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Mattioli 1885 pediatria preventiva sociale - SIPPS · ed incidenza dell’obesità infantile nel...

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pediatria ANNO I - NUMERO 3-4/2006 ISSN 1970-8165 ORGANO DELLA SOCIETÀ ITALIANA DI PEDIATRIA PREVENTIVA E SOCIALE POSTE ITALIANE S.P .A - SPED. IN A. P. - D.L. 353/2003 (CONV. IN L. 27/02/2004 N° 46) ART. 1, COMMA 1, AUT. N° 060019 DEL 15/09/06 - DCB BO Mattioli 1885 3-4/2006 preventiva & sociale
Transcript

pediatriaANNO I - NUMERO 3-4/2006 ISSN 1970-8165

O R G A N O D E L L A S O C I E T À I TA L I A N A D I P E D I AT R I A P R E V E N T I VA E S O C I A L E

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Mattioli 1885

3-4/2006

preventiva& sociale

00-Cop Pediatria 3-4-2006 19-01-2007 14:46 Pagina 1

SSOOCCIIEETTÀÀ IITTAALLIIAANNAA DDII PPEEDDIIAATTRRIIAA PPRREEVVEENNTTIIVVAA EE SSOOCCIIAALLEE

PPRREESSIIDDEENNTTEEGiuseppe Di Mauro

PPAASSTT PPRREESSIIDDEENNTTGiuseppe Chiumello

VVIICCEE PPRREESSIIDDEENNTTIISergio BernasconiTeresa De Toni

CCOONNSSIIGGLLIIEERRIIGiuseppe BanderaliGiacomo BiasucciMirella StrambiGiovanna Weber

SSEEGGRREETTAARRIIOOPaola Sgaramella

TTEESSOORRIIEERREENico Sciolla

RREEVVIISSOORRII DDEEII CCOONNTTIILorenzo MarinielloLeo Venturelli

PPEEDDIIAATTRRIIAA PPRREEVVEENNTTIIVVAA && SSOOCCIIAALLEE OORRGGAANNOO UUFFFFIICCIIAALLEE DDEELLLLAA SSOOCCIIEETTÀÀ

DDIIRREETTTTOORREE RREESSPPOONNSSAABBIILLEE

Guido Brusoni

DDIIRREETTTTOORREE

Giuseppe Di Mauro

CCOOMMIITTAATTOO EEDDIITTOORRIIAALLEEGiuseppe Di MauroGiuseppe ChiumelloSergio BernasconiTeresa De ToniGiuseppe BanderaliGiacomo BiasucciMirella StrambiGiovanna WeberPaola SgaramellaNico SciollaLorenzo MarinielloLeo Venturelli

Registrazione Tribunale di Parma - N. 7/2005

APPROFONDIMENTO IIN TTEMA DDI PPROBLEMATICHE SSOCIALI

3 M. Zaffaroni, A. Monzani, D. Avanzo, S. Mura, M. Pacchin, M.A. Pulito, G.Bona - Adolescenti stranieri non accompagnati e devianza minorile

CASI CCLINICI

9 F. Fama, M. Bove, G. Cannalire, G. Weber - Perchè non sottovalutare unagastroenterite?

14 M. Pitea, V. Biffi, F. Brambillasca, G. Barera, P. Sgaramella - Un caso clinicodi ipertransaminasemia criptogenetica in età pediatrica

RUBRICHE

DDAALLLLAA TTEEOORRIIAA AALLLLAA PPRRAATTIICCAA

18 G. Cavagni, S. Donnanno, A. Spatini, G. Trimarco – La diagnosi di allergianel bambino per l’ambulatorio del Pediatra

27 G. V. Zuccotti, D. Dilillo, D. Spiri, A. Peri, F. Ottavini, D. MinoratiPatologie croniche delle ghiandole salivari in età pediatrica

33 L. Venturelli - Il telefono nella gestione del bambino con patologia cronica

37 L. De Giovanni, C. Casile, D. De Giovanni - Rilevazione epidemiologicaed incidenza dell’obesità infantile nel Salento

40 G. Di Mauro, L. Mariniello - Utilizzo di OM-85 per la prevenzione delleinfezioni respiratorie in pazienti pediatrici. review della letteratura

AAPPPPRROOFFOONNDDIIMMEENNTTII IINN TTEEMMAA DDII VVIITTAAMMIINNAA DD

49 F. R. Greer - Problematiche nello stabilire le raccomandazioni riguardantila vitamina D per i lattanti e i bambini

pediatriapreventiva & socialeORGANO DELLA SOCIETÀ ITALIANA DI PEDIATRIA PREVENTIVA E SOCIALE

Mattioli 1885

SpA - Via Coduro 1/bFidenza (PR)Tel. 0524 84547Fax 0524 84751

[email protected]

EEDDIITTIINNGGValeria Ceci, Natalie CerioliCecilia MuttiEditing manager

Anna Scotti

MMAARRKKEETTIINNGG EE PPUUBBBBLLIICCIITTÀÀ

Massimo Enrico RadaelliDirettore Marketing e Sviluppo

Luca RanzatoMarketing Manager

Simone AgnelloECM - Formazione Continua

Martine BrusiniSegreteria Marketing

3-4/2006

01-indice 3,4_2006 19-01-2007 15:16 Pagina 1

2 pediatria preventiva & sociale

Cari amici, cari colleghi,dal Congresso Nazionale SIPPS diLecce, “un’infanzia da difendere, ilruolo del pediatra”, è emersa una toc-cante denuncia sulla silenziosa soffe-renza di milioni di bambini vittime disfruttamento e di violenza nel mondo.L’espressione “lavoro minorile” evocaimmediatamente l’immagine di adole-scenti “incatenati” ai telai di buie fab-briche, come se un unico lungo, terri-bile, filo collegasse il Lancashire delprimo Ottocento all’Asia Meridionaledel XXI secolo. In realtà i minori svol-gono una grande varietà di lavori in di-versi ambiti, ma quasi sempre questilavori risultano inaccettabili perchéespressione di sfruttamento e di coer-cizione.Con le parole della dr.ssa M.G. Lay,funzionario dell’ILO (OrganizzazioneInternazionale del Lavoro), durante ilavori di Lecce, ci si è appellati forte-mente alla consapevolezza ed all’azio-ne per cercare di demolire il muro diindifferenza che ruba ai minori l’infan-zia e preclude lo sviluppo del loro po-tenziale di vita.Nessuno sa con certezza quanti sononel mondo i bambini che lavorano;certo è che lo sfruttamento dei minori,nelle sue diverse forme, è unanime-mente condannato, ma universalmentepraticato e politicamente tollerato.Il recente aumento di interesse intornoal lavoro minorile si è spesso basato suquattro pregiudizi assai diffusi: 1. che illavoro minorile sia un problema circo-scritto al mondo in via di sviluppo; 2.che rappresenti una conseguenza natu-rale ed inevitabile della povertà; 3. che

la maggior parte dei mino-ri lavoratori presti servizioin aziende che produconobeni a basso costo destina-ti all’esportazione nelmondo ricco; 4. che la so-luzione semplice per elimi-nare il problema sia la san-zione commerciale, ossia ilboicottaggio.Relativamente al primopunto, c’è da dire che, an-che se la maggioranza deibambini lavoratori vive neipaesi in via di sviluppo, iminorenni lavorano abi-tualmente in tutti i paesidel mondo. Nel mondo in-dustrializzato, per esem-pio, pochi considerano un“lavoro” l’impiego di un

bambino nella consegna dei giornali oin altri “piccoli lavori” che, di solito,hanno il fine di far guadagnare una pa-ghetta per le spese personali, e non èrara la condizione di forme anche pe-ricolose di lavoro che ha tutt’altro si-gnificato, come i minori impiegati nellavoro agricolo, nell’edilizia e nell’in-dustria. Pochi anni or sono un’indagi-ne nello stato di New York portò adidentificare oltre 11.000 bambini oc-cupati illegalmente, di cui la metà la-vorava nei campi ancora umidi di pe-sticidi ed oltre un terzo si era trovato,in almeno un’occasione, sotto l’asper-sione diretta del tossico.Per quanto riguarda il secondo punto,diciamo che se un bambino è impiega-to in un lavoro, tanto più se pericolo-so, usurante o eccessivamente prolun-gato, direttamente o indirettamente,qualcuno – un datore di lavoro, un ge-nitore, un cliente, etc. – ne trae dei be-nefici. Il lavoro minorile deve essereeliminato indipendentemente dallemisure mirate alla riduzione della po-vertà perché, come si legge nella Con-venzione sui Diritti dell’Infanzia, “losfruttamento del lavoro minorile rap-presenta un oltraggio morale ed un af-fronto alla dignità umana” e necessitadi misure di “priorità immediata all’eli-minazione, totale e di facto”.Relativamente al terzo pregiudizio, èvero che le industrie d’esportazione so-no il settore più noto in cui i bambinilavorano, ma ci sono decine di milionidi minori che, in tutto il mondo, ven-gono utilizzati in settori non legati al-la vendita all’estero. Uno studio del ’95in Bangladesh ha identificato oltre 300

generi di lavoro diverso, dalle faccendedomestiche alla fabbricazione di mat-toni, dalla riparazione delle biciclettealla raccolta dell’immondizia e deglistracci.Pertanto il quarto pregiudizio, relativoalle pressioni dei consumatori e degliEnti di difesa dell’infanzia sui dei go-verni per esercitare sanzioni e boicot-taggi al fine di combattere il lavoro mi-norile, è sbagliato perché tali sanzionicolpirebbero esclusivamente le indu-strie per l’esportazione, che sfruttanouna percentuale esigua di minorenni,ignorando totalmente la restante atti-vità; anzi, spesso nel lungo termine ri-sultano di danno invece che di aiuto aibambini. La famosa legge Harkin del1992 proibì l’importazione negli USAdi prodotti realizzati con il lavoro dibambini sotto i 15 anni di età. Dopopochi mesi, ancor prima che tale leggediventasse operativa, si determinò ilpanico in tutta l’industria tessile delBangladesh che esportava oltre il 60%dei suoi manufatti. La conseguenza diciò fu che i minori lavoratori, quasitutti ragazze, vennero sbrigativamentelicenziati dalle fabbriche e finirono incondizioni di rischio e di guadagno as-sai peggiori, quale ad esempio il giro diprostituzione.Pertanto il lavoro minorile costituisceun fenomeno assai complesso, incasto-nato saldamente in strutture nazionalied altamente condizionato da pressio-ni globali e da logiche di mercato erappresenta una disfunzione del mer-cato del lavoro che comporta effettisocio-economici devastanti ed irrever-sibili ai danni di individui oltremodovulnerabili. L’ILO attraverso il suoProgramma Internazionale per l’Eli-minazione del Lavoro Minorile(IPEC) si impegna quotidianamenteper l’eliminazione di tale piaga socialee ci chiede, quali medici pediatri, dicollocare tra le nostre priorità la mobi-lizzazione verso la salvaguardia e lapromozione della salute per quei 200ed oltre milioni di bambini che sonosoli, non tutelati dagli adulti, espostialla denutrizione, ai traumi, a misere-voli condizioni ambientali; ci chiedealtresì un aiuto per sconfiggere l’igno-ranza, l’omertà e l’indifferenza, e perdiffondere l’informazione al fine diprevenire i danni immediati e futuriper tali minori coinvolti.La SIPPS si assume questo compitoquale imperativo guida del proprio im-pegno professionale e sociale.

La SIPPS e il lavoro minorile Giuseppe Di MauroPresidente Società Italiana di Pediatria Preventiva e Sociale

Un bimbo in pericolo non può attendere

Koffi Annan

01bis-Editoriale corpo ridotto 23-01-2007 17:38 Pagina 2

3-4/2006 3

Adolescenti stranieri non accompagnati edevianza minorileM. Zaffaroni1, A. Monzani1, D. Avanzo1, S. Mura1, M. Pacchin2, M.A. Pulito3, G. Bona1

1 Clinica Pediatrica di Novara2 Ufficio Epidemiologico ASL 6 – Vicenza3 Tribunale per i Minorenni di LecceGruppo di Lavoro Nazionale per il Bambino Immigrato della Società Italiana di Pediatria

Parole chiaveAdolescenti, immigrati, devianza minorile.

Key wordsAdolescents, immigrants, young people deviancy

RiassuntoL’Italia è diventata negli ultimi decenni meta di immigrazione: oltre il 19% degli immigrati è rappresentato da minoren-ni (circa 500 mila), fra questi quasi 8 mila soggetti rientrano nella definizione di “minore straniero non accompagnato”,ragazzi completamente soli o che vivono con adulti diversi dai genitori o parenti che non ne sono legalmente tutori. Lestime disponibili sul numero di stranieri non accompagnati in Italia sono approssimate per difetto, in quanto molti mi-norenni presenti nel nostro Paese si trovano in condizione irregolare, sia perché non intercettati alla frontiera, sia perchérifiutano i percorsi formativi, lavorativi o scolastici proposti dalle Comunità di accoglienza.Le istituzioni italiane che attualmente accolgono le concentrazioni più elevate di minorenni di origine straniera sono quellepenali; esiste infatti un alto rischio di devianza per gli immigrati che giungono in Italia soli e senza figure di riferimento adulte.Dalle casistiche ministeriali emergono realtà di ragazzi nomadi slavi dediti ai furti in appartamento, nordafricani sfruttati perlo spaccio di droga, giovani dell’Est Europa vittime del racket organizzato per lo sfruttamento della prostituzione. La crimi-nalità minorile in Italia assume connotazioni diverse rispetto al territorio: al Centro-Nord più alto è il numero di reati commes-si da stranieri, soprattutto contro il patrimonio e nell’ambito di produzione e traffico illecito di sostanze stupefacenti.Nei confronti dei minori stranieri condannati, contrariamente a quanto avviene per gli italiani, il provvedimento discipli-nare più frequentemente applicato è la custodia cautelare, mentre molto più raro è il ricorso alle altre misure alternative al-la detenzione.

Summary In the last few decades Italy has become destination of immigration. Actually young people under 18 years old representalmost 19% of immigrants, near 8,000 of them are “foreign not accompanied minors”. This category refers to both minorstotally alone and minors who live with grown-up people different from parents or relatives.The number of “foreign not accompanied minors” in Italy are approximated by defect, because most of them are irregularas they are stowaways, or they refuse both working and scholastic formation offered by Welcome Communities.Minors are prevalently male and they come above all from Albany, Morocco and Rumania.The Italian Institutions that receive the largest number of foreign minors are criminal institutions: immigrants arriving inItaly alone without any kind of grown-ups have actually an high risk of deviancy.Case histories show examples of young nomadic Slav people dedicated to housebreaking, of North Africans exploit as drugrunner and drug pusher, of East Europe young introduced in organized racket and prostitution.In Central-North Italy,the crimes committed by foreign not accompanied minors are particularly crimes against propertyand linked to production and illicit traffics in drugs.Preventive detention is the most frequently applied disciplinary action for damned foreign adolescents; other measures dif-ferent from detention are seldom adopted.

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4 pediatria preventiva & sociale

Introduzione

L’Italia, in passato paese di emigra-zione, negli ultimi decenni è diven-tata meta di un sempre maggior nu-mero di immigrati, partiti volonta-riamente per ragioni di lavoro, stu-dio, salute, o costretti a lasciare il lo-ro Paese in quanto rifugiati politici oprofughi di guerra. Rispetto allaprovenienza si possono distinguere:cittadini dell’Unione Europea; im-

migrati da altri Paesi ad AvanzatoSviluppo (Stati Uniti, Giappone,Canada, Svizzera); immigrati daPaesi in Via di Sviluppo (PVS); apo-lidi e nomadi.Attualmente in Italia circa il 5 %della popolazione (2 milioni e 700mila) è rappresentato da personestraniere con regolare permesso disoggiorno, oltre l’85 % provenientida PVS; ad esse si devono aggiunge-re gli immigrati rimasti nella clande-stinità e quelli in attesa di regolariz-zazione. La presenza straniera èconcentrata in particolare nelle re-gioni centro-settentrionali e nellemaggiori città italiane. Secondo sti-me recenti, il 20 % degli immigratipresenti in Italia è rappresentato dabambini ed adolescenti, perciò i mi-norenni di origine straniera attual-mente presenti nel nostro Paese so-no quasi 500 mila. Il 78% dei mino-

ri di origine straniera in Italia hameno di 14 anni ed il loro numero èdestinato ad aumentare ancora neiprossimi anni, per effetto del costan-te aumento degli ingressi dovuto alricongiungimento familiare e al cre-scente numero di nascite di bambinicon genitori immigrati da PVS (1, 2,3).Tra i bambini e gli adolescenti im-migrati che vivono in Italia, unaquota non trascurabile è costituita da

soggetti che rientrano nella defini-zione di “minore straniero non ac-compagnato”, ovvero “il minorennenon avente cittadinanza italiana o dialtri stati dell’Unione Europea che sitrova per qualsiasi causa nel territo-rio dello stato privo di assistenza erappresentanza da parte dei genitorio di altri adulti per lui legalmente re-sponsabili in base alle leggi vigentinell’ordinamento italiano”(D.P.C.M. 9 dicembre 1999 n. 535).Va sottolineato come tale definizio-ne non faccia riferimento unicamen-te ai minori completamente soli, ma

anche ai minori che vivono conadulti diversi dai genitori o parentioltre il terzo grado, che non ne sianotutori o affidatari in base ad unprovvedimento formale (4, 5).Il Comitato per i Minori Stranieri(CMS), organo istituito presso ilMinistero del Lavoro e delle Politi-che Sociali, ha il compito di curare ilcensimento di questi ragazzi. Gliadolescenti stranieri non accompa-gnati, in maggioranza maschi(86,2%) di età compresa tra i 16 e i18 anni, arrivano soprattutto da Al-bania (30,1%), Marocco (25,6%) eRomania (20,8%), paesi di origine dipiù dei tre quarti dei minori segnala-ti. (Tabella 1).Nel 2003, risultavano in Italia 7.040adolescenti stranieri non accompa-gnati, con una lieve diminuzione ri-spetto al precedente dato del no-vembre 2001, quando i minori se-gnalati erano pari a 7.823. Occorreperò rilevare come tale dato sottosti-mi probabilmente la reale entità del-l’immigrazione di bambini e ragazzinon accompagnati in Italia: la mag-gior parte dei minori stranieri nonaccompagnati è infatti presente sulterritorio italiano in condizione irre-golare, sia perché spesso non inter-cettati in frontiera, sia perché moltirifiutano percorsi formativi, lavorati-vi o scolastici, proposti dalle Comu-nità di accoglienza incaricate dalTribunale dei minori e sfuggonoemarginandosi nella clandestinità.Questo fenomeno è alimentato dallanecessità per i giovani immigrati, ditrovare in Italia un lavoro e un futu-ro migliore, con la complicità delle

il 20 % degli immigrati presenti in Italia è rappre-sentato da bambini ed adolescenti, perciò i minoren-ni di origine straniera attualmente presenti nel no-stro Paese sono quasi 500 mila.

Tabella 1 - Nazionalità dei minori non accompagnati segnalati al CMS.nell’anno 2003.

Paese di provenienza Numero %Albania 2122 30,1Marocco 1802 25,6Romania 1462 20,8Serbia-Montenegro 224 3,2Algeria 158 2,2Iraq 105 1,5Altri Paesi 1167 16.7Totale Minori 7040 100

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famiglie, disposte a indebitarsi perpagare il viaggio, il cui costo si aggi-ra tra gli 800 e 1500 euro. Per que-sto "investimento", viene stipulatocon i trafficanti di minori un vero eproprio contratto, che prevede il ver-samento di un anticipo alla partenzae il saldo dell’intero costo del viaggiouna volta che il ragazzo arriva a de-stinazione.La condizione giuridica dei minoristranieri non accompagnati è stataoggetto di provvedimenti legislativi

che si sono succeduti negli anni(“legge Martelli” n. 39/1990, “leggeTurco-Napolitano” n. 40/1998,D.P.C.M. n. 535/1999, fino alla co-siddetta “Bossi-Fini” n. 189/2002):l’iter vigente prevede che, una voltaidentificati e dimostrata la minoreetà, i minori vengano segnalati alComitato Minori Stranieri, il qualedispone indagini nel paese d’originee, qualora sia nel superiore interessedel minore stesso, attua il rimpatrioassistito.

In alternativa a questa opzione, lalegge stabilisce che il minore stra-niero goda dell’inespellibilità, tranneche per motivi di ordine pubblico esicurezza dello stato, e che abbia in-vece un diritto soggettivo - comeminorenne - ad ottenere il permessodi soggiorno.Rispetto al permesso di soggiorno,prevale infatti la condizione di mi-nore rispetto alla condizione di stra-niero: per questo motivo vieneemesso un permesso di soggiorno

Tabella 2 - Reati a carico di minori transitati in CPA nel 1999.

Categorie di reato Italiani Stranieri TotaleMF F MF F MF F

Contro il patrimonioFurto 103 - 234 109 337 109Furto aggravato 634 21 1.177 662 1.811 683Tentata rapina 70 6 78 48 148 54Rapina 121 1 117 42 238 43Rapina aggravata 258 3 50 18 308 21Estorsione 69 2 19 2 88 4Truffa 9 - - - 9 -Ricettazione 33 3 18 1 51 4Danneggiamento 23 2 10 4 33 6Altri 113 3 196 85 309 88Totale Contro il patrimonio 1.433 41 1.899 971 3.332 1.012Contro la personaOmicidio volontario 29 1 5 1 34 2Tentato omicidio 26 1 9 - 35 1Sequestro di persona 10 - 7 1 17 1Lesioni volontarie 32 2 17 2 49 4Sessuali 30 - 6 - 36 -Altri 9 1 6 2 15 3Totale Contro la persona 136 5 50 6 186 11Contro disposizioni T.U. 309/90 495 28 396 2 891 30Altri reatiPossesso di arma 61 2 7 1 68 3Uso di arma 59 - 1 - 60 -Resistenza e violenza a P.U. 47 2 23 1 70 3Associazione a delinquere 4 - 3 - 7 -Associazione di stampo mafioso 3 - - - 3 -Guida senza patente 6 - 1 - 7 -Altri 13 - 44 10 57 10Totale altri reati 193 4 79 12 272 16Totale complessivo 2.257 78 2.424 991 4.681 1.069

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«per minore età». Al compimentodella maggiore età, diventa però pro-blematico ottenere un permesso disoggiorno in quanto questo è fattolargamente dipendere da decisionidel Comitato Minori Stranieri cheraramente si esprime al riguardo: diconseguenza i neo-maggiorennivengono lasciati in condizione di ir-regolarità.Nell’analizzare la realtà di questisoggetti è fondamentale rilevare co-me, proprio per il fatto di essere solie privi di figure di riferimento adul-te, siano particolarmente a rischio diincorrere in esperienze di devianza,che vanno dall’accattonaggio, daipiccoli furti, dagli scippi, fino allospaccio, alla prostituzione, al racketorganizzato. Spesso si tratta di gio-vani e giovanissimi provenienti dafamiglie senza risorse, inviati in Ita-lia senza concreti progetti né pro-spettive, che si ritrovano costretti amettere in atto ogni possibile solu-zione, lecita o meno, per guadagnarecifre irrisorie (6, 7).Le istituzioni italiane che attual-mente accolgono con maggiore fre-quenza minorenni di origine stra-niera non sono quelle scolastiche,assistenziali o lavorative, bensì quel-le penali che, insieme alle strutturedella giustizia minorile, sono diven-tate il luogo pubblico dove più alta èla concentrazione di ragazzi stranie-ri (8). In effetti, le statistiche relativeall’andamento della criminalità mi-norile consentono di valutare il mag-gior rischio di devianza per i ragazzi

immigrati (9, 10).La devianza dei minori immigrati siarticola in diverse tipologie: ragazzinomadi slavi (giovani o bambine d’e-tà inferiore a 14 anni dedite a furti inappartamento), ragazzi nordafricani(in genere sfruttati come corrieri oaddetti al piccolo spaccio di droga),ragazzi dell’Est Europa (racket orga-nizzato della prostituzione e della cri-minalità). Dall’analisi della distribu-zione territoriale risulta una più rile-vante percentuale di denunce di mi-nori stranieri nelle regioni del Cen-tro-Nord rispetto al Sud. La crimina-lità minorile assume connotazioni di-verse rispetto al territorio: al Centro-

Nord la devianza si riscontra soprat-tutto nei grandi agglomerati urbani,ove all’alta densità di popolazione siaccompagnano fattori di degrado so-ciale e culturale ed è più elevata l’in-cidenza dei reati consumati da mino-ri extracomunitari o nomadi; nelle re-gioni meridionali va evidenziata lapiù spiccata tendenza ad associarsinell’orbita della criminalità organiz-zata (11, 12).Nella valutazione delle tipologie direato (Tabella 2), per gli stranieri as-sumono particolare rilevanza i reati

contro il patrimonio (57%) (reati difurto, furto aggravato, rapina e rapi-na aggravata) e i reati contro le dis-posizioni del T.U. 309/90, riguar-danti soprattutto la produzione e iltraffico illecito di sostanze stupefa-centi (art. 73) (44%); al contrario siriscontra come i reati contro la per-sona, di maggiore pericolosità socia-le, siano commessi quasi esclusiva-mente da italiani (73%) .Osservando la ripartizione nell'ap-plicazione delle misure cautelari alladimissione dai CPA si evidenzia co-me la custodia cautelare sia la misu-ra più applicata soprattutto per glistranieri, per i quali si fa ricorso a

misure sostitutive o alternative alladetenzione (come la permanenza incasa, la misura delle prescrizioni, lacollocazione in comunità) con fre-quenza nettamente inferiore rispettoai minori italiani, per i quali è più fa-cile attivare risorse ambientali e fa-miliari.Nel 2004, i minori stranieri nei CPAsono stati 2.279, pari al 59 % di tut-ti i minori entrati e transitati neicentri a livello nazionale. In partico-lare elevate percentuali di stranierisul totale dei minori transitati nei

6 pediatria preventiva & sociale

Tabella 3 -Flussi di utenza dei Centri di Prima Accoglienza (C.P.A.) e Istituti Penali per Minori - Situazione na-zionale nel I semestre 2005.

