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DPSIR: uno strumento di analisi ambientale studi...

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studi & ricerche DPSIR: uno strumento di analisi ambientale applicabile a fini gestionali Lucia Naviglio Mario Castorina Fabio Barbato Sandro Paci Marco Sbrana Antonella Signorini ENEA, Dipartimento Biotecnologie, Agroindustria e Protezione della Salute DPSIR: An Environmental Analysis Tool Useful for Management Purposes Used as a reference model to collect and process environmental data, the DPSIR framework could allow decision-makers to better understand the relationships between the environment and human activities. It could also help them arrange all information, assess criticalities and identify priorities with a view to making strategies and action plans more effective and focused on local needs L’uso dello schema logico DPSIR nella raccolta ed elaborazione dei dati ambientali potrebbe permettere al Decisore politico di meglio comprendere le relazioni fra ambiente e attività antropica, organizzare le informazioni, valutare le criticità e classificare le priorità, con l’obiettivo di predisporre strategie e piani d’azione maggiormente efficaci e centrati sulle esigenze locali ENERGIA, AMBIENTE E INNOVAZIONE 5/2009 85 l’intervista primo piano riflettore su studi & ricerche
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DPSIR: uno strumentodi analisi ambientaleapplicabile a finigestionaliLucia NaviglioMario CastorinaFabio BarbatoSandro PaciMarco SbranaAntonella Signorini

ENEA, Dipartimento Biotecnologie, Agroindustria e Protezione della Salute

DPSIR: An EnvironmentalAnalysis Tool Useful

for Management Purposes Used as a reference model to collect and processenvironmental data, the DPSIR framework could allowdecision-makers to better understand the relationshipsbetween the environment and human activities. It couldalso help them arrange all information, assess criticalitiesand identify priorities with a view to making strategiesand action plans more effective and focused on local needs

L’uso dello schema logico DPSIRnella raccolta ed elaborazionedei dati ambientali potrebbepermettere al Decisore politico di meglio comprendere lerelazioni fra ambiente e attivitàantropica, organizzare le informazioni, valutare le criticità e classificare le priorità, con l’obiettivo di predisporre strategie e piani d’azione maggiormenteefficaci e centrati sulle esigenze locali

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l’intervistaprimo piano riflettore su studi& ricerche

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Tra gli schemi logici utilizzabili per la rac-colta dei dati ambientali ai fini gestio-nali uno di quelli più interessanti è loschema DPSIR (Driving Forces, Pressures,State, Impact, Responses, in italiano De-terminanti, Pressioni, Stato, Impatto, Ri-sposte).Lo schema DPSIR, proposto dall’AgenziaEuropea per l’Ambiente (EEA) nel 1999e adottato dall’ex Agenzia Nazionale perl’Ambiente (ora ISPRA), è un approcciometodologico utile per descrivere le pro-blematiche ambientali di un territorio at-traverso la rappresentazione di opportu-ni indicatori e per valutare le maggioricriticità ambientali da affrontare nei pro-grammi di miglioramento dello stato del-l’ambiente (Bowen and Riley, 2003; Reko-lainen et al. 2003).Come ogni schema concettuale, anche loschema DPSIR presenta dei limiti, in quan-to delimita e categorizza le dinamicheambientali e sociali di un territorio chesono ben più complesse.Ciò nonostante, questo schema logicoconsente alle autorità territoriali un ap-proccio specificatamente orientato a met-tere in evidenza le criticità ai fini dellapredisposizione di programmi di miglio-ramento della qualità ambientale e dellavalutazione dell’efficacia delle politiche.Questa esigenza è resa attuale ed urgen-te dall’avvicinarsi delle scadenze previsteper i traguardi di miglioramento dellaqualità dell’ambiente dal 6° Programmad’azione in campo ambientale della Co-munità europea (6EAP) e dalla Direttivaquadro in materia di acque (WFD).Lo schema DPSIR non è un modello, maun approccio che agevola la ricerca di re-lazioni di causa-effetto nelle problema-tiche ambientali (Karageorgis et al. 2006);spesso tale ricerca è uno degli obiettividei programmi di miglioramento.L’approccio DPSIR è spesso citato comeschema di riferimento nei rapporti sullostato dell’ambiente effettuati a vario tito-

