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ENERGEO MAGAZINE Anno VI Luglio - Agosto 2013

Date post: 13-Mar-2016
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ENERGEO MAGAZINE (www.energeomagazine.com) è il periodico delle Comunità energetiche sostenibili che puntano ad una maggiore conoscenza delle attività di un mercato in forte crescita. La mission di Energeo Magazine è quella di raccontare le vicende, le storie e le notizie che animano l’intero territorio nazionale nell’ambito delle iniziative di promozione delle energie rinnovabili
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Edipress Communications - Orbassano (To) - Periodico bimestrale - Poste Italiane Spa - Spedizione postale DI 353/2003 (conv. in L. 27.02.2004 n. 46) art 1, comma 1,CB/Torino - (luglio/agosto 2013) - N. 4 - Abbonamento 6 numeri 30 euro. Edipress Communications - Orbassano (To) - Periodico bimestrale - Poste Italiane Spa - Spedizione postale DI 353/2003 (conv. in L. 27.02.2004 n. 46) art 1, comma 1,CB/Torino - (luglio/agosto 2013) - N. 4 - Abbonamento 6 numeri 30 euro. Anno VI - luglio/agosto 2013 - Prezzo di copertina 5,50 euro Periodico per la promozione dell’attività dell’Istituto Internazionale Conoscenze Tradizionali-ITKI UNESCO. Banca Mondiale sulle Conoscenze Tradizionali-TKWB; Premio Eco and the City Giovanni Spadolini; Osservatorio Europeo del paesaggio; Organo ufficiale della Community Network Guglielmo Marconi e del Centro Internazionale Studi per la Dieta Mediterranea “Angelo Vassallo” di Pollica, riconosciuto patrimonio UNESCO. Il Ministero più povero per il patrimonio più ricco compie quarant’anni Nasce la Community Network Guglielmo Marconi Autobrennero, arteria dell’arte e della cultura UNESCO I Paesaggi della bellezza un messaggio di speranza
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Anno VI - luglio/agosto 2013 - Prezzo di copertina 5,50 euro

Periodico per la promozione dell’attività dell’Istituto Internazionale Conoscenze Tradizionali-ITKI UNESCO. Banca Mondiale sulle Conoscenze

Tradizionali-TKWB; Premio Eco and the City Giovanni Spadolini; Osservatorio Europeo del paesaggio; Organo ufficiale della Community Network Guglielmo

Marconi e del Centro Internazionale Studi per la Dieta Mediterranea “Angelo Vassallo” di Pollica, riconosciuto patrimonio UNESCO.

Il Ministero più poveroper il patrimonio più ricco

compie quarant’anni

Nasce la Community NetworkGuglielmo Marconi

Autobrennero, arteria dell’arte e della cultura

UNESCO I Paesaggi della bellezza un messaggio di speranza

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Un anno fa, un poderoso gruppo di lavoro, costituito da organismi inter-

nazionali intergovernativi, associazioni nazionali e non governative,

università e amministratori locali, è stato chiamato, nel 40° anniversario

del World Heritage Conventon, ad una riflessione generale sulla valorizzazione

e la tutela di un patrimonio culturale e naturale che sta cambiando, parallelamente

al tessuto sociale e le nuove emergenze gestionali, avviandosi verso i lavori per

una nuova convenzione UNESCO. Un patrimonio da promuovere e valorizzare,

riportando il valore sulla gente e sulle comunità locali, in sinergia con una rete

di sindaci, attraverso un percorso delicato e complesso, finalizzato a definire una

“costituente per la bellezza e il paesaggio”. Sindaci che vogliono avere un ruolo

di primo piano nella difesa del territorio e del paesaggio e nelle scelte future

indicate nella recente Dichiarazione UNESCO di Firenze. Molti segnali sono

arrivati in questo periodo da più parti d’Italia, anche attraverso il nostro giornale,

e dal mondo. Altri ne arriveranno con l’iniziativa “Alla ricerca del Paesaggio

perduto”, inserita nel programma delle azioni promosse dalla Fondazione Spa-

dolini Nuova Antologia, a quarant’anni dall’Istituzione del Ministero per i Beni

Culturali e Ambientali, che riparte con una nuova azione capillare per tracciare

“una mappa dei bisogni” del patrimonio storico e culturale e dei beni ambientali,

sotto il segno di Giovanni Spadolini. Un progetto che si ispira alla Dichiarazione

UNESCO sul paesaggio, lo strumento solenne e formale enunciato a Firenze, il

21 settembre 2012, in occasione del “The International Protection of Landsca-

pes”, che va alla ricerca di un modello di una nuova economia partecipata e

solidaristica, rispettosa dei territori e dell’ambiente, radicata nel sentire comune

e nelle popolazioni. L’obiettivo di promuovere iniziative di valorizzazione delle

aree e dei patrimoni immateriali (conoscenze, tradizioni, storia, ecc.) che fanno

parte della proprietà collettiva, recuperando una nozione di patrimonio che, in

questi ultimi anni, si è offuscata, ma che può ancora rappresentare un’idea di

economia a misura d’uomo. Cosa è accaduto in quest’anno? Ci chiarisce le idee

Pietro Laureano che, organizzando l’evento di Firenze, lo scorso settembre, ha

fornito un’autentica dimostrazione di capacità di tessere relazioni. A fine novem-

bre questi temi saranno approfonditi nel corso di un convegno che sarà organiz-

zato a Matera, dal 21 al 24 novembre 2013, dal titolo “il paesaggio delle caverne“.

Si tratta della prima riunione mondiale delle tradizioni e conoscenze delle città

scavate nella pietra. Un’esperienza

millennaria che indica soluzioni alter-

native a quelle percorse della modernità

ed è oggi fondamentale per l’elabora-

zione di nuovi modelli basati su rispar-

mio delle risorse e la sostenibilità.

Spiega Pietro Laureano: “Un trattato

internazionale richiede investimenti

notevoli, in termini di tempi e di costi.

La costituzione di una convenzione

sotto l’egida delle Nazioni Unite, infatti,

comporta: una decisione dell’Assem-

blea Generale delle Nazioni Unite; un

negoziato internazionale per la prepa-

razione di un testo preliminare del

trattato, condotta da un comitato inter-

nazionale preposto; l’adozione del testo

del trattato da parte del comitato; la

ratificazione del trattato da parte di un

numero minimo di Paesi, per la sua

entrata in vigore; la costituzione di una

struttura (segretariato) per organizzare

i lavori propedeutici alla riunione degli

organi direttivi; e di strutture e servizi,

incluso un adeguato bilancio, necessari

a garantirne la funzionalità”.

Non è finita. Una volta entrata in vigore,

la convenzione richiede: la convoca-

zione periodica degli organi direttivi, al

fine di verificarne la corretta attuazione;

la costituzione di strumenti operativi,

sia a livello nazionale (programmi nazio-

nali per la difesa del patrimonio pae-

saggistico) sia a livello internazionale (protocolli di attuazione); la disponibilità di risorse e strumenti finanziari per garantire

l’esecuzione delle misure e degli interventi a livello nazionale, regionale e globale (fondi fiduciari a livello globale, regionale

e nazionale); la predisposizione di strumenti di monitoraggio e controllo. Come bilanciare la necessità di agire a livello

locale, concertando su temi globali, con i costi e i tempi necessari a costituire gli strumenti e mettere in pratica adeguate

strategie globali? L’attuale crisi finanziaria delle maggiori economie mondiali potrà mettere a tacere la lecita richiesta di

attenzione e di azione delle comunità locali che maggiormente sentono il bisogno di strumenti di tutela sovranazionali?

La scarsa disponibilità di capitali potrà far passare in secondo piano la conservazione, la tutela e la gestione sostenibile di

beni comuni quali il paesaggio? Ricordiamo che l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, nel settembre 2000 ha appro-

vato gli otto Obiettivi del Millennio, probabilmente il più grande impegno collettivo mai sottoscritto dalla comunità inter-

nazionale, a perseguire una serie ben definita e verificabile di scopi in un tempo preciso. Tra questi figura in modo

preminente la sostenibilità ambientale, che comprende a sua volta l’integrazione dei principi dello sviluppo sostenibile

nelle politiche e nei programmi di governo dei vari Paesi e l’inversione del trend attuale di depauperamento delle risorse.

Tutte mirano, attraverso i protocolli attuativi che comprendono principi, norme, azioni, alla conservazione degli ecosistemi,

ed allo sviluppo sostenibile nel suo complesso. Riferendosi a questi obiettivi, Irina Bokova, direttore generale UNESCO,

ha ricordato nella recente assemblea ONU che questi non tengono sufficientemente conto della cultura. Il segretario

generale Ban Ki-moon ha quindi deciso che la cultura sarà al centro dell’agenda di sviluppo globale post 2015, dando un

ruolo particolare all’ informazione, le tradizioni orali, arte e l’educazione, fattori chiave dell’industria creativa. Solo tramite

la cultura sarà possibile un cambio di paradigma conoscitivo e tecnologico.

Ci saranno tra gli obiettivi anche i contenuti della Dichiarazione di Firenze? Per uno strumento internazionale di tutela del

paesaggio, una reale opportunità risiede nel capitalizzare gli investimenti fatti in trattati ambientali con similari finalità, ed

innestarsi in meccanismi già creati e rodati quale protocollo di attuazione di specifiche misure. Ciò permetterebbe di

snellire i tempi ed aumentare l’efficacia rispetto ai costi. “Occorrono soluzioni a lungo termine, - ha avvertito Massimo

Candelori dell’UNCCD - integrate nei piani di sviluppo nazionali politiche efficaci per mitigare gli effetti della siccità, della

desertificazione e il degrado dei suoli. Per prevenire i problemi, i governi dovrebbero avere delle politiche di lotta contro i

cambiamenti climatici che per essere efficaci dovrebbero essere coordinate. Oggi la gestione della crisi volta per volta

non è più attuale. Fa bene l’UNESCO a riunire in un’unica Dichiarazione la difesa del territorio e del paesaggio”.

Una finestra di dialogo è stata aperta anche con il Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo (UNDP - United Nations

Development Programme), la più importante fonte multilaterale di sussidi per lo sviluppo umano sostenibile, che coordina

la maggior parte dell’assistenza tecnica del sistema delle Nazioni Unite, ha il compito di approvare programmi nazionali di

sviluppo presentati da singoli stati, di stanziare i relativi fondi e di sovrintendere all’esecuzione dei progetti. Iniziative che

compongono i programmi, esecuzioni che di solito sono affidate alle agenzie specializzate, progetti realizzati in collabora-

zione con organizzazioni non governative, con l’obiettivo di favorire lo sviluppo economico e sociale e soddisfare le

necessità dei settori più poveri della popolazione. L’UNDP è l’organismo che ha ideato l’approccio più sistematico nel

definire lo sviluppo umano, dopo che nel 1988 l’Onu aveva proposto l’avvio di un approccio globale e totale allo sviluppo,

che desse la priorità all’individuo. Dal 1990 produce una serie di documenti sul tema dello sviluppo umano, scegliendo

ogni anno di focalizzare il rapporto su un argomento specifico. Si tratta di un alleato prezioso che potrà contribuire a porre

le premesse per la creazione di un percorso condiviso da tanti partners messi insieme una sola volta. Vedremo cosa

accadrà in futuro.

T.R.

Il difficile compito di andare avanti insieme

Francesco Bandarin, vice direttore generale dell’UNESCO per la Cultura; Pietro Laureano, architetto e urbanista, è consulente UNESCO per le zone aride, la civiltà islamica e gli ecosistemi in pericolo; Massimo Candelori, coordinatore Convenzione della Nazioni Unite per la Lotta alla desertificazione UNCCD, interverranno a Matera, il prossimo novembre, in occasione del 20 anniversario dell’iscrizione della “Città dei Sassi” nella World Heritage List, un convegno dal titolo “Il paesaggio delle caverne”, organizzato dall’UNESCO. In alto a sinistra: Irina Bokova, direttore generale UNESCO.

I Sassi di Matera sono stati iscritti nella lista dei patrimoni dell’umanità dell’UNESCO nel 1993. L’iscrizione è stata motivata dal fatto che essi rappresentano un ecosistema urbano straordinario, capace di perpetuare dal più lontano passato preistorico i modi di abitare delle caverne fino alla modernità. I Sassi di Matera costituiscono un esempio eccezionale di accurata utilizzazione nel tempo delle risorse della natura: acqua, suolo, energia.

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Direttore responsabile: Taty [email protected]

Redazione:Pierpaolo [email protected]

Marketing: Luigi Letteriello 334.120.71.85

Progetti speciali e Pubblicità:Promedia [email protected]

Segreteria di Redazione:Lucrezia Locatelli

Realizzazione grafica: Stefania De Cristofaro

Comitato Scientifico:• Augusto Marinelli, già Magnifico Rettore dell’Università degli Studi di Firenze, Presidente della Giuria Premio Eco and the City Giovanni Spadolini.• Prof. Giovanni Puglisi Presidente CNI UNESCO e Magnifico Rettore della Libera Università di Lingue e Comunicazione IULM.• Giuseppe Falciasecca, professore di ruolo di elettromagnetismo presso ALMA MATER Studiorum Università di Bologna. Presidente Fondazione Guglielmo Marconi• Giuseppe Blasi, già responsabile delle sede Rai della Campania, coordinatore dei corsi della Scuola di Giornalismo dell’Università di Salerno. • Dario Carella, MdA Mérit Europeenne, Fondation du Mérite Europeenne, Lussemburgo.• Andrea Chiaves, progettista emerito di impianti innovativi di cogenerazione e teleriscaldamento. • Alberto Chini, Presidente Associazione Culturale Padre Eusebio F. Chini. Precursore della Sostenibilità.• Marco De Vecchi, Professore associato Dipartimento di Agronomia, Selvicoltura e Gestione del Territorio alla Facoltà di Agraria dell’Università di Torino.• Stefano Masini, responsabile Ambiente e Consumi Coldiretti.• Fabrizio Montepara, Presidente Res Tipica ANCI.• Pietro Nervi, Professore di Economia e Politica montana e forestale. Presidente del Centro studi e documentazione sui demani civici e le proprietà collettive dell’Università di Trento.• Domenico Nicoletti, Docente Università degli Studi Scienze Ambientali di Salerno.• Angelo Paladino, Presidente dell’Osservatorio Europeo per il Paesaggio di Arco Latino.

• Dipak Pant, Professore di Antropologia e Economia, fondatore e direttore dell’Unità di Studi Interdisciplinari per l’Economia Sostenibile presso l’Università di Castellanza.• Carlin Petrini, fondatore e Presidente di Slow Food.• Luigi Spagnolli, Presidente Commissione Ambiente ANCI (Associazione Nazionale Comuni Italiani). • Piero Sardo, Presidente della Fondazione Slow Food per la Biodiversità.

Consulente tematiche e sviluppo azioni:• Dichiarazione UNESCO sul Paesaggio• Sistemi di Scienze locali, Tecniche e Conoscenze Tradizionali• Banca Mondiale Conoscenze Tradizionali (Banca del sapere) - TKWB• Pietro Laureano, Presidente dell’Itki International Traditional Knowledge Institute UNESCO

Consulente tematiche e sviluppo azioni:• ripristino centri storici• restauro conservativo• edilizia sostenibile• ricerca di materiali idonei• recupero dei centri abitati• utilizzo dei materialiMarcello Nebl - Tassullo Materiali Spa

Collaboratori:Andrea Accorigi, Maja Argenziano, Michaela Barilari, Serena Ciabò, Claudio Chiaves, Alberto Chini, Leone Chistè, Angela Comenale, Puccio Corona, Maria D’Angelo, Filippo Delogu, Marco De Vecchi, Pier Fedrizzi, Lello Gaudiosi, Luciano La Letta, Viviana Martini, Luca Melchionne, Alessandro Mortarino, Ennio Nonni,Isidoro Parodi, Francesca Patton, Adriano Pessina, Marco Pontoni, Angelo Porta, Loredana Renaudo, Paolo Rognini, Bernardino Romano, Maurilio Ronci, Alessandro Sbrana, Marzia Spera, Enzo Siviero, Simone Taddei, Francesca Vassallo, Chiara Veronesi, Valeria Zangrandi.

Le fotografie di questo numero Copertina• COPERTINA: Carlo Stanga• EDITORIALE: CNI UNESCO, ITKI UNESCO- Ipogea, Convenzione Nazioni Unite per la lotta alla desertificazione UNCCD.• ISTANTANEE• PRIMO PIANO: Archivio Biblioteca Fondazione Spadolini Nuova Antologia.• INIZIATIVE: Biblioteca Fondazione Spadolini Nuova Antologia, RES TIPICA ANCI, Fondazione Casa natale Enzo Ferrari (Ufficio stampa), FICLU UNESCO, Associazione “Pas de Tor”, Ipogea- ITKI UNESCO, Consulta nazionale della proprietà collettiva, Facoltà Agraria Università di Torino, Osservatorio Europeo del Paesaggio, Co.Svi.G., Lepida SPA.

• SPAZI INNOVATIVI: Archivio Biblioteca Fondazione Spadolini Nuova Antologia, Archivio Fondazione Guglielmo Marconi, Trentino Network.• EDUCAZIONE SOSTENIBILE: UNESCO DESS. Studio Stanga.• INTERVISTA: Edipress Communications (Archivio)• PAESAGGI DIMENTICATI: Serena Ciabò:• BENI COLLETTIVI: Consulta nazionale della proprietà collettiva.• RICOSTRUZIONE SOLIDALE: : Fondazione MIdA. Salvatore Biazzo, Osservatorio sul Doposisma.• MODELLI DI TERRITORIO: Città di Faenza.• RES TIPICA & DINTORNI: Associazione nazionale Città della Ceramica, Ente Provinciale per il Turismo di Salerno.• COVENANT OF MAYORS: Relazioni esterne Ali Comuni Molisani.• INIZIATIVE SPECIALI: Comunità del Cibo ad Energie Rinnovabili.• SCHEGGE DI FUTURO: Relazione Esterne Autobrennero, Relazioni Esterne Museo Casa Enzo Ferrari, Museo Archeologico dell’Alto Adige (Ufficio Stampa), MUSE – Museo delle Scienze (Fotografo Vuance), Museo d’Arte Moderna e Contemporanea di Trento e Rovereto (Fernando Guerra).

Gli articoli e le note firmate esprimono solo l’opinione dell’autore e non impegnano la direzione e la redazione di Energeo Magazine.

Tutela della Privacy:Energeo Magazine viene inviatoin abbonamento postale. Il fruitore del servizio può chiedere la cancellazione o la rettifica dei dati ai sensi della Legge 675/96.Prezzo di copertina: Euro 5,50Abbonamento a 6 numeri Euro 30,00

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Direzione, Redazione, Abbonamenti:Sede legale:Edipress Communications S.a.s.Strada Torino 43, 10143 Orbassano (To)334.120.71.85 - 335 [email protected]

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Stampa:Società Tipografica Ianni SrlStrada Circonvallazione, 180 - SantenaTel. (+39)011.949.25.80 Registrazione Tribunale di Torino N° 4282 del 18-12-1990Copyright Energeo MagazineEdipress Communications S.a.s.Periodico bimestralePoste Italiane SpaSpedizione Postale Dl 353/2003(conv. in L.27.02.2004 n.46) art.1, comma 1, CB/ TorinoAnno VI - N° 4 - Luglio/Agosto 2013Il periodico Energeo Magazine è iscrittonel Registro degli Operatori della Comunicazione (ROC) - N° iscrizione 17843

Questo periodico è associato all’Unione Stampa Periodica Italiana.

ISTANTANEE6 THE LANDSCAPE OF THE CAVES L’impegno dell’UNESCO per tutelare il Paesaggio delle Caverne

PRIMO PIANO8 Il Ministero più povero per il patrimonio più ricco

INIZIATIVE10 Il Ministero delle Utopie Una mostra per ricordare i trent’anni Cinque Anni dopo L’impegno di RES tipica ANCI per i primi 40 anni Insieme, al fianco dell’UNESCO, verso un unico obiettivo Una tappa sui sentieri della spiritualità16 Largo ai giovani, una nuova sfida

SPAZI INNOVATIVI18 Nasce la Community Network Guglielmo Marconi, una storia che parte da lontano Un progetto senza fili, né barriere Telecom un possibile partner Fare da sé, insieme agli altri Nuova Antologia rende onore a Marconi, Premio Nobel per la fisica nel 1909

EDUCAZIONE SOSTENIBILE24 La settimana DESS UNESCO guarda al futuro con l’ottimismo della volontà25 Settimana UNESCO di Educazione allo Sviluppo Sostenibile Paesaggi di bellezza, ancora un messaggio di speranza

INTERVISTA26 Tutela del paesaggio: occorrono nuovi stimoli Intervista al presidente della CNI UNESCO prof. Giovanni Puglisi 27 Ecomuseo della Judicaria e delle Alpi Ledrensi, presentatala candidatura come Riserva della Biosfera

PAESAGGI DIMENTICATI28 La meraviglia del mandorlo in fiore Una croccante occasione di rilancio Un progetto per far convivere paesaggio, gusto e qualità

BENI COLLETTIVI32 Gli esclusivi luoghi delle Regole per imparare a “possedere” L’aggressione al paesaggio deve finire35 Tante possibilità di condividere un altro modo di possedere36 Gli assetti fondiari collettivi una grande risorsa per il territorio

RICOSTRUZIONE SOLIDALE 38 Quando il rudere diventa una risorsa All’improvviso soffiò una strana bora Il terremoto non è finito, si deve solo non dimenticare Il Parco a ruderi di Auletta Un territorio che rinasce Tutto comincia in una grotta

MODELLI DI TERRITORIO44 Faenza e la ceramica il respiro urbanistico della città

RES TIPICA & DINTORNI46 La terra che si trasforma in opere d’arte Un marchio di qualità tutela l’antica arte della ceramica Il settore guarda al mercato cinese Una legge tutela la ceramica artistica in Italia Le 34 città aderenti all’AICC

COVENANT OF MAYORS52 Il Molise mette le ALI

SINERGIE 56 Co.Svi.G., un alleato affidabile

SCHEGGE DI FUTURO58 Autobrennero, l’arteria dell’Arte e della Cultura Ma perché tanta inventiva? Occorre un gesto coraggioso e proiettato nel futuro62 Cultura in movimento, autostrada che diventa comunicazione ed alleanza Bolzano, il fascino del passato I grandi numeri del MUSE Museo delle Scienze di Trento Il Mart di Rovereto, autentico polo culturale di rilevanza internazionale A Modena il Museo Casa natale Enzo Ferrari racconta la storia di un mito

Nella foto: Il MART di Rovereto è stato realizzato su progetto dell’architetto ticinese Mario Botta, in collaborazione con l’ingegnere roveretano Giulio Andreolli. E’ un museo aperto che promuove nuove idee, incoraggia il dibattito, gli scambi e le collaborazioni.

Copertina: Carlo Stanga

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THE LANDSCAPE OF THE CAVESL’impegno dell’UNESCO per tutelare il Paesaggio delle Caverne L

a foto accanto rappresenta l’ingresso delle Grotte di Pertosa-Auletta, dove, grazie al

lavorio incessante della natura da 35 milioni di anni, è stata creata quella che oggi è

una magica attrazione per migliaia di visitatori. Diversi aspetti suscitano l’interesse

per questo sito: naturalistico, speleologico e archeologico. Il tratto iniziale delle Grotte è

invaso dalle acque del fiume Negro, un fiume proveniente dalle più recondite profondità

che offre un affascinante ed inconsueto viaggio in barca, fino a raggiungere un piccolo

approdo dal quale ci si inoltra nelle viscere della terra immersi in un silenzio magico, laddove

luci ed ombre si incontrano, grazie ad un sistema completamente integrato e innovativo

- il primo di questo genere a livello mondiale che tiene conto della tutela ambientale, il

risparmio energetico e la ricerca scientifica - che alimenta l’impianto di illuminazione a

tecnologia Led. L’ambiente è surreale, cunicoli, gallerie e caverne si aprono dinanzi all’occhio

del visitatore che indugia sulle superfici circostanti scoprendo come gruppi di stalattiti e

stalagmiti si modellano di volta in volta in forme misteriose, cui spesso la fantasia ha asse-

gnato un nome. Questa è una delle tante grotte che ha consentito ad un territorio di rina-

scere, grazie ad un insieme di attività turistiche diversificate e di promozione dello sviluppo

territoriale, promosse dalla Fondazione MIdA (approfondimento a pag. 36), viste dall’UNE-

SCO con la lente di ingrandimento. Rientrano, infatti, tra gli esempi eccellenti che fanno

considerare il “Paesaggio delle caverne” un tema di approfondimento sulle cavità facilmente

accessibile dall’esterno che offrirono riparo ai nostri progenitori, utile per integrare e rin-

forzare azioni condivise per il paesaggio. Se ne parlerà a Matera, nel corso del Convegno

“THE LANDSCAPE OF THE CAVES - The Cut Rock Cities Traditional Knowledge For The

Proper Management of Ecosystems”, organizzato in occasione del 20 anniversario dell’i-

scrizione della “Città dei Sassi” nella World Heritage List UNESCO e per la nomination del

capoluogo lucano come Capitale Europea della Cultura 2019. L’appuntamento è previsto il

21-22-23 novembre 2013. L’incontro servirà come approfondimento ad un ciclo di iniziative,

inserite nel programma “The International Protection of Landscapes”, organizzate dall’U-

NESCO e dall’ITKI, l’organizzazione di Bagno a Ripoli in attesa del riconoscimento ufficiale

UNESCO (dovrebbe essere comunicato a novembre) su cui il governo italiano e la nuova

ambasciatrice UNESCO a Parigi stanno lavorando per individuarla come Istituto UNESCO.

ITKI avrà il compito unico al mondo di inventariare e promuovere le conoscenze tradizionali

e il loro uso innovativo raccogliendole on line in una banca mondiale delle conoscenze (la

Traditional Knowledge World Bank (www.tkwb.org) con un metodo “wiki” e di Istituto

UNESCO sulle conoscenze tradizionali. Continua l’impegno del nostro giornale, che sarà,

anche in questa occasione, media-partner. Alla prima riunione mondiale delle tradizioni e

conoscenze delle città scavate nella pietra ci saranno oltre trenta esperti provenienti da tutti

i continenti, convocati da Francesco Bandarin, assistente del direttore generale Cultura

dell’UNESCO, perché la sfida per difendere il paesaggio (anche quelle delle grotte) è grande.

Sarà coinvolta anche l’Associazione Nazionale Città delle Grotte, aderente a Res Tipica ANCI,

che rappresenta la rete dei comuni nel cui territorio sono presenti cavità naturali sotterranee,

marine o nei fianchi di un monte, tutte da difendere e da promuovere tramite iniziative e

servizi nel campo della tutela, della promozione e dell’informazione ambientale e turistica.

T.R.

Le Grotte di Pertosa-Auletta sono un complesso di cavità carsiche di rilevanza turistica,. Il complesso carsico, il cui ingresso è situato nel comune di Pertosa, si sviluppa nel sottosuolo dei vicini comuni di Auletta e Polla, a 263 m s.l.m., lungo la riva sinistra del fiume Tanagro. Il fiume, chiamato Negro, dà a queste grotte una caratteristica particolare: esse sono infatti le uniche grotte non marine attraversate da un corso d’acqua.

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Nel governo bicolore Moro - La

Malfa, in carica dal dicembre

1974 al gennaio 1976, a Gio-

vanni Spadolini fu affidato un compito

tanto originale quanto necessario:

quello di tenere a battesimo un nuovo

ministero, nato addirittura per decreto,

tale la condizione di “necessità e

urgenza” prevista dalla Costituzione

per il ricorso a questo strumento legi-

slativo: il Ministero per i Beni Culturali

e Ambientali, un’amministrazione auto-

noma, responsabile unica di fronte al

Parlamento, unica interlocutrice per un

nuovo indirizzo globale di protezione

per l’area dei beni culturali e per la

necessaria rifondazione delle leggi di

tutela. Ugo La Malfa, in ottemperanza

ai poteri previsti per il Presidente del

Consiglio, aveva lasciato ad Aldo Moro

la libertà di scelta fra i suoi uomini nella

fase di composizione del governo: e

Moro aveva scelto l’uomo giusto al

posto giusto, quasi a scandire quell’u-

nità di intenti fra mondo della cultura

e pubblica amministrazione che altre

volte non era stato possibile realizzare.