Movimenti e presenze Minori italiani Minori stranieri Totale minoriM F M+F M F M+F M F M+F

Ingressi in C.P.A. 777 35 812 736 366 1102 1513 401 1914Ingressi Istituti Penali 264 25 289 358 121 479 622 146 768

Le istituzioni italiane che attualmente accolgonocon maggiore frequenza minorenni di origine stra-niera non sono quelle scolastiche, assistenziali o la-vorative, bensì quelle penali.

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CPA sono state registrate nellegrandi città fino ad arrivareall’81,6% di Torino, all’82,3% di Ro-ma e al 76% di Milano.Gli ingressi nei Centri di Prima Ac-coglienza (CPA) nel primo semestredel 2005 sono stati 1914 (contro i4248 dell’intero anno 1999): 812 so-no italiani (il 42.4%), 1102 stranieri(il 57.5%).Gli ingressi negli Istituiti Penali perMinorenni (IPM) nel primo seme-stre del 2005, sono stati 768 (controi 1876 dell’intero anno 1999): 289italiani e 479 stranieri, rispettiva-mente il 37.6% ed il 58.3% (Tabel-la 3).Per quanto riguarda i minori stra-nieri che entrano nel circuito penale,si rileva un’applicazione della deten-zione molto più frequente rispetto aiminori italiani e un elevato fallimen-to dei percorsi di reinserimento so-ciale: nel solo territorio di Roma, nel2004, sono entrati in Istituto 60 mi-nori italiani e ben 269 adolescentistranieri, ovvero l’81% sul totale de-gli ingressi.Accanto alla realtà della delinquenzaminorile, grave e drammatica permolti minorenni immigrati è la con-dizione di sfruttamento e marginali-tà sociale legata al mercato dellaprostituzione. La tratta riguarda ingenere adolescenti (in passato soloragazze e bambine, negli ultimi annianche maschi) provenienti dall’Esteuropeo (ex-Jugoslavia, Albania,Romania).Secondo un rapporto CENSIS sul-lo “Sfruttamento sessuale dei mino-ri” emerge che nel 1998 erano pre-senti in Italia 25.000 prostitute, dicui 2.200 minorenni; fra queste ulti-me 2.000 erano minorenni immigra-te, di cui 900 albanesi e 300 nigeria-ne. Le stime quindi indicavano chel’incidenza della prostituzione mi-norile sulla prostituzione rappresen-tava circa il 9 %, ma nell’ambito del-

la prostituzione minorile, oltre il 90% riguardava adolescenti immigrate.Sempre secondo questa fonte, le mi-nori albanesi da sole rappresentereb-bero il 45% della prostituzione mi-norile immigrata in Italia (13).A questo riguardo, Save The Chil-dren ha segnalato che le albanesi co-strette a prostituirsi in paesi stranie-ri sarebbero 30.000, di cui una buo-na percentuale minorenni. In parti-colare, le prostitute albanesi sonocirca 15mila in Italia e almeno 6mi-la in Grecia con una percentuale diminori coinvolte compresa tra 60 e80 %. La gravità del fenomeno sem-bra in relazione al grado di povertà e

alla carenza di istruzione nei villaggidi aree rurali, dove circa il 90 % del-le ragazze al di sotto dei 14 anni nonfrequenta più la scuola per paura dicadere nelle mani dei trafficanti du-rante il tragitto (14).L’arrivo in Italia e l’organizzazionedell’attività sono gestiti dal racket: levittime si ritrovano inserite in un si-stema in cui risultano a tutti gli ef-fetti schiave dei loro sfruttatori. Nonè pertanto facile trovare soluzioniper aiutare coloro che intendonosottrarsi al mondo dello sfruttamen-to della prostituzione (15).Dall’analisi delle preoccupanti con-dizioni di isolamento, violenza esfruttamento, che troppo frequente-mente vedono coinvolti minori stra-nieri non accompagnati, risulta ne-cessario attuare politiche di integra-zione e misure di prevenzione deicomportamenti devianti soprattuttonei confronti dei minori che vivono

in condizioni di irregolarità e di ele-vato rischio sociale .Nel corso degli ultimi anni sono sta-te realizzate in Italia iniziative voltea favorire la nascita di una cultura ditutela e di lotta contro lo sfrutta-mento dei minori sotto qualsiasi for-ma. Fra le più rilevanti sono: la crea-zione di un Centro di documenta-zione e analisi, con sede a Firenze,con il compito di elaborare le infor-mazioni riguardanti i vari aspettidella condizione di vita dei minori; ilPiano Nazionale per l’Infanzia el’Adolescenza realizzato per affron-tare i problemi dell’infanzia non piùin maniera episodica, ma organica; la

Commissione Nazionale per il coor-dinamento degli interventi in mate-ria di maltrattamenti, abusi e sfrut-tamento sessuale dei minori; il Nu-cleo Operativo di Polizia delle Tele-comunicazioni composto da specia-listi in materia di sicurezza; l’istitu-zione di un Ufficio Minori in tuttele Questure; l’approntamento di li-nee guida della Cooperazione italia-na relativa ai minori nelle quali siauspica “la prevenzione e lo sradica-mento delle situazioni di sistematicosfruttamento e commercio sessualeaventi ad oggetto i minori” (16).Alla comunità pediatrica italianaspetta il dovere di acquisire compe-tenze scientifiche e culturali adegua-te e di intervenire attivamente nellesedi istituzionali preposte affinchésia garantito a questi bambini il con-seguimento di un livello di salutepsicofisica non difforme da quello ditutti gli altri bambini della comunità

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Accanto alla realtà della delinquenza minorile, gra-ve e drammatica per molti minorenni immigrati è lacondizione di sfruttamento e marginalità sociale le-gata al mercato della prostituzione.

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nazionale, con le medesime oppor-tunità (17, 18, 19). Questo è quantoprevisto, anche se attualmente pur-troppo spesso disatteso, dalla Con-venzione di New York del 1989 suiDiritti del Fanciullo, documento chedal 1991 è Legge della RepubblicaItaliana (Legge 27.5.91 n. 176). Unmiglioramento delle attuali condi-zioni di questi soggetti sarà realizza-bile solo con l’attiva partecipazionedei pediatri e di tutti gli operatorisocio-sanitari che si occupano del-l’infanzia (20, 21, 22). Il compito in-fatti è quello di contribuire alla tute-la del minore e alla prevenzione deldisagio giovanile, in particolare diquei minorenni immigrati nel nostroPaese senza figure adulte di riferi-mento, esposti a maggior rischio diessere vittime di abusi, marginalitàsociale e devianza.

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Introduzione

Le gastroenteriti acute rappresenta-no una rilevante causa di morbositàe mortalità nei bambini, sia nei Pae-si industrializzati che in quelli in viadi sviluppo, determinando un note-vole impatto in termine di salutepubblica, di impegno per il pediatrae di costi sanitari (1). La diarrea acu-ta rimane una delle patologie più

frequenti in età evolutiva con un tas-so atteso compreso tra 0,5-1 episo-dio/anno per bambino sotto i tre an-ni di vita.La gastroenterite si manifesta comu-nemente con sintomi e segni facil-mente riconoscibili quali diarrea, vo-mito e crampi addominali; nellamaggior parte dei casi il decorso èbenigno ed autolimitantesi. A se-conda dell’eziopatogenesi, tuttavia,

possono comparire manifestazionisistemiche e complicanze immuno-mediate quali sindrome emolitico-uremica, artrite reattiva, sindrome diGuillain-Barrè (2).L’identificazione dell’agente eziolo-gico è spesso utile nel delineare laprognosi, l’andamento clinico e l’e-ventuale comparsa di complicanze.Molte patologie intestinali ed extra-intestinali possono presentarsi con

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Perchè non sottovalutare una gastroenterite?

F. Fama, M. Bove, G. Cannalire, G. WeberUnità Operativa Pediatria-Neonatologia; Centro di Endocrinologia dell’Infanzia e dell’Adolescenza; Università Vita-Salute San Raffaele, Milano

Parole chiaveDiarrea, Gastroenterite, Campylobacter, sindrome emolitico-uremica.

Key wordsDiarrhoea, Gastroenteritis, Campylobacter, haemolytic-uraemic syndrome.

RiassuntoLe gastroenteriti acute rappresentano una delle patologie più frequenti in età evolutiva; possono essere causate da patolo-gie intestinali ed extra-intestinali, tuttavia, nella maggior parte dei casi sono di natura infettiva ed hanno un decorso be-nigno ed autolimitantesi. La conoscenza dei dati epidemiologici, unitamente alla clinica ed all’esame colturale permettonospesso di identificare il patogeno coinvolto fornendo, in tal modo, utili informazioni circa il decorso clinico, la prognosi el’eventuale insorgenza di complicanze sistemiche. Circa il 70% delle gastroenteriti sono ad eziologia virale e si risolvonoin pochi giorni a seguito di terapia idratante; più raramente è possibile incorrere in forme sostenute da batteri o altri pato-geni dotati di maggiore invasività; tali gastroenteriti sono caratterizzate da decorso clinico più severo e maggiore proba-bilità di complicanze. Di seguito sono descritti due casi clinici giunti alla nostra attenzione per l’insorgenza di complicanzein corso di gastroenterite.

Summary Acute gastroenteritis represents one of the most frequent diseases in evolutionary age; it can be caused by intestinal andextra-intestinal pathogens; however, most cases are of infectious nature and have a benign course. Epidemiological andclinical data in association with stool culture often allow identifying the pathogenic microorganism involved, giving use-ful information about prognosis and possible complications. About 70% of gastroenteritis’s are of viral aetiology and self-limiting in a few day with adequate hydration therapy. In a limited number of cases though, gastroenteritis’s are due tomore aggressive microorganisms, characterised by more severe clinical course and higher incidence of complications. Herewe describe the history of two children who presented to our Paediatric Department with complicated gastroenteritis.

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un quadro di diarrea ad insorgenzaacuta. Differenziare gastroenteriti diorigine extra-intestinale da quelle diorigine infettiva all’esordio della sin-tomatologia può essere difficile.Vi possono essere molte cause noninfettive di diarrea nei bambini, al-cune di queste sono illustrate nellatabella I, tuttavia, bisogna considera-re che in età evolutiva le diarree acu-te sono spesso il risultato di infezio-ni intestinali (3).

Per quanto riguarda le gastroenteritiinfettive l’identificazione dell’agentepatogeno sulla base del corredo sin-tomatologico è spesso molto diffici-le a causa della aspecificità dei sinto-mi e dei segni e della coesistenza

nell’apparato gastrointestinale dimolteplici microrganismi molti deiquali difficilmente isolabili.Numerosi studi epidemiologici han-no dimostrato che la maggior partedelle gastroenteriti sono sostenuteda patogeni virali; tra questi giocanoun ruolo principale i Rotavirus, ri-scontrabili nei bambini dai 3 ai 15mesi di età, seguiti da Adenovirus,dai Norwalk-like (4). Circa il 30%delle diarree infettive del bambino e

dell’adulto sono, invece, attribuibili abatteri e/o parassiti (5). La prevalen-za dei principali enteropatogeni iso-lati in bambini italiani con diarreaacuta, ricoverati e gestiti in ambula-torio è evidenziata nella tabella II.

In considerazione dei dati epide-miologici non è sempre indicata l’e-secuzione di esami coprocolturali informe di gastroenterite acuta noncomplicata. Qualora le feci presenti-no muco, sangue o il quadro clinicosia complicato per intensità, decorso,età del paziente o patologia associa-ta è invece necessario ricorrere allacoprocoltura.Le caratteristiche delle feci possonogià orientare verso la diagnosi ezio-logica:• feci acquose senza muco, sangue e

leucociti sono caratteristiche diuna infezione da Escherichia ColiEnterotossigeni, Cryptosporidiumparvum, Giardia e della maggio-ranza degli agenti virali

• feci con sangue, muco e leucocitidevono ricondurre, invece, preva-lentemente ad infezioni da Campy-lobacter, Salmonella, Escherichia Co-li Enteroinvasivi, Shigella, Clostri-dium difficile, Yersinia.

La patogenesi della diarrea può es-sere ricondotta essenzialmente a duemeccanismi principali:• la diarrea secretiva è conseguenza

di un aumento della secrezione diioni, in genere di ioni cloro, nel lu-me intestinale. Questo tipo di diar-rea si verifica quasi sempre per

Tabella 1 - Principali cause non infettive di diarrea in età pediatrica

. Malassorbimento (celiachia, deficit enzimatici, endocrinopatie, tireotossi-cosi, insufficienza pancreatica)

. Malattie di pertinenza chirurgica (malattia di Hirschsprung, stenosi, atro-fia dei microvilli)

. Avvelenamento alimentare (funghi)

. Neoplasie (neuroblastoma, ganglioneuroblastoma, feocromocitoma)

. Farmaci (antibiotici, antiacidi, antipertensivi, chemioterapici ecc.)

. Allergie ed intolleranze alimentari

. Varie (malattia di Crohn, colite ulcerosa)

Tabella 2 - Prevalenza dei principali patogeni causa di diarrea acuta in età pediatrica

Frequenti Poco frequenti Rari

VIRUS Rotavirus (30-60%) AstrovirusAdenovirus (5-10%) Parvovirus

BATTERI Campylobacter (10-20%) Yersinia Enterocolitica Escherichia.Coli (EHEC, EIEC, EaggEC)Salmonella spp (15-40%)Escherichia Coli (17%)- enterotossigeno- enteropatogeno

PARASSITI Cryptosporidium (10%) Entamoeba histolitica Cyclospora cayaaetanensisGiardia Lamblia (3%) Microsporidium

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azione di tossine, prodotte da alcu-ni microorganismi, che attivanol'adenilato o la guanilato ciclasi in-tracellulare con accumulo dicAMP o cGMP. Questi mediatorisono responsabili di una riduzionedell’assorbimento di ioni sodio e dicloro determinando una secrezioneattiva di elettroliti ed acqua nel lu-me intestinale.

• La diarrea osmotica è invece dovutaai danni arrecati alla mucosa intesti-nale dagli agenti patogeni con con-seguente riduzione della superficiedi assorbimento ed un'alterazionedella permeabilità tale da portare adun accumulo all'interno del tubo di-gerente di numerose sostanze (so-prattutto zuccheri) in grado di eser-citare una forza osmotica e di ri-chiamare notevoli quantità di acquanel lume intestinale (6).

Meccanismi secretivi ed osmoticisono spesso presenti contempora-neamente in corso di diarrea acuta.Per quanto riguarda la terapia in etàpediatrica è necessaria una particola-re attenzione essendo a maggior ri-schio di disidratazione e squilibrioidroelettrolitico. La terapia del pa-ziente pediatrico si basa principal-mente sulla correzione dell'equilibrioidroelettrolitico al fine di reintegrare iliquidi e gli elettroliti persi (sodio epotassio in particolar modo). Talereidratazione viene effettuata tramitesoluzioni reidratanti orali se possibile,altrimenti si utilizza la via di sommi-nistrazione parenterale se il vomitopersiste o se la disidratazione è giàpresente (7). Inoltre è necessarioreintrodurre precocemente la alimen-tazione orale, qualora questa fossestata interrotta, evitando cibi moltograssi o ricchi di zuccheri ad alto po-tere osmotico. È consigliato di prose-guire l'allattamento materno per lesue proprietà antimicrobiche. Con-troverso è invece l’utilizzo del latteartificiale e vaccino.

Solo in casi selezionati si ricorre atrattamenti antibiotici qualora i sin-tomi si protraggano per più di 7-10giorni o le condizioni compromessedell’ospite lo richiedano (immuno-soppressione, malnutrizione, sepsi).Sono inoltre sconsigliati i farmaciantidiarroici in quanto rallentanol’eliminazione del patogeno.Vengono di seguito esposti due casiclinici di gastroenterite caratterizza-ti da un’evoluzione che si distinguedal classico decorso benigno di que-sta patologia.Caso clinico 1: bambina di 5 anni,affetta da Sindrome di Down, giun-geva alla nostra attenzione per feb-bre e scariche diarroiche muco-ema-tiche. Condizioni generali scadute,reattiva agli stimoli dolorosi, non se-

gni di interessamento meningeo;febbrile (TR 38.8°C). Mucose dis-idratate; obiettività cardio-toracicanella norma; addome piano, meteo-rico modicamente dolorabile allapalpazione. Gli esami ematochimicievidenziavano emoconcentrazioneed importante rialzo degli indici diflogosi (PCR: 199 mg/L); l'Rx tora-ce e l'Rx addome risultavano nellanorma; l’ecografia dell'addome evi-denziava ispessimento della mucosadelle anse intestinali indicativa perflogosi. Veniva posta in infusionecon soluzione glucoelettrolitica edimpostata terapia antibiotica conceftriaxone ev. Si assisteva quindi ariduzione del numero di scarichediarroiche e miglioramento dellecondizioni generali; tuttavia, per lapersistenza della temperatura feb-brile con caratteristiche settiche, nelsospetto di salmonellosi sistemicaveniva introdotta gentamicina e.v.,

senza effetto sulla curva termica. Inquinta giornata di ricovero perveni-va esito della coprocoltura positivaper Campylobacter jejuni; venivapertanto modificata la terapia anti-biotica introducendo claritromicinaev; seguiva rapida e completa defer-vescenza, iniziale ripresa dell’ali-mentazione e normalizzazione del-l’alvo. Per la comparsa di alcuni ele-menti petecchiali venivano ripetutigli esami ematochimici generali chedocumentavano la presenza di pia-strinopenia (PLT/mmc74.000…45.000) e rialzo delletransaminasi (AST 220 U/L, ALT187 U/L). Si ipotizzava pertantouna tossicità farmacologica, non po-tendo tuttavia escludere una inizialeDIC in pregressa setticemia o una

sindrome emolitoco-uremica. Inconsiderazione della defervescenza,dell’ulteriore riduzione degli indicidi flogosi, della persistenza di valoreemoglobinico nella norma e di indi-ci di funzionalità renale nella norma,si propendeva tuttavia per tossicitàfarmacologia e si procedeva a so-spensione del ceftriaxone e riduzio-ne della posologia della claritromici-na. Si assisteva quindi a gradualenormalizzazione del valore di pia-strine e transaminasi. La coprocoltu-ra di controllo risultava negativa perCampylobacter.

Caso clinico 2: bambino di 13 me-si veniva condotto presso il nostroPronto Soccorso per la persistenza,da circa 10 giorni, di alvo diarroico ecomparsa di vomito. Alla visita sipresentava reattivo, neurologica-mente adeguato; cute pallida, muco-se labiali un poco asciutte; apiretico;

Meccanismi secretivi ed osmotici sono spesso pre-senti contemporaneamente in corso di diarrea acuta.

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obiettività cardio-toracica nei limiti;addome trattabile, non dolorabile al-la palpazione. Gli esami ematochi-mici evidenziavano indici di flogosinegativi con lieve leucocitosi; si po-neva in infusione con soluzione glu-coelettrolitica. Nonostante la nettariduzione delle scariche diarroiche eregressione degli episodi di vomito,in seconda giornata di ricovero per-manevano condizioni generali sca-denti e si assisteva a contrazione del-la diuresi con comparsa di edemaperiorbitario. Venivano pertanto ri-petuti esami ematochimici che evi-denziavano rialzo degli indici difunzionalità renale (creatinina 3.34mg/dl), piastrinopenia (99.000/L),anemizzazione (10 g/dl), rialzo delletransaminasi (AST 161U/L, ALT172 U/L) e della bilirubina (1.38mg/dl). L’esame delle urine eseguitodopo cateterizzazione mostravaematuria e proteinuria. Il quadro cli-nico presentato risultava compatibi-le con sindrome emolitico-uremica,per cui il piccolo veniva trasferitopresso centro di competenza per ef-fettuare trattamento dialitico.

Conclusioni

La gastroenterite è una patologiamolto frequente nella prima infan-zia, usualmente a decorso benignoed autolimitantesi ma non deve es-sere per questo sottovalutata.L’eziologia più frequente è di tipovirale (nel 60% dei casi da Rotavirus,nel 10% dei casi da Adenovirus); esi-stono inoltre forme ad eziologia bat-terica quali Salmonella (15-40%),

Campylobacter (10-20%) e E. coli(10%), caratterizzate da maggioreinvasività, decorso clinico più severoe maggiore probabilità di compli-canze. Ne sono esempio i due casiclinici presentati che evidenzianocome di fronte ad un andamento cli-nico più complesso vadano valutateeziologie più rare, che richiedono te-rapia specifica, o l’insorgenza dicomplicanze che richiedono un in-tervento tempestivo.L’infezione da Campylobacter causaenterite mucoematica preceduta, incirca il 50% dei pazienti, da iperpi-ressia associata a malessere, mialgie edolori addominali di entità tale dasimulare un’appendicite acuta; il pe-riodo di incubazione è compreso trai 2 e i 5 giorni ma può estendersi fi-no ai 10 giorni. La diarrea si protraeper 2-3 giorni, ma il dolore addomi-nale e la compromissione delle con-dizioni generali possono persistereanche oltre il termine della sintoma-tologia gastroenterica.Le feci possono essere acquose e ab-bondanti o muco-ematiche; solita-mente il sangue compare nelle feci2-4 giorni dopo la comparsa dei sin-tomi (8).Complicanze locali quali colecistite,pancreatite e peritonite si verificanoraramente. Una bassa percentuale dibambini può presentare batteriemia,di solito questo avviene in bambinimalnutriti, con patologie croniche oimmunodeficienza. Può essere pre-sente una febbre ad andamento in-termittente, con sudorazioni, brividie perdita di peso.Altre complicanze, più gravi, posso-

no consistere in artriti reattive e sin-drome di Guillain-Barré (9). Inoltresi è trovata una correlazione fraCampylobacter ed una forma di linfo-ma che insorge a livello del tessutolinfoide associato alla mucosa inte-stinale del tratto tenue.Ad oggi sono noti circa trenta mi-crorganismi appartenenti alla fami-glia delle Campylobatteriacee, moltidei quali patogeni.I metodi finora impiegati permetto-no l'isolamento ed il riconoscimentoesclusivamente del Campylobacter je-juni e del Campylobacter coli, parten-do dall’ipotesi che essi siano i più ri-levanti dal punto di vista clinico.Tuttavia questi metodi non sonoadeguati per identificare altri mi-crorganismi della famiglia che po-trebbero assumere un particolare si-gnificato alla luce di nuove scoperte.La terapia consiste nell’utilizzo dimacrolidi, indicati soprattutto in ca-so di forma dissenterica, iperpiressiaprotratta, immunodeficienza e pato-logie croniche.Recentemente è stata portata a ter-mine la mappatura genetica comple-ta del Campylobacter e sono in corsostudi per comprendere il ruolo diogni singolo gene. Si auspica che ta-li scoperte aiutino a chiarire le carat-teristiche del patogeno al fine diprevenirne l’infezione e di porre ladiagnosi precocemente così da potersomministrare in modo tempestivola terapia adeguata.

