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OPI Weekly Report N°13/2016

Date post: 30-Jul-2016
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Rassegna settimanale a cura dell'Osservatorio di Politica Internazionale (OPI) // 8-21 maggio 2016
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www.bloglobal.net N°13, 8-21 MAGGIO 2016 ISSN: 2284-1024
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N°13, 8-21 MAGGIO 2016

ISSN: 2284-1024

I

Weekly Report Osservatorio di Politica Internazionale (OPI) © BloGlobal – Lo sguardo sul mondo

Milano, 22 maggio 2016 ISSN: 2284-1024 A cura di: Matteo Anastasi Davide Borsani Agnese Carlini Marta Cioci Giuseppe Dentice Danilo Giordano Antonella Roberta La Fortezza Violetta Orban Fabio Rondini Maria Serra Alessandro Tinti

Questa pubblicazione può essere scaricata da: www.bloglobal.net

Parti di questa pubblicazione possono essere riprodotte, a patto di fornire la fonte nella seguente forma:

Weekly Report N°13/2016 (8-21 maggio 2016), Osservatorio di Politica Internazionale (OPI), Milano 2016, www.bloglobal.net

Photo Credits: Ansa; AGV News; Getty Images; Sputnik/Iliya Pitalev; MAECI.

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FOCUS

LIBIA ↴

Il 16 maggio si è tenuto a Vienna un Vertice internazionale, fortemente voluto

da Stati Uniti e Italia, in cui si è discusso del futuro della Libia. Il summit, co-presie-

duto dal Segretario di Stato USA, John Kerry, e dal Ministro degli Esteri italiano, Paolo

Gentiloni, ha visto la partecipazione del Capo del governo di unità nazionale libico,

Fayez al-Serraj, dell’inviato speciale delle Nazioni Unite, Martin Kobler, dell’Alto Rap-

presentante dell’Unione Europea per gli Affari Esteri e la Politica di Sicurezza, Federica

Mogherini, e dei Ministri degli Esteri di Regno Unito, Francia, Egitto ed altri Paesi del

cosiddetto “Formato Roma”.

Il Vertice di Vienna aveva come obiettivo primario quello di riunire i principali Paesi

della comunità internazionale coinvolti a vario titolo nella questione libica, di confer-

mare il pieno sostegno della comunità internazionale al governo di unità na-

zionale guidato da al-Serraj e soprattutto, così come era emerso già nei giorni

precedenti al vertice, di verificare le condizioni per un’eventuale revoca parziale

dell’embargo ONU sulle armi. Così come emerso dalla conferenza stampa tenutasi a

margine del Vertice, la comunità internazionale ha confermato la propria ostilità nei

confronti di un intervento militare sul territorio libico. Sebbene al-Serraj continui a

chiedere il supporto della comunità internazionale, infatti, tale richiesta non si è mai

espressa nei termini di un intervento militare. La tipologia di supporto di cui si è

discusso a Vienna riguarda la possibilità di “rimodellare” l’embargo al fine di

poter meglio sostenere, tramite la vendita di armi e un percorso di addestramento e

di formazione delle forze militari, il governo di Tripoli. Sarà lo stesso esecutivo nor-

dafricano a stilare una lista dei mezzi di cui necessita, che dovrà poi essere visionata

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e approvata da una Commissione ad hoc. La revisione dell’embargo e la conseguente

vendita di armi sono sottoposte alla condizione per cui si crei una Guardia Pre-

sidenziale sotto il controllo del governo al-Serraj; in questo modo la comunità

internazionale reputa di poter dare un sostegno materiale a Tripoli, cautelandosi allo

stesso tempo da eventuali rifornimenti di armi non sottoposti al suo regime di con-

trollo, come accaduto poche settimane fa con l’arrivo di mezzi e camionati armati a

Bengasi. L’obiettivo principale in prospettiva futura è, inoltre, fare in modo che pos-

sano crearsi le basi per la formazione di un sistema di sicurezza nazionale

svincolato dalla logica delle singole milizie e gruppi militari.

LINEE DI RIFORNIMENTO IN LIBIA – FONTE: CORRIERE DELLA SERA

Per quanto riguarda poi la “guerra del petrolio” che si sta combattendo parallelamente

a quella politica e militare tra Tripoli e Tobruk, i Paesi che hanno partecipato al Vertice

di Vienna hanno riaffermato la volontà di comprare petrolio esclusivamente da

Tripoli e dunque secondo il canale legale della National Oil Company (NOC),

affermazione resasi necessaria dopo i tentativi di Tobruk di vendere petrolio attra-

verso canali al di fuori di quelli legali.

