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Newsletter T&P N°99

Date post: 07-Jul-2018
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  • 8/18/2019 Newsletter T&P N°99

    1/21N°99 Marzo 2016  1

    Newsletter N° 99 Marzo 2016

    Trifirò & Partners Avvocati

    Diritto del Lavoro

    Attualità 1 

    Le Nostre Sentenze 10 

    Cassazione 13 

    Diritto Civile,Commerciale,

    Assicurativo

    Le Nostre Sentenze 14 

    Assicurazioni, Locazioni,

    Responsabilità 16 

    Il Punto su 17 

    Eventi 19 

    R. Stampa 20 

    DIMISSIONI: UNA RIFORMA DA ….RIFORMARE ?Il 12 marzo è entrata in vigore la nuova legge sulle dimissioni e

    risoluzioni consensuali. 

    I problemi applicativi della nuova disciplina sono tanti e potenzialmente

    costosi. Il Consiglio nazionale dell’Ordine dei consulenti del lavoro si è

    fatto parte diligente e, nei giorni scorsi, ha inviato una lettera al Ministrodel Lavoro per chiedere di riconsiderare la portata delle nuove normesulle dimissioni on line, attenuandone gli effetti soprattutto in caso di

    abbandono del posto di lavoro da parte del lavoratore. La predetta letteraè lo spunto per porre l’attenzione (anche) su altri problemi della riforma.

    Cosa prevede la nuova normativa.  Le dimissioni e le risoluzioniconsensuali saranno valide e, quindi, idonee a interrompere il rapporto di

    lavoro soltanto se poste in essere secondo la procedura di legge.La predetta procedura non si applica: (i) alle dimissioni e risoluzioniconsensuali delle lavoratrici madri e dei lavoratori padri di bambino fino ai

    tre anni di età (o tre anni dall’affido o dall’adozione) per i quali resta invigore la procedura di convalida presso la Direzione territoriale del Lavoro,

    (ii) alle dimissioni e risoluzioni consensuali dei rapporti di lavoro domesticoe (iii) alle dimissioni e risoluzioni consensuali avvenute “in sede protetta”.

    Operativamente: il lavoratore, attraverso il sistema informatico SMV,richiede il codice PIN INPS; con tale PIN, il lavoratore crea un’utenza per

    l’accesso al portale ClicLavoro del Ministero; successivamente, l’Inpsinvia a casa del lavoratore, con posta ordinaria, un codice identificativo

    personale; ricevuto tale codice, il lavoratore torna al sito Cliclavoro ecompleta il format. In alternativa, il lavoratore può avvalersi di un soggetto

    accreditato (sindacato, patronato, ente bilaterale, commissione dicertificazione). In tal caso, non è necessario chiedere il PIN all’INPS e

    accreditarsi su ClicLavoro; l’identificazione è fatta dal soggetto abilitato.In entrambi i casi - registrazione diretta o tramite soggetto accreditato - laprocedura si conclude con l’invio delle dimissioni, oppure della

    comunicazione relativa alla risoluzione consensuale del rapporto, siaall’indirizzo PEC del datore che a quello della Direzione territoriale del

    Lavoro.

    Problemi applicativi.  Esaminata la procedura, vediamo ora (senza

    pretesa di essere esaustivi) cosa potrà accadere in concreto.

    http://www.cliclavoro.gov.it/Pagine/default.aspxhttp://www.lavoro.gov.it/strumenti-e-servizi/Dimissioni-volontarie/Pagine/default.aspxhttp://www.cliclavoro.gov.it/Pagine/default.aspxhttp://www.lavoro.gov.it/strumenti-e-servizi/Dimissioni-volontarie/Pagine/default.aspx

  • 8/18/2019 Newsletter T&P N°99

    2/21N°99 Marzo 2016  2

    Newsletter T&P• Il 1° aprile il lavoratore consegna al datore di lavoro la lettera di dimissioni; successivamente avvia la

    procedura telematica innanzi descritta e (ottimisticamente) il 10 aprile riceve (a casa) dall’INPS il Pin

    necessario per scaricare il modulo da inviare sia all’indirizzo PEC del datore, che a quello dellaDirezione territoriale del Lavoro. Nel compilare il modulo, il lavoratore deve anche indicare la data didecorrenza delle dimissioni. A questo punto: quale data deve/può indicare? Il 1° aprile o oppure il

    giorno di compilazione del modulo? Poiché la legge considera inefficace qualsiasi comunicazionediversa da quella telematica, il preavviso di dimissioni dovrebbe decorrere dal giorno della compilazionedel modulo telematico; ne consegue, quindi, che il lavoratore dovrebbe indicare, come data, il giorno di

    compilazione del modulo. Quanto sopra ha delle evidenti conseguenze: (i) di fatto, il preavviso a caricodel lavoratore si allunga. Ipotizzando che, per contratto, sia pari a 60 giorni, questi ultimi non

    decorrono, avendo riguardo all’esempio di cui sopra, dal 1° aprile ma dalla data successiva; (ii) se il

    lavoratore non può garantire al datore di lavoro tutto il preavviso per così dire “allungato”, resta a suocarico l’indennità sostitutiva del preavviso.

    • I tempi di cui sopra possono, peraltro, prolungarsi se il lavoratore non ritira tempestivamente la busta

    inviata dall’INPS con il codice identificativo personale. E cosa succede se il lavoratore smarrisce labusta dell’Inps contente il codice identificativo personale? Si ricomincia da capo e i tempi si

    prolungano ulteriormente. Il modulo da compilare a cura del lavoratore è piuttosto complesso; richiedeuna serie di dati anche sul datore di lavoro. Si può ipotizzare che il lavoratore possa avere delle

    difficoltà nella compilazione: ulteriori ostacoli e ulteriore dilatazione dei tempi.

    • Il lavoratore consegna al datore una comune lettera di dimissioni; non attiva la procedura telematica enon si presenta più sul posto di lavoro. Questo è il caso che il Consiglio nazionale dell’Ordine deiconsulenti del lavoro ha sottoposto Ministro del Lavoro. La riforma non prevede azioni specifiche perchi abbandona il posto di lavoro senza formalizzare le dimissioni. Peraltro, si legge nella lettera al

    Ministro, trattasi di un fenomeno molto ricorrente soprattutto in alcuni settori e stimato in circa 70.000casi l’anno. Come gestire tale situazione? L’unica possibilità per il datore di lavoro sembra quella di

    procedere disciplinarmente nei confronti del lavoratore e, quindi, attendere che l’assenza ingiustificatasi prolunghi di un numero di giorni sufficiente a giustificare il licenziamento; avviare il procedimento

    disciplinare e, da ultimo, intimare il licenziamento per giusta causa. Tale scelta, segnala il Consiglio

    nazionale dell’Ordine dei consulenti del lavoro, non sarà indolore sotto il profilo dei costi: il ticketlicenziamento (per anzianità fino a 3 anni) può arrivare fino a 1.500 euro circa. Per le aziende si tratta diun maggior costo potenziale di 105 milioni di euro l’anno. Peraltro, osserva ancora il Consiglio

    nazionale dell’Ordine dei consulenti del lavoro, trasformare una dimissione di fatto in un licenziamentoporta con sé ulteriori effetti quali il riconoscimento dell’indennità di disoccupazione (Naspi) a favore di

    chi ha abbandonato il posto di lavoro; ed espone l’azienda al rischio che il licenziamento siaimpugnato, con la relativa alea. La Fondazione studi del Consiglio nazionale dei consulenti del lavoroha calcolato, in un’indagine, che, su una retribuzione non superiore a 25.000 euro l’anno, il costo del

    trattamento per 24 mesi è di circa 21.000 euro. “Ciò significa - chiarisce - che lo Stato potrebbe

    essere chiamato a corrispondere a questi lavoratori una indennità (su due anni) di 1,47 miliardi di euro”.• La legge consente al lavoratore di revocare le dimissioni entro 7 giorni (che decorrono dal

    completamento della procedura on line). Ciò significa che, per tale periodo, il datore di lavoro non può

    adottare alcun provvedimento di carattere organizzativo; non può sostituire (in maniera definitiva) il

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  • 8/18/2019 Newsletter T&P N°99

    3/21N°99 Marzo 2016  3

    Newsletter T&Plavoratore dimissionario; se modifica i turni /l’organizzazione del lavoro, deve essere poi pronto a tornare

    indietro. Peraltro, in concreto non si tratta di gestire un periodo limitato di 7 giorni in quanto bisogna

    considerare la possibile dilatazione dei tempi in conseguenza di ritardi nell’espletamento della proceduradi cui si è detto sopra. La situazione è, quindi, potenzialmente più complessa di come appare in primabattuta. Se, infatti, per ragioni organizzative e/o produttive, non potendo lasciare la posizione lavorativa

    “scoperta” per 10/15 o ancor più giorni, il datore di lavoro assume un altro dipendente, nel momento ilcui il dimissionario ci ripensa, vi è poi il problema di dover gestire un esubero di personale e, quindi, unlicenziamento (naturalmente, dell’ultimo arrivato).

