+ All Categories
Home > Documents > IL CAPO E LA FOLLA · PDF fileIL CAPO E LA FOLLA-UN SAGGIO SULLA PSICOLOGIA DELLE FOLLE DI G....

IL CAPO E LA FOLLA · PDF fileIL CAPO E LA FOLLA-UN SAGGIO SULLA PSICOLOGIA DELLE FOLLE DI G....

Date post: 06-Mar-2018
Category:
Upload: doankhue
View: 214 times
Download: 2 times
Share this document with a friend
27
IL CAPO E LA FOLLA - UN SAGGIO SULLA PSICOLOGIA DELLE FOLLE DI G. LE BON di Mario Diadoro This work is licensed under the Creative Commons Attribution-NonCommercial- NoDerivs 3.0 Unported License. To view a copy of this license, visit http://creativecommons.org/licenses/by-nc- nd/3.0/ or send a letter to Creative Commons, 444 Castro Street, Suite 900, Mountain View, California, 94041, USA. 1
Transcript
Page 1: IL CAPO E LA FOLLA · PDF fileIL CAPO E LA FOLLA-UN SAGGIO SULLA PSICOLOGIA DELLE FOLLE DI G. LE BON di Mario Diadoro This work is licensed under the Creative Commons Attribution

IL CAPO E LA FOLLA

-

UN SAGGIO SULLA PSICOLOGIA DELLE FOLLEDI G. LE BON

di Mario Diadoro

This work is licensed under the CreativeCommons Attribution-NonCommercial-

NoDerivs 3.0 Unported License. To view a copyof this license, visit

http://creativecommons.org/licenses/by-nc-nd/3.0/ or send a letter to Creative Commons,444 Castro Street, Suite 900, Mountain View,

California, 94041, USA.

1

Page 2: IL CAPO E LA FOLLA · PDF fileIL CAPO E LA FOLLA-UN SAGGIO SULLA PSICOLOGIA DELLE FOLLE DI G. LE BON di Mario Diadoro This work is licensed under the Creative Commons Attribution

I

INTRODUZIONE

Nel 1895 un intellettuale francese, Gustave Le Bon, pubblica Psicologia

delle Folle, un'opera che ha assunto un ruolo centrale nella storia politica

del '900.

Non è mio intento quello di ricostruire le origini culturali dell'opera, né di

tracciare il successo e l'insuccesso che ha riscosso nei vari ambiti del

sapere. Per fornire un quadro di fondo, però, è necessario dire che

Psicologia delle Folle viene alla luce alla fine del secolo XIX, epoca in cui

si stavano delineando tutti i presupposti teorici (specialmente politico-

filosofici) dei futuri totalitarismi del Novecento. Ernst Cassirer, nel suo

libro Il Mito dello Stato, individua già nella prima metà dell'Ottocento tre

matrici fondamentali del pensiero fascista (in senso lato): il culto dell'eroe

di Carlyle, il culto della razza bianca di Gobineau e la teoria dello stato di

Hegel. Ognuno di questi elementi è in un certo rapporto, per quanto

implicito, con l'opera qui trattata di Le Bon. Il disprezzo per la massa è un

tratto tipico di questo periodo e accomuna grossomodo tutti gli uomini

colti, compreso, ad esempio, Nietzsche, che sorprendentemente Cassirer

non menziona fra i -seppur inconsapevoli- teorici dei fascismi. Carlyle

2

Page 3: IL CAPO E LA FOLLA · PDF fileIL CAPO E LA FOLLA-UN SAGGIO SULLA PSICOLOGIA DELLE FOLLE DI G. LE BON di Mario Diadoro This work is licensed under the Creative Commons Attribution

sostiene che per lo più gli uomini hanno da esser governati per natura,

mentre soltanto alcuni di essi sono destinati a comandare. In virtù della

loro grandezza di spirito, sono da considerarsi come divinità in terra; è

grazie a loro che la storia progredisce, e ai popoli non resta che servirli e

omaggiarli (a titolo di esempio, per Carlyle sono eroi allo stesso modo

Odino, Cristo, Maometto, Cromwell). Hegel, che pure ci ha lasciato un

sistema filosofico di portata immensa, in cui ogni elemento non può essere

compreso se non considerato nella giusta proporzione nei riguardi di tutto

ciò che lo precede e di tutto ciò che lo segue, circa i personaggi storici

sembra affine al pensiero di Carlyle. Nel corso degli eventi, quello che

Hegel chiama lo Spirito, ovvero Dio che si fa storia, passando nella natura,

negli uomini e nei popoli, ricorre a delle “astuzie”: si incarna cioè in alcuni

grandi uomini che, agendo apparentemente solo per ragioni contingenti

(passioni, egoismi, ideali astratti), agiscono secondo il volere di Dio. Sono

in tutto e per tutto rappresentanti del divino sulla terra, e come tali non

devono essere giudicati secondo l'illusorio orizzonte morale umano (fra gli

uomini che hanno incarnato lo spirito divino Hegel annovera Giulio Cesare

e Napoleone). Per quanto riguarda l'opinione attorno alle folle, le quali

devono seguire questi “campioni dello Spirito”, molto possiamo trovare

nell'opera di Hegel. Per brevità, sarà sufficiente la citazione di questo

passo, tratta dall'introduzione delle Lezioni sulla Filosofia della Storia:

Credere, inoltre, che soltanto il popolo possieda ragione e

intelligenza e sappia che cosa sia giusto è un presupposto pericoloso

e falso, sia perché ogni fazione popolare può spacciarsi per il popolo

3

Page 4: IL CAPO E LA FOLLA · PDF fileIL CAPO E LA FOLLA-UN SAGGIO SULLA PSICOLOGIA DELLE FOLLE DI G. LE BON di Mario Diadoro This work is licensed under the Creative Commons Attribution

sia perché sapere che cosa costituisca lo Stato è affare di chi abbia

una cultura, non del popolo.1

Il popolo, alla stregua di un bambino, non sa cosa è bene per lui; deve

pertanto essere educato e guidato da chi possiede “una cultura”.

