubblico partecipe dell’evento/ spettacolo a cui si
sta assistendo, fargli assaporare l’odore dell’erba, il rumore del pallone, ed agire in questo
modo fortemente sulla componente emotiva e sensoriale. Il primo club che ha sposato il
progetto, concretizzandolo, è stato il Castel Rigone, società militante in Seconda
Divisione, il cui proprietario, seguendo un piano ben definito, ha in circa 2 mesi
attualizzato la volontà di consegnare alla squadra un impianto totalmente nuovo e privo
di barriere, che vede al suo posto siepi e fiori, prendendo da qui l’appellativo di “giardino
per il calcio”. Castel Rigone è un piccolo borgo di 500 anime situato in Umbria e lo stadio
San Bartolomeo non sopporta più di 1000 spettatori, ma nonostante ciò, questa
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modo di percepire il calcio che vede la fondamentale e necessaria presenza allo stadio di
spettatori, i quali, utilizzando una espressione tanto a cuore ai marketers moderni,
diventano veri e propri consum – attori dello spettacolo e dell’evento sportivo. Tifosi, da
intendersi nell’accezione positiva e nobile del termine, senza il quale questo sport
perderebbe il proprio fascino, la propria emotività. La Germania e l’Inghilterra sono
riuscite a raggiungere, seppur con qualche difficoltà, questo obiettivo ed oggi
rappresentano modelli da seguire. Nel prosieguo del lavoro verranno trattati i “supporters
trust ”, espediente individuato per avvicinare i fans alla football industry e renderli
maggiormente sensibili, responsabili e consapevoli delle dinamiche che ruotano attorno a
questo mondo.
1.4 Intervista a Francesco Ghirelli
Nel presente paragrafo, al fine di capire come gli esperti del settore calcio valutino la
situazione attuale nazionale, verrà proposta una parte di intervista sottoposta al Dottor
Francesco Ghirelli, il quale copre dall’anno 2010 la carica di Direttore Generale della Lega
Pro.
Qual è secondo lei il significato di “calcio”?
Il calcio è semplicemente il gioco più popolare al mondo, non è necessario un vocabolario
per essere definito. A Dubai, a Palermo, a Santiago del Cile, a Nairobi, a Sidney ci si può
dar appuntamento in un campo di calcio; si possono parlare lingue diverse eppure si può
giocare insieme senza problemi, perché le regole del gioco del calcio sono semplici e
uguali in ogni parte del pianeta. Un pallone è quella sfera che rotolando in fondo alla rete
ti fa felice o ti addolora: uguale in ogni città, paese, villaggio del mondo; nello stadio iper
tecnologico e nel campetto di terra battuta. Il messaggio è quello che puoi vincere ma
sempre in squadra.
Viviamo un periodo di crisi valoriale ed economica di questo sport. Spesso è in questo
momento che ci possono essere opportunità di rinnovamento e cambiamento. Qual è il
ruolo della Lega Pro a riguardo?
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La crisi di sistema che ha stravolto il mondo ha avuto riflessi pesanti sullo sport ed anche
sul calcio. In questi anni, le aziende difficilmente hanno prodotto utili e quelli prodotti
sono risultati necessari per dar continuità al ciclo produttivo aziendale e, di conseguenza,
l’afflusso di capitali dall’imprenditore verso “l’impresa calcio” si è drasticamente ridotto. E
lo si vede chiaramente. A ciò si è congiunta una crisi valoriale. Si guardino i titoli in
successione – violenza, razzismo, contraffazione del risultato sportivo – e li si colleghino al
calcio italiano: il risultato è deprimente. Inoltre, gli stadi in Italia sono freddi, inospitali,
non capaci di offrire accoglienza, non polifunzionali. Mentre il maggior numero di eventi
ha sviluppato la propria componente spettacolare grazie soprattutto al miglioramento del
luogo in cui l’evento stesso si svolgeva, il quale si è dimostrato sempre più capace di
assicurare una serie di opportunità che fossero in grado di soddisfare le esigenze diverse,
contrariamente, lo stadio italiano è rimasto mono-cultura e sempre più obsoleto. Il
risultato è sotto gli occhi nostri: si gioca la partita e gli spalti sono vuoti. Noi della Lega Pro
abbiamo cercato di fare cose normali, al fine di garantire un calcio normale: stadi senza
barriere, eliminazione delle “gabbie” per i tifosi ospiti, orari adeguati in rispetto alla
tradizione della città (l’Italia è una lunga penisola con tradizioni, clima, abitudini molto
diversificate. È il calcio che si deve adeguare e non viceversa!), ripristino delle condizionidi acquisto dei biglietti di accesso ante misure volte a fronteggiare l’emergenza causata
dalla violenza nel calcio, aprire ai bambini l’accesso, farsi artefici di una pluralità di
iniziative di solidarietà, istituzione dello SLO (supporter liaison officer : cioè del facilitatore
del rapporto con i tifosi), stimolo alla costituzione di trust ; il tutto inserito nella grande
cornice della Riforma dei campionati di Lega Pro35.