    Dubbi interpretativi. Oltre ai problemi applicativi, non mancano neppure dubbi interpretativi sulla riforma.

    • La procedura si applica a tutti i dipendenti con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato

    (fatte salve le categorie sopra ricordate) ma, per ipotesi, può ritenersi applicabile anche in caso dicessazione anticipata (per risoluzione consensuale o dimissioni) di un contratto a termine.

    Ciò premesso, la legge nulla dice su una serie di fattispecie particolari quali, ad esempio: dimissioni pergiusta causa, risoluzione del rapporto in costanza di periodo di prova, risoluzione del rapporto dei

    lavoratori assunti con contratto di apprendistato nel corso del periodo formativo, risoluzione delrapporto dei lavoratori che si dimettono in conseguenza del raggiungimento dei limiti di età per il

    pensionamento. Nel silenzio della legge, la nuova procedura dovrebbe ritenersi applicabile a tutti i casidi cui sopra.

    • Entro 5 giorni dalla cessazione (per qualsiasi causa) del rapporto, il datore di lavoro deve inviare una

    comunicazione in via telematica al centro per l’Impiego. Per i datori di lavoro pubblici e per le Agenziedi somministrazione, il termine è il giorno 20 del mese successivo. L’inottemperanza a tale obbligoprevede una sanzione compresa tra 100 e 500 euro. La riforma nulla dice in proposito e, quindi, non èchiaro se i 5 giorni decorrano, dall’esito dalla procedura on line, dal ricevimento (da parte del datore)

    del modulo che contiene le dimissioni (o la risoluzione consensuale), o dal termine del periodo di 7giorni durante i quali il lavoratore può cambiare idea oppure dalla effettiva cessazione del rapporto (in

    caso di dimissioni, allo spirare del preavviso).

    • La legge non disciplina gli effetti della revoca delle dimissioni con riguardo agli aspetti retributivi.

    Può ragionevolmente ritenersi che, in assenza di prestazione, non vi sia diritto (per tale periodo) allaretribuzione.

     A questo punto ……. attendiamo ed auspichiamo un intervento legislativo chiarificatore.

    Damiana Lesce

    Comitato di Redazione: Francesco Autelitano, Stefano Beretta, Antonio Cazzella, Teresa Cofano, Luca

    D’Arco, Diego Meucci, Jacopo Moretti, Damiana Lesce, Luca Peron, Claudio Ponari, Vittorio Provera, Tommaso Targa, Marina Tona, Stefano Trifirò e Giovanna Vaglio Bianco

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  • 8/18/2019 Newsletter T&P N°99

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    Newsletter T&PWelfare aziendale e legge di stabilità 2016

     A cura di Valeria De LuciaLa legge di stabilità 2016 ha introdotto misure di detassazione dei premi di produttività e ulteriori

    agevolazioni fiscali, con l’obiettivo di incentivare il welfare aziendale. Quali misure sono previste per il

    2016?

    La legge di Stabilità 2016, innanzitutto, reintroduce la defiscalizzazione del premio di produttività, introdotta nel2008 (con caratteristiche che cambiavano di anno in anno), ma sospesa nel corso del 2015.

    Ritorna infatti per quest’anno, il regime di detassazione dei premi di risultato, soggetti ad una imposta pari al10% sostitutiva dell’IRPEF e delle addizionali regionali e comunali.

    Sono cambiati, a partire dal 1° gennaio 2016, i limiti di reddito dei potenziali beneficiari dell’incentivo, portati a50.000 euro annui (in passato, il limite più alto era stato raggiunto nel 2011, ed era di 40.000 euro). Si estende

    quindi la platea dei lavoratori che potranno beneficiare della defiscalizzazione.Di contro, al fine di contenere la spesa, è stato ridotto il tetto massimo del valore soggetto a defiscalizzazione.Si prevede, infatti, che il regime di detassazione si applichi entro il limite di importo complessivo di 2.000 euro

    lordi annui (che costituisce il valore più basso previsto dalle normative succedutesi in materia dal 2008 adoggi). Tale limite è aumentato fino ad un importo non superiore a 2.500 euro per le aziende che “coinvolgono

     pariteticamente i lavoratori nell’organizzazione del lavoro”.I criteri di misurazione degli incrementi di produttività, redditività, qualità, efficienza ed innovazione, nonché le

    modalità attuative della nuova disposizione, compresi gli strumenti e le modalità di partecipazioneall’organizzazione del lavoro - anche ai fini dell’individuazione del tetto massimo secondi i criteri innanzi visti -

    saranno stabiliti con un decreto del Ministero del Lavoro. Il giudizio di merito su questa parte della normativanon può che rinviarsi, pertanto, al momento di emanazione del decreto ministeriale.

    Una ulteriore novità attiene al fatto che vengono ora ricomprese anche le somme erogate sotto forma dipartecipazione agli utili dell’impresa: una tipologia di premi che riconosce concretamente la partecipazione dei

    lavoratori al successo economico dell’impresa e, peraltro, lega la quantificazione del premio ad un parametrooggettivo, quale è quello dell’effettivo andamento economico della azienda.

    L’intervento sui premi di produttività “ripristina” una agevolazione fiscale già da tempo conosciuta in

    Italia. La vera novità è però l’intervento sulle forme di welfare aziendale.

    Dal lato delle aziende, la principale novità è la riscrittura dell’art. 51 comma 2 del TUIR, con la quale si prevede

    la defiscalizzazione e decontribuzione integrale di prestazioni e servizi (con fini di educazione, istruzione,ricreazione, assistenza sociale e sanitaria, culto) messi a disposizione dei lavoratori, anche se previsti da

    disposizioni di contratti aziendali.Ulteriore novità è l’estensione anche a servizi previsti in favore dei familiari indicati dall’art. 12 TUIR (anche se

    fiscalmente non a carico) qualora abbiano ad oggetto servizi di educazione e istruzione anche in etàprescolare, compresi i servizi integrativi e di mensa ad essi connessi, nonché per la frequenza di ludoteche e

    di centri estivi e invernali e per borse di studio a favore dei medesimi familiari. Sono esenti anche le sommee le prestazioni finalizzate alla fruizione di servizi di assistenza ai familiari anziani o non autosufficienti.

    Per fruire di tali agevolazioni, è necessario che i servizi e le prestazioni di cui sopra siano garantite alla“generalità dei dipendenti o a categorie di dipendenti”. Non può, dunque, trattarsi di benefit concessi a singoli

    lavoratori, ed è evidente che l’impostazione della norma mira a incentivare l’inserimento delle misure di welfare

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    Newsletter T&Ptra le materie di contrattazione decentrata.Da segnalare: non è necessario che l’azienda eroghi direttamente i servizi, ma potrà ricorrere anche a

    voucher, da spendere presso fornitori di servizi convenzionati. La Legge di Stabilità ha infatti riscritto l’art. 51del TUIR, prevedendo che la erogazione di beni, prestazioni, opere e servizi da parte del datore di lavoro

    possa avvenire “mediante documenti di legittimazione, in formato cartaceo o elettronico, riportanti un valorenominale”.

    Dal lato del lavoratore, la principale novità è che, per i premi di produttività previsti da accordi aziendali, potràessere lasciata al lavoratore stesso la scelta di “scambiare” il premio retributivo con prestazioni di welfareintegrativo, mantenendo la detassazione e decontribuzione totale.

    Le nuove misure si spera possano suscitare l’attenzione anche delle imprese medio-piccole. Del resto, al di làdei benefici fiscali, sempre più aziende (per il momento, principalmente le grandi imprese e le multinazionali) si

    rendono conto che interventi finalizzati a creare un welfare-system endoaziendale aiutano a migliorare il climaaziendale e a ridurre l’assenteismo ed il turnover, oltre ad influire positivamente sull’immagine del “brand”.

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    JOB24 - Il Sole 24 Ore: 15/3/2016 

    VIDEO Incentivi – Welfare aziendale e

    le novità della legge di stabilità 2016 

    Intervista a Valeria De Lucia

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  • 8/18/2019 Newsletter T&P N°99

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    Newsletter T&PLa retribuzione minima imponibile è derogabile?