Durante la conferenza, lo stesso al-Serraj ha precisato che i pericoli maggiori per la

stabilità e la sicurezza della Libia provengono non tanto dalla presenza dello Stato

Islamico, quanto piuttosto dalle divisioni interne al Paese: un chiaro riferimento que-

sto all’opposizione guidata da Khalifa Haftar. A tal proposito sembra emersa a Vienna

una posizione comune circa la necessità di coinvolgere il Generale Haftar nella

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ricostruzione dello Stato libico, coinvolgimento che potrà però avvenire esclusi-

vamente nel momento in cui il Generale riconoscerà l’autorità politica del governo di

al-Serraj. La risposta di Haftar non si è fatta attendere: il 18 maggio in un’intervista

rilasciata alla Tv Libya al-Hadath, il Generale ha dichiarato di non riconoscere i decreti

e gli atti emessi dal governo di al-Serraj e di reputarli semplicemente «inchiostro su

carta senza valore». L’atteggiamento di Haftar si pone in aperta sfida con la

dirigenza di tripolina e sembra chiudere ad ogni possibilità di mediazione e

di compromesso tra i due governi e i loro leader. Nella stessa intervista, il Generale

ha dichiarato la sua totale ostilità all’eventuale presenza dei Fratelli Musulmani, a suo

dire, attualmente schierati con il governo di Tripoli, nel futuro governo libico.

Infine, durante il vertice di Vienna si è discusso anche di immigrazione. A tal riguardo

deve sottolinearsi che le unità navali dell’UE integrate nella missione EU-

NAVFOR MED si preparano ad entrare nelle acque territoriali libiche per con-

durre attività di addestramento alla Guardia costiera libica. La definitiva attivazione

della missione dovrebbe arrivare con il prossimo Consiglio europeo in formazione

Esteri del 23 maggio. Ovviamente alla decisione dell’UE deve affiancarsi una esplicita

autorizzazione del governo libico affinché si renda legittima l’entrata della forza eu-

ropea nelle acque territoriali libiche.

Nonostante a Vienna si sia escluso ancora una volta un intervento militare su territo-

rio libico da parte della comunità internazionale, pochi giorni dopo il Vertice si è tor-

nato a parlare di una possibile azione militare a guida italiana. In particolare, il

Capo dello Stato Maggiore degli Stati Uniti, Joseph F. Dunford, in una intervista rila-

sciata al Washington Post ha sottolineato che la possibilità di un intervento militare è

ancora allo studio della comunità internazionale sostenendo, inoltre, che vi è ancora

la disponibilità dell’Italia ad esserne guida sebbene questa sottostia ad alcune pre-

cise condizioni tra le quali il giornale cita l’identificazione di chi precisamente dovrà

essere addestrato in Libia e che la copertura della missione avvenga con mandato

ONU.

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SIRIA-IRAQ ↴

Da Vienna il Gruppo di sostegno internazionale alla Siria reitera le richieste alle parti

in conflitto per la cessazione delle ostilità, l’apertura di corridoi umanitari verso le

aeree assediate e la ripresa delle trattative per la transizione politica. Il 9 maggio una

dichiarazione congiunta di Stati Uniti e Russia aveva sollecitato una presa di posi-

zione delle potenze internazionali a fronte del deterioramento esiziale della

guerra civile. Il documento sottoscritto a Vienna il 18 maggio dietro indicazione dei

co-presidenti statunitense e russo ripone nuovamente le speranze per la risoluzione

della crisi siriana nel quadro negoziale ONU, tuttavia squalificato dall’interruzione dei

colloqui di pace e dal cedimento della tregua tra i belligeranti. Mosca ha accompa-

gnato alla condanna degli attacchi sulla popolazione siriana l’impegno a ridurre l’im-

patto delle operazioni aeree in aree abitate da civili e dai gruppi favorevoli alla so-

spensione di azioni militari. La diplomazia russa, inoltre, ha invitato la contro-

parte americana a condurre bombardamenti congiunti per colpire le formazioni

che non sostengono la tregua e per rafforzare il controllo della frontiera turco-siriana.