Quel “per”, anziché “dei” beni cultu-

rali e ambientali fu fortemente voluto

da Spadolini, contro ogni tentazione

dirigista, nel rifiuto dei ministeri della

cultura evocanti solo regimi autoritari,

nella volontà di sottolineare la pubblica

fruizione, il servizio reso al godimento

della collettività nazionale. La novità

era anche nell’ associazione della difesa

del patrimonio artistico a quello ambien-

tale e naturale, autentica anticipazione

delle future battaglie in difesa del pae-

saggio. “Non è possibile - così si

espresse il 16 gennaio 1975 durante

il dibattito per la conversione in legge

del decreto istitutivo - oggi pensare ad

un Ministero dei beni culturali come

solo guardiano, vorrei dire antiquariale

del patrimonio artistico, allorché

accanto al bene culturale vero e proprio,

il monumento, il museo, lo scavo, ci

sono continue aggressioni a quella

cornice che non è più soltanto paesi-

stica, ma è naturale e ambientale

insieme ed esige una globale difesa

da parte dello Stato”. Un’idea, quella

della tutela unitaria delle opere d’arte

e del loro contesto storico-ambientale,

già presente nel suo intervento a favore

di opportune misure per la salvaguardia

di Venezia, l’11 ottobre 1972.

“La difesa di Venezia è un tutt’unico

- aveva detto - la città lagunare ha diritto

di essere preservata dal deperimento

musei e nelle gallerie. E poi lo snelli-

mento delle procedure e dei regola-

menti, con la facoltà data ai

Soprintendenti di provvedere diretta-

mente alle esigenze dei singoli com-

plessi eliminando i passaggi e le

formalità burocratiche che fino ad allora

avevano fortemente ritardato le inizia-

tive di tutela, ed ancora il passaggio

degli Archivi di Stato dalle competenze

del Ministero dell’Interno - nella cui

amministrazione occupavano un ruolo

del tutto marginale e riduttivo alle loro

grandi potenzialità - a quelle del nuovo

dicastero, in linea con la concentrazione

delle risorse culturali in senso ampio

in un unico organismo. Tutte scelte

che corrispondevano ad una precisa

filosofia di integrazione fra i vari settori

e le risorse del nostro paese, con la

piena consapevolezza delle grandi

potenzialità economiche che da una

tutela attenta e da una promozione

efficace si potevano trarre.

“I beni culturali - così il 23 gennaio

1975 - devono creare le premesse

perché il turismo funzioni…Questo è

il ministero più povero della Repubblica

per il patrimonio più ricco”.

Pochi i fondi a disposizione, all’inizio

addirittura i ritagli di bilancio della Pub-

blica Istruzione che seguivano il

distacco delle competenti direzioni

generali, ma un grande entusiasmo e

un grande spirito di sacrificio.

Una nuova fase, nella quale i Soprin-

tendenti si sentivano interpreti e testi-

moni della grande svolta in atto. Una

svolta che nelle intenzioni di Spadolini

avrebbe dovuto coinvolgere anche gli

enti locali, lasciando - secondo il dettato

costituzionale - allo Stato la funzione

di guida e di orientamento nella difesa

unitaria del patrimonio e conferendo

alle regioni le competenze sui musei

e le biblioteche locali. Cosimo Ceccuti

nella Galleria Nazionale delle Marche

di Urbino. Tuttavia i risultati concreti

non mancarono: si pensi all’approva-

zione in tempi brevissimi di numerosi

disegni di legge, contro ogni ritmo

abituale e disperante del lavoro parla-

mentare, o al miracolo che portò in soli

quarantuno giorni, fatto senza prece-

denti, alla conversione in legge del

decreto istitutivo del nuovo Ministero.

Fra i provvedimenti fondamentali per

il recupero del patrimonio ed il rilancio

di una politica adeguata ai beni culturali

si possono ricordare la legge che con-

feriva alla Biblioteca Nazionale di Roma

autonomia contabile e amministrativa

e che stanziava 850 milioni di lire per

il suo funzionamento; la legge volta ad

ampliare l’organico dei custodi e delle

guardie notturne nei musei e negli scavi

archeologici, con la delineazione di un

programma da portare a termine in tre

anni per l’installazione di moderni

impianti antifurto e antincendio nei

naturale e dalla mano dell’uomo, di

essere salvata come ambiente ecolo-

gico, come insieme di grandi e piccole

opere, come straordinaria e insostitu-

ibile intelaiatura umana nel complesso

unitario della laguna, che non può

essere colpito in un punto senza essere

vulnerato nella sua superstite totalità”.

Dunque un Ministero “costituente”, il

più possibile sburocratizzato, il più

possibile agile, quasi un’Agenzia in

senso anglosassone, ma impegnato

nello stesso tempo in interventi di

emergenza, in provvedimenti che non

potevano più attendere; tanto da tro-

varsi ad affrontare con mezzi assolu-

tamente inadeguati e sproporzionati i

problemi di ordinaria e spesso straor-

dinaria amministrazione, con un terzo

dei musei chiusi per mancanza di per-

sonale di custodia e con gli altri organici

sguarniti e insufficienti, problemi

emblematicamente acuiti da fatti dram-

matici come il furto del 6 febbraio 1975

Fino a che punto è possibile difendersi non dagli abusi tecnicamente intesi, compiuti cioè in violazione di norme

o di principi generali condivisi, ma da quelli di origine squisitamente “culturale”? Da quelli cioè che, nel formale

rispetto delle regole e del consenso, derivano dal ferale abbraccio, nel nome del cattivo gusto, di un’avventata

committenza, di un’infausta progettazione e di un’ottusa amministrazione? Eppure quarant’anni fa ci fu un

provvedimento urgente: la creazione lampo del Ministero per i Beni Culturali e Ambientali

Aosta settembre 1986: Giovanni Spadolini Ministro della Difesa con Papa Giovanni Paolo II in visita alla scuola militare, nell’atto di donare al Papa il suo libro “La Firenze di Gino Capponi”. Numerosi sono stati i punti d’incontro fra il Papa e Spadolini, che come Presidente del Consiglio dei Ministri ebbe modo di incontrarlo più volte dopo l’attentato. In particolare la comune passione per la storia del Risorgimento polacco ed italiano.

Prima di assumere le funzioni di responsabile del nuovo dicastero del Governo Italiano preposto alla tutela della cultura e alla conservazione del patrimonio artistico e culturale e dei beni ambientali, Giovanni Spadolini ha dovuto prestare giuramento, nel Salone delle Feste al palazzo del Quirinale, davanti al Presidente della Repubblica Giovanni Leone, secondo la formula rituale. Nella foto: Il sorridente professore fiorentino conversa con Ugo la Malfa e Aldo Moro.

Il Ministero più povero per il patrimonio più riccoNel 1974 Giovanni Spadolini fondò il Ministero per i Beni culturali e ambientali, oggi il Premio dedicato allo statista

fiorentino propone una serie di iniziative speciali da avviare sull’intero territorio nazionale. All’epoca si segnò una

nuova fase, nella quale i Soprintendenti, finalmente esaltati nella fondamentale importanza del loro lavoro, si

sentivano interpreti e testimoni della grande svolta in atto. Una svolta che nelle intenzioni di Spadolini avrebbe

dovuto coinvolgere anche gli enti locali, lasciando - secondo il dettato costituzionale - allo Stato la funzione di

guida e di orientamento nella difesa unitaria del patrimonio e conferendo alle regioni le competenze sui musei e le

biblioteche locali.

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Scrive Giovanna Mencarelli su

Treccani.it, individuando le

Nuove strategie di tutela del

patrimonio culturale e ambientale: “I

beni culturali hanno costituito in Italia

un settore a lungo emarginato e sot-

tovalutato nella politica e nelle scelte

della pubblica amministrazione, nono-

stante l’istituzione (con d.l. 14 dic. 1974

nr. 657, convertito in l. 29 genn. 1975

nr. 5) del Ministero per i Beni culturali

e ambientali, riorganizzato come Mini-

stero per i Beni e le Attività culturali, a

norma dell’art. 11 della l. 59 del 15

marzo 1997, con d. legisl. 20 ott. 1998

nr. 368. Oggetto di esperienze per

l’occupazione giovanile (l. 285 del 1°

giugno 1977), che non hanno però

presentato l’effetto dinamico atteso,

soltanto a partire dagli anni Novanta i

beni culturali hanno registrato un

sempre crescente interesse, che si è

formalizzato in iniziative con intenti di

rinnovamento e di imprenditorialità”.

I beni culturali sono stati al centro dei

dibattiti e delle proposte politiche a

livello nazionale e internazionale, anche

attraverso le grandi mostre, il più delle

volte veri motori di interesse e di con-

senso, offerte al pubblico, per renderlo

consapevole del patrimonio storico

nazionale e competente nella fruizione.

I beni culturali sono stati quindi risco-

perti come settore attivo dell’economia

nazionale, per l’accertata potenzialità

di produrre utili e nuove professionalità,

attraverso l’organizzazione, la promo-

zione e la gestione mirate.

Dopo anni di politica centralizzata e

autofinanziata, lo Stato italiano - riporta

Treccani.it - ha dovuto riflettere sulle

difficoltà di gestione - con appena lo

0,45% dell’intero bilancio nazionale -

del cospicuo patrimonio, composto di

circa 3500 musei, 2099 siti archeologici,

20.000 centri storici, 95.000 chiese,

40.000 rocche, 30.000 dimore storiche,

4000 giardini, 30.000 archivi, 3100

biblioteche; un complesso di beni, tra

cui alcuni settori in crescita, è, a fine

secolo, al centro di un rinnovato inte-

resse scientifico: vanno ricordati i beni

demo antropologici, i beni demo-etno-

antropologici, i beni archeoindustriali

e i beni Ambientali e il Paesaggio.

Questi ultimi, gestiti da un settore del

Ministero, che fa capo all’Ufficio cen-

trale per i Beni ambientali e paesaggi-

stici, costituiscono un patrimonio di

notevole interesse pubblico, già tute-

lato ai sensi della l. 1497 del 29 giugno

1939 e 431 dell’8 agosto 1985. Si tratta,

nel complesso, di beni culturali che

avevano già ottenuto un riconosci-

mento formale “come testimonianze

materiali aventi valore di civiltà”.

Tutto questo fa riflettere alla vigilia del

quarantennale della fondazione degli

attuali dicasteri del Governo Italiano

preposti alla cultura e alla conserva-

zione del patrimonio artistico e per i

beni ambientali, e della ricorrenza del

ventennale della morte dello statista

fiorentino. Da allora ci sono state nume-

rose tappe.

Una mostra per ricordare i trent’anniDieci anni fa Firenze e la Fondazione

Spadolini Nuova Antologia organizza-

rono la mostra “Giovanni Spadolini e

la nascita del ministero dei Beni cultu-

rali e ambientali” presso la biblioteca

della Fondazione in via Pian de’ Giullari

36/a, dai contenuti esclusivi: vicende

testimoniate da immagini, documenti

e ritagli di stampa, tratti dall’ archivio

inedito dello statista repubblicano. “Fu

ricostruito il clima di quegli anni - ricorda

il presidente della Fondazione Spado-

lini Nuova Antologia, Cosimo Ceccuti

- caratterizzati da un allarmante degrado

del patrimonio artistico e culturale.

Il governo Moro-La Malfa, un bicolore

Dc-Pri nato nel novembre 1974, fu un

estremo tentativo di rivitalizzare il cen-

trosinistra. E anche per questo il pre-

mier democristiano volle al suo fianco

Spadolini, che da direttore del Corriere

lo aveva sostenuto in momenti difficili.

Prima divenne ministro senza portafo-

glio, poi, istituito il dicastero, assunse

la pienezza delle funzioni”.

Fu allora che Moro gli inviò una lettera,

rimasta finora inedita, nella quale auspi-

cava che la creazione del ministero

potesse “valere, almeno in prospettiva,

a realizzare un accostamento e una

compenetrazione tra mondo politico e

mondo della cultura, che non possono,

l’uno e l’altro, essere veri e attuali senza

una profonda interazione”. Parole nelle

quali senza dubbio Spadolini si ricono-

sceva appieno, rilevò sul Corriere il

saggista Antonio Carioti, già collabora-

tore della Voce Repubblicana. “Come

diceva Mario Pannunzio - ricorda Cec-

cuti - Spadolini era un intellettuale

intero, cioè conduceva le stesse bat-

taglie da storico, da giornalista, da

parlamentare e da uomo di governo.

Direttore a via Solferino, nel 1969 aveva

inviato Indro Montanelli a Venezia,

affinché svolgesse un’ inchiesta sulla

situazione drammatica della città lagu-

nare, tanto che si beccarono entrambi

una querela dal sindaco”.

E proprio a Venezia fu dedicato il suo

primo discorso in Senato come ricor-

diamo a pag. 8. “Più tardi, - continua

a raccontare il Presidente della Fonda-

zione Spadolini Nuova Antologia - da

ministro, Spadolini si recò a Caprera,

per evidenziare lo stato di abbandono

in cui si trovava la tomba di Garibaldi.

Nella sua visione, le attività di denuncia

Il “bene pubblico” diventa nel 1909 una fattispecie giuridica. Nel 1974 Giovanni Spadolini fonda il Ministero

per i Beni culturali e ambientali. Oggi il Premio a lui dedicato propone una serie di iniziative finalizzate a diffondere

una cultura per la valorizzazione del patrimonio artistico e dei beni ambientali

Milano 1970, Giovanni Spadolini, allora Direttore del “Corriere della Sera” con Indro Montanelli, la firma più prestigiosa del suo Corriere. (Spadolini e Montanelli escono dal Tribunale di Milano dove Spadolini aveva difeso una serie di pungenti articoli denuncia di Montanelli sul degrado di Venezia causato dall’insediamento industriale, per i quali il Direttore e l’inviato speciale avevano ricevuto una querela per diffamazione, caduta nel nulla).

Firenze, Sala d’Arme di Palazzo Vecchio, dicembre 1975, Giovanni Spadolini accompagnato da alte cariche cittadine si intrattiene con Renato Guttuso in occasione della mostra delle sue opere.

Firenze, primavera 1974, Giovanni Spadolini con Giorgio La Pira all’inaugurazione di un evento culturale cittadino.

Il Ministero delle UtopieA quarant’anni dall’Istituzione del Ministero per i Beni Culturali e Ambientali, riparte una nuova azione capillare per

tracciare “una mappa dei bisogni” del patrimonio storico e culturale e dei beni ambientali, sotto il segno di Giovanni

Spadolini. Per la circostanza è stato allertato, con la collaborazione di Res Tipica e altre organizzazioni locali, un

autentico esercito di tutte le forze vive della cultura e della società per riscoprire, monitorare e promuovere azioni

di tutela e di salvaguardia del patrimonio ambientale, culturale, archeologico, storico, urbanistico, architettonico del

nostro Paese.

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Il Ministero delle Utopie

e di governo erano indissolubilmente

congiunte”.

Cinque anni dopoAltra tappa, cinque anni dopo, per

affrontare queste tematiche. I 35 anni

del Dicastero vennero ricordati da Cri-

stina Manetti su il Giornale, la quale

rilevò come la protezione dei beni

culturali fosse una parabola che ha

radici lontane. Era stato Ruggero

Bonghi, ministro della Pubblica istru-

zione nel pieno autunno della Destra

storica a volere una direzione generale

che avviasse la prima embrionale

azione di tutela dei beni artistici e arche-

ologici dell’Italia unita. Ma il momento

di svolta che portò al passaggio dal

grande recipiente della Pubblica istru-

zione alla formazione autonoma di un

Dicastero dei Beni culturali fu con

Giovanni Spadolini primo Ministro dei

Beni culturali e ambientali della storia

d’Italia. Quello il momento, quella la

fase di fondazione e articolazione di un

nuovo Ministero. E fu proprio Spadolini

il protagonista dell’esperienza costi-

tuente nell’ambito del bicolore Moro-La

Malfa. Un momento importante della

storia politica e sociale italiana.

La situazione era ai limiti dell’emer-

genza. La svolta rischiava di diventare

un sogno non realizzato. Il quotidiano

di via Negri sottolineò come la prima

intuizione del bene artistico inteso

come “bene pubblico”, da tutelare

secondo le leggi dello Stato e non

secondo gli arbitri dei privati, rimonta

all’età giolittiana. Avvenne infatti negli

anni fra il 1902 e il 1909 la vera rivolu-

zione che portò agli strumenti legisla-

tivi di tutela che ancora mancavano.

Il “bene pubblico” diventò, un secolo

fa (1909), una fattispecie giuridica.

L’immenso e sconosciuto patrimonio

di beni d’arte disseminati nel territorio

dello Stato venne quindi automatica-

mente inglobato in questo concetto

nascente, in una specie che trovava

così una disciplina legislativa di controlli,

di denunce, di schedature, di vigilanza,

di alienazioni. La creazione del mini-

stero aveva l’aspirazione di “realizzare

una compenetrazione tra mondo poli-

tico e mondo della cultura, che non

possono, l’uno e l’altro, essere veri

senza una profonda interazione”.

Parole nelle quali Spadolini, che si

definiva Ministro dell’utopia, si ricono-

sceva, tanto che uno dei suoi meriti fu

certo quello di aver coinvolto l’opinione

pubblica facendo dei Beni culturali un

grande tema di discussione.

L’impegno di RES tipica ANCI per i primi 40 AnniLa discussione continua ancora oggi,

in un momento difficile per il Paese.

Ancora una volta si coinvolge l’opi-

nione pubblica per cercare il patrimo-

nio nascosto, dimenticato o

semplicemente mal utilizzato: la leva

con cui risollevare il Paese. Occorrono

interventi concreti e scelte precise,

trovare inequivocabili risposte a spe-

cifiche domande. La Fondazione

Spadolini Nuova Antologia, la Fonda-

zione Casa di Enzo Ferrari-Museo

(diretta da Adriana Zini), e la Fonda-

zione Guglielmo Marconi, attraverso

il Premio Eco and the City e con la

collaborazione di Energeo Magazine,

intendono avviare un pacchetto di

iniziative speciali (www.ecoandthe-

city.it), allertando un autentico eser-

cito di tutte le forze vive della cultura

e della società, quelle indicate, a suo

tempo, dallo statista fiorentino. Res

Tipica ANCI farà da apripista al pro-

getto per riscoprire, monitorare e

promuovere azioni di tutela e di sal-

vaguardia del patrimonio ambientale,

culturale, archeologico, storico, urba-

nistico, architettonico del nostro

Paese, con l’obiettivo di diffondere

una cultura per il mantenimento del

decoro urbano e la valorizzazione dei

Beni Culturali ed ambientali, intesi

come patrimonio comune. E’ prevista

un’azione di aggregazione partendo

dal basso verso l’alto, come indica

l’UNESCO, per incoraggiare pro-

grammi di partecipazione insieme ad

interventi basati sulla conoscenza

locale. Il progetto sarà presentato a

Roma, il 9 ottobre prossimo, nella

sede prestigiosa dell’ANCI (Associa-

zione Nazionale Comuni d’Italia), in

via dei Prefetti, ospiti dell’Associa-

zione di Identità Res Tipica, creata

dall’ANCI nel 2003 per promuovere

in Italia e nel mondo le identità terri-

toriali. “Ci è sembrata doverosa

questa collaborazione, che si inseri-

sce a pieno titolo nel programma

del nostro Manifesto dei valori -

spiega Fabrizio Montepara, presi-

dente di RES Tipica ANCI - Per

raggiungere questi nuovi obiettivi

dobbiamo garantire una possibilità

di comunicazione unitaria al progetto

da parte di tutte le Associazioni ade-

renti a RES tipica”.

L’Associazione oggi riunisce 27 Asso-

ciazioni di Identità, 1.885 Comuni, 8

Unioni di Comuni, 38 Province, 2

Regioni, 37 Comunità Montane, 8

Enti Parco, 9 Strade del Vino, 14

Camere di Commercio, per un totale

di oltre 2000 Enti locali. Il network,

rivolto principalmente ai Comuni di

piccole e medie dimensioni, intende

preservare e favorire l’immenso patri-

monio che incorpora i saperi delle

comunità, le caratteristiche dell’am-

biente e le produzioni tipiche, trasformando questo grande capitale culturale

e sociale in qualità della vita per chi in quei luoghi risiede, anche solo tem-

poraneamente, e in occasioni di sviluppo sociale ed economico rispettoso

dei valori e della cultura locale.

Insieme, al fianco dell’ UNESCO, verso un unico obiettivoL’azione continuerà anche nei prossimi mesi, per salvaguardare la diversità

e il patrimonio materiale e immateriale, coinvolgendo la Federazione Italiana

Club e Centri UNESCO, completamente rinnovata nei vertici e nei programmi

avviati, comunque, in sinergia con la Commissione Nazionale UNESCO,

come il progetto per il Decennio dell’Educazione allo Sviluppo Sostenibile

(DESS) 2013. “Tra gli obiettivi - spiega il presidente della FICLU Adriano

Ritacco - la valorizzazione e l’adozione di quei luoghi intesi come patrimonio

comune, ma anche della tutela dei borghi arroccati, affascinanti, inseriti in

paesaggi di aspra bellezza, pieni di mistero e di storia, oggi completamente

abbandonati, un tempo antichi custodi di un bene storico-culturale, testimo-

nianza del tempo e memoria storica degli stessi borghi, poi diventati paesi

fantasma”. L’iniziativa è rivolta a quanti hanno a cuore i valori della salva-

guardia e della tutela del patrimonio culturale, soprattutto quello considerato

“minore”, la cui funzione oscilla in continuo tra quella di deposito passivo

della memoria storica e dell’identità culturale e quella, opposta, di potente

stimolo per la creatività del presente e la costruzione del futuro. Le porte

sono aperte a tutte le realtà che esprimono la loro profonda preoccupazione

per l’abbandono del patrimonio locale e il degrado del paesaggio a causa

della rapida urbanizzazione, l’industrializzazione e altri rischi e minacce cau-

sati da motivi incomprensibili che hanno raccolto la possibile sfida di moni-

torare l’Italia che scompare. Il modello da replicare potrebbe essere quello

adottato dall’Associazione “Pas de Tor” che ha progettato, organizzato,

gestito e promosso, con la partecipazione ed il sostegno delle Amministra-

zioni Pubbliche e del Privato, diversi progetti ed iniziative a valorizzare la

Sulla scia dell’impegno del Ministro per i Beni Culturali e Ambientali Giovanni Spadolini

Fabrizio Montepara Adriano Ritacco Adriana ZiniCosimo Ceccuti Lorella Maria Teresa de Marco

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Anno VI - luglio/agosto 2013 Anno VI - luglio/agosto 2013

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Il Ministero delle Utopie

regione Friuli, la Provincia di Udine

ed in particolar modo la bassa Friu-

lana puntando anche all’Internazio-

nalità. Le attività partono da una

ricerca archeologica, storica, culturale

e produttiva del territorio studiandone

le varie possibilità di valorizzazione

e promozione. “Il percorso - spiega

Lorella Maria Teresa de Marco, pre-

sidente dell’Associazione - è iniziato

con l’archeologia, che rappresenta il

tempo di ieri, per arrivare ad oggi

utilizzando quello strumento indi-

spensabile che è la storia”. “Tutti i

progetti - precisa - vengono sviluppati

in collaborazione con Atenei, Musei,

Scuole, Enti Territoriali, Associazioni

e Privati. L’intento è conoscere per

conservare e valorizzare la storia e

promuovere nuove forme di econo-

mia capaci di auto sostenersi”. Un’al-

leanza per quanto riguarda la sezione

speciale “Alla ricerca del Paesaggio

perduto” che si ispira alla Dichiara-

zione UNESCO sul paesaggio - lo

strumento solenne e formale enun-

ciato a Firenze, il 21 settembre 2012,

in occasione del “The International

Protection of Landscapes”, organiz-

zato da Pietro Laureano - è stata fatta

con la Consulta nazionale della pro-

prietà collettiva, presieduta da

Michele Filippini, per far conoscere

il variegato mondo di questa antica

concezione della appartenenza: il

fenomeno dei beni collettivi, inteso

come modello di una nuova economia

partecipata e solidaristica, rispettosa

dei territori e dell’ambiente, radicata

nel sentire comune e nelle popola-

zioni. La Consulta si propone di risco-

prire questi luoghi per fare un tuffo

nella natura con l’obiettivo di promuo-

vere iniziative di valorizzazione delle

aree e dei patrimoni immateriali

(conoscenze, tradizioni, storia, ecc.)

che fanno parte della proprietà col-

lettiva, recuperando una nozione di

patrimonio che, in questi ultimi anni,

si è offuscata, ma che può ancora

rappresentare un’idea di economia

a misura d’uomo. Oggi che si mani-

festa un rinnovato interesse sul pro-

gramma MAB UNESCO “Man and

Biosphere Programme” (MAB, 1974),

perfettamente allineato con le politi-

che unescane (tantissime realtà locali

desiderano avviare la complessa

istruttoria relativa alla candidatura),

si vogliono coinvolgere, le comunità

e le parti interessate ad una visione

comune per lo sviluppo sostenibile

attraverso l’utilizzo della riserva della

biosfera come una piattaforma per il

dialogo e la partecipazione. In altre

parole si tratta di dare armonia ad

una serie di iniziative individuate sul

territorio, alla vigilia di una ricorrenza

così significativa, con progettualità e

concretezza, passione ed impegno

costante. A tale scopo dovranno

essere utilizzati corsi collettivi di

lezioni, sull’esempio del Piemonte e

del Veneto, su come “Osservare il

Paesaggio”, organizzati dal Coordi-

namento degli Osservatori del Pae-

un sentiero di particolare interesse

naturalistico, storico e religioso al

beato Frassati, il giovane torinese

che “amava la montagna e la sentiva

come una cosa grande, un mezzo di

elevazione dello spirito, una palestra

dove si tempra l’anima e il corpo”,

promosso dalla Sezione di Salerno

del CAI, con il motto “ Per incontrare

Dio nel creato”. In quest’anno spe-

ciale i territori di natura vulcanica si

stanno organizzando in un’Associa-

zione di Identità Res Tipica “Terre dal

cuore caldo”, che dovrà aderire a

Res Tipica ANCI. L’iniziativa rappre-

senta uno dei progetti esclusivi avviati

dal Premio Eco and the City, costan-

temente impegnato nella costruzione

di una rete di relazioni (anche inter-

nazionali), tramite la creazione di

nuovi percorsi, ricchi di contenuti e

di valori, legati al territorio. La ricerca

punta sul fatto che queste terre dalla

natura vulcanica anche quando oggi

è irriconoscibile, apprezzati fin dai

tempi dei romani e degli etruschi,

rappresentano una preziosa peculia-

rità naturalistica della penisola in virtù

dei paesaggi magnifici e surreali:

campi di lava, fumarole, soffioni di

vapore, mofete, sinkhole.

saggio Europei (in Italia sono una

ventina) i quali recentemente hanno

espresso il pieno convincimento

sull’importanza degli Osservatori del

Paesaggio per una piena applicazione

della Convenzione Europea del Pae-

saggio. “Il progetto - spiega il coordi-

natore Marco Devecchi - prevede

l’elaborazione di un testo riepilogativo

che tiene conto degli auspici espressi

dal Consiglio d’Europa per una diffusa

attivazione di Osservatori del Paesag-

gio e dei Centri di ricerca sul paesag-

gio in tutto il contesto europeo”.

