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Direttore scientifico: Andrea Marliani Giornale I Tri cologia · È significativo che queste...

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Giornale italiano di tricologia anno 23 - n° 43 - Aprile 2019 Integratori, alimentazione e capelli - pag. 5 Psiche e capelli - pag. 15 Cosmetologia dei capelli - pag. 28 Complessi di cellule progenitrici derivati da unità follicolari - pag. 42 SOMMARIO EDIZIONI TricoItalia (Firenze) Direttore scientifico: Andrea Marliani Giornale Italiano di Tricologia anno 23 - n° 43 -Aprile 2019 Proprietà letteraria ed artistica riservata. © gitri43.qxp_gitri 43 07/02/19 10:49 Pagina 1
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Integratori, alimentazione e capelli - pag. 5

Psiche e capelli - pag. 15

Cosmetologia dei capelli - pag. 28

Complessi di cellule progenitrici derivati da unità follicolari - pag. 42

SOMMARIO

EDIZIONI TricoItalia (Firenze)Direttore scientifico: Andrea Marliani

Giornale Italiano di Tricologiaanno 23 - n° 43 -Aprile 2019

Proprietà letteraria ed artistica riservata.©

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EDIZIONI TricoItalia(Firenze)

Giornale Italiano di Tricologiaanno 23 - n° 43 - Aprile 2019

Direttore Responsabile: Guido Vido TrotterDirettore Scientifico: Andrea Marliani

Tutti i diritti riservati©

Collaboratori:

Paolo GigliCiro De SioTorello LottiFiorella BiniPiero TesauroAndrea PozzaAndrea VanniMarco ToscaniDaniele CampoMichele RobertoRoberto d’OvidioPietro GramagliaAntonio SoverinaFranco ButtafarroBianchi ElisabettaVincenzo GambinoNicoletta Giaquinta

Agostinacchio Gaetano

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SOMMARIO:

Integratori, alimentazione e capelli - pag. 5

Psiche e capelli - pag. 15

Cosmetologia dei capelli - pag. 28

Complessi di cellule progenitrici derivati da unità follicolari - pag. 42

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Aprile 2019 - N° 43 - Giornale Italiano di Tricologia

Integratori, alimentazione e capelliAntonio Soverina

CatanzaroAndrea Marliani

Firenze

Un lungo capitolo sui principi qualitativinutrizionali può, a prima vista, sembrare dif-ficile, eccessivo o addirittura inutile. È impor-tante però far rilevare come una dieta inap-propriata e come stati carenziali, specie qua-litativi, possano provocare un effluvio e con-tribuire ad aggravare un defluvio già in atto,talvolta in modo irreparabile.Già secondo Rook: “diete troppo rigide e malequilibrate hanno contribuito all’aumentodelle alopecie e delle ipotrichie riscontratonegli ultimi anni, specie nelle donne”. Ormaida decenni, infatti, è stato dimostrato ciò cheda sempre si era intuito e cioè che esiste undiretto rapporto fra stato nutrizionale e sinte-si delle cheratine dure dei peli e delle unghie.

Di fronte ad un paziente che presenta cadutadi capelli, è importante valutarne le caratteri-stiche antropometriche ed indagare su even-tuali diete particolari, disturbi intestinali chepossano condizionare un malassorbimento,sull’ uso di lassativi o farmaci diretti ad inibi-re l’assimilazione di determinati nutrienti(clofibrato, destrano, fitati ecc.) e se ha avutouna perdita di peso nell’ultimo anno o negliultimi mesi.

L’esame microscopico dei capelli potrà evi-denziare un ridotto diametro dei fusti, i bulbifacilmente si presenteranno come pseudodi-strofici (piccoli, strozzati con guaine ridotte) epotrà esservi una riduzione in spessore o laperdita completa delle guaine nei capelli (dis-trofici) estratti in anagen.È significativo che queste alterazioni morfolo-giche potranno manifestarsi quando ancoranon vi sono variazione significative del rap-porto anagen/telogen al comune tricogram-ma e che tutto questo può essere osservato,nelle forme larvate e tipiche dei paesi evoluti,senza alterazioni seriche delle proteine emati-che totali né del protidogramma né in presen-za di decise carenze seriche minerali o vitami-niche.Solo successivamente, al perdurare dellasituazione malnutritiva, si osserverà unaumento netto dei capelli in telogen, con alte-razione del rapporto anagen/telogen al trico-gramma, e compariranno i segni ematologicitipici della malnutrizione come la diminuzio-ne delle proteine totali, delle albumine, delcolesterolo, della sideremia, zinchemia,magnesiemia, calcemia e delle vitamine dosa-bili.

Gli integratori alimentari: generalità e loropossibile utilizzo in tricologia.

Poiché oggi il laboratorio ci permette di inda-gare sullo stato nutrizionale e di rilevare, conrelativa facilità, almeno le carenze nutriziona-li più grossolane e poiché queste possonoquasi sempre essere corrette, le conoscenze dibase su nutrienti e capelli diventano indispen-sabili per chi voglia davvero fare della tricolo-gia una scienza. In tricologia i “parametri serici di normalità”di tutti i nutrienti sono assai più ristretti diquanto considerato dalla Medicina Generale.

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Valutare tale assunto e conoscere l’originedelle più comuni carenze ci aiuta molto nellaloro diagnosi e ci fa da guida nella prescrizio-ne e nell’interpretazione degli esami emato-chimici. Questo per evitare che, di fronte adun paziente che lamenta una caduta di capel-li, si consiglino integratori ad uso tricologicoad occhi chiusi e senza un razionale scientifi-co, pratica oggi molto diffusa e potenzialmen-te anche dannosa.

Conseguenze di una carenza proteica

Bradfield ha dimostrato su volontari sani sot-toposti a dieta aproteica che il diametro delbulbo dei capelli si riduce notevolmente doposoli 11 giorni con marcata riduzione del pig-mento melanico verso il 14° giorno, seguitada atrofia e successiva perdita delle guaineinterna ed esterna.È importante notare che le alterazioni delbulbo e poi dello stelo del capello si verificanoquando ancora non sono evidenti segni ema-tici di carenza, quasi che l’organismo, finali-sticamente, risparmiasse le proteine per lefunzioni essenziali togliendole a tutte quellesintesi di cui può fare a meno.

Dopo dieta aproteica una modesta trazionesul capello provoca la rottura intrafollicolaredel fusto del capello, il quale dimostra cosìuna netta riduzione della sua resistenza allatrazione e della sua tipica elasticità.In tutti i casi, aggiungendo proteine alladieta, le alterazioni si dimostrano rapidamen-te reversibili.Distinguiamo una carenza proteica acuta eduna carenza proteica cronica.

Carenza proteica acutaNella carenza proteica acuta (Kwashiorkor) lapercentuale dei capelli in anagen scende al26-30%. All’esame microscopico i capellimostrano severi segni di atrofia rappresentatidalla riduzione del diametro dei bulbi, ugualead 1/3 del normale (circa 25 micron invece di80) con presenza di una tipica “strozzaturacentrale” a clessidra, dalla perdita della guai-na interna ed esterna, dalla marcata riduzio-ne del pigmento.Inoltre la quantità di tessuto pilare prodottagiornalmente risulta ridotta a circa 1/10 e lavelocità di crescita in lunghezza ad 1/4 delnormale.

Carenza proteica cronicaNella carenza proteica cronica (marasma) l’or-ganismo tenta di adattarsi alla situazione dimalnutrizione conservando le proteine per lefunzioni essenziali alla sopravvivenza e le alte-razioni sul capello sono ancora più drammati-che.In uno studio di Bradfield in bambini affettida malnutrizione proteica cronica solo l’1%dei capelli era in anagen e mancavano le guai-ne esterna ed interna. Il colore era nettamen-te alterato, rossiccio, il diametro ridotto ameno di 30 micron. La velocità di crescitarisultava di 1/10 di centimetro al mese e lasua discontinuità dava al capello un aspetto atipo pseudo moniletrix. La resistenza dei

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bulbi alla trazione era, ovviamente, estrema-mente scarsa e gli steli si rompevano con gran-de facilità. L’aspetto generale dei fusti eraquindi quello che si riscontra anche nellaaplasia moniliforme, nei capelli fusiformi onella tricorressi nodosa ma il loro diametroera assai minore di quanto lo è in queste alte-razioni.

Secondo la più recente revisione dei L.A.R.N.ovvero i livelli di assunzione giornalieri racco-mandati di energia e nutrienti per la popola-zione italiana, il fabbisogno in proteine perun uomo adulto dovrebbe essere 0,90 grammiper Kg di peso corporeo. Questo dato, anostro avviso, pecca per difetto e può esseresicuramente considerato minimale e non otti-male. Tenendo poi conto che buona partedelle proteine introdotte con gli alimentisono, comunemente, di origine vegetale edhanno quindi un valore biologico inferiore aquelle di origine animale perché prive degliaminoacidi essenziali (aminoacidi cioè chel’organismo non è in grado di sintetizzare madeve assumere preformati), si può tranquilla-mente fissare il fabbisogno proteico per l’uo-mo comune ad 1,2 grammi per Kg di peso cor-poreo al giorno.Un giovane poi ha un fabbisogno proteicoancora maggiore e inversamente proporziona-le alla sua età: basti pensare a quanto èaumentata la statura media di ogni popolazio-ne (dall’Italia al Giappone) quando la dieta siè arricchita in proteine.

Se il fabbisogno proteico è più elevato nei gio-vani in crescita lo è anche di più nella gravi-danza, nelle malattie febbrili ed aumentaancora col lavoro muscolare e con l’attivitàsportiva (per la necessità di riparare i micro-scopici ma continui danni muscolari).È quindi più facile di quanto comunemente sicreda incorrere in modesti deficit proteici,senza certo arrivare al Kwashiorkor od almarasma, anche nella vita comune di unasocietà evoluta.Questi modesti deficit proteici disturberannoben poco lo stato globale di salute ma potran-no sicuramente essere causa di un “inspiega-bile” effluvio, aggravare un defluvio in atto,ridurre la velocità di crescita dei capelli edelle unghie, essere causa o concausa di unaonicoclasia o di una onicodistrofia.

Altre carenze nutrizionali

Sempre da Bradfield, a dimostrazione che ilpelo non ha bisogno solo di aminoacidi, sonostati osservati sperimentalmente mutamentidel pelo in animali tenuti a dieta non ipocalo-rica ma priva di tutti i fattori nutrienti cono-sciuti, ad eccezione delle proteine.In questi animali il ritmo di crescita del peloera ancora una volta rallentato, la resistenzadei fusti alla rottura era significativamentepiù bassa anche a parità di diametro, checomunque era quasi sempre ridotto. Tutte le alterazioni si dimostravano reversibilireintroducendo i principi mancanti nella ali-mentazione.

FerroIl ferro svolge funzioni fondamentali per ilnostro organismo come il trasporto di ossige-no, la generazione degli elementi ematici o laformazione della mielina durante lo sviluppocerebrale.

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Nel corpo umano il ferro è presente in unaquantità di 3-5 g ed è distribuito in 3 compar-timenti:il ferro di deposito, legato alla ferritina edall’emosiderina e meglio valutato dalla con-centrazione della ferritina serica;il ferro di trasporto, legato principalmentealla transferrina e misurato dalla concentra-zione della zinco-protoporfirina eritrocitaria,dalla concentrazione e saturazione dellatransferrina e dalla sideremia;il ferro funzionale, destinato a emoglobina,mioglobina ed enzimi e misurato dalla con-centrazione di emoglobina e dall’ematocrito.

