+ All Categories
Home > Documents > L'alleata degli U-Boote (Fratture fragili nel naviglio ... fragili.pdf · L’alleata degli...

L'alleata degli U-Boote (Fratture fragili nel naviglio ... fragili.pdf · L’alleata degli...

Date post: 01-Feb-2021
Category:
Upload: others
View: 3 times
Download: 0 times
Share this document with a friend
13
See discussions, stats, and author profiles for this publication at: https://www.researchgate.net/publication/272833821 L'alleata degli U-Boote (Fratture fragili nel naviglio mercantile della 2.a guerra mondiale) Article in Rivista marittima · February 2013 CITATIONS 0 READS 105 1 author: Some of the authors of this publication are also working on these related projects: Aerospace gear testing View project High Temperature Low Cycle Fatigue View project Enrico Manfredi Università di Pisa 55 PUBLICATIONS 40 CITATIONS SEE PROFILE All content following this page was uploaded by Enrico Manfredi on 28 February 2015. The user has requested enhancement of the downloaded file.
Transcript
  • Seediscussions,stats,andauthorprofilesforthispublicationat:https://www.researchgate.net/publication/272833821

    L'alleatadegliU-Boote(Fratturefragilinelnavigliomercantiledella2.aguerramondiale)

    ArticleinRivistamarittima·February2013

    CITATIONS

    0

    READS

    105

    1author:

    Someoftheauthorsofthispublicationarealsoworkingontheserelatedprojects:

    AerospacegeartestingViewproject

    HighTemperatureLowCycleFatigueViewproject

    EnricoManfredi

    UniversitàdiPisa

    55PUBLICATIONS40CITATIONS

    SEEPROFILE

    AllcontentfollowingthispagewasuploadedbyEnricoManfredion28February2015.

    Theuserhasrequestedenhancementofthedownloadedfile.

    https://www.researchgate.net/publication/272833821_L%27alleata_degli_U-Boote_Fratture_fragili_nel_naviglio_mercantile_della_2a_guerra_mondiale?enrichId=rgreq-3b11c6dd2268a13af6a2a02b8444b2df-XXX&enrichSource=Y292ZXJQYWdlOzI3MjgzMzgyMTtBUzoyMDE4MTEwNTE5Nzg3NTlAMTQyNTEyNjkxMjU4MA%3D%3D&el=1_x_2&_esc=publicationCoverPdfhttps://www.researchgate.net/publication/272833821_L%27alleata_degli_U-Boote_Fratture_fragili_nel_naviglio_mercantile_della_2a_guerra_mondiale?enrichId=rgreq-3b11c6dd2268a13af6a2a02b8444b2df-XXX&enrichSource=Y292ZXJQYWdlOzI3MjgzMzgyMTtBUzoyMDE4MTEwNTE5Nzg3NTlAMTQyNTEyNjkxMjU4MA%3D%3D&el=1_x_3&_esc=publicationCoverPdfhttps://www.researchgate.net/project/Aerospace-gear-testing?enrichId=rgreq-3b11c6dd2268a13af6a2a02b8444b2df-XXX&enrichSource=Y292ZXJQYWdlOzI3MjgzMzgyMTtBUzoyMDE4MTEwNTE5Nzg3NTlAMTQyNTEyNjkxMjU4MA%3D%3D&el=1_x_9&_esc=publicationCoverPdfhttps://www.researchgate.net/project/High-Temperature-Low-Cycle-Fatigue?enrichId=rgreq-3b11c6dd2268a13af6a2a02b8444b2df-XXX&enrichSource=Y292ZXJQYWdlOzI3MjgzMzgyMTtBUzoyMDE4MTEwNTE5Nzg3NTlAMTQyNTEyNjkxMjU4MA%3D%3D&el=1_x_9&_esc=publicationCoverPdfhttps://www.researchgate.net/?enrichId=rgreq-3b11c6dd2268a13af6a2a02b8444b2df-XXX&enrichSource=Y292ZXJQYWdlOzI3MjgzMzgyMTtBUzoyMDE4MTEwNTE5Nzg3NTlAMTQyNTEyNjkxMjU4MA%3D%3D&el=1_x_1&_esc=publicationCoverPdfhttps://www.researchgate.net/profile/Enrico_Manfredi?enrichId=rgreq-3b11c6dd2268a13af6a2a02b8444b2df-XXX&enrichSource=Y292ZXJQYWdlOzI3MjgzMzgyMTtBUzoyMDE4MTEwNTE5Nzg3NTlAMTQyNTEyNjkxMjU4MA%3D%3D&el=1_x_4&_esc=publicationCoverPdfhttps://www.researchgate.net/profile/Enrico_Manfredi?enrichId=rgreq-3b11c6dd2268a13af6a2a02b8444b2df-XXX&enrichSource=Y292ZXJQYWdlOzI3MjgzMzgyMTtBUzoyMDE4MTEwNTE5Nzg3NTlAMTQyNTEyNjkxMjU4MA%3D%3D&el=1_x_5&_esc=publicationCoverPdfhttps://www.researchgate.net/institution/Universita_di_Pisa?enrichId=rgreq-3b11c6dd2268a13af6a2a02b8444b2df-XXX&enrichSource=Y292ZXJQYWdlOzI3MjgzMzgyMTtBUzoyMDE4MTEwNTE5Nzg3NTlAMTQyNTEyNjkxMjU4MA%3D%3D&el=1_x_6&_esc=publicationCoverPdfhttps://www.researchgate.net/profile/Enrico_Manfredi?enrichId=rgreq-3b11c6dd2268a13af6a2a02b8444b2df-XXX&enrichSource=Y292ZXJQYWdlOzI3MjgzMzgyMTtBUzoyMDE4MTEwNTE5Nzg3NTlAMTQyNTEyNjkxMjU4MA%3D%3D&el=1_x_7&_esc=publicationCoverPdfhttps://www.researchgate.net/profile/Enrico_Manfredi?enrichId=rgreq-3b11c6dd2268a13af6a2a02b8444b2df-XXX&enrichSource=Y292ZXJQYWdlOzI3MjgzMzgyMTtBUzoyMDE4MTEwNTE5Nzg3NTlAMTQyNTEyNjkxMjU4MA%3D%3D&el=1_x_10&_esc=publicationCoverPdf

