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Mattioli 1885 pediatria preventiva sociale - sipps.it · l’Università degli Studi di Parma e...

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pediatria ANNO II - NUMERO 1/2007 ISSN 1970-8165 ORGANO DELLA SOCIETÀ ITALIANA DI PEDIATRIA PREVENTIVA E SOCIALE POSTE ITALIANE S.P .A - SPED. IN A. P. - D.L. 353/2003 (CONV. IN L. 27/02/2004 N° 46) ART. 1, COMMA 1, AUT. N° 060019 DEL 15/09/06 - DCB BO Mattioli 1885 1/2007 preventiva & sociale
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pediatriaANNO II - NUMERO 1/2007 ISSN 1970-8165

O R G A N O D E L L A S O C I E T À I TA L I A N A D I P E D I AT R I A P R E V E N T I VA E S O C I A L E

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Mattioli 1885

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preventiva& sociale

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SSOOCCIIEETTÀÀ IITTAALLIIAANNAA DDII PPEEDDIIAATTRRIIAA PPRREEVVEENNTTIIVVAA EE SSOOCCIIAALLEE

PPRREESSIIDDEENNTTEEGiuseppe Di Mauro

PPAASSTT PPRREESSIIDDEENNTTGiuseppe Chiumello

VVIICCEE PPRREESSIIDDEENNTTIISergio BernasconiTeresa De Toni

CCOONNSSIIGGLLIIEERRIIGiuseppe BanderaliGiacomo BiasucciMirella StrambiGiovanna Weber

SSEEGGRREETTAARRIIOOPaola Sgaramella

TTEESSOORRIIEERREENico Sciolla

RREEVVIISSOORRII DDEEII CCOONNTTIILorenzo MarinielloLeo Venturelli

PPEEDDIIAATTRRIIAA PPRREEVVEENNTTIIVVAA && SSOOCCIIAALLEE OORRGGAANNOO UUFFFFIICCIIAALLEE DDEELLLLAA SSOOCCIIEETTÀÀ

DDIIRREETTTTOORREE RREESSPPOONNSSAABBIILLEE

Guido Brusoni

DDIIRREETTTTOORREE

Giuseppe Di Mauro

CCOOMMIITTAATTOO EEDDIITTOORRIIAALLEEGiuseppe Di MauroGiuseppe ChiumelloSergio BernasconiTeresa De ToniGiuseppe BanderaliGiacomo BiasucciMirella StrambiGiovanna WeberPaola SgaramellaNico SciollaLorenzo MarinielloLeo Venturelli

Registrazione Tribunale di Parma - N. 7/2005

EEDDIITTOORRIIAALLEE

3 G. Di Mauro - Pediatria, Sport e SIPPS

AAPPPPRROOFFOONNDDIIMMEENNTTOO IINN TTEEMMAA DDII PPRROOBBLLEEMMAATTIICCHHEE SSOOCCIIAALLII

5 C. Pruneti, C. Fante, F. Fontana, S. Buriani – L’importanza dellecomponenti depressive in età evolutiva: risultato di uno studio pilota

RRUUBBRRIICCHHEE

DDAALLLLAA TTEEOORRIIAA AALLLLAA PPRRAATTIICCAA

12 G.V. Zuccotti, C. Figini, D. Frasca, G. Di Mauro – Le vaccinazioni. Parteprima: il vaccino esavalente

29 M. Sticco, C. Buongiovanni, O. D’Amico, A. Franzese – Prevenire l’obesitàdei bambini: sogno o realtà?

pediatriapreventiva & socialeORGANO DELLA SOCIETÀ ITALIANA DI PEDIATRIA PREVENTIVA E SOCIALE

Mattioli 1885

SpA - Via Coduro 1/bFidenza (PR)Tel. 0524 84547Fax 0524 84751

[email protected]

EEDDIITTIINNGGValeria Ceci, Natalie CerioliCecilia MuttiEditing managerAnna Scotti

MMAARRKKEETTIINNGG EE PPUUBBBBLLIICCIITTÀÀ

Massimo Enrico RadaelliDirettore Marketing e Sviluppo Luca RanzatoMarketing ManagerSimone AgnelloECM - Formazione ContinuaMartine BrusiniSegreteria Marketing

1/2007

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ACTIONAID

BAMBINA INDIAMA

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Cari amici, cari colleghi,

è trascorso giusto un anno dal primoincontro del Board Scientifico indivi-duato dal Direttivo della Società Ita-liana di Pediatria Preventiva e Socialeper attuare la seconda Edizione delProgetto educazionale per i pediatriitaliani dal titolo “La tutela della salu-te nelle attività sportive di bambini edadolescenti” proposto dal Prof. Tan-credi, Presidente della Sezione cam-pana della SIPPS, e sponsorizzatodall’Istituto Superiore di Sanità.Oltre allo stesso Prof. Tancredi e alsottoscritto, il Board scientifico com-prende: Sandro Angeloni, pediatra difamiglia, medico sportivo, già Presi-dente FIMP; Sergio Bernasconi, Di-rettore della Clinica Pediatrica del-l’Università degli Studi di Parma eVice Presidente SIPPS; AntonioCorrera, Primario della Pediatria del-l’Ospedale Annunziata di Napoli etesoriere della SIP; Teresa De Toni,Professore associato dell’OspedaleGaslini di Genova e Vice PresidenteSIPPS; Paolo Giliberti, Primario del-la TIN dell’Ospedale Monadi di Na-poli e consigliere della SIN; DinoPonchio, Commissario tecnico dellaFederazione Italiana Atletica Leggeradi Padova e componente del Comita-to Vigilanza Doping (CVD); PaolaSgaramella, Ricercatrice dell’Ospeda-le San Raffaele di Milano, Segretaria

della SIPPS; Antonio Spataro, com-ponente dell’Istituto di Scienza delloSport del CONI; Carlo Tranquilli,Responsabile Medico Settore Giova-nile della Federazione Italiana GiocoCalcio (FIGC) e componente delCVD.Lo scopo del progetto, fortementevoluto e condiviso dalla nostra Socie-tà, è quello di sensibilizzare i pediatriitaliani sull’“assistenza e prevenzione”del bambino impegnato in attività fi-sica, consentendo di identificare pri-ma possibile i “segnali di allarme” o i“comportamenti a rischio”.È infatti provato da studi di settore etestimoniato da frequenti notizie dicronaca che l’avviamento allo sport

dei bambini avviene in età sempre piùprecoce e non è quasi mai precedutoda un’adeguata valutazione medicadelle attitudini del soggetto.Anche l’attività agonistica inizia sem-pre prima e si accompagna talora alpreoccupante fenomeno del dopingnei minori.Il Board scientifico si è riunito a Ro-ma per avviare il progetto il 5 marzo2006.Nel corso dell’incontro è stata discus-sa e approvata la logistica e il pro-gramma scientifico di un “Pacchettoformativo” da realizzare nelle varieRegioni d’Italia.In particolare sono stati discussi e de-lineati i seguenti argomenti:

Pediatra, Sport e SIPPSGiuseppe Di MauroPresidente Società Italiana di Pediatria Preventiva e Sociale

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1.Indicazioni ai vari tipi di attivitàsportiva (Carlo Tranquilli, DanielaAgostini)

2.Mass media e sport (Italo Farneta-ni)

3.Certificazione dell’Attività nelbambino (Sandro Angeloni)

4.Gli integratori alimentari dell’atti-vità sportiva (Sergio Bernasconi)

5.Lo sport può far male? (AntonioDal Monte, Antonio Correra)

6.Obesità e attività sportiva (SergioBernasconi)

7.Asma e sport (Eugenio Baraldi,Stefania Zanconato)

8.Sport e doping (Francesco Tancre-di, Antonio Correra)

In relazione agli argomenti i docentihanno preparato le dispense (diaposi-tive + commento scritto) da presenta-re agli incontri.Gli obiettivi sono stati:- Sensibilizzare i pediatri ai limiti ed

alle indicazioni per l’avviamento al-lo sport in bambini ed adolescenti(attitudini, età, attività sportiva)

- Migliorare le competenze dei pe-diatri sulla prevenzione del dopingin bambini e adolescenti che fannoattività agonistica, cercando anchedi migliorare la capacità di ricono-scere i sintomi legati all’assunzionedi sostanze dopanti

- Fornire ai pediatri le opportune in-dicazioni, limiti e precauzioni daadottare in caso di attività sportiveintraprese da bambini affetti damalattie croniche.

Per ogni riunione è stato stampato unprogramma e ad ogni partecipante èstato distribuito un CD contenentetutte le dispense originali.Sinora sono stati effettuati cinque in-contri:1.Salerno (Campania) il 10 Giugno

20062.Ghilarza (Sardegna) il 24 Giugno

20063.Palermo (Sicilia) il 21 Luglio 20064.Lecce (Puglia) il 28 Ottobre 2006

5.Ferrara (Emilia Romagna) il 13Gennaio 2007.

Il sesto incontro è previsto a Siena(Toscana) il 29 Giugno 2007.A ciascun incontro hanno partecipatoalcuni componenti del Board scienti-fico e relatori locali di elevata compe-tenza negli argomenti trattati.La Società Italiana di Pediatria Pre-ventiva e Sociale, dedicando non po-che delle sue energie a tale Progetto,ha voluto e vuole raggiungere l’obiet-tivo di contribuire a migliorare lecompetenze dei Pediatri italiani neiconfronti delle problematiche riguar-danti lo sport, anche al fine di incen-tivare l’attività sportiva in età pedia-trica.Spesso infatti i genitori si rivolgono alpediatra per avere indicazioni e sug-

gerimenti su quale sport far praticareal proprio figlio, in base alle sue atti-tudini psicofisiche. Più spesso ancoraè il pediatra stesso, perché il bambinoè obeso, sovrappeso, gracile o troppotimido, allo scopo di favorire l’attitu-dine ludica e motoria e di stimolare lasocializzazione e la stima di sé, a sug-gerire ai genitori di avviarlo gradual-mente verso qualche sport.Infine, anche se al Pediatra di fami-glia compete esclusivamente la certi-ficazione di idoneità all’attività spor-tiva non agonistica, è indiscutibileche, conoscendo a fondo il proprioassistito, sarà preziosa la sua collabo-razione ed interazione con il Medicodello sport, cui è demandato per leg-ge il rilascio del certificato medico perattività sportiva agonistica.

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La depressione come disturbo affet-tivo rappresenta la patologia più dif-fusa nella popolazione generale.L’individuazione di specifici quadripsicopatologici di tipo depressivonel periodo puberale ed adolescen-ziale, risale ai primi decenni del no-stro secolo. In un primo momentoquesti quadri patologici venivano as-similati alle psicosi depressive e ma-niaco-depressive. Le prime osserva-zioni di comportamenti infantiliidentificabili come manifestazionidepressive, risalgono a Spitz (1). Aseguito di questi primi studi descrit-tivi, si hanno le prime ricerche chesegnalano situazioni depressive di-verse dai quadri clinici dell’età adul-ta (2). Le ricerche su questo campo,si fanno sempre più approfondite edinvestono quadri sindromici semprepiù vasti: dai disturbi psicosomatici(3), alle condotte dissociali (2), allepseudo-insufficienze mentali (4), al-la fobia della scuola (5), alle manife-stazioni ossessive (6,7).Gli ultimi studi, tuttavia, concorda-no sulla definizione di due tipi dimalattia depressiva dell’adulto: unaendogena/psicotica (con forme mo-nopolari e bipolari) e l’altra reatti-va/nevrotica. Non è rintracciabileuna simile divisione nell’ambito del-la patologia dell’età evolutiva, perchénon c’è univocità sul concetto di dis-turbo depressivo nell’età infantile edadolescenziale. Questa incertezza

può essere dovuta al fatto che unbambino è un organismo in sviluppoe gli stati dell’umore sono più sog-getti a continue e repentine variazio-ni. Questa incertezza teorica com-porta una non unitarietà dei criteridiagnostici, portando i ricercatori abasarsi su descrizioni cliniche che ri-portano, prevalentemente, caratteri-stiche comportamentali: tristezza,scarso interesse, isolamento sociale,noia, insonnia.Le posizioni teoriche nella letteratu-ra oscillano tra diversi orientamenti:a) Una scuola psichiatrica, secondo

la quale il quadro clinico del dis-turbo depressivo sarebbe similenei bambini, negli adolescenti enegli adulti (8). A questa posi-zione teorica si rifaceva il DSM-III-R, dove i criteri diagnosticiper i disturbi depressivi sonoproposti in modo indipendentedall’età del paziente. Nel DSMIV, invece, vengono identificatidei sintomi che sono più tipicidell’età infantile, come l’umoreirritabile, e nell’età adolescenzia-le, come tristezza o reazioni psi-cosomatiche. All’interno di que-sta posizione teorica, sono rin-tracciabili numerose ricerche ditipo anamnestico, che hanno ri-levato un’alta incidenza di pato-logia depressiva nelle famiglie dibambini depressi (9,10);

b) Un orientamento cognitivo-

comportamentale, dove l’atten-zione non è posta solo su fattoribiologici, ma principalmente sul-le influenze ambientali, educativeed affettivo-emozionali che han-no portato ad un comportamen-to depressivo (11). Il nucleo teo-rico si concentra sulla possibilitàche le limitazioni cognitive pos-sano modificare l’esperienza el’espressione delle emozioni ingenerale. Vengono, anche, identi-ficati due tipi di personalità: unain cui domina il rapporto con glialtri, cioè che si dimostra vulne-rabile alla perdita dell’altro; e l’al-tra in cui domina l’obiettivo, cioèè più vulnerabile al raggiungi-mento dell’obiettivo;

c) Un orientamento psicodinamico,che tende a negare la presenza diuna sindrome depressiva in etàevolutiva, perché prima dell’ado-lescenza non si è ancora ben inte-riorizzato il Super-Io (12-14);

d) Un altro orientamento distinguetra depressione come sintomo edepressione come sindrome con-clamata, più difficile in età evolu-

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L’importanza delle componenti depressive in etàevolutiva: risultati di uno studio pilota Pruneti C., Fante C., Fontana F., Buriani S.*,Dipartimento di Psicologia Sezione di Psicologia Clinica Università di Parma

La depressione comedisturbo affettivo rap-presenta la patologiapiù diffusa nella popo-lazione generale

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tiva (15). Nell’età evolutiva la de-pressione non si manifesta inmodo riconoscibile, ma con unavarietà di disturbi (iperattività,irritabilità, aggressività) o conmanifestazioni psicosomatiche(cefalee, dolori addominali, fobiescolastiche) (16).

