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Gli assassini - Adriano Petta · 2011. 4. 1. · Gli assassini «AGORA» INTERVISTA CON ADRIANO...

Date post: 09-Mar-2021
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«AGORA» INTERVISTA CON ADRIANO PETTA Gli assassini di Ipazia Il 23 aprile esce in Italia «Agora» il film di Alejandro Amenábar sul martirio di Ipazia, filosofa e scienziata vissuta in Egitto nel IV secolo d.C. e trucidata dai cristiani. Lo commenta Adriano Petta, co-autore di un romanzo storico sulla grande astrofisica, antenata di Leavitt, Rubin e Randall di Massimo De Feo T ra alcuni giorni, il 23 aprile, uscirà anche in Italia Agora, del regista cileno (che dall’epoca Pinochet vive in Spagna) Alejandro Amenábar (The Others, 2001, Mare dentro, 2004). Il film racconta di Ipazia, grande filosofa e scienziata vissuta in Egitto nel IV˚ secolo d.C. trucidata dai cristiani in quanto irriducibile alle pretese della nuova religione, che chiedeva sottomissione, obbedienza cieca, rinuncia alla libertà di pensiero. Insieme a lei, in nome di Cristo e col beneplacito dell’imperatore romano, ven- ne distrutta la Biblioteca d’Alessandria, la più grande del mondo antico, di cui Ipazia era diventata la direttrice alla morte del padre, il matematico Teone. Il film (budget di 50 milioni di euro) dopo il debut- to al festival di Cannes 2009 ha riempito le sale in Spagna, ha continuato la sua corsa in Francia e arriva ora in Italia grazie alla Mikado Film. E grazie forse anche alle migliaia di persone che tramite Facebook hanno rivendicato il loro diritto a vederlo, contro ogni tentazione censoria per un’opera che farà certa- mente discutere, soprattutto all’interno del mondo cattolico. In Italia ha contribuito a riaccendere l’interesse verso la figura di Ipazia un romanzo storico del 2004 di Adriano Petta e Antonino Colavi- to, Ipazia, scienziata alessandrina. 8 marzo 415 dC, ristampato con cre- scente successo nell’ottobre 2009 da La Lepre Edizioni col titolo Ipa- zia, vita e sogni di una scienziata del IV secolo. Assieme ad Adriano Petta abbiamo visto l’anteprima del film di Amenábar. Che ne pensi di questo «Ago- ra»? È una pellicola bellissima, appassio- nante, una ricostruzione storica spettacolare, sembra proprio di tro- varci in quegli anni, in quel clamore di piazze brulicanti di gente, di fana- tici religiosi, di gente di tutto il mon- do, scenografie incredibili, una foto- grafia perfetta, una storia appassio- nante. Soprattutto quella dello schiavo Davo, il suo percorso religio- so e umano, il suo perduto amore per la padrona. Gli attori perfetti, ognuno nel proprio ruolo, e poi lei, Rachel Weisz, una bellissima Ipazia con una luce negli occhi probabil- mente simile a quella della scienzia- ta del IV secolo. E alla fine si piange, com’è giusto che sia, assistendo alla morte di una creatura che ha lotta- to per il bene di tutta l’umanità. Un film importante, che probabilmen- te verrà ricordato dalle generazioni future, proprio come noi ricordia- mo Soldato blu e Piccolo grande uo- mo, che iniziarono a raccontare la vera storia della colonizzazione del nord America, mostrandoci la spie- tatezza dell’uomo bianco che mas- sacrò i popoli che vi risiedevano per appropriarsi delle loro terre. E per far questo tolsero loro la libertà, la vita, i loro dèi, la loro storia. E per parecchi secoli hanno raccontato al mondo la fiaba dei cowboy buoni e degli indiani cattivi. Ecco il ruolo di Agora. Oltre a essere un bellissimo film, per la prima vol- ta nella storia ci viene fatto intrave- dere qualcosa d’insolito: una setta di fanatici cristiani che prima offen- de i pagani, poi – quando questi rea- giscono uccidendo alcuni cristiani – a loro volta massacrano ebrei e pa- gani, esiliandoli e cacciandoli da Alessandria d’Egitto. Vittima illustre di questa cieca ferocia, la studiosa pagana Ipazia, che operava nei resti della famosa biblioteca. Nel film si vede Cirillo, vescovo e patriarca del- la città, che tenta di convertirla al cristianesimo, ma davanti al suo ri- fiuto, dinanzi alla scelta di Ipazia che preferisce la Ragione a Cristo, la abbandona tra le grinfie dei fanatici parabolani, che la lapidano. Ma Da- vo, lo schiavo cristiano di lei perdu- tamente