  • STORIA E CULTURA MILITARE

    102 Rivista Marittima-Febbraio 2013

    L’ALLEATA DEGLI «U-BOOTE»

    ENRICO MANFREDI (*)

    La SS SCHENECTADY.

    In molti testi che riguardano la resistenzadei materiali appare la fotografia di una pe-troliera del tipo «T2», la SS Schenectady,quasi completamente spezzata in due mentreera all’ormeggio nel cantiere della KaiserShipbuilding Co. di Swan Island, a Portland(Oregon, Stati Uniti), nella tarda e fredda se-rata (-32 °C) del 16 gennaio 1943. Il fragoregenerato dalla frattura, quasi istantanea,dello scafo fu udito fino a un miglio di di-stanza. La nave, la prima delle oltre 150

    unità tipo «T2» costruite da questo recentis-simo cantiere, era stata varata da poco eaveva condotto solo alcune prove.

    Il 23 marzo 1943 un caso del tutto analogosi manifestò su un’altra petroliera «T2», laSS Esso Manhattan, mentre percorreva loAmbrose Channel, all’entrata del porto diNew York, con mare relativamente calmo(slight ground swell). La nave era stata va-rata circa sei mesi prima a Chester presso uncantiere della Sun Shipbuilding Co. Questo

    (*) Ha iniziato la sua carriera come insegnante civile presso l’Accademia Navale di Livorno e l’ha conclusaquale professore ordinario di Costruzione di macchine presso la Facoltà di Ingegneria dell’Università di Pisa. Èautore di alcuni libri di testo e di svariate pubblicazioni relative a problemi di Ingegneria, tra cui la resistenza deimateriali, a cui si collega il tema del presente articolo. Tra i suoi altri interessi vi sono la storia militare e la si-mulazione operativa, ha pubblicato «Il gioco di guerra navale» sulla Rivista Marittima nel maggio 2008.

  • L’alleata degli «U-Boote»

    Rivista Marittima-Febbraio 2013 103

    cantiere, a differenza di quello di Portland,era noto da lunga data ed era apprezzato perla solidità delle sue costruzioni.

    Il rapporto su questo secondo cedimentostrutturale (1), redatto dalla US CoastGuard, recita: «Con un forte rumore, de-scritto variamente come un tonfo (thump,thud), uno scoppio (bang) o un’esplosione,la frattura ha attraversato il ponte all’al-tezza della cisterna n. 6 e lungo entrambele fiancate fino all’altezza della sentina, siaa sinistra che a dritta. Lo scafo si è ripiegatocome un coltello a scatto e la prua è statasommersa dalle onde».

    L’azione delle onde fu aggravata dallapresenza di quella sovrastruttura, mostratanelle fotografie, che permetteva a varie pe-

    troliere «T2» di quel periodo di trasportareaerei da caccia semi assemblati (2) o altricarichi leggeri. L’equipaggio abbandonò lanave e fu recuperato dal guardiacosteUSCG Kimball. In seguito lo scafo sispezzò completamente in due, ma i tron-coni non affondarono e furono rimorchiatiin porto. Entrambe le unità erano state pro-dotte nell’ambito del programma bellico diemergenza relativo alle costruzioni navalimercantili, al quale questa Rivista ha dedi-cato vari articoli (3). I due scafi furono per-ciò sottoposti ad accurate ispezioni e alprelievo di campioni di materiale, primadelle riparazioni che li misero nuovamentein grado di navigare.

    La rottura dei due scafi, che appariva

    Frattura dello scafodella SS ESSO

    MANHATTAN.

  • L’alleata degli «U-Boote»

    104 Rivista Marittima-Febbraio 2013

    come un taglio netto, era avvenuta senza pre-avviso e con minime deformazioni (vedasiimmagine a sinistra). Tramite l’osservazioneravvicinata si notò che estese porzioni dellesuperfici di frattura erano prive di quel-l’aspetto frastagliato (fibrous), che si devealla duttilità del metallo e perciò caratterizzale comuni rotture dell’acciaio dolce.

