E p BEATO ZOO! - Vatican News...grano è dorato e tutt’intorno risuona-no i canti delle...

ELiSA pALAgi

illustrazioni diFiLippO SASSòLi

BEATO ZOO!storie di animali e santi

BEaTo Zoo!storIe dI anImalI e santI

EliSa palagi

IllustrazIonI dIFilippo SaSSòli

© 2016 – Libreria Editrice Vaticana 00120 Città del VaticanoTel. 06.698.45780 – Fax 06.698.84716 www.libreriaeditricevaticana.vawww.vatican.va

ISBN 978-88-209-9859-2

Introduzione .......................................................5

Lo sciame e la bambinaAmicizia di una vita tra le api e santa Rita ....................................8Fratello lupoSan Francesco riporta la pace a Gubbio ....................................................18Antonella ritorna alla fonteLa trota e san Francesco da Paola ................30Quattro piccoli cardelliniUn nido nel cappuccio di san Karilef ..............................................40Un cane per amicoReste in aiuto di san Rocco.........................50Un orso per destrieroSan Romedio e il suo mansuetoaccompagnatore..........................................60Il corvo provvidenzialeSan Benedetto sfugge al velenograzie all’amico pennuto .............................70Una guardia del corpo a quattro zampeSan Giovanni Bosco e il Grigio...................80Sorella gattucciaSanta Chiara e la micia del convento...............................................92

3

IndIce

n rapporto di affetto, persino terapeutico,lega gli umani agli animali. A volte glianimali sono per gli uomini amici che liaccompagnano, altre volte sono esseri fra-gili da proteggere, altre ancora sono aiu-tanti fondamentali per superare un peri-colo o un ostacolo.

Questo è valido, ancor di più, per isanti, che nella relazione con l’animaleesprimono in modo evidente la loro con-sonanza con il creato. L’accordo totale,spesso prodigioso, che lega i santi agli ani-mali incontrati nel corso delle loro vite,esalta la loro qualità “sovrumana”. Li av-vicina a Dio, mettendo in luce la loro fa-cilità nel comunicare con un mondo lecui logiche possono sfuggire alle personecomuni, magari abituate a fare i conticon i vizi, con il materialismo che invadela società, con l’apparenza che governaogni interazione.

5

u

IntroduzIone

Le vite dei santi che ci sono state tra-mandate traboccano di episodi che vedo-no gli animali protagonisti. Queste storie,tra leggenda, agiografia, realtà e fantasia,ci fanno incontrare uomini speciali, chesenza pregiudizi si mettono in relazionecon altri esseri viventi. Così facendo fan-no risplendere le proprie doti e si presen-tano ai giovani lettori come esempi di tol-leranza, semplicità e generosità. Glianimali non perdono la loro natura, avolte feroce, altre volte quanto meno sel-vatica. Attraverso le parole e i disegni, isanti e gli animali rendono vivi i valoridel rispetto della natura, della condivisio-ne nella diversità e dell’amicizia disinte-ressata.

I nove racconti fantastici illustrati, atratti realistici, di questo libro sono collo-cati nella geografia perlopiù italiana.Dalla Calabria dove san Francesco diPaola fa amicizia con la trota Antonellaalla Val di Non, in Trentino, dove sanRomedio viaggia a cavallo dell’orso, pas-sando per l’Umbria dove santa Rita da

6Introduzione

Cascia neonata assaggia il miele che leapi le depositano direttamente in bocca.Attraverso la campagna piacentina, dovesan Rocco sopravvive grazie all’aiuto delcane Reste, passando per il Lazio, neipendii scoscesi attorno a Subiaco, dovesan Benedetto si allea con un corvo persfuggire al veleno. Con una puntata ol-tralpe, nella campagna francese dove sanKarilef ospita un nido di cardellini nelsuo cappuccio. Dai paesaggi nebbiosi pie-montesi, dove san Giovanni Bosco puòcontare sull’amico Grigio, fino alla terradi san Francesco e santa Chiara e dei lorofratelli animali, ancora l’Umbria. Unastoria dopo l’altra, alternati tra loro, in-contriamo animali della foresta, amici aquattro zampe che vivono in casa, uccellie pesci.

7Introduzione

8

hi ha pauradelle api? C’èqualcunoche sispaven-ta quan-do sente un ronzio e scopreun piccolo insetto giallo e nero nellevicinanze. Anche perché le api non so-no certo animali solitari e a volte arri-vano in grup-po, creando

un po’ di scompiglio. Vivono in fa-miglie numerose, dette sciami, chepossono comprendere anche 60milaindividui. Lo sciame abita di solito in

lo sciame

amIcIzIa dI una vIta tra le apI

c

9lo sciame e la bambina

un’arnia, dove ognuno svolge il suocompito. Ci sono i fuchi, la regina e leoperaie. Questeultime, nel corsodella loro vita, pu-liscono l’alveare,lo scaldano o rin-frescano a secondadelle stagioni e

e la bambina

e santa rIta

delle necessità della famiglia, nutronole larve, raccolgono nettare, polline,acqua e propoli, difendono l’arnia dainemici con il loro pungiglione, cheusano solo in caso di estrema necessità.

Basta pensare alla loro capacità dicollaborazione per trovarle affascinanti.Anche l’aspetto colorato e allegro lerende creature davvero simpatiche.

L’ape ha tre paia di zampe e un cor-po suddiviso in tre parti. Il capo ètriangolare, con due nere antenne cheservono per captare i profumi e i ru-mori e due occhi sporgenti, grandi earrotondati. L’addome, a strisce gialle enere, termina con il pungiglione. Lezampe sono nere e ricoperte di pelettiappuntiti come aghi, tra i quali si rac-coglie il polline durante la ricerca di ci-bo sui fiori. Da sempre le api sono pre-ziose per l’uomo, perché produconomiele, cera, pappa reale e propoli. Os-servarle mentre volano di fiore in fioreper fare rifornimento, o mentre lavora-no l’una vicinissima all’altra nell’arnia,

10 lo sciame e la bambina

è un bel passatempoall’aria aperta. E senon sono disturbate,non rappresentanoalcun peri-colo.

Non le disturba certo una bambinaneonata, nella campagna umbra, cheriposa in una cesta sulla riva ombrosadel fiume Corno. I genitori sono pocolontano a lavorare nei campi e hannosistemato al fresco la loro creatura atte-sa tanto a lungo. È la fine di maggio, iltempo della mietitura, il sole è alto, ilgrano è dorato e tutt’intorno risuona-no i canti delle spigolatrici. La piccola



Rita dorme beata, sul suo volto le lab-bra socchiuse disegnano un sorriso e lanatura sembra gioire della sua bellezzaperfetta. Piano piano si avvicina allaculla un piccolo sciame di api di colorechiaro, che avvolge la bimba ronzando-le attorno. Qualche ape si posa delica-tamente sulla suapelle liscissima, qual-cun’altra addiritturale entra un momen-to in bocca per farleassaggiare una gocciadi miele. Santa Ritasi sveglia e sembradeliziata da questavisita. L’espressionesul suo visino è dol-ce e calma.