L’offerta è stata tuttavia respinta dagli Stati Uniti che attraverso il Pentagono hanno

evidenziato la divergenza strategica tra l’intervento armato statunitense – ancora

oggi motivato dalla degradazione dello Stato Islamico (IS) – e quello russo – invece

primariamente associato alla difesa del regime di Bashar al-Assad. Peraltro, il Ministro

dell’Energia russo Aleksandr Novak ha reso noto che le compagnie Lukoil, Gazprom

Neft e Zarubezhneft stanno studiando progetti di investimento per la ricostruzione

delle infrastrutture energetiche siriane su richiesta del governo di Damasco, con ciò

confermando l’interesse russo alla stessa conservazione della dirigenza ala-

wita laddove le intese commerciali bilaterali per risollevare un’economia travolta da

cinque anni di conflitto ammontano già a quasi un miliardo di dollari.

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Intanto si continua a combattere ad Aleppo, dove l’esaurimento della tregua set-

timanale raggiunta su pressione di Stati Uniti e Russia ha risvegliato (11 maggio) gli

scontri tra gli insorti e le forze governative. Nel nord-ovest della provincia, nelle cit-

tadine di Anadan e Khan al-Asal si registra il lancio di barili bomba contro bersagli

civili da parte dell’aviazione siriana. Se l’esercito lealista e gli alleati stringono

sugli ingressi settentrionali di Aleppo per accerchiare i resistenti, Jabhat al-Nusra

(JaN) e altre brigate salafite confluite nel comando operativo del Jaysh al-Fatah hanno

strappato e mantenuto il controllo su Khan Touman, alla periferia meridionale della

città. Sono da annotarsi le crescenti tensioni, sfociate in conflitti a fuoco e scambi di

artiglieria particolarmente intensi nel quartiere di Sheikh Maqsoud, tra le milizie curde

dell’YPG e i combattenti arabi dell’Esercito Libero Siriano, che frammentano ulterior-

mente il fronte delle opposizioni – già variamente spezzato dalla linea incerta tra

gruppi moderati e radicali, con quest’ultimi attratti nell’influenza di JaN. Proprio JaN

ha ricevuto la significativa investitura del leader di al-Qaeda Ayman al-

Zawahri per la creazione di un emirato islamista in Siria e così contendere il

primato del Califfato proclamato da al-Baghdadi nel campo jihadista – una mossa che

rende ancor più complesso l’intreccio delle agende politiche locali, regionali e inter-

nazionali condensate nel conflitto siriano. Teheran ha annunciato che nei combatti-

menti attorno a Khan Touman hanno perso la vita tredici consulenti militari della

Guardia Rivoluzionaria iraniana, mentre uno dei maggiori comandanti militari di

Hezbollah, Mustafa Bedreddine, è rimasto ucciso nei pressi di Damasco in un

raid attributo all’aviazione israeliana. Nonostante le forti perdite subite dall’or-

ganizzazione paramilitare libanese (stimate tra le 900 e le 1.500 unità), il segretario

Hassan Nasrallah ha annunciato che Hezbollah incrementerà la presenza in Siria

a fianco della famiglia Assad. I miliziani libanesi sono risultati decisivi nel contrattacco

governativo nel Ghouta orientale, scoccato il 17 maggio per trarre vantaggio

dall’aperta rivalità che vede contrapposti i gruppi ribelli (in particolare, le sigle isla-

miste Failaq a-Rahman e Jaish al-Fustat da un lato e il gruppo salafita Jaish al-Islam

dall’altro). Mentre vengono rafforzate le linee difensive su Raqqa, verso cui muovono

le milizie arabo-curde assistite dagli Stati Uniti, gli stessi guerriglieri dell’IS hanno

guadagnato spazio di manovra con il fallimento della tregua: i seguaci del Califfato

hanno riacceso l’assalto su Deir ez-Zor e intaccato il controllo governativo

sui bacini gasiferi e i pozzi petroliferi nella provincia di Homs, dapprima a

Maher e Sha’er, e infine a Jazal.