innamorato, per non farla soffrire prima della lapidazione la soffoca. Gli spettatori che non hanno mai sentito parlare di Ipazia – la quasi to- talità – escono dalle sale cinemato- grafiche emozionati per la vicenda umana di Ipazia, stupiti che 1600 anni fa ci fosse una studiosa donna di quel livello, in Egitto, e anche un po’ confusi perché hanno appreso – per la prima volta nella vita – che nell’antichità ci sono state anche delle sette cristiane che hanno usa- to la violenza in nome di Cristo. Le vicende narrate dal film si basano su fatti storicamente documentati? Mi trovo nella condizione di cono- scere bene la storia di Ipazia. Quello che ho scritto della sua vita è rigoro- samente documentato, per cui mi è facile notare le poche ma importan- ti incongruenze presenti nel film. In- nanzitutto: i monaci parabolani non erano una setta di fanatici cri- stiani. Era un’associazione creata dallo zio di Cirillo, Teofilo, nata con l’apparente scopo di aiutare la po- polazione in caso di disastri natura- li, ma che in realtà erano come le SS naziste, come le squadracce fasci- ste: 600 monaci-assassini al servizio del vescovo che ammazzavano die- tro ordine del loro capo, il vescovo e patriarca di Alessandria d’Egitto Ci- rillo, futuro santo e padre fondatore della chiesa cattolica. E questo nel film non è molto chia- ro. Ipazia era una scienziata di gran- dissima levatura, ma non un’ecce- zione in Alessandria e in quell’epo- ca: lei fu l’ultima direttrice della Scuola Alessandrina, della prima università del mondo, una universi- tà che era durata per quasi 800 an- ni, dove avevano studiato i più gran- di geni dell’umanità, dove sarebbe bastato lasciarli in pace a studiare per non arrestare il progresso. E questo nel film non lo si racconta. Sì, certo, quando i pagani poi si as- serragliano nel tempio-biblioteca, arriva il prefetto dei romani con l’or- dine dell’imperatore di sgombrare, ma non si evince che l’imperatore – dietro dettatura del vescovo Ambro- gio di Milano – aveva emanato un editto dietro l’altro, proibendo tutte le religioni che non fossero quella cristiana, pena la morte, dando l’or- dine di bruciare tutte le chiese paga- ne, le sinagoghe, di chiudere i Miste- ri Eleusini e le Olimpiadi. Ma prima di fare tutto questo, Ambrogio ave- va ordinato di far bruciare i luoghi più pericolosi del mondo: le biblio- teche! E quella di Alessandria per prima, perché era una biblioteca ri- voluzionaria: c’erano 700 mila volu- mi, di cui 400 mila originali, ed era la prima biblioteca della storia ad es- sere aperta non solo agli studiosi ma a tutta la gente, al popolo! Vuoi dire che quanto accadde non fu a causa dei disordini di una città e di un momento sto- rico particolarmente turbolen- to, ma la conclusione di un pia- no ben programmato? Esattamente. Nella realtà storica non esisteva alcun fortino, c’era so- lo un grande tempio di marmo, il Se- rapeo, alla base del quale c’era un enorme porticato aperto: la bibliote- ca. Aver deciso di rappresentare – nel film – quel luogo in quel modo, è stata una scelta a mio avviso un po’ deviante, in quanto ha creato i presupposti per far pensare a schie- ramenti politici ben distinti, e a una città dentro un’altra città. Così non era. Come il fatto di dare al sacerdo- te pagano Olimpio la capacità di possedere carri pieni di armi, di di- stribuirle, di incitare alla vendetta e alla giustizia è un errore storico: nes- suno ad Alessandria poteva posse- dere un’arma, questa era la legge dell’impero romano! Non a caso al- la povera Ipazia dovettero massa- crarla usando delle conchiglie affila- te. E quei sacerdoti – Olimpio, Ella- dio e Ammonio – si chiamavano filo- sofi-sacerdoti, e alla fine dei loro riti scendevano nella biblioteca a stu- Rachel Weisz nei panni di Ipazia e una veduta aerea di Alessandria d’Egitto, dal film «Agora» di Alejandro Amenábar. La copertina di «Ipazia, vita e sogni di una scienziata del IV secolo» di Adriano Petta (La Lepre Edizioni) 2) ALIAS N. 15 - 10 APRILE 2010
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Page 1: Gli assassini - Adriano Petta · 2011. 4. 1. · Gli assassini «AGORA» INTERVISTA CON ADRIANO PETTA di Ipazia Il 23 aprile esce in Italia «Agora» il film di Alejandro Amenábar