Gobineau differisce leggermente dai due precedenti esempi presi in

considerazione. Per l'aristocratico francese, l'unico riferimento morale

possibile è quello dettato dalla razza, al di sopra perfino delle verità

rivelate della religione. Al centro della storia non ci sono gli eroi, come

vorrebbe Carlyle, né l'entrata in scena dello spirito divino negli eventi,

come vorrebbe Hegel; piuttosto vi è la razza ariana, superiore a tutte le

altre razze, l'unica in grado di dare forma alla civiltà.

Le Bon non sfugge a questo sfondo culturale. Nella Psicologia delle Folle

ricorre massicciamente alla nozione di “razza”, usandola però in

un'accezione particolare: le sue distinzioni razziali sono di tipo nazionale,

non in base a presunti antichi ceppi genetici comuni (ad esempio, distingue

la “razza” inglese da quella francese, e queste da quella italiana). Sembra

avere inoltre un pensiero complementare a quello di Carlyle circa la

determinazione del soggetto storico: non l'eroe divino, ma le folle che per

esso si battono. Le Bon riteneva di vivere in un'epoca di transizione, in cui

veniva conferito alle moltitudini, forse per la prima volta nella storia, un

peso enorme negli affari degli stati; si stava entrando sciaguratamente nell'

“era delle folle”:

Oggi, invece, le tradizioni politiche, le tendenze individuali dei 1 G. W. F. Hegel, Lezioni sulla Filosofia della Storia, editori Laterza, pag.39.

4

Page 5: IL CAPO E LA FOLLA · PDF fileIL CAPO E LA FOLLA-UN SAGGIO SULLA PSICOLOGIA DELLE FOLLE DI G. LE BON di Mario Diadoro This work is licensed under the Creative Commons Attribution

sovrani e le rivalità esistenti tra questi ultimi hanno ben scarso peso.

La voce delle folle è preponderante. Detta ordini ai re. È nell'anima

delle folle, e non più nei consigli dei prìncipi, che si preparano i

destini delle nazioni. [...]

L'organizzazione attuale rende immensa la loro potenza. […]

Sintomi universalmente diffusi ci rivelano che in tutte le nazioni la

potenza delle folle cresce rapidamente. Dovremo subirne le

conseguenze, quali che siano. […] Rassegnamoci a subire il regno

delle folle, poiché mani imprevidenti hanno rovesciato una dopo

l'altra tutte le barriere che potevano trattenerle.2

Ma l'idea che le folle siano un nuovo soggetto storico emergente confligge

con un'altra tesi che ho attribuito a Le Bon, quella in cui le si considera da

sempre come soggetti della storia. Per la verità, su questo punto Le Bon

stesso sembra contraddirsi. Più avanti infatti scrive:

Le folle spesso sono criminali, certamente, ma spesso anche eroiche.

Si possono condurre facilmente alla morte per il trionfo di una fede o

di un'idea. Si possono accendere d'entusiasmo per la gloria e per

l'onore. Si possono trascinare, quasi senza pane e senz'armi, come al

tempo delle Crociate, a liberare dagli infedeli il sepolcro di un Dio,

o come, nel '93, a difendere il suolo della patria. Eroismi

evidentemente un po' incoscienti, ma è proprio con tali eroismi che si

fa la storia.3

2 G. Le Bon, Psicologia delle Folle, edizione TEA, pagine 35-36-37.. D'ora in avanti, per brevità ci si riferirà a questo testo semplicemente come “Le Bon”.

3 Le Bon, pag. 57

5

Page 6: IL CAPO E LA FOLLA · PDF fileIL CAPO E LA FOLLA-UN SAGGIO SULLA PSICOLOGIA DELLE FOLLE DI G. LE BON di Mario Diadoro This work is licensed under the Creative Commons Attribution

In questo passo, la folla è esplicitamente dichiarata soggetto della storia.

Come conciliare i due brani citati, in cui si guarda alla folla prima come

soggetto emergente, poi come forza preponderante, motore della storia? La

contraddizione a mio avviso può essere risolta separando il particolare,

cioè le masse contemporanee a Le Bon, dall'universale, la folla come tale.

Nell'introduzione, l'autore scrive:

Oggi le rivendicazioni delle folle si fanno sempre più precise e

tendono a distruggere da cima a fondo la società attuale per

riportarla a quel comunismo primitivo che fu la condizione normale

di tutti gli aggregati umani prima dell'aurora della civiltà.