In Iraq, i partiti curdi e il blocco sunnita hanno disertato la sessione parla-

mentare convocata dal Presidente al-Juburi il 10 maggio, prolungando lo stallo isti-

tuzionale incalzato dalle proteste extra-parlamentari del movimento sadrista. Se la

partecipazione dell’Alleanza Curda è necessaria al raggiungimento del quorum, due

partiti della coalizione lungamente divisi (l’Unione Patriottica del Kurdistan e il movi-

mento Gorran) hanno formalmente unito i rispettivi gruppi parlamentari. Il patto,

inatteso, è destinato ad avere ripercussioni notevoli tanto sugli equilibri parlamentari

iracheni, quanto sulla competizione nel Kurdistan.

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È altrettanto lontano dalla conclusione il confronto bellico con l’IS, che nelle ultime

due settimane ha concretizzato una serie di attentati dinamitardi in concomitanza ai

pellegrinaggi sciiti ad al-Kadhimiya. Indubbiamente le tensioni settarie e il vasto dis-

senso che circonda l’esecutivo iracheno aprono una finestra di opportunità per attac-

chi su larga scala, che peraltro offuscano il complessivo momento di debolezza del

Califfato. Se non altro in termini di estensione territoriale, i combattenti jihadisti sono

stati costretti a recedere dalle posizioni a sud di Falluja e ovest di Ramadi stante

l’operazione delle forze di sicurezza nella provincia di Anbar – che ha consen-

tito la ripresa del controllo della città strategica di Rutba –, mentre i Peshmerga curdi

e le milizie sciite e turcomanne hanno liberato Bashir, a sud di Kirkuk.

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BREVI

AUSTRIA, 25 APRILE ↴

È stato finalmente trovato l’accordo per la formazione

del nuovo governo austriaco, dopo che Hans-Werner

Faymann aveva rassegnato le dimissioni lo scorso 8

maggio. Il nuovo Cancelliere è Christian Kern, fino a

qualche giorno prima Direttore generale delle ÖBB, le

ferrovie federali austriache, che ha guidato per cinque

anni e risanato nei bilanci. Oltre al nuovo Cancelliere, il rimpasto dell’esecutivo

austriaco ha visto l’inserimento di quattro nuovi membri con la sostituzione dei

Ministri dell’Istruzione, della Cancelleria, delle Infrastrutture e di un sottosegretario.

Kern non ha mai ricoperto cariche politiche, né ruoli di tipo amministrativo, benchè

sia iscritto al SPÖ, il partito socialdemocratico austriaco che lo ha proposto alla guida

del governo. La scelta di un “tecnico” ha ricevuto il sostegno di tutto il partito, ad

eccezione del sindaco della capitale Vienna, ed ora Kern dovrà trovare un punto

d’incontro con l’ÖVP, il partito popolare partner della coalizione. L’annuncio di

Faymann, che ha governato l’Austria per oltre sette anni, ha sorpreso un po’ tutti

all’interno dello SPÖ perché lo si attendeva dopo il ballottaggio presidenziale: gli

scarsi risultati elettorali e il venir meno del sostegno all’interno del partito potrebbero

aver accelerato la sua decisione. Faymann lascia l’SPÖ in una condizione difficile: un

partito diviso al suo interno e con un netto calo del consenso popolare in favore,

soprattutto, delle frange partitiche più estreme. In tale contesto, il 22 maggio si terrà

il secondo turno delle elezioni presidenziale, che ha visto nel primo round del 24 aprile

un’affermazione di Norbert Hofer, candidato del partito di estrema destra FPÖ, che

aveva guadagnato oltre il 36% dei voti, mentre secondo si era classificato Alexander

Van der Bellen, esponente del partito dei Verdi, con i candidati dei partiti di governo

entrambi fuori dalla competizione. Non è facile valutare quanto le dimissioni di

Faymann potrebbero incidere sull’esito del ballottaggio: i sondaggi più recenti

mostrano una sostanziale parità tra i due contendenti, con Van der Bellen che

potrebbe beneficiare di una maggiore partecipazione al voto. Nel frattempo resta

sempre calda la situazione al valico di frontiera del Brennero, dove l’Austria ha

paventato la possibilità di costruire una barriera e di ripristinare i controlli. Dopo gli

scontri tra polizia e alcuni black bloc avvenuti il 7 maggio nei pressi del valico, il

Ministro degli Interni austriaco, Wolfgang Sobotka, a margine di un incontro con

l’omologo italiano Angelino Alfano, ha smorzato i toni accesi delle precedenti

settimane affermando che l’Austria non costruirà alcuna barriera al confine con

l’Italia, grazie ad un maggior impegno nei controlli sui treni diretti nel suo Paese.