■ «AGORA» ■ INTERVISTA CON ADRIANO PETTA ■

Gli assassinidi Ipazia

Il 23 aprile esce

in Italia «Agora»

il film di Alejandro

Amenábar

sul martirio

di Ipazia, filosofa

e scienziata vissuta

in Egitto nel IV

secolo d.C.

e trucidata

dai cristiani.

Lo commenta

Adriano Petta,

co-autore

di un romanzo

storico sulla grande

astrofisica,

antenata di Leavitt,

Rubin e Randall

di Massimo De Feo

Tra alcuni giorni, il 23 aprile, uscirà anche in Italia Agora, del regista cileno (che dall’epocaPinochet vive in Spagna) Alejandro Amenábar (The Others, 2001, Mare dentro, 2004). Il film racconta diIpazia, grande filosofa e scienziata vissuta in Egitto nel IV˚ secolo d.C. trucidata dai cristiani in quantoirriducibile alle pretese della nuova religione, che chiedeva sottomissione, obbedienza cieca, rinunciaalla libertà di pensiero. Insieme a lei, in nome di Cristo e col beneplacito dell’imperatore romano, ven-ne distrutta la Biblioteca d’Alessandria, la più grande del mondo antico, di cui Ipazia era diventata ladirettrice alla morte del padre, il matematico Teone. Il film (budget di 50 milioni di euro) dopo il debut-to al festival di Cannes 2009 ha riempito le sale in Spagna, ha continuato la sua corsa in Francia e arrivaora in Italia grazie alla Mikado Film. E grazie forse anche alle migliaia di persone che tramite Facebookhanno rivendicato il loro diritto a vederlo, contro ogni tentazione censoria per un’opera che farà certa-mente discutere, soprattutto all’interno del mondo cattolico.

In Italia ha contribuito a riaccendere l’interesse verso la figura di Ipazia un romanzo storico del 2004di Adriano Petta e Antonino Colavi-to, Ipazia, scienziata alessandrina. 8marzo 415 dC, ristampato con cre-scente successo nell’ottobre 2009da La Lepre Edizioni col titolo Ipa-zia, vita e sogni di una scienziata delIV secolo. Assieme ad Adriano Pettaabbiamo visto l’anteprima del filmdi Amenábar.

Che ne pensi di questo «Ago-ra»?