A un tratto il giocodegli insetti con la

bimba in fasce vie-ne interrotto dal-

l’arrivo di unuomo ferito.Sopraggiungecorrendo dai

campi diretto aCascia in cercadi aiuto. Si è ta-gliato una manocon la falce, staperdendo moltosangue e ha bi-sogno di essere

medicato al piùpresto. Sul suocammino nota lapiccola Rita e la

sua insolita compagniaronzante. Preoccu-pato che le api pos-sano pungere labambina, d’istintoagita su di loro la


mano sanguinante per scacciarle. Unmomento dopo, come per incanto, lasua ferita è guarita! Niente più sanguee niente più dolore. I genitori di Rita,arrivati nel frattempo alla cesta, capi-scono subito di avere una figlia prodi-giosa, che sarà buona, generosa e capa-ce di grandi azioni.

La vita di santa Rita non è statafacile, ma le api le sono sempre stateaccanto, persino dopo la sua morte.

Un giorno il Papa Urbano VII,devoto della santa e deside-

roso di conoscere me-glio le suepiccole

amiche


operose, si fece inviare un’ape in unapiccola urna di cristallo. La osservò, lelegò intorno al corpo un sottile e lun-ghissimo filo di seta e lalasciò libera. L’insettovolò dritto dritto fino aCascia, tornando da san-ta Rita da cui si era sepa-rato poco volentieri.Quando, ormai anziana,Rita morì, uno sciame diapi scure si presentò alsuo funerale per salutar-la. E anche oggi, a Ca-scia, le api continuanoad abitare nel Monaste-ro di clausura dove santaRita visse per 40 anni.Al suo interno, dallaparte opposta al pozzo,si può notare un murocon dei piccoli fori. Lìdentro vive uno sciamedi api murarie, di colorescuro, che in primaveraescono dai buchi della


parete alla ricerca di qualche fiore perpoi tornare a rifugiarsi nel nido delconvento di santa Rita.


ape,genere apis, famigliaapidae, unico generedella tribù degli apini.

Santa rita è nata a cascia il 22 maggio del 1381ed è morta,sempre a cascia,66 anni dopo,il 22 maggio 1447.

18

l lupo, che spavento! Lo troviamo nellafavola di Cappuccetto Rosso e ci terro-rizza: malvagio e pericoloso, arriva colbuio e si pappa la bella bambina. Cosìci abituiamo a pensare che sia ostile e

Fratello

san Francesco rIporta

I

19Fratello lupo

dannoso per gli umani. Anche perchéil suo aspetto incute timore: pesa unaquarantina di chili, è muscoloso, haocchi penetranti e fauci potentissime.Ma sono queste buone ragioni per

lupo

la pace a GubbIo

odiare un animale maestoso e perfinoun po’ timido?

Il lupo è innocuo per l’uomo, se ri-spettato e non infastidito. Spesso, vera-mente, è lui a essere impaurito dallanostra presenza. Della stessa specie delcane, e del tutto simile al migliore ami-co dell’uomo, il lupo è un mammiferoaffascinante, capace di percorrere inmedia 60 km ogni notte, individuarecon l’olfatto un ani-male a quasi 3.000

20 Fratello lupo

metri di distanza controvento, udirel’ululato di altri lupi da circa 10 km.

Al limitare della città di Gubbio, frale dolci colline dell’Umbria, un lupoenorme si aggira per le campagne. Èun inverno di ghiaccio, la neve imbian-ca i boschi e tutta la selvaggina se nesta rintanata per proteggersi dal gelo. Ilgrosso animale è l’unico sopravvissutodel suo branco e si trova da solo ad af-

21Fratello lupo

frontare le insidie della stagione fredda.Sempre più affamato, si avvicina allecase in cerca di cibo. Sbrana polli, gal-line, pecore e attacca gli uomini checercano di difendere il proprio bestia-me. Pur non cibandosi di carne uma-

22 Fratello lupo

na, il grande lupo grigio comincia adavventarsi anche sugli uomini che in-contra sul suo cammino, accecato dallafame e dalla solitudine.

Gli abitanti di Gubbio sono nel pa-nico ed escono malvolentieri dalle lorocase. I bambini non possono giocareall’aperto e gli uomini si muovono ar-mati di pesanti fucili. Sono sospese lefeste, i ritrovi, le passeggiate. Tutti te-mono che il lupo arrivi dalla foresta epiombi come una furia sulla città di-struggendo ogni cosa e mettendo a ri-schio la vita delle famiglie.

Un giorno arriva a Gubbio il fratepoverello di Assisi. È san Francesco, ungiovane che ha abbandonato tutte lericchezze per vivere in povertà, in co-munione con Dio e con la natura.

Tutti gli esseri viventi, per France-sco, sono alla pari e meritano amore erispetto.

Gli animali, con la loro esistenza,con i suoni e i movimenti caratteristici,contribuiscono a lodare Dio in un can-

23Fratello lupo

24 Fratello lupo

to corale di gioia. Svolazzare, scodinzo-lare, galoppare, fare le capriole nell’ac-qua: nella vita degli animali Francescoriconosce la bellezza e la pienezza del-l’armonia del creato. Come se fosserofratelli e sorelle, Francesco parla contutti loro. Gli uccelli lo ascoltano e glirispondono cinguettando, le cicalecantano assieme a lui, il falco gli fa vi-sita al mattino svolazzandogli attornoper svegliarlo, gli asini lo caricano peraiutarlo a spostarsi quando è stanco eammalato. San Francesco rispetta la li-bertà di ognuno di loro e li ama perquello che sono, compresi i loro istinti.Umile e convinto della bontà di tuttigli esseri viventi, Francesco non hapaura nemmeno del terribile lupo diGubbio.

Vuole riportare la pace nella città edecide di parlare con il lupo. Tutti cer-cano di fermarlo: per comunicare conuna belva feroce sta rischiando la vita.Ma Francesco è sereno, e si incamminaverso la foresta. «Lupo! Lupo!» chiama

25Fratello lupo

ad alta voce. Ed ecco uscire dai cespu-gli a passo svelto l’animale, gigantescoe minaccioso, con le fauci spalancate.A sua volta a bocca aperta e col fiatosospeso, da lontano, una piccola follaosserva la scena. «Fratello lupo, nonfarmi del male. E smetti di fare del ma-le alla gente di Gubbio. Sei una creatu-ra di Dio e sarai perdonato per il dolo-re che hai provocato» dice Francescocon voce dolce e facendo con la manoil segno della croce. Il grosso animale,incredibilmente, si fa subito mansueto.Attratto dalla sensibilità del santo, su-bito abbassa la coda e le orecchie, poi

26 Fratello lupo

si accuccia docile ai suoi piedi. «Carofratello lupo – continua Francesco – ioso che tu hai ucciso per fame, e nonper malvagità. Ti prometto che sesmetterai di aggredire gli umani, loro tidaranno da mangiare, e potrete viverein pace». Il santo porge la mano al-l’animale, sulla quale il lupo, divenutodocile, posa la propria zampa in segnodi amicizia.