lo, tuttavia uno studio congiunto ENEA-ISPRA (Naviglio et al. 2009) riguardante ilreporting ambientale delle aree protette(progetto PAESI, Protected Areas and Envi-ronmentally Sustainable Initiatives) ha po-tuto documentare con dati quantitativil’entità dello scollamento tra i risultati del-le analisi ambientali e le azioni program-mate nei piani di gestione e nei program-mi di miglioramento adottati. La mancanza di relazione diretta tra i“piani di azione” e i risultati degli studiambientali e, in particolare, la mancataindividuazione dei rapporti tra le pro-blematiche ambientali e le pressioni chele determinano sono comuni all’applica-zione di vari strumenti gestionali. Nel la-voro citato, realizzato specificatamenteper le aree protette, si è potuto constata-re come il problema interessi trasversal-mente sia i Piani di gestione dei parchi,sia i rapporti sullo stato dell’ambienteelaborati nell’ambito dei processi diAgenda 21 locale, per l’applicazione del-la Carta Europea per il Turismo Sostenibi-le o per la certificazione ambientale (ISO14001/EMAS).Ovviamente il problema ha carattere ge-nerale e non riguarda solo i parchi. Adesempio, anche nella maggior parte deirapporti sullo stato dell’ambiente elabo-rati per le Agende 21 locali da Comuni,Province, Regioni e altro, sebbene si siaconsolidato lo sforzo di rappresentare idati sotto forma di indicatori e di attribuir-li alle categorie dello schema DPSIR, man-ca sempre un passaggio essenziale chepermetterebbe di dare valore a tutto il la-voro fatto. È spesso assente, infatti, unavalutazione che metta in relazione gli in-dicatori tra loro e che dia un “peso” rela-tivo alle varie problematiche ambientaliriuscendo, così, a “classificarle” e a indivi-duare le priorità con cui gli interventi deb-bano essere attuati per dare risoluzione,con maggiore tempestività, a problemipiù significativi.

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positivo (azioni di prevenzione e recu-pero) o negativo (inquinamento e de-grado ambientale).Lo schema DPSIR si basa su una strutturadi relazioni causali che legano tra loro isuddetti elementi (figura 2).• Determinanti (es. settori economici, at-

tività umane);• Pressioni (es. emissioni in acqua e in at-

mosfera, produzione di rifiuti, o conta-minanti, alienazioni del suolo, approv-vigionamento di materia prima, emun-gimenti e derivazioni, interazione con lavegetazione);

• Stato (es. qualità fisiche, chimiche, bio-logiche, ecologiche) delle risorse am-bientali;

• Impatti (es. sulla struttura e le funzionidegli ecosistemi, sulla salute umana);

• Risposte (es. politiche ambientali e set-toriali, prescrizioni normative, azioni dibonifica e ripopolamenti ecc.).

Le caratteristiche dell’approccio così de-lineate permettono, attraverso l’elabora-zione di indicatori adeguati, di metterein relazione lo stato e la qualità ambien-tale con le pressioni, individuare le criti-

In tale contesto, il presente lavoro, ha unduplice obiettivo:• mostrare le potenzialità e la complessità

di un uso accurato dello schema DPSIR; • offrire, sulla base di tale schema, una

sintetica analisi critica degli studi am-bientali.

La logica applicativa delloschema DPSIR

Le scelte gestionali dovrebbero essere fi-nalizzate a garantire il mantenimento e ilmiglioramento della qualità delle risorseambientali e, quindi, a promuovere tuttequelle attività che nella loro attuazioneesercitino su tali risorse pressioni inferiorialla loro capacità di recupero, la così det-ta “capacità di carico”. In ogni territorio possono essere indivi-duate due categorie di elementi da met-tere in relazione tra loro: le risorse am-bientali e l’insieme delle pressioni (di ori-gine naturale o antropica) esercitate sudi esse (figura 1).Le pressioni sono originate dalle attivitàumane nell’ambito di processi ben defini-ti, cioè di percorsi che hanno un’origine,una loro modalità di propagazione e unoo più target ambientali. Le pressioni originate da cause naturali(cambiamento climatico, frane e alluvioni,terremoti, vulcani ecc.) pongono, nondi-meno, problemi di previsione e percezio-ne del rischio, adattamento e mitigazionea chi deve gestire il territorio.Ecco, allora, che il gestore di un territo-rio che si ponga la domanda “Che de-vo fare?” dovrà analizzare e valutarequali attività umane abbiano effetti sul-le risorse da gestire e da tutelare e, so-prattutto, quali siano i processi che leriguardano, cioè in quale modo le atti-vità individuate creino perturbazioni al-lo stato dell’ambiente e possano quindiimpattare sugli habitat e sulle specieoggetto di tutela. L’impatto può essere

Figura 1Origine delle problematiche ambientaliFonte: ENEA

Pressioni di origine antropicautilizzo risorse, occupazione delsuolo, uso di sostanze chimiche,taglio boschi, caccia, prelievi ac-que, emissione di reflui, com-bustione, produzione rifiuti ecc.

Pressioni di origine naturaleclima, tipologie dei suoli, emis-sioni da vulcani, rischi idrogeo-logici ecc.