Oltre a questi orientamenti teorici,possiamo individuare una posizioneconcettuale secondo la quale esisteuna sindrome depressiva infantile,ma che alcuni sintomi tipici, come ilpianto per tristezza, siano caratteri-stici dell’infanzia e che si diluiscanonel tempo riducendosi con l’età.Quindi, molto spesso i sintomi ri-scontrati nei bambini depressi sonoriscontrabili nei bambini non de-pressi.In età evolutiva i sintomi non rispet-tano una sola categoria psicopatolo-gica, gli autori sembrano concordaresugli aspetti psicosomatici comeprevalenti in età prescolare (es. cefa-lea, presente fino alla tarda adole-scenza); mentre in età scolare sem-brano prevalere i sintomi di tipo co-gnitivo (sentimenti di inferiorità e diautosvalutazione, idee di suicidio).Nel DSM IV l’episodio depressivomaggiore dell’adulto si identificacon umore depresso, tristezza, perdi-ta dell’interesse e di piacere per levarie attività.Nei bambini e negli adolescenti l’u-more può essere irritabile, più chetriste, inoltre nei bambini si può no-tare la perdita dell’appetito, con in-capacità di raggiungere il peso previ-sto. In campo scolastico si può avereuna riduzione dei voti che è ricon-ducibile a scarsa concentrazione ecompromissione della capacità dipensare. I sintomi di un episodio de-pressivo maggiore sono gli stessi perbambini ed adolescenti, anche se isintomi cambiano con l’età.Nei bambini sono prevalenti le la-mentele somatiche, l’irritabilità ed il

ritiro sociale; mentre il rallentamen-to psicomotorio, le ipersonnie ed ideliri sono meno comuni in età pre-puberale rispetto all’adolescenza eall’età adulta. Nei bambini prepube-ri gli episodi depressivi maggiori sipresentano più spesso accompagnatida altri disturbi mentali, quali dis-turbi con comportamento dirom-pente, disturbi da deficit d’attenzio-ne e disturbi d’ansia. Negli adole-scenti, invece, gli episodi depressivisi associano con disturbi con com-portamento dirompente, disturbi dadeficit d’attenzione, disturbi d’ansia,disturbi correlati a sostanze e distur-bi dell’alimentazione.Gli studi condotti in età evolutivapresentano i bambini depressi comeapatici, introversi con sintomi qualiinsonnia e perdita di peso. Partico-larmente importante in questa età èl’espressione non verbale, soprattut-to la postura, la mimica facciale, iltono della voce, il ritmo del linguag-gio ed il livello di attività. Non sihanno, al momento strumenti adattia bambini prescolari che consentanodi individuare una sindrome depres-siva nell’infanzia.Un chiaro inizio depressivo è più fa-cilmente individuabile negli adole-scenti che nei bambini prepuberi.Anche nell’adolescenza si ha il pro-blema della diagnosi della depressio-ne clinica. Alcuni autori sostengonoche non si abbia una vera e propriadepressione ma degli equivalenti de-pressivi e la depressione mascherata,dove i sintomi della depressione so-no negati e non visibili.In genere vengono identificati quat-

tro segni sintomatici:• rallentamento psicomotorio, del-

le idee e della verbalizzazione edisturbi dell’orientamento spa-zio-temporale;

• reazioni psicosomatiche, qualicefalee, disturbi del sonno, irre-golarità alimentari;

• tristezza e disinteresse per la atti-vità abituali, comprese quelle lu-diche;

• sentimenti di sfiducia e di auto-svalutazione.

A questi spesso si associano ansia eangoscia. Nella prima adolescenza ilquadro sintomatologico è assimila-bile a quello del bambino, mentrenella tarda adolescenza il quadro èpiù simile a quello adulto. Ma nelperiodo adolescenziale riveste unruolo molto importante la separa-zione e la perdita. L’adolescente de-ve affrontare varie perdite, sia a livel-lo familiare sia a livello corporeo. Unruolo non indifferente è dato, anche,dall’ambiente familiare, perché an-che episodi quali un divorzio o lamorte di un genitore, può scatenareuna sindrome depressiva (17).Molto spesso la sindrome depressivasi manifesta quando si inizia unnuovo ciclo scolastico, soprattuttocon l’inizio della scuola media e del-la scuola superiore. Analizzando glistudi presenti in letteratura, possia-mo rintracciare due orientamentiprincipali:• uno teso ad evidenziare la pato-

genesi di un disturbo sull’altro.Per alcuni autori un disturbo diapprendimento può determinareuna reazione depressiva; per altri,

Nella prima adolescenza il quadro sintomatologicoè assimilabile a quello del bambino, mentre nella tarda adolescenza il quadro è più simile aquello adulto

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invece, la depressione stessa bloc-ca e deforma i legami tra realtà,memoria e pensiero determinan-do problemi di apprendimento;

• l’altro cerca di dimostrare la con-vergenza dei problemi affettivi,cognitivi e di apprendimento(17).

Nel periodo adolescenziale si co-mincia ad attuare il processo di sepa-razione tra individuo e ambiente fa-miliare, aumenta la richiesta di pre-stazione scolastica e i possibili falli-menti, che possono essere amplifica-ti da sentimenti di autosvalutazione.Inoltre, è facile riscontrare in sog-getti depressi delle difficoltà di ap-prendimento o un rallentamento in-tellettivo. I soggetti depressi, inoltre,presentano inibizione, facile affati-cabilità, rifiuto e disabilità per i pro-cessi di apprendimento con compor-tamenti disadattivi in campo scola-stico.La scuola riveste un ruolo moltoimportante perché è l’ambiente incui l’adolescente vive e sviluppa lasua vita di relazione, dato dal rap-porto con i compagni e con gli adul-ti. Di conseguenza possiamo avereun sovrainvestimento scolastico oduna flessione del rendimento. Nelprimo caso l’adolescente presentauna iperattività scolastica, con mi-glioramento del rendimento. Que-sto sovrainvestimento è un tentativodi controllo per paura di uscire dal-la stabilità e dall’equilibrio dell’in-fanzia, può essere temporaneo o puòmantenersi nel tempo associandosicon altre manifestazioni psicopato-logiche (anoressia, bulimia, insonniagrave).Una flessione del rendimento si pre-senta almeno una volta per ogniadolescente, può apparire senza unaragione specifica e può sfociare in unvero e proprio disinteresse scolasti-co. La flessione diventa duratura nelmomento in cui l’adolescente si fo-

calizza su quest’ultima immagine disé. Il vuoto depressivo si manifesta,quindi, nelle difficoltà a seguire unpensiero o un esercizio, e possonocomparire condotte anoressiche, bu-limiche, delinquenziali. Una serieprolungata di insuccessi può portareall’abbandono scolastico.Allo scopo di meglio descrivere i fe-nomeni collegati agli aspetti peculia-ri della depressione in età evolutiva,é stato a suo tempo sviluppato unbreve questionario di autosommini-strazione denominato Scala di Valu-tazione degli Stati Depressivi,SVSD (17-20), che si è rivelato ingrado di fornire un valido contribu-to nell’identificazione di soggettidepressi, anche utilizzando ampistudi epidemiologici. Tale scala si èdimostrata inoltre in grado di discri-minare efficacemente tra bambinisani e bambini affetti da patologiadepressiva (17). Lo scopo principaledel presente studio è di indagare unapossibile struttura alternativa dellesottoscale, costruite nel test origina-rio utilizzando il metodo logico ra-zionale, avvalendosi questa volta delprocedimento statistico dell’analisifattoriale.Inoltre alcuni studi hanno messo inevidenza pattern di associazioni dif-ferenti per maschi e femmine, per-tanto si è ritenuto interessante ana-lizzare se emergono differenze signi-ficative riguardo il genere sia per lescale originarie, sia per quelle deri-vate dall’analisi fattoriale.

Metodo

CampioneIl campione è costituito da 601 sog-getti, tutti studenti del III° anno diuna scuola media inferiore. Il que-stionario è stato somministrato nelsecondo semestre. La distribuzionedel genere è pressoché equivalentecon 329 femmine di età media 13,1(SD=0,7) e 272 maschi, età media12,9 (SD=0,87).

StrumentoÈ stato somministrato il questiona-rio SVSD (17-19) ed è costituito da42 item (α = .869) suddivisi in 3 sot-toscale che valutano:• D Depressione (α = 68);• A Ansia (α = 67);• I Relazioni interpersonali (α = 72);

Somministrazione.Il questionario è stato somministra-to collettivamente con somministra-tori psicologi qualificati di diversosesso durante le normali ore di di-dattica ordinaria alla presenza del-l’insegnante curricolare

Analisi statisticaPer indagare la struttura fattorialedella scala è stata utilizzata l'analisidelle componenti principali con rota-zione Varimax. È stata quindi calcola-ta l'affidabilità della nuove scale co-struite sulla base dei risultati ottenuti.È stata condotta l'analisi della varian-za sia con le nuove sia con quelle ori-ginali per valutare se emergevano dif-ferenze significative relative al genere.

Allo scopo di meglio descrivere i fenomeni collega-ti agli aspetti peculiari della depressione in età evo-lutiva, è stato a suo tempo sviluppato un breve que-stionario di autosomministrazione denominato Scaladi Valutazione degli Stati Depressivi (SVSD)

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8 pediatria preventiva & sociale

Tabella 1 - Analisi fattoriale e correlazione item-totale.Item Fattore 1 Fattore 2 Fattore 3 Fattore 4 Fattore 5 ITCD2 0,5545 0,504D3 0,5582 0,467D4 0,3031 0,117D6 0,5407 0,477D8 0,3730 0,363D9 0,5646 0,47D11 0,3593 0,3164 0,380D12 0,5969 0,554D16 0,3782 0,436D17 0,3701 0,452D18 0,5871 0,467D23 0,5335 0,519D26 0,5310 0,491D27 0,5278 0,515D29 0,3059 0,374D32 0,3369 0,364D33 0,4094 0,344D39 0,4145 0,293D42 0,6773 0,471D5 0,4216 0,4306 0,490D7 0,4125 0,3628 0,303D10 0,3224 0,182D14 0,4422 0,320D24 0,5206 0,355D25 0,4918 0,160D28 0,5602 0,397D34 0,4008 0,4498 0,502D40 0,3941 0,322D1 0,3586 0,3261 0,293D15 0,7790 0,256D30 0,5010 0,346D38 0,7387 0,247D21 0,6059 0,172D35 0,4369 -0,105D37 0,3119 0,3076 0,259D41 0,3890 0,3715 0,195D13 0,2639 0,179D19 0,3820 0,210D20 0,3227 0,312D22 0,4132 0,409D31 0,4438 0,187D36 0,5755 0,433

Autovalore 7,508153 2,062736 1,763663 1,496188 1,344661Varianza spiegata 17,87656 4,91128 4,1992 3,56235 3,20157Varianza cumulata 17,87656 22,78783 26,98703 30,54938 33,75096Alfa st. 0,8494 0,6625 0,5821 0,3159 0,466 0,8699

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Risultati e discussione

Analisi fattorialeÈ stata eseguita l'analisi fattorialecon l'estrazione delle componentiprincipali (rotazione varimax). Il cri-terio scelto è stato antovalore >1,confermato dallo scree test .Quando un item è saturato in più diun fattore abbiamo utilizzato duecriteri per raggruppare gli item:- la grandezza della saturazione- la rilevanza e la parsimonia dell'i-

tem con quel particolare fattoreVengono segnalati gli item con satu-razione > .30Sono emersi 5 fattori (vedi tabella 1)che insieme spiegavano il 34% dellavarianza.Il primo fattore rilevato ha un pesorilevante (da solo spiega il 17% circadella varianza) ed include 20 item.Sembra coinvolgere gli item che siriferiscono all'umore depresso stabi-le, ovvero il "sentirsi di cattivo umo-re" o "molto solo". Questo fattoresembra riflettere un criterio per la

valutazione di un episodio depressi-vo maggiore del DSM: il criterio de-nominato A1 circa l'umore depressoper cui l'umore viene descritto dal-l'individuo come depresso, triste,senza speranza, scoraggiato e giù dicorda (DSM IV, American Psychia-tric Association, 1996, p. 357).Il II fattore spiega il 5% circa di va-rianza e valuta la bassa autostima e lapropensione alla colpa del soggettoche riferisce di non saper cavarselada solo e di sentirsi in colpa per mol-te cose. Questo fattore sembra rife-rirsi al criterio A7 del DSM, per cuiad un episodio depressivo si associa-no "valutazione negative irrealistichedel proprio valore e preoccupazionidi colpa" (DSM p. 358).Il III fattore spiega il 4% di varianza eanalizza la sintomatologia depressivalegata al contesto scolastico per cui ilbambino o il ragazzo "non sta volen-tieri a scuola" e "a casa ha difficoltà aconcentrarsi sui compiti". Questiaspetti possono legarsi alla compro-missione della capacità di pensare e di

concentrarsi che spesso si associa al-l'episodio depressivo (criterio A8).Il IV fattore è composto da soli treitem e spiega il 3,5% di varianza.Analizza il ritiro sociale per cui ilbambino riferisce di non essere inte-ressato agli altri, alla loro compa-gnia. Anche il gioco è meno interes-sante e viene ritenuto dal bambinofaticoso. Questo fattore sembra es-sere legato al criterio 2 del DSM,per cui è presente una perdita di in-teresse o di piacere per tutto: i fami-liari notano spesso il ritiro sociale oil rifiuto di occupazioni piacevoli.Il V fattore infine analizza i sintomisomatici della depressione, come ilrallentamento psicomotorio, i distur-bi del sonno, la cefalea. Tutti sintomiche, sulla base della letteratura, fre-quentemente vengono riscontrati as-sociati a sintomatologia depressiva.