     A cura di Damiana LesceL’Associazione Nazionale Consulenti del Lavoro ha avanzato istanza di interpello al fine di conoscere il

    parere della Direzione generale del Ministero del Lavoro in ordine alla corretta interpretazione dell’art. 8

    del D.L. n. 138/2011 (convertito nella L. n. 148/2011) concernente il sostegno alla contrattazione

    collettiva di prossimità. 

    1. Più precisamente, è stato chiesto:se i livelli retributivi fissati dai contratti di prossimità possano fissare una

    base imponibile anche in deroga ai minimali contributivi sanciti dall’art. 1 D.L. n. 338/1989;2. se il rispetto dei contratti di prossimità può essere sufficiente ai fini dell’ottenimento del documento unico

    di regolarità contributiva (DURC), oppure se questo può essere rilasciato solo se viene rispettato ilcontratto collettivo nazionale.

    " La risposta è stata data con l’interpello n. 7 del 12 febbraio 2016. 

    1. L’art. 1 del decreto legge 338/1989 stabilisce che il calcolo dei contributi previdenziali  deve fare

    riferimento all’importo delle retribuzioni previsto da leggi, regolamenti e contratti collettivi. L’art. 8 del D.Lgs.n. 138/2011 (convertito nella L. n. 148/2011), invece, disciplina il c.d. contratto di prossimità, vale a dire

    l’accordo collettivo siglato a livello aziendale o territoriale che, sussistendo determinate condizioni, puòderogare le norme di legge o di contratto collettivo: (comma 1): “i contratti collettivi di lavoro sottoscritti a livello aziendale o territoriale da associazioni dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano

     nazionale o territoriale ovvero dalle loro rappresentanze sindacali operanti in azienda ai sensi della normativa di legge e degli accordi interconfederali vigenti, (…) possono realizzare  specifiche intese con

    efficacia nei confronti di tutti i lavoratori interessati a condizione di essere sottoscritte sulla base di un

    criterio maggioritario relativo alle predette rappresentanze sindacali, finalizzate alla maggiore occupazione,

     alla qualità dei contratti di lavoro”. Le intese possono riguardare le materie inerenti l’organizzazione del

    lavoro e della produzione riferite agli aspetti elencati nel comma 2: “Le specifiche intese di cui al comma 1 possono riguardare la regolazione delle materie inerenti l'organizzazione del lavoro e della produzione con

     riferimento:  a)  agli impianti audiovisivi e alla introduzione di nuove tecnologie;  b)  alle mansioni del

     lavoratore, alla classificazione e inquadramento del personale; c) ai contratti a termine, ai contratti a orario

     ridotto, modulato o flessibile, al regime della solidarietà negli appalti e ai casi di ricorso allasomministrazione di lavoro; d) alla disciplina dell'orario di lavoro; e) alle modalità di assunzione e disciplina

    del rapporto di lavoro, comprese le collaborazioni coordinate e continuative a progetto e le partite IVA, alla

    trasformazione e conversione dei contratti di lavoro e alle conseguenze del recesso dal rapporto di lavoro,

    fatta eccezione per il licenziamento discriminatorio, il licenziamento della lavoratrice in concomitanza del

     matrimonio, il licenziamento della lavoratrice dall'inizio del periodo di gravidanza fino al termine dei periodi di

     interdizione al lavoro, nonché fino ad un anno di età del bambino, il licenziamento causato dalla domanda o

    dalla fruizione del congedo parentale e per la malattia del bambino da parte della lavoratrice o del

     lavoratore ed il licenziamento in caso di adozione o affidamento”.

    Richiamato il tenore letterale dell’articolo 8 del D.L. 148, il Ministero afferma che i contratti di prossimità nonpossono modificare l’importo della retribuzione imponibile minima da utilizzare ai fini previdenziali stabilito

    dagli accordi collettivi nazionali siglati dalle organizzazioni sindacali dotate di rappresentatività comparativa.E ciò in quanto la predetta norma non annovera l’imponibile minimo contributivo - “rispetto al quale opera

    comunque un limite inderogabile di rilievo costituzionale dettato dell’art. 36”  - tra le materie che possono

    www.trifiro.it

    http://www.cliclavoro.gov.it/Normative/Interpello_n7_2016.pdfhttp://www.cliclavoro.gov.it/Normative/Interpello_n7_2016.pdfhttp://www.trifiro.it/http://www.trifiro.it/

  • 8/18/2019 Newsletter T&P N°99

    7/21N°99 Marzo 2016 7

    Newsletter T&Pessere oggetto di una disciplina in deroga.

    Inoltre, le intese di cui alla contrattazione di prossimità esplicano i propri effetti esclusivamente tra le parti e,

    pertanto, non possono avere efficacia nei confronti degli Istituti previdenziali, estranei alla loro sottoscrizione:

    2. Con riferimento al secondo quesito, il Ministero richiama l’art. 1, comma 1175, della L. n. 296/2006 che

    richiede, ai fini della fruizione dei benefici normativi e contributivi, non solo il possesso del DURC el’osservanza “degli accordi e contratti collettivi nazionali nonché di quelli regionali, territoriali o aziendali, laddove sottoscritti, stipulati dalle organizzazioni sindacali (…) comparativamente più rappresentative sul

     piano nazionale”, ma anche il rispetto degli “altri obblighi di legge”. Ciò sta a significare che, qualora non sirispettino gli obblighi relativi alla determinazione della retribuzione imponibile indicati dalle L. n. 338/1989 e

    n. 549/1995, rispetto ai quali un contratto di prossimità non può validamente derogare, sarà

    evidentemente negata anche la fruizione dei benefici normativi e contributivi.• Benché l’interpello abbia ad oggetto, come innanzi visto, la possibilità di derogare i minimali contributivi,

    sollecitati dal richiamo fatto dal Ministero all’art. 36 della Costituzione ed al principio di inderogabilità, ci si

    chiede se, per ipotesi, pur garantendo agli Istituti il minimale da utilizzare a fini contributivi, gli accordi diprossimità non potrebbero prevedere un trattamento economico inferiore  a quello previsto dalla

    contrattazione collettiva nazionale.

    Seguendo il ragionamento del Ministero ed avendo, quindi, riguardo al tenore letterale dell’art. 8 del D.L. 148,

    la risposta dovrebbe essere negativa. Non si può, tuttavia, prescindere da una visione di insieme e, quindi,non tenere in considerazione la più recente evoluzione normativa del nostro ordinamento.Ci si riferisce, in particolare, al Decreto Legislativo 81/2015 del 24 giugno 2015 con il quale il Legislatore ha

    valorizzato la contrattazione di secondo livello, parificandola - seppur per determinati istituti - a quellanazionale. In tale contesto, tenuto conto che gli accordi di prossimità sono contratti collettivi sottoscritti da

    associazioni sindacali dotate di una rappresentatività certamente “qualificata”, se i predetti accordi possano omeno ritersi legittimati a individuare la misura dei quella retribuzione “proporzionale e sufficiente”, rispettosa

    del principio costituzionale di cui all’art. 36 Cost., è in realtà un tema aperto.

    Contratto a termine e diritto di precedenza: esonero contributivo A cura di Damiana Lesce

    Con l’interpello n. 7/2016 del 12 febbraio 2016, il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ha

    fornito chiarimenti in merito alla possibilità per il datore di lavoro di usufruire dell’esonero contributivo

    a fronte di un “diritto di precedenza” del lavoratore a tempo determinato.

    L’istanza di interpello, presentata da Confindustria, riguarda la corretta interpretazione dell’art. 24 del D.Lgs. n.81/2015 concernente l’esercizio del diritto di precedenza nell’ambito della disciplina del contratto a tempo

    determinato, nonché della disciplina relativa all’esonero contributivo nelle ipotesi di assunzioni a tempo

    indeterminato. In particolare, Confindustria ha chiesto se il datore di lavoro possa fruire dell’esonero ai finidell’assunzione/trasformazione a tempo indeterminato di un rapporto di lavoro nell’ipotesi in cui un altrolavoratore cessato da un contratto a termine, o con contratto a termine ancora in corso, non abbia

    esercitato il diritto di precedenza prima dell’assunzione stessa.

