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Masterman: The Media Education Revolution€¦ · Len Masterman aveva indicato in Teaching the...

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Media education
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Page 1: Masterman: The Media Education Revolution€¦ · Len Masterman aveva indicato in Teaching the Media (1985) sette ragioni per introdurre la Media education nella scuola. 1. La pervasività

Media education

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Definire i concetti

Modello: “è un paradigma o schema in cui una teoria (sociologica, filosofica…) ispira una pratica educativa (P.C.Rivoltella, Media Education…, p.13)

Struttura didattica: secondo Andrew Hart la ME per entrare con pieno diritto nella scuola deve rispondere a queste tre domande (Hart, 1998):

1. Perché insegnare i media?

2. Che cosa insegnare dei media?

3. Come (con quale metodo) insegnare i media?

A. Hart non sviluppa un aspetto oggi molto discusso: come valutare i risultati della ME

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Perché insegnare i media nella scuola

Len Masterman aveva indicato in Teaching the Media (1985) sette ragioni per introdurre la Media education nella scuola.

1. La pervasività dei media. Un esempio: Media Literacy. Resources Guide, Toronto 1989. “Nei 12 anni della scuola primaria e secondaria: 11.000 ore sono trascorse nelle aule scolastiche a fronte di 15.000 passate davanti alla tv, oltre alle 10.500 date alla popular music…”.

2. Il fatto che i media costituiscono un’industria delle coscienze. Non sono neutrali. Comprano audience per venderla ai pubblicitari. Impongono modi e stili di vita. Controllano economia e politica.

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Perché insegnare i media nella scuola

3. I media sono una formidabile fabbrica delle notizie secondo le rigide regole dell’agenda setting (stabiliscono ciò che è rilevante per la comunicazione nella società) o del gatekeeper (sono i guardiani che filtrano le informazioni che diverranno di dominio comune). La multinazionale delle agenzie di stampa fornisce la stragrande maggioranza delle notizie che troviamo sui giornali, alla radio e in televisione…

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Perché insegnare i media nella scuola

4. Esiste uno stretto rapporto tra ME e democrazia. L.Jospin, ministro dell’educazione nazionale del governo francese agli inizi degli anni ‘90, a conclusione del Colloquio dell’Unesco a Toulouse (1990) sulle nuove tendenze della Media education a livello mondiale, affermava: “Non c’è democrazia senza partecipazione, non c’è cittadinanza attiva senza formazione, non c’è formazione senza informazione, cultura, consapevolezza critica. Se vogliamo che i media servano la vita democratica di un paese, dobbiamo partire da un approccio democratico ed educativo ai media nella scuola. La scuola è necessaria” (Bazalgette-Bevort- Savino, 1992).

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Perché insegnare i media nella scuola

5. L’importanza dell’audiovisivo nella vita moderna. La nostra è una società dell’immagine; viviamo avvolti in un flusso continuo di suoni e immagini. I giovani, in particolare, avvertono il fascino della comunicazione audiovisiva. Si tratta di un linguaggio che deve essere decodificato ed anche usato nelle esercitazioni scolastiche.

6. La privatizzazione dei media: self media, new media, Internet. La stanza del giovane è diventata una piccola centrale di comunicazione mediale in collegamento con tutto il mondo.

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Perché insegnare i media nella scuola

7. La scuola deve educare i giovani per il futuro e il futuro appartiene al mondo della comunicazione e, in particolare, alla comunicazione mediata. La digitalizzazione e globalizzazione dei media, la diversificazione dell’offerta, i problemi valoriali ed etici che essa pone, ripresentano e confermano le ragioni che fanno della Media education un compito imprescindibile della scuola e dell’educazione

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Che cosa insegnare dei media

Un insegnamento sui singoli media era già stato attuato negli anni ‘80. In Francia l’istituzione governativa del CLEMI aveva organizzato fin dal 1983 la “semaine de la presse” in cui le scuole “aprivano le porte” ai giornali e ai professionisti della stampa per una lettura critica dei quotidiani e un confronto sulle informazioni da loro fornite (Gonnet, 1995).

Lo stesso Masterman aveva proposto nel 1980 per l’Inghilterra il suo Teaching about television.

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Che cosa insegnare dei media

L’apporto nuovo e decisivo di Teaching the media (1985) sempre di Masterman, è che viene identificato un terreno comune a tutti i media, un’area di indagine che precede lo studio dei singoli media, una sorta di koiné necessaria per capire che cosa sono i media. Il concetto centrale di questa introduzione allo studio dei media è quello di “rappresentazione”: i media non sono la realtà, ma la rappresentano; non sono “finestre sul mondo”, ma “costruzioni” guidate da interessi economici e ideologici.