    In quelle navi si era manifestato un fe-nomeno, quello della frattura fragile, chenon si sapeva ancora padroneggiare, e chesembrava essere in qualche modo collegatocon la costruzione saldata in acciaio. Pocoprima della guerra, per esempio, il ponte diHasselt in Belgio era crollato a seguito difratture simili. Sebbene questi due incidentiavessero ampia risonanza, essendo avve-nuti in un porto americano o nella sua vi-cinanza, vi erano stati in precedenzanumerosi casi di pericolose e talvolta fatalilesioni dello scafo, attribuibili a questo in-sidioso tipo di cedimento, che avevano al-larmato le autorità.

    Dopo il caso della Schenectady, infatti,si erano manifestati cedimenti catastroficianche su unità da carico del tipo «Liberty

    EC2-S». La frattura completa dello scafonon sempre ne determinava l’affonda-mento. Anche per tale motivo le perdite divite umane furono relativamente poche.

    La sequenza degli eventi più gravi fu laseguente:— 16 gennaio 1943: si spezza in due laSchenectady;— 5 marzo 1943: la Thomas Hooker, unanave «Liberty», a causa delle gravi lesionistrutturali, è abbandonata dall’equipaggio;— 7 marzo 1943: lo stesso fatto si ripetesulla J.L.M. Curry, un’altra «Liberty»;— 23 marzo 1943: si spezza in due la EssoManhattan.

    Terminato quel primo inverno, vi fu unapausa: la perdita successiva, quella dellanave «Liberty» Joseph Smith fu registratail 24 novembre 1943. Nel corso dell’in-verno 1943-44 tre altre «Liberty» affonda-rono per queste cause. Il rateo delle fratturecomportanti cedimenti gravi aumentò ri-spetto all’anno precedente e nel marzo1944 raggiunse il suo valore massimo.

    Nel diagramma in alto, elaborata sullabase dei dati di un’ampia indagine pubbli-

    Costruzioni navali di ogni tipo del programma di emergenza e segnalazioni di casi di gravi lesioni attribuibili alla frattura fragile.

  • L’alleata degli «U-Boote»

    Rivista Marittima-Febbraio 2013 105

    cata dopo la guerra (4), sono considerateunità di ogni tipo costruite sotto l’egidadella US Maritime Commission. Sono rap-presentati i casi di fratture gravissime, talida mettere in pericolo la nave, ovvero di«Classe 1» (5), sia di fratture molto gravi,di «Classe 2». Le segnalazioni delle fratturepiù gravi su navi del tipo «Liberty EC2-S»raggiunsero un rateo superiore a quellomedio qui rappresentato, fino a un massimodel 4,2% (6).

    In seguito il rateo andò gradualmente ri-ducendosi e nell’ultimo anno di guerrascese a quei valori che erano consideratinormali per le unità mercantili dell’epoca.

    Cessò quindi l’allarme sia dell’opinionepubblica sia delle autorità, ovvero vennemeno il timore che nel programma di emer-genza, basato sulla rapida costruzione dinavi saldate, vi fosse un errore fatale.

    Nel seguito si vedrà come si ottenne que-sto risultato, ovvero come questo problemasia stato affrontato e, almeno parzialmente,risolto durante il periodo bellico.

    La frattura fragile e la Battagliadell’Atlantico

    Nel corso della seconda guerra mondialesolo sei navi «Liberty» andarono perdute acausa del fenomeno della frattura fragile ealtre tre navi realizzate nell’ambito del pro-gramma d’emergenza si spezzarono in due,potendo tuttavia essere salvate e riparate.

    Le perdite dovute a questa causa si con-centrarono nei primi mesi del 1943, quandola Battaglia dell’Atlantico era al suo cul-mine. In questo periodo, infatti, furono per-dute due navi «Liberty» e nei portiamericani si spezzarono due petroliere«T2».

    Rispetto al numero delle navi affondatementre navigavano isolate e anche nelle fe-

    roci battaglie di quell’inverno tra i sommer-gibili e le scorte dei convogli, gli affonda-menti dovuti a fratture rappresentano unapercentuale esigua. Nello stesso periodo ditempo, infatti, gli «U-Boote» e i sommer-gibili italiani colpirono e spesso affonda-rono decine e decine di navi tipo «Liberty»o «T2» (7).

    Un singolo sommergibile dell’Asse conun Comandante esperto e audace, quale peresempio il Leonardo da Vinci di Gian-franco Gazzana-Priaroggia, poteva affon-dare assai più navi di quante andaronoperdute a causa di queste fratture.

    Però, quando la Battaglia prese un altrocorso e gli «U-Boote» furono sconfitti, si do-vette constatare che la loro subdola alleata,la frattura fragile, non era stata ancora scon-fitta (neppure oggi è sconfitta del tutto).

    Infatti, l’insidioso fenomeno che si eramanifestato sulla Schenectady sotto gli occhidegli allibiti operai del turno notturno delcantiere, si manifestò con frequenza ancoramaggiore nell’inverno 1943-44, con unpicco di segnalazioni mensili pari a circa il3,5% di tutte le unità costruite fino ad allora.