Una tappa sui sentieri della spiritualità“Sulla stessa direzione potranno

essere organizzate gite sui sentieri

della spiritualità dedicati dal CAI a

Pier Giorgio Frassati, figlio di Alfredo,

fondatore della Stampa, il beato pie-

montese amante della montagna,

scomparso nel 1925 a soli 24 anni”

- suggerisce l’Avv. Angelo Paladino,

Presidente dell’Osservatorio Europeo

del Paesaggio, con sede a Padula,

partner dell’intero progetto. L’inizia-

tiva partirà da Sala Consilina, località

del salernitano che lanciò il progetto

di intitolare in ogni regione d’Italia

“Il progetto, senza scopi di lucro,-

spiega Sergio Chiacchella, direttore

generale del Co.Svi.G. - è finalizzato

alla promozione e valorizzazione di

queste terre, ricollegando espe-

rienze, culture e risorse, stimolando

azioni per la salvaguardia e la quali-

ficazione: una sfida che non può

prescindere dal coinvolgimento e

dalla sensibilizzazione delle popola-

zioni locali”. L’iniziativa sarà utilizzata

per riconoscere le tappe evolutive

della storia del nostro pianeta “scritte

nelle sue profondità e sulla sua super-

ficie, nelle rocce e nel paesaggio”

(Dichiarazione Internazionale della

Memoria della Terra, 1991), avviando

una ricerca sulla fenomenologia del

territorio come campo d’indagine e

conoscenza. Non poteva mancare

nel fitto programma una quarta ini-

ziativa speciale per vivere il presente

immaginando futuro. Il Premio, attra-

verso il progetto Community Net-

work Guglielmo Marconi, intende

perseguire la teoria che occorre

tenere conto del nostro glorioso

passato guardando al futuro per raf-

forzare il ruolo delle città come motori

dell’innovazione.

“Guardiamo con estremo interesse

allo sviluppo di questa iniziativa -

spiega il professor Gianluca Mazzini,

direttore di Lepida Spa che ha con-

tribuito alla realizzazione dell’innova-

tivo progetto - in particolare vogliamo

considerare il “Living lab”, definito

il laboratorio vivente, un modello utile

a sostenere la domanda di mobilità

sociale da parte dei settori più deboli

della popolazione, soprattutto anziani

e disabili che per motivi di salute

debbono spostarsi sul territorio e

favorire una mobilità che migliori la

vita sociale”. In effetti, il concetto di

“Living Lab” è un nuovo approccio

nelle attività di ricerca che consente

agli utilizzatori - rappresentati dagli

stessi abitanti di un’intera cittadina

o di una zona - di collaborare con i

progettisti nello sviluppo e nella spe-

rimentazione dei nuovi prodotti ad

essi destinati. I Living Lab, come è

stato sperimentato in alcune realtà,

stimolano l’innovazione in quanto

trasferiscono la ricerca dai laboratori

verso contesti di vita reale dove i

cittadini e gli utenti diventano essi

stessi “co-sviluppatori”. Insomma,

un progetto destinato a crescere per

costruire una rete di Comunità senza

fili né barriere, destinata a seminare

il concetto di innovazione applicata

al territorio. Comunità che sono

autentici giacimenti di identità cultu-

rale in cui possiamo leggere le tracce

di quei racconti e di quelle memorie

che costituiscono il fondamento

dell’appartenenza ad un luogo. Ecco

perché, a quarant’anni dall’Istituzione

del Ministero per i Beni Culturali e

Ambientali, riparte una nuova azione

capillare per tracciare “una mappa

dei bisogni” del patrimonio storico

e culturale e dei beni ambientali, sotto

il segno di Giovanni Spadolini. E’

questa la sfida possibile. T.R.

INIZ

IATI

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Sulla scia dell’impegno del Ministro per i Beni Culturali e Ambientali Giovanni Spadolini

Angelo PaladinoMichele Filippini Sergio Chiacchella

Gianluca Mazzini

Marco De VecchiPietro Laureano

Page 10: ENERGEO MAGAZINE Anno VI Luglio - Agosto 2013

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Anno VI - luglio/agosto 2013

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Il Professor Giovanni Spadolini cre-

deva fortemente nei giovani, con-

vinto che il futuro di ogni Paese

fosse necessariamente affidato alla

cultura, la formazione, la creatività

innovativa delle nuove generazioni.

Il Premio a lui dedicato sente il dovere

di andare alla scoperta dei tanti giovani

di talento, ricercatori sovente non valo-

rizzati, al contrario sottoccupati, spesso

costretti a trovare miglior fortuna all’e-

stero. Le loro intuizioni, la loro genialità

sono il vero motore della rinascita del

nostro Paese, ricerca e innovazione

sono l’unico futuro possibile. L’alter-

nativa inesorabile è il declino. Il Premio

vuole denunciare il dramma nazionale

della fuga dei nostri cervelli migliori,

vera e propria nuova ondata di emigra-

zione intellettuale, dando a questi gio-

vani visibilità, riconoscimento e dignità.

Occorre che l’Italia diventi un’officina

all’avanguardia in fatto di green eco-

nomy, innovazione e ricerca. La cen-

tralità del capitale umano appare

evidente. Il Premio andrà alla scoperta

di casi paradigmatici in tema di creati-

vità nel campo dell’economia sosteni-

bile, unica possibile leva strategica per

affrontare la recessione e aumentare

la propria competitività sul mercato

globale. La crisi ha evidenziato la fra-

gilità di modelli di sviluppo lontani dalle

dinamiche e dalle vocazioni dei territori.

Non dimentichiamo che i dati relativi

all’imprenditoria giovanile risultano

essere il tallone d’Achille del Paese.

L’eccessiva mole di carico burocratico,

insieme alle difficoltà di accesso al

credito pesano come zavorre sulla

possibilità di intraprendere delle nuove

generazioni. Coniugando qualità, inno-

vazione e territorio con la sostenibilità,

si possono trovare le energie e i talenti

per affrontare le sfide che abbiamo di

fronte e guardare con più fiducia al

futuro. A partire dalle esperienze che

racconteremo in questo viaggio stra-

ordinario. La nostra ricerca dimostrerà,

con esempi concreti, che esistono reali

spazi di sviluppo se si punta sulle nuove

generazioni di ricercatori, sulla genialità

italiana, sulla voglia di mettersi in gioco

dei nuovi imprenditori, sulle caratteri-

stiche locali e sulla sostenibilità ambien-

tale. Si tratta di credere fortemente nel

valore, anche strategico, di un approc-

cio sostenibile. Il Premio intende pro-

muovere una politica di sensibilizzazione

al problema della mancata valorizza-

zione dei giovani ricercatori italiani nel

campo dell’economia sostenibile, figli

del proprio territorio e portatori del

diritto di creare ricchezza e sviluppo

nel loro paese. Infondere fiducia e

visione di futuro convinti che innova-

zione, produttività e cultura siano intrin-

secamente correlati. Pierpaolo Bo

La frenetica attesa delle nuove generazioni.

Largo ai giovani, una nuova sfidaAlla scoperta di giovani talenti nel mondo della ricerca e dell’impresa nel campo della green economy. La crisi ha

evidenziato la fragilità di modelli di sviluppo lontani dalle dinamiche e dalle vocazioni dei territori.

Occorre che l’Italia diventi un’officina all’avanguardia in fatto di green economy, innovazione e ricerca

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INNOV

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SPAZI

INNOV

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I

L’ iniziativa che stiamo per rac-

contare muove da lontano, quasi

per sottolineare il nesso inscin-

dibile esistente fra il risveglio culturale

e civile promosso da Nuova Antologia,

aperta all’emancipazione e al pro-

gresso, e il Premio Eco and the City

Giovanni Spadolini che rappresenta

una macchina in continuo movimento

abituata a sbirciare nell’attualità e nelle

trasformazioni sostenibili dei territori.

Senza dimenticare l’epopea leggenda-

ria che rivive nelle pagine ingiallite

dell’Antologia di Capponi e di Vieus-

seux, come di recente ha ricordato

Giovanni Puglisi, presidente della Com-

missione nazionale italiana per l’UNE-

SCO, inaugurando nel novembre del

2010, la mostra documentaria su ‘’L’I-

talia fra politica e cultura nelle pagine

di Nuova Antologia’’, che si è tenuta

a Firenze, nella sede della Biblioteca

della Fondazione Spadolini (via Pian dei

Giullari 36/a), per i 145 anni di pubbli-

cazioni ininterrotte della prestigiosa

testata: il professor Puglisi, ripercor-

rendo la vicenda culturale, politica e

civile della nazione in un secolo e mezzo

di storia, attraverso gli autori più pre-

stigiosi nelle lettere, nelle scienze e

nelle arti e il dibattito che nelle varie

epoche ha caratterizzato la crescita

della società italiana ha voluto ricordare,

in quella occasione, il rilievo avuto dal

periodico nel panorama nazionale ed

europeo. In particolare, il Presidente

della Commissione Nazionale italiana

per l’UNESCO, ha sottolineato come

fra gli autorevoli collaboratori di riferi-

mento di “Nuova Antologia” in questi

centocinquant’anni figura con i suoi

scritti Guglielmo Marconi. Il Premio

Nobel affidò alla rivista di scienze,

lettere ed arti Nuova Antologia, nel

novembre del 1926, le fondamentali

riflessioni su “le radiocomunicazioni a

fascio”, e nel gennaio del 1933 quelle

egualmente fondamentali su “Radio-

comunicazione ad onde cortissime”.

Partiamo da Nuova Antologia, la rivista

più antica d’Italia, fondata a Firenze nel

1866 e a lungo guidata da Spadolini.

Nel corso degli anni sulle pagine della

Nuova Antologia sono comparsi i nomi

più importanti della letteratura, della

scienza e della poesia italiana, come

ricorda il professor Cosimo Ceccuti,

attuale direttore della rivista.

Un progetto senza fili, né barriereA Villa Griffone, a Pontecchio sulle

colline bolognesi, è nata un’importante

intesa che vede protagonisti la storica

rivista fiorentina e Trentino Network.

Si tratta di promuovere una nuova

iniziativa, la “Community Network

Guglielmo Marconi”, una comunità

senza fili né barriere. Un progetto ambi-

zioso fortemente voluto da Alessandro

Zorer, amministratore delegato di Tren-

tino Network, manager trentino

moderno e innovativo. Se ne parlerà

ufficialmente il 26 settembre prossimo,

nella Sala della Provincia Autonoma di

Trento, affrescata dal pittore futurista

Fortunato Depero, a Trento, in occa-

sione della tappa del check-up digitale,

promosso da Telecom Italia , un report

in grado di fotografare l’attuale situa-

zione del paese di fronte ad alcune

delle principali sfide che la pubblica

parallele. Il report è denominato “Italia

connessa - Agende Digitali Regionali”

ed è stato pensato espressamente per

fungere da stimolo e da guida per

coloro i quali hanno la responsabilità

dell’amministrazione della cosa pub-

blica. Per molti versi si tratta di una

sorta di federalismo applicato all’A-

genda Digitale, un modo per identificare

responsabilità e necessità locali nella

convinzione per cui sia possibile agire

anzitutto dal basso per arrivare ad

obiettivi di ispirazione nazionale.

Il potere in mano alle regioni è del resto

sempre più ampio e un’azione di questo

tipo può dunque trovare motivi validi

per essere portata avanti attraverso un

dialogo diretto con i singoli governatori,

come conferma Oscar Cicchetti, Diret-

tore Strategy di Telecom Italia. “Tele-

com Italia - dice - vuole contribuire in

modo concreto ad accelerare il pro-

cesso di digitalizzazione del Paese,

coerentemente con gli obiettivi indicati

dall’Agenda Digitale. Siamo convinti

che ciascuna Regione debba costruire

la propria Agenda Digitale, partendo

dalla piena consapevolezza delle proprie

eccellenze e dei propri ritardi.

amministrazione si trova di fronte al

cospetto dell’innovazione. Un report

che, spera il gruppo, sappia smuovere

la pulsione ad agire per dar vita ad

agende digitali su base regionale,

basate sulle singole necessità e pen-

sate per coprire le falle di un sistema

che misura un costante ritardo rispetto

all’Europa.

Telecom un possibile partnerLe due iniziative viaggiano su strade

Il progetto è stato promosso dalla Fondazione Spadolini Nuova Antologia, la Fondazione Guglielmo Marconi,

Trentino Network, Lepida Spa e Co.Svi.G.

Lo scienziato Berners-Lee, l’inventore di internet insieme ad Alessandro Zorer, amministratore delegato di Trentino Network. Nuova Antologia, la rivista più antica d’Italia, fondata a Firenze nel 1866 e a lungo guidata da Spadolini (foto piccola), ebbe fra gli autorevoli collaboratori Guglielmo Marconi. Il Premio Nobel affidò alla rivista di scienze, lettere ed arti, nel novembre del 1926, le fondamentali riflessioni su “le radiocomunicazioni a fascio”, e nel gennaio del 1933 quelle egualmente fondamentali su “Radio-comunicazione ad onde cortissime”.

Nasce la Community Network Guglielmo Marconi, una storia che parte da lontanoLa Fondazione Spadolini Nuova Antologia, avendo stretto una preziosa alleanza con Fondazione Guglielmo Marconi,

vuole in questo modo ricordare il Premio Nobel. Guglielmo Marconi, che faceva parte del Comitato di direzione

della Nuova Antologia, volle che il giorno stesso nel quale egli, innanzi agli Augusti Sovrani ed agli altri Alti Ufficiali

dello Stato, parlò all’Augusteo della sua meravigliosa scoperta, il testo della sua conferenza venisse pubblicato

dalla Nuova Antologia, rivista di Lettere, Scienze ed Arti, che si onora di annoverarlo fra i collaboratori più illustri.

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Nasce la Community Network Guglielmo Marconi, una storia che parte da lontano

Guglielmo Marconi inventò un efficace sistema di comunicazione con telegrafia senza fili via onde radio che ottenne notevole diffusione: la sua evoluzione portò allo sviluppo dei moderni metodi di telecomunicazioni come la radio, la televisione e in generale tutti i sistemi che utilizzano le comunicazioni senza fili.

Una vista dell’alto di Villa Griffone, la casa paterna di Marconi, meta di grande interesse per un vasto pubblico. All’interno del parco, luogo di origine delle radiocomunicazioni, è stato costruito il Mausoleo dove riposano Guglielmo Marconi e la moglie Marchesa Maria Cristina.

“Italia Connessa” fornisce un quadro

di riferimento e Telecom Italia intende

proporsi alle Regioni come un partner

credibile per lo sviluppo delle infrastrut-

ture e dei servizi”.

Alessandro Zorer ci mostra il progetto,

tracciato a grandi linee, nella nuova

sede di Trentino Network, in via Gio-

vanni Pedrotti, sulle rive dell’Adige, al

cospetto delle montagne che sovra-

stano il capoluogo della Provincia Auto-

noma. La struttura sarà inaugurata,

ufficialmente nella stessa occasione.

Zorer gongola per questa proposta

innovativa, avviata in contemporanea

alla partnership con il Premio Eco and

the City e che decollerà definitivamente

il 9 ottobre prossimo a Roma, in occa-

sione della presentazione del pro-

gramma della Fondazione Spadolini

Nuova Antologia, dedicato al quaran-

tennale della fondazione degli attuali

dicasteri del Governo Italiano preposti

alla cultura e alla conservazione del

patrimonio artistico e i beni ambientali.

Nella stessa data si commemorerà il

ventennale della morte dello statista

fiorentino. Ci saranno diverse iniziative

abbinate al Premio, avviate in sinergia

con importanti istituzioni come Res

Tipica ANCI e ITKI UNESCO e altri

partners. “Il nostro progetto prende

spunto dal significato di “cos’è l’auto-

nomia“ che così viene sintetizzato:

fare da sé, insieme agli altri. - dice

Zorer - Insieme alla Fondazione Spa-

dolini Nuova Antologia abbiamo coin-

volto Lepida Spa (sviluppo di servizi

innovativi in Emilia e la relativa integra-

zione nella rete Lepida), la Fondazione

Guglielmo Marconi e la struttura del

Co.Svi.G. (Consorzio per lo Sviluppo

per le Aree Geotermiche), che dovrà

occuparsi della ricerca e delle tecnolo-

gie emergenti legate allo sviluppo della

geotermia.”

Fare da sé, insieme agli altri La futura Community Network

Guglielmo Marconi ha, infatti, l’obiettivo

di estendere il proprio raggio d’azione

anche in altre regioni su cui fondare i

futuri progetti in materia di infrastrut-

ture e piattaforme, puntando sullo

sviluppo di servizi innovativi e di scam-

bio con altre strutture nel sistema

pubblico e privato. Si sta lavorando in

una logica di coordinamento e sussi-

diarietà al fine di promuovere la banda

larga e nuove tecnologie laddove

queste non siano presenti.

La strategia prevede di realizzare il

maggior numero possibile di sinergie

con gli operatori che agiscono sul ter-

ritorio, anche mettendo a disposizione

infrastrutture tecnologiche per facilitare

gli operatori stessi. In tal modo si

vogliono mettere insieme partners

promotori (si darà spazio anche ai part-

ners sostenitori) che ricoprono un ruolo

sul territorio, pronti a sviluppare colla-

borazioni. Iniziative che coniugano gli

aspetti ambientali e di sostenibilità,

elementi cruciali di identificazione e di

valorizzazione dei territori.

“Quest’iniziativa doveva per forza par-

tire dalla zona collinare dell’Appennino

bolognese, compresa tra la bassa valle

del fiume Reno, - spiega Zorer - nel cui

territorio, compreso tra la bassa valle

del fiume Reno, venne sviluppato per

primo dal premio Nobel Guglielmo

Marconi (a cui è dedicata la Community

Network), un efficace sistema di comu-

nicazione con telegrafia senza fili via

onde radio che ottenne notevole dif-

fusione: la sua evoluzione portò allo

sviluppo dei moderni metodi di teleco-

municazioni come la radio, la televi-

sione e in generale tutti i sistemi che

utilizzano le comunicazioni senza fili”.

In questi luoghi, a Pontecchio, si trova

la casa paterna di Marconi, Villa Grif-

fone, meta di grande interesse per un

vasto pubblico, destinata a diventare

baricentro delle attività di progetti locali

e delle iniziative avviate per promuo-

vere la futura Community Network

Guglielmo Marconi, che ha l’obiettivo

ambizioso di diventare un polmone di

“cultura dell’innovazione”, stabilendo

un legame ideale e scientifico, tramite

le onde millimetriche, che costituirono

gli ultimi argomenti su cui Marconi

pose la sua attenzione.

All’interno dello storico edificio, luogo

di origine delle radiocomunicazioni,

dove si respira l’atmosfera della leg-

genda (nel Mausoleo riposano

Guglielmo Marconi e la moglie Mar-

chesa Maria Cristina), è presente anche

un Centro di ricerca dove operano

specialisti della Fondazione Ugo Bor-

doni, dell’Università di Bologna e della

stessa Fondazione Marconi, le cui atti-

vità comprendono tre differenti aree:

storia, ricerca, formazione.

SPAZI

INNOV

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Anno VI - luglio/agosto 2013SP

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Nasce la Community Network Guglielmo Marconi, una storia che parte da lontano

Nuova Antologia rende onore a Marconi, Premio Nobel per la fisica nel 1909Il Presidente della Fondazione

Guglielmo Marconi, Professor, racconta

come alla morte di Marconi un anonimo

scrisse su “Nuova Antologia”: “Mar-

coni ha dato agli uomini un nuovo modo

di conoscersi, di aiutarsi, di amarsi,

quale nessun poeta o scienziato aveva

mai immaginato. Il dominio spirituale

di ciascuno non si restringe, ma può

diventare più grande. Gli uomini hanno

possibilità enormemente maggiori di

prima nella loro vita individuale e in

quella collettiva. E non occorre essere

poeti o scienziati per sentire, compren-

dere ciò”. Poi conclude: ”Gli umili

hanno pianto Marconi, si sono anch’essi

esaltati al pensiero del suo genio.

E per tutti, e anche per loro, in Italia e

in tutti i continenti, la luce di questo

grande spirito italiano continuerà ad

illuminare la via maestra della civiltà e

a consolare coloro che hanno fede nel

destino degli uomini”. Guglielmo Mar-

coni, che faceva parte del Comitato di

direzione della Nuova Antologia, volle

che il giorno stesso nel quale egli,

innanzi agli Augusti Sovrani ed agli altri

Alti Ufficiali dello Stato, parlò all’Augu-

steo della sua meravigliosa scoperta,

il testo della sua conferenza venisse

pubblicato dalla Nuova Antologia, rivi-

sta di Lettere-Scienze ed Arti, che si

onora di averlo avuto collaboratore

illustre e nel Fascicolo 1312 del 16

novembre 1926 venne offerta ai lettori

della storica pubblicazione l’interes-

sante primizia. Dodici pagine di fittis-

simo testo del fascicolo che il Premio

Nobel completava in questo modo:”In

conclusione, la parola d’Italia potrà

essere udita nei più lontani Paesi nel

modo più indipendente e più vario

possibile. Desidero esprimere pubbli-

camente la mia viva riconoscenza agli

ingegneri e agli esperti che mi hanno

tanto validamente assistito. Desidero

ringraziare sinceramente per l’alto

onore accordatomi la Federazione

Nazionale dei Cavalieri del Lavoro,

Federazione degli esponenti della vera

ricchezza d’Italia: Il lavoro. Quando ho

avuto modo di esporre, sarà ben presto

sorpassato da chi studierà di carpire

nuovi segreti alla Natura la quale,

spesso, sconvolge tutte le leggi e tutte

le teorie che le nostre imperfette cogni-

zioni ci suggeriscono. Per parte mia ho

coscienza di non aver mai fatto teorie,

ma anzi ho la soddisfazione di aver

potuto provare nei fatti l’inesattezza di

tante formule e di tante teorie. Io inco-

raggio i giovani a proseguire nel campo

sperimentale ed auguro loro di poter

ottenere così dei risultati superiori a

quelli da me ora esposti nell’applica-

zione di una scienza che è pur tutt’ora

alla sua infanzia”. Luigi Letteriello

A destra: Il Presidente della Fondazione Guglielmo Marconi, Professor Gabriele Falciasecca. A sinistra: l’imponente statua dello scienziato che mise in luce il grande spirito italiano nel mondo.

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EDUCA

ZION

E SO

STEN

IBIL

E

EDUCA

ZION

E SO

STEN

IBIL

E

“I paesaggi della bellezza: dalla

valorizzazione alla creatività” è

il focus della Settimana UNESCO

di Educazione allo Sviluppo Sostenibile

2013 che si terrà come ogni anno a

novembre. Numerosi i temi affrontati

dal 2005 in poi, ma l’argomento scelto

quest’anno dal Comitato scientifico

per il DESS è singolare. Potrebbe sem-

brare retorico e provocatorio allo stesso

tempo: può il nostro paese ripartire dai

suoi patrimoni? Con la nostra bellezza,

la nostra cultura, la nostra natura, il

nostro ambiente? “Si, se lo vogliamo

veramente” - afferma il Comitato Nazio-

nale per il DESS, nato per celebrare il

Decennio ONU di Educazione allo Svi-

luppo Sostenibile 2005-2014. La Set-

timana DESS UNESCO è divenuta,

negli anni, il più importante appunta-

mento annuale nel campo dell’educa-

zione allo sviluppo sostenibile in Italia,

grazie soprattutto alla tenacia del Pre-

sidente della Commissione UNESCO

italiana, il Prof. Giovanni Puglisi (inter-

vista a pag. 26) che ha fortemente

voluto l’impegno della Commissione

sui temi dell’ambiente, caratterizzando

questo impegno con un approccio

innovativo, inclusivo e partecipativo,

garantendo il successo dell’iniziativa.

Un tema che vuole scuoterci dai nostri

atteggiamenti consolidati, come

quando passiamo davanti ai nostri

monumenti più famosi, e, assuefatti

da tanta bellezza, quasi non lì notiamo

più, abituati a vederli funzionare da

spartitraffico, da rotatorie per il disor-

dinato flusso di mezzi obsoleti di spo-

stamento di merci e persone, come

se fosse la cosa più normale e logica

del mondo. Ecco che dalla valorizza-

zione la Commissione UNESCO arriva

a spostare l’attenzione sulla creatività,

l’innovazione, l’immaginazione: la que-

stione non è come sostenere il dovere

e il costo necessario per la tutela del

nostro patrimonio culturale e naturale,

bensì far fruttare il nostro immenso

capitale, investirlo e raccoglierne i divi-

dendi in termini di creazione di sviluppo

sostenibile, tradizioni e saperi delle

popolazioni, distribuzione globale delle

materie prime e degli alimenti.

E’ un messaggio della Commissione

UNESCO italiana che vuole essere

ancora più incisivo, con la sua Setti-

mana 2013, come a volerci risvegliare

dalla pigrizia, dal nostro adagiarsi sugli

allori del nostro meraviglioso patrimo-

nio acquisito, immobile, scontato, a

volte abbandonato. Quale contributo

può provenire dalle politiche pubbliche

e dall’iniziativa privata, dal nostro impe-

gno quotidiano come cittadini, dalle

nostre forme di produzione e consumo,

dalla ricerca e dall’innovazione? Come

possiamo immaginare insieme nuovi

modelli di sviluppo che tengano pre-

sente le esigenze di sostenibilità del

nostro territorio? Che ruolo può avere

la società civile nell’affrontare la com-

plessità delle questioni legate allo svi-

luppo sostenibile? A queste e ad altre

domande cercheranno di rispondere

quest’anno centinaia di realtà - La Set-

timana infatti raduna ogni anno centi-

naia di iniziative in tutte le regioni

italiane organizzate da una fitta rete di

realtà impegnate durante tutto l’anno

nel difficile eppur strategico compito

di diffondere informazione, consape-

volezza, spirito critico sui temi dell’am-

biente: istituzioni nazionali e locali,

sistema Infea, associazioni, scuole,

biblioteche, centri per l’educazione

ambientale, università, musei, parchi,

imprese, etc. Numerose le tematiche

trattate e approfondite negli anni -

energia (2006), cambiamenti climatici

(2007), riduzione, riciclo e riuso dei

rifiuti (2008), acqua (2011), città e cit-

tadinanza (2009), mobilità sostenibile

(2010), alimentazione (2012), - tantis-

simi gli eventi e diversissime tra loro

le modalità: incontri, convegni, tavole

rotonde, visite guidate, spettacoli e

laboratori sperimentali ed interattivi...:

un programma di iniziative completa-

mente aperte, totalmente gratuite,

caratterizzate dalla volontà di aggregare

e stimolare la partecipazione attiva

delle persone. Un approccio innovativo

che ha visto un’ottima risposta di pub-

blico, a dimostrazione che la creatività,

la predisposizione a pensare a soluzioni

nuove e fuori dagli schemi, pagano e

possono essere la leva per affrontare

la crisi che attraversa il nostro paese.

La Settimana è uno di quei casi di buona

pratica portata avanti con la sola forza

della volontà e in un contesto generale

ed economico assolutamente sfavo-

revole, che forte del suo successo non

si accontenta e rilancia ancora la sfida

proponendo un articolato, coraggioso,

controverso tema: “I paesaggi della

bellezza: dalla valorizzazione alla crea-

tività”. Occorre pensare al nuovo, con

spirito critico ma con immaginazione,

creatività e slancio, con l’ottimismo

della volontà, come apprenderemo

dalle tante iniziative che animeranno

la Settimana, come è accaduto negli

anni passati (è possibile aderire fino al

5 novembre con iniziative gratuite,

aperte e senza fini di lucro: modalità e

termini sul sito www.unesco.it e www.

unescodess.it). Pierpaolo Bo

Carlo Stanga ha illustrato con opere minuziose, divertenti e popolatissime, autentici vortici di stile interamente realizzati a mano con il vecchio metodo del rapidograph, la Settimana DESS UNESCO in questi ultimi anni.