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Che cosa insegnare dei media

L.Masterman in Teaching the media indica quattro aree di esplorazione per capire la “logica” dei media:

1.Determinants. E’ più di “condizionamenti”. Si vuole rispondere a queste domande: chi comunica, chi produce e perché? Si prendono in esame le istituzioni dei media. In concreto: di chi è la proprietà? Quali sono gli intrecci tra media e pubblicità? Quali sono le leggi e i codici di autoregolamentazione? Come influisce la routine dei professionisti nella produzione giornaliera dei messaggi mediati?

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Che cosa insegnare dei media

2. Rhetoric. I media possiedono un linguaggio

proprio, con categorie e generi propri; un loro modo di codificare i messaggi, una loro retorica. Come avviene la selezione delle informazioni e delle immagini? Come avviene il montaggio, l’editing dei materiali disponibili? Qual è il significato di una inquadratura, di un primo piano o di un dettaglio?

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Che cosa insegnare dei media

3. Ideology. I media sono i grandi forgiatori dell’ambiente culturale in cui viviamo. George Gerbner, decano storico dell’ Annenberg School of Communication di Filadelfia (USA) e fondatore del Cultural Environment Movement (St.Louis 1996), ha analizzato per oltre trent’anni questo fenomeno: “I media costituiscono un sistema di storie e immagini che modellano molto di ciò che siamo, pensiamo, facciamo; e di come gestiamo la nostra vita. Sono i cantastorie, gli stories tellers del tempo moderno”.

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Che cosa insegnare dei media

4. Audience. Attraverso quale processo di “negoziazione” il giovane coglie il significato dei testi mediali o ne crea un altro alternativo? In America latina sono privilegiati gli studi sulla ricezione. Lo studio sulla “negoziazione” è necessaria per comprendere quale significato i messaggi dei media hanno per i giovani. Che poi il recettore divenga competente e critico, è compito della Media education.

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Come insegnare i media Dodici anni di esperienze fatte nelle scuole e con gli

insegnanti che hanno aderito alla nostra proposta di ME. Teleduchiamo (Elledici, Torino 1994) parla delle esperienze realizzate agli inizi degli anni ’90 nelle scuole medie di Roma e Milano. Da questa esperienza traiamo alcune indicazioni di metodo:

1. la ME è affidata a un team di docenti. Non abbiamo previsto né una nuova materia scolastica né un insegnante specializzato. Abbiamo invece proposto un “gioco di squadra” il cui regista è stato (nella scuola media) l’insegnante di lettere, in collaborazione con quello di educazione tecnica ed artistica.

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Come insegnare i media

2. Il percorso di ME ha costituito un curricolo progressivo e a spirale (dalla fotografia, alla tv, ai giornali…). Si trattava di un curriculum across the curriculum (Masterman, 1997) secondo un approccio multidisciplinare.

3. Le attività di analisi e di produzione (lavoro pratico) procedevano di pari passo: analisi semiotica dell’audiovisivo (ad es.dell’immagine pubblicitaria), uso della telecamera ed esperienze di montaggio… Il lavoro pratico deve conservare le caratteristiche di un esercizio didattico, senza voler imitare i professionisti. La collaborazione di un professionista dei media (in qualche caso si tratta di un genitore degli alunni) offrirà alle produzioni scolastiche la garanzia di correttezza e di buona qualità della sua realizzazione.

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Come insegnare i media 4. La ME possiede un proprio stile: democratico (non

di imposizione autoritaria), attivo, cooperativo, laboratoriale, di gioiosa scoperta e confronto, di “scambio generazionale” (Scurati). In questo campo, infatti, gli insegnanti hanno molto da imparare dai loro alunni (più esperti di loro quanto a conoscenza dei media e all’uso delle tecnologie); ma hanno anche da dare in termini di saggezza, quadri culturali, aspetti valoriali.

5. La ME è un processo a lungo termine e olistico. Gli obiettivi della competenza mediale e dell’autonomia critica vengono raggiunti nel lungo periodo. La ME coinvolge la responsabilità delle famiglie e richiede l’educazione continua degli adulti. La scuola può farsi promotrice di “scuole per adulti” anche nel settore della ME.

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Una definizione dell’alunno “Media Literate”

E’ il ragazzo alfabetizzato e competente in materia di media, che ha capito come vengono costruiti i messaggi e sa decodificarli; è informato su come funziona l’industria dei media. Sa distinguere i diversi generi dei media e, soprattutto, distingue la realtà dei fatti dalla rappresentazione mediata. Sa usare il linguaggio dei media e realizzare semplici esperienze di produzione (A.Hart).

