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design+ n.12

Date post: 25-Mar-2016
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rivista ordine architetti bologna
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ISSN 2038 5609 - "Poste Italiane Spa - spedizione in abbonamento postale D.L.353/2003 (conv. in L. 27/02/04 n° 46) art.1 comma.1 - CN/BO” Il Red Town Office di Enrico Taranta, Giorgio Radojkovic e Juriaan Calis Le sedi londinesi di Google progettate da Scott Brownrigg Interior Design NAU Architecture ha realizzato la Raiffeisen Bank di Zurigo N. 12 DESIGN + RIVISTA DELL ’ORDINE DEGLI ARCHITETTI,PIANIFICATORI,PAESAGGISTI E CONSERVATORI DI BOLOGNA
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Il Red Town Office di Enrico Taranta,Giorgio Radojkovic e Juriaan Calis

Le sedi londinesi di Google progettateda Scott Brownrigg Interior Design

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N.12

DESIGN+RIVISTA DELL’ORDINE DEGLI ARCHITETTI, PIANIFICATORI, PAESAGGISTI E CONSERVATORI DI BOLOGNA

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Iscritta con l’autorizzazione del Tribunale di Bolognaal numero 7947 del 17 aprile 2009

Via F. Argelati, 19 - 40138 BolognaTel. 051.343060 - www.koreedizioni.it

Via Saragozza, 175 - 40135 BolognaTel. 051.4399016 - www.archibo.it

Direttore EditorialeAlessandro Marata

Direttore ResponsabileMaurizio Costanzo

CaporedattoreIole Costanzo

Coordinamento di RedazioneCristiana Zappoli

Art DirectorLaura Lebro

RedazioneAlessio Aymone, Emiliano Barbieri, Nullo Bellodi,Federica Benatti, Mercedes Caleffi, Giuliano Cirillo,Edmea Collina, Biagio Costanzo, Mattia Curcio,

Silvia Di Persio, Antonio Gentili,Piergiorgio Giannelli, Andrea Giuliani,Giulia Manfredini, Stefano Pantaleoni,Luca Parmeggiani, Alberto Piancastelli,

Duccio Pierazzi, Nilde Pratello, Claudia Rossi,Clorinda Tafuri, Luciano Tellarini, Carlo Vinciguerra,

Gianfranco Virardi, Gabriele Zanarini

Hanno collaboratoManuela Garbarino, Donatella Santoro

StampaCantelli Rotoweb - Castel Maggiore (Bo) -

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Finito di stampare in febbraio 2013

DESIGN +

KOrEE D I Z I O N I

La redazione di Design+ tiene a precisare chel’allestimento della casa natale di Enzo Ferrari(foto di copertina del numero 10 di Design+)è stato realizzato dall’architetto Andrea Morgante

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CONTENUTI

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Pensieri Globali18

SegnaliRem Koolhaas arriva a Venezia p.23L’architetto olandese è il direttore della 14a

Mostra Internazionale di Architettura

Premio triplo per Kartell p.24L’azienda italiana ha vinto tre 2012 GoodDesign Award nella categoria Furniture

La versatilità del rame p.26Sono stati proclamati i vincitori del concorso“Il Rame e la Casa” dell’Istituto Italiano del Rame

Meno CO2 alla Bicocca p.29L’Università di Milano - Bicocca ha un nuovo pianodi riduzione delle emissioni di anidride carbonica

Un fondo dedicato all’arte p.30BolognaFiere stanzia 100mila euro per comprareopere di giovani artisti in occasione di Arte Fiera

23

Telmo Pievani p.18Professore di Filosofia delle Scienze BiologicheMarco Romano p.20Professore di Estetica della città a Venezia

Speciale ufficiIl luogo del lavoro tra comfort e funzionalità p.35

Lavoro = spazio + creatività p.36

Meno gerarchie e barriere p.38

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CONTENUTI

10 DESIGN +

Speciale ufficiSemplice, ludico, creativo p.40Progetto di PS Arkitektur

Giocare o forse lavorare? p.46Progetto di Scott Brownrigg Interior Design

Strategie di lavoro p.52Progetto di Iosa Ghini Associati

Estetica, tecnologia, ecologia p.58Progetto di NAU Architecture

Plasticità e dinamismo p.64Progetto di Taranta Creations

Acciaio e arabeschi p.68Progetto di Studio Mytaki Architecture & Design

Interpretare e progettare p.72

Ufficio in città/ Città in ufficio p.74

L’esperienza che dà forma all’ufficio p.76

In ufficio come a casa p.78

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AnteprimaArte e design in mostra p.95

95

DesignGiocare con le sedie p.91

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13DESIGN +

EDITORIALE

Negli ultimi dieci anni in Italia sono stati utilizzati circa 40ettari di suolo naturale al giorno. Diamo i numeri? Eccone al-cuni. La quota di territorio con copertura artificiale in Italiaè pari al 7,3 per cento del totale, contro il 4,3 della media del-l'Unione Europea. Anche ragionando, correttamente, in ter-mini di densità demografica, non si dovrebbe superare il 6,4per cento. Se si considerano gli oltre 100 milioni di metri qua-drati di superficie dismessa che è oggi potenzialmente dispo-nibile in Italia, il trend che negli ultimi dieci anni ha porta-to a costruire quasi 1.560.000 nuovi edifici, comprendenti cir-ca 1.670.000 nuove abitazioni, potrebbe essere sensibilmen-te rallentato. Anche perché negli stessi ultimi dieci anni, la po-polazione italiana è cresciuta del 4 per cento. Non è però so-lamente una questione di quantità. Il problema è purtropporilevante anche e soprattutto dal punto di vista sostanziale. Sidevono considerare la bassa qualità degli interventi, il feno-meno dell'abusivismo edilizio, la crescita a macchia d'olio de-gli insediamenti urbani e sub-urbani, la fragilità idrogeologi-ca del territorio, il pericolo sismico, i problemi legati alla mo-bilità e alle infrastrutture. A fronte di questi dati è con scon-certo che si deve rilevare una grave emergenza abitativa per lefasce di utenti più deboli, in continua crescita, che non sonoin grado di accedere con dignità ad una abitazione anche mi-nima. Nel frattempo la Germania, per fare un esempio, si èdata l'obiettivo di non superare i 30 ettari al giorno entro il2020 e altri paesi hanno introdotto obblighi di priorità nel re-cupero dei cosiddetti brownfield.Ecco dunque che i concetti di ciclo di vita e di rinnovabilità,che fino ad ora sono stati riservati alle questioni energetiche etecnologiche, si stanno travasando, con un notevole passaggiodi scala, tanto scontato quanto tardivo, alle città. E quindi, inmodo analogo, si stanno faticosamente e lentamente, come èprassi in Italia anche per le cose ovvie, elaborando quadri nor-mativi di riferimento ed individuando forme di incentivazio-ne al risparmio e, in questo caso, disincentivazione allo spre-co. I dati precedentemente citati sono riportati nell'introdu-zione alla proposta di legge che pochi giorni prima del Nata-le scorso, con il numero 5658, è stata presentata alla Cameradei Deputati, successivamente e in conseguenza ad una riso-luzione approvata dalla Commissione Ambiente eTerritorio delSenato nel luglio dello scorso anno, avente come tema le pro-blematiche connesse al consumo del suolo. Nella stessa riso-luzione si fa anche esplicito riferimento al progetto RI.U.SO._Ri-generazione Urbana Sostenibile, che l'Associazione Naziona-li Costruttori Edili, il Consiglio Nazionale degli Architetti, Pia-nificatori Paesaggisti Conservatori e Legambiente, hanno, dal-la primavera del 2012, elaborato, promosso e presentato nel-le principali sedi istituzionali e culturali.

Che le città siano da riutilizzare è certo e, a parole, abbastanzacomprensibile e scontato. Nei fatti però vi è da considerare, nelpanorama attuale italiano, una serie di fatti negativi quali: unanormativa aberrante sia dal punto di vista della enorme quan-tità di leggi e regolamenti, che spesso sono anche sbagliati e con-traddittori (almeno fossero fatte bene!); una tempistica nei tem-pi di approvazione dei progetti tale da spegnere gli entusiasmianche del più ottimista degli operatori della filiera edilizia; undiscreto livello di corruzione; una ignoranza diffusa sulle que-stioni etiche e ambientali; una maleducazione, che arriva finoalla criminalità, crescente, che rende ogni cosa più difficile e menoappetibile; una classe di amministratori e politici molto al di sot-to di quel livello minimo di qualità che ci si potrebbe e do-vrebbe aspettare; una mediocre qualità e senso di responsabi-lità anche dei professionisti che hanno responsabilità nel pro-getto e nel governo del territorio. Mi sono dimenticato qual-cosa? Se l'ambito di intervento è quello che ho appena descritto,che è comunque migliore della situazione reale, è facile rendersiconto che, ad esempio, parlare di demolire, per sostituirli, gliedifici che sono energivori, staticamente pericolosi, socialmenteinaccettabili, rasenta l'utopia. Cosa deve prevedere un pro-gramma di promozione e incentivazione delle città rinnovabili?In sintesi: rendere più costoso l'utilizzo di suolo naturale e, percontro, favorire economicamente gli interventi sul patrimonioedilizio esistente; uniformare, per quanto possibile, gli ottomiladiversi regolamenti edilizi presenti sul territorio nazionale; ri-solvere una volta per tutte la dannosissima questione dei tem-pi di approvazione delle pratiche edilizie e degli iter urbanistici,efficacissima arma di ricatto a disposizione di amministratorie politici; cancellare e riscrivere totalmente, non correggere oemendare, la legge sui lavori pubblici; utilizzare lo strumentodel concorso sia, ovviamente, per opere pubbliche che incen-tivando i privati per quelle private; promuovere la cultura del-lo sviluppo sostenibile e dell'etica responsabile. Come risultaevidente ragionando sulle premesse e sugli obiettivi la stradada percorrere è troppo lunga e ripida ed è la rappresentazioneprecisa e nitida della mediocrità che contraddistingue l'Italiada molti anni a questa parte. Per fortuna, il progresso rende ilmondo sempre più piccolo e accessibile, sia dal punto di vistafisico che virtuale. E la voglia di cercare altre vie in terre stra-niere, più civili o, in alternativa, più prolifiche, è sempre piùnitida. In attesa di una rivoluzione che non può avvenire se non,per noi, fuori tempo massimo.

Alessandro Marata

Città rinnovabili

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Il cambiamento che il nostro pianeta sta attuando è un naturale processo o è anche conseguenza di azionierrate da parte dell’uomo?La biosfera nel corso della sua lunga storia ne ha viste di tutti i colori e la vita è riuscita a riprendersi dopo immani catastrofi.Ciò significa che la fine del mondo c’è già stata, più volte, e che ad ogni occasione il motore dell’evoluzione è ripartito,producendo nuova diversità di forme. Ciò non significa però che dobbiamo stare tranquilli, perché in gioco ci sonolecondizioni di base per la nostra sopravvivenza. Ciò che homo sapiens sta facendo alla biosfera è un’alterazione senzaprecedenti da parte di una sola specie vivente: deforestazione su larga scala, crescita popolazionale, specie invasive ovunque,inquinamento chimico e industriale dei suoli, dell’aria e delle acque, sfruttamento eccessivo per caccia e pesca. Inoltre ilriscaldamento climatico comincia a far sentire i suoi effetti sulla biodiversità. In questione non è la capacità della vita diriprendersi, ma la possibilità che per la prima volta una specie, sedicente “sapiens”, possa non accorgersi che sta mettendo arepentaglio la sua sopravvivenza sul pianeta.La sostenibilità può essere una strada per giungere ad un maggiore rispetto del nostro pianeta?Dipende da ciò che intendiamo per “sostenibilità”. Homo sapiens, da quando è nato in Africa 200mila anni fa, non è maistato molto “sostenibile” rispetto agli ecosistemi che incontrava. Migliaia di anni dopo, la domesticazione di piante e animaliha condotto a un’alterazione profonda degli ecosistemi, ai quali abbiamo fatto produrre molto più di ciò che avrebbero fatto.L’uomo deve capire che di questo passo le sue attività di consumo saranno in rotta di collisione con i parametri di base dellabiosfera. Bisogna puntare tutto sulla ricerca e sull’innovazione. L’Italia non lo sta facendo.Il pianeta, le città, l’uomo sono l’ineluttabile conseguenza di ciò che è stato il passato?Direi che nulla nell’evoluzione è ineluttabile conseguenza del passato. La storia naturale e culturale umana è piuttostoun’esplorazione di possibilità, a volte promettenti a volte rischiose.Quanto è complicato comunicare che un approccio più scientifico e tecnico anche nella politica enell’amministrazione delle nostre città è sempre più necessario?È difficile, ma indispensabile. Nei paesi più avanzati il potere esecutivo è sempre più a stretto contatto con i rappresentantidella comunità scientifica, perché le decisioni da prendere richiedono forti competenze scientifiche, una buona informazionediffusa, un forte senso di partecipazione da parte della società, nella sua pluralità di valori.La bellezza può essere considerata una piccola vittoria sull’accidentalità della vita?Certamente. La bellezza di un paesaggio lungamente addomesticato dalla specie umana, o di una metropolipulsante e piena di diversità, è il frutto di generazioni di donne e di uomini che hanno regalato la loroinventiva e la loro saggezza alle generazioni successive.La psicologia evoluzionistica può aiutare a comprendere alcuni comportamenti umanicome la tendenza a non considerare, nei progetti, le generazioni future?Credo di sì. L’evoluzione ci insegna a cogliere i precursori naturali che ancora oggi rendono per noipiù intuitive alcune scelte, più persuasivi certi modi di pensare, più istintivi alcuni comportamentianziché altri. Quei precursori naturali sono oggi immersi in nicchie ecologiche (culturali,tecnologiche, sociali, urbane) molto differenti da quelle originarie e possono quindi aver assuntofunzioni nuove o non averne affatto. La mancanza di lungimiranza è un nostro limite evolutivo,perché siamo abituati a considerare le esigenze prossime di sopravvivenza, non a guardare lontanoverso generazioni che ancora non esistono. Ma proprio la cultura e l’apprendimento sociale cidicono che la mente umana è capace di modificarsi con l’educazione (soprattutto se precoce) edunque dobbiamo lavorare affinché quei limiti evolutivi non ci rendano troppo miopi.

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Telmo Pievani

PENSIERI.GLOBALI

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È professore associato presso il Dipartimento di Biologia dell’Università degli studi di Padova, dovericopre la prima cattedra italiana di Filosofia delle Scienze Biologiche. Dal 2001 al 2012 è statoin servizio presso l’Università degli studi di Milano Bicocca. Filosofo e storico della biologia edesperto di teoria dell’evoluzione, è autore di numerose pubblicazioni. Fa parte del Comitato Eticoe del Comitato Scientifico della Fondazione Umberto Veronesi per il progresso delle scienze.

«La mancanza di lungimiranza è un nostro limite evolutivo. Siamo abituati aconsiderare le esigenze prossime di sopravvivenza, non a guardare lontano»

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È anche lei dell’idea che oggi nuove strutture pubbliche come ospedali, supermercati o aeroporti non sianosempre realizzati con l’intento di farli diventare anche simboli d’orgoglio cittadino?“All’avvicinarsi del terzo anno che seguì l’anno Mille, si vedono ricostruire su quasi tutta la terra, ma sopratutto in Italia e inGallia, gli edifici delle chiese. Sebbene la maggior parte, molto ben costruite, non ne avessero alcun bisogno, un vero spirito diemulazione spingeva ogni comunità cristiana ad averne una più sontuosa di quella dei vicini. Sembrava che il mondo stesso siscuotesse per spogliarsi delle sue vetustà e per rivestirsi da ogni parte di un bianco mantello di chiese. Allora, quasi tutte le chiesedelle sedi episcopali, quelle dei monasteri consacrati ad ogni genere di santi, e anche le piccole cappelle dei villaggi, furono ricostruitepiù belle dai fedeli”. La chiesa è il primo dei temi collettivi con il quale le città cominciano a confrontarsi tra loro. E ilcronista Raoul Glaber, che scrive nel 1030 in un convento vicino a Digione, coglie subito quello che sarà il carattereessenziale dei temi collettivi: far parte della sfera del dono, nel senso che non devono venire ascritti alla sfera del necessarioperché, appunto, la ricostruzione delle chiese coinvolge edifici che non avevano alcun bisogno di essere ricostruiti. Nella sferadel dono noi compiamo gesti che comportano un confronto con gli altri, ma questi gesti hanno valore soprattutto in quantosono simboli del nostro affetto e ci aspettiamo che siano ricambiati non tanto con un dono del medesimo valore ma con lamedesima intenzione simbolica. Dopo la chiesa e le mura – anche una semplice staccionata – verranno il castello, il palazzomunicipale, la locanda, il teatro, il museo, la biblioteca, il giardino pubblico, lo stadio e molti altri che non voglio enumerarequi, ma che in qualche misura tutti conoscono perché - è questa la loro seconda caratteristica - sono gli stessi in tutte le cittàeuropee, dal villaggio alla capitale, ciascuno commisurato all’immagine che ogni civitas ha di sé, e costruiti direttamente aspese pubbliche o anche da gruppi di cittadini che se ne fanno carico ma anch’essi con l’ambizione di confrontarsi con lealtre città nella sfera simbolica. Perché un sentimento o un comportamento possa dar luogo a un manufatto nel quale icittadini di tutte le città europee riconoscano un appropriato tema collettivo occorre spesso più di un secolo, e perché possadiventarlo occorre che tutte le città possano averlo: dunque non possono essere temi collettivi i ponti (perché non tutte lecittà hanno un fiume, e per questo, quasi per nasconderli, fino al tardi Cinquecento i ponti erano abitati come il pontevecchio a Firenze); non possono esserlo le stazioni ferroviarie, non possono esserlo gli aeroporti, gli ipermercati o gli outlet.A loro volta gli ospedali e le scuole non sono un’espressione della volontà estetica della civitas perché, diversamente dai temicollettivi, nascono per rispondere a uno scopo preciso, al diritto di ogni cittadino all’assistenza sanitaria (il medico condottoe l’ospedale) e all’istruzione di base (il maestro e la scuola), quindi non possono avere quel carattere dispreco che caratterizza intrinsecamente ogni dono e dunque ogni tema collettivo. Per questo alcentro dell’affresco del Buongoverno nel palazzo dei Priori a Siena c’è la scuola, ma in unedificio nudo che contrasta con la ricchezza dei palazzi.Le periferie. Quali ragioni hanno fatto sì che esse siano mancanti, in buonaparte, di una propria identità nonché di dignità?Sebastiano Serlio, alla metà del Cinquecento, rilevava come le persone piùragguardevoli di una città abitassero in centro, vicino alle piazze e ai luoghi nobili, e imeno abbienti lontano, vicino alle porte. Da quasi mille anni la periferia comprendeappunto quei quartieri lontani dal centro e privi dei temi collettivi di rilievo cittadino,condizione riscontrata dal prezzo delle case, a Milano nel XI secolo erano tre voltetanto in centro che vicino alle porte, più o meno come oggi. Nel corso dei secoli è statofatto il possibile per attenuare con qualche accorgimento questa emarginazione simbolica,realizzando strade trionfali che solcassero la periferia - chi a Parigi abita nell’avenue de laGrande Armée, all’ombra dell’arco di Trionfo, non ha certo l’impressione di essere in

Marco Romano«Se non riusciamo a dare alle città un valore simbolico ed estetico vivremo in undeserto del senso, privi della nostra forza e della nostra identità di cittadini»

PENSIERI.GLOBALI

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Laureato in architettura, è professore ordinario di Estetica della città e direttoredel Dipartimento di Urbanistica dell'Istituto Universitario di Architettura di Venezia(1978/1982). Direttore della rivista Urbanistica, organo ufficiale dell'Istituto Nazionaledi Urbanistica (1977/1986), è anche direttore scientifico della Sezione Italiana allaXVII Triennale di Milano sul tema "Le città del mondo: il futuro delle metropoli"(1988). Ha collaborato al quotidiano La Voce e scrive sul Corriere della Sera.