La settimana DESS UNESCO guarda al futuro con l’ottimismo della volontà

La Commissione italiana UNESCO

arriva a spostare l’attenzione

sulla creatività, l’innovazione,

l’immaginazione: la questione non

è come sostenere il dovere

e il costo necessario per la tutela

del nostro patrimonio culturale

e naturale, bensì far fruttare

il nostro immenso capitale,

investirlo e raccoglierne i dividendi

in termini di creazione di sviluppo

sostenibile, tradizioni e saperi

delle popolazioni, distribuzione

globale delle materie prime

e degli alimenti. La Commissione Nazionale Italiana per l’UNESCO sa bene di avere avuto, in questi anni, nell’organizzazione

della Settimana di Educazione allo Sviluppo Sostenibile un alleato prezioso e un testimonial di chiara fama: è

Carlo Stanga (nella foto), l’autore di queste opere minuziose, divertenti e popolatissime,

autentici vortici di stile interamente realizzati a mano con il vecchio metodo del rapidograph

(il computer è stato utilizzato per gli ultimi ritocchi di assemblaggio) che hanno accompagnato

la Settimana DESS, rappresentando il manifesto ufficiale della manifestazione in queste

campagne di successo sui temi della sostenibilità, utilizzato anche per la copertina di Energeo

Magazine (il periodico che affianca la Commissione Nazionale Italiana UNESCO in queste

importanti iniziative). Una famosa illustrazione ci fa conoscere la sua “variopinta” bottega,

anzi, immaginiamo che l’artista ne ha una seconda bottega, nella sua casa di Berlino dove vive e lavora, come a

Milano, città che adora e predilige. L’illustratore ed architetto milanese ha comunque una passione (non nascosta)

per New York e l’architettura di fine ‘800. Insomma, i disegni e le illustrazioni di Carlo Stanga, artista e uomo operoso

che ha affinato il proprio tratto e la propria esperienza partecipando ai “Laboratori Creatività” di Bruno Munari e fre-

quentando la Scuola del Fumetto e la Domus Academy di Milano, creano una continua miscellanea di giochi con la

matita che rasentano la continua sperimentazione. L’anno successivo ha frequentato uno stage di illustrazione gior-

nalistica con Sergio Staino e Vincino, amplia le proprie collaborazioni con il settimanale satirico ‘CUORE’ e partecipa

alla collettiva “98 bandiere di artisti contemporanei”, accanto a Emilio Tadini, Mimmo Rotella e Gillo Dorfles. A tutti

ha dimostrato di avere un innegabile talento e una forte passione con vere e proprie capacità di innovare e trovare

un nuovo modo di illustrare che possa coinvolgere non soltanto i lettori, ma il grande pubblico. Guardando bene l’il-

lustrazione utilizzata nella campagna di quest’anno, dedicata ai “paesaggi della bellezza: dalla valorizzazione alla

creatività”, troviamo nel tratto sicuro di Carlo Stanga un messaggio di speranza, come quella che cercano i bambini,

istintivamente creativi, ed in grado di divertirsi con poco. Un messaggio che deve essere accolto e sostenuto con

attività mirate e specifici mezzi di espressione e di sperimentazione sul territorio. Forse qualcuno non lo sa, o non lo

immagina, ma in questo manifesto dobbiamo, invece, provare ad individuarne ed avvalorarne le profonde radici cul-

turali e capirne il significato del disegno. È questa la nostra speranza. Grazie per aver voluto, ancora una volta, emo-

zionare i lettori di Energeo.

Settimana UNESCO di Educazione allo Sviluppo Sostenibile

Paesaggi della bellezza, ancora un messaggio di speranza

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Anno VI - luglio/agosto 2013 Anno VI - luglio/agosto 2013

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INTE

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INTE

RVIS

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Presidente, la Settimana UNESCO per l’Educazione allo Sviluppo Sostenibile,

promossa dalla Commissione UNESCO Italiana, dopo otto edizioni, ha ripreso il suo cammino. Il tema scelto per il 2013, “I Paesaggi della bellezza: dalla valorizzazione alla creatività”, pone un forte accento sulla bellezza e il paesaggio, ma anche sulla creatività e l’inno-vazione. Perchè questa scelta?L’idea è quella di diffondere la consa-

pevolezza che lo sviluppo sostenibile

è una meravigliosa opportunità e non

un vincolo od un costo.

Il cambiamento implica sempre uno

sforzo per chi se ne fa carico, ma è

anche la condicio sine qua non per

adattarsi e vivere meglio. In questo

senso la Commissione UNESCO ita-

liana vuole rovesciare la prospettiva

dalla quale troppo spesso si osservano

le questioni ambientali e soprattutto

le soluzioni proposte per porvi rimedio.

Queste sono in genere percepite come

un freno al proprio agire, un intralcio

alla propria quotidianità, alle proprie

consolidate abitudini.

Mentre il cambiamento è certamente

impegnativo, è straordinariamente

entusiasmante ed implica uno slancio

di creatività nella visione di ciò che sarà

e nell’immaginare il proprio futuro e

quello della propria comunità. Il mes-

saggio è quindi questo: ribaltiamo il

ragionamento tradizionale creatività-

valorizzazione in valorizzazione-creati-

vità. La risorsa più importante del

nostro paese - la bellezza - deve sti-

molare la nostra creatività, la nostra

innovazione, la produzione di idee

nuove, in tutti i campi.

Il tema punta sul futuro della nostra bellezza, è anche un invito al mondo produttivo italiano e ai settori cre-ativi a unire le forze?

E’ un invito aperto a tutti, soprattutto

a coloro che sono stati un po’ meno

presenti negli scorsi anni. Se il mondo

della scuola e dell’associazionismo è

rappresentato in modo massiccio,

meno lo sono le imprese, che però

rivestono un importanza fondamentale

per il nostro paese sia dal punto di vista

economico che dal punto di vista

ambientale. Uno degli ambiti più dina-

mici del nostro tessuto produttivo è

rappresentato proprio dai cosiddetti

settori creativi. Parlando anche di cre-

atività e innovazione, tendiamo la mano

a tutte quelle realtà che hanno qualcosa

da dire in merito, invitandole a condi-

videre le proprie idee e i propri sforzi

anche sui temi legati alla sostenibilità.

Il Decennio ONU che la Commissione ha celebrato volge al termine (2005-2014). Qual’è il Suo bilancio delle attività svolte in Italia e quali sono i progetti futuri della Commissione UNESCO per lo Sviluppo Sostenibile?Come Commissione UNESCO, dob-

biamo constatare con piacere che la

risposta di tutte quelle realtà impegnate

a vario titolo nell’educazione alla soste-

nibilità è stata entusiasmante. Pur tra

mille difficoltà, sono centinaia ogni

anno le iniziative organizzate durante

la nostra Settimana e migliaia le per-

sone raggiunte dal nostro messaggio,

grazie all’impegno delle reti regionali

per l’educazione ambientale, grazie

alle Istituzioni, alle scuole, alle univer-

sità, alle associazioni ma soprattutto

ai cittadini. La Commissione si adope-

rerà anche dopo il Decennio, che ter-

mina nel 2014, perché gli sforzi fatti e

la rete consolidatasi sotto l’egida di

questa Commissione non si disperda

e continui il proprio percorso, ben con-

sapevoli che è da queste spinte della

società civile che arrivano i cambia-

menti necessari alle nostre società.

Il tema di quest’anno è anche il riflesso

dell’entusiasmo raccolto negli anni

dalle persone impegnate generosa-

mente nella promozione del Decennio

in tutta Italia, e vuole essere anche un

ringraziamento a tutti coloro che con

il loro impegno rappresentano la bel-

lezza e la forza dell’Italia migliore.

Per fortuna che c’è l’UNESCO che considera il paesaggio un patrimo-nio da tutelare. A giugno l’Etna, per i siciliani “a’ muntagna”, è entrato a far parte dei patrimoni tutelati dall’UNESCO. Si tratta del quarto tesoro ambientale entrato nel pre-stigioso scrigno del World Heritage List dell’UNESCO, dopo isole Eolie, monte San Giorgio e Dolomiti. Il Monviso è diventato Riserva della Biosfera. L’Italia si conferma terra di risorse naturali di valore inesti-mabile, spesso purtroppo trascurate o non adeguatamente tutelate, è un argomento su cui riflettere?Il tema di quest’anno si articola in tre

aspetti chiave: paesaggio, bellezza,

creatività. Tre dimensioni autonome

ma che si sovrappongono, special-

mente in un territorio ricco come il

nostro. Le Riserve della Biosfera, come

i Siti riconosciuti patrimonio immate-

riale dell’umanità, sono proprio un

riconoscimento dell’interazione virtuosa

tra l’Uomo e l’Ambiente in un dato

territorio, e in questo senso il tema

della Settimana non può che essere

da stimolo per tutte quelle realtà che

insistono su aree potenzialmente can-

didate a tale riconoscimento.

Il capolavoro di interazione tra attività

umane e ambiente che il nostro pae-

saggio rappresenta deve essere cele-

brato non solo in una dimensione

contemplativa e di tutela, ma in un’ot-

tica propositiva e creativa, pensando

soprattutto al nostro futuro. La Setti-

mana sarà un’occasione per pensare

e ripensare i nostri modi di vivere, di

spostarci, di produrre, di creare, traendo

ispirazione dalla grande bellezza che ci

circonda e che in qualche modo fissa

un benchmark di primissimo livello. T.R.

Il Presidente Puglisi: “La risorsa più importante del nostro paese - la bellezza -

deve stimolare la nostra creatività, la nostra innovazione, la produzione di idee nuove, in tutti i campi”

Il Professor Giovanni Puglisi, Presidente della Commissione Italiana per l’UNESCO.

Tutela del paesaggio, la bellezza salverà il mondoUno degli ambiti più dinamici del nostro tessuto produttivo è rappresentato dai cosiddetti settori creativi. Occorre

tendere la mano a tutte quelle realtà che hanno qualcosa da dire in merito, invitandole a condividere le proprie idee

e i propri sforzi anche sui temi legati alla sostenibilità. In questo senso la Commissione UNESCO italiana vuole

rovesciare la prospettiva dalla quale troppo spesso si osservano le questioni ambientali e soprattutto le soluzioni

proposte per porvi rimedio, spesso percepite come un freno o un intralcio.

Nei giorni scorsi, il 23 agosto, è stata presentata la candidatura del territorio dell’Ecomuseo della Judicaria

‘Dalle Dolomiti al Garda’ a Riserva della Biosfera dell’UNESCO. Il percorso è stato condiviso dai Comuni delle

Giudicarie che ricadono nel territorio dell’Ecomuseo e da quelli che hanno aderito alla rete di riserve della

Alpi Ledrensi, dalle Comunità di Valle, dalle Apt e dal Consorzio turistico di Ledro, dai Bim e dal Parco, e dalla Provin-

cia autonoma di Trento. In totale sono 20 soggetti che a breve approveranno un protocollo d’intesa, col coordinamento

del Comune di Comano Terme e della Provincia autonoma di Trento.

L’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Educazione, la Scienza e la Cultura, ha introdotto in seguito alle raccoman-

dazioni della Conferenza dell’UNESCO sull’uso razionale e la conservazione delle risorse della biosfera e sullo sviluppo

di relazioni tra uomo e ambiente a livello globale (1968), la Riserva della Biosfera che viene riconosciuta dall’UNESCO

come componente chiave del “Man and Biosphere Programme” (MAB, 1974), programma interdisciplinare di ricerca

e formazione nel campo delle scienze naturali e sociali. La Riserva della Biosfera è una qualifica internazionale asse-

gnata dall’UNESCO per aree, marine o terrestri, che le amministrazioni s’impegnano a gestire nell’ottica della con-

servazione delle risorse e dello sviluppo sostenibile, coinvolgendo le comunità locali. Per il territorio in questione si

tratta di 47.000 ettari, 14.600 abitanti, 1,8% di suolo urbano, 8,6% agricolo e 89,6% di boschi, prati e pascoli, il 34%

di aree protette e quote che vanno dai 63 metri del lago di Garda ai 3173 di Cima Tosa. Il dossier per la candidatura

sarà esaminato nei prossimi mesi e il pronunciamento è atteso a maggio del 2014, nel quartiere generale dell’Orga-

nizzazione delle Nazioni Unite per l’Educazione, la Scienza e la Cultura, in Place di Fontenoy, a Parigi.

Ecomuseo della Judicaria e delle Alpi Ledrensi, presentata la candidatura come Riserva della Biosfera

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PAES

AGGI D

IMEN

TICA

TI

PAES

AGGI D

IMEN

TICA

TI

In primavera, il paesaggio delle

conche intermontane dell’Appen-

nino abruzzese è caratterizzato dalla

fioritura di mandorli vetusti, che con-

torti, coperti di vischio, ostinatamente

continuano a germogliare. Lo sa bene

chi percorrendo in questo periodo

strade come l’A25, a margine della

piana del Fucino, o la SS17 tra L’Aquila

e Navelli, rallenta istintivamente, stu-

pito di vedere tra le montagne gli alberi

coperti di fiori rosati che punteggiano

il panorama. Nonostante le quote ele-

vate che vanno dai 900 ai 1400 m ed

il clima rigido, caratterizzato non di rado

da gelate tardive, i mandorli sono una

coltura tipica locale e fino alla metà del

XX secolo, hanno costituito una impor-

tante fonte di carboidrati e grassi vege-

tali, nonchè di legna per le popolazioni

montane che si spostavano in questi

luoghi in estate per coltivare piccoli

appezzamenti e pascolare il bestiame

(Manzi 2012). Erano, inoltre, una delle

poche fonti di denaro liquido per la

famiglia contadina e spesso ad essa

era affidata la disponibilità di contante

per la costituzione della “dote” matri-

moniale delle figlie femmine o per

pagare le spese mediche. Le prime

fonti che riportano la presenza del

mandorlo negli altipiani dell’aquilano

risalgono al periodo romano, quando

Plinio il vecchio descriveva una varietà

di mandorlo coltivata alle pendici del

monte Velino. Nel 500 si registra un

incremento di questa coltura nel con-

tado aquilano (Sabatini,1995), mentre

un altro aumento si registra nell’Otto-

cento, nel pieno della crisi della tran-

sumanza (Console e Frattaroli, 1996).

Successivamente, scritti del 1789 del

nobile svizzero Carlo Ulisse De Salis

Marschlins testimoniano come gli abi-

tanti di Avezzano (AQ) si occupassero

“in maggior parte di agricoltura, colti-

vando a preferenza i mandorli e la

vigna”. Circa un secolo dopo l’inchiesta

agraria e sulle condizioni della classe

agricola in Italia del 1884, nota come

“Inchiesta Jacini”, ci dice che nelle

regioni dell’adriatico centro meridio-

nale, “tolte le province di Bari e Lecce

(Puglia) dove i mandorleti avevano

grandi estensioni ed erano ben coltivati,

nelle altre erano abbastanza scarsi

tranne nelle regioni basse e nei terreni

soleggiati dei circondari di Aquila e di

Avezzano (Abruzzo), dove quelle colti-

vazioni erano fino alla fine del 1800

addirittura in via di incremento... La

provincia dell’Aquila, attesa la eleva-

tezza delle sue terre, aveva infatti ben

poche coltivazioni di olivi ed unica-

mente nelle parti basse dei suoi cir-

condari, dove spesso erano associati

al mandorlo, come nelle zone di Cape-

strano e di Sulmona e nei pressi del

bacino del Fucino”.

Le tracce dell’importanza del mandorlo

per la comunità locale sono state

impresse nella cultura a vari livelli, a

partire dalla letteratura per cui citiamo

il romanzo del 1972 dell’autore abruz-

zese Ignazio Silone “Ai piedi di un

mandorlo”, alla tradizione dolciaria dove

le mandorle rivestono un ruolo prima-

rio, basti pensare alla centenaria pro-

duzione di confetti della città di Sulmona

(AQ). Dalla seconda metà degli anni

‘60 però, a causa dei bassi livelli di

produzione, delle rese altalenanti e

dell’abbandono generalizzato dell’agri-

coltura montana, la mandorlicoltura

nelle conche appenniniche risulta in

forte declino ed oggi, questo particolare

paesaggio, con i suoi valori identitari,

estetici ed ecologici rischia di scom-

parire. I segni dell’abbandono e del

deterioramento che tali colture stanno

subendo, diventano di anno in anno

più evidenti: tronchi schiantati, rami

secchi, attacchi di parassiti e di funghi

a mensola, inaridimento dei terreni,

mancata raccolta delle mandorle, avan-

zata dell’urbanizzazione e conseguenti

trasformazioni nell’uso del suolo.

Una croccante occasione di rilancioA fronte di questa situazione si assiste

ad una volontà di recuperare antiche

cultivar e tradizioni del passato che si

esprime sia attraverso iniziative nate

dal basso (eventi culturali egastrono-

mici volti a valorizzare i prodotti agricoli

locali), sia attraverso progetti istituzio-

nali. Tra gli eventi del primo tipo va

citata la Sagra della Croccante (dolce

a base di mandorle) a Forme (AQ) che,

giunta alla settima edizione, si è gua-

dagnata anche la presenza presso la

BIT (Borsa Internazionale del Turismo)

del 2007. Tra le iniziative istituzionali

si segnala il progetto europeo SAFE-

NUT “Safeguard of hazelnutand almond

genetic resources: from traditional uses

to novel agro industrial opportunities”

che, coordinato dall’ENEA, punta alla

valorizzazione delle caratteristiche nutri-

zionali e nutraceutiche delle mandorle,

e all’analisi degli aspetti economici e

socioculturali correlati ad una produ-

zione sostenibile e al recupero della

memoria storica. Tra le realtà locali,

come partner del progetto c’è anche

il CRAB (Consorzio di Ricerche

Applicate alla Biotecnologia) di Avez-

zano, che dopo la conclusione di SAFE-

NUT sta continuando a portare avanti

l’obiettivo di recuperare la coltura (e la

cultura) del mandorlo in Abruzzo attra-

verso nuove iniziative che puntano sul

coinvolgimento degli enti di ricerca

(oltre al CRAB l’Università degli Studi

dell’Aquila), delle comunità locali (asso-

ciazioni culturali, agricoltori), degli

imprenditori impegnati nella produzione

dolciaria con particolare riferimento ai

confetti, e delle istituzioni (Regioni e

Comuni). Come ci spiega la Dott.ssa

Daniela M. Spera, Direttore del CRAB,

“l’idea è quella di ricostituire una filiera

locale puntando non sulla quantità, ma

sulla qualità del prodotto incentivando

C’è il rischio di perdere la memoria di una coltura che caratterizza il paesaggio montano abruzzese.

Le prime fonti che riportano la presenza del mandorlo negli altipiani dell’aquilano risalgono al periodo romano,

quando Plinio il vecchio descriveva una varietà di mandorlo coltivata alle pendici del monte Velino

Una tappa al Santuario Santa Lucia sui sentieri della spiritualità dell’Abruzzo, tra mandorleti in fiore, una coltura tipica locale che rischia di scomparire e fino alla metà del XX secolo, hanno costituito una importante fonte di carboidrati e grassi vegetali, nonchè di legna per le popolazioni montane che si spostavano in questi luoghi in estate per coltivare piccoli appezzamenti e pascolare il bestiame.

I dolci tipici abruzzesi, spesso legati alle feste e alle tradizioni locali. Hanno ingredienti semplici e genuini come le mandorle.

La meraviglia dei mandorli in fioreLe tracce dell’importanza del mandorlo per la comunità locale sono state impresse nella cultura a vari livelli, a

partire dalla letteratura (“Ai piedi di un mandorlo” di Ignazio Silone),alla tradizione dolciaria dove le mandorle

rivestono un ruolo primario, basti pensare alla centenaria produzione di confetti della città di Sulmona (AQ). Dalla

seconda metà degli anni ‘60 però, a causa dei bassi livelli di produzione, delle rese altalenanti e dell’abbandono

generalizzato dell’agricoltura montana, la mandorlicoltura nelle conche appenniniche risulta in forte declino ed oggi

questo particolare paesaggio, con i suoi valori identitari, estetici ed ecologici rischia di scomparire.

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RISE

RVA B

IOSF

ERA

La meraviglia dei mandorli in fiore

l’utilizzo di tecniche colturali tradizionali

ed eco-compatibili, con particolare rife-

rimento al biologico”.

All’interno di questa linea strategica è

attualmente al vaglio della Regione

Abruzzo il progetto “INNOMANDO -

INNOvazione nella filiera della MAN-

DOrlicoltura abruzzese” che coinvolge

anche diversi imprenditori locali: l’o-

biettivo è la realizzazione di un prodotto

di nicchia ad elevata qualità e profon-

damente legato al territorio.

Tutti insieme dunque per non perdere

la memoria di una coltura che non

rappresenta solo un prodotto alimen-

tare, ma un carattere distintivo del

paesaggio montano abruzzese.

Un progetto per far convivere paesaggio, gusto e qualitàChi non ricorda “nell’Oro di Napoli” di

Vittorio De Sica, (anno 1954), nelle

scenografiche esequie, sul lungomare

partenopeo, l’immagine di una madre

chiusa in una silenziosa disperazione

per la morte di suo figlio che lancia

confetti sull’asfalto dietro una carrozza

bianca con due soli cavalli che tirano il

feretro del bambino? La mandorla sgu-

sciata viene utilizzata nella lavorazione

dei confetti, da sempre tradizione che

ricorda da secoli anche le occasioni

felici. I confetti hanno origini antichis-

sime: presso i Romani era in uso

festeggiare con essi unioni e nascite.

Tracce storiche le possiamo ritrovare

in scritti riguardanti la famiglia dei Fabi

(447 a.C.) e negli scritti di Apicio, amico

dell’imperatore Tiberio (37 d.C.).

Chi non ha mai sentito parlare dei

famosissimi confetti di Sulmona, vere

leccornie, superiori per qualità a qual-

siasi altro tipo di confetto? Non tutti

conoscono però la storia di questi

confetti e del perché siano diventati

così popolari e amati.

Non c’è crisi nella diffusione di questo

prodotto. Le prime testimonianze rela-

tive alla produzione di confetti a Sul-

mona risalgono addirittura al XV secolo:

i documenti più antichi giunti a noi che

parlano di questa attività - e che sono

tutt’ora conservati negli archivi comu-

nali della città - recano infatti la data

del 1492-1493. Sappiamo, inoltre, che

nel XV secolo nel Monastero di Santa

Chiara di Sulmona si usavano confetti

legati con fili di seta per realizzare vari

oggetti decorativi, come fiori e grappoli.

Il legame tra la città di Sulmona e la

produzione di confetti è dunque molto

antico, e se la produzione di confetti

per matrimonio e per altre ricorrenze

è riuscita a passare indenne attraverso

i secoli giungendo fino a noi, lo si deve

soprattutto alla famiglie di artigiani che

nei secoli si sono tramandati, di gene-

razione in generazione, la ricetta auten-

tica. Una delle caratteristiche

fondamentali di questi dolcetti, descri-

zione che li contraddistingue tutt’ora,

è proprio il tipo di lavorazione, che si

attiene alle antiche tecniche traman-

date nei secoli. Un confetto di Sulmona

sarà inoltre sempre caratterizzato da

ingredienti precisi e di elevata qualità,

quali le mandorle: i confettieri della

città usano esclusivamente mandole

intere d’Avola, che vengono poi rico-

perte di vari strati di zucchero sovrap-

posti per bagnature successive. È

grazie a questi e ad altri segreti che i

confetti di Sulmona risultano così buoni

- e così belli - ed è seguendo quest’

antica ricetta che i produttori conti-

nuano a realizzare un prodotto di qua-

lità esportabile anche all’estero. Perché

non provare a lavorare le mandorle

d’Abruzzo, tanto per stare nel tema

della “filiera corta”, ora che si vuole

recuperare la coltura con metodi bio-

logici, invitando i confettieri di Sulmona

a stare al passo con i tempi e far con-

vivere paesaggio, gusto e qualità? Serena Ciabò

Le prime fonti che riportano la presenza del mandorlo negli altipiani dell’aquilano risalgono al periodo romano, quando Plinio il vecchio descriveva una varietà di mandorlo coltivata alle pendici del monte Velino. Nel 500 si registra un incremento di questa coltura nel contado aquilano, mentre un altro aumento si registra nell’Ottocento, nel pieno della crisi della transumanza.

Nella foto, tante ciambelline golose da gustare in ogni momento o da regalare preparate con mandorle, zucchero e farina.

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BEN

I COL

LETT

IVI

BEN

I COL

LETT

IVI

Se si mettono insieme tre ele-

menti, la comunità rappresen-

tata da una pluralità di persone

fisiche individuata nella collettività

locale, la terra intesa come collettivo

godimento, comprendente tutte le

componenti naturali ed antropiche,

quali suolo, sottosuolo, acque super-

ficiali e sotterranee, aria, clima e micro-

clima, formazioni vegetali, fauna e

microfauna, paesaggio, ed infine l’ele-

mento teleologico da individuarsi nello

scopo istituzionale, diverso rispetto

agli interessi individuali delle singole

persone fisiche che compongono la

comunità si spiega perché in Italia si

sono consolidate le proprietà collettive

il fenomeno, che affonda le radici nella

notte dei tempi, è presente in tutte le

regioni italiane.

Come si evince in numerose pubblica-

zioni scientifiche e nell’esperienza

comune, la proprietà collettiva tutela

da secoli i propri beni in modo efficace

e duraturo, attraverso strumenti giuri-

dici che si caratterizzano nell’ordina-

mento italiano per una serie di vincoli

alla utilizzabilità del proprio patrimonio

(le quattro “i” ovvero inalienabilità,

inusucapibilità, inespropriabilità e

immutabilità della destinazione agro-

silvo-pastorale e connessa) il cui rico-

noscimento da parte del Legislatore è

stato storicamente preceduto da una

lungimirante limitazione sorta nella

maggior parte dei casi dalla libera

scelta, autoimposta, dei titolari aventi

diritto al godimento di tali beni, come

attestano Antichi laudi e statuti in cui

sono state codificate tradizioni secolari.

Oggi più che mai le proprietà collettive

si pongono come strumenti primari per

assicurare la conservazione e la valo-

rizzazione del patrimonio naturale nazio-

nale perché tutelando tutte le

esternalità presenti sul proprio territo-

rio salvaguardano anche i beni comuni

ed, in sostanza, l’intera collettività.

Le Comunità sono storicamente con-

traddistinte da alcuni nomi e si defini-

scono, a seconda dei luoghi, e delle

forme giuridiche storicamente conso-

lidatesi, Frazioni, Comunalie, Consorzi

di Utenti, Università agrarie, Vicinie,

Regole, Comunelle, Consorterie, Par-

tecipanze agrarie, Comunioni familiari

montane, Jus, Ademprivi, ASUC,

ASBUC, ecc. L’organizzazione più cono-

sciuta è quella di Cortina, la perla delle

Dolomiti: Le Regole d’Ampezzo fanno

parte da secoli del tessuto sociale e

coinvolgono quasi tutta la popolazione

della località alpina che, in questo

modo, tutela da speculazioni la pro-

prietà e l’uso delle risorse forestali e

pascolive. Il Bosco delle Sorti della

Partecipanza di Trino Vercellese, è il

più antico. Risale al 1202, sopravvissuto

fino nostri giorni grazie ad un sistema

di amministrazione collettiva e di utilizzo

già in auge in epoca medioevale. E’ un

territorio pressoché unico, un raro

relitto di foresta planiziale, che ha

potuto arrivare fino ai giorni nostri grazie

a rigide regole di gestione dei tagli che

probabilmente risalgono al Medio Evo:

secondo alcune fonti, infatti, le regole

furono fissate in quegli anni, quando

Bonifacio I marchese del Monferrato

fece una donazione ai “partecipanti”

cioè alle famiglie che partecipavano

alla gestione e al reddito del bosco.

