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GLOBETROTTER - EDIZIONE SETTEMBRE 2014

Date post: 21-Jul-2016
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Every destination can be a new way... ...choose yours!
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Page 1: GLOBETROTTER - EDIZIONE SETTEMBRE 2014

Every destination can be a new way...

...choose yours!

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di Luis(a) Marotta

“You can’t connect the dots looking forward, you can only connect them looking backwards. So, you have to trust that the dots will somehow connect in your future. You have to trust in something, God, Destiny, Life, Karma or whatever, because believing that the dots will connect down the road will give you the confidence to follow your heart even when it leads you off the well warm path.”

Care matricole e cari studenti più “stagionati”, apro questo mio primo editoriale rifacendomi ad un passaggio, a me molto caro, del discorso che Steve Jobs pronunciò di fronte ai laureati di Stanford nel lontano 2005. Sicuramente non potrei tro-vare parole migliori per esprimere lo stesso concetto, ed anche io, come Mr. Apple, voglio raccontarvi qualche aneddoto che mi ha permesso di chiudere i primi bilanci, di “collegare i punti”, giunta ormai all’ultimo anno del mio percorso acca-demico. Cominciamo dal principio, anche io nel 2010, mi aggiravo, matricola come voi, confusa ed eccitata, all’ingresso di questo nuovo mondo, la Luiss, che sarebbe presto diventato la mia seconda casa. Come la maggior parte degli studenti del nostro ateneo, ero approdata qui un po’ per caso, un po’ per fortuna: mio padre aveva avuto un sogno premonitore, mi aveva vista in Luiss ed io decisi di fare il test. Inizialmente divisa tra medicina e scienze politiche quando scoprii che la nostra università offriva il percorso di economia in inglese, essendo io filo-americana per “deformazione personale”, non esitai un attimo e le idee si fecero subito chiare, ero nel posto giusto. La convinzione di essere nel posto giusto mi ha sempre aiutata, specialmente nei periodi di studio più intensi (ossia quelli in cui dovevo preparare esami che prevedevano troppa matematica per i miei gusti). Ma non solo, questa confidence, questa sicurezza, mi sostiene ogni qual volta io debba spiegare ad amici, familiari e conoscenti, ciò che studio, ed ogni qual volta mi venga chiesto “ma con queste conoscenze dopo che ci vorresti fare?”.Un avvenimento degno di nota, che col senno di poi, ha avuto un impatto incredibile per molteplici ragioni, sul mio cam-mino, è stato il fallimentare casting per il web reality organizzato dalla nostra università, Luiss On the Road, e l’incontro con quello che oggi considero il mio “mentore spirituale”, Bruno. Sono grata a Bruno per diverse ragioni, e a lui devo il mio riavvicinamento alla scrittura e la scoperta di un uso intelligente dei social media, twitter in primis, da cui consegue un universo di applicazioni interessanti da un punto di vista lavorativo. Insomma, se non fosse stato per Bruno probabilmente non sarei entrata a far parte della redazione di LiberaLuiss e non sarei qui oggi, in veste addirittura di direttrice, a darvi il benvenuto e a raccontarvi una parte della mia storia. Un altro fallimento che poi si è ribaltato a mio favore, looking backward, è stato il colloquio di lavoro presso la start up Bulsara che si occupa di toilet advertising (si, sono quelli che posizionano le pubblicità nei bagni dell’università). Conobbi il team di Bulsara al Carreer Day del 2012, una giornata che la Luiss organizza per darci la possibilità di incontrare i nostri potenziali, futuri datori di lavoro. Spinta più dalla volontà di cimentarmi in un colloquio di lavoro che dall’effettiva ricerca di un impiego, lasciavo curricula a destra e a manca, e Bulsara mi richiamò. L’incontro andò malino ma il mio interesse per questa piccola impresa crebbe, tanto che l’anno dopo decisi di analizzare proprio il loro business per la mia tesi triennale di cui sono davvero fiera e soddisfatta.

Editoriale #LiberaLuis Giornata della Matricola 2014

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“The key to success is failure”. I fallimenti, piccoli o grandi che siano, possono sempre trasformarsi in op-portunità, questo precetto che mi accompagna sem-pre, e che mal si sposa con la mentalità “italiota”, l’ho imparato dagli imprenditori americani. Try and Fail but never fail to try.Insomma, care matricole, se volete vivere con entu-siasmo e sfruttare appieno il potenziale di questi anni universitari, non rinchiudetevi nelle aule studio, non rendete la vostra vita una sterile sequenza di se-mestri di lezione e sessioni d’esame, non disperatevi per i decimali della vostra media, siate ricettive ed aperte! Siate come dei fogli bianchi – the rest is still unwritten. Dunque, miei cari, ascoltate questo consi-glio: approfittate di tutte le possibilità, le esperienze e gli stimoli che la nostra università vi può offrire. Partecipate a tutte le conferenze, agli eventi e alle attività che vi interessano; migliorate le vostre abilità con le lingue straniere, chiacchierando con gli studen-ti internazionali che animano il nostro ateneo; partite per studiare all’estero; dedicatevi al volontariato; praticate uno sport; entrate a far parte del team di un associazione o di un giornale. In breve, spingetevi sempre a dare il massimo e non limitatevi a passare gli esami, svolgendo il vostro dovere: fate sempre più di ciò che vi viene richiesto, perché la passione con cui vi dedicherete ad un’attività “extracurriculare”, per così dire, arricchirà il vostro bagaglio culturale e personale molto più di un qualsiasi 30 e lode. Non vivete con l’ossessione di dover ampliare il vostro curriculum, piuttosto arricchite la vostra anima ed il resto verrà da sé. Tanto per farvi un esempio, se due anni fa non mi fossi iscritta al corso di grafica pubblicitaria, proposto dal nostro ateneo in collaborazione con il laboratorio Arti e Mestieri di Roma, che poco c’entra con il mio percorso di studi, non avrei mai conosciuto Agostino e, senza il suo prezioso talento creativo, questo primo numero di Globe Trotter non sarebbe stato lo stesso. All the dots are connecting. Perdonatemi per il sermone, ma vi scrivo trasportata da una certa emozione, scrivere è la mia terapia e non è facile esprimere a parole ciò che LiberaLuiss significa per me. Da bambina, alle elementari fabbricavo dei giornalini che distri-buivo ai compagni di scuola ed oggi mi è data la possibilità di dirigere un think tank di idee che promuove la cultura e l’informazione, una brillante redazione composta da una quarantina di colleghi che preferisco chiamare amici. Ma non è tutto rose e fiori, le difficoltà non mancano, la devozione ad un progetto deve essere sempre totale e comporta sudore, lacrime e sacrifici, ma il gioco vale sempre la candela. In fondo spero che la Luisa del 2002 sia fiera di me e del mio lavoro in questo giornale “per grandi”. Care matricole 2014/2015 vi do quindi il benvenuto nel mondo Luiss e vi auguro che questo cammino universitario sia per voi un grande ed incredibile viaggio!In bocca al lupo Globe Trotters!

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Soqquadro - Passo dopo passo l’Italia si bloccadi Cristina Salmena

L’Analisi PoliticaCOGITO ERGO ZOOM

di Letterio De Domenico

Nel Pantheon ornitologico del renzismo, sembra esservi posto solo per gufi ed avvoltoi. Le aquile? Di quelle no, nemme-no l’ ombra. Eppure, noi ci accontenteremmo di una meno regale nottola di Minerva, la civetta di hegeliana memoria che giunge sul far della sera e contempla ciò che è stato. Il passato. Quella dimensione che oggi si copre solo di accezioni

Riforme, riforme, riforme: questa la parola d’ordine nell’Italia targata Matteo Renzi.E le riforme, effettivamente, non mancano. Vari sono i fronti aperti: si spazia da quelle costituzionali, al Jobs Act, a quella della Pubblica Amministrazione, passando per i famosi #millegiorni. Mille giorni intensi, in cui il premier vuole cambiare l’Italia, #passodopopasso, battaglia dopo battaglia, fino a vincere la guerra e rendere il Bel Paese di nuovo degno del suo appellativo. La madre di tutte le riforme, ormai si sa, è quella del Senato, un organo che, così come è ora, è d’intralcio allo svilup-po del Paese. Stesse funzioni e stessi poteri della Camera, è stata l’origine dell’instabilità di tutti i governi che si sono susseguiti nell’Italia Repubblicana e, troppo spesso, è stata la madre di tutte quelle paludi – per utilizzare un termine caro a Renzi – che hanno fatto sì che l’Italia sprofondasse lentamente, rimanendo sempre sull’orlo di un precipizio, a un passo dalla fine. Questo è il motivo per cui Renzi ha legato la sua credibilità politica a una riforma di cui si è parlato per trent’anni senza essere mai riusciti a concludere nulla.Questo nobile obiettivo, però, non può distogliere l’attenzione da temi fondamentali per far ripartire l’economia italia-na, quali il lavoro e il rilancio dei consumi, e Matteo Renzi lo sa bene. A questo servono il Jobs Act e i famosi 80 euro, oltre che il varo dello “Sblocca-Italia” all’interno del quale è previsto, per l’appunto, lo sblocco delle grandi opere per un totale di 10 miliardi di euro in 12 mesi. Da non dimenticare anche l’opera di semplificazione e sburocratizzazione che dovrebbe liberare l’Italia da tutti quei lacci e lacciuoli che la soffocano e non la rendono appetibile per gli investi-menti esteri e la riforma della scuola.Last but not least la riforma della giustizia, sia civile che penale, la quale potrebbe rappresentare una svolta epocale per il Paese.Ce la farà il governo a sbloccare passo dopo passo l’Italia? Ai posteri l’ardua sentenza.

http://cristinasalmena.wordpress.com/

negative, che evoca muffa ed un sapor di stantio, e che, invece, ogni leader che voglia seriamente pensare al domani, dovrebbe imprescindibilmente conoscere. Conoscere per criticare, per migliorare, per superare, certo. Ma, pur sempre, conoscendo. Ed invece, nella sua corsa irrefrenabile verso le magnifiche sorti e progressive di un futuro turbinante, Matteo, vive in un Eterno Presente, fatto di annunci, twitter e selfie. E’ in questa chiave di lettura che si può comprendere l’ operato di Renzi, i suoi successi ed insuccessi nei primi mesi di Governo. Alcune prove da vero fuoriclasse della politica, frutto di coraggio e determinazione, tristemente accompagnate dagli stessi errori compiuti dagli ultimi Presidenti del Consiglio, segno di presunzione intellettuale e poca conoscenza del passato. Insomma, TOP e FLOP. TOP. Forte di un ampia fiducia popolare, ma soprattutto di un inarrestabile im-peto vitalistico, Renzi ha piazzato il colpo ad effetto Mogherini Lady PESC ed ha vinto il primo round della “battaglia Riforme Istituzionali”: prima di agosto doveva esser ci il passaggio al Senato e prima di agosto c’ è stato. Bene, dal suo punto di vista, anche nei rapporti di forza intragovernativi: Scelta Civica evaporata, Nuovo Centodestra non pervenuto, Esecutivo, de facto, monocolore PD. I guai sono arrivati altrove. FLOP. Pur predicando il trionfo del veloce, si è passati da una riforma al mese all’ orizzonte dei 1000 giorni. E, lo stesso Premier, ha annunciato di voler abbandonare i panni del velocista per indossare quelli del maratoneta. Orizzonte di lungo periodo, dunque. Il lungo periodo in cui, diceva Keynes, saremo tutti morti. E Italia non può più aspettare. Il Paese è nuovamente in recessione, con un PIL in calo per il terzo trimestre consecutivo. E, come se non bastasse, ad agosto si è manifestato lo spettro deflazione. La disoccupazione, poi, specie quella giovanile, è ancora alla stelle. Id est, Renzi sta latitando proprio dove i suoi predecessori hanno fallito: lavoro ed economia. E lo sta facendo nello stesso modo. Tanto coraggio nelle parole, poco, se non pochissimo, nei fatti. La lezione del passato non è stata compresa. Chi invece sembra aver imparato dalla storia è Silvio Berlusconi. Abbandonati i toni bellici di Amazzoni e Pitonesse, l’ ex Cavaliere si barcamena, per ora con successo, nel ruolo di maggioranza e opposizione insieme. Autentico Giano Bifronte. La strategia è geniale, degna del miglior pugile. Abbracciare l’ avversario quando si è nell’ angolo per poi dare la zampata giusta al minimo segno di cedimento. Credete forse che alle prossime elezioni Berlusconi non si arrogherà il me-rito di essere stato determinante per l’ approvazione delle riforme costituzionali e,chissà , per l’ abolizione dell’ articolo 18? Cioè di aver fatto fare alla sinistra tutto ciò che la destra aveva sempre detto di voler fare? Ed infine Grillo e la Lega. Il M5S è uscito indubbiamente malconcio dalle europee. Più che per il risultato in se, per le aspettative che i Pentastellati avevano maturato. Dopo, ed in conseguenza, un periodo di sbandamento ed un certo eclissamento mediatico che, dopo mesi di palcoscenico, ha fatto assumere a Grillo, in questi mesi, un ruolo di comprimario. Ma i 5Stelle non sono morti ed in autunno ce ne accorgeremo. Discorso opposto per la Lega. Le elezioni di maggio sono state un successo. La linea dura , pura e “celhodurista” di Salvini sta pagando e, l’ infiammarsi della questione immigrati, il pericolo ISIS ed il rischio terrorismo, sono tutta benzina per le Camicie Verdi. Che possono solo crescere. Una cosa è certa, nell’ anno che inizia ne vedremo delle belle: legge di stabilità, riforma della giustizia, probabile nuovo inquilino del Colle. Che dire: appuntamento alle prossime Analisi Po-litiche!