Limitazione delle ore di lavoro, esproprio delle miniere, delle

ferrovie, delle industrie e del suolo; suddivisione alla pari dei

prodotti, eliminazione delle classi superiori a profitto delle classi

popolari e così via. Queste sono le rivendicazioni.4

Il nuovo soggetto storico emergente è la massa popolare accomunata dagli

ideali marxisti. L'era catastrofica a cui si stava andando incontro, secondo

Le Bon, era quella comunista. Vale la pena precisare che il marxismo non

intendeva ripristinare il comunismo primitivo, né in alcun modo è

possibile dimostrare che gli “aggregati umani”, prima della nascita della

civiltà, vivevano in una sorta di comunismo primordiale. Del resto, l'opera

contiene numerose falle dal punto di vista strettamente scientifico e fa

4 Le Bon, pag. 34

6

Page 7: IL CAPO E LA FOLLA · PDF fileIL CAPO E LA FOLLA-UN SAGGIO SULLA PSICOLOGIA DELLE FOLLE DI G. LE BON di Mario Diadoro This work is licensed under the Creative Commons Attribution

ampio uso di concetti errati ma diffusi nell'Ottocento, come quello della

razza e dell'inferiorità della donna. Tuttavia, Le Bon non dichiarò mai di

voler scrivere un trattato scientifico. Anzi, nella conclusione

dell'introduzione leggiamo:

Il nostro studio dell'anima delle folle non potrà esser che una breve

sintesi, un semplice riassunto delle nostre ricerche. Vi si troveranno

soltanto alcuni suggestivi punti di vista.5

Possiamo allora rivolgerci a quest'opera come un manuale pratico per

rapportarsi alle moltitudini nel modo più appropriato possibile: nel

peggiore dei casi, per non farsi sopraffare dalle folle; nel migliore, per

imparare a controllarle. Quest'ultimo caso è quello di Benito Mussolini,

che nel 1926 dichiarò, in un'intervista comparsa su La Science et la Vie, di

aver riletto numerose volte Psicologia delle Folle e di tornare a consultarla

di continuo. È quindi chiaro che, nonostante tutti i difetti che gli si possono

attribuire, quest'opera ha ancora un ruolo centrale nel pensiero storico-

politico, e ha molto da dire sul nostro tempo. Anche noi, come Le Bon,

viviamo in un periodo di transizione, in cui le masse chiedono maggiori

poteri e si organizzano in movimenti per arrivare nelle istituzioni. Il suo

metodo empirico ci è ancora utile per smascherare quei moti popolari che

sono in realtà frutto delle manovre di abili oratori. I suoi pregiudizi, oggi

assurdi, ci rendono comunque un buon servizio, perché in essi possiamo

riconoscere e superare quelli della nostra epoca.

5 Le Bon, pag. 40

7

Page 8: IL CAPO E LA FOLLA · PDF fileIL CAPO E LA FOLLA-UN SAGGIO SULLA PSICOLOGIA DELLE FOLLE DI G. LE BON di Mario Diadoro This work is licensed under the Creative Commons Attribution

II

FORMAZIONE DELLE FOLLE

La prima parte dell'opera ha lo scopo di fornire una definizione di folla e di

descriverne i modi del sentire e del ragionare.

Un semplice gruppo di individui non costituisce di per sé una folla

psicologica. Si definisce folla psicologica un insieme di individui, anche

separati nello spazio, caratterizzati da una transitoria unità mentale o anima

collettiva, la quale fonda un corpo unico comune in maniera tale che esso

sia qualcosa di più o di meno rispetto alla semplice somma degli individui

che ne fanno parte. Il corpo nuovo che si viene temporaneamente a

formare manifesta sorprendentemente delle caratteristiche specifiche

costanti che non possono essere spiegate in base ai caratteri eterogenei e

conflittuali dei singoli che lo compongono. Le Bon descrive la formazione

di una folla6 come

L'annullarsi della personalità cosciente e l'orientarsi dei sentimenti e

dei pensieri verso una medesima direzione...7

6 D'ora in avanti, per brevità si chiamerà “folla” quello che precedentemente è stato definito come “folla psicologica”.7 Le Bon, pag. 46

8

Page 9: IL CAPO E LA FOLLA · PDF fileIL CAPO E LA FOLLA-UN SAGGIO SULLA PSICOLOGIA DELLE FOLLE DI G. LE BON di Mario Diadoro This work is licensed under the Creative Commons Attribution

Se gli individui in folla si limitassero a fondere le qualità ordinarie,

otterremmo semplicemente una media e non, come abbiamo detto, la

creazione di caratteristiche nuove.8

Potremmo dire, alla luce di quanto scriverà Freud qualche anno più tardi,

che nell'ambito della formazione della folla viene meno la capacità di

sintesi dell'Io fra contenuti inconsci, codici comportamentali del super-io e

stimoli esterni, in favore di un temporaneo predominio dell'Es, o

inconscio, regno delle forze emotive fondamentali. Per una semplice

questione cronologica, Le Bon non poteva esprimersi in questi termini, ma

certamente l'avrebbe fatto se avesse pubblicato il suo saggio dopo la

grande lezione freudiana. Le prove di questo sono disseminate ovunque

nel testo; forse la più esplicita è la seguente:

Annullamento della personalità cosciente, predominio della

personalità inconscia, orientamento determinato dalla suggestione e

dal contagio dei sentimenti e delle idee in un unico senso, tendenza a

trasformare immediatamente in atti le idee suggerite, tali sono i

principali caratteri dell'individuo in una folla.9

Secondo Le Bon, le cause della perdita d'identità dell'individuo in una folla

sono due: senso di invincibilità dovuto al gruppo e contagio dei sentimenti

causato dalla suggestione. Il primo è controverso: non è chiaro come da

8 Le Bon, pag. 529 Le Bon, pag. 55

9

Page 10: IL CAPO E LA FOLLA · PDF fileIL CAPO E LA FOLLA-UN SAGGIO SULLA PSICOLOGIA DELLE FOLLE DI G. LE BON di Mario Diadoro This work is licensed under the Creative Commons Attribution

una folla, non ancora diventata folla psicologica, possa nascere un senso di

smisurata potenza dovuto al sentimento di appartenenza a una moltitudine.