Risorse ambientalicapacità di carico

Conseguenze negative sulla salute e la qualità delle risorse

Cosa fare?

menti, ma possono incidere anche sullepressioni diminuendone l’intensità o, an-cora, direttamente sullo stato dell’ambien-te attraverso interventi di riqualificazionee restauro ambientale.Le risposte sono normalmente oggetto diun piano di intervento a breve e lungo ter-mine che, a seconda dello strumento a cuisi fa riferimento, acquisisce un nome di-verso (piano di azione locale, programmaambientale, piano di interventi ecc.).Talvolta gli studi ambientali, di fatto, se-guono una logica DPSIR, sebbene non vene sia evidenza nei documenti finali, espesso gli indicatori sono inclusi in sistemiinformativi territoriali così da poter esserefacilmente aggiornati, gestiti e utilizzati.Molto più spesso, però, gli studi fornisco-no informazioni solo su parti dello sche-ma, così che diventa impossibile formularerisposte coerenti con le cause dei proble-mi e comprendere come interagiscono leattività antropiche.Quando gli studi ambientali sono finaliz-zati a identificare le migliori forme di ge-stione per combinare lo sviluppo econo-mico e sociale con la tutela delle risorse na-

cità più rilevanti e, quindi, proporre rispo-ste adeguate.Chi redige ed usa lo schema DPSIR? La ri-sposta è che dovrebbero essere tutti queisoggetti che il D. Lgs. 152/2006 individua(Art. 5 commi o, q, r, s) rispettivamentecome “autorità competenti”, “pubblico”e “pubblico e soggetti interessati” rispet-to ad una specifica problematica ambien-tale. L’utilizzo dell’approccio presuppo-ne, quindi, un percorso di coinvolgimen-to e partecipazione.È importante mettere in evidenza cheuno stesso tipo di pressione può avereconseguenze più o meno negative (o an-che non averne) su un target ambientale,a seconda delle caratteristiche propriedell’ecosistema interessato, cioè della suacapacità di carico. Analogamente, unostesso tipo di impatto può scaturire dapressioni originate da cause molto diver-se tra loro.Anche le risposte possono essere di variotipo: possono incidere modificando il mo-do con cui le attività vengono condotte(incidenza sui determinanti), ad esempiocon la produzione di normative o regola-

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Figura 2Lo schema DPSIRFonte: Ministero dell’Ambiente

Cause generatriciprimarie• agricoltura• industria• trasporti• ecc.

Risposte• leggi• piani• prescrizioni• ecc.

Impatto• sulla salute• sugli ecosistemi• danni economici• ecc.

Pressioni• emissioni atmosferiche• riduzione rifiuti• scarichi industriali in corpi idrici• ecc.

Stato e tendenze• qualità dell’aria• qualità delle acque• qualità dei suoli• biodiversità• ecc.

interventistrutturali

interventi prescrittivi/

tecnologici

(tecnologie pulite, limiti e

missivi…)

Bonif

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Determinanti Risposte

Pressioni Impatti

Stato

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parti ambientali diversi, a seconda della fa-se di lavorazione: aratura, irrigazione, pro-tezione delle piante dai parassiti ecc. Infunzione della scala di dettaglio a cui si la-vora, ognuna di queste fasi di lavorazio-ne, o processi, potrebbe essere considera-ta, a sua volta, un determinante.Per mettere in evidenza, da un punto divista qualitativo, le relazioni tra indica-tori dei determinanti, di pressione, di sta-to e di impatto, che precedono logica-mente la predisposizione di risposte, il-lustriamo con un esempio alcune proble-matiche relative alla qualità dell’aria edell’acqua (tabelle 1-2).Da un esame dei casi riportati nelle due ta-belle, seppure presentati con la genericitàche appartiene a un “esempio”, si posso-no trarre le seguenti considerazioni:a) è evidente che diverse categorie di de-

terminanti concorrono, ciascuno per lapropria parte, ad esercitare la stessa pres-sione sull’ambiente: tali contributi posso-no essere stimati separatamente nel cor-so dell’analisi ambientale e possono es-sere stimate le pressioni parziali deter-minate da ciascuna filiera o settore. Lepressioni parziali consentono di indivi-duare i determinanti maggiormente re-sponsabili per un dato tipo di pressione.Inoltre, una volta stabilito il “peso” delsettore/filiera nel determinare una pres-sione, questa potrebbe essere ulterior-mente frammentata dall’analisi degliaspetti ambientali delle unità organiz-zative (imprese, Comuni) che apparten-gono al determinante in questione. Unapressione, infatti, è sempre anonima, nelsenso che è originata da una pluralitàdi soggetti o di cause. Quando, invece,sono identificabili i diretti responsabilidella pressione si parla di “aspetti am-bientali” di determinati soggetti. Inun’ottica di gestione del territorio per ilmiglioramento ambientale, il processodi analisi è utile per identificare rispostemirate e puntuali, centrate almeno sul