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periferia, come potremmo arguire guardando una pianta della città - e provvedendo i quartieri periferici di conventi, diparrocchie, di palazzi municipali - a Parigi quelli degli arrondissement - e delle relative piazze con i mercati locali, mapiazze dove venivano anche effettuate manifestazioni cittadine che contribuivano ad attenuare l’“effetto periferia”facendo sentire agli abitanti di far parte della comunità cittadina. Nel corso degli anni Venti del Novecento è andatodiffondendosi il principio che la città fosse un organismo prima di tutto funzionale, e costituito da funzioni diverse - laresidenza, il lavoro, il tempo libero - legate da sistemi di trasporto e da strade che non a caso chiamiamo proprio arterie- perché il principio che la città sia un sistema di funzioni è quello del corpo umano - un principio che cancellaval’intera sfera simbolica sulla quale era stato costruito nei mille anni precedenti il tessuto della riconoscibilità delle città.Il sentimento individuale della nostra identità di cittadini è fondato sulla presenza dei temi collettivi, ma se cancelliamoi boulevard, le passeggiate, e gli altri temi che ci suggeriscono materialmente di far parte di quella specifica città, i nuoviquartieri potrebbero essere in qualsiasi città e si è perso il fondamento e il riconoscimento della dignità del cittadino.La città è anche frutto di “singole” libertà espressive, sensibilità, gusti e idee di bello?Come nei temi collettivi i cittadini esprimono le proprie intenzioni estetiche confrontandosi con le altre città, così imedesimi cittadini come individui confrontano il loro status e la loro propensione estetica nelle facciate delle case:come scriveva Filarete alla metà del Quattrocento “La testa dell’uomo, o vuoi dire la faccia, è quella che ha in sé labellezza principale e per la quale si conosce ciascheduno.Tu non vedesti mai edificio o casa d’abitazione che totalmente fussel’una come l’altra, né in similitudine, né in forma né in bellezza: chi è grande, chi è piccolo, chi è mezzano, chi è bello e chi èmen bello, chi è brutto e chi è bruttissimo. È Dio stesso che ha voluto ciò: "Iddio, che l’uomo come che in forma fece a suasimilitudine, così e partecipasse in fare qualche cosa in sua similitudine mediante l’intelletto gli concesse. E quando si crede divedere case uguali, a guardar bene sono invece tra loro differenti: anche se si volesse fare molte case che si assomigliassero inuna forma e in una similitudine, non mai farebbe che fosse l’una come l’altra”. Così la libertà espressiva propria della sferaindividuale incoraggiava Giovanni Rucellai a costruire un palazzo, disegnato da Leon Battista Alberti, completamentediverso da quelli gotici di allora, e non sono sicuro che oggi glielo avrebbero consentito, le soprintendenze e lecommissioni edilizie.Le nuove generazioni di architetti sono preparati per una completa e nuova lettura della città che li inducaad intervenire in modo nuovo e soprattutto qualificato?No. Per saperne qualcosa dovrebbero sistematicamente studiare sui miei libri l’estetica della città - questo è anche ilnome del mio sito - ma i loro docenti non li hanno letti e non sono in grado di insegnarne i principi.Oggi, secondo lei, le nuove amministrazioni di piccole e grandi città italiane come vivono e gestiscono lacittà?Nella sfera tecnica non saprei, nella sfera estetica mantenendo lo stile consolidato da ciascuna nei dieci secoliprecedenti: se Milano non è particolarmente nota per la sua bellezza è perché i milanesi hanno trascurato questoversante estetico dell’urbs e continueranno a trascurarlo oggi, costruendo incongrui grattacieli, mentre Parigi, che allabellezza ha dedicato più attenzione, ha confinato i grattacieli nella Défense, e Firenze non ne ha fatti del tutto e haaffidato la lottizzazione dei nuovi quartieri a Leon Krier, un architetto noto per le sue campagne estetiche.L'Europa è tra i continenti più urbanizzati al mondo e non è più in una fase di crescita economica. Quantolo sviluppo delle nostre città potrà determinare il futuro sviluppo economico e sociale dell'Unione europea?Le città è fatta di case e di temi collettivi, ed è da presumere che di case continueremo a costruirne. Perché, se la duratadella vita continua a migliorare, ci saranno meno case lasciate libere dai nonni passati a miglior vita quando i nipoticercheranno una casa per loro, e così occorrerà costruirne di nuove, anche perché oggi almeno l’80% delle nuovecoppie abita nello stesso comune di uno dei due coniugi e il 50% a meno di 500 metri. Senza contare un certoincremento di single che vogliono poi un alloggio come fossero una coppia. E un giorno o l’altro anche gli immigrati ei loro figli otterranno la cittadinanza e cercheranno come tutti gli altri europei una casa. Sostenere che le case esistentisono spesso vuote significa non sapere che la casa non è un bisogno materiale elementare ma è un desiderio fluttuantenella sfera simbolica, e i cittadini cercano soprattutto una casa che corrisponda alla manifestazione del proprio status,non un semplice riparo. Così continueremo a costruire, ma se non riusciamo progettare i nuovi quartieri con gli artificidi un tempo avvolgendoli nella sfera simbolica dell’urbs e della civitas, allora i nostri figli non sapranno più a qualimanifestazioni visibili ancorare la riconoscibilità del proprio essere cittadini e affronteremo, noi europei, i processi diglobalizzazione senza sapere chi siamo. E la nostra forza di europei, quella che ci ha consentito di dominarematerialmente e influenzare spiritualmente il mondo, radicata nella consapevolezza di essere europei perché cittadini diuna città con quelle caratteristiche che tutti conoscevano, le sequenze dei temi collettivi lungo le strade e le piazzetematizzate – che nessuna città del mondo aveva mai avuto e che oggi può soltanto imitare nelle forme ma non nellospirito – andrà perduta e vivremo in un deserto del senso, privi della nostra forza, della nostra identità, privi comeSansone delle nostre capigliature, una antica metafora per dire della nostra bellezza, della bellezza delle nostre città.

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Il Cda della Biennale di Venezia ha no-minato Rem Koolhaas direttore delSettore Architettura, con lo specificoincarico di curare la 14.Mostra Inter-nazionale di Architettura che si terrànel 2014. Il tema scelto dall’architettoolandese è Fundamentals. «Sarà unaBiennale sull'architettura, - ha spiega-to Koolhaas - non sugli architetti. Do-po diverse Biennali dedicate alla cele-

brazione del contemporaneo, Funda-mentals si concentrerà sulla storia, su-gli inevitabili elementi di tutta l'archi-tettura utilizzati da ogni architetto, inogni tempo e in ogni luogo e sull'evo-luzione delle architetture nazionali ne-gli ultimi 100 anni. Nel 1914 avevasenso parlare di architettura “cinese”,architettura “svizzera”, architettura“indiana”. Cent'anni dopo, sotto la

pressione di guerre, regimi politici di-versi, molteplici condizioni di svilup-po, movimenti architettonici naziona-li e internazionali, traiettorie personalicasuali e sviluppi tecnologici, le archi-tetture che un tempo erano specifichee locali sono diventate intercambiabilie globali. Sembra che l'identità nazio-nale sia stata sacrificata sull'altare dellamodernità». (di Cristiana Zappoli)

Architetto, urbanista e saggista olandese tra i più noti sulla scenainternazionale, RemKoolhaas curerà la 14.Mostra Internazionale di Architettura che si terrà a Venezia nel 2014

REM KOOLHAAS ARRIVA A VENEZIA

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S PREMIAZIONI

PREMIO TRIPLO PER KARTELL

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Il 2013 non poteva iniziare in modo migliore per una delle aziende più innovative nel settore dell’arredamento. Kartell si è infatti aggiudicata nella categoria Furniture tre 2012 Good Design Award, uno dei premi più riconosciuti a livello internazionale

a Kartell si aggiudica ben tre2012 Good Design, il prestigiosoriconoscimento americano rila-sciato dal Chicago Athenaeum –

Museum of Architecture and Design per lacategoria Furniture. I tre prodotti vincitorisono: sedia Audrey, design Piero Lissoni,tavolo Invisible Table, design Tokujin Yo-shioka, sedia Miss Less, design PhilippeStarck. Fondato a Chicago nel 1950, il Go-od Design è uno dei premi più antichi e ri-conosciuti internazionalmente nel campodella “design excellence”. Questi impor-tanti riconoscimenti si aggiungono al giàricco palmares dell’azienda, che può conta-re su un’invidiabile serie di premi interna-zionali, raccolti nei suoi 64 anni di storia.

Miss Less è una seduta rigorosa, materica,che nasce come una scultura trasformata inun oggetto domestico di produzione indu-striale. La seduta ha la forza e la possanza diuna forma primitiva, di un blocco di mate-ria resa contemporanea dal lucido materia-le plastico a stampaggio che la compone.Ideale sia per la casa che per il contract,Miss Less è formata da una base monoliticasquadrata e da un sottile poggia-schiena inpolicarbonato trasparente. Audrey, invece,l’eclettica seduta che unisce alluminio eplastica, è una sedia versatile e contempo-ranea che, grazie alla linea semplice e pulitaottenuta attraverso un particolare processodi pressofusione in soli due pezzi, senza sal-dature, diventa multifunzionale e si adatta

a tutti gli usi. Audrey, disponibile sia inversione sedia che poltroncina, ha seduta eschienale realizzati in materiale plastico de-clinato in vari colori, mentre la struttura inalluminio presenta tre versioni: alluminioverniciato, verniciato bianco e verniciatonero. Altro premiato è l’Invisible Table,che è il primo tavolo trasparente mono-blocco in materiale plastico di Kartell. Conla produzione di un pezzo unico di oltre 20kg, Kartell si fa ancora una volta pionerenell'utilizzo dei materiali plastici a stam-paggio industriale. Invisible Table unisceleggerezza e solidità, praticità e stile. Altempo stesso una raffinata palette di coloridona a questo oggetto originalità e brio.(di Gianfranco Virardi)

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Sedia “Miss Less”, design Philippe Starck

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Sedia “Audrey”, design Piero Lissoni

Tavolo “Invisible Table”, design Tokujin Yoshioka

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S PREMIAZIONI

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l design del rame premia i suoi mi-gliori interpreti, proclamando i vin-citori della 4a edizione del concorsointernazionale “Il Rame e la Casa”,

promosso dall'Istituto Italiano del Rame(IIR) in collaborazione con EuropeanCopper Institute (ECI). Dopo il successodelle passate edizioni, si conferma il vastorichiamo di un'iniziativa ormai entratanell'agenda dei principali appuntamentiinternazionali del design e che continuaad attrarre un numero crescente di ade-sioni, più che triplicate dal 2007 ad oggi.Gli oltre 250 progetti in concorso sonostati realizzati da architetti e designer pro-fessionisti, nonché allievi di scuole supe-riori di grafica, arredamento, design e fa-coltà di architettura di tutto il mondo,divisi in due distinte categorie. Tutti ingara per ideare uno o più oggetti in ramee sue leghe per il design d'arredo, speri-mentando le infinite potenzialità espressi-ve di questo materiale con nuove applica-zioni estetiche e funzionali. I premi del-l'edizione 2012 sono stati aggiudicati dauna qualificata giuria, composta da rico-nosciuti professionisti del settore: LuisaBocchietto, architetto e presidente del-l'ADI, Odoardo Fioravanti, industrial de-signer e Marco Romanelli, architetto ecritico del design. I progetti vincitorisono stati in grado di reinventare oggetticomuni attraverso l'uso del rame, utiliz-zato allo stato puro o nelle sue leghe,

come bronzo e ottone, e accostato anchead altri materiali, dando forma a nuovemodalità di utilizzo e decoro.Il concorso si inserisce nel più ampio pa-norama di attività e iniziative che l'Istitu-to Italiano del Rame sviluppa da oltretrent'anni in qualità di associazione noprofit per promuovere l'utilizzo del ramee delle sue leghe non solo nei più tradi-zionali campi dell'industria, ma anchenel mondo del design. L'edizione 2012 èanche la conferma del ruolo culturale diun concorso che intende celebrare e por-tare alla ribalta del design le proprietà siaornamentali che costruttive del metallorosso, onnipresente anche se spesso invi-sibile agli occhi, perché in grado di calarsiin ogni ambito dell’architettura e dellaprogettazione d’interni. Grazie alla suaforte riconoscibilità e alla straordinariaversatilità, il rame offre molteplici possi-bilità di manifattura e applicazione: dacomplementi d'illuminazione a maniglie,carrelli e supporti per ospedali, decora-zioni d'interni, ma anche interpareti, pa-vimenti e radiatori. Per la categoria pro-fessionisti, il primo premio è stato asse-gnato al francese Francesco Morackinicon il progetto “Prohibition Kit”. Il se-condo premio è andato invece a StefaniaRuggiero con “Pix”. Per la categoria stu-denti, ha ricevuto il primo premio il po-lacco Michal Jan Holcer con il progetto“B-side”. (di Gianfranco Virardi)

1) Primo premio: “Prohibition Kit” di FrancescoMorackini. Quattro oggetti quotidiani, una brocca, unfornelletto per fonduta, una pentola e una fruttiera,pensati ironicamente come apparecchio per ladistillazione di alcoolici. 2) Secondo premio: “Pix” di Stefania Ruggiero. Il cardine di un portoncinotrasformato in uno strumento musicale creando unapiacevole melodia. 3) Primo premio, categoria studenti:“B-side” di Michal Jan Holcer. Rubinetto che funzionacontemporaneamente come dispenser per il sapone

LA VERSATILITÀ DEL RAMESempre più usato da giovani designer per le loro creazioni, il rame viene consideratoun materiale dalle molteplici capacità espressive e funzionali. Per questo sono statemolte le partecipazioni al concorso “Il Rame e la Casa”. Ecco i vincitori

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’Università di Milano-Bicocca,tra le prime in Italia, ha av-viato un piano di riduzionedelle emissioni di anidride car-

bonica. Il Consiglio di Amministrazioneha approvato, finanziandolo con 90 milaeuro, un progetto di carbon managementdi durata biennale che avrà come obiet-tivo una riduzione significativa delleemissioni di CO2, si stima tra il 10 e il12%, prodotte dalle attività del Cam-pus. Dalla riduzione delle emissioni dicarbonio sono attesi anche significativirisparmi sui costi “energetici” dell’Ate-neo. La valutazione dell’impronta di car-bonio sarà effettuata utilizzando lecompetenze scientifiche e tecnologicheinterne. Infatti, sarà un team di ricerca-tori del Centro di Ricerca UniversitarioPolaris, del dipartimento di Scienzedell’Ambiente e del Territorio e diScienze della Terra, in collaborazionecon il Dipartimento di Sociologia e Ri-cerca Sociale, a effettuare le rilevazioni ea sviluppare il piano di riduzione delle

emissioni. Su tutto il Campus le azionipreviste sono: monitoraggio e analisi deiconsumi energetici di strutture, attività eservizi offerti; monitoraggio del sistemadi gestione dei rifiuti; monitoraggio delsistema di mobilità interna ed esterna al-l’Ateneo (mobilità di dipendenti e stu-denti per raggiungere le struttureuniversitarie); monitoraggio e analisi deiconsumi della risorsa acqua. Il diparti-mento di Sociologia e Ricerca Socialerealizzerà inoltre: questionari rivolti a di-pendenti e studenti finalizzati alla rac-colta di dati sui comportamenti legati aiconsumi energetici all’interno degli edi-fici; percorsi formativi e informativi ri-volti a studenti, docenti,addetti,collaboratori per suggerire per-corsi di sostenibilità basati sulla consape-volezza del peso del proprio agirequotidiano, con l’obiettivo di indurrecomportamenti virtuosi duraturi: dallospegnimento dei pc e delle lampade a finegiornata alla corretta regolazione dei ter-mostati negli ambienti di lavoro, dalla ri-

duzione di stampe e fotocopie all’uso piùcorretto dei numerosi impianti e macchi-nari presenti nelle centinaia di laboratorididattici e di ricerca. «Attraverso il carbonmanagement - spiega la professoressa Ma-rina Camatini, presidente del Centro diRicerca Polaris - si possono identificareobiettivi di riduzione e monitorare i pro-pri miglioramenti. La Carbon Footprintrappresenta la quantità di impatto delleattività umane sull'effetto serra: questaquantità viene espressa in tonnellate diCO2. Il Centro di Ricerca Polaris calcolal’“impronta” secondo l’iter scientificodettato dalla metodologia Life Cycle As-sessment». «Interventi non strutturali, malegati a miglioramenti gestionali – sottoli-nea infine il direttore amministrativo,Candeloro Bellantoni - mostrano comesia possibile ridurre le emissioni inqui-nanti e ottenere al tempo stesso un consi-stente risparmio economico, consideratoche il costo dell’energia del solo edificioU7 è di circa 600 mila euro all’anno».(di Cristiana Zappoli)

SSOSTENIBILITÀ.AMBIENTALE

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Il progetto biennale di carbon management avrà come obiettivo una riduzione tra il 10 e il 12% delle emissioni di CO2 prodotte dalle attività del Campus

MENO CO2 ALLA BICOCCA

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S ARTE.MERCATO

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n’iniziativa del tutto nuova diArte Fiera 2013 è stata la costi-tuzione e la promozione di unfondo di acquisizione di opere

per il quale BolognaFiere ha deciso distanziare un proprio primo fondo di inve-stimento di 100mila euro. Il fondo ArteFiera 2013 viene indirizzato a ricerche ar-tistiche diverse da quelle già premiate inseno alla Fiera o parallelamente ad essa esegue l’indicazione di segnalare ricerchenon ancora pienamente confermate equindi ancora considerabili come “gio-vani”, indipendentemente dall’età anagra-fica degli artisti che le hanno intraprese.Alcuni degli artisti segnalati oggi sono in-fatti già noti nel sistema dell’arte, altristanno ottenendo oggi il riconoscimentoche meritano. Gli artisti selezionati sono

dunque: Flavio Favelli, molto apprezzatoper la capacità di riutilizzare materiali direcupero in nuove imprevedibili sintesiplastiche (galleria SALES, Roma). Il duoartistico Gioberto Noro, autori di ripresefotografiche di architetture di impeccabilelimpidezza, giocate però su vedute arditefra interni ed esterni (galleria Peola, To-rino). Luigi Presicce, autore di un son-tuoso polittico fotografico che richiama adun tempo la pittura e scultura classiche in-sieme al cinema di Carmelo Bene (galleriaBianconi, Milano). Simone Pellegriniche con “Teoria dei Rivelati” proseguenella sua ricerca di immagini misteriose edi sapore arcaico, un carattere sottolineatodalla pratica creativa, complessa e intera-mente manuale (galleria Cardelli e Fon-tana, Sarzana). Matteo Montani, autore

di grandi superfici pittoriche che rivitaliz-zano le poetiche del colore su supporti co-stituiti da materiali inediti (Galleria Gia-como Guidi, Roma). Armando Lulaj,giovane artista albanese autore di opere diforte impatto emotivo e dedicate a temati-che sociali, che indaga con la più ampiascelta di mezzi espressivi (Galleria Dea-nesi, Rovereto). Luca Pozzi, impegnato inuna ricerca originale di confronto fra as-siomi scientifici e tradizione artistica chelo spinge a superare, nelle dimensioni enella scelta dei materiali, i limiti dell’operatradizionale (Galleria Luger, Milano). Fe-derico Solmi, con la sua figurazione ag-gressivamente ironica e la scelta di operarein modo sdrammatizzante con i mezzi tec-nologici (Galleria Jerome Zodo, Milano).(di Cristiana Zappoli)

BolognaFiere stanzia 100mila euro per comprare opere di giovani artisti. La scelta è stata fatta dai Direttori Artistici di ArteFiera, Claudio Spadoni e Giorgio Verzotti

UN FONDO DEDICATO ALL’ARTE

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UN FONDO DEDICATO ALL’ARTE

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Spazio - luogo del lavoro - ufficio. Un ambienteche già nei primi decenni del secolo scorso ha su-bito una trasformazione. Quando ai curati o di-gnitosi uffici dei dirigenti si contrapponevano leampie e anonime sale destinate alla crescentemassa di colletti bianchi, gli impiegati. Da FrankLloyd Wright a oggi si è sempre più certi che unluogo poco curato influisce negativamente sullaproduttività, ma il dialogo tra dirigenti e impiegatiè a tutt’oggi difficile. In un secolo di grandi tra-sformazioni, gli ambienti dedicati al lavoro di cam-biamenti ne hanno affrontati pochi. Oggi final-mente qualcosa si muove. E progettisti, sociologied economisti finalmente stanno focalizzando ill’interesse anche su questo aspetto: il comfort

dell’ambiente lavorativo. Ma lo spazio per il ter-ziario è logicamente ben diverso da quello indu-striale, manifatturiera, commerciale o artigianale.Lo spazio per il lavoro d’ufficio è d’altra fattura. Èassimilabile a quello residenziale. E come se ciònon bastasse oggi anche il lavoro creativo, conl’approccio tecnologico, è similare a quello d’uffi-cio. E se a tutto ciò si aggiungono le recenti ana-lisi sociologiche che hanno dimostrato quanto lastaticità o comunque l’esiguo dinamismo possaprodurre una riduzione della produttività e dellacreatività stessa, è quasi scontato pensare a unradicale cambiamento dell’aspetto stesso di uffi-cio. Ovviamente a seguire queste nuove intui-zioni non sono in molti. Si parla ovviamente di da-tori di lavoro illuminati, o comunque al passo conle nuove ricerche. Ma sono ancora pochi. Sicura-mente per una totale palingenesi dell’idea di spa-zio adibito al lavoro ci vorrà del tempo. Si tratta diun cambiamento profondo, radicale. Perché amorire dovrà essere la diffidenza, la radicata ideache la distrazione è improduttiva, che il tempo èdenaro e che un ambiente impostato sull'esiguitàdei dettagli sia quello più consono ad un lavorofondato sull’efficienza. C’è chi ha cominciato arealizzare il cambiamento. E la ricerca estetico-organizzativa su questo tema ha portato a rispo-ste veramente innovative e interessanti. A comin-ciare da ora si avrà modo di constatare quanto ilmondo dei colletti bianchi, dell'ufficio e del telela-voro in particolare potrà evolvere.