La sindrome emolitico-uremica ècaratterizzata dalla “triade” di ane-mia emolitica microangiopatica,trombocitopenia ed insufficienza re-nale acuta di cui rappresenta la pri-ma causa in età pediatrica.L’incidenza è maggiore nella popo-lazione di bambini di età inferiore ai4 anni.Nell’80% dei casi segue un’infezioneenteritica causata da batteri (princi-

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La gastroenterite è una patologia molto frequentenella prima infanzia, usualmente a decorso benignoed autolimitantesi ma non deve essere per questosottovalutata.

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palmente Escherichia coli sierotipoO157:H7) producenti verocitotossi-na, che viene assorbita a livello inte-stinale ed è in grado di legarsi allecellule endoteliali glomerulari pro-vocando in prima istanza coaguli lo-calizzati. L’anemia emolitica è cau-sata dal danno meccanico dovuto alpassaggio degli eritrociti attraverso ivasi danneggiati ed è caratterizzatadalla presenza di cellule con morfo-logia anomala (cellule ad elmetto,sferociti e schistociti); la tromboci-topenia è dovuta all’adesione ed aldanno delle piastrine all’interno delglomerulo per l’aumentata concen-trazione di fattori pro-coagulanti.Solitamente l’esordio della malattiasegue a distanza di 5-10 giorni unagastroenterite con febbre, vomito ediarrea spesso ematica.La diagnosi si basa sul riscontro divalori di emoglobina marcatamenteridotti (fino a 5-9 g/dL), con trom-bocitopenia (20 000-100 000/mm3)in più del 90% dei casi. I dati otte-nuti dall’esame delle urine sono soli-tamente una modesta presenza disangue e proteine.Il quadro renale può variare da lievialterazioni della funzionalità ad unainsufficienza renale acuta tale da ri-chiedere dialisi.Il trattamento della sindrome emoli-tico uremica prevede un attento mo-nitoraggio di fluidi ed elettroliti,controllo della pressione arteriosa, eprecoce ricorso al trattamento diali-tico, efficace nel diminuire la morta-lità. Gli antibiotici sono da evitare,

dato che sembrano favorire la com-parsa di sindrome emolitico-uremicain pazienti con infezione da E. coli0157:H7 (10). La terapia antitrom-botica non ha efficacia dimostrata(11).Proprio per la sua evoluzione poten-zialmente fatale, la sindrome emoli-tico uremica va sospettata in bambi-ni con comparsa improvvisa di in-sufficienza renale acuta.La prognosi di tale patologia preve-de sopravvivenza alla fase acuta inpiù del 90% dei casi, grazie al ricor-so tempestivo alla dialisi; lo sviluppodi danno renale irreversibile si ha incirca il 9% dei pazienti.È raccomandato un follow-up an-nuale per il monitoraggio di iperten-sione, proteinuria e insufficienza re-nale cronica che possono comparireanche a distanza di diversi anni(2,12).

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Proprio per la sua evo-luzione potenzialmentefatale, la sindromeemolitico uremica vasospettata in bambinicon comparsa improv-visa di insufficienza re-nale acuta.

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Introduzione

Il dosaggio della transaminasemiarisulta essere uno degli esami emati-ci più facilmente prescritti dai Pe-

diatri di Famiglia. Il riscontro diipertransaminasemia come repertooccasionale e isolato è dunque au-mentato rispetto al passato e piùspesso quindi il pediatra entra in

contatto con questo dato. Da qui na-sce la necessità di delineare un iterdiagnostico adeguato che permettadi individuare le principali cause diipertransaminasemia non esclusiva-

Un caso clinico di ipertransaminasemiacriptogenetica in età pediatricaM. Pitea, V. Biffi, F. Brambillasca, G. Barera, P. SgaramellaUnità operativa di Pediatria - Neonatologia, Centro di Endocrinologia dell’Infanzia e dell’AdolescenzaUniversità Vita-Salute San Raffaele di Milano

Parole chiaveIpertransaminasemia, Celiachia

Key wordsHypertransaminasemia, Celiac disease

Summary Hypertransaminasemia can belong to a peculiar clinical pattern or being a fortuituous laboratoristic data without symp-toms, from which we can begin a diagnostic process.We know a lot of conditions associated with livel cell cytolysis and we can divide them according to the different enzymicalteration.In case of marked and sudden increase in transaminase levels, first of all viral acute hepatitis, medication use or drugs abusemust be investigated. It’s important also to analyse other possible causes as metabolic hepatitis (Wilson Disease), autoim-mune liver diseases and biliary tract stones.If the increase in transaminase levels is mild but persistent, apart from the causes described above, we have to look for al-cohol abuse and other conditions not involving hepatic tissue directly: celiac disease, Addison disease, Sarcoidosis andAlagille Syndrome.We present the case of a pediatric patient with hypertransaminasemia unexplained by viral liver causes in whom celiacdisease was finally discovered.

RiassuntoL’ipertransaminasemia può far parte di un quadro clinico peculiare oppure essere un reperto laboratoristico occasionale inassenza di sintomatologia, dal quale poter iniziare un percorso diagnostico. Le condizioni che si associano a citolisi epati-ca sono molteplici e possono essere suddivise in base al tipo di alterazione enzimatica riscontrata. In caso di aumento mar-cato e improvviso delle transaminasi, l’ eziologia virale acuta o una intossicazione da farmaci o da droghe devono essereescluse in prima ipotesi. È opportuno inoltre verificare altre possibili cause come le epatiti metaboliche (Morbo di Wil-son) e a patogenesi autoimmune così come la patologia litiasica biliare.Se l’aumento delle transaminasi risulta invece moderato ma persistente, oltre alle cause riportate in precesenza, entrano indiagnosi differenziale l’abuso di alcool e condizioni che non coinvolgono esclusivamente il tessuto epatico come la malat-tia celiaca, il morbo di Addison, la sarcoidosi e la sindrome di Alagille.Riportiamo il caso di un paziente di età pedaitica con ipertransaminasemia non imputabile a patologia epatica virale alquale è stata in seguito diagnosticata la malattia celiaca.

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mente dovute ai virus epatotropi.Di seguito riportiamo un caso clini-co di un paziente con ipertransami-nasemia isolata come unico segnoclinico di patologia non esclusiva-mente epatica.

Caso clinico

In un paziente di 11 anni veniva ri-scontrata ipetransaminasemia in oc-casione di esami effettuati per scree-ning allergologico. Per tale motivo ilPediata Curante consigliava esecu-zione di screening per epatite viraleacuta A, B e C; essendo risultato ne-gativo tale scrining inviava il pazien-te all’attenzione del Nostro Centro.In anamnesi familiare si segnala:nonna materna affetta da ipotiroidi-smo su base autoimmune e padre conallergia agli acari della polvere. Ilbambino ha sempre goduto di buonasalute. Non vengono riferiti pregressiinterventi chirurgici o ricoveri ospe-dalieri per cui si è dovuto ricorrere aemotrasfusioni. Non ha effettuatoviaggi in paesi esotici o mangiato ali-menti a rischio. Alvo e diuresi sonoregolari. Viene segnalata saltuaria ad-dominalgia e meteorismo.Giunto alla nostra osservazione ilbambino si presentava in buone con-dizioni generali. Peso:34,4 Kg (10-25° cle). Altezza: 135 cm (10-25°cle), adeguata al target genetico.Obiettività generale nella norma,fatta eccezione per lieve meteori-smo. Cute e sclere non itteriche. Ve-nivano eseguiti esami ematochimicigenerali che mostravano: Globulibianchi: nella norma; emoglobina:12,5 g/dl; AST: 266 UI/L; ALT: 393UI/L.; GGT e CPK: nella norma;bilirubina totale e frazionata: nellanorma; ANA positivi; LKM: nega-tivi; PCR: 1 mg/dl Funzionalità ti-roidea nella norma con screeninganticorpale per tiroidite negativo.

Lo screening per epatite virale A, Be C si riconfermava negativo.Per indagare cause meno frequentidi ipertransaminasemia persistentesono stati inoltre eseguiti: dosaggiodi ferritina, sideremia e trasferrina(nel sospetto di emocromatosi), cu-premia (nel sospetto del morbo diWilson), indici di colestasi, anticor-pi antitransglutaminasi e anticorpiantiendomisio nel sospetto di malat-tia celiaca. I dati di laboratorioescludevano emocromatosi, morbodi Wilson e colestasi, ma evidenzia-vano una positività degli anticorpiantitransglutaminasi IgA ( 28,2U/Arb) e anticorpi antiendomisio.Per la conferma dell’ipotesi diagno-stica di malattia celiaca veniva ese-guita esofagogastroduodenoscopiain sedazione, con biopsie duodenalimultiple. A livello macroscopico taleesame evidenziava mucosa duodena-le ipotrofica, nodulare, con riduzioneplicale e scalloping. L’esame istolo-gico su biopsia intestinale mostravamucosa duodenale “piatta”, con raripiccoli abbozzi villari; gli enterociti

di superficie apparivano di altezzaridotta, con brush-border irregolaree infiltrato linfocitario intraepitelialemoderatamente aumentato; la lami-na propria evidenziava intenso dif-fuso infiltrato infiammatorio linfo-plasmacellulare frammisto a nume-rosi granulociti neutrofili. Tale qua-dro risultava compatibile con atrofiavillare di grado 3 A, secondo la clas-sificazione di Marsh-Oberhuber.Veniva pertanto posta diagnosi dimalattia celiaca. Il paziente veniva in

seguito dimesso, con dieta priva diglutine e veniva programmata visi-ta ambulatoriale di controllo; dopoquattro mesi si assisteva a normaliz-zazione dei valori di transaminase-mia e netto incremento staturopon-derale ( + 3 Kg).

Una presentazione atipica di MC

Tale caso rappresenta una modalitàdi presentazione atipica della malat-tia celiaca. L’atipia consiste nellaqualsi completa assenza di sintomi esegni gastroenterologici tipici (adesclusione di saltuarie addomialgieriferite dal paziente).Due importanti studi italiani hannodimostrato che circa il 10% dei pa-zienti con valori elevati di transami-nasi nel sangue, non giustificate dauna causa virale, sono affetti da celia-chia. Se si valuta invece il riscontro diipertransaminasemia nei soggetti ce-liaci al momento della diagnosi si èosservato che tale dato viene rilevatoin circa il 40% della popolazione

adulta e in oltre il 50% della popola-zione pediatrica. L’ipertransaminase-mia può accompagnarsi alla sintoma-tologia tipica della celiachia, ma puòapparire altresì l’unico segno clinico.Bisogna quindi sempre escludere l’i-potesi di malattia celiaca in caso dielevati valori di transaminasi emati-che non dovuti a eziologia virale, so-prattutto in età pediatrica.I primi a riscontrare una correlazionetra morbo celiaco e ipertransamina-semia furono Haggender e Lindberg

Due importanti studi italiani hanno dimostrato checirca il 10% dei pazienti con valori elevati di trans-aminasi nel sangue, non giustificate da una causa vi-rale, sono affetti da celiachia.

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alla fine degli anni settanta. Il riscon-tro di una componente autoimmunedella celiachia suggerì loro che la ma-lattia celiaca potesse predisporre allosviluppo di malattie autoimmuniconcomitanti tra cui tra cui l’epatopa-tia. In realtà una vera causa eziologiadi questo riscontro laboratoristiconon si è ancora individuata. Recentilavori hanno dimostrato come i solidanni della mucosa intestinale, l’au-mentata permeabilità e l’infiamma-zione cronica intestinale non possa-no da soli spiegare il coinvolgimentoepatico nella malattia celiaca. Si èquindi ipotizzato che gli autoanticor-pi tipici della malattia celiachia ab-biano un ruolo fondamentale nel de-terminare una reazione infiammato-ria a livello epatico a carattere au-toimmune. Il dibattito rimane ad og-gi ancora aperto.

Le possibili cause di ipertransami-nasemia

Oltre alla malattia celiaca diversepatologie possono comportare iper-

transaminasemia criptogenetica inetà pediatrica. È utile a scopo de-scrittivo suddividere l’ipertransami-nasemia marcata e improvvisa daquella moderata e persistente, alloscopo di delineare meglio le possibi-li cause che stanno alla base del datolaboratoristico alteratoDi solito un rialzo marcato delletransaminasi (anche fino a 100 voltei valori di norma) si associa nel bam-bino ai segni clinici tipici della ma-lattia epatobiliare come ittero, epa-tomegalia e ascite. Tuttavia un rialzoimportante delle transaminasi puòessere anche presente in pazienti to-talmente asintomatici. Lo screeningper i principali virus epatotropiumani deve essere sempre eseguito ein caso di negatività è utile indagareanche i virus epatotropi minori co-me CMV, EBV, il Parvovirus B19così come alcuni Herpes Virus (inparticolare HHV-6). Indagare inol-tre in anamnesi se nel periodo prece-dente il bambino abbia effettuatoviaggi in paesi con malattie endemi-che. Tali patologie sono da sospetta-re ancor più in caso di bambini adot-tati o immigrati dalle medesime areegeografiche dove abbiano potutocontrarre l’infezione prima di arriva-re in Italia. Da richiedere, inoltre,l’eventuale utilizzo di farmaci perconcomitante patologia cronica op-pure l’ingestione voluttuaria di ec-cessive quantità di farmaci o, nel ca-so in cui il paziente sia un adole-scente, di sostanze stupefacenti co-me cocaina o ecstasy. I farmaci piùcomunemente responsabili di necro-si massiva sono l’isoniazide soprat-tutto se associata a rifampicina e fe-nobarbitale, così come dosi eccessivedi paracetamolo e il valproato di so-dio (soprattutto sotto i 10 anni dietà).Citolisi marcata può essere dovuta

anche ad un’epatite su base autoim-mune; risulta utile quindi indagare

in anamnesi familiare la presenza dipatologie autoimmuni e ricercare susiero i principali autoanticorpi(ANA, AML, LKM).Occorre inoltre valutare se l’aumen-to delle transaminasi sieriche sia undato isolato o associato ad aumentodi altre attività enzimatiche. Un do-saggio elevato di CPK permette dipropendere verso una patologia mu-scolare, per esempio una rabdomio-lisi acuta; nel caso in cui anche la bi-lirubinemia totale e frazionata e leGGT risultino elevate è correttoorientarsi verso una patologia biliaree richiedere un’ecografia addominaleche sarà diagnostica in caso di mal-formazione biliare o malattia litiasi-ca.

Tabella 1 - Ipertransaminasemiamarcata e improvvisa

CAUSE DIIPERTRANSAMINASEMIAMARCATA E IMPROVISA

Epatiti acute e croniche

Epatiti tossiche (veleni, erbe, droghe)

Epatiti acute da Farmaci

Epatiti autoimmuni

Epatopatia metaboliche

Patologia litiasica biliare

Tabella 2 - Ipertransaminasemiamoderata e persistente

CAUSE DIIPERTRANSAMINASEMIAMODERATA E PERSISTENTE

Epatite Croniche Virali

Epatopatia metaboliche

Epatite autoimmune

Sarcoidosi

Malattia celiaca

Epatiti da Farmaci

Epatopatia steatosica alcolica e nonalcolica

Malattia di Addison

Deficit di alfa1-antitripsina

Fibrosi cistica del pancreas

Sindrome di Alagille

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Infine numerose malattie del meta-bolismo del rame, degli zuccheri edel metabolismo proteico e lipidicopossono presentarsi con ipertransa-minasemia associata a quadri clinicidi diversa gravità. La Malattia diWilson è una malattia autosomicaereditaria caratterizzata da un ecces-so di rame accumulatosi in diversitessuti dell'organismo, in particolarenel fegato, nel sistema nervoso cen-trale e nella cornea dell'occhio; nelbambino maggiore dei 5 anni puòesordire con ipetransaminasemiaasintomatica, anche di grado marca-to oppure con un quadro clinico piùimpegnativo caratterizzato dalla co-sì detta epatite acuta wilsoniana. Nellattante una intolleranza ereditara alfruttosio può esordire con marcataipertransaminasemia associata adascite, epatomegalia e vomito. Altridisturbi metabolici rari sono il difet-to dell’ornitina transcarbamilasi(OCT) che si presenta tipicamentenel lattante, la glicogenosi di tipo IIIda difetto di amilo 1-6 glucosidasied errori congeniti dell’ossidazionedegli acidi grassi come il difetto dipalmitoil trasferasi di tipo 1 o il di-fetto multiplo di acetil coenzima AdeidrogenasiIl riscontro occasionale di un au-mento moderato e persistente delletransaminasi sieriche ( entro 10 vol-te il valore massino della norma)comporta una rivalutazione clinicadel paziente volta a individuare ele-menti anamnestici trascurati (viaggi,farmaci, trasfusioni) o segni clinicidebolmente espressi. In questi casi ildosaggio sierico delle CPK risultaestremamente importante per discri-

minare tra patologia epatica e mu-scolare. In caso di aumento signifi-cativo di CPK, il sospetto di unamalattia muscolare risulta concreto eil paziente dovrà essere seguito in talsenso. Se l’aumento delle CPK è lie-ve o moderato conviene dosare an-che l’attività aldolasica nel siero perevitare di inviare il paziente in uncentro diagnostico per miopatiequando potrebbe avere una condi-zione di macro-CPK.Se c’è solo un rialzo della AST deveessere in primo luogo esclusa unamacro- AST, dovuta alla formazionedi immunocomplessi che non posso-no essere escreti per via renale e siaccumulano pertanto nel sangue al-terando il dosaggio delle transami-nasi.Oltre alla malattia celiaca di cui si èparlato in precedenza, devono essereescluse naturalmente le infezionicroniche virali che sono tuttavia diraro riscontro nella popolazione ita-liana, le malattie autoimmuni del fe-gato mediante lo screening autoanti-corpale e il morbo di Wilson me-diante il dosaggio della cupremia. Ilmorbo di Addison può anch’esso as-sociarsi a ipertransaminasemia; utileper escludere tale patologia risulta ildosaggio sierico di ACTH e cortiso-lo.Se la ipertransaminasemia non do-vesse trovare una spiegazione in nes-suna delle precedenti patologie,nonostante le indagini eseguite, oc-corre decidere se esistono i presup-posti per esguire manovre più invasi-ve come la biopsia epatica. Tale esa-me deve essere riservato solo ai pa-zienti che presentano epatomegalie

di consistenza aumentata/dura o incaso di segni ecografici indiretti difibrosi o ipertensione portale.

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Nel lattante una intolleranza ereditara al fruttosiopuò esordire con marcata ipertransaminasemia as-sociata ad ascite, epatomegalia e vomito.

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18 pediatria preventiva & sociale

Le reazioni allergiche possonoesprimersi in diversi organi (eczema,rinite, wheezing, asma, etc.) e la pre-valenza di ciascun sintomo varia aseconda dell’età. Ad esempio, l’ecze-ma ed il respiro sibilante (wheezingper gli anglosassoni) possono essereconseguenza di uno stato di atopiaanche in bambini di età inferiore ai 2anni, mentre l’asma, come malattiainfiammatoria cronica della mucosabronchiale, può essere consideratatale solo dopo il quinto anno di età.Lo sviluppo e l’espressione fenotipi-ca delle malattie allergiche dipendeda una complessa interazione tra ge-netica e ambiente. Si è calcolato in-fatti che la probabilità di diventareallergico per un bambino nato da ge-nitori non allergici è pari a meno del10 %, mentre questa sale a circa il40% per il figlio di un genitore aller-gico e a circa il 70% se lo sono en-trambi i genitori. Nel corso degli ul-timi 20-30 anni si è assistito ad unconsiderevole incremento delle ma-lattie atopiche nell’età evolutiva.Questo fenomeno non è spiegabilesu base genetica, mentre è verosimil-mente da attribuire a modificazioniambientali che incidono sullo svi-luppo di sensibilizzazione e sullasuccessiva manifestazione allergica.All’inizio degli anni Novanta, ungruppo internazionale ha dato l’av-vio al progetto ISAAC (Internatio-nal Study of Asthma and Allergies

in Childhood) con lo scopo di stu-diare su scala mondiale la prevalenzadi asma, rinite allergica ed eczemaatopico. Dagli studi finora condotti,emergono differenze geografiche si-gnificative, talora anche all’internodi uno stesso paese, sottolineando ilprobabile ruolo eziologico dei diver-si fattori ambientali. Nell’ambito delprogetto ISAAC, gli Studi Italianisui disturbi respiratori nell’infanzia el’ambiente (SIDRIA) hanno dimo-strato una prevalenza di asma, riniteallergica ed eczema rispettivamentedel 9.3 %, 12.3% e 15.9% nei bam-bini (6-7 anni) e del 10.3 %, 20.9% e11.9% negli adolescenti (13-14 an-ni). I sintomi sono risultati costante-mente più elevati tra i maschi che trale femmine.

Le malattie a prevalente patogenesiallergica

Un bambino su quattro può presen-tare prove allergiche positive per unoo più dei comuni allergeni alimentario inalanti, anche in assenza di mani-

festazioni allergiche. Questo eventopuò essere spiegato da una reattivitàaspecifica o da una sensibilizzazionesubclinica. Tutto ciò dovrebbe sugge-rire al pediatra di ricorrere ai test dia-gnostici allergologici solo in presenzadi un reale rapporto di causa – effet-to tra il contatto con l’ipotetico aller-gene e la comparsa di una sintomato-logia clinica.Le manifestazioni cliniche nelle qua-li può essere sospettata una patogene-si allergica sono l’anafilassi, la con-giuntivite, la rinite, l’asma bronchiale,la dermatite atopica, l’orticaria e alcu-ni sintomi gastrointestinali (Fig. 1).L’anafilassi sistemica è caratteriz-zata da una sequenza di eventi, perlo più conseguenti alla liberazione dimediatori sotto il controllo delleIgE, che evolvono improvvisamentee possono mettere in pericolo la vitadel bambino. In alcuni casi i mecca-nismi non sono ancora ben definiti esi parla di reazioni anafilattoidi oanafilassi idiopatica. I sintomi com-paiono immediatamente dopo l’e-sposizione all’allergene, a volte con

La diagnosi di allergia nel bambino perl’ambulatorio del PediatraG. Cavagni, S. Donnanno, A. Spattini, G. TrimarcoU.O.C. di Allergologia,IRCCS, Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di RomaU.O.C. di Pediatria – Ospedale di Sassuolo - Modena

Le manifestazioni cliniche nelle quali può esseresospettata una patogenesi allergica sono l’anafilas-si, la congiuntivite, la rinite, l’asma bronchiale, ladermatite atopica, l’orticaria e alcuni sintomi ga-strointestinali

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un quadro inizialmente modesto chegiunge al culmine entro 2 ore. Spes-so i primi sintomi sono costituiti dasensazione di formicolio, prurito esenso di calore al cuoio capelluto, al-le mani e ai piedi. A questi possonoseguire rapidamente rossore al volto,diffuso o a chiazze, orticaria, angioe-dema, starnuti, rinorrea, raucedine,stridore inspiratorio, sintomi dibroncospasmo, crampi addominali,vomito, diarrea, perdita di coscienza,ipotensione e shock. Se non si inter-viene prontamente e in modo appro-priato, può sopraggiungere la morte,più spesso dovuta ad ostruzione acu-ta delle vie respiratorie, ma anche ainsufficienza cardio-respiratoria.La congiuntivite allergica è un pro-cesso infiammatorio a carico dellacongiuntiva oculare e delle palpebre,che provoca bruciore, prurito, iper-emia e lacrimazione. Si distinguenella forma stagionale o perenne: laprima è causata dalla diretta esposi-zione della mucosa oculare agli aller-geni stagionali (di solito pollinici)mentre la seconda agli allergeni pe-renni (di solito acari e i derivati epi-

dermici degli animali domestici).La rinite allergica è un processo in-fiammatorio caratterizzato, alla ri-noscopia, da una mucosa pallida, se-crezione acquosa filamentosa e iper-trofia dei turbinati, provocato da di-versi allergeni. Se sono in gioco al-lergeni stagionali o occasionali si hala rinite allergica stagionale o episo-dica, se sono invece in gioco allerge-ni perenni, si osserva una rinite che,a seconda della durata e della gravitàsarà intermittente (se i sintomi dura-no meno di 4 giorni alla settimana omeno di 4 settimane consecutive) opersistente (se i sintomi durano piùdi 4 giorni alla settimana e per più di4 settimane).L’asma bronchiale è una malattiainfiammatoria cronica delle vie re-spiratorie caratterizzata da iperreatt-vità bronchiale a vari stimoli e re-sponsabile della comparsa di sintomirespiratori conseguenti all’ostruzio-ne bronchiale reversibile spontanea-mente o dopo terapia; nei primi an-ni di vita “il respiro sibilante o/e latosse persistente” possono essere de-finiti come asma solo in presenza di

un evidente stato atopico e dopoaver escluso altre rare condizioni. Laprevalenza nella popolazione è del10% circa. La diagnosi è clinica epuò avvalersi della valutazione fun-zionale dei bronchi (prove di funzio-nalità respiratoria, test di broncodi-latazione, test da sforzo, esalazionedi ossido nitrico). Dato che in etàpediatrica oltre l’80% dei casi haun‘eziopatogenesi allergica, possonoessere utili i test allergologici (cuta-nei o in vitro).La dermatite atopica è una malattiainfiammatoria della cute caratteriz-zata da eruzione eritematosa scarsa-mente demarcata e pruriginosa loca-lizzata in sedi tipiche differenti peretà. Nel primo anno divita la preva-lenza di allergia alimentare può rag-giungere il 75% dei casi, incidenzache tende a diminuire negli annisuccessivi fino ad arrivare a circa l’8% in età scolare. Anche in questo ca-so, i test allergologici possono essereutili per confermare la diagnosi.L’orticaria / angioedema è un’eru-zione cutanea caratterizzata dallacomparsa di lesioni eritemato-pom-

Fattori scatenanti IgE

mediate

Veleno d’imenotteri Pollini Acari della polvereForfore animali Spore fungine alimenti

Sintomi

(prevalenza)Anafilassi(0,001%)Rinite econgintivite (18 %) Asma (10%) Dermatite atopica(10 - 20%)Orticaria (5 – 10 %) Sintomi gastoenterici (2 –7 %)

Fattori scatenanti

aspecificiSforzo fisico Inquinanti esterni e in casaFumo di sigarettaVariazioni climatichealimenti

Fig. 1 - Fattori scatenanti le malattie a prevalente patogenesi allergica

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foidi, fugaci, migranti e pruriginosedovute ad edema del derma superfi-ciale. Quando l’edema interessa glistrati più profondi del derma, il sot-tocute e le sottomucose, si definisceangioedema. Le due condizioni con-dividono le basi eziopatogenetiche eistologiche, e, pur potendosi manife-stare isolatamente, spesso si associa-no nella sindrome orticaria-angioe-dema. La diagnosi è clinica e agevo-le, mentre più complessa è la dia-gnosi eziologica, che in oltre il 60%dei casi non viene riconosciuta. Solonel 10-20% delle orticarie è dimo-strabile una sensibilizzazione aller-gica e gli allergeni più frequente-mente in causa sono alimenti o far-maci. Una volta dimostrata la sensi-bilizzazione, ai fini della diagnosi ètuttavia indispensabile, la dimostra-zione di un preciso rapporto tempo-rale tra assunzione di alimento e/ofarmaco e comparsa di orticaria.Le prime manifestazioni di allergiapossono essere gastrointestinali inquanto il primo contatto con il non-self avviene con il cibo (infatti, sianella vita fetale che durante l’allatta-mento materno le proteine assuntecon il pasto dalla madre possonopassare al figlio). La più tipica è lasindrome orale allergica caratteriz-zata dalla comparsa di edema dellelabbra, prurito al cavo orale e allagola, comparsa di vescicole ed edemadella mucosa della guancia internaentro 5 minuti dall’ingestione di uncibo. Tuttavia è bene precisare che isintomi gastrointestinali non sonosempre tipici e specifici; il vomito, ladiarrea o le coliche che si manifesta-no soltanto dopo l’introduzione diun nuovo alimento possono essereattribuibili ad allergia alimentare. Ilreflusso gastroesofageo, il colon irri-tabile, la stipsi e lo scarso accresci-mento sono invece sintomi moltoaspecifici e l’allergia va presa in con-siderazione in seconda battuta.