Una folla non ancora divenuta psicologica è priva del corpo unico, non ha

unità; in essa prevale ancora l'individuo. La semplice folla è determinata

dall'eterogeneità degli individui che la compongono; la folla psicologica, al

contrario, è un'entità unitaria e omogenea che dissolve le differenze e

dirige la volontà dei singoli che ne fanno parte. Più che una causa, il

sentimento d'invincibilità ne è una conseguenza. Più importante è invece il

secondo punto, concernente la suggestionabilità. Sebbene Le Bon faccia

riferimento a nozioni scientifiche oggi del tutto superate10, la questione

della suggestione è forse la radice principale del fenomeno della

formazione delle folle, assieme ad un altro aspetto fondamentale

dell'essere umano, che tuttavia è assente nell'opera. Mi riferisco al carattere

mimetico del desiderio,di cui parla abbondantemente René Girard, filosofo

e antropologo francese. Ciò che accomuna la sua teoria, rigorosamente

antropologica, all'indagine sociale di Le Bon, è la sostanza di fondo,

l'essere umano inserito in particolari contesti sociali comuni a tutte le

culture di tutte le epoche11. Scrive Girard:

... il desiderio è essenzialmente mimetico, è ricalcato su un

desiderio-modello; elegge lo stesso oggetto di questo modello.

Il mimetismo del desiderio infantile è riconosciuto da tutti. Il

10 Mi riferisco alle sue opinioni sull'ipnosi: “oggi sappiamo che un individuo può essere messo in condizioni tali che, avendo perso la personalità cosciente, obbedisca a tutti i suggerimenti di chi appunto tale coscienza gli ha sottratta, ecommetta le azioni più contrarie al proprio temperamento ed alle proprie abitudini” (pag. 53-54). La comunità scientifica del nostro tempo ha appurato l'esatto contrario, e cioè che nessuno, mediante l'ipnosi, può persuadere qualcuno a compiere atti contrari alla sua normale condotta.

11 L'errore più grande del razionalismo è quello di voler definire l'essere umano in sé, sradicato da qualsiasi contesto e separato dai suoi simili. Una definizione del genere resta nel campo della pura astrazione ed è ben lontana dalla realtà delle cose.

10

Page 11: IL CAPO E LA FOLLA · PDF fileIL CAPO E LA FOLLA-UN SAGGIO SULLA PSICOLOGIA DELLE FOLLE DI G. LE BON di Mario Diadoro This work is licensed under the Creative Commons Attribution

desiderio adulto non è diverso in nulla, se non per il fatto che

l'adulto... si vergogna, il più delle volte, di modellarsi sugli altri; ha

paura di rivelare la sua mancanza d'essere. Si dichiara altamente

soddisfatto di sé; si presenta come modello agli altri; ciascuno va

ripetendo: “Imitatemi” allo scopo di dissimulare la sua stessa

imitazione.12

Prendendoci una certa licenza, e lasciando agli altri il giudizio sulla sua

legittimità, possiamo trasportare queste parole nel campo d'indagine di Le

Bon. Le moltitudini si fonderebbero temporaneamente in un solo corpo

grazie alla forza mimetica della libido (in senso non freudiano), cioè

all'imitazione reciproca del desiderio di un certo insieme di individui. Per

Girard, tuttavia, questo meccanismo non fa che amplificare in crescendo le

rivalità fra gli uomini e quindi la violenza, fino a che la collettività non è

riunita e riappacificata mediante l'espediente del capro espiatorio, una vera

e propria vittima sacrificale a cui viene attribuita tutta la responsabilità del

male. Questo rituale è in un certo senso affine al discorso sulle folle di Le

Bon, considerate irrazionali e per lo più violente. Citando ancora Girard:

Le vittime sono capri espiatori designati dal solo mimetismo

violento; [...] La teoria mimetica ci spiega perché nei miti le vittime

ci appaiono colpevoli e le comunità innocenti. Si tratta di

un'illusione provocata dal contagio violento. I miti hanno il loro

fondamento in fenomeni di folla dai quali sono tratti in inganno.

Questi testi sono incapaci di criticare perfino le inverosimili accuse 12 R. Girard, La Violenza e il Sacro, Adelphi, pag. 205

11

Page 12: IL CAPO E LA FOLLA · PDF fileIL CAPO E LA FOLLA-UN SAGGIO SULLA PSICOLOGIA DELLE FOLLE DI G. LE BON di Mario Diadoro This work is licensed under the Creative Commons Attribution

che si trovano un po' ovunque nella mitologia di tutte le culture, i

crimini di tipo “edipico” quali parricidi, incesti, atti di bestialità,

trasmissione di pestilenze, ecc.. Le colpe degli eroi mitici ricordano

troppo da vicino le accuse immaginate dalle folle a caccia di vittime

per non evidenziare la stessa mentalità.13

Un esempio del mimetismo violento lo troviamo citato proprio nel saggio

di Le Bon:

Le persone che hanno assistito all'assedio di Parigi, hanno visto

numerosi esempi di questa crudeltà delle folle per cose

assolutamente inverosimili. Una candela accesa al piano superiore

di una casa era subito considerata un segnale fatto agli assediati.

Due attimi di riflessione sarebbero bastati per capire che era

assolutamente impossibile scorgere la fiammella di tale candela a

molte miglia di distanza.14

Qui la violenza non è catartica, come nei casi citati da Girard. Possiamo

comunque scorgervi la medesima “mente” collettiva che si adopera per

l'annientamento di un nemico comune.