E’costituito prevalentemente da querce

e pioppi con una consociazione di altre

specie estremamente varia, tanto che

all’inizio del ‘900 si contavano 428

differenti specie. La Consulta nazionale

della proprietà collettiva, associazione

senza scopo di lucro, fondata nel 2006,

si propone di conservare, sviluppare

ed approfondire le peculiarità storiche,

culturali, istituzionali, giuridiche ed eco-

nomiche dei Dominii Collettivi, comun-

Il sistema associativo della Consulta nazionale della proprietà Collettiva, che conta circa 500 soci e 4000 enti

rappresentativi della proprietà collettiva, è molto diffuso in 14 regioni: Trentino, Piemonte, Veneto, Friuli Venezia

Giulia, Emilia Romagna, Toscana, Lazio, Umbria, Marche, Basilicata, Campania, Calabria, Puglia ed Abruzzo

La Ciasa de ra Regoles è uno degli edifici “civili” più importanti di Cortina d’Ampezzo, accanto al Comùn Vècio. La costruzione denota la tipologia dell’edilizia urbana austriaca dell’Ottocento nel tetto a padiglione, nel cornicione sagomato e nella mancanza di poggioli.

Gli assetti fondiari collettivi a Cortina sono le Regole d’Ampezzo. Qui boschi e pascoli sono da secoli proprietà collettiva della comunità originaria. La proprietà e l’uso collettivo delle risorse forestali e pascolive rappresentò per lunghi secoli la fonte essenziale dei mezzi di sopravvivenza per la popolazione ampezzana, regolamentò, inoltre, il rapporto fra l’uomo e l’ambiente, permise un uso sostenibile del territorio naturale della valle. In alto: Michele Filippini.

Gli esclusivi luoghi delle Regole dove si può imparare a possedere

Le proprietà collettive sono una tipica realtà della storia d’Italia e costituiscono un modello originale di produzione

e distribuzione sociale di ricchezza, oltre che un mezzo efficacissimo di tutela ambientale. Una realtà complessa e

delicata consolidatasi nei secoli ed oggi rappresentata dalla Consulta nazionale della proprietà collettiva.

Questa associazione, partendo da una ricerca archivistica, storica, culturale, di tutela e produttiva del territorio,

sta operando con l’intento di “conoscere, conservare e valorizzare la storia e le tradizioni” dei domini civici e delle

popolazioni e territori in cui queste realtà insistono, nell’ottica della promozione della proprietà collettiva come

modello di una nuova economia partecipata e solidaristica, rispettosa dei territori e dell’ambiente, radicata nel

sentire comune e nelle popolazioni.

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BEN

I COL

LETT

IVI

BEN

I COL

LETT

IVI

Gli esclusivi luoghi delle Regole dove si può imparare a possedere

que denominati, nell’ottica della propria

vocazione europea, attraverso ricerche,

iniziative e manifestazioni idonee ad

una maggiore conoscenza dell’argo-

mento ed alla difesa e valorizzazione

dei dominii e dei diritti collettivi.

Il sistema associativo conta circa 500

soci e 4000 enti rappresentativi della

proprietà collettiva. La Consulta opera

su tutto il territorio nazionale ma ha

struttura federativa, perché le comunità

sono storicamente distinte e perché

le legislazioni e gli interlocutori istitu-

zionali sono diversi da Regione a

Regione. Il Direttivo e l’Assemblea

nazionali si occupano di iniziative di

prospettiva statale, mentre i Coordina-

menti regionali operano quotidiana-

mente nelle realtà di provenienza.

La realtà delle proprietà collettive rap-

presenta una forma di proprietà e di

utilizzo dei beni che si caratterizza come

diversa e distinta rispetto sia alla pro-

prietà privata che pubblica.

L’aggressione al paesaggio deve finireIl territorio appartenente alle proprietà

collettive viene, specie in alcune

regioni, continuamente violentato da

interessi locali con una frenetica e

continua aggressione al paesaggio,

determinando un nuovo oblio delle

identità e del patrimonio territoriale.

“Il fenomeno si allarga a macchia d’olio

- dice il presidente della Consulta

Michelle Filippini - Spesso i privati

dimostrano interessi speculativi nei

confronti dei terreni gestiti dalla pro-

prietà collettiva, trasformando la desti-

nazione d’uso a totale vantaggio

dell’urbanizzazione selvaggia sia per

scopi abitativi, sia per insediamenti

industriali, trovando sponda troppo

spesso nelle Amministrazioni comu-

nali”. Ed aggiunge:”I beni soggetti ad

usi civici che sono e continuano ed

essere inalienabili, inusucapibili, impre-

scrittibili e immutabili nella loro desti-

nazione agro-silvo-pastorale, non si

possono vendere.

Le eventuali cessioni dal punto di vista

giuridico si configurano come reati.

L’istituto delle Proprietà collettive

rimane vivo, attuale ed utilizzabile

anche di fronte alle nuove esigenze

che la nostra società sta esprimendo.”

In questa logica la Consulta nazionale

delle proprietà collettiva sta promuo-

vendo diversi progetti, tra cui quello

che affianca la Fondazione Spadolini

Nuova Antologia, la quale attraverso il

Premio Eco and The City, vuole ricor-

dare il quarantesimo anniversario della

fondazione del Ministero per i Beni

Culturali e Ambientali, un nuovo dica-

stero creato dal governo bicolore Moro

La Malfa ed affidato allo statista Gio-

vanni Spadolini per dare un nuovo

indirizzo globale di protezione per l’area

dei beni culturali e ambientali e per la

necessaria rifondazione delle leggi di

tutela. Ma c’è di più.

La Consulta si è orientata verso attività

(non soltanto tra gli associati) partendo

da una ricerca archivistica, storica,

culturale, di tutela e produttiva del

territorio, con l’intento di “conoscere

per conservare e valorizzare la storia

e le tradizioni”, nell’ottica della promo-

zione della proprietà collettiva come

modello di una nuova economia par-

tecipata e solidaristica, rispettosa dei

territori e dell’ambiente, radicata nel

sentire comune e nelle popolazioni.

“In questo senso - ribadisce il presi-

dente della Consulta Michele Filippini

- intendiamo promuovere iniziative di

valorizzazione delle aree e dei patrimoni

immateriali (conoscenze, tradizioni,

storia, ecc.) che fanno parte della pro-

prietà collettiva recuperando una

nozione di patrimonio che in questi

ultimi anni si è offuscata ma che può

ancora rappresentare un’idea di eco-

nomia a misura d’uomo”.

“Uno degli strumenti che stiamo pro-

muovendo - aggiunge Filippini - è la

redazione e la pubblicazione di uno

studio che, partendo dai dati offerti dal

Censimento Istat, ricomprenda ed illu-

stri, regione per regione, la realtà della

Proprietà collettiva in Italia, indicando

anche alcuni esempi particolarmente

virtuosi che servano da buona pratica.

In tale maniera si darebbe conoscenza

di un fenomeno tanto importante

quanto misconosciuto nell’opinione

pubblica e nell’economia italiana

offrendo al contempo agli operatori un

utile strumento di approfondimento e

di apprendimento per espandere ancora

di più l’incisività e la presenza della

proprietà collettiva, in senso lato, sui

territori di influenza”.

Questi effetti non sono frutto di aspet-

tative dettate da un’astratta teoria, ma

sono il concreto svolgersi delle attività

che da sempre le proprietà collettive

esercitano sul territorio in cui sono

strutturate e di cui può essere fornito

un preciso riscontro documentale.

Tante possibilità di condividere un altro modo di possedere

Nel tempo il legislatore ha utilizzato diverse forme e terminologie giuridi-

che per disciplinare la realtà delle proprietà collettive in Italia, tanto che

solo di recente la miglior dottrina del diritto e dell’economica ha offerto

una sintesi terminologica in questo ambito:

USO CIVICO IN GENERE: il termine Uso Civico viene abitualmente usato per

definire una serie di istituzioni molto diverse tra loro. Ciò deriva anche dal fatto

che la legge del 1927 ha usato il termine in forma generica.

BENI (DOMINI) COLLETTIVI: Oggi la miglior dottrina utilizza questo termine

per offrire una generica denominazione dei soggetti gestori di un patrimonio di

collettivo godimento.

USO CIVICO: In senso stretto con questo termine deve invece intendersi la

titolarità di una comunità ad esercitare alcuni diritti reali (pascolatico, legnatico,

fungatico, cipollatico, ecc.) su di un terreno altrui.

PROPRIETÀ COLLETTIVE: Con questa dizione si considerano in genere i terreni

vincolati al beneficio di una determinata cerchia di originarii, e di proprietà di un

ente esponenziale come ad esempio le Partecipanze Emiliane, le Regole cado-

rine, la Magnifica Comunità di Fiemme, le università agrarie del Lazio, ecc..

DOMINII CIVICI: Con questa definizione si individuano invece i terreni vincolati

al beneficio della generalità dei residenti di un Comune o di una frazione e di

proprietà di una amministrazione comunale o di un’associazione di gestione

(ASUC). Si tratta della realtà più diffusa dalle Comunalie Parmensi alle Vicinie

friulane, dalle comunanze marchigiane agli adempiviri sardi.

QUANTI SONO I DOMINI COLLETTIVI IN ITALIA?Ed è quasi impossibile oggi stimare con certezza l’entità del fenomeno dei Domini

collettivi in Italia. Una ricerca del Ministero dell’Agricoltura del 1957 li quantificava

in più di due milioni di ettari di terreno agro-silvo-pastorale, per quanto da allora

di acqua ne è passata sotto i ponti. La Consulta, comparando diverse fonti, ha

fatto una prima ricognizione degli enti rintracciato almeno 1567 gestori dei beni

collettivi, senza contare gran parte delle regioni meridionali, dove i beni sono per

lo più confusi con il patrimonio dei Comuni. Per la prima volta nella storia d’Italia

l’Istat ha ufficialmente inserito nel Censimento dell’agricoltura realizzato nel 2011

la rilevazione dei dati relativi alle proprietà collettive. I primi risultati, riferiti ai dati

di alcune delle regioni censite, ha già rammostrato una realtà molto diffusa e

variegata delle realtà collettive sul territorio nazionale estesa per più di 1.103.000

ettari di terreno.

Gli usi civici del patrimonio terriero sono presenti anche in Val di Non. Sono esclusi soltanto i terreni coltivati a meleti. Sullo sfondo della vallata la frazione di Segno (oggi comune di Taio), luogo natale di Padre Eusebio Chini, il religioso trentino considerato il precursore della sostenibilità.

I bambini di San Marco (Mereto di Tomba, Udine) seminano un piccolo appezzamento di terra collettiva. Contemporaneamente, per la prima volta dalla ricostituzione del Comitato frazionale, altri due ettari di Beni civici sono stati seminati meccanicamente a frumento biologico,primo passo per la costituzione di una “Filiera corta della farina”.

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BEN

I COL

LETT

IVI

BEN

I COL

LETT

IVI

Ogni territorio è caratterizzato

da un determinato regime

fondiario; con tale espres-

sione intendiamo indicare quel com-

plesso di caratteri e condizioni che ne

determinano la varia attitudine a servire

come mezzo di produzione e come

sede di vita. Taluni caratteri riguardano

l’ambiente fisico (clima, terreno, acque)

e le opere immobilizzate dall’uomo nel

suolo e determinano la struttura tec-

nico-economica del regime fondiario;

la terra migliorata diventa allora un

prodotto dell’attività umana. Altri carat-

teri riguardano i modi di appropriazione

della terra da parte degli uomini, e cioè,

specificatamente, i modi di insedia-

mento della popolazione, la divisione

della terra in distinti possessi; questi

caratteri determinano, invece, la strut-

tura giuridico-economica del regime

fondiario. Prendendo in esame l’am-

biente fisico, possiamo individuare in

esso la sede del patrimonio naturale.

Questo consiste nell’insieme degli

elementi naturali e dei sistemi che essi

formano e che sono suscettibili di

essere trasmessi alla generazione

futura oppure di trasformarsi. Tra le

numerose classificazioni degli elementi

naturali (che nel sistema economico e

sociale diventano risorse) può essere

utile far riferimento a quella che sud-

divide le risorse in due gruppi: risorse

materiali (risorse minerali, risorse bio-

logiche, risorse di flusso) le quali danno

origine a flussi di beni finiti o intermedi

e di energie, e risorse ambientali (indi-

viduabili nel suolo, nell’aria, nell’acqua,

nelle specie biologiche, specialmente

se uniche, ma anche nelle biocenosi,

ecc.) le quali, combinandosi, danno

origine ai cosiddetti servizi naturali

finali. Volendo tentare una classifica-

zione dei sistemi che possono derivare

dalla combinazione degli elementi natu-

rali, è possibile riscontrare nella diver-

sità di situazioni spaziali e temporali

specifici ecosistemi: (a) suoli artificia-

lizzati (aree a parco peri-urbane, cave

a cielo aperto, aree industriali, aree

attrezzate, aree sportive); (b) suoli agri-

coli (terre lavorabili, prati, pascoli, aree

a parco); (c) suoli forestali (fustaia,

ceduo, castagneto, sughereta, forma-

zioni rupestri, formazioni riparie); (d)

suoli poco artificializzati (pascoli alpini,

altri spazi con vegetazione, spazi senza

vegetazione); (e) corpi idrici (corsi d’ac-

qua, laghi, serbatoi artificiali, nevai e

ghiacciai perenni). Negli eco-sistemi è

possibile individuare una struttura (com-

ponenti e fattori), un funzionamento (i

processi ecologici), una vicenda tem-

porale (successione ecologica).

Gli ecosistemi devono essere singo-

larmente valutati come “l’unità di base”

del funzionamento della natura e il

livello di organizzazione della natura

stessa più conveniente per l’analisi

ecologica. Se passiamo a considerare

la struttura giuridico-economica del

territorio, accanto alla proprietà privata

e pubblica, troviamo una diffusa pre-

senza dei possessi di proprietà collet-

tiva. Secondo l’indagine compiuta

dall’INEA nel 1947, era censita nel

nostro Paese una superficie dei terreni

di uso civico in 3.085.028 ettari, di cui

2.596.236 (84,2%) in possesso dei

comuni e 488.792 (15,8) in possesso

delle associazioni agrarie.

Giova far presente come la rilevazione

non tenne conto di alcune superfici di

collettivo godimento presenti in alcune

aree del Nord-Est del nostro Paese e

che nel corso del tempo i dati su ripor-

tati hanno subito variazioni in aumento

per successivi accertamenti e rivendi-

cazioni da parte delle comunità locali

e in diminuzione per espropriazioni,

abusivismo, vendita. Il recente Censi-

mento dell’Agricoltura condotto dall’I-

STAT nel 2010 mette in evidenza una

realtà complessivamente differente,

essendo stata rilevata (presumendo

su sola dichiarazione degli enti di

gestione) una superficie di 1.103.000

ettari gestita dagli enti di gestione delle

terre di uso civico. L’entità della super-

ficie sopra riportata precisa la dimen-

sione economica ed ambientale degli

assetti fondiari collettivi del nostro

Paese e stabilisce i limiti del problema

politico delle terre di collettivo godi-

mento (il c.d. demanio civico), alla cui

comprensione è particolarmente utile

la conoscenza della loro distribuzione

geografica, della natura agronomica

delle terre, delle funzioni degli ecosi-

stemi e, quindi, delle utilità che dagli

ecosistemi degli assetti fondiari collet-

tivi si ottengono.

Il termine generico di utilità rese dagli ecosistemi comprende i beni e i servizi

che risultano dalle funzioni specifiche di ciascun ecosistema, vale a dire dai

prodotti tratti dagli ecosistemi, dalla valorizzazione dei cicli di regolazione naturale,

dalla utilizzazione degli ecosistemi come supporto di attività sociali e culturali.

Quattro sembrano a noi le categorie dei “servizi resi dagli ecosistemi” attraverso

le funzioni:

a.) di regolazione. Questo gruppo di funzioni si riferisce alla capacità degli eco-

sistemi naturali e seminaturali di regolare e mantenere a punto essenziali processi

ecologici e supporti vitali dei sistemi attraverso cicli geo-chimici e altri processi

della biosfera. In aggiunta alla conservazione della naturalità dell’ecosistema,

questa regolazione delle funzioni procura un gran numero di servizi che hanno

diretti o indiretti benefici alla società (quali sono la purezza dell’aria, dell’acqua

e del suolo, e servizi di controllo biologici).

b.) di habitat (spazio vitale). Gli ecosistemi naturali costituiscono rifugio e con-

sentono habitat riproduttivo alle piante ed agli animali selvatici e perciò contri-

buiscono alla conservazione in situ della diversità biologica e genetica ed ai

processi evolutivi.

c.) di produzione di beni. Le risorse materiali (risorse minerali, risorse biologiche,

risorse di flusso), come abbiamo visto, danno origine a flussi di beni finiti o

intermedi e di energie. Esse alimentano pertanto il processo delle produzioni

territoriali; processo che si differenzia in rami tra i quali distinguiamo: (a) le attività

dell’agricoltura, (b) della selvicoltura, (c) dell’allevamento, (d) delle industrie

collettrici (della caccia, pesca, raccolta funghi, di piante medicinali ed ornamen-

tali, ecc.), (e) dell’industria estrattiva, (f) delle industrie delle energie rinnovabili

(idroelettrica, eolica, solare).

d.) di richiamo. Gli ecosistemi naturali procurano opportunità pressoché illimitate

per un arricchimento spirituale, sviluppo culturale e per attività di tempo libero.

Negli ecosistemi sono presenti, infatti, situazioni, condizioni, atti, segnali, beni

culturali naturali o dell’attività umana che - senza alterare la sostanza materiale

dei beni, ma modificandone, invece, le condizioni estrinseche e di relazione -

attirano l’attenzione dei consumatori. Si tratta di aspetti estetico-paesaggistici,

di quadro piacevole di vita, di percorsi nella natura, di aree per attività ricreative

a carattere rigenerativo e/o attivo/sportivo, di informazioni scientifiche ed edu-

cazionali, di fonti di ispirazione culturale o artistica. In conclusione, come è facile

constatare, i servizi sono molto diversificati ed entrano come argomento della

funzione di utilità degli individui.

Peraltro, occorre tener presente che certi equilibri naturali non sono evidenti se

non in presenza della loro rottura; altri sono addirittura vitali (mantenimento della

composizione chimica dell’aria, filtro dei raggi ultravioletti, captazione delle

sostanze inquinanti, protezione idro-geologica, ecc.).

Vale, quindi, la pena di rimarcare come, pur in un quadro di approccio esplorativo,

sia necessaria l’elaborazione di idonei strumenti di analisi e di misura delle inte-

razioni tra gli ecosistemi degli assetti fondiari collettivi e le attività umane, un

censimento dei servizi resi dagli ecosistemi ed una loro metodologia di quanti-

ficazione. Pietro Nervi

Professore di Economia e Politica montana e forestale. Presidente del Centro studi e documentazione sui demani civici e le proprietà

collettive dell’Università di Trento.

Beni e servizi tutelati dalla Consulta nazionale delle

proprietà collettive e da trasmettere alle generazioni

future, rischiano di essere rivendicati senza giustificato

motivo da parte delle comunità locali e destinati ad

espropriazioni, pratiche di abusivismo e vendita

La sede dell’Università Agraria di Tarquinia, Ente pubblico con personalità giuridica riconosciuta sin dal 1894, come tutte quelle comunanze e associazioni istituite precedentemente a profitto della comunità per la coltivazione ed il godimento collettivo dei fondi, in seguito all’emanazione della legge sull’ordinamento dei domini collettivi ubicati nelle province degli ex Stati Pontifici. A lato: il professor Pietro Nervi.

Gli assetti fondiari collettivi, una grande risorsa per il territorioLa conservazione dell’ecosistema può essere salvaguardata soltanto se si sostengono le attività delle iniziative

locali, le quali, attraverso la regolazione delle funzioni, procurano un gran numero di servizi che danno diretti o

indiretti benefici alla società (quali la purezza dell’aria, dell’acqua e del suolo, e servizi di controllo biologici). Gli

ecosistemi naturali costituiscono rifugio e consentono habitat riproduttivo alle piante ed agli animali selvatici e

perciò contribuiscono alla conservazione in situ della diversità biologica e genetica ed ai processi evolutivi. Le

risorse materiali (minerali, biologiche, di flusso), danno, invece, origine a flussi di beni finiti o intermedi e di energie.

Esse alimentano il processo delle produzioni territoriali, tra le quali le attività dell’agricoltura, della selvicoltura,

dell’allevamento, delle industrie collettrici (caccia, pesca, raccolta funghi, di piante medicinali ed ornamentali, ecc.),

dell’industria estrattiva, delle industrie delle energie rinnovabili (idroelettrica, eolica, solare). Gli ecosistemi naturali,

anch’essi compresi, procurano opportunità pressoché illimitate per un arricchimento spirituale e sviluppo culturale.

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LIDALE

RICO

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ZION

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LIDALE

Noi ce l’abbiamo fatta. Lo pos-

sono dire in tanti, anche se il

terremoto in epoche diverse

ha colpito duramente i luoghi dove

tutt’ora vivono con le loro famiglie.

Tutto ciò è potuto accadere grazie ad

un’attenta ed efficace gestione delle

risorse. Luoghi dove ancora oggi il

modo in cui venne gestito il dramma

post-sisma, viene ricordato come un

alto esempio di efficienza e serietà.

Il motore della ricostruzione fu assicu-

rato in gestione alle amministrazioni

locali, che effettuarono controlli rigorosi

di sventura molti si accorsero di esi-

stere. Il paesaggio mutò dalla piana di

Goleto ai costoni del Terminio. Errori

di altri uomini umiliarono la gente dispe-

rata e ingigantirono il bilancio della

tragedia.” Così descrissi in un libro

scritto con Mimmo Carratelli e Aldo

De Francesco quella sera in cui “d’un

trattò soffiò la bora...in quel momento

soffiò una strana bora...e tutti dissero

che quello era l’alito del diavolo...”

Trent’anni dopo i paesi ridotti a mace-

rie sono rinati, ma la ricostruzione non

fu soltanto mattone su mattone, ma

edificazione e politica dello sviluppo,

si pensò a creare bacini industriali

sugli standard di ricostruzione. Come

è accaduto a Onna, il borgo abruzzese

quasi completamente distrutto dal

terremoto, dove è stato necessario

l’intervento della Protezione Civile del

Trentino impegnata con decisione

nell’attività di ricostruzione per offrire

a quanti sono rimasti senza abitazione

un alloggio idoneo per le esigenze più

immediate, ma anche mettendo a

disposizione risorse e mezzi per la

ricostruzione della località duramente

colpita.In tempi più lontani in Friuli,

dove prevalse subito la voglia di ripar-

tire. La tragedia (oltre mille morti, 500

aziende distrutte, la perdita di quasi 20

mila posti di lavoro), si è rivelata una

grande opportunità di sviluppo.

Già due anni dopo, il 90% delle indu-

strie aveva ripreso l’attività e l’occupa-

zione era addirittura aumentata rispetto

al 1975. Un risultato eccezionale, ma

nel settore agricolo la trasformazione

fu a dir poco miracolosa! I prosciutti

friulani, il formaggio Montasio Dop e i

grandi vini della regione esistevano già

prima, ma hanno avuto una grande

occasione di rilancio proprio dal disastro

del gusto e dell’accoglienza. Tutto

quello che l’Abruzzo merita di ritrovare.

Nei secoli passati, invece, si faceva

ricorso alle preghiere invocate dalla

popolazione tutta, come ricorda una

scritta che campeggia nella Chiesa di

Santa Chiara a Rimini sopra l’altar mag-

giore “A flagello terraemotus libera

nos, Domine”. Dal 1600 ad oggi, Rimini

è stata colpita 4 volte, una per secolo,

con frequenza sempre ravvicinata fino

al 1916. Distruzioni su distruzioni.

Non sappiamo se sono bastate le pre-

ghiere a trasformare Rimini in una città

della sua città, Avellino che, con inizia-

tive nuove, ha fatto della cultura e

dell’arte uno dei momenti fondamen-

tali della vita degli avellinesi, special-

mente i giovani, ci aiuta a capire cosa

è accaduto dopo il terremoto dell’Irpi-

nia. “...cambiò ancora una volta, in una

mite sera di novembre,la vita degli

uomini in Irpinia. La terra scosse dura-

mente le vecchie gole dei malandrini,

abbattè i campanili, ferì le colline,

distrusse i paesi degli eremiti e degli

emigranti, sconvolse le pacate e labo-

riose comunità contadine. In quei giorni

mentre si ricostruivano per prime le

“case sparse”, le case dei contadini,

oltre duecentomila, e questo fu l’a-

spetto più rilevante. Qualcuno sottoli-

neò che si era di fronte al più grande

intervento edificatorio dal dopoguerra

in poi, ma le cose positive e lo spirito

indomito della gente d’Irpinia fu mor-

tificato da campagne di stampa deni-

gratorie che lasciarono immaginare

che la sola Irpinia avessero fagocitato

quasi 56 mila miliardi di lire. Ancora

oggi, viene impropriamente definito

dell’Irpinia un terremoto che devastò

del terremoto. In minima parte è avve-

nuto anche in Irpinia: tra sprechi di

miliardi e miliardi di lire, il settore che

alla fine ne è uscito meglio è stato

proprio l’enogastronomia. Nel dopo

terremoto, si è affermata una produ-

zione vinicola di altissimo livello, che

ha fatto da guida per tutto l’agroalimen-

tare di qualità della Campania.

Anche in Abruzzo, dove i rari palazzi

agibili restano vuoti per sicurezza, gli

aquilani non hanno perso la speranza

di far rivivere, un giorno, il centro sto-

rico, perché il segreto è nel mix di

contenitore e contenuto, di centri sto-

rici belli e vivaci che ospitano artigiani

vivace, attiva, rinata. Ma tant’è.

All’improvviso soffiò una strana boraApriamo a partire da questo numero

una pagina di cronaca sui luoghi della

ricostruzione “virtuosa” che ci riporta

al terremoto dell’Irpinia, fatti che ci

vengono ricordati da un giornalista

attento, testimone di quei tragici

momenti, vissuti da vicino, riportati

poi nel libro: “Ultime voci dall’epicen-

tro”. La testimonianza di Salvatore

Biazzo, giornalista della Rai, uno dei

volti di “90° Minuto”, intellettuale sen-

sibile e raffinato, Assessore alla Cultura

Territori che rinascono dopo le calamità naturali grazie ad un’attenta

ed efficace gestione delle risorse

Quando il rudere diventa una risorsaMolti ricordano, come un monito, le parole in apertura del documentario girato nell’80 da Lina Wertmuller, in occasione

del terremoto dell’Irpinia, e trasmesso l’anno dopo: “Il terremoto non è finito, si deve solo non dimenticare…”.

La testimonianza di chi ce l’ha fatta a superare la tragedia del terremoto servirà a stabilire un legame con i sindaci

dell’Emilia e dell’Oltre Po mantovano, i quali hanno ricevuto, lo scorso novembre, un riconoscimento speciale - la

Medaglia Spadolini - per l’alto senso civico in virtù del quale si sono adoperati a vantaggio delle popolazioni colpite.

Cosa è accaduto in altri luoghi d’Italia in occasione di altre calamità? Cominciamo il nostro viaggio da Auletta, nel

salernitano, dove i segni dell’uomo e della cultura contadina sradicata dal terremoto costituiscono oggi un Parco a

ruderi, un luogo dove ricordare come il sisma del 1980 cambiò le vicende di questo paese.

Trent’anni dopo il terremoto dell’Irpinia, i paesi ridotti a macerie sono rinati, si pensò a creare bacini industriali mentre si ricostruivano per prime le “case sparse”, le case dei contadini, oltre duecentomila.