    È inoltre presumibile che vari affonda-menti, attribuiti a suo tempo a cause belli-che oppure a incidenti di navigazione, sianostati almeno in parte facilitati dalla ten-denza alla frattura fragile degli scafi. Peresempio, la Pat Harrison, una «EC2-S» chefu attaccata lo 8 maggio 1943 da uno dei si-luri a lenta corsa della base segreta situatasu nave Olterra, nella rada di Gibilterra, ap-pare completamente spezzata in due in unafoto dell’epoca (8).

    Non furono tuttavia le perdite di unitàmercantili ad aggravare significativamentelo sforzo bellico degli Alleati.

    Il vero danno fu costituito, per primacosa, dalla necessità di riparare e rinforzareun grande numero di navi già realizzate du-rante il programma di costruzioni mercan-

  • L’alleata degli «U-Boote»

    106 Rivista Marittima-Febbraio 2013

    tili di emergenza, oltre a modificare quelleancora in costruzione.

    Inoltre, un significativo tonnellaggio dicarichi non fu tempestivamente trasportatoal di là dell’Atlantico poiché molte navi,già costruite, dovevano restare ferme neicantieri oppure ritornarvi, per via di questiinterventi.

    Il morale degli equipaggi mercantili, giàmesso a dura prova dai rischi delle traver-sate belliche, subì a sua volta un contrac-colpo. Tra i marinai cominciarono acircolare voci, che attribuivano alla scarsaresistenza delle saldature il fatto che le loronavi potessero spezzarsi in modo così su-bitaneo e inaspettato (9). L’ampiezza degliinterventi di modifica e di rinforzo degliscafi è forse attribuibile anche dall’esigenzadi rassicurare gli equipaggi.

    Qualche altro dato conferma la gravitàdel problema.

    In totale furono costruite durante laguerra 2.700 navi da carico «Liberty» del

    tipo «EC2», 646 petroliere, per lo più deltipo «T2» e 383 navi da carico «Victory».A queste si aggiungevano altre unità utiliper lo sforzo bellico degli Stati Uniti o con-cesse in uso agli alleati degli Americani inbase alla legge degli Affitti e Prestiti.

    Nella rassegna già citata, effettuata dallaCommissione ad hoc nominata dal Segre-tario per la Marina degli Stati Uniti, furonoprese in esame le 4.712 unità mercantili co-struite durante il programma di emergenzabellico. Tra tutte queste unità (Vds. dia-gramma in alto), 970 navi subirono una opiù lesioni strutturali. Vi furono 127 segna-lazioni di fratture di «Classe 1» e 739 difratture di «Classe 2». In 25 unità si fratturòcompletamente il ponte (24 casi) oppure ilfondo dello scafo.

    Poiché le costruzioni dell’ultima partedel conflitto incorporarono vari migliora-menti, la percentuale più significativa dellelesioni gravi e degli affondamenti riguardòunità costruite nella fase iniziale del pro-

    Incidenza dei casidi frattura in tutte le navi costruite durante il programma di emergenza.

  • L’alleata degli «U-Boote»

    Rivista Marittima-Febbraio 2013 107

    gramma di emergenza.La necessità di percorrere rotte incon-

    suete con qualunque tempo, e in particolaredi navigare con climi molto freddi, ebbe uneffetto dominante su questo tipo di pro-blema. Infatti, su un campione di 667 «Li-berty EC2-S» varate dopo il febbraio 1943,furono registrate, entro l’aprile 1946, 620segnalazioni di fratture di ogni tipo, la mag-gior parte delle quali manifestatesi conbassa temperatura sia in mare aperto (510casi) sia in porto (37 casi).

    Presa la decisione di correre ai ripari, icantieri navali dovettero fare fronte a unagrande mole di lavoro aggiuntivo. Per esem-pio, più di 2.000 unità «EC2-S» — ovveroquasi la totalità delle navi «Liberty» già co-struite — furono sottoposte a riparazioni oa modifiche di varia entità, soprattutto nellezone attorno ai boccaporti.

    Le navi destinate al trasporto truppe ri-cevettero ulteriori e particolari modifiche.A questo scopo, nei cantieri dove si prati-cava la costruzione saldata si dovette ri-tornare alla costruzione con chiodi acaldo, addestrando appositamente unaparte del personale assunto per l’emer-genza bellica.

    È stato riportato che una squadra di ope-rai poteva inchiodare allo scafo un singoloelemento longitudinale aggiuntivo, dellalunghezza di soli 10 metri, in circa una set-timana. Se si confronta questo tempo conlo straordinario ritmo raggiunto nella co-struzione saldata delle navi «Liberty», conuna media di 70 giorni tra l’impostazione eil varo e un record di 4 giorni ottenuto conla Robert E. Peary, appaiono evidenti lemille difficoltà pratiche create dal problemadella frattura fragile.

    Infine, molte risorse dovettero essere im-piegate nelle indagini, negli studi e nelleesperienza che dovettero essere eseguiteper venire a capo di questo problema.

    La battaglia contro la frattura fragile

    Il problema della frattura fragile dellenavi «Liberty» fu affrontato in molti modidiversi.