La carenza di ferro è la carenza nutrizionalepiù comune nella popolazione mondiale ed èassociata con una ridotta capacità lavorativa,alterazioni comportamentali, ridotte presta-zioni intellettuali ed alterazioni immunologi-che con ridotta resistenza alle infezioni.Nelle donne in età fertile, le cause più comunidi carenza di ferro sono la perdita di sanguemestruale e la gravidanza. Negli uomini enelle donne in menopausa, le cause più comu-ni sono invece la perdita di sangue gastrointe-stinale ed il malassorbimento. Gruppi arischio includono bambine nel periodo dellapubertà, donne con mestruazioni abbondantie irregolari, vegetariani, pazienti con enteritecronica e persone in sovrappeso. I sintomidella carenza di ferro sono astenia e diminui-ta tolleranza allo sforzo. I segni dell’anemia,spesso presente, comprendono pallore cuta-neo, tachicardia ed ipotensione. Possono esse-

re presenti cheilosi e coilonichia ma è impor-tante sottolineare che può presentarsi anchecome una condizione completamente asinto-matica.Diversi studi pubblicati in letteratura hannoesaminato la relazione tra la carenza di ferroe la perdita di capelli, soprattutto nel sessofemminile. È ormai chiaro che una carenza diferro nell’organismo può essere causale di untelogen effluvium e molti autori hanno ripor-tato che i livelli medi di ferritina in pazienticon alopecia androgenetica e alopecia areatasono inferiori rispetto ai controlli. La cosainteressante è che in questi pazienti i livelli diferritina rientravano nel range di normalità equesto dimostra come i valori considerati nor-mali per la medicina generale spesso includo-no, invece, stati carenziali occulti.Il meccanismo mediante il quale i ridottidepositi di ferro influenzino la perdita deicapelli non è ancora noto. Il ferro è un cofat-tore per la ribonucleotide reduttasi, enzimalimitante per la sintesi del DNA, e la suacarenza potrebbe impedire il corretto funzio-namento di questo enzima con conseguenteinibizione della proliferazione cellulare. Lecellule della matrice del follicolo pilifero sonotra le cellule a più rapida proliferazione nelnostro organismo e possono essere estrema-mente sensibili anche ad una minima riduzio-ne della disponibilità di ferro con conseguen-te rallentata crescita dei capelli. L’inibizionedi altri enzimi ferro-dipendenti presenti nelfollicolo pilifero, come la Stearoyl-CoADesaturasi, la cui mutazione causa la perditadei capelli nei topi, potrebbe pure contribuirealla caduta dei capelli.Secondo una recente indagine sul consumoalimentare medio degli individui, solo unquarto delle ragazze e delle donne soddisfa ladose giornaliera di ferro raccomandata. Laprevenzione primaria della carenza di ferro èottenuta attraverso una corretta alimentazio-

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ne. Il ferro si trova negli alimenti come ferroeme e ferro non-eme. Il ferro eme, che si trovasolo negli alimenti di origine animale ed inparticolare nelle carni magre tipo il manzo,ha una biodisponibilità di circa il 30%, a dif-ferenza del ferro non-eme che ha una biodi-sponibilità inferiore al 10% e si trova soprat-tutto negli alimenti di origine vegetale come ilegumi. Nel cibo il ferro è presente principal-mente in forma ferrica ed è più solubile emeglio assorbito ad un pH inferiore a 3. Ilferro ferroso è più facilmente assorbibile ed èsolubile anche ad un pH di 7-8. Questo puòessere importante in condizioni come l’aclori-dria, l’atrofia gastrica o l’infezione daHelicobacter pylori. L’assorbimento del ferroè un processo attivo che si verifica principal-mente nel duodeno e nel digiuno. Il processodi assorbimento del ferro è aumentato daalcuni elementi come l’acido ascorbico, leproteine della carne, la vitamina A e il β-caro-tene. Viene invece ridotto dalle fibre alimen-tari, dai fitati, da calcio, manganese, zinco,rame, fosfati, ossalati, alcol e polifenoli.È necessario prestare molta attenzione quan-do si interpretano i risultati degli esami ema-tochimici perché questi possono essereinfluenzati da molteplici fattori. Ad esempio,la concentrazione di emoglobina e l’ematocri-to possono essere alterati in molti altri staticome la carenza di folati, carenza di vitaminaB12, talassemia, anemia falciforme, anemiada malattia cronica e insufficienza renale cro-nica ma solo la carenza di ferro provoca con-centrazioni molto basse di ferritina serica edè per questo che questa è considerata il piùpotente strumento di screening per tale condi-zione.La terapia comprende un adeguato apportodietetico e la supplementazione orale fino aquando le riserve di ferro non siano ricostitui-te. Questo può richiedere molti mesi ed ilpaziente dovrebbe poi essere rivalutato ogni

anno. La complicanza più comune della tera-pia con ferro per via orale sono i disturbigastrointestinali come dolori addominali,nausea, vomito e stipsi. Uno dei più importan-ti effetti collaterali è il sovraccarico che com-porta danni ai tessuti fino alla fibrosi. La sup-plementazione eccessiva deve quindi essereevitata, specialmente in pazienti ad altorischio come quelli con emocromatosi eredi-taria o con forme talassemiche.

ZincoLo zinco è l’elemento più abbondantementedistribuito nel corpo umano dopo il ferro.È un micronutriente essenziale per il metabo-lismo umano, è indispensabile per la normalefunzione cellulare e catalizza più di 100 atti-vità enzimatiche. Contribuisce alla formazio-ne della struttura tridimensionale delle pro-teine, regola l’espressione genica, ha proprie-tà antiossidanti ed ha un ruolo importantenella formazione delle ossa, nella maturazio-ne del sistema immunitario, nella riparazionedelle ferite e nella rigenerazione tissutale.Lo zinco viene assorbito nell’intestino tenue esi ritrova in una varietà di alimenti come for-maggi stagionati, carni bovine, carni bianche,pesce e cereali.Una carenza di zinco può presentarsi in casodi malnutrizione, alcolismo, malattie infiam-matorie croniche intestinali e sindromi damalassorbimento.Sono necessari prolungati periodi di carenzaper incidere in maniera sostanziale sui livelli

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ematici di zinco. La sintomatologia è aspecifi-ca e comprende ritardo di crescita, diarrea,alopecia, glossite, distrofia ungueale, deficitimmunitari e ipogonadismo nei maschi.Per quanto riguarda la perdita di capelli, lozinco gioca un importante ruolo funzionalenel ciclo follicolare.Che la carenza di zinco possa essere un fatto-re di disturbo sul ciclo del capello è chiaro dal1990. L’esatta correlazione ed il meccanismod’influenza diretta sulla caduta dei capellinon sono stati ancora stabiliti anche se parepossa catalizzare una serie di attività enzima-tiche che regolano il ciclo pilifero e rappre-senti un potente immunomodulatore follico-lare.Molti studi hanno riportato una correlazionestatisticamente significativa fra la carenza dizinco e patologie tricologiche come l’alopeciaareata e il telogen effluvium.Una volta diagnosticata la carenza ed indivi-duatane la causa, bisogna intervenire poi conuna supplementazione orale da seguire peralmeno sei mesi.Lo zinco è ben tollerato a dosaggi raccoman-dati. Gli effetti avversi si verificano per utilizziad alte dosi a lungo termine ed includono sop-pressione immunitaria, diminuzione dei livel-li di HDL, anemia ipocromica microcitica,carenza di rame e possibili sequele genito-uri-narie. Gli effetti avversi più comuni sonosapore metallico, nausea, vomito, crampiaddominali e diarrea. Lo zinco può inibirel’assorbimento di penicillamina, tetracicline,e chinolonici. Ferro e fitati, presenti in cerealie legumi, possono inibire l’assorbimento dellozinco e devono essere assunti ad almeno dueore di distanza dallo zinco.

RameIl rame è un microelemento necessario per lasopravvivenza ed è un importante fattore cata-litico in funzioni biologiche fondamentaliimportanti per la crescita e lo sviluppo dell’in-tero organismo.Uno studio pubblicato in letteratura ha rivela-to che svolge un ruolo cruciale nella differen-ziazione e proliferazione delle cellule dellapapilla dermica, fibroblasti specializzati cheintervengono nello sviluppo dei follicoli deicapelli. Esiste anche un lavoro che indica unaconcentrazione ridotta di rame nel siero deipazienti affetti da alopecia areata universalerispetto ai controlli.Le fonti alimentari principali sono frutta aguscio, cereali, legumi, pesce e fegato di bovi-no e suino. Il rame viene assorbito dalla dieta principal-mente nel duodeno, anche se si ritiene che unminimo assorbimento avvenga nello stomacoe nella parte distale del piccolo intestino.L’eccesso di rame viene eliminato nelle feci,attraverso la bile o come rame non assorbito,ed in piccole quantità attraverso urina, salivae traspirazione. Alcuni prebiotici naturalmen-te presenti o aggiunti agli alimenti, ad esem-

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pio pectina e inulina, hanno un effetto positi-vo sull’assorbimento del rame. La carenza di rame è molto comune. È statadescritta soprattutto nei bambini in nutrizio-ne parenterale totale senza un’adeguata inte-grazione minerale o in persone con sindromenefrosica persistente che ne aumenta le perdi-te urinarie ma non è raro riscontrarla nellacomune pratica clinica. È correlata ad osteo-porosi, alterata sintesi della melanina, scarsarisposta immunitaria, alterata contrattilitàmiocardica, alterazioni del metabolismo delcolesterolo e glucidico, anomala sintesi dineuropeptidi e disturbi del metabolismo dioligoelementi come ferro e zinco, con i qualicompete per l’assorbimento.Gli effetti avversi sono nausea, vomito e diar-rea, dolori addominali, mal di testa, tachicar-dia, dispnea, anemia emolitica. Generalmenteconseguono ad assunzione eccessiva derivantedalla contaminazione di acque potabili ecibo.

MagnesioIl magnesio è uno ione essenziale per il corpoumano, è il secondo catione intracellulare piùabbondante dopo il potassio ed è coinvolto inoltre 600 reazioni enzimatiche tra cui il meta-bolismo energetico e la sintesi proteica e poli-nucleotidica.La prima dimostrazione di carenza di magne-sio nell’uomo si deve ad Arthur Hirschfeldere Victor Haury e risale al 1934. Da allora que-sto elemento è stato implicato ed utilizzatonel trattamento di una varietà di malattiecome l’emicrania, le malattie cardiovascolaried il diabete.È spesso indicato come il “catione dimentica-to” perché, nonostante la sua importanza siaampiamente riconosciuta, i valori ematicinon sono generalmente determinati nellacomune pratica clinica.Gli alimenti maggiormente ricchi di questo

elemento sono cereali, frutta a guscio, legumie verdure verdi.Secondo recenti statistiche, si stima che alme-no il 60% della popolazione non consumi laquantità giornaliera raccomandata di magne-sio. Parte del problema deriva dal terreno uti-lizzato per l’agricoltura che sta diventandosempre più povero di minerali essenziali.Inoltre, la dieta occidentale contiene piùcereali raffinati e alimenti lavorati in cui l’80-90% del magnesio viene perduto. Cause di ipomagnesemia sono una dieta ina-deguata, vomito, diarrea, alcolismo, formegenetiche, forme da farmaci (diuretici, inibi-tori di pompa protonica, Ciclosporina,Tacrolimus, cisplatino e carboplatino, alcuniantibiotici), malassorbimento intestinale epatologie renali.Il rene e l’osso hanno una grande capacità dicompensare la riduzione dell’assorbimentodel magnesio e solo dopo un impoverimento alungo termine i pazienti possono sviluppareuna ipomagnesiemia clinicamente rilevante.Tuttavia vale anche il contrario e cioè che ipazienti possono essere gravemente carentianche se i livelli sierici sono normali. In que-sto caso, le concentrazioni di magnesio nelleossa e nei tessuti molli saranno gravementediminuite. I valori serici riflettono infatti sol-tanto l’1% del contenuto totale dell’organi-smo e quindi l’impatto clinico di un deficit dimagnesio può essere largamente sottostimato. I sintomi sono aspecifici: depressione, aste-nia, spasmi e crampi muscolari. Solo un grave

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impoverimento può portare ad aritmie cardia-che, tetania e convulsioni. Spesso si associanoipokaliemia ed ipocalcemia. L’ipomagnesiemia, una volta individuata erisolta la causa, è generalmente trattata conuna supplementazione orale. L’assunzioneorale può causare diarrea. Il sovraccarico èuna condizione rara e si presenta con nausea,vomito, letargia ed emicrania. Può anche cau-sare bradicardia, ipotensione e prolungamen-to degli intervalli QRS, PR e QT fino all’asi-stolia e morte per arresto cardiaco.