Principali fattori scatenanti

Il veleno di imenotteri (api, vespe, ve-spula e calabroni) è costituito da unamiscela di tossine, enzimi e molecolevasoattive che di per sé non ha pote-re anafilattogeno, ma in presenza di

IgE specifiche nei soggetti sensibiliz-zati può causare reazioni sistemichesino al collasso e allo shock anaflatti-co. È l’allergia a maggior rischio didecesso.L'allergia da inalanti si manifesta so-litamente oltre il secondo anno d’età,

Tabella 1 - Principali pollini responsabili di manifestazioni cliniche IgE mediate

Graminacee Cynodon dactylon (erba canina), Anthoxantum odo-ratum (Paleo odoroso), Avena sativa (Avena), Dactylisglomerata (Erba mazzolina), Festuca elatior (Festuca),Holcus lanatus (Bambagiona), Lolium Perenne (Lo-gliarello), Phleum Pratense (Codolina), Poa Pratensis(Erba fienarola), Secale cereale (Segale)

Urticacee Parietaria judaica, Parietaria officinalis (erba vetriola)Composite Ambrosia artemisifolia, Ambrosia trifida, Artemisia

vulgaris, TarassacoChenopodiacee Chenopodium album, Salsola pestifer o kaliOleacee Fraxinus, Ligustrum, Olea europeaBetulacee Alnus, BetullaCoriacee Corylus avellana, Carpinus, OstryaTaxodiaceae Cryptomeria japonicaFagacee Quercus albaCupressacee Cupressus arizonica, Cupressus sempervirens, Junipe-

rus, Thuja, ChamaecyparisPrincipali micofitiDeuteromycetes Alternaria Alternata, Aspergillus Fumigatus, Clado-

sporium (Hormodendrum), Penicillium, il Fusarium,il Trichophyton, la Botrytis

Principali Acari Astigmata Dermatophagoides (pteronyssinus e farinae), Eurogly-

phus Maynei, Acarus Siro, Tyrophagus Putrescentiae,Lepidoglyphus Destructor, Blomia Tropicalis,Glycypaghus Domesticus.

Principali derivati Gatto, Cane, Cavallo, Coniglio, Cavia, Ratto, Topo,epidermici animali Vacca.Principali derivati dalle blatte Blattella germanica, Periplaneta americana, Blattella

orientalisLattice naturale Derivato dall’albero dell’Hevea Brasiliensis.Principali alimenti Latte vaccino, Uovo di gallina, Pesce (in particolare

merluzzo), Crostacei (sopratutto gamberetti), Cereali(grano, meno frequentemente avena, mais, orzo, riso,segale), Leguminose (arachide e soia), Rosacaee (albi-cocca, mandorla, prugna, fragola, pesca, mela, pera),Nocciola, Carne (sopratutto pollo e manzo-vitello).

Principali Farmaci Antibiotici (in particolare i ‚-lattamici: amoxicillina dasola o associata all’acido clavulanico, le cefalosporine,le penicilline; i macrolidi), prodotti usati per anestesia(in particolare miorilassanti).

Veleno di imenotteri Ape (Apis mellifera), Calabrone (Vespa crabro), Ve-spa (Polistes species e dominilus), Giallone (Vespulaspecies).

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con wheezing, asma, dispnea, tossepersistente, riniti, infezioni respirato-rie ricorrenti. Un numero sempre cre-scente di soggetti soffre di problemirespiratori di natura allergica (circa1/3 della popolazione). Insidiose so-no la rinite stagionale e la congiunti-vite, che in oltre il 33% dei casi, si tra-sformano in asma. La diagnosi aller-gologica è necessaria perchè l’identi-ficazione tempestiva e l’eliminazionedel relativo allergene migliorano ilcontrollo della malattia.L’allergia da alimenti ha una fre-quenza pari a circa il 5% (2 – 7 %) neibambini. Gli alimenti con maggioriproprietà allergeniche sono quelli piùcomunemente presenti nella dieta:latte, uovo, arachidi, soia, pesce e cro-stacei. Il gold standard per la diagno-si di allergia alimentare rimane sem-pre il test di provocazione orale daeseguire in ambiente idoneo al tratta-mento dello shock anafilattico.Le reazioni avverse ai farmaci com-prendono un ampio spettro di mani-festazioni cliniche (reazioni cutaneepruriginose, orticaria, angioedema,asma o anafilassi). Per confermare ilsospetto clinico di reazione anafilatti-ca, si può ricorrere ad accertamenti invitro da eseguire al momento dellareazione (fase acuta) e ad accerta-menti in vitro e in vivo da eseguiredopo la risoluzione (remissione). Sipuò ricorrere al test di provocazioneorale solo se il farmaco è insostituibi-le e indispensabile. Se il sospetto diallergia al farmaco è molto forte e lereazioni gravi, si può ricorrere al testdi tolleranza con farmaci a medesimaazione ma di differente composizio-ne.L’allergia al latice di gomma natura-le è causata dalla sensibilizzazione avarie proteine contenute nella linfa(caucciù) dell’albero Hevea Brasilien-sis. La sensibilizzazione al latice av-viene al contatto con materiali sanita-ri come guanti di gomma, cateteri,

tubi, maschere, lacci emostatici, maanche con oggetti comunementeconcessi ai bambini come succhiotti,tettarelle, palloni e palloncini, adesivi.Anche i materassi ad aria e alcuni ti-pi di tappeti e di stuoie sono a base dilattice. Si può manifestare dai sei me-si ai quindici anni dall'inizio del con-tatto. Le manifestazioni sono quasisempre da contatto, ma alcune voltesi hanno sinto¬mi respiratori da ina-lazione della polvere di lattice che sili¬bera dall'oggetto utilizzato. Sonoinoltre sempre più frequenti le segna-lazioni di reazioni crociate tra protei-ne del latice e quelle di alcuni tipi difrutta che però solo in alcuni casihanno un significato clinico.

Principali allergeni

Antigeni che stimolano la ipersensi-bilità mediata da un meccanismo im-munologico sono definiti allergeni.Gli allergeni sono per lo più sostanzepresenti nell’ambiente e la loro intro-duzione nell’organismo avviene pertre diverse vie:

1) per inalazione;2) per ingestione (alimenti e farma-

ci);3) per via parenterale (allergeni pene-

tranti per iniezione).Gli allergeni introdotti per inalazionesono rappresentati prevalentementeda pollini, micofiti, acari della polve-re domestica, derivati epidermici ani-mali, derivati dalle blatte, lattice na-turale.Nella tabella 1 sono elencati i princi-pali allergeni di interesse allergologi-co.

I test in vivo per la diagnosi diallergia

I test cutanei hanno lo scopo di ve-rificare se i mastociti cutanei delsoggetto in esame possiedono anti-corpi specifici per l'allergene sospet-tato. Il test cutaneo può essere con-siderato un test biologico in grado disvelare la presenza di IgE legate almastocita nell’organo bersaglio. Adifferenza del test in vitro, il test cu-taneo determina una vera e propria

Fig. 2 - Esempio di skin prick test (SPT)

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reazione allergica in miniatura checonsegue alla liberazione di media-tori che portano alla produzione en-tro pochi minuti di un ponfo con unpossibile eritema circostante. La rea-zione immediata può essere seguitada una reazione tardiva, di tipo eri-tematoso, che inizia dopo 1-2 oremadi scarso rilievo diagnostico.Lo Skin Prick test (SPT) (Fig.2) èdi facile esecuzione ma risente dinumerose variabili in grado di in-fluenzare le dimensioni della rispo-sta dipendenti dalla metodica (tipo,potenza, concentrazione e stabilitàdell’estratto), dall’operatore (abilitàe/o tecnica con la quale viene ese-guito), dal paziente (grado di sensi-bilizzazione e reattività della cute almomento dell’esame, sede cutanea,età) e dall'assunzione di farmaci ingrado di ridurre la risposta cutaneaallo SPT, (in particolare gli antista-minici). Gli SPT possono essereeseguiti a qualsiasi età, perché già ilattanti presentano reazioni cutaneepronunciate sia per gli allergeni cheper l’istamina. Un pannello di aller-geni da utilizzare di base nella dia-gnostica delle allergopatie respirato-rie infantili dovrebbe essere compo-sto da estratti del commercio diDermatophagoides pteronissinus,Dermatophagoides farinae, Gatto,Cane, Alternaria, Lolium perenne(o altro polline di graminacee crossreagente), Cynodon dactylon, Parie-taria officinalis e judaica, Assenzio,Ambrosia, Olivo, Cipresso, Betulla,Nocciolo e Ontano. Per quanto ri-guarda gli allergeni alimentari, sonopiù frequentemente responsabili dimanifestazioni cliniche IgE mediateil latte, le uova e il grano nei primianni di vita, mentre nelle età succes-sive predominano il pesce (merluz-zo), le arachidi, la soia, i crostacei(gamberetti) e vari tipi di frutta sec-ca.Negli ultimi anni, utilizzando la me-

todica della cerottoreazione in ana-logia alla diagnosi nei confronti disostanze in grado di determinaredermatite da contatto (patch test),sono stati proposti gli Atopy PatchTest (APT) che sembrerebbero esse-re uno strumento promettente perindividuare il meccanismi patogene-tici alla base dell’allergia alimentarenella DA diversi da quelli IgE-me-diati. Tuttavia l’ATP presenta pro-blemi di standardizzazione che an-drebbero risolti prima che possanoessere accolti nella diagnostica routi-naria senza riserve.

I test in vitro per la diagnosi diallergia

La diagnostica delle allergie in vitrosi avvale di un pannello di analisi di-stinte in test specifici e test aspeci-fici.I test specifici sono considerati disupporto alla clinica. Sono prevalen-temente test quantitativi e standar-dizzati che hanno una discreta affi-dabilità clinica ma, di contro, un co-sto più elevato rispetto agli SPT erichiedono tempi di risposta piùlunghi.Rientrano in questo gruppo:• il dosaggio delle IgE specifiche cir-

colanti (sIgE): verso singoli estrat-ti allergenici con test eseguibili inlaboratorio e test eseguibili in am-bulatorio; verso estratti allergenicimultipli e verso molecole ricombi-nanti

• il dosaggio di molecole legate al-l’attivazione dei basofili

• il dosaggio delle IgG4 specifichecircolanti

I test aspecifici sono prevalentemen-

te test quantitativi, alcuni dei qualidi facile esecuzione come ad esem-pio la conta degli eosinofili nasali,che può essere eseguita anche nel-l’ambulatorio pediatrico e compren-dono: il dosaggio IgE sieriche tota-li, il dosaggio della triptasi, il dosag-gio dei mediatori o molecole legateall’attivazione dei basofili, la contadegli eosinofili in circolo e nelle se-crezioni mucose e il dosaggio deimediatori della flogosi eosinofila co-me la proteina eosinofila cationica(ECP). Di queste indagini quellache riveste un interesse pratico è larilevazione degli eosinofili in circoloo nelle mucose. Le IgE totali nellapratica clinica hanno dimostrato mi-nor valore diagnostico dell’anamnesifamiliare.

Test specifici

1) Dosaggio IgE specifiche verso singo-li estratti allergenici In Laboratorio: la ricerca delle IgEspecifiche (sIgE) in vitro verso undeterminato allergene rimane il piùutile tra i test di laboratorio per ladiagnosi delle malattie allergiche daipersensibilità immediata. Si basa sumetodiche immunologiche che sonoandate modificandosi continuamen-te negli ultimi anni a partire dalRAST il primo ad essere introdottonella diagnostica clinica.Nella pratica allergologica si utilizzasoprattutto in situazioni di non con-cordanza tra anamnesi e test cutaneie/o di sensibilità multiple. Inoltre laricerca delle IgE specifiche nel siero(RAST e suoi equivalenti) rappre-senta un test privo di rischi per il pa-ziente, non influenzato dal grado di

I test aspecifici sono prevalentemente test quanti-tativi, alcuni dei quali di facile esecuzione come adesempio la conta degli eosinofili nasali

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cooperazione e da eventuali sommi-nistrazioni di farmaci. Esso trova in-dicazione principalmente in patolo-gie cutanee (estesa dermatite atopi-ca, eritrodermia, dermografismo,etc.) tali da impedire l’esecuzione deiSPT, quando vi sia necessità di tera-pia antistaminica o steroidea conti-nuativa per via sistemica o locale insede di esecuzione.Di contro esso risulta tecnicamentepiù complesso (necessita di un labo-ratorio analisi) e anche più costosorispetto ai SPT.Non tutti i sistemi per la rilevazionedelle IgE specifiche sono uguali enon tutti ugualmente validi. E’ mol-to importante pertanto che il labora-torio garantisca la riproducibilità deldato e sia certificato da un program-ma di controllo qualità (QC) Nazio-nale e/o Internazionale.Per quanto riguarda la sensibilità especificità merita una particolaremenzione un esteso programma divalutazione clinica sui sistemi Im-munoCAPTM che è stato condottoda Paganelli e coll. a livello interna-zionale in 6 paesi su 894 individuiper un totale di 5.170 dosaggi aller-gometrici. I risultati di questo studiomulticentrico confrontati con i daticlinici hanno mostrato una sensibi-lità e specificità clinica rispettiva-mente superiore al 89% e al 91%.Significativi progressi nell'ambitodei test volti alla ricerca delle sIgE sisono ottenuti dalle metodiche di ul-tima generazione di tipo "quantitati-vo", nelle quali si utilizza una curvadi riferimento costruita con i valoridi IgE totali di un siero standard(preparazione per le IgE umane n°75/502 della World Health Organi-zation) per convertire la risposta IgEspecifica per l'allergene in un risulta-to quantitativo. I risultati si espri-mono in kilo-unità/L di IgE allerge-ne-specifiche (kUA/L). Nei sistemipiù diffusi la minima dose rilevabile

di sIgE è <0,008 kUA/L; nella pra-tica clinica il limite significativo(confine tra il soggetto sano e l’ato-pico) si è concordato essere > 0,35kUA/l.Il vantaggio della metodica di tipoquantitativo, data la sua standardiz-zazione e riproducibilità, è rappre-sentato dalla possibilità teorica diindividuare, in soggetti selezionati,dei cut-off specifici per vari allerge-ni, in base ai quali predire una mag-giore o minore probabilità di com-parsa di sintomi dopo esposizione.In alcuni sistemi la valutazione delrisultato viene ancora espresso fino a6 classi di positività, dove la classe 0indica l’assenza di sIgE, la classe 1 èfortemente dubbia e le classi 2, 3, 4,5 e 6 sono indicative di sensibilizza-zione. Il risultato in classi è tuttaviameno utile rispetto al dosaggioquantitativo da un punto di vista cli-nico.In generale i test in vitro presentanouna buona affidabilità diagnosticarispetto a quelli cutanei anche se instudi nei quali il prick test è stato ac-cettato come "gold standard" dia-gnostico, i test in vitro sono general-mente risultati meno sensibili. Alcu-ni studi hanno riportato una minoresensibilità di questi ultimi a con-fronto con i prick test, specie per al-

lergeni alimentari come la soja o ilgrano. Invece, nell'allergia respirato-ria altri studi hanno osservato che iprick test e le IgE specifiche conmetodiche di ultima generazioneforniscono risultati grosso modoequiparabili se non migliori.In ambulatorio: è di recente immis-sione sul mercato un micrometodo(bastano infatti 3 gocce di sangueprelevato con lancetta pungidito)che può essere eseguito in ambulato-rio(ImmunoCap Rapid, test – Pha-dia) innovativo, per la determinazio-ne rapida e simultanea di IgE speci-fiche verso 10 allergeni tra i più co-muni e maggiormente responsabilidi Wheezing, Asma e Rinite neibambini (Epiteli e forfore - Gatto(e1), Cane (e5); Graminacee -Phleum pratense (g6);Alberi - Be-tulla (t3), Olivo (t9); Erbe - Artemi-sia vulgaris (w6), Parietaria judaica(w21); Acari - Dermatophagoidespteronyssinus (d1) ; Alimenti - Al-bume (f1), Latte vaccino (f2) (Figu-ra 3).Il test, che è stato sottoposto all’ap-provazione tecnica FDA, è stato va-lidato clinicamente in 2 recentissimistudi internazionali multicentrici, ilprimo retrospettivo di un gruppospagnolo-svedese, il secondo pro-spettico, italiano, in corso di pubbli-

Fig. 3 - Il test ImmunoCap Rapid

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cazione. Gli studi si ponevano comeobiettivo il confronto tra i risultatiottenuti con il test ImmunoCAPRapid Wheeze/Rhinitis Child e ladiagnosi clinica formulata dagli spe-cialisti usando come riferimentoanamnesi, storia clinica e risultatodegli SPT.I risultati preliminari sono molto in-coraggianti. La capacità del test diriconoscere i pazienti come positi-vi/negativi concorda con la diagnosidel medico e gli SPT nel 96.5% deicasi. La concordanza dei singoli al-lergeni (indagine su 3.000 allergeni)è del 91%.Il test è di facile esecuzione e rapido(20 minuti). Circa 110 µl di sanguecapillare vengono applicati sul dis-positivo fornito dalla ditta produt-trice. Il plasma, separato dalle cellu-le ematiche da un filtro presente nelpozzetto, migra lungo due strisce dinitrocellulosa alle quali sono legati idiversi allergeni. Dopo 5 minuti, unasoluzione di sviluppo aggiunta nel-l’apposito pozzetto, rilascia il coniu-gato gold-anti-IgE. Il coniugatoforma un complesso con gli anticor-pi del campione, appena legati, visi-bile come una linea rosso-rosa nellafinestra del test. Il risultato del test (colorimetrico) è chiaro e visibile adocchio nudo (Figura 4).

2) Test di screening per atopia: i test amiscela di allergeni per l’identifica-zione del fenotipo atopico sono statiideati per fornire una diagnosi di al-lergia/atopia mediante una rispostadi tipo qualitativo (presenza/assenzadi anticorpi di tipo IgE specifici ver-so una miscela di allergeni alimenta-ri e/o respiratori), anche se non con-sentono di identificare con precisio-ne l’allergene responsabile.Tali test possono trovare una lorocollocazione nelle indagini di primolivello ai fini dell’inquadramentoiniziale del bambino con sospetta

malattia allergica ma con l’arrivodell’ImmunoCap Rapid potrebberoperdere di interesse.

3) Molecole ricombinanti, proteine al-lergeniche: grazie alla possibilità diutilizzare molecole ricombinanti, omeglio proteine allergeniche pro-dotte con tecnologia ricombinanteintrodotte da qualche anno, è possi-bile escludere o confermare sensibi-lizzazioni multiple: infatti gli aller-geni contenuti per esempio nei pol-lini – betulla, parietaria, coda di to-po, etc. - possono essere specie spe-cifici oppure comuni ad altre speciese non addirittura all'intero regnovegetale.La ricerca di anticorpi per le mole-cole ricombinanti allergeniche (por-zioni di proteine responsabili di sen-sibilizzazione) consente di: discrimi-nare con maggior precisione le pro-teine responsabili, allergeni maggio-ri o minori e può essere utile nel per-corso diagnostico e nella decisionedi intraprendere una ImmunoterapiaSpecifica (ITS).

Questi test sono rivolti principal-mente a specialisti con competenzespecifiche in allergologia molecola-re.

4) Dosaggio dei mediatori o molecolelegate all’attivazione dei basofili: I ba-sofili circolanti rappresentano nonpiù del 0.5-1% dei globuli bianchitotali. La loro attivazione attraversoil legame tra IgE e recettori ad altaaffinità per le IgE (FCÂRI) presen-ti sulla membrana cellulare provocadegranulazione e liberazione di me-diatori come istamina, eparina, pro-teasi neutre, idrolasi acide e altri fat-tori chemiotattici. Il test valuta l’at-tivazione dei basofili in risposta a di-versi stimoli allergenici.• CAST-ELISA (Cellular Antigen

Stimulation Test) Descritto nel 1991, consiste nelladeterminazione quantitativa deisulfidoleucotrieni (LTC4 e suoimetaboliti LTD4 e LTE4) prodot-ti in vitro dopo stimolazione deibasofili con un allergene o un far-maco. Studi preliminari condotticon antibiotici betalattamici, ASAed altri FANS hanno confermatola sua applicabilità allo studio nonsolo delle reazioni IgE-mediate,ma anche delle reazioni avverse afarmaci.

• Flow-CASTMisura l’espressione di molecole disuperficie inducibili: una delle piùstudiate è il CD63 (gp53) che vie-ne evidenziato sui basofili in cito-metria a flusso (Flow-CAST).

Studi preliminari condotti con anti-biotici betalattamici, ASA ed altriFANS, latice e anche allergeni ina-lanti hanno confermato la applicabi-lità nello studio delle reazioni IgE-mediate.Le metodiche necessitano di ulterio-ri conferme e al momento vannoconsiderate solo per ricerca.