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La tregua nella polverieradi Giacomo Guglielmi

Dopo oltre 2.000 vittime palestinesi ( di cui il 70 % civili secondo fonti ONU) e 67 israeliani, si è arrivati al raggiun-gimento di una tregua a tempo indeterminato tra Hamas e Israele.Tuttavia la notizia non può essere accolta con troppo entu-siasmo, né dai diretti protagonisti né dalla comunità interna-zionale, per una serie di distinte ragioni.Non deve sfuggire, infatti, la fragilità di tale accordo, dovu-to anche alla mediazione egiziana niente affatto disinteres-sata e al dialogo tra USA e Iran, che potrebbe ben presto far ripiombare nel caos la striscia di Gaza.Inoltre, da un primo bilancio della terza guerra tra Hamas ed Israele, è proprio quest’ultimo ad uscirne sconfitto: il go-verno di Netanyahu, infatti, è sempre più oggetto di criti-che da parte dell’ opposizione per non aver raggiunto gli obiettivi prefissati, ossia non sono stati annientati i tunnel dei “terroristi”.Di riflesso, la leadership di Hamas ne esce molto rafforzata: appare, difatti, la struttura portante all’ interno del sistemo geopolitico palestinese, riuscendo a resistere alle pressioni israeliane e a strappare qualche beneficio, come dimostra l’allentamento del nemico sionista sulla Striscia e l’ allarga-mento della zona di pesca a vantaggio del governo di Abu Mazen.Infine, l’ intera vicenda va analizzata con un più ampio re-spiro internazionale; collocandosi nel grande scenario della

crisi mediorientale che, dopo rivoluzioni civili e primavere arabe, ora vede l’ insorgere dei jihadisti islamici in lotta per l’ ISIS, ossia il grande disegno del califfato con territori che vanno dalla Siria all’ Iraq.E’ questa l’ ultima minaccia all’ intero assetto globale, oscu-ro scenario che non ha goduto finora di una decisa presa di posizione da parte dell’Occidente, Stati Uniti in testa, que-sti ultimi sempre meno capaci di scelte davvero strategiche.Ma la storia ha sempre mostrato scenari imprevedibili quando a regnare sulle controversie internazionali è una preoccupante incapacità di agire.cambiare”.

Lo stato Islamico dell’Iraq e dela Siria

di Luigi Giorgi

Con la proclamazione di uno Stato Islamico e la messa in rete di raccapriccianti filmati di esecuzioni si presentavano al mon-do, nell’estate 2014, i militanti dell’Islamic State of Iraq and Syria (ISIS). Leader dello “Stato”, esteso tra Siria ed Iraq, è l’ex militante di al-Qaeda Abu Bakr al-Baghdadi, che se ne au-to-proclamava il Califfo in un video comparso in rete lo scorso 29 giugno. Nello scegliere il suo nome, il terrorista onorava Abu Bakr, il primo dei quattro Califfi “ben guidati” che succedevano Mohammed alla guida della Comunità Islamica.I militanti dell’ISIS rappresentano l’ala militante e violenta del Salafismo, una dottrina sunnita risalente al XIV secolo che au-spica un ritorno all’Islam puro (il suo nome deriva da Salaf, la comunità dei primi ed irreprensibili Musulmani) e promotore dell’interpretazione letterale del Corano. Il drappo nero sven-tolato dai militanti dell’ISIS non è simbolo del neo-istituito Calif-fato, ma del Salafismo stesso.Sebbene la notorietà dell’ISIS sia cosa recente, gli sforzi dei terroristi volti all’istituzione di uno Stato Islamico risalgono al-meno al 2006. Sfruttando la forte instabilità dell’Iraq, di cer-to non attenuata dalla recente occupazione anglo-americana (2003-2011) e la successiva guerra civile siriana (in corso dal 2011), gli estremisti si sono stretti in un’organizzazione che ha conquistato indisturbata 13 province (7 irachene e 9 siriane). Nel corso della sua espansione, i terroristi dell’ISIS si sono mac-chiati di crimini gravissimi. Oltre alle decapitazioni, riprese e mostrate al mondo intero (tristemente note sono le esecuzioni dei giornalista James Foley e Steven Sotloff, di un giovane cur-

do e di quattro uomini sospettati di essere spie del Mossad, i servizi segreti israeliani), è in atto un tentativo di sterminio dei fedeli dello Yazidismo, colpevoli di essere adoratori del Diavolo, e dell’etnia dei Curdi. Al 20 agosto risale invece l’autorizzazione del Parlamento Ita-liano alla fornitura di armi alla popolazione curda. A prescin-dere dalla necessità di proteggere i Curdi (vittime di numerose persecuzioni già in passato) e le altre popolazioni civili dagli orrori senza fine di cui l’ISIS si sta macchiando, non resta che chiedersi se l’invio di ulteriori armi in Medio-Oriente sia la ri-sposta a questa drammatica situazione.

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Putin’s Power Game

di Andrea Palumbo

Turchia e pregiudizi

Despite Russian troops have crossed the Ukrainian borders, President Vladimir Putin continues denying any involvement in the conflict in eastern Ukraine and de-fining the pro-Russian unrest as a local uprising. However, Western countries and the Ukrainian president Petro Poroshenk’s thought about the Russian incursions into eastern Ukraine have become even clearer when an image showing the Russian troops moving within the Ukrainian territory was released by the NATO. The enigmatic Russian president, who seems to be insensible to resolve the crisis in the south-eastern embattled regions of Ukraine, held a meeting with Ukrainian president Poroshenko in Minsk on the 26th of August. During the meeting, Mr Putin didn’t use any nationalist tones, which instead cha-racterized his annexation of Crimea. He mainly focused on economic matters, principally those related to the gas issue, rather than on the truce conditions with the rebels, defining the argument as “a domestic matter of Ukraine”. In fact, after having assured his commitment to do everything to support the peace process, provided that Ukraine starts the dialogue with the separatist groups, the President insisted on the impact of the signing on behalf of Ukraine with theEU Association

Califfi, minareti e tappeti volanti. L’informazione sulla Turchia pre-valente in Italia – e in tutto il mondo definito occidentale, del resto – è deformata da stereotipi e pregiudizi di stampo orientalista: viene percepita in buona sostanza come immersa in un eterno passato ottomano, in uno scenario fiabesco da “Mille e una notte” popolato da odalische seducenti e omoni inturbantati armati di scimitarra. Harem, moschee e poco più. E questo perché negli ultimi 12 anni il potere è stato gestito dal premier Recep Tayyip Erdoğan – diventato da pochi giorni pre-sidente della Repubblica – e dal Partito della giustizia e dello sviluppo (Akp): un partito conservatore d’ispirazione islamica, che per alcuni aspetti ricorda la nostra Democrazia cristiana. Ecco il punto: d’ispirazione islamica! E allora, invece di concentrarsi sulle grandi riforme che stanno trasformando il paese da autocrazia

di Giuseppe Mancini

Agreement, within the context of its cooperation with the Customs Union states. As he released in an interview after the meeting, the implementation of such an agreement carries significant risks for the Russian economy. In particular, Mr Putin highlighted that, as the agreement shall impose Ukraine new technical regulations and phytosanitary standards not corresponding with the Rus-sian ones, Russia would not be able to supply its goods to Ukraine at all.Needless to say, the President expressed the economic nature of his priorities in defining the relations with Ukraine, and he quote: “If we do not achieve any agreements and our concerns are not taken into account, then we will be forced to take measures to protect our economy”. Mean while, Ukrainian economy is in tatters and, as winter is coming, Ukraine needs 5 billion cubic metres of gas to get through it. This shall stand for a strong weapon on Russia part, who could use it to influence the situation. The Ukrai-nian revolution of February 2014 that led to the downfall of the former Ukrainian President, Viktor Yanukovich, ruined Putin’s plans to have Ukraine as a member of the Eurasian Customs Union, the European Union-type economic alliance created between Russia, Kazakhstan and Belarus, and caused instead a strengthening of ties between Ukraine and the EU. Since then, the conflict has escalating, further destabilizing the situation in Ukraine.Has Putin moved his economic interests to the Asian region, with the signature of a 400 billion dollars gas supply deal between Russia’s Gazprom and the China National petroleum Corporation, or is he still interested in the strategic Ukraine’s territory?

militarista in democrazia (ancora incompiuta), sul processo di pace con i curdi per mettere fine a 30 anni di sanguinosa guer-ra civile, sulle iniziative regionaliste in politica estera, sui cambiamenti del sistema economico sempre più dinamico e aperto, sugli esempi di convivenza tra religioni ed etnie, i grandi mezzi di comunicazione preferisco dar spazio a notiziole e fatterelli, abilmente manipolati: così che i lettori e i telespettatori tutto conoscono delle accuse di “islamizzazione” rivolte all’Akp da parte delle opposizioni irriducibili, sostanzialmente niente di tutto il resto. Una demonizzazione in piena regola: basta leggere quotidianamente i dispacci dell’Ansa per rendersi conto del fuorviante ritornello; persino gli scontri tra polizia e manifestanti, lo scorso anno al parco Gezi e a piazza Taksim, hanno meritato ore e ore di diretta ininterrotta: dando l’erronea ed esagera-tissima idea dell’assalto alla Bastiglia e della rivoluzione imminente, con tanto di giornalisti che facevano il tifo per i facinorosi!Chi sa che in Turchia operano oggi 1200 imprese italiane? Che a Istanbul hanno vissuto – tra XIX e inizio del XX secolo – decine di migliaia di connazionali, tra cui architetti, ingegneri, medici, cuochi, musicisti, artisti di gran fama, tutti accolti e stipendiati dai tanto vituperati sultani ottomani? Che gli inni nazionali dell’impero sono stati composti da Giuseppe Donizetti fratello di Gaetano e dal parmense Callisto Guatelli? Che persino Giuseppe Garibaldi vi ha soggiornato per lunghi periodi, dal 1828 al 1831? No, i turisti italiani arrivano sempre più numerosi in quella che è stata per un millennio la capitale di un impero ro-mano – ancora ricca di tracce, di monumenti, di chiese appartenenti a quel passato – e cercano invece l’Oriente, la danza del ventre, i quartieri arabi, il deserto, 50° gradi d’estate, le fumerie d’oppio. Tutto vero, tutto documentato sul mio blog Istanbul, Avrupa (Istanbul, Europa), <istanbulavrupa.wordpress.com/> e <www.facebook.com/istanbulavrupa>.

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Mogherini Alto Rappresentante della Politica Estera UE.Tra guerre e crisi economica le sfide dell’Italia

alla Presidenza del Consiglio dell’Unione Europea

di Beatrice Settanni

Lady Pesc. Così viene ormai chiamata Federica Mogherini, Ministro degli Esteri del Governo Renzi e, oggi, anche Alto Rappresentante della Politica Estera dell’Unione Europea. Una nomina giunta in un momento strategico per l’Italia che detiene attualmente la Presidenza del Consiglio dell’UE a partire dal 1° Luglio 2014. Potrà risultare paradossale, ma dopo averne lette molte - forse troppe - non riesco e non voglio avere un’opinione defini-tiva su tale scelta, almeno per ora. E’ vero, di esperienza la Mogherinine ha relativamente poca, nonostante si occupi da anni della politica internazionale del PD, ma concordo con J.P. Damis quando parla di una nomina ricca di potenzialità in un momento storico in cui potremmo definirci sull’orlo di una terza guerra mondiale, considerando i gravissimi conflitti che attanagliano l’Ucraina ed il Medio Oriente. Grandi potenzialità, purtroppo, notevolmente limitate dall’ultimo comma dell’ art. 31 del TFUE che subordina il ruolo dell’Alto Rappresentante al resto dei Paesi membri a prescindere dalle loro dimensioni, nell’ottica del rispetto di un princi-pio di sovranità statale ormai alquanto anacronistico ed in antitesi con il sogno di un’ “unione politica europea”. L’articolo in questione prevede, infatti,per le azioni comuni il ricorso automatico al voto a maggioranza e consente che “per vitali

motivi di politica nazionale” un Paese membro possa bloccare tali decisioni. Nonostante ciò, per il momento,con fermezza ed equilibrio, all’inse-gna di una tradizione italiana che da sempre in politica estera pun-ta sulla prevenzione e la soluzione diplomatica delle controversie – in passato, purtroppo, non accompagnata da una forte credibilità internazionale per cause che non è qui necessario ricordare –, in pochi giorni Federica Mogherini ha già chiarito la posizione dell’U-nione Europea, che fino a qualche mese fa stentava a farsi ricono-scere quale unione politica, su vari fronti. E’ del 15 agosto la scelta di riunire il Consiglio per adottare una posizione comune sull’invio di armi ai Curdi Iracheni al fine di fronteggiare la lotta contro gli jihadisti; inoltre, a chi la accusava di mal celate simpatie filorusse ha risposto con dichiarazioni brevi, ma alquanto eloquenti: “Non esiste più un partenariato strategico fra UE e Russia per scelta di Mosca”. Intanto, mentre in occasione del vertice Nato di South Wales del 4 e

5 settembre si decide se aumentare le spese militari del 2% dei bilanci dei 28 paesi membri e rendere effettivo l’invio di 4000 soldati sui confini orientali come forza di reazione rapida per eventuali minacce da est, l’Italia e l’Europa risentono notevolmente delle sanzioni economiche volute da Putin. Misure che derivano dalla reazione russa a una politica euro-pea che, probabilmente, ostacola il sogno imperialista del leader del Cremlino per la concreta realizzazione della “sua” Unione economica euroasiatica, nata ufficialmente il 29 Maggio 2014, in cui sono attualmente coinvolti oltre alla Russia, il Kazakistan, il Kirghizistan, il Tagikistan e la Bielorussia. Tale difficile situazione rende crescita e occupazione le vere priorità del semestre italiano alla Presidenza del Consiglio UE, con l’obiettivo di aumentare il valore del settore industriale al 20% del Pil UE entro il 2020. Tuttavia, come ha fatto notare il Ministro Guidi, la (in)dipendenza energetica è il vero cruccio che affligge ed influenza ogni possibile strategia

industriale per rilanciare la nostra economia. Nonostante le belle - ed anche un po’ vane - speranze di risolvere la questione della sicurezza energetica attraverso l’uso di energie rinnovabili e l’efficienza energetica è chiaro che il gas resta l’unico elemento in grado di continuare il proces-so di decarbonizzazione. Con la crisi ucraina e l’instabilità in Libia, però, assicurare fonti di approvvigionamento per l’intera Unione Europea resta per il momento un miraggio e la creazione di corridoi alternativi richiederà certamen-te un tempo che attualmente non abbiamo. Sull’orlo di una terza guerra mondiale è probabilmen-te l’Unione Europea l’unico attore in grado di assicurare un futuro, non tanto di pace considerando i presupposti, quanto di equilibrio tra le varie forze in gioco. E siamo proprio noi Italiani, questa volta, ad avere l’arduo e ono-revole compito di portare a termine questa impresa.