Vitamina DIn tutto il mondo, c’è un’alta prevalenza dicarenza di vitamina D ed in particolare i sog-getti anziani sono considerati come un grup-po ad alto rischio a causa della loro bassaesposizione solare e della ridotta capacità disintesi cutanea.La classica funzione della vitamina D è diregolare l’omeostasi ed il riassorbimento delcalcio. Essa promuove l’assorbimento del cal-cio a livello intestinale, permette la mineraliz-zazione del tessuto osteoide neoformato nelleossa e svolge un ruolo importante nella fun-zione muscolare. Oltre al suo ruolo ben rico-nosciuto nella salute del sistema muscolo-scheletrico, negli ultimi anni è stato dimostra-to che basse concentrazioni seriche di 25-idrossivitamina D sono associate a molte altrepatologie tra cui il cancro, malattie cardiova-scolari, diabete, declino cognitivo legato all’e-tà, il morbo di Parkinson, la sclerosi multiplae malattie autoimmuni.

Sono molti in letteratura i lavori che correla-no i livelli di vitamina D alla patologia trico-logica. Pare che la molecola entri a fare partedel ciclo follicolare e che la sua carenza, omeglio una sua supplementazione, possainfluenzare il decorso di patologie come iltelogen effluvium e l’alopecia areata.La vitamina D nel corpo può derivare sia dafonti alimentari che dalla sintesi cutaneainnescata dalla esposizione al sole. Una espo-sizione al sole per 5-15 minuti al giorno dimani, viso e braccia dalle ore 10:00 alle ore15:00 nel periodo estivo è considerata suffi-ciente a fornire 1.000 UI di vitamina D. Iraggi UVB stimolano la cute a sintetizzare ilcolecalciferolo che va incontro successivamen-te ad idrossilazione epatica a 25-idrossi vita-mina D e poi ulteriormente nel rene a formabiologicamente attiva, 1,25-diidrossivitaminaD. L’assunzione alimentare di vitamina D ètrascurabile in caso di sufficiente esposizioneal sole ma diventa fondamentale in inverno,in particolare nei soggetti anziani e negliobesi. Gli studi hanno infatti dimostratoun’associazione tra obesità e carenza di vita-mina D, probabilmente dovuta alla lipofiliadella molecola.Le principali fonti alimentari di vitamina Dsono il pesce grasso, le uova, i prodotti lattie-ro-caseari ed alcuni cereali. Importante èanche l’origine e la lavorazione degli alimenti,ad esempio è stato dimostrato che il salmoneselvaggio contiene quasi cinque volte più vita-mina D del salmone d’allevamento.Caratteristiche personali come ad esempio lapigmentazione della pelle, l’età, l’abbiglia-mento, l’uso di creme solari e l’attività fisicaall’aperto possono influire sulla sintesi dellavitamina D. Ad esempio, la melanina assorbei raggi UVB e le persone con pelle più scurarichiedono esposizioni più lunghe per produr-re la stessa quantità di vitamina D delle perso-ne con pelle chiara.

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Va sottolineato che la carenza di vitamina D èfacilmente curabile e quindi una così elevataprevalenza di carenza nel mondo è inaccetta-bile. Il sovraccarico è raro e consegue all’as-sunzione di dosi molto elevate. I segni diintossicazione da vitamina D includono ano-ressia, vomito, emicrania, ipercalcemia conrischio di calcificazione dei tessuti molli epresenza di calcoli urinari di calcio ed in alcu-ni casi insufficienza renale e arresto cardiaco.

Vitamina B12La carenza di vitamina B12 è molto comunenella popolazione generale, la sua prevalenzaè sconosciuta e l’incidenza aumenta con l’a-vanzare dell’età. La vitamina B12 gioca un ruolo fondamenta-le nella sintesi del DNA e nella funzione neu-rologica. La sua carenza, infatti, può portaread un ampio spettro di malattie ematologichee disturbi neuropsichiatrici che spesso posso-no essere invertiti da una diagnosi precoce edun trattamento tempestivo. È una causacomune di anemia macrocitica e, nei casiavanzati, pancitopenia. Sequele neurologicheda carenza di vitamina B12 includono pare-stesia, neuropatia periferica e demielinizza-zione del tratto cortico-spinale e delle colonnedorsali. È stata inoltre correlata a disturbi psi-chiatrici tra cui compromissione della memo-ria, irritabilità, depressione, demenza e psico-si. Può inoltre esercitare effetti cardiovascola-ri indiretti. Una sua carenza produce infattiiperomocisteinemia che è un fattore di

rischio indipendente per la malattia ateroscle-rotica. La comprensione del ciclo di assorbimentodella vitamina B12 aiuta a comprendere lepotenziali cause di carenza. L’ambiente acidodello stomaco facilita il distacco della vitami-na B12 legata al cibo. Il fattore intrinseco,che viene rilasciato dalle cellule parietalidello stomaco, si lega alla vitamina B12 nelduodeno. Questo complesso vitamina B12 -fattore intrinseco permette successivamentel’assorbimento a livello dell’ileo terminale. Inaggiunta a questo modello di assorbimento,esiste anche un sistema alternativo che è indi-pendente dal fattore intrinseco e circa l’1% diuna grande dose orale di vitamina B12 vieneassorbito da questa seconda via che è impor-tante in relazione all’integrazione orale. Unavolta assorbita, la vitamina B12 si lega allatranscobalamina-II e viene trasportata intutto il corpo. L’interruzione di una di questetappe espone la persona a rischio di sviluppa-re una carenza. Le fonti alimentari di vitamina B12 sonoprincipalmente carni e prodotti lattiero-casea-ri. L’assunzione inadeguata a causa di unbasso consumo di alimenti di origine animaleè la principale causa di bassi livelli serici divitamina B-12 negli adulti. Il disturbo classicoda malassorbimento è l’anemia perniciosa,una malattia autoimmune che colpisce le cel-lule parietali gastriche. La distruzione di que-ste cellule limita la produzione del fattoreintrinseco e quindi l’assorbimento della vita-mina B12. Nelle persone anziane il malassor-bimento diventa la causa predominante. Lacondizione è causata da atrofia della mucosagastrica e dalla progressiva perdita di acidogastrico spesso associata all’uso di bloccantidel recettore H2 e inibitori di pompa protoni-ca. Altre eziologie di carenza di vitamina B12,anche se meno comuni, sono interventi chi-rurgici tipo il bypass gastrico, il morbo di

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Whipple, la sindrome di Zollinger-Ellison o ilmorbo di Crohn. Carenze congenite delle pro-teine di trasporto come la transcobalamina-IIsono un’altra rara causa di carenza di vitami-na B12 come anche infestazioni da tenie oaltri parassiti intestinali.È importante sapere che i livelli di omocistei-na possono essere i primi marcatori di unacarenza di vitamina B12, prima ancora che siverifichino manifestazioni ematologiche percui i livelli ematici di vitamina B12 dovrebbe-ro essere controllati anche in pazienti coniperomocisteinemia isolata. La carenza di acido folico può causare livellisierici falsamente ridotti di vitamina B12 per-tanto è necessario interpretare con attenzionei risultati delle indagini di laboratorio vistoche la supplementazione con acido folico inquesti casi potrebbe mascherare una carenzadi vitamina B12 ed aggravare ulteriormenteuna malattia neurologica.Una volta che la carenza di vitamina B12 èconfermata e l’eziologia è accertata, la supple-mentazione per via orale è un trattamentosicuro ed efficace anche in caso di anemiaperniciosa o in altre malattie che colpiscono isiti di assorbimento dell’ileo terminale. Incaso di anemia, la correzione dello stato dicarenza dovrebbe portare ad una marcatareticolocitosi in una o due settimane. In casodi carenza, si consiglia di rivalutare i livelliematici di vitamina B12 due o tre mesi dopol’inizio della terapia.

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Psiche e capelliNicoletta Giaquinta e Andrea Pozza

Firenze

In questo articolo descriviano le condizionipsichiatriche che sono primarie o secondariealla malattia cutanea (Korabel et al., 2008).Jafferany (2007) descrive i principali disturbioggetto della cosiddetta psico-dermatologia.La classificazione oggi comunemente accetta-ta è quella di Koo e Lee (2003) che distinguei disordini psico-dermatologici in:

1. disordini psico-fisiologici;

2. disordini psichiatrici con sintomi dermato-logici;

3. disordini dermatologici con sintomi psi-chiatrici

1. Disordini psico-fisiologiciTra i disturbi psico-fisiologici troviamo malat-tie cutanee quali la psoriasi, la dermatite ato-pica, l’acne escoriata, l’iperidrosi, l’orticaria,le infezioni virali da Herpes simplex, HerpesZoster e Papillomavirus umano.Le malattie indicate non sono causate ma pos-sono essere condizionate in senso negativo dafattori psichiatrici quali ad esempio lo stress.

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2. Disordini psichiatrici con sintomi dermato-logiciLe più comuni malattie psichiatriche conmanifestazioni cutanee includono disturbidell’umore, ansia, disturbo ossessivo-compul-sivo e disturbi deliranti (Korabel et al., 2008).Tra le malattie psichiatriche troviamo infesta-zione delirante, sindrome di riferimento olfat-tivo, disturbo di dismorfismo corporeo, dis-turbo da escoriazione, tricotillomania e der-matite artefatta.

Nel DSM-5 (APA, 2013) il disturbo di dismor-fismo corporeo (o dismorfofobia) è stato inse-rito nella categoria dei disturbi ossessivo com-pulsivi e disturbi correlati e diagnosticato coni seguenti criteri:- preoccupazione per uno o più difetti oimperfezioni percepiti nell’aspetto fisico chenon sono osservabili o appaiono agli altri inmodo lieve; - a un certo punto, durante il corso del distur-bo l’individuo ha messo in atto comportamen-

ti ripetitivi (ad esempio, guardarsi allo spec-chio; curarsi eccessivamente del proprioaspetto; stuzzicarsi la pelle, ricercare rassicu-razioni) o azioni mentali (ad esempio, con-frontare il proprio aspetto fisico con quellodegli altri) in risposta a preoccupazioni legateall’aspetto;- la preoccupazione causa disagio clinicamen-te significativo o compromissione del funzio-namento in ambito sociale, lavorativo o inaltre aree importanti;- la preoccupazione legata all’aspetto non èmeglio giustificata da preoccupazioni legate

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al grasso corporeo o al peso in un individuo icui sintomi soddisfano i criteri diagnostici perun disturbo alimentare.