La Lega Pro è sempre più la lega “del fare”: Integrity Tour (ed integrity office), codice
etico, stadi senza barriere, controlli trimestrali sulle finanze societarie. Le rivoluzioni
provenienti dal basso sono spesso le più significative. Siamo pronti ad un cambio culturale
per poter vivere un calcio normale?
35 La riforma diverrà attuale a partire dalla stagione 2014/2015. Oltre alla formazione di regole sempre più
ferree da far rispettare ai club dal punto di vista finanziario, la riforma prevede una variazione deicampionati. Sparirà la categoria di seconda divisione, e La Lega Pro sarà contraddistinta da ll’organizzazione
di un campionato di un’unica categoria suddiviso in 3 gironi. Tale rivoluzione ha sancito il passaggio delnumero di squadre affiliate alla Lega: da 69 a 60.
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Per un riscontro completo in parte rimanderei alla lettura della risposta precedente. Ora,
gradirei effettuare un approfondimento sulla lotta alla contraffazione nelle scommesse
sportive, specificatamente sull’Integrity Tour . Prima che scoppiasse lo scandalo fatto
emergere dalla Procura di Cremona36 (non saremo mai in grado di ringraziarli per quanto
meritano), la Lega Pro aveva sottoscritto un accordo con SportRadar , agenzia leader
mondiale nella lotta alla contraffazione. Tutte le partite di campionato e di Coppa Italia
sono monitorate e qualunque anomalia avvenga nel flusso delle giocate per scommesse,
in qualunque parte del mondo, noi ne veniamo messi a conoscenza in tempo reale e
possiamo agire secondo un protocollo interno verso i club, segnalando alle forze preposte
al contrasto e informando la Procura Federale. Si può cambiare? Sì, non ci è concesso
diversamente, pena la fine lenta ma inevitabile del gioco più popolare al mondo.
Non sentiamo il pro fumo dell’erba e tanto meno il rumore del pallone, il marketing
esperienziale ed emozionale non esiste nel concetto di partecipazione all’evento calcistico,
non ci sentiamo parte dell’evento stesso e restiamo a casa a guardare le partite comodi
sul divano. La nuova legge sull’impiantistica ci porterà stadi adeguati, adatti e capaci di
attirare nuovamente gli spettatori? Perché noi Italiani siamo così indietro rispetto ai nostriantagonisti europei?
La situazione italiana in tema di stadio ci colloca all’ult imo posto tra i paesi
calcisticamente avanzati, gli impianti risultano oggi essere del tutto inospitali, mono
funzionali, di vecchia cultura maschilista. Mentre l'esperienza delle multisala dei cinema
e/o gli ipermercati esprimono totalmente la capacità di andare incontro a ciò che la
gente desidera stando al passo coi tempi (accessi rapidi e facilitati, parcheggi ampi,
offerta multipla per soddisfare e riunire la famiglia o il gruppo), il calcio offriva e continua
oggi ad offrire uno stadio esplicitamente monouso e respingente. E tutto questo mentre
la Tv riesce oggi a far percepire il profumo dell’erba entrando in campo, l’emozione dello
spogliatoio immettendosi all’interno, avvicinando e facendo sentire le voci degli attori
componenti lo spettacolo sportivo. La rovina è stata lo stadio non di proprietà dei club ma
36 Il riferimento è allo scandalo italiano del calcioscommesse del 2011. Il primo filone di indagini è quellorelativo alla prima tranche dell'inchiesta della Procura di Cremona, per la quale il Procuratore
Federale Stefano Palazzi deferì alla Commissione Disciplinare Nazionale della FIGC 18 società sportive (16 dicalcio e 2 di calcio a 5) e 26 tesserati.