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IL LUOGODEL LAVORO

Staticità, dinamismo, organizzazione verticale e orizzontale.Sono i termini attorno a cui ruota la ricerca e l’innovazionedegli uffici. I progettisti giocano un ruolo fondamentale.Mutuando dalla sociologia efficaci sistemi di interpretazione

SPECIALE UFFICI

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Domanda. Negli ultimi anni la progettazione di unufficio sembra sia legata anche a quella di un am-biente dedicato all'incontro e alla dinamicità deirapporti lavorativi, è una condizione realmente pro-ficua? Risposta. Il luogo di lavoro deve essere funzio-nante. Nella progettazione lo si pensa come spa-zio in cui operare in modo efficiente, più che acasa. Un luogo in cui conta moltissimo il benes-sere, direi il piacere di lavorare. Per questo il pia-cere psicologico o meglio di percezione che in-fluenza l’aspetto psicologico va trattato in fase diprogetto. Su tutto ciò influiscono naturalmente fat-tori di prossemica, di gestione posturale, di luce eilluminazione, di colori.D. Cosa ritiene sia importante oggi perché un am-biente lavorativo possa essere considerato acco-gliente?R. Accogliente è uno spazio che migliora il tuomodo di operare, allevia la fatica, stimola la rela-zione, ti fa sentire appartenente. Accogliente èuno spazio che ha a cuore la tua salute, concettodi percezione non immediata ma certamente benleggibile nel tempo tramite uso di materiali a zerotossicità e battericidi.D. L'ufficio in un prossimo futuro sarà eco-soste-nibile?R. I parametri di progetto che utilizziamo hanno su-bìto un’evoluzione verso una maggiore sostenibi-lità. Poniamo la massima attenzione a materialimeno impattanti in termini di produzione di CO2per le parti fisiche e per la finitura. Molta attenzione

all’aspetto manutenzione con la scelta di superficiautopulenti e a lentissima degradazione. È scon-tato che i progetti di realizzazione di nuovi spazi dilavoro tengono conto degli aspetti legati al con-sumo di energia che in teoria tutti predicano, mache richiede invece, per essere realmente realiz-zato in modo virtuoso, una progettazione estre-mamente accorta. Non basta l’uso di nuove tec-nologie per la produzione di energia da utilizzo(colore ed elettricità), ma è indispensabile la cor-relazione con gli aspetti di progettazione dell’invo-lucro edilizio, imponendo di utilizzare al massimol’effetto di architettura a consumo passiva o addi-rittura off grid. Per avere consumi inferiori è ne-cessario miscelare bene e armonicamente le com-ponenti dell’edificio, compresa la correttaesposizione, con rapporti corretti tra masse pas-sive e superfici trasparenti così come si utilizzanoin concerto le tecnologie ormai mature della so-stenibilità energetica, come il geotermico, il so-lare, il fotovoltaico.D. Che tipo di rapporto si crea tra l’architetto chepropone un nuovo sistema di fruizione dello spa-zio ufficio e il committente-datore di lavoro?R. Si parte sempre dalla definizione di “user”, co-loro che dopo vedranno questi spazi. Questo lo sidefinisce di concerto con l’ufficio personale chepropone obiettivi legati al benessere e all’effi-cienza. Spesso si ragiona su come organizzare lacreatività e la propositività delle persone. Il nuovospesso nasce su nostra proposta ma prima di pro-porre abbiamo già fatto un notevole lavoro di fil-

Lavoro=spazio+creatività

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SPECIALE UFFICI

Massimo Iosa GhiniLaureatosi al Politecnico di Milano, nel 1985partecipa alle avanguardiedell’architettura e deldesign italiano. Fonda il movimento culturaleBolidismo ed entra a farparte del gruppo Memphiscon Ettore Sottsass.Nel 1989, a Osaka, glivengono consegnate leChiavi della Città.Dal 2008 è AdjunctProfessor al Politecnico diHong Kong. I suoi progettihanno ricevuto importantiriconoscimenti, tra cui il Roscoe Award, il GoodDesign Award, il Red DotAward, l’IF Product Design Award e il premio IAI Awards

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traggio. Per questo la “novità” risulta condivisa nelmomento in cui la si ripropone.D. La nuova concezione di luogo per il lavoro devesempre e comunque esprimere la tripla valenzaspazio-tempo-efficienza?R. Sono elementi innegabilmente presenti mafanno parte di una cultura tradizionale. I sistemi dilavoro del secolo scorso erano basati su una strut-tura a colonna portante gerarchica, in cui pochepersone istruivano ordini per la maggior parte de-gli operatori: questo generava spazi in cui la di-mensione imponeva linearità e omologazione. Nonsi può dire che oggi siano spariti questi aspetti maè innegabile che ognuno di noi oggi nel proprio la-voro è chiamato ad uno sforzo ulteriore, quellodella creatività quotidiana. Abbiamo avuto un pas-saggio da una struttura del lavoro verticale, con im-partizione di ordini dal vertice, a una struttura a retein cui gli stimoli (il lavoro quindi) sono sempre di piùpolicentrici. Questo significa che mentre prima il la-voro era un compito da eseguire per i più e decisoda pochi, oggi siamo sempre più in una situazionein cui il lavoro viene autodeterminato in una scaladi condivisioni e se vogliamo con delle verifiche.Anche la leadership che aveva una funzione iper-creativa, determinativa e di emanazione delle di-rettrici, oggi incrementa il ruolo di ricettore di trai-ner, di propugnatore non solo delle proprie idee emetodi ma anche e soprattutto di quelli della suarete all’interno di un più vasto fenomeno parteci-pativo che, stante i nuovi mezzi di relazione (vediinternet, clouds e quanto altro), non si era mai ve-rificato prima, tanto da sostanziare il passaggiodall’io al noi all’interno del processo di lavoro. Lospazio non può che assecondare il processo in attoproponendo strutture sempre sensibili a questa

evoluzione, con soluzioni che definiamo fluide.D. Quale ragione, secondo lei, trattiene ancoraoggi molte aziende dall’adottare una nuova logicadello spazio, soprattutto se questa diversa impo-stazione sembra possa portare ad una differenteprestazione lavorativa?R.Come dicevo, credo che oggi le aziende (che ri-cordiamo sono organizzazioni di persone) nonperseguano unicamente il profitto ma abbiano al-largato il campo di azione, l’obiettivo filosofico perdefinire un organismo con una missione migliora-tiva. Certo i fondi comuni, che sono quelli che fi-nanziano le imprese, vogliono gli utili, ma io vedoanche uno scopo teso a migliorare i contesti in cuiuna azienda opera. Per questo il luogo di lavorodeve essere essenzialmente un cuore, da cui si di-rama una filosofia positiva, in cui chi lavora sisenta di dare (anche nella attuale durezza di si-tuazione economica) il proprio contributo, e con or-goglio si senta di essere parte di un contesto diqualità. Negli ultimi anni si è fatto strada prepo-tentemente questo concetto di capitale umano.Qualsiasi piccolo imprenditore o grande organiz-zazione sa oggi che il valore della sua organizza-zione sta negli uomini e nelle donne che ne fannoparte. Riuscire a farli operare in serenità, lasciarespazio agli apporti, alla creatività, aggiornarli tra-mite le corporate university, farli partecipare ge-nererà linfe, credibilità e qualità che daranno verocorpo anche ai bilanci economici. Come ben do-cumentato all’ultima Biennale di Venezia, dovesono stati esposti i migliori progetti per le aziendeitaliane tra cui i nostri, molti imprenditori stannooperando in questo senso perché ottimizzare emigliorare tramite accurati progetti ciò di cui già sidispone è oggi una delle chiavi di uscita dalla crisi.

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Foto a sinistra: uno degli uffici della Capital Group, una Società Immobiliare diMosca. Realizzati nel 2010,rispettivamente al 16° e al 17°piano di un edificio situato incentro città, rappresentano ipiani di maggior pregio dellasocietà. Foto centrale e adestra: la nuova Sede SEAT -Pagine Gialle di Torino,realizzata nel 2009

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Domanda. Ognuno di noi trascorre parecchiotempo nell’ambiente di lavoro: è quindi necessariogià in fase di progettazione, creare un ambiente di la-voro ideale per dirigenti e dipendenti. È d’accordo?Risposta. (Mariantonietta Lisena). Sicuramente,ma credo che il concetto vada ampliato. L’ambientedeve essere ideale non solo per i dipendenti, ma perchiunque si trovi a vivere, anche solo saltuaria-mente, lo spazio di lavoro dell’azienda: consulenti,collaboratori, clienti, ecc. Credo sia anche giustosottolineare che l’ambiente di lavoro ideale è unconcetto talmente ampio e complesso che va moltooltre quanto è possibile realizzare o prevedere infase di progettazione. Per realizzare un luogo di la-voro ideale è necessario tenere conto di un gran nu-mero di fattori e del modo in cui si influenzano a vi-cenda: la filosofia dell’azienda, lo stile di lavoro chepromuove al suo interno, le necessità di comunica-zione di chi opera nel suo spazio, il messaggio chela stessa azienda vuole trasmettere sia ai suoi di-pendenti che all’esterno, ecc. Creare l’ambienteideale significa trovare l’equilibrio migliore tra tuttiquesti elementi e, come è facile intuire, si tratta diun’operazione estremamente complessa e che nonè nemmeno possibile disegnare completamente atavolino. E la complessità dell’operazione non potràche aumentare nei prossimi anni: lo spazio di lavorocome lo abbiamo concepito fino a ieri ormai stascomparendo, le persone sono sempre più abituatea lavorare in ogni luogo e a ridurre sempre più l’at-tività svolta all’interno dell’ufficio. Questo al mo-mento in Italia è forse visibile solo in alcune multi-nazionali e in realtà particolarmente avanzate, maquesto nuovo modo di concepire il lavoro e il suospazio non potrà che diffondersi e raggiungere pre-sto sempre più aziende del nostro Paese. (Alessandro Zollo). Infine la divisione tra dirigenti edipendenti negli spazi di lavoro è in via di supera-mento. Sempre più spesso nelle nostre “Best Com-panies” notiamo luoghi di lavoro in cui non è possi-

bile riscontrare differenze tra una scrivania o l’altra,un ufficio o l’altro se non in termini funzionali. È invia di estinzione la visibilità gerarchica e sempre dipiù si assiste a una contaminazione tra la casa el’ufficio. In casa spuntano stampanti, router, web-cam; in ufficio cucine, palestre e sale relax. Il tuttoporta ad una ridefinizione non solo dello spazio di la-voro ma anche del tempo di lavoro.D. Il vostro istituto sostiene che l’elemento chiavedegli ambienti di lavoro “eccellenti” non è costituitoda un insieme di benefit e programmi per i dipen-denti, ma da relazioni di qualità basate su fiducia, or-goglio e spirito di squadra. In che modo l’architetturadel luogo di lavoro può influire su questi elementi?R. (Mariantonietta Lisena). Sedi aziendali belle e fun-zionali possono certamente influire positivamentesulla percezione che il dipendente ha dell’azienda equindi su tutti gli elementi citati. Purtroppo questo in-flusso positivo può poco di fronte ai danni che unambiente di lavoro disfunzionale in altri aspettichiave può recare al morale del personale. Unospazio fisico ben progettato può comunque facilitarealcuni elementi essenziali di un ambiente di lavoroeccellente, ad esempio prevedendo spazi di incon-tro ampi e ben posizionati e facilitando i flussi di co-municazione tra i dipendenti, elementi decisivi nelcreare un forte spirito di squadra.(Alessandro Zollo). La base su cui si gestiscono lerelazioni resta sempre la fiducia. La vera sfida delleaziende è far percepire questo sentimento, già diper sé difficile da comunicare, anche attraverso illuogo fisico di lavoro. Una delle nostre “Best Com-panies”, per esempio, ha progettato i suoi spazi dilavoro volendo trasmettere onestà e trasparenza etutte le pareti che dividono gli spazi di lavoro sonotrasparenti. Dalla stanza del direttore generale allaproduzione, tutti vedono tutto. Un bel messaggio. D. Quali presupposti bisogna sempre tenere pre-sente nel progettare il luogo di lavoro ideale?R. (Mariantonietta Lisena). Come già detto: la filo-

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SPECIALE UFFICI

Mariantonietta LisenaDirettore Generale di IFMA(International FacilityManagement Association)Italia

Alessandro ZolloAmministratore DelegatoGreat Place to Work Italia

Meno gerarchie e barriere

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sofia dell’azienda, lo stile di lavoro dell’organizza-zione, le necessità di comunicazione di chi operanello spazio di lavoro, responsabilizzare il personalefacendolo operare per obiettivi invece che misu-rarne l’impegno dalle ore trascorse in ufficio. Suquest’ultimo elemento in particolare architetti e pro-gettisti possono avere una grande influenza, assi-curando che gli spazi abbiano la corretta illumina-zione, areazione e acustica.(Alessandro Zollo). Infine non dimenticherei un po’ didivertimento. Dalle nostre analisi emerge come unadelle variabili maggiormente correlate al livello ge-nerale di soddisfazione dei collaboratori è proprio lavariabile “fun”. Progettare uno spazio in cui si possalavorare divertendosi è uno dei fattori che aumentala soddisfazione dei collaboratori e quindi la pro-duttività dell’azienda.D. Esistono linee guida per arredare un ufficio nellamaniera migliore per chi poi dovrà lavorarci?R. (Mariantonietta Lisena). Il primo passo da questopunto di vista può sembrare scontato, ma spessoviene sottovalutato: parlare con chi dovrà lavorarenell’ufficio, comprendere le sue esigenze e agire diconseguenza. Ancora oggi nell’organizzare lo spa-zio di lavoro, anche per quanto riguarda gli arredi,si segue un criterio gerarchico invece che funzio-nale. Concedere grandi uffici chiusi ai manager aprescindere da quali siano le loro reali esigenze èun approccio ormai anacronistico che non portanessun contributo alla produttività dell’azienda. Peril resto un’indicazione fondamentale è senz’altroquella di scegliere arredi standard e modulari chepossano essere riconfigurati in maniera semplice eveloce a seconda delle necessità dei singoli dipen-denti e dell’organizzazione in generale. Arredi diquesto tipo rendono molto semplice ridistribuire ilpersonale nell’ambiente di lavoro senza bisogno dicompiere grandi traslochi interni che costano tempoe soldi all’azienda.D. Open space o stanze divise. Nella vostra espe-rienza cosa è meglio per chi lavora e perché?R. (Mariantonietta Lisena). Anche in questo caso di-pende da quali sono le reali esigenze dell’aziendae di chi vi lavora, non esiste una risposta buona per

tutti. È da notare come spesso nelle aziende sia an-cora diffusa un’idea dell’open space che ormai nonesiste più e questo a volte può portare a scelte er-rate. L’open space di oggi è un luogo più strutturatoe con un miglior controllo su elementi quali la cli-matizzazione, l’illuminazione, l’areazione, ecc.(Alessandro Zollo). Più che di open space parlerei di“modular space”. Le tendenze oggi vanno versouna maggior condivisione degli spazi in manierafunzionale alle attività che dovranno essere svolte intali luoghi. Ambienti che stimolino nuove idee, luoghiinsonorizzati per teleconferenze internazionali, divaniche stimolino qualche pensiero laterale. In realtà, lascrivania dove si lavora non sempre è il luogo dovesi passa la maggior parte del tempo di lavoro. In-tendiamoci, non tutti i luoghi di lavoro possono per-mettersi questa flessibilità, luoghi di produzione in cuiè necessario mantenere una logica di processo pro-duttivo necessariamente devono rispettare dettaglilogistici e produttivi connaturati con l’attività svolta.Ma anche in luoghi di produzione si iniziano a vederetendenze diverse, colori, schermi televisivi per lacomunicazione aziendale ecc.D. Quanto contano colori e luci in un ufficio?R. (Mariantonietta Lisena). Sono diversi gli studi chemostrano quale impatto abbiano i diversi colori sul-l’umore e sul livello di attenzione di chi vive quoti-dianamente l’ufficio. Anche questi sono elementiche è necessario considerare quando si crea lospazio di lavoro, avendo ben chiaro cosa si vuole ot-tenere di quella particolare area dell’ufficio: un am-biente più rilassato? Un luogo dove la concentra-zione sia massima? Uno spazio che abbiasoprattutto un effetto positivo sull’umore? Il pesodell’illuminazione su umore, concentrazione e indefinitiva sul benessere dei dipendenti è ancoramaggiore e quindi è un aspetto che va trattato conmolta attenzione. Si dice spesso che la luce naturaleè la scelta migliore, ma non è elemento facile da ge-stire e controllare nello spazio di lavoro. Anche inquesto caso perciò bisogna avere ben chiaro inprima istanza quali siano le reali necessità del-l’azienda e di chi vive l’ufficio e su quello prendereogni decisione riguardo all’illuminazione.

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A sinistra: tre immaginidell’edificio per uffici, NewIdom Headquarters di Madrid,progettato dallo studio ACXTArchitects. 15.300 mq disuperficie progettati con tutte leaccortezze possibili per creareun ambiente di lavoro fluido,quasi domestico e soprattuttosostenibile. Sotto: la sede della Unilever diAmburgo costruita, su progettodello studio BehnischArchitekten, in un nuovoquartiere luogo il fiume, a solo un chilometro dal centro

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SEMPLICELUDICOCREATIVO

Ambienti ampi, ariosi e

luminosi. Molto diversi

dai soliti luoghi pensati

per il lavoro. Sono gli

uffici Skype di

Stoccolma. Uffici?