Alcuni studi epidemiologici hanno riportatouna prevalenza di punto che va da 0,7% a2,4%. Secondo tale prevalenza il disturbo didismorfismo corporeo è dunque più comunedi disturbi come la schizofrenia o l’anoressianervosa (APA, 2000). Il disturbo è presentecon una prevalenza che varia dal 9% al 12%nei pazienti dermatologici, dal 3% al 53% neipazienti sottoposti a interventi di chirurgiaestetica, dall’8% al 37% in soggetti con distur-bo ossessivo compulsivo, dal 10 al 13% neisoggetti con fobia sociale e dal 14% al 42% inquelli con disturbo depressivo maggiore(APA, 2013).

La dismorfofobia comincia solitamentedurante l’adolescenza, l’età media all’esordioè di 16 anni con un decorso cronico, se nonviene trattata. È spesso in comorbilità conaltri disturbi mentali. La più comune è con ildisturbo depressivo maggiore (75%); seguonoi disturbi da uso di sostanze (dal 30% al48,9%); il disturbo ossessivo compulsivo (dal

32% al 33%); la fobia sociale (dal 37% al 39%),i disturbi del comportamento alimentare e idisturbi di personalità (Wilhelm, Phillips,Steketee, 2013).

La tricotillomania è una condizione psichia-trica cronica caratterizzata dal ricorrenteimpulso a strapparsi capelli e/o peli da una opiù aree del corpo con conseguente perdita dicapelli e/o peli e/o diradamento (Woods &Houghton, 2014). Nel DSM IV, la tricotilllo-mania era classificata come un disturbo delcontrollo degli impulsi; oggi tale condizione èinserita nel DSM 5, nella categoria DisturboOssessivo-Compulsivo e Disturbi Correlati.I criteri diagnostici per la diagnosi di tricotil-lomania proposti dal DSM5 sono i seguenti:- Strapparsi ricorrentemente i propri capelli,con conseguente perdita degli stessi; - ripetuti tentativi di ridurre o interromperetale comportamento; - tirarsi i capelli causa disagio clinicamentesignificativo o compromissione dell’areasociale, lavorativa o di altre aree importantidel funzionamento; - strapparsi i capelli o la perdita dei capellinon è attribuibile ad un’altra condizionemedica; - strapparsi i capelli non è meglio spiegato dasintomi di un altro disturbo mentale (APA2013).

A causa delle implicazioni sociali comune-mente il disturbo non è dichiarato da partedei malati ed è quindi difficile prevederne laprevalenza, stimata tra lo 0,6% ed il 4,0%della popolazione mondiale con un rapportomaschi e femmine di circa 1:7, 1:10 a svantag-gio di queste ultime. Questo vale in particolarmodo per i soggetti adolescenti e adulti, men-tre per i bambini il trend sembra invertirsi,con una maggiore prevalenza nei maschirispetto alle femmine. Tra le sue complicazio-

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ni ci sono la tricofagia, ovvero la tendenza aingerire i capelli strappati e anche la tendenzaa strappare peli e capelli di altre persone, dianimali o di oggetti come bambole e peluches.Spesso il gesto è vissuto con vergogna e imba-razzo, pertanto la tricotillomania può pregiu-dicare anche la qualità di vita del soggetto col-pito che cerca di isolarsi socialmente.

Il Disturbo da Escoriazione o skin picking,conosciuto anche con il termine di dermatil-lomania, è una condizione caratterizzata daun ricorrente stuzzicamento della pelle chepuò causare lesioni cutanee e da ripetuti ten-

tativi di ridurre o interrompere tale compor-tamento (American Psychiatric Association,2013). Sebbene questo disturbo sia comparsoin letteratura con differenti denominazionigià dalla fine dell’Ottocento (Grant et al.,2012), ha trovato dignità nosologica solo conl’inclusione nel capitolo sui Disturbi delloSpettro Ossessivo-Compulsivo del DSM-5(American Psychiatric Association, 2013). I criteri diagnostici per la diagnosi di disturboda escoriazione proposti dal DSM-5 sono iseguenti:- Ricorrente stuzzicamento della pelle checausa lesioni cutanee. - Ripetuti tentativi di ridurre o interromperelo stuzzicamento della pelle. - Lo stuzzicamento della pelle causa disagioclinicamente significativo o compromissionedel funzionamento in ambito sociale, lavorati-vo o in altre aree importanti.- Lo stuzzicamento della pelle non è attribui-bile agli effetti fisiologici di una sostanza (peres., cocaina) o di un’altra condizione medica(per es., scabbia).- Lo stuzzicamento della pelle non è megliogiustificato dai sintomi di un altro disturbomentale (per es., deliri o allucinazioni tattiliin un disturbo psicotico, tentativi di migliora-re difetti od imperfezioni percepiti nell’aspet-to nel disturbo di dismorfismo corporeo, ste-reotipie nel disturbo da movimento stereoti-pato o intenzione autolesiva nell’autolesioni-smo non suicidario).Le persone con Disturbo da Escoriazione ten-dono a stuzzicare piccole irregolarità o imper-fezioni della pelle o lesioni cutanee come cica-trici, calli, brufoli o croste derivanti da stuzzi-camenti precedenti (Snorrason, Smári, &Ólafsson, 2010). Le zone più comuni di stuz-zicamento sono le aree più facilmente accessi-bili, come il viso, le braccia, la parte superioredel corpo, le mani, le gambe e le cuticole(Roberts, O’Connore e Bélanger, 2013). Studi

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epidemiologici hanno riportato una prevalen-za life-time nella popolazione generale pari a1,4% (e.g., Snorrason et al., 2010), sebbenealtre ricerche che si sono focalizzate su parti-colari campioni (ad esempio, studenti, pazien-ti dermatologici, comunità) abbiano rilevatouna prevalenza che va dall’1,4% al 5,4% (e.g.Roberts et al., 2013). Anche se i sintomi delDisturbo da Escoriazione possono comparirein varie età, l’esordio è spesso riscontrabile inadolescenza (Grant, Stein, Woods, & Keuthen,2012) e appare più frequente nel sesso femmi-nile (Odlaug et al., 2013; Roberts et al., 2013).

La sindrome di riferimento olfattivo (ORS) èun esempio di un altro disturbo specifico cor-relato ai disturbi ossessivo-compulsivi(Disturbo ossessivo-compulsivo = DOC). Ipazienti con questo disturbo sono preoccupa-ti con angoscia o errata convinzione di emet-tere un odore corporeo offensivo o ripugnan-te, che non è percepito dagli altri. La preoccu-pazione è solitamente accompagnata da com-portamenti ripetitivi (p.es. profumarsi, fare ladoccia eccessivamente). Le comuni ossessionidella sindrome da riferimento olfattivo inclu-dono:

- Esagerato timore di avere un alito estrema-mente cattivo;- Pensieri di avere un cattivo ed evidenteodore anale;- Pensieri di avere un cattivo ed evidenteodore vaginale; - Timori di emanare un cattivo odore datutto il corpo;- Timori di avere un odore innaturale, nonumano o chimico;- Credere che i comportamenti e i commentidi altre persone siano diretti al presunto catti-vo odore (per esempio, la tosse di un’altra per-sona, gli starnuti o il voltare la testa da un’al-tra parte).

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I comportamenti compulsivi della sindromeincludono:- Fare ripetutamente la doccia e altri compor-tamenti di pulizia;- Uso eccessivo di deodoranti, profumi e col-lutori per la bocca;- Controllare ripetutamente la fonte del pre-sunto cattivo odore;- Cercare rassicurazione dagli altri sulla pre-senza di cattivo odore; - Numerose visite dal dottore riferite al catti-vo odore.

Anche l’alitosi è un disturbo comune (75%). Ipazienti in genere si impegnano in comporta-menti ripetitivi per eliminare il presuntoodore (95%) ed evitare situazioni sociali checomporterebbero vergogna e imbarazzo acausa del loro odore percepito (75%).La sindrome è anche tipicamente accompa-gnata da pensiero referenziale (64%) e disagiosignificativo e compromissione funzionale.L’età media di esordio è di 21 anni.Il decorso cronico è segnalato nel 54% deipazienti.I pazienti hanno spesso gravi conseguenze psi-chiatriche attribuite ai sintomi di ORS, com-presi alti tassi di ideazione suicidaria (68%),tentativo di suicidio (32%) e psichiatrico ospe-dalizzazione (53%). Disturbo depressivo mag-giore, fobia sociale, abuso di sostanze, distur-bo ossessivo compulsivo e disturbo di dismor-fismo corporeo sono comuni condizioni dicomorbilità (Thomas et., 2015; Philips &Menard, 2011).

La sindrome di Ekbom o delirio di parassitosirappresenta una psicosi monosintomaticacaratterizzata dalla convinzione delirante delpaziente, contro ogni evidenza, di essere infe-stato da parassiti cutanei. La sindrome colpi-sce particolarmente donne di media età, può

essere l’unica manifestazione di disagio psico-logico o rappresentare uno degli aspetti di unquadro psichiatrico più complesso, compro-mettendo quasi completamente il normalesvolgimento di qualsiasi attività lavorativa e/orapporto sociale (Simonetti et al., 2008).

La dermatite artefatta è una malattia fittiziache vede il paziente, spesso donna, infliggersilesioni cutanee e negare il proprio coinvolgi-mento. La dermatite artefatta il più dellevolte scaturisce come manifestazione di unmalessere soggettivo, con l’intento nella per-sona di evitare problemi comuni, anche moltosemplici, ad esempio per astenersi dal lavoroe molte altre. Le lesioni che il soggetto tendead infliggersi possono essere generate da stru-menti comuni in genere oggetti appuntiti,unghie oppure anche prodotti urticanti ed inbase a questi le lesioni che ne derivano posso-no essere di varia entità: ulcerose, bollose,

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vescicolose e eritematose.Tendono a comparire all’improvviso in sedicutanee sane facilmente raggiungibili e posso-no essere bizzarre come forma e distribuzio-ne. La maggioranza dei pazienti adulti condermatite artefatta risulta affetta da disturboborderline della personalità (Gupta, M. A., &Gupta, A. K, 1996; Gupta, M. A., & Gupta, A.K, 2003)

3. Disordini dermatologici con sintomi psi-chiatriciEsempi di disturbi primariamente dermatolo-gici e secondariamente psichiatrici sono: der-matite atopica, psoriasi, vitiligine, acne, orti-caria, virus dell’herpes e alopecia areata.Questi disturbi riguardano pazienti con pro-blemi emotivi derivanti dalla presenza dimalattie dermatologiche. Il disturbo dermato-logico, pur non determinando pericoli per lavita del paziente, è comunque considerato ingrado di abbassare la sua qualità di vita.

In questa categoria è inclusa l’alopecia area-ta, una perdita di peli che interessa qualun-que parte del corpo. Fattori psicologiciinfluenzano lo sviluppo, l’evoluzione ed iltrattamento dell’alopecia areata. Eventi scate-nanti possono esacerbare la malattia o aggra-varla probabilmente attivando particolarirecettori posti intorno ai follicoli piliferi conconseguente intensa infiammazione locale.Spesso pazienti con alopecia areata possonopresentare sintomi psichiatrici in comorbilitàquali depressione acuta, disturbo d’ansiageneralizzata e stati fobici.