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Il dramma di Greta e Vanessa: italiane rapite in Siria di Fausta D’Amicis

Ebola: Il virus che fa tramare il mondo di Marianna D’Angelo

“Rosso, rosso come quel lettino, e sul lettino il corpicino martoriato della bambina di Aleppo le cui gambe sono state polverizzate da un’esplosione (…) rosso come il sangue, rosso come il tappeto sul quale ha camminato il

Il 2014 è stato per molti aspetti un anno ricco di notizie nefaste, ma forse nessuno avrebbe potuto pensare alla minaccia di un’epidemia degna dei migliori film Hollywoodiani. Si parla ovviamente dell’Ebola, un virus estremamente aggressivo, appartenente alla famiglia dei Filoviridae, del quale sono stati isolati finora cinque ceppi diversi, di cui quattro letali per l’uomo. Il motivo per cui risulta così difficile guarire nasce dal fatto che il virus aggredisce immediatamente cellule fondamentali per la difesa immunitaria provocando sintomi quali febbri emorragiche, dolore ai muscoli, e gravi problemi al sistema nervoso centrale.A gran voce i mass media ci mettono in guardia da questo pericolo, eppure è interessante sapere che in realtà la minaccia è tutt’altro che nuova. La scoperta del virus risale infatti a quasi quarant’anni fa, quando Peter Piot, attualmente direttore della London School of Hygiene and Tropical Medicine, maneggiò per la prima volta una fialetta di sangue infetto: era stato prelevato da una suora fiammin-ga in missione in Congo. La donna accusava febbre emorragica e presto si scoprì che non si trattava della usuale tubercolosi, bensì di qualcosa di molto più preoccupante. La minaccia si sta diffondendo nel mondo occidentale solo oggi, ma già dal 1976 ammontano a ventisei i casi di diffusione del virus con conseguente epidemia. In particolare portatori del virus sarebbero le cosiddette volpi volanti, una specie di pipistrelli diffuse maggior-mente in Africa, e soprattutto in alcuni Stati come la Costa D’Avorio, il Congo, la Guinea e il Sudan. Purtroppo il virus raramente lascia dietro di sé sopravvissuti, e questo finora ci ha macabramente “protetti”: i villaggi africani venivano sterminati e non c’era possibilità per l’epidemia di diffondersi. Inoltre la loro posizione remota e isolata è valsa come cuscinetto protettivo per i grandi centri abitati. Tuttavia con i sempre più frequenti contatti dell’occidente con gli stati africani, il contagio è stato inevitabile. Attualmente, in relazione alla situazione in Africa occidentale, un funzionario di Medici senza frontiere ha annunciato che l’epidemia è del tutto fuori controllo: da questa primavera su 1200 affetti, si contano già 672 vittime. E il vero pericolo è che la malattia sta col-pendo città sempre più grandi, come Conakry capitale della Guinea. Questo potenzialmente moltiplica le possibilità che l’epidemia si diffonda in tutti gli Stati che abbiano un qualsiasi contatto con le zone colpite: da una parte è necessario bloccare il flusso dell’epidemia, controllando scrupolosamente i movimenti tra uno stato e l’altro, e dall’altra parte l’UNICEF ha lanciato un appello per raccogliere i fondi necessari a debellare la malattia, e ha avviato una strategia di informazione per far conoscere tutte le sfaccettature di questa or-ribile piaga. Tutti i mezzi di prevenzione adoperati sono assolutamente necessari dato che il virus ha una rapida trasmissione, attraverso fluidi corporei come sangue, saliva e addirittura lacrime. Purtroppo ad oggi non disponiamo di un vaccino, ma la ricerca sta facendo enormi passi avanti e, grazie soprattutto al finanziamento

bastardo assassino oggi”. Riecheggiano nella mente, come un grido di dolore, queste parole che testimoniano solo una delle migliaia di morti che si consumano ogni giorno in Siria, una terra ormai devastata dalla guerra civile contro il regime di Assad. Si rabbrividisce poi al pensiero che le stesse siano state rese note sul profilo facebook di Vanessa Marzullo, una delle due volontarie italiane rapite ad Aleppo (nel sud-ovest della Siria) lo scorso 31 luglio e delle quali, da allora, si è persa ogni traccia. Alla loro ormai seconda esperienza da volontarie in Siria, le ventenni Vanessa Marzullo e Greta Ramelli, fondatrici del Progetto Assistenza Medica “Horryaty”, (in arabo “libertà”), sono scomparse dopo sole 72 ore dal loro arrivo. Le nostre coetanee si erano recate in quella terra difficile in missione umanitaria, per contribuire a restituire ai civili quella libertà di cui poi, loro stesse, sono state private. Nessuna notizia certa è ancora giunta da allora: le ragazze sarebbero state probabilmente sequestrate da un gruppo armato locale che opera a contatto con i fondamentalisti islamici e poi ven-dute dai rapitori, in cambio di soldi o armi, ad altri gruppi criminali della zona. Un milione di euro: sarebbe questa la cifra richiesta per la liberazione delle due giovani, secondo quanto riferito da fonti dell’intelligence. A più di un mese dal rapimento, sembra essere quindi aperta una trattativa tra lo Stato italiano e gli attuali detentori delle due ragazze: nonostante il villaggio in cui le volontarie sono state rapite appartenga alla regione “controllata” dall’ISIS, si ritiene che le stesse siano detenute attualmente da un altro gruppo jihadista il cui operato, comunque, non sfugge agli uomini di Al-Baghdadi. E intanto, sui social network, sterili polemiche sono alimentate da coloro

del Governo degli Stati Uniti, sembrerebbe che una soluzione possa arrivare tra qualche anno.

che accusano le ragazze di superficialità ed incoscienza. E’ indubbiamente molto rischioso recarsi in Siria in questo periodo, ma i commenti sulla vicenda delle due ragazze rapite stanno andando ben oltre la doverosa preoccupazione per le loro sorti: da un lato c’è chi sostiene che l’eventuale riscatto dovrebbe esser pagato dalle famiglie (e non dallo Stato) e dall’altro chi invoca l’intervento della diplomazia internazionale. Certamente da condannare è poi l’intervento dell’assessore comunale di Varese, Stefano Clerici, il quale ha definito le due ragazze delle “sprovvedute recatesi in Siria per farsi i “selfie”, gli autoscatti. Parole forti ed irrispettose, che hanno toccato in particolare i familiari delle giovani, intervenuti per lanciare un appello: “Chi ha fatto Vanessa e Greta prigioniere dovreb-be ricordare cos’erano lì a fare. Volevano il bene e sarebbe un dramma se qualcuno le ripagasse con il male”.

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“Don’t shoot!”di Michele Rosi

Copernico, la guerra e Papa Francesco

di Marco Zampino

August the 9th 2014, Ferguson, Missouri. An Afro-American eighteen ye-ars-old boy, Michael Brown, is killed by a bunch of shots, fired by Darren Wilson, an American cop. Apparently the boy was disarmed and the few witnesses report contrasting descriptions about the dynamics of the tragedy. The main version of the story, as read on several newspapers, says that Michael Brown was suspected of having stolen some cigars in a local shop some minutes before his death, but this version isn’t confirmed. The Afro-American community of the city of Ferguson is giving all its support to the family of the unfortunate boy and has started protesting and demonstrating against the police, accused of having excessive, crazy reactions against offences and minor crimes committed by black people. The reaction of local authorities against these protests looks dispropor-tionate as well: massive deployment of military forces, numerous arrests, flying ban all over the “hot” zone, estrangement of journalists and repor-

Quando la terra non girava era tutto più semplice. Immaginate per un attimo di stare seduti sotto un albero, mentre guardate con un occhio l’immensità del cielo e con l’altro leggete un libro di Isaac Asimov sulle Supernovae (ok, non si può ma immaginate di farlo comunque!). Non vi sentireste forse “atomi infinitesimali capaci di azzuffarsi per un pezzettino di terra e di dolervi di certe cose che dovrebbero parervi miserie incalcolabili?” Mattia Pascal forse aveva ragione <Maledetto sia Copernico!>. Tranquilli cari lettori, non sono un nichilista del XXI seco-lo, in realtà dovrei parlare di Papa Francesco. Voi penserete allora: cosa c’entra Copernico con Papa Francesco? C’entra e proverò a spiegarvi il perché. Se un bambino leggesse la storia della Chiesa Cattolica, da poco dopo la morte di Gesù a qualche tempo fa, avrebbe serie difficoltà a credere che tutto ciò sia volontà di un Dio buono e giusto. Il punto è che quan-

ters, establishment of a curfew. Only the day of the funeral, the protests turned into the quiet, respectful presence of hundreds of people with their hands up, as a symbol of surrender. This episode can be considered emblematic, like many before, but the fact is that in the USA a situation of social inequality persists, it is a time bomb exploding in disorders and violence. Would we be here discussing if, ceteris paribus, the alleged thief was a white guy? Would have the cop shot six bullets with no hesitation? Maybe some Americans still consider their Afro compatriots inferior beings. This looks crazy in a country with a black president, but some old ignorance is still rooted somewhere, somehow.

do la terra non girava (anche se ha sempre girato!) tutti erano filosoficamente giustificati dal fatto che dovevano conquistarsi il centro dell’Universo; e a chi spettava di più tale posizione, se non alla Chiesa Cattolica, più alta e solenne rappresentazione di Dio in terra? E così disastro, suggestione, guerre, povertà e corruzione . Poi la Terra ha iniziato a girare e anche nella Chiesa la teoria evolutiva ha preso piede. Ce n’è voluto di tempo per arrivare dove siamo ora, ma penso che Papa Francesco sia il punto più alto, e forse finale, di questo processo. Proprio contro la guerra Papa Francesco si è schierato in questa estate ricca di viaggi significativi. “Siamo entrati nella terza guerra mondiale, solo che si combatte a pezzetti, a capitoli” dice di ritorno da un viaggio in Corea del Sud. E’ pronto a recarsi in Kurdistan. È stato a Caserta, terra di Gomorra, terra in cui bene e male fanno la guerra tutti i giorni. Insomma Jorge Mario Bergoglio, nella sua estrema semplicità riesce a mettere in luce e combatte tutte le miserie incalcolabili, di cui Mattia Pascal molto si doleva, per le quali un uomo è disposto ad uccidere un altro uomo, sia essa uccisione fisica che morale, sia essa negligenza che indifferenza. E la sua forza sta esattamente in questo: conosce il dolore del mondo e lotta perché questo pezzo di universo riesca a guarire. Ci sarebbe un aforismario da citare. La frase che da il senso più compiuto del suo mandato in questa vita è:“Non lasciatevi rubare la speranza, cari giovani”. Lo dice da padre ad una generazione persa tra i sogni e il pragmatismo che il nostro tempo ci impone. Una generazione che costruisce il proprio futuro in base a degli indici Istat e a dei grafici di Borsa. Lo dice a noi, quelli troppo esigenti, quelli troppo poco, quelli che era meglio prima. Ridà una voce, ci rende più liberi, ci accompagna verso il futuro. E allora, benedetti siano Copernico e Papa Francesco. Grazie a Dio, non sono mai stato amico di Mattia Pascal.

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La SLA non si combatte con secchiate d’ipocrisiaIce bucket challenge: una “doccia fredda” per la ricerca?

di Francesca Ida Barletta

Addio Mio Capitano

di Caterina Crociata

“Ice Bucket Challenge” è quella iniziativa adottata in America e velocemente diffusasi in gran parte del mondo, compresa la nostra cara Italia, sempre pronta ad assimilare ed adottare le tendenze d’oltreoceano: nelle ultime settimane, come avrete sicuramente notato, moltissime persone si sono filmate mentre si versavano addosso un secchio di acqua ghiacciata, e hanno pubblicato il video online collegando l’hashtag #IceBucketChallenge (la sfida del secchiello di ghiaccio). L’idea, a scopo benefico, funziona a “inviti”: quando una persona nomina un’altra, questa è tenuta a fare una donazione entro 24 ore alla ALS Association, un’organizzazione no profit che sostiene la ricerca sulla sclerosi laterale amiotrofica (SLA), una terribile malattia neurodegenerativa. Mentre negli USA il risultato è più che soddisfacente (supera i 40 milioni di dollari), in Italia rischia di rivelarsi una delusione quanto a raccolta concreta dei fondi. A furia di tirarsi secchiate d’ac-qua, sembra che i Vip italiani si siano dimenticati il reale motivo dell’iniziativa. Tra calciatori, conduttori televisivi, ministri, attori, cantanti, non si è riusciti minimamente a replicare, con le ovvie proporzioni, il risultato americano, ma solamente ad assicurare uno spettacolo più o meno grottesco (con le dovute eccezioni) e, in alcuni casi, addirittura penoso: personag-gi pseudo-famosi, molti di essi ignari del nobile scopo a tal punto da sfoggiare un abbigliamento del tutto fuori luogo (emblematicamente triste lo spettacolo offerto da numerose starlette, convinte di partecipare ad una selezione per “Miss

