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GoriHistoric Collection

Date post: 26-Jul-2015
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TICCIH Congress 2006 Terni 14-18 september 2006 ROBERTO GORI * THE HISTORIC COLLECTION OF MODELS OF METAL BRIDGES OF THE UNIVERSITY OF PADOVA * Dipartimento di Costruzioni e Trasporti, Università degli Studi di Padova Via Marzolo, 9 35131 Padova Italy [email protected] Abstract In the Department of Structural and Transportation Engineering of University of Padova, is a rich collection of didactic models of bridges and structural details. The main merit of this collection is due to Professor Pio Chicchi, at the end of 19 th century. Pio Chicchi, engineer, followed the teaching of Gustavo Bucchia, and was professor of Bridges in wood, iron and masonry and of Roads, director of the Cabinet of Constructions of bridges and roads of the annexed Technical College for Engineers of the University of Padova, in the last decade of the 1800's, until its death, happened in 1898. The scientific activity of the Chicchi was characterized from a remarkable theoretical production and experiences. To remember in particular way the Corso teorico pratico di costruzione dei ponti metallici, the first complete text that can be considered on the iron bridges published in Italy. The first edition, to issues, exited from 1879 to 1881, while the second edition, a lot enriched, was published in 1886. Particularly interesting is the great collection of didactic models – wanted by Gustavo Bucchia and then followed by Chicchi from 1890 and continued by Luigi Vittorio Rossi from 1899. The models represent various structural typologies and details of metal bridges of the second half of 19th century and the beginning of 20th century. Each model built by Chicchi is described in detail in the Tables of the Atlante of Chicchi’s book Corso teorico pratico sulla costruzione dei ponti metallici. This collection of models - in wood and iron - was destined to illustrate to the students and to the engineers the constructive characteristics of the modern constructions of the greater metallic bridges, mostly for railway, realized in Europe and America. These models represent the evolution of metal truss structures, of piers, of joints and supports details.In particular there are model of: Wooden truss bridges, Cast iron arch bridges, Truss girder bridges, Truss arch bridges, Truss pier, Details of joints, Details of supports. Such a collection is still existing and is in good state of conservation. It constitutes one of the most complete collections of the sort in the world.
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TICCIH Congress 2006

Terni 14-18 september 2006

ROBERTO GORI *

THE HISTORIC COLLECTION OF MODELS OF METAL BRIDGES

OF THE UNIVERSITY OF PADOVA

* Dipartimento di Costruzioni e Trasporti, Università degli Studi di Padova Via Marzolo, 9 35131 Padova Italy [email protected]

Abstract

In the Department of Structural and Transportation Engineering of University of Padova, is a rich collection of didactic models of bridges and structural details.

The main merit of this collection is due to Professor Pio Chicchi, at the end of 19th century. Pio Chicchi, engineer, followed the teaching of Gustavo Bucchia, and was professor of Bridges in wood, iron and masonry and of Roads, director of the Cabinet of Constructions of bridges and roads of the annexed Technical College for Engineers of the University of Padova, in the last decade of the 1800's, until its death, happened in 1898.

The scientific activity of the Chicchi was characterized from a remarkable theoretical production and experiences. To remember in particular way the Corso teorico pratico di costruzione dei ponti metallici, the first complete text that can be considered on the iron bridges published in Italy. The first edition, to issues, exited from 1879 to 1881, while the second edition, a lot enriched, was published in 1886. Particularly interesting is the great collection of didactic models – wanted by Gustavo Bucchia and then followed by Chicchi from 1890 and continued by Luigi Vittorio Rossi from 1899.

The models represent various structural typologies and details of metal bridges of the second half of 19th century and the beginning of 20th century. Each model built by Chicchi is described in detail in the Tables of the Atlante of Chicchi’s book Corso teorico pratico sulla costruzione dei ponti metallici.

This collection of models - in wood and iron - was destined to illustrate to the students and to the engineers the constructive characteristics of the modern constructions of the greater metallic bridges, mostly for railway, realized in Europe and America.