Camminando fian-co a fianco come

due fratelli, unosu due piedi el’altro a quattrozampe, l’uomoe l’animale si di-

rigono verso lapiazza centrale di

Gubbio, dove tuttisi radunano com-

mossi per ascoltarele parole semplici e

profonde di san Fran-cesco. Impressionati dal-

27Fratello lupo

l’atteggiamento benevolo del lupo, gliabitanti lo accolgono tra loro e assicu-rano che gli doneranno sempre un po’di cibo. Il lupo, finalmente, può viverein pace visitando spesso gli umani. Di-viene per la gente di Gubbio un com-pagno fedele, che porta in città il fasci-no della vita selvatica dei boschi.

28 Fratello lupo

29Fratello lupo

Lupo grigio, canis lupus, genere canis, famiglia canidi.

San Francesco di assisiè nato nel 1181 o 1182 ad assisi, doveè morto nel 1226.

30

estate in Calabria è caldissima. Chi la-vora sotto il sole deve coprirsi la testa edissetarsi continuamente. A Paola, inprovincia di Cosenza, un gruppo digiovani sgobbano per costruire unachiesa. Sono ragazzi forti e volenterosiche si sono uniti a Francesco Martolillaper seguirne l’esempio di vita.

Francesco fin da piccolo è devoto asan Francesco d’Assisi, ama e capiscegli animali e porta sollievo a chi soffre.Ha vissuto a lungo in una piccola grot-ta, con la terra come giaciglio e un sas-so come guanciale.

È rimasto lontano da tutti per rac-cogliersi nella preghiera e stare a con-tatto con Dio. Ma sempre più personerichiedevano il suo aiuto, il suo consi-glio, il suo intervento, finché il rifugiodi Francesco si è fatto stretto. Sono intanti, ormai, a voler vivere come lui, e

antonella

la trota e san Francesco da paola

l’

31antonella ritorna alla fonte

il santo decide di fabbricare unachiesa per accogliere tutti i di-

scepoli.

Ai piedi di una mon-tagna, in un luogo immer-

so nel verde a pochi passidal mare, sono cominciati i la-

vori di costruzione. Lafatica è tanta

e il sole

ritorna alla fonte

brucia la pelle e asciuga la gola. Il tor-rente non è molto lontano, ma scende-re continuamente sulle sue rive per ri-fornirsi d’acqua aumenta lo sforzo erallenta il lavoro. Così Francesco colpi-sce con il suo bastone la roccia più vi-

32 antonella ritorna alla fonte

cina e fa sgorgare miracolosamente unafonte di acqua fresca, dalla quale tuttipossono finalmente bere con l’aiuto diuna cucchiarella. E in quella limpidaacqua sorgiva prende ad abitare unabella trota.


Ha un corpo allungato rivestito dipiccole squame, la testa di forma di co-no e una grande bocca. A differenzadelle trote di mare, che sono argentee

con poche macchiettescure a for-

ma di X,questo pesce ha un colore vivace, bru-no verdastro e oliva con puntini neri,violacei, arancio e rossi. Sui fianchi hasfumature dorate molto vistose. Si nu-tre soprattutto di insetti e vermetti maapprezza la mollica di pane e sta tuttoil giorno a sguazzare felice nella fonte.

San Francesco da Paola ha per latrota che vive nella fonte un affettosincero. La chiama Antonella e va spes-so a trovarla, rivolgendole parole fra-terne. Le sbriciola un po’ di pane nel-


l’acqua e le parla come se fosse un’ami-ca. Ammira i suoi colori sgargianti checreano riflessi nella fonte e si diverte a


vederla nuotare qua e là. Antonella, dalcanto suo, all’arrivo del santo non na-sconde la sua felicità con piroette eguizzi, risponde ai richiami accorrendoe gli dimostra di capirlo. «Antonella,immergiti fino a toccare il fondo!»chiede Francesco. E subito la trota si

precipita a rotolarsi sul fondodella fonte. «Antonella, prendi

al volo questa briciola di pa-ne che ti lancio!». Ed ecco

che il pesce si muove velo-ce, spalanca la bocca e ac-chiappa la briciola. Que-sti giochi rallegrano legiornate di san Francesco

e della trota Antonella, maanche dei discepoli

che osservano ilsimpatico qua-dretto, un po’

stupiti ma soprattutto affascinati dallastrana amicizia.

Ma c’è anche chi è attratto da An-tonella per un altro motivo. Le carni


delle trote, si sa, sono squisite e deside-rate da molti pescatori. Così, un gior-no, un ecclesiastico si avvicina pianopiano alla sorgente, cattura la trota ca-ra a Francesco e si dirige verso casapregustando il pranzetto. Antonella, inmen che non si dica, finisce in padella.Il santo, in cuor suo, percepisce subitol’accaduto e invia un confratello a re-

clamare Antonella a casa dell’eccle-siastico. Quest’ultimo, che ha soltan-to assaggiato il pesce prelibato ma nonè ancora sazio, si rifiuta e con l’acquoli-na in bocca si appresta a preparare la


tavola. Ma san Francesco insiste perriavere indietro la sua amica trota. Allaseconda visita del discepolo, l’ecclesia-stico è preso dall’ira e gli scaglia controla povera Antonella, fritta e già sboc-concellata. Il confratello fa un sospiro,raccoglie i resti del pesce e tristementeli porta al santo.

Che dispiacere vedere la trota inquello stato! San Francesco, commos-so, prende tra le mani quel che rimanedella sua allegra amica e si avvia versola fonte. Qui getta in acqua la lisca egli altri frammenti. «Antonella, torna a


vivere!» chiede il santo. Il pesce, che invita era abituato a esaudire le sue ri-chieste, anche questa volta fa come di-ce Francesco e torna a nuotare conten-ta nell’acqua zampillante. Per tutta lavita del santo, gli farà compagnia con isuoi guizzi festosi e indisturbati.


trota, famiglia salmonidae, generi salmo, onchorhynchuse salvelinus.

San Francesco di Paola è nato a Paola (cosenza) nel 1416ed è morto in Francia,a Plessis-lès-tours nel 1507.

40

n certi giorni di primavera, il canto de-gli uccelli è quasi assordante. I pennutifanno a gara a chi cinguetta più forte,sovrapponendo tante voci diverse. Svo-lazzano di ramo in ramo, saltellanoleggeri, si scambiano fischi e gorgheg-gi. Quanta allegria e vitalità! Sarà per-ché tutto intorno la natura è in festa:fiori di tutti i colori, alberi carichi digiovani foglie verdi, profumi di erbe e

Quattro piccoli

un nIdo nel cappuccIo

I

41Quattro piccoli cardellini

pollini, insetti ronzanti e animali che sigodono placidi il sole più che tiepido.