    Sul fronte dell’ingegneria navale, furonoripetuti i calcoli della sollecitazione negliscafi e furono eseguite misure accuratedelle deformazioni locali sotto sforzo, resepossibili anche dai progressi della tecnicaestensimetrica di analisi delle tensioni.

    Si constatò che le sollecitazioni rientra-vano comunque nei valori cautelativi comu-nemente adottati, ma che in corrispondenzadi certe zone, quali le aperture dei bocca-porti, lo sforzo a cui era sottoposto il mate-riale, ovvero la tensione locale, potevaraggiungere valori da due a quattro volte su-periori a quelli nominali, forniti dal metododi calcolo in uso a quel tempo. Il fatto cheattorno alle aperture nella trave-scafo siavesse una concentrazione della tensionenel materiale era già noto (10), ma ciò nonbastava a spiegare, da solo, la frattura fra-gile dello scafo. Correttamente, si ritenneche una parte essenziale del problema risie-desse nei difetti delle saldature presenti inqueste zone di forte sollecitazione.

    Una grande parte delle fratture delle navi«Liberty» si manifestò infatti in corrispon-denza della zona attorno allo spigolo vivodell’apertura dei boccaporti rettangolari, so-prattutto in quello n. 3 al centro della nave.

    Le fratture si creavano non solo nellazona dello spigolo vero e proprio, doveconvergevano varie parti strutturali, maanche nelle sue vicinanze. In particolare,poiché la saldatura delle lamiere del pontein vicinanza della mastra del boccaportodoveva essere completata manualmente, vierano spesso difetti di penetrazione o dialtra natura in queste saldature.

    Situazioni simili a questa furono abba-

  • L’alleata degli «U-Boote»

    108 Rivista Marittima-Febbraio 2013

    stanza frequenti anche in altre zone delloscafo. La combinazione di difetti, se nondi errori veri e propri, nel progetto deidettagli strutturali, uniti a locali difetti disaldatura determinò spesso l’origine diquelle fratture, che poi avanzavano fulmi-neamente, in modo fragile, attraverso lelamiere circostanti.

    Un’altra zona di concentrazione dellatensione, dove frequentemente si origina-rono le fratture delle navi «Liberty» si tro-vava in corrispondenza di quella sorta diintaglio che era realizzato sulle lamiere dellafiancata, in corrispondenza della accomoda-tion ladder ovvero della scala di fuori banda.

    Furono quindi progettati e messi in

    Le zone più critiche per la frattura della navi tipo «Liberty EC2-S» (11).In Basso: Esempi di rinforzi (a) e di crack arrester (b) introdotti sulle unità «Liberty EC2-S».

  • L’alleata degli «U-Boote»

    Rivista Marittima-Febbraio 2013 109

    opera vari tipi di rinforzo, talvolta diversitra loro, per le zone dello scafo più sog-gette a frattura.

    L’effetto di concentrazione della tensionecreato dagli spigoli vivi dell’apertura deiboccaporti fu attenuato riportando, interna-mente a essi, rinforzi per lo più raccordaticon ampio raggio e, inoltre, saldando oppureinchiodando sul ponte altre piastre di rin-forzo (Vds. figura pag. precedente (a)).

    Molti altri dettagli strutturali furono mo-dificati o rinforzati: dalla base di certi pun-tali, alla zona di congiunzione tra il ponte ela tuga, fino agli alberi di carico.

    Sulle navi per trasporto truppe si adotta-rono speciali precauzioni per arrestarequelle fratture che si fossero accidental-mente create. A tale fine si tornò a sfruttareuno dei noti vantaggi della costruzione chio-data, nella quale la continuità della strutturadello scafo è interrotta dalle numerose giun-zioni tra le lamiere. Ciò impedisce quel-l’avanzamento quasi istantaneo einarrestabile della frattura, che si osservavanegli scafi saldati delle navi «Liberty».

    Sul ponte e sulle fiancate furono perciòpraticati dei tagli, spesso compresi tra dueforature che ne rendevano ottuse le estre-mità. Al di sopra di questi intagli furono in-chiodati appositi elementi di lamiera, detticrack arresters (Vds. figura pag. precedente(b)). Se una frattura avesse avanzato fino auno di questi elementi si sarebbe perciò ar-restata, almeno fino a che nella parte adia-cente non si fosse originata una nuovafrattura.

    Tramite il taglio si intendeva inoltre far ri-lassare i temuti stati di coazione (locked-instresses ovvero tensioni residue) che insor-gono soprattutto nella costruzione saldata.

    Con questi accorgimenti, e anche graziealla inchiodatura di robusti angolari nellazona di collegamento tra ponte e fiancata, sipotevano arrestare le fratture più pericolose.

    Questi crack arresters relativamente primi-tivi, rispetto alle soluzioni successivamenteescogitate, si rivelarono infatti efficaci.