These models represent the evolution of metal truss structures, of piers, of joints and supports details.In particular there are model of: Wooden truss bridges, Cast iron arch bridges, Truss girder bridges, Truss arch bridges, Truss pier, Details of joints, Details of supports.

Such a collection is still existing and is in good state of conservation. It constitutes one of the most complete collections of the sort in the world.

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Sommario

Nel Dipartimento di Costruzioni e Trasporti della Facoltà di Ingegneria dell’Università degli Studi di Padova sono attualmente conservati i modelli utilizzati nell’Ottocento dai docenti Gustavo Bucchia, Pio Chicchi e successivamente da Luigi Vittorio Rossi, della Regia Scuola di Applicazione di Ingegneria di Padova, per l’attività didattica. E' in corso l’allestimento di una sala dedicata all’esposizione di questa collezione di modelli ottocenteschi, raffiguranti ponti lignei, metallici e i loro particolari. E’ stata inoltre prevista una catalogazione mediante schedatura di tutto il materiale in modo che per ogni modello siano disponibili i dati fondamentali (datazione, soggetto, materiali, riferimenti bibliografici, ecc.).

Con Pio Chicchi, professore ordinario per l’insegnamento di Ponti in legno e in ferro presso la R. Scuola di Applicazione di Padova dal 1885, si ha, per la prima volta in una Università italiana, l’introduzione sistematica di modelli didattici, destinati ad illustrare agli allievi le caratteristiche costruttive dei ponti in ferro, per lo più ferroviari, realizzati all'epoca in Europa, che vengono ad assumere un ruolo centrale nell’insegnamento delle discipline strutturali.

Questa collezione, iniziata da Gustavo Bucchia e successivamente organizzata dal Chicchi presso la Scuola di Padova nel 1890, verrà poi proseguita da Luigi Vittorio Rossi del 1899, anno in cui questi subentra, alla morte del Chicchi, alla cattedra di Ponti in legno e in ferro. Chicchi fa realizzare modelli di travate, cerniere, pile e altri particolari di ponti metallici che vengono poi descritti nelle tavole dell’Atlante e commentati nel suo testo Corso teorico pratico sulla costruzione dei ponti metallici, pubblicato nel 1866.

La collezione dei modelli didattici

I modelli della collezione rappresentano le varie tipologie del ponte metallico della seconda metà dell’Ottocento evidenziando con esempi completi fino al dettaglio l’evoluzione della travata reticolare metallica, delle grandi pile, delle configurazioni dell’impalcato in rapporto alle luci coperte e gli apparecchi di appoggio. Ogni modello attribuito al Chicchi viene dettagliatamente descritto nelle Tavole dell’Atlante del Corso teorico pratico sulla costruzione dei ponti metallici e commentato nel suo trattato.

Il primo modello fatto costruire nella Regia Scuola di Applicazione di Padova è attribuito a Gustavo Bucchia, maestro di Chicchi, che nel suo primo periodo di insegnamento presso la R. Scuola di Applicazione di Padova, dal 1844 al 1848, diede speciale impulso allo studio delle costruzioni in ferro. Era questa una nuova disciplina che già in Francia, Svizzera e Germania, era stata introdotta da qualche tempo indagando, con rigorose e razionali teorie, le relazioni che intercorrono fra le forze agenti e gli stati di sollecitazione e di deformazione indotti nella struttura, allo scopo di definire un principio guida nelle analisi strutturali riguardanti le grandi costruzioni, specie quelle realizzate con elementi metallici.

Nelle Note sulla Fermezza delle Armadure dei Ponti all’Americana, pubblicate dal Chicchi nel 1861, si afferma definitivamente il suo interesse per le strutture in ferro, ".... per quanto si riferisce poi alla pratica del costruire. Egli suffragava ogni canone, ogni precetto con interessanti esempi ... che era ritenuto ... prezioso indirizzo ... per l’indole dell’insegnamento richiesto in una Scuola, come è quella per gli Ingegneri, per quale dottrina e pratica devono integrarsi a vicenda ..." .