“Lo so che giunti al termine di questa nostra vita tutti noi ci ritroviamo a ricordare i bei momenti e dimenticare quelli meno belli, e ci ritroviamo a pensare al futuro. Cominciamo a preoccuparci e pensare: “io che cosa farò? chissà dove sarò da qui a dieci anni?” Però io vi dico: “Ecco guardate me!” Vi prego, non preoccupatevi tanto, perché a nessuno di noi è dato soggiornare tanto su questa terra. La vita ci sfugge via e se per caso sarete depressi, alzate lo sguardo al cielo d’estate con le stelle sparpagliate nella notte vellutata, quando una stella cadente sfreccerà nell’oscurità della notte col suo ba-gliore, esprimete un desiderio e pensate a me. Fate che la vostra vita sia spettacolare” (Robin Williams alias Jack, dal film “Jack” di Francis Ford Coppola).Eppure Robin non ce l’ha fatta come Jack. La vita gli è sfuggita via, la forte depressione gli ha impedito di alzare lo sguardo al cielo un’ultima volta, portandolo a compiere l’estremo gesto del suicidio. Di fronte a questa tragica morte, avvenuta l’11 agosto nella sua abitazione di Tiburon (San Francisco), il mondo del cinema è rimasto senza parole, così come i milioni di fan che da subito hanno diffuso nel web pensieri e ricordi in memoria del grande attore.Riassumerne la carriera di Robin Williams in queste poche righe è sicuramente un’impresa tanto ardua quanto inade-guata per renderne il genio e la poliedricità artistica. Ad ogni modo, però, è impossibile non rendere omaggio alle sue

maglietta bagnata”), continuano ad affollare i social network. Per non parlare, poi, di chi sostiene di aver compreso la reale motivazione, ma finisce col donare 100€, che, per chi guadagna milioni di euro in sole cinque serate (si pensi al Festival di Sanremo), sembrano essere la mancia data ad un membro del personale di un hotel piuttosto che un generoso atto di beneficenza. Perciò, sebbene l’iniziativa, nell’altra parte del mondo, sia stata di grande aiuto, grazie a chi, alla secchiata d’acqua, ha fatto seguire una consistente donazione, in Italia sono pochi coloro i quali hanno dato il giusto significato all’esibizione. Bisogna auspicarsi che il contributo alla ricerca, soprattutto da parte di persone abbienti, continui anche nel momento in cui questa moda lascerà il posto ad un’altra. O meglio, è da auspicarsi che non siano necessarie mode, per quanto utili a divulgare un così importante messaggio, per far sì che ci siano donazioni. Difatti, quante campagne di sensibilizzazione ci passano davanti agli occhi? A quante rispondiamo con entusiasmo?

abilità comiche e di improvvisazione, testimoniate sin dagli esordi nella serie “Mork & Mindy, nonché alle sue intense interpretazioni nelle pellicole più sentimentali e dramma-tiche, tra cui si ricordano “L’attimo fuggente”, “Patch Adams” e “L’uomo bicentenario”.Il “comico triste”, qualcuno l’ha definito. Chissà se dietro quella maschera di comicità, dietro quel naso rosso da clown non si celasse veramente un “bambino smarrito”, tanto sensibile quanto fragile. Cosa può averlo spinto a tanto? Alcol, droga, problemi econo-mici, senso di fallimento, depressione. Non è importante e non ci è dato sapere.A me piace ricordarlo come il grande attore che è stato, come una delle più lucenti stelle che Hollywood abbia mai avuto, come una persona in grado di offrire un sorriso sincero al suo pubblico, sino all’ultimo, anche dall’altro capo del mondo.Buon viaggio “al di là dei sogni”, Robin.

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Flessibilità vs Austerity: un compromesso tra politica

monetaria e politica fiscale per superare la recessionedi Caterian Crociata

Flessibilità vs Austerity: un compromesso tra politica monetaria e politica fiscale per superare la recessione di Caterina CrociataLo scorso 13 agosto il presidente del Consiglio Matteo Renzi ha incontrato il presidente della BCE Mario Draghi nella casa di campagna di quest’ultimo a Città della Pieve. Quale sia stato l’oggetto di questo faccia a faccia non è ben chiaro, apparente-mente solo un incontro informale, quasi segreto agli occhi della stampa. Eppure è certo che i due si siano confrontati sulla critica situazione economica italiana ed europea, testimoniata sempre più dai recenti dati negativi su recessione, disoccupazione e stagnazione. “L’Italia non è osservato speciale”, ha commentato il premier Renzi, sempre più convinto di voler fare i “compiti a casa” per il proprio paese e non perché qualcuno glielo impone. Ad ogni modo, però, è chiaro che di riforme ce ne sia ancora bisogno, di riforme condivise, di “una combinazione di politiche che prevedano insieme misure monetarie, fiscali e strutturali”, così come affermato da Draghi al simposio dei banchieri centrali, tenutosi ad agosto a Jackson Hole, negli Stati Uniti.Ma che tipo di intervento si richiede? Dopo anni segnati dal leitmotiv dell’austerità, sembra che le intenzioni dei governi naziona-li abbiano cambiato direzione, data la ripresa ancora debole dell’area euro. In Italia le previsioni di crescita dell’economia sono state riviste al ribasso, nonostante le riforme e la tanto nota “spendingreview”, con una flessione del PIL nel secondo semestre pari a -0,3% rispetto allo stesso periodo del 2013 (dati Istat), in Francia i dissidi in tema di politica economica hanno condotto persino alle dimissioni a catena del governo, intenzionato a “non sottomettersi”, secondo le parole dell’ormai ex ministro dell’eco-nomia Arnaud Montebourg, “agli assiomi ideologici della destra tedesca”. La stessa Germania, infine, sembra essere incastrata nelle proprie politiche conservatrici e di austerità, dovendo anch’essa scontare un rallentamento dell’economia e un brusco calo dell’indice IFO sulla fiducia degli imprenditori. E’ evidente, in maniera uniforme, che la nuova parola chiave sia ormai flessibilità.Flessibilità dai criteri di convergenza del Trattato di Maastricht, con il quale nasceva nel 1992 l’Unione Europea e da lì a pochi anni anche l’UEM (Unione Economica e Monetaria) e la BCE.Tra questi, i parametri più volte chiamati in causa, spesso definiti “oggettivamente anacronistici” rispetto a questi anni eccezionali di crisi, sono il rapporto fra deficit, ossia il disavanzo annuale di uno stato, e PIL non superiore al 3% e il rapporto fra debito complessivo e PIL non superiore al 60%. Basti solo pensare che nel primo trimestre dell’anno il rapporto debito/PIL dell’Italia ha superato la soglia del 135%, mentre quello dell’Eurozona si è attestato al 93,9% (dati Eurostat). Flessibilità, inoltre, dal Trattato sulla stabilità, sul coordinamento e sulla governance dell’Unio-ne Europea, meglio noto come “Fiscal Compact”, firmato nel 2012 da 25 Stati membri al fine di mantenere le proprie finanze pubbliche sane e sostenibili e di salvaguardare così la stabilità di tutta la zona euro.Tale patto, ricordiamo, ormai divenuto sinonimo di austerità, ha previsto l’inserimento del pareggio di bilancio di ciascuno stato “in disposizioni vincolanti e di natura permanente”, nonché ribadito l’obbligo di rispettare il rigido vincolo del 3%.Flessibilità, insomma, da un’Europa che appare sempre più, agli occhi di molti, solo “tagli, vincoli e spread”, per utilizzare le parole del nostro premier.Detto ciò, tuttavia, è necessario ricordare che l’intero quadro istituzionale dell’Eurosistema si basa sull’indipendenza della politi-ca monetaria e, dunque, della BCE da ogni influenza politica dei Governi nazionali; principio questo alla base del mantenimento dell’obiettivo fondamentale della nostra Banca Centrale, ossia la stabilità dei prezzi. Ma che forse la BCE abbia dimenticato di aver aggiunto nel 2003 la clausola “al di sotto ma in prossimità della soglia del 2%? E di aver fatto tutto questo per il rischio concreto di deflazione, come quello che si sta profilando in questi mesi? Non è forse questa una crisi da domanda aggregata, l’unica che la Banca Centrale possa influenzare, in quanto titolare del potere di emissione?Di fronte al crollo della produzione, della fiducia di consumatori e investitori, sembra forse aprirsi uno spiraglio di luce in fondo al tunnel, dopo l’incontro di Città della Pieve, dopo il meeting di Jackson Hole. Benché nella forma di un “do ut des” (“le riforme strutturali nazionali non sono più rinviabili!”), il discorso di Draghi parla chiaro: la BCE è disposta a fare di più e a ricorrere a misure “non convenzionali” (piano Juncker? Svalutazione dell’euro? Nuovi prestiti Ltro?Quantitative easing?) per il mantenimento delle aspettative di inflazione nel medio e lungo termine, memore forse dell’esperienza giapponese e statunitense.A proposito di soluzioni possibili, due ricercatori italiani, Francesco Bianchi e Leonardo Melosi, hanno formulato, nel loro paper “Escaping the Great Recession”, una proposta concreta per superare una crisi da domanda come questa con tassi nominali già prossimi allo zero: un accordo istituzionale tra politica monetaria e politica fiscale, tra BCE e governi nazionali. La prima riporti il rapporto debito/PIL al livello pre-crisi via inflazione (abbattendo solo la parte del debito generata dalla recessione), così da ridurre il costo reale del credito e svalutare il valore nominale del debito pubblico, i secondi si astengano da restrizioni fiscali, ossia dall’aumentare le tasse o diminuire le spese, fino al raggiungimento della vecchia soglia.Indipendentemente dalle decisioni dei prossimi mesi e dalle misure concrete che verranno adottate, una cosa è certa: per salvare l’Europa è necessario che i Draghi e i Renzi di oggi e di domani collaborino tra loro, improntando i propri interventi sulla parola Compromesso.

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Intervista a Rita Santarellidi Luisa Marotta e Anna Pascale

A seguito del Convegno “Etica,Solidarietà e Società” civile te-nutosi presso la nostra università, abbiamo avuto l’opportunità di intervistare Rita Santarelli, la quale, oltre ad essere stata una delle donne chiave di Confindustria, al momento è presi-dente di Vises Onlus, un’organizzazione che opera per lo svi-luppo economico e sociale. In quest’intervista emerge tutta la forza della la Dott.ssa Santarelli, una manager con un baga-glio professionale e soprattutto umano di rilievo, un esempio, un modello insomma, per noi giovani donne che cominciamo timidamente ad affacciarci al mondo del lavoro.1)Dott.ssa Santarelli, Lei in occasione della sua nomina come Presidente di VISES ha scritto una lettera alla dirigenza ita-liana in cui dice: -Provengo dalla Confindustria, all’interno della quale ho trascorso una proficua vita di lavoro e mi sento impegnata, con questo incarico nel volontariato che ho ac-cettato con entusiasmo, a “restituire” agli altri le esperienze che la vita professionale mi ha permesso di maturare- . A tal proposito quale esperienza professionale è stata in questi mesi, e sarà in futuro, più utile ai fini della sua presidenza nell’Associazione?Sono stati 6 mesi intensi,nei quali ho,soprattutto,cercato di comprendere un mondo che non conoscevo. Quindi ho ascol-tato chi prima di me aveva fatto questa esperienza e poi ho cercato di individuare un modello di gestione efficace e una linea strategica da perseguire. E qui mi stanno aiutando le competenze manageriali di base che ogni dirigente ha po-tuto sperimentare nella sua vita professionale. Mi riferisco, ad esempio,alla capacità di progettare e avviare progetti complessi,alla gestione delle persone,al posizionamento sul mercato,allo sviluppo di una moderna attività di comunicazio-ne,alla verifica puntuale del rapporto tra obiettivi da cogliere e risorse da destinare.2)In numerose interviste Lei ha sottolineato la crisi di valori nel nostro Paese, configurando tale momento storico come un “periodo di emergenza antropologica” citando le parole del Cardinale Bagnasco. Pertanto quali sono gli “insediamenti “ più urgenti che la VISES si propone di attuare per far fronte alle difficoltà odierne ?Proprio lo scorso 15 maggio,presso la Luiss,università che si caratterizza per la sua sensibilità ai temi sociali,Vises ha tenu-to il Convegno Etica,Solidarietà e Società civile,al quale han-no partecipato numerosi relatori di grande livello. L’obiettivo era il confronto sulla rinascita di un sistema valoriale diffuso nel nostro Paese. Noi siamo convinti,e il dibattito di qualità del Convegno lo ha confermato,che una crescente voglia di solidarietà,coesione e affermazione etico-valoriale si va sem-pre più’affermando nella nostra società’. Dare voce alle forze che vogliono reagire positivamente per ricostruire un tessuto sociale più’ sano ed equilibrato e’,intrecciato ad azioni con-crete sul piano della solidarietà,un impegno forte e strategico di Vises.3) Vises è nata nel 1987 dall’impegno di alcuni manager di aziende pubbliche e private che hanno deciso di diventare volontari e sfruttare le loro competenze professionali per de-dicarsi all’ ”altro”. Dunque già dalla fine degli anni ’80 la vo-stra associazione si è fatta promotrice della cosiddetta Cor-porate Social Responsability, un concetto che, noi studenti di

economia lo sappiamo bene, è oggi quasi una moda. Ci chiediamo quindi, possono le aziende davvero fare la differenza? Può l’internalizzazione della CSR nella cultura aziendale trasformare le imprese da macchine del profitto in agenti attivi nella costruzione di un mon-do migliore?Io credo proprio di si’. Se un’azienda e’sana ed eti-camente orientata,il suo profitto,il suo sviluppo non potranno che trarne beneficio evidente e misurabile. Infatti se l’impegno etico di rivolge al suo interno nei confronti di coloro che nell’azienda operano e all’e-sterno verso gli interlocutori che,a diverso titolo,a lei si rapportano,il risultato non potrà che essere benefi-co per tutti e l’azienda prospererà. Se fosse solo una moda passerebbe ed invece si sta’rafforzando ormai

a livello globale.4) Dott.ssa, due punti del vostro programma di intenti ci hanno particolarmente colpito: Nel vostro sito scrivete che Vises si dedica alla promozione sociale delle don-ne e alla tutela dei beni culturali. Questi sono due temi caldi a noi molto cari, quanto ancora l’Italia è indietro e quanto potrebbe beneficiare dal giusto impiego di due potenti motori quali le donne ed il patrimonio artistico/culturale?Nonostante i tanti passi avanti compiuti,la società ita-liana rimane afflitta da un evidente deficit di demo-crazia paritaria. Quindi Vises ha intenzione di soste-nere fortemente, con progettualità ed iniziative, tutte quelle politiche integrate del lavoro e del welfare che possono risolvere il dramma dell’esclusione e dell’ab-bandono del lavoro da parte delle donne,le politiche di prevenzione e contrasto della violenza verso le don-ne,le politiche, infine,che favoriscano la presenza delle donne ai vertici delle Istituzioni e delle aziende. Per quanto riguarda l’attenzione alla Cultura e’ risaputo che l’Italia e’,dal punto di vista del possesso di beni cul-turali,il primo al mondo. Eppure l’attenzione alla gestio-ne moderna ed efficace di questo patrimonio immenso che abbiamo avuto in sorte e’,a dir poco,deplorevole. Come pure la cura per uno sviluppo del nostro turismo che valorizzi coerentemente le risorse culturali e’sciat-ta ed episodica. Quindi anche in questo ambito,con le nostre modeste forze,vogliamo cercare di dare un con-tributo fattivo. Stiamo studiando progetti che possano essere utili e al servizio del nostro Paese.