Proviamo, in virtù della lezione del grande antropologo, a spingere più in

là le tesi di Le Bon: il potere delle folle è destinato a crescere in

proporzione all'aumento della depressione e della frustrazione sociale. Per

Girard, l'imitazione si trasforma in odio e violenza quando l'oggetto

13 R. Girard, La Pietra dello Scandalo, Adelphi, pag. 6814 Le Bon, nota pag. 64

12

Page 13: IL CAPO E LA FOLLA · PDF fileIL CAPO E LA FOLLA-UN SAGGIO SULLA PSICOLOGIA DELLE FOLLE DI G. LE BON di Mario Diadoro This work is licensed under the Creative Commons Attribution

desiderato si trasforma nel centro di una contesa fra rivali. Questo, nel

nostro tempo, è particolarmente evidente nei periodi di forte recessione

economica, quando la capacità di soddisfare i propri desideri è mantenuta

solo da una ristretta cerchia di ricchi. L'unificazione della folla, allora,

avviene grazie all'individuazione di un capro espiatorio collettivo, il

colpevole di tutti i mali. L'odio verso di esso si diffonde per mimesi, che

scinde la società in due fazioni: gli oppressi contro gli oppressori. È a

causa di questo meccanismo che spesso le folle rivoluzionarie, sentendosi

infallibilmente nel giusto, si sono macchiate di crimini mostruosi.

13

Page 14: IL CAPO E LA FOLLA · PDF fileIL CAPO E LA FOLLA-UN SAGGIO SULLA PSICOLOGIA DELLE FOLLE DI G. LE BON di Mario Diadoro This work is licensed under the Creative Commons Attribution

III

LE SUGGESTIONI DELLA FOLLA

Per rendere conto della trasformazione subita da un individuo immerso in

una folla, non è sufficiente la teoria mimetica di Girard. È necessario

ricorrere al concetto di suggestione, a cui Le Bon attribuisce grande

importanza.

Tale è press'a poco la condizione di un individuo che faccia parte di

una folla. Non è più consapevole di quello che fa. In lui, come

nell'ipnotizzato, talune facoltà possono essere spinte a un grado di

estrema esaltazione mentre altre sono distrutte. L'influenza di una

suggestione lo indurrà con irresistibile impeto a compiere certi atti.15

È noto che quei terapeuti che si servono dell'ipnosi fanno uso di

suggestioni, cioè messaggi diretti all'inconscio. Sappiamo anche,

contrariamente all'opinione di Le Bon, che nessun ipnotizzato può fare

cose contrarie alla sua volontà. Vi è però una forte analogia fra i due tipi di

suggestione, quello della folla e quello del paziente: entrambi sono 15 Le Bon, pag. 54

14

Page 15: IL CAPO E LA FOLLA · PDF fileIL CAPO E LA FOLLA-UN SAGGIO SULLA PSICOLOGIA DELLE FOLLE DI G. LE BON di Mario Diadoro This work is licensed under the Creative Commons Attribution

tentativi di comunicazione con l'inconscio attraverso la neutralizzazione

della “coscienza critica”, al fine di incentivare nell'ascoltatore un certo tipo

di comportamento. In un libro di Bandler e Grinder, dedicato alle tecniche

ipnotiche di Milton Erickson, leggiamo:

L'induzione di uno stato alterato di coscienza chiamato trance

richiede e implica la distrazione e/o l'utilizzo di ciò che Milton

chiama “mente cosciente”. La rappresentazione cosciente

dell'esperienza in corso verso se stessi può avvenire in un certo

numero di modalità distinte (visuale, uditiva, cinestetica). Al fine di

stabilire uno stato di trance tutti questi sistemi rappresentativi

devono essere coinvolti nel processo... Chiamiamo l'inizio di questo

processo “pacing”... L'ipnotista comincia a descrivere le esperienze

di cui ha conoscenza attraverso l'osservazione che il cliente sta

compiendo... Questa descrizione stabilisce un ciclo di feedback tra

ciò che il cliente sta facendo in maniera visibile dall'ipnotista... e ciò

che il cliente ascolta dall'ipnotista.16

Si può immediatamente notare come l'ipnotista, all'inizio del processo, si

ponga in una semplice posizione di ricalco rispetto a ciò che il suo

paziente pensa, osserva, sente, ecc.. Questo è necessario affinché egli si

guadagni la fiducia di chi ha di fronte, senza in alcun modo alimentare

sospetti, origine di resistenze mentali e chiusure. Del resto, non si è mai

visto un politico o un capo popolo cominciare un discorso pubblico con

parole di rimprovero alla massa, o di distanza verso di essa. Sebbene i 16 R. Bandler e J. Grinder, Patterns of the Hypnotic Techniques of Milton H. Erickson – vol. I, Meta Pubns, pag. 68

15

Page 16: IL CAPO E LA FOLLA · PDF fileIL CAPO E LA FOLLA-UN SAGGIO SULLA PSICOLOGIA DELLE FOLLE DI G. LE BON di Mario Diadoro This work is licensed under the Creative Commons Attribution

grandi condottieri del passato l'abbiano disprezzata e ingannata, nei loro

discorsi pubblici non hanno espresso verso la folla che parole di elogio17.

Quando il paziente entra nello stato di trance, c'è il problema di come

parlare all'inconscio senza allarmare la cosiddetta “mente cosciente”. Ecco

una tecnica del famoso ipnotista Erickson:

Il marchio analogico è l'uso di modi non-linguistici di

comunicazione per identificare e ordinare la comunicazione

linguistica in unità di messaggio separato. Erickson, ad esempio,

sposterà la sua tonalità di voce per le porzioni della frase in

grassetto:

... conoscevo un uomo che sapeva veramente come sentirsi bene...