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    http://www.cliclavoro.gov.it/Normative/Interpello_n7_2016.pdfhttp://www.cliclavoro.gov.it/Normative/Interpello_n7_2016.pdfhttp://www.trifiro.it/http://www.trifiro.it/

  • 8/18/2019 Newsletter T&P N°99

    8/21N°99 Marzo 2016 8

    Newsletter T&PQuesta la risposta del Ministero.L’art. 24 del D.Lgs. n. 81/2015, in tema di diritto di precedenza, stabilisce “salvo diversa disposizione dei

    contratti collettivi, il lavoratore che, nell’esecuzione di uno o più contratti a tempo determinato presso la stessa azienda, ha prestato attività lavorativa per un periodo superiore a sei mesi ha diritto di precedenza nelle

     assunzioni a tempo indeterminato effettuate dal datore di lavoro entro i successivi dodici mesi con riferimento

     alle mansioni già espletate in esecuzione dei rapporti a termine”.Si ricorda, e lo ricorda anche il Ministero:

    • che “il diritto di precedenza deve essere espressamente richiamato nell’atto scritto di cui all’articolo 19,comma 4” (ovvero nell’atto scritto da cui risulti l’apposizione del termine al contratto);

    • che il diritto di precedenza “può essere esercitato a condizione che il lavoratore manifesti per iscritto la propria volontà in tal senso al datore di lavoro entro sei mesi dalla data di cessazione del rapporto di lavoro

     nei casi di cui ai commi 1 e 2, ed entro tre mesi nel caso di cui al comma 3 (…).” L’esercizio del diritto di precedenza consegue, dunque, alla volontà espressa per iscritto, da parte dellavoratore, entro i termini di legge.

    Fatta tale premessa - quindi in considerazione del fatto che il diritto di precedenza viene esercitato previamanifestazione espressa per iscritto da parte del lavoratore - il Ministero ritiene che, in mancanza o nelle more

    della stessa, il datore di lavoro possa legittimamente procedere alla assunzione di altri lavoratori o allatrasformazione di altri rapporti di lavoro a termine in essere. Ciò, evidentemente, sia nelle ipotesi in cui il

    contratto a termine di durata superiore a sei mesi sia cessato, che nel caso in cui il contratto a termine, unavolta trascorsi i sei mesi, risulti ancora in corso.

    In tal caso, in relazione alla possibilità di fruizione dell’esonero contributivo, risultano rispettate le condizionistabilite dall’art 31 del Dlgs. 151/2015, poiché non viene violato alcun diritto di precedenza ovvero posta in

    essere alcuna assunzione in attuazione di un obbligo di legge o contrattazione collettiva.Quindi, la condizione di cui all’art. 31, comma 1, lett. a), del D.Lgs. n. 150/2015 “.. gli incentivi non spettano se l'assunzione  costituisce attuazione di un obbligo preesistente, stabilito da norme di legge o della

    contrattazione collettiva, anche nel caso in cui il lavoratore avente diritto all'assunzione viene utilizzato

     mediante contratto di Somministrazione”  trova quindi applicazione solo qualora il lavoratore abbia

    manifestato per iscritto la volontà di avvalersi di tale diritto.

    In scadenza i termini per la presentazione delle domande di CIGOsenza “CSV” A cura di Damiana Lesce

    Con il Messaggio n. 1007 del 3 marzo 2016, l’INPS ha fornito importanti indicazioni concernenti le

    domande di cassa integrazione guadagni ordinaria (CIGO).

    In particolare, le indicazioni dell’INPS riguardano il file in formato CSV contenente le informazioni prescritte dal

    decreto n. 148/2015 e relative ai lavoratori addetti all’unità produttiva interessata dalla domanda di CIGO.

    Con messaggio n. 5919 del 24 settembre 2015 e successiva Circolare n. 197 del 2 dicembre 2015, inconsiderazione dell’immediata entrata in vigore del D.Lgs. 148/15 e quindi al fine di permettere alle aziende dipoter presentare le domande senza soluzione di continuità, l’INPS ha consentito in via transitoria l’invio del file

    in formato CSV anche successivamente alla domanda.

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  • 8/18/2019 Newsletter T&P N°99

    9/21N°99 Marzo 2016 9

    Newsletter T&PIn prosieguo, sono stati resi operativi i controlli formali  sul predetto elenco dei lavoratori per verificare laconformità del file CSV al foglio 1 dell’allegato 3 della Circolare 197/15.

    Da ultimo, con il Messaggio n. 1007 del 3 marzo 2016, l’INPS ha fornito le seguenti indicazioni:

    • per consentire alle aziende e agli intermediari di adeguarsi definitivamente ai predetti controlli, la fase transitoriaprevista dalla Circolare n. 197/15 si protrarrà fino al 31 marzo 2016. Pertanto, è prorogato sino al 31 marzo2016 il termine entro il quale è consentito inviare la domanda di CIGO senza allegare contestualmente il file nelformato CSV che potrà, quindi, essere inviato successivamente. L’allegato dovrà, comunque, esseretrasmesso entro il 30 aprile 2016;

    • dal 1° aprile 2016  le domande prive dell’allegato CSV, o con un CSV non conforme a quanto previsto dalfoglio 1 dell’allegato 3 della Circolare 197/15, non saranno più accettate dal sistema informatico dell’INPS;

    • le domande che il sistema informatico dell’INPS non ha accettato per mancato superamento dei controllirelativi al file CSV nei giorni dal 26 febbraio al 3 marzo 2016 (data del Messaggio) potranno essere ripresentateentro il 21 marzo 2016;

    • entro il 30 aprile 2016 le Sedi INPS inviteranno le Aziende che hanno presentato una domanda di cassa primadel 26 febbraio 2016 con un allegato non conforme a ripresentare il file in formato CSV. Il file dovrà essereripresentato entro il termine di 15 giorni dalla richiesta; il termine è perentorio e il mancato rispetto produrrà lareiezione della domanda per carenza di documentazione.

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  • 8/18/2019 Newsletter T&P N°99

    10/21N°99 Marzo 2016  $10

    LA SENTENZA DEL MESELEGITTIMO IL LICENZIAMENTO INDIVIDUALE PER SOPPRESSIONE DEL POSTO DI UNLAVORATORE GIÀ COLLOCATO IN MOBILITÀ E REINTEGRATO(Tribunale di Milano, ordinanza 4 marzo 2016)

    Un lavoratore, licenziato nell’ambito di una procedura di riduzione del personale, conveniva ingiudizio la sua ex datrice di lavoro, lamentando l’illegittimità del licenziamento intimato econtestando, in particolare, i criteri utilizzati dalla Società per individuare i lavoratori da licenziare.Il giudizio si concludeva con l’accertamento dell’illegittimità del licenziamento de quo per violazionedei criteri di scelta legali e la conseguente condanna della Società alla reintegrazione del dipendente

    nel posto di lavoro. L’Azienda attivava immediatamente la procedura di cui all’art. 7 della l. n.604/66, intimando al lavoratore un nuovo licenziamento, questa volta motivato dalla soppressionedel posto di lavoro, che era venuto meno per effetto della riorganizzazione dell’assetto societarionell’ambito della quale aveva avuto luogo la citata procedura di mobilità.In particolare, la Società argomentava che, poiché la struttura organizzativa presso la quale illavoratore aveva svolto la propria prestazione era stata soppressa (come già previsto dal programmadi riorganizzazione aziendale), il dipendente in questione non poteva essere utilmente reintegratonell’organizzazione aziendale, difettando posizioni vacanti a cui poterlo proficuamente assegnare.In conseguenza di ciò, il lavoratore conveniva nuovamente in giudizio la società, domandandol’accertamento della illiceità e della nullità anche del secondo licenziamento.

    Denunciava, infatti, il ricorrente la sostanziale identità delle motivazioni del licenziamento individualecon quelle del precedente licenziamento collettivo, ritenuto invalido dal primo giudice.Lamentava, inoltre, che - omettendo di riammetterlo in servizio e utilizzando per il nuovolicenziamento gli stessi presupposti di fatto già posti a base del licenziamento collettivo - la Societàavrebbe inteso raggiungere il medesimo risultato perseguito con la procedura di riduzione delpersonale, ma eludendo le rigorose norme imperative di comparazione stabilite dalla l.n. 223/1991.Da ciò la asserita nullità del licenziamento per frode alla legge, ai sensi dell’art. 1344 c.c..La Società resisteva sottolineando, in primo luogo, l’autonomia e l’autosufficienza del nuovolicenziamento rispetto a quello precedentemente intimato nel contesto della citata procedura diriduzione del personale. Inoltre, l’ex datore di lavoro esponeva che non si sarebbe potuto in nessun

    caso parlare di elusione di una norma imperativa - e, dunque, di frode alla legge - in quanto, nelsecondo licenziamento, non sarebbero sussistiti i presupposti per l’applicazione della l. n. 223/91.Il Giudice, nel recepire integralmente le difese della Società, ha ritenuto che il licenziamento inoggetto fosse effettivamente autonomo e distinto rispetto al precedente, negando che si trattassedello stesso licenziamento semplicemente reiterato.Inoltre, il Tribunale non ha rilevato alcun intento elusivo, teso ad aggirare l’applicazione della l. n.223/91, non sussistendo nella fattispecie i presupposti temporali e numerici per tale applicazione.La sentenza ha rilevato, quindi, che, mentre il licenziamento collettivo si fonda sulla presenza diesuberi in conseguenza di un programma di ristrutturazione aziendale, il licenziamento individuale è

    conseguenza della soppressione di una singola posizione lavorativa per effetto delle modificheorganizzative attuate dalla Società. Di conseguenza, il controllo giurisdizionale si svolge su due pianidiversi per i due diversi tipi di licenziamento: un controllo di tipo procedurale per il licenziamentocollettivo ed un controllo causale per il licenziamento individuale.