La vitiligine è un particolare tipo di depig-mentazione dell’epidermide. I pazienti affettida vitiligine sono spaventati ed imbarazzatidal loro aspetto, si sentono discriminati e cre-dono di non ricevere adeguato aiuto dallasocietà. Soprattutto i pazienti più giovani oappartenenti a ceti più poveri mostrano scar-sa auto-stima e problemi di adattamentosociale.

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La terapia cognitivo comportamentaleIl trattamento più efficace per i disturbi psi-chiatrici con sintomi dermatologici e per i dis-ordini dermatologici con sintomi psichiatriciè la terapia cognitivo comportamentale.La psicoterapia cognitivo comportamentale(TCC) o in inglese Cognitive BehaviouralTherapy (CBT) è uno specifico orientamentodella psicoterapia. La terapia cognitivo com-portamentale è oggi molto diffusa e conside-rata una modalità di trattamento dimostratavalida ed efficace dal punto di vista scientificoda una considerevole e consolidata mole diricerche empiriche (evidence-based medicine)di carattere internazionale.Ognuno di noi ha modalità tipiche di pensaree agire che possono produrre malessere e que-sti sono il bersaglio della psicoterapia cogniti-vo comportamentale. Spesso non siamo con-sapevoli dei nostri schemi e delle nostre abitu-dini dannose, la psicoterapia cognitivo com-portamentale ha lo scopo di individuarli emodificarli. Questa agisce quindi su emozio-ni, pensieri (o schemi cognitivi).La TCC propone per il trattamento di questidisturbi diversi interventi tra i quali il più dif-fuso è l’Habit Reversal Training (HRT); le tec-niche ACT (Acceptance and CommitmentTherapy), insieme alle tecniche DBT(Dialectical Behaviour Therapy), possonoampliare il raggio di azione terapeutico, aiu-tando il paziente a sviluppare una visionediversa delle proprie esperienze interne,ovviando alla necessità di evitarle, flessibiliz-

zando il sistema e indirizzandolo verso l’accet-tazione, le abilità di mindfulness e l’azioneimpegnata verso ambiti funzionali di vita(Woods, Wetterneck & Flessner, 2006).

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Cosmetologia dei capelliElisabetta Bianchi

Bologna

I capelli sono considerati un ornamento delcorpo legato al dimorfismo sessuale ma inrealtà rappresentano molto di più: in tutte lesocietà sono sempre stati simbolo non solo dibellezza e salute ma anche di forza e virilità.La capigliatura gioca un ruolo di primo pianonell’immagine di sé: è importante quindi nonsolo mantenerla sana, ma anche bella e cura-ta.

In questo capitolo saranno presentati treaspetti di cura del capello: la detersione, i trat-tamenti chimici (tintura, decolorazione e per-manente) i prodotti dopo shampoo (balsami ecreme) con particolare attenzione alle sostan-ze funzionali che hanno lo scopo di riparare idanni del capello secondari a trattamentiimpropri e aggressivi.

Detersioneè il primo, fondamentale momento della curadella persona.Consiste nella rimozione dello sporco sia diorigine endogena (detriti cellulari, secrezionisebacee e sudorali) che esogena (polvere esmog da contaminazione ambientale) che sideposita sulla cute e sui capelli. La scelta delprodotto dipende dalla natura dello sporco da

rimuovere e dalla zona da detergere.I moderni shampoo nascono a livello indu-striale negli anni ‘30: sino ad allora i capellied il cuoio capelluto venivano lavati con sapo-nette solide, questo portava notevoli problemilegati alla pessima capacità lavante del saponein acque dure e al pH alcalino che danneggia-va la cuticola dei capelli rendendoli opachi epolverosi.

Esistono due meccanismi di detersione: peraffinità o solubilizzazione e per tensioattività.

Il primo meccanismo di detersione per affini-tà o solubilizzazione si basa sulla sostituzionedella parte lipidica del film cutaneo (in cui èdepositato lo sporco) con lipidi simili; con ilrisciacquo si eliminano i lipidi con lo sporcoinglobato. Questo tipo di detergenza è allabase degli shampoo-oli, è indicata in presenzadi sebo abbondante o come detersione delica-ta. Ha il vantaggio di non danneggiare ilcapello e di poter quindi essere usata frequen-temente ma è poco apprezzata per il suocarattere scarsamente schiumogeno; il pubbli-co infatti associa la schiuma all’azione lavantee un prodotto poco schiumogeno è ritenuto,erroneamente, poco lavante.

Il secondo meccanismo di detersione per ten-sioattività utilizza tensioattivi cioè sostanzedetergenti che hanno una struttura “ambiva-lente” a doppia affinità che comprende: unaparte lipofila liposolubile che solubilizza losporco e il grasso e una parte idrofila idroso-lubile che consente al tensioattivo di solubiliz-zarsi nell’acqua e portar via i composti grassidurante il risciacquo.

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I tensioattivi sono classificati in 4 gruppi:anionicicationicianfoterinon ionici

Anionici: la parte polare idrofila è caricatanegativamente.Sono i tensioattivi più usati e tra questi i sol-fati sono i più popolari. Si ottengono dallaneutralizzazione di un estere derivante da unalcool grasso con una base quale sodio idros-sido, magnesio idrossido, trietanolammina,formando in questo modo il solfato dell’acidograsso. Poiché mancano di dolcezza vengonoaddizionati con altri tensioattivi per ovviarealla loro aggressività nei confronti della che-ratina.Altri anionici sono dotati di maggiore dolcez-za ma posseggono minor potere detergente eschiumogeno: gli alchileterosolfati, i lipoami-noacidi, i solfosuccinati, gli isetionati, i sarco-sinati…I sulfosuccinati sono utilizzati nella prepara-zione degli shampoo principalmente per laloro delicatezza nei confronti degli occhi eper l’eccellente attività condizionante.Entrano a far parte degli shampoo baby,shampo condizionanti delicati, shampooipoallergenici e antiforfora. Possono esseresostitutivi dei tensioattivi anfoteri grazie alloro basso costo ed alle eccellenti prestazioni.

Cationici: la parte polare idrofila è caricatapositivamente.Hanno modesto potere schiumogeno e deter-gente ma forte affinità per la cheratina delcapello alla quale donano dolcezza e brillan-tezza facilitando lo sbrogliamento dei capellie diminuendo l’elettricità statica. Non sonoutilizzati come detergenti ma entrano nellacomposizione dei prodotti dopo shampoo.

Anfoteri: I tensioattivi anfoteri sono caratte-rizzati dalla presenza, sulla stessa molecola, dientrambe le cariche con formazione di anioniin ambiente basico e cationi in ambienteacido.Sono prodotti che presentano un potere deter-gente elevato, con buone capacità solubiliz-zanti per gli oli, sono ben tollerati a livellocutaneo ed oculare ed hanno una bassa tossi-cità. Vengono spesso associati ai tensioattivianionici al fine di ridurne l’aggressività.Possono essere classificati in: betaine, solfobe-taine, imidazoline e lipoaminoacidi.Un’altra classe molto importante di tensioatti-vi anfoteri è costituita dagli anfoacetati chesono ottimi schiumogeni anche in acquadura, meglio tollerati dalla cute rispetto allebetaine, riducono l’aggressività di alchil ealchileterosolfati (es: Disodio Cocoamfo diace-tato; Sodio Olivamfo acetato).

Non ionici: non hanno carica elettrica.Le caratteristiche salienti dei tensidi non ioni-ci, sono quelle di essere insensibili alle varia-zioni del pH, avere un certo potere viscosiz-zante, schiumogeno e addensante. Sono com-patibili con tutti gli altri tensioattivi visti inprecedenza (anionici, cationici ed anfoteri) evengono impiegati in associazione ad essi. Isaponi non ionici, essendo caratterizzati dauna scarsa aggressività e da una bassa proba-bilità di far insorgere problemi irritativi edallergici, trovano largo impiego nei prodotti

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cosmetici per i bambiniTra i tensioattivi non ionici ricordiamo iTweens (esteri poliossietilenici del sorbitolo),gli eteri di poligliceroli, le alcanolammine

Lo shampoo è schematicamente così costitui-to:

Agente tensioattivo primario 9-15Agente tensioattivo secondario 0,1-5%Agente di controllo viscosità 0,1-5%Stabilizzatore della schiuma 0,1-2%Regolatore di pH 0,1-1%Conservante(i) 0,05-1%Fragranze 0,1-2%Agenti funzionali 0,1-3 %

Lo shampoo è una soluzione acquosa di ten-sioattivi a cui vengono aggiunti componentiche hanno lo scopo di renderlo gradevole e difacile uso.

Il tensioattivo primario costituisce la basedello shampoo, generalmente è un anionico.L’agente tensioattivo secondario è aggiuntoper diminuirne l’aggressività.

Gli agenti di controllo della viscosità sonosostanze con la funzione di rendere menofluido il prodotto, facilitando l’uso ed evitan-do perdite di prodotto durante l’applicazione.In genere sono sostanze di varia natura, daisemplici sali come il sodio cloruro oppurel’ammonio cloruro, oppure gomme vegetali(gomma adragante, xantana ecc) oppure ossi-di di ammine e alcanolammidi.

Il correttore del pH generalmente più usato èl’acido citrico. Aggiunto alla formulazione inbasse concentrazioni ed in genere alla fine, hail solo scopo di aggiustare il pH della formula-zione intorno a pH fisiologici (5,5 – 6,5) in

quanto la presenza elevata di tensioattivinella formulazione tende a far sviluppare alprodotto un pH fortemente basico.

Gli stabilizzatori di schiuma sono costituiti datensioattivi o gomme cellulosiche; aumentanola durata della schiuma.

I conservanti controllano la contaminazionemicrobica.

Le fragranze vengono aggiunte per profuma-re la soluzione, non hanno una reale utilitàma rispondono ad esigenze di mercato : spes-so uno shampoo viene scelto proprio in baseal profumo che emana.

Gli agenti funzionali sono sostanze che confe-riscono allo shampoo altre proprietà oltrequelle lavanti.

Cinque categorie di shampoo

1) Shampoo lavante classico: hanno soloscopo detergente, contengono soprattuttotensioattivi anionici

2) Shampoo cosmetici: posseggono una fun-zione “condizionante” accanto a quella deter-gente, sono studiati per tipi specifici di capel-li.Gli shampoo per capelli secchi donano dolcez-za e facilità alla pettinatura,quelli per capelli grassi ritardano gli effetti diappesantimento legati al grasso dei capelli,gli shampoo per capelli sottili intendonogarantire volume,infine quelli per capelli fragili danno brillan-tezza e morbidezza

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3) Shampoo trattanti specifici: sono formulatiper condizioni patologiche del cuoio capellu-to e/o del capello e presentano nella loro com-posizione molecole farmacologicamente atti-ve. Comprendono gli shampoo antiforfora,antiseborroici e anticaduta.

Shampoo antiforforaDeve avere un’attività antimicotica e un’attivi-tà decapante associata però alla presenza ditensidi delicati al fine di non aggredire un’e-pidermide già irritata. I principi attivi presen-ti negli shampoo antiforfora appartengono adue categorie: sostanze antimicotiche (conazione specifica nei confronti della floramicrobica) e decapanti (azione specifica sullarimozione delle squame).