Proprio in un giorno di primavera,in Francia, gli alberi di una foresta se-colare ospitano una quantità di uccellispensierati e rumorosi. Tra loro ci sonoi cardellini, piccoli volatili variopintighiotti di semi di cardo, dal piacevolis-simo trillo armonioso. Hanno una ma-scherina di colore rosso sulla faccia,

cardellini

dI san KarIleF

due chiazze giallesulle ali e tutte lepiume dissemi-nate di puntini

bianchi. Assieme a lo-ro ci sono anche i lucheri-

ni gialli canterini, originaridell’America Latina, con la pancia

gialla e i fianchi striati, color oliva enero. E poii merli,con il lo-ro fischioche sem-bra quello di unflauto, modulato fino a formare

melodie ripetitive: i maschineri lucenti col becco e ilcontorno degli occhi

arancione, le femmine dicolore bruno scuro, becco

compreso. E poi ancora le cin-ce, sempre affamate di semi e in-setti, che non stanno mai ferme, tra

piccoli balzi e piroette. So-no tutte forti e vivaci, an-

42 Quattro piccoli cardellini

che se di piccole di-mensioni: la cincial-legra, con il capo e la

gola nero lu-cido, le guan-

ce bianche eil petto gial-lo, la cincia

mora e la cinciabigia, la cinciarella e la cincia-

rella azzurra, la cincia dal ciuffo e lacincia sultana con una buffa cresta sulcapo che sembra una corona. E ancora

i fringuelli, le capinere, e cen-tinaia di uccellini diversi,

tutti intenti a crearestrane melodie e

a scambiarsiil posto sui rami

tra battiti di alie saltelli.


Ai margini di quel-la foresta, quel bel gior-

no di primavera, sanKarilef lavorava nellasua vigna. Di origini nobili,Karilef non aveva mai

amato il lusso. Cosìaveva scelto di essere

un monaco e vivere acontatto con la natu-ra, con sempli-cità e impegnoquotidiano.Nel bel mezzo della foresta

aveva costruito una ca-panna e poi, pianopiano, aveva lavo-rato il terreno at-torno per piantare

viti e alberi da frut-to. Ogni giorno pas-

sava molte ore a pren-dersi curadelle pian-te, da cuiricavava il


necessario per vivere. Ecco chein un caldo pomeriggio prima-verile, Karilef sta faticando sui cam-pi da parecchie ore. Per avere un po’ di

sollievo, si rimbocca le manichedella veste grigio cenere, si to-

glie il cappuccio e lo ap-pende a un ramo di unaquercia secolare

che sporge sul limi-tare della vigna. Su-

bito si rimette al lavoro,con la schiena curva sul

terreno, ma rialzandola spesso perrivolgere lo sguardo alle creature suirami della foresta.

Karilef è di ottimo umore: cantic-chia a voce bassa partecipandoal concerto degli uccelli, che gra-discono il suo interesse cantan-

do ancora più forte. Trauna preghiera, un sor-riso e un fischio, le

ore trascor-rono veloci,

fino all’imbrunire.


Come ogni giorno, al tramonto, ilmonaco smette di lavorare, appoggia lavanga alla capanna e si inginocchia sul-la terra, a lungo lavorata durante lagiornata, per recitare la preghiera dellasera. Quando è quasi buio, Karilef


vuole recuperare il suo cappuccio perentrare poi nella capanna. Si avvicinaquindi al ramo sporgente della quercia,afferra delicatamente il cappuccio, masi accorge che... c’è qualcosa dentro! Èun piccolo uovo di cardellino ancora

caldo. Che sorpresa!Karilef, divertito econtento che il suocappuccio sia statoscelto per un com-pito così bello, loappende di nuovoal ramo. Non vedel’ora che la naturafaccia il suo corso,che mamma cardel-lino covi l’uovo eche nasca il pulcino.E mamma cardelli-no, giorno dopogiorno, fa propriocosì. Depone altreuova nel cappuccioe le cova amorosa-mente fino al mo-


mento in cui, final-mente, si schiudono. Il

copricapo di Karilef sitrasforma in un vero eproprio nido morbido eaccogliente, che alla fi-ne di maggio ospita

quattro teneri cardelliniappena nati. An-

cora senzapiume, ipulcinisono

già pieni divoglia dicantare.


Quanta gioia, per il monaco, sape-re che il coro della foresta avrà prestoquattro nuove voci! I piccoli, infatti,imparano rapidamente a volare. Unamattina lasciano il nido, o meglio ilcappuccio, e raggiungono i loro com-pagni di concerto sui rami. Da lassù iquattro cardellini lanciano nell’ariatrilli speciali dedicati al buon Karilef,che ne è felicissimo.


cardellino, carduelis carduelis, famiglia Fringillidi.

San Karilef,anche ricordatocome san calais,ha vissuto nel nord della Francianel Vi secolo.

50

n compagno peloso sempre pronto ascodinzolare e fare le feste. Chi ha lafortuna di vivere con un cane sa chenei momenti tristi può contare sulla

Un cane

reste In aIuto dI san rocco

u

sua presenza e sul suo affetto sponta-neo. Animale sensibile e giocherellone,il cane è capace di stare al fianco del-l’uomo regalandogli un conforto privodi parole ma denso di valore. Siamonella campagna intorno alla città diPiacenza, poco distante dal castello diSarmato. Un bell’esemplare di Epa-

gneul Breton, un cane dacaccia di origine francese,scorrazza libero e felice. Ha latesta arrotondata, le nariciben sviluppate, gli occhi in-fossati di color ambra scura.Le orecchie sono corte e rico-perte di pelo ondulato e lacoda termina con un ciuffo.Vivace e molto intelligente, ilBreton ha un manto biancocon macchie dall’arancio alrosso-bruno. È un animalesensibile e riservato, ma an-che curioso e giocherellone,che ama fare lunghissime

51un cane per amico

per amico

passeggiate. Vigoroso, ha uno sguardopenetrante e un’espressione da canesimpatico. Sembra quasi che sorrida! Eche possa combinare qualche guaio daun momento all’altro...

Ma Reste, così si chiama quel canea spasso nella boscaglia piacentina, og-gi sta fiutando una missione speciale.Fa parte della muta di cani da caccia diGottardo Pallastrelli, signore del castel-lo di Sarmato, che si è rifugiato incampagna per sfuggire alla peste che

52 un cane per amico

sta infuriando in tutta l’Italia. La po-polazione è duramente provata dallapestilenza, ma il ricco signore se ne stalontano da tutti, si dedica alla caccia enon fa mancare il buon cibo alla suatavola. Ecco che Reste, su quella tavolaimbandita, adocchia una pagnot-ta fragrante, calda e profumata.Con un balzo riesce a rubarla ecorre via verso il bosco con laprelibatezza tra i denti. Got-tardo è meravigliato... dovesarà diretto? Sarà forse un di-spetto? Reste non può esserecerto affamato, avendo a disposi-zione lauti pasti regolari.