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  • 8/18/2019 Newsletter T&P N°99

    11/21N°99 Marzo 2016  $11

    Nel caso di specie, il Giudice ha riscontrato la presenza effettiva di un giustificato motivo oggettivo dilicenziamento, consistente nella soppressione della posizione lavorativa occupata precedentemente dal

    lavoratore, senza che il ricorrente fosse in grado di indicare eventuali posizioni alternative che avrebberopotuto essergli assegnate. Neppure, secondo il giudicante, varrebbero a inficiare la legittimità del

    licenziamento il fatto che il lavoratore non sia mai stato concretamente reintegrato in servizio o il fattoche le motivazioni su cui esso si è fondato siano le medesime già infruttuosamente utilizzate per intimareil licenziamento collettivo. La sentenza riconosce, infatti, che il datore di lavoro è libero di intimare al

    lavoratore un nuovo licenziamento - ove ne sussistano i requisiti - anche sulla base di motivazioni giàposte a fondamento di un precedente licenziamento inficiato da nullità o comunque inefficace,

    risolvendosi detta rinnovazione nel compimento di un negozio diverso dal precedente. È dunquepossibile, nel caso in cui sia ordinata la reintegrazione nel posto di lavoro di un ex dipendente, licenziato

    in seguito a una procedura di riduzione del personale viziata, licenziare nuovamente lo stesso persoppressione del posto di lavoro - a condizione che sussistano i presupposti per detto licenziamento -

    anche adducendo le medesime ragioni di fatto che si trovavano alla base del licenziamento collettivo.Causa seguita da Claudio Ponari e Giorgio Molteni 

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  • 8/18/2019 Newsletter T&P N°99

    12/21N°99 Marzo 2016  $12

     ALTRE SENTENZE LA CORTE DI APPELLO DI MILANO SI UNIFORMA ALLA CASSAZIONE: LAVORARE SINO A 70 ANNI È UNA OPZIONE, NON UN DIRITTO( Corte d’Appello di Milano, 4 marzo 2016)

    Con la sentenza n. 331/2016, pubblicata il 4 marzo 2016, la Corte di Appello di Milano, che in passato siera pronunciata in senso diverso, prende atto della pronuncia a Sezioni Unite della Corte di Cassazionen. 17589/2015 e la fa propria. Oltre al tema dell’inquadramento dell’INPGI, con riferimento all’ambito diapplicabilità dell’art. 24, comma 4, D.L. n. 201 del 2011 (convertito dalla L. 22 dicembre 2011, n. 214),viene confermato che deve escludersi la sussistenza in capo al lavoratore di un diritto soggettivopotestativo alla prosecuzione dell’attività lavorativa fino al raggiungimento del 70° anno di età.La disposizione dell’art. 24, comma 4, non crea alcun automatismo, ma si limita a prefigurare condizioniprevidenziali di incentivo alla prosecuzione dello stesso rapporto per un lasso di tempo che può

    estendersi fino ai settanta anni di età. La norma, quindi, stabilisce soltanto la possibilità che, grazieall’operare di coefficienti di trasformazione calcolati fino all’età di settanta anni, si determinino lecondizioni per consentire ai lavoratori interessati di proseguire nel rapporto di lavoro oltre i limiti previstidalla normativa di settore. A tal fine, tuttavia, è necessario il consenso (alla prosecuzione del rapporto) daparte del datore di lavoro. L’ultima parte del comma 4 dell’art. 24, D.L. n. 201 del 2011 non puòcostituire in sé titolo per l’attribuzione di un diritto potestativo a permanere in servizio sino a settant’anni.Bisogna, infatti, considerare il contesto normativo in cui l’estensione della tutela dell’art. 18 StatutoLavoratori è all’evidenza ricollegata all’ipotesi in cui le parti abbiano consensualmente ritenuto diprocrastinare la durata del rapporto, in presenza delle condizioni di adeguamento pensionistico fissatedallo stesso comma 4.

    Causa seguita da Giacinto Favalli e Damiana Lesce 

    IL RICORSO È NULLO SE IL LAVORATORE RIVENDICA DIFFERENZE RETRIBUTIVE, SENZASPECIFICARE LE RAGIONI DI DIRITTO DELLA DOMANDA  ( Tribunale di Brescia, 1 febbraio 2016)Con ricorso congiunto, un gruppo di lavoratori ha convenuto in giudizio il proprio datore di lavororivendicando il preteso diritto al pagamento di differenze retributive. Nello specifico, i lavoratori hannochiesto il pagamento della retribuzione con riferimento al tempo impiegato dagli stessi per spostarsi dallasede di residenza al luogo ove si è tenuto un corso di formazione a cui i medesimi hanno partecipato in

    veste di responsabili della sicurezza (RLS) per le unità produttive di rispettiva assegnazione. Tale pretesaè stata giustificata chiedendo genericamente “l’applicazione del C.C.N.L. di categoria ex art. 36 Cost.”.Il ricorso è stato rigettato allo stato degli atti, in accoglimento della eccezione di nullità sollevatadall’azienda. La sentenza ha sottolineato che il ricorso deve “individuare compiutamente e chiaramente le ragioni di diritto poste a fondamento delle domande proposte in causa”, non potendosi limitare ad ungenerico richiamo ai principi costituzionali e/o a disposizioni, non meglio individuate, del C.C.N.L.. Ciòvale a maggior ragione laddove - come nel caso di specie - il preteso diritto alla retribuzione è statorivendicato dai lavoratori con riferimento ad una attività (lo spostamento dalla residenza alla sede delcorso di formazione) che, in base alla definizione normativa, non costituisce prestazione di lavoro ed èavvenuta al di fuori dell’orario contrattuale.

    Causa seguita da Tommaso Targa

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  • 8/18/2019 Newsletter T&P N°99

    13/21N°99 Marzo 2016  $13

    Newsletter T&P www.trifiro.itOSSERVATORIO SULLA CASSAZIONE

     A cura di Stefano Beretta e Antonio Cazzella

    LEGITTIMO IL LICENZIAMENTO DEL LAVORATORE CHE TRASCORRE SOLO UNA MINIMAPARTE DEI PERMESSI “104” CON IL PARENTE DISABILE 

    Con sentenza n. 5574 del 22 marzo 2016 la Corte di Cassazione ha confermato la legittimità dellicenziamento per giusta causa intimato al lavoratore che utilizza i permessi della legge n. 104/1992per tutelare i suoi interessi in luogo di quelli del parente bisognoso di cure: nel caso di specie, è statoaccertato che il dipendente si era recato presso l’abitazione del parente disabile solo quattro ore etredici minuti, ovvero il 17,5 del tempo totale concesso. La Suprema Corte ha rilevato che talecondotta dimostra un sostanziale disinteresse per le esigenze aziendali e costituisce una grave

    violazione dei principi di correttezza e di buona fede: in particolare, è stato accertato che, ai fini dellalesione del vincolo fiduciario, non rileva la circostanza che il lavoratore non abbia utilizzato i permessiper svolgere altra attività lavorativa bensì la condotta abusiva, che è tale pur non essendo necessariala continuità ed esclusività nell’assistenza del disabile. 

    LEGITTIMO IL LICENZIAMENTO DEL DIPENDENTE CHE RIFIUTA DI ESEGUIRE LA PRESTAZIONEIN SEDE 

    Con sentenza n. 5056 del 15 marzo 2016 la Corte di Cassazione ha confermato la legittimità dellicenziamento disciplinare intimato alla lavoratrice, intenzionata a continuare lo svolgimento dellapropria prestazione da casa, contrariamente a quanto richiesto dal datore; in particolare, la

    dipendente ha rilevato che lo svolgimento delle mansioni presso la sede aziendale le avrebbecomportato un aggravio della prestazione. La Suprema Corte ha evidenziato che rientra nellapotestà organizzativa del datore di lavoro decidere la sede di svolgimento della prestazione ed è,dunque, legittimo l’ordine che impone di mutare il relativo luogo di lavoro dal domiciliodell’interessata ai locali aziendali. Né, peraltro, si può affermare che la casa della dipendentecostituisce un “prolungamento” dell’azienda, laddove, al massimo, il domicilio potrebbe configurarsicome dipendenza aziendale rilevante ai soli fini della competenza territoriale ex art. 413 c.p.c..