È una pellicola bellissima, appassio-nante, una ricostruzione storicaspettacolare, sembra proprio di tro-varci in quegli anni, in quel clamoredi piazze brulicanti di gente, di fana-tici religiosi, di gente di tutto il mon-do, scenografie incredibili, una foto-grafia perfetta, una storia appassio-nante. Soprattutto quella delloschiavo Davo, il suo percorso religio-so e umano, il suo perduto amoreper la padrona. Gli attori perfetti,ognuno nel proprio ruolo, e poi lei,Rachel Weisz, una bellissima Ipaziacon una luce negli occhi probabil-mente simile a quella della scienzia-ta del IV secolo. E alla fine si piange,com’è giusto che sia, assistendo allamorte di una creatura che ha lotta-to per il bene di tutta l’umanità. Unfilm importante, che probabilmen-te verrà ricordato dalle generazionifuture, proprio come noi ricordia-mo Soldato blu e Piccolo grande uo-mo, che iniziarono a raccontare lavera storia della colonizzazione delnord America, mostrandoci la spie-tatezza dell’uomo bianco che mas-sacrò i popoli che vi risiedevano perappropriarsi delle loro terre. E perfar questo tolsero loro la libertà, lavita, i loro dèi, la loro storia. E perparecchi secoli hanno raccontato almondo la fiaba dei cowboy buoni edegli indiani cattivi.Ecco il ruolo di Agora. Oltre a essereun bellissimo film, per la prima vol-ta nella storia ci viene fatto intrave-dere qualcosa d’insolito: una settadi fanatici cristiani che prima offen-de i pagani, poi – quando questi rea-giscono uccidendo alcuni cristiani –a loro volta massacrano ebrei e pa-gani, esiliandoli e cacciandoli daAlessandria d’Egitto. Vittima illustredi questa cieca ferocia, la studiosapagana Ipazia, che operava nei restidella famosa biblioteca. Nel film sivede Cirillo, vescovo e patriarca del-la città, che tenta di convertirla alcristianesimo, ma davanti al suo ri-fiuto, dinanzi alla scelta di Ipaziache preferisce la Ragione a Cristo, laabbandona tra le grinfie dei fanaticiparabolani, che la lapidano. Ma Da-vo, lo schiavo cristiano di lei perdu-tamente innamorato, per non farlasoffrire prima della lapidazione lasoffoca.Gli spettatori che non hanno maisentito parlare di Ipazia – la quasi to-talità – escono dalle sale cinemato-grafiche emozionati per la vicendaumana di Ipazia, stupiti che 1600anni fa ci fosse una studiosa donnadi quel livello, in Egitto, e anche unpo’ confusi perché hanno appreso –per la prima volta nella vita – chenell’antichità ci sono state anchedelle sette cristiane che hanno usa-to la violenza in nome di Cristo.

Le vicende narrate dal film sibasano su fatti storicamentedocumentati?

Mi trovo nella condizione di cono-scere bene la storia di Ipazia. Quello

che ho scritto della sua vita è rigoro-samente documentato, per cui mi èfacile notare le poche ma importan-ti incongruenze presenti nel film. In-nanzitutto: i monaci parabolaninon erano una setta di fanatici cri-stiani. Era un’associazione creatadallo zio di Cirillo, Teofilo, nata conl’apparente scopo di aiutare la po-polazione in caso di disastri natura-li, ma che in realtà erano come le SS

naziste, come le squadracce fasci-ste: 600 monaci-assassini al serviziodel vescovo che ammazzavano die-tro ordine del loro capo, il vescovo epatriarca di Alessandria d’Egitto Ci-rillo, futuro santo e padre fondatoredella chiesa cattolica.E questo nel film non è molto chia-ro. Ipazia era una scienziata di gran-dissima levatura, ma non un’ecce-zione in Alessandria e in quell’epo-

ca: lei fu l’ultima direttrice dellaScuola Alessandrina, della primauniversità del mondo, una universi-tà che era durata per quasi 800 an-ni, dove avevano studiato i più gran-di geni dell’umanità, dove sarebbebastato lasciarli in pace a studiareper non arrestare il progresso. Equesto nel film non lo si racconta.Sì, certo, quando i pagani poi si as-serragliano nel tempio-biblioteca,