turali non è sempre necessario raccoglie-re qualsiasi genere di informazione sui te-mi che riguardano l’ambiente. Vanno in-vece raccolte solo le informazioni idoneea mettere in relazione l’andamento deglielementi dello schema. Si tratta, infatti, diselezionare solo gli indicatori adatti a mo-nitorare le criticità nel tempo, per potercorrere ai ripari al primo allarme, primache gli impatti potenziali, o un aggrava-mento di quelli esistenti, si possano realiz-zare. Ciò comporta una grande economiadi risorse e rende la gestione più efficace.Le informazioni possono essere sia di tipoqualitativo sia quantitativo. Un dato qua-litativo si limita a fornire una informazionegenerica, non contestualizzabile nel tempoe nello spazio (ad esempio: l’elenco deglihabitat e delle specie presenti nel territo-rio). Un dato quantitativo e georeferen-ziato, invece, è molto più facilmente mo-nitorabile e utilizzabile ai fini gestionali. Gli indicatori suggeriti dallo schema DPSIRsi riferiscono ad entità misurabili ed espri-mono una visione sintetica del fenomenoche si intende rappresentare e monitora-re. In letteratura sono proposte diverse li-ste di indicatori (Castorina et al., 2003).Di norma un indicatore, per essere efficace,dovrebbe essere, oltre che rappresentati-vo del fenomeno in esame:• quantificabile (numero, percentuale, rango);• facilmente rilevabile;• riproducibile (chiunque effettui la misu-

ra con la metodologia definita deve ot-tenere lo stesso risultato);

• georeferenziato, ove riferito a dati spa-ziali;

• scientificamente corretto.Le attività antropiche, in quanto determi-nanti, sono caratterizzate da indicatori chele descrivono e da indicatori di pressioneriferite ai processi operativi in atto. Le ri-sorse ambientali sono caratterizzate da in-dicatori di stato e di impatto. Per esempio, l’agricoltura è un determi-nante che può esercitare pressioni su com-

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Tabella 2 - Esempio di schema DPSI per l’inquinamento dei corsi d’acqua

Fonte: ENEA

Descrizione delprocesso di origine D P S I

Produzione di reflui da usocivile

Produzione di reflui diorigine industriale

Produzione di reflui diorigine agricola

Stima della popolazioneinteressata nei vari mesidell’anno

Registro degli scarichi edegli abitanti equivalenti (AE)

Individuazione degli scarichipuntuali e diffusi e stimadegli AE

Presenza ed efficienza degliimpianti di depurazione (AEtrattati/AE stimati)Efficienza degli impianti ditrattamento e diagrammatemporale dei flussi di portataStima dei carichi inquinantidurante i mesi dell’anno

Misura della qualità del corsod’acqua (SECA, IBE, IFF, ma-crodescrittori, macrofite ecc.)

Riduzione del n. di taxa presentinel corso d’acquaTrend delle concentrazione in ac-qua di inquinantiMonitoraggio ossigeno discioltoe/o numero di episodi di anossiaDiminuzione della biodiversità edella funzionalità dell’ecosistemaEpisodi di deflusso inferiore al mi-nimo vitale causati dalla intermit-tenza degli scarichi industriali rela-tivi a prese sotterranee o deriva-zioni di notevole portata

Tabella 1 - Esempio di schema DPSI per l’inquinamento atmosferico

Fonte: ENEA

Descrizione delprocesso di origine D P S I

Inquinamento atmosfericocausato dal trafficoveicolareInquinamento atmosfericocausato dagli impianti diriscaldamentoInquinamento atmosfericodi origine industriale

Inquinamento atmosfericodi origine agricola

Andamento della mobilità:stima del tipo e numero diveicoli circolantiNumero di caldaiecertificate e calorieteoriche totaliConta del numero deicamini e delle emissioniautorizzateSuperficie agricolautilizzata e superfici diambienti in serra riscaldati

Stima degli inquinanti(t/anno) emessi nelperiodo di riferimentoStima degli inquinanti(t/anno) emessi nelperiodo di riferimentoStima degli inquinanti(t/anno) emessi nelperiodo di riferimentoStima dei fertilizzantiazotati impiegati (t/anno)e delle emissioni dariscaldamento nel periododi riferimento

Stima degli inquinanti(t/anno) emessi nelperiodo di riferimentoStima degli inquinanti(t/anno) emessi nelperiodo di riferimentoStima degli inquinanti(t/anno) emessi nelperiodo di riferimentoStima dei fertilizzantiazotati impiegati (t/anno)e delle emissioni dariscaldamento nel periododi riferimentoRilevamenti della qualitàdell’aria effettuati daARPA e altre autoritàcompetenti

Trend dei superamenti dei limitiprevisti dalla normativaRiduzione areale dei lichenisensibili all’inquinamentoAndamento tassi di incidenza dipatologie polmonariConcentrazione in aria di sostanzetossiche e nocive