Per studiare infatti il comportamento statico delle strutture a graticcio per i ponti, ideate da Ithies Town, fece realizzare molti modelli lignei e in particolare un modello - il più antico della collezione - eseguito da Luigi Osorner di Longarone nel 1852, raffigurante il ponte di Capo di Ponte, costruito ad imitazione di quello eretto a Marburgo sulla Drava, ed incendiato poi dagli austriaci nel 1866. In questa pubblicazione Bucchia veniva "ad indagare

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se le modificazioni, introdotte in confronto della struttura immaginata dall’americano Town, fossero convenienti, e, dallo sviluppo della teoria sulla flessione della trave reticolare, ammirevole per lucidezza e semplicità di procedimenti, viene alla conclusione che alcune membra del sistema risultano oziose ed inutili, e sarebbero da eliminare".

Pio Chicchi, nella commemorazione scritta per la morte del maestro Bucchia, si lamentava di come, per la scarsezza delle industrie metallurgiche e delle grandi costruzioni ferroviarie nel nostro paese, questo ramo di studi fosse trascurato fino a quando il Bucchia non iniziò a far sue quelle ricerche e, per primo in Italia le portò nelle aule. "La scienza delle costruzioni, da angusti confini limitata, ... , confondevasi quasi cogli incerti dettami e le esigenze artistiche dell’estetica. Ma il grandioso sviluppo preso dalle industrie metallurgiche, il conseguente rapido diffondersi dell’uso del ferro in ogni fatta di costruzioni, le esigenze nuove, i sempre più ardui problemi presentati dalle strade ferrate, che,..., andavano moltiplicandosi dovunque, ... , si imposero si fattamente, che in Francia, in Svizzera, in Germania, vuoi negli Istituti tecnici superiori, vuoi nei Laboratori, si affaticarono con febbrile impegno ad indagare con rigorose e razionali teorie, basate sui risultamenti di accurate esperienze, le relazioni che esistono tra le forze esterne agenti sui vari sistemi costruttivi e le molecolari reazioni cimentate nelle singole parti, affine di porgere una guida nelle ricerche statiche delle grandi costruzioni, specie di metallica struttura".

Pio Chicchi si lamentava anche del fatto che "... mentre all’estero si facevano quotidiani progressi in questo nuovo ramo di studi, da noi, per la completa mancanza delle industrie metallurgiche e delle grandi costruzioni ferroviarie, essi erano affatto trascurati. Ed il Bucchia a far sue quelle ricerche, specialmente quelle del Bresse sulla flessione dei solidi ad asse rettilineo ed inizialmente curvo, e primo fra i primi in Italia, a introdurle nell’insegnamento".

Il Corso teorico pratico sulla costruzione dei ponti metallici, del 1886, inizia con una breve prefazione nella quale il Chicchi enuncia le ragioni dell’importanza della didattica da lui promossa e perseguita presso la Scuola di Padova: “L’odierno indirizzo delle scuole di applicazione per gli ingegneri esige che gli allievi, oltreché studiare le teorie debbano anche svolgere alcuni progetti per ogni ramo dell’ingegneria; ... poiché i giovani si trovano sempre incerti nello svolgimento complessivo del progetto, quanto nello studio di particolari, hanno quindi bisogno di una continua guida. Ma se fra i vari rami dell’insegnamento ve ne è uno dove queste difficoltà si moltiplicano, questo è certo lo studio dei ponti metallici, sia per le diverse teorie a cui s’informa, quanto per gli svariatissimi dettagli di costruzioni; ... il corso teorico e pratico potrà servire utilmente da guida per i bisogni della pratica, non soltanto per lo studio di progetti, ma anche per la loro revisione e per il collaudo dei manufatti eseguiti“.