Affidabilità delle ScaleAbbiamo calcolato l'affidabilità del-le nove scale costruite sulla base del-la struttura fattoriale.Il primo fattore mostra una buona af-fidabilità (α = .85); meno buona, maugualmente accettabile quella del se-condo (α = .66) e del terzo (α = .58).Decisamente debole per il quarto (α =.38) e quinto (α = .47) tuttavia è op-portuno tener conto del fatto che il

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Tabella 3 - Analisi della varianza delle scale ottenute dalla verifica della struttura fattoriale.GENERE Fattore 1 Fattore 2 Fattore 3 Fattore 4 Fattore 5

FEMMINE 8.836 6.32 1.927 .243 2.919 MASCHI 5.420 4.50 2.166 .283 2.233TOT GRUPPI 7.472 5.595 2.023 .259 2.645

Tabella 4 - ANOVA. Confronto maschi femmine per quanto riguarda le cinque scale fattorialiFATTORE Effect Error Error Error F p1 1681.944* 32527.85* 599* 54.30359* 30.97297* .000*2 476.027* 9886.72* 599* 16.50538* 28.84073* .000*3 8.213 3139.46 599 5.24117 1.56704 .2114 .226 391.28 599 .65323 .34548 .5565 67.907* 3497.60* 599* 5.83907* 11.62978* .000*

Tabella 2 - Analisi della varianza delle scale originali A D I TOT

Femmine 6.537 8.282 6.387 20.90Maschi 4.408 5.883 4.979 15.30Gruppo totale 5.687 7.324 5.825 18.67p .000* .000* .001* .000*

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quarto fattore è costituito da soli 3item e che il quinto comprendeun'ampia serie di sintomi ( dalla cefa-lea al rallentamento motorio).L’analisi della correlazione item to-tale ci ha portato ad escludere dallascala l’item 35 che mostrava una for-te correlazione negativa (-.10)

Anova

I raggruppamenti di item da cui lescale originali del SVSD mostravanodiversi andamenti per i punteggi ot-tenuti dai maschi e dalle femmine.L’analisi della varianza (ANOVA)condotta sulle scale originali (Tabella2), a suo tempo costruite in base aiclassici criteri per la depressione qua-li ICD 10, DSM IV ed i criteri clini-ci condivisi dai diversi orientamentiteorici, mostra come le ragazze rag-giungano punteggi significativamen-te più alti in tutte le sottoscale (17).Si è perciò ritenuto opportuno valu-tare se anche le nuove scale fattoria-li permettevano di rilevare differen-ze significative tre i due sessi sempreattraverso la stessa metodica statisti-ca (ANOVA) e su un campione piùvasto del precedente (Tab. 3). Infine,in Tab. 4, sono rappresentati i livelli

di significatività ottenuti nel con-fronto maschi – femmine per le cin-que scale fattoriali.Delle cinque scale analizzate, trehanno fatto rilevare differenze signi-ficative e precisamente, in corri-spondenza dei fattori 1) Umore de-presso stabile, 2) Bassa autostima epropensione alla colpa, 5) Sintomisomatici.Le ragazze sembrano cioè essere piùdepresse dei compagni maschi, con-fermando tutta la letteratura sull’ar-gomento che vede la depressione co-me due volte più frequente nelledonne. Le ragazze dichiarano inoltreun umore peggiore a livello di base,bassi livelli di autostima e la presen-za di maggiori sintomi fisici. A livel-lo esemplificativo, è stata rappresen-tata in Fig. 1 l’andamento riguardoal fattore 1, umore depresso.

Conclusioni

I risultati emersi dallo studio fatto-riale mettono in evidenza particolariinteressanti:• I fattori emersi riprendono, al-

meno in parte, i criteri richiestidal DSM IV per formulare ladiagnosi di episodio depressivo

maggiore. Se il bambino ottienealti punteggi in gran parte dellescale sarebbe utile indirizzarloverso uno psicologo clinico.

• Il tipo di rotazione utilizzata ga-rantisce una relativa indipenden-za delle dimensioni analizzate,per cui i punteggi ottenuti cidanno un quadro più preciso del-l'area in cui il disagio per il bam-bino è maggiore. È così possibileprogettare interventi più mirati,come migliorare la relazione conse stesso (se vi sono alti puntegginel fattore 2), stimolandolo allarelazione con i coetanei.

• Le componenti legate all’umoresembrano strettamente connesseanche agli stili cognitivi prevalenti

• L’aspettativa di rendimento sco-lastico è in grado di influenzaresignificativamente le variabili le-gate all’umore ed all’ansietà

• Il tipo e le capacità di rapportointerpersonale sembrano in gra-do di influenzare ed essere in-fluenzate dal rendimento scola-stico

• L’ambiente scolastico educativo èin genere visto come più repressi-vo o impositivo piuttosto che ac-cogliente e stimolante.

Questi risultati, per quanto prelimi-

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Fig. 1 - Istogramma dell’ANOVA tra maschi e femmine

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nari confermano, pur nei limiti di unquestionario di 42 item, la bontàdello strumento utilizzato, che pe-raltro aveva già avuto conferme instudi precedenti (17-21). Soprattut-to sottolineano l’importanza, pertutti gli operatori ed i clinici che sioccupano di questa critica fascia d’e-tà, l’infanzia e l’adolescenza, di ap-propriati studi che tengano contodella origine, quasi sempre multifat-toriale di molti dei disturbi psichicinel bambino e nell’adolescente, tan-to da adottare anche nella prassi cli-nica di tutti giorni un approccio bio- psico - sociale, eventualmente av-valendosi, come nel caso del clinicodell’età evolutiva, il pediatra, di fi-gure professionali che possano for-nire una valutazione clinica accesso-ria ma spesso determinante per laprescrizione della cura più appro-priata.

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Poche misure di medicina preventi-va possono essere comparate allevaccinazioni in termini di efficacia,costo-beneficio ed impatto sulla sa-lute pubblica (1).Grazie alle vaccinazioni è infattipossibile prevenire in modo efficacee sicuro malattie gravi o che possonocausare importanti complicanze, se-quele invalidanti e morte. Inoltre levaccinazioni attuate su larga scala,secondo strategie appropriate, pos-sono consentire non solo il controllodelle malattie bersaglio, ma anche laloro eliminazione o addirittura l’era-dicazione dell’infezione a livellomondiale (2).Le vaccinazioni consistono nellasomministrazione del microrgani-smo che provoca la malattia, in totoo in parte, o di suoi prodotti modifi-cati (es. un tossoide, un antigene pu-rificato o un antigene prodotto contecniche di ingegneria genetica) alfine di evocare una risposta immu-nologia simile a quella stimolata dal-l’infezione naturale, ma con rischiminimi o nulli per il ricevente. La ri-sposta può risultare in un’attività an-ti-tossica, anti-invasiva, neutraliz-zante o in altri tipi di protezioneumorale o cellulare nel paziente. Al-cuni agenti immunizzanti offronouna protezione completa e persi-stente, altri solo parziale e altri anco-ra devono essere somministrati piùvolte. Le caratteristiche principali di

un vaccino efficace sono la sicurezza,il basso costo, la facile somministra-zione, ma soprattutto la capacità diindurre un’immunità protettiva e dilunga durata (3).L'impatto delle vaccinazioni sullemalattie può essere schematizzato intappe successive. Il primo obiettivo èil controllo della malattia, cioè la ri-duzione del numero di malati amaggior rischio di complicanze,quali ad esempio gli anziani per lavaccinazione antinfluenzale o i bam-bini nel primo anno di vita per lavaccinazione antipertosse. La tappasuccessiva è la riduzione assoluta delnumero di malati in una nazione, oin un gruppo di nazioni, fino alla eli-minazione della malattia, come si èverificato per la poliomielite nelleAmeriche o per il morbillo in Fin-landia. L'eliminazione di una malat-tia a livello nazionale non escludecomunque il rischio che l'infezionevenga contratta durante un viaggioall'estero o da una persona prove-niente da un paese dove la malattia èancora presente.La tappa finale, infine, è l'elimina-

zione di una malattia a livello mon-diale. Questo traguardo, noto comeeradicazione, è stato raggiunto nel1980 per il vaiolo e si spera che siapossibile entro breve tempo ancheper la poliomielite (4).Grazie al programma di vaccinazio-ni promosso dall’OrganizzazioneMondiale della Sanità (OMS), peroffrire a tutti i bambini del mondo lapossibilità di essere vaccinati contro6 malattie (difterite, poliomielite, te-tano, pertosse, morbillo, epatite vira-le B e, nelle zone interessate da que-sta malattia, febbre gialla), vengonoprevenuti ogni anno almeno 4 milio-ni di decessi e 400.000 casi di polio-mielite in bambini di età inferiore a5 anni (1).L’uso diffuso delle vaccinazioni haridotto drasticamente (> 95%) l’inci-denza di malattie prevenibili con ivaccini (1) (Tabella 1).

Situazione in Italia

Nonostante l’evidenza sugli esiti im-portanti ottenuti con le vaccinazioni

Le vaccinazioniParte prima: il vaccino esavalente

G.V. Zuccotti, C.Figini, D. Frasca, G.Di Mauro*Clinica Pediatrica, Università di Milano – AO Luigi Sacco *Presidente SIPPS

Le vaccinazioni consistono nella somministrazionedel microrganismo che provoca la malattia, al fine dievocare una risposta immunologia simile a quella stimolata dall’infezione naturale, ma con rischi minimio nulli per il ricevente

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di massa e dalla drastica riduzione,nel nostro Paese, di malattie come ladifterite e il tetano, le coperture vac-cinali per alcune malattie sono anco-ra oggi disomogenee sul territorio.Tuttavia, nel complesso, i dati dellasorveglianza indicano che il 95% deibambini nati in Italia riceve le vacci-nazioni previste dal calendario nazio-

nale per il primo anno di vita, controdifterite, tetano, polio, pertosse, Hae-mophilus influenzae B (Hib), epatiteB, mentre l’85% dei bambini vienevaccinato nel secondo anno di vitacontro morbillo, rosolia e parotite.Raggiungere una copertura soddisfa-cente e riuscire a eliminare alcunedelle malattie prevenibili, come il

morbillo o la rosolia, è uno degliobiettivi prioritari dei piani di pre-venzione nazionale e regionali (4).Il nuovo Piano Nazionale Vaccini2005-2007 definisce il calendariodelle vaccinazioni obbligatorie e rac-comandate e considera anche nuovivaccini attualmente autorizzati edisponibili in Italia, quali l’antivari-cella, l’antimeningococco tipo C el’antipneumococco, già segnalati nelPiano Sanitario Nazionale 2003-2005. Il nuovo Piano prevede che leRegioni, in base alla realtà epide-miologica locale, possano estenderel’offerta di tali vaccini non solo allecategorie a rischio (5) (Tabella 2).Altra novità è la modalità di sommi-nistrazione del vaccino antipolioinattivato tipo Salk (IPV) che, inva-riata per quanto riguarda le prime 3dosi nel primo anno di vita, prevede:1 per i bambini nati dal 1 gennaio

Tabella 1 - Comparison of Maximum and 1995 Reported Cases of Selected Vac-cine-Preventable Diseases (1).

Maximun Cases 1995 Cases % ChangeMeasles 894.134 309 - 99.9Mumps 152.209 906 - 99.4Polio (paralitic)* 21.269 0 - 100.0Rubella 57.686 128 - 99.8Diphtheria 206.939 0 - 100.0Tetanus 1.560 41 - 97.9Pertussis 265.269 5.137 - 98.1Haemophilus Influenzae(invasive disease) 1.563 290 - 81.4Hepatitis B 26.654 10.805 - 59.5*Causata da virus selvaggio

Tabella 2 - Calendario vaccinale attuale in Italia (Piano Nazionale Vaccini 2005-2007)Età

nascita 3°mese1 4°mese 5°mese 6°mese 11°mese 13°mese 15°mese 24°mese 36°mese 5-6anni 11-12anni 14-15anniDTP DTaP DTaP DTaP DTaP Tdap IPV IPV IPV IPV IPVEpatite B HB2 HB HB HBHib Hib Hib HibMPR MPR14 MPR25PCV PCV3 Men C Men C6Varicella Varicella7 Varicella8

LegendaDTaP: vaccinazione antidifterico-tetanico-pertossicaTdap: vaccino difto-tetanico-pertossico acellulare per adulti IPV: vaccino antipoliomielitico iniettabile - inattivatoHB: vaccino antiepatite BHib: vaccino contro le infezioni invasive da Haemophilus influenzae bMPR: vaccino antimorbillo-parotite-rosoliaPCV: vaccino pneumococcico coniugato eptavalenteMen C: vaccino meningococcico C coniugato

Note1.Per terzo mese di vita si intende il periodo che intercorre dal compimento del 61° giorno di vita fino al 90° giorno di vita, ovvero dal compimento della 8a settimana di vita fi-no alla 12a settimana di vita 2.Nei nati da madre HBsAg positiva si somministrano contemporaneamente, entro 12-24 ore dalla nascita ed in siti separati, la prima dose di vaccino (HB) e una dose di im-munoglobuline specifiche anti-epatite B (HBIG). Il ciclo va completato da una seconda dose a 4 settimane dalla prima, da una terza dose dopo il compimento dell’ottava setti-mana (può coincidere con la prima somministrazione del ciclo normale) e da una quarta dose all’11° mese (può coincidere con la 3a dose del ciclo normale) 3.Vaccino pneumococcico coniugato eptavalente: programmi di ricerca attiva e vaccinazione dei soggetti a rischio elevato; per gli altri soggetti vaccinazione in base a specificiprogrammi regionali 4.E’ possibile la co-somministrazione al 13° mese della prima dose del vaccino MPR e della terza dose dei vaccini DTaP, IPV, HB e Hib 5.MPR2: seconda dose ovvero dose di recupero (Piano nazionale di eliminazione del morbillo e della rosolia congenita - G. U. s. g. n. 297 – suppl. ord. N. 195 del 23/12/03) 6.Vaccino meningococcico C coniugato: programmi di ricerca attiva e vaccinazione dei soggetti a rischio elevato; per gli altri soggetti vaccinazione in base a specifici programmiregionali 7.Varicella: limitatamente alle Regioni con programmi vaccinali specifici in grado di garantire coperture superiori all’80% 8.Varicella: programmi di ricerca attiva e vaccinazione degli adolescenti con anamnesi negativa per varicella

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2004 in poi il richiamo tra il 5° e il6° anno di vita (e comunque, nonprima che siano trascorsi 12 mesidalla somministrazione della terzadose), insieme al richiamo del vac-cino antidifterico-tetanico-pertos-sico e della seconda dose di anti-morbillo-rosolia-parotite;

2 per i bambini nati prima del 1 gen-naio 2004 il richiamo tra il 2°-3°anno di vita come in precedenza.