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Un viaggio in Siciliadi Dario Ercolani

Era Maggio quando non avevo ancora programmi per l’estate e sentivo il bisogno di impegnare seriamente almeno una piccola parte di quei mesi. Appena vidi il bando per il progetto VolontariaMENTE capii che era un’opportunità da cogliere al volo, senza pensarci troppo su. Il campo estivo E!State Liberi mi colpì subito: una settimana a stretto contatto con i luoghi segnati dalla mafia, per diffondere una cultura di antimafia. Nello specifico l’esperienza del campo era

“VolontariaMENTE” LUISS: l’importanza di quel palloncino rosso

di Federica Di Mario

suddivisa in tre momenti di attività: il lavoro agricolo, la formazione sui temi della legalità e lo scambio interculturale con il territorio. Nonostante le mie certezze, il giorno in cui presi l’aereo in me si celava quella sensazione di inizio di una nuova avventura che, metaforicamente, si identifica con un foglio completamente bianco, su cui non sai ancora cosa verrà scritto. Ero pronto a vivere qualunque cosa mi aspettava all’arrivo e già non vedevo l’ora di raccontare ciò che avrei vissuto alla mia famiglia, alla mia ragazza e ai miei amici. Nel viaggio verso il casale di San Giuseppe Jato trovai conforto negli altri volontari che come me erano più o meno consapevoli di ciò che ci aspettava quella settimana. Il primo incontro pomeridiano ci aprì gli occhi. I ragazzi di Libera ci raccontarono fatti che la maggior parte di noi aveva sentito solo al telegiornale o letto sui libri, ma in quel momento ne stavamo

Quest’anno la LUISS ha messo a disposizione dei suoi studenti l’opportunità di entrare a contatto con il mondo del volontariato. Tramite l’università è infatti possibile partecipare ad attività organizzate da enti umanitari allo scopo di far maturare nello studente una maggiore consapevolezza riguardo a temi delicati che non toccano il nostro mondo “privilegiato” da vicino, ma di cui è sempre necessario parlare. Il fine del progetto non è però solo quello di informare e informarsi, ma è anche quello di aiutare chi convive giornalmente con situazioni difficili e spesso ingestibili.Le iniziative promosse, di cui la maggior parte si sono svolte quest’estate, hanno attratto la richiesta di molti studenti : il CONSEL- Consorzio ELIS ha avviato un campo estivo nelle periferie romane, alla scoperta di un mondo complesso lontano dall’attenzione pubblica; LIBERA TERRA ha gestito un campo

prendendo consapevolezza, eravamo lì. Fu così che d’un tratto mi trovai con 12 amici in più, Maria, Vittoria, Walter, Alessio, Laura, Anna Rita, Giulio, Cristiana, Martina, Lucrezia, Giulia e Federica. Si creò subito un perfetto equilibrio nel gruppo e quella sera andai a dormire sereno.La mattina era sicuramente uno dei momenti più difficili. Le sveglie iniziavano a suonare alle 4.00 e d’un tratto la cucina si riempiva di 13 persone più o meno consapevoli di dove si trovavano, pronte ad andare a lavorare nei campi. Dedicarsi alle attività agricole mi entusiasma-va per via dell’amore per la terra e la natura, e tra tutti il primo giorno di lavoro fu il più particolare. Quella mattina lavorammo in squadra come in una catena di montaggio per creare un parafuoco intorno ad un frutteto. Nonostante fossimo 13 perfetti sconosciuti, per lo più novellini fino al giorno prima, ci organizzammo con zappe, forbicioni e rastrelli come una squadra esperta sotto la guida del mitico Mimmo. Finito il lavoro ci fu chiaro come la stanchezza fisica veniva più che compensata dalla soddisfazione nel vedere il segno della propria opera, e l’animo era più sereno.Nel pomeriggio si svolgevano le attività di formazione e ogni giorno conobbi una diversa faccia dell’antimafia. La testimonianza dei soprav-vissuti alla strage di Portella della Ginestra, la visita all’azienda Calcestruzzi Ericine, l’incontro con l’associazione Addio Pizzo, l’approfon-dimento sul Consorzio Libera Terra e la manifestazione in ricordo della strage di via D’Amelio. Ciò che ho imparato da questi incontri è che l’unico modo per sconfiggere la mafia è far sentire viva e propositiva la presenza dello Stato nelle comunità, troppo spesso abbandonate a se stesse. La mafia concede per favore, quello che lo Stato dovrebbe dare per diritto. Perciò bisogna dare voce a casi come quello della Calcestruzzi Ericine, in cui lo Stato ha vinto sulla mafia.Di ritorno da questo viaggio continuerò a praticare la legalità nei gesti quotidiani e farò conoscere le rigogliose realtà dell’antimafia. Mi piace riportare qui una frase detta da un volontario siciliano: “Le persone pensano di venire qui a cambiare questa terra, al ritorno capiscono che è questa terra che cambia le persone”. Grazie.Lavoro sociale, sveglia prima dell’alba, lotta per il territorio, per far rispettare un diritto e per la serenità: questo ho imparato.

formativo sui beni confiscati alle mafie; MADE IN CARCERE ha sviluppato un progetto per aiutare venti detenute ad intraprendere un per-corso di riavvicinamento alla quotidianità della vita; ed infine SAVE THE CHILDREN ITALIA ONLUS sta organizzando la bellissima campagna “Everyone”, a cui sto partecipando in prima persona. “Everyone”fu lanciata nel 2009 al fine di informare il mondo della gravità del tema della mortalità infantile, che colpisce 6 milioni di bam-bini ogni anno. Il progetto prevede la costruzione in molte città italiane (quest’anno saranno Roma, Milano e Bari) di un grande villaggio, all’interno del quale lo spazio è suddiviso in ambienti tematici. Con l’ausilio di installazioni interattive e analogiche, esperienze sensoriali, foto, video e oggetti, i visitatori del villaggio vengono informati del lavoro svolto da Save the Children nella lotta alla mortalità infantile e delle possibili soluzioni al problema.Il concept creativo di “Everyone” si basa sull’idea che ogni persona, visitando il villaggio, vestirà i panni di un operatore Save the Children per un giorno, sperimentando da vicino il lavoro svolto dall’associazione. Quest’anno il percorso esperienziale sarà suddiviso in sei ambienti, ovvero L’Accoglienza, l’Operatore Sanitario, il New Born, dedicato all’importanza delle salute materna, la Nutrizione, l’Emergenza e il Saluto, con cui si concluderà l’esperienza. Negli scorsi anni il progetto ha permesso a Save the Children di raccogliere moltissimi fondi e di coinvolgere un gran numero di testimonial, anche e soprattutto grazie alla sensibilità con cui i volontari hanno svolto la loro missione di accoglienza dei visitatori e di guida in un’espe-rienza dal forte impatto emotivo.Personalmente, il mio progetto è appena cominciato, ma riesco già a sentire la forza di un’esperienza che mi farà guardare il mondo con occhi diversi. Per questo motivo spero che in molti verranno a visitare il villaggio “Everyone” ad Ottobre e diffonderanno l’immagine di quel palloncino rosso che è il simbolo di questa meravigliosa campagna: semplice e riconoscibile, quel palloncino rappresenta la vita di un bam-bino, che è un qualcosa da “trattenere”, non da lasciar volare via.

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“Quattro chiacchiere” con Paolo Bonolisdi Francesca Ida Barletta e di Anna Pascale

Lo scorso 30 Marzo la nostra redazione ha partecipato all’ evento “ Dove era-vamo rimasti”, svoltosi presso la sede Luiss di Viale Romania ed organizzato per celebrare il sessantesimo compleanno della Rai. Tanti graditi ospiti : il diretto-re generale Rai Luigi Gubitosi, il direttore di RaiUno Giancarlo Leone e ancora Gaia Tortora, Milly Carlucci, Fabrizio Frizzi e Paolo Bonolis. Dopo un excursus di immagini del passato e del presente ed interventi dei protagonisti, Bonolis ci de-

dica qualche minuto rispondendo ad alcune domande. Lei spesso ha trattato il tema della televisione come strumento di educazione e formazione. Non di rado però si definisce un programma “programma spaz-zatura “; al riguardo, ritiene che sia una qualifica adeguata e corretta? E quale consiglio si sente di dare ai giovani che si trovano di fronte a questo potente e forse anche pericoloso mezzo di comunicazione ? Ci sono tanti programmi e di conseguenza vi è una grande varietà di prodotti: ci sono quelli più commerciali , altri più di so-stanza e altri ancora che abbinano queste due traietto-rie. Sta allo spettatore decidere “se” e “come” assorbi-re l’informazione offertagli. C’è chi guarda un prodotto con disincanto ed ironia e chi si abbevera da questa fonte a tal punto da finire nella “ raccolta dell’umido” . Il consiglio per chi ha come sogno nel cassetto scrivere per la televisione, è quello di raccontare bene se stessi liberamente e spontaneamente, perché ognuno di noi è

in grado di presentare in maniera unica ed irripetibile la propria personale storia, sfuggendo così dal fenomeno dell’omologazione. La televisione è pericolosa se non si è educati prima di guardarla e nel guardarla, rischiando in tal modo di cadere nell’incombente banalità. Rimanendo sempre nell’argomento formazione ed educazione, è noto che ha conseguito la laurea in Scienze Politiche . A tal proposito lei non pensa che ormai la televisione si sia completamente discostata dal vecchio modus operandi: essere un efficace canale di cultura ed istruzione, spesso discriminando chi ne è portatore? Ho la ferma convinzione che la proprietà di linguaggio e il proprio bagaglio culturale non si acquisiscano accendendo il televisore, ma attraverso la curiosità, nel corso della nostra esistenza. Durante le lezioni tenute alla LUISS Guido Carli ho esternato con chiarezza il mio pensiero: ciò che apprendi realmente è attraverso quello che vivi, non solo mediante l’informazione. Pertanto a voi giovani faccio un augu-rio, quello di non essere frutto di una conoscenza indotta ma dedotta, di non comprendere solo il fatto ma anche l’aspetto sensitivo delle cose; la deduzione altro non è che conseguenza dell’esperire. Quindi studiate affinché possiate avere le necessarie competenze da aggiungere alle vostre espe-rienze e, soprattutto, non restate chiusi dentro casa aspettando che la televisione o chi la fa possano raccontarvi l’esistenza, perché ne ri-marrete profondamente delusi.

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Cari studenti Luiss! Se anche voi, come la redazione di Globe Trotter, amate viaggiare ed esplorare, questo concorso potrebbe proprio fare al caso vostro! momondo dà il via alla “case competition” tra studenti provenienti da tutto il mondo Il brand globale momondo è pronto a far partire TRAVELLENGE, una “case competition” internazionale tra studenti che riunisce giovani talenti provenienti da ogni angolo del pianeta con lo scopo di apportare nuove idee da applicare nel settore online dei viaggi, un settore in rapida e costante ascesa. Corsi di marketing di altissimo livello, EUR 5.000 e un’opportunità unica di interagire con esperti del marketing globale sono gli ingredienti necessari per creare team di successo. Travellenge: Sfida il business mondiale del settore viaggi Studenti provenienti da tutto il mondo, uniranno le loro forze per affrontare al meglio la prima “Case Competition” tra studenti nel settore dei viaggi online, sponso-rizzata da momondo e chiamata appunto momondo TRAVELLENGE. Questa competizione è rivolta a tutti gli studenti di marketing ed economia che vogliono mettersi a disposizione di una delle imprese leader al mondo del settore viaggi, in un contesto internazionale. Una possibilità di confrontarsi con studenti di tutto il mondo Gli studenti selezionati, dovranno proporre idee innovative che possano garantire la crescita di momondo sui mercati. Divisi in squadre per coppia, gli studen-ti dovranno fornire strategie di marketing innovative per spingere momondo ai vertici dei mercati. Una volta iniziato il TRAVELLENGE gli studenti provenienti da 16 paesi diversi, dalla Finlandia alla Spagna, cominceranno a sfidarsi. I vincitori di ciascun paese, andranno alla finale internazionale che si terrà nella sede centrale di mo-mondo, a Copenaghen. Gli studenti potranno scambiare idee, opinioni e avere la fortuna di interagire con tutti gli altri vincitori provenienti dagli altri paesi in gara. EUR 5.000 e un corso di marketing per I vincitori. Ci sono degli ottimi premi in palio: il team che vincerà la finale internazionale si porterà a casa EUR 5.000, mentre i vincitori a livello nazionale potranno usufruire di un viaggio a Copenaghen con spese di hotel e volo già pagate. Tutti i vincenti a livello nazionale, avranno inoltre la possibilità di partecipare all’esclusivo e presti-gioso “Online marketing and e-travel Master Class”, diretto dai migliori esperti del settore. Per maggiori informazioni sul case competition e iscrizioni vai su http://www.momondo.it/ispirazione/travellen-ge-concorso-studenti/I partecipanti potranno mettersi in contatto con gli studenti e con momondo tramite Facebo-ok e Google+. Domande? Scrivi a [email protected] momondo Il sito per la ricerca viaggi www.momondo.it trova e confronta milioni di prezzi di biglietti aerei, di hotel e offerte viaggio per tutte le destinazioni del mondo. momondo fu lanciato nel web nel 2006 e col tempo ha ottenuto numerosi riconoscimenti dai media internazionali quali il New York Times, CNN, NBC, CBS, il Daily Telegraph e il London Sunday Times, nonché dalla grandissima guida di viaggio Arthur Frommer. momondo ha inoltre vinto diversi premi nel tempo fra cui un test condotto dalla Stiftung Warentest nel 2012, un’azienda tedesca che si dedica al confronto dei servizi e dei prodotti presenti sul mercato. L’applicazione momondo è disponibile gratuitamente per iPhone, Android e Blackberry.