Già due anni prima, Giovanni Curioni, docente di Costruzioni da oltre diciassette anni nella Regia Scuola di Applicazione degli Ingegneri di Torino, nel quarto volume dell’Appendice dell’Arte di Fabbricare, illustrava l’organizzazione didattica: “.... ci ha giovato il coordinamento dall’insegnamento orale all’insegnamento individuale da farsi nella scuola di disegno, dove, col sussidio di appositi esemplari e stando a casi concreti, gradatamente si portano gli allievi a studiare progetti delle opere più importanti e di uso più frequente nella pratica delle costruzioni“. L’uso costante di questi “esemplari“ era per Curioni lo strumento fondamentale della sua didattica: essi dovevano essere “nitidi e accuratamente quotati“ in modo da consentire agli studenti, non già di copiarli, ma di compilare opere analoghe a quelle in essi rappresentate, variando, per quanto fosse permesso, forme e dimensioni. Con questo mezzo si otteneva il vantaggio “... d’instradare gli allievi a quel lavoro di composizione, cui sul principio si mostrano tanto ritrosi, e di eliminare quel pericolo di scoraggiamento che generalmente, in mezzo ad una serie interminabile di dubbi, assale coloro che, per la prima volta si accingono a progettare e ad esprimere con disegni e con cifre le loro idee “.

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Le parole del docente torinese ci permettono di intuire quale fosse il ruolo centrale assegnato ai modelli nell’ insegnamento delle discipline strutturali e quelle del docente padovano ci danno la testimonianza viva di un periodo storico veramente cruciale per gli studi di ingegneria e per la Scienza del Costruire. Va osservato che la collezione di modelli della Scuola torinese, iniziata dal Curioni nel 1866, riguarda principalmente costruzioni stradali, idrauliche e ferroviarie in muratura e lascia poco spazio alle opere metalliche.

Chicchi fa realizzare, a partire dal 1890, modelli di travate, cerniere, pile e altri particolari di ponti metallici descritti nelle tavole dell’Atlante del suo Corso teorico pratico.

Questa collezione era destinata ad illustrare agli allievi le caratteristiche costruttive dei più innovativi ponti metallici, realizzati in Europa. Dopo la sua morte, la raccolta fu proseguita da Luigi Vittorio Rossi.

Questi modelli evidenziano l’evoluzione della travata reticolare metallica, delle grandi pile, delle complesse sezioni degli impalcati, fino ai nodi e ai particolari costruttivi degli apparecchi di appoggio. Dall’esame dei pezzi costituenti l’intera raccolta, si possono riconoscere gruppi di modelli omogenei, corrispondenti ai capitoli in cui era suddiviso il trattato del Chicchi.

I ponti a traliccio in legno

Le strutture metalliche ferro hanno trovato molti spunti nelle tipologie strutturali delle costruzioni in legno, utilizzandoli per giungere a forme geometriche essenziali, corroborate dalle tecniche e dalle tecnologie del nuovo materiale.

Le proposte del Palladio per travate da ponte avevano offerto schemi reticolari rigorosi dal punto di vista statico e geometrico. Tuttavia queste proposte erano spesso incompatibili con un materiale - il legno - condizionato da un modulo elastico relativamente basso e dalla tipologia delle giunzioni fin allora realizzabili.

Le travate in legno quindi cominciarono a differenziarsi sempre più dagli schemi del Palladio, aumentando notevolmente il numero delle aste. Solo dopo il 1830 comparvero negli Stati Uniti i primi ponti ferroviari a travata reticolare di legno. Questi risultavano dall’irrigidimento dei ponti in legno ad arco - tipo Burr - nei quali gli elementi irrigidenti, le aste longitudinali e i diagonali, assumevano ora funzioni portanti principali.

In questo periodo di grande innovazione tecnologica va segnalata la trave Town (brevettata nel 1820), realizzabile con aste di parete di dimensioni ridotte.