Il Cancelliere tedesco, Angela Merkel, nel primo giorno del vertice G8 che si svolse in Abruzzo, durante la visita ad Onna, il borgo quasi completamente distrutto dal terremoto, dove è stato necessario l’intervento della Protezione Civile del Trentino. I volontari sono stati impegnati nell’attività di ricostruzione per offrire a quanti erano rimasti senza abitazione un alloggio idoneo per le esigenze più immediate, ma anche mettendo a disposizione risorse e mezzi per la ricostruzione della località duramente colpita.

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Quando il rudere diventa una risorsa

una area grande quanto il Belgio: tutta

l’Irpinia, la Campania, la Basilicata e 16

comuni della Puglia.

La sola Napoli, con i morti dell’unico

edificio crollato in via Stadera, assorbì

oltre 16 mila miliardi, spendendone

l’ottanta per cento per inutili e incom-

piute infrastrutture e non per le case.

Ma all’Irpinia, al “suo” terremoto furono

addebitati tutte le migliaia di miliardi

spesi, le parole di fuoco e di scandalo

seppellirono così, indecentemente, i

tremila morti di quella sera “dolce e

mite” in cui all’improvviso soffiò una

strana bora.

Il terremoto non è finito, si deve solo non dimenticareCominciamo da qui per raccontare “chi

ce l’ha fatta”. Molti ricordano, come

un monito, le parole in apertura del

documentario girato nell’80 da Lina

Wertmuller e trasmesso l’anno dopo:

“Il terremoto non è finito, si deve solo

non dimenticare…”. La loro testimo-

nianza servirà attraverso il Premio Eco

and the City, a stabilire uno stretto

legame con i sindaci dell’Emilia e

dell’Oltre Po mantovano che hanno

ricevuto, lo scorso novembre, un rico-

noscimento speciale (la Medaglia Spa-

dolini) per l’alto senso civico in virtù

del quale si sono adoperati a vantaggio

delle popolazioni colpite, motivando il

successo della seconda edizione

Premio Eco and the City, svoltasi a

Trento. La Fondazione Spadolini Nuova

Antologia ha voluto guardare in previ-

sione della prossima edizione del

Premio alle aree del cratere sismico

dell’ultimo terremoto, per consentire

ai Comuni colpiti di confrontarsi con

altre realtà della penisola sul futuro del

nostro Paese, sempre a rischio di gravi

calamità. Con il conferimento della

Medaglia Spadolini a tutte le munici-

palità colpite dal sisma in Emilia, ha

voluto esaltare il valore della solidarietà,

organizzando la prossima edizione del

Premio a Modena, per affiancare i primi

cittadini che, con la loro condotta esem-

plare, hanno saputo trasformare l’e-

mergenza in una grande occasione per

ripensare il rapporto con il territorio

ferito: l’uso e la tutela del paesaggio,

l’attenzione al consumo di suolo, la

necessità di investimenti per la messa

in sicurezza e la prevenzione dei rischi,

la ricostruzione in chiave di sostenibilità.

E poi vogliamo parlare di quell’esercito

silenzioso che si mette in moto dopo

ogni calamità naturale.

Uomini, donne, giovani: i volti del’Italia

solidale. I volontari mobilitati oggi anche

dalla rete che scendono sul campo

dell’impegno civile.

Il Parco a ruderi di Auletta Cosa è accaduto in occasione delle

altre calamità? Cominciamo con la

storia di Auletta, un piccolo comune

del salernitano, di origini mitiche perse

nel tempo, pronto ad ospitare il Parco

a ruderi (non ancora completato) per

ricordare il sisma che colpi nel 1980 la

Campania e la Basilicata, modifican-

done il corso della storia. Si tratta del

vecchio centro storico abbandonato a

seguito del sisma del 23 novembre

1980. Con un intervento già realizzato

si è provveduto a metterne buona parte

in sicurezza, senza interventi invasivi

di cementificazione. Sul fronte del

turismo scolastico, con l’istituzione del

museo MIdA, si è provveduto a tra-

sformare l’offerta di gita scolastica in

prodotto didattico, con laboratori su

tematiche carsiche, botaniche, scien-

tifiche ed ecologiche. L’iniziativa è stata

avviata da quelli che erano i giovani di

allora, letteralmente “scossi” dalla

calamità che ha colpito il territorio. In

prima fila Francescantonio D’Orilia,

all’epoca del sisma appena dicianno-

venne, che ha avuto la voglia di capire,

come i suoi amici, quali sarebbero stati

effettivamente i danni provocati dal

sisma che aveva spezzato vite e sca-

raventato la coscienza contadina verso

il nulla alla ricerca di un’identità.

Dalla riflessione è stato avviato un

serrato confronto sulle ferite sociali del

sisma. Ne è nato un progetto esem-

plare che proviamo a raccontare.

La località si trasforma in un’autentica

“officina del fare“, dimostrando di

saper pensare al futuro guardando al

passato, trasformando il territorio in

una fabbrica di idee. Vediamole.

“Occorreva vedere il dopo terremoto

da un’angolatura diversa - spiega Fran-

cescoantonio D’Orilia, che oggi, cin-

quantaquattrenne, con un’esperienza

di sindaco nel vicino comune di Pertosa

alle spalle, è a capo di una struttura

no-profit che ha letteralmente cambiato

il modo di “pensare” il territorio - biso-

gnava studiare, capire, intravedere i

cambiamenti che un sisma può deter-

minare su tutti i livelli, urbanistici, eco-

nomici, sociologici, sanitari”. Queste

ragioni hanno mosso l’idea MIdA, una

fondazione che si prendesse carico

della volontà di sperimentare un

modello di sistema locale basato su

elementi indigeni, dall’architettura,

all’agricoltura, dal turismo alle emer-

genze naturalistiche, fortificati tuttavia

dalla ricerca, dall’innovazione e dalla

qualità. Nasce così un progetto che

interessa i territori a cerniera fra i ter-

ritori del Vallo di Diano, della Valle del

Sele-Tanagro e dei Monti Alburni, diven-

tato un modello di gestione che, a

partire dalle Grotte di Pertosa-Auletta,

ha valorizzato e messo in rete in

maniera armonica e coerente diverse

emergenze culturali, ambientali e natu-

ralistiche ampliando l’offerta del territorio in maniera sostenibile e di qualità. Il

sito delle Grotte di Pertosa-Auletta, ottenuto grazie al lavoro incessante della

natura da 35 milioni di anni, attrae ogni anno migliaia di visitatori che scelgono

questo luogo per diversi aspetti che vanno dall’interesse naturalistico, speleo-

logico a quello archeologico che ne fanno uno dei siti più importanti della penisola.

Oggi è possibile seguire ed ammirare i tragitti che si snodano per circa 3000

metri. Il tratto iniziale delle Grotte è invaso dalle acque del fiume Negro, che

offre un affascinante ed inconsueto viaggio in barca fino a raggiungere un pic-

colo approdo dal quale ci si inoltra nelle viscere della terra immersi in un silenzio

magico, laddove luci ed ombre si incontrano e si confondono in un gioco sempre

nuovo, rimanendo incantati dallo scrosciare della grande cascata naturale.

Un territorio che rinasce Il sistema MIdA rappresenta una realtà unitaria e solida di gestione di un insieme

di attività turistiche diversificate e di promozione dello sviluppo territoriale. Ricorda

Francescoantonio D’Orilia: “I primi passi vennero fatti nel gennaio 2004 grazie

all’intervento della Regione Campania, Provincia di Salerno, Comune di Auletta

e Comune di Pertosa. La Fondazione, ente senza fini di lucro, nasce con lo scopo

di realizzare un modello di sviluppo locale fondato sulla valorizzazione di beni

ambientali e storici definiti minori e svolge lavoro di ricerca, sviluppo e valoriz-

zazione in maniera partecipata con gli attori locali”. I fondatori hanno contribuito

Così descrisse Salvatore Biazzo, giornalista della Rai, uno dei volti di “90° Minuto”, nel libro: “Ultime voci dall’epicentro” quella sera in cui “d’un trattò soffiò la bora...in quel momento soffiò una strana bora...e tutti dissero che quello era l’alito del diavolo...”

Auletta, piccolo comune del salernitano, di origini mitiche perse nel tempo, è pronto ad ospitare il Parco a ruderi (non ancora completato) per ricordare il sisma che colpì nel 1980 la Campania e la Basilicata, modificandone il corso della storia. Si tratta di una parte del vecchio centro storico abbandonato a seguito del sisma rimasta com’era. Il resto del paese rappresenta un bell’esempio di ricostruzione.

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RICO

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Quando il rudere diventa una risorsa

a tale processo attraverso investimenti

di natura diversa, con interessanti rica-

dute occupazionali dirette ed indotte.

Il sistema necessita di un’ulteriore

valorizzazione, di un’ottimizzazione dei

servizi e di adeguata promozione. Le

previsioni dei risultati si basano sulla

stabilità della gestione, sulla consolidata

esperienza della Fondazione e sulle

prospettive di sviluppo. Il sistema di

gestione, ben oliato, rischia ora di

segnare il passo. La Regione Campania,

dopo aver promosso un bando ( http://

geoparco Cilento, il sito delle Grotte di

Pertosa - Auletta è geosito focale e la

Direzione Scientifica della Fondazione

MIdA è inserita nel consiglio scientifico

del Geoparco “Cilento e Vallo di Diano”.

Tutto comincia in una grottaIl risultato conseguito è un’opportuna

destagionalizzazione dei flussi dei visi-

tatori di Pertosa-Auletta, perché le gite

scolastiche si effettuano nei soli mesi

di aprile e maggio, mentre la didattica

impegna il periodo da settembre a

giugno. La realizzazione dello spetta-

colo de “L’Inferno di Dante nelle grotte

www.progetto-rena.it/coauletta/) per

stimolare la generazione di idee di

impatto sostanziale e sostenibile per

la rinascita della città di Auletta, ha

congelato un finanziamento di euro

2.500.000,00 destinato a rilanciare

l’iniziativa ed uno di euro 1.750.000

che completerebbe il sistema dei ser-

vizi e dell’accoglienza intorno alle

Grotte. Tali risorse finanziarie oggi, se

liberate, sarebbero ben finalizzate

grazie al valore aggiunto che il concorso

di idee ha messo in campo con le varie

proposte progettuali arrivate da varie

parti d’Italia ed oltre. Non appare pre-

a Pertosa” ha intercettato una domanda

di turismo stanziale, incrementando

per tutto l’anno i soggiorni nell’intero

Vallo di Diano ed ha dato vita ad un

vero e proprio modello: lo speleo teatro,

replicato a Castelcivita ed a Castellana.

Per valorizzare turisticamente il terri-

torio, la Fondazione ha promosso la

costituzione di Cilento Incoming Soc.

a r.l., un tour operator a cui aderiscono

oltre 150 portatori d’interesse della

ricettività a sud di Salerno. Inoltre ha

promosso un’offerta integrata delle

Grotte della Provincia di Salerno (Castel-

civita, Morigerati, Pertosa-Auletta)

occupato del ritardo il Presidente D’O-

rilia. Anzi! Forte delle tantissime

proposte e progetti che in questi ultimi

anni la fondazione MIdA a partire dalla

Direzione scientifica della Prof.ssa

Mariana Amato, ha messo in campo,

tutte innovative, utili per generare nella

comunità locale la consapevolezza sul

valore dei beni naturalistici, archeologici

ed agro-ambientali del territorio e la

messa in luce delle loro caratteristiche

di qualità, eco-compatibilità, integra-

zione con i cicli ambientali e con la

memoria dei luoghi. Come le collezioni

di germoplasma vivente del frutteto

denominata “Tre Grotte tre fiumi ”.

MIdA aderisce all’Associazione Grotte

Turistiche Italiane (AGTI) sin dalla sua

nascita(1994), avendone anche la Pre-

sidenza, in più ha sostenuto la nascita

dell’Associazione di Comuni “Città

delle Grotte”, nell’ambito di Res Tipica

dell’ANCI e promuove costantemente

lo sviluppo di alleanze strategiche ter-

ritoriali con i Comuni limitrofi. Infine,

MIdA è socia costituente della Fonda-

zione della Comunità Salernitana. Oltre

al coinvolgimento delle associazioni

locali interessate alle problematiche

speleologiche ed archeologiche, con

storico ed in exiccata negli erbari storici

e moderni rispondono invece alla fun-

zione di conservare e rendere dispo-

nibile per lo studio e la diffusione, la

biodiversità dell’intera area del Cilento

e Vallo di Diano, dichiarata dal 1997

Riserva della biosfera e dal 1998 Patri-

monio dell’umanità dell’UNESCO. Le

attività del museo prevedono poi azioni

di studio e documentazione sui sistemi

agro ambientali della collina interna,

che presentano materiale genetico

unico (carciofo bianco, pomodorino,

colture arboree), ma anche sull’insieme

delle tecniche agronomiche tradizionali

le quali la Fondazione ha relazioni con-

solidate, essa ha in atto l’iniziativa “Club

MIdA Junior”, con gli allievi delle scuole

primarie e secondarie di primo grado

del territorio che vengono coinvolte

nella condivisione delle iniziative muse-

ali con le scuole del territorio e parte-

ciperanno agli allestimenti museali ed

alla ricerca sul territorio e redazione di

guide “junior” al territorio per ragazzi.

Partecipano al consiglio gli insegnanti

e i dirigenti scolastici che aderiscono

al progetto . Infine, la Fondazione MIdA

ha istituito “l’Osservatorio sul Dopo-

sisma” perché sembrava opportuno

spesso irraggiungibili, pertanto non

contaminate dal processo d’industria-

lizzazione foriero d’inquinamento

ambientale. Con il secondo la fonda-

zione patrimonializza i termini onoma-

stici di museo ed ambiente, entrambi

portatori di valori, anche sotto l’aspetto

tipicamente economico di mercato. I

musei ed il sito delle Grotte sono stati

inseriti nel 2009 nel sito UNESCO

Geoparco “Cilento e Vallo di Diano”.

La rete UNESCO Geoparks è stata

istituita con lo scopo di incentivare la

responsabilità nella gestione sostenibile

del patrimonio di un territorio. Nel

un altro sul processo d’industrializza-

zione della ricostruzione (l. 219) a cura

dell’Ufficio Studi del Monte dei Paschi

di Siena. Inoltre la Fondazione pro-

muove la realizzazione di attività spor-

tive legate alle caratteristiche del

territorio, quali rafting, speleoraft, equi-

turismo, torrentismo, tree climbing con

le quali ha integrato la già efficace

offerta turistica di avventura.”Non ci

fermeremo qui - conclude Francesco-

antonio D’Orilia - “il cammino è ancora

lungo e la strada si fa andando”. Loredana Renaudo

che devono essere documentate per

le loro valenze storico-culturali ed inse-

rite in cicli produttivi sostenibili ed

integrati con la fruizione culturale e

turistica dell’area. “Al fine di aiutare

le produzioni locali nella ricerca di nuovi

canali distributivi ed al contempo con-

tribuire alla loro creazione di valore, la

fondazione - spiega Francescoantonio

D’Orilia - ha creato i marchi “Terre di

grotte” e “Ma-musei integrati dell’am-

biente”. Con il primo (terre di grotte)

s’intende esplicitare uno storytelling

particolare: il territorio carsico, da

sempre associato ad aree povere e

riflettere ed avviare un serrato con-

fronto sulle ferite sociali del sisma del

1980, le modifiche avvenute nelle

dinamiche demografiche, comunitarie,

antropologiche, economiche e politiche

a causa dell’evento e delle attività di

ricostruzione.

A tal proposito sono stati realizzati dei

rapporti: uno di comparazione tra gli

eventi che hanno interessato, in tempi

diversi, la Campania-Basilicata, il

Molise, l’Umbria e L’Aquila; uno studio

sulla comunità di Caposele, in collabo-

razione con la cattedra di Antropologia

Culturale dell’Università di Bergamo;

RICO

STRU

ZION

E SO

LIDALE

Il tratto iniziale delle Grotte di Pretosa-Auletta (attrazione per un notevole numero di speleologi), è invaso dalle acque del fiume Negro, che offre un affascinante ed inconsueto viaggio in barca fino a raggiungere un piccolo approdo dal quale ci si inoltra nelle viscere della terra, immersi in un silenzio magico, laddove luci ed ombre si incontrano e si confondono in un gioco sempre nuovo, rimanendo incantati dallo scrosciare della grande cascata naturale.

A sinistra: La realizzazione dello spettacolo de “L’Inferno di Dante nelle grotte di Pertosa Auletta” ha dato vita ad un vero e proprio modello: lo speleo teatro.

Dopo il terremoto, i giovani hanno messo in campo azioni utili per generare nella comunità locale la consapevolezza sul valore dei beni naturalistici, archeologici ed agro-ambientali del territorio e la messa in luce delle loro caratteristiche di qualità, eco-compatibilità, integrazione con i cicli ambientali e con la memoria dei luoghi. Nella foto il Presidente della Fondazione MIdA Francescoantonio D’Orilia.

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MOD

ELLI

DI T

ERRI

TORI

O

MOD

ELLI

DI T

ERRI

TORI

O Probabilmente quando oltre mille

anni fa l’abbondante terreno

argilloso presente nell’area

cominciò a prendere forme e colori di

vasi ed oggetti, impregnati di culture

diverse e commercializzate oltre i con-

fini, non ci si poteva aspettare che

quelle tecniche, prima timide e poi via

via sempre più trasgressive diventas-

sero l’essenza della città; la ragione

per cui Faenza (faience) è nota e

famosa nel mondo. Dal primo ‘400 è

stato un susseguirsi di temi sempre

nuovi che innestandosi sui precedenti

hanno confermato ed innovato la voca-

zione artistica della città. I “Bianchi di

Faenza” della metà del ‘500 rappre-

sentano un momento insuperabile

dell’arte ceramica e ora il Museo inter-

nazionale delle ceramiche sorto nel

1908 è una eccellenza mondiale. Se la

storia della ceramica è raccolta preva-

lentemente nel museo o comunque in

ambienti dedicati, si può affermare che

dal ‘900 questo “materiale”, al quale

la città ha dato il nome, si affaccia

sempre più all’esterno presentandosi

in molteplici vesti. Senza dubbio lo

spazio esterno, visibile da tutti, ma

implacabile giudice per gli interventi

con insufficienti tecnica e creatività, è

diventato il vero e unico museo all’a-

perto per eccellenza. Museo inteso in

un’accezione diversa e innovativa, in

senso territoriale, dinamico e fluido,

quale luogo in cui sperimentare la

ceramica, lasciandola lì al giudizio della

gente e del tempo.

Questo spazio, senza muri, qualificato

qua e là da installazioni artistiche che

contemplino anche l’uso di ceramica,

è il biglietto da visita della città.

La scelta di Faenza, e qui risiede la

grande novità e lungimiranza, da un

secolo a questa parte, è stata quella

di puntare alla qualità del messaggio

“ceramico”, centellinando le sperimen-

tazioni urbane per poterne esaltare

l’innovazione; un processo che con-

sente di scandire e comprendere la

cronologia artistica della città. Altre

“città ceramiche”, invece, hanno cer-

cato di diffondere (in alcuni casi appic-

cicare) in modo quantitativo e con ogni

mezzo la ceramica, a volte riuscendoci

e a volte no, seguendo il principio del

non perdere alcuna occasione, ma

esponendosi al rischio, certo, di bana-

lizzare il messaggio promozionale.

Dopo decenni di amletici dubbi e altret-

tante dispute sulla migliore strada da

seguire, è stato il tempo a fornire la

soluzione: che è, e non potrebbe essere

altrimenti, quella della qualità innovativa

rispetto alla quantità invasiva.

Le direzioni, che attestano il percorso

sono molteplici e qui si citano solo le

azioni più significative.

Nel campo dell’architettura gli straor-

dinari ricami di Palazzo Valenti (1887)

e i raffinati cromatismi di Casa Zucchini

(1908), Casa Albonetti (1909), Casa

Matteucci (1910), Casa Vignoli (1910)

sono la premessa ad un gesto artistico

straordinario quale la Tomba Melandri

di Lucio Fontana (fine anni ’50) e ad

una contemporanea architettura di

Ettore Sottsass (2009). Anche l’urba-

nistica si è aperta alle collaborazioni

con artisti che hanno usato la ceramica

in modo innovativo e anticipativo alla

scala del quartiere: le sei installazioni

nel quartiere S. Lucia e quella del nuovo

quartiere San Rocco riportano a pieno

diritto l’artista nella sfera propria della

progettualità urbana.Il restauro dei

grandi edifici può offrire occasioni arti-

stiche di grande suggestione come è

documentato dagli allestimenti in cera-

mica nella chiesa medievale di S. Laz-

zaro, in quella moderna del Paradiso e

dalle installazioni sui soffitti voltati del

Palazzo comunale di Via Zanelli. Si tratta

di opere permanenti che vivono con

gli edifici e solo con quelli, relegando

il mero aspetto espositivo ad un ruolo

secondario.

Se va privilegiato un settore in cui

mantenere alto il livello innovativo e

creativo delle proposte, è certamente

quello delle opere d’arte urbane per-

manenti; dal monumento alla resistenza

di Domenico Matteucci (1976), nel

Viale della Stazione, fino alla “Spirale”

di Germano Sartelli (2010) nella rotonda

dell’ex Omsa, sono esemplificabili stili,

tecniche, autori che raccontano nel

modo più esplicito l’arte ceramica: un

libro all’aperto di storia dell’arte degli

ultimi 50 anni. Ma soprattutto è neces-

sario evidenziare il sobrio arredo urbano

ceramico faentino, discreto e perciò

qualificante; nei casi migliori, quando

si è spogliato di improprie velleità arti-

stiche, ha raggiunto livelli di grande

gusto che lo rendono attuale a distanza

di oltre 100 anni; numeri civici disegnati

da mano anonima nel 1904 e targhe

stradali ne sono un esempio.

Faenza deve solo continuare a scegliere

le opere ceramiche altamente innova-

tive da esporre al pubblico senza farsi

influenzare da mode o protagonisti

momentanei. Se è acclarata dalla storia

la sovrapposizione di Faenza a faience

è innegabile la difficoltà e l’impegno

da profondere per comunicare oggi in

modo innovativo e futuribile la cera-

mica. Nella competizione fra le città

sono vincenti solo quelle che attrag-

gono i creativi, i talenti, i giovani in

quanto costituiscono linfa per la Faenza

del futuro; ed è da questi che bisogna

partire, dalle loro idee prima che dalla

affannosa ricerca di vendere i prodotti

ceramici della tradizione. Il successo

artistico della città sarà una naturale

conseguenza. E’ la buona urbanistica

che con le strategie, la sua visione

dall’alto dei problemi proiettati nel lungo

periodo deve favorire l’attrazione e la

vivibilità urbana che rappresentano il

solo ambiente in cui si formano e cre-

scono le innovazioni; e quindi dove

germogliano l’arte e la ceramica.

L’urbanistica faentina guarda alla cera-

mica, intesa nel senso nobile del ter-

mine, guarda al momento della

ideazione, della innovazione, della sua

capacità di arricchire lo spazio urbano

e di elevarne il livello di riconoscibilità

in un mondo globalizzato; in pratica,

l’urbanistica vuole conservare il tratto

distintivo più noto di una comunità

radicato nella storia della città. L’urba-

nistica vuole promuovere l’arte e la

ricerca. La ceramica, quella inventiva

e non di imitazione, ha bisogno dell’ur-

banistica, delle sue strategie, di una

visione di lungo periodo per affrontare

realisticamente nuove sfide, nuove

occasioni di lavoro, nuove direzioni,

impensabili fino a qualche decennio

fa. La ceramica esce sempre più

spesso dalla bottega e incontra l’indu-

stria, l’arte urbana, la ricerca, il design.

E’ qui che, probabilmente, ci sono i

maggiori segnali di futuro ed è questa

l’attualità del sodalizio fra innovazione

ceramica e sviluppo del territorio.

Nell’articolo di apertura della rivista

DOMUS del febbraio 1933 Giò Ponti,

autore del celebre grattacielo Pirelli di

Milano, con lucida intuizione affermava:

…”Per chi lavora, per chi produce - e

non solo nelle industrie d’arte - non è

sufficiente la tecnica, l’economia, l’o-

stinato sforzo, se a queste virtù non

s’accompagna l’intuito dell’avvenire,

cioè dei costumi della vita di domani,

vale a dire dei consumi di domani…

L’industriale, il produttore che non

vede, nelle arti, la figura dell’avvenire,

non vede l’avvenire della propria indu-

stria, del proprio lavoro: egli è un cieco,

egli è un cattivo industriale.”…

Considerazioni quanto mai attuali in

questo momento storico. Ennio Nonni

Nella cittadina romagnola la ceramica esce sempre più spesso dalla bottega

e incontra l’industria, l’arte urbana, la ricerca, il design

Casa Matteucci in Corso Mazzini, Faenza, risalente al 1909 con ampie decorazioni in maiolica riccamente dipinta: una perfetta sintesi dell’arte del ferro e della ceramica.

In alto: targa stradale in ceramica - esempio di targa in maiolica dipinta per l’indicazione stradale realizzata nel 1910. In alto: una decoratrice di Faenza nel suo studio.

Faenza e la ceramica il respiro urbanistico della cittàL’urbanistica faentina guarda alla ceramica, intesa nel senso nobile del termine, guarda al momento della ideazione,

della innovazione, della sua capacità di arricchire lo spazio urbano e di elevarne il livello di riconoscibilità in un mondo

globalizzato; in pratica, l’urbanistica vuole conservare il tratto distintivo più noto di una comunità radicato nella storia

della città. L’urbanistica vuole promuovere l’arte e la ricerca. La ceramica, quella inventiva e non di imitazione, ha

bisogno dell’urbanistica, delle sue strategie, di una visione di lungo periodo per affrontare realisticamente nuove

sfide, nuove occasioni di lavoro, nuove direzioni, impensabili fino a qualche decennio fa.

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RES

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DIN

TORN

I

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I

La prima azione l’ha fatta la natura

che ha disseminato su tutto il

pianeta sedimenti clastici sciolti,

provenienti dal dilavamento di rocce

contenenti minerali argillosi, i quali con

la concentrazione del sedimento fine,

a seguito di un lungo trasporto preva-

lentemente in acqua, in ambienti lacu-

stri, marini, lagunari diventavano

particolarmente malleabili quando

idratata e può quindi essere facilmente

lavorata a mano, la seconda è dovuta

all’uomo che ha saputo utilizzare questo

materiale ottenuto scavando tra creste

d’argilla, colline brulle e dolcemente

ondulate, inasprite qua e là, incise dai

calanchi e da altre tipiche conformazioni

denominate balze e biancane. E’ un

tutt’uno che forma uno dei paesaggi

più straordinari e unici, come le Crete

senesi che danno al territorio il carat-

teristico colore grigio-azzurro e un’ap-

parenza spesso descritta come lunare

o il territorio di Civita di Bagnoregio,

nel viterbese, famosa per essere deno-

minata “la città che muore”che appare

arroccata su uno sperone di roccia

sovrastando l’ampia conca increspata

dai calanchi. Il territorio è sottoposto

ad una irrefrenabile erosione che vede

lo sperone tufaceo progressivamente

assottigliarsi su un sottostante strato

argilloso anch’esso instabile poiché

per la sua natura geologica é destinato

a subire l’azione erosiva degli agenti

atmosferici che lo modellano nelle

tipiche forme dei calanchi dall’azione

dilavante della pioggia sull’argilla.

Questi sono alcuni dei giacimenti ine-

sauribili di argilla, un terreno ricco di

sedimenti, denominato dal greco antico

Kéramos che significa creta o “terra

da vasaio”, utilizzato fin dall’antichità

nella creazione di manufatti risalenti al

periodo neolitico, quando i primi oggetti

di argilla (ciotole, vasi, brocche, ecc.)

venivano cotti direttamente sul fuoco.