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bersaglio. Per esempio, un ecosistemadi ridotte dimensioni, e magari ancheframmentato, è maggiormente vulne-rabile di un altro che sia esteso e com-patto. A parità di tipologia, alcuni am-bienti ospitano specie più vulnerabili adeterminate tipologie di pressione, al-cune popolazioni possono essere più fra-gili di altre simili a fonti di disturbo par-ticolari ecc. I gestori del territorio, per-tanto, debbono valutare la significati-vità degli impatti mettendo nel contonon soltanto la rilevanza delle pressio-ni integrate, ma anche le sensibilità e levulnerabilità dei bersagli ambientali. Èaltrettanto evidente che, a parità di tut-te le altre condizioni, l’importanza delbene minacciato, in termini culturali enaturalistici, concorre a stabilire la signi-ficatività delle pressioni;

e) gli indicatori dello schema DPSIR, oltrea fornire una lettura correlata deglieventi rilevabili nel territorio sotto for-ma di cause ed effetti e a preludere aun’efficace pianificazione, fornisconoanche lo strumento per la predisposizio-ne e la valutazione del successivo moni-toraggio. Essi possono essere utilizzati,oltre che per la prevenzione e mitiga-zione degli impatti, anche per misurarel’adattamento del territorio ai cambia-menti globali.

In conclusione, l’approccio DPSIR può esse-re qualcosa di più di un semplice schemaper la corretta redazione di report ambien-tali, ma può costituire un utile strumentoper usare al meglio le conoscenze sul ter-ritorio in vista della programmazione, del-la pianificazione e della gestione degli inter-venti. Infatti, oltre a rappresentare in modoschematico la storia e gli andamenti degliimpatti, esso permette ai responsabili dellagestione del territorio di individuare le ri-sposte adeguate per il miglioramento con-tinuo della qualità ambientale.In questo senso, lo schema DPSIR non èpiù solo un quadro di riferimento ma, no-

distretto o sulla filiera che concorre auna data pressione (tipo: obiettivi e tra-guardi ambientali condivisi da impresee cittadini, piani di azione locale, siste-mi di gestione ambientale ecc.);

b)non tutte le pressioni sono consideratenello schema DPSIR: rimangono spessoescluse quelle che sono riferibili a causenaturali o ad effetti globali delle attivitàumane, come i cambiamenti del clima,l’esaurirsi delle materie prime e la pro-duzione di ozono atmosferico. Inoltre,gli effetti di una perturbazione ambien-tale originata localmente possono esse-re amplificati o moderati da fattori am-bientali esterni come, per esempio, lavelocità, la quota e la direzione dei ven-ti, i flussi idrici in entrata nel territorio,le attività umane che si svolgono “amonte” delle correnti dei fiumi ecc. Ciònondimeno, questi effetti potrebberoessere oggetto di misure di adattamen-to e mitigazione e, pertanto, entrare afar parte del “pacchetto di risposte” chedevono essere predisposte dalle auto-rità ambientali;

c) gli effetti delle pressioni, cioè gli impattireali o potenziali, sono cumulativi: lepressioni si integrano attraverso il mezzoche le connette all’ambiente bersaglio.Per evitare stime grossolane o allarmiambientali non giustificati, sarebbe per-tanto necessario che fossero georeferen-ziate sia le caratteristiche dell’ambientebersaglio, sia le fonti di inquinamento,così come dovrebbero esserlo anche lecaratteristiche del mezzo attraverso ilquale le pressioni si integrano (per esem-pio: le caratteristiche dei bacini scolanti,in termini di idrografia, permeabilità, ru-scellamento, evapotraspirazione);

d) le pressioni possono dar luogo ad im-patti più o meno significativi. Infatti, aparità di rilevanza di una data pressio-ne (in termini di intensità, frequenza,nocività, durata), le probabilità di im-patto dipendono dalla sensibilità del

sa, senza che vi sia alcuna analisi dellerelazioni tra gli indicatori;

• in molti processi di Agenda 21 si evinceche le attività dei Forum e l’analisi am-bientale sono state svolte parallelamen-te. Ciò sta ad indicare che il pubblicointeressato ha discusso le problemati-che ambientali indipendentemente dal-la caratterizzazione e valutazione of-ferta dall’analisi. Ne sono così conse-guiti piani d’azione che non fanno al-cun riferimento puntuale a quanto evi-denziato dai rapporti di analisi ambien-tale e può accadere che prevedanoazioni che non affrontano le criticitàpiù rilevanti;

• le criticità ambientali e le priorità pre-se in considerazione nel Piano di azio-ne locale non si basano su una valuta-zione dell’entità degli impatti, cioè del-le relazioni tra indicatori di stato e dipressione. Ciò non permette di dimo-strare con oggettività il contributo rela-tivo delle pressioni causate da deter-minanti diversi e che si cumulano traloro nel provocare un impatto su unadata matrice ambientale e, quindi, suquale attività antropica ci si debba con-centrare con interventi di sensibilizza-zione, comunicazione, pianificazioneal fine di migliorare le prestazioni am-bientali (ridurre le pressioni).