I primi ponti metallici tipo Town (Long e Howe) sono del 1843 e risultano come semplici imitazioni dei ponti il legno americani. Pochi anni dopo, la forma e i dettagli della trave metallica reticolare a graticcio risultano già ben definiti, così come appare ben superato il problema della stabilità del corrente superiore della parete.

Successivamente la tecnologia dell’acciaio si orientò sempre di più verso schemi reticolari semplici e chiari, con limitata iperstaticità interna, fino a ritrovare, all’inizio del Novecento, quegli schemi isostatici che erano stati proposti dal Palladio.

Per la tipologia della trave tipo Howe, particolarmente interessanti risultano i modelli lignei di un ponte bavarese (progettato da M. Robinson nel 1840) e di un ponte sull’Oglio a traliccio multiplo con montanti in ferro (1852). Questo ultimo modello è attribuito, dallo stesso Chicchi, a Gustavo Bucchia, nelle Note sulla Fermezza delle Armadure dei Ponti all’Americana, pubblicate nel 1861: il Chicchi riferisce che Bucchia, con tale modello, veniva "ad indagare se le modificazioni, introdotte in confronto della struttura immaginata dall’americano Town, fossero convenienti, e, dallo sviluppo della teoria sulla flessione della trave reticolare, ammirevole per lucidezza e semplicità di procedimenti, viene alla conclusione che alcune membra del sistema risultano oziose ed inutili, e sarebbero da eliminare". I ponti ad arco in ghisa

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La derivazione dei primi ponti in ghisa dalle tipologie della tradizione costruttiva - in muratura e in legno - è evidente nel primo progetto di ponte metallico ad arco, Inveraray Bridge di Robert Mylne (1774), e nei progetti - in legno, in pietra, in ghisa - di Thomas Pritchard (1773-75), che successivamente (1777-1779) dette il suo contributo alla realizzazione del più famoso Coalbrookdale Bridge, con Abrams Darby III e John Wilkinson.

Come è noto, questo ponte, di 30 m di luce, costituito da una serie di cinque nervature parallele ad asse curvilineo ad arco di cerchio, dette luogo ad una grande e stupita attenzione da parte di tecnici e costruttori di tutta l’Europa. Gli ispettori francesi del Corps des Ponts et Chaussées, organizzarono visite tecniche per studiarlo nei dettagli; un ponte analogo fu anche costruito a Worliz in Germania nel 1791, con le stesse proporzioni ma con dimensioni molto minori. Questo ponte in ghisa tuttavia non ebbe molti seguaci, diversamente da quanto avvenne con alcuni progetti francesi di ponti ad arco in ghisa e ferro della fine del Settecento, come il ponte ad archi paralleli a conci intelaiati di ghisa, collegati con coprigiunti di ferro forgiato, con luce di 120 m, proposto da Vincent de Montpetit negli anni 1783-1789.

Nel 1796 quella stessa tecnica a conci intelaiati di ghisa fu adottata da Wilson e Burdon per realizzare il ponte sul Wear a Sunderland, di 72 m di luce. Seguirono molte applicazione di questa tecnica in Inghilterra ed una celeberrima in Francia, il ponte di Austerlitz a Parigi, nel 1806, ad opera di Lamandé.

Per queste prime strutture con archi metallici, strutture leggere ma resistenti essenzialmente per forma e quindi più sensibili agli effetti dei carichi mobili, si presentò subito il problema delle grandi deformazioni flessionali. Era quindi vivo il bisogno di introdurre elementi irrigidenti. Thomas Telford propose per primo di utilizzare i timpani come elementi irrigidenti, costruendoli con tipologia reticolare, realizzando un collegamento strutturale fra arco ed impalcato. Questo sistema fu messo a punto da Telford nel 1800 per il ponte ad arco sul Tamigi a Londra, con un’unica campata di 190 m e fu applicato successivamente per molti altri ponti.

Per illustrare i ponti in ghisa nella sua collezione di modelli didattici, Chicchi scelse un’opera di Robert Stephenson: un ponte con archi in ghisa con timpani circolari, realizzata per la ferrovia Londra-Birmingham nel 1840.