Ultima novità del nuovo calendarioè rappresentata da un richiamo perla pertosse al 12°-14° anno di vitaunitamente a quello per difterite etetano già esistente.Il calendario va costantemente ag-giornato tenendo conto delle cono-scenze scientifiche, della situazioneepidemiologica delle diverse malat-tie e della sua evoluzione, delle esi-genze organizzative e delle nuovepreparazioni vaccinali messe a dis-posizione dall’industria (5).Per valutare l’impatto sulla copertu-ra vaccinale, nel 2003 è stata condot-ta un’indagine campionaria naziona-

le (ICONA 2003, ISS) (Tabella 3). Irisultati mostrano, nel campione og-getto dell’indagine, (bambini nati trail 15/1/01 ed il 15/1/02) un miglio-ramento rispetto alla precedente in-dagine campionaria condotta nel1998 ed il raggiungimento degliobiettivi nazionali previsti per tuttele vaccinazioni tranne Hib e MPR.Infatti le stime nazionali di copertu-ra tra i 12 e 24 mesi di età per DT,poliomielite, epatite B e pertosse so-no superiori al 95%. La coperturaper Hib, pur essendo inferiore al95%, è aumentata di oltre quattrovolte rispetto al 1998, passando dal20% all’89%. È presumibile che que-

sto risultato sia attribuibile soprat-tutto al largo uso di vaccini combi-nati che associano questo vaccinoagli altri previsti nel primo anno divita. Per quanto riguarda la vaccina-zione MPR il divario tra aree geo-grafiche si è notevolmente ridottorispetto al 1998, grazie all’incremen-to delle coperture vaccinali osservatoin tutte le Regioni del centro-sud;tuttavia la stima di copertura nazio-nale nei bambini tra 15 e 24 mesi èancora inferiore all’80%. I risultatidell’indagini ICONA hanno mo-strato inoltre che la protezione deibambini con patologie croniche, percui sono raccomandate vaccinazioni

Tabella 3 - Malattie prevenibili da vaccino. Sintesi dei livelli di copertura vaccinale raggiunti nel 2003 e del numero medio dicasi notificati negli anni 1998-2002 (2).Malattia Copertura vaccinale Copertura Vaccinale Media casi annuali 1 Media casi annuali 1

anno 2003 * (%) anno 2003 ** (%) 998-2002 # 998-2002# 0-14 anniDifterite 96.5 95.8 0 0Poliomielite 96.5 95.7 0 0Tetano 96.5 95.8 85 0Epatite B 95.2 95.5 1.545 42Pertosse 95.6 95.2 3.540 3.390Infezioni invasive da Hib 89.9 87.0 67 50Morbillo 83.6 76.9 5.456 4.651Rosolia 82.1 76.9 3.685 2.356Parotite 82.1 76.9 24.663 22.103Varicella nd 0.5 100.700 87.531Infezioni invasive da meningococco nd nd 221 104Infezioni invasive da pneumococco nd 0.1 256 53Influenza § 60.3 nd 4.300.000 1.500.000

nd: non disponibile* Fonte: dati routinari forniti al ministero della Salute da Regioni e Province autonome* * Fonte: ICONA 2003# Fonte: Sistema nazionale di notifica obbligatoria§ la copertura è riferita agli individui > 65 anni per la stagione 2002-2003; il numero di casi è stimato dal sistema di sorveglianzadell’influenza per le stagioni 1999-2000, 2000-2001, 2001-2002.

Il calendario vaccinale va costantemente aggiornatotenendo conto delle conoscenze scientifiche, della situazione epidemiologica delle diverse malattie edella sua evoluzione, delle esigenze organizzative edelle nuove preparazioni vaccinali messe a disposi-zione dall’industria

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ulteriori rispetto a quelle routinarie,non è praticamente adeguata. Que-sto si nota soprattutto per la vacci-nazione antinfluenzale che è statapraticata da meno del 10% dei bam-bini a rischio.In questo contesto appare semprepiù importante disporre di evidenzescientifiche su cui basare le strategieed istituire, a tal fine, meccanismi diverifica e monitoraggio della presta-zione di prevenzione che permetta-no una tempestiva valutazione intermini di efficacia e di efficienza deiprogrammi vaccinali (2).

Il vaccino esavalente

DifteriteLa difterite è un’infezione battericaacuta causata da Corynebacteriumdiphtheria che può interessare la mu-cosa nasale, faringea, laringea, gli oc-chi e la cute e che può avere un inte-ressamento a distanza, di vari organie tessuti, per azione diretta della tos-sina elaborata dal microrganismo.La trasmissione avviene da uomo auomo tramite contatto stretto conpersone infette (6, 7). La letalità è dicirca 5-10%, con un tasso più altotra i soggetti di età inferiore ai 5 an-ni o superiore ai 40 anni (fino al20%); in molti casi, nei sopravvissu-ti, permangono danni permanenti acarico di cuore, reni, sistema nervo-so centrale (6).

EpidemiologiaLa difterite era una delle maggioricause di morbilità e mortalità tra ibambini agli inizi del 1900 (1).Negli anni ’20 negli Stati Uniti siverificavano circa 100.000-200.000casi all’anno (140-150 casi/100.000)e 13.000-15.000 morti all’anno. Ilnumero di casi si è gradualmente ri-dotto a 19.000 nel 1945 (15 ca-si/100.000); una riduzione maggiore

si è avuta con l’introduzione dellavaccinazione a partire dalla fine de-gli anni ’40. Dal 1980 al 2004 sonostati registrati 57 casi di difterite ne-gli Stati Uniti, una media di 2-3 ca-si/anno, dal 2000 sono stati segnala-ti solo 5 casi. La maggior parte deicasi si era verificata in soggetti nonvaccinati o vaccinati in maniera nonadeguata. Sebbene la difterite è raranegli Stati Uniti, vi è evidenza che ilCorynebacterium diphtheriae continuia circolare in aree del paese doveprecedentemente tale malattia eraendemica. Per tale motivo è impor-tante non abbassare la guardia neiconfronti di questo microrganismo(6).In Inghilterra durante gli anni ’30era tra le prime tre cause di mortetra i bambini di età inferiore ai 15anni (6). La vaccinazione di massa èstata introdotta nel 1942 e dal 1942al 1957 sono stati registrati solo 37casi e 4 decessi. Dal 1970 al 1987sono stati notificati 92 casi; dal 1990al 1996, 19 casi. La maggior partedei casi era importata dall’estero (7).In Italia il raggiungimento ed ilmantenimento nel tempo di elevatecoperture vaccinali in età pediatrica,particolarmente a partire dagli anni’60, quando la vaccinazione antidif-terica è stata eseguita routinaria-mente in associazione con l’antiteta-nica, ha consentito una rapida dimi-nuzione del numero di casi per cui ladifterite in Italia è ormai una malat-tia rarissima: dal 1990 al 2003 sonostati riportati complessivamente 5casi tra confermati in laboratorio eprobabili, di cui l’ultimo nel 1995.Di questi uno era importato dall’e-stero, mentre un altro riguardava unabambina italiana non vaccinata con-tro la difterite. A questi vanno ag-giunti due casi di cosiddetta pseudo-difterite con isolamento di Coryne-bacterium ulcerans produttore di tos-sina difterica. Il riscontro di ceppi di

corinebatteri non difterici in gradodi produrre tossina e, quindi, di dareluogo ad una forma clinica in tutto eper tutto simile alla difterite classica,è sempre più frequente nei paesi in-dustrializzati e costituisce elementonon trascurabile nelle strategie diprevenzione (2).La difterite continua ad essere pre-sente in altre parti del mondo. La piùimportante epidemia si è verificatanell’Unione Sovietica all’inizio deglianni ’90; sono stati registrati più di157.000 casi e più di 5.000 morti.Più dell’80% dei casi riguardavanosoggetti adulti (6). Le cause ipotizza-te sono state: la ridotta coperturavaccinale dei bambini; la mancanzadi dosi di richiamo negli adulti, tra iquali più del 50% non aveva titoli an-

Fig. 1, 2, 3 - Indicenza della differite

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ticorpali protettivi; diffusione delmicrorganismo dalle truppe militaridi ritorno dall’Afghanistan (1). Il ri-schio di malattia è quindi sempre at-tuale; la diminuzione della coperturavaccinale tra i bambini, la presenza disacche di popolazione in condizionisocialmente disagiate, i frequentiviaggi internazionali rappresentanopotenziali fattori di rischio per la suadiffusione (2). Per tale motivo è im-portante mantenere un’adeguata co-pertura vaccinale nei bambini, e ga-rantire dosi di richiamo negli adole-scenti e negli adulti (Figg. 1-3) (6).

Vaccini disponibiliIl vaccino antidifterico, disponibiledal 1920, è costituito da anatossinadifterica, cioè dalla tossina originariaresa innocua mediante procedimentichimici che conservano però la suacapacità di stimolare la produzionedi anticorpi protettivi. Il vaccino an-tidifterico è solitamente combinatocon il vaccino antitetanico (DT) alquale si accomuna per modo e calen-dario di somministrazione e con ilvaccino antipertossico acellulare(DTaP). I vaccini contro la difteritesono disponibili in formulazione pe-diatrica e per adulti. La formulazio-ne pediatrica (DT e DTaP) ha uncontenuto simile di tossoide tetanicorispetto alla formulazione per adulti,ma ha un contenuto maggiore dianatossina difterica (30 UI/dose ri-spetto a 2-4 UI/dose) ed è utilizzataper il ciclo primario ed i richiami fi-no ai 6 anni di età. La formulazioneper adulti viene utilizzata per le dosidi richiamo oltre i 6 anni e per le

vaccinazioni di adolescenti e adulti(Tdap). Entrambe le formulazioninon contengono thimerosale (6, 8).

Immunogenicità ed efficaciaLa vaccinazione antidifterica, a cicloultimato, conferisce una protezionepressoché totale (livelli di anticorpiprotettivi in più del 95% dei sogget-ti). L’efficacia del vaccino è stimataintorno al 97%. La durata della pro-tezione nel tempo è molto lunga edè ulteriormente garantita dall'esecu-zione dei richiami (6,11).

Copertura vaccinale in ItaliaIn Italia per il ciclo primario è del96% ed è superiore al 90% in tutte leregioni. Non sono disponibili dati dicopertura vaccinale relativi ai richia-mi per adolescenti ed adulti, tuttavia,uno studio di sieroepidemiologiacondotto negli anni 1996-1997 hamostrato che più del 95% della popo-lazione tra 2 e 19 anni è adeguata-mente protetta. In seguito il titoloanticorpale diminuisce con l’età e cir-ca il 30% degli individui tra 40 e 59anni non presenta anticorpi sierici atitoli protettivi contro la difterite.Questa elevata percentuale di sogget-ti potenzialmente suscettibili, osser-vata anche nelle altre nazioni indu-strializzate, è dovuta alla diminuzionenel tempo della protezione conferitadalla vaccinazione, associata allamancata effettuazione di periodici ri-chiami ed all’assenza di stimolazionenaturale della risposta immune per lariduzione della circolazione del ger-me (“booster naturali”) (2).

Obiettivi da raggiungereSecondo l’Organizzazione Mondia-le della Sanità (OMS) la priorità perogni paese è il raggiungimento diuna copertura di almeno il 90% conil ciclo primario. Quando si superala suscettibilità del 10% nei bambinie del 25% negli adulti, si corre il ri-schio della comparsa di nuovi casi.Come obiettivo per la regione Euro-pea l’OMS prevede che entro il2010 i casi segnalati non debbanoessere più di 1/1.000.000 (12).L’OMS ha definito cinque puntifondamentali per il controllo delladifterite:adeguata sorveglianza;mantenere coperture vaccinali eleva-te nelle diverse fasce di età;pronta individuazione e gestione dinuovi casi;rapida individuazione e gestione dicontatti stretti;gestione e contenimento di eventua-li epidemie (12).Nella situazione italiana attuale, l’o-biettivo è evitare la ricomparsa di casidi difterite, mantenendo elevati livellidi protezione immunitaria nella popo-lazione. Come per le altre vaccinazio-ni previste dal calendario nazionale, ilPiano Sanitario Nazionale 1998-2000prevedeva il raggiungimento di coper-ture vaccinali ≥95% entro i due anni.Questo obiettivo è stato raggiunto.Tuttavia, data la presenza di una quo-ta elevata di suscettibili in età adulta, ènecessario che queste elevate copertu-re in età pediatrica vengano mantenu-te. Pertanto è importante stabilire unobiettivo di copertura vaccinale del95% a 5-6 anni e l’effettuazione di ri-chiami nel 90% dei soggetti tra gli 11e 15 anni di età (2).

Tetano

Il tetano è una grave malattia infet-tiva causata dall’azione di un’esotos-

Il tetano è una grave malattia infettiva causata dal-l’azione di un’esotossina prodotta da batteri Clostri-dium tetani, che vivono nel suolo o nell'intestino de-gli animali

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sina prodotta da batteri Clostridiumtetani, che vivono nel suolo o nell'in-testino degli animali. La malattiapuò essere mortale nel 20- 30% cir-ca dei casi. A differenza delle altremalattie infettive prevenibili con lavaccinazione, il tetano non si tra-smette da persona a persona. L'infe-zione deriva da ferite infette, occor-se ad una persona non adeguata-mente vaccinata. Raramente, e sem-pre in persone non vaccinate, il teta-no si può contrarre anche attraversol'uso di siringhe infette, morsi dianimali, ustioni, abrasioni. L'infe-zione si manifesta clinicamente conipertonia e spasmi localizzati o ge-neralizzati della muscolatura striatache possono interessare le corde vo-cali e i muscoli respiratori, tanto damettere in seria difficoltà la respira-zione. Il tetano neonatale, frequentecausa di morte nei paesi in via di svi-luppo, è dovuto ad una contaminaio-ne del cordone ombelicale (6,8). Haun periodo di incubazione variabileda 3 a 21 giorni, solitamente 8 gior-ni (6). La letalità è ancora molto ele-vata (39% in media) ed aumenta conl’età, raggiungendo il 43% negli ul-trasessantacinquenni (2).