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Una nuova figura professionale:

il media educator

Lo sviluppo che la Media education sta avendo nelle scuole, e la parallela preparazione di nuove figure professionali nelle università, consiglia l’istituzionalizzazione di una nuova figura professionale, quella del media educator come è stato proposto da P.C.Rivoltella nell'editoriale di “InterMed” del luglio 1997.

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Una nuova figura professionale:

il media educator

Il media educator diverrà:

il punto di riferimento di tutti gli insegnanti che promuovono percorsi di ME nelle loro classi

il coordinatore delle iniziative “mediali” della scuola

la persona competente alla quale si potrà far ricorso nei dubbi e nelle difficoltà.

Di fatto le università italiane si stanno muovendo in questa direzione avviando corsi di laurea triennale, master e lauree specialistiche che metteranno sul mercato migliaia di potenziali media educator.

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Il media educator nella scuola italiana: due tipologie

1. Il media educator potrà far parte dell’organico della scuola secondo due possibilità: come “funzione obiettivo” (FOB), cioè come insegnante che, in possesso di specifiche competenze e in aggiunta alla sua normale attività didattica, si incarica di coordinare, sostenere e monitorare le attività didattico-formative relative alla ME (o come tutor secondo la riforma Moratti); oppure come insegnante disciplinare nel caso che la scuola del futuro preveda un curricolo di ME.

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Il media educator nella scuola italiana: due tipologie

2. Il media educator potrà anche essere un esperto extrascolastico che interviene con gli alunni (possibilmente in copresenza con uno o più insegnanti di classe), oppure come animatore delle attività extracurricolari di ME (cicli di cinelettura, laboratori teatrali e di produzione audio e video, ecc.) o come formatore dei docenti.

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Il media educator: altri sbocchi professionali

I media educator potranno trovare un’occupazione anche nell’extra scuola (biblioteche, ludoteche, mediateche, attività di gruppi giovanili…), nel non profit (handicappati, centri per anziani, centri per il ricupero, carceri…), nei comuni e province, nelle aziende per la formazione del personale…

Si è rivelato funzionale un coordinamento extrascolastico di tipo associativo che mette in comune le competenze, favorisce lo scambio delle esperienze, consente l’approfondimento delle motivazioni. Così è avvenuto in Canada con l’Association for Media Literacy, in Francia con il CLEMI, in Italia con il MED (il MED-Media education, Associazione italiana per l’educazione ai media e alla comunicazione, www.medmediaeducation.it ).

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L’educomunicatore

Geneviève Jacquinot, San Paolo 1998)

“In un’epoca segnata dai satelliti delle telecomunicazioni e da Internet, la scuola vive al ritmo della macchina a vapore”

Chi è l’educomunicatore? Non è un insegnante specializzato che si occupa del corso di educazione ai media; è piuttosto un insegnante del XXI secolo che integra i differenti media nella sua prassi pedagogica.

Una delle sfide attuali della scuola è di integrare i modi tradizionali dell’educazione con l’appropriazione delle conoscenze che avviene attraverso la “cultura mediatica” degli allievi.

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Chi è un educomunicatore?

Un educomunicatore:

è un educatore che ha acquisito la doppia formazione in scienze dell’educazione e in scienze della comunicazione;

è un educatore cosciente che l’educazione “di massa” e “multiculturale” va oltre i tradizionali saperi scolastici;

è l’educatore che non disprezza la cultura mediatica, particolarmente quella televisiva che piace ai giovani, ma prende appoggio su questa per il suo insegnamento e la mediazione educativa;

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Chi è un educomunicatore?

vede nei media una ricchezza, sia per i loro contenuti

informativi, sia per il modo con cui i media danno una rappresentazione del mondo; e non ignora la necessità di analizzare, di paragonare, di rettificare queste stesse rappresentazioni;

è convinto che la visione di un programma televisivo non è un atto “passivo”, ma mobilita una quantità di “micro-saperi”. L’insegnante può aiutare l’allievo a mettersi in relazione con questi micro-saperi in modo da costruire la sua conoscenza e trovare un senso per la vita;

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Chi è un educomunicatore?

- è consapevole che quando introduce nella scuola i media come oggetto di studio, non lo fa per ottenere dall’allievo uno pseudogiornalista o un apprendista-presentatore, ma per insegnare al giovane ad analizzare i media dal triplice punto di vista del “potere” economico ed etico (politico) che li produce, delle “messe in discorso e in scena” che costruiscono i messaggi, dell’audience che dà “il senso” agli stessi messaggi;

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Chi è un educomunicatore?

- accetta di fare entrare nella scuola altri universi e altri modi d’appropriazione della realtà che non siano quelli tradizionali; l’insegnante può, a partire dalle emozioni provocate dalla televisione e dagli altri media, lavorare sulle diverse “messe in scena reali” e costruire progressivamente un pensiero rigoroso,

In una parola, l’educomunicatore riconosce di non avere più il monopolio della trasmissione dei saperi e che nella scuola l’insegnante non è l’unico ad avere il diritto di parola.