    Le fratture delle petroliere «T2» si eranomanifestate diversamente, spesso in zone diunione tra paratie trasversali e longitudi-nali. Nella Schenectady l’innesco della frat-tura fu attribuita alla combinazione di duedifetti locali, l’uno di tipo costruttivo, l’al-tro di saldatura. Nella Esso Manhattanl’origine della frattura fu localizzata in unasaldatura di testa tra due lamiere poste alcolmo (crown) del ponte di coperta. Varialtri dettagli costruttivi avevano creatomolti problemi, anche quando non si eranomanifestate lesioni catastrofiche. Per le pe-troliere «T2» furono quindi progettate altremodifiche, tra cui l’aggiunta di robusti cor-renti longitudinali.

    Nonostante le modifiche, tuttavia, casi difrattura continuarono a essere segnalati. Al-meno due delle navi modificate subirono le-sioni catastrofiche, o si spezzarono in duenei mesi immediatamente successivi allafine della guerra. La petroliera T2 DonbassIII, che recava due robuste travi di rinforzoal di sotto del ponte, si fratturò a partire dallachiglia durante una burrasca.

    Le unità del tipo «Victory» e le altre rea-lizzate nell’ultima parte della guerra bene-ficiarono dei miglioramenti introdotti nelprogetto originario e furono perciò menosoggette a questo problema, senza essernecompletamente esenti. Nessuna nave «Vic-tory» fu perduta per questa causa.

    Gli altri approcci al problema della frattura

    Le navi erano state costruite con acciaioprodotto con il processo Bessmer, per lopiù del tipo effervescente (rimmed steel), abasso tenore di Carbonio, del tipo usual-

  • L’alleata degli «U-Boote»

    110 Rivista Marittima-Febbraio 2013

    Valori di resilienzaCharpy V a varietemperature, misurati su campioni prelevati nelle zone di inizio (1) e di arresto (2) delle fratture.

    mente utilizzato a quel tempo. Si eseguirono numerose prove su cam-

    pioni di lamiera e di unioni saldate prelevatisia da unità che avevano subito gravi le-sioni, sia dal materiale fornito ai cantieri.

    Si constatò che le specifiche relative alleproprietà meccaniche e alla composizionechimica dell’acciaio erano rispettate. Tutta-via, gran parte del materiale delle navi cheavevano subito gravi lesioni aveva medio-cre o insufficiente resilienza a bassa tempe-ratura. In altre parole, l’energia necessariaper spezzare una provetta standard con in-taglio (notched), urtandola violentementecon una mazza, era non solo inferiore aquella misurata a temperatura ambiente maera di per sé molto bassa. Nelle lamiere dacui si erano originate le fratture si osservòquesta bassa resilienza (indicata come notchsensitivity) a temperature superiori a 0°C(Vds. figura in alto).

    Furono perciò introdotti vari migliora-menti nella metallurgia degli acciai. Fu, daallora in poi, prescritto di misurare la resi-lienza a freddo, per la quale furono fissatiopportuni limiti, dapprima nella misura di

    15 ft×lb (20,3 J) e in seguito di 30 ft×lb.Si era inoltre osservato che le fratture si

    manifestavano con frequenza più elevatadella media sulle unità realizzate da alcunicantieri navali. Per esempio, varie unità«T2» spezzatesi in due nell’immediato do-poguerra, provenivano dallo stesso cantierein cui era stata costruita la SS Schenectady(Vds. Appendice a fine articolo). Invece ilcantiere Marin-er, dove si praticavano si-stematicamente anche controlli non distrut-tivi gammagrafici, aveva prodottopochissime navi soggette a lesioni.

    Furono perciò condotte serrate indaginisui procedimenti costruttivi presso i can-tieri, che portarono a una maggiore severità(12) e sistematicità sia nell’addestramentoe nella qualifica dei saldatori, sia nelle ispe-zioni e nei controlli non distruttivi.

    Il processo di saldatura in sé stesso fuassolto da colpe, anche se erano usati elet-trodi con rivestimento cellulosico, non deltutto raccomandabile per la costruzionenavale saldata.

    Fu constatata l’impossibilità di eliminarele tensioni residue, ma si migliorarono le

  • L’alleata degli «U-Boote»

    Rivista Marittima-Febbraio 2013 111

    sequenze e i metodi di saldatura e di assem-blaggio, in modo da ridurre le distorsioni efavorire la realizzazione di saldature dibuona qualità.

    Sia negli Stati Uniti sia nel Regno Unitofurono costituiti organismi destinati a inve-stigare sulle cause delle fratture, proporresoluzioni, promuovere ricerche teoriche esperimentali. Si citano il Board of Investi-gation nominato dal segretario della Marinastatunitense Forrestal e l’affine AdmiraltyShip Welding Committee britannico. Il WarMetallurgy Committee e l’Office of Scien-tific Research and Development della Na-tional Academy of Science statunitensepromossero la collaborazione di acciaierie,cantieri ed enti di ricerca, anche universitari.Istituzioni non governative, tra le quali laAmerican Society for Testing and Materials(ASTM), dettero contributi importanti.

    Gli organismi ufficiali raccolsero e ana-lizzarono sistematicamente tutti i dati pos-sibili circa le navi sulle quali si eranomanifestate fratture.

    Non solo si esaminarono le rotte percorse,i carichi utili e di zavorra trasportati, le con-dizioni climatiche (in particolare la tempe-ratura), ma si giunse perfino a verificare seil nome William, attribuito a varie unità chesi erano fratturate, rappresentasse un’anoma-lia statisticamente significativa.