I ponti a travata reticolare

Intorno al 1860 la trave reticolare, veniva ormai usata diffusamente per le grandi luci,

la sua leggerezza e per le sue notevoli prestazioni, dimostrate in realizzazioni di grande effetto, in Francia e Inghilterra, ad opera di Stephenson, Fairbain, Flachat e Clapeyron

Le tipologie del ponte ferroviario a travata reticolare variavano in funzione delle caratteristiche dell’attraversamento e della luce della travata: a via superiore, sul modello dei primi ponti svizzeri di Bruggen, Berna e Friburgo, su linee di montagna; a via inferiore, per motivi di ingombro della travata, i ponti costruiti in pianura e nelle città; a sezione aperta i ponti con luce inferiore ai 30-40 metri; a sezione chiusa i ponti di luce superiore su modello dei primi grandi ponti tedeschi di Dirchau, Marienburg, Colonia.

Le travi a profilo parabolico (bowstring), le travi tipo Schwedler e Pauli costituiscono una successiva evoluzione della tipologia della travata reticolare a traliccio con correnti paralleli.

Chicchi fece realizzare in lamierino metallico numerosissimi modelli di travate reticolari e delle sezioni degli impalcati: delle travi poligonali realizzate per la ferrovia Veneto-Asburgo, alla trave Pauli per il ponte sul Rodach per la ferrovia Hochstad-Stockheim, realizzate tra il 1870 e il 1875, fino al cavalcavia di Monreale. I ponti ad arco reticolare

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A partire dal 1820 in tutta Europa il problema del superamento di grandi luci aveva trovato soluzione stabile nel ponte sospeso, almeno per il traffico leggero. Si trattava di strutture molto deformabili, i cui impalcati di legno, privi di una significativa rigidezza flessionale in rapporto alla luce, richiedevano continua sorveglianza e manutenzione. La loro deformabilità era incompatibile con il traffico ferroviario e ciò apparve subito, fin dal primo esemplare costruito sul fiume Tees, della linea Stockton-Darlington e realizzato da Samuel Brown nel 1830. Sarà poi John Roebling, nel 1855, a realizzare un ponte sospeso, più rigido e durevole, sul Niagara, per il collegamento fra la ferrovia americana New York Central e la canadese Great Western, su una luce di 250 metri. Ma il ponte ferroviario di grande luce tecnicamente più importante fu il Britannia, ponte a travata continua costruito sullo stretto di Menai tra gli anni 1845-50, su progetto di R. Stephenson.

La grande quantità di ponti ferroviari a travata, realizzati in ogni parte d’Europa, a partire dal 1850, influenzò la tecnica della costruzione metallica da un punto di vista generale, determinando l’abbandono delle costruzioni in ghisa e portando all’affermazione di criteri ai quali più nessuna grande opera di ponte avrebbe potuto sottrarsi: la concezione tubolare e la conformazione reticolare della struttura nelle sue grandi membrature portanti; la composizione chiodata, di lamiere e profilati, delle sezioni e dei collegamenti.

Con questi nuovi criteri progettuali e con l’idea antica di Telford e di Stephenson di un montaggio a sbalzo dalle imposte, ebbe inizio la costruzione dei ponti ad arco di grande luce. Il primo fu il ponte a tre campate di oltre 150 m, sul Mississippi a St. Louis, di Eads, nel 1870. In Europa, sul Douro a Porto, fu realizzato nel 1873 il ponte di Seyrig ed Eiffel con una campata unica di 160 m.

All’inizio degli anni Ottanta due nuovi grandi ponti: il Luiz I ad Oporto, di 172 m, progettato da Seyrig, e il Garabit in Francia, di 165 m, progettato da Eiffel e Boyer, il più elegante. Successivamente fu realizzato il ponte di Paderno sull’Adda, di 150 m di luce.