EpidemiologiaOgni anno nel mondo si verificano300.000-500.000 casi di tetano conuna letalità complessiva del 45% cir-ca. La malattia risulta molto fre-quente nelle regioni tropicali, dovecostituisce ancora una delle princi-pali cause di mortalità neonatale (6).Prima che la vaccinazione antitetani-ca fosse disponibile, negli Stati Unitisi verificavano annualmente circa 300morti (1). Alla fine degli anni ’40,quando fu introdotta la vaccinazione,i casi registrati erano circa 500-600all’anno (circa 0.4 casi/100.000). Suc-cessivamente l’incidenza della malat-tia si è ridotta stabilmente; verso lametà degli anni ’70 era di circa 50-

100 casi/anno (circa 0.05 ca-si/100.000) con un tasso di letalitàche era sceso dal 30% a circa il 10%.Nel 2003 l’incidenza era di 0.01 ca-si/100.000. Quasi tutti i casi si verifi-cavano in persone che non erano maistate vaccinate o che non avevano ese-guito i richiami previsti ogni 10 anni.Il tetano neonatale è raro negli StatiUniti, con solo due casi segnalati dal1989 in mamme non vaccinate (6). Irisultati di un recente studio di sorve-glianza ha dimostrato elevati livelli diimmunità (96%) tra i bambini di 6anni di età, correlati con un’adeguatacopertura vaccinale dei bambini in etàpre-scolare. Invece circa il 20% dibambini tra i 10 ed i 16 anni hanno li-velli anticorpali inferiori ai valori pro-tettivi, riflettendo la perdita di immu-nità nel tempo (1).L’incidenza media europea annua èdi 0.08 casi/100.000.In Italia, prima dell'introduzionedella vaccinazione di massa (resaprogressivamente obbligatoria pervarie categorie di soggetti nel corsodegli anni '60) si contavano annual-mente circa 700 casi di tetano (6, 9).Dalla fine degli anni ’60 in poi le in-fezioni sono andate gradatamentediminuendo; l’incidenza è scesa da0.5/100.000 negli anni ’70 a0.2/100.000 negli anni ’90 e, duran-te tale periodo, il tasso di mortalità èpassato dal 68% al 39% (9). Dal1992 ad oggi un’incidenza di0.01casi/100.000 (media di 95 ca-si/anno), tutti comunque a carico dipersone adulte non vaccinate o in-completamente vaccinate. Per con-tro, dato l’elevato numero di vacci-nati, non si registra più alcun caso ditetano in persone al di sotto dei 20anni di età. In Italia il tetano colpi-sce soprattutto gli anziani con un’in-cidenza maggiore nel sesso femmi-nile (M:F=1:3) (2,6).Figure 4, 5, 6, 7: (6)

Vaccini disponibiliIl vaccino antitetanico è stato pro-dotto nel 1924 ed è stato utilizzatoin maniera estensiva a partire daglianni ’40. È costituito da anatossinatetanica, cioè dalla tossina originariaresa innocua mediante procedimentichimici che conservano però la suacapacità di stimolare la produzionedi anticorpi protettivi (6,8). È dispo-nibile in combinazione con l’anatos-sina difterica come formulazione pe-

Fig. 4,5,6,7 - Incidenza del tetano

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diatrica (DT) o come formulazioneper adulti (Td) ed in combinazionecon l’anatossina difterica e il vaccinoantipertosse acellulare (DTaP oTdap) (2).

Immunogenicità ed efficaciaLa vaccinazione antitetanica, a cicloultimato, conferisce una protezionepressoché totale: efficacia del 100%.I livelli di anticorpi antitossina si ri-ducono nel tempo; per tale motivo siraccomanda di effettuare dosi di ri-chiamo ogni 10 anni (6,8).

Copertura vaccinale in ItaliaIn Italia è stabilmente elevata entro idue anni (media nazionale: 96%).Non si dispone di dati riguardo all’e-secuzione di richiami tra adolescentied adulti (2).

Obiettivi da raggiungereAl contrario di quanto avviene per lemalattie che si trasmettono da per-sona a persona, per il tetano il rag-giungimento di coperture vaccinalielevate in età pediatrica non consen-te di ottenere un effetto di protezio-ne indiretta di popolazione. Ognipersona suscettibile è quindi a ri-schio di contrarre l’infezione. Que-sto, associato alla presenza ubiquita-ria nell’ambiente delle spore tetani-che rende impossibile l’eliminazionedella malattia (2).Secondo l’OMS l’obiettivo da rag-giungere è l’eliminazione del tetanomaterno e neonatale in ogni paese.Le strategie di eliminazione sono leseguenti:1 norme per ottenere l’eliminazione:- vaccinazioni supplementari (3 dosiadeguatamente distanziate fra loro)per vaccinare almeno il 90% delledonne in età fertile in aree ad alto ri-schio dove non c’è un adeguato ser-vizio vaccinale;- espletamento di parti secondo ade-guate norme igienico-sanitarie.

2 norme per mantenere l’elimina-zione:

- vaccinazione in età scolare conmantenimento di elevate coperturevaccinali;- mantenere elevati livelli di anticor-pi protettivi, negli adolescenti e ne-gli adulti, tramite dosi di richiamo.3 sorveglianza continua (12).Nella situazione italiana, in cui i ca-si di tetano neonatale sono eliminatidal 1982 e la malattia colpisce so-prattutto gli anziani è importantecondurre adeguate campagne vacci-nali in questa fascia di età. L’obietti-vo previsto dal Piano Sanitario Na-zionale 1998-2000 che prevedeva ilraggiungimento di coperture vacci-nali ≥95% entro i due anni e ≥95% a5/6 anni, è stato raggiunto; tuttavia,data la situazione italiana, a questoobiettivo va affiancato quello di pro-tezione della popolazione anziana,raggiungendo il 90% almeno di co-pertura in questa fascia di età (2).

Pertosse

È una malattia infettiva respiratoriadi origine batterica molto contagio-sa, causata dal batterio Bordetellapertussis, caratterizzata da tosse per-sistente (per più di tre settimane). Ècaratterizzata da un’importantemorbilità e mortalità, specialmentetra i soggetti molto giovani (circa il90% delle morti correlate alla per-tosse si verifica in bambini di età in-feriore ai 6 mesi) e tra i soggetti dietà avanzata (10). Il batterio dellapertosse causa infezioni alle vie re-

spiratorie che possono essere inap-parenti, ma anche estremamentegravi, specie quando il paziente è unneonato; contrariamente ad altremalattie infettive, può colpire anchei neonati di madre immune. L’uomoè l’unico serbatoio noto del batterio,di conseguenza la trasmissione dellamalattia avviene solo fra esseri uma-ni. Il periodo di incubazione è di cir-ca 10 giorni. L’immunità conferitada una prima infezione non è defini-tiva come per le altre malattie infan-tili, ma declina col tempo (11).

EpidemiologiaSecondo l’OMS la Bordetella pertus-sis causa nel mondo 20-40.000.000di casi di pertosse ogni anno, il 90%dei quali si verifica nei paesi in via disviluppo, dove si registrano circa200.000-400.000 morti all’anno, so-prattutto tra i bambini (12).L’epidemiologia della pertosse ècambiata sostanzialmente negli ulti-mi anni (1).Nel 20° secolo la pertosse era unadelle più comuni malattie dell’età in-fantile e la maggiore causa di morta-lità negli Stati Uniti. Prima dell’in-troduzione della vaccinazione anti-pertosse, avvenuta negli anni ’40, siverificavano più di 200.000 casi al-l’anno; successivamente l’incidenzasi è ridotta di oltre l’80% rispetto al-l’epoca pre-vaccinale. Entro il 1970l’incidenza annuale era di meno di5.000 casi all’anno e tra il 1980 ed il1990 erano riportati una media di2.900 casi all’anno (circa 1 ca-so/100.000). L’incidenza è gradual-mente aumentata dai primi anni ’80.

l batterio della pertosse causa infezioni alle vie re-spiratorie che possono essere inapparenti, ma ancheestremamente gravi, specie quando il paziente è unneonato

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Dei 10.650 casi riportati dal 1990 al1996 in soggetti di età compresa tra3 mesi e 4 anni, il 54% non era ade-guatamente vaccinato. Nel 2004 so-no stati segnalati 25.827 casi, ilmaggior numero riportato dal 1959.Tra il 2001 ed il 2003 la più alta in-cidenza media era tra i bambini dietà inferiore ad un anno (55.2 ca-si/100.000) ed in particolare tra ibambini di età inferiore ai 6 mesi(98.2 casi/100.000). Negli ultimianni si è avuto un aumento del nu-mero di casi tra gli adolescenti (11-18 anni) e gli adulti (> 20 anni). Trail 2001 ed il 2003 l’incidenza annua-le nella fascia di età 10-19 anni è au-mentata da 5.5/100.000 nel 2001 al6.7/100.000 nel 2002 e10.9/100.000 nel 2003 (6). La ragio-ne di tale aumento di incidenza inqueste fasce di età potrebbe esserelegata alla perdita di immunità neltempo anche in soggetti adeguata-mente vaccinati in età pre-scolare(1). Dati tratti da una studio di sie-roprevalenza mostrano un picco dianticorpi a 4-6 anni di età, coinci-dente con la dose di richiamo diDTaP, seguito da un declino e da unsecondo picco tra i 13 e i 17 anni; ta-li dati sono confermati dal NationalHealth and Nutrition ExaminationSurvey (NHANES) che evidenzia

una riduzione protratta interrotta daun picco in soggetti tra 40 e 45 anni.Poiché il vaccino antipertosse nonveniva eseguito dopo i 6 anni, glispikes negli adolescenti ed in sog-getti adulti indicano chiaramenteun’esposizione naturale alla pertosse.Queste persone rappresentano inol-tre non solo casi potenziali, ma unreservoir di malattia che pone a ri-schio gli individui più suscettibiliper morbilità e mortalità (es. bambi-ni di età inferiore ai 6 mesi) (10).L’immunizzazione per la pertosse inItalia è raccomandata sin dagli anni’60, ma soltanto dopo l’introduzionenel 1995 del vaccino acellulare (conun calendario a tre dosi a 3, 5, 11mesi, mentre il booster a 5-6 anni èstato aggiunto soltanto a partire dal1999) sono state vinte le diffidenzedei genitori ed in parte anche dei sa-nitari, nei confronti di questa vacci-nazione. Già nella coorte di bambininati nel 1996 la copertura eradell’88%, mentre solo tre anni primaera stata del 33%. L’adesione è gra-dualmente salita negli anni fino araggiungere, in media nazionale, il95% nel 2003. In questo definitivosuccesso ha avuto un ruolo non se-condario la decisione, presa nel2002, di estendere l’offerta gratuitadel vaccino a tutte le regioni italiane.

Anche lo scarto tra le coperture nel-le diverse regioni si è significativa-mente ridotto negli anni: nel 1993 sivariava dal 7.6% al 71%; nel 2003 lacopertura minore è stata del 90%, lapiù alta del 99% (13).L’elevata copertura vaccinale ha ri-dotto drasticamente l’incidenza del-la malattia; infatti dal 1999 al 2003 ilnumero di casi notificati ha raggiun-to il minimo storico, con meno di2.000 casi segnalati per anno. Il nu-mero di casi si è ridotto soprattuttotra i bambini di età inferiore ai 5 an-ni, dove è maggiore la percentuale divaccinati. I dati di sorveglianza mo-strano che la fascia di età più colpitaè quella 10-14 anni, nonostante inquesta fascia di età è possibile che icasi siano sottostimati (2). Anche lamortalità è notevolmente diminuitanegli ultimi 50 anni ed è attualmen-te più bassa che nel resto d’Europa(13) Figura 8 (5).

Vaccini disponibiliIl vaccino antipertosse a cellule inte-re è disponibile dalla metà degli an-ni ’40. Negli ultimi anni è disponibi-le il nuovo vaccino “acellulare”(DTaP), contenente componentipurificate e inattivate di Bordetellapertussis. Questo vaccino, rispetto alvecchio preparato ottenuto con cel-lule batteriche intere, provoca unminor numero di reazioni avverse,pur conservando un’elevata efficaciaprotettiva. Il vaccino acellulare è disolito combinato con il vaccino anti-difterico ed antitetanico ed è dispo-nibile in diverse formulazioni a se-conda della fascia di età. La formu-lazione pediatrica è disponibile dal1991 per la quarta e la sesta dose, dal1996 per il ciclo primario (6, 11).Dal 1997 il CDC raccomanda ilvaccino DTaP per tutte le dosi per ibambini di età inferiore ai 7 anni(10).

Fig. 8 - Incidenza della pertosse

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Immunogenicità ed efficaciaLa protezione conferita dalla vacci-no anti-pertosse acellulare è di circal’85%. Il vaccino acellulare si è di-mostrato più efficace e meglio tolle-rato rispetto al vaccino a cellule in-tere. La protezione si riduce neltempo, rimanendo molto bassa onulla dopo 5-10 anni dall’ultima do-se (6,10).

Copertura vaccinaleSecondo i dati dell’OMS, a livellomondiale, circa l’80% dei bambini èvaccinato contro la pertosse; la mag-gior parte con il vaccino DTap (12).In Italia la copertura vaccinale per ilciclo primario era già aumentata inmaniera sostanziale fin dalla secondametà degli anni ’90 con l’introduzio-ne dei vaccini acellulari, passandodal 40% circa nel 1993 all’88% nel1998. Dal 1998 al 2003 la coperturavaccinale è ulteriormente aumenta-ta, raggiungendo il 95% (2).

Obiettivi da raggiungereSia la vaccinazione contro la pertos-se che la malattia naturale non con-feriscono immunità permanente;pertanto non è attualmente possibi-le stabilire, per questa malattia, unobiettivo di eliminazione (2).Come obiettivo per la regione Euro-pea l’OMS prevede che entro il2010 i casi segnalati non debbanoessere più di 1/100.000 (12).Il controllo della malattia nei bam-bini piccoli, che hanno il maggior ri-schio di complicanze, rappresental’attuale obiettivo primario del pro-gramma vaccinale. Considerato che ibambini ed i ragazzi più grandi pre-sentano il maggior rischio di malat-tia, va garantita l’offerta della vacci-nazione a 5-6 anni; deve essere inol-tre valutata l’opportunità di offrireun ulteriore richiamo a 11-15 anni(2).

Poliomielite

La poliomielite è un’infezione viraleacuta causata da tre tipi di polio-virus(1,2 e 3), appartenenti al genere ente-rovirus, caratterizzata da lesioni loca-lizzate prevalentemente alle cornaanteriori del midollo spinale ed ai nu-clei motori del tronco encefalico, tra-ducentesi in manifestazioni clinichedi grande variabilità, dall’infezioneinapparente alla paralisi flaccida mu-scolare, sino a casi di morte per para-lisi bulbare. Il contagio avviene pervia oro-fecale, attraverso l’ingestionedi acqua o cibi contaminati o per viarespiratoria. L’uomo rappresenta l’u-nico serbatoio naturale del virus dellapoliomielite, che può colpire personedi tutte le età, ma principalmente simanifesta nei bambini sotto i tre an-ni. Il rischio di paralisi aumenta conl’età. Circa il 95% delle infezioni dapoliovirus è asintomatico. Una formaaspecifica con febbricola e faringodi-nia si verifica nel 4-8% delle infezio-ni; pochi giorni dopo la sua risoluzio-ne si manifesta meningite asettica, avolte con parestesia, nell’1-5% dei pa-zienti. Una malattia ad esordio acuto(paralisi flaccida simmetrica) con are-flessia dell’arto colpito si verificanell’0,1-2% delle infezioni ed unamalattia paralitica residua che inte-ressa i motoneuroni (poliomieliteparalitica) avviene in circa 2/3 dellepersone con malattia acuta del moto-neurone (17).È importante sottolineare che laparalisi flaccida acuta (PFA) genera-ta dal poliovirus è simile nei sintomie nelle manifestazioni ad altre ma-

lattie come la sindrome di Guillain-Barré, la mielite trasversa, la polira-diculoneurite, la neurite traumatica equella neoplastica. Solo l’isolamentoe la tipizzazione dell’agente patoge-no consentono di valutare l’effettivaincidenza della polio rispetto all’in-sieme delle PFA. A tal fine è statoavviato dall’OMS un sistema di sor-veglianza mondiale (4).