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IMPROVVISAMENTE ROMA ovvero LA CITTÀ CHE NON TI ASPETTI

di Adriano Di Curzio

Perdersi a Roma è abbastanza facile soprattutto per chi la conosce poco. La nostra capitale, infatti, si sviluppa in ma-niera completamente diversa dalle altre capitali occidentali come Washington D.C. e Parigi. Se queste ultime sono state progettate e costruite a tavolino, con le ovvie e dovute ecce-zioni, la città eterna si presenta agli occhi di un visitatore dei giorni nostri allo stesso modo di come doveva apparire ad un visitatore qualunque di 500 anni fa: stradine e vicoli senza alcun apparente ordine. E’ proprio perdendosi, però, che si può scoprire a pieno la bellezza di questa città. L’obiettivo di questa nuova rubrica è, infatti, quello di farvi perdere per le strade della città eterna e di farvene innamorare approfon-dendo, in ogni numero, un tema particolare. Di Roma si conoscono i Fori, le piazze e le chiese più famose. Tutto bellissimo ma allo stesso tempo conosciuto e inflaziona-to. Qualcosa di più particolare? Quali sono gli aspetti meno conosciuti? Dove si può conoscere “la Roma che non ti aspetti”? Vicino Piazza di Spagna si trova uno dei palazzi più strani di Roma: Palazzo Zuccari. Attualmente sede della Biblioteca Hertziana, questo palazzo è degno di nota per la sua bizzarra architettura e in particolare per le sue decorazioni; porte, finestre e cornicioni hanno, infatti, l’aspetto di mostruose bocche aperte. Da Via del Corso, procedendo verso Piazza Ve-nezia e girando su Via del Caravita, si entra in Piazza Sant’Ignazio. Questa piazza, molto amata dai romani, ha diversi soprannomi: da alcuni è, infatti, chiamata “Il salotto” e da altri, più correttamente, “il Teatro” per la sua strana forma che ricorda un palco teatrale con tanto di quinte e sipario. Tale piazza prende il nome dall’omonima chiesa voluta dal cardinal Ludovisi in onore del fondatore dei gesuiti Ignazio di Loyola. La particolarità di questa chiesa barocca è però nascosta al suo interno. Se infatti il Barocco è suggestione e finzione, questa chiesa ne è la massima esemplificazione. A causa di problemi economici era a rischio la costruzione della cupola e per rimediare al problema, l’architetto Andrea Pozzo escogitò una soluzione brillante. Egli infatti sfruttando la prospettiva, dipinse una tela, riproducendo l’interno di una cupola e posizionò il tutto sopra la navata centrale. Grazie ad una illusione ottica, il visitatore, entrando all’interno della chiesa, potrà facilmente vedere una cupola al di sopra dell’altare, per poi accorgersi, percorrendo la navata, di come il

tutto sia una pura finzione.Non distante dalla Chiesa di Sant’Ignazio, si trova Palazzo Giustiniani. Questo palazzo, collegato in via sotterranea con Palazzo Madama, ospita gli appartamenti di rappresentan-za del Presidente del Senato e, fino al 1985, ospitava an-che gli uffici dell’organizzazione massonica “Grande Oriente Italia”. Piccola curiosità: fu proprio nella biblioteca di questo palazzo che venne firmata la Costituzione. Vicino Piazza Navona, in via di Pasquino, si trova, appun-to, “Pasquino”. Questa statua è la più famosa tra le “statue parlanti” di Roma. Fin dal XVI secolo i romani, protetti dal-la notte, affiggevano sul corpo della statua, invettive, versi satirici e canzoni contro il papato e gli amministratori della città. Pasquino rappresenta al meglio il malumore del popolo romano nei confronti dei governanti ed è tutt’oggi ancora utilizzato.La città eterna contiene al suo interno anche lo stato più pic-colo del mondo: “Lo Stato della Città di Vaticano”, il cui sim-

bolo è certamente la Basilica di San Pietro. Come la maggior parte della chiese romane, anche San Pietro venne costruita seguendo i dettami del barocco. La precedente Basilica di epoca costantiniana venne completamente abbattuta, fatto salvo per un disco di porfido rosso denominato “Rota Porphyretica”. Il disco venne riposizionato a ridosso del portone principale ed è costantemente ignorato dai turisti che camminano tra i tesori di quella che è, probabilmente, la chiesa più famosa del mondo. Non tutti sanno, però, che è proprio su quel disco di porfido che, la notte di Natale dell‘800 d.C., Carlo Magno si inginocchiò per essere incoronato imperatore da parte di papa Leone III. Ma anche vicino al Dipartimento di Giurisprudenza di Via Parenzo si possono scorgere aspetti insoliti di Roma. All’interno di Villa Torlonia, la residenza romana di Mussolini, si può scorgere una particolarissima costruzione denominata “la Casina delle Civette”. Ex costruzione in stile rustico, venne arricchita, per volontà del Principe Giovanni Torlonia Junior, da torrette, merli, loggette, porticati e decorazioni di civette. Un vero e proprio villaggio medievale.

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“Mausoleo di Augusto. Ciò che fu e ciò che resta”di Francesca De Nuntiis

“Tra i monumenti del Campo Marzio” scriveva Strabone, “il più bello è il Mausoleo. Grande tumulo che sorge su un’alta base di marmo bianco nei pressi del fiume [Tevere], coperto ovunque, dalla sommità, di alberi sempreverdi. Sulla sommità si trova una statua in bronzo di Cesare Augusto, men-tre sotto il tumulo ci sono le tombe dello stesso imperatore, dei suoi parenti e degli amici più intimi. Dietro c’è un grande bosco sacro che offre splendide passeggiate”.Il Mausoleo di Augusto è il monumento funerario che Ottaviano Augusto, nel 29 a.c. volle edificare di ritorno da Alessan-dria, dopo aver sconfitto Marco Antonio e conquistato l’Egitto. Per la costruzione della sua tomba, il futuro imperatore, volle richiamare lo stile ellenistico della tomba di Alessandro Magno, portando la zona del Campo Marzio ad accrescere in grandezza e splendore.

Ma la magnifica costruzione dell’imperatore fu destinata a rimanere, nei secoli, inu-tilizzata ed abbandonata. Il Mausoleo infatti, rimasto chiuso al pubblico per ben settantanove anni, ha visto finalmente la sua riapertura lo scorso 19 agosto per la commemorazione del bimillenario dalla morte di Augusto. Il triste scenario che però si è mostrato agli occhi dei pochi fortunati gruppi di visitatori, è stato a dir poco sconcertante: a causa di un guasto alla rete idrica, il Mausoleo si è completamente allagato, andando ad inondare anche il fossato intorno al monumento. L’intervento immediato da parte dei tecnici ha evitato qualsiasi ulteriore disagio, ma la vicenda spinge a pensare che l’incuria stia divagando in modo troppo evidente. A confermare il disinteresse generale, basti pensare che l’ultimo bando indetto nel 2012 per la ricerca di uno sponsor per le opere di manutenzione ha fallito misera-

mente, e nessun finanziatore ha offerto un proprio generoso contributo per il restauro. Un barlume di speranza però, dovrebbe arrivare dal Governo: il decreto “Valore Cultura”, in discussione al Senato, prevede infatti, uno stanziamento di 2 milioni di euro, cifra realmente insufficiente per completare interamente i lavori. Nel frattempo il Mausoleo “vive” nella triste consapevolezza che purtroppo o per fortuna, la bella capitale italiana possiede un patrimonio culturale così imponente che spesso risulta particolarmente gravoso dal punto di vista economico. Mai però si dovrebbe dimenticare il prezioso dono che Roma possiede poiché essa vive nel ricordo di un’epoca ormai perduta nel tempo, ma che mantiene l’ombra regale di una città; la stessa città che rivive oggi in ogni strada, in ogni vicolo, in ogni piazza, in ogni fontana ed obelisco, avvolta in un caldo intreccio tra presente e passato. In lei si manifesta la surreale consapevolezza dell’esistenza di un trascorso tanto importante quanto indelebile che va protetto. Protetto perché è il nostro stesso passato e richiede tutela e rispetto poiché tiene costante e viva dentro di noi, la consapevolezza di chi siamo e da dove veniamo.

Stealthy Freedom: I Social come strumento di ribellione

di Ariella Fonsi

Hijab: rendere invisibili. Questo è uno dei significati, forse il più inquietante, della parola che oramai rimanda all’idea di velo islamico. Ed è proprio per rendere “ visibili” le migliaia di donne che in Iran sono costrette a portare il velo, che la giornalista iraniana, esule a Londra, Masih Alinejad ha creato su Facebook una pagina chiamata “Stealthy Freedom of Iranian women” (attimi di libertà segreta delle donne iraniane), dove dal 3 maggio più di 150 donne hanno postato foto che le ritraggono senza velo. Il successo riscosso (infatti la pagina ha ottenuto più di 140mila like) ha dato vita anche a una campagna non politica su Twitter con l’hashtag “#stealthfre-edom”, un modo per dare voce a persone la cui bocca è stata coperta da un velo. Una piccola forma di ribellione se paragonata alla manifestazione pro- velo svoltasi quest’anno a Teheran il 16 maggio, in cui più di 500 persone hanno chiesto al governo un’ attuazione più rigorosa delle norme che impongono il velo alle donne, con lo slogan “ fermate il diffondersi del vizio”. Il movimento della Alinejad, nato e sviluppatosi sui social network, ha come scopo non ribellarsi all’hijab, ma consentire la convivenza tra chi non lo porta e chi invece lo preferisce. Infatti storicamente nella penisola araba preislamica le donne, tra le numerose libertà, potevano decidere di indossare o meno il velo e fu solo con l’ Islam che il velo , simbolo della rivalsa maschile, divenne obbligatorio secondo quanto prescritto dalle principali fonti di diritto islamico (Corano e Sunna). Ed è a questo punto che viene da chiedersi: perché una donna dovrebbe scegliere di coprirsi e nascondersi al mondo ? In realtà il velo indica le donne che devono essere oggetto di un particolare rispetto ,poiché ormai

legate a un solo uomo, e oggi costituisce anche una ostentazione del rifiuto di “ occiden-talizzazione”. Soprattutto però esso obbliga gli uomini a focalizzarsi sulla vera perso-nalità della donna e a mettere in secondo piano la sua bellezza fisica, concetto che non è di poca importanza anche in un ambiente cosiddetto “moderno” , dove, ad esempio, foto di donne nude sui cartelloni pubblicitari rimangono un simbolo di oppressione e maschilismo. Il senso del movimento ( che primo tra tutti ha riscosso un tale successo da quando fu introdotto l’obbligo dell’ hijab nel 1979) è proprio quello di consentire alle donne di decidere come vivere la loro femminilità, di scegliere se esprimere la loro personalità solo con le parole o anche con il corpo, se rimanere ancorate alle tradizioni e ai precetti religiosi oppure discostarsene. Una donna pubblicando una sua foto senza velo sulla pagina ha scritto: “Detesto l’hijab. Adoro la sensazione del sole e del vento sui miei capelli. É questo un grande peccato?” ed è forse un peccato essere libere di decidere chi e come essere?