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ITALIA-AFRICA, 18 MAGGIO ↴

Dopo aver ricevuto dalla Commissione europea la

concessione di una flessibilità di massima sui conti

pubblici, il governo italiano ha ospitato a Roma la prima

Conferenza Ministeriale Italia-Africa: un’iniziativa di

rilievo che si iscrive nella strategia italiana di assumere

un ruolo di primo piano nello sviluppo delle relazioni

con il continente africano in linea con la proposta presentata nel mese di aprile

relativa al "Migration Compact" – il piano da 60 miliardi di euro per sostenere, sulla

falsa riga di quello approntato con la Turchia, i Paesi africani e per rendere più

sostenibile la gestione dei flussi migratori verso l'Europa – ora al vaglio della

Commissione e che potrebbe essere approvato dal collegio dei Commissari UE il

prossimo 7 giugno e discusso durante il Consiglio europeo del 28-29 giugno. Il

Vertice, al quale hanno preso parte i rappresentanti di 52 governi africani, ha avuto

dunque l'obiettivo di condividere il documento e di instaurare una piattaforma di

dialogo utile a sviluppare sinergie in materia di cooperazione economica e bilaterale

che abbia delle ricadute sotto il profilo della riduzione del numero di migranti. Sulla

base di quanto discusso con il Cancelliere tedesco Angela Merkel lo scorso 5 maggio,

l’Italia punta ad avviare investimenti strutturali – nei settori dell’agroindustria, delle

infrastrutture, dei trasporti, dell’energia, della tecnologia, dell’acqua – da almeno 10

miliardi di euro (almeno 8 in più rispetto a quanto stabilito al Vertice della Valletta

dello scorso novembre) in sette Paesi (Tunisia, Senegal, Ghana, Niger, Egitto, Nigeria

e Costa D'Avorio) da cui provengono il maggior numero di migranti. Come dichiarato

dal Presidente della Commissione dell'Unione Africana, Nkosazana Dlamini-Zuma, le

piccole e medie imprese italiane «sono un modello di sviluppo adatto al continente

africano».

NATO, 19 MAGGIO ↴

A margine dell’ultimo Vertice Ministeriale di Bruxelles,

il Segretario Generale della NATO, Jens Stoltenberg, il

Capo del governo del Montenegro, Milo Đukanović, e i

Ministri degli Esteri dei Paesi membri alleati hanno

firmato il Protocollo per l’accesso di Podgorica

nell’Alleanza Atlantica. La membership – l’invito alla

quale era stato formulato lo scorso 2 dicembre – sarà

ufficializzata non appena il Protocollo verrà ratificato

dai singoli Stati e, prevedibilmente, avverrà nel corso del prossimo Vertice NATO di

Varsavia in luglio. Stoltenberg si è detto soddisfatto dell’adesione del Montenegro,

fatto che, «porterà più stabilità e sicurezza nella regione». L’allargamento (il settimo

nella storia dell’Alleanza) è, nell’ottica russa, destinato a modificare gli equilibri

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regionali richiedendo, come ha dichiarato il portavoce del Ministero degli Esteri Maria

Zakharova, un’adeguata risposta da parte del Cremlino, anche con ritorsioni

economiche nei confronti di Podgorica, storicamente vicina a Mosca e che con questa

intrattiene importanti relazioni economiche.

ALLARGAMENTO NATO – FONTE: NATO-THE WASHINGTON POST

Ulteriori tensioni tra NATO e Russia, dopo quelle registrate nelle scorse settimane a

seguito dell’avvio del piano di rafforzamento del fianco orientale europeo, sono

emerse a proposito dello scudo missilistico interalleato, la cui struttura è iniziata ad

essere operativa con l’attivazione del “braccio” in Romania nella base di Deveselu, a

circa 200 Km da Bucarest, come completamento della Fase 2 del programma di difesa

missilistica EPAA (European Phase Adaptive Approach, adottato durante il Vertice di

Lisbona del 2010). L’inaugurazione, avvenuta lo scorso 12 maggio, è stata presieduta

da Stoltenberg e dal Primo Ministro romeno, Dacian Cioloș, affiancati da alcuni

delegati degli Stati Uniti. Mentre la NATO ha voluto chiarire che lo scudo ha lo scopo

di difendersi dalle azioni di Paesi come l’Iran o, in prospettiva, della Corea del Nord,

che rappresentano potenziali, serie minacce per l’Europa, il Ministero degli Esteri di