Il grande viadotto ferroviario di Garabit (1881-1884), opera somma di Eiffel, che attraversa la Truyère sulla ferrovia che collega le zone meridionali del Massiccio Centrale alle linee del Sud e alla Parigi-Lione-Marsiglia, ha un’altezza di 122 m sul livello del fiume e una lunghezza totale di 565 m. La travata è appoggiata sull’ arco (in chiave e su due piccole pile intermedie) e su una serie di piloni a traliccio di forma troncopiramidale. Per offrire maggior resistenza all’azione del vento trasversale, l’arco presenta una larghezza maggiore alla base (20 m) e via via minore fino in chiave (6.28 m).

Il montaggio del ponte fu un’impresa di alta ingegneria: la travata fu montata parte sulla sponda sud e parte su quella nord e poi varata utilizzando un sistema brevettato da Eiffel per lo scorrimento su appositi rulli a bilico. L’arco fu montato a sbalzo con un sistema di cavi di sostegno dei due semiarchi costruiti in posizione di poco più alta di quella finale e poi abbassati fino a combaciare, grazie alla possibilità di rotazione sulle cerniere di base. Questo metodo di montaggio a sbalzo, già usato da Eads per il ponte St. Louis sul Mississippi, costituì il riferimento per tutti i ponti ad arco di grande luce realizzati successivamente.

Chicchi, nella collezione dei modelli didattici per il suo corso, sceglie proprio questa opera: due modelli illustrano rispettivamente la cerniera di imposta dell’arco, e una parte dell’alta pila metallica a traliccio di sostegno della trave reticolare.

Gli apparecchi di appoggio, le cerniere, gli incastri

L’introduzione della cerniera nelle strutture ad arco costituì certamente uno dei meriti principali della costruzione metallica. Per una mentalità progettuale ancora abituata al tradizionale arco in muratura e priva di quelle concezioni di vincolo che appartengono oggi al comune linguaggio ingegneristico, il concetto di cerniera era difficile da assimilare senza diffidenza.

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I particolari degli apparecchi di appoggio e delle cerniere realizzati in scala dal laboratorio del Chicchi sono numerosi e molto accurati nei dettagli. Vanno citati in particolare: la cerniera di imposta del primo arco a due cerniere costruito sul canale di St. Denis su progetto di M. Couche e M. Mantion nel 1858, il singolare dispositivo di occultamento della cerniera del ponte di Coblenz sul Reno realizzato tra il 1862 e il 1864 su progetto dell’ingegnere M. Hartwich, le imposte del grande arco di 106 m di Horchhalm presso Coblenz del 1876-79, progettato da J. Zimmermann e M. M. Altenloh.

Conclusioni

I modelli della collezione del Dipartimento di Costruzioni e Trasporti rappresentano le varie tipologie del ponte metallico della seconda metà dell’Ottocento e del primo Novecento, evidenziando con esempi completi fino al dettaglio l’evoluzione della travata reticolare metallica, delle grandi pile, delle configurazioni dell’impalcato in rapporto alle luci coperte e gli apparecchi di appoggio.

Mediante lo studio di questa collezione di modelli, che in alcuni casi sono l’unica testimonianza di ponti purtroppo andati distrutti, viene offerta la possibilità di conoscere le metodologie didattiche e costruttive in uso nel periodo in cui la costruzione metallica ha avuto un ruolo determinante al servizio dei trasporti, ferroviari in particolare, offrendo lo stimolo e il riferimento applicativo più importante alla nascente ingegneria strutturale. Riferimenti bibliografici