... il risultato della comunicazione di Erickson è una doppia

comunicazione – la storia che Erickson ha raccontato alla mente

conscia e il comando “sentirsi bene” alla mente inconscia.18

Vi sono diverse altre tecniche per rivolgersi all'inconscio, qualcuna dei

quali prevede addirittura errori logici e grammaticali. Ma ciò che interessa

in questo contesto è constatare che l'argomentazione logica, specie se

complessa o con esiti contrari all'opinione del paziente, è assolutamente da

evitare se si cerca di suggestionare una folla. Il linguaggio deve essere

emotivo, metaforico, analogico, e deve esprimere preferibilmente

17 I discorsi di piazza dei dittatori del '900 ne sono un chiaro esempio.18 R. Bandler e J. Grinder, Patterns of the Hypnotic Techniques of Milton H. Erickson – vol. I, Meta Pubns, pag. 16

16

Page 17: IL CAPO E LA FOLLA · PDF fileIL CAPO E LA FOLLA-UN SAGGIO SULLA PSICOLOGIA DELLE FOLLE DI G. LE BON di Mario Diadoro This work is licensed under the Creative Commons Attribution

contenuti con cui il paziente è in accordo.

Le analogie con la tecnica ipnotica sono molte. Le Bon ritiene che solo in

rarissimi casi la folla può essere in grado di ragionare; ma si tratterebbe di

un tipo di ragionamento talmente infimo da poter esser ritenuto tale

soltanto per analogia. Le folle pensano soltanto per immagini:

Associazioni di cose dissimili prive di rapporti apparenti e

generalizzazioni immediate di casi particolari, tali sono le

caratteristiche della logica collettiva. Gli oratori che sanno

maneggiare le folle, ricorrono sempre ad associazioni di questo

tipo... L'oratore in rapporto intimo con la folla sa evocare le

immagini che la seducono. Se vi riesce, il suo scopo è stato

raggiunto, e un volume di arringhe non vale le poche frasi capaci di

conquistare le menti che bisognava convincere.19

L'oratore, proprio come l'ipnotista, non solo deve “parlare all'inconscio”,

ma deve anche saper padroneggiare la tecnica del feedback (guadagnarsi la

fiducia delle menti “ricalcando” pensieri, sentimenti, impressioni di chi si

ha di fronte):

Le leggi della logica razionale non hanno alcun effetto sulle folle.

Per conquistarle, bisogna prima di tutto rendersi esattamente conto

dei sentimenti da cui sono animate, fingere di condividerli e poi

tentare di modificarli, suscitando suggestive immagini grazie a

rudimentali associazioni di idee. In caso di necessità, bisogna saper 19 Le Bon, pag. 93

17

Page 18: IL CAPO E LA FOLLA · PDF fileIL CAPO E LA FOLLA-UN SAGGIO SULLA PSICOLOGIA DELLE FOLLE DI G. LE BON di Mario Diadoro This work is licensed under the Creative Commons Attribution

tornare sui propri passi, e soprattutto indovinare in ogni momento i

sentimenti che si fanno nascere... L'oratore che segue il suo pensiero

e non quello degli ascoltatori perde, per questo solo fatto, ogni

efficacia.20

Il primo passo è quindi l'instaurazione di un ciclo di feedback costante;

dopo un certo numero di “cicli”, si introdurrà una suggestione per

immagini. A questo punto, bisogna aggiungere un'altra tecnica, oltre a

quelle del ciclo di feedback e del linguaggio metaforico dell'inconscio: lo

shock. Come si è preoccupato di dimostrare il grande filosofo Baruch

Spinoza, le due passioni fondamentali che dirigono l'agire degli uomini

sono speranza e timore. L'oratore che evoca nelle folle, mediante iperboli,

generalizzazioni, grossolane approssimazioni e vivide immagini, intensi

sentimenti di paura ma anche di speranza, avrà la folla temporaneamente

in suo potere. Scrive Le Bon nella prima parte del suo saggio:

Poiché la folla è impressionata soltanto da sentimenti impetuosi,

l'oratore che vuole sedurla deve abusare di dichiarazioni violente.21

Concetti vicini a questo sono stati espressi, ad esempio, nel libro di Naomi

Klein, Shock Economy. Qui però si sta parlando, da un lato, della forza

evocativa dell'oratore, della sua capacità di generare immagini forti

semplicemente attraverso l'abile uso della parola; dall'altro, della grande

ricettività delle folle verso contenuti suggestivi e comunque non

20 Le Bon, pag. 146-14721 Le Bon, pag. 76

18

Page 19: IL CAPO E LA FOLLA · PDF fileIL CAPO E LA FOLLA-UN SAGGIO SULLA PSICOLOGIA DELLE FOLLE DI G. LE BON di Mario Diadoro This work is licensed under the Creative Commons Attribution

principalmente razionali. È ormai evidente, da quanto si è detto sin qui,

che la formazione di una folla comporta la presenza di due fattori

estrinseci: un oggetto dell'odio e un capo abile nella tecnica della

suggestione.

In sintesi: abbiamo definito una folla psicologica come un insieme di

individui caratterizzati da una transitoria unità mentale, la quale fonda un

corpo unico comune in maniera tale che esso sia qualcosa di più o di meno

rispetto alla semplice somma degli individui che ne fanno parte; più

precisamente, un tale corpo possiede dei caratteri costanti: l'irrazionalità e

la suggestionabilità. L'unità della folla trova la sua genesi nel meccanismo

della mimesi (ognuno “copia” l'altrui desiderio; tutti si imitano

nell'individuare il solo colpevole del Male) e nella prevalenza temporanea

dell'Es (che si ottiene con il “sentimento impetuoso”, la “dichiarazione

violenta”, l' ”immagine di grande intensità”). La formazione della folla

quindi non può prescindere dalla figura del capo, abile ad offrirle un capro

espiatorio e a dirigerla attraverso l'uso del linguaggio “dell'inconscio”, cioè

analogico e visionario.