In linea generale, quindi, il processo diAgenda 21 soffre della mancanza di rife-rimenti operativi specifici che permetta-no, non solo di contrastare gli impatti,ma anche di mantenere e tenere sottocontrollo l’evoluzione del processo e lasua efficacia. Non è un caso che molti en-ti che lo hanno intrapreso si siano poi do-tati di un sistema di gestione ambientaleper poterne gestire la reale applicazionee controllare l’evoluzione del processo dimiglioramento.I sistemi di gestione ambientale, sono re-golati dalla norma internazionale UNI ENISO 14001 e dal regolamento comunitario

nostante i suoi limiti (es. Carr et al., 2007),comuni a tutti gli schemi logici, può di-ventare un valido aiuto per una gestio-ne coerente del territorio.

Gli studi ambientalinell’applicazione di alcunistrumenti gestionali e lo schemaDPSIR

Di seguito si riporta una breve sintesi dicome si collocano gli studi ambientali nel-lo sviluppo di strumenti volontari per lasostenibilità o di piani di gestione di areeprotette.Nell’ambito del processo di Agenda 21locale l’analisi ambientale produce unRapporto sullo Stato dell’Ambiente (oRelazione sullo Stato dell’Ambiente). Ilsuo scopo è quello di riassumere le infor-mazioni sullo stato dell’ambiente natura-le e socioeconomico in modo tale che isoggetti coinvolti nel previsto Forum ab-biano a disposizione gli elementi utiliper redigere il Piano di Azione Locale.Gli studi e il conseguente Rapporto,quindi, sono finalizzati a comunicare al-le parti interessate i dati e le conoscen-ze sull’ambiente e a guidare la discussio-ne e il confronto tra soggetti pubblici eprivati su un piano oggettivo, tecnico edocumentato.L’ISPRA (ex APAT) ha proposto per la pri-ma volta l’uso dello schema DPSIR pro-prio per i Rapporti sullo Stato dell’Am-biente nei processi di Agenda 21 locale.L’ENEA, con una indagine a campione,ha raccolto ed esaminato i rapporti am-bientali prodotti da alcuni enti pubblici(Comuni, Province, Comunità montane,aree protette) che hanno intrapreso unprocesso di Agenda 21 locale. I risultatihanno evidenziato che:• sebbene le informazioni siano raccol-

te e catalogate attraverso indicatori chefanno riferimento allo schema DPSIR,la classificazione rimane fine a sé stes-

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ritenuti riservati e non consultabili;• una scarsa attenzione, anche nella Di-

chiarazione Ambientale, all’analisi del-l’ambiente locale e all’individuazionedi indicatori sullo stato dell’ambientee delle risorse naturali soggette allepressioni antropiche. In questo modola significatività degli impatti è statavalutata in termini teorici piuttosto chesulla reale condizione del territorio;

• i metodi di valutazione si sono basatitroppo spesso su criteri soggettivi, suexpertise più che su riferimenti speci-fici e su dati quantificati.

I problemi riscontrati rendono discutibilii criteri per la valutazione della significa-tività degli impatti che, come è stato evi-denziato nel precedente paragrafo, so-no strettamente connessi alle caratteri-stiche dell’ambiente locale (cumulativitàdelle pressioni e vulnerabilità/importanzadei bersagli dell’impatto).In Italia esistono esperienze di applica-zione dei sistemi di gestione ambientalead aree protette che hanno cercato di ov-viare a questi problemi. Ad esempio, nel-l’ambito del progetto “Parchi in qualità”(http://qualitypark.casaccia.enea.it), com-missionato all’ENEA dal Ministero del-l’Ambiente e della Tutela del Territorio edel Mare, è stata messa a punto una li-nea guida specifica per l’applicazione deisistemi di gestione ambientale alle areeprotette, con il coinvolgimento dell’en-te di normazione italiano (UNI), di quellodi accreditamento (SINCERT), degli entidi certificazione, di rappresentanti dellearee protette e delle associazioni ambien-taliste (Naviglio et al., 2001; SINCERT,2004). Nelle linee guida l’approccio DPSIRè stato suggerito come schema concet-tuale di riferimento per l’analisi ambien-tale (Bruzzesi et al., 2002).La Carta Europea per il Turismo Sosteni-bile (CETS) è la trasposizione della CartaMondiale per il Turismo Sostenibile, ela-borata nel 1995 a Lanzarote (Canarie),