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Sul dibattito libero

di Francesco Brunetti

Ne Il Formaggio e i Vermi, Carlo Ginzburg ci rac-conta l’affascinante storia di Domenico Scandella, detto Menocchio. Mugnaio friulano nato a Monte-reale nella prima metà del Cinquecento, fu proces-sato, torturato, incarcerato e ucciso dall’Inquisizione, con l’accusa di eresia.Si può immaginare lo stupore del podestà di Por-tugaro e dell’inquisitore di Aquileia e Concordia, quando sentirono Menocchio, “homo eretichissimo”, dire la sua sull’ordine del mondo: “Et mi par che […] il papa, cardinali, vescovi sono tanto grandi et ricchi che tutto è de Chiesa” e opprimono “et strus-sianoli poveri”; la sua denuncia sull’uso del latino nei processi, favorevole ai ricchi e “tradimento de li po-veri, perchè nelle litti li pover’homini non sano quello si dice […] et se vogliono dir quatro parole bisogna haver un avocato”; sui sacramenti: “credo [che la cresima] sia una mercantia, invention delli homini” e il matrimonio “non l’ha fatto Iddio, ma l’han fatto gli homini” e“andare a confessar da preti et frati, tanto è che andar da un arboro” e “credo che la legge et comandamenti della Chiesa siano tutte mercantie, e si viva sopra di questo”; sulle Sacre Scritture: “credo che la Scrittura sacra sia data da Iddio, ma poi è stata aggionta dalli homini” poichè “quatro sole parole bastarian in questa Scrittura sa-cra”. Menocchio è stato condannato perchè credeva in una Chiesa che abbandonasse i propri privilegi, che si facesse povera coi poveri, e in una religione semplice i cui unici precetti fossero: “Amar Iddio et amar il prossimo”. Idee molto sconvolgenti per l’epoca, tanto lontane dalla Chiesa di allora quanto vicine a quella di oggi. Almeno quella di Francesco.L’audace Menocchio è sicuramente figlio della Rifor-ma luterana che, ricorda Ginzburg, aveva “spez-zato la crosta dell’unità religiosa” e fatto affiorare un sostrato di credenze contadine vecchie di secoli; ma ancora di più egli è figlio dell’invenzione della stampa, grazie a cui aveva avuto tra le mani libri come la Bibbia in volgare o il Decameron di Boc-caccio in edizione non purgata, nonchè Il Sogno di Caraviadi Nicola da Porcía, i cui versi dell’invettiva contro preti e frati attribuita a San Pietro riecheg-giano nelle parole di Menocchio:“Mercato fan di seppellir morti Come d’un sacco di lana, o di pevere: in queste cose son molto accortiIn non voler un defonto ricevere Se i soldi in prima in mano non gli vien porti” Menocchio era infatti uno

dei pochi alfabetizzati del tempo. Ed è grazie ai libriche riuscì a leggere in vita –non tanti, per la verità–che trovò le parole per esprimere ciò che gli passava per la testa, il “sutil cervelo” che elaborò un’originale genesi del mondo, da cui il nome del saggio: all’inizio “tutto era un caos, cioè terra, aere, acqua et foco insieme; et quel volume, andan-do così, fece una massa, aponto come si fa il formazo nel latte, et in quel diventorno vermi, et quellifurno li angeli.”Non bisogna però erroneamente pensare che sia stata solo una riflessione introspettiva quella che permise a Menocchio di formulare le proprie teorie; esse sono anche frutto di una culturaorale, ben radicata nel mondo contadino. Egli è infatti un mugnaio: e come la bottega e l’osteria, il mulino è un luogo di dibattito spontaneo frutto d’incontri occasionali, dove i contadiniche attendono la macinazione del grano possono dire la loro. Il mulino diventa così unospazio rivoluzionario, lonta-no dai centri abitati e quindi da sguardi indiscreti, dove vagheggiare il paese della Cuccagna e ospitare raduni clandestini per pianificare come sovvertire lo status quo.Per questo sono così importanti il dibattito e lo scambio di idee –che con questo giornale cerchiamo sempre di stimolare. Se, come afferma Ginzburg nella prefazione del libro, la cultura ela lingua offrono all’individuo “un orizzonte di possibilità latenti – una gabbia flessibile e invisibile entro cui eser-citare la propria libertà condizionata”, allora è proprio con il dibattito libero che possiamo far sì che nella nostra esistenza vi sia un po’ più di libertà, un po’ meno condizio-nata. SUL DIBATTITO LIBERO

Di Francesco Brunetti

Ne Il Formaggio e i Vermi, Carlo Ginzburg ci racconta l’affascinante storia di Domenico Scande-lla, detto Menocchio. Mugnaio friulano nato a Montereale nella prima metà del Cinquecento, fu processato, torturato, incarcerato e ucciso dall’Inquisizione, con l’accusa di eresia. Si può immaginare lo stupore del podestà di Portugaro e dell’inquisitore di Aquileia e Concor-dia, quando sentirono Menocchio, “homo eretichissimo”, dire la sua sull’ordine del mondo: “Et mi par che […] il papa, cardinali, vescovi sono tanto grandi et ricchi che tutto è de Chiesa” e opprimono “et strussianoli poveri”; la sua denuncia sull’uso del latino nei processi, favorevole ai ricchi e “tradimento de li poveri, perchè nelle litti li pover’homini non sano quello si dice […] et se vogliono dir quatro parole bisogna haver un avocato”; sui sacramenti: “credo [che la cresima] sia una mercantia, invention delli homini” e il matrimonio “non l’ha fatto Iddio, ma l’han fatto gli homini” e“andare a confessar da preti et frati, tanto è che andar da un arboro” e “credo che la legge et comandamenti della Chiesa siano tutte mercantie, e si viva sopra di questo”; sulle Sacre Scritture: “credo che la Scrittura sacra sia data da Iddio, ma poi è stata ag-gionta dalli homini” poichè “quatro sole parole bastarian in questa Scrittura sacra”. Menocchio è stato condannato perchè credeva in una Chiesa che abbandonasse i propri privilegi, che si facesse povera coi poveri, e in una religione semplice i cui unici precetti fossero: “Amar Iddio et amar il prossimo”. Idee molto sconvolgenti per l’epoca, tanto lontane dalla Chiesa di allora quanto vicine a quella di oggi. Almeno quella di Francesco. L’audace Menocchio è sicuramente figlio della Riforma luterana che, ricorda Ginzburg, aveva “spezzato la crosta dell’unità religiosa” e fatto affiorare un sostrato di credenze contadine vec-

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Le radici del proprio essere

di Maria Tomassetti

COLLEPIETRO. Molti di voi non conosceranno neanche l’esistenza di questo piccolo borgo abruzzese, eppure lui esiste e si fa sentire. La sua voce sono i suoi amministratori, i suoi abitanti e soprattutto i giovani che compongono l’Associazione Collepietro Friends. Questa è un’associazione speciale perché nata da giovani che con amore e spirito di servizio danno voce e forma ad idee e progetti. Giovani che dimostrano molto più di un semplice attaccamento alla proprie origini perché hanno deciso di investire dove tutto è più difficile. Tuttavia non rele-

gandosi all’interno delle mura medioevali, ma arrampicandosi sulla vetta dei monti che circondano il proprio borgo, questi guardano speranzosi verso il futuro e soprattutto verso la valle circostante, spinti dalla volontà di operare attivamente per il suo sviluppo e la sua crescita. Infatti il territorio è pieno di piccoli centri dove gli amministratori cercano, fra mille difficoltà e pochi fondi, di garantire ai propri cittadini il maggior numero di servizi possibili. Da piccoli, uniti, si può diventare grandi. Questi sono i centri che lo Stato chiama ‘‘la zavorra di se stesso’’, senza contare che dieci comuni di tal genere messi insieme costano meno di un parlamentare, ma offrono molto di più ai cittadini. Noi ci siamo e continueremo ad esserci per salvaguardare la nostra storia, noi stessi e le generazioni future, con impegno e determinazione, abbattendo gli ostacoli giorno dopo giorno. L’Italia possiede molti di questi bellissimi borghi spesso sottovalutati anche dal punto di vista turistico. Visitate Collepietro e tutti gli altri luoghi dove tanti ragazzi come noi lavorano per valorizzarli. E se avete un paese d’origine non dimenticatevi di lui ma andate a trovarlo almeno una volta l’anno e lo farete felice.

Con dedica,... il viaggio non finisce mai. Solo i viaggiatori finiscono. E anche loro possono prolungarsi in memoria, in ricordo, in narrazione. Quando il viaggiatore si è seduto sulla sabbia della spiaggia e ha detto: “non c’è altro da vedere”, sapeva che non era vero. Bisogna vedere quel che non si è visto, vedere di nuovo quel che si è già visto, vedere in primavera quel che si è visto in estate, vedere di giorno quel che si è visto di notte, con il sole dove la prima volta pioveva, vedere le messi verdi, il frutto maturo, la pietra che ha cambiato posto, l’ombra che non c’era. Bisogna ritornare sui passi già dati, per ripeterli, e per tracciarvi a fianco nuovi cammini. Bisogna ricominciare il viaggio. Sempre. (Jose Saramago, “Viaggio in Portogallo).

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#INSPIRATIONAL

Cari lettori, queste pagine si pongono l’ambizioso obiettivo di raccogliere e raccontare storie, esperien-ze, “pezzi” di vita. Come suggerisce il nome stesso di questa nuova rubrica, il nostro scopo è quello di indagare sogni e passioni che possano stimolare, orientare ed appunto ispirare quelle anime ancora “dormienti”. “La sua anima dorme. Deve ancora arrivare il colpo che la risveglierà. Ma ricordi le mie parole: verrà un giorno in cui tutta la corrente della vita si convertirà in turbini e tumulto, schiuma e strepito e lei sarà sbattuta contro le rocce, o sollevata e trasportata da qualche onda.”Dato che il tema portante di questo primo numero di Globe Trotter è appunto il viaggio, e con metà redazione sparsa in ogni angolo del mondo, abbiamo voluto ricercare ed indagare quali sono i motivi che spingono alcuni studenti ad abbandonare il proprio “porto sicuro” per ricer-care nuove ed elettrizzanti avventure. Abbiamo quindi raccolto le testimonianze sia di alcuni nostri colleghi Luiss in partenza, sia di alcuni studenti che l’anno scorso hanno scelto l’Italia, Roma e la nostra università per mettersi in gioco. Ognuno a modo suo e con il proprio stile, ci ha rivelato emozioni e timori, all’inizio di un viaggio che è vita.

“Ciao a tutti, mi chiamo Antonio e frequento il secondo anno della magistrale in Management. In questo momento mi trovo a Singapore, una città-stato stupenda nell’estremo oriente, a ridosso dell’e-quatore. Non avevo mai varcato i confini dell’Europa prima d’ora, ma avevo un grandissimo desi-derio di farlo, e quando mi si è presentata l’opportunità tramite il progetto scambi bilaterali della Luiss, non ho esitato a coglierla. Ho scelto di andare il più lontano possibile da casa, ma non cercavo una distanza geografica, bensì una distanza “culturale”. Questo non perché non ami la mia cultura (come si può non amare la propria?), ma perché ho da sempre avuto la curiosità di conoscere culture completamente diverse dalla mia, e non solo una conoscenza base, ma una volontà di immergermi completamente in esse per capirle e viverle dall’interno. E allora eccomi qua, ai confini del continente asiatico, in una metropoli in cui vivono e si intrecciano decine di etnie e culture diverse, da quella Ci-nese a quella Indonesiana, da quella Indiana a quella Vietnamita. Ogni giorno imparo qualcosa di nuovo, di diverso, di estremamente interessante sulla storia, lo stile di vita, la mentalità, le tradizioni, le abitudini degli altri popoli. Ed è proprio questo quello che mi aspettavo e mi aspetto da questa esperienza: imparare, ascoltare, soddisfare la mia sete di curiosità, viaggiare, scoprire posti nuovi e indimenticabili, conoscere gente nuova, fare amicizia. E’ bellissima la sensazione che provo quando sono circondato da persone che provengono da ogni angolo del mondo, mi fa sentire un cittadino del mondo. In quel momento capisci che siamo tutti fratelli, senza nessuna distinzione, indipendentemente da dove veniamo, dalle nostre religioni, dal colore della nostra pelle, dalle guerre combattute dai nostri paesi. Ma allo stesso tempo conserviamo quel tratto distintivo che ci rende unici gli uni dagli altri, che è la nostra cultura. La diversità culturale non deve servire a separare, a dividere, ma anzi deve essere un mezzo per unire, per arricchirci. Tutto ciò mi ha spinto a più di 10mila kilometri dall’I-talia. Non nego che partire, soprattutto all’inizio, è stato un po’ traumatico. Stavo comunque andando da solo dall’altra parte del mondo! Ma questa sensazione è durata solo pochi giorni, giusto il tempo di fare amicizia con tantissime persone diverse ogni giorno. E adesso mi trovo benissimo, perfetta-mente ambientato e immerso in un altro mondo che già adoro.

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Spero che tutti voi, prima o poi, proviate un’esperienza del genere, se non l’avete già fatta. E’ un’esperienza che ti fa crescere, ti migliora, ti cambia. E poi, last but-notleast, ti diverti pure ovviamente! Ho perso il conto di tutte le feste e i party a cui sono andato finora.

Salutatemi la nostra bellissima Roma e… NI HAO!”

Margherita: “24 ore prima: metà casa è miracolosamente entrata in valigia.. ripercorro random motivazioni, ambizioni, ansie..Perché questa voglia di confronto con una realtà an-cora raffigurata solo dalla mia immaginazione? é una sfida con me stessa, con le mie abi-tudini e le mie certezze: coraggio per iniziarla, determinazione per continuarla, sacrificio e costanza per vincerla. La realtà supera sempre le aspettative, non averne di precise equivale ad averle tutte. Strasburgo sarà un “piece of life” da scoprire, osservare, colorare..D’altronde il modo migliore per capire il mondo non è osservarlo dal maggior numero possibile di angolazioni?”

Maria Ludovica: “Quest’anno parteciperò al progetto QTEM che prevede due semestri di mobilità all’estero, nel mio caso il primo in Belgio ed il secondo in Germania. Ho scelto di partire perché ritengo che mettersi a confronto con realtà differenti può rivelarsi un fattore decisamente importante in un mondo sempre più globalizzato e internazionale. In questo

senso, il vivere in un paese straniero, anche se per un breve periodo, è sicuramente un ottimo stru-mento di integrazione culturale e un modo per raggiungere una buona indipendenza personale e un alto grado di responsabilità. Il programma QTEM, come il programma ERASMUS, non incoraggia solamente l’apprendimento e la comprensione della cultura ospitante, ma anche un senso di comunità tra gli studenti appartenenti a paesi diversi.”

Jana: “If you asked me what brought me here, I’d be honest – the sun. Two years in En-gland does that to you. If you asked why I chose Rome, I’d be boldly frank – I didn’t. It was the only Italian option for my degree. But believe this one thing: Erasmus timein Rome was the whirlpool of my life. LUISS is floral paradise, comfortable bikes, glorious mensa, clash of social classes, ne-ver-ending printing, football games in aulachiesa, bright ambitious minds.To all LUISS students: say ciao to Erasmus people on campus, we’d love to hear about your hometown or share some aperitivo or learn your grandma’s recipes; we just don’t know much Italian and we’re shy. Join the buddy programme. My buddy Stefano was the best thing that happened to me.”