Non lontano dal prato sucui banchetta Gottardo sitrova una piccola grotta pie-na di fronde, dove ha trovatoriparo san Rocco. Il pellegri-no, nato da una nobile fami-glia a Montpellier, in Fran-cia, aveva donato tutti i suoibeni ai poveri e si era messo

53un cane per amico


in cammino attraverso le Alpi versoRoma. Con grande generosità avevacurato gli ammalati incontrati lungo ilsuo cammino, a Genova, Pisa, Lucca,Firenze, Siena, fino a giungere nella ca-pitale. Ovunque arrivasse, era accoltocon gioia e gratitudine: era un guarito-re miracoloso, capace di sacrificarsi pergli altri con naturalezza. Si era poi fer-mato per ben due anni nella capitale,prestando soccorso nel pieno dell’infu-riare della peste. Lungo la via del ritor-no verso la Francia, proprio all’altezzadi Piacenza, san Rocco era stato conta-giato dal terribile morbo.

Il pellegrino è ora sofferente nellasua grotta, allo stremo delle forze. De-ciso a restare lontano dai centri abitatiper non esporre nessuno al rischio dicontagio, beve l’acqua piovana ma nonmangia da giorni, trovando sollievo so-lo nella preghiera. Sta per perdere ognisperanza quando sente un fruscio edalla boscaglia vede sbucare Reste, conla pagnotta tra i denti! Il cane deposita

55un cane per amico

ai piedi di san Rocco il buon pane e glisi accuccia accanto, così che il santopossa finalmente ristorarsi. Il giornodopo, l’episodio si ripete: Reste sottraedalla tavola imbandita di Gottardo unpanino fresco e scappa nel bosco perportare a san Rocco il conforto del cibopreparato con cura e della sua discretacompagnia. Che grande consolazione,per il sant’uomo, scorgere quel cane dalmuso festoso con il suo prezioso dono!


57un cane per amico

E così via, di giorno in giorno, fin-ché Gottardo non può più tenere a fre-no la sua curiosità. Fa sellare un cavalloe lo tiene pronto vicino a sé durante ilpranzo.

Appena Reste, come d’abitudine,prende la via del bosco con la pagnottatra i denti, Gottardo salta in sella al ca-vallo e lo segue. Arriva così al rifugiodel santo ammalato, ma sfamato e rin-cuorato dall’intelligente Reste. Gottar-do Pallastrelli resta colpito dal compor-tamento generoso del cane e dalla forzad’animo di san Rocco. Subito il riccoGottardo prende san Rocco sotto la

sua ala protettrice e si occupa di lui fi-no alla completa guarigione.

Quando Rocco, ritro-vate le energie, si ri-mette in cammino per

la Francia, Gottardo donatutti i beni ai poveri, va ad abita-re nella grotta che era stata rifu-gio del santo e dedica la vita alla

cura dei malati. San Rocco, dal canto

suo, è per sempre gratoal cane Reste, che è stato

capace di sal-varlo con un aiutodisinteressato eun’energia al-legra e travol-gente.


59un cane per amico

cane,canis lupus familiaris,genere canis, famiglia canidi.

San rocco è natoa Montpellier nel 1295ed è morto a 32 annirinchiuso ingiustamentein carcere appenatornato in patria, subitodopo la guarigione dalla peste.

60

roprio come noi, sta in piedi su duezampe e si porta alla bocca il cibo conle mani. L’orso può essere davveroenorme, arrivando a pesare 700 chili.

A volte ci fa paura per le suedimensioni imponenti e per-ché sembra pericoloso e ag-gressivo. Altre volte, conqui-stati dal suo folto mantellobiondo, bruno o nero, tro-viamo l’orso dolce e tenero.Mammifero munito di lun-ghi artigli, può alzarsi sullezampe posteriori, ha mem-bra robuste, muso allunga-to, orecchie rotonde e coda

corta. Ama salire sugli al-beri, ha un ottimo ol-

fatto ed è un bra-vissimo nuotatore.Ha un passo don-

Un orso

san romedIo e Il suo

p

61un orso per destriero

dolante quasi comico, che però può es-sere molto veloce. Se nessuno lo distur-ba l’orso si muove lentamente, a voltesembra distratto e indeciso: siferma, gira la testa, an-nusa intorno e poiprende una direzione,con la testa bassa e ilnaso vicino al suolo.Può sembrare pigro, maè sempre vigile. Al mini-mo rumore sospettosolleva la testa, fiu-ta l’aria e spariscenel folto delbosco. Hadenti ap-piattiti earrotondati,utili per man-giare una gran-

per destriero

mansueto accompaGnatore

de quantità di cibi diversi: bacche, ra-dici, germogli, frutta e funghi, ma an-che pesci, insetti e piccoli mammiferi.Prima dell’inverno deve ingrassare persuperare il letargo e passa molto tempoalla ricerca di cibo. Di solito si muovedi notte, solitario e diffidente. Di gior-no si sposta lungo i versanti più ripidi,dove è sicuro di non incontrare l’uo-mo, oppure si riposa in qualche rifugiovicino alla roccia.

62 un orso per destriero

È autunno in Trentino, e un orsobruno si aggira affamato. Passa ciondo-lando da una valle all’altra attraverso


alti passi montani e ghiacciai. Sul suocammino rovescia grosse pietre e fa apezzi vecchi tronchi per cercare insetti,soprattutto formiche. È ghiotto anchedi mirtilli, lamponi, mele, pere, nocied è attratto dalle coltivazioni di pru-gne, mais, avena, uva... e dagli animalidomestici, in particolare dalle pecore.Quel giorno la frutta scarseggia, gli in-setti non si trovano, mancano pochigiorni all’inverno e l’orso è sempre piùfamelico. Quando arriva in Val di Nonsi spinge fino all’eremo di san Rome-dio, sulla vetta di uno sperone di rocciaalto più di 70 metri. Qui si è ritirato ilsant’uomo che vive in assoluta povertà,dedito alla preghiera, in una grottastrettissima. L’unica compagnia di Ro-medio è quella dei discepoli Davide eAbramo, che lo aiutano a diffondere ilmessaggio cristiano presso le popola-zioni locali. Proprio quel giorno sanRomedio, non più giovane e ormaistanco, decide di fare visita al Vescovodi Trento san Vigilio per ricevere la suabenedizione. L’anziano Romedio cam-


mina a fatica e sa bene che il viaggiosarà impegnativo. L’unica possibilità diraggiungere Vigilio è farsi trasportaredal suo vecchio cavallo, chiedendo al-l’animale un grande sforzo per esaudireil suo desiderio. Così prepara un fagot-to con un piccolo panino al formaggioe una borraccia d’acqua e chiede a Da-vide di sellare il cavallo che si trova allimitare del bosco.