EpidemiologiaIn era pre-vaccinale i casi di polio-mielite erano circa 600.000 ogni an-no in tutto il mondo.Prima dell’introduzione del vaccinoinattivato (IPV) nel 1955, negli StatiUniti le epidemie di poliomielite de-terminavano circa 20.000 casi di para-lisi all’anno. Entro il 1957 l’uso di talevaccino ha determinato una riduzionedi almeno il 90% dei casi di malattiaparalitica. La comparsa nel 1959 di ca-si associata al frequente fallimento delvaccino, ha portato all’introduzionedel tipo a poliovirus vivo (OPV) di ti-po monovalente nel 1961 e del tipotrivalente nel 1963. L’ultimo caso dipoliomielite dovuto ad un poliovirusnaturale risale al 1979. Nel 1987 è sta-to approvato un vaccino IPV più effi-cace; in molti studi tale vaccino indu-ceva una sieroconversione nei con-fronti di tutti e tre i sierotipi di polio-virus dopo due dosi in più del 95% deivaccinati. Nel 1985 la Pan AmericanHealth Organization (PHAO) si èposta come obiettivo l’eliminazionedella poliomielite nelle Americhe tra-mite campagne di vaccinazione sup-plementari annuali (giornate naziona-li di immunizzazione) che prevedeva-

L’uomo rappresenta l’unico serbatoio naturale delvirus della poliomielite, che può colpire persone ditutte le età, ma principalmente si manifesta nei bam-bini sotto i tre anni

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no la somministrazione di OPV inbambini di età inferiore ai 5 anni e l’i-nizio di un sistema di sorveglianza perla paralisi flaccida acuta. Dopo averottenuto il certificato di eradicazionedella poliomielite nel 1994 (l’ultimocaso importato è del 1993), gli ACIPhanno rivalutato la strategia vaccinale.L’obiettivo era quello di ridurre i casidi poliomielite paralitica (VAPP) as-sociata alla vaccinazione anti-polio percui dal 2000 si è proposta una schedu-la che prevedeva due dosi di IPV se-guite da due dosi di OPV. L’ultimo ca-so di paralisi vaccino-associata risale al1999. Ultimamente, visto che il rischiodi importazione della malattia si è ri-dotto ulteriormente, si è passati ad unaschedula che prevede la somministra-zione solo di IPV (1,6).Il Programma di Eradicazione Glo-bale della Poliomielite ha drammati-camente ridotto la trasmissione di po-liovirus in tutto il mondo. Nel 2003sono stati riportati solo 784 casi a li-vello mondiale, nel 2004 1255 e la cir-colazione di poliovirus selvaggi rima-neva confinata a non più di 6 paesidell’Africa e del sud-continente in-diano (Niger, Nigeria, Pakistan, India,Egitto, Afghanistan) (2,6). Durante il2004 e il 2005 la trasmissione di casidi poliomielite importati è stata inter-rotta seguendo le epidemie avvenutein 15 paesi dell’Africa, in Indonesia enello Yemen; nel 2005 è stata inter-rotta la circolazione di virus selvaggioin Egitto e nel Niger, sebbene que-st’ultimo sia sempre a rischio di im-portazione di virus selvaggio dallaconfinante Nigeria. A giugno 2006 aGinevra il WHO Global Polio Labo-ratory Network ha definito solo 4paesi “polio-endemic” (Nigeria, Paki-stan, India, Afghanistan) (18).In Europa negli anni 1951-1955 siverificavano circa 28.500 casi di po-liomielite all’anno; dal 1961, dopo l’i-nizio dell’immunizzazione con OPV,si è avuta una riduzione dell’incidenza

della malattia di circa il 74% (7.670casi all’anno) (1). La Regione Euro-pea è stata la terza Regione dell’OMSad essere certificata “polio free” dopoquella delle Americhe (1994) e delPacifico Occidentale (2000) (2).In Italia, i casi in epoca pre-vaccina-le erano circa 4.000-8.000 all’anno;un picco è stato registrato nel 1958con più di 8.000 casi. Dopo l’intro-duzione della vaccinazione, avvenutaprima con il vaccino IPV nel 1957 epoi con il vaccino OPV nel 1964, siè verificata una progressiva riduzio-ne dei casi fino ad una totale assen-za dal 1989 (1). Gli ultimi due casiindigeni di poliomielite da virus sel-vaggio si sono verificati nel 1982nella provincia di Napoli ed il nostropaese, nell’ambito della regione Eu-ropea, è stato ufficialmente certifica-to “polio free” il 21 giugno 2002 (2)Figure 9, 10, 11: (6).

Vaccini disponibiliEsistono due tipi di vaccino: vaccinoa poliovirus vivo attenuato di Sabin(OPV), vaccino a poliovirus inatti-vato per via parenterale di Salk(IPV) (17). Il vaccino OPV, sommi-nistrato fino ad anni recenti anche inItalia, ha permesso di eradicare lapoliomielite in Europa ed è racco-mandato dall’Organizzazione mon-diale della sanità nella sua campagnadi eradicazione della malattia a livel-lo mondiale. Tale vaccino non è piùutilizzato negli Stati Uniti; anche inItalia, dopo l’eradicazione completadella polio in Europa (2002), l’unicaforma di vaccino somministrato èquello inattivato (6, 18). Il vaccinoOPV è quello di scelta per l’eradica-zione globale. Viene raccomandatonei seguenti casi: 1) zone dove il vi-rus naturale continua a circolare; 2)nella maggior parte dei paesi in viadi sviluppo dove il costo di IPV nerenderebbe l’uso proibitivo; 3) lad-dove le condizioni sanitarie rendano

necessario ottenere un’elevata im-munità mucosale (6,12, 17).Con il passaggio all’IPV, sono statiintrodotti sul mercato diversi pro-dotti combinati, che associano lacomponente antipolio agli altri vac-cini previsti in età pediatrica (vacci-no esavalente: IPV, difterite, tetano,pertosse, epatite B, Haemophilus in-fluenzae b). Per adolescenti ed adultisono disponibili vaccini combinati(quadrivalenti) che associano IPV atetano, difterite e pertosse (2, 6, 17).

Immunogenicità ed efficacia Entrambi i vaccini OPV ed IPV so-no altamente immunogeni ed effi-caci nella prevenzione della polio-mielite se si seguono le schedule

Fig. 9,10,11 - Incidenza della polio-melite

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raccomandate. La somministrazionedi IPV stimola la sierocenversioneverso tutti e tre i sierotipi di poliovi-rus nel 95% circa dei vaccinati dopodue dosi e dopo tre dosi il titolo an-ticorpale è elevato nel 99-100% deicasi. OPV determina un’immunitàverso i tre sierotipi di poliovirus inpiù del 95% dei casi dopo sommini-strazione di tre dosi. L’immunitàmucosale indotta da IPV è inferiorerispetto a quella indotta da OPV. Ladurata dell’immunità indotta daIPV non è nota con certezza, maprobabilmente è di molti anni dopouna schedula completa. Una sche-dula con tre dosi di OPV, un tempousata negli Stati Uniti, conferivaun’immunità prolungata, probabil-mente per tutta la vita. La vaccina-zione con due dosi o più di OPV in-duce un’eccellente risposta anticor-pale ed un’elevata immunità a livel-lo intestinale contro le reinfezioni, ilche spiega la sua efficacia nel con-trollo della circolazione del virusnaturale (6, 17).

Effetti collateraliIl vaccino OPV può provocare po-liomielite paralitica vaccino-associa-ta (VAPP). Nessun evento seconda-rio grave è stato associato all’uso diIPV. Sono possibili reazioni localiminori (dolore, eritema) e reazioniallergiche poiché contiene tracce distreptomicina, neomicina, polimixi-na B. Circa la metà dei bambini chericevono vaccini esavalenti, così co-me il vaccino triplo DTaP, non hanessuna reazione. La maggior partedegli altri bambini presenta solo rea-zioni lievi. L’evento più frequente èla febbre (1/3 dei casi). Reazioni lo-cali si verificano nel 20% dei casi(dolore, eritema ed indurimento insede di iniezione); si verificano ingenere entro 48 ore dalla vaccinazio-ne e durano fino ad un paio di gior-ni. In casi eccezionali (meno di 1 ca-

so/1.000.000) si possono avere rea-zioni allergiche di tipo anafilattico(6, 14, 15, 17).

Calendario vaccinaleIl vaccino OPV trivalente è stato ilvaccino di scelta negli Stati Uniti do-po la sua introduzione nel 1963 ed hacondotto all’eliminazione di virus sel-vaggio in meno di 20 anni, ma deter-minava circa 8-10 casi all’anno diVAPP. Per ridurre l’incidenza di taleevento, nel 1996 gli ACIP raccoman-davano una schedula sequenziale diIPV seguito da OPV, ottenendo unariduzione del rischio di paralisi asso-ciate al vaccino, che rimaneva peral-tro possibile. Solo la completa elimi-nazione del vaccino OPV, avvenutanegli Stati Uniti nel 2000 ed in Italianel 2002 ha determinato la scompar-sa di VAPP (6).La schedula vaccinale attualmenteconsigliata prevede la somministra-zione di due dosi solitamente a 2 e 4mesi di vita; la terza dose tra i 6 e i18 mesi. Una dose supplementaredeve essere somministrata primadell’ingresso a scuola, cioè dai 4 ai 6anni (2, 5, 17).In Italia dal 1999 ad oggi la strate-gia di vaccinazione contro la polio-mielite ha subito due successive mo-difiche. Nel 1999, con il DM n 5, ilcalendario vaccinale basato sulla so-la somministrazione di vaccino anti-polio orale (OPV) è stato sostituitoda una schedula sequenziale, cheprevedeva la somministrazione didue dosi di vaccino antipolio inatti-vato (IPV), seguite da due dosi di

OPV. In concomitanza con la certi-ficazione dell’eradicazione della po-lio dalla Regione Europea del-l’OMS, avvenuta nel giugno 2002,nell’agosto dello stesso anno è statoadottato definitivamente un calen-dario basato sulla somministrazioneesclusiva di IPV con il DM 18 giu-gno 2002. La modalità di sommini-strazione rimaneva invariata perquanto riguarda le prime 3 dosi nelprimo anno di vita, seguite da un ri-chiamo nel 3° anno (2, 5). Nel ca-lendario del 2005 la quarta dose diIPV è passata dal 3° anno di vita a5-6 anni, in concomitanza con laquarta dose di DTPa.

Copertura vaccinale in ItaliaI risultati dell’indagine campionariaICONA 2003, insieme con i datiroutinari mostrano che il passaggioda OPV a IPV non ha modificato ilivelli di copertura vaccinale, che so-no stabilmente elevati (media nazio-nale: 96% per tre dosi entro i due an-ni di vita) (2).

Obiettivi da raggiungerePer l’OMS l’obiettivo da raggiunge-re è l’eradicazione della poliomieliteentro il 2010 (12, 18).La poliomielite presenta caratteristi-che che ne consentono l’eradicazio-ne, tra cui l’assenza di serbatoi nonumani, il periodo di contagiosità re-lativamente breve, l’assenza di por-tatori sani e soprattutto la disponibi-lità di vaccini efficaci (2).Le strategie per l’eradicazione com-prendono:

La poliomielite presenta caratteristiche che ne con-sentono l’eradicazione, tra cui l’assenza di serbatoinon umani, il periodo di contagiosità relativamentebreve, l’assenza di portatori sani e soprattutto la dis-ponibilità di vaccini efficaci

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1 attività di prevenzione:- vaccinazione routinaria, mante-

nendo elevate coperture vaccinali;2 campagne di vaccinazione supple-

mentare:- giornate nazionali di immunizza-

zione: somministrazione di OPV atutti i bambini di età inferiore ai 5anni, in maniera coordinata in di-versi Paesi confinanti;

- campagne di “mopping-up”: vacci-nazione di tutti i bambini di etàinferiore ai 5 anni in aree dove si èverificato un caso di poliomielite.

3 attività di sorveglianza:- sorveglianza delle Paralisi Flaccida

Acuta (PFA): ricerca di poliovirusin tutti i casi di PFA in bambini dietà inferiore ai 15 anni al fine divalutare l’effettiva incidenza delpoliovirus e dimostrare l’assenza dicasi di poliomielite paralitica davirus selvaggio.

- sorveglianza ambientale: ricerca dipoliovirus in campioni di feci dibambini sani alle quali possono es-sere associate indagini su matriciambientali (12, 18).

In Italia, presso l’Istituto Superioredella Sanità, è attivo il progetto ita-liano di sorveglianza delle paralisiflaccide acute, che permette un mo-nitoraggio accurato anno per annodei casi di paralisi (4).La possibilità di reintroduzione del-la malattia in territori indenni èsempre possibile fintanto che sanopresenti serbatoi, per quanto limita-ti, di poliovirus selvaggi ma oltre atale rischio deve oggi essere tenutoin considerazione quello legato ai vi-rus vaccinali che, circolando in po-polazioni con irregolari livelli di co-

pertura vaccinale, possono accumu-lare retromutazioni in quantità suffi-ciente a far loro riacquisire caratteri-stiche di neurovirulenza e trasmissi-bilità proprie dei ceppi selvaggi (2).

Epatite B

Il virus dell’epatite B (HBV) è unvirus a DNA appartenente alla fa-miglia degli Hepadnaviridae. Se neconoscono attualmente 6 genotipi(A-F) aventi una diversa distribu-zione geografica. Il virus dell’epatiteB causa uno spettro di infezioni chevanno dalla sieroconversione asinto-matica, alla malattia subacuta consintomi aspecifici (anoressia, nauseao malessere) o sintomi extraepatici(artralgia, artrite o rash maculare,trombocitopenia), all’epatite clinicacon ittero, alla forma fatale fulmi-nante. L’infezione anitterica o asin-tomatica è più frequente nei bambi-ni. Il tasso di letalità è di circa l’1%,ma la percentuale aumenta nellepersone con età superiore ai 40 anni.Il rischio di cronicizzazione aumen-ta al diminuire dell’età in cui vieneacquisita l’infezione, tanto che neibambini infettati tramite trasmissio-ne perinatale si verifica nel 90% deicasi; nei bambini di età tra 1 e 5 an-ni che contraggono la malattia dopola nascita nel 25-50% e nei bambinipiù grandi e negli adulti infetti nel6%. Nel 20% dei casi l’epatite croni-ca può progredire in cirrosi epaticanell’arco di circa 5 anni. Il cancro alfegato (epatocarcinoma) è un’altracomplicanza frequente dell’epatitecronica, soprattutto nei pazienti con

cirrosi. Le principali vie di trasmis-sione comprendono i contatti consangue, liquidi corporei, sperma, se-crezioni cervicali e saliva. Le moda-lità di trasmissione comprendonol’esposizione percutanea o per mu-cosa, la condivisione o il riutilizzo disiringhe o aghi non sterilizzati, irapporti sessuali con persona infettae l’esposizione perinatale a madreinfetta. Per quanto riguarda il rischiodi contagio per trasfusione, esisteancora nei paesi in via di sviluppo,mentre è praticamente nullo neipaesi industrializzati. Infatti, al con-trollo del sangue della donazione siaggiungono i processi di lavorazionesuccessiva che distruggono il virus. Ilperiodo di incubazione varia fra 45 e180 giorni, ma si attesta solitamentefra 60 e 90 giorni (6, 19).