19

Page 20: IL CAPO E LA FOLLA · PDF fileIL CAPO E LA FOLLA-UN SAGGIO SULLA PSICOLOGIA DELLE FOLLE DI G. LE BON di Mario Diadoro This work is licensed under the Creative Commons Attribution

IV

IL CAPO

Esaminiamo più da vicino quali debbano essere le caratteristiche di un

capo ideale delle folle:

Le folle infatti rispettano la forza e si lasciano scarsamente

impressionare dalla bontà, spesso considerata una forma di

debolezza. Le loro simpatie non sono mai andate ai padroni troppo

buoni, ma ai tiranni che le hanno con vigore dominate. [...] Sempre

pronta a sollevarsi contro un'autorità debole, la folla si inchina

servile davanti ad un'autorità forte.22

Chi voglia porsi alla guida di una folla deve mostrarsi duro e implacabile,

determinato e fermo nei suoi propositi; non deve mostrare tentennamenti

né magnanimità. I fascismi del '900, senza andare troppo indietro nella

storia, presentano tutti esempi di questo tipo.

L'aspirante capo è una figura intermedia fra l'ipnotista e il profeta: da un

lato deve instaurare senza sosta cicli di feedback, dall'altro deve 22 Le Bon, pag. 80

20

Page 21: IL CAPO E LA FOLLA · PDF fileIL CAPO E LA FOLLA-UN SAGGIO SULLA PSICOLOGIA DELLE FOLLE DI G. LE BON di Mario Diadoro This work is licensed under the Creative Commons Attribution

suggestionare evocando paure, catastrofi, immagini intense, fatti

meravigliosi. La verità, la giustizia o il bene non sono di alcuna

importanza: il punto è dare alla folla gli input giusti per spingerla ad agire

in un certo modo. Gli ideali diventano di second'ordine, cioè vengono

manipolati e gerarchizzati a seconda dell'obiettivo che si vuole

raggiungere.

Il linguaggio è il mezzo attraverso cui un capo trasmette il germe

dell'azione alla folla. Per Le Bon, esso attecchisce passando attraverso tre

stadi: affermazione, ripetizione, contagio. Possiamo spiegare brevemente il

processo in questione prendendo in esame un caso analogo, la pubblicità.

L'affermazione è la creazione di uno slogan; la sua forza consiste

nell'essere semplice, breve, diretto e di facile memorizzazione.

Successivamente, un siffatto slogan dovrà essere ripetuto incessantemente,

sia per raggiungere un numero più vasto di persone sia per rinfrescare il

ricordo di chi l'ha già udito. Il contagio è il semplice passaggio dello

slogan (o del concetto di esso) da persona a persona, e si estenderà tanto

più velocemente quanto più semplice e immediato sarà il suo contenuto.

Allo stesso modo si comporta la diffusione di un ideale politico. In

situazioni storiche particolari (come le grandi depressioni economiche),

un'idea irradiatasi fra la gente in questa maniera può acquistare la forza

momentanea di una vera e propria fede, e l'oratore che ne ha sparso il seme

assurge al rango di sacerdote, “pastore di anime”. Egli conserverà un tale

prestigio agli occhi della folla fino a che il suo carisma continuerà a fare

effetto su di essa.

21

Page 22: IL CAPO E LA FOLLA · PDF fileIL CAPO E LA FOLLA-UN SAGGIO SULLA PSICOLOGIA DELLE FOLLE DI G. LE BON di Mario Diadoro This work is licensed under the Creative Commons Attribution

Tutto ciò che colpisce le folle si presenta sotto forma di un'immagine

impressionante e precisa, priva di interpretazioni accessorie, ma

arricchita magari da un qualche fatto meraviglioso: una grande

vittoria, un grande miracolo, un grande delitto, una speranza.23 [...]

Le opinioni e le fedi si propagano per mezzo del contagio, quasi mai

del ragionamento. Le opinioni degli operai si diffondono oggi nelle

osterie con l'affermazione, la ripetizione e il contagio. Né molto

diversi furono i modi grazie ai quali in ogni epoca nacquero le fedi

delle folle.24

Per Le Bon, un'idea mette radici tanto più salde nelle folle quanto più essa

ha attecchito nella mente del capo. È forse per questo aspetto di coerenza

febbrile e di fanatismo che Hitler ottenne la fedeltà dei suoi uomini fino

alla fine della sua vita. Al contrario, chi manipola le folle per secondi fini

può avere un successo nell'immediato, ma presto gli ideali indotti nella

folla diventeranno sfocati, perderanno d'intensità e il capo non ne avrà più

il controllo.

In sintesi: il capo deve essere autoritario, forte, intransigente; deve essere

capace di suscitare nella folla sentimenti intensi (paura, odio, speranza)

attraverso l'utilizzo di un linguaggio analogico (per associazioni di idee,

evitando ogni tipo di argomentazione). Oltre a questo, deve essere in grado

di lanciare slogan, messaggi politici chiari e semplici, che tutti possano

capire, al fine di farli diventare oggetto di fede della folla e fonte di

23 Le Bon, pag. 9724 Le Bon, pag. 163

22

Page 23: IL CAPO E LA FOLLA · PDF fileIL CAPO E LA FOLLA-UN SAGGIO SULLA PSICOLOGIA DELLE FOLLE DI G. LE BON di Mario Diadoro This work is licensed under the Creative Commons Attribution

orientamento per l'azione.

