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MATERIALE PER LA GIORNATA DELLA MEMORIA … · Un sopravvissuto di Varsavia Arnold Schoenberg I...

Date post: 04-Aug-2018
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MATERIALE PER LA GIORNATA DELLA MEMORIA Primo blocco L’arte e l’orrore Un sopravvissuto di Varsavia Arnold Schoenberg I cannot remember everything. I must have been unconscious most of the time. I remember only the grandiose moment when they all started to sing, as if prearranged, the old prayer they had neglected for so many years – the forgotten creed! But I have no recollection how I got underground to live in the sewers of Warsaw for so long a time. The day began as usual: reveille when it still was dark. Get out! - Whether you slept or whether worries kept you awake the whole night. You had been separeted from your children, from your wife, from your parents; you don't know what happened to them - how could you sleep? The trumpets again - Get out! The sergeant will be furious! They came out; some very slow; the old ones, the sick ones; some with nervous agility. They fear the sergeant. They hurry as much as they can. In vain! Much too much noise, much too much commotion - and not fast enough! The Feldwebel shouts: "Achtung! Stilljestanden! Na wirds mal? Oder soll ich mit dem Gewehlkolben nachhelfen? Na jutt; wenn ihr's durchaus haben wollt!" The sergeant and his subordinates hit everybody: young or old, quiet or nervous, guilty or innocent. It was painful to hear them groaning and moaning. I heard it though I had been hit very hard, so hard that I could not help falling down. We all on the ground, who could not stand up were then beaten over the head. I must have been unconscious The next thing I knew was a soldier saying: "They are all dead", whereupon the sergeant ordered to do away with us. There I lay aside half-conscious. It had become very still - fear and pain. Then I heard the sergeant shouting: "Abzählen!" They started slowly and irregularly: one, two, three, four - "Achtung!" the sergeant shouted again, "Rascher! Nochmal von vorn anfangen! In einer Minute will ich wissen, wieviele ich zur Gaskammer abliefere! Abzählen!". Thein began again, first slowly: one, two, three, four, became faster and faster, so fast that it finally sounded like a stampede of wild horses and all of a sudden, in the middle of it they began singing the Shema Ysroël. Non posso ricordare ogni cosa. Devo essere rimasto privo di conoscenza per la maggior parte del tempo. Ricordo soltanto il grandioso momento quando tutti cominciarono a cantare, come se si fossero messi d'accordo, l'antica preghiera che essi avevano trascurato per tanti anni – il credo dimenticato Ma non so dire come riuscii a vivere nel sottosuolo nelle fogne di Varsavia, per un così lungo tempo. Il giorno cominciò come al solito: sveglia quando era ancora buio. Venite fuori! - Sia che dormiste o che le preoccupazioni vi tenessero svegli tutta la notte. Eravate stati
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Page 1: MATERIALE PER LA GIORNATA DELLA MEMORIA … · Un sopravvissuto di Varsavia Arnold Schoenberg I cannot remember everything. ... Rabbrividisco...E sento piangere, ... passato appartiene

MATERIALE PER LA GIORNATA DELLA MEMORIA Primo blocco L’arte e l’orrore Un sopravvissuto di Varsavia Arnold Schoenberg I cannot remember everything. I must have been unconscious most of the time. I remember only the grandiose moment when they all started to sing, as if prearranged, the old prayer they had neglected for so many years – the forgotten creed! But I have no recollection how I got underground to live in the sewers of Warsaw for so long a time. The day began as usual: reveille when it still was dark. Get out! - Whether you slept or whether worries kept you awake the whole night. You had been separeted from your children, from your wife, from your parents; you don't know what happened to them - how could you sleep? The trumpets again - Get out! The sergeant will be furious! They came out; some very slow; the old ones, the sick ones; some with nervous agility. They fear the sergeant. They hurry as much as they can. In vain! Much too much noise, much too much commotion - and not fast enough! The Feldwebel shouts: "Achtung! Stilljestanden! Na wirds mal? Oder soll ich mit dem Gewehlkolben nachhelfen? Na jutt; wenn ihr's durchaus haben wollt!" The sergeant and his subordinates hit everybody: young or old, quiet or nervous, guilty or innocent. It was painful to hear them groaning and moaning. I heard it though I had been hit very hard, so hard that I could not help falling down. We all on the ground, who could not stand up were then beaten over the head. I must have been unconscious The next thing I knew was a soldier saying: "They are all dead", whereupon the sergeant ordered to do away with us. There I lay aside half-conscious. It had become very still - fear and pain. Then I heard the sergeant shouting: "Abzählen!" They started slowly and irregularly: one, two, three, four - "Achtung!" the sergeant shouted again, "Rascher! Nochmal von vorn anfangen! In einer Minute will ich wissen, wieviele ich zur Gaskammer abliefere! Abzählen!". Thein began again, first slowly: one, two, three, four, became faster and faster, so fast that it finally sounded like a stampede of wild horses and all of a sudden, in the middle of it they began singing the Shema Ysroël. Non posso ricordare ogni cosa. Devo essere rimasto privo di conoscenza per la maggior parte del tempo. Ricordo soltanto il grandioso momento quando tutti cominciarono a cantare, come se si fossero messi d'accordo, l'antica preghiera che essi avevano trascurato per tanti anni – il credo dimenticato Ma non so dire come riuscii a vivere nel sottosuolo nelle fogne di Varsavia, per un così lungo tempo. Il giorno cominciò come al solito: sveglia quando era ancora buio. Venite fuori! - Sia che dormiste o che le preoccupazioni vi tenessero svegli tutta la notte. Eravate stati