Mosca ha dichiarato che il sistema in questione «altera l’equilibrio strategico» in

Europa e viola il Trattato sulle forze nucleari intermedie firmato nel 1987. Il

Presidente della Commissione Difesa della Duma, Vladimir Komoyedov, ha affermato

che «qui non si tratta dell'Iran, ma dell'arsenale nucleare della Russia, ne siamo sicuri

non al 100% ma al 1000%». La NATO ha oltretutto sottolineato come lo scudo

missilistico non sia in grado di intercettare i missili russi tecnologicamente avanzati.

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Il prossimo passaggio, comunque, dovrebbe essere l’attivazione del “braccio” polacco

nel 2018.

RUSSIA-ASEAN, 19-20 MAGGIO ↴

Si è tenuto nella città russa di Sochi il summit tra

Russia e i dieci Paesi dell’Associazione delle Nazioni del

Sud-Est asiatico (ASEAN). Il Vertice, dedicato al

ventesimo anniversario delle relazioni tra la Mosca e

l’organizzazione in questione, ha avuto ad oggetto il

progresso economico e la sicurezza nazionale e

internazionale nelle relazioni bilaterali Russia-ASEAN, nonché l’istituzione di una

nuova piattaforma di cooperazione prevista per il periodo 2016-2020. In agenda

anche le consultazioni per la cooperazione economica con gli Stati membri

dell’Organizzazione di Shanghai per la Cooperazione (SCO) e con l’Unione Economica

Eurasiatica (UEE). Il summit costituisce il terzo Vertice nella storia delle relazioni tra

Russia e ASEAN e si inserisce in una più ampia strategia geopolitica e commerciale

perseguita dal Cremlino nei confronti dell’organizzazione asiatica. Quest’ultima, di

carattere intergovernativo e ispirata ad un modello di organizzazione regionale

europeo, costituisce un importante partner strategico per la Russia, interessata ad

estendere – complici anche la flessione economica e il raffreddamento delle relazioni

con l’Unione Europea sul suo fronte occidentale – la propria influenza nell’Asia Sud-

Orientale al principale scopo di rilanciare una politica concorrenziale alla Cina e, in

prospettiva, agli Stati Uniti alla luce del recente accordo sul Trans-Pacific Partnership

(TPP). Malgrado l’interscambio commerciale tra Russia e ASEAN sia stimato intorno

ai 22,5 miliardi di dollari (2014), con le esportazioni russe di prodotti finiti che

ammontano al 10% delle importazioni delle dieci nazioni asiatiche (pari a poco meno

dell’1% degli interscambi tra la Federazione Russa e i singoli Stati

dell’organizzazione), il ruolo della Cina resta preminente. Il Vietnam rappresenta il

principale partner russo nella regione: non solo Hanoi è stato il primo Stato

dell’ASEAN a firmare il trattato di libero scambio con l’UEE, ma ha anche sottoscritto

– nel corso di un Vertice a Mosca tra il Premier Nguyen Xuan Phuc e Dmitry Medvedev

– una serie di accordi nel settore energetico, che si aggiungono a quelli già firmati

nel 2012, riguardanti la produzione di gas. La cooperazione tra i due Paesi si estende

inoltre a quella militare: in linea con le intese raggiunte nel 2011-12, la Russia ha

annunciato (17 maggio) di essere in procinto di consegnare al Vietnam – tra l’altro

emergente alleato di Washington – due fregate antisommergibili classe Gepard allo

scopo di accrescere il potenziale di deterrenza dell’esercito vietnamita (PAVN), anche

in evidente connessione con le tensioni generate dai contenziosi territoriali nel Mar

Cinese Meridionale. In questa stessa ottica può essere inoltre letto l’accordo di

cooperazione militare con la Thailandia (18 maggio) – con la quale Medvedev ha

dichiarato di voler raggiungere un interscambio di 10 miliardi di dollari annui –,

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relativo in particolare alla fornitura di elicotteri Mi-17V5 in sostituzione dei velivoli

statunitensi Chinook.