http://it.wikipedia.org/wiki/Cremonahttp://it.wikipedia.org/wiki/Stefano_Palazzihttp://it.wikipedia.org/wiki/FIGChttp://it.wikipedia.org/wiki/Calcio_a_5http://it.wikipedia.org/wiki/Calcio_a_5http://it.wikipedia.org/wiki/FIGChttp://it.wikipedia.org/wiki/Stefano_Palazzihttp://it.wikipedia.org/wiki/Cremona
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dei Comuni. I club si sentono affittuari e non proprietari della “casa”, non la migliorano,
non ne curano l’accoglienza. La nuova legge sull’impiantistica sportiva è sicuramente un
buon supporto ed uno stimolo al miglioramento della situazione attuale.
Una società aziendalmente strutturata, che persegue strategie mirate ha buone
probabilità di raggiungere risultati sportivi e salire di categoria innescando il classico
circolo virtuoso. Come si può creare un collegamento tra Lega Pro e Lega di B, affinché
tutti i valori e tutti i progetti della Lega Pro siano portati avanti nelle categorie superiori
per un totale consolidamento e non vengano persi con il salto di categoria?
Si veda il campionato 2013/14: hanno effettuato il salto di categoria in Serie BLatina,
Avellino, Trapani, Carpi e tutte hanno lottato per salire in serie A. Perché? Sono
economicamente strutturate e quindi capaci di sostenere un progetto sportivo
tecnicamente valido. Non credo che salendo i nostri club perdano qualcosa. Penso che
anche la serie B stia oggi operando con un progetto valido.
Il salto di categoria dalla Serie D alla Lega Pro sancisce il fondamentale passaggio dal
dilettantismo al professionismo. Varia la natura della società ed i rapporti con glistakeholder. Come aiutare le società neopromosse a professionalizzarsi e ad organizzarsi?
Per rispondere alla domanda posso informare il lettore del fatto che è da tre anni a
questa parte che le società promosse dalla Serie D vengono accompagnate da noi nel
passaggio periglioso dal dilettantismo al professionismo ed in particolare alla formazione
di società contraddistinte dalla natura giuridica di S.p.a. o S.r.l. Risulta questo un
momento di transizione davvero arduo da compiere. Noi le “nostre società” le
supportiamo in tutte le fasi di questo passaggio, essendo la Lega Pro la lega service e,
contemporaneamente, con il lavoro di formazione programmato dal Comitato Scientifico,
diamo l’aiuto in termini di organizzazione aziendale. La Lega Pro è strutturata come una
lega dei servizi per i club.
Giovani e Lega Pro. Un rapporto davvero delicato. La Lega può svolgere un ruolo di
educatore istituzionale, stimolando i propri calciatori alla cultura dello studio?
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Lo studio oggi risulta essere fondamentale e altamente necessario, al fine di assicurare un
futuro lavorativo al singolo calciatore, ma anche per un miglioramento delle capacità
culturali personali e ad essere potenzialmente più bravo nel giocare al calcio. Perché? Il
giovane che ha studiato, avendo una cultura più ampia ed una visione ampia della realtà
circostante, ha potenzialmente maggiore capacità nel recepire le tattiche messe in campo
dal proprio allenatore, capisce che deve allenarsi bene, alimentarsi meglio, difendersi dal
doping. Noi della Lega Pro siamo portatori di un progetto contro la dispersione scolastica,
male terribile nel calcio. Cerchiamo di dare stimoli continui ai club affinché questi si
impegnino a far frequentare i diversi livelli scolastici ai giovani calciatori. Un giocatore che
sa di avere un potenziale futuro post carriera calcistica, vivrà una vita più tranquilla e
potenzialmente meglio predisposto a giocare bene.
Perche non iniziare ad organizzare il famoso terzo tempo di cultura rugbista?
Vorrei rispondere con un’altra domanda: perché non iniziamo a fare il pre-tempo? Cioè
ad accogliere in modo adeguato i tifosi ospiti ed i calciatori avversari? Perché non
iniziamo a dare l’esempio anche nel primo e se