    LEGITTIMO L’INTERVENTO DI INTEGRAZIONE DEL CCNL PER EVITARE IPOTESI DIDISCRIMINAZIONE 

    Con sentenza n. 4689 del 10 marzo 2016 la Corte di Cassazione ha affermato che il giudice,interpretando il contratto collettivo, ben può individuare un criterio suppletivo per connotare gliobblighi del datore in modo da evitare che le lavoratrici siano penalizzate, ad esempio, neltrattamento economico in ipotesi non espressamente disciplinate dalla fonte contrattuale. Nel casodi specie, il contratto collettivo, al fine di valutare la retribuzione di risultato, considerava (tra l’altro) laqualità della prestazione individuale - intesa come presenza in servizio - e, in particolare, consideravacome presenza solo le ferie e le assenze obbligatorie per legge: la lavoratrice era stata, invece,assente per congedo di maternità facoltativo e, per tale motivo, non le era stata corrisposta laretribuzione di risultato. La Corte territoriale ha quindi operato un intervento di integrazione dellafonte contrattuale, facendo riferimento a quanto percepito dalla lavoratrice l’anno precedente al finedi determinare, in via equitativa, l’ammontare della retribuzione di risultato. A tal riguardo, la SupremaCorte ha rilevato che tale intervento di integrazione del contratto ex art. 1374 c.c. trova correttofondamento nel fatto che la penalizzazione della lavoratrice in maternità è contraria a principi generaliaffermati dalle norme comunitarie (direttiva 2006/54/CE), oltre che dallo Statuto dei lavoratori.

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  • 8/18/2019 Newsletter T&P N°99

    14/21N°99 Marzo 2016  $14

    Newsletter T&P www.trifiro.itCivile, Commerciale,

     AssicurativoPRETESA ILLEGITTIMA SEGNALAZIONE ALLA CENTRALE RISCHI: ONERI PROBATORI IN CAPO ALL’ATTORE( Tribunale di Lodi sentenza n. 139, 25 febbraio 2016) 

    Un cliente, correntista di una Banca, conveniva in giudizio la medesima per chiedere il risarcimento di

    pretesi danni anche all’immagine, poiché l’istituto aveva segnalato alla Centrale Rischi della Banca d’Italiail passaggio a sofferenza di un credito verso la cliente, connesso all’acquisto di determinati warrants sudisposizioni del correntista.La causa era avviata decorsi 5 anni dalla segnalazione; peraltro solo dopo l’instaurazione del giudizio,l’attore formulava anche una richiesta di cancellazione della segnalazione.La Banca si costituiva ritualmente, evidenziando la legittimità della propria condotta anche in relazione allanormativa in materia esistente all’epoca, nonché alla situazione debitoria del correntista.Inoltre, rilevava l’inesistenza di qualsivoglia prova di danno e l’inammissibilità della nuova domandaconcernente la cancellazione della segnalazione dallo storico della Centrale dei Rischi, poiché nonformulata tempestivamente.Il Tribunale, con la sentenza in esame, ha respinto le pretese dell’attrice asserendo che - a prescinderedalle dissertazioni sulla normativa vigente all’epoca per le situazioni di segnalazione da parte degli istitutidi credito alla Centrale Rischi - la correntista non ha fornito la benché minima prova dell’esistenza diqualsivoglia pregiudizio né, tantomeno, il nesso di causalità fra un presunto danno e la segnalazionecompiuta dalla Banca.E ancora, la circostanza che l’attrice abbia rilevato solo nel 2013 la segnalazione (risalente al 1999),costituiva chiara dimostrazione che la medesima non aveva avuto alcun effetto pregiudizievole, neppuresull’immagine e sulla reputazione.

    In tale contesto risulta del tutto superfluo - secondo il Tribunale - un qualsivoglia accertamento in ordinead eventuali inadempimenti di obblighi contrattuali in capo all’Istituto di Credito, poiché anche un ipoteticoinadempimento non comporta un danno in re ipsa. Per la stessa ragione, non è stata accolta anche larichiesta di determinazione equitativa del danno. Quest’ultima presuppone, infatti, la certezzadell’esistenza del pregiudizio e l’impossibilità di valutarlo nel suo preciso ammontare.Il Tribunale, infine, ha ritenuto inammissibile la domanda volta ad ottenere la cancellazione dellasegnalazione dallo Storico della Centrale Rischi, in quanto formulata tardivamente e non potendosi lastessa considerare quale mera esplicitazione della domanda dedotta con l’atto di citazione. All’esito, quindi, sono state respinte le domande formulate verso la Banca con condanna dell’attrice al

    pagamento delle spese di causa.Causa seguita da Vittorio Provera 

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  • 8/18/2019 Newsletter T&P N°99

    15/21N°99 Marzo 2016  $15

    Newsletter T&P ASSICURAZIONI, LOCAZIONI,RESPONSABILITÀ  

     A cura di Bonaventura Minutolo e Teresa Cofano

    COMPENSO DEL 

    MEDIATORE

     Ai fini del riconoscimento del compenso al mediatore, è necessario che coluiche abbia messo in relazione due o più parti per la conclusione di un affaresia regolarmente iscritto all'Albo dei mediatori professionali, mentre è

    sufficiente a far sorgere il diritto al compenso che l'iscrizione sia intervenutadopo l'inizio dell'attività di mediazione e, finché essa sia in corso, e tuttavia, in

    questo caso la provvigione è dovuta solo da quel momento. Ne consegueche chi abbia svolto attività di intermediazione è tenuto a restituire l'acconto

    percepito, quando ancora non possedeva la qualifica di mediatoreprofessionale per mancanza di iscrizione nell'apposito albo, non bastando la

    sopravvenienza della suddetta qualifica nel corso del rapporto di mediazione,né l'unitarietà del compenso spettante al mediatore a legittimare "ex post" un

    pagamento non consentito dalla legge al momento della sua effettuazione.(Corte di Cassazione, 29 gennaio 2016, n. 1735)

    LOCAZIONE – RINNOVO 

    TACITO

    Ove la disdetta non sia stata intimata entro la scadenza del secondoquadriennio - come nel caso di specie - il contratto è rinnovato ulteriormente

    alle medesime condizioni, ma tale previsione legislativa non può cheintendersi nel senso di un rinnovo quadriennale, risultandone altrimenti una

    situazione difforme dalla volontà della legge ed eccessivamente sbilanciata afavore del conduttore; la disposizione, infatti, riguarda solo il primo rinnovo

    dopo la modifica legislativa, per cui, permanendo il silenzio del locatore finoalla seconda scadenza, il rinnovo tacito può avere luogo per soli altri quattro

    anni e non per altri quattro più quattro.

    (Corte di Cassazione, 1 febbraio 2016, n. 1881)

    LETTERE DI PATRONAGE

    Con riguardo alle cosiddette lettere di "patronage", che una societàcapogruppo o controllante indirizzi ad una banca, affinché questaconceda, mantenga o rinnovi un credito a favore di una societàcontrollata, l'indagine diretta a stabilire se le lettere medesime si limitino acontenere dati e notizie sulla situazione del gruppo o sul rapporto dicontrollo, rilevanti al solo fine di mettere la banca in condizione di valutareadeguatamente l'opportunità di riconoscere detto credito, ovveroimplichino anche l'assunzione di garanzia fideiussoria per i debiti della

    società controllata, si traduce in un accertamento di merito, come taleinsindacabile in sede di legittimità, se correttamente ed adeguatamentemotivato.(Corte di Cassazione, 9 febbraio 2016, n. 2539)

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  • 8/18/2019 Newsletter T&P N°99

    16/21N°99 Marzo 2016  $16

    Newsletter T&P www.trifiro.it

    M ALA GESTIO 

    IMPROPRIA

    Nei casi di responsabilità da mala gestio cd impropria, poiché laresponsabilità da colpevole ritardo, nell'ambito del rapporto tra assicuratore e

    danneggiato è fondata sulla costituzione in mora del primo ex art. 22 dellalegge n. 990 del 1969, non è necessario che il danneggiato, per ottenere la

    corresponsione degli interessi e della rivalutazione oltre il limite del massimale,formuli una specifica domanda, essendo sufficiente che abbia chiesto

    l'integrale risarcimento del danno ovvero, anche, che abbia richiesto ilpagamento degli interessi.(Corte di Cassazione, 17 febbraio 2016, n. 3014)