Antimicotici più utilizzati:ketoconazolociclopiroxzinco pyrithionepiroctone olamina (octopirox)selenium disulfide climbazolo undecilenati

sostanze decapanti: acido salicilicoureacatrami vegetali come l’olio di cade,

di pino, di ginepro e di betulla (si tratta disostanze con proprietà antisettiche ed anti-pruriginose che rallentano la proliferazionecellulare)

zolfo e derivati: posseggono attivitàcheratolitiche e cheratoplastiche ma sonomolto irritanti e quindi oggi vengono utilizza-ti con cautela.

Shampoo antiseborroiciDevono eliminare l’eccesso di sebo ed il pru-rito senza esercitare un’azione detergenteeccessiva e possedere proprietà batteriostati-che/fungistatiche. Nella scelta del detergentesi possono utilizzare le saponine, detergentinon ionici di derivazione vegetale mentre pergli “attivi” possono essere usati catrami vege-tali.

Shampoo anticadutaHanno lo scopo di aiutare la ricrescita deicapelli o di frenarne la caduta; le molecoleaggiunte sono di origine vegetale (beta sitoste-rina, capsico, china, gingseng, luppolo,rosmarino ecc.) ma la loro reale efficacia èmolto bassa dato che rimangono a contattocon il cuoio capelluto solo per il tempo dellavaggio; rispondono però a esigenze di mer-cato.

4) Basi lavanti dolci: gli shampoo dolci sonousati per i bambini e per uso frequente La formulazione di questi shampoo, menodetergenti dei precedenti, si basa sull’utilizzodi tensioattivi dolci e si caratterizzano perl’assenza di aggressività nei confronti delcapello, della cute e degli occhi

5) Shampoo secchi: sono costituiti da unamiscela di polveri destinate ad assorbire ilsebo e ad essere eliminate con la spazzolatura.Danno solo un’apparenza di pulizia e nonvengono quasi più usati.

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Effetti indesiderati dei tensioattivi

I tensioattivi, se troppo aggressivi, possonodanneggiare il cuoio capelluto, provocandoirritazioni e delipidizzazione, ed i capelli chediventano opachi e fragili.

Questo effetto è dovuto all’alcalinizzazionedella miscela detergente che apre le squamedella cuticola, rende il capello più poroso ene diminuisce la lucentezza. La microscopia aluce polarizzata mostra un capello che haperso la colorazione normale e si presentacon colori tendenti al giallo-rosso e che sem-bra più sottile. Si è persa, in parte, la compe-tenza cheratinica

Trattamenti chimici

La tintura per capelli

Il colore naturale dei capelli dipende dallapresenza di pigmenti melanici nei cheratino-citi e nella corteccia.Le melanine prodotte dai melanociti dellamatrice si depositano nella corteccia delcapello, le eumelanine danno origine ai colorinero e marrone, le feomelanine al giallo erosso.La produzione di melanina inizia a diminuireverso i 30/40 anni ed i capelli appaiono quin-di bianchi o grigi.Le tinture nascono inizialmente per coprire icapelli bianchi; oggi sono utilizzate anche percambiare il colore dei capelli e per ravvivare ilproprio colore aggiungendo riflessi.Si distinguono tre tipi di tinture in funzionedella durata della colorazione.

1) colorazione temporaneamodifica solo per alcuni lavaggi il colore natu-rale; utilizza prodotti coloranti che hanno unalto peso molecolare e che si depositano sullacuticola del capello senza penetrarla e vengo-no eliminati con lo shampoo. Sono usate sottoforma di shampoo coloranti o di lozioni doposhampoo.

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2) colorazione semipermanenteha una durata superiore alla colorazione tem-poranea (6/8 lavaggi); ravviva il colore natura-le e maschera i primi capelli bianchi ma nonè in grado di schiarire i capelli. Si tratta diuna colorazione diretta che non richiede alcu-na modifica preliminare o concomitante dellacheratina.

3) colorazione permanenteè la più utilizzata ; consente una modificazio-ne duratura del colore naturale poiché trasfe-risce le molecole coloranti all’interno dellacuticola del capello avvalendosi di una reazio-ne chimica di ossidazione

Se la tintura viene applicata direttamente suicapelli si parla di colorazione diretta; le colo-razioni ad ossidazione sono invece quelle cheutilizzano un agente alcalino (in genereammoniaca) e acqua ossigenata.La distinzione tra i due gruppi è importanteda un punto di vista tricologico per gli effettisui capelli: nel primo caso infatti non vienemodificata la struttura del capello ed il fustonon viene danneggiato, nelle tinture ad ossi-dazione invece l’agente alcalinizzante destrut-tura la cuticola ed il trattamento risulta piùaggressivo. Vediamole più in dettaglio

Colorazione direttaAppartengono a questo gruppo le tinture tem-poranee e semipermanenti cioè quelle in cuinon si usa ossigeno; durano pochi lavaggi econsentono una copertura dei capelli bianchisolo se si usano colori scuri.Si usano molecole coloranti che non sono ingrado di penetrare nelle fibre del capello masi fissano debolmente sulla loro superficie.Per questo motivo non permettono di cambia-re il colore dei capelli ma semplicementedonano una nuova sfumatura al colore natu-

rale. Sono indicate per capelli sfruttati, deli-cati o in soggetti con sensibilizzazione ai colo-ranti.I coloranti presenti in queste tinture diretteappartengono alle seguenti classi:nitro-ammino benzeniammino-antrachinoniindofenolicomplessi organometalliciSono coloranti stabili alla luce, a caratterebasico e perciò dotati di un’elevata affinitàper la fibra del capello. Non penetrano nellacorteccia ma si depositano inalterati sullacuticola, stabilendo con le proteine dei legamisufficientemente saldi da resistere all’azionedell’acqua ma non allo shampoo, perciò siasportano del tutto dopo pochi lavaggi.

Colorazione ad ossidazione- Permanente- Tono su tono

Colorazione ad ossidazione permanenteÈ l’unica in grado di modificare in mododurevole il colore dei capelli e di fornire unaperfetta copertura dei capelli bianchi. È costi-tuita da due prodotti che vanno miscelatiimmediatamente prima dell’uso: l’agentealcalino che contiene i precursori dei coloran-ti ad ossidazione e l’agente ossidante (in gene-re acqua ossigenata)

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Le basi coloranti, che verranno poi ossidate,sono sempre formate da una coppia di reagen-ti: un colorante intermedio primario (p-feni-lendiamina, p-amminofenolo) e un coloranteintermedio secondario detto copulante (1-naf-tolo, m-diammina, m-amminofenolo, resorci-nolo, pirazolone).

Il processo di colorazione avviene attraversovari passaggi: nei primi 10 minuti l’agentealcalino provoca l’apertura delle squame delcapello con penetrazione nella cuticola deiprecursori del pigmento, nei successivi 10minuti l’ossigeno depolimerizza la melaninapresente nel capello e nei dieci minuti succes-sivi avviene la deposizione del colore.

Una volta unite le due parti della tintura(coloranti e ossidante ) avviene una reazionedi ossidazione a carico dell’intermedio prima-rio che viene trasformato in una forma reatti-va che lega l’intermedio secondario o copu-lante. Viene così formata una molecola costi-tuita da due benzeni uniti da un gruppo -NH.La molecola ottenuta viene poi nuovamenteossidata e si forma un indo-colorante ad altopeso molecolare che rimane intrappolatonella fibra del capello conferendo quindi lacolorazione voluta. L’acqua ossigenata permette la formazionedei pigmenti e contemporaneamente decolorail capello distruggendo la melanina. In questomodo il capello viene schiarito e può esserecolorato in una tinta più chiara e diversa daquella naturale. La scelta della concentrazio-ne di acqua ossigenata dipende dal tipo dicolore che si vuole ottenere: di solito si usaacqua ossigenata a bassa concentrazione (10-20% v/v) mentre a maggiore concentrazione(30-40% v/v) si utilizza per schiarire il colorenaturale dei capelli.Al termine del tempo di applicazione i capelli

sono lavati con uno shampoo in modo da eli-minare i residui di pasta colorante. Le tinture ad ossidazione permanente sonosconsigliate in gravidanza e a soggetti allergi-ci: la dermatite allergica da contatto è l’effettocollaterale più frequente. Le sostanze più fre-quentemente coinvolte sono para-fenilendia-mina (P.P.D.), nitro-orto-fenilendiamina,nitro-para-fenilendiamina, 2,5-para-toluendia-mina.

Colorazione ad ossidazione tono su tonoSono chiamate colorazioni ad ossidazionetono su tono quelle che non hanno potereschiarente e colorano i capelli sommandosi alcolore preesistente. Utilizzano sempre lo stes-so meccanismo di ossidazione delle perma-nenti ma sono meno aggressive per il capello,penetrano meno in profondità, durano menoe non consentono di cambiare il colore inmaniera radicale ma solo di qualche tono piùscuro; la copertura dei capelli bianchi avvienesolo se questi non sono troppo numerosi.L’agente alcalinizzante non è più l’ammonia-ca ma l’etanolamina che ha una azione menoaggressiva sul capello ed un minor effetto dirigonfiamento. L’acqua ossigenata è impiega-ta a minor concentrazione, sufficiente perossidare i coloranti ma non per schiarire ilcapello.

La decolorazione

Per schiarire i capelli si utilizza un procedi-mento chiamato decolorazione. È utilizzatoun agente alcalinizzante (in genere ammonia-ca) per sollevare la cuticola ed un agente deco-lorante (in genere acqua ossigenata) che servea disperdere e distruggere la melanina conte-nuta nel capello attraverso un processo diossidazione.

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I capelli contengono 2 tipi di melanina: laeumelanina di colore nero e la feomelanina dicolore rosso. La eumelanina si ossida piùfacilmente e il capello può prendere un colorerossastro se il trattamento non è ben eseguito. Una volta ossidata anche la feomelanina ilcapello prende un colore giallastro che è ilcolore della cheratina. L’agente ossidante nonè quindi usato da solo ma associato ad uncolorante ( di solito un azzurro) per evitarel’effetto giallo paglia e ottenere un colore gra-devole.Le sostanze ossidanti più utilizzate sono - acqua ossigenata- urea peridrolo: un composto di urea e acquaossigenata utilizzato per colpi di luce omeches - persolfato di sodio (rinforzante della decolo-razione)

La decolorazione è un trattamento moltoaggressivo che può danneggiare il capelloanche seguendo tutte le necessarie precauzio-ni. Produce, soprattutto se ripetuto, un dannopermanente alla cuticola le cui squamerimangono sollevate. Il capello diventa poro-so, fragile ed opaco e facilmente si spezza.

Ondulazione permanente

La permanente è un trattamento che ha loscopo di arricciare i capelli attraverso l’utiliz-zo di sostanze chimiche capaci di modificarela struttura della cheratina.Il trattamento può essere diviso in due fasi:

- in un primo tempo, che potremmo definire“riducente”, il capello viene sottoposto all’a-zione di un liquido ondulante, fortementealcalino costituito generalmente da ammonia-ca e da agenti riducenti (tioglicolato di ammo-nio o bisulfiti); gli agenti riducenti rompono iponti disolfuro generando cisteina dalla cisti-na, la cheratina diventa quindi “plastica”epuò essere deformata avvolgendo il capello sudi un bigodino.

- in un secondo tempo, che potremmo definire“ossidante”, dopo un risciacquo la cheratinaviene fissata nella forma voluta da agenti ossi-danti in ambiente acido che ristabiliscono iponti disolfuro. La seconda fase è quindi unareazione di ossidazione. Il liquido di fissaggioè costituito da acqua ossigenata a bassi volu-mi che libera ossigeno; quest’ultimo si unisce

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all’idrogeno legato agli atomi di zolfo e formaacqua. Gli atomi di zolfo liberi si ricombina-no tra di loro rinsaldando nuovi ponti disolfu-ro. L’acidità del liquido di fissaggio contribui-sce alla richiusura delle squame cheratinichedella cuticola.