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Chi è un educomunicatore?

accetta il nuovo rapporto dell’educatore-adulto con l’allievo, e degli allievi fra loro e un nuovo rapporto di tutti verso la conoscenza: l’allievo può insegnare al maestro (soprattutto nella manipolazione delle nuove tecnologie), gli allievi possono imparare fra loro (confrontando i loro punti di vista o le loro fonti d’informazione o le soluzioni che sono date ai problemi posti, in un dialogo diretto o per via informatica: posta elettronica, chat…);

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Cambiamento degli obiettivi e dei metodi dell’insegnamento

i media spodestano l’insegnante dall’unica “expertise” che viene ora ad essere più diffusa;

l’insegnante che lavora sui media non è più l’unico depositario delle conoscenze da trasmettere a chi non sa. L’informazione appartiene a tutti e i media “mettono” quasi allo stesso livello allievi e professori;

quando si lavora con i media, l’attenzione va più su colui che apprende, che non su ciò che si impara;

finalmente, con i media ciò che si è appreso a scuola esce dalla cornice scolastica e si proietta nella vita quotidiana. La scuola diventa con la vita e per la vita.

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Il ruolo insostituibile dell’educatore

In questa proliferazione delle fonti d’informazione e dei saperi, l’educomunicatore deve più che mai riaffermare il suo ruolo insostituibile: non si tratta di accumulare le informazioni (alle quali l’alunno può accedere da solo), ma di servirsi delle informazioni per accedere alla “conoscenza” e sviluppare una competenza concettuale e strumentale con cui si costruisce una certa visione del mondo.

La scuola ha sempre bisogno di ciò che si chiama “funzione ritardo”: rimanere uno spazio riservato, al riparo dall’invasione dei media, “prendere il suo tempo” senza essere “fuori del tempo”.

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Il ruolo insostituibile dell’educatore

Nella pratica scolastica, l’educomunicatore quando affronta un argomento dovrà chiedere agli allievi ciò che loro già sanno, dove lo hanno appreso, dovrà confrontare le fonti d’informazione, rettificare gli errori o colmare i vuoti, avendo sempre presente l’obiettivo di esigere il rispetto dei valori democratici (i diritti del cittadino) e di accompagnare il processo cognitivo di ciascun alunno (formazione intellettuale), sia che si parli di Cristoforo Colombo che della guerra del golfo.

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Nasce un mondo nuovo

Gli insegnanti dovranno accettare che le

nuove generazioni hanno altri modi di apprendimento.

Dal paradigma della trasmissione delle conoscenze al modello interpretativo e relazionale della conoscenza.

La preoccupazione cognitiva della scuola si coniuga qui con la preoccupazione politica: l’educazione ai media è una posta in gioco per la democrazia.

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Come fare media education oggi

L’educazione ai media e alle nuove tecnologie non è una disciplina supplementare che ha bisogno di un corpo d’insegnanti specializzato. La ME deve diventare una parte essenziale di tutta l’educazione e deve interessare tutti gli insegnanti.

Questa formazione, oltre la doppia dimensione teorica (scienze dell’educazione e scienze della comunicazione) comprende alcune parti essenziali.

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Come fare media education oggi la formazione alla manipolazione delle tecnologie e

dei materiali. Bisogna avere fiducia negli allievi che sanno fare spesso meglio di noi con i media: almeno per gli apprendimenti essenziali (trattamento del testo, banca dati…). Liberta’ agli insegnanti bravi e interessati di approfondire le loro conoscenze e di specializzarsi;

la formazione alla specificità dei media e delle tecnologie, come “tecnologie intellettuali”

la formazione alle loro pratiche pedagogiche.

Bisogna introdurre i principi base dell’educazione ai media nella formazione iniziale degli insegnanti come anche nella formazione continua, non sotto una forma opzionale, ma come un insegnamento obbligatorio.

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Perché una nuova formazione? perché le tecnologie richiedono un saper-fare dove

imparare e fare sono strettamente collegati;

perché questi saperi sono instabili e sempre in evoluzione;

perché il loro sviluppo implica non solo l’individuo ma anche il collettivo; non soltanto alcuni insegnanti e allievi, ma tutto l’istituto.

I media pongono la sfida della “cittadinanza”: sono fonte di disuguaglianza (digital divide). E’ compito della scuola democratica e degli insegnanti correggere gli effetti; è tempo che la media education esca dal ghetto, innervi tutta l’istituzione scolastica e costituisca un supplemento “d’anima democratica” per l’uomo e la società del XXI secolo.

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