    RESPONSABILITÀ DEL 

    VETTORE  AEREO

    La Convenzione per l’unificazione di alcune norme relative al trasporto aereo

    internazionale, conclusa a Montreal il 28 maggio 1999 e approvata a nome

    della Comunità europea con la decisione 2001/539/CE del Consiglio, del 5aprile 2001, e segnatamente i suoi articoli 19, 22 e 29, deve essereinterpretata nel senso che un vettore aereo che ha concluso un contratto di

    trasporto internazionale con un datore di lavoro di persone trasportate inqualità di passeggeri è responsabile, nei confronti di tale datore di lavoro, deldanno derivante dal ritardo dei voli effettuati dai dipendenti di quest’ultimo in

    esecuzione di tale contratto e attinente alle spese supplementari sostenutedal suddetto datore di lavoro.(Corte di Giustizia Ue, 17 febbraio 2016, n. C-429/14)

     ASSICURAZIONE SULLA 

    VITA

    Nell’assicurazione sulla vita, l’indicazione di un terzo come beneficiario dipersona non legata al designante da un vincolo di mantenimento o didipendenza economica, deve presumersi, fino a prova contraria, compiuta a

    spirito di liberalità, e costituisce una donazione indiretta. Ne consegue che adessa è applicabile l’art. 775 c.c. e se, compiuta da incapace naturale, è

    annullabile a prescindere dal pregiudizio che quest’ultimo possa avernerisentito.(Corte di Cassazione, 19 febbraio 2016, n. 3263)

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  • 8/18/2019 Newsletter T&P N°99

    17/21N°99 Marzo 2016  17

    IL PUNTO SU A cura di Vittorio Provera

     AMPLIAMENTO DELLA RESPONSABILITÀ CIVILE DEGLI AMMINISTRATORI DISOCIETÀ DI CAPITALI 

    Le Società di capitali, soprattutto se operanti nei settori finanziari ed assicurativi (quindi anche sottopostea controlli degli organi di vigilanza), sono oggetto di una complessa e sempre più articolata disciplina

    normativa e regolamentare, che impone ai membri dell’Organo Gestorio, anche se non esecutivi, unacondotta oltremodo attenta e proattiva.

     Al riguardo, assume particolare rilievo una recente sentenza della Corte di Cassazione (pronunciapubblicata il 9 novembre 2015 n. 22848 Sez. I Civile), la quale ha delineato taluni importanti principi che

    determinano un ampliamento del contesto di possibile responsabilità di questa figura. Il caso prendespunto da un provvedimento della Banca d’Italia del 14 maggio 2008 n. 301, con il quale erano state

    irrogate sanzioni amministrative a tre Amministratori non esecutivi di una Banca, per mancati rilievi inordine a molteplici e gravi irregolarità nella conduzione dell’Istituto. Avverso il provvedimento

    sanzionatorio era stata proposta opposizione dagli interessati avanti alla Corte d’Appello di Roma; laquale respingeva il ricorso con decreto del 13 febbraio 2009. In tale provvedimento si era affermato,

    innanzitutto, che gli Amministratori non esecutivi debbono esercitare sui Consiglieri Delegati i necessariopportuni controlli, come risulta dal nuovo testo dell’art. 2392 C.C. da porre in relazione con quantoprevisto dall’art. 2381 C.C. Nella specie, le infrazioni rilevate in sede ispettiva, atteso il loro numero, la

    gravità e coinvolgendo interi comparti operativi, avrebbero dovuto essere tempestivamente percepiti da Amministratori “attenti ed oculati”, ancorché sprovvisti di compiti esecutivi.

    Il decreto e stato quindi oggetto di ricorso avanti alla Suprema Corte ad opera di uno dei Consiglierisanzionati.

    Due sono stati i motivi allegati: (i) l’inesistenza di un coinvolgimento del medesimo nelle indagini penali(al contrario dell’Amministratore Delegato coinvolto in ipotesi di associazione a delinquere finalizzato a

    sottrarre denaro alla Banca), da cui doveva conseguire l’esclusione di condotte colpose; (ii) unaillegittima inversione dell’onere probatorio, poiché il provvedimento della Banca d’Italia si sarebbe limitato

    ad elencare una serie di fatti, affermando, apoditticamente, che un diligente amministratore (ancorchénon esecutivo) non poteva ignorare i medesimi.

    La Suprema Corte, nel respingere il ricorso, ha affrontato la questione riguardante i limiti ed i presuppostidella responsabilità degli amministratori privi di delega nel nuovo sistema di diritto societario, delineatodalla riforma del 2003. In punto si è ribadito, innanzitutto, che l’attuale art. 2392 C.C. ha superato

    qualsiasi ipotesi di responsabilità, oggettiva quindi riconducibile solo alla mera carica ricoperta.

     Al contrario, la nuova norma prevede che vi sia uno specifico comportamento colposo che puòconsistere o nell’inadeguata conoscenza del fatto altrui; o nel non essersi diligentemente e utilmenteattivato al fine di evitare un determinato evento.

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  • 8/18/2019 Newsletter T&P N°99

    18/21N°99 Marzo 2016  18

    Newsletter T&PL’Amministratore, nel primo, caso è colpevole laddove non ha rilevato i segnali di una illecita gestione da

    parte dei Consiglieri delegati, in presenza di sintomi individuabili con la diligenza richiesta dalla carica

    ricoperta. In proposito, tuttavia, non si può circoscrivere la conoscibilità al fatto che di tali segnali non vifosse traccia nei cosiddetti flussi informativi imposti dall’art. 2381 comma 6 C.C..

    Infatti, a fronte di sintomo di pericolo o di patologia del fatto illecito posti in essere dai delegati -

    percepibili con la citata ordinaria diligenza imposta al Consigliere anche non operativo - questi è tenutoad attivarsi per richiedere ogni utile informazione, anche al di fuori dei canali codificati. In tal modoverrebbe soddisfatto anche il requisito del citato art. 2381 ult. co. C.C., che impone agli Amministratori

    di agire in modo informato. Quale necessario corollario del principio sopra indicato si pone, per i Giudicidi legittimità, l’ulteriore obbligo di attivazione, ovvero di assunzione di tutte quelle iniziative rientranti nelle

    attribuzioni dell’Amministratore privo di deleghe volte ad impedire le condotte da cui possa derivaredanno alla Società (ad esempio: convocando il Consiglio di Amministrazione, sollecitando la revoca di

    delibere illegittime, o inviando richieste scritte all’Organo Gestorio delegato di desistere dall’attivitàdannosa, o impugnando le delibere ex art. 2391, o segnalando al PM o all’Autorità di vigilanza tali

    condotte, ecc).

    Sul punto concernente l’onere probatorio, si è statuito, nella sentenza in esame, che il soggetto

    promotore dell’iniziativa inerente una asserita responsabilità deve allegare e provare - a fronte di inerziadegli amministratori non delegati - l’esistenza di quei segnali di allarme (anche impliciti nelle anomale

    condotte gestorie) che avrebbero imposto ai Consiglieri non operativi di richiedere idonee supplementari

    informazioni, anche attraverso canali alternativi e comunque di attivarsi per limitare/impedire le condotte.Permane , invece, in capo agli stessi Amministratori l’onere di dimostrare: (i) l’esistenza di valide ragioniche abbiano impedito di percepire i richiamati sintomi di allarme; (ii) in alternativa, di aver tenutoappropriata condotta attiva, potenzialmente idonea a scongiurare il danno.

    Peraltro, in materia di sanzioni amministrative degli Organi di Vigilanza, opera una presunzione di colpacon conseguente inversione dell’onere probatorio (con regime analogo alla responsabilità contrattuale

    dell’Amministratore verso le società).

    Nella sentenza, infine, si sottolinea che i doveri di cui sopra sono considerati ancora più pregnanti,

    allorché si tratti della gestione di società bancarie, ove vi è una rilevanza pubblicistica di interessi protetti

    dalla normativa, cosicché si richiedono doti di professionalità elevate, a cui consegue un regime diresponsabilità ancor più rigoroso.

    In conclusione, la pronuncia risulta innovativa poiché - focalizzando l’attenzione sul dovere di diligenza

    gravante sui consiglieri non esecutivi ed introducendo il concetto di conoscibilità, acquisibile anchetramite l’attivazione di canali informativi diversi da quelli istituzionalizzati dalla normativa - dilata in modo

    rilevante i doveri dei medesimi, imponendo agli stessi condotte molto più attente e professionali, sia infase di acquisizione di informazioni che di conseguenti iniziative.

    È probabile che la pronuncia condizionerà le determinazioni delle Corti di Merito, anche considerando

    l’attuale momento, in cui il tema della gestione delle società bancarie è oggetto di particolari attenzioni,sia mediatiche che giudiziarie.