arriva il prefetto dei romani con l’or-dine dell’imperatore di sgombrare,ma non si evince che l’imperatore –dietro dettatura del vescovo Ambro-gio di Milano – aveva emanato uneditto dietro l’altro, proibendo tuttele religioni che non fossero quellacristiana, pena la morte, dando l’or-dine di bruciare tutte le chiese paga-ne, le sinagoghe, di chiudere i Miste-ri Eleusini e le Olimpiadi. Ma prima

di fare tutto questo, Ambrogio ave-va ordinato di far bruciare i luoghipiù pericolosi del mondo: le biblio-teche! E quella di Alessandria perprima, perché era una biblioteca ri-voluzionaria: c’erano 700 mila volu-mi, di cui 400 mila originali, ed erala prima biblioteca della storia ad es-sere aperta non solo agli studiosima a tutta la gente, al popolo!

Vuoi dire che quanto accaddenon fu a causa dei disordini diuna città e di un momento sto-rico particolarmente turbolen-to, ma la conclusione di un pia-no ben programmato?

Esattamente. Nella realtà storicanon esisteva alcun fortino, c’era so-lo un grande tempio di marmo, il Se-rapeo, alla base del quale c’era unenorme porticato aperto: la bibliote-ca. Aver deciso di rappresentare –nel film – quel luogo in quel modo,è stata una scelta a mio avviso unpo’ deviante, in quanto ha creato ipresupposti per far pensare a schie-ramenti politici ben distinti, e a unacittà dentro un’altra città. Così nonera. Come il fatto di dare al sacerdo-te pagano Olimpio la capacità dipossedere carri pieni di armi, di di-stribuirle, di incitare alla vendetta ealla giustizia è un errore storico: nes-suno ad Alessandria poteva posse-dere un’arma, questa era la leggedell’impero romano! Non a caso al-la povera Ipazia dovettero massa-crarla usando delle conchiglie affila-te. E quei sacerdoti – Olimpio, Ella-dio e Ammonio – si chiamavano filo-sofi-sacerdoti, e alla fine dei loro ritiscendevano nella biblioteca a stu-

Rachel Weisz nei panni di Ipazia e una veduta aereadi Alessandria d’Egitto, dal film «Agora» di Alejandro

Amenábar. La copertina di «Ipazia, vita e sogni di una scienziatadel IV secolo» di Adriano Petta (La Lepre Edizioni)

2) ALIAS N. 15 - 10 APRILE 2010

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diare matematica, astronomia. Da-vanti alla statua del dio Serapideavevano eretto una colonna di mar-mo e sopra vi avevano messo unmesolabio, uno strumento matema-tico costruito da Eratostene, che ab-biamo usato fino a pochi anni fa: ilregolo calcolatore, il calcolatore cheusavamo prima di quelli elettronici.Tutti i re e gli imperatori che perquasi otto secoli si erano succedutial comando dell’Egitto e di Alessan-dria, avevano sempre assegnatoagli studiosi del Mouseion indenni-tà e immunità, soldi e libertà affin-ché si sentissero liberi di continuarenella strada della ricerca e del pro-gresso: ad Alessandria d’Egitto sigiocava la partita più importantedell’umanità. Lì avanzavano gli stu-di sul corpo umano, sulla botanica,fisica, chimica, astronomia, mecca-nica, filosofia, musica, e nella biblio-teca, a disposizione di ogni studio-so o cittadino, c’era tutto lo scibileumano. Ipazia, inoltre, creava an-che strumenti utili, come l’aerome-tro, l’idroscopio, l’astrolabio... pertrasferire la «teoria nella pratica»:possiamo affermare che fu la ma-dre della scienza sperimentale.L’impero romano morente tentò disalvarsi afferrandosi alla chiesa cat-tolica nascente, ma – per la sfortunadell’umanità intera – proprio in que-gli anni vissero e operarono cinqueabilissimi e spietati uomini politici,tutti accomunati da una misoginiaradicale, quasi tutti futuri santi e pa-dri della chiesa: Ambrogio a Mila-no, Giovanni Crisostomo a Costanti-nopoli, Agostino a Ippona e Cartagi-ne, Teofilo e Cirillo ad Alessandria.