M. BELLATI, "Pio Chicchi", Atti dell’Istituto veneto di scienze, lettere ed arti, LVIII, 1898-99, pp. 147-148. E. BENVENUTO, La Scienza delle Costruzioni e il suo sviluppo storico, Sansoni, Firenze, 1981. E. BENVENUTO, "La teoria delle strutture nel periodo di maggiore influenza delle costruzioni metalliche, 1850-1880", C.T.A., Contributi alla storia delle costruzioni metalliche, Alinea, Firenze, 1982. C. BERTOLINI, "I grandi ponti europei della fine dell’Ottocento rappresentati nei modellini didattici", Atti Conv. Le costruzioni Metalliche a Padova nell’Ottocento, Lib. Progetto, Padova, 1991. L. BISI, "I ponti in ferro italiani nell’Ottocento", Casabella n°469, 1981. P. CHICCHI, Corso teorico pratico sulla costruzione dei ponti metallici, Angelo Draghi Librajo Editore, Padova, 1881, pag. IV. P. CHICCHI, "Commemorazione del Sen. Gustavo Bucchia", in Atti del R. Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti, Serie VII, Tomo II, 1890-91, pp.102-112. G. CURIONI, Cenni storici e statistici sulla Scuola di Applicazione per gl'ingegneri, fondata in Torino nell'anno 1860, L’arte del Fabbricare, IV, Torino, 1884. A. FAVARO, Notizie sulla Scuola d’applicazione per gli ingegneri annessa alla Regia Università di Padova, Padova, 1975. R. GORI, A. BUJATTI, "I modelli ottocenteschi di ponti del Dipartimento di Costruzioni e Trasporti dell'Università di Padova", Galileo, X, n. 102,1998, pp.26-28. R. GORI, “Pio Chicchi e l’insegnamento delle costruzioni metalliche nelle ultime decadi dell’Ottocento”, Convegno Nazionale di Storia dell’Ingegneria, Napoli, 8-9 marzo 2006. R. JODICE, L’architettura del ferro: l’Italia 1796-1914, Bulzoni, Roma, 1985. V. NASCÈ’, "La progettazione e la costruzione metallica dalle origini al periodo 1850-1860", in C.T.A. Contributi alla storia delle costruzioni metalliche, Alinea, Firenze, 1982 AA.VV., Notizie sull’Istituto di costruzioni, ponti e strade dal 1874, anno di fondazione, al 1976, Università degli Studi di Padova, Padova 1976, p. 13.

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Fig. 1 - Modello del ponte in legno sull’Oglio a Capo di Ponte, commissionato da Gustavo Bucchia ed eseguito da Luigi Osorner di Longarone nel 1852.

Fig. 2 - Modello di un ponte bavarese tipo Howe a doppia croce di S. Andrea con montanti in ferro (luce 49 m), progettato da Robinson nel 1840 e riprodotto nell’Atlante di Laissle e Schuebler, “Bau der Brückentrager”, Stuttgart, 1857.

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Fig. 3 – Il Viaduc de Garabit durante la costruzione.

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Fig. 4 - Modello della cerniera d’imposta del Viaduc de Garabit.

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Fig. 5 - Modello della cerniera di imposta del Ponte di Coblenz sul Reno, ponte ad arco a due cerniere, progettato da M. Hartwich negli anni 1862-64 e riprodotto nell’Atlante di M. R. Morandière, Ponts en charpente et en metal, 1866.

Fig. 6 - Modello della cerniera di imposta del Ponte sul canale di St. Denis (luce 45 m), progettato da M. Couche e M. Mantion nel 1858, descritto anche nella Tavola n.° 43 dell’Atlante di Pio Chicchi, allegato al testo “Corso teorico pratico sulla costruzione dei ponti metallici”.

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Fig. 7 - Modello della cerniera di imposta, di un ponte ferroviario ad arco a tre cerniere con tim-pani reticolari, progettato da J. Palme nel 1880, descritto anche nella Tavola n.° 45 dell’Atlante di Pio Chicchi, allegato al testo Corso teorico pratico sulla costruzione dei ponti metallici

Fig. 8 - Modello dell’incastro all’imposta del Ponte di Sregadin sul Theiss, progettato da M. Cézanne e M. Maniel negli anni 1856-59, descritto anche in F. Heinzerling, Eiserne Brüchen, 1873.


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