Fig. 4 - Esempio di risultato positivoper gli allergeni e1(gatto), g6 (codadi topo), d1 (acaro)

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5) Dosaggio delle IgG4 specifiche circo-lanti: il ruolo delle IgG specifiche eil loro rapporto con le IgE nelle ma-lattie atopiche è tuttora controverso Va segnalato in ogni caso che le IgGspecifiche (ad esempio, verso ali-menti) possono essere evidenziateanche in soggetti normali, senza al-cuna manifestazione clinica e connegatività dei test di provocazionecon l’allergene specifico. Per conver-so le IgG4 specifiche possono essereassenti per la presenza di un deficittotale delle IgG4, che è peraltromolto frequente nella popolazionegenerale (1:440).Controversa è soprattutto l’utilitàclinica del dosaggio delle IgG speci-fiche e delle sottoclassi IgG4: po-trebbero avere un ruolo prognosticonell’ipersensibilità al veleno di ime-notteri se confermata l’osservazioneche gli apicoltori con livelli signifi-cativi di IgG specifiche hanno minorprobabilità di sviluppare anafilassi inconseguenza delle punture di ime-notteri.Il test non trova applicazione nellapratica clinica e va riservato a scopidi ricerca.

Test specifici

Per queste indagini limiterei la trat-tazione alle IgE totali, perché anco-ra impropriamente utilizzate nellapratica, e agli eosinofili sia in circolosia nelle secrezioni per lo loro possi-bilità di rilevare indirettamente laflogosi allergica.1) Dosaggio IgE sieriche totali: il do-saggio delle IgE totali consente diidentificare tutta la popolazione del-le IgE (specifiche e non) presenti nelsiero di un paziente.La concentrazione sierica delle IgEtotali varia con l'età: nei neonati so-no quasi indosabili e aumentano poiprogressivamente raggiungendo i li-velli dell'adulto intorno al 10° anno

di vita. Le IgE rappresentano sola-mente lo 0.004% di tutte le immu-noglobuline ed i valori di normalitànel siero presentano ampie oscilla-zioni a tutte le età della vita.Il dosaggio delle IgE totali è sconsi-gliato perché non può competerecon gli SPT o il dosaggio delle IgEspecifiche mirato e quindi, avendouna scarsa utilità clinica, non do-vrebbe essere utilizzato per la dia-gnostica allergologica del singolopaziente in quanto il più delle volterisulta confondente e genera inutileallarmismo.2) Conta degli Eosinofili in circolo enelle secrezioni mucose: nel soggettosano il numero degli eosinofili si ag-gira intorno al 1-7% ma può salire avalori superiori al 15-30% sia in pa-tologie allergiche sia extra-allergi-che. L’aumento del numero di eosi-nofili nel sangue periferico può farsospettare una condizione atopicapur tenendo presente che può esserecausato da numerosi fattori ambien-tali quali inquinanti, allergeni ina-lanti, diossido di zolfo, ecc.Gli eosinofili possono essere valuta-ti anche a livello delle mucose: subiopsie di mucosa bronchiale e inte-stinale: ad esempio un aumento delnumero di eosinofili o la presenza dinidi di eosinofili nel secreto mucosonasale sono indicativi di rinite aller-gica.L’interesse che aveva suscitato all’i-nizio il dosaggio dei mediatori dellaflogosi eosinofila (ECP) è andatogradatamente smorzandosi perchènelle fasi acute, come ad esempio incorso di crisi asmatica indotta dall'e-

sposizione all'allergene, il turnoverdell'ECP ed il tempo di dimezza-mento si è meno di 30 minuti. Il suovalore diagnostico è per un secondolivello di indagine e/o quasi esclusi-vamente di ricerca clinica.La conta degli eosinofili nel sangueperiferico ha scarsa rilevanza per ladiagnosi delle malattie allergiche.Un elevato numero di eosinofili nel-le secrezioni mucose può essereespressione di flogosi allergica.

Quando le IgE saranno veramentespecifiche?Dalla proteomica e dalla “chip tech-nology”, originariamente impiegatanei metodi di ibridizzazione degliacidi nucleici si potranno avere inte-ressanti innovazioni anche di inte-resse pratico. L’uso dei microchip haconsentito lo sviluppo di un prototi-po miniaturizzato per la determina-zione dell’anticorpo IgE che utilizzamicroarrays di proteine allergenichelegate a un chip di silice attivato. Nel2003 è stata commercializzata inEuropa una metodologia altamenteinnovativa per il dosaggio delle IgEspecifiche contro allergeni comuni.Tale metodica costituisce un avanza-mento sotto 3 aspetti fondamentali:1) offre risultati riferiti alla reazionecontro numerose singole molecoleallergeniche (e non piu' miscele oestratti) (Fig. 5); 2) utilizza volumidi siero minimi (20 microlitri) rica-vabili da un semplice prelievo disangue capillare e corrispondentiminimi volumi di reattivi, riducendoquindi drammaticamente anche icosti per singola determinazione; 3)

L’uso dei microchip ha consentito lo sviluppo di unprototipo miniaturizzato per la determinazione del-l’anticorpo IgE che utilizza microarrays di proteineallergeniche legate a un chip di silice attivato.

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è il primo di una nuova generazionedi test, definiti protein-microarrays,che presumibilmente sostituirannoprogressivamente gran parte dei testimmunoenzimatici esistenti, interes-

sando molte altre branche della me-dicina (es.: autoimmunità, malattieinfettive).Il test appare di sicuro interesse edeffettivamente ad elevatissimo con-tenuto innovativo. La disponibilitànella fase solida di singole molecoleallergeniche purificate o ottenutecon la tecnologia del DNA ricombi-nante permette di discriminare isoggetti polisensibili “veri” reattivi amolti distinti allergeni, da quelli“falsi”, reattivi contro i cosiddettipan-allergeni. In generale, l’applica-zione dei protein microarrays in pe-diatria permette di avanzare versoun’ “Allergologia Molecolare” prope-deutica all’introduzione di immuno-terapie innovative. Dal punto di vi-sta metodologico, tuttavia, la valida-zione dei nuovi test è in corso in di-versi gruppi e laboratori e va effet-tuata utilizzando come “gold stan-dard” le migliori metodiche classi-che esistenti. Le prime proposte ve-dono questi esami come test di 3° li-vello, da effettuarsi per approfondirela diagnostica di particolari sotto-gruppi di pazienti già sottoposti alleindagini classiche.

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Fig. 5 - Esempio di test su siero me-diante protein-chip (sistema ISAC,Immune Solid-phase AllergenChip). L'immagine riproduce la let-tura del protein-chip dei risultati sulsiero di un paziente allergico. Ognidosaggio è in triplicato (in vertica-le). A sinistra si trova una colonnache serve per l'allineamento del ve-trino rispetto al raggio laser. Il nerocorrisponde ad assenza di segnale. Ilsegnale (positività del test) aumentaprogressivamente passando dal blual verde, giallo, rosso e bianco.

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I disturbi cronici che interessano leghiandole salivari sono rari nei bam-bini e costituiscono solo una partemarginale delle patologie che il pe-diatra si trova quotidianamente adaffrontare. La ridotta frequenza diquesti disturbi nell’infanzia non per-mette di indagare adeguatamente laloro eziopatogenesi, di possedere da-ti epidemiologici precisi e di defini-re strategie terapeutiche basate suun’ampia esperienza clinica. La dia-gnosi è spesso difficoltosa a causadella somiglianza tra le diverse ma-nifestazioni cliniche, per la comples-sità della regione anatomica interes-sata e per la natura aggressiva di al-cuni disturbi. Più frequentemente inetà pediatrica le ghiandole salivarisono interessate da patologie in-fiammatorie e infettive, da malattieostruttive e dalle scialoadenosi.

Patologie infiammatorie e infettive

La parotite giovanile ricorrente( JRP) è un’infiammazione ricorren-te della parotide generalmente asso-ciata a scialectasie non ostruttivedella ghiandola. All’esame istologicosi evidenziano dilatazioni pseudoci-stiche dei dotti interlobulari associa-te a infiltrazione periduttale di linfo-citi, fibrosi interacinare e vari gradidi atrofia ghiandolare. La JRP è ca-ratterizzata da episodi ricorrenti di

tumefazione dolente spesso accom-pagnata da febbre e malessere gene-rale ed il quadro clinico viene spessoerroneamente diagnosticato comeparotite epidemica. Il disturbo è piùfrequente nei maschi, l’insorgenzadella sintomatologia è precoce ed ilpicco di incidenza si pone tra i 4 e i6 anni di età. La frequenza delle esa-cerbazioni è abbastanza variabile e lapatologia scompare completamentenell’età adulta. L’eziologia non è an-cora stata chiarita: la presenza discialectasie nelle ghiandole affette fasospettare una causa ostruttiva, tut-tavia nella maggior parte dei casinon sono stati evidenziati elementiche confermano tale ipotesi. Unadelle teorie più accreditate chiama incausa come fattori scatenanti degliagenti infettivi che risalendo dallacavità orale provocano un processoinfiammatorio a sua volta responsa-bile di una reazione metaplasica del-l’epitelio duttale; questo produce ec-cessive quantità di muco favorendola cronicizzazione della patologia.Altri fattori coinvolti nella patoge-nesi della JRP possono essere rap-presentati da anomalie congenite delsistema duttale, da fattori ereditari,da allergie e da malattie autoimmu-ni; oggi si pensa che l’eziologia deldisturbo possa essere spiegata soloda una combinazione di tutti questifattori. Il gold standard nella valuta-zione diagnostica è sempre stata la

scialografia, esame invasivo e sop-portato con difficoltà dai piccoli pa-zienti. Tale esame oggi appare supe-rato dall’utilizzo dell’ecografia, noninvasiva e pertanto accettata moltopiù facilmente. Attraverso questametodica è possibile rilevare l’in-grossamento della parotide e le scia-lectasie che si dimostrano come areeipoecogene tondeggianti di circa 2-3mm di diametro; le alterazioni evi-denziate all’ultrasonografia sono ca-ratteristiche di JRP ma non pato-gnomoniche. Oggi all’ecografia pos-siamo associare la risonanza magne-tica nucleare con tecnica Scialo-RMN che consente la corretta valu-tazione della struttura ghiandolare el’eventuale dilatazione dell’alberoescretore salivare. Alla radiologia sipuò affiancare in casi selezionati lascialoendoscopia diagnostica, esamedi recente introduzione che è in gra-do di visualizzare con ottiche rigidee semirigide di diametro compresotra 1-2 millimetri il lume dei dotti

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Patologie croniche delle ghiandole salivari in età pediatricaG. V. Zuccotti, D. Dilillo, D. Spiri, A. Peri1, F. Ottaviani1, D. Minorati2

Clinica Pediatrica dell’Università di Milano, AO Luigi Sacco, Milano1 Clinica Otorinolaringoiatrica dell’Università di Milano, AO Luigi Sacco, Milano2 U.O. Radiologia, AO Luigi Sacco, Milano

La terapia degli epi-sodi acuti si basa sul-l’utilizzo di antibioticied antinfiammatori alfine di ridurre la tume-fazione e il dolore.

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salivari di prima e seconda genera-zione. Tale procedura viene eseguitain età pediatrica in regime di aneste-sia generale.La terapia degli episodi acuti si basasull’utilizzo di antibiotici ed antin-fiammatori al fine di ridurre la tu-mefazione e il dolore. Le penicillinerimangono il trattamento di primascelta (amoxicillina, amoxicillina-acido clavulanico); nei casi più gravi

e di difficile risoluzione è utile asso-ciare la terapia corticosteroidea. Unostudio recente condotto in bambinicon JRP ha dimostrato l’efficacia te-rapeutica della scialoendoscopia as-sociata al lavaggio locale con solu-zione fisiologica, dilatazione deldotto e iniezione di idrocortisone.La sindrome di Sjögren (SS) è unapatologia cronica autoimmunitariarara in età pediatrica; si manifesta

più frequentemente nelle femmine ecolpisce soprattutto la seconda e laterza infanzia. La sindrome è carat-terizzata dalla distruzione delleghiandole lacrimali e salivari attra-verso un progressivo infiltrato in-fiammatorio di linfociti e plasmacel-lule. La manifestazione clinica piùfrequente è la tumefazione ricorren-te della parotide, presente all’esordiodella malattia in più del 70% deibambini affetti. Comuni sintomi dipresentazione della SS sono inoltrela xeroftalmia e la xerostomia; piùraramente compare tumefazione inregione sottomandibolare, artralgie,artrite, o febbre. La sindrome puòessere associata ad altri disturbi au-toimmunitari come l’artrite reuma-toide, il lupus eritematoso sistemico,la sclerodermia ed altre connettivo-patie. Sono frequentemente presentianticorpi antinucleo ed anti-ENA,positività del fattore reumatoide, in-cremento della velocità di eritrosedi-mentazione e delle IgG. Anche iltest di Schirmer, evidenziando unariduzione del film lacrimale, è unimportante ausilio diagnostico. Lostudio ecografico fornisce la possibi-lità di visualizzare la struttura delparenchima ghiandolare aggiungen-do informazioni che potranno essereutilizzate nei controlli successivi perverificare l’evoluzione della patolo-gia. A completamento diagnostico ènecessario eseguire una biopsia delleghiandole salivari minori a livellodella mucosa del labbro inferiore.L’approccio terapeutico si basa sul-l’utilizzo di corticosteroidi, farmaciantiinfiammatori non steroidei,idrossiclorochina, ciclosporina A eciclofosfamide.Il virus HIV, il Mycobacterium tuber-culosis, i Micobatteri non tubercolarie altri agenti infettivi responsabili dimalattie croniche sistemiche posso-no causare un coinvolgimento delleghiandole salivari. La parotite croni-

Fig. 1a -1b - Parotite giovanile ricorrente in una bambina di 5 anni. Ecografia:scansioni sagittali della parotide destra. Lo studio ecografico mostra la strut-tura della ghiandola parotide di destra dove si riconoscono immagini tondeg-gianti, ipoecogene come nelle raccolte di fluido liquido.

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ca ipertrofica insorge negli stadi piùprecoci dell’infezione da HIV in etàpediatrica ed è la seconda lesioneorale per importanza dopo la candi-diasi, interessando il 10-30% deibambini con infezione da HIV. Tut-te le ghiandole salivari maggioripossono essere interessate ma è piùcomune l’ingrossamento della paro-tide. La patologia si manifesta ini-zialmente come un’infiammazioneacuta caratterizzata da dolore e feb-bre; la tumefazione può essere unila-terale o bilaterale, si associa a linfoa-denopatia cervicale e riduzione delflusso salivare; la regressione è dinorma spontanea. Dal punto di vistaistologico le ghiandole interessatepresentano un infiltrato linfoprolife-rativo a carico dei linfonodi intrapa-rotidei e la formazione di cisti causa-ta dalla proliferazione epiteliale in-tranodale. Il gold standard per la va-lutazione diagnostica è l’ecografiache evidenzia le linfoadenopatie delcollo: queste appaiono come imma-gini ipoecogene di morfologia ovala-re o tondeggiante. Le estese areeanecogene rappresentano cisti lin-foepiteliali che misurano da 0,5 a 5cm. Altre tecniche di indagine sonorappresentate dalla scialo-RMN e laTAC, utilizzate soprattutto quandosi vogliono indagare contempora-neamente le altre stazioni linfonoda-li profonde del torace e dell’addome.La diagnosi differenziale con le pa-rotiti batteriche, ostruttive, con illinfoma e la leucemia non è sempreagevole. L’approccio terapeutico di-

pende sostanzialmente dai segni esintomi clinici. Quando la parotiteipertrofica si manifesta come un’in-fezione con febbre e dolore deve es-sere intrapreso un trattamento anti-biotico a largo spettro. Se è associa-ta anche la xerostomia, può risultareutile somministrare stimolatori dellasalivazione come l’acido citrico e lapilocarpina. È comunque necessariouno stretto monitoraggio dei pa-zienti a causa della possibile pro-gressione dell’alterazione linfonoda-le verso un linfoma maligno ed inpresenza di questo sospetto deve es-sere effettuata una biopsia a cieloaperto.Nel 2,5-10% delle infezioni daMycobacterium tuberculosis vi è uncoinvolgimento parotideo e l’au-mento di volume della ghiandola ègraduale. La compromissione delparenchima ghiandolare può esseredovuta a diffusione ematogena, op-pure per infezione dei linfonodi in-tra- o periparotidei. Questi processiportano alla formazione dei tipicigranulomi caseosi che in rari casipossono essere responsabili dellaformazione di ascessi intraparotidei.Gli strumenti diagnostici a disposi-zione per valutare l’infezione tuber-colare sono l’intradermoreazione diMantoux, l’isolamento del patogenoe la radiografia del torace. La dia-gnosi differenziale tra infezione tu-bercolare e patologie neoplastichedella parotide rimane tuttavia anco-ra difficoltosa nonostante i progressinel campo diagnostico. La terapia èquella antitubercolare standard cheprevede l’utilizzo combinato di piùfarmaci quali isoniazide, rifampici-na, pirazinamide, asociati a etambu-tolo o rifampicina per i primi 2 me-si. L’ascesso parotideo invece neces-sita di un trattamento chirurgico conincisione e drenaggio, seguiti poidalla terapia antibiotica.L’infezione da micobatteri non tu-

bercolari interessa soprattutto bam-bini di età compresa tra i 2 e i 5 an-ni, raramente sono colpiti soggetti dietà superiore ai 12 anni. Può esserecoinvolta la parotide sebbene l’infe-zione colpisca principalmente i lin-fonodi della porzione anteriore delcollo e della regione sottomandibo-lare. I principali agenti patogeni so-no rappresentati dal Mycobacteriumavium intracellulare, Mycobacteriumscrofulaceum e Mycobacterium kansa-sii. Il quadro clinico è caratterizzatoda un ingrossamento unilaterale egraduale dei linfonodi non accom-pagnato da dolore; è invece presenteuna colorazione scura o violacea del-la cute sovrastante. Il trattamento diprima scelta è rappresentato dall’e-scissione chirurgica che dimostra unsuccesso terapeutico in circa il 90%dei casi. Tale approccio viene prefe-rito perché è sia diagnostico sia cu-rativo e vengono evitati gli effetticollaterali associati alla terapia anti-biotica. Il trattamento farmacologi-co viene riservato ai casi in cui nonsia possibile un intervento chirurgi-co e il regime terapeutico compren-de claritromicina o azitromicina inassociazione a rifampicina, rifabuti-na o etambutolo.

Patologie ostruttive

La principale patologia ostruttivadelle ghiandole salivari è la scialoli-tiasi, situazione clinica comunquerara nei bambini. Il picco di inciden-

Il gold standard per lavalutazione diagnosti-ca è l’ecografia cheevidenzia le linfoade-nopatie del collo.

La principale patolo-gia ostruttiva delleghiandole salivari è lascialolitiasi, situazio-ne clinica comunquerara nei bambini.

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za si pone intorno ai 10 anni, anchese sono stati segnalati casi in bambi-ni di 2 anni e vengono colpiti piùfrequentemente soggetti maschi. Lascialolitiasi è caratterizzata dalla for-mazione di calcoli all’interno del si-stema duttale sia delle ghiandolemaggiori che di quelle minori. Laghiandola sottomandibolare (a livel-lo del dotto di Warthon) è colpitanel 90% dei casi, la parotide in circail 5%, le ghiandole sublinguali e mi-nori nel 2-6% dei casi. Le ghiandolesalivari maggiori sono prevalente-mente colpite da questo disturbo peril concorrere di diversi fattori favo-renti. Innanzitutto sia la parotideche la ghiandola sottomandibolare,al contrario di quanto accade nelleghiandole salivari minori, hanno unatipologia di escrezione salivare noncontinua ma basata sulla stimolazio-ne tattile e gustativa. Questo feno-meno è responsabile di un maggiorristagno di saliva che favorisce laformazione del calcolo. La ghiando-la sottomandibolare è poi ulterior-mente predisposta alla litiasi salivareper la conformazione del suo dottoescretore principale che oltre ad ave-re un lungo tratto in salita, compieanche un angolo retto subito dopol’ilo. Il processo di formazione delcalcolo non è stato ancora ben chia-rito, probabilmente la presenza di unalto contenuto di calcio nella saliva edi fattori metabolici non noti posso-no contribuire alla litiasi. Il quadroclinico è caratterizzato da tumefa-zione unilaterale accompagnataspesso da dolore intermittente che sipresenta quando il dotto viene attra-versato dal flusso salivare e quindicon l’assunzione di cibo. L’esamestrumentale più importante è l’eco-grafia che fornisce un quadro com-pleto delle condizioni della ghiando-la, della dilatazione dei dotti escreto-ri e consente di evidenziare il calco-lo in circa il 90% dei casi; la RM con

tecnica Scialo-RM tende a sostituirela fase diagnostica della scialografiatradizionale, mentre la TAC e le me-todiche tradizionali come la radio-grafia occlusale ortogonale manten-gono un ruolo molto marginale. Laterapia della fase acuta, nei casi incui la tumefazione con dolore persi-ste a distanza dal pasto per sovrain-

fezione batterica secondaria al pro-lungato ristagno salivare, consistenella somministrazione di antibioti-ci ad ampio spettro, antiinfiammato-ri e talvolta corticosteroidi. In casiselezionati (bambini di età superioreai 7-8 anni) garantisce eccellenti ri-sultati la litotrissia extracorporea,metodica introdotta in ambito otori-

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Fig. 2a -2b - Parotite giovanile ricorrente in un bambino di 8 anni. Ecografia:scansioni assiale della parotide destra (1A) e scansione sagittale con impiegodel colorDoppler della parotide sinistra (1B). Lo studio ecografico ben evi-denza le alterazioni tondeggianti ipoecogene della struttura della ghiandola emostra alla valutazione con colorDoppler un’accentuazione della vascolariz-zazione del parenchima.

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nolaringoiatrico da oltre 15 anni.Questa procedura eseguibile in regi-me ambulatoriale associa l’ultraso-nografia, in grado di individuare ilcalcolo, ad un generatore di onded’urto (elettromagnetiche, piezoe-lettriche) capace di frantumare ilcalcolo stesso. Le percentuali di suc-cesso con espulsione completa delcalcolo o sua riduzione al di sotto dei2 mm di diametro all’ecografia rag-giungono il 75% dei casi trattati.Oggi è poi possibile combinare que-sta metodica all’endoscopia operati-va che consente di visualizzare loscialolita all’interno del sistema dut-tale e permette di rimuovere i fram-menti litiasici residui mediante uncanale operatore atto all’introduzio-ne di micropinze e cestelli. Combi-nando le due tecniche si raggiungo-no percentuali di successo nel 90%dei casi.

Le scialoadenosi

Le scialoadenosi sono patologie noninfiammatorie che interessano pre-valentemente il parenchima paroti-deo. Il quadro clinico è abbastanzaaspecifico, caratterizzato da tumefa-zione spesso bilaterale e ricorrente.Dal punto di vista eziologico non siè giunti ancora ad una chiara com-prensione del disturbo tuttavia i dis-ordini endocrini, i disordini nutri-zionali, alcuni farmaci e talune ma-lattie sistemiche sembrano avere unruolo determinante nell’insorgenzadella malattia.Le patologie endocrine che più fre-quentemente si associano a scialoa-denosi sono l’ipotiroidismo, il diabe-te mellito, il diabete insipido, l’acro-megalia e disordini surrenalici. Neibambini la patologia è sempre beni-gna e caratterizzata dall’ingrandi-mento progressivo delle ghiandolesalivari e lacrimali con xerostomia oxeroftalmia, raramente la scialoade-

nosi può essere associata a disordinidel collagene o all’artrite reumatoi-de. L’approccio diagnostico standardprevedere l’utilizzo dell’ecografiache evidenzia correttamente le scia-lectasie; l’esame istologico invecemostra l’atrofia e l’infiltrazione lin-focitaria. Questi disordini sono soli-tamente progressivi e la terapia ste-roidea spesso può migliorare la sin-tomatologia. Le scialoadenosi sonoassociate ad un rischio aumentato disviluppare disordini linfoproliferati-vi, pertanto è necessario uno strettofollow-up Anche i disordini nutrizionali comel’anoressia e la bulimia nervosa sonoresponsabili di scialoadenosi. L’1%delle femmine di età compresa tra i16 e i 18 anni è affetta da tali distur-bi alimentari a cui spesso si associauna diffusa tumefazione asintomaticae non infiammatoria delle ghiandolesalivari. Solitamente si tratta di undisturbo bilaterale e l’entità della tu-mefazione ghiandolare è direttamen-te legata all’incidenza del vomito chespesso caratterizza i disordini alimen-tari. Dal punto di vista eziologico sial’iperstimolazione colinergica sia lapossibile neuropatia autonomica, en-trambe legate all’emesi, possono gio-care un ruolo rilevante nel favorire losviluppo della malattia.Si associano infine a scialoadenosinumerose altre patologie come la sar-coidosi, le leucemie, i linfomi, così

come l’utilizzo di farmaci (ad esem-pio bretilio, metildopa, clonidina, re-serpina, acido valproico): il quadro èsempre caratterizzato da una tumefa-zione delle ghiandole salivari del tut-to asintomatica e aspecifica.