Vari popoli, tra i quali si annoverano gli

antichi Egizi, i Persiani e i Cinesi, hanno

utilizzato l’argilla per la produzione di

porcellane. Già nell’antichità gli uomini

avevano imparato ad aggiungere una

polvere sottile silicea al prodotto argil-

loso prima di effettuare la cottura, per

dare oltre al colore tipico, una resi-

stenza meccanica del manufatto, con-

tribuendo alla vetrificazione e quindi

riducendo la porosità della ceramica

cotta. L’argilla sotto il profilo mineralo-

gico è una roccia composta, da uno o

più minerali, classificati chimicamente

come silicati idrati di alluminio con

quantità subordinate di altri elementi

quali: magnesio, sodio, potassio, calcio

e ferro. Il resto è storia recente: la

lavorazione dell’argilla avviene sempre

nello stesso modo, tenendo conto che

deve essere ben impastata prima della

modellazione in modo da eliminare tutti

gli eventuali vuoti d’aria e renderla

compatta. Il binomio è sempre lo

stesso: occorre mescolare terra e cre-

atività, come nei tempi antichi. In Italia,

diverse località, nel Medioevo, hanno

avuto il toponimo Figline che indicava

un luogo di lavorazione dell’argilla.

Un marchio di qualità tutela l’antica “arte” della ceramicaOggi le località dove quest’antichissima

arte si è tramandata con continuità fino

ad oggi, mettono in mostra con un

certo orgoglio, l’appartenenza alla rete

di appartenenza AiCC inserita nel cir-

cuito RES TIPICA ANCI che le rappre-

senta e le contraddistingue e che fa

scoprire anche attraverso il marchio

“Ceramica Artistica e Tradizionale”,

istituito per Decreto del Ministero

dell’Industria, del Commercio e dell’Ar-

tigianato, l’antico lavoro delle “botte-

ghe” ceramiche nelle quali sopravvivono

e si reinventano continuamente lo

spirito, la creatività e l’abilità degli arti-

Un marchio tutela il lavoro delle “botteghe” ceramiche nelle quali sopravvivono e si reinventano continuamente

lo spirito, la creatività e l’abilità degli artigiani, custodi di un’arte antichissima e moderna, in un’atmosfera tipica

che si ritrova, immutata nel tempo

Il vecchio forno della Bottega Gatti, costruito a mano negli anni 20, utilizzato per la cottura dei manufatti. Una recente edizione di Argillà a Faenza, una delle capitali mondiali della maiolica (dal suo nome deriva la parola “faiences”), alla scoperta del mondo

della ceramica e dei ceramisti, attraverso eventi, mostre ed animazioni culturali e spettacolari. Sopra: una vasta gamma di prodotti in una bottega-laboratorio di Vietri sul Mare, splendido borgo della costiera amalfitana, considerata la capitale

della ceramica artistica.

Il presidente dell’Associazione Italiana Città della Ceramica Stefano Collina, eletto di recente al senato, riconfermato per acclamazione all’ultima assemblea di AICC.

La terra che si trasforma in opere d’arteL’Associazione Italiana Città della Ceramica (AiCC) promuove la ceramica italiana nel mondo, un settore di antico

radicamento nel nostro territorio, tanto da risultare diffuso in tutto l’ambito nazionale, tuttavia le regioni differiscono

fra loro in termini di densità di produttori insediati e delle relative caratteristiche strutturali: per trasformare tale

diversità in un fattore di successo. L’Associazione che sviluppa azioni di tutela e promozione della ceramica

artigianale ed artistica della nostra tradizione, ha recentemente avviato una rete a livello europeo nella forma di un

Gruppo Europeo di Cooperazione Territoriale (GECT) “Agrupacion (Gruppo) Europea delle Città della Ceramica”,

per promuovere una serie di relazioni internazionali che hanno permesso scambi operativi di estremo interesse.

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La terra che si trasforma in opere d’arte

Tanti esempi di opere d’arte realizzate con l’argilla in alcune località della penisola. Da sinistra: Albisola Superiore; la lavorazione al tornio della ceramica, col solo uso delle mani del torniante. In alto, da sinistra opere esposte nel Museo della ceramica di Ascoli Piceno, a fianco autentici capolavori di Grottaglie e di Montelupo Fiorentino. A destra: uno spazio espositivo del Museo Internazionale delle Ceramiche di Faenza. In alto: un fregio in ceramica.

giani, custodi di un’arte antichissima

e moderna, in un’atmosfera tipica di

un “lavoro antico” che si ritrova, immu-

tato nel tempo. Un brand che viene

percepito favorevolmente da esperti

e dal mondo della cultura e delle isti-

tuzioni, ma anche degli appassionati

cultori di queste autentiche opere

d’arte, tant’é che lo ritroviamo utilizzato

come biglietto da visita, insieme al logo

dell’AiCC di un’iniziativa che coinvol-

gerà le città europee che hanno una

tradizione ceramica più consolidata.

Vale a dire l’arte della fabbricazione dei

prodotti formati di terra, foggiati a mano

o meccanicamente, e cotti. Si tratta di

un’autentica novità, maturata dopo il

lavoro durato alcuni anni, all’interno

dell’AiCC che promuove la ceramica

italiana nel mondo, un settore di antico

radicamento nel nostro territorio, tanto

da risultare diffuso in tutto l’ambito

nazionale, tuttavia le regioni differi-

scono fra loro in termini di densità di

produttori insediati e delle relative

caratteristiche strutturali: per trasfor-

mare tale diversità in un fattore di

successo, fin dal 1999 le principali città

d’arte del nostro paese si sono riunite

in questa Associazione, con la mission

di sviluppare azioni di tutela e promo-

zione della ceramica artigianale ed

artistica della nostra tradizione. Oggi

l’Associazione annovera 34 Comuni

distribuiti in 15 Regioni. L’AiCC nei suoi

quasi quindici anni di attività ha saputo

perseguire con efficacia i propri scopi

sociali: dalla tutela alla promozione,

dalla valorizzazione delle produzioni

all’affermazione dell’originalità della

cultura della ceramica italiana.

L’Associazione è stata infatti fin dalla

sua fondazione ferrea sostenitrice ed

attuatrice operativa della legge 188/90,

che ha tracciato e definito un sistema

di tutela e promozione della Ceramica

artigianale ed artistica in Italia, concen-

trandosi successivamente, dall’inizio

del 2000, sulla realizzazione di azioni

di marketing a supporto, diffusione e

promozione del marchio della ceramica

artistica tradizionale (CAT) e avviando

in un ulteriore momento, dal 2005 fino

ad oggi, una terza linea di azione stra-

tegica, per la costruzione di una rete

di rapporti a livello europeo.

Nel corso di un recente seminario,

organizzato dal Dipartimento degli Affari

regionali della Presidenza del Consiglio,

si sono messe, infatti, le basi per

quest’azione ad ampio raggio che vede

impegnata AiCC, assieme alle corri-

spondenti associazioni francesi (AFCC),

spagnola (AECC) e rumena (ARCC), in

una serie di relazioni internazionali che

hanno permesso scambi operativi di

estremo interesse. In questo stesso

periodo l’assemblea di Città della Cera-

mica, svoltasi a Faenza che ha visto la

presenza di Sindaci e rappresentanti

delle città di antica tradizione ceramica,

aderenti all’associazione, ha proceduto

al rinnovo delle cariche sociali, chie-

dendo, per acclamazione, al presidente

uscente Stefano Collina, eletto di

recente al Senato, di proseguire, anche

per il biennio 2013-2015, nel lavoro già

portato avanti negli ultimi anni, nel

segno della continuità. Toccherà ancora

all’ingegnere faentino, 46 anni, sposato,

un figlio, già assessore alle attività

produttive della cittadina sinonimo nel mondo di “ceramica”, anche se oberato

dai nuovi incarichi istituzionali, traghettare l’associazione AiCC verso ambiti

traguardi, in parte già tracciati. “In questo periodo siamo prioritariamente impe-

gnati in azioni volte ad aiutare le imprese ad uscire dalla crisi economica, soprat-

tutto attraverso una spinta verso l’internazionalizzazione”- afferma Stefano

Collina, presidente da oltre dieci anni di AiCC- “Ci preoccupiamo naturalmente

della salvaguardia di questo mestiere e del grande “saper fare” che lo connota:

infatti in quasi tutti i comuni aderenti, dal nord al sud, c’è un museo dedicato

alla ceramica e in molti una scuola preposta all’insegnamento dell’arte e della

tradizione, ma anche delle più moderne tecniche artistiche e produttive in grado

di rendere il prodotto ceramico al passo con l’evoluzione della moda e del design

e quindi competitivo anche sui mercati internazionali”.

Il settore guarda anche al mercato cineseL’obiettivo più importante di AiCC è, infatti, oggi il consolidamento di una rete a

livello europeo che ha preso il via fin dal 2000, dalla nascita progressiva e suc-

cessiva, per effetto di imitazione e spin-off, di associazioni analoghe in Francia,

Spagna e Romania, ed altre sono attualmente in discussione in Ungheria, Ger-

mania e Polonia. Dal 2010 ha preso avvio la formazione, ad opera delle quattro

associazioni “gemelle”, di una nuova figura giuridica europea, nella forma di un

Gruppo Europeo di Cooperazione Ter-

ritoriale (GECT) “Agrupacion (Gruppo)

Europea delle Città della Ceramica”,

con sede in Spagna, presidenza in

Francia e direzione in Italia. Da fine

2013 sarà operativo perciò un organi-

smo di coordinamento internazionale,

in grado di raccogliere le rappresen-

tanze di tutte le varie associazioni

nazionali attualmente aderenti al pro-

getto ed eventualmente quelle che in

futuro vorranno aderire, nella forma

giuridica più avanzata prevista e pro-

mossa oggi nell’ambito dell’UE - sono

costituiti in forma di GECT tutte le

Regioni Transfrontaliere sempre più

diffuse in Europa - in grado di rappre-

sentare la tradizione artigianale ed

artistica di almeno 100 città in Europa

che faranno parte dell’AEuCC, ma in

fondo di tutta la produzione ceramica

europea, attuando progetti di respiro

continentale e dando voce alle esigenze

di tutti i propri stakeholder. “Stiamo

dunque cercando di operare su più

fronti verso un’unica direzione - con-

ferma Stefano Collina - occorre fare

massa critica presso vari soggetti per

poter aumentare il peso, la considera-

zione del settore ceramico. In questi

anni abbiamo riscontrato che il lavoro

di rivitalizzazione del settore nel quale

ci siamo impegnati, ha portato a un

proficuo scambio di esperienza e

questo ha dato l’opportunità a tanti

artigiani di affrontare nuove strade e

ha consentito loro di poter oggi affron-

tare la crisi economica che attraversa

ogni settore”. Altre iniziative sono in

programma sempre promosse da AiCC.

“Abbiamo ideato - dice il Presidente

Collina - nuove forme di commercia-

lizzazione e promozione, come per

esempio le mostre mercato della cera-

mica che hanno sempre molto suc-

cesso. Pensiamo per esempio

all’evento biennale Argilla di Faenza,

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Anno VI - luglio/agosto 2013RE

S TI

PIC

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DIN

TORN

I

La terra che si trasforma in opere d’arte

che vedrà nel 2014 la quarta edizione

e che costituisce, con i suoi 200 espo-

sitori ed un pubblico di oltre 40.000

persone nell’arco di due giornate, un

momento importante per tutto il set-

tore. Questi momenti di incontro per-

mettono anche di allargare gli orizzonti

verso mercati fino a ieri impensabili.

Per esempio abbiamo di recente stretto

una partnership con Jingdezhen, la

capitale mondiale della porcellana e

riteniamo che questo interscambio ci

permetterà di portare il Made in Italy

della ceramica artistica anche sul mer-

cato cinese”.

Una legge tutela la ceramica artistica in ItaliaLa legge 188/1990 rappresenta un

punto di partenza per sostenere le

imprese e i ceramisti che oggi sono il

patrimonio di molte città. Grazie a

questa legge la tutela della denomina-

zione di origine delle produzioni di

ceramica artistica e tradizionale viene

attuata con I’apposizione del marchio

CAT (ceramica artistica e tradizionale),

in conformità ai disciplinari definiti dai

Comitati locali ed approvati dal Consi-

glio Nazionale Ceramico operante all’in-

terno del Ministero allo Sviluppo

Economico. I decori, le forme e la

qualità della ceramica sono tutelati

attraverso il Consiglio Nazionale Cera-

mico, i Comitati di disciplinare, le

Regioni e gli Enti locali nell’ambito delle

rispettive competenze, nonché i Con-

sorzi volontari fra produttori di ceramica

artistica e tradizionale delle zone di

affermata tradizione. Con la legge

188/90 sono stati anche istituiti il “regi-

stro dei produttori di ceramica artistica

e tradizionale” e il “registro dei pro-

duttori di ceramica di qualità” destinati

alle iscrizioni dei produttori ceramici di

Paesi membri dell’unione europea.

Le 34 città italiane aderenti all’AiCCAlbisola Superiore, Albissola Marina,

Ariano Irpino, Ascoli Piceno, Assemini,

Bassano del Grappa, Burgio, Caltagi-

rone, Castellamonte, Castelli, Cava dei

Tirreni, Cerreto Sannita, Civita Castel-

lana, Deruta, Este, Faenza, Grottaglie,

Gualdo Tadino, Gubbio, Impruneta,

Laterza, Lodi, Mondovì, Montelupo

Fiorentino, Nove, Oristano, Orvieto,

San Lorenzello, Santo Stefano di Cama-

stra, Sciacca, Sesto Fiorentino, Squil-

lace, Urbania, Vietri sul Mare.

www.ceramics-online.it L.Rn.

Al centro del vecchio borgo di Vietri sul Mare, in posizione dominante l’intero territorio della Costiera Amalfitana, si colloca il Duomo, con la cinquecentesca cupola maiolicata ed il maestoso campanile.

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Anno VI - luglio/agosto 2013 Anno VI - luglio/agosto 2013

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COVE

NANT

OF M

AYOR

S

COVE

NANT

OF M

AYOR

S Aggrega 127 su 136 Comuni

della Regione Molise e le due

Province, una popolazione di

circa 300.000 abitanti; eroga servizi ed

assistenza agli enti in ambito ICT, ammi-

nistrativo, consulenziale, formativo e

tecnico; fornisce loro supporto e coor-

dinamento per la partecipazione a bandi

e progetti complessi; contribuisce e

semplifica il processo di innovazione

tecnologica e normativa che interessa

la pubblica amministrazione: è ALI

ComuniMolisani, il Centro Servizi Ter-

ritoriale (CST) della piccola regione

adriatica che nello scenario nazionale

rappresenta un reale caso di best prac-

tice dell’associazionismo comunale. In

un contesto generale di riduzione delle

risorse economiche e precarietà di

risorse umane, il Centro Servizi ha

intrapreso azioni concrete volte a favo-

rire il contenimento della spesa soste-

nuta dai Comuni attraverso una più

efficace gestione delle risorse, preve-

dendo processi di razionalizzazione ed

esercizio di funzioni e servizi in forma

associata. “Con i nostri piccoli numeri,

solo uniti siamo tutti più forti e efficienti

– afferma Paolo di Laura Frattura, che

come Presidente della Regione Molise

è anche il Presidente di ALI.

“Le Alleanze Locali per l’Innovazione

- prosegue il governatore Frattura -

rappresentano l’evoluzione dei Centri

di Servizio Territoriali e realizzano una

cooperazione interistituzionale volta al

superamento del divario tecnologico

e alla diffusione dei processi di moder-

nizzazione della Pubblica Amministra-

zione negli Enti locali di piccole

dimensioni”. Si tratta di organismi di

cooperazione intercomunale, parteci-

pati e controllati dai comuni, con par-

ticolare riferimento a quelli sotto i 5

mila abitanti, finalizzati alla gestione

associata di sistemi informativi, di infra-

strutture tecnologiche e di servizi legati

all’ICT, necessari per supportare le

attività di back office e l’erogazione dei

servizi ai cittadini, alle imprese, al ter-

ritorio; garantire economie di gestione

nell’impiego delle ICT e conseguire un

complessivo miglioramento dei pro-

cessi e delle modalità di cooperazione

con le pubbliche amministrazioni che

interagiscono con i piccoli comuni.

“ALI ComuniMolisani - spiegano inol-

tre i referenti tecnici - in questi anni si

è dotata di ulteriori servizi a favore dei

propri associati per intraprendere un

percorso virtuoso e in linea con la

normativa nazionale. Un’iniziativa

avviata che garantisce agli associati

notevoli benefici in termini di risparmio

economico, di partecipazione al pro-

cesso di innovazione ed informatizza-

zione della PA, di qualificazione del

personale operativo nei Comuni, di

sostegno ed affiancamento nell’ambito

di progetti complessi nonché di adem-

pienza ai nuovi obblighi normativi”.

In tal senso ALI non poteva rimanere

indifferente al tema della sostenibilità

energetica che vede, infatti, l’associa-

zione in prima linea nella campagna

europea per la riduzione delle emissioni

di CO2 entro il 2020. L’opera di sensi-

bilizzazione alla partecipazione al pro-

getto “Covenant of Mayors” (Patto dei

Sindaci), nonché l’attività di sostegno

ai Comuni molisani per la presentazione

delle candidature a Bruxelles per la

concessione di finanziamenti destinati

ad interventi in campo energetico-

ambientale, ha conferito ad ALI il rico-

noscimento europeo di Coordinatore

ufficiale del Patto dei Sindaci.

ALI fornisce, infatti, ai partecipanti

assistenza tecnico-amministrativa,

risorse finanziarie per affrontare i costi

progettuali nonché la totale gestione

dei rapporti e delle comunicazioni con

gli uffici di Bruxelles e l’intermediazione

con le istituzioni locali. “Questa valida

intuizione - riconosce il Presidente

Paolo Frattura - si innesta nelle politiche

per l’efficienza energetica e le energie

rinnovabili messe in campo dalla

Regione Molise e dal POR FESR 2007-

2013, strumento programmatico che

ha permesso la progettazione e realiz-

zazione dei PAES (Piani di azione per

l’energia sostenibile) per ogni singolo

ente molisano sottoscrittore del Patto

dei Sindaci, ponendo al contempo le

basi per qualificare l’intero territorio

come “pratica eccellente”, in virtù della

potenziale partecipazione all’iniziativa

di tutti i Comuni del territorio e assu-

mendo lo status di Regione certificata

tra le prime in Europa”.

La scommessa di una piccola Regione

Due aspetti del territorio di Termoli. Tra scorci di mare, si intravede l’affascinante Borgo Antico. Arroccato su un promontorio delimitato da antiche mura a strapiombo sul mare Adriatico, risale al V secolo.

A destra: Il trabucco, antichissimo strumento di pesca, sotto le mura di cinta. In alto: il Santuario della Madonna del Canneto nel Comune di Roccavivara.

Il castello d’Evoli di Castropignano è un monumento simbolo della cultura e della civiltà della transumanza.

Nel riquadro: il complesso sacro del Teatro-Tempio Sannitico di Pietrabbondante costituisce importante testimonianza archeologica dell’antico Sannio.

In primo piano: il Presidente della Regione Molise Paolo di Laura Frattura.

Il Molise ha messo le ALI

Continua il viaggio di Energeo magazine tra le strutture di supporto e i coordinatori ufficiali del Patto dei sindaci

per tastare il polso alle attività svolte localmente nell’ambito del progetto “Covenant of Mayors” (Patto dei

Sindaci), nonché all’attività di sostegno per la presentazione delle candidature a Bruxelles per la concessione di

finanziamenti destinati ad interventi in campo energetico-ambientale. L’associazione dei Comuni molisani, che

si indentifica nell’acronimo Ali (Alleanze locali per l’innovazione), rappresenta un valido modello di aggregazione

finalizzata alla gestione associata di sistemi informativi, infrastrutture tecnologiche e servizi legati all’Ict (Information

Communication Technology), necessari per apportare miglioramenti alle attività di back office e all’erogazione dei

servizi ai cittadini, alle imprese, al territorio e di suggerire economie di gestione nell’impiego delle ICT per un

miglioramento complessivo dei processi e delle modalità di cooperazione con i piccoli comuni.

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I CANTO

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COVE

NANT

OF M

AYOR

S

Dal 1866 sempre

Il Molise ha messo le ALI

Per facilitare le necessarie operazioni

di raccolta dei dati relativi ai consumi

energetici e di censimento degli edifici

di proprietà comunale potenzialmente

oggetto di interventi di riqualificazione

energetica, la Regione ha, inoltre, desti-

nato fondi FESR alla formazione di uno

staff di consulenti a supporto dei

Comuni che, direttamente in loco per

il tramite di ALI e, per quanto di com-

petenza, dall’Amministrazione Provin-

ciale di Isernia, affiancano il personale

degli enti partecipanti al progetto.

Sempre su iniziativa regionale, 14,8

milioni di euro, fondi FESR - Asse II

Energia, sono stati destinati all’efficien-

tamento energetico degli edifici pubblici

ed alla riduzione dei consumi attraverso

un bando rivolto ai Comuni del territo-

rio, mentre, ulteriori fondi FESR sono

impiegati nell’ambito della progetta-

zione integrata territoriale per attività

energetiche. Le opere ammesse al

finanziamento partecipano al quadro

degli interventi previsti nei PAES. Gli

obiettivi strategici cui puntano i PAES

realizzati da ALI riguardano, infatti, la

promozione di investimenti nell’ambito

delle fonti rinnovabili; l’efficienza ener-

getica degli edifici pubblici e delle

scuole; sistemi di cogenerazione, effi-

cientamento energetico dell’illumina-

zione pubblica; mobilità sostenibile; la

diffusione e l’educazione a comporta-

menti, singoli e collettivi, ecocompati-

bili ed ecosostenibili; la promozione e

diffusione della raccolta differenziata.

L’impegno di ALI e della Regione

Molise in ambito ambientale ed ener-

getico, inoltre, si è esteso all’ambizioso

progetto di un “portale georeferen-

ziale” che fotografa l’intero territorio

in termini di immobili comunali, con-

sumi energetici, cartografie catastali

ed impianti di pubblica illuminazione

con l’intento di realizzare un database

unico e dinamico a disposizione sia

dell’ente regionale, come strumento

di verifica e controllo dei consumi ener-

getici del territorio e monitoraggio dei

relativi investimenti, sia al servizio dei

cittadini come strumento di trasparenza

di dati tecnici, trend di consumi ed

interventi in essere realizzati dalla pub-

blica amministrazione. ALI ha, dunque,

adottato il modello virtuoso dell’asso-

ciazionismo sperimentato in campo

energetico-ambientale su tutti gli altri

fronti di interesse comunale, basti

citare la costituzione del Suap asso-

ciato, che consente ai Comuni parte-

cipanti l’adeguamento agli obblighi

normativi in materia di sportello unico

per le attività produttive; le gare di

acquisti centralizzati, mediante le quali

gli enti ottengono una riduzione dei

prezzi di mercato dei beni di consumo

abituali, nonché la semplificazione delle

stesse procedure di acquisto, la costi-

tuzione della centrale di committenza

comunale; l’approvvigionamento e

l’assistenza relativa agli strumenti tec-

nologici divenuti obbligatori nella pub-

blica ammnistrazione quali la firma

digitale, la posta elettronica certificata,

i siti web; l’assolvimento agli obblighi

di trasparenza e pubblicazione online

cui sono sottoposti gli enti, nonché gli

incontri e le sessioni formative dedicate

alle materie di competenza comunale.

Il modello virtuoso che una piccola

associazione come ALI ha saputo avan-

zare e realizzare sul territorio molisano

appare oggi la sola risposta possibile

ai processi di riduzione, revisione, taglio

della spesa pubblica e “spending

review” che inevitabilmente entrano

e diventano imperativi anche nei piccoli

e piccolissimi Comuni. R. En.

Il lago di Castel San Vincenzo, un invaso artificiale realizzato sul finire degli anni cinquanta per scopi idroelettrici. A destra: immagini di uno dei più importanti siti archeologici del centro sud d’Italia, zona archeologica di Altilia - Saepinum, Comune di Sepino.

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SINER

GIE

SINER

GIE

Ci sarà anche il Co.Svi.G., alla

presentazione ufficiale del pro-

gramma dell’evento che impe-

gnerà, per il 2014, un autentico esercito

di tutte le forze vive della cultura e della

società per riscoprire, monitorare e

promuovere azioni di tutela e di salva-

guardia del patrimonio ambientale,

culturale, archeologico, storico, urba-

nistico, architettonico del nostro Paese.

Il Consorzio è stato chiamato a rappre-

sentare i territori della Regione Toscana,

nella sala conferenze dell’ANCI, in via

dei Prefetti, il prossimo 9 ottobre, a

Roma. L’iniziativa è stata promossa

dalla Fondazione Spadolini Nuova Anto-

logia, in sinergia con la Fondazione

Casa natale Enzo Ferrari e la Fonda-

zione Guglielmo Marconi, in collabora-

zione con Res Tipica ANCI, all’inizio del

count down della cerimonia di confe-

rimento della Medaglia Spadolini che

avverrà a Modena il 9 novembre pros-

simo. Siamo alla vigilia del quarante-

simo anniversario dell’istituzione del

Ministero per i Beni Culturali e Ambien-

tali, creato da Giovanni Spadolini,

nonchè del ventennale della morte

dello statista fiorentino.

Al Co.Svi.G. toccherà organizzare una

tine, Roccamonfina e Vulture, ecc.),

vulcani quescienti (Colli Albani, Campi

Flegrei, Ischia, Vesuvio, Lipari, Vulcano,

Panarea, Isola Ferdinandea e Pantel-

leria). Infine i vulcani attivi, Etna e

Stromboli, che eruttano frequente-

mente e che, per le condizioni di attività

a condotto aperto, presentano una

pericolosità ridotta. L’iniziativa sarà

estesa ai territori in cui si manifestano

fenomeni di natura geotermica o di

emissioni di altri gas allo stato secco,

provenienti dal suolo, ed ai luoghi dove

sono presenti sorgenti di acqua calda

di origine profonda, che sgorga a tem-

peratura che può anche raggiungere

100 °C , poste in relazione con i feno-

meni postumi del vulcanismo. Questi

luoghi, per la loro natura, riescono più

di altre aree a coniugare la tutela

dell’ambiente con la valorizzazione del

paesaggio, investendo nello sviluppo

sostenibile. “Il dialogo con gli altri

territori rientra tra le prerogative dell’at-

tività del Consorzio - spiega Sergio

Chiacchella, direttore generale del

Co.Svi.G.- contemporaneamente avvie-

remo un restyling completo del nostro

portale web, proprio per favorire queste

iniziative di dialogo”. “Ci affiancherà

in questo lavoro - precisa Chiacchella

- il periodico Energeo Magazine (www.

energeomagazine.com), che ha già

avviato un ricerca sui cosiddetti territori

dal “cuore caldo”, fornendo una chiave

di lettura del territorio, dagli aspetti

geografici e paesistici, agli aspetti geo-

logici e ambientali, e i cosiddetti effetti

speciali creati dalla terra attraverso

l’acqua, l’aria e il fuoco. Gli esperti delle

Scienze della terra che collaborano con

il periodico e i tecnici del distretto delle

Energie Rinnovabili (www.disrettoe-

nergierinnovabili.it), ci aiuteranno ad

imparare a conoscere ciò che ci cir-

conda, per avvicinarci alle esigenze del

territorio, inteso come bene culturale

e ambientale da tutelare”. Il progetto, che rientra in un ciclo di iniziative speciali

per ricordare Giovanni Spadolini, non è diretto ad esperti, ma alla gente comune

ed alle scuole.