Forse il termine poco si

adatta. Perché il gruppo

Skype e i PS Arkitektur

hanno scelto di dare

spazio alla creatività

e alla socializzazione

di Iole Costanzo

SPECIALE UFFICI

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SPECIALE UFFICI

A sinistra: una delle sale di lavoro collettivo. A destra: la scala di metallo conduce da unodegli spazi destinati alla socialità ad alcunepostazioni di lavoro organizzate nei soppalchi. In questo ampio ambiente i corpi illuminantisono stati appositamente posizionati per dare nel loro insieme l’idea della nuvola di Skype

lla München Brewery di Stoc-colma, l’ex fabbrica di birra, co-struita nel 1846, dismessa nel1971 e recentemente riattata

come sala ristorante, bar, spazi per concerti,congressi ed esposizioni sono stati realizzatii nuovi uffici di Skype. 1680 metri quadri,dei 4mila complessivi, in cui sono stati or-ganizzati sale audio e video, uffici e aree so-ciali per circa 100 dipendenti. A curare iltutto è stato il gruppo PS Arkitektur. Pavimenti a rombo, scrivanie e postazionidi lavoro di diverse forme geometriche, ta-voli scelti o progettati per il relax, e scrivanieper lavori in equipe progettati per dare l'ideadella connessione. E con connessione si in-tende quella hardware, telefonica, internet,wireless, radiomobile e di rete. Pure su alcune pareti sono stati riprodot-ti, incollati come stickers, immagini di cavie cuffie, simboli oramai universalmente ri-conosciuti di collegamento con il mondo.Perché è la connessione il tema base di Sky-pe. Non poteva non essere così. Chi usaSkype lo sa. E così ciò su cui fa perno il pro-getto di questa soluzione di interior designè la comunicazione, sempre e comunque.Perché la comunicazione, non solo per Sky-pe, ma anche per qualsiasi altro lavoro, puòessere fonte di arricchimento, approfon-dimento, scambio, trasversalità, contami-nazione e novità. Le forme arrotondate ri-chiamano il logo: la scritta azzurra Skypeche sta su un campo bianco a forma di unanuvola tondenggiante. Forma che viene an-che ripresa dall’insieme di alcune lampadesferiche sistemate tra loro vicine e che inprospettiva sembrano proprio riprodurre lanuvola del logo. Ovviamente l’ambiente,da ex fabbrica, si prestava a molte inter-pretazioni e l’anonimità del luogo ha ov-viamente favorito una progettazione libe-ra da preconcetti, che ha sfruttato anche ladoppia altezza per organizzare alcune po-stazioni su ballatoio, e ha destinato alle areeper la socializzazione gli spazi vicini alle

grandi finestre. Colore, luce, naturale e ar-tificiale, insonorizzazione, design e un'ac-curata disposizione degli ambienti sono sta-ti fondamentali per trasformare un ano-nimo spazio, alienante nella sua stessagrandezza, in un ufficio accogliente, lu-minoso, aperto, anche se il colore che do-mina su tutto è il bianco. Un campo bianco esalta gli altri colori scel-ti. Tinte forti ma calibrate tra loro. Nonmancano gli azzurri, ovviamente sempre le-gati al logo stesso della ditta. Il verde, pre-sente in una delle zone relax, è associato ov-viamente alla natura, alla vegetazione, masono presenti anche altri colori vivacicome l'arancio o il magenta e diverse altresfumature. Skype, così come altre nuove so-cietà, lontane dagli stretti schemi mentalisolitamente legati al massimo sfruttamen-to delle ore di lavoro, ha come obiettivoquello di creare un ambiente lavorativo di-verso in cui lasciare gli impiegati liberi di“produrre creatività”, usando e vivendo lospazio in diversi e inusuali modi. Ecco per-ché questo ufficio è stato dotato di cabineper parlare, zone per rilassarsi e aree caffè.Vi sono anche ambienti separati e orga-nizzati come veri uffici, ma la distinzionetra le diverse funzioni soprattutto negli spa-zi comuni è affidata, oltre che all’arredo,anche al cambio di pavimentazione. Co-lorata anch’essa, in molte situazioni è in tin-ta con l’arredo o con le decorazioni murarie.Il materiale maggiormente usato è la mo-quettes a tinta unica, sfumata, o con for-me geometriche a più colori. La sede Skype di Stoccolma è un ufficio freeper software freeware. Sì, perché Skype èdistribuito gratuitamente, e gratuitamentedà la possibilità di usare il Voip, con cui èpossibile effettuare una conversazione te-lefonica attraverso connessione internet. Unmondo nuovo, in continuo cambiamento,veloce, e soprattutto pronto a comunicareverso ogni luogo del pianeta. Un mondo di-verso che genera un’idea nuova di lavoro.

COLORE, LUCE E UN'ACCURATA DISPOSIZIONE DEGLIAMBIENTI SONO STATI FONDAMENTALIPER TRASFORMARE UN ANONIMO SPAZIO IN UN UFFICIOACCOGLIENTE

A

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Luogo München Brewery, Stoccolma, SveziaSuperficie 1680 mq Completamento aprile 2011 Studio d'architettura PS Arkitektur

SCHEDA

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In alto: per l’impianto d’illuminazione sono state adottate alcune lampadedella collezione Diesel with Foscarini. Negli ambienti di relazione sono statecalibrate luci non invadenti, in quelli destinati al lavoro la scelta è caduta suquelle più luminose. Sopra: l’angolo della cucina per le pause pranzo

In alto: una delle aree relax, con divani e pouf, entrambi sui toni della cartada zucchero. Sopra: i simboli della connessione, cuffie, jack e altri elementi, si piegano e si ripetono perdendo il loro stesso significato pratico e diventanoelementi di decorazione per uno spazio destinato al lavoro d'equipe

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Lavorare richiede un confronto con pochi altri, o forse anche con un solo altro membro, o ancora determina il bisogno di stare da soli a pensare. E così gli spazi collettivi si diversificano passando da sedute comuni ad angoliimmersi nella suggestione del verde dove si ha la possibilità di ritrovarsi

Nelle foto sopra: pavimenti rigorosamente geometrici, comode sedute di bianco assoluto e originali impianti d’illuminazione color latte. Angoli, questi, certamente asettici che però assecondano il desiderio di chi ècontinuamente esposto a intensi stimoli sollecitati da colori, suoni e parole

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SPECIALE UFFICI

46 DESIGN +

Nella grigia Londra multietnica, Google con le sue due sediinnovative spinge sempre più il mondo del lavoro verso laleggerezza, lo scambio, la trasversalità. Per poter essere piùcompetitivi e al passo con i tempi. E per dare alle sue sediquesta immagine ne ha affidato il progetto allo studioScott Brownrigg Interior Design di Iole Costanzo

GIOCAREO FORSELAVORARE?

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Cliente GoogleInterior Designers Scott BrownriggInterior DesignSuperficie 40.000 mqTempi di realizzazione novembre2010 - marzo 2011

SCHEDA

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SPECIALE UFFICI

GLI SPAZI SONOA DISPOSIZIONEDEL PERSONALEE DEI VISITATORI.NON C’È SOLUZIONEDI CONTINUITÀ TRACIÒ CHE È SPAZIODI LAVORO E QUELLOPENSATO PER IL RELAX

oogle è uno dei motori di ricerca in-ternazionali più conosciuti. La notascritta compare, quando si vuole av-viare una ricerca, nella parte centrale

dello schermo e presenta, dopo la prima “G” ma-iuscola, caratteri minuscoli dai vivaci colori: blu,rosso, giallo e verde. Ovviamente questa azien-da ha molti uffici in diverse parti del mondo, enella stessa Londra ne ha due. Il Google Office-Victoria è curato dallo studio Scott Brownrigg In-terior Design, è molto vivace e luminoso. Per gliarredi interni, in particolar modo nell’atrio, è sta-ta fatta la scelta di contrapporre al bianco dellepareti e del pavimento il logo a caratteri gigantiserigrafato sul muro della reception insieme adalcuni elementi di arredo dal design noto e rea-lizzati però con gli stessi colori primari della scrit-ta Google. La dimensione della scritta è tale dafar diventare le “o” centrali due “portali d’acces-so” che si aprono su una delle più particolari e con-notate sale create in questi 3mila mq: quella dal tema balneare legato a Brighton. Ma nonè tutto qui. Elementi iconici appartenenti al mondo del design, di Vitra e non solo, riedi-tati con i colori primari che rappresentano Google, insieme ad altri nettamente legati al ti-pico mondo della spiaggia, caratterizzano tutti gli altri ambienti.Mare e città. Brighton e Londra. Relax ed efficienza. La vacanza e lo stressante e veloce mon-do del lavoro. Ed è così che alla classica sedia sdraio da lido, o alle cabine rigate contenen-ti piccole ma esaustive sale riunioni, seguono giganteschi dadi colorati che ospitano cabi-ne video; mentre originali vetture da autoscontro diventano sedute e tradizionali cabine te-

lefoniche rosse acquisiscono funzione di piccoli pensatoi. Tutti gli spazi sono a di-sposizione del personale e dei visitatori. Non c’è soluzione di continuità

tra ciò che è spazio di lavoro e quello che è stato pensato per il re-lax e la pausa. È la commistione di situazioni diverse che por-

ta alla creatività. Oramai è un assunto più che assodato: co-lore, vivacità, apertura, trasparenza e relax, insiemecreano l’humus giusto per arrivare alla contaminazione,alla trasversalità e alla fluidità dell'informazione e del-la formazione, alla creolizzazione dell’atto creati-vo. Quindi non basta il collegamento con il mon-do esterno per creare nuovi e accattivanti pro-dotti o servizi. Nel mondo del lavoro sembrasia molto stimolante lo scambio, lo star bene,il sentirsi coccolati e appagati dal proprio da-tore di lavoro. Vuol dire forse far leva sul sen-so di gratitudine? Forse ma non solo. Sicu-ramente è giusto dire che la qualità paga. Eproprio per questa ragione Google ha ar-ricchito questa sede con palestra, trattamentitermali e massaggi asiatici, ristorante sushie altri piccoli servizi tutti gratuiti e a com-pleta disposizione del personale. Forse il mul-ti sfaccettato verbo inglese to play (giocare,suonare) assumerà, nel prossimo futuro, unaltro importante significato? Lavorare!

Sotto: una delle due “o” del logodi Google stampato sulla paretedell’atrio da cui è possibileaccedere all’interno della salarelax ispirata a Brighton.All’interno tutto è in tema conl’immagine del mare. Sopra: lazona ristoro autogestita. A destra:scorci di alcuni dei dadi coloraticorredati di attrezzi da palestrao aventi funzione di piccole spa

G

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L’ambiente è unicoe molto ampio ed èdestinato a diverse

funzioni. Sopra: partedell’atrio, con il pavimentoe le pareti bianche, e gli

arredi coloratissimi

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All’interno dei dadi colorati,tra loro vicini, è possibilerilassarsi o usarel’attrezzatura da palestra.Sotto: le cabine, ispiratesempre a Brighton, hannofunzione di sale riunioni

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SPECIALE UFFICI

Cliente IBM ItaliaStudio Iosa Ghini AssociatiAnno di costruzione 2010

SCHEDA

Sinuoso, patinato,essenziale. Accogliente,tecnologico e avveniristico.

Tutti aggettivi che descrivono ilSoftware Executive BriefingCenter dell’IBM di Roma

progettato da Massimo IosaGhini. Un’agorà dove

conoscere i nuovi prodottiscambiando idee sui

possibili adattamentidi Iole Costanzo

Fo

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anti

Cal

eca

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STRATEGIEDI LAVORO

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SPECIALE UFFICI

il Software Executive BriefingCenter della IBM di Roma. Ecome lo stesso nome affermaè lo spazio organizzato per i

briefings della società IBM. Quelli pen-sati per incontrare i clienti e avvicinar-li ai nuovi prodotti attraverso allettantipresentazioni e dimostrazioni. I briefings,le cosiddette riunioni di lavoro, se gestitibene, possono diventare un’ottima oc-casione per un ritorno d’immagineaziendale. Ed è per fare questo che ilgruppo IBM ha pensato di puntare su un

nuovo interior design e ne ha affidato ilprogetto allo studio italiano di MassimoIosa Ghini. Il tema principale del pro-getto si basa sulla rielaborazione delle fa-sce orizzontali presenti nel logo IBM, quirivisitate così da suggerire l'idea di mo-vimento e dinamicità. La sensazione chela nuova sistemazione dà è quella di unufficio che si muove all’unisono con chiha deciso di conoscere i prodotti IBM.E le linee, presenti come venature nel le-gno, come segni sulla moquettes o comeserigrafie sul vetro, o ancora come ele-menti, fatti non solo di luce, che dise-gnano e scandiscono le pareti curvandone

gli spigoli, non sono altro che l’estensionedi questo stesso concetto: dinamicità emovimento. Il centro, noto anche conl’acronimo EBC, è situato al quinto pia-no di un grande edificio, sede romanadell’IBM, in via Sciangai, non lontanodall’Eur, dall’aspetto ridondante in sti-le anni Ottanta, se così si può dire vistoe considerato che parlare di stile nel-l’architettura contemporanea è pur sem-pre un errore.Il Software Executive Briefing Centernon si trova in questo edificio per caso,

è lì che ha luogo anche il laboratorio in-ternazionale di sviluppo dell’IBM Soft-ware Group. Una felice congiuntura chene influenza la crescita. E Iosa Ghini hapensato ad una soluzione di interior de-sign di stampo hi-tech, con abbondan-za di tecnologia adoperata per ascoltare,discutere e illustrare come le nuoveproposte IBM, anch’esse appartenenti almondo tecnologico, possano aiutare a ri-solvere le problematiche tecniche e di bu-siness. Un’impostazione, anche plani-metrica oltre che di interior design,che allontana il cliente dal concetto di ri-cevere una tradizionale comunicazione

A sinistra: una delle saleriunioni. L’essenza ligneapresenta alcune striature chesi richiamano a quelleserigrafate sul vetro, o presenticome pattern nelle moquettes.Sotto: tre immagini dellazona relax. In basso: unadelle salette di proiezione

IN QUESTASEDE IBM NONSI LAVORA INSOLITUDINE AITAVOLI, QUI SIVENDE UN’IDEA,SI FIDELIZZANOCLIENTI, E SICREANO LEGAMI

55DESIGN +

È

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SPECIALE UFFICI

56 DESIGN +

e rafforza l’idea di realizzare un con-fronto non gerarchico. L’ufficio così pen-sato diventa una nuova agorà. Unanuova piazza di scambio, di idee, pro-getti, propositi e intenzioni tra clientee azienda. A rafforzare l’idea di soluzioneipertecnologica, anche se pur sempre ac-cogliente, contribuisce l’illuminazioneartificiale realizzata in buona parte conle Ledstrip, strisce di LED molto ver-satili, che si adattano alle più diverse for-me. Sono presenti sia nei soffitti che neipavimenti e producono una luce fred-

da ma contemporaneamente morbida.La fluorescenza presente smorza i tonie rende tutto soft e comunque avveni-ristico. Nella zona relax l’impianto si di-versifica. Sopra i banconi sono state po-sizionate le Ledstrip, mentre per learee adiacenti, organizzate con i tavo-li, è stata scelta un’illuminazione che siallarga a macchia e ha uno spettro piùbianco e più luminoso.Spazi eleganti nella loro essenzialità. Ecosì sono pure le salette per le proiezio-ni e quelle per le riunioni. Tutto nel Soft-ware Executive Briefing Center è con-trollato, semplice ma ricercato e so-prattutto calibrato. Le linee sono mor-

bide, sinuose, sia dal punto di vista del-la planimetria sia come arredi. Sono spa-zi avvolgenti destinati ad un lavoro cheha come scopo quello di essere a dispo-sizione delle imprese e delle ammini-strazioni, pubbliche e private.In questa parte della sede IBM non si la-vora in solitudine ai tavoli o in equipe da-vanti a un computer per ideare nuovi pro-dotti. Qui si vende un’idea, un rappor-to, si fidelizzano i clienti, si creano lega-mi fatti di tecnologia, fiducia e comfort.Ecco perché l’immagine è importante.

Siamo nel campo del puro merchandi-sing. E forse è anche per questo che la scel-ta dell’architetto per quanto riguarda laluce naturale, proveniente dalle finestre,è stata quella di mascherarla con filtri divario genere. La scelta è giustificata dal-la chiara intenzione di rendere tutto piùsoft. Ma è anche ovvio che con questotipo di restyling è importante che tutto,compreso il paesaggio che si può scorgereall’esterno, sia sotto controllo. È la ne-cessità che nulla rovini l’impegno profuso.E filtrare parte del paesaggio che si scor-ge dall’edificio è una scelta più che con-sona, nel rispetto del cliente e nella sal-vaguardia dell’interior design realizzato.

A destra: parte del corridoiocentrale con le schermaturedi vetro rigato. Sotto: lepareti divisorie, con le maglieluminose, delle salette diproiezione. La comunicazionenon si basa solo sullatecnologia. In basso: ciò chesi vede dalle divisioni degliambienti interni

IL TEMAPRINCIPALEDEL PROGETTOSI BASA SULLARIELABORAZIONEDELLE FASCEORIZZONTALIPRESENTI NELLOGO IBM

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SPECIALE UFFICI

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ESTETICATECNOLOGIAECOLOGIA

Non sembra una banca ma lo è. È la Raiffeisen Bank di Zurigo.Spaziosa, luminosa, elegante ma essenziale. Aggettivi anomali per ladescrizione di una sede bancaria. La necessità è quella di far giungereun messaggio nuovo e comunque legato alle proprie radici storiche.NAU Architecture ha così interpretato queste indicazioni di Mercedes Caleffi

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Cliente Raiffeisen Schweiz,Niederlassung ZürichStudio d’architettura NAUArchitecture, Drexler GuinandJauslin ArchitektenDigital Production RippmannOesterle Knauss GmbHIlluminotecnica Sommerlatte& SommerlatteAcustica Braune Roth AGArea 400m2

Conclusione lavori gennaio 2011

SCHEDA

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uando si pensa a una banca, lapiù scontata immagine che ilproprio bagaglio culturale sele-ziona è solitamente un am-

biente neutro, dalle tinte grigie, un anoni-mo bancone la cui vera funzione sembra es-sere quella di far mantenere la distanza traclienti e operatori, forse qualche sedia dal-l’imbottitura colorata, e tante brochure daicolori sgargianti a cui oramai non si fa piùcaso. A Zurigo la Raiffeisen Bank ha sceltoinvece un’altra strada: un open lounge, unospazio aperto, una piazza salotto, un diver-so spazio urbano da vivere come continui-tà del mondo esterno. Progettati dallo stu-dio NAU Architecture in collaborazione conDrexler Guinand Jauslin, gli interni dellabanca Raiffeisen sintetizzano la storia di Hot-tingen, il quartiere di Zurigo in cui si trova,centro inglobato dalla città solo un secolo fa.Le sue pareti sono, infatti, riproduzioni di ri-

tratti di importanti residenti del passato: im-magini fresate, con una tecnica all’avan-guardia, sulla pietra acrilica Hi-macs.Questa filiale è il vanto della Raiffeisen Bank,il terzo gruppo bancario della Svizzera. È si-tuata nella Kreuzplatz, non lontano dallago di Zurigo, ed è il simbolo della nuovafilosofia adottata: abolire le tradizionali bar-riere tra clienti ed impiegati e creare una nuo-

A sinistra: la sala riunioni. Anche qui lenuance scelte sono chiare e morbide.