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  • 8/18/2019 Newsletter T&P N°99

    19/21N°99 Marzo 2016  $19

    Video e Eventi

    JOB24 - Il Sole 24 Ore: 7/3/2016 

    VIDEO Molestie e violenza nei luoghi di

    lavoro – Quanto è e%cace l’accordo

    imprese-sindacato? 

    Intervista a Anna Maria Corna

    JOB24 - Il Sole 24 Ore: 14/3/2016 

    VIDEO Dimissioni – Le nuove modalità

    telematiche 

    Intervista a Tommaso Targa

    Milano, 19 aprile 2016

    Carlton Hotel Baglioni 

    Convegno Paradigma: La gestione degli Expatriates

    La cessazione del rapporto e la gestione del contenzioso 

    Relatori: Giacinto Favalli, Damiana Lesce

    Perugia, 9-11 Giugno 2016

    Convegno nazionale AGI: Le nuove frontiere del lavoro

    10 Giugno 2016, ore 11.45 

    Un anno di Jobs Act. Il mestiere del giuslavorista ai tempi del Jobs Act. 

    Relatore: Giacinto Favalli

     ARCHIVIO EVENTI

    Brescia, 24 Marzo 2016

    Incontro Associazione Industriale Bresciana: Controlli a distanza sull'attività dei lavoratoriRelatore: Giacinto Favalli

    VIDEO 

    http://www.trifiro.info/2016/03/14/dimissioni-le-nuove-modalita-telematiche/http://www.trifiro.info/2016/03/07/molestie-e-violenza-nei-luoghi-di-lavoro/http://www.trifiro.info/2016/03/07/molestie-e-violenza-nei-luoghi-di-lavoro/http://www.trifiro.info/2016/03/30/incontro-aib-controlli-a-distanza-sullattivita-dei-lavoratori-brescia-24-marzo-2016/http://www.trifiro.info/2016/03/30/incontro-aib-controlli-a-distanza-sullattivita-dei-lavoratori-brescia-24-marzo-2016/http://www.trifiro.info/2016/03/09/convegno-nazionale-agi-perugia-9-11-giugno-2016/http://www.trifiro.info/2016/03/08/convegno-la-gestione-degli-expatriates-milano-19-aprile-2016/http://www.trifiro.info/2016/03/30/incontro-aib-controlli-a-distanza-sullattivita-dei-lavoratori-brescia-24-marzo-2016/http://www.trifiro.info/2016/03/30/incontro-aib-controlli-a-distanza-sullattivita-dei-lavoratori-brescia-24-marzo-2016/http://www.trifiro.info/2016/03/09/convegno-nazionale-agi-perugia-9-11-giugno-2016/http://www.trifiro.info/2016/03/08/convegno-la-gestione-degli-expatriates-milano-19-aprile-2016/http://www.trifiro.info/2016/03/14/dimissioni-le-nuove-modalita-telematiche/

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    20/21N°99 Marzo 2016  $20

    Rassegna StampaDIRITTO24 – Il Sole 24 Ore: 23/3/2016 Ampliamento della responsabilità civile degli Amministratori di società di capitali di Vittorio Provera 

    DIRITTO24 – Il Sole 24 Ore: 

    22/3/2016In scadenza i termini per la presentazione delle domande di CIGO senza “CSV” di Damiana Lesce 

    DIRITTO24 – Il Sole 24 Ore: 21/3/2016

    Legittimo il licenziamento individuale per soppressione del posto di un lavoratore già posto in mobilità ereintegrato di Claudio Ponari e Giorgio Molteni 

    DIRITTO24 – Il Sole 24 Ore: 17/3/2016

    Il “fatto materiale” che sorregge la giusta causa di licenziamento prescinde dalle finalità del comportamento

    contestato di Marina Olgiati e Andrea Beretta 

    DIRITTO24 – Il Sole 24 Ore: 15/3/2016

    La Corte di Appello di Milano si uniforma alla Cassazione: lavorare sino a 70 anni è una opzione, non undiritto di Giacinto Favalli e Damiana Lesce 

    JOB24 – Il Sole 24 Ore: 15/3/2016

    VIDEO Incentivi – Welfare aziendale e le novità della legge di stabilità 2016 Intervista a Valeria De Lucia

    JOB24 – Il Sole 24 Ore: 14/3/2016Dr Job – Tutto sulle nuove dimissioni telematiche

    VIDEO Dimissioni – Le nuove modalità telematiche Intervista a Tommaso Targa 

    DIRITTO24 – Il Sole 24 Ore: 14/3/2016La giusta causa di licenziamento prescinde dalla rilevanza penale del fatto, quando siano state violate lecomuni norme del vivere civile 

    di Salvatore Trifirò, Paola Balletti, Giampaolo Tagliagambe e Tommaso Targa 

    DIRITTO24 – Il Sole 24 Ore: 

    7/3/2016Dimissioni: una riforma da ….riformare? di Damiana Lesce 

    JOB24 – Il Sole 24 Ore: 7/3/2016Dr Job – Molestie e violenza nei luoghi di lavoro: l’accordo imprese-sindacati in 5 domande e risposte VIDEO: Molestie e violenza nei luoghi di lavoro – Quanto è e%cace l’accordo imprese-sindacato? Intervista a Anna Maria Corna

    DIRITTO24 – Il Sole 24 Ore: 3/3/2016Il termine di decadenza di 180 giorni per il deposito del ricorso decorre dalla spedizione della lettera di

    impugnazione del licenziamento 

    di Tommaso Targa 

    DIRITTO24 – Il Sole 24 Ore: 1/3/2016La retribuzione minima imponibile è derogabile? di Damiana Lesce 

    http://www.trifiro.info/2016/03/01/la-retribuzione-minima-imponibile-e-derogabile/http://www.trifiro.info/2016/03/03/il-termine-di-decadenza/http://www.trifiro.info/2016/03/07/molestie-e-violenza-nei-luoghi-di-lavoro/http://www.trifiro.info/2016/03/07/molestie-e-violenza-nei-luoghi-di-lavoro/http://www.trifiro.info/2016/03/09/dimissioni-una-riforma-da-riformare/http://www.trifiro.info/2016/03/14/giusta-causa-di-licenziamento/http://www.trifiro.info/2016/03/14/dimissioni-le-nuove-modalita-telematiche/http://www.trifiro.info/2016/03/14/dimissioni-le-nuove-modalita-telematiche/http://www.trifiro.info/2016/03/15/incentivi-welfare-aziendale-e-le-novita-della-legge-di-stabilita-2016/http://www.trifiro.info/2016/03/15/lavorare-sino-a-70anni/http://www.trifiro.info/2016/03/17/il-fatto-materiale-che-sorregge-la-giusta-causa-di-licenziamento/http://www.trifiro.info/2016/03/21/legittimo-il-licenziamento-individuale/http://www.trifiro.info/2016/03/22/in-scadenza-i-termini-per-la-presentazione-delle-domande-di-cigo-senza-csv/http://www.trifiro.info/2016/03/23/ampliamento-della-responsabilita-civile-degli-amministratori-di-societa-di-capitali/http://www.trifiro.info/2016/03/01/la-retribuzione-minima-imponibile-e-derogabile/http://www.trifiro.info/2016/03/03/il-termine-di-decadenza/http://www.trifiro.info/2016/03/07/molestie-e-violenza-nei-luoghi-di-lavoro/http://www.trifiro.info/2016/03/07/molestie-e-violenza-nei-luoghi-di-lavoro/http://www.trifiro.info/2016/03/09/dimissioni-una-riforma-da-riformare/http://www.trifiro.info/2016/03/14/giusta-causa-di-licenziamento/http://www.trifiro.info/2016/03/14/dimissioni-le-nuove-modalita-telematiche/http://www.trifiro.info/2016/03/14/dimissioni-le-nuove-modalita-telematiche/http://www.trifiro.info/2016/03/15/incentivi-welfare-aziendale-e-le-novita-della-legge-di-stabilita-2016/http://www.trifiro.info/2016/03/15/lavorare-sino-a-70anni/http://www.trifiro.info/2016/03/17/il-fatto-materiale-che-sorregge-la-giusta-causa-di-licenziamento/http://www.trifiro.info/2016/03/21/legittimo-il-licenziamento-individuale/http://www.trifiro.info/2016/03/22/in-scadenza-i-termini-per-la-presentazione-delle-domande-di-cigo-senza-csv/http://www.trifiro.info/2016/03/23/ampliamento-della-responsabilita-civile-degli-amministratori-di-societa-di-capitali/

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