Altre patologie delle ghiandole sa-livari

Le lesioni cistiche e la scialoadenitepost-irradiazione sono disturbi rarinell’infanzia. Le lesioni cistiche simanifestano soprattutto a livello pa-rotideo e costituiscono circa il 2% ditutte le masse presenti a questo livel-lo. Esse possono essere congenite,post-traumatiche, cisti da ritenzioneo derivare dalla degenerazione diuna neoplasia. Le cisti congeniteoriginano soprattutto dal primo arcobranchiale e possono essere di duetipi: la lesione cistica di primo tipo ècaratterizzata da una composizionetotalmente epiteliale e solitamenteha una localizzazione intraparotidea;nella lesione cistica di secondo tipoinvece vi è presenza sia di tessutoepiteliale sia di strutture annessiali eha una localizzazione infraparotidea.In generale si tratta di lesioni total-mente asintomatiche che si rendonoclinicamente evidenti soltanto in se-guito ad un’infezione, alla formazio-ne di un ascesso, alla rottura o allaformazione di un tratto fistoloso. Lavalutazione diagnostica si basa pre-valentemente sull’ecografia e l’inter-vento terapeutico di scelta, quandole lesioni cistiche si rendono eviden-ti, è quello chirurgico.L’irradiazione terapeutica nel tratta-mento delle neoplasie del capo e delcollo provoca generalmente altera-zioni nei tessuti presenti in questeregioni. La scialoadenite post-irra-diazione può coinvolgere tutte leghiandole salivari, inizialmente que-ste sono interessate da una reazioneinfiammatoria acuta; successivamen-

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Le patologie endocri-ne che più frequente-mente si associano ascialoadenosi sono l’i-potiroidismo, il diabetemellito, il diabete insi-pido, l’acromegalia edisordini surrenalici.

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te possono andare incontro ad qua-dro di fibrosi con degenerazionepermanente degli acini ghiandolaried iperplasia duttale. Clinicamente ildisturbo si manifesta con tumefazio-ne e pastosità delle ghiandole coin-volte e può insorgere un’infezioneacuta suppurativa.In conclusione, pur essendo le pato-logie croniche delle ghiandole sali-vari rare nelle prime epoche di vita,è importante che il pediatra sia ingrado di formulare delle ipotesi dia-gnostiche e sappia richiedere gli ac-certamenti di primo livello più ap-propriati in base alla presentazioneclinica, soprattutto nel sospetto diforme sistemiche. È necessario in-fatti inviare allo specialista otorino-laringoiatra casi selezionati che ne-cessitano di accertamenti diagnosticidi secondo livello e/o trattamentispecifici.

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32 pediatria preventiva & sociale

06-Zuccotti 19-01-2007 15:55 Pagina 32

Il telefono come comunicazione

Il telefono è uno strumento chesempre più ci accompagna nella no-stra società, in ogni momento e dà lapossibilità in tempo reale di potermettere in contatto persone distantianche chilometri tra loro.Va da sé che questa possibilità, lad-dove ben organizzata e gestita, risul-ta una risorsa importante nella co-municazione medica, quando si de-sideri ottenere informazioni rapidesul da farsi da parte di un genitoreche ha in famiglia un bambino conpatologia cronica seguito presso uncentro specialistico. La stessa rapi-dità si ottiene se il genitore si rivol-ge al pediatra curante, sempre chequesti sia organizzato per rispondereal telefono in fasce orarie giornaliereo sia disponibile a essere reperibilesu cellulare per urgenze. Di fatto sipossono evidenziare nel telefono leseguenti opportunità:• crea un contatto istantaneo con ri-

sparmio di tempo e possibilità didecisioni immediate

• instaura un rapporto personalizza-to con scambio di domande e ri-sposte

• risulta un sistema economico, spe-cie se si è molto distanti dall’inter-locutore

• ha una priorità assolutaNella comunicazione telefonica val-gono poi gli stessi criteri che sono

alla base della relazione tra le perso-ne, anche se in questo caso manca ilcontatto visivo e la gestualità.Una comunicazione telefonica è ef-ficace quando si presta attenzione alcontenuto e alle risposte, risulta effi-ciente quando si valorizza l’aspettorelazionale e la modalità della rispo-sta.Un esempio di telefonata in cui deveessere predominante l’efficacia èquella relativa ad un’emergenza, do-ve le spiegazioni sul da farsi devonoessere chiare, veloci, comprensibili,essenziali.Nella relazione telefonica con uncentro specialistico presso il quale èin cura un bambino con patologiacronica di fatto il più delle volte ilgenitore cerca una rassicurazione, ilconforto dato dai medici competen-ti nella cura del bambino e quindi latelefonata deve coniugare all’effica-cia anche l’efficienza, determinatada un ascolto attento, da una richie-sta di informazioni opportune, dalladisponibilità a risolvere i problemi.

Il telefono nella gestione del bambino con problemi cronici

Il bambino affetto da un problemacronico quasi sempre necessita dicontatti periodici col centro di rife-rimento, col medico curante, even-tualmente con l’ospedale locale.Il telefono diviene allora uno stru-

mento che può servire a migliorare irapporti tra queste istituzioni, pur-chè ci sia disponibilità e organizza-zione da parte di tutti.

La comunicazione tra famiglia ecentro ospedaliero

Nella interazione col centro speciali-stico o universitario il genitore si ri-trova a comunicare per i seguentimotivi:• peggioramento sintomatologia• ripresa disturbi• effetti collaterali da farmaci• dubbi su percorsi diagnostico/tera-

peutici• esami o visite di controllo• dubbi a chi rivolgersi (ped.famiglia

- ospedale locale - centro speciali-stico?)

• procedure per esenzioni o per ac-quisizione di ausili terapeutici

Le premesse per una buona relazionecol reparto specialistico sono legate alvissuto della famiglia e al senso di ap-partenenza al centro che si viene acreare quando i genitori hanno passa-to momenti drammatici e importantipresso il reparto dove è stata posta ladiagnosi e poi, nei casi specifici, ini-ziata una terapia sul bambino. La di-missione assistita e protetta, basata suun programma chiaro e definito difollow up e sulla disponibilità al con-tatto in caso di problemi è un ulterio-re elemento di qualità.

3-4/2006 33

Il telefono nella gestione del bambino conpatologia cronicaL. VenturelliPediatra di famigliaBergamo

07-Venturelli 19-01-2007 15:57 Pagina 33

34 pediatria preventiva & sociale

Le soluzioni possibili per rendere fa-cile e accessibile la comunicazionetelefonica possono passare attraversola organizzazione di un servizio dicall center con numero verde, oppu-re mediante l’adozione di fasce ora-rie in cui sia sempre disponibile altelefono un medico del centro. È poiimportante utilizzare strumenti ope-rativi utili a veicolare le informazio-ni generali relative ad un tipo di pa-tologia o ai vari problemi che mag-giormente si presentano a domiciliodel paziente: dei libretti illustrati(vedi per esempio, il materiale edu-cativo sull’asma o sulla celiachia osul diabete), i siti WEB con caratte-ristiche analoghe, i video o i CD che

aiutano le famiglie all’autogestionedella patologia cronica sono stru-menti che fanno da rinforzo e da ri-ferimento alle consultazioni telefo-niche. Nello stesso reparto sarebbepoi buona norma utilizzare proto-colli o procedure che rendano uni-formi i consigli telefonici, anche incaso di più operatori che si alterna-no al telefono. Nella Fig. 1 si illustraun possibile iter operativo di consu-lenza telefonica per febbre in bambi-ni affetti e in cura per leucemia, ge-stito da un centro specialistico; ov-viamente in caso di preoccupazioneo ansia dei genitori il personale me-dico indica comunque una visita dalcurante.

La comunicazione curante-centroospedaliero

Quanto più ci sono interazioni erapporti tra l’ospedale e il pediatraambulatoriale, tanto più facile risul-ta poi il consulto telefonico relativoad un paziente cronico.I fattori favorenti la collaborazionesono la formalizzazione della comu-nicazione della diagnosi e della rela-zione clinica al curante, anche pervia telematica (come ormai inco-mincia a realizzarsi in regione Lom-bardia tramite il SISS- Sistema In-formativo Socio Sanitario), la parte-cipazione fisica del curante al mo-mento della dimissione del bambino

Temperatura ascellare > 38,5 °C

In che fase della chemioterapia?

Fase Ia – Ib, IIa – IIb Fase M Mantenimento

Quando ultimo controllo clinico ?

Quanti GB e Neutrofili?

Neutrofili assoluti < 500/ mmc Neutrofili assoluti > 500 / mmc

(APLASIA)

emocromo urgente

se conferm. APLASIA

Se in terapia con ARA-C:

Se febbre entro 30 min da somm.,

senza: segni clinici

• Febbre da chemioterapia

Ricovero al centro:

• Sospesa chemioterapia

• Colture

• Rx-torace

• antibioticoterapia e.v.

(amikacina e ceftazidime)

Se fase Ia,Ib,M,IIa,IIb:

• Controllo clin c/o centro o curante

se necessario:

• sospens.chemiot. per qualche dì

• event antibiot. os

Se fase di

mantenimento:

• controllo

c/o curante

Fig. 1 - Febbre in bambino affetto da leucemia

07-Venturelli 19-01-2007 15:57 Pagina 34

3-4/2006 35

dal centro: questo passaggio, quandopossibile, ha una forte valenza tera-peutica perché garantisce al genitoreuna unitarietà di impostazione traoperatori sanitari fuori e dentro l’o-spedale a tutto vantaggio della con-tinuità delle cure. Peraltro la cono-scenza diretta tra medici, anche in

occasione di incontri di aggiorna-mento comuni, permette un consul-to telefonico successivo più facilita-to. Anche tra professionisti è poi im-portante programmare linee di con-tatto telefonico riservate, che sem-plifichino gli scambi reciproci; in fu-turo anche il teleconsulto potrà ri-

solvere problemi che si manifestanoa qualsiasi distanza dal centro di ri-ferimento.

La comunicazione genitore-pediatra di famiglia

Il pediatra ambulatoriale in mediapuò avere tra i suoi assistiti circa 20-25 bambini con un problema di cro-nicità: a questi soggetti è giusto ri-volgere particolare attenzione, specienella disponibilità alla comunicazio-ne (per esempio garantendo una dis-ponibilità telefonica anche al di fuo-ri degli orari ufficiali di servizio). Lafamiglia ha bisogno, almeno nei mo-menti iniziali della malattia, di unsostegno e di un rapporto di partico-lare fiducia verso il curante: questa sialimenta anche dalla consapevolezzache esista una reciproca stima tramedico ospedaliero e pediatra di li-bera scelta. I fattori favorenti unabuona comunicazione sono i se-guenti:• rapporto di fiducia persistente• stima tra pediatra di famiglia e pe-

diatri del centro ospedaliero• normale cura delle forme intercor-

renti • conoscenza aggiornata della situa-

zione del bambinoIl pediatra di famiglia riesce mag-giormente a porre attenzione ai pro-blemi del bambino con cronicitàquanto più è organizzato nel suostudio: in tal senso le forme associa-tive di pediatri garantiscono mag-gior accessibilità in termini sia orariche di ascolto. Anche il personaleinfermieristico diventa una intelli-gente risorsa per la comunicazionetelefonica con i genitori di un bam-bino con patologia cronica, qualcheesempio:• contatti per organizzare gli appun-

tamenti relativi al monitoraggiodei controlli del bambino con tem-pi adeguati

Il pediatra di famiglia riesce maggiormente a porreattenzione ai problemi del bambino con cronicitàquanto più è organizzato nel suo studio

Tabella 1 - Entità del fenomeno

Regione Lombardia

MONITORAGGIO BAMBINI AFFETTI DA SINDROME DI DOWN

CONTROLLI CLINICI da PEDIATRA DI FAMIGLIA:Primo anno di vita : visita trimestrale2 - 6 anni : visita semestrale6 - 16 anni : visita annuale

ESAMI EMATOLOGICI:alla nascita, a 1 anno , poi ogni 2 anni

CONTROLLI ENDOCRINOLOGICI:TSH, FT3, FT4, GH, FSH, LH,ORMONI SESSUALIalla nascita, a 1 anno, a 5 anni, poi ogni 3 anni

CONTROLLI RADIOLOGICI:a 5 anni RX rachide cervicale per valutazione instabilità atlanto-assiale

ALTRI ASPETTI:Eventuali studi immunologici completi (casi gravi) e particolare attenzione allapatologia autoimmune (ipotiroidismo, celiachia, diabete mellito tipo1, epatitecronica autoimmune)

CONTROLLI SPECIALISTICI:- Cardiologico : alla nascita, a 1 anno, in seguito in base all’eventuale cardiopatia- Oculistico : alla nascita per catarrata congenita, poi annuale- Otorinolaringoiatra: per apnee notturne, ipocusia: alla nascita poi annuale- Odontoiadrico: a 2 anni, poi biennale in età scolare - NPI : per problematiche cliniche (relative ad ipotomia di origine centrale, lassità le-

gamentosa, epilessia, ritardo psico-motorio) e per problematiche sociali e ammini-strative (pratiche per invalidità civile, inserimento in comunità, insegnante di soste-gno, ecc.) alla nascita e con cadenze periodiche decise dal Servizio stesso.

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• invito a programmi vaccinali an-nuali (antinfluenzale) o specifici(antimeningo e pneumococcica)per particolari categorie di cronici

• programmazione delle ricette ripe-tibili per presidi terapeutici e perfarmaci (per esempio al momentodell’inizio della stagione pollinicaper gli allergici alle graminacee)

La condivisione, accettazione e parte-cipazione a protocolli assistenziali conil centro e con i servizi sociali e sanita-ri dell’Azienda Sanitaria sono un altrogradino in favore dell’integrazione(vedi per esempio il protocollo per se-guire il bambino Down, approvato

dalla regione Lombardia, vedi tab 1).Spesso il contatto con i vari specialistiavviene proprio per telefono e il pedia-tra può essere la persona che accentrae coordina il percorso assistenziale.Anche la cartella clinica, meglio seinformatizzata, garantisce ulteriorequalità alla gestione dei pazienti cro-nici, in particolare per quanto ri-guarda lo scadenziario dei controlli,degli esami e la ripetitività delle ri-cette terapeutiche e dietetiche.

Conclusioni

Da quanto si è detto poco sopra risul-

ta chiaro che la comunicazione telefo-nica rientra come elemento di cernie-ra di un puzzle dove l’organizzazionedei servizi dell’ospedale e del territo-rio, la condivisione di protocolli o pro-cedure, la fiducia e la stima reciprocatra genitori e pediatra e tra medici ter-ritoriali e ospedalieri sono le tessere sucui si può fondare un’assistenza diqualità.E’ anche doveroso ricordare che die-tro alle etichette (bambino cronico,centro specialistico, pediatria di fa-miglia) ci sono delle persone ed èproprio sul rapporto personale e ladisponibilità singola al dialogo che sifonda la comunicazione migliore,quella efficace.

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36 pediatria preventiva & sociale

07-Venturelli 19-01-2007 15:57 Pagina 36

Negli ultimi dieci anni il numero dibambini obesi è aumentato conside-revolmente e l’eccesso ponderale èdiventato uno dei principali proble-mi per la salute.Secondo dati pubblicati dall’ISS unindagine promossa dal Ministerodella Salute indica che all’età di 9anni in città campione di Lombar-dia,Toscana,Emilia Romagna,Cam-pania, Puglia e Calabria, il 23.9% deibambini è in soprappeso e l’11.1% èobeso. In particolare le percentualimaggiori si riscontrano nelle regionidel sud (27,3% Calabria -20% Cam-pania) rispetto al nord (6.9 Lombar-dia) con maggiore diffusione nel ses-so maschile.Cifre importanti, che conferiscono(Fig. 2) all’Italia il triste primato del

Paese con la più elevata prevalenzadi soprappeso ed obesità (35%) ri-spetto ad altri Paesi Europei e che sitraducano potenzialmente in nume-rosi problemi di salute per il bambi-no, da quelli minori (piede piatto escoliosi) a quei disturbi tipici dell’e-tà adulta che sempre più spesso simanifestano nei giovani individuiaffetti da obesità (ipertensione, disli-pidemia, intolleranza al glucosio, in-sulino-resistenza, micralbuminuria ediabete. Lungi dall’essere solo fisi-che le complicazioni che l’obesitàcomporta si rivelano anche sul pianopsicologico: non di rado i bambini insoprappeso presentano difficoltà arelazionarsi con il proprio corpo econ gli altri bambini (ad esempio, ilbambino grasso viene spesso deriso

ed emarginato dai compagni di clas-se) con conseguente diminuzionedell’autostima.L’ostacolo principale che si riscontranegli studi epidemiologici che han-no come obiettivo la stima della pre-valenza dell’obesità,specie nell’etàdello sviluppo,è la mancanza di unadefinizione operativa comunementeaccettata di obesità.In ambito clinico e soprattutto epi-demiologico si fa ricorso ai comuniparametri antropometrici (varia-mente combinati) come il peso, l’al-tezza, e lo spessore delle pliche cuta-nee, che rappresentano il vantaggiodi essere semplici da rilevare e, per-tanto, particolarmente indicati neglistudi di popolazione.La nostra indagine è stata condotta

3-4/2006 37

Rilevazione epidemiologica ed incidenzadell’obesità infantile nel SalentoL. De Giovanni1, C. Casile1, D. De Giovanni2

1 Pediatra di libera scelta ASL LE/12 Studente al 5° anno della facoltà di Medicina e Chirurgia Università degli studi di Modena

Fig. 2 - Prevalenza dell’obesità in ItaliaFig. 1 - Cartina del Salento

08-De Giovanni 19-01-2007 16:02 Pagina 37

38 pediatria preventiva & sociale

08-De Giovanni 19-01-2007 16:02 Pagina 38

3-4/2006 39

su una popolazione pediatrica Sa-lentina compresa tra i 2 e i 14 anniutilizzando come metodo antropo-metrico l’indice di Cole per fasce dietà (Fig. 1).Allo studio hanno partecipato 41pediatri di base della provincia diLecce, distribuiti in modo omoge-neo da coprire tutto il territorio danord a sud della provincia.Dai data base di ciascun pediatra so-no stati estrapolati i dati antropome-trici peso ed l’altezza di ciascunbambino, calcolato il loro MBI se-condo le tabelle di Cole, dopo avercorretto l’età in decimi, per un pe-riodo che va dal 1° gennaio/ 2005 al31 /dicembre 2005 scrinando uncampione totale di 14.123 bambinidistribuiti per fascia di età dai 2 ai 14anni. I dati cosi ottenuti sono statianalizzati per fasce di età e per sesso,raggruppati per distretti delle ASL

LE/1 e LE/2 sono stati confrontaticon altri dati del progetto nazionale“sorveglianza ed educazione alimen-tare basati su dati locali” promossodal Ministero della Salute.

Conclusioni

- Lo studio conferma la gravità delproblema obesità infantile:11% dibambini obesi,19% in soprappesoe 70% normopeso.

- Il sovrappeso inizia già al 2° anno(con un incidenza più alta nellefemmine) rimane costante fino a10 anni, decresce di più nei maschi(forse perché fanno più sport?) poidai 12 anni la diminuzione è piùrapida nelle femmine (maggiorconsapevolezza della propria im-magine corporea? sviluppo pube-rale?)

- L’obesità ha un picco tra i 6-8 an-ni decresce progressivamente finoai 14 anni (più velocemente nellefemmine) ma con un dato più le-vato rispetto ai maschi il 7% con-tro il 4%.

- Non esistono differenze significa-tive in percentuale di obesi nellerilevazioni provenienti dalle grandiaree cittadine(Lecce-Tricase-Ga-latina)rispetto ad altre zone rurali,ad eccezione del distretto di Co-pertino.

- Prossimo obiettivo dello studiopotrebbe essere quello di verificarequanto il sovrappeso dei bambinitra i 2-4 anni (adiposità rebound)sia correlabile alle modalità e alladurata dell’allattamento nel primoanno di vita.

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08-De Giovanni 19-01-2007 16:02 Pagina 39

40 pediatria preventiva & sociale

L’OM-85 è un vaccino aspecificoottenuto dalla lisi di otto specie dibatteri, sia gram positivi che gramnegativi, frequentemente responsa-bili di infezioni del tratto respirato-rio (Haemophilus influenzae, strep-tococcus pneumoniae, klebsiellapneumoniae, klebsiella ozaenae,staphylococcus aureus, streptococcuspyogenes, streptococcus viridans emoraxella catarrhalis).Il meccanismo d’azione di questocomposto, ancora non del tuttochiaro, sembra indurre l’attivazionedel tessuto linfoide della mucosa, in-crementare l’attività dei macrofagi edei natural killers, potenziando la ri-sposta citotossica e migliorandocomplessivamente la risposta immu-nitaria dell’organismo.Questo vaccino è indicato per il trat-tamento e la prevenzione delle infe-zioni recidivanti dell’apparato respi-ratorio; sebbene la maggior parte diesse sia di origine virale, in molti ca-si l’insorgenza di complicanze batte-riche peggiora il quadro clinico ri-chiedendo cure specifiche (antibioti-ci), visite mediche e nei casi più gra-vi l’ospedalizzazione. Le spese lega-te a tale consumo di risorse sanitarie,unite alla frequente perdita di giornidi scuola/asilo per il bambino, e digiorni di lavoro per i familiari, fan sìche tali condizioni siano percepitecome un problema socio-economicooltre che clinico.