Michelle: “Rome; the Eternal City filled with an abundance of history around every cor-ner. Initially this was the main reason I picked Rome. Growing up in Vancouver Canada, I’m used to seeing nature at its finest but will rarely if ever run into a building that’s more than 100 years old. I was determined to see European history at its finest, and where

else to do that than Rome? My school, the University of British Columbia offered an exchange pro-gram for me to attend classes at LUISS. Conveniently situated in the middle of the city, this allowed me to sightsee after classes while learning the local culture and making new friends. If I had to choose again, I would pick LUISS in a heartbeat!”

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L’Europa League: da ripiego ad opportunità

di Alessandro Vetuschi

La sconfitta del Napoli nei preliminari di Champions ha ribadito un concetto già chiaro da anni: il divario tra le squadre italiane e le altre potenze europee è netto e non va certo diminuendo. Il ranking UEFA ci vede quarti, lontani anni luce da Spagna, Inghilterra e Germania (le uniche ad avere quattro squadre qualificate di diritto per la Champions) e dietro persino al Portogallo. Com’è possibile essere scavalcati anche da una nazione che negli ultimi 5 anni (quelli validi per il calcolo del ranking) ha ottenuto risultati peggiori dei nostri in quella che una volta era la Coppa dei Campioni? La chiave

è l’altra competizione europea, l’Europa League. Negli ultimi anni le squadre portoghesi sono arrivate per tre volte in finale ed addirittura nel 2010-2011 l’atto conclusivo è stato dispu-tato tra due squadre lusitane, Porto e Braga.Per il calcolo del ranking ogni squadra ottiene due punti per una vittoria e un punto per un pareggio, sia per partite di Europa League che di Champions, ed i club che raggiungono gli ottavi, i quarti di finale, le semifinali o la finale di una delle due competizioni ottengono un punto extra per ogni turno. Non c’è quindi grossa differenza tra l’avanzare in una coppa o nell’altra. Il Portogallo ha, di fatto, basato la sua scalata sulla ‘minore’ delle due coppe, che noi snobbiamo costantemente. Questo perché da un punto di vista economico e di blasone non può esserci paragone: la Champions garantisce guadagni quintupli rispetto all’Europa League, nonché una notevole attrazione verso campio-ni e pubblico. Di conseguenza la scelta di una società italiana tra il provare ad arrivare tra le prime tre in campionato (posti utili per la Champions) e l’andare avanti nell’ex Coppa Uefa è

quasi obbligata. Ogni anno tre o quattro squadre si fanno la guerra per un posto Champions in campionato e trascurano l’altra coppa, a scapito del ranking. È un meccanismo pericoloso, che alla lunga potrebbe farci perdere altre posizioni. Da questa stagione, però, le cose potrebbero cambiare: la vincitrice dell’Europa League accederà alla seguente edizione della Champions League. Speriamo che questa decisione convinca le italiane a prendere il torneo con la massima serietà, perché Inter, Fiorentina e Napoli (non ce ne voglia il Torino) sulla carta sono attrezzate per vincere il trofeo. Sarà tra l’altro una preziosa occasione per rivedere quattro squadre italiane in Champions l’anno prossimo, cosa che non accade dal 2009-2010 e che per qualche tempo potrà accadere solo in questo modo, visto il largo distacco dai tre paesi che guidano la classifica del ranking UEFA. L’augurio è, quindi, che tutti i club italiani possano arrivare più avanti possibile nelle coppe europee e, in particolare, che le partecipanti all’Europa League possano puntare sul trofeo come mezzo di qualificazione alla Champions, difendendo il quinto posto nel ranking e ponendo le basi per una celere scalata.

Due pesi due misure

di Giovanni Russo

Il tema sportivo più caldo dell’estate italiana (dopo i Mondiali) è stato l’elezione del nuovo Presidente della F.I.G.C. (Fede-razione Italiana Giuoco Calcio). Per chi non lo sapesse, verso metà luglio l’allora candidato Carlo Tavecchio (vice presidente vicario della FIGC) decise di proporsi per sostituire il dimissionario presidente Abete. Il principale ed unico avversario era Demetrio Albertini, ex calciatore desideroso di rivoluzionare il nostro movimento. Tavecchio godeva dell’appoggio quasi unanime delle leghe di Serie A, B, Lega Pro e Dilettanti, quindi una vittoria schiacciante appariva scontata, ma durante l’as-semblea estiva della Lega Dilettanti si lasciò ”sfuggire” questa frase: «Le questioni di accoglienza sono un conto, quelle del gioco un’altra. L’Inghilterra individua dei soggetti che entrano, se hanno professionalità per farli giocare, noi invece diciamo che Optì Pobà è venuto qua, che prima mangiava le banane, adesso gioca titolare nella Lazio e va bene così. In Inghilterra deve dimostrare il suo curriculum e il suo pedigree...». Molte persone sono rimasteindignate di fronte a tali parole. Nono-stante tanti tira e molla, dichiarazioni spavalde nel rimarcare la sua candidatura, Tavecchio ha vinto. Pochi mesi prima, più o meno ad aprile, era stata pubblicata una conversazione telefonica del settembre 2013 in cui il pro-prietario della squadra di NBA dei Los Angeles Clippers, Donald Sterling, parlava con la fidanzata di “minoranze” etniche, cosi da lui definite. Le parole incriminate erano: “Mi secca molto che pubblicizzi che te la fai con gente di colore…li puoi ospitare a casa tua, ci puoi andare a letto insieme, fai quel che vuoi, ma non portarli alle mie partite”. Quattro giorni dopo (4!), la Lega Americana ha squalificato a vita Sterling, ed erogato una multa da 2 milioni e mezzo di dollari, la più alta prevista dalla costituzione. All’estero se sbagli paghi, in Italia invece fai carriera con gli sbagli. Tutto qui.Come prima mossa ufficiale, il neo Presidente ha ingaggiato Antonio Conte come commissario tecnico della nazionale. Alle-natore vincente in Italia, per molti rappresenta la scelta migliore. Salta però all’occhio l’ingaggio faraonico del tecnico lec-cese (primo CT meridionale della storia della nazionale, ndr). Per due anni, l’ingaggio sarà di 4 milioni annui più bonus, non poco insomma. In più, su Internet si può trovare il “curriculum” penale di Tavecchio, colmo di abusi d’ufficio, evasione fiscale ed altro. Insomma, di gatte da pelare ne avrà in abbondanza, e dovrà esser bravo nel dimostrare di essere, al contrario di

quel che pensano in molti, una risorsa e non un ostacolo alla rigene-razione del calcio italiano.

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Un bottino europeo tutto italianodi Lucia Allega

Da pochi giorni si sono conclusi gli Europei di nuoto di Berlino 2014. Gli azzurri hanno vinto 15 medaglie in vasca (5 ori, 1 argento e 9 bronzi), quattro medaglie nei tuffi (2 ori e 2 argenti), tre medaglie in acque libere (1 oro e 2 bronzi) e una medaglia nel nuoto sincronizzato (1 bronzo). Nel nuoto l’Italia è arrivata quarta nel medagliere!La star di questa edizione è stata Gregorio Paltrinieri che ha vinto due ori, uno nei 1500 stile libero (con record europeo) e uno negli 800, e in entrambe le gare anche il bronzo è andato a un azzurro: Gabriele Detti. Meravigliosa Federica Pellegrini che,pur mancando il podio dei 400 stile libero, ha comunque dominato la gara dei 200 stile libero, ha conqui-stato l’oro con una rimonta strepitosa nella staffetta 4x200 stile libero con Alice Mizzau, Chiara Masini Luccetti e Stefania Pirozzi, e ha anche vinto il bronzo nella staffetta dei 4x100 stile libero di nuovo con Mizzau più Erika Ferraioli e Giada Galizi.L’unico argento è stato conquistato da Andrea Mitchell D’Arrigo, secondo nei 400 stile libero. Abbiamo poi l’oro della staffetta mista 4x100 stile libero con Giada Galizi, Erika Ferraioli, Luca Dotto e Luca Leonardi(quest’ultimo bronzo nella gara individuale dei 100 stile libero), il bronzo della rivelazione Arianna Castiglioni nei 100 rana (ha solo 17 anni), quello di Ilaria Bianchi nei 100 delfino, della staffetta 4x100 stile libero maschile con Filippo Magnini, Luca Dotto, Luca Leonardi e Marco Orsi, il bronzo di Martina Rita Caramignoli nei 1500 stile libero e quello arrivato nell’ultima giornata di Federico Turrini nei 400 misti.Per quanto riguarda le acque libere, l’Italia è arrivata terza nel medagliere, ma prima nella classifica a punti. Indimen-ticabile l’oro di Martina Grimaldi nei 25 km.Nei tuffi le medaglie sono state quattro, tre di Tania Cagnotto: l’oro dal trampolino da un metro, l’argento dal trampolino da tre metri e l’oro, il sesto consecutivo, dal trampolino da tre metri in sincro con Francesca Dallapè. La quarta medaglia è il bellissimo argento di Noemi Batki dalla piattaforma.

Infine tanta soddisfazione anche nel nuoto sincronizzato con un bronzo conqui-stato nella free combination.Da spettatrice e da amante dello sport in acqua, ma soprattutto da italiana, posso affermare che ogni gara è stata colma di passione e determinazione azzurra. Le emozioni e le sorprese sono state protagoniste. L’impegno dei nostri ragazzi è stato premiato e anche coloro che non hanno ottenuto i risultati spe-

rati potranno affrontare le sfide future con più esperienza e coraggio. L’Italia del nuoto è un’immagine pulita e profes-sionale del nostro Paese che, soprattutto in questo periodo, fa molto piacere sfoggiare al pubblico europeo.

di Fabio Gagliandi

FindMatch, vivi la tua sfida!

Se SunTzu fosse vissuto ai giorni nostri ‘L’Arte della Guerra’ sarebbe stata senza dubbio una comoda applicazione per smartphones, indispensabile per ogni generale. Oramai,infatti, di applicazioni è pieno il mondo: molte utili, altre meno, altre ancora indispensabili per vivere (o almeno così pare!). Quella di cui vi parlo oggi prende posto sicuramente nella lista delle utili.‘Mai stato così facile trovare la tua partita preferita’, così si presenta FindMatch,l’applicazione gratuita che ti permette di trovare il locale con la tua partita preferita ovunque tu voglia. L’idea è di Mattia Goduto, 25 anni, e Stefano Lino, 27. Il primo, Founder e CEO di Findmatch, ha studiato Management Aziendale presso la LUISS Guido Carli;il secondo, Co-founder e responsabile dell’area commerciale,è laureato in Management Aziendale sempre presso la LUISS Guido Carli. I nostri prodi colleghi “Luissini”, dopo essersi accorti che non riuscivano mai a trovare rapidamente un buon locale con la partita di loro interesse, hanno deciso di creare di sana pianta l’applicazione in questione e, incubata da iLabs (che, per chi non lo sapesse, è un laboratorio di idee per le start-up con almeno uno studente Luiss all’interno), la prima versione gratuita per piattaforma iOS ha visto la luce. La mission è chiara ed è quella di permettere ai locali di pubblicizzare efficacemente il proprio servizio Sky o Premium Club, consentendo quindi a tutti gli utenti FindMatch di tro-vare con facilità e rapidità il locale con la partita preferita in qualunque città d’Italia. Sul sito vi è appunto la possibilità per i locali di registrarsi inserendo le caratteristiche degli ambienti, la tipologia di supporto audio e video e,successiva-mente, di aggiornare il programma settimanale delle partite trasmesse attraverso il proprio account personale. In questo modo si ottiene una pubblicità molto efficace, in grado di raggiungere i potenziali clienti evitando campagne dispendiose che risulterebbero solo uno ‘sparo nella folla’. Tutto questo si traduce in un servizio eccellente e capillare per il massiccio target di riferimento composto ad esempio da studenti fuori sede e turisti italiani o stranieri che si trovano spesso in dif-ficoltà a trovare la partita di loro interesse. Il funzionamento dell’applicazione, illustrato dal sito, è diviso in quattro step: Download, Trova Match, Scegli Dove e Prenota. Orgoglio Italiano e della Luiss, questa start-up incarna due delle note caratteristiche italiane: la passione per lo sport e,soprattutto, la creatività. Non so voi, ma io ho trovato un motivo in meno per stare a casa… in poche parole: FindMatch, vivi la tua sfida!

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Direttrice Luisa Marotta

Vice-direttore Letterio De Domenico

Marketing Manager and Creative Consultant Agostino D’Amore

Responsabile Relazioni Esterne: Anna Pascale – Dipartimento di Giurisprudenza

Giovanni Russo – Dipartimenti di Economia e Scienze Politiche

Social Networking Manager Francesca Ida Barletta

Responsabili: Andrea Ruffo – Sez. Politica Interna

Giacomo Guglielmi – Sez. Politica estera Francesca De Nuntiis- Sez. Arte e Cultura Alessandro Vetuschi – Rubrica sportiva

In Redazione: Caterina Crociata, Adriano Di Curzio, Maria Tomasetti, Giuliana Maio, Alessandro

Cataldi, Ariella Fonsi, Sara Sbarigia, , Cristina Salmena, Fausta D’Amicis, Federica Di Mario, Andrea Palumbo, Marco Zampino, Marianna D’Angelo, Fabio Gagliandi, Luigi Giorgi, Anna Laura Masturzi, Gaia De giovanni, Matteo Maggisano, Gianluca Dinu, Cesare Giuliano, Giovanni Spagnuolo, Marco Rizzo, Raffaello De Nicolais, Michele Rosi, Salvatore Rinaudo, Laura Luglio, Luca Sicignano, , Francesco Brunetti, Giovanni

De Angelis, Gaia Metrangolo, Antonio Cardinale, Piergiorgio Romano. Si ringraziano per la gentile collaborazione Dario Ercolani, Giuseppe Mancini e

Beatrice Settanni.

Periodico universitario a distribuzione interna della Luiss Guido Carli nato grazie a Alessandro Marrone, Rosita Romano e Felice Simonelli.

Tiratura 1000 copieLUISS Guido Carli

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