Sopra: le postazioni dei singolioperatori. Non esiste alcun distaccodal cliente. Sotto: la hall centraleQ

LE PARETI SINUOSECREANO UN CONTINUUMCHE UNISCE LE DIVERSEAREE, DALLA RECEPTIONNELLA HALL FINO ALLE

POSTAZIONI DI LAVORODEGLI IMPIEGATI

SPECIALE UFFICI

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SPECIALE UFFICI

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PIAN

TADE

LPIAN

OTERR

A

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va idea di ‘banca aperta’, pensata come unvero e proprio luogo d’incontro. I termi-nali sono nascosti nei diversi componentid’arredo, il colore scelto è il bianco, la luceè ovunque ma senza essere diretta o ag-gressiva.Tutto ciò rende questa sede di ban-ca un ambiente invitante e aperto dove iclienti possono conoscere i nuovi prodot-ti e i nuovi servizi senza sentire alcun di-sagio o distanza.Questa banca non è più un ufficio, è qua-si una boutique, elegante ma non sfarzo-sa. Ha spazi fluidi separati da questo nastrobianco fresato con i volti storici, a tutta al-tezza, che si piega morbidamente, con ampiraggi di curvatura, senza spigoli, e accom-pagna il cliente negli uffici privati. Le pa-reti sinuose creano un continuum che uni-sce le diverse aree, dalla reception nella hallfino alle postazioni di lavoro degli impie-gati, gestite con semplici tavoli totalmen-te mancanti di qualsiasi elemento di sepa-razione. È una disposizione pensata per po-ter assicurare differenti gradi di privacy edi organizzazione interna e per sfruttaremaggiormente la luce naturale che filtra du-rante il giorno dalle pareti di vetro che se-

parano le aree di lavoro dal cortile. Per larealizzazione di queste particolari pareti, le-game tra ciò che è storia e il presente, la tra-foratura è stata realizzata secondo una nuo-va tecnica di lavorazione, il Cnc, basata sulcontrollo numerico del progetto in 3D, eresa possibile anche grazie alle proprietà diquesto nuovomateriale: la pietra acrilica Hi-macs, Solid Surface, che presenta la stessaresistenza della pietra e una lavorabilità si-mile al legno. La pietra acrilica è un pro-dotto versatile, inerte non poroso, con unalto livello di durabilità che nel tempoman-tiene il colore, in questo caso l’AlpineWhi-te, anche se esposto a lungo ai raggi UV.I pannelli qui adottati sono dello spesso-re di 12mm e la superficie è continua, uni-forme e ha giunzioni del tutto invisibili.Inoltre, cosa che non guasta ai giorni no-stri, questo prodotto è ecologico. È com-posto dall’idrossido di alluminio, un sot-toprodotto della produzione dell’alluminioe può essere lavorato senza scarti e smalti-to con i rifiuti domestici o bruciato senzaprovocare gas tossici di combustione.Tecnologia, storia ed ecologia: sono que-sti i tre temi scelti per la Raiffeisen Bank.Tre punti importanti per il domani, per ilfuturo. Tre elementi legati tra loro da unquarto, altrettanto importante: la buonaestetica. E se è vero che la bellezza, e nonlo sfarzo o il lusso, è anche un canone dimoralità e correttezza, allora forse in un fu-turo prossimo avremo banche che daran-no valore anche all’etica? Chissà...

A sinistra in alto: il nastro traforato con i volti storici di personaggi del quartiere. Sotto: il bancodelle informazioni messo a disposizione del pubblico. A sinistra: la sede vista dell’esterno. Sopra: la hall

QUESTA FILIALE È ILVANTO DELLA RAIFFEISENBANK. È SITUATA NELLA

KREUZPLATZ, NONMOLTO LONTANO

DAL LAGO DI ZURIGO

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ipensare gli interni di un edifi-cio e cambiarne la destinazioned’uso è una delle sfide più in-teressanti per progettisti e de-

signer. Lo studio di architettura cinese Ta-ranta Creations costituito da Enrico Ta-ranta, Giorgio Radojkovic e Juriaan Ca-lis ha realizzato un particolare ufficio per

il proprio staff a Shanghai, chiamato RedTownOffice. Il design e le forme scelte perquesto ufficio rispecchiano il dinamismoe il continuo processo creativo tipico diquesto studio di architettura, e in questeforme si esprime tale filosofia progettua-le. I 120 mq degli uffici del TarantaCreations sono situati in una ex-fabbrica,

la cui struttura in acciaio e la presenza in-vasiva di travi ed elementi trasversalicreava diversi problemi nella disposizionee nella formazione di spazi accoglienti dilavoro. L'intervento si è rivolto a fornireun ambiente adattabile in grado di sup-portare una serie di funzioni differenti.L’obiettivo era quello di ricreare uno spa-

R

PLASTICITÀ E DINAMISMO

SPECIALE UFFICI

Il plastico rende immediatala comprensione dello spazio.A destra: il piano di lavoro diventaanche il piano di calpestio.Le postazioni sono state ricavateall’interno dell’intradosso del solaio

64 DESIGN +

GLI AMBIENTI SONO STATIPROGETTATI E PENSATI INCOERENZA CON L’INTENTODI FAVORIRE UNA PERFETTAINTEGRAZIONE FRA I RUOLI

A Shanghai in un’ex acciaieria riattata a spazio artistico ricco di gallerie d’artee negozi, lo studio di architettura Taranta Creations ha scelto di mettere radici.Un ufficio pratico e allo stesso tempo sinuoso e avvolgente di Federica Montecchiari

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Studio Taranta CreationsTeam Enrico Taranta, GiorgioRadojkovic, Juriaan CalisLuogo Red Town Sculpture Park,Shanghai, CinaSuperficie 120 mqConclusione lavori 2010

SCHEDA

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67DESIGN +

zio dall’interpretazione informale utile a fa-vorire la contaminazione tra i diversi ruo-li e competenze presenti all’interno di unostudio creativo. I progettisti hanno così rea-lizzato un ulteriore livello superiore, inmodo da avere a disposizione il doppio del-la superficie da sfruttare. Il pavimento diquesto piano è stato pensato come una“grande e contigua scrivania” in cui sonostate ritagliate e ricavate incassate quattropostazioni di lavoro individuali, ma chehanno in comune il piano di appoggio chefunge anche da piano da calpestio. Al pia-no inferiore le singole postazioni di lavo-ro sono state dislocate lungo la finestra anastro che costeggia il lato lungo dello stu-dio. Una scala centrale, come se fosse unagrande fessura ricreata nel vuoto, è stata di-pinta con un colore rosso brillante sulleparti interne e avvolta da una forma pla-stica di colore chiaro che occupa la partecentrale del piano inferiore, alle spalle del-le postazioni lavoro. Essa è il filo condut-tore con il piano superiore. Il colore ros-

so brillante, utilizzato per caratterizzare ivari elementi all’interno dello spazio ed evi-denziare una transizione tra i diversi pia-ni, connota in particolar modo il corpo sca-la e, per continuità progettuale, anche al-tri elementi del secondo piano.Particolare è anche lo studio per ottenereun contrasto tra i materiali usati. Il bian-co è stato scelto per rifinire la struttura del-la fabbrica esistente, il legno chiaro natu-rale come rivestimento per i pavimenti oper i piani di appoggio, il verde acceso persottolineare la diversa funzione di un pia-no d’appoggio e il rosso brillante del cor-po scala e degli interni per caratterizzarele postazioni di lavoro. Il contrasto è visi-bile anche nelle forme e nelle superfici. Al-l’essenzialità tipica di un ambiente costruitocon l’intento di essere una fabbrica, si con-trappone la morbidezza e la sensualità del-le forme plastiche del corpo scala e dellepostazioni lavoro. Un ambiente quindi pro-gettato e pensato in coerenza con l’inten-to di favorire l’integrazione fra i ruoli.

L'INTERVENTO SI ÈRIVOLTO A FORNIRE

UN AMBIENTEADATTABILE IN GRADO

DI SUPPORTAREFUNZIONI DIFFERENTI

A sinistra: la scala, cuoredell’intero studio, è rivestitada una forma avvolgente, rossaall’interno e bianca all’esterno.A destra: la sezione longitudinale.Sotto: il piano terra.In basso: il piano superiore

SPECIALE UFFICI

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Cliente Patrocinato ProvincialLuogo Plaza Mariana Pineda,GranadaSuperficie 160 mqAnno di costruzione 2010Progettisti Estudio Mytaki,Architecture & Design

SCHEDA

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metà del 2010 l’Ente per il Tu-rismo della città di Granada hadeciso di rinnovare diversi am-bienti di sua proprietà e rap-

presentanza, tra i quali un Centro UfficioInformazioni. Il progetto, localizzato su diun’area di 160 mq è all’interno di un edi-ficio che si affaccia su Piazza Mariana Pi-neda, ed è stato affidato allo Studio Myta-ki proveniente dalla stessa città. Questo stu-dio nato nel 2006 procede, nei propri lavori,con una filosofia progettuale aperta, consi-derando la propria ricerca come momentodi apprendimento e di arricchimento uti-le a sviluppare la propria attività professio-

Pareti d’acciaio calandratoche legano lo spazio

all’arredo. È così che loStudio Mytaki ha scelto di

sviluppare l’Ente per ilTurismo di Granada.Un

nastro retroilluminatoavvolge le pareti lasciando

trasparire i cripticie ornamentali arabeschi

tipici della cittàdi Federica Montecchiari

ACCIAIOE ARABESCHI

SPECIALE UFFICI

A

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SPECIALE UFFICI

70 DESIGN +

nale, ricerca perseguita anche nel restylingdi questo punto informazioni. Prima del-l’intervento, la metà dello spazio era dedi-cato a una raccolta di documenti e repertidella memoria storica del Turismo di Gra-nada e solo una minima parte destinata al-l’accoglienza dei clienti che necessitavano delservizio informazioni sulla città. La luce na-turale era poco sfruttata e faceva quasi dasfondo scuro allo spazio interno e i cortilidel palazzo erano stati dimenticati, nonsfruttati e accantonati come spazi ciechi.Lo Studio Mytaki ha proposto due mi-glioramenti fondamentali. Il primo ri-guarda un progetto di miglioramento stu-diato ad hoc per l’illuminazione di questospazio, mentre il secondo propone una se-rie di accorgimenti basati su un gioco di for-me e di superfici che hanno reso questo uf-ficio più accogliente ai turisti, modifican-done i rivestimenti fino a renderli un con-tinuum con l’arredo. L’intero spazio è sta-to rivestito interamente da acciaio inossi-dabile, il che dimostra la particolarità tipi-ca di questo materiale di essere versatile eresistente alla frequente usura. Sia il soffit-to sia le pareti che i pavimenti sono stati inbuona parte rivestiti dalla stessa finitura diacciaio che in alcune situazioni è stato an-che finemente accostato ai preesistenti ri-vestimenti in mattoni e marmo creando trai materiali tradizionali e quelli caratterizzantiun'architettura contemporanea una com-pleta sintonia capace di donare una dina-mica immagine agli interni. L’illuminazio-ne filtra dalla trama forata del motivo flo-reale riportato sull’acciaio del rivestimento.Un motivo che non può non ricondurre allaforte influenza araba che, nel passato, ha do-minato la città di Granada. La luce artifi-ciale che filtra dai motivi floreali è suppor-tata anche dalle ampie vetrate che pro-spettano verso l’esterno del punto infor-

GRAN PARTE DEGLIAMBIENTI È STATADESTINATA CON CURAALL’ACCOGLIENZA DELLACLIENTELA ATTRAVERSOLA CREAZIONE DI UNPERCORSO CHE HAINIZIO DALL’INGRESSO

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mazioni e che permettono l’accesso della lucenaturale, oltre a creare continuità con le ve-trate rivolte invece verso i patii interni. Que-ste stesse finiture delle pareti e dei pavimentisembrano quasi prendere forma nel mo-mento in cui diventano arredi o piani di ap-poggio per le funzioni utili agli operatori eagli utenti. L’acciaio si distacca dai piani ver-ticali e orizzontali e diventa una volta unaseduta, oppure il banco reception.Gli arredi sono stati studiati fin nei mini-mi particolari e personalizzati proprio perquesto punto informazioni, la cui funzio-ne rimane quella di essere uno dei nucleirappresentativi della città. Sono arredi chesi adattano armoniosamente al motivo flo-reale riportato sulle pareti e sui pavimentie ripropongono nelle linee le stesse formesinuose alternandosi con elementi natura-li di decoro quali pietre bianche raccolte al-l’interno di vuoti trasparenti e piante daesterno all’interno di vasi di acciaio. I ma-teriali e la luce che su essi riflette giocanoanche con l’alternarsi del loro aspetto opa-co e lucido: l’opaco tipico dei materiali tra-dizionali quali i mattoni in cotto, il legnoscuro del parquet che rifinisce la pavimen-tazione, gli arredi e il rivestimento in cera-mica degli spazi di servizio. Lucido è inve-ce l’effetto dell’acciaio dei rivestimenti,degli arredi e delle vetrate. La riorganizza-zione funzionale da parte dei progettisti hatenuto, inoltre, conto dell’attività principaledi questo spazio e quindi gran parte degliambienti sono stati destinati all’accoglien-za della clientela attraverso la creazione diun percorso che ha inizio dall’ingressoprincipale che si affaccia immediatamentenella sala della reception per i turisti. Difronte a questo spazio c’è una parte desti-nata ai disabili pensata e progettata ad hocnegli arredi e negli spazi di manovra per chiha difficoltà motorie. Il percorso proseguepoi con una stanza destinata alla proiezio-ne di video e filmati promozionali del ter-ritorio di Granada e, di fronte, si apre l’areadestinata ai servizi per i clienti. Lo spaziofinisce, poi, con gli uffici degli operatori, unfoyer e i servizi igienici.

Un unico ambiente. Soffitto, pareti, pavimentoe complementi d’arredo sono tutti formati da unafascia di acciaio inossidabile, traforata e illuminata.I complessi caratteri calligrafici che formano unarabesco entrano nel linguaggio contemporaneo

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Alessandro TrivelliSi laurea al Politecnicodi Milano in Architetturanel 1990. Dal 2000 èprofessore a contratto allaFacoltà di Ingegneria EdileArchitettura del Politecnicodi Milano. Partner efondatore, nel 1997, diSdARCH Trivelli&Associati,svolge l’attività diprogettazione e ricercanel campo dell’architetturaambientalmentesostenibile,dell’architettura delpaesaggio e dellatecnologia a basso impattoambientale. È autore diarticoli e saggi su diverseriviste di architettura

Affrontare l’argomento della progettazione dellospazio di lavoro di ufficio contemporaneo mi haconsentito di esplorare, più che nello spazio re-sidenziale, le diverse attività che si svolgono al suointerno. Comunemente, siamo portati a ritenereche lo spazio di lavoro sia declinato in funzionedella produzione del bene o del servizio a cui de-stinato il lavoro. Ciò è in parte vero, ma alcune del-le attività che si svolgono al suo interno non sonol’attività principale, sulla quale è solitamente or-ganizzata la progettazione dello spazio. Inoltre,nello spazio di gestione della produzione di ser-vizi, le attività specifiche sono supportate da di-versi livelli di relazione e diversi livelli di comuni-cazione. L’attività principale diventa caratterizzantedello spazio anche a livello rappresentativo ma lospazio ufficio contemporaneo non si realizzapienamente solo mettendo in forma quell’attività.Lo “space planning”, non può più ottimizzare unasola attività ma deve rendere possibili diversi li-velli di comunicazione e relazione fra gli occupantidegli ambienti.Una caratteristica propria dello spazio ufficio è cheaccoglie attività che prevedono una forte statici-tà degli utenti, ovvero un loro basso dinamismoall’interno dello spazio. Questa condizione parti-colare porta gli utenti in ambienti senza effettivae democratica possibilità di scelta della propria col-locazione per lo svolgimento dei propri compiti. Nederiva la constatazione che solo in questi ambienti

di lavoro, anche svolgendo attività simili a quel-le residenziali, le condizioni fisiche del luogo si im-pongono sostanzialmente su un individuo staticoe passivo rispetto al contesto. Le attività dell’in-dividuo che svolge mansioni di ufficio, “office wor-kers” o “white collar workers” , sono influenzatedallo spazio in cui le esegue più che in altri con-testi spaziali. Se inoltre proviamo a leggere la com-posizione attuale dei lavoratori negli uffici di unasocietà internazionale, riscontreremo che nor-malmente lo scenario sociale, culturale, etnico,economico in cui si inseriscono è fra i più varie-gati e lo sarà sempre di più. Se ragioniamo sullamodalità di svolgimento di un’attività e di chi lasvolge, non possiamo esimerci dal dover decli-nare la progettazione in funzione del luogo e del-le consuetudini locali.La progettazione di un edificio per uffici deve quin-di considerare l’efficienza dello spazio e le varia-bili che influenzano questa efficienza, che non sonosolamente l’ottimizzazione del minimo spaziale perlo svolgimento di una attività.Se consideriamo il prodotto immateriale dell’atti-vità di ufficio come un prodotto industriale e ra-gioniamo come se l’efficienza dello spazio si tra-ducesse automaticamente nella corretta disposi-zione e dimensionamento degli spazi di esecu-zione del processo, avremmo dotato in progettodi una sola qualità. Riuscire a prevedere le ne-cessità dimensionali di un’attività non è sempre

SPECIALE UFFICI

Interpretare e progettare

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possibile se non utilizzando valori standard o ri-petizioni, questo approccio “statico” alla proget-tazione riduce sensibilmente l’introduzione del-l’innovazione nella progettazione. Non possiamoignorare, inoltre, che le differenti attività di ufficiopossono essere svolte diversamente grazie aduna forte relazione fra attività specifica e ad unaspecifica modalità di svolgimento. La declinazio-ne di ciò non è esclusivamente legata al tipo di“prodotto”, ma anche all’idea propria dell’orga-nizzazione dello spazio e delle relazioni checontiene. È legata alla qualità di relazioni che vo-gliamo instaurare nel tempo del lavoro.Un diverso approccio progettuale che conse-guentemente determina l’introduzione di nuove in-terpretazioni spaziali dell’ambiente di lavoro anchein relazione alla società e al contesto in cui si col-loca, è più vicino alla progettazione di ambienti fles-sibili e sostenibili che allo “space plannig” tradi-zionale. Nel testo “Progettare gli uffici” si troverannomolti esempi recenti di costruzioni per l’uso ufficio,gran parte di queste realizzazioni sono state svi-luppate con l’operatore finale o con la proprietà, nonsi troveranno quindi gli “speculative building”, nelcapitolo relativo agli esempi progettuali queste ti-pologie non vengono trattate. Ritengo che pro-gettare edifici per uffici, lo spazio del lavoro im-materiale, non significa solamente dare forma adun programma funzionale ma anche creare il luo-go dove molte persone trascorrono gran parte del-la loro vita attiva. Il testo individua una traccia daseguire nella progettazione degli edifici per uffici incui i riferimenti dimensionali consentono un ap-proccio corretto ai fini della funzionalità specifica

degli ambienti e delinea degli obiettivi di qualità perla composizione dell’ambiente ufficio.Lo spazio chiuso in cui si svolgono le attività di la-voro e di supporto, oltre a contenere le relazionifra le varie attività dovrebbe anche avere una qua-lità ambientale “misurabile”, che in gran parte do-vrebbe essere ottenuta più con le caratteristichedell’edificio fisiche stesso che con particolari so-luzioni impiantistiche. La qualità visiva, la luce na-turale, il comfort termico e risparmio energetico,la qualità dell’aria non sono solo un aspetto tec-nico, ma compongono sinergicamente la perce-zione dello spazio, la condizione di lavoro e defi-niscono il concept generale di progetto.Il capitolo dedicato ad una selezione di progettirealizzati di architettura contemporanea per uffi-ci completa la descrizione dei possibili approcciprogettuali al tema. Il testo propone, in modo sin-tetico, i riferimenti principali per lo sviluppo del pro-gramma di progetto in cui al centro dello stesso sia-no poste le attività e la sostenibilità del luogo di la-voro. La descrizione a paragrafi delle attivitàprincipali e di supporto suggerisce uno stimolo euna riflessione per gli approfondimenti progettuali.Le 25 realizzazioni, prese dal contesto interna-zionale, rappresentano eccellenze contemporaneee descrivono ampliamente le diverse di tipologiedi edifici che possono ospitare lo spazio di lavo-ro. Il testo si propone di essere un supporto perla progettazione dello spazio uffici sia per lo svi-luppo del programma di progetto sia per le sug-gestioni architettoniche ma anche uno stimolo perprogettare la qualità dell’ambiente di lavoro con-temporaneo.