STATI UNITI, 10-17 MAGGIO ↴

I risultati degli ultimi round di primarie hanno condotto

Donald Trump a una facile vittoria in tutti gli Stati nei

quali si sono tenute le votazioni per il Partito

Repubblicano (Nebraska col 61,4%, West Virginia

76,9%; Oregon con il 66,9%), mentre all’interno del

Partito Democratico Bernie Sanders vince in due Stati

(West Virginia con 51,4% e Oregon col 56%) lasciando a Hillary Clinton una stretta

vittoria nel solo Kentucky (46,8% contro 46,3%). Le vittorie di Sanders hanno

dimostrato ancora una volta la fragilità della candidatura dell’ex Segretario di Stato.

Infatti, l’ex First Lady non riesce a convincere una larga componente dell’elettorato,

soprattutto quello di etnia bianca. La protesta esplosa, infine, in Nevada in occasione

della riunione di partito che serviva ad eleggere i delegati da inviare alla Convention

democratica di Filadelfia del prossimo 25 luglio, è stato l’ultimo esempio della

divisione interna al partito democratico. Causata dalla dichiarazione d’ineleggibilità di

alcuni rappresentanti del Senatore del Vermont (lo Stato era stato conquistato dalla

Clinton il 20 febbraio), la protesta è sfociata in accuse di brogli elettorali, irregolarità

e soprattutto in minacce verbali e fisiche dirette alla Presidente del comitato locale

del Partito Democratico, Roberta Lange. Sembra dunque difficile per la Clinton

trovare un compromesso tra l’esigenza di proporsi come un candidato valido sia per

la sinistra “socialista” sia per gli elettori moderati repubblicani che non intendono

votare Trump, il quale corre da solo dopo il ritiro di Ted Cruz e John Kasich. Il tycoon,

dopo aver raggiunto un accordo con i vertici del partito per i finanziamenti della sua

campagna elettorale fino a novembre, ha dichiarato di aver in programma un incontro

con Henri Kissinger per pianificare le future vie di politica estera, di aver intenzione

di incontrare Kim Jong-un per fermare il programma nucleare di Pyongyang e di voler

rinegoziare gli accordi sul clima di Parigi del 2015. La situazione attuale vede la

Clinton in testa per i democratici con 2.293 delegati (90 mancanti al quorum), contro

i 1.533 di Sanders. Nel GOP Trump a quota 1.161 corre da solo verso i 1.237 delegati

necessari per la nomination automatica. Le ultime speranze di Sanders di ostacolare

la Clinton si ripongono nei sei Stati chiamati alle urne il 7 giugno (Nord e Sud Dakota,

New Mexico, New Jersey, Montana e soprattutto California), mentre Trump può già

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concentrarsi per la campagna presidenziale e guardare alle prossime primarie nello

Stato di Washington del 24 maggio con tranquillità.

CORSA PER LA NOMINATION PRESIDENZIALE – FONTE: ASSOCIATED PRESS

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ALTRE DAL MONDO

BRASILE, 13 MAGGIO ↴

Con la votazione del Senato brasiliano (55 favorevoli contro 22) in favore della messa

in stato d’accusa di Dilma Rousseff, ha preso ufficialmente il via il processo di impea-

chment a carico della Presidente brasiliana. Il crimine di cui è accusata Dilma Rousseff

è di tipo fiscale, ovvero il non aver contabilizzato in maniera corretta il bilancio dello

Stato, nascondendo un forte passivo. Al posto della Rousseff è salito temporanea-

mente al potere il suo ex vice Presidente, Michel Temer, con un incarico di 180 giorni,

limite entro il quale l’incarico potrebbe diventare definitivo qualora la Corte Suprema

confermasse l’incriminazione nei confronti dell’ex leader socialista. Nel frattempo Te-

mer, anche lui a rischio impeachment, dovrà affrontare una serie di sfide: un’econo-

mia sull’orlo del disastro, i conti in profondo rosso, un PIL in forte calo e una disoc-

cupazione in netta risalita.