EMAS (761/2001) e prevedono che un’or-ganizzazione (impresa o ente pubblico)individui gli obiettivi prioritari per il mi-glioramento delle proprie prestazioni am-bientali sulla base di un’analisi, l’analisiambientale, atta a mettere in evidenzale maggiori criticità dell’organizzazione,nonché a individuare gli indicatori da mo-nitorare nel tempo per verificare l’effica-cia del Programma Ambientale. Il rego-lamento EMAS, che fa della trasparenzaun elemento di forza, richiede che tuttii dati siano resi pubblici attraverso un do-cumento, un report ambientale denomi-nato Dichiarazione Ambientale.Un problema di fondo nell’applicazionedi questo strumento risiede nell’interpre-tazione del termine “ambiente”. Poichésia la norma ISO 14001 sia il regolamentoEMAS sono scaturiti dall’esigenza di di-minuire la rilevanza delle pressioni eser-citate dai grandi impianti industriali sul-l’ambiente in generale, anche i requisiti ei suggerimenti operativi risentono forte-mente di questa impostazione e, moltospesso, nella sua applicazione non ci sisofferma a comprendere quale sia la rea-le relazione tra le attività svolte e gli spe-cifici comparti dell’ambiente locale (Na-viglio, Chiellino, 2003).Questo limite è particolarmente rilevan-te nel caso dell’applicazione del sistemadi gestione ambientale ad un ente pub-blico, come un Comune o un ente Parco,che hanno la responsabilità della gestio-ne di un intero ambito territoriale e so-no responsabili di ben poche (in propor-zione) attività che generano pressioni sul-l’ambiente.I problemi frequentemente riscontratinell’analisi dei report ambientali elabo-rati nell’ambito dei processi di certifica-zione/registrazione ambientale effettua-ta per il citato lavoro che l’ENEA ha svol-to per l’ISPRA sono stati:• una scarsa disponibilità dei dati pro-

dotti dagli studi di analisi ambientale,

stenti tra il turismo e la qualità delle ri-sorse ambientali alla cui tutela e al cuimiglioramento, in fondo, la Carta è fi-nalizzata. Non solo, si preoccupanomolto poco della cumulatività dellepressioni originate dal turismo conquelle di altre attività antropiche.

Una esperienza di applicazione della Car-ta Europea per il Turismo Sostenibile chetenesse conto dello schema DPSIR è statacondotta nell’ambito di un progetto In-terreg IIIB Archimed, progettato e segui-to dal punto di vista tecnico-scientificodall’ENEA nel 2005-2007, il progetto Ar-chicharter:(http://infosig3.frascati.enea.it/archicharter) (Naviglio, 2007 a e b).Uno strumento di pianificazione obbli-gatorio per le aree protette è il Piano peril Parco, previsto dalla Legge Quadro na-zionale 394/91 e dalle leggi regionali. Ilpiano deve disciplinare l’organizzazionegenerale del territorio individuando lezone (zonizzazione) con diverso regimed’uso, i vincoli e i regolamenti attuativiin riferimento alle varie aree. Esso descri-ve anche i sistemi di accessibilità al terri-torio protetto, nonché le infrastrutturee i servizi necessari per la gestione e for-nisce gli indirizzi e i criteri per gli inter-venti sulla flora, sulla fauna e sull’am-biente in generale.La redazione dei Piani si è dimostrata unprocesso molto complesso che richiedetempi molto lunghi e prevede la parte-cipazione del pubblico interessato. Il pro-cesso spesso è focalizzato sugli strumen-ti urbanistici e scollegato dai problemispecifici posti dalla conservazione in re-lazione alle attività umane. Nel reportingdei parchi la pianificazione appare tal-volta autonoma rispetto alle conoscenzee alle problematiche emerse negli studiambientali. Non solo, gli studi ambienta-li sono stati spesso realizzati in tempi di-versi e con metodologie non confrontabi-li tra di loro, per cui diventa impossibile

per adattarla alle specifiche esigenze del-le aree protette. Europarc, la Federazio-ne dei Parchi europei (Federation of Na-ture and National Parks of Europe) è ilsoggetto promotore e di controllo delleadesioni alla Carta. La sezione italianadi Europarc è rappresentata da Feder-parchi, la federazione delle aree protet-te italiane.Obiettivo della CETS è quello di promuo-vere nei parchi un turismo che trovi pro-prio nella conservazione delle risorse na-turali la sua motivazione e la sua origi-ne. Ne consegue che le forme di turismopromosse nell’ambito della CETS, che sirivolge tanto ai Parchi quanto agli altrienti locali e ai privati, con particolare ri-guardo agli operatori del turismo, devo-no essere economicamente valide e so-cialmente ammissibili, ma compatibili conil mantenimento della qualità delle risor-se naturali.Il report ambientale richiesto dalla CETSsi chiama Rapporto Diagnostico ed è fi-nalizzato a mettere a disposizione deglioperatori turistici, del Parco e di eventua-li altre parti interessate, le informazioniutili a definire il Piano di Azione per ilTurismo Sostenibile.I problemi riscontrati analizzando le ap-plicazioni della Carta Europea sono:• la qualità dell’ambiente è troppo spes-

so valutata sulla base della percezio-ne che ne hanno i turisti o altri sog-getti intervistati, senza l’acquisizionedi dati oggettivi, scientificamente va-lidi e raccolti da soggetti competenti.È noto che ciò che una persona perce-pisce dipende dalla sua cultura e vipossono essere differenze notevoli trala qualità percepita e quella reale emisurabile;