La terra più difficile da conquistare,per la chiesa cattolica, era proprioAlessandria, città multietnica, multi-culturale, multireligiosa, dove re-gnavano libertà inimmaginabili aquell’epoca, dove la cultura era a di-sposizione di chiunque, dove s’in-contravano popoli di tutto il mon-do. Di conseguenza l’impero roma-no, che ormai seguiva fedelmentele scelte dettate dalla Chiesa, tolsele indennità e le immunità all’unicacomunità che poteva contrastareculturalmente Teofilo e Cirillo: lascuola di Ipazia. Il prefetto augusta-le Oreste stimava molto la scienzia-ta, aveva intuito che Cirillo aveva lapossibilità di annettersi l’intero Egit-to in quanto poteva comandare12.000 monaci, più i fedelissimi 600monaci-assassini: i parabolani.Chiese al reggente dell’imperatoreromano d’Oriente, Antemio, in Co-stantinopoli, di ridare subito inden-nità e immunità ad Ipazia e alla suascuola. Antemio capì e lo attuò. Maquesta fu la goccia che fece traboc-care il vaso del vescovo Cirillo: ognigiorno cominciò a predicare nellacattedrale cristiana contro quelladonna che non la smetteva di dedi-carsi ai numeri, alla musica e agliastrolabi: una strega! E così Pietro ilLettore, il capo dei monaci-assassi-ni, amico intimo del vescovo Cirillo– erano stati assieme per ben 5 anninel monastero della Nitria – alla te-sta dei suoi sgherri aspettarono Ipa-zia, l’afferrarono, la trascinarononella cattedrale cristiana del Cesa-reo. Pietro il Lettore la denudò, le ca-vò gli occhi che gettò sull’altare dimarmo bianco e la dette in pasto ai

parabolani che la fecero a pezzi condei gusci di conchiglia, poi misero iresti in alcuni sacchi di iuta e li tra-scinarono esultanti per la città, finoal Cinerone, dove li bruciarono as-sieme alla spazzatura, urlando, chia-mando Ipazia col nome con cui Ago-stino da Ippona definiva la donna:«immondizia». Era l’8 marzo dell’an-no 415 dC..

Perché secondo te Amenábarha deciso di rappresentare di-versamente il suo martirio?

Forse perché una crudeltà così orri-bile, come avvenne nella realtà,non sarebbe servita a niente mo-strarla. Forse per non doversi scon-trare con la voce indignata del Vati-cano. Non dimentichiamoci che –nonostante questa versione edulco-rata della ferocia dei parabolani –un vescovo cattolico degli Stati Uni-ti, appena apparve questa pellicolaqualche mese fa, ebbe a dire che tut-ti gli stati del mondo avrebbero do-vuto proibire la proiezione di Agoraperché aizzava l’odio fra i popoli!Ma non fu massacrata soltanto unagrande scienziata. Furono cacciati,esiliati e uccisi anche quasi tutti gliebrei, i pagani, i novaziani di Ales-sandria. Fu chiusa per sempre lascuola di Alessandria, furono fattisparire tutti gli allievi di Ipazia, fubruciata la biblioteca più grandedel mondo (assieme a tutte le altre,quelle di Pella, Atene, Antiochia, Efe-so, Pergamo). Ebbe inizio l’oscuran-tismo che fece precipitare il mondointero nel buio. Di Ipazia fu brucia-to tutto, il suo massacro venne pro-gettato e attuato nella cattedrale cri-

stiana perché doveva essere un sim-bolo, un esempio: mai più nessunadonna avrebbe dovuto più frugaretra le stelle.