    Alcune tra le migliori menti e i migliorilaboratori dalle due parti dell’Atlantico siapplicarono a ricerche in questo campo,sviluppando approcci e tecniche avanzate.Per esempio Constance Tipper, una metal-lurgista britannica, usò per la prima volta,a tal fine, la microscopia elettronica.

    Furono ideate prove adatte a riprodurrein laboratorio quel tipo di frattura che cosìdrammaticamente si era manifestata sullenavi. La difficoltà di questa impresa futale che solo nel 1944 si ottennero risultatiripetibili.

    I risultati delle prove standard, compresequelle di resilienza, erano infatti difficil-mente correlabili con quanto si osservavanelle strutture saldate degli scafi. Fu quindinecessario ideare e mettere a punto nuovitipi di campioni, saldati o recanti acuti in-tagli, più rappresentativi delle strutture sal-date da analizzare o da progettare. Anchequeste prove furono condotte a varie tem-perature. Si riuscì così a individuare la tem-peratura critica (Nil Ductility Transitiontemperature) al di sotto della quale un pic-colo difetto poteva determinare la temutafrattura fragile in una struttura navale sal-data. Merita una citazione, a questo propo-sito, William Pellini, un italo americanoche operava presso il Naval Research Lab-oratory statunitense, che ideò tra l’altro ilmetodo del Drop Weight Test.

    Con queste tecniche si poté affrontare lospecifico problema della frattura nelle navidel programma di emergenza e in altri casianaloghi. Queste stesse tecniche non eranotuttavia idonee ad affrontare sic et simplici-ter altri problemi di frattura, quali, per esem-pio, quelli presentati da altri tipi di acciaio,caratterizzati da un divario meno netto emarcato tra comportamento duttile a tempe-ratura ambiente e comportamento fragile afreddo. Mancava, in altre parole, un validoapproccio di carattere generale.

    Grazie agli sforzi di ricerca compiuti persuperare questa nuova difficoltà, nel corsodella quale ricerca si misero particolar-mente in luce George Irwin ed Egon Oro-wan, anche essi del Naval ResearchLaboratory, si riscoprirono i classici risul-tati del britannico Alan Griffith (13) e sigettarono le basi di una nuova disciplina,che doveva poi chiamarsi Meccanica dellaFrattura, la quale ha raggiunto la maturitàun paio di decenni dopo i fatti qui narrati(14) e forma tuttora oggetto di studio.

    Ma questa è un’altra storia. n

  • L’alleata degli «U-Boote»

    112 Rivista Marittima-Febbraio 2013

    AppendiceLE VITTIME DELLA FRATTURA FRAGILE

    LE NAVI PERDUTE A CAUSE DELLA FRATTURA FRAGILE DURANTE LA GUERRA SAREBBERO STATE LE SEGUENTI

    Nominativo Tipo Data perdita NoteThomas Hooker «EC2-S» 05.03.1943 Gravi lesioni strutturali mentre navigava

    in convoglio da Bona verso Terranova.Il relitto, alla deriva e senza equipaggio,fu silurato dal sommergibile U 653 il 12.3.43

    J. L. M. Curry «EC2-S» 07.03.1943 Gravi lesioni strutturali mentre navigavacon mare grosso nel convoglio RA53di ritorno da Murmansk. Il relitto, quasispezzato in quattro parti, che fu poi affondato dal trawler HMS Northern Wave.

    Joseph Smith «EC2-S» 24.11.1943 Gravi lesioni strutturali mentre navigavacon mare grosso nell’Atlantico settentrionale.Abbandonata e affondata dalle navi di scorta

    John P. Gaines «EC2-S» 09.01.1944 Spezzata in due mentre navigava con navegrosso tra le Aleutine e la costa Statunitene.Undici uomini perduti, dopo essersi imbarcati su una lancia. La parte poppiera, restataa galla, si incagliò infine sulla costa dell’isolaBig Koniuji

    Samuel Dexter «EC2-S» 21.01.1944 Gravi lesioni mentre navigava nel NordAtlantico; il relitto, abbandonato alla deriva,si incagliò spezzandosi in due.

    Joel R. Poinsett «EC2-S» 04.03.1944 Spezzata in due in una tempesta, mentrenavigava in convoglio nel Nord Atlantico.Il troncone poppiero del relitto fu ritrovatoe trainato nel porto di Halifax il 22 marzodal rimorchiatore Foundation Franklin.

    NON FURONO REGISTRATE TRA LE PERDITE BELLICHE, PUR ESSENDOSI SPEZZATE COMPLETAMENTE IN DUE, LE SEGUENTI NAVI

    Nominativo Tipo Data incidente NoteSchenectady «T2» 15.01.1943 Spezzata in due all’ormeggio a Portland.Esso Manhattan «T2» 29.03.1943 Spezzata in due in entrata nel porto di New

    York.Valery Chkalov «EC2-S» 11.12.1943 Unità in prestito all’Unione Sovietica.

    Spezzata in due in mare aperto. I tronconifurono rimorchiati a Adak nelle Aleutinee poi a Vancouver.