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separati dai vostri bambini, da vostra moglie, dai vostri genitori; non si sapeva che cosa era accaduto a loro - come si poteva dormire? Di nuovo le trombe - Venite fuori! Il sergente sarà furioso! Vennero fuori; alcuni molto lenti; i vecchi, gli ammalati; alcuni con agilità nervosa. Temono il sergente. Si affrettano quanto più possibile. Invano! Molto, troppo rumore, molta, troppa agitazione - e non svelti abbastanza! Il sergente urla: "Attenzione! Attenti! Beh, ci decidiamo? O devo aiutarvi io con il calcio del fucile? E va bene; se è proprio questo che volete!" Il sergente e i suoi aiutanti colpivano tutti; giovani e vecchi, remissivi o agitati, colpevoli o innocenti. Era doloroso sentirli gemere e lamentarsi. Sentivo tutto sebbene fossi stato colpito molto forte, così forte che non potei evitare di cadere. Eravamo tutti stesi per terra, chi non poteva reggersi in piedi era allora colpito sulla testa. Devo essere rimasto privo di conoscenza. La prima cosa che udii fu un soldato che diceva: "sono tutti morti", al che il sergente ordinò di sbarazzarsi di noi. Io giacevo da una parte - mezzo svenuto. Era diventato tutto tranquillo - paura e dolore. Fu allora che udii il sergente che gridava: "Contateli!". Cominciarono lentamente e in modo irregolare: Uno, due, tre, quattro - "Attenzione!" il sergente urlò di nuovo, "Più svelti! "Cominciate di nuovo da capo! Fra un minuto voglio sapere quanti devo mandare alla camera a gas! Contateli!". Ricominciarono, prima lentamente: uno, due, tre, quattro, poi sempre più presto, sempre più presto tanto che alla fine risuonò come una fuga precipitosa di cavalli selvaggi, e tutto ad un tratto, nel mezzo del tumulto, essi cominciarono a cantare lo Shema Ysroël! Il brano può essere scaricato qui: https://www.youtube.com/watch?v=HuzYhq15Yrk Domanda: il brano di Schoenberg è uno dei modi attraverso i quali l’arte cerca di dire l’indicibile. Quali forme artistiche e quali scelte stilistiche ritenete più adatte per parlare del male, dell’orrore, della morte? MATERIALE PER LA GIORNATA DELLA MEMORIA Secondo blocco L’arte al servizio dello sterminio

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Domanda: qui sopra avete osservato alcuni esempi di arte nazista e antisemita. E’ possibile mettere l’arte al servizio dell’orrore e dello sterminio? Un’opera d’arte antisemita o razzista può essere “bella”?

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MATERIALE PER LA GIORNATA DELLA MEMORIA Terzo blocco L’arte e la resistenza

George Grosz

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Aligi Sassu

Vignetta satirica

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Anne Berger

Anonimo

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Disegno di un bambino del campo di Terezin Domanda: qui sopra avete osservato alcuni esempi di arte antifascista e resistenziale. Quali tra i linguaggi scelti dagli artisti ritenete più efficaci? Quale forma d’arte oggi potrebbe raccontare la tragedia di Aleppo o i migranti annegati nel Mediterraneo?