Hanno dato la loro disponibilità ad aderire al progetto il Parco dell’Etna, l’area

naturale protetta della Regione Siciliana che comprende il vulcano di recente

riconosciuto patrimonio dell’UNESCO, e il Parco del Vesuvio, “pronti a collabo-

rare”- come hanno indicato i due autorevoli rappresentanti, prof. Ugo Leone,

presidente del Parco e Giuseppe Luongo, vulcanologo di chiara fama e professore

emerito di geofisica della Terra solida, già presidente dell’Osservatorio Vesuviano.

Grande interesse ha suscitato l’iniziativa del Co.SVI.G. tra i responsabili dei parchi

dei Colli Euganei e dell’Ente Parco naturale Regionale Castelli Romani. Hanno,

altresì, comunicato la loro adesione Alice Freschi, sindaco di Borgosesia, nel cui

territorio è stato scoperto un “supervulcano fossile”, entrato nella rete europea

dei geoparchi sotto l’egida dell’UNESCO. Tra gli altri hanno manifestato un grande

interesse il vice sindaco di Rionero in Vulture Vito d’Angelo, località della Basi-

licata dov’è situato il vulcano spento del Vulture; il sindaco di Catania Enzo Bianco;

i sindaci Italo Lullo di Oliveto Citra (Mofete), di Vinadio (Angelo Giverso) e di

Valdieri (Emanuel Parracole), territori caldi con risorse utilizzate per cure termali

sulle Alpi Marittime. Sono attese le indicazioni del Comune di Acqui Terme e di

altri Comuni termali. Il progetto si aggiunge all’iniziativa della prima comunità

del cibo ad energie rinnovabili a livello mondiale, voluta da Slow Food e battezzata

dal presidente Carlo Petrini al salone del gusto di Torino come un esempio di

eccellenza, frutto di un’intesa tra Slow Food Toscana, Fondazione Slow Food

per la Biodiversità e Co.Svi.G. (Consorzio per lo sviluppo delle aree geotermiche),

che ha raggiunto l’obiettivo di dare vita ad una iniziativa assolutamente nuova,

individuando soluzioni appropriate per la produzione agro-alimentare con sistemi

innovativi per il risparmio energetico e la tutela dell’ambiente, puntando sulle

produzioni caratterizzate dalla tecnologia di processo. Nella zona si è realizzato

un laboratorio a cielo aperto, che è diventato sede didattica dell’Università di

Scienze Gastronomiche di Pollenzo. P. B.

RETE nazionale dedicata alle “terre dal

cuore caldo”, un progetto di grandis-

simo interesse ed alto valore scienti-

fico, per la promozione e la valorizzazione

di questi territori, da utilizzare per rico-

noscere le tappe evolutive della storia

del nostro pianeta “scritte nelle sue

profondità e sulla sua superficie, nelle

rocce e nel paesaggio” (Dichiarazione

Internazionale della Memoria della

Terra, 1991). In questo contesto diventa

importante chiedersi come in questi

anni i territori di origine vulcanica (e

non solo) hanno comunicato l’aspetto

“soltanto diverso”, quali sono le pra-

tiche di comunicazione maggiormente

diffuse nella comunità scientifica, quali

i valori sociali e culturali di riferimento,

quali i modelli di comunicazione. I ter-

ritori di origine vulcanica, come il com-

prensorio geotermico della Toscana,

vogliono esaltare tutte le aree con

queste peculiarità, vulcani estinti la cui

ultima eruzione risale a oltre 10 mila

anni fa (Salina, Amiata, Vulsini, Cimini,

Colli Euganei, Vico, Sabatini, Isole Pon-

Il Consorzio per lo sviluppo delle aree Geotermiche avrà il delicato compito di organizzare una RETE nazionale

dedicata alle “terre dal cuore caldo”, un progetto di grandissimo interesse ed alto valore scientifico,

finalizzato alla promozione e valorizzazione di questi territori, importanti per riconoscere le tappe evolutive

della storia del nostro pianeta

Co.Svi.G., un alleato affidabile Il prossimo 9 ottobre, a Roma, nella sala conferenze dell’ANCI, in via dei Prefetti, avrà luogo la presentazione della

bella iniziativa promossa dalla Fondazione Spadolini Nuova Antologia, in sinergia con la Fondazione Casa natale

Enzo Ferrari e la Fondazione Guglielmo Marconi, in collaborazione con Res Tipica ANCI.

Fra i protagonisti di primo piano il Co.SviG. La posta in gioco è alta: si tratta per riscoprire, monitorare e promuovere

azioni di tutela e di salvaguardia del patrimonio ambientale, culturale, archeologico, storico, urbanistico, architettonico

del nostro Paese.

All’interno dell’Università di Pollenzo, gli studenti hanno modo di partecipare a laboratori didattici, una nuova forma di didattica esperienziale che permette ai futuri “gastronomi” di imparare sul campo seguendo le filiere produttive, come quella dell’azienda agricola Podere Paterno di Monterotondo Marittimo e del panificio Martini di Pomarance.

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Anno VI - luglio/agosto 2013 Anno VI - luglio/agosto 2013

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Nei racconti del parroco Hugo

Senoner, il Brennero di una

volta, prima che vi venisse

tracciato il confine nel 1918, era cono-

sciuto come luogo di cura nelle

moderne Terme e di commercio.

Qui, al confine tra Italia e Austria, siamo

davvero al centro dell’Europa. Il luogo,

il più basso e più attraversato passag-

gio alpino del continente, dove fiorivano

il commercio e le entrate doganali,

acquisisce il suo fascino tramite la

presenza delle vecchie costruzioni

architettoniche, il paesaggio di confine

e l’irresistibile carattere di collegamento

tra nord e sud, strada di transito in

continuo mutamento, segnato dalle

vicende di spalloni affaticati dopo l’ul-

tima nottata di traffici e finanzieri troppo

severi. Ora questo paese, luogo di

importanza internazionale, spartiacque

ma anche ponte di collegamento tra

la cultura del Nord e quella del Sud, tra

il mondo degli spaghetti e quello dei

canederli, potrebbe diventare, con l’a-

pertura del Plessi Museum il punto di

che va fino a Modena, dove si collega

con l’Autostrada del Sole. Si tratta di

uno degli assi principali della rete auto-

stradale italiana: l’arteria, lunga 314

chilometri, da Modena a Brennero,

collega la pianura padana con l’Austria

e la Germania e diventa oggi un luogo-

simbolo del dialogo fra popoli diversi,

nonché di cultura. Al di là della struttura

in sé - comunque un gioiellino di archi-

tettura e ingegneria - il progetto ha

molteplici significati. Il primo è quello

della collocazione logistica: l’areale che

un tempo era occupato dalla dogana.

Luogo di scambio, di incontro, ma

anche di divisione, di separazione, di

frattura. “Il Passo del Brennero - spiega

Walter Pardatscher Amministratore

Delegato dell’Autostrada del Brennero

SpA - ha sempre rappresentato, dentro

la storia dell’Europa, un luogo dal forte

Schengen - doveva necessariamente essere anche l’occasione per dare nuovo

valore a questi spazi. E la collocazione di un museo con le opere di Fabrizio Plessi

- autore che ha mirabilmente interpretato il dialogo tra la ricerca tecnologica e le

preesistenze naturali - ne è stata la reale concretizzazione. Abbiamo voluto tra-

sformare una linea di separazione in un luogo d’incontro e di piacere: il piccolo

contribuito che l’A22 ha voluto offrire per la riconfigurazione di uno spazio geo-

grafico denso di significati come quello del Passo del Brennero”. “ Il “museo”è

stato disegnato - dall’ingegner Carlo Costa, direttore tecnico generale di A22 -

come uno scrigno di vetro, sormontato da una leggera copertura”.

Ma perché tanta inventiva?Mai vista tanta inventiva lungo un’arteria autostradale: una scelta che riesce a

coniugare il viaggio con la cultura e l’arte, ma anche l’identità culturale e la

memoria dei luoghi. Vediamo come. L’interno del Plessi Museum è impreziosito

dalla mano di Fabrizio Plessi, artista veneziano, di origine emiliana, che ha già

esposto nei più prestigiosi musei del mondo, dal Pompidou al Guggenheim.

“L’idea era nata proprio da un’opera di Plessi, presentata nel 2000 all’Expo di

Hannover - ricorda ingegner Carlo Costa, direttore tecnico generale di A22 -: una

scultura dedicata all’Euregio che unisce tre composizioni rappresentanti le Pro-

vince di Trento, Bolzano e Innsbruck. In quest’opera Plessi ha concepito un

paesaggio montano artificiale, un ambiente alpestre da attraversare e da vivere

tecnologicamente dall’interno. Attorno a quest’opera è stato disegnato lo scrigno,

arredato dallo stesso Plessi secondo la stessa filosofia”.

Il luogo si presenta come uno spazio armonico, fruibile con molti livelli di lettura:

da quello ingenuo dei viaggiatori distratti, a quello più avveduto che caratterizza

gli amanti dell’arte o dei dettagli esteticamente raffinati. Certo, per un’autostrada

la proposta è assolutamente originale: l’ambiente diventa assolutamente unico,

in grado di far riflettere sulla natura circostante ma anche sulla storia che quel

luogo rappresenta.

Oltre ad un punto ristoro, ci sarà anche una sala conferenze, con mobili e oggetti

di arredo realizzati su disegno dell’artista Fabrizio Plessi, per accogliere meeting

e incontri transfrontalieri. Un’autostrada che inizia con una proposta culturale

innovativa, che rappresenta il primo esempio italiano di spazio museale in un’ar-

teria di grande traffico e scambi internazionali, simbolo di connessione tra il

mondo mediterraneo e quello mitteleuropeo, laddove, dalla fine della prima

guerra mondiale all’entrata in vigore del trattato di Schengen (1 gennaio 1995),

il confine aveva rivestito invece un ruolo di separazione tra il mondo latino e

quello germanico, non può non avere un terminal più prestigioso che, per giunta,

porta il nome del mitico Enzo Ferrari.

Occorre un gesto coraggioso e proiettato nel futuroSi scopre questo luogo magico subito dopo l’uscita al casello di Modena e ci si

ritrova nell’avveniristico Museo Casa natale di Enzo Ferrari, l’imponente opera

di architettura contemporanea, che porta la firma dello studio Future Systems

di Londra, di cui era titolare il grande architetto Jan Kaplicky, recentemente

scomparso. Spazio polivalente, elegante, unico e prestigioso; luogo magico,

esclusivo, avvolgente, avveniristico, pieno di identità, e al tempo stesso innova-

valore simbolico ed identitario. Per

questo motivo, la riqualificazione dell’a-

rea dell’ex-dogana - smantellata dopo

l’entrata in vigore degli Accordi di

partenza di un progetto internazionale:

un “corridoio 1” molto speciale, di

sicuro il primo in Europa dedicato

all’arte e alla cultura.

L’iniziativa è decollata nei mesi scorsi,

a pochi passi dal confine, alla Dogana

del Brennero, dove l’Autobrennero

tracciò il tratto iniziale della sua rotta

L’idea è quella di far dialogare tutte le strutture museali collocate lungo l’arteria autostradale che collega

la pianura padana con l’Austria e la Germania, dal Brennero a Modena, e metterle in RETE, come esempio

di best practice nella valorizzazione del territorio attraverso l’arte e la cultura, utilizzando le strutture

già affermate sulla scena internazionale

Autobrennero, l’arteriadell’arte e della culturaAl confine con l’Austria, là dove una volta c’era la dogana, punto di’ingresso nel nostro Paese, ora c’è il Plessi

Museum, impreziosito dalla mano di Fabrizio Plessi, artista veneziano, che ha già esposto nei più prestigiosi musei

del mondo, dal Pompidou al Guggenheim. “Il Passo del Brennero - spiega Walter Pardatscher Amministratore

Delegato dell’Autostrada del Brennero SpA - ha sempre rappresentato, dentro la storia dell’Europa, un luogo dal

forte valore simbolico ed identitario. Per questo motivo, la riqualificazione dell’area dell’ex-dogana - smantellata

dopo l’entrata in vigore degli Accordi di Schengen - doveva necessariamente essere anche l’occasione per dare

nuovo valore a questi spazi”. E lungo l’arteria? C’è un autentico Distretto culturale che riguarda il Trentino e l’Alto

Adige. Il MUSE, ad esempio, inaugurato di recente, realizzato dal neo senatore Renzo Piano, il MART (Museo di

Arte Contemporanea di Trento e Rovereto), inaugurato nel 2002. A Bolzano, nel Museo Archeologico dell’Alto

Adige, Ötzi, l’uomo venuto dal ghiaccio, ed il suo equipaggiamento, rappresentano il fulcro dell’esposizione.

L’autobrennero, uno degli assi principali della rete autostradale italiana. L’arteria, lunga 314 chilometri, da Modena a Brennero, collega la pianura padana con l’Austria e la Germania e diventa oggi un luogo-simbolo di cultura e di dialogo fra popoli diversi.

A sinistra: Walter Pardatscher, Amministratore Delegato dell’arteria che presto potrebbe denominarsi il “corridoio 1” della cultura e dell’arte.

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Anno VI - luglio/agosto 2013SC

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Autobrennero, l’arteria dell’arte e della cultura

tivo, dalla forma di “contenitore”, di scocca dinamica e protettiva che avvolge

“un’anima“ articolata e complessa, il motore. Uno spazio realizzato dopo il

restauro della casa in cui Enzo Ferrari nacque a Modena nel 1898, che ha con-

servato intatti nel tempo sia il corpo abitativo che quello di officina, con la

costruzione di un nuovo edificio dal design automobilistico, l’ormai famoso

“cofano” in alluminio giallo, colore simbolo della città di Modena e colore scelto

da Enzo Ferrari come sfondo del Cavallino, il marchio dell’azienda che porta il

suo nome, noto in tutto il mondo.

E’ una struttura in cui organizzare convegni ed eventi culturali, che appare come

un sipario in cui si affaccia l’insolita ribalta dove si può parlare di futuro. Da questo

luogo ripartirà il Premio Eco and the City Giovanni Spadolini, un’iniziativa di suc-

cesso che, nelle passate edizioni, ha saputo rappresentare e valorizzare l’Italia

migliore, quella delle identità locali e

dello sviluppo sostenibile.

Il nostro giornale, dopo una disanima

delle particolari peculiarità del territorio,

già vocato al turismo e ricco di fermenti

culturali, si fa portavoce di una propo-

sta affascinante: far dialogare tutte le

strutture museali collocate lungo l’ar-

teria autostradale e metterle in RETE,

come esempio di best practice nella

valorizzazione del territorio attraverso

l’arte e la cultura, utilizzando le strutture

già affermate sulla scena internazio-

nale, dando grande visibilità, così, sia

al territorio trentino (in particolare

all’asse Rovereto-Trento), sia all’Alto

Adige, con il Museo Archeologico dove

è esposto l’Uomo venuto dal ghiaccio.

Il ruolo fondamentale dei musei (in

particolare MUSE e MART) è quello di

propagare energia ed innovazione in

un contesto territoriale che moltiplica

continuamente la propria offerta cul-

turale e fa di essa un fattore di rinno-

vamento e di sviluppo del territorio,

anche dal punto di vista turistico e di

condivisione del paesaggio, svolgendo

importanti funzioni di interesse gene-

rale, sul piano culturale, ecologico,

ambientale e sociale, dando una spinta

anche all’attività economica.

L’iniziativa si potrebbe inserire, a pieno

titolo, nel programma avviato dalla

Fondazione Spadolini Nuova Antologia

e da Energeo Magazine, alla vigilia del

40° Anniversario di fondazione del

Ministero per i Beni Culturali e Ambien-

tali. Occorrerà ancora un gesto corag-

gioso e proiettato nel futuro da parte

dell’Autostrada?

Il direttore generale del Museo Casa

natale Enzo Ferrari, Adriana Zini acco-

glie la proposta con un sorriso.

Dice: “Parliamone”.

In alto: l’interno del Plessi MUSEUM, costruito là dove una volta c’era la dogana, è impreziosito dalla mano di Fabrizio Plessi, artista veneziano, di origine emiliana, che ha già esposto nei più prestigiosi musei del mondo, dal Pompidou al Guggenheim.

In alto: ingegner Carlo Costa, direttore tecnico generale di A22. Il Museo Enzo Ferrari MEF, dove si racconta la straordinaria vita del Drake, potrebbe diventare il terminal di un progetto ambizioso, denominato

“corridoio 1” dell’arte e della cultura. Attualmente è in corso l’irripetibile mostra “GRAND PRIX - Le monoposto del Campionato di Formula 1”, dedicata alle vetture da leggenda del Campionato Mondiale di Formula Uno dal 1950 al 1994.

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maschio adulto, alto circa 160 cm, che

al momento della morte doveva avere

all’incirca 46 anni. Un’età ragguarde-

vole, in un’epoca (3300 - 3100 a.C.) in

cui l’aspettativa di vita media non era

superiore ai 30 - 35 anni. Dal 22 gennaio

2013 è in corso la rassegna “MysteriX.

Reperti enigmatici dell’Alto Adige”.

E’ la prima mostra per famiglie a livello

provinciale, specificamente ideata per

bambini accompagnati da adulti; resterà

aperta fino al 19 gennaio 2014.

Sette reperti archeologici unici, dalla

preistoria all’epoca romana, pongono

la ricerca di fronte a un enigma: come

venivano utilizzati? Cosa significano?

Nella nuova mostra temporanea del

Museo Archeologico dell’Alto Adige,

adulti e bambini vestono i panni degli

scienziati sperimentando strumenti e

metodi dell’archeologia.

I grandi numeri del MUSE, Museo delle Scienze di TrentoÈ stata una partenza esplosiva quella

del MUSE, il Museo delle Scienze di

Trento che - a un mese esatto dall’i-

naugurazione - ha raggiunto i 56.765

visitatori. Numeri di un’affluenza che,

sommata ai 28.000 presenti della no

stop di inaugurazione tenutasi il 27 e

28 luglio, arriva a 84.765 persone, in

questi giorni in fila per apprezzare la

nuova struttura architettonica e i con-

tenuti sviluppati dallo Studio Renzo

Piano Building Workshop e dal lavoro

di ricerca e divulgazione scientifica dei

mediatori culturali del museo e del

direttore Michele Lanzinger.

Le cifre superano le aspettative più

rosee, con una media di 2.365 persone

al giorno e un picco raggiunto domenica

25 agosto con 3.087 accessi. Lungo

l’asse dell’Autobrennero, la cultura

continua a far gola. A una prima inda-

gine, i visitatori risultano provenire per

l’80% da fuori provincia, principalmente da Veneto, Lombardia, Emilia Romagna

e Lazio, anche se non mancano i trentini e stranieri.

Tra le tipologie di biglietti emessi, spicca l’opzione famiglia che conferma il

richiamo del museo su bambini e ragazzi che non mancano mai di appassionarsi

alla sperimentazione, alla tecnologia e alla natura.

Ora, a partire dal mese di settembre, sarà la volta delle scuole, per le quali il

MUSE e le sedi territoriali hanno ideato contenuti e proposte ad hoc, più di 100

tra laboratori e pacchetti didattici in grado di soddisfare le esigenze delle fasce

primarie, secondarie e dell’infanzia. A fianco del museo “reale”, il MUSE offre

un ampio ventaglio di proposte “virtuali”, con una ricca attività social media dai

numeri altrettanto “incoraggianti”: 15.000 gli amici che frequentano la pagina

Facebook del MUSE, 4.000 le visualizzazioni dei video sulla pagina YouTube, una

media di più di 4.000 visite giornaliere al sito www.muse.it, e una newsletter

che raggiunge quasi 7mila contatti. Grande soddisfazione viene espressa dal

direttore Michele Lanzinger: “questi numeri sono assolutamente incoraggianti.

Tuttavia non si tratta solo di considerare il dato quantitativo. Abbiamo avviato

una ricognizione sistematica della soddisfazione della visita che ci fa intravvedere

quanto i nostri visitatori - sia chi è già in Trentino per le vacanze estive che chi

si è messo appositamente in viaggio per visitarci - abbiano apprezzato lo stile

espositivo del MUSE. Stiamo osservando come il nostro pubblico percepisca la

visita al museo come una sorta di esplorazione, un viaggio di scoperta. Un’espe-

rienza di interazione con gli apparati espositivi e di conversazione sui temi del

museo con gli amici o i famigliari con i quali sta visitando la struttura. Per questo

motivo, gli aspetti maggiormente apprezzati sono l’interattività dei nuovi exhibit

scientifici, gli animali tassidermizzati posti fuori dalle vetrine e quasi a portata di

mano e infine l’edificio e il design delle esposizioni disegnati da Renzo Piano”.

Bolzano, il fascino del passatoIl Museo Archeologico dell’Alto Adige

è stato aperto al pubblico il 28 marzo

1998, da allora è stato visitato da oltre

di due milioni di persone. La celebre

mummia del Similaun, l’Uomo venuto

dal ghiaccio, divenuta una mostra con

un allestimento permanente, rimane

ancora la principale meta di molti turi-

sti in visita nella città di Bolzano.

Il percorso espositivo all’interno del

Museo, che sarà presto dotato di un

nuovo allestimento a misura di visita-

tore, riguarda tutta l’archeologia della

Provincia di Bolzano, ed illustra nel

dettaglio ogni aspetto dell’Uomo

venuto dal ghiaccio. Il profilo medico

e antropologico, così come i caratteri

e il significato del magnifico corredo

di indumenti e di attrezzi che aveva

con sé al momento della morte, sono

resi comprensibili al pubblico mediante

una ricca esposizione composta di

reperti, testi didattici, postazioni video

e multimediali. Le più sofisticate tec-

niche di indagine al servizio della

scienza medica ci offrono un quadro

antropologico più che soddisfacente.

L’Uomo venuto dal ghiaccio era un

Quattro realtà che potrebbero viaggiare insieme

Cultura in movimento, un’autostrada che diventa comunicazione ed alleanzaLa Fondazione Spadolini Nuova Antologia, alla vigilia delle celebrazioni del quarantesimo Anniversario della

fondazione del Ministero per i Beni Culturali e ambientali, apre il dibattito. Il progetto “Le strade della Cultura” che

aprirà tanti itinerari culturali lungo la penisola, decollerà proprio dal Brennero, al confine dove è stato installato il

Plessi MUSEUM, anticipando quello che potrebbe denominarsi il “corridoio 1” della cultura e dell’arte, che dovrà

unire l’Europa al sud dell’Italia.

Folla delle grande occasioni, in questi giorni in fila per apprezzare la nuova struttura architettonica realizzata dallo Studio Renzo Piano Building Workshop, nonché i risultati del lavoro di ricerca e divulgazione scientifica dei mediatori culturali del museo e del direttore Michele Lanzinger.

Nella foto piccola in basso, il neo senatore a vita Renzo Piano si commuove di fronte al foltissimo pubblico, il giorno dell’inaugurazione della sua nuova creatura, incastonata tra i monti del Trentino.

In alto: una veduta esterna del Mart di Rovereto. A destra: l’uomo venuto dal ghiaccio esposto al Museo Archeologico dell’Alto Adige.

Il Mart è diventato un centro espositivo di rilievo europeo, un punto di ascolto e dialogo per il territorio circostante, un interlocutore dei maggiori musei internazionali e una macchina che produce stimoli continui rivolti al pubblico, agli artisti, ai collezionisti, alle imprese e alle comunità locali.

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Il Mart di Rovereto, autentico polo culturale di rilevanza internazionaleOltre due milioni e duecentomila persone hanno visitato il Mart dal 2002 ad oggi.

Il Mart, Museo di arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto, è uno

dei più importanti musei italiani. Nato nel 1987 come ente funzionale della Pro-

vincia autonoma di Trento, il Mart opera oggi in tre luoghi distinti: la sede princi-

pale del Museo e la Casa d’Arte Futurista Depero, situate entrambe a Rovereto,

e la Galleria Civica di Trento.

Quest’ultima sede, entrata a far parte del Mart dall’anno in corso, inaugurerà il

prossimo 19 ottobre negli spazi storici della Galleria, nel centro della città.

La sede principale del Mart è un ampio complesso architettonico inaugurato nel

2002 su progetto di Mario Botta e Giulio Andreolli. Concepito con l’idea di “polo

culturale” più che museo tradizionale, il Mart nei suoi spazi pubblici dialoga con

la Biblioteca Civica, con un grande auditorium e con una caffetteria. Oltre a

produrre mostre, eventi e laboratori, ospita artisti, curatori, aziende, eventi inter-

nazionali, locali e cittadini proponendosi come meta accogliente e accessibile.

Dopo dieci anni in cui il Museo ha sviluppato il proprio patrimonio e si è posizio-

nato a livello internazionale costruendo un sistema di alleanze, la nuova direzione

di Cristiana Collu, a partire dal 2012, ha collocato il Museo sui fronti strategici

dell’innovazione, della sostenibilità e della partecipazione.

Il Mart è diventato un centro espositivo di rilievo europeo, un punto di ascolto e

dialogo per il territorio circostante, un interlocutore dei maggiori musei interna-

zionali e una macchina che produce stimoli continui rivolti al pubblico, agli artisti,

ai collezionisti, alle imprese e alle comunità locali.

Il progetto che oggi incarna la visione del Mart e che ne prefigura i successivi

sviluppi è “La magnifica ossessione”: un chilometro vertiginoso al secondo piano

del Museo, scandito da quasi 3000 opere provenienti dalle collezioni museali e

da interventi di artisti italiani e internazionali che si alternano a concerti, presen-

tazioni di libri, video, documenti d’archivio, laboratori didattici.“La magnifica

ossessione” (visitabile fino al 2 febbraio 2014), è uno spartiacque decisivo nella

vita del Mart: segna la decisione di

rendere accessibile il proprio patrimo-

nio secondo criteri inclusivi e innovativi.

A Modena il Museo Casanatale Enzo Ferrari racconta la storia di un mito La straordinaria vita di Enzo Ferrari, che

nacque nel 1898, è raccontata ai visi-

tatori attraverso un secolo di storia,

all’interno della sua Casa natale, con

filmati originali, suggestivi testi di Leo

Turrini, preziosi oggetti e memorabilia,

come i suoi famosi occhiali scuri.

Una stanza racconta la storia e l’evo-

luzione del marchio del Cavallino ed

una è dedicata al famoso inchiostro

viola utilizzato dal Commendatore.

L’allestimento comprende anche l’au-

stero e rigoroso ufficio che il Drake

aveva in fabbrica a Maranello. Il per-

corso consente ai visitatori di scoprire

il carattere di un uomo che affermava:

“il futuro è nelle mani di chi lo sa anti-

cipare” e “la macchina più bella che

ho costruito sarà la prossima”. Al MEF

è in corso l’irripetibile mostra “GRAND

PRIX - Le monoposto del Campionato

di Formula 1”, dedicata alle vetture da

leggenda del Campionato Mondiale di

Formula Uno dal 1950 al 1994 e realiz-

zata grazie al contributo delle più pre-

stigiose case automobilistiche e alla

collaborazione con Jonathan Giaco-

bazzi, titolare della Collezione Donelli

Vini. Nella struttura espositiva è possi-

bile visitare anche la mostra collaterale

“Cars & Comics - L’auto interpretata

dai grandi autori del fumetto”, che

coniuga il mondo delle quattro ruote

con quello della “letteratura disegnata”,

in grado di soddisfare sia le aspettative

degli appassionati che dei bambini i

quali ritroveranno le tavole originali dei

loro personaggi preferiti. Inchiesta a cura della redazione

di Energeo MagazineHanno collaborato Chiara Veronesi, Luca Melchionna, Maja Argenziano

Cultura in movimento, un’autostrada che diventa comunicazione ed alleanza

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Uno spazio espositivo all’interno del Mart. Al Museo Enzo Ferrari è possibile visitare anche la mostra collaterale “Cars & Comics”, l’auto interpretata dai grandi autori del fumetto, che coniuga il mondo

delle quattro ruote con quello della “letteratura disegnata”. Un particolare della struttura architettonica.

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