L’utilità di tale principio attivo è at-tualmente oggetto di dibattito, inparte a causa del fatto che l’AgenziaFrancese di Sicurezza Sanitaria e deiProdotti Medicinali (AFSSAPS) haritirato dal commercio gli immuno-stimolanti a base di antigeni batteri-ci, fra cui OM-85, attribuendo a ta-li farmaci un profilo rischio/benefi-cio inadeguato per una terapia pre-ventiva a uso principalmente pedia-trico, mentre l’agenzia svizzera, incontrotendenza rispetto a quellafrancese, ne ha rinnovato recente-mente l’AIC (Autorizzazione al-l’Immissione in Commercio).L’obiettivo di questo lavoro è pre-sentare e discutere i risultati emersinei trial finora svolti su OM-85, alfine di contribuire a chiarire il suoprofilo di efficacia e tollerabilitàprincipalmente nei pazienti in età

pediatrica, particolarmente suscetti-bili agli agenti infettivi.Circa il 5-15% della popolazione in-fantile soffre di infezioni respiratorierecidivanti e non è semplice definirecriteri di ricorrenza e di gravità perstabilire quando tali episodi possonoconsiderarsi fisiologici o espressionedi una vera e propria patologia (8).La Società Italiana di Allergologia eImmunologia Pediatrica (SIAIP) hafissato come criterio per definire unbambino con IRR l’ammalarsi di in-fezioni respiratorie più di 6 voltel’anno o più di 1 volta al mese neimesi compresi fra settembre ed apri-le per le localizzazioni alte e più di 3volte l’anno per quelle basse (25).La correzione dei fattori di rischio,in particolare inquinamento am-bientale, esposizione al fumo passi-vo, precoce socializzazione (asili ni-do) e convivenza con un elevato nu-mero di persone, è largamente rico-nosciuta come la strategia più sicura,più efficace e meno costosa per trat-tare i pazienti con infezioni recidi-vanti (8). In molti casi, tuttavia, ciònon è possibile o sufficiente: è in ta-le ambito che gli immunostimolantiaspecifici trovano la loro collocazio-ne terapeutica.Al fine di approfondire efficacia etollerabilità di OM-85 per suppor-tare la decisione del pediatra di in-traprendere o meno la terapia, ab-biamo analizzato i principali trial

Utilizzo di OM-85 per la prevenzione delleinfezioni respiratorie in pazienti pediatriciReview della letteratura

G. Di Mauro1, L. Mariniello2

Pediatra di famiglia, Presidente1 e Componente2 Società Italiana di Pediatria Preventiva e Sociale

L’OM-85 è un vaccinoaspecifico ottenutodalla lisi di otto speciedi batteri

Circa il 5-15% dellapopolazione infantilesoffre di infezioni re-spiratorie recidivanti

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3-4/2006 41

clinici, randomizzati e controllati,condotti su pazienti pediatrici a ri-schio.Gli studi analizzati (Maestroni, Pau-pe, Collet, Jara-perez, Gutierrez-Ta-rango 2001, Del-Rio-Navarro,Schaad, Zagar, Gomez Barreto), so-no studi controllati con placebo erandomizzati in doppio cieco, eccet-to uno studio svolto in aperto (Gu-tierrez-Tarango 1997), condotti subambini con infezioni respiratorierecidivanti e, nella maggior parte deicasi, senza sintomi e segni di infe-zione all’atto dell’arruolamento.Lo schema posologico utilizzato piùfrequentemente prevedeva la som-ministrazione orale di 3,5 mg/dieper i primi 10 giorni di tre mesi con-secutivi e un periodo di follow-up dialtri tre mesi.Due varianti di questo schema sonostati utilizzati in tre studi (Tab. 1)I criteri di inclusione prevedevanol’arruolamento di pazienti affetti dainfezioni respiratorie ricorrenti, in-dividuati dalla comparsa di tre o piùepisodi acuti di infezioni respiratorienei sei mesi antecedenti al trial (onel periodo autunno-inverno). Neltrial condotto da Collet e colleghi ipazienti erano considerati a rischiodi infezioni a causa del fatto che fre-quentavano il nido e non era neces-sario che soffrissero di IRR (3). Al-

tra eccezione è rappresentata dallostudio svolto da Gomez Barreto ecolleghi, in cui sono stati arruolatibambini con sinusite subacuta (10).I criteri di esclusione risultano mol-to simili nei vari studi e principal-mente: allergia a prodotti di originebatterica, assunzione di corticoste-roidi o di farmaci in grado di modi-ficare il sistema immunitario (solita-mente nei 6 mesi precedenti lo stu-dio), immunodeficienza, disturbi si-stemici gravi, forme allergiche sta-gionali, alterazioni anatomiche deltratto respiratorio, non compatibilitàcon il protocollo dello studio, ragio-ni etiche che rendono inopportunala somministrazione di placebo.Le maggiori differenze riscontrabi-li fra le coorti di pazienti arruolatisono riconducibili a due aspettiprincipali: il range d’età e la fre-quenza basale di sviluppo di infe-zioni. I pazienti arruolati negli stu-di sono infatti bambini/adolescentidi età compresa fra 0,5 e 19 anni;tale range molto ampio presupponeun’estrema varietà di risposta im-munitaria fra i partecipanti ai varitrial.La frequenza basale di sviluppo diinfezioni dipende da molteplici fat-tori, in relazione ai quali i trial revi-sionati sono altamente variabili:condizioni ambientali o contesti so-

ciali sfavorevoli, per es. area metro-politana di Città del Messico nellostudio di Del-Rio-Navarro (7) ri-spetto a varie località in Svizzeranello studio di Schaad (24) o brefo-trofio nello studio di Jarà-Pérez (15)rispetto a vita in famiglia negli altristudi. Tali fattori influenzano note-volmente le condizioni cliniche dipartenza e, inevitabilmente, l’effettodella terapia, così come i criteri didefinizione di URTI, oltre che natu-ralmente l’età. Al fine di costituiredei gruppi maggiormente omogeneiabbiamo suddiviso i trial, anche seapprossimativamente, in base allafrequenza basale di infezioni e infunzione dell’età media dei parteci-panti (Tab. 2)I pazienti usciti dallo studio sonostati 41 su 598 randomizzati a rice-vere placebo e 31 su 612 riceventiOM-85, pari rispettivamente al6,9% e al 5,07%. La gran parte deicasi esclusi sono stati imputati a ra-gioni non correlate al trattamento(abbandono dello studio da partedel paziente, violazione del proto-collo). Un solo caso del gruppo pla-cebo e un solo caso del gruppo trat-tato con OM85 ha interrotto lostudio per comparsa di un eventoavverso, il cui legame con il tratta-mento è stato definito poco proba-bile dagli autori.

Tabella 1 - Esposizione al farmaco dei soggetti arruolati

Schema posologico Studi Numero pazienti %(dose giornaliera 3,5 mg per os)A) Pz trattati per 10 giorni (Paupe, Collet, Jara-Pérez, 455 72,7%

consecutivi per 3 mesi Gutiérrez-Tarango 1997, Del-Rio-Navarro,Gòmez Barreto)

B) Pz trattati per 30 giorni consecutivi (Schaad, Zagar*) 149 23,2%+ 10 giorni consecutivi per 3 mesi dopo 1 mese di non trattamento

C) Pz trattati per 10 giorni consecutivi (Gutierrez-Tarango 2001) 26 4,1%per 3 mesi + ripetizione ciclo dopo tre mesi di non trattamento

Totale 630 100%

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42 pediatria preventiva & sociale

Efficacia rispetto ai sintomi di base

In tutti gli studi in cui la gravità dibase della patologia è stata espressamediante dati ben precisi (come lafrequenza di sviluppo di ARTI o lagravità dei sintomi riportati dai par-tecipanti), facilmente confrontabilicon i risultati post-trattamento, si èosservato un miglioramento delquadro clinico, soprattutto in termi-ni di numero di ARTI/periodo, sianel gruppo placebo che nel gruppo

attivo (3, 7, 11, 15, 17, 23, 24, 28).Questo è in parte spiegato da alcuniautori con una maggior attenzionededicata ai partecipanti al trial daparte dei familiari, con l’adozione diprecauzioni non farmacologiche finoa quel momento probabilmenteignorate (riduzione del fumo, delfreddo, dell’umidità, ecc.) e dal mag-gior contatto con il personale medi-co dovuto all’inserimento nel trial.Inoltre, è noto che l’incidenza delleIRR tende a diminuire con l’aumen-

tare dell’età, per cui una leggera di-minuzione della frequenza di episo-di è considerata fisiologica.

Efficacia rispetto a placebo

In tutti i trial revisionati il farmacodi confronto è il placebo, eccetto peril trial condotto da Gutierrez-Taran-go nel 1997 in cui OM-85 vieneconfrontato con il trattamento con-venzionale senza nessun trattamentopreventivo (12).In tutti gli studi la frequenza di com-parsa delle infezioni respiratorie è ri-sultata minore nel gruppo trattato ri-spetto al gruppo placebo; la differenzaè risultata sempre statisticamente si-gnificativa eccetto per lo studio con-dotto da Collet e coll. che ha arruola-to 423 bambini a rischio di infezionein quanto frequentanti il nido ma nonnecessariamente con IRR (3). In que-sto studio una riduzione statistica-mente significativa delle infezioni èstata rilevata solo nei tre mesi in cui èstato effettuato il trattamento.In seguito al trattamento preventivocon OM-85 il numero medio di epi-sodi/periodo dei pazienti trattati si èridotto rispetto ai pazienti-controllodi una percentuale variabile fra il16% e il 65%.Tendenzialmente l’efficacia di OM-85 aumenta con l’aumentare dellagravità della patologia, indicata inquesto caso dalla frequenza di episo-di (24). Inoltre, secondo alcuni au-

Tabella 2 - Età media, frequenza di ARTIs al baseline e riduzione dell’incidenzadi infezioni nel gruppo trattato con OM-85 rispetto a placebo nei vari studi revi-sionati. Lo studio di Gutiérrez-Tarango 1997 non riporta la frequenza basale dicomparsa di ARTIs; nello studio di Gòmez-Barreto invece tale parametro non èconsiderato in quanto l’arruolamento è stabilito in base a diagnosi di sinusite sub-acuta

Studio e frequenza basale Età media (range)

Riduzione %

infezioni OM-85

vs placebo

Schaad 2002

OM-85: 5,8 ARTIs/12 mesi

P: 6,1

ARTIs/12 mesi (presenza ARTI all’atto

dell’arruolamento)

P: 5,3

O: 5,2 (3-8 anni) 16,0%

Zagar 1988*

OM-85: 6,72 EARCs/12 mesi

P: 5,59 EARCs/12 mesi (presenza di EARC

all’atto dell’arruolamento)

P: 6,81

O: 6,53 - (4-12 anni) 65,1%*

Fre

qu

enza

ba

ssa

o

pre

ven

zio

ne

prim

ari

a

Collet 1993

Bambini che frequentano il nido d’infanzia;

elevato rischio di infezioni.

Età compresa fra 6 e 36

mesi circa NS

Paupe 1991

Media non riportata.

3-4 URTIs/6 mesi: OM-85 46% P 42%,

>4 URTIs/6 mesi OM-85 54%, P: 58%

P: 7,6

O: 6,6 - (0,5- 19 anni) 41,1%

Jara-Pérez 2000

OM-85: 5 ARTIs/6 mesi

P: 5 ARTIs/6 mesi (valore mediano)

P: 9,6

O: 9,8 - (6-13 anni) 51,7%

Fre

qu

enza

med

ia

Gutiérrez-Tarango 2001

OM-85: 12,33 ARTIs/12 mesi

P: 12,26 ARTIs/12 mesi

P: 4,52

O: 3,86 - (1-12 anni) 32,5%

Del-Rio-Navarro 2003

OM-85: 9,4 ARTIs/6 mesi

P: 10,1 ARTIs/6 mesi

P: 4,1

O: 4,0 - (3-6 anni) 46,2%

Fre

qu

enza

elev

ata

Maestroni 1984

OM-85: 9,2 URTIs/6 mesi

P: 9,7 URTIs/6 mesi

8,3 - (1-16 anni) 63,0%

NR Gutiérrez-Tarango 1997

P: 3,8

O: 4,1 (1-11 anni) 51,9%

NP Gómez Barreto 1998

P: 4,06

O: 4,69 - (1,5-9 anni) 29,7%

In tutti gli studi la fre-quenza di comparsadelle infezioni respira-torie è risultata minorenel gruppo trattato ri-spetto al gruppo pla-cebo

09-Di Mauro 19-01-2007 16:11 Pagina 42

3-4/2006 43

tori, la risposta a questo tipo di im-munostimolazione aumenta con il“maturare” del sistema immunitario,per cui l’efficacia di OM-85 aumen-ta con l’aumentare dell’età (3).In alcuni trial si evince che il vaccinoè in grado di influenzare il tipo e ilgrado di infezioni sviluppate. In par-ticolare tali studi hanno evidenziatoche il vaccino, in caso di rinite, ha ri-dotto la comparsa di complicanze alivello dell’orecchio interno e dei seniparanasali (7, 11, 15, 24).

In alcuni studi sono stati indagati,oltre al numero degli episodi infetti-vi, altri parametri (i giorni totali dimalattia, i cicli terapeutici effettuati,i cicli di antibiotici, la durata totaledel trattamento farmacologico e igiorni di scuola persi per ogni episo-dio). Il gruppo trattato con OM-85ha presentato, in ogni caso, per tuttiquesti parametri indagati, valori per-centuali inferiori rispetto al gruppotrattato con placebo (Tab. 3)Considerato l’aumento delle infe-

zioni da novembre a gennaio e con-siderato che l’OM85 ha mostrato lamassima efficacia durante il periododi trattamento (3, 10, 15, 28), perottimizzare il suo effetto, sembraconsigliabile iniziare il trattamentoin autunno.

Eventi avversi

I dati circa la comparsa di eventi av-versi sono stati raccolti nel corso divisite periodiche (generalmente

Tabella 3 - Variazione percentuale dei parametri misurati come endpoint secondari. Il segno “-” davanti al valore percentuale in-dica una riduzione nel gruppo OM-85 vs placebo. I calcoli sono stati svolti in base ai valori medi riportati in ogni gruppo.

StudioGiorni tot di

malattia

Cicli di

trattamento

farmacologico

Cicli di antibioticiGiorni tot di

trattamento

Giorni di scuola

persi (per ogni

episodio)

Gutiérrez-

Tarango,

2001 [ ]

- 42,0% -36,7% -44,8% -41,3% -37,3%

Gutiérrez-

Tarango,

1997 [ ]

-57,9% -50,6% -56,3% -52,4% NM

Zagar [ ] -64%-40% farmaci

sintomatici

No

statisticamente

signifiacativa

-6,3% tratt

antibiotico

-39,8% tratt

sintomatico

NM

Gòmez-

Barreto [ ] -18,4% -21,0% -35,3% -24,3% NM

Jara-Pérez

[ ]

Mediana -

73,7%Mediana -66,7% Mediana -100% Mediana -79,2% Mediana -100%

Schaad [ ] NM

RR pz OM-85 vs

placebo di essere

trattato con

farmaci

sintomatici: 0,58

RR pz OM-85 vs

placebo di essere

trattato con antibiotici:

1,06 (NS)

NM

No

statisticamente

significativa

Paupe [ ] NM

RR pz OM-85 vs

placebo di essere

trattato con

farmaci: 0,72

RR pz OM-85 vs

placebo di essere

trattato con antibiotici:

0,73

NM NM

09-Di Mauro 19-01-2007 16:11 Pagina 43

44 pediatria preventiva & sociale

ogni 30 giorni) durante lo svolgi-mento del trial.Le caratteristiche dell’evento avver-so segnalate sono la frequenza, lacorrelazione con il trattamento e,non in tutti i trial, la sua intensità(Tab. 4).

Su 53 casi di eventi avversi insortinei pazienti trattati con OM-85, 12sono stati definiti “legati al tratta-mento”; in 2 casi non vi erano ele-menti sufficienti per escluderlo. Nelcomplesso circa il 2,22% dei pazien-ti trattati con OM-85 ha riportato

eventi avversi legati o potenzialmen-te legati al trattamento (14 su 630);9 su 14 hanno presentato sintomi diorigine gastrointestinale e 3 pazientihanno manifestato eruzioni cutanee.Nei casi in cui è stata riportata la de-scrizione della gravità di tali eventi,

Tabella 4 - Incidenza, caratteristiche e relazione con il trattamento degli eventi avversi riportati nei vari studi.

StudioEventi riportati

N di

pazientiCausa caratteristiche

OM-85

(n: 64) Diarrea 1

Diarrea 2

Paupe J

1991 [ ] Placebo

(n: 63) Alitosi 1

Associazione con il trattamento: incerta Lievi e transitori

Schiacciamento o rottura

dita 2

Intussuscezione 1

Micosi 1

Ernia inguinale 1

Eczema 3

Reazione a vaccini anti-

rosolia, -morbillo, -

orecchioni

1

Dermatiti 1

Rash cutanei da

pannolino 1

Adenoidectomia 2

Reazione a puntura

d’insetto 1

Ustioni 1

Convulsioni 1

OM-85

(n: 210)

Ipospadia (operata) 1

Schiacciamento dita 1

Timpanocentesi 3

Infezioni urinarie 1

Impetigine 1

Adenoidectomia 2

Convulsioni 1

Ernia inguinale 1

Operazioni chirurgiche 1

Reflusso vescico-

ureterale 1

Orticaria 1

Candidosi vaginale e altre

infezioni funginee2

Cadute 1

Rottura della clavicola 1

Collet JP,

1993 [ ]

Placebo

(n: 213)

Eczema 1

Considerati non legati al trattamento NR

OM-85

(n: 100) Jara-Pérez

JV [ ] Placebo

(n: 100)

Nessun effetto collaterale legato al trattamento è stato riportato. Gli eventuali eventi avversi non legati

al trattamento non sono stati riportati.

Gutiérrez- OM-85 Rash papulare 1 Considerato legato al trattamento NR

09-Di Mauro 19-01-2007 16:11 Pagina 44

3-4/2006 45

StudioEventi riportati

N di

pazientiCausa caratteristiche

Broncospasmo 1

Intervento chirurgico per

idronefrosi1

Herpes orale 1

(n: 26)

Congiuntivite 1

Broncospasmo 1

Otite esterna 1

Salmonellosi 1

Tonsillectomia 1

Tarango,

2001 [ ]

Placebo

(n: 28)

Convulsioni da febbre 2

Considerati non legati al trattamento

OM-85

(n: 30)

Gutiérrez-

Tarango,

1997 [ ]

Tratta-

mento

conven-

zionale

(n: 31)

Nessun effetto collaterale legato al trattamento è stato riportato. Gli eventuali eventi avversi non legati

al trattamento non sono stati riportati.

Gastroenterite 3

Diarrea 1 Considerati legati al trattamento

Herpes orale 1

Cefalea 2

Congiuntivite 1

Dolore addominale 1

OM-85

(n: 25)

Varicella 1

Considerati non legati al trattamento

NR

Gastrite 2

Diarrea 2

Vomito 1

Asma 1

Considerati legati al trattamento

Herpes orale 1

Cefalea 1

Gastroenterite 1

Dolore addominale 1

Del-Rìo-

Navarro,

2003 [ ]

Placebo

(n: 24)

Congiuntivite 1

Considerati non legati al trattamento

NR

Diarrea 2

Dolore addominale 2

Astenia 1

Rash cutanei 1

pollachiuria 1

Considerati legati al trattamento

Tonsillectomia 6

Ustioni 1

Procedure diagnost per

dolore gastrico1

Adenoidectomia 1

Trauma cerebrale 1

Ostruzione intestinale 1

OM-

(n: 120)

Appendicite 1

Considerati non legati al trattamento

Rash cutanei 1 Considerati legati al trattamento

Polmonite 1

Tonsillectomia 2

Schaad,

2002 [ ]

Placebo

(n: 100)

Adenoidectomia 1

Considerati non legati al trattamento

Lieve entità. Non

inducono

interruzione dello

studio

OM-85

(n: 29) Zagar,

1988 [ ] Placebo

(n: 22)

Nessun effetto collaterale legato al trattamento è stato riportato. Gli eventuali eventi avversi non legati

al trattamento non sono stati riportati.

OM-85

(n: 26) Rash cutaneo 1 Associazione con il trattamento: incerta

Lieve entità ma

induce interruzione

studio

Gómez

Barreto D,

1998 [ ] Placebo

(n: 30) No eventi

09-Di Mauro 19-01-2007 16:11 Pagina 45

46 pediatria preventiva & sociale

essi sono stati definiti di lieve entità;solo in un caso la comparsa di rea-zioni avverse ha determinato l’ab-bandono dello studio.In tre studi (10, 23, 28) è stato valu-tato se il vaccino influenzava gli esa-mi di laboratorio. Questi sono risul-tati nella norma, sia prima che dopoil trattamento. Gli stessi trial non ri-portano nessun tipo di anormalitàcirca segni vitali (pressione sangui-gna, frequenza respiratoria, ecc.) e iparametri auxologici (peso e altez-za), prima e dopo il trattamento.Nella Tabella 5 riportiamo il con-fronto fra la frequenza di comparsadi eventi nel gruppo placebo e nelgruppo trattato con OM-85; perevidenziare possibili correlazionicon la durata del trattamento, il con-fronto è stato svolto in funzione de-gli schemi posologici (descritti inTabella 1) adottati nei vari trial.Lo stesso confronto fra placebo eOM-85 è stato svolto in relazione

all’apparato colpito (Tabella 6)Gli effetti collaterali, solitamentetransitori, più comunemente riscon-

trati sono problemi gastrointestinali(nausea, vomito) sia nel gruppo trat-tato che nel gruppo placebo.Nel complesso, dall’esame dei datisperimentali, emerge un profilo disicurezza di OM-85 simile a quellodel placebo.Varie metanalisi sono state effettua-te per valutare gli immunostimolan-ti, ma considerandoli isolatamente.Una metanalisi, invece, ha compara-to i dati di 27 studi, in doppio ciecocontrollati con placebo, sugli immu-nostimolanti utilizzati in pediatria inMessico (6). Sono stati selezionati

gli studi effettuati per valutare l’ef-fetto di estratti batterici [Lw 50020(Paspat) e OM-85 (Broncho-Mu-

Tabella 5 - Incidenza degli eventi avversi correlati al trattamento fra i pazienti pla-cebo e i pazienti trattati con OM-85, in relazione allo schema posologico adotta-to (per gli schemi posologici vedere Tabella I)

Schema posologico DiarreaDolore

addominale

Gastrite o

gastroenterite

Rash

cutaneo

Altro

(astenia,

vomito,

asma, alitosi,

pollachiuria)

% di

pazienti con

almeno un

effetto

collaterale*

OM-85 0,44% 0 0,66% 0,22% 0 1,32%Schema

A)Placebo 0,93% 0 0,46% 0 0,70% 2,09%

OM-85 1,34% 1,34% 0 0,67% 1,34% 4,70%Schema

B)Placebo 0 0 0 0,82% 0 0,82%

OM-85 0 0 0 3,8% 0 3,8%Schema

C)Placebo 0 0 0 0 0 0

Tabella 6 - Incidenza degli eventi avversi correlati al trattamento suddivisi secondo l’apparato colpito

Apparato colpito Pz OM-85 (n: 630) Pz Placebo (n: 580) Totale (N: 1.210)Gastrointestinale 1,43% 1,38% 1,40%Cute 0,48% 0,17% 0,33%Sistemico 0,16% 0 0,08%Altro (respiratorio, urinario) 0,16% 0,17% 0,16%

Tabella 7 -

09-Di Mauro 19-01-2007 16:11 Pagina 46

3-4/2006 47

nal, Broncho-Vaxom)], di frazioni dimembrane e ribosomi batterici [D53(Immucytal, Biomunil)], di glico-proteine di Klebsiella pneumoniae[RU41740 (Biostim)] e di prodottidi sintesi [Pidotimod (Polimod, Pi-gitil)]. Per ciascuno studio è statovalutato, a sei mesi dall’inizio deltrattamento, il numero di infezionirespiratorie, come media e deviazio-ne standard, nel gruppo trattato conciascun immunostimolante e nelgruppo controllo e le rispettive per-centuali con deviazione standardconsiderando come 100% la mediadelle infezioni nel gruppo controllo.Infine gli effetti di ciascun immuno-stimolante valutati nei singoli studisono stati combinati per stabilirel’effetto globale.Un effetto significativo è stato ri-portato per D53 (-31.86%) ma inparticolare per OM-85 (-39.28%).L’effetto di quest’ultimo è stato an-cora maggiore a Città del Messico(-46.85%).Ma non è strano che gli estratti bat-terici sono in grado di prevenire leinfezioni virali? In realtà si tratta diuna stimolazione dell’immunità pri-maria, aspecifica (22). Le molecolebatteriche sono gli stimolanti privi-legiati dei Toll-like receptors (TLR)che accendono la cascata della rispo-sta flogistica, stimolando i T linfoci-ti e promovendo la liberazione di ci-tochine e Growth Factors (22).Vogliamo concludere con frasi didue personalità della Pediatria ita-liana.“ Il tentativo di manipolare il siste-ma immunitario con farmaci cosid-detti immunostimolanti (con l’o-biettivo di stimolare le difese e di ri-durre l’incidenza di infezioni ricor-renti), ha negli ultimi anni trovatobasi razionali più solide, con l’iden-tificazione dei Toll-like receptors(TLR), che riconoscono strutturemolecolari presenti sulla superficie

Tabella 8 -

Fig. 1 -

Fig. 2 -

09-Di Mauro 19-01-2007 16:11 Pagina 47

48 pediatria preventiva & sociale

di microrganismi diversi (batteri, vi-rus, funghi) e innescano segnali diattivazione sulle cellule dell’immu-nità. Difetti nelle vie di segnale lega-te ai TRL sono stati dimostrati re-sponsabili di infezioni ricorrenti diorigine batterica e virali; inoltre èstato dimostrato che la stimolazionevia TRL induce l’espansione dei lin-fociti B di memoria e potenzia le ri-sposte anticorpali” (Notarangelo)(20)“Negando personali conflitti di inte-resse, se devo badare alla bibliografia(e a cosa altro?), non ritengo che gliimmunostimolanti in genere, e gliestratti batterici in particolare, pos-sano essere sbrigativamente gettatinel cestino dei placebo (anche se laprudenza mi ripete che non sarebbemale avere a disposizione almeno unaltro studio largo, ben disegnato eben condotto, policentrico, al di so-pra di ogni sospetto, sicuramenteesente da conflitti di interesse più omeno mascherati). Ci potrebberopensare i pediatri di famiglia italia-ni?” (Panizon) (22). Con la supervi-sione e garanzia della SIPPS?

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09-Di Mauro 19-01-2007 16:11 Pagina 48

3-4/2006 49

Introduzione

Nella prima metà del ventesimo se-colo, il deficit di vitamina D è statoriconosciuto come un problema im-portante nella popolazione pediatri-ca, con molti casi di rachitismo ri-portati negli Stati Uniti. Finalmen-te, il latte di mucca e le formule peri lattanti sono stati arricchiti in vita-mina D, e il rachitismo nutrizionaleè divenuto meno evidente. Nel1963, l’American Academy of Pe-

diatrics Committee on Nutrition(AAP) (1) ha raccomandato che tut-ti i lattanti (inclusi quelli allattati alseno) ricevessero 400 UI (10 µg)giornaliere di vitamina D, partendodalle prime due settimane di vita.La commissione ha anche raccoman-dato 400 UI/die per tutti i bambini egli adolescenti, approssimativamenteil contenuto di vitamina D presentein un cucchiaino da tè di olio di fe-gato di merluzzo. Il fabbisogno gior-naliero è stato stimato pari a circa

100-200 UI/die, e la commissione haraccomandato un introito pari al

Problematiche nello stabilire le raccomandazioniriguardanti la vitamina D per i lattanti e i bambiniF. R. GreerDipartimento di Pediatria, Università del Wisconsin Medical School, Madison, WI.