Davide si incammina, ma appena siavvicina uno spettacoloorribile lo fa rabbrividire:l’orso sta sbranando il ca-

vallo! Spaventato ildiscepolo

corre


ad avvisare san Romedio. È addoloratoper la sorte del povero cavallo, ma an-

che perché il suo anziano mae-stro dovrà rinunciare al viaggioche tanto desidera. Il santo in-vece, senza mostrare alcun tur-

bamento, si avvicina all’orso, lo

i n v i t aad accucciarsi

e a lasciarsi sellare. Il grande animale,con sorpresa dei discepoli, diventa im-provvisamente docile, china la testa insegno di obbedienza e si lascia sellare.Romedio inizia così il suo pellegrinag-gio verso Trento con una cavalcaturadavvero insolita, e con Davide e Abra-mo che lo seguono a piedi. Uno stor-


mo di uccelli accompagna la piccolacarovana, che non passa di certo inos-servata e viene accolta da san Vigiliocon immensa gioia. Tornati all’eremo,l’orso resta al fianco di san Romedioper tutta la vita.


un orso per destriero68

«Fatto stupendo o cosa strana! L’or-so, la belva si fa umana. Stupor mag-giore che l’uomo nato, in belva cerchiesser cangiato». Con questa scritta so-no accolti i pellegrini al santuario disan Romedio, che negli anni ha conti-nuato a dare rifugio agli orsi in diffi-coltà. Oggi ospita Bruno, un bellissi-mo esemplare di orso dei Carpazi che èstato sequestrato a un uomo che lo te-

un orso per destriero 69

neva ingiustamente chiuso in una gab-bia. Bruno vive in semilibertà nel par-co recintato del luogo sacro, è ghiottodi mele della Val di Non e con il suobel passo dondolante permette ai visi-tatori di ricordare la miracolosa storiadi san Romedio.

Orso, famiglia ursidae,ordine carnivora.

San romedio è nato a taur, nella valledel fiume innpresso innsbruck,verso la fine del sec. Xie ha trascorsogran parte della sua vitain Val di non.

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tutto nero e molto circospetto. Il corvonon si fida dell’uomo e preferisce star-gli lontano, scegliendo come casa luo-ghi selvaggi e impervi. Vive in zonerocciose, foreste intricate, montagneventose. Ma se per caso entra in contat-to con una persona simpatica, è capacedi affezionarsi e persino di collaborare.Riesce anche a imitare benissimo la suavoce!

La dieta del corvo è molto varia, in-fatti è ghiotto di tutto quello che puòingurgitare dopo averlo fatto a pezzetticol forte becco. Pesa circa un chilo opoco più, ma quando apre le ali, chearrivano a misurare più di un metro, simostra grande e maestoso. È un uccel-lo robusto, ha lunghe zampe con quat-tro dita e artigli ricurvi, coda squadratae ali che sembrano finire con dita uma-ne fatte di piume. La testa ha la carat-

il corvo

san benedetto sFuGGe al veleno

È

teristica forma allungata, con gli occhiscuri scuri e il becco incurvato che sul-la punta sembra un uncino. Le piume,nerissime e lucide, al sole hanno riflessimetallici, blu e viola.

Il corvo, sulla gola, ha particolaris-sime piume a punta chiamate

barbe, che possonodrizzarsi

per

71Il corvo provvidenziale

provvidenziale

GrazIe all’amIco pennuto

72 Il corvo provvidenziale

comunicare uno stato d’animo, comela paura, la gioia o il dolore. È moltointelligente ed è attratto dagli oggettiluccicanti. I pezzi di vetro o di metallosono per lui tesori preziosi da portarefurtivamente al nido. Il corvo vive dasolo o in coppia e si muove con la mas-sima prudenza. Volteggia a lungo nel-l’aria e scende al suolo soltanto quandoè certo che non ci sia alcun pericolo. Involo indugia per osservare il territorioin cerca di cibo, percorrendo ampi cer-chi nel cielo. Quando adocchia unboccone notevole si fionda a terra espesso risale velocemente. Sul suolocammina impettito con la testa chedondola. Mentre riposa appollaiato,sembra che abbia una buffa gobba.

Un corvo che vive nell’alta valledell’Aniene, fra i monti nei pressi diSubiaco, ha individuato un luogo mol-to interessante. È il monastero di sanBenedetto, incassato nella roccia comese fosse un nido. Dopo aver vissuto pertre anni in una caverna immersa nella



natura selvaggia, Benedetto ha decisodi dedicarsi all’insegnamento e ha co-struito piccoli monasteri che sono pre-sto diventati laboriosi centri di cultura,arti, mestieri e agricoltura. Sempre piùdiscepoli si radunano attorno al santoche lascia la sua porta aperta a tutti:donne, uomini, anziani, bambini, ani-mali, volatili compresi. Secondo Bene-detto il momento del pasto è importan-tissimo per la comunità del monastero,che si raccoglie religiosamente condivi-dendo il cibo e la parola del Vangeloletta da un confratello a turno. Anche ilcorvo partecipa ogni giorno alla cena: sicala sull’impervio monastero e si infilanella finestra del refettorio per riceverela sua razione di pane quotidiano. Do-po averla afferrata col becco, vola viaper assaporarla con calma su qualcherupe nascosta.

Vicino al monastero vive il preteFiorenzo, invidioso della popolarità disan Benedetto. La chiesa di Fiorenzo èsempre più vuota mentre cresce il nu-


mero dei fedeli che trovanoin Benedetto un punto diriferimento virtuoso. Unatremenda ira si insinuanel cuore di Fiorenzo,che un brutto giornomette a punto un veropiano malefico. Preparaun pane avvelenato e looffre a Benedetto comedono d’amicizia. Il san-to lo accetta e ringraziasinceramente, ma qual-cosa non lo convince.



All’arrivo dell’amico corvo, fidandosidell’istinto molto sviluppato dell’ani-male, il santo gli chiede aiuto: «Prendiquesto pane tra i tuoi artigli e portalolontano, dove nessuno mai possa tro-varlo!».

Il corvo spiega le ali, drizza le bar-be, apre il becco e comincia a gracchia-re svolazzando attorno al pane, comese fosse intimorito da quel cibo cattivo.Benedetto, vista la reazione, è sempre

più sicuro di doversi sba-razzare del terribile re-galo ricevuto da Fioren-zo. Ripete più volte lasua richiesta, finchél’uccello non vince lesue esitazioni, ghermi-sce il pane e vola viaverso il dirupo più re-moto.


I monaci presenti alla scena temonoche il corvo non torni, che assaggi lapagnotta e muoia avvelenato. Ma dopoqualche ora, eccolo di ritorno in pic-chiata sul convento a reclamare il suomeritato pezzo di buon pane dalla ma-no di san Benedetto!


corvo, famiglia corvidae,specie corvus Frugilegus.

San benedettoè nato a norciaattorno al 480.dopo gli studi a roma,ha vissuto ad affile,tra i monti Simbruini,poi a Subiaco e infine a cassino.

om’è possibile che un uomo buono,mite, simpatico e generoso abbia tantinemici? Non lo sappiamo, ma siamocerti che l’amicizia di un cane è semprepreziosa, specialmente in questi casi.Siamo attorno al 1850 e san Giovanni

Bosco vive vicino a Torino. Si de-dica a tempo pieno all’educazio-ne dei ragazzi, che nel suo orato-

rio trovano gli stimoli perimparare ogni giorno qualco-

sa di nuovo.