I mezzi di persuasione dei capi... sono quelli già da noi indicati più

volte. Per servirsene con destrezza un capo deve aver penetrato,

almeno in modo inconscio, la psicologia delle folle; deve sapere

come rivolgersi ad esse, e soprattutto conoscere l'affascinante potere

di seduzione che hanno le parole, le formule e le immagini.25

25 Le Bon, pag. 234

23

Page 24: IL CAPO E LA FOLLA · PDF fileIL CAPO E LA FOLLA-UN SAGGIO SULLA PSICOLOGIA DELLE FOLLE DI G. LE BON di Mario Diadoro This work is licensed under the Creative Commons Attribution

V

CONCLUSIONE

Questa trattazione non ha la presunzione di essere uno studio sistematico

sul fenomeno della folla né sull'opera di Le Bon. È piuttosto uno strumento

che, per quanto sintetico, può aiutare il lettore ad orientarsi nei fenomeni

politici dei giorni nostri. Conoscere alcune dinamiche sociali sulle

formazioni dei movimenti di massa può essere utile per due motivi: per

“difendersi” dalle folle, cioè per evitare di prenderne parte senza

un'adeguata riflessione; per riconoscere le manipolazioni in atto da parte

del cosiddetto “capo”, colui che si rivolge alla folla e cerca di dirigerne i

sentimenti. L'esempio immediato è Giuseppe Grillo, leader del Movimento

5 Stelle. Se si osservano con attenzione i suoi comizi, si noterà che quasi

tutto quello che è stato detto fin qui trova applicazione nella sua oratoria.

Ecco una breve lista dei requisiti del capo ideale individuati sopra che

corrispondono alla figura di Grillo:

• il suo modo di porsi è energico, impetuoso;

24

Page 25: IL CAPO E LA FOLLA · PDF fileIL CAPO E LA FOLLA-UN SAGGIO SULLA PSICOLOGIA DELLE FOLLE DI G. LE BON di Mario Diadoro This work is licensed under the Creative Commons Attribution

• gesticola in maniera concitata, il suo eloquio è “urlato”;

• il filo dei suoi discorsi è di tipo analogico ed è infarcito di immagini

intense, di inesattezze, di generalizzazioni (evoca spesso il default

economico, la morte, l'emergenza, la sopravvivenza, la “gente

disperata” che gli chiede aiuto, ecc.);

• è sempre attento al feedback del pubblico (ad esempio, nel comizio

di Novara del 15 febbraio 2013: “... e questa discontinuità, tra la

realtà e quello che si vede in televisione... facce da culo che vanno lì

a darci soluzioni... non dovevo dire <facce da culo>... va be', va

be'... l'ho fatto un po' per voi”. Inoltre, i suoi comizi sono ricolmi di

narrazioni in cui si usa il tu: è un modo efficace di dare corpo ai

pensieri della folla, come ha mostrato Giovanna Cosenza nel suo

breve articolo Grillo: dal turpiloquio al linguaggio del corpo);

• alla fine dei suoi comizi evoca forti scenari di speranza, senza entrare

in dettagli di tipo analitico ma sempre restando su una traccia

emotiva (“respirare, uscire dal buio e rivedere un po' di stelle... ce lo

meritiamo”; “noi siamo oltre... una visione meravigliosa... vent'anni

di energia, di ambiente, di... mio figlio, come si muoverà... noi non

abbiamo bisogno di lampadine, frigoriferi o caldaie... noi abbiamo

bisogno di luce, di tepore, di freddo... abbiamo bisogno di servizi... il

cambiamento è qua”: queste sono citazioni prese dagli ultimi minuti

del comizio di Novara del 15 febbraio 2013; il loro contenuto è

25

Page 26: IL CAPO E LA FOLLA · PDF fileIL CAPO E LA FOLLA-UN SAGGIO SULLA PSICOLOGIA DELLE FOLLE DI G. LE BON di Mario Diadoro This work is licensed under the Creative Commons Attribution

esclusivamente di tipo emotivo);

• è autoritario e intransigente (un esempio: ricordiamo tutti il suo

videocomunicato del dicembre 2012 intitolato “obbiettivo: elezioni

2013”, in cui dice: “... io guerre dentro non ne voglio più. Se c'è

qualcuno che reputa che io non sia democratico, che Casaleggio si

tenga i soldi, che io sia disonesto, prende e va fuori dalle palle... se

ne va, se ne va dal movimento e se ne andrà dal movimento [...] Chi

è dentro il movimento e non condivide questi significati e fa

domande su domande e si pone problemi della democrazia del

movimento... va fuori! Va fuori dal movimento. Non lo obbliga

nessuno. E andranno fuori.”);

• ha offerto alla folla un capro espiatorio, l'origine di tutti i mali: è il

Politico Disonesto, che per un'indebita estensione viene identificato

con tutta la classe politica, la “casta”;

• attraverso il meccanismo di affermazione, ripetizione e contagio, ha

diffuso in chi lo segue un bagaglio comune di suggestioni che

richiama a suo piacimento mediante l'utilizzo di alcune parole chiave

(alcuni esempi: “vaffanculo”, “siete circondati”, “stiamo arrivando”,

“siete morti”, “tutti a casa”, “siamo oltre”).

Questi sono solo alcuni spunti di riflessione senza nessuna pretesa di

esaustività. Siamo sicuri, tuttavia, che il lettore, forte delle tesi sopra

26

Page 27: IL CAPO E LA FOLLA · PDF fileIL CAPO E LA FOLLA-UN SAGGIO SULLA PSICOLOGIA DELLE FOLLE DI G. LE BON di Mario Diadoro This work is licensed under the Creative Commons Attribution

esposte, sarà in grado non solo di completare da sé l'analisi del fenomeno

Grillo, ma anche di smascherare altri meccanismi di manipolazione delle

folle che sono oggi operanti intorno a noi.

27


Recommended