Parole chiaveVitamina D, lattanti, bambini

RiassuntoNel 1963, l’American Academy of Pediatrics Committee on Nutrition ha raccomandato l’assunzione giornaliera di 400UI di vitamina D per tutti i lattanti e i bambini. Dopo la fine degli anni ’70, questa raccomandazione è divenuta obso-leta, particolarmente per i lattanti allattati al seno. Nel 2003, tuttavia, la Commissione sulla Nutrizione dell’AmericanAcademy of Pediatrics ha raccomandato l’assunzione giornaliera di 200 UI di vitamina D per tutti i lattanti e i bambi-ni. Questo è accaduto in risposta alle raccomandazioni di una adeguata assunzione di vitamina D stabilite dall’Istitutodi Medicina (IOM-Institute of Medicine) nel 1997, all’incrementato numero di casi di rachitismo nutrizionale ripor-tati in alcune popolazioni americane di lattanti, e all’obiettivo per il 2010 del progetto Healthy People di allattare alseno il 75% dei lattanti per i primi sei mesi di vita. Nello stabilire queste raccomandazioni, sono state prese in consid-erazione molte argomentazioni, incluse le seguenti: 1) Il deficit di vitamina D non è rappresentato solo dal rachitismo,che rappresenta lo stadio finale dello stato di carenza nei bambini durante la loro crescita. 2) L’adeguata esposizione al-la luce solare non può essere determinata con esattezza per ogni soggetto. 3) Esiste una nuova coscienza sui rischi de-rivanti dall’esposizione ai raggi ultravioletti-B nei bambini e il conseguente sviluppo di tumori della pelle negli adulti.4) Esiste una ridotta assunzione di cibi ricchi in vitamina D da parte dei bambini di età maggiore e degli adolescenti.Sono necessarie ulteriori ricerche nella popolazione pediatrica per determinare la quantità raccomandata di vitamina Dda introdurre nella dieta. È essenziale una nuova definizione di deficit di vitamina D sulla base delle concentrazionisieriche di 25-idrossivitamina D3 in una determinata popolazione. L’introito raccomandato di 200 UI/die potrebbe nonessere sufficiente. È necessario un maggior numero di dati al fine di supportare l’adeguatezza dell’introito giornalierodi vitamina D, attualmente raccomandato o forse anche più elevato.

Nel 1963 l’AmericanAcademy of Pediatricsproponeva, per lattantie bambini, un livello diassunzione raccoman-dato di vitamina D3pari a 400 UI/die

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doppio del fabbisogno giornaliero.Questa raccomandazione è statasupportata dal fatto che 400 UI gior-naliere si sono mostrate in grado diprevenire il rachitismo e che unaquantità superiore alle 400 UI/dienon incrementa la prevenzione delrischio. E’ stato anche osservato cheil rachitismo potrebbe essere trattatocon successo assumendo 300-400 UIdi vitamina D al giorno e che un in-troito giornaliero maggiore di 500UI non migliora la risposta del rachi-tismo alla terapia con vitamina D. Ilrapporto non commenta le concen-trazioni della vitamina D nel latteumano, ma ha rimarcato un incre-mento del deficit di vitamina D nel-la popolazione afroamericana già aquel tempo. La commissione ha an-che riconosciuto il fatto che l’esposi-zione alla luce solare non migliora inmaniera certa lo status della vitaminaD. Di sicuro, le osservazioni di que-sta commissione sono state preveg-genti per quei tempi, dal momentoche non erano ancora disponibilimetodi per la misurazione dei meta-boliti specifici della vitamina D nellatte e nel siero umano.Nel 1977, un rapporto del laborato-rio di Elsie Widdowson a Cambrid-ge, Inghilterra, ha descritto una nuo-va forma di vitamina D idrosolubilepresente nel latte umano (2). Questometabolita, vitamina D solfato, erapresente alla concentrazione di 400-950 UI/L (2). In seguito, l’idea che i

lattanti allattati al seno non avesseronecessità di supplementi di vitaminaD ha acquisito sempre maggiore cre-dibilità. Ciò ha fatto sì che l’AAP di-ventasse in qualche modo ambiguariguardo le necessità di vitamina Ddei lattanti allattati al seno. Nel1978, una dichiarazione della Com-missione sulla Nutrizione AAP, ri-guardante l’allattamento al seno, hainserito la vitamina D solo nella listadei supplementi possibili per i lattan-ti allattati al seno (3). Nel 1981 (4),la stessa commissione ha stabilitoche si poteva discutere sul fatto che ibambini allattati al seno potesseroessere trattati con supplementi di vi-tamina D nei primi 6 mesi di vita,ma c’era disaccordo sul fatto che tut-ti i lattanti avessero bisogno di talesupplemento.Studi successivi, che hanno utilizzatotecnologie innovative, hanno riscon-trato nel latte umano una minimaconcentrazione, se non nulla, di vita-mina D solfato (5, 6), sconfessandoin tal modo il mito dell’esistenza diuna forma idrosolubile (7). Inoltre, èstato trovato che l’attività biologicadella vitamina D solfato era pari ameno dell’1% dell’attività della vita-mina D3 nello stimolare la calcifica-zione ossea oppure l’assorbimentointestinale di calcio (8, 9).Nel 1980, l’Infant Formula Act (10)ha stabilito un dosaggio minimo divitamina D pari a 40 UI/100kcal eduno massimo di 100 UI/100kcalnelle formule per lattanti. Per questomotivo, una formula di 20-kcal/on-cia dovrebbe fornire un supplementodi 265-660 UI/L di vitamina D ailattanti alimentati con formula (10).Nella decima edizione delle quantitàdietetiche raccomandate (RDA-Re-commended Dietary Allowances),viene consigliato un introito di 300UI giornaliere di vitamina D per ilattanti di età inferiore ai sei mesi, edi 400 UI giornaliere per tutti i lat-tanti con più di 6 mesi di età (11).

Per i lattanti allattati al seno, nonesposti alla luce del sole, è stata sta-bilita una dose giornaliera di 200-300 UI.Nel 1997, la Food and NutrionBoard dell’Institute of Medicine(IOM) (12) ha fissato l’introitogiornaliero adeguato (AI-AdequateIntake) di vitamina D a 200 UI/die,in grado di coprire le necessità ditutti i lattanti e i bambini, indipen-dentemente dal grado di esposizionealla luce solare. L’AI è utilizzato nelmomento in cui non esiste una suf-ficiente evidenza che permetta dicalcolare una RDA. L’AI consiste inun valore basato su introiti derivatisperimentalmente oppure su ap-prossimazioni degli introiti di nu-trienti medi osservati in un gruppodi persone sane. Ci si attende chequesto introito soddisfi oppure ec-ceda la quota necessaria a mantene-re uno stato nutrizionale adeguato,fondamentalmente per tutti i mem-bri di una specifica popolazione sa-na. Per i lattanti e i bambini, ciò do-vrebbe implicare una crescita nor-male, il mantenimento di normaliconcentrazioni di nutrienti in circo-lo, ed altri aspetti di benessere nutri-zionale e di salute generale. L’AI peri lattanti è basato su dati derivati da-gli Stati Uniti, dalla Norvegia e dal-la Cina i quali mostrano che un in-troito di vitamina D ≥200 UI/die èin grado di prevenire i segni fisiciconseguenti al deficit di vitamina De di mantenere concentrazioni sieri-che di 25-idrossivitamina D3

[25(OH)D3] ≥27.5 nmol/L (11ng/mL) (12). L’IOM riconosce la

Studi sucessivi hannoriscontrato nel latte ma-terno una concentrazio-ne minima, se non nulla,di vitamina D solfato

Nel 1977 una formaidrosolubile di vitaminaD3 (la vitamina D solfa-to) fu rintracciata nellatte materno e l’ideache i lattanti non neces-sitassero di supplemen-ti acquisì credibilità

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carenza di dati disponibili per ibambini più grandi e per gli adole-scenti, ma l’AI per tale popolazionedovrebbe rimanere invariata, in atte-sa di ulteriori ricerche.Nel 2003, la Committee on Nutri-tion e la Section of Breast FeedingMedicine dell’AAP (13), hanno pub-blicato nuove raccomandazioni ri-guardanti l’integrazione di vitaminaD per lattanti e bambini. Ciò si è ve-rificato soprattutto in risposta agli AIraccomandati dall’IOM nel 1997, alcrescente numero di casi di rachiti-smo nutrizionale riportato nell’ambi-to di alcune popolazioni di lattantiamericani (14–17), ed all’obiettivo

per il 2010 del progetto Healthy Peo-ple che si propone di avere il 75% deilattanti allattati al seno per i primi 6mesi di vita (US Department ofHealth and Human Services Officeof Disease Prevention and HealthPromotion, www.healthypeople.gov).Nel formulare le presenti raccoman-dazioni, sono stati tenuti in conside-razione i seguenti fattori.

Definizione del deficit di Vitamina D

Il rachitismo clinico rappresenta lostadio finale del deficit di vitamina Dpresente per molti mesi prima che il

rachitismo possa esserediagnostica-

to (18).

La 25(OH)D3 è il più copioso meta-bolita sierico circolante e rappresentaun indicatore dello status globale divitamina D. In accordo con lo IOM,il limite inferiore del range di norma-lità può variare da 20 nmol/L (8ng/mL) a 37.5 nmol/L (15 ng/mL).In generale, una concentrazione sieri-ca di 25(OH)D3 <27.5 nmol/L (11ng/mL) viene considerata carente neibambini. Soltanto i lattanti di razzabianca allattati al seno, nati nella sta-gione invernale nel Wisconsin, hannomostrato concentrazioni medie di25(OH)D3 <10 ng/mL a 6 settimanedi vita, in assenza di supplementi divitamina D (19). Un recente rapportodall’Alaska ha mostrato che 41 dei133 lattanti partecipanti al Supple-mental Nutrition Program for Wo-men, Infants, and Children, presenta-vano livelli di 25(OH)D3 bassi (<15ng/mL) oppure ai limiti inferioridella norma (25 ng/mL).Quaranta dei 41 lattanti venivano oerano stati precedentemente allattatial seno (20). Se si conoscessero i va-lori dei range di normalità per la25(OH)D3, si potrebbero formulareraccomandazioni più valide e piùprecise sull’introito di vitamina D.Negli studi clinici sugli adulti relati-vi al metabolismo ottimale di calcioe osso, risultati contrastanti hannosuggerito che le concentrazioni di25(OH)D3 dovrebbero essere ≥37.5nmol/L (15 ng/mL) (21, 22), ≥50nmol/L (20 ng/mL) (23), o forseperfino più alte (≥78 nmol/L o 31ng/mL) (24). Sebbene la vitamina Dsia un elemento essenziale per la sa-lute dell’osso, esistono molti tipi dicellule nel corpo umano che posseg-gono recettori per la vitamina D, eprobabilmente la vitamina D è fun-zionalmente importante anche in al-tre vie metaboliche. Le cellule epite-liali diverse da quelle di origine re-nale sono in grado di sintetizzare la1,25-diidrossivitamina D3 a partire

Nel 2003 sono state pubblicate nuove raccomanda-zioni sulla vitamina D3 per lattanti e bambini: l’introi-to minimo di 200 UI/die potrebbe non essere sufficien-te, pertanto un ulteriore supplemento è fortementeraccomandato

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dalla 25(OH)D3 (25, 26). La vitami-na D può inoltre giocare un ruolonella prevenzione tumorale, in quan-to sembra moderare la proliferazionedi cellule del colon e della prostataattraverso i recettori per la vitaminaD (27, 28).

Esposizione alla luce solare

La vitamina D è sintetizzata natu-ralmente a livello cutaneo dopoesposizione ai raggi ultravioletti-B(UV-B) del sole. Per ciascun singololattante o bambino, tuttavia, la quo-ta di esposizione alla luce solare(area di superficie cutanea totaleesposta per un dato periodo di tem-po) necessaria a prevenire il deficitdi vitamina D ed il rachitismo risul-ta difficile da determinare; essa è in-fatti fortemente influenzata dallecondizioni ambientali, incluse lecondizioni climatiche, l’inquina-mento atmosferico, il periodo del-l’anno, e il grado di latitudine dell’e-sposizione. La sintesi di vitamina Dè influenzata dalla pigmentazionecutanea e, per i singoli individui, ri-

sulta difficile determinare quantaparte della pigmentazione cutaneablocchi la sintesi di vitamina D equanta parte invece fornisca un ade-guata protezione dall’esposizione airaggi UV-B (vedere in seguito).Inoltre, il corretto uso di schermantisolari blocca drasticamente l’esposi-zione della cute agli UVB (29).

Rischi derivanti dall’esposizione airaggi UV-B

Esistono crescenti preoccupazionirelative alla correlazione tra esposi-zione ai raggi UV-B durante l’infan-zia ed insorgenza negli anni succes-sivi di tumori cutanei (carcinomi acellule basali e squamose e melano-mi maligni) (30).Esiste una correlazione positiva tracomparsa di melanomi maligni tragli adulti e grado di esposizione allaluce solare durante l’infanzia (31,32). I Centers for Disease Controland Prevention, con il supporto dimolte organizzazioni, incluse laAAP e la American Cancer Society,hanno lanciato una vasta campagna

di salute pubblica allo scopo di ri-durre l’incidenza di tumori cutaneiinvitando la popolazione a limitarel’esposizione ai raggi UV e ad usareschermanti solari (33). La Commit-tee on Environmental Health del-l’AAP (34) ha raccomandato che ilattanti con meno di 6 mesi di vita,per i quali l’utilizzo di schermantisolari non è attualmente raccoman-dato, siano tenuti lontani dall’espo-sizione diretta alla luce solare, che leattività dei bambini in generale mi-nimizzino l’esposizione al sole, e chein tutti i momenti siano utilizzatiabiti protettivi e creme solari.

Introito di Vitamina D con la dieta

I prodotti ricchi di latticini rappre-sentano le singole più importantifonti dietetiche di vitamina D per ilattanti più grandi e per i bambini.Oltre che nei latticini, la vitamina Dè presente in prodotti ricchi di ce-reali e succhi di frutta e negli oli digrasso di pesce e di fegato di pesce.In qualsiasi cibo dei lattanti, inclusoil latte umano, la vitamina D non

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compare naturalmente come nu-triente ad un livello significativo (6,35). Infatti, la vitamina D non è tec-nicamente un nutriente, ma piutto-sto un precursore di un ormone ste-roideo (pro-ormone) che è sintetiz-zato a livello cutaneo. Tra i bambinipiù grandi e gli adolescenti, il ridot-to introito di vitamina D è correlatoalla sostituzione del latte con bevan-de leggere, succhi di frutta e/o bibi-te alla frutta (36, 37). In alcune po-polazioni esistono inoltre preoccu-pazioni relative al fatto che i lattici-ni fanno ingrassare e sono responsa-bili di intolleranza al lattosio (38).

Considerazioni pratiche per l’integrazione di vitamina D

Riguardo le raccomandazioni circa l’i-deale supplemento di vitamina D, cisono diversi altri punti degni di consi-derazione, che includono i seguenti.Il supplemento dovrebbe prevenire ildeficit di vitamina D ed il rachitismoin tutti i lattanti e i bambini, inclusiquelli affetti da patologie croniche,che presentano un ridotto assorbi-mento di vitamina D. Nessun grup-po o minoranza etnica dovrebbe es-sere esclusa, nonostante la crescentedifficoltà nel definire tali gruppi,adeguati materiali educativi dovreb-bero essere prontamente disponibiliper gli operatori sanitari di questigruppi. Non dovrebbe esserci alcunrischio attribuibile all’utilizzo delsupplemento. Il supplemento do-vrebbe poter essere conservato in ca-sa senza problemi, considerando an-che la possibilità di un’ingestione ac-cidentale.Il supplemento ideale dovrebbe conte-nere solo vitamina D. I supplementidisponibili attualmente per i lattanticontengono vitamine aggiuntive.Per i lattanti allattati al seno, i sup-plementi dovrebbero essere iniziatinella prima infanzia e continuati fi-

no a che non si raggiunga un introi-to ≥200 UI/die attraverso l’ingestio-ne di cibi ricchi di vitamina D. Taleintegrazione non dovrebbe interfe-rire con l’allattamento al seno.Nello stabilire la necessità di un’inte-grazione, i pediatri dovrebbero tene-re in considerazione lo status di vita-mina D della madre durante la gra-vidanza e l’allattamento. Tutti i bam-bini e gli adolescenti dovrebbero ri-cevere un supplemento di vitaminaD nel caso in cui la sua assunzioneattraverso il cibo non fosse ≥≥200UI/die. Il supplemento dovrebbe es-sere somministrato come parte diuna routine giornaliera, in modo darendere massima la compliance. Per ilattanti che ricevono formule arric-chite con vitamina D (≥500 mL/die), non c’è necessità di supplemen-ti di vitamina D.Il supplemento di vitamina D do-vrebbe essere considerato come co-sto-efficacia. Ciò include non solo ilcosto del supplemento ma anche ilcosto di trattamento di possibili epi-sodi di sovraddosaggio e dei soggettinon responsivi che necessitano di ul-teriori cure mediche.

Prospettive di ricerca future

La ricerca riguardante la vitamina Dnella popolazione pediatrica do-vrebbe mirare a stabilire un RDA,piuttosto che un AI. Ciò richiede-rebbe la raccolta di informazionicirca le concentrazioni sieriche nor-mali di 25(OH)D3 dall’infanzia al-l’adolescenza. Una concentrazionesierica di 25(OH)D3 <27.5 nmol/L(11 ng/mL) risulta appropriata perdefinire uno stato di carenza tra ilattanti e i bambini?

Il valore di cut-off dovrebbe essere di37.5 nmol/L (15 ng/mL) oppure di50 nmol/L (20 ng/mL)?

Un AI di 200 UI/die per la vitamina

D risulta sufficiente, specialmentequando si verifica una ridotta proba-bilità di esposizione alla luce solareutilizzando schermanti solari comeraccomandato ed evitando di propo-sito la luce solare?

Esiste un unico AI oppure RDA ap-propriato per tutti i pazienti pedia-trici?

200 UI/die sono sufficienti per tuttele età e per tutti i gruppi razziali/et-nici?

In che modo le varie condizioni am-bientali e posizioni geografiche in-fluenzano l’AI oppure la RDA di vi-tamina D?

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1. Pediatria Preventiva & Sociale – Orga-no della Società Italiana di Pediatria Pre-ventiva e Sociale è una rivista che pubblica,in lingua italiana o inglese, lavori scientificioriginali inerenti il tema della Medicina Pe-diatrica, sotto l’aspetto della prevenzione edell’impatto sociale.2. I lavori debbono essere inviati in copiadattiloscritta o tramite e-mail alla Redazio-ne della Rivista, e corredati di titolo del la-voro (in italiano e in inglese), di riassunto(in italiano e in inglese), parole chiave (nel-le due lingue), didascalie delle tabelle e del-le figure. Nella prima pagina devono com-parire: il titolo, nome e cognome degli Au-tori per esteso e l’Istituto o Ente di apparte-nenza, il nome e il recapito telefonico e po-stale dell’Autore cui sono destinate le bozzee la corrispondenza, le parole chiave e il ri-assunto in italiano e in inglese. Nella secon-da e successive il testo dell’articolo. La bi-bliografia e le didascalie di tabelle e figuredevono essere in calce all’articolo. Le imma-gini e le tabelle devono essere fornite a par-te su supporto cartaceo e su file. Ciascun la-voro nella sua esposizione deve seguire i se-guenti criteri: 1) introduzione; 2) materialee metodo; 3) risultati; 4) discussione e/oconclusione. Il testo non dovrebbe superarele 15 pagine dattiloscritte compresi icono-grafia, bibliografia e riassunto (una paginacorrisponde circa a 5.000 battute). Legendadi tabelle e figure a parte. Il riassunto e ilsummary (in lingua inglese) non devono su-perare le 250 parole ciascuno.3. Gli articoli devono essere accompagnatida una richiesta di pubblicazione e dalla se-guente dichiarazione firmata dagli autori:“L’articolo non è stato inviato ad alcuna altrarivista, né è stato accettato altrove per la pub-blicazione e il contenuto risulta conforme allalegislazione vigente in materia di etica dellaricerca”.4. Gli Autori devono dichiarare se hannoricevuto finanziamenti o se hanno in attocontratti o altre forme di finanziamento,personali o istituzionali, con Aziende i cuiprodotti sono citati nel testo. Questa di-chiarazione verrà trattata dal Direttore co-

me una informazione riservata e non verràinoltrata ai revisori. I lavori accettati verran-no pubblicati con l’accompagnamento diuna dichiarazione ad hoc, allo scopo di ren-dere nota la fonte e la natura del finanzia-mento.5. Particolarmente curata dovrà essere la bi-bliografia che deve comprendere tutte, edesclusivamente, le voci richiamate nel testoche devono essere numerate e riportate se-condo l’ordine di citazione. Devono compa-rire i cognomi dei primi 6 autori; per i lavo-ri con un numero superiore di autori il co-gnome dei primi 3 sarà seguito dalla dicitu-ra “et al.”; seguiranno nell’ordine: cognomedell’Autore ed iniziale del nome, titolo del-l’articolo, titolo della Rivista secondo l’ab-breviazione in uso e conforme ad Index me-dicus, l’anno, il volume, la pagina iniziale equella finale con numeri abbreviati (per es.:1023-5 oppure 1023-31). Non utilizzarecarattere corsivo, grassetto, sottolineato otutto maiuscolo.Per articoli:- You CH, Lee KY, Chey RY, Menguy R.

Electrogastrographic study of patientswith unexplained nausea, bloating and vo-miting. Gastroenterology 1980; 79: 311-4

- Goate AM, Haynes AR, Owen MJ, Far-rall M, James LA, Lay LY, et al. Predispo-sing locus for Alzheimer’s disease on linechromosome 21. Lancet 1989; 1: 352-5

Per libri:- Taussig MJ. Processes in patology and mi-

crobiology. Second Edition. Oxford:Blackwell, 1984

Per capitoli di libri o atti di Congressi:- Kuritzke JF. Some epidemiologic features

compatible with an infectious origin formultiple sclerosis. In Burdzy K, Kallos Peds. Pathogenesis and etiology of demye-linating diseases. Philadelphia: Saunders,1974; 457-72

6. I riferimenti della bibliografia nel testodevono essere attuati con un numero arabotra parentesi tonde non ad apice; quando gliautori devono essere citati nel testo, i loronomi vanno riportati per esteso nel caso chenon siano più di 2, altrimenti si ricorre do-

po il primo nome alla dizione: et al. seguitidal corrispondente numero.7. I dattiloscritti devono essere corredati(per facilitare la pubblicazione) da supportoelettronico che deve rispettare i seguentiprogrammi:- su sistema operativo Windows: Word sal-

vato in a) formato Word per Windows 8.0o inferiori; b) formato Word Mac 5.1 oinferiori; c) formato Word Perfect 5.0

- su sistema operativo Macintosh: a) Word5.1 o inferiori; b) Xpress 3.31; Xpress Pas-sport 4.0 o inferiori

8. Illustrazioni (supporto cartaceo): foto-grafie, disegni, grafici, diagrammi devonoessere inviati in formato cartaceo con di-mensioni minime di 10x15 cm (formatocartolina). Ogni fotografia va segnata a ma-tita sul retro con numero progressivo, nomedell’autore principale e verso (alto e bassoaccompagnato da una freccia).9. Illustrazioni (supporto informatico): fi-le allegato ad e-mail, dischetto o CD for-mattati PC o MAC. Per fotografie, disegni,grafici, diagrammi:- risoluzione almeno 300 dpi, formato

JPEG, Tiff, eps- risoluzione almeno 800 dpi per il formato

bmpLe immagini vanno salvate come singolofile.10. Gli Autori hanno diritto al file formato“pdf ” del loro articolo pubblicato. Per even-tuali altri ordini di estratti potranno contat-tare direttamente l’Editore, che fornirà in-formazioni e costi.

11. I lavori devono essere indirizzati a:

Dr.ssa Anna ScottiPEDIATRIA PREVENTIVA& SOCIALEC/o MATTIOLI 1885 S.p.A.Via Coduro 1/b43036 ParmaTel: 0524/84547Fax: 0524/84751E-mail: [email protected]

Norme per gli autori

11-Norme per gli autori Pediatria 19-01-2007 16:23 Pagina 55


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