EpidemiologiaL’epatite B è la causa principale dimalattia del fegato acuta e cronica,compresi cirrosi e carcinoma epato-cellulare, in tutto il mondo.Secondo l’OMS più di 2.000.000 dipersone nel mondo è stata infettatadal virus dell’epatite B; circa 350 mi-lioni i soggetti con infezione croni-ca. Ogni anno si stima che in tutto ilmondo si verifichino più di 50 mi-lioni di nuove infezioni da HBV eche circa un milione di personemuoia a causa dell’infezione HBV.In regioni ad alta endemia, comeAsia dell’est, Africa subshariana eAmazzonia, la percentuale di porta-tori cronici va da 10 al 25%; nei pae-si a bassa endemia, come NordAmerica e Europa Occidentale, que-sta percentuale è meno del 2% (12).

Negli Stati Uniti, nel Canada, nel-l’Europa Occidentale, nella partepiù meridionale del Sud Americaed in Australia, la malattia ha bas-sa endemicità e l’infezione si veri-fica primariamente fra gli adole-scenti ed in età adulta; una percen-

L’epatite B è la causa principale di malattia del fe-gato acuta e cronica, compresi cirrosi e carcinomaepatocellulare, in tutto il mondo

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tuale dal 5% all’8% della popolazio-ne è stata infettata e solo lo 0,2-0,9% è cronicamente infetto. Invecein Cina, nel Sud-est asiatico, nel-l’Europa dell’Est, nelle repubblichedel centro Asia dell’ex Unione So-vietica, nella maggior parte del Me-dio Oriente, dell’Africa, delle Isoledel Pacifico e del bacino dell’Amaz-zonia, l’infezione da HBV è alta-mente endemica. In queste aree lamaggior parte delle persone è conta-giata prima dei 5 anni di età, il 70-90% degli adulti è stato infetto e l’8-15% della popolazione è cronica-mente infetto. Nelle altre parti delmondo l’infezione da HBV è mode-ratamente endemica e il 2-7% dellapopolazione è portatore di HBV(6,19).Nei Paesi dove si esegue routinaria-mente la vaccinazione anti-epatiteB, si è avuta una sostanziale riduzio-ne di nuove infezioni e della morta-lità correlata alla malattia (20).Nell’era pre-vaccinale negli StatiUniti il virus dell’epatite B causavada 200.000 a 300.000 casi all’anno,

con 27.000-42.000 casi di infezionicroniche e circa 4.000-5.000 mortiall’anno causate da cirrosi e carcino-ma epatocellulare. Il vaccino anti-epatite B è stato approvato nel 1981e raccomandato per adulti ad altorischio e bambini nati da madreHBsAg-positive. Successivamente ilnumero di casi ha continuato ad au-mentare da 21.152 nel 1981 ad unpicco di 26.654 nel 1985 ed è rima-sto a questi livelli fino al 1987. Percui è stata adottata una strategia pereliminare l’infezione da epatite B.Tale strategia comprendeva: 1) loscreening universale di donne gravi-de e la profilassi post-esposizioneper i nati, attivata dal 1990; 2) lavaccinazione universale dei lattanti,dal 1991; 3) la vaccinazione di bam-bini di popolazioni ad alto rischio,come immigrati da aree endemiche,dal l993; 4) la vaccinazione di adole-scenti non vaccinati, tra 11 e 12 an-ni, dal 1995; 5) la vaccinazione diadulti ad alto rischio. Dopo il piccodel 1985, l’incidenza di epatite B si èridotta stabilmente con solo 10.805casi nel 1995 (la più bassa incidenzadal 1974) (1, 6). La riduzione delnumero di casi è anche dovuta allariduzione dei casi dovuti a trasmis-sione sessuale o tra tossicodipenden-ti, grazie agli sforzi fatti per la pre-venzione della trasmissione dell’-HIV. Tra il 1990 e il 2004 l’inciden-za di epatite B acuta si è ridotta del75%; i risultati prevalenti si sonoavuti per i bambini e gli adolescenti,grazie alla copertura vaccinale. Nel2004 i casi segnalati sono stati6.761. Più dell’80% di infezioni acu-te si verifica negli adulti, l’8% negliadolescenti, il 4% in bambini ed il4% in bambini infetti con trasmis-sione perinatale. I gruppi a più altorischio sono i tossicodipendenti cheusano droghe per via endovenosa, lepersone con vari partner eteroses-suali, i maschi omosessuali; altre

persone a rischio sono quelle esposteper motivi di lavoro a sangue o liqui-di organici, i contatti sessuali e fami-liari di persone con infezione acuta ecronica (86).In Italia il numero di casi segnalatidi epatite B è in continua diminu-zione (2). Nel 1983 è stata introdot-ta la vaccinazione per gruppi ad altorischio (20). Dal 1991 la vaccinazio-ne è obbligatoria per tutti i neonati eper gli adolescenti entro i 12 anni; intale anno è stata anche definita lanecessità di condurre lo screeningper HBsAg delle donne in gravidan-za. Come risultato di questa strate-gia, più di 12.000.000 di bambinisono stati vaccinati per epatite B en-tro il 2003, con una copertura nazio-nale di circa il 95% (20). Se si consi-derano tutte le fasce di età, il nume-ro totale di notifiche è diminuito da3.344 casi nel 1993 (con un’inciden-za di 5,9/100.000) a 1.371 casi nel2002 (con un’incidenza di 2,8/100.000). Il numero di casi osserva-to in età pediatrica (0-14 anni), ne-gli adolescenti e nei giovani adulti(15-24 anni) è diminuito ancora piùnettamente (da 2,1/100.000 a0,3/100.000). Attualmente il mag-gior numero di casi interessa perso-ne tra i 25 e i 64 anni; in questogruppo di età l’andamento della ma-lattia è pressoché stabile (2) Figure12, 13. (6).

Vaccini disponibiliSono stati sviluppati due tipi di vac-cino ricombinante contro l’epatiteB, ambedue efficaci e sicuri disponi-bili da soli o in combinazione con al-tri vaccini. Il più vecchio, preparatoa partire dal plasma di portatori diHBsAg, non è più prodotto negliStati Uniti dal 1992, ma viene anco-ra usato in diversi paesi. Il vaccinoricombinante, disponibile dal 1986,contiene 5-40 µg di HBsAg per mil-lilitro adsorbito su idrossido di allu-

Fig. 12,13 - Incidenza dell’epatite B

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minio. La dose raccomandata variacon l’età.Il vaccino anti-HBV può esseresomministrato contemporaneamen-te ad altri vaccini (6, 19).Sono attualmente disponibili sia vac-cini monovalenti contenenti il soloantigene di superficie del virus dell’e-patite B che vaccini combinati con al-tri antigeni. Per il ciclo vaccinale deinuovi nati vengono utilizzati attual-mente soprattutto vaccini esavalenticontenenti anche l’antigene di super-ficie del virus dell’epatite B (2).

Immunogenicità ed efficaciaDopo tre dosi somministrate per viaintramuscolare più del 90% degliadulti sani e più del 95% dei bambi-ni e degli adolescenti sviluppa ade-guati livelli anticorpali. Il vaccino haun’efficacia nel prevenire l’infezioneo l’epatite clinica tra il 90% e il 95%in coloro che ricevono un ciclo vac-cinale completo. La protezione sem-bra duratura. Studi a lungo terminesui bambini e sugli adulti indicanoche la memoria immunologia persi-ste per 15 anni o più e protegge neiconfronti dell’infezione cronica daHBV, anche se le concentrazioni an-ticorpali di anti-HBs possono di-ventare basse o indosabili (6, 19, 20).

Effetti collateraliDolore in sede di inoculazione, ripor-tato nel 3-29% dei casi, ed iperpiressia,riportata nel 1-6% dei casi, sono gli ef-fetti collaterali descritti più spesso.Reazioni anafilattiche sembrano mol-to rare: 1:600.000 (6, 14,15,19).

Copertura vaccinale in ItaliaCon tre dosi entro i due anni sono ele-vate (media nazionale: 95%). Non so-no disponibili, se non in manieraframmentaria e relativamente ai primianni dell’obbligatorietà della vaccina-zione, dati di copertura vaccinale negliadolescenti e nei gruppi a rischio (2).

Obiettivi da raggiungereSecondo l’OMS, il vaccino anti-epa-tite B dovrebbe essere incluso tra levaccinazioni di routine di tutti bam-bini in ogni paese del mondo. Per laregione europea l’obiettivo è di ri-durre entro il 2010 la frequenza dinuovi malati di almeno l’80%. Lepriorità per le strategie di immuniz-zazione per l’epatite B, in ordine diimportanza, sono:1) la vaccinazione di routine nei

nuovi nati;2) la prevenzione della trasmissione

perinatale;3) la vaccinazione di adolescenti ed

adulti non vaccinati in precedenzae dei gruppi a rischio (12).

Haemophilus influenzae tipo B

Haemophilus influenzae è un cocco-bacillo Gram-negativo ed è un pato-geno commensale che in era prevac-cinale colonizzava frequentemente ilnasofaringe dei bambini sani (0.5-3%). L’uomo è l’unico reservoir delpatogeno (portatore asintomatico),la trasmissione avviene per via respi-ratoria ed è perciò molto estesa. Isottotipi non capsulati del bacillocausano una patologia benigna opossono colonizzare il nasofaringein modo asintomatico per molti me-si; i sottotipi capsulati invece causa-no in una piccola percentuale di sog-getti un’infezione di tipo invasivoconseguente alla disseminazioneematica del bacillo. Dei 6 sottotipicapsulati esistenti, il tipo b (Hib) èresponsabile di >90% delle infezionisistemiche.L’infezione sistemica da Hib richie-de ospedalizzazione e può interessa-re numerosi organi, ma soprattuttopuò causare meningite (50-60% deicasi in epoca prevaccinale) con unamortalità associata del 2-5% non-ostante adeguata terapia antibiotica.Può inoltre causare epiglottite, artri-

te settica, cellulite e polmonite. Me-no comune è l’insorgenza di osteo-mielite, otite media e pericardite (6).

EpidemiologiaL’infezione sistemica da Hib colpiscequasi esclusivamente soggetti di etàinferiore ai 5 anni e circa 2/3 dei ca-si interessa bambini dai 4 ai 18 mesicon un picco tra i 6 e gli 11 mesi; ta-le distribuzione è probabilmente do-vuta all’ acquisizione di immunità neiconfronti del bacillo con l’avanzaredell’età. In epoca pre-vaccinale lamaggior parte dei bambini acquisivatale immunità attraverso l’infezionenasofaringea asintomatica oppureper cross-reazione con organismi do-tati di strutture antigeniche molto si-mili a quelle di Hib (21).Hib causa almeno 3 milioni di casidi malattia severa e circa 386.000decessi ogni anno, la maggior partedei quali nei paesi in via di svilupponon sottoposti a vaccinazione. An-che con una terapia antibiotica tem-pestiva ed adeguata, il 3-20% deipazienti con meningite da Hib vaincontro a morte; laddove le risorse

Fig. 14,15 - Incidenza dell’Haemophi-lus influenzae tipo B

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mediche sono limitate la mortalità èancora più elevata e si osservano fre-quentemente sequele neurologichesevere nei pazienti sopravvissuti(>30-40% dei casi).Prima dell’introduzione del vaccino,Hib era la causa principale di pato-logia batterica invasiva e di meningi-te batterica nei bambini <5 anni dietà (circa 1/200 bambini <5 anni),nonchè la causa principale di insor-genza di meningite batterica nel pri-mo anno di vita (6).Negli Stati Uniti, all’inizio degli an-ni ’80 si registravano circa 20.000casi/anno di patologia invasiva daHib (40-50 casi/100.000 abitanti)nella fascia <5 anni di vita; tale inci-denza è diminuita del 99% con l’in-troduzione del vaccino alla fine deglianni ’80. Dal 1996 al 2000 negliUSA sono riportati 1247 casi di in-fezione sistemica da Haemophilus in-fluenzae di cui 272 nella fascia <5anni. Dei 272 casi, nel 76% è statopossibile riconoscere il sierotipo e in341 casi è stato isolato il tipo b.

La maggior parte dei casi riportatitra il 1998 e l’anno 2000 è stata ri-scontrata in bambini <6 mesi, insoggetti che non avevano ancoracompletato il ciclo vaccinale o che loavevano eseguito in modo inappro-priato. Nel 32% dei casi invece il ci-clo vaccinale era stato completatocorrettamente e la causa del falli-mento vaccinale rimane sconosciuta.Le segnalazioni di Hib invasivo piùrecenti negli USA si attestano tra i19 e i 196 casi in quanto non sempreè possibile identificare il sierotipodell’Haemophilus isolato, e sono qua-si esclusivamente a carico di sogget-ti non vaccinati o vaccinati in modoinadeguato (6, 21).In Italia i vaccini contro le infezioniinvasive da Hib sono stati inclusi nelcalendario vaccinale nel 1999 edhanno avuto un forte impatto sullafrequenza della patologia. Prima delvaccino il 90% dei casi si verificavain bambini di età inferiore ai 5 anni.Il numero annuale delle meningitida Hib è diminuito dell’82%, pas-

sando da 130 casi nel 1996 a 23 casinel 2003. L’ impatto del vaccino si èevidenziato maggiormente nella fa-scia di età <5 anni, con un decre-mento addirittura pari al 92% (da114 casi nel 1996 a 9 casi nel 2003)(2) Figure 14, 15 (6).