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Progettare gli ufficiTrivelli AlessandroMaggioli EditoreCollana: Professione intasca. Edizione 2012

A sinistra: l’OrangeCube, progettato daJakob+MacFarlane.Sotto: il nuovo Centrodirezionale del QuartiereEspositivo di Milanoprogettato dai 5+1AAe da Jean-Baptiste Pietri,dalla superficie di 21milamq e un’altezza fuori terradi 195 m, pari a 13 piani

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Un nuovo urgente tema si impone oggi al progetto:il lavoro assume, nel quadro articolato delle tra-sformazioni economiche e sociali in atto, una cen-tralità rinnovata anche per le discipline che si oc-cupano del disegno degli spazi che lo accolgono. Sela quotidianità lo eleva infatti ormai da tempo a sog-getto centrale di discussione, nuova chimera inse-guita o primo vettore per direzionare uno stallo eco-nomico oramai sempre più preoccupante, certo an-che dal fronte di chi si occupa delle trasformazionifisiche del territorio e della città la questione del la-voro è, se non ancora affrontata, almeno avvertitacome urgenza. Se il suo allontanarsi verso ambitigeografici maggiormente vantaggiosi (delocalizza-zioni alla ricerca di un suo minor costo) o il suo ve-nir meno (per i riflessi incrociati della crisi globale)ha progressivamente lasciato sul campo una quan-tità notevole di manufatti vuoti e abbandonati, oggisembra necessario, per il progetto, occuparsi nonsolo di trovare una soluzione per gli edifici dismes-si e disoccupati (non tanto immaginando per essinuove destinazioni d’uso, quanto formulando ideedi “dis-impiego dell’abbandono”, di gestione di spa-zi non più funzionali o utili) ma anche di un rinno-vamento del modo del proprio proporsi. Ciò che sista ridisegnando è una nuova dimensione del lavoro,e, prima ancora di progettare le forme per accoglierlo,è necessario comprenderne le logiche. Il profondomutamento dei modelli di produzione (di materiali,di oggetti, di servizi) e la condizione sempre più in-certa dei mercati, unita alla loro estensione semprepiù globale e inafferrabile, che hanno prodotto l’im-passe registrata da tutti i settori e gli attori del mon-

do delle costruzioni, devono essere visti comenuovi scenari di possibilità, con conseguenze direttenei territori e nelle città. Come un qualsiasi altro pro-dotto, anche il progetto, come il lavoro, deve sem-pre più costruirsi un potenziale acquirente piuttostoche inseguirlo; deve tratteggiare prima di tuttoquale sarà lo spazio dove potrà poi esplicitarsi inquanto costruttore di spazi; deve finalmente, e inbuona sostanza, verificare e costruire le condizio-ni della propria necessità.Da un lato oggi assistiamo alla riorganizzazione del-la realtà che abbiamo conosciuto e frequentato ne-gli ultimi trent’anni, con gli spazi del lavoro che tor-nano a strutturarsi come sistemi fisici complessi, do-tati di spazi di relazione con il pubblico e spazi di in-terazione tra i dipendenti; macchine composite e ar-ticolate, capaci di offrirsi con flessibilità e attrattivi-tà. Dall’altro lato la dismissione della produzione fi-sica di materiali, oggetti e servizi si muove a van-taggio di una strutturazione di reti immateriali: il nuo-vo lavoro si costruisce su spazi precedentementeconsiderati marginali, e oggi visti invece come mo-tori latenti di uno sviluppo alternativo, di una eco-nomia che si muove attorno ad una rinnovata qua-lità (dell’ambiente, delle culture, della partecipazio-ne, delle azioni pubbliche, delle relazioni) e che chie-de per sé quelle stesse caratteristiche e peculiari-tà. Nel territorio il capannone mostra, assieme alleproprie, le crepe del modello economico e socialeche lo ha innalzato prima e sostenuto poi: la sua con-dizione di emarginazione è conseguenza della suadispersione e manifesto della insostenibilità di un in-dividualismo sorpassato, di un modo di intendere la

Ufficio in città / Città in ufficio

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Alberto BertagnaArchitetto, PhD, èricercatore in Urbanisticapresso l’Università degliStudi di Genova. Tra lesue pubblicazioni: La cittàtragica. L’(an)architetturacome (de)costruzione(Diabasis, Reggio Emilia2006); Il controllodell'indeterminato.Potëmkin villages e altrinonluoghi (Quodlibet,Macerata 2010); Paesaggifatti ad arte (Quodlibet,Macerata 2010). Con SaraMarini ha pubblicatoThe Landscapes of Waste(Skira, Milano 2011) eIn Teoria (Quodlibet,Macerata 2012).Con Sara Marini eFrancesco Gastaldi hacurato L’architettura deglispazi del lavoro. Nuovicompiti e nuovi luoghidel progetto (Quodlibet,Macerata 2012)

SPECIALE UFFICI

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competizione che ha neutralizzato quanti non sonoriusciti a ragionare oltre i propri confini per superarli.La mancanza di capacità, la limitatezza derivata dal-l’inseguimento di una autosufficienza che ha avu-to sponda o ragione in una guida dall’alto mai dav-vero concretizzatasi (assenza manifestata, nel pro-getto di territorio, da una pianificazione incapace dicostruire gerarchie, differenziazioni e specificità) oggisi palesa in modo drammatico, ma stimola finalmentela ricerca di un ritorno alla condivisione, del collet-tivo contro l’individuale. Nelle città, le stesse spin-te e gli stessi principi hanno cadenzato il disegnoe l’occupazione degli spazi e degli edifici, e le stes-se difficoltà e prese di coscienza oggi smuovonouna trasformazione delle localizzazioni e una ricercadi sinergia. In risposta alla disgregazione prende cor-po una revisione del modello di territorio, di città, diarchitettura: la comprensione contro l’esclusione,la tolleranza contro la specializzazione sono inuovi paradigmi sui quali si provano direzioni di mo-vimento contro la paralisi. Nella nuova dimensioneentro la quale si è giocoforza costretti a muoversi,in cui fare urbanistica non significa più banalmen-te trovare spazio a richieste di spazi, oggi è il pro-getto a dover fare lavoro: oggi quel che manca nonè l’architettura, ma la ragione e il criterio per occu-parla. Cosa significa tutto questo tradotto in que-stione urbana? Che l’ufficio non è più da intender-si come “spazio di lavoro”, come spazio occupatodove svolgere una mansione. Se “essere in ufficio”,equivale oggi, quasi tornando al senso etimologicodel termine, ad “essere al lavoro” e non allo starein un determinato luogo, il progetto di un ufficio de-v’essere un progetto di lavoro. Sappiamo che sem-pre più è possibile lavorare a prescindere dal con-testo entro il quale ci si trova, e sappiamo di trovarcidi fronte ad un eccesso di spazi disponibili. A que-

sto punto si aprono nuovi scenari per immaginarenon solo la realizzazione degli spazi del lavoro mala loro collocazione all’interno di realtà instabili comesono le città di oggi, e anche la loro collocazione con-cettuale all’interno dei nuovi paradigmi che si im-pongono ormai sulla scena della contemporaneità.Spazi temporanei, spazi in attesa di destinazione,spazi dismessi, spazi privi di energia e qualità van-no immaginati come sedi ideali: in essi il lavoro puòtrovare sede, un lavoro che non necessariamenteproduce oggetti quanto piuttosto promuove altro la-voro da fare, genera idee che si trasformerannomano a mano in azioni da svolgere. Dobbiamo co-struire insomma una nuova città precaria per un la-voro precario? Forse se l’utente delle nostre cittàè un lavoratore per ora solo potenziale, e domaniprobabilmente un lavoratore intermittente, e losarà non solo fino alla fine della crisi ma anche nelmomento in cui magari si raggiungerà appieno quel-la flessibilità che ormai sembra condizione inevi-tabile, dobbiamo immaginare e predisporre anzituttouno spazio, architettonico e urbano, in grado di ospi-tare e accogliere questo suo nuovo status. Dob-biamo insomma immaginare città prima di tutto aper-te a chi deve cambiare continuamente il contestodella propria quotidianità, all’inseguimento di un la-voro che continua a muoversi trascinandolo con sé.Dobbiamo immaginare che all’interno di micro-con-testi all-inclusive (chi arriva in una nuova realtà emagari vi si ferma poco tempo, ne esplora e ne vivenecessariamente solo una piccola parte) ci sianospazi urbani e architettonici elastici, duttili e adat-tabili ma soprattutto comprensivi, in cui il tempo del-la giornata sia equipossibile, abbia cioè offerte diintensità indifferentemente uguali a tutte le ore delgiorno in ogni punto. Una città arcipelago fatta di iso-le costantemente attive e reattive.

A sinistra: la torre Unipola Bologna, progettatada Open Project S.r.l.Alta 126 metri, con 33piani ospiterà gli ufficidell'omonimo gruppofinanziario. Sotto:i nuovi headquartersdella Salewa, aziendaspecializzata inabbigliamento tecnico damontagna, progettati daCino Zucchi Architetti ePark Associati a Bolzano

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L’architetturadegli spazi del lavoro(A cura di AlbertoBertagna, FrancescoGastaldi, Sara Marini).Il libro affronta il temadegli spazi del lavoro nonpiù intesi come sempliciedifici industriali ma comenuove realtà dotate dilaboratori, centri studi,spazi di relazione con ilpubblico e con il paesaggio

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Arredare un ufficio, esattamente come arredare unacasa, non è cosa semplice. Bisogna tenere conto,per prima cosa, delle diverse esigenze di chi cilavora, cercando di organizzare gli spazi nel modopiù funzionale possibile. Senza dubbio, infatti, unluogo di lavoro ben organizzato consente disvolgere i propri compiti in maniera più proficua equindi porta a una maggiore produttività. ACFTrading è un'azienda bolognese che si occupaprincipalmente di contract, forniture di arredamentoper l'ufficio e progettazione di interni. Apre nel 1983,in centro a Bologna, nella sede di via Clavature inPalazzo Pepoli, dove l’azienda rimane fino al 1999,anno in cui si trasferisce negli spazi attuali diPalazzo Pezzoli, all'imbocco di S.Stefano, nel cuoredella Bologna più antica, dove si trovano loshowroom e la sede legale. L’azienda forniscesoluzioni chiavi in mano per le grandi e per lepiccole e medie imprese, riuscendo a coprire tuttala richiesta di enti pubblici e clienti privati permateriali edili, pavimenti, controsoffitti, cartongesso,impiantistica, illuminazione, finiture per interni conmateriali lapidei e ceramici, parquet per interni edesterni, laminati, mosaici, resine, coloriture, fino allalavorazione del corian, alle pareti tecniche eall'arredamento. «Grazie al nostro know – how

L’ ESPERIENZACHE DÀFORMAALL’UFFICIO

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SPECIALE UFFICI

In 30 anni ha soddisfatto più di milleclienti in Italia e all’estero. ACF Tradingoffre forniture di arredamento per l’ufficio

e progettazione d’interni, offrendolavorazioni su misura, adattamenti diarredi di serie, realizzazione ex novo

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siamo in grado di gestire ogni richiesta delcliente», spiega l’ingegner Roberto Rubini,titolare di ACF Trading. «Riusciamo a soddisfareogni esigenza di lavorazione a misura,dall'adattamento di arredi di serie, allarealizzazione ex novo di progetti particolari diinterior design e singoli pezzi di arredo realizzatisu disegno in qualsiasi materiale. Ogni ordine èsempre sostenuto da una precisa e attenta attivitàdi progettazione eseguita al CAD, dal concept,completo di immagini fotorealistiche, fino alprogetto esecutivo particolareggiato».Un settore molto importante per l’arredo ufficioe seguito da ACF Trading è quello dellepartizioni divisorie tecniche, semplici e attrezzate,in melamina, legno o vetro, a camera d'ariao monolastra a marchio Frezza. L'utilizzo diquesti prodotti, unito alla fornitura di pavimentisopraelevati, controsoffitti e cartongesso, permettedi dividere gli spazi di lavoro in modo funzionalee flessibile, permettendo future modifiche di layoute funzione. «ACF Trading ha soddisfatto inquesti anni oltre mille clienti in Italia e all'estero, -racconta Rubini - e realizzato oltre 200 agenziebancarie in tutto il territorio nazionale comprese lesedi direzionali. Tra i lavori più importanti mi piace

ricordare il Consorzio Servizi Bancari CSE, Bancadi Bologna, Federazione delle BCC, ManifattureSigaro Toscano». Per quanto riguarda le agenziedi Banca di Bologna, ACF ha realizzato la sedein Piazza Maggiore, Piazza Galvani e via Murri,proprio quest’ultima è un importante lavoro chiaviin mano che ha riguardato la ristrutturazioneglobale con sostituzione delle strutture portantidel fabbricato. Ha inoltre seguito la realizzazionedella sala stampa e delle sale di rappresentanzadel Comune di Bologna, la sede della Fondazionedella Cassa di Risparmio in Bologna e quelladella Fondazione del Monte, l’Oratorio dei Celestinie l’importante allestimento della Chiesa di S.Cristina. ACF Trading commercializza i maggiorimarchi dell'arredamento italiano e internazionale,di cui molti in esclusiva per Bologna, tra i quali ICF,Herman Miller, Frezza, Dauphin, Desalto, Porro,Moroso, Cerruti-Baleri, Alias, Archiutti, Dieffebi,Fiam Italia, Emmegi, Danese, Rexite, Caimi,Cascando, Movi, Bralco, TMA, Meson's Cucine,Targetti, Penta. In questo modo è possibilesoddisfare l'intera richiesta della clientela, dall'entepubblico alla grande industria privata, dall'ufficiodirezionale a quello operativo, dallo studioprofessionale fino all'home-office.

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1. Banca di Bologna,Budrio (Bo); 2. Renderingstudio professionale;3. Hall CSE, Ozzano Emilia(Bo); 4. Federazione BCC,Bologna; 5. FederazioneBCC, ufficio presidente;6. Federazione BCC, salariunioni

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Librerie in legno, sedie, poltrone in pelle, tavoli in vetro, frigo

bar, lampade. Il luogo di lavoro diventa sempre più accogliente.

Arredi caldi e seducenti. Come una casa di Cristiana Zappoli

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IN UFFICIOCOME A CASA

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SPECIALE UFFICI

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Reaction, InfinitiErgonomia e benessere psico-fisico sono i principi basedi questa sedia, disegnata da Giancarlo Bisaglia per Infiniti,giovane brand della provincia di Treviso che proponecomplementi d’arredo. La sua forma morbida e spaziosa èpensata proprio per regalare comfort e maneggevolezza a chipassa molto tempo seduto ad una scrivania. Ideale nell’ufficiocome nello studio di casa, Reaction, unendo intelligenza edinamismo, presenta un meccanismo sincronizzato girevolecon alzata a gas. Il telaio è in pressofusione di alluminiolucidato e può essere disponibile con o senza braccioli. Ilrivestimento è in pelle primo fiore o in tessuto melange.

Libreria Sidney, BizzottoUna libreria che nasce

dall'accostamento tra natura edesign, in cui la radica naturale di

Sidney diventa il fondale sul quale sistagliano libri e oggetti, secondo le

proprie esigenze. Le mensole in vetrosono disposte obliquamente, i

supporti sembrano fluttuare sul legnoaccentuando l'idea di movimento che

trasmette questa struttura. I tronchidai quali sono ricavate le tavole di

radica non provengono dadisboscamenti, ma da abbattimenti

dovuti a cause naturali,testimoniando un evidente impegno

verso l’economia sostenibile.

Arigatò, InfinitiL’innovativo progetto di libreria modulare disegnato daMarcello Ziliani per Infiniti. A caratterizzarla è un unico

elemento quadrato di 65 cm di lato, monoblocco innylon lucido, che può comporsi assieme agli altri

liberamente ruotato, così da originare composizioniprive di alcuna traccia di ripetitività formale.

La particolare conformazione delle mensole, leggermentecurvate a ricordare gli antichi ideogrammi giapponesi,

permette loro di essere funzionali in qualsiasi posizione.

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Pandora showcase, BizzottoUna vetrina che può assumere forme differenti a seconda delleesigenze, i moduli costruiscono composizioni dal gusto raffinato percreare contenitori adatti ad ogni zona dell’ufficio: duttilità ed eleganzaunite in una fusion made in Italy di classe. Giochi di pieni e vuoti efiniture laccate o a specchio si racchiudono tra linee definite chevanno a costruire ottagoni, il carattere distintivo di Pandora by Bizzotto.

SPECIALE UFFICI

Tee, SegisUn sistema tavoli by Bartoli Design con basicombinabili in molteplici configurazioni,abbinate a piani in diversi materiali, creano unagamma di scrivanie e grandi tavoli riunione,realizzabili anche su misura. Basi laccate neicolori bianco, rosso e grigio, piani in vetrotrasparente, melaminico a forte spessore, legnolaccato ad alta resistenza o in essenza.

LC2, CassinaDivano a due o tre posti con struttura in acciaio cromato lucido overniciato nei colori basalto, grigio, azzurro verde, bordeaux e ocralucidi o nero opaco. Cuscini indipendenti con imbottitura in poliuretanoe ovatta di poliestere o in piuma d’oca. Rivestimento in pelle o tessuto.Dal 1964 Cassina detiene i diritti esclusivi mondiali per riprodurre gliarredi Le Corbusier, come questo divano.

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Nevada, Cattelan ItaliaScrivania direzionale con base in

cristalplant bianco opaco e cassettieragirevole in legno laccato bianco opaco.

Disegnata da Pietro De Longhi eAlberto Danese, ha il piano in marmo.

Cattelan Italia, fin dalla suafondazione, nel 1979, ha prodotto

mobili e complementi con una fortecomponente in marmo.

Panca Sidney, BizzottoMateriali eterogenei sono accostati con grinta inquesta seduta, dove il motivo della radica si uniscealla finitura argentea delle gambe e all’affascinanteblu brillante degli schienali. Una panca esaltata daiprofili frastagliati e nodosi del legno naturale che sipresta a vivacizzare gli ambienti più disparati.

FAB10HR Happy Bar, SmegSviluppato da un’intuizione che supera il tradizionale concettodi minifrigo, Happy Bar, dall’inconfondibile stile 50’s, presenta unallestimento interno innovativo studiato ad hoc per la conservazionedi spumanti, aperitivi, drink e snack. Più capiente di un frigobar e benpiù caratterizzante, si presta anche all’utilizzo in contesti professionali,come sale riunioni e studi di professionisti, o spazi che richiedonola presenza di un prodotto dedicato a spuntini e bevande.

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River, SegisImbottiti a moduli componibili, per composizioni lineari e curve idealiper spazi di attesa, di Bartoli Design. La continuità nella sezione sedile-schienale e nell'accosto dei moduli crea un disegno morbido. Basi inalluminio, moduli imbottiti schiumati, rivestimento in tessuto o ecopelle.

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Elica, Martinelli LuceLampada da tavolo con corpo in metallo e braccio in alluminioorientabile, verniciati in bianco. L’accensione è comandata dalla rotazionedel braccio elica, non ci sono quindi interruttori che alterino l’armoniadella sua forma, e utilizza sorgenti luminose a LED. Disegnata da BrianSironi nel 2009, è disponibile in due dimensioni. Ha vinto il Compassod’Oro nel 2001 e, nello stesso anno, il Red Dot Design Award.