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MATERIALE PER LA GIORNATA DELLA MEMORIA Quarto blocco L’arte e l’indicibile A proposito della frase di Theodor Adorno “scrivere una poesia dopo Auschwitz è un atto di barbarie”: "Io credo che si possa fare poesia dopo Auschwitz, ma che non si possa fare poesia dimenticando Auschwitz. Una poesia oggi di tipo decadente, intimistico, sentimentale, non è che sia proibita, però suona stonata. Mi pare che la poesia oggi, in qualche modo, dovrebbe pure essere impegnata"1. “Nulla (dell'antica tradizione ebraica) può essere di una qualche utilità per comprendere l'evento che ha nome Auschwitz. Non vi è più posto per fedeltà o infedeltà, fede o agnosticismo, colpa o pena, o per termini come testimonianza, prova, e speranza di salvezza e neppure per forza e debolezza, eroismo o viltà, resistenza o rassegnazione. Di tutto ciò non sapeva nulla Auschwitz che divorò bambini che non possedevano ancora l'uso della parola e ai quali questa opportunità non fu neppure concessa..."2. Mai dimenticherò quella notte, la prima notte del campo, che ha fatto della mia vita una lunga notte per sette volte sprangata. Mai dimenticherò quel fumo. Mai dimenticherò i piccoli volti dei bambini di cui avevo visto i corpi trasformarsi in volute di fumo sotto un cielo muto. Mai dimenticherò quelle fiamme che consumarono per sempre la mia fede. Mai dimenticherò quel silenzio notturno che mi ha tolto per l’eternità il desiderio di vivere. Mai dimenticherò quegli istanti che assassinarono il mio Dio e la mia anima e i miei sogni che presero il volto del deserto. Mai dimenticherò tutto questo anche se fossi condannato a vivere quanto Dio stesso. Mai3 “Canta! Prendi la tua arpa curva e leggera e sulle sue corde sottili getta le tue dita pesanti come cuori dolenti. Canta l’ultimo canto, l’ultimo canto degli ultimi ebrei in terra d’Europa!” Ma come posso cantare? Come posso aprire la bocca, io che sono rimasto così solo? Mia moglie e i miei due bambini...Che orrore! Rabbrividisco...E sento piangere, piangere dappertutto”4

1 P. Levi, "Essere ebrei senza religione". Intervista in QOL n.4 (1986), p.7 2 H. Jonas, Il concetto di Dio dopo Auschwitz, Il Melangolo, Genova 1989, pp.20s 3 Ibidem, pag. 40 4 Y. Katzenelson. “Il canto del popolo ebraico massacrato”, Firenze, Giuntina

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Il triplice silenzio di Auschwitz: “silenzio innanzi tutto della città dei campi di concentramento, ripiegata su se stessa, sulle sue vittime e sui suoi carnefici (...) silenzio poi di coloro che avevano finito per comprendere ma che si sono trincerati anch’essi in un ripiegamento di prudenza, di incredulità e perplessità (...) silenzio infine di Dio”)5 Quelli che non hanno vissuto quell'esperienza non sapranno mai che cosa sia stata; quelli che l'hanno vissuta non lo diranno mai: non veramente, non fino in fondo. Il passato appartiene ai morti, e il sopravvissuto non si riconosce nelle immagini e nelle idee che pretendono di descriverlo. Auschwitz vuol dire morte, la morte totale, assoluta dell'uomo e di tutti gli uomini, della parola e dell'immaginazione, del tempo e dello spirito6 La moglie di un deportato parla dei giorni successivi la liberazione “Per diciassette giorni l’aspetto della merda restò lo stesso. Inumano. Ci separava da lui più della febbre, delle dita prive di unghie, delle tracce che i colpi delle SS avevano lasciato sul suo corpo. Gli davamo brodo giallo-oro, brodo per neonati; veniva fuori da lui verde scuro come una fanghiglia di palude. Richiuso l’asse del gabinetto si udivano bolle d’aria scoppiettare alla superficie. Quella merda faceva pensare, così viscida e mucillaginosa, a un grosso scaracchio. Non appena era fuoruscita il gabinetto si riempiva di un odore non di putrefazione, di cadavere, (...) ma piuttosto di humus vegetale, foglie morte, sottobosco spesso. Era un odore scuro e spesso, quasi il riflesso della spessa notte dalla quale era uscito, e che non avremmo conosciuto mai.”7 Domanda: i deportati e le deportate insistono sia sulla assoluta necessità di testimoniare sia sull’impossibilità di raccontare fino in fondo l’esperienza del Lager a coloro che non l’hanno vissuta. Come pensate sia possibile attraverso l’arte “dire l’indicibile”? Quali sono le esperienze del mondo attuale che ci mettono in questa situazione contraddittoria?

5A. Neher, “L’eclisse della parola” Genova, Marietti. pagg. 151/52 6 E. Wiesel, cit. in B. Bettelheim, Sopravvivere e altri saggi, Milano, Feltrinelli, 1979, pag. 96 7 Marguerite Duras, Il dolore, Milano, Feltrinelli, 1995, p. 52


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