Vaccini disponibiliNel 1985 negli Stati Uniti è stato in-trodotto un vaccino polisaccaridico,successivamente ritirato nel 1988 inquanto non efficace nei bambini dietà <18 mesi e caratterizzato da effi-cacia altamente variabile nelle etàsuccessive (69-88%). Lo scarso po-tere immunogeno, come per gli altrivaccini polisaccaridici, era determi-nato dal fatto che il vaccino era ingrado di stimolare una risposta sola-mente di tipo T-indipendente, dosiripetute non erano in grado di au-mentare la risposta anticorpale e loswitch anticorpale IgM-IgG neltempo era minimo. Attualmenteviene utilizzato un vaccino coniuga-to in cui il polisaccaride è unito ad

Fig. 16,17 - Differenze statistiche vacci-no antipolio (anno 2000 vs 2005)

Fig. 18,19 - Differenze statistiche vacci-no anti DTP (anno 2000 vs 2005)

Fig. 20,21 - Differenze statistiche vacci-no anti epatite B (anno 2000 vs 2005)

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una proteina carrier che ne aumentaconsiderevolmente il potere immu-nogeno. Tale processo modifica la ri-sposta al polisaccaride passando dauna risposta T-indipendente ad unaT-dipendente e permette l’aumentodella risposta anticorpale qualoravengano effettuate più dosi di vacci-no. È in grado inoltre di produrreuna risposta anticorpale protettivaanche nei bambini più piccoli. InItalia, attualmente, ad eccezione didue prodotti, rispettivamente unvaccino singolo ed uno combinatocon epatite B, in cui il polisaccaridecapsulare PRP è coniugato con ilmutante non tossico della tossinadifterica CRM197, tutti gli altriprodotti contengono il PRP coniu-gato con l’anatossina tetanica (6,21).

Immunogenicità ed efficaciaL’efficacia clinica del vaccino è sti-mata intorno al 95-100% e la malat-tia invasiva da Hib nei soggetti cor-rettamente vaccinati è estremamenterara; più del 95% dei bambini svi-luppa immunità protettiva dopo 2 o3 dosi di vaccino. La vaccinazionerisulta immunogenica anche nei pa-zienti con rischio aumentato per pa-tologie invasive come quelli con leu-cemia, infezione da HIV ben con-trollata, splenectomia. Studi nazio-nali ed internazionali dimostranoche la vaccinazione anti-Hib è effi-cace non solo nel prevenire le infe-zioni invasive, ma anche nel ridurrela prevalenza dei portatori sani cheospitano il germe nel nasofaringe, inparticolare la vaccinazione a 11-12mesi di vita, ottenendo un effetto diprotezione di popolazione.La durata della protezione dopo unciclo completo di vaccinazione antiHib varia a seconda dell’età al mo-mento della vaccinazione, dell’etnia,dello stato immunitario del soggettoe della risposta individuale al vacci-

no; in ogni caso, nella maggior partedei soggetti vaccinati l’immunità èprotettiva negli anni di maggiore su-scettibilità nei confronti delle infe-zioni invasive (<5 anni di vita) (21).

Copertura vaccinale in ItaliaLa copertura vaccinale è aumentatadi oltre 4 volte dal 1998 al 2002,passando da circa il 20% all’80.4%;l’indagine ICONA 2003 ha stimatoun range di copertura pari all’87%. Èpresumibile che tale brillante risul-tato sia attribuibile soprattutto allargo uso di vaccini combinati. L’o-biettivo futuro è il raggiungimento eil mantenimento di una copertura≥95% entro i 2 anni di vita (2).

Obiettivi da raggiungerePer migliorare la copertura ci si pro-pone di garantire in tutte le ASLl’offerta attiva del vaccino, migliora-re la sorveglianza delle infezioni in-vasive da Hib e migliorare l’infor-mazione relativa all’importanza diquesta vaccinazione operando incollaborazione con i pediatri di fa-miglia (2).

Vaccini combinati

Dal 1998 ad oggi i vaccini contro ladifterite, il tetano e la pertosse sonostati combinati in vario modo conaltri vaccini, per cui esistono vaccinia quattro componenti, a cinquecomponenti e a sei componenti.Per l’immunizzazione dei nuovi natidi solito viene utilizzato il vaccinoesavalente in cui il vaccino antidifte-rico a formulazione pediatrica è as-sociato, oltre che al vaccino antiteta-nico ed antipertosse acellulare, an-che al vaccino inattivato antipolio(IPV), antiepatite B (HBV) e anti-Haemophilus Influenzae.Sono inoltre disponibili prodotti checontengono un quantitativo antige-

nico ridotto della componente anti-pertosse, in combinazione con lacomponente antitetanica, con il vac-cino antidifterite a ridotto contenu-to di anatossina e con l’IPV. Questiprodotti vengono utilizzati per levaccinazioni di richiamo (2,6).

Effetti collateraliCirca la metà dei bambini che rice-vono vaccini esavalenti, così come ilvaccino singolo o le altre combina-zioni di vaccino anti-difterite, anti-tetano, anti-pertosse, non ha nessu-na reazione. La maggior parte deglialtri bambini presenta solo reazionilievi. L’evento più frequente è la feb-bre (1/3 dei casi). Reazioni locali siverificano nel 20% dei casi (dolore,eritema ed indurimento in sede diiniezione); si verificano in genereentro 48 ore dalla vaccinazione e du-rano fino ad un paio di giorni. Lereazioni locali aumentano con il nu-mero di dosi eseguite. In rari casi (1-2/10.000) si possono avere reazionipiù importanti, come convulsionifebbrili. In casi eccezionali (meno di1 caso/1.000.000) si possono averereazioni allergiche di tipo anafilatti-co (3,6,14,15).

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Nel 1998 l'Organizzazione Mondia-le della Sanità ha dichiarato che l'o-besità ha assunto proporzioni tali daessere considerata un'epidemia glo-bale (Globesity). L’obesità è una pa-tologia emergente del mondo occi-dentale le cui implicazioni sulla sa-lute sono tante e ben conosciute,principalmente sull’apparato cardio-vascolare. Essa incide quindi in mo-do notevole sull’aspettativa di vitadella persona e sulla qualità stessa diquesta vita. Queste complesse ragio-ni insieme all’aumento impressio-nante di questa condizione nel mon-do del benessere ne fa un capitolodella patologia umana molto parti-colare per varie ragioni: la grande at-tualità, la grande variabilità di seve-rità del problema e l’intreccio di cau-se personali e sociali della condizio-ne.Non sorprende quindi che l’obesitàsia patologia emergente anche nelbambino nel quale preoccupa oltreche come problema attuale anchecome patologia la cui permanenzapuò coprire periodi veramente lun-ghissimi e il cui impatto sulla salutepuò essere proprio per questo piùgrave.Oltre all'aumento della prevalenzadi obesità tra gli adulti in Italia, an-che nei bambini l'obesità sta aumen-tando a livelli allarmanti tanto che l’Italia è al primo posto in Europaper la prevalenza di obesità infantile.

In questo quadro allarmante, sembrache il Sud dell’Italia e in particolarela Campania abbiano la più alta pre-valenza di bambini obesi in assoluto,con percentuali che sfiorano il 40%in alcune fasce d’età.Per quanto riguarda il gusto è sem-pre nell’infanzia che si creano deicondizionamenti piuttosto perma-nenti che facilitano cattivi stili ali-mentari.L’obesità è una patologia multifatto-riale. In essa riconosciamo una pre-disposizione genetica (tuttavia diffi-cilmente dimostrabile anche con lesofisticate tecniche di biologia mole-colare più moderne) e numerosi fat-tori di stile di vita che conducono al-l’introduzione di calorie in misura

più abbondante rispetto ai consumi,quali la sedentarietà, la disponibilitàdi cibi di piccolo volume e alto con-tenuto calorico, il piacere della tavo-la e il significato sociale che il pastoricco e abbondante assume nella vitafamiliare e personale, l’uso frequentedi spuntini e i modelli di comporta-mento che si mutuano dai mass-me-dia.Un altro problema è il riconosci-mento del sovrappeso-obesità delbambino. Una nostra ricerca ha evi-denziato che tra i genitori di bambi-ni obesi solo il 45% delle mammepercepisce il proprio figlio come“grasso” ed esiste anche una piccolapercentuale che lo vede “troppo ma-gro”. Ne consegue che la maggiorparte dei genitori non riconosce l’o-besità e non interviene per risolver-la.Nella metà dei casi il bambino obe-so è figlio di un genitore obeso o an-che di due. Ciò può avere a che farecon predisposizioni genetiche che

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Prevenire l’obesità dei bambini: sogno o realtà?M. Sticco, C. Buongiovanni, O. D’Amico, A. Franzese1

Dipartimento di Pediatria, Università di Napoli “Federico II”

Oltre all'aumento dellaprevalenza di obesitàtra gli adulti in Italia,anche nei bambini l'o-besità sta aumentandoa livelli allarmanti

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non sono tuttavia chiaramente deci-frabili. Quel che spesso è evidente èche l’obeso figlio di obesi vive inuna famiglia dove la tavola è intesain un certo modo abbondante e ilmovimento è abitudinariamentescarso. Quindi pesa sicuramenteuno stile di vita che il bambino co-pia dai suoi genitori. Spesso questigenitori non si accorgono dell’obe-sità del bambino se non quando, sirendono evidenti delle complicanzequali il piattismo del piede o il val-gismo delle ginocchia oppure l’ap-parente piccolezza dei genitali per imaschietti. E’ evidente che il tratta-mento di questi casi è rivolto non alsolo bambino ma a tutta la sua fa-miglia.Ancora più complesso è compren-dere i bambini figli di genitori nonobesi. Spesso sono bambini che ve-dono poco i genitori, magari sonoallevati da nonni apprensivi o tatepoco istruite, possono essere bam-bini depressi e poco inclini al giocoall’aria aperta, abituati a lunghe oredi televisione. Talora sono bambinicontesi da genitori con rapporto co-niugale conflittuale. Sono semprebambini che vivono una certa soli-tudine a cui si aggiunge la disap-provazione della mamma in linea o

del padre atletico. È chiaro che quisi entra in dinamiche psicologichecomplesse e delicate dove un dieti-sta e un medico nutrizionista sipossono sentire completamenteestranei.Per quanto riguarda lo stile di vita, ènell'infanzia che si acquisiscono lebuone abitudini alimentari e quellelegate alla pratica di attività fisica.Ci sono infatti numerose evidenzeche indicano che la riduzione del-l’attività fisica e l’aumento dei com-portamenti sedentari siano impor-tanti concause dell’ incremento del-l’obesità pediatrica. Infatti nellamaggior parte dei Paesi industrializ-zati l’aumento nella prevalenza diobesità è avvenuto in parallelo alladiminuzione dei livelli di attività fi-sica nelle popolazioni giovanile.Inoltre studi trasversali e longitudi-nali hanno dimostrato la stretta as-sociazione tra esposizione alle ore ditelevisione e qualità di spettacoli acui i bambini assistono e aumentatorischio di obesità.A quanto detto si può aggiungereche il bambino obeso tende ad esser-lo sempre più perché rinuncia pro-gressivamente all’attività fisica deicoetanei con i quali non può compe-tere e si rifugia nel piacere del cibo

che si procura da solo e che in qual-che modo lo gratifica.Dal punto di vista sociale sicure con-cause sono il diminuito movimentofisico per le necessità quotidiane (lascuola si raggiunge in auto, la casacon l’ascensore etc.), la diminuitadisponibilità degli spazi all’apertoper il gioco, l’enorme disponibilità dicibi attraenti e ipercalorici, la seden-tarietà davanti alla televisione, ai vi-deogiochi e al computer, l’obbedien-za a proposte alimentari provenientidalla pubblicità, la diminuita dispo-nibilità di cibi ricchi di fibre poichési tratta di cibi che richiedono ripe-tuti lavaggi ed elaborazioni tali danon risultare convenienti per le don-ne che lavorano fuori casa.

Strumenti di prevenzione

Poiché l’obesità, una volta istauratatende a recedere con estrema diffi-coltà e spesso a recidivare, è eviden-te che la prevenzione ha veramenteun grosso ruolo e merita tutti glisforzi possibili da parte degli opera-tori sanitari e quelli delle scuole.Proposte concrete potrebbero esserele seguenti:1-uno screening delle famiglie congenitori obesi permetterebbe di sele-zionare famiglie dove esercitare unastretta sorveglianza sui figli per iparametri auxologici, per le abitudi-ni alimentari e per lo stile di vita e laquantità di movimento.

La riduzione dell’atti-vità fisica e l’aumentodei comportamenti sedentari sono impor-tanti concause dell’in-cremento dell’obesitàpediatrica

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2-promozione dell’allattamento al se-no in tutte le famiglie, magari piùprotratto nelle famiglie a rischio diobesità.3-svezzamento controllato con cibiche contengano quote normali di fi-bre.4-introduzione di merende a base dipane e frutta che evitino prodotti acomposizione troppo squilibrata eipercalorici.5-diffusione di libretti molto sem-plici con schede-guida per indicarealle mamme la corretta alimentazio-ne dei bambini alle varie età.6-Incontri nelle scuole per la diffu-sione dei concetti di sana alimenta-zione.7-Creazione di modelli didatticiadatti alle varie età per trasmettere aibambini i concetti di sana alimenta-zione.8-Refezione scolastica quale model-lo di sana alimentazione da correg-gere ed implementare trasforman-dolo in occasione didattica.

9-Incoraggiamento dello svago all’a-ria aperta attraverso una politica de-gli spazi pubblici e privati e del tem-po libero.10-Ridimensionamento del mitodelle palestre quale unico luogo dimovimento: l’attività programmata èovviamente positiva ma solo se non èl’unica attività fisica del bambino ese non è pretesto per grosse iperali-mentazioni dopo lo sforzo fisico.Tutto questo può essere oggetto didiscussione fra gli operatori dellasalute e anche quelli della scuola. Ilconcetto è che un problema di salu-te di così vasta portata non si puòaffrontare se non in modo multiploe coordinato, nella convinzione chela famiglia da sola non può esseresufficiente a farlo. La Sanità pub-blica ne sta prendendo atto pro-gressivamente e potrebbe più deci-samente intraprendere delle inizia-tive nei prossimi anni.Il ruolo dei Pediatri nella Prevenzio-ne si può svolgere:1- sul bambino,2- sulla famiglia,3- sull’ambiente culturale e sociale.• Promuovere l’allattamento al seno• Impostare lo svezzamento senza

salare o dolcificare i cibi (educareil gusto)

• Attuare anche dopo i primi me-si di vita una costante educazio-ne alimentare

• Rivedere le abitudini alimentaridell’intera famiglia

• Raccomandare un sano ed equi-librato esercizio fisico

• Seguire gli “eventi” della vita delbambino che possono facilitarel’insorgenza di obesità.

• Valutare in tutti i pazienti lacurva del peso e l’IBW%

• Informare la famiglia dell’incre-mento di peso e dei problemi disalute connessi

• Eseguire un più attento follow-up di bambini di famiglie diobesi, diabetici tipo 2 e soggetticon Sindrome Metabolica

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Un problema di salutedi così vasta portatanon si può affrontare senon in modo multiplo ecoordinato, nella con-vinzione che la famigliada sola non può esseresufficiente a farlo

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