La permanente è comunque un trattamentoaggressivo che può facilmente danneggiare siale squame della cuticola che la corteccia eprovocare fenomeni di tricorressi e tricoschi-si. In caso di capelli malformati, ad esempiomoniletrix, la rottura dei fusti sarà quasi ine-vitabile.

Prodotti dopo shampoo

Balsamo per capelliIl balsamo è un prodotto per la cura dei capel-li e utilizzato per migliorarne l’aspetto, la bril-lantezza, la pettinabilità, la lubrificazione, laresistenza e la impermeabilizzazione. Altroeffetto principale del balsamo è di ridurre l’e-lettricità statica grazie alla sua capacità “con-dizionante”, cioè neutralizzare le carichenegative presenti sul capello a seguito dellavaggio con tensioattivi.L’uso del balsamo, inoltre, aiuta a ripristinarela perdita di lipidi, in particolare il seborimosso dai lavaggi, con tensioattivi o sham-poo. Tutte le azioni del balsamo, pertanto,aiutano a mantenere integri i capelli a seguitodi aggressioni ambientali o trattamenticosmetici aggressivi.

I capelli sono in grado di assorbire umidità eacqua dall’ambiente esterno, fino al 20% delloro peso. Tale assorbimento induce un rile-vante ingrossamento e allungamento delcapello. Lo scambio continuo di acqua conl’ambiente esterno comporta una continuadeformazione ed indebolimento della struttu-

ra del capello, in particolare del manto squa-moso più esterno: la cuticola. Il balsamo, gra-zie alla sua capacità condizionante, riduce lapermeabilità all’acqua e al vapore acqueofavorendo la parziale impermeabilizzazionedel capello.

Componente molto importante della formula-zione di un balsamo è la fase oleosa, compostaprincipalmente da sostanze emollienti chefungono da lubrificanti, aumentando la scor-revolezza e riducendo la possibilità di dannialla cuticola. Tra gli emollienti più frequente-mente utilizzati nei balsami ci sono i siliconi,anche se di recente si preferisce anche la com-binazione con oli pregiati come olio di avoca-do, jojoba ed argan.

Tipologie di balsamoIn linea generale, la formulazione di un balsa-mo è costituita principalmente da un’emulsio-ne olio in acqua (O/A) anche se si possonotrovare sul mercato anche formulazionimonofasiche come oli o gel.

Esistono, poi, differenti tipologie di formula-zione, in base alla procedura di applicazione:ci sono balsami da applicare prima del lavag-gio, altri dopo lo shampoo, altri ancora sucapello asciutto oppure bagnato. Di norma,però, la formulazione più comune prevedel’applicazione subito dopo il lavaggio su capel-lo ancora bagnato.

I balsami, possono essere anche classificati inbase alla concentrazione di tensioattivi adazione condizionante: infatti, esistono balsa-mi da lasciare in posa per diversi minuti ealtri da rimuovere pochi istanti dopo l’appli-cazione. Questo differenzia principalmenteun balsamo vero e proprio da una mascheraad effetto condizionante. Infatti, mentre i bal-sami vanno risciacquati quasi subito, presen-

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tano una consistenza più fluida e agiscono inmaniera più superficiale, le maschere hannonecessità di tempi di applicazione maggiori,presentano una “texture” più ricca ed hannopertanto maggiore capacità “nutritiva”.

Nella maggior parte dei casi il balsamo varisciacquato ma in alcuni casi esistono alcunetipologie di balsamo senza risciacquo ideatiper sostituire integralmente il balsamo tradi-zionale, adatti a capelli particolarmente gras-si e con una texture molto leggera.

Componenti della formulazione di un balsa-mo- Cere ed emulsionanti: servono ad emulsiona-re la fase acquosa con la fase oleosa ed a for-nire consistenza alla formulazione.- Tensioattivi cationici: sostanze cariche posi-tivamente presenti sia negli shampoo che neibalsami che servono a neutralizzare le caricheanioniche del capello. Grazie a questa attivitàaumentano l’aderenza della cuticola al fustoproteggendola dagli agenti esterni. I tensioat-tivi cationici non presentano proprietà deter-genti e schiumogene, ma solo condizionanti,andando ad interagire con le cariche negativepresenti sulle proteine della pelle e dei capel-li. Il loro impiego è limitato all’utilizzo in pro-dotti cosmetici ad effetto condizionante esostantivante come i balsami per capelli e lemaschere; sono utili anche per eliminare l’e-lettrostaticità dei capelli dopo la detergenza.Alcuni tensioattivi cationici presentano un’e-levata attività antimicrobica grazie al fattoche la loro carica negativa si fissa sulle mem-brane plasmatiche del batterio con conse-guente rottura della cellula. Tra i primi tensioattivi cationici ricordiamo il benzalconio cloruro e il cetiltrimetil ammo-nio bromuro, che presentavano alcuni effettiirritanti, oggi ampiamente superati da ten-

sioattivi cationici di ultima generazione conun elevato profilo di tollerabilità cutanea.- Emollienti, prodotti chimici che lubrificanoe rendono liscia la superficie del capello,riflettendo così anche più luce. Alcuni emol-lienti possono anche penetrare sia la cuticolache la corteccia. Si tratta di oli, lipidi maanche elastomeri o polimeri. Molto spessosono siliconi, come dimeticone, ciclometiconeo dimeticonol. In altri casi si possono utilizza-re oli vegetali nobili e molto leggeri come oliodi jojoba oppure olio di argan, che ricostitui-scono il film lipidico del capello senza appe-santirlo. Lo spessore e la natura del film chesi forma sulla superficie del capello puòanche svolgere la funzione di proteggerlodalle eccessive temperature.- Agenti filmogeni servono a creare una pelli-cola di protezione che diminuisce l’aderenza.Tra questi ad esempio, il polivinilpirrolidone.- Fotoprotettori, filtri UV, usati per prevenireil danno indotto da foto esposizione.L’ossidazione da UV induce degradazionedella cistina, della tirosina e del triptofano delbulbo del pelo. Le sostanze maggiormenteusate sono i benzofenoni e il paba.- Umettanti, il cui compito è quello di tratte-nere l’acqua sulla superficie ed all’interno delcapello. Di solito polialcol, glicerina o saccari-di, glucosio, fruttosio.- Acidificanti, regolatori di acidità utilizzatinormalmente per portare il pH dei balsamivicino al punto isoelettrico del capello (da 2,3a 3,8). In contatto con un ambiente acido, lasuperficie squamosa del capello s’irrigidisce,mentre il legame idrogeno tra le molecole dicheratina è rafforzato.- Chelanti, riducono l’opacità ed il rischio diun residuo calcareo dovuto all’evaporazionedell’acqua.

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Sostanze funzionali e i danni cosmetici delcapello

I capelli possono subire innumerevoli dannisia di tipo fisico (da calore, da trazione ecc.)che di tipo chimico per azione, in questo casodi trattamenti aggressivi come tinture, decolo-razioni e permanenti. I danni principali sono rappresentati da trico-ressi nodosa, tricoptilosi, tricoschisi e “bubblehair”.

La tricoressi nodosa consiste nella presenzalungo il fusto di rigonfiamenti biancastri incorrispondenza dei quali il capello è più fra-gile e tende facilmente alla rottura lasciandoun aspetto a pennello. La chioma nell’insieme si presenta opaca. È un’alterazione comune

che si osserva in seguito a traumi chimico-fisi-ci di media entità.

La tricoptilosi consiste in fissurazioni longitu-dinali del fusto che possono ritrovarsi sianella lunghezza sia a livello terminale dandoorigine alle “ doppie punte”. È un dannomolto frequente secondario a traumatismianche modesti come spazzolature.

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La tricoschisi è invece una frattura trasversaledel capello, non presenta rigonfiamenti ed èsecondaria a traumatismi importanti.

I bubble hair sono capelli che hanno subitoun grave danno e che presentano spazi vuotinel fusto, si spezzano facilmente e interessanogeneralmente le aree occipitali e parietali.

La microscopia a luce polarizzata è utile pervalutare l’entità e la qualità del danno dariparare.

Le sostanze funzionali presenti nei balsami enelle creme hanno la funzione di prevenire eriparare i danni del capello.

- Oli, generalmente di origine vegetale, sonoutilizzati prevalentemente a scopo protettivo,sia per ricostruire lo strato idrofobo di acidigrassi che riveste il capello, sia per ridurre laperdita di proteine che spesso avviene dopotrattamenti di decolorazione, tintura o ondu-

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lazione permanente. Tra i più utilizzati trovia-mo l’olio di ricino, di jojoba, di mandorledolci, di argan e di oliva. Gli oli sono utilizzatisia dopo lo shampoo e lasciati agire per 10/30minuti con funzione di lubrificare i capelli,sia prima dei trattamenti chimici con la fun-zione di diminuire la perdita di proteine.L’industria della cosmesi ha recentementelanciato sul mercato dei condizionanti a basedi 18-MEA (methyl eicosanoic acid) che costi-tuisce il 30/40 % degli acidi grassi che rivesto-no la cuticola.

- Agenti proteici e aminoacidi sono utilizzatiper reintegrare le proteine perdute con i trat-tamenti chimici o con shampoo aggressivi. Siè osservato che i danni da pH alcalino e daossidazione colpiscono la cisteina mentre itrattamenti a ossidazione riducono il conte-nuto di valina, triptofano, serina e lisina.I trattamenti ristrutturanti devono quindicontenere aminoacidi o molecole proteiche.Queste hanno origine animale (come le pro-teine cheratiniche della lana e della seta) ovegetale (come gli idrolizzati proteici dalgrano e dall’avena) sono utilizzati sia nei con-dizionanti istantanei sia in quelli destinati arimanere a contatto con il capello per piùtempo. Questi agenti proteici hanno la capaci-tà di penetrare fino allo strato corticale e, gra-zie al loro contenuto di cistina e altri aminoa-cidi solforati, possono riformare i ponti disol-furo nei capelli danneggiati chimicamente.I capelli “ricondizionati” pur non essendouguali ai capelli intatti naturali riacquistanocompetenza cheratinica.Gli agenti proteici possono essere utilizzatianche sotto forma di glicoproteine che si tro-vano in prodotti polivalenti; questi ultimisono consigliati quando i capelli hanno subitodanni intensi che coinvolgono più strutture.

- Vitamine e antiossidanti sono utilizzati perridurre lo stress ossidativo a livello del capelloa seguito di trattamenti estetici.

Vengono impiegati come antiossidanti il toco-ferolo (vitamina E), il retinolo (vitamina A)come esteri acetato o palmitato. Sono ancheutilizzati composti fenolici (acidi fenolici,acidi polifenolici e flavonoidi) di origine vege-tale. Tutti questi, dopo i trattamenti chimiciriducono la formazione di acido cisteico dacisteina.

Vitamine del gruppo B: tra queste la piridos-sina (B6) che interviene nei processi di sintesie demolizione degli aminoacidi solforati;

Pantenolo, provitamina dell’acido pantoteni-co (Vitamina B5), a livello del capello fornisceuna corretta idratazione essendo in grado difissare l’acqua, questo è ideale per capelli sec-chi e disidratati.