Il film è quindi un’occasione inqualche modo mancata?

Penso di sì: sarebbe bastato un po’più di coraggio, poche scene in più,qualche modifica e qualche scrittain più sui titoli di coda e si poteva re-alizzare un film che avrebbe scossoil mondo intero, molto più di quan-to stia avvenendo ora, raccontandosenza alcuna pietà la storia di colo-ro che hanno depredato l’umanitàdi almeno 1200 anni di progresso.

Anche sulla figura del vescovoSinesio, ex allevo di Ipazia, ilfilm si concede qualche licen-za artistica...

Questa licenza che il regista e i suoicollaboratori si sono presi con Sine-sio, credo che sia ingiusta nei con-fronti di quel grande personaggio acui dobbiamo, innanzitutto, ricono-scenza per le lettere che lui scrissead Ipazia, fra i documenti più im-portanti che la storia ci ha traman-dato sulla vita e sul pensiero dellagrande scienziata alessandrina. Si-nesio fu un allievo eccezionale, scel-se di accettare la carica istituzionaledi vescovo di Cirene per motivi poli-tici, esattamente come aveva fattoAmbrogio a Milano, ma a Teofilo ea Cirillo disse che lui non avrebbemai rinunciato alla moglie e ai figli,che non avrebbe mai tradito l’inse-gnamento più prezioso che Ipaziagli aveva trasmesso: la sua vita fon-data sulla ragione! Che lui sì abbrac-ciava il cristianesimo, ma che mainessuno gli avrebbe fatto credere al-la fiaba della resurrezione di Cristo!E tanto rimase fedele agli insegna-menti della sua maestra, che forseproprio per il dolore di averla ab-bandonata, morì due anni prima dilei. Mettere in risalto la figura di Si-nesio, raccontare i tratti fondamen-tali della sua vita e del suo pensierosarebbe stato importante, per evi-denziare che Cirillo scalò il poterenon perché era il più devoto dei cri-stiani, ma solo un abilissimo spieta-to uomo politico.

A cominciare da papa Wojtylala chiesa cattolica ha iniziato achiedere scusa, a Galileo Gali-lei, alle popolazioni del conti-nente americano convertite aforza di massacri...

Papa Wojtila chiese «scusa» sola-mente in quanto «alcuni figli dellaChiesa» commisero degli errori. Pa-pa Urbano VIII e il suo braccio de-stro cardinal Bellarmino, che con-dannò al rogo Giordano Bruno e al-l’abiura Galileo, non erano dei figlidella Chiesa, erano LA CHIESA! Ilpapa inoltre chiese perdono a Dio,non alle vittime di tanti roghi e ge-nocidi, e comunque solo per gli «er-rori» commessi nel secondo millen-nio: quelli del primo, fra cui il mas-sacro di Ipazia e di tutta la comuni-tà pagana ed ebraica di Alessandriad’Egitto, per lui non contavano.

Che ne pensi degli ultimi avve-nimenti di cronaca che stannocoinvolgendo il Vaticano?

È la risposta di Ratzinger che mi la-scia sconcertato: «È semplice chiac-chiericcio! Noi non ci faremo intimi-dire!». Mentre padre Murphy, accu-sato di aver abusato di 200 ragazzisordomuti, si è difeso dicendo chegli articoli del New York Times e de-gli altri giornali erano «sciatti». Orapare che anche l’Europa voglia se-guire l’esempio degli Stati Uniti:chiedere l’indennizzo per tutti i casidi abusi sessuali. Ecco, con il grandaffare che ha in questi tempi il Vati-cano, penso proprio che Amenábare la Hispano Film potevano osareun po’ di più con Agora.

In copertina:rielaborazione

da Urania, con RachelWeisz in «Agora»

ALIAS N. 15 - 10 APRILE 2010 (3


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