    La Schenectady, riparata e rientrata in servizio nell’aprile 1943, terminò la sua carriera con il nomeDiodato Tripcovich attribuitogli dal noto armatore triestino e fu demolita a Genova nel 1962.

    Anche la Esso Manhattan, riparata, rientrò in servizio nel giugno1943 ma subì un altro cedimento mi-nore nel settembre 1944. Nuovamente riparata, prestò a lungo servizio e fu demolita nel 1974 (15). Tra lenumerose vicende di questa nave vi è anche il mancato speronamento di un sommergibile.

    La Valery Chkalov, dopo le riparazioni, fu ribattezzata Alexander Baranof e navigò da allora sotto ban-diera americana. Fu demolita a Philadelphia nel 1965.

    Per quanto riguarda gli episodi di gravi fratture manifestatisi nel dopo guerra, qui ci si limiterà a elencarei casi che riguardano alcune delle 153 petroliere tipo «T2» varate presso quello stesso cantiere che avevacostruito la Schenectady.

  • L’alleata degli «U-Boote»

    Rivista Marittima-Febbraio 2013 113

    NOTE(1) C. J. Tassava (2003), Weak seams, History & Technology, Vol. 19 (2), pag. 87, dove, per errore, lo si at-tribuisce al caso della SS. Schenectady.(2) www.usmm.org/tankers.html.(3) A. Meriggiali (2005), «Liberty, Victory e T2», in Rivista Marittima, agosto 2005, pag. 83.(4) Anon, «The design and methods of construction of welded steel merchant vessels, Final report of a Boardof Investigation 15.7.1946», in The Welding Journal, vol.26, n.7, July 1947, pag. 569.(5) Nel Regno Unito si usava il termine Grade, per evitare confusioni con le classi degli acciai.(6) C. F. Tipper (1962), The Brittle Fracture Story, Cambridge University Press.(7) http://www.uboat.net/allies/merchants/types.html?class=Liberty; vedi anche: Davies, «Liberty cargoships», in www.WW2ships.com.(8) E. Andò, E. Bagnasco, Navi e marinai italiani nella 2a guerra mondiale, 2a ed., Alberelli, 1981.(9) Vedi: «Oh those famous cracks», in http://navalmerchantshiparticles.blogspot.com. (10) Inglis, C.E., (1913), Stresses in a plate due to the presence of cracks and sharp corners, Trans. Royal In-stitute of Naval Architectes, 60, pag. 219.(11) Anon, The design and methods of construction of welded steel merchant vessels, Op. cit.(12) Furono comminate pene carcerarie ad alcuni saldatori giudicati poco scrupolosi.(13) A. A. Griffith (1920), The phenomena of rupture and flow in solids, Phil. Trans Royal Society, Vol.A221,pag. 163.(14) J. M. Barsom, (1987) Fracture Mechanics Retrospective, ASTM, RPS 1.(15) http://www.aukevisser.nl/inter/id183.htm; http://en.wikipedia.org/wiki/List_of_Liberty_ships;http://www.t2tanker.org/display-tankers-test.php?t2table=kaiser, http://www.uss-sarsi.org/donbass.html.(16) http://files.asme.org/ASMEORG/Communities/History/Landmarks/5654.pdf.

    Nominativo Data incidente NoteSackett’s Harbor 03.01.1946 Spezzata in due al largo delle Aleutine a Sud delle

    Aleutine. Il troncone poppiero raggiunse il portodi Adak con i propri mezzi, navigando all’indietro.

    Donbass III 17.02.1946 Ceduta all’Unione Sovietica. Spezzata in due al largo(ex Beacon Rock) delle Aleutine con 15 perdite umane. La poppa fu

    rimorchiata a Port Angeles. Alcuni uomini dell’equipag-gio e il Comandante, sulla prora, attesero i soccorsi dellanave russa Belgorod, che rimorchiò quel relitto a Dutch Harbour.

    Fort Sumter 10.05.1946 Spezzata in due a Sud di Attu nelle Aleutine. Il relittorimasto alla deriva fu in seguito affondato.

    Fort Deanborn 12.03.1947 Spezzata in due. Il troncone poppiero fu rimorchiatonel porto di Honolulu.

    Pendleton 18.02.1952 Spezzata in due durante una tempesta al largodi Boston, con la perdita di vari marinai e dello stessoComandante. Durante i soccorsi ai supersiti che sitrovavano sul troncone poppiero, incagliato, furono compiuti atti di grande valore.

    In vari casi le motrici con turbina a vapore delle «T2» trovarono, dopo l’incidente, un utile impiego. Inparticolare, la turbina della Donbass III fu utilizzata per realizzare una delle prime centrali elettriche nu-cleari, quella di Vallecitos, a cui è dedicato un piccolo museo (16).

    La Sackett’s Harbour ricevette — dopo qualche tempo — una nuova prora e riprese a navigare con unnuovo nome: Angelo Petri essendo stata trasformata da questo viticultore italo-americano in una nave ci-sterna per il trasporto del vino dalla California a New York. Fu demolita, dopo varie altre vicende, nel 1978.

    View publication statsView publication stats

    https://www.researchgate.net/publication/272833821

Recommended