PCA sodico (acido carbossilico pirrolidone)viene utilizzato nei balsami come idratante incombinazione con lattato di sodio o unitoall’arginina che favorisce il deposito di sostan-ze acide nel capello.

Negli ultimi anni, l’industria cosmetica haformulato prodotti ristrutturanti all’arginina(che favorisce il deposito di sostanze acide nelcapello) inseriti nel trattamento chimico, adesempio tinture in cui l’arginina sostituisceuna parte dell’ammoniaca riducendo così idanni da ossidazione. Questo fa parte di unfilone di ricerca cosmetica volto a utilizzareprodotti sempre meno aggressivi che hannouna duplice e importante finalità: dare com-petenza cheratinica al capello e ricostruire labarriera idrofobica della cuticola.

Per mantenere una bella capigliatura è quin-

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di importante usare un detergente nonaggressivo e un condizionante che ricostrui-sca lo strato idrofobico della cuticola e, dopoun trattamento chimico, un prodotto con ami-noacidi o proteine idrolizzate per ripristinarela competenza cheratinica del capello.

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Complessi di cellule progenitriciderivati da unità follicolari

Pietro Gramaglia(Milano)

Ciro De Sio(Roma)

Nell’ultimo decennio diversi approcci tera-peutici che riguardano l’applicazione di meto-diche di medicina rigenerativa al campo delladermatologia sono stati sviluppati e tra di essiuna posizione di interesse è stata ottenuta daun “sistema brevettato e registrato”, cherispetta i criteri di “minimamanipolazione”per le terapie cellulari stilatidalla regolamentazione Europea (Regulationn. 1394/2007 of the European Parliament(EC) and of the Council 13 November 2007on medicines for advanced therapies).I criteri di minima manipolazione cellulare sibasano sull’assunto che “ la stessa funzioneessenziale per una popolazione cellulareimplica che le cellule, quando rimosse dalloro ambiente d’origine nel corpo umano,siano utilizzate per mantenere la loro funzio-ne originaria nella stesso ambiente anatomicoo istologico”.

Tramite un singolo “atto chirurgico”, minimamanipolazione, utilizzo monofunzionale dellecellule “utilizzate per la stessa funzione essen-ziale nella zona ricevente così come nelladonatrice”, ed una manipolazione eseguitacon un dispositivo in condizioni di asepsi, si èquindi in grado di adottare un approccioestremamente conservativo che sulla base direcenti studi clinici dimostra una buonapotenzialità di aumento della densità deicapelli con assenza di effetti collaterali.

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Descrizione della metodicaLa tecnica, basata sulla disaggregazione difrustoli dermici per l’ottenimento ed il rein-nesto di complessi cellulari contenenti celluleprogenitrici, consiste nel prelievo di tessutoderivante da biopsie dermiche ricavate trami-te l’impiego di un punch ( 2 o 3 mm), e nel-l’inserimento del tessuto, da queste ottenuto,in un innovativo device caratterizzato da unagriglia immobile in acciaio inox con circa 100fori esagonali; intorno ad ogni foro sono pre-senti 16 microlame progettate per il taglioefficiente dei tessuti duri e molli.Una volta le unità follicolari sono state inseri-te nel dispositivo, viene addizionato uno spe-cifico volume di soluzione fisiologica sterile(1,2 ml).

Tramite una lama elicoidale il frammento ditessuto prelevato dal paziente viene portato acontatto con le lame a cuspide presenti sullagriglia.

A questo punto la griglia contenente le lamea cuspide ruota con una velocità di 80 rpm(processando il tessuto tramite una disgrega-zione meccanica), ed avviene in questa fasela selezione morfologica delle cellule, garan-tita dalla presenza di microfori del diametrodi 50 µm, al di sotto dei quali precipitanotutte le componenti cellulari aventi unadimensione inferiore.

Disgregazione e selezione morfologica dellecellule, che precipitano in seguito al di sottodella griglia con selettività di 50 µm

Una volta terminata la fase di disgregazionedel tessuto ciò che otteniamo è una sospensio-ne cellulare, la quale viene immediatamenteinfiltrata tramite mesoterapia nella zona rice-vente del paziente, ossia quella che lo specia-lista diagnostica come soggetta a miniaturiz-zazione dei follicoli, rispettando i principibase dell’omologia tissutale.

Gli aghi utilizzati sono dei classici aghi damesoterapia, con una lunghezza di 4 mm (peril raggiungimento del derma profondo) ed undiametro di 30G.

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Studi clinici sull’uomoUno studio condotto da Gentile et al. ha inprimo luogo indentificato tramite microsco-pia le popolazioni cellulari caratterizzanti ilprodotto ottenuto in seguito alla disgregazio-ne delle unità follicolari, ed in secondo luogogli esiti clinici su 10 pazienti.

Caratterizzazione cellulareI complessi di cellule progenitrici così ottenu-ti sono caratterizzati da una popolazione cel-lulare che presenta cellule staminali CD 44+(derivanti dalla papilla dermica) di originemesenchimale in una percentuale del 5% ±0,7% e cellule staminali CD200+ (derivantidal bulge) di origine epiteliale in una percen-tuale del 2,6 % ± 0,3%. Le cellule rimanentisono principalmente rappresentate da fibro-blasti dermici S100+ in una percentuale supe-riore all’85% e in cellule epidermiche in unapercentuale inferiore al 10% ( cellule epitelia-li e melanociti).

Caratterizzazione immunofenotipica di unasospensione di cellule staminali dei follicolinello scalpo umano. Nella figura A si possononotare cellule staminali mesenchimali deriva-te dal follicolo pilifero. Nella figura B sonoinvece presenti staminali epiteliali del follico-lo.

Caratterizzazione cellulare tramite citofluori-metria di massa. A seguito della disgregazionemeccanica, i micro-innesti ottenuti dal dermasono stati inseriti in coltura e dopo 7 giornisono stati analizzati per la positività a markermesenchimali ed ematopoietici, inclusi gliantigeni CD146, CD34 e CD45.

Risultati cliniciDopo 23 settimane dal trattamento, la contamedia e la densità dei capelli sono aumentaterispetto ai valori basali.In particolare si è riscontrato un aumento del29% ± 5% nella densità dei capelli per l’areatrattata, mentre meno dell’1% di incrementonella densità è stato riscontrato per l’area trat-tata con placebo.Prima del trattamento non vi erano differen-ze statistiche nella conta o nella densità deicapelli fra l’area trattata con sistema descrittoed il controllo.

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L’esperienza spagnolaDato che prima dell’introduzione di talemetodica nel mercato Italiano, una numerosacasistica aneddotica viene riportata nel terri-torio spagnolo, riteniamo importante riporta-re gli esiti di un uno studio osservazionale svi-luppato arruolando 17 pazienti e condottodall’Università di Alcalà (Madrid).Di questi 9 erano maschi, di età compresa frai 24 ed i 54 anni, con alopecia androgenetica(3 grado III Hamilton, 2 grado IV Hamilton,3 grado V Hamilton, 1 grado VI Hamilton);8 erano donne, di età compresa fra i 21 e i 58anni, con alopecia femminile (2 pazienti) ocon significativa perdita di capelli ma nessu-na diagnosi di alopecia (6 pazienti).

Fra i criteri di esclusione rientrava l’aver fattouso nei 3 mesi precedenti e nei 3 mesi succes-sivi al trattamento di una terapia topica, oraleo iniettabile per la perdita dei capelli, ad ecce-zione di complessi di vitamine, applicazionetopica di lozioni, shampoo e trattamenti diomeopatia e/o fitoterapia.

Veniva utilizzato un punch del diametro di 2mm per il prelievo bioptico, ed eseguitoo unsingolo trattamento.

A distanza di 30 giorni dal trattamento è stataeseguita una visita di controllo, durante laquale sono state fatte foto macroscopiche edermatoscopiche per valutare variazioni nellospessore dei capelli, un test di caduta deicapelli ed una biopsia per una valutazioneistologica.

A livello istologico si è riscontrato:

Test di immunoistochimica con marcaturacon Ki-67. Caso pre-trattamento (a sinistra) epost-trattamento (a destra). Si può notare l’au-mento della colorazione a livello nucleare(color marrone).

Ki-67 è un anticorpo monoclonale che identi-fica un antigene nucleare presente nelle cellu-le che si trovano nella fase proliferativa delciclo follicolare. Se si riscontrano alti livelli dicolorazione di Ki-67, significa che il tessuto èin fase proliferativa. Nello studio in questionel’aumento di espressione di cellule positiveper Ki-67 è un indice di aumentata replicazio-ne a livello del follicolo pilifero

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Test di immunoistochimica con CD34. Casopre-trattamento ( in alto) e post-trattamento(sotto). Si può notare un lieve incremento deivasi.

L’antigene CD34 è una proteina transmem-brana che viene rilevata nell’endotelio vasco-lare, pertanto marcherà le strutture vascolariche esistono intorno al follicolo, valutando intal modo un eventuale aumento della prolife-razione dei vasi nei casi trattati con il sistemadescritto.

Test di immunoistochimica con Vimentina

Caso pre-trattamento (in alto) e post-tratta-mento (sotto). Si può notare l’aumento dellacolorazione a livello dermico.

La vimentina è un anticorpo che riconosce unfilamento intermedio di 57 kDa, che si trovain diverse cellule (melanociti, cellule linfoidi,cellule endoteliali e fibroblasti).L’aumento di questa colorazione nel tessutoindica un aumento dei fibroblasti e del colla-gene perifollicolare.

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Risultati clinici

Grado di soddisfazione del paziente:

Scala di soddisfazione dei pazienti:

In conclusione, considerata la scarsità deidati, la presenza di errori ed il breve lasso ditempo intercorso fra l’intervento terapeuticoed il monitoraggio (soltanto 30 giorni), unavalutazione oggettiva per quanto concerne ladensità dei capelli non può essere eseguita.Tuttavia la media nelle misurazioni del cali-bro dei capelli risulta aumentata a 30 giornirispetto alla situazione pre-trattamento, edanche il conteggio nel test di caduta risultainferiore a seguito del trattamento.Altri studi randomizzati controllati, con uncampione più ampio, un gruppo di controllotrattato con placebo, metodi analitici più pre-cisi ed una proiezione temporale maggioresono necessari per assicurare che il sistemadescritto induca un miglioramento nell’AGA.

Vantaggi rispetto ad altre metodiche per l’im-piego di terapie rigenerative cellulari

Un’importante caratteristica del prodotto otte-nuto è l’alta vitalità delle cellule ricavate,dimostrata da diversi studi clinici in vitro.

Tale vitalità è stata dimostrata essere del 90%,cifra da considerarsi molto elevata e dovuta aiveloci ( 2 min) tempi di processazione del tes-suto.Con l’impiego di metodiche precedenti a quel-la da noi utilizzata, il tasso di vitalità cellulareera estremamente ridotto, e ciò era dovutoall’esecuzione dei seguenti step:1)Taglio chirurgico del tessuto donatore incampioni di 1 mm di spessore/grandezza2) Digestione enzimatica/chimica o disgrega-zione manuale3) Filtraggioche aumentavano considerevolmente il tempodi permanenza delle cellule al di fuori delproprio ambiente.

Analisi citofluorimetrica eseguita su un pooldi cellule ottenute da frammentazione mecca-nica dell’ipoderma e del tessuto adiposo dallaregione occipitale di due pazienti. 1) vitalitàdelle cellule; 2) Gating per cellule CD146 eCD34 per mettere in evidenza la presenza dicellule staminali mesenchimali derivate daltessuto adiposo.

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