• gli studi, e quindi i report, si sofferma-no molto sulle dinamiche dell’offertae della domanda turistica, sicuramen-te importanti in questo contesto, maapprofondiscono poco le relazioni esi-

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DPSIR: uno strumento di analisi ambientale applicabile a fini gestionali

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Conclusioni

L’analisi dei rapporti prodotti da vari en-ti territoriali in relazione all’obiettivo dimigliorare la qualità ambientale del ter-ritorio gestito, ha evidenziato una sostan-ziale mancanza di collegamento tra i ri-sultati degli studi e la pianificazione del-le attività di salvaguardia e di recuperodell’ambiente.Un collegamento più puntuale tra causeed effetti consentirebbe una più accura-ta ed efficiente valutazione delle conse-guenze delle attività umane sulle risorsenaturali e, dunque, la preparazione dipiani d’azione maggiormente centratisulle priorità locali e comprendenti un ef-ficace monitoraggio dello stato dell’am-biente da conservare e migliorare. Loschema DPSIR consente un approccio pre-liminare utile all’identificazione delle re-lazioni causali che interessano le proble-matiche ambientali e alla discussione cri-tica tra le parti interessate.Si ritiene che gli enti locali, le autorità didistretto idrografico e gli enti parco sa-rebbero molto avvantaggiati dall’uso del-lo schema DPSIR che, se applicato corret-tamente, sarebbe in grado di soddisfarele esigenze poste dalla gestione del terri-torio, specie in un quadro di limitate ri-sorse finanziarie, dove si richiede che gliinterventi siano mirati alla soluzione deiproblemi ambientali maggiormente si-gnificativi con il coinvolgimento delle par-ti interessate.L’approccio proposto, infatti, non si limi-ta alla classificazione degli indicatori, mafornisce una chiave di lettura, seppuresemplificata, delle complesse dinamicheche si svolgono in un territorio. L’approccio DPSIR è in grado di indirizzarela ricerca di relazioni di tipo causale tra irilevamenti eseguiti sull’ambiente dai di-versi soggetti istituzionalmente compe-tenti (ARPA, Province, Comuni, ASL, entiparco, enti di bonifica, autorità di distret-

mettere in correlazione informazioni trapressioni e stato dell’ambiente. Ecco, quindi, che il disporre di dati nu-merici, adeguatamente aggregati, ag-giornabili, correlati e rappresentabili gra-ficamente, aiuterebbe molto la comunica-zione e faciliterebbe i processi partecipa-tivi, abbassando il livello dei conflitti epredisponendo tutti alla collaborazione,con conseguente accorciamento dei tem-pi di approvazione del piano stesso (Ca-storina et al., 2004).Non molto diversa è la situazione dei Pia-ni di gestione dei siti di importanza co-munitaria e delle zone speciali di conser-vazione della rete Natura 2000 (SIC/ZPS).In base alla Direttiva Habitat (92/43/CEE)tutti i siti della Rete Natura 2000 devo-no essere dotati di piani di gestione attia garantire la tutela e un uso sostenibiledegli habitat di interesse comunitario edegli ambienti in cui vivono le specie chehanno motivato la stessa istituzione delSIC/ZPS.La Valutazione di Incidenza, obbligato-ria in base alla direttiva citata, non puòessere redatta in maniera idonea se nonsi conoscono, a scala adatta alla dimen-sione degli habitat, sia le caratteristichedegli ambienti e delle specie (stato diconservazione, vulnerabilità, importan-za biogeografica e per la conservazione),sia le pressioni cumulative a cui tali risor-se possono essere esposte, nonché i pos-sibili impatti (Castorina et al., 2008). An-cora una volta, quindi, una base conosci-tiva realmente utile può basarsi su un ap-proccio di tipo DPSIR. L’approccio DPSIR,in mancanza di veri e propri Piani di Ge-stione dei SIC/ZPS, può essere proficua-mente utilizzato per proporre modelligestionali che contemplino la conviven-za di attività produttive ecocompatibilicon il soddisfacente mantenimento del-la qualità ambientale in questo generedi siti protetti (Barbato et al., 2007; Sche-ren et al. 2004).

interessato. L’adozione di un tale schemasemplifica e agevola anche i processi diconsultazione previsti per legge nelle pro-cedure per la salvaguardia dell’ambiente(VAS, VIA e valutazioni di incidenza).

to idrografico ecc.) e le attività umane svol-te sul territorio, mettendo nel conto l’im-portanza relativa dei valori naturali pre-senti. Inoltre, esso costituisce un efficacestrumento di comunicazione col pubblico

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