The Round Table, Adele-CSerie di tavoli adatti alle saleriunioni, con piano cristallo

extrachiaro spessore 15mm ebasi in massello di noce

nazionale con dettagli laccatiopaco in colore rosso o blu.Ron Gilard, il designer, si è

ispirato alla leggenda deiCavalieri della tavola rotonda

di Re Artù, in quanto tutticoloro che si sedevano attorno

ad essa erano uguali.

SPECIALE UFFICI

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Il prossimo anno compirà ottant’anni, tuttidedicati ad arredare le nostre case con stile eprofessionalità. È il Gruppo Zuenelli che, nellontano 1934, anno della sua fondazione, ha“inventato” la cucina componibile di qualità:realizza cucine su misura, con soluzioniprogettuali d’avanguardia, materiali e finituredi elevatissimo pregio, totalmentepersonalizzabili. Da subito diventa sinonimodi qualità, prima nella produzione di cucine,e successivamente nell’arredo di tutta la casa.A partire dagli anni Novanta, il gruppo sidistingue per l’accurata selezione di lineedestinate all’arredamento di alto livello.L’offerta delle migliori marche di arredo didesign italiane, in mostra in tre showroomspecializzati per complessivi 6mila mq, siaggiunge alla produzione artigianale dei proprilaboratori di falegnameria che realizzanoprodotti dalle linee inconfondibili e chestrizzano l’occhio alle tendenze del mercato.Il Gruppo Zuenelli è diventato un interlocutoreprivilegiato per privati, architetti e consulentid’arredo, per abitazioni, uffici, aziende econtract. Profonda conoscenza del mercato,

EVOLUZIONEDELLO STILEE SAPIENZA

ARTIGIANALE

Tradizione e innovazione. Designe funzionalità. Zuenelli da quasi 80anni segue minuziosamente progetti

d’arredamento. Personalizzare lescelte dei clienti è il segno distintivo

dell’azienda storica bolognese

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Zuenelli

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In questa foto:Sistema giorno

Crossing, Misuraemme.A sinistra: Libreria

modulare Wavy, Alivar.Sotto: Divano Domino,

Doimo Salotti

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ZUENELLI CASAvia dell’Industria1-3, Bargellinodi Calderara diReno. Showroomfornito di ogniarticolo per tuttigli ambienti dellavostra casa

ZUENELLI CUCINEvia Emilia 319,Idice di SanLazzaro. Showroomspecializzato perla cucina ideale,per progettare erealizzare ambientisu misura di ognifascia di prezzo

ZUENELLI DESIGNvia Stendhal 16,Bologna. CentroCucine e showroomdi arredi modernie classici

PUNTIVENDITA

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ampiezza della gamma, competenzae le più avanzate metodologieprogettuali, costituiscono la miglioregaranzia per un livello di prodotto edi servizio votato all’eccellenza. Oltretrenta professionisti lavorano inazienda con passione e competenza:esperti progettisti garantiscono laconsulenza e personale specializzatofornisce trasporto e montaggio eun’impareggiabile assistenza post-vendita. «Il nostro successo - spiegaGiovanni Sist, Amministratoredelegato Zuenelli - è stato rinnovarsicostantemente negli anni e basare lavendita su un rapporto diretto con ilpubblico, dando qualità e un serviziocostante». I professionisti Zuenelli,architetti e consulenti d’arredo, sonoal servizio del cliente per dare formaai suoi progetti e per realizzarne deinuovi, per studiare ambienti da

sogno, con l’ausilio di un’ampiavarietà di materiali: pavimenti,rivestimenti e tendaggi, da abbinareagli arredi. «Il post vendita è il nostrofiore all’occhiello», prosegue Sist.«Riusciamo a dare assistenza ainostri clienti nel tempo, e per offrirequesto servizio abbiamo creato unufficio attivo tutti i giorni. La nostraforza è anche fare scelte meticolosecon aziende che danno certificazionie garanzie negli anni». Zuenelli offreai clienti una grandissima areaespositiva che raduna in un unicoshowroom le soluzioni più diverse perogni ambiente della casa. Cucine,soggiorni, salotti, camere, camerettee bagni per arredare ogni spaziosecondo stili e possibilità diversi.Zuenelli Casa propone le migliorimarche d’arredo e garantisce imigliori standard di qualità e di

servizio, per tutte le fasce di prezzo eper tutti i gusti. Non solo le principaliproposte di design innovativo e ditendenza, dunque. Per chi alle ultimetendenze preferisce la tradizione,un’intera area dello showroom èdedicata a un’esclusiva selezione diarredi di tipo classico. È stato inoltreinaugurato, l’ottobre scorso, il nuovocentro specializzato Veneta CucineIdice, con le collezioni di cucine 2012-2013. All’ampia varietà delle soluzioniesposte si aggiungono infiniteopportunità di personalizzazioni, in uncontesto ideale per la progettazionedella cucina su misura. «Da semprefacciamo cucine al centimetro -conclude l’Amministratore delegatoSist - su misure del cliente conprogettazione dei nostri designer,offrendo personalizzazionie caratterizzazioni».

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Zuenelli

In questa foto:Cucina RI-FLEX, Veneta

Cucine. A sinistra:Camera da letto Ellelle,

La Falegnami

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Falegnameria e Restauro

Legno Pregiatodal 1964 con professionalità e precisione

Via delle Lame, 2/V (galleria) - BolognaTel. 051.235396 - Cell. 335.6292741

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FALEGNAMERIA SU MISURA:mobili da progetto - librerie e boiseriearmadi a muro - persiane, scuri, porte

adattamento cucine

Via dell’Industria, 11/BZona Industriale 4 - Località Bargellino

40012 Calderara di Reno (Bo)Tel. 051.729486 - Fax 051.72889www.ottagono.eu - [email protected]

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DESIGN

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’arte del riciclo. Un modo didire utilizzato per sottoli-neare l’abilità di qualcuno nelriutilizzare oggetti vecchi, in

disuso, che ad altri non servono più, tro-vandogli una nuova destinazione d’uso.Ma succede che a volte, il riciclo, diventiveramente arte. È il caso di Helmut Pal-la, classe 1958, artista - designer vien-nese, la cui caratteristica più marcata,insieme alla creatività, è la capacità divedere nuove opportunità dietro a mo-bili e oggetti vecchi, a volte rovinati,spesso arrugginiti. Palla ha il dono di ve-dere gli oggetti, la loro storia, e di riu-scire a immaginarne una nuova, diver-sa, che racconta cambiandoli, a volte di-videndoli in mille pezzi e riassemblan-doli, a volte trasformandoli semplice-

mente in qualcosa di “altro” rispetto aquello che erano. Helmut Palla crea mo-bili di vario genere ma la sua passionesono le sedie, perché, sostiene, sono imobili che più assomigliano agli esse-ri umani. Con un abile gioco di paro-le si definisce “the Chairman of Turni-ture”: “chairman” in inglese vuol dire“presidente” ma letteralmente sarebbe“uomo - sedia”; “turniture” è una parolache non esiste nel vocabolario inglese eche viene dal verbo “to turn”, che si-gnifica girare, trasformare, sconvolge-re. Un verbo fondamentale nel voca-bolario di Helmut Palla che in questadefinizione racchiude i due elementiprincipali del suo lavoro e della filoso-fia che c’è alla base.Domanda. Helmut Palla, perché ètanto affascinato dalle sedie?Risposta. La sedia è un archetipo. È ilpiù personale, il più umano e il più si-mile all’essere umano fra tutti i mobili.Intendo dire che sono gli arredi che piùassomigliano all’essere umano real-mente, ovvero per la loro forma. Le

considero quasi come parti accessoriedel corpo. Come un pilastro, un pon-teggio, uno scheletro della nostramente. Come ombre ci accompagnanoattraverso tutta la nostra vita. Giornodopo giorno, più o meno consapevol-mente, passiamo da una sedia all’altra.Se l’uomo primitivo era un girovago,l’uomo civilizzato è diventato un uomoche sta seduto. Nessun altro mobile ècosì ricco di variazioni. La sedia è unargomento inesauribile, come l’uomostesso e ha quasi la stessa età. È unsimbolo di potere, un’icona della ci-viltà, una rappresentazione dell’uomo.

GIOCARE CON LE SEDIETrasforma vecchie sedie in creazioni originali. Annulla la funzionalità ene esalta il valore simbolico di oggetto d’arte. Con la sua verve creativaHelmut Palla accorcia le distanze tra design e arte di Cristiana Zappoli

Di fianco: primo piano del designerHelmut Palla. Sopra: Chairnobyl, 1999.A sinistra:Archi, 2006

L

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D. È affascinato anche da altri tipi di se-dute?R . Sì, assolutamente. Stare seduti vuoldire stare fermi. Ma noi, per nostra natura,siamo in movimento. Già quando andavoa scuola avevo l’abitudine di stare in bilicosu due gambe della sedia, a volte addirit-tura su una, ed è un’abitudine che non hoperso. Perciò ho fatto molte sedie sullequali è possibile appoggiarsi o distendersi,oscillare o saltare, dondolare e rotolare.Ci sono sedie dotate di un meccanismoche permette di cambiare la posizione, se-die che si possono inclinare e sedie su cuici si può sedere in direzioni diverse.D. Lei si definisce “the Chairman of Tur-niture”.R. Fin dall’inizio del mio lavoro sonostato interessato a un modo diverso di in-terpretare l’arte del vivere e lo spazio. Nel1981 ho lavorato come fotografo pubbli-citario in uno studio di 300mq che avevoaperto insieme a due amici e proprio nellostesso periodo mi sono trasferito da casadei miei genitori, uno stabile anni Ses-santa caratterizzato da camere piccole conmobili a incasso e soffitti bassi, nel centrodi Vienna in un loft di 150mq. Senza ri-scaldamento né acqua calda ma con tantospazio e tanta luce. Nel 1984 ho abban-donato l’attività di fotografo pubblicitarioe ho aperto con mia moglie una galleriad’arte e design per esporre i miei primi la-vori. Allora ho cominciato a realizzare mo-bili e oggetti utilizzando ruote in metalloarrugginito per fare dei tavoli e canned’organo di legno per fare scaffali. Nel1986 abbiamo chiuso la galleria e ho ini-ziato a concentrarmi seriamente sulla crea-zione dei miei mobili. Tutto quello spazioha cambiato il mio punto di vista, il miomodo di interpretare“l’arte di vivere”.Mentre cercavamo un luogo adatto da uti-lizzare come officina, abbiamo trovato unostabile accogliente, completamente vuoto,con tre piani e un piccolo giardino. Cosìci siamo trasferiti di nuovo, e ancora oggiviviamo in quella casa: io lavoro al pianoterra. Nel 1994 ho cominciato a disfaremobili per realizzare altri oggetti. La stessacosa che facevo prima, ma al contrario. Iltermine “Chairman”, una sedia animata,è nata dal particolare interesse che avevofin da allora per le sedie. E ancora oggi il

mio lavoro consiste. come allora, nel tro-vare, tagliare, trasformare e combinare.Ma il trasformare è diventato l’aspetto piùimportante del mio lavoro. La nuova in-terpretazione, il prima e il dopo, il pas-saggio in un’altra sorprendente ma logicarealtà: questo è quello che mi interessa. E,pigro come sono, cerco di cambiare ilmeno possibile, modificando tutto ciò chesi può, come il passaggio dalla parola “fur-niture” (mobile) a “turniture”.D. Lei trasforma mobili e altri oggetti chetrova in giro per il mondo in opere d’arte.Pensa di essere un artista o un designer?R . Nessuno dei due. O forse entrambi. Iosono uno che attraversa i confini. Dove sitoccano arte e design, forma/funzione econtenuto/significato c’è la maggiore li-

bertà di movimento. Il maggioreflusso.Viaggio intorno al mondo per tro-vare i miei oggetti e le mie ispirazioni. Glierrori, le cose che ho guardato nel modosbagliato o che ho frainteso, sono piene dipossibilità sorprendenti, arricchiscono ilmio mondo e lo rendono più complesso.La maggior parte degli oggetti che rea-lizzo sono pezzi unici, venduti in galleried’arte (soprattutto di arte applicata) o bat-tuti all’asta. Ma io sono anche un interiordesigner e in questo momento sto cer-cando qualcuno che possa produrre la mia“Turning chair”.D. Quando vede un oggetto da trasfor-mare, riesce a immaginare immediata-mente come diventerà?R. A volte sì. Quando ho sentito che iquadranti degli orologi pubblici di Viennasarebbero stati sostituiti, mi sono subitomosso e sono riuscito ad accaparrarmeneun po’ e ora fanno parte dei miei “Time-tables”: grandi tavoli illuminati che mo-strano l’ora esatta. Altre cose restano permolti anni nel mio magazzino di mobiliusati e metallo arrugginito, una sorta dipersonale mercato delle pulci, aspettandoil loro turno.D. Le sedie dovrebbero essere comode?

R. Sì certo, se sono destinate allo stare se-duti o ad altri usi simili. Molti dei miei og-getti sono fatti per essere usati e sonomolto funzionali. Altri, invece, sono og-getti “puri” che hanno perso la loro fun-zione. Molte volte sono una via di mezzo.D. Cosa è cambiato nel suo lavoro daquando ha iniziato fino ad oggi?R. Quando ho iniziato a realizzare i mieioggetti, nei primi anni Ottanta, senza unaistruzione specifica, l’oggetto trovato era laparte centrale del mio lavoro. Le mie pos-sibilità, la mia conoscenza, i miei mezzieconomici erano piuttosto ridotti. Laforma era il fattore determinante. Oggi,alla base dei miei lavori c’è un’idea moltopiù forte rispetto ad allora, come peresempio nelle “Cha - Cha - Chairs”. Inquesta collezione la struttura in sé è pocoimportante, ciò che è fondamentale è latrasformazione dell’oggeto in una sediamultidimensionale.D. Come sceglie i nomi delle sue opere?Sono molto particolari…R. Oggetti e linguaggio: io gioco con en-trambi. Provo ad applicare i miei accorgi-menti stilistici e il mio metodo (fram-mentazione, riduzione, combinazione,densificazione-associativa…) sia nei ter-mini materiali che in quelli linguistici.Prendiamo per esempio la “Chair?-Group”. A livello pratico, prendo le di-verse parti di una sedia e le combino fraloro liberamente. Nel meta-livello del lin-guaggio, combino le lettere: i titoli sonoanagrammi. Dalla parola “chair” viene“Archi”, da “Stuehle”, ovvero “stools” (sga-bello), viene “Luehste”, che a sua voltacontiene la parola “lust” (desiderio), equando questi due sgabelli arrivano quasia fare l’amore, il cerchio si chiude e l’og-getto diventa finito e ha un senso.D. Qual è la sedia a cui è maggiormenteaffezionato?R. Quella che sto realizzando ora.D. Quale tipo di persona apprezza i suoilavori?R. Una persona con senso dell’umorismo.Chiunque abbia la mente aperta e chi ècurioso o interessato alla storia di un og-getto, ai segni del tempo che lo caratte-rizzano e al suo riadattamento. La trasfor-mazione in fondo è una storia. Ha sempreun prima e un dopo.

1) Rocking MutAnt, 2006 - 2) Triumvirat ofthe Seatyrs, 2008 - 3) Sitting Wheel, 2005 -4) Discorded Rocker I, 2009 - 5) Chairman,1994 - 6) Locus Imperator, 1999

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DESIGN

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NN TT EE PP RR II AAAA MM

iù di 80 disegni e progetti, tre fotografi e sette studi diarchitettura di fama internazionale per raccontare ilrapporto tra architettura ed energia. La mostra si struttura

in tre sezioni ognuna con una chiave di lettura diversa, in cui imateriali rispecchiano le epoche differenti a cui si riferiscono:disegni, progetti e video d’epoca per la sezione Storie, unpercorso attraverso le esperienze progettuali legate ai temidell’energia e della strada negli anni successivi alla secondaguerra mondiale. Le architetture realizzate dalle industriedell’energia e del movimento (ENI, Autostrade, Autogrill, FIAT...)costituiscono uno straordinario episodio di innovazione, disperimentazione tipologica e strutturale, di landscape design,che fanno capo al sistema autostradale, la grande operapubblica che ha disegnato il volto dell’Italia moderna. Questasezione a cura di Margherita Guccione ed Esmeralda Valente,introduce il tema del rapporto tra cultura architettonica eindustria, ripercorrendo lo sviluppo delle infrastrutture italiane apartire dal secondo dopoguerra, sottolineando il ruolo degliattori in questione come motori attivi di un paese in corsa versola modernità. La fotografia come mezzo interpretativo delpanorama contemporaneo per la sezione Fotogrammi, un

viaggio fotografico nell’attuale paesaggio italiano dellearchitetture della strada, dell’energia, del “rifornimento”attraverso l’obiettivo di Paolo Pellegrin, Alessandro Cimmino ePaola Di Bello. A conclusione della mostra i lavori prodottientreranno a far parte delle Collezioni di Fotografia del MAXXIArchitettura. Infine i prodotti digitali/multimediali come ponteverso il futuro nell’ultima sezione Visioni, che si propone diindagare gli indirizzi progettuali di domani alla luce dei nuoviscenari nel campo della produzione e dell’erogazionedell’energia. Questa sezione a cura di Pippo Ciorra apre lamostra al futuro, partendo da una vasta ricerca nel mondo dellaprogettazione, per comprendere il legame tra l’architettura, ilmovimento e le possibilità legate alla sostenibilità eall’innovazione energetica. Lo scopo è quello di individuarenuove modalità progettuali e indagare come l’evoluzione deipunti di accesso all’energia possa trasformare il paesaggio.

ARCHITETTURA ED ENERGIA

Roma

Energy. Architettura del petrolio e del postpetrolio

MAXXI (dal 21 marzo al 29 settembre 2013)

P

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“Dritto all’energia” OBR, Paolo Brescia e Tommaso Principi

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A MOSTRE

Triennale Design Museum presenta unaselezione di sculture in ceramica di MassimoGiacon, edite da Superego editions: una“famiglia” di colorati, mostruosi e grotteschipersonaggi scaturiti dalla fantasiadell’eclettico e poliedrico fumettista,illustratore, designer, artista e musicista diorigini padovane. Il progetto nasce da unamostra realizzata alla fine del 2006.Inizialmente i personaggi non erano pensatiper essere delle ceramiche, ma sempliciimmagini bidimensionali che diventavanotridimensionali virtualmente, mediante unprogramma di modellazione 3D. Giaconvuole rappresentare un mondo dipersonaggi malati, dei Toys che vivonoun’esistenza infelice, deturpati da malattie,mutilati, umiliati da un mondo che non sapiù cosa farsene, corrotti dal pop, vistocome un’entità triturante e senza coscienza,ben distante dalla pop art di Warhol.Afferma Silvana Annicchiarico, direttore delTriennale Design Museum: «Le mostre al

Triennale Design Café nascono con loscopo di offrire sguardi inediti su progettisti,temi, materiali, tecniche e lavorazioni.Confrontandosi con il medium tradizionaledella ceramica, Massimo Giacon trasferisceelementi visivi tipici dei suoi fumetti e dellesue illustrazioni dalla bidimensionalità allatridimensionalità. Ne risultano opereall’apparenza gioiose e ironiche, ma inrealtà profondamente meditative e tragiche.Una amara riflessione sulla perdita diinnocenza di una società ormaiinesorabilmente corrotta e malata». MassimoGiacon spiega così questa mostra: «The PopWill Eat Himself è un errore. Nel senso che,per chi conosce abbastanza bene l'inglese,la frase corretta sarebbe: The Pop Will EatItself, e la traduzione suona così: Il PopMangerà Se Stesso. Come mai questoerrore? Se consideriamo il pop comeun'entità astratta it è la giusta definizione,ma se noi pensiamo al Pop come a unaspecie di divinità pagana moderna, him

diventa un suffisso più calzante. Nel titolo ènascosto spesso il senso dell'opera, e le mieceramiche Superego raggruppate sottoquesto titolo nascono da lontano. In realtàall'inizio non dovevano nemmeno esseredelle ceramiche, lo sono diventate per caso.All'inizio dovevano essere delle operefigurative aventi come soggetto dei giocattolimalati. Sono personaggi pop, e allo stessotempo sono anti-pop, e forse era destinoche uscissero dai disegni bidimensionali perdiventare degli oggetti tangibili, come senon riuscissero a rimanere confinati in unambiente così angusto. Diventando oggettiperdono forse un po’ delle loro angosce,magari trovando dei collezionisti che liporteranno a casa e che li ameranno perquello che sono, nonostante quel che sono».