Don Bosco è unuomo caritatevole: sequalche bisognoso indifficoltà gli chiedeaiuto, lui accorreprontamente in suosoccorso, anche dinotte. Per questo gli

80

Una guardia del corpo

san GIovannI bosco e Il GrIGIo

c

capita spesso di percorrere strade buie eisolate al calar delle tenebre, rischiandodi imbattersi negli uomini malvagi chelo hanno preso di mira. Che cosa spin-ga questi malviventi ad attentare allavita del prete, resta un mistero. Forse ilsuccesso del suo oratorio e l’affetto ditanti giovanirendono sanGiovanni Bo-sco una per-sona invidiatadai meschini,che cercanodi fargli delmale infasti-diti dalla suabontà.

Una seraGiovanni Bo-sco è di ritor-no a casa, do-po un’intensa

81una guardia del corpo a quattro zampe

a quattro zampe

giornata tra-scorsa all’ora-torio. Deve at-traversare untratto di stradabuio e pocofrequentato, pieno di cespugli e alberifrondosi. Il santo allunga il passo, ten-

82 una guardia del corpo a quattro zampe

de l’orecchio e scruta nell’oscurità,quando all’improvviso un enorme caneesce dalla vegetazione. Alto più di unmetro, ha un folto manto di pelo gri-gio, mandibole vigo-rose e occhi imper-scrutabili. Nel suoaspetto, a prima vi-sta minaccioso, DonBosco scorge subitodolcezza e affinità.Tende la mano ver-so il cane, simile unpo’ a un mastino eun po’ a un pastoretedesco, che si avvici-na per farsi accarezzarecome il più giocherel-lone dei cuccioli.

Il sodalizio è fatto,e il Grigio accompa-gna il sacerdote fino acasa, con la sua vici-nanza festosa e pro-tettiva. Il cagnone comincia


a fare spesso visita al sacerdote, che loaccoglie con gioia, proprio come si facon un amico. Una carezza sul musoumido, una grattata alla pancia, unapasseggiata assieme, e poi el Gris, comelo chiama Don Bosco in piemontese,scompare. Ma è sempre presente quan-do c’è bisogno di lui.

Un’altra sera, infatti, Giovanni Bo-sco parte dall’ospedale Cottolengo ver-so la Basilica della Consolata. La nebbiaè una spessa coltre e le strade di Torinodiventano improvvisamente minaccio-se. Qualche uccello notturno e la lucedi poche lanterne sono le uniche com-pagnie del sacerdote, che nota due figu-re inquietanti in lontananza. Sono duemalintenzionati, decisi a colpirlo! Gliuomini cattivi si avventano su Don Bo-sco, gli gettano sul capo una grande co-perta e tentano di immobilizzarlo.

Il santo si divincola e riesce a con-trastare i criminali, ma per pochi istan-ti. I due stanno per avere la meglio,




quando ecco sbucare dall’oscurità ilGrigio in tutta la sua imponenza. Rin-ghia, mostra i denti, e in un attimo èaddosso ai due assassini. Con un paiodi zampate li blocca a terra, tenendolisotto scacco con aria feroce. Solo l’in-tervento di Don Bosco lo fa desistere.Terrorizzati e pentiti, infatti, i duehanno invocato il santo perché richia-masse il grande cane a sé. Il Grigio, co-me al solito, non esita ad accontentareDon Bosco, correndo a fargli le feste ebeandosi per le sue carezze.

Sembra proprio che il cane abbiaun radar speciale: appena GiovanniBosco è in pericolo o in difficoltà, ilGrigio arriva a grandi balzi. Una voltaatterra e disarma un assassino il cuicolpo di pistola don Bosco era riuscitoa schivare, un’altra volta accorre men-tre uomini malvagi si avventano sul sa-cerdote con i bastoni in mano. Con la-trati, pelo dritto e zanne affilate, tienea bada i malintenzionati, finché sanGiovanni Bosco non lo richiama a sé.


Margherita, la madre di Don Bo-sco, è un po’ impaurita da quel bestio-ne grigio che spesso lo accompagna.Ma il suo timore svanisce una notte,quando Giovanni vuole uscire di casaper raggiungere una persona bisogno-sa. Margherita insiste perché aspettil’alba, evitando le insidie delle tenebre.Don Bosco decide comunque di varca-re l’uscio, ma si trova davanti il Grigiospaparanzato. Il cane gli impedisce ilpassaggio con la sua grossa mole, nonaccenna a spostarsi e non si fa scavalca-re. Stavolta sembra essere sordo alle ri-chieste del santo, che lo prega di to-gliersi di mezzo e accompagnarlo adestinazione. Alla fine, stanco di litiga-re con la madre e con il cane, Don Bo-sco resta a casa. Poco dopo un amico loinforma della presenza di un manipolodi cecchini appostati attorno alla suaabitazione per tendergli un agguato,pregandolo di rimanere al sicuro.

Per fortuna san Giovanni Bosconon è sempre in pericolo di vita! Un



pomeriggio si inerpica in sentieri dicollina, fra vigneti e tratti boscosi, perraggiungere alcuni amici per cena. Ca-la la sera, tutto si confonde e la stradasembra smarrita.

«Ah, se solo ci fosse il mio Grigioqui con me!» esclama il sacerdote. Edecco arrivare al trotto il cagnone, tutto


guaiti di gioia e saltelli di felicità, chelo conduce su per il pendio dritto drit-to a casa degli amici. Stupiti dal buoncarattere di quel bestione dall’apparen-za burbera, gli ospiti gli fanno le coc-cole e lo invitano a sdraiarsi su un tap-peto in un angolo della stanza. Siallontanano per portargli acqua e cibo,ma quando tornano il Grigio è scom-parso.

Niente paura, spunterà di nuovo al-l’improvviso, appena Don Bosco avràbisogno di lui!


cane, canis lupus familiaris, genere canis, famiglia canidi.

San Giovanni bosco è nato a castelnuovo d’asti il 16 agosto 1815 ed è morto a torino il 31 gennaio 1888.

92

iesce a vedere nel buio, ha un olfattofinissimo e un udito portentoso. Soli-tario ma anche affettuoso con gli uma-ni, il gatto è un amico affascinante. Cistupisce con la sua agilità e ci tiene colfiato sospeso mentre fila veloce ed ele-gante su un cornicione a strapiombosul vuoto. Sembra una belva feroce inminiatura ma poco dopo ci coccolafacendo le fusa, sparisceper ore ma poi tornamiagolando esolleva la

Sorella

santa chIara e la mIcIa del convento

r

93sorella gattuccia

coda per salutarci. È un equilibristasorprendente e se cade da un terrazzo oda una finestra, è capace di girarsi involo per affrontare l’impatto senza farsitroppo male. Si dice che il gatto abbiasette vite: per gli umani è una creatura

avvolta da un alonedi mistero. Con

movimenti sinuo-si e precisissimi,sembra farci do-

no della sua com-pagnia come se, magi-

camente, il mondo felinoe quello umano potessero

comunicare.

gattuccia

Una piccola gatta ha scelto comecasa il convento di santa Chiara, pressola chiesa di San Damiano ad Assisi. Ilchiostro, la basilica, il refettorio e lestanze delle monache sono il territoriodella gattuccia. Lunghe dormite, unsalto da una finestrella all’altra, unacorsa all’aperto all’inseguimento di un

94 sorella gattuccia

povero passerotto, qualche briciola dipane e di formaggio all’ora dei pastifrugali che le suore condividono conlei. Così trascorrono le giornatedella micia, perfettamente im-mersa nella vita del convento.Non c’è fatica, da parte del-l’animale, nel vivere secondo lerigide regole claustrali di santaChiara. La povertà, la sempli-cità, la gioia spontanea per lameraviglia della vita sonopresenti nella natura del-la gatta. Forse è per que-sto che la santa e la mici-na sono così unite.

La gatta passa molto tem-po con santa Chiara, durantele preghiere, nei momentidi lavoro e in quelli di ri-poso. Tutte le monache levogliono bene e la consi-derano una sorella, secon-do l’insegnamento di sanFrancesco.

95sorella gattuccia

Quest’ul-timo, daparte sua,non man-ca di salu-tare conparolefrater-ne e ca-rezzare la gattina ogni volta che fa visi-ta al monastero. Esattamente cometutti gli animali, anche sorella gatta di-mostra affetto e devozione al santo po-verello di Assisi. Ama strusciarsi controi suoi piedi, e poi seguirlo in chiesa perla messa.

All’interno della basilica, la gatta hail suo posto fisso. Se ne sta acciambel-lata in silenzio per tutta la messa, conil musino rivolto verso il viso di santaChiara, osservandola con i suoi occhipenetranti. Sono molto amati dalla mi-cia i canti corali del convento, ai quali avolte sembra partecipare con un miago-lio quasi impercettibile, che non distur-ba affatto le dolci melodie che le suore


rivolgono a Dio. Quanta simpatia nelvedere la gattuccia che precede le mo-nache mentre si spostano ordinate can-tando dalla chiesa al refettorio per il pa-sto! Instancabile, ma senza insistenza, lamicia fa avanti e indietro sotto il tavolodel pranzo, in attesa dei piccoli bocconiche le sorelle le offrono.

97sorella gattuccia

Santa Chiara èspesso costretta a let-to da una lunga ma-lattia. Nonostante siatroppo debole perstare in piedi, la sua

mente è sempre attiva,come il suo desiderio difare del bene agli altri.

Dal letto di paglia prega con fervore,insegna alle giovani donne che accorro-no al suo capezzale il valore della po-vertà e della semplicità e riesce a dedi-carsi al lavoro di tessitura. Preparastoffe finissime, che poi recapita allechiese bisognose nei dintorni di Assisi,così che possano utilizzarle durante lamessa. Un pomeriggio, stremata nel fi-


sico ma determinata a finire un lavorocominciato, vorrebbe riprendere

a tessere una stoffa che è ap-poggiata sul tavolo. Non rie-sce ad alzarsi per recuperar-la, e non vuole disturbare

le sorelle impegnate inaltre faccende nel

convento.

99sorella gattuccia

Vicino al suogiaciglio si trova la cara gattuccia, chetende le orecchie appuntite e inclinaun po’ la testolina, come perpredisporsi ad ascoltare le paro-le di santa Chiara: «Sorella gat-ta, fammi il favore di prender-mi quella stoffa sul tavolo».

La micia capisce al volo larichiesta, corre verso il tavolo,con un balzo raggiunge la stof-fa, la prende tra i denti e la tra-scina verso Chiara. «Ma nogattuccia, così si sporca tutta!»si lamenta la suora. E subito lasua piccola complice felina,


101sorella gattuccia

Gatto domestico, Felis catus, famiglia dei felidi.

Santa chiara di assisiè nata nel 1193 circa ad assisi, dove è morta l’11 agosto 1253.

con i denti e con le zampette, piega lastoffa perfettamente in quattro, perpoi portarla alla santa con la bocca,senza farla più strusciare per terra.

Che gratitudine e che felicità!Chiara afferra finalmente la stoffa ma,prima di mettersi al lavoro, si prodigain grandi carezze per la micia. La gatti-na si posiziona sul giaciglio ai piedidella santa facendo le fusa, e così ri-mangono fino all’imbrunire, quando siaddormentano.

eLiSa PaLaGi è giornalista pubblicista e si occupadi comunicazione in ambito culturale. vive tra sarzana (sp) e bologna. collabora dal 2008 con La nuova ecologia, la rivista di legambiente e ha una rubrica su Liberetà, il mensile del sindacato pensionati Italiani, dove scrive di ambiente e viaggi. dopo aver collaborato con la Festa del cinema di roma, lavora oggi per biografilm festival. ama gli animali e ringrazia il cane pancho per l’affetto e l’ispirazione.

FiLiPPO SaSSÒLi, laureato in storia dell’arte all’università di roma “la sapienza”, dal 1986 svolge attività di disegnatore e illustratore. collabora con diverse case editrici lavorando anche per la stampa quotidiana e periodica. si dedica all’illustrazione per l’infanzia, alla ritrattistica e al disegno di veduta. ha realizzato i grandi disegni de Lo Zoo di Pinocchio. Galleria di ritratti dei personaggianimali (catalogo Giunti editore), esposti nel 2009a roma e a Fiesole, poi a Genova nel 2012-2013.con la lev ha pubblicato le illustrazioni perragazzi, vi racconto Papa Wojtyla di Giovannachirri (2014) e i disegni di colora l’anno Santocon i testi di Giuseppe merola (2015).

Printed in Italy

Le vite dei santi che ci sono state tramandate

traboccano di episodi che vedono gli animali

protagonisti. Queste storie, tra leggenda, agiogra-

fia, realtà e fantasia, ci fanno incontrare uomini

speciali, che senza pregiudizi si mettono in rela-

zione con altri esseri viventi. Così facendo fanno

risplendere le proprie doti e si presentano ai gio-

vani lettori come esempi di tolleranza, semplicità

e generosità.

Gli animali non perdono la loro natura, a volte

feroce, altre volte quanto meno selvatica. Attra-

verso i testi di Elisa Palagi e i disegni di Filippo

Sassòli, i racconti fantastici illustrati, a tratti realistici,

di questo libro, di nove santi con i loro animali

rendono vivi i valori del rispetto della natura, della

condivisione nella diversità e dell’amicizia disinte-

ressata.

free

ISBN 978-88-209-9859-2

9 788820 998592

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E p BEATO ZOO! - Vatican News...grano è dorato e tutt’intorno risuona-no i canti delle...

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