I giocattoli malati di Giacon �

MILANO - ThePopWill Eat Himself. Five yearsof Superego ceramics for weirdos

Triennale Design Museum (fino all’1 aprile ‘13)

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Alcuni giocattoli “malati” di Massimo Giacon

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Il Design Museum di Londra possiede l’unicacollezione del Regno Unito interamentededicata al design contemporaneo eall’architettura. Questa nuova esposizionedella collezione permanente, inaugurata il30 gennaio, rivela l’eccezionalità deglioggetti che utilizziamo ogni giorno.L’apertura della collezione permanente delmuseo segna una tappa fondamentale nelcammino verso il futuro del Museo delDesign nella sua nuova sede di Kensington,dove l’intero piano superiore ospita lacollezione del XX secolo. La mostra presentasei storie chiave attraverso centinaia diarticoli, offrendo un’indagine diversadell’impatto del design sulla nostra vitaquotidiana. Racconta le sorprendenti originidi oggetti di design famosi ma anche pococonosciuti, con accanto immagini che liriguardano e documenti. L’identità nazionaleviene esplorata attraverso oggetti chedescrivono il Regno Unito, come peresempio la cabina telefonica, la segnaletica

stradale, la casella postale, il logo di Londra2012 e l’euro. La storia dello sviluppo dellogo di Londra 2012 racconta come, per laprima volta, Olimpiadi e Paraolimpiadihanno avuto lo stesso logo, creato peressere un “disegno per tutti”: la mostrarivela il processo di progettazione alla basedi questo simbolo della Gran Bretagnacome palcoscenico mondiale. Il predominiodella plastica nella nostra vita vieneanalizzato attraverso esempi degli ultimi 75anni, da articoli per la casa di piccoledimensioni fino ai primi mobili realizzati inplastica nel 1960. Gli esempi degli usi piùrecenti della plastica includono designer dialto profilo come Issey Miyake che utilizza ilPET riciclato dalle bottiglie di plastica percreare tessuti che utilizza nei suoi oggetti.Una sezione dedicata al Modernismofornisce un’istantanea di un periodostraordinario e dinamico del design in GranBretagna, mostrato attraverso mobili,oggetti, tessili e architetture che sono

diventati icone. La sezione comprende operedi Marcel Breuer, Laszlo Moholy – Nagy eErno Goldfinger. È presente una mostradedicata alla moda dal 1970 al 1990 in cuisono esposti abiti per diverse occasioniprovenienti dal guardaroba del collezionistadi moda Jill Riblat: tracciano lo spostamentodi stile attraverso la vita in società e sonoesempi di perfetto equilibrio tra forma efunzione. Il direttore del Design Museum,Deyan Sudjic, ha dichiarato che: «Il design è importante ad ogni livello. È ciò chemigliora almeno un po’ la vita quotidiana;riguarda i grandi cambiamenti economiciche il mondo attraversa. È qualcosa cheriguarda il designer e i produttori, ma anchegli utenti. È l’unico modo per dare un sensoal mondo che ci circonda».

Straordinari oggetti quotidiani �

LONDRA

Extraordinary stories about ordinary things

Design Museum (fino al 4 gennaio 2015)

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Boby Trolley, design Joe Colombo, 1964

Anglepoise Lamp,design GeorgeCarwardine, 1933

LAR Armchair, designCharles Eames, 1948

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La mostra è ideata e prodotta da FondazioneMarino Golinelli in partnership con LaTriennale di Milano ed è curata per la partescientifica da Giovanni Carrada e per quellaartistica da Cristiana Perrella. L’esposizionesi articola in sette ambienti, dedicati adaltrettante forme di energia. Le opere digrandi artisti contemporanei dialogherannocon exhibit legati a temi d’attualità, economia,scienze sociali, dando ampio spazio allescoperte scientifiche sul funzionamento delcervello umano. Di ogni energia si vedràcome e perché nasce, come se ne puòdiventare consapevoli, che cosa potrà portaredi buono ma anche quali possono esserei suoi aspetti più problematici.

Dopo progetti espositivi che hanno trattatol'arte attraverso la pittura e la scultura, laGalleria Regionale d'Arte ContemporaneaLuigi Spazzapan intende raccontare il design,o meglio, uno specifico oggetto di designche ha fortemente inciso nel nostro territorio:la sedia. Il racconto è affidato al suoprotagonista, Werther Toffoloni, designer diCormons che, attraverso l’esemplare fusionetra ricerca estetica e progettazione, hacontribuito all'idea di design industrialecontemporaneo. La sua attivitàprofessionale, svolta in collaborazione conPiero Palange fino al 1975, sviluppa unaricerca che lo vede intervenire su diversifronti collaborando con importanti industriesul piano della progettazione e su quellodella consulenza generale. Nel corso dellasua lunga carriera si è occupato di disegnodi mobili, ceramiche, oggetti in vetro,lampade e tessuti per importanti firmeitaliane e internazionali, ma la sedia è stata,fin dai lontani anni Cinquanta, la sfida piùimportante. Attraverso l’esposizione dellesue opere - in molti casi corredate dadisegni e appunti progettuali - realizzate incinquant’anni di attività, si intende metterein risalto l’eccellenza di una produzione incui la conoscenza dei materiali e deiprocessi lavorativi si unisce alla cultura delprogetto e alla creatività: una visione atutto campo che coniuga arte e vitacontemporanea e che segna l’inizio diun nuovo filone di attività della GalleriaSpazzapan dedicato all’industrial design,con particolare riferimento alla produzionedelle aziende regionali.

Le edizioni 1965 - 2012 di Gerhard Richter(Dresda, 1932), uno dei più importanti eacclamati artisti tedeschi del nostro tempo.L'artista è noto soprattutto per i suoi dipinti,ormai presenti nelle collezioni museali di tuttoil mondo. Negli ultimi anni, tuttavia, sono lesue edizioni ad attirare sempre più spessol'interesse di collezionisti, curatori di musei eappassionati d'arte. Le edizioni sono opered'arte originali realizzate non come pezziunici, ma in un certo numero di copie.Nell'ambito delle edizioni, si trova una varietàdi media: stampe (in prevalenza litografieoffset e serigrafie), fotografie, oggetti, dipintisu tela, su carta e su alluminio, libri e poster.

Le sedie di Toffoloni

Gerhard Richter

MILANO

Benzine. Le energie della tua mente

Triennale (dal 19 febbraio al 24 marzo 2013)

ROVERETO

Progetto cibo. La forma del gusto

Mart (dal 9 febbraio al 2 giugno 2013)

GRADISCA D’ISONZO (GO)

Werther Toffoloni. Per sedersi

Galleria Luigi Spazzapan (fino al 14 /04/ 2013)

TORINO – Gerhard Richter - Edizioni 1965-

2012 – Fondazione Sandretto Re Rebaudengo

(fino al 21 aprile 2013)

In questi ultimi anni il cibo è diventato unargomento di discussione anche per ilmondo del design, superando con lo slanciodella curiosità, della forze delle idee e dellacreatività il recinto disciplinare che lorelegava ad argomento per buongustai.Il Mart porta questa confusione di materienelle proprie sale con un progetto espositivoche rappresenta il tentativo, attraverso imolti oggetti esposti, di stimolare nelvisitatore una reazione estetica a più livelli.

Il cibo in mostra

A MOSTRE

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Arte e scienza

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strutture e coperture in legno civili ed industrialicase clima chiavi in mano - maneggi

Via Masi, 21 - Anzola dell’Emilia (Bo)tel. 051.732965 - fax 051.6508324

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Università di Bologna - Facoltà di Giurisprudenza

...Costruire in legno

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NAPOLI

La mostra, presentata da SchindlerItalia, si compone dei lavori di 32artisti italiani e internazionali, acui è stato chiesto di proporreun’interpretazione personaledell’ascensore attraverso fotografie,video-arte e installazioni, con unosguardo inedito su questi "luoghinon-luoghi", spesso percepiti comespazi anonimi e freddi e che, invece,

nascondono sorprendenti potenzialità espressive. Attraverso losguardo creativo degli artisti, l’ascensore diventa "specchio"dell'anima di chi ci passa qualche momento della propria vita,riflettendone pensieri, emozioni, sogni e associazioni d’idee.

Living in lift

RAVENNA

Borderline. Artisti tra normalità e follia.

MAR (fino al 16 giugno 2013)

Questa antologica, la più ampiaed articolata degli ultimi decenni,offre un panorama dettagliato,esauriente, anche se non esaustivo,del percorso di oltre sessant’annidi ricerca sulla fotografia, dellafotografia, con la fotografia diNino Migliori. Oggi Migliori, natoa Bologna nel 1926, è consideratoun vero architetto della visione.Ogni sua produzione è frutto diun progetto preciso sul poteredella visione, tema, questo, cheha caratterizzato tutta la suaproduzione. Saranno in mostra oltre 300 opere a cui siaggiungono 9 installazioni che raccontano l’opera dell’autore.La mostra, in collaborazione con l’Archivio Nino Migliori, è acura di Graziano Campanini ed è accompagnata da uncatalogo edito da Contrasto.

L’obiettivo della mostra, curatada Claudio Spadoni, direttorescientifico del museo e daGiorgio Bedoni, psichiatra,psicoterapeuta, è di superare iconfini che fino ad oggi hannoracchiuso l’Art Brut e l’“arte deifolli” in un recinto, isolandonegli esponenti da quelli che la

critica (e il mercato) ha eletto artisti “ufficiali”. Già nella culturaeuropea del XX secolo diversi protagonisti delle avanguardie epsichiatri innovatori guardarono sotto una luce nuova leesperienze artistiche nate nei luoghi di cura per malati mentali.Le ricerche di quegli anni avevano avviato una revisione radicaledi termini quali “arte dei folli” e “arte psicopatologica”,prendendo in esame queste produzioni sia come sorgenti stessedella creatività quanto come una modalità propria di essere nelmondo, da comprendere al di là del linguaggio formale.

A AGENDA

Castel dell’Ovo (dal 23 febbraio al 6 marzo 2013)

BOLOGNA

Nino Migliori a Palazzo Fava. Antologica

Palazzo Fava (fino al 28 aprile 2013)

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Un inedito progetto espositivo dedicato alla straordinaria figuradello scenografo e vedutista bolognese Luigi Bazzani, le cuiopere sono conservate in molte prestigiose gallerie in Italia. Ilprogetto ripercorre, attraverso un ricco apparato iconograficocomposto dalle opere di Bazzani e da una serie di scatti chedocumentano l'attuale realtà pompeiana, l'eccezionaleproduzione del pittore bolognese, soffermandosi in particolaresullo straordinario contributo che i suoi acquerelli, caratterizzatida una grande qualità artistica e da una prodigiosa abilità

tecnica, rappresentano ancora oggiper lo studio di Pompei e della suastoria. L'esposizione intende, quindi,presentare l'immenso patrimoniocostituito dalle opere di questo artista,composto da centinaia di acquerelli edisegni, in gran parte sconosciuti alpubblico e agli stessi archeologi.

La mostra intende approfondire un momento della culturafigurativa del secolo scorso, relativamente al clima di un’epocache ha lasciato una forte impronta, soprattutto dal punto di vistaurbanistico e architettonico, sulla città di Forlì e altri centri dellaRomagna. Nel primo dopoguerra, da cui prende avvio la mostraper inoltrarsi fino all’epilogo del secondo conflitto mondiale e del1943, la cultura italiana si sentì investita della missione di crearenuove espressioni artistiche per il Novecento. L’esposizione intenderievocare un clima che ha visto non solo architetti, pittori e scultori,

ma anche designer, grafici,pubblicitari, ebanisti, orafi,creatori di moda cimentarsi inun grande progetto comuneche rispondeva, attraverso unaprofonda revisione del ruolodell’artista, alle istanze delcosiddetto “ritorno all’ordine”.

In Valtellina il “nuovo nell’architettura” lo hanno portato lecentrali idroelettriche e le installazioni che intorno ad esseruotano, ed è su questa tesi che si incentra la mostra, prodottadalla Fondazione Gruppo Credito Valtellinese, con laFondazione AEM e a2a. L’esposizione rivolge il suo interessealle decine di opere edilizie e infrastrutturali dedicate all’utilizzodella risorsa idrica per laproduzione di energia, iniziata agli albori del XX secolo. Centrali,cabine elettriche, invasi, bacini e dighe, canalizzazioni forzate,dissabbiatori, insediamenti abitativie ripari tecnici, costituiscono il vero paesaggio artificiale atestimonianza del rinnovamentoarchitettonico nella provincia diSondrio e nelle valli limitrofe.

AAGENDA

SONDRIO

I luoghi dell’acqua

Galleria Credito Valtellinese (fino al 30 marzo 2013)

BOLOGNA

Davvero! La Pompei di fine ‘800 nella pittura di Luigi Bazzani

Fondazione del Monte (dal 29 marzo al 26 maggio 2013)

FORLÌ

Novecento. Arte e vita in Italia fra le due guerre

Musei San Domenico (fino al 16 giugno 2013)

bieffe s.a.s di F. Bonamassa & C.

Via Brugnoli, 7 - 40122 Bolognawww.impresaedilebieffe.it

Tel. 051.6141894 - Fax 051.4390049

Ristrutturazioniinterne ed esterneRifacimento tetti e facciateImpianti cartongessiPavimentiImpermeabilizzazioniDeumidificazioni

Siamo attivi sul territorio di Bologna e provincia nelsettore delle ristrutturazioni e costruzioni dal 2001.Operiamo per committenti privati in particolare neiseguenti ambiti: Recupero e ristrutturazione ediliziacon formula chiavi in mano e non, manutenzioneprogrammata di immobili e nuova costruzione.Per poter rispondere anche alle esigenze di committentipubblici, l’azienda è in possesso della Qualificazionealla ESECUZIONE di Lavori Pubblici (OG1 in classe III).L’azienda è in possesso della Certificazione diSistemi di Gestione per la Qualità (ISO 9001).

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All’interno delle Sale Panoramiche delCastello Sforzesco, la mostra raccogliecinquantacinque opere pittoriche diRenzo Bergamo (1934 – 2004) a più ditrent’anni dalla sua ultima esposizionenel capoluogo lombardo e prima delsuo definitivo abbandono del circuitopubblico. Esplora lo straordinarioeclettismo della prolifica produzioneartistica di Bergamo, attraversoun’accurata selezione di opere, facentiparte di cinque dei sette periodi chescandirono la sua vita. Il segno, l’energia e la forte tensionecaratterizzano tutti i suoi lavori, in una sintesi moderna chedescrive una nuova mitologia.

BOLOGNA

Nonostante tutto

Galleria Oltre Dimore (fino al 16 marzo 2013)

È la prima retrospettivadedicata a Bas Jan Aderin Italia, a cura di JavierHontoria. La mostracostituisce unastraordinaria opportunitàper conoscere eapprofondire l'opera diuna tra le più singolaripersonalità creative deglianni Sessanta e Settantae di evidenziarne la forte

influenza sugli artisti delle generazioni successive, grazieall'attualità della sua ricerca. Il titolo allude alla condizione diessere costantemente “in transito” che l'artista stesso sperimentòvivendo tra Europa e Stati Uniti, tra il Vecchio e il Nuovomondo, tra la soggettività romantica e la fredda oggettivitàdell’arte concettuale, tra l'estremo razionalismo di Mondriane l’assurdo vibrante della slapstick comedy.

La mostra mette in scena leopere di Maria Crispal,Silvia Giambrone, ChiaraMu, Francesca RomanaPinzari, Francesca Pizzocon l’intento di sottolinearesoprattutto uno stato digenerosità irremunerabile,in un contesto di degradoche fino a qualche anno faera impensabile. È il lavoro corale di cinque giovani artisteitaliane che hanno scelto di raccontare il loro “stare ostinato nelmondo” attraverso le tracce che vi lasciano, sapendo di donareanche quando il dono non è stimato come tale. Una mostra alfemminile, ma non sulla e della femminilità in alcun senso.Perché concepire e donare al mondo è un gesto profondamentefemminile, di cui tutti oggi abbiamo bisogno. Di cui è importanteanche solo ricordarne il valore fondativo.

A AGENDA

BOLOGNA

Bas Jan Ader. Tra due mondi

Villa delle Rose (fino al 17 marzo 2013)

MILANO

Renzo Bergamo. Atomo Luce Energia

Castello Sforzesco (fino al 17 marzo 2013)

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Un viaggio attraverso gli scatti degli ultimi anni di Micol Sabbadiniambientati negli Stati Uniti, da sempre seconda casa dell’artista.Sfocando l’estetica presente, Micol Sabbadini mette a fuoco la suaestetica interiore, trasformandola in scenografia sempre in bilico tra

decadenza e new pop, ricolorando dettagli,aggiungendone di nuovi e rimontando altri. “Seè quello che vedono tutti, non è quello chevedo io”. Nei suoi scatti ritroviamo unacostante ricerca di nuove teatralità, miscelatacon un filtro onirico all’amore per i set, per lacamera oscura e per gli allestimenti intornoall’oggetto, oltre ad una buona dose disapiente post produzione. In scena semprepochi elementi, posizionati secondo unasegreta e precisa geometria che conferisceordine anche quando la foto non èperfettamente a fuoco.

Nonostante tutto

A più di cent’anni dalla nascita di Armando Pizzinato sembra giuntoil momento di offrire una completa visione del suo lavoro artisticoche, mettendo l'opera al centro dell'attenzione, saprà unire tutti iperiodi dell'artista, superando vecchie polemiche e contrapposizioni,per riportarla all’essenza che fa di lui uno dei protagonisti piùimportanti ed interessanti dell’intera seconda metà del Novecentoitaliano. La mostra punta ad offrire un approfondimento nuovo suPizzinato, superando vecchie polemiche e contrapposizioni,consapevoli che, oggi, nulla è rimasto delle accese discussioni di

un'epoca ormai lontana edefinitivamente tramontatae che, almeno per quantoriguarda Pizzinato, pochiricordano con precisione lesue parole, e i più invecestancamente ripetono cosedette da altri molti anni prima.

A partire dai primissimi anni Trenta delCinquecento, Bembo riunì nella suacasa padovana (oggi sede del Museodella Terza Armata) dipinti di grandimaestri come Mantegna e Raffaello,sculture antiche di prima grandezza,gemme, bronzetti, manoscritti miniati,monete rare e medaglie. La ricchezzae varietà degli oggetti d'arte, raccoltiper gusto estetico ma anche comepreziose testimonianze per lo studiodel passato, rese agli occhi dell'Europadel tempo la casa di Bembo come "la casa delle Muse" o"Musaeum", precursore di quello che sarà il moderno museo.Per una breve stagione, proprio grazie all’influenza di Bemboe al suo gusto collezionistico, Padova divenne baricentro ecrocevia della cultura artistica internazionale.

AAGENDA

PORDENONE - Armando Pizzinato (1910-2004). Nel segno

dell’uomo - Galleria d'Arte Moderna e Contemporanea “Armando

Pizzinato” (fino al 9 giugno 2013)

PADOVA

Pietro Bembo e l’invenzione del Rinascimento

Palazzo del Monte (fino al 19 maggio 2013)

VENEZIA

U.S.A - i: United States of Appropriated Images

Workshop, Dorsoduro 2793/A (fino all’8 marzo 2013)

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