CINA, 19 MAGGIO ↴

Il Presidente Xi Jinping è stato impegnato in una serie di incontri bilaterali con gli

omologhi africani di Mozambico e Marocco, al fine di rafforzare con entrambi la col-

laborazione strategica. Per quanto riguarda le relazioni con il Mozambico, la Cina si è

impegnata ad aiutare il Paese nel miglioramento dello strumento di difesa nazionale

e in un’attività di mediazione tra le parti in conflitto nel Paese africano nell’intento di

preservarne la stabilità domestica. Dal canto suo, il Mozambico si è conformato alla

politica di “una sola Cina”, sostenendo gli sforzi diplomatici di Pechino di voler risol-

vere pacificamente le dispute territoriali nel Mar Cinese Meridionale. Il Presidente Xi,

inoltre, si è augurato di poter rafforzare la cooperazione strategica con il Mozambico

in termini di economia marittima, di pesca e sviluppo portuale, nell’ambito della “21st

Century Maritime Silk Road”. Altresì rilevante per gli interessi cinesi è la partnership

con il Marocco, considerata da Pechino una pietra miliare suscettibile di favorire una

crescita delle relazioni bilaterali e di garantire nuove opportunità di cooperazione. Alla

base degli incontri di alto livello tra i dignitari marocchini e quelli cinesi vi erano da

una parte la volontà di intensificare e rafforzare il coordinamento in materia di sicu-

rezza, dall’altro un interesse nel promuovere la cooperazione e gli scambi tra organi

legislativi e partiti politici. Gli incontri bilaterali si sono conclusi con la firma di diversi

accordi di cooperazione.

EGITTO-RUSSIA, 17 MAGGIO ↴

La Russia ha fornito un prestito di 25 miliardi di dollari all’Egitto per la costruzione

della centrale nucleare di Dabaa, nei pressi di Alessandria. Il prestito rientra all’in-

terno dell’accordo del 19 novembre 2015, quando Mosca e Il Cairo avevano firmato

un protocollo congiunto per la costruzione di un impianto nucleare che sia all’avan-

guardia al mondo per standard di sicurezza e protocolli qualitativi. L’impianto sarà

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completato entro il 2022 e vedrà la sua piena operatività soltanto nel 2024. Lo svi-

luppo di questo nuovo protocollo di cooperazione bilaterale conferma ancora una

volta il rafforzamento anche economico dell’asse Egitto-Russia, nonostante le incom-

prensioni intercorse tra i due Paesi a seguito dell’abbattimento dell’Airbus 321 della

Metrojet lo scorso 31 ottobre nei cieli del Sinai centrale.

ISRAELE, 18-20 MAGGIO ↴

Dopo il fallimento delle trattative con i laburisti di Isaac Herzog, il Likud, il partito

conservatore del Primo Ministro Benjamin Netanyahu, ha aperto ufficialmente i ne-

goziati con il partito nazionalista Yisra’el Beiteinu. L’obiettivo è quello di allargare la

coalizione governativa, che attualmente si regge sulla maggioranza di un solo voto

alla Knesset (61 deputati su 120 totali). Il leader di Yisra’el Beiteinu è l’ultranaziona-

lista Avigdor Lieberman, cui Netanyahu ha offerto il Ministero della Difesa. Nomina

imminente dopo l’uscita di scena del titolare del Dicastero Moshe Yaalon, dimessosi

il 20 maggio, a causa di attriti con il Primo Ministro. L’ingresso di Yisra’el Beiteinu

amplierebbe la maggioranza di governo già composta dal Likud, dal partito di cen-

trodestra Kulanu, dal partito sionista HaBayit HaYehudi e dai partiti ultraortodossi

Yahadut HaTorah HaMeukhedet e Shas, andando a comporre quello che molti osser-

vatori hanno definito l’esecutivo più a destra della storia d’Israele.

MALI, 18 MAGGIO ↴

Cinque soldati della missione ONU in Mali sono stati uccisi e tre sono rimasti feriti, a

seguito di un attentato a nord della città di Aguelhok, nella regione di Kidal. I caschi

blu, tutti di nazionalità ciadiana, stavano scortando un convoglio logistico quando

sono saltati su una mina: subito dopo un gruppo di uomini armati, appostato ai bordi

della strada, ha iniziato a sparare sui militari, uccidendone subito quattro. L’attacco

è stato rivendicato, nelle ore successive, dai militanti islamici del gruppo di Ansar

Eddine, il quale rimprovera al governo del Ciad di partecipare alla coalizione interna-

zionale in Mali contro il terrorismo islamico.

NAGORNO KARABAKH, 16 MAGGIO ↴

Si è tenuto a Vienna il Vertice tra i Presidenti di Armenia e Azerbaijan nell’ambito del

“Gruppo di Minsk” per trovare un accordo sulla de-escalation delle tensioni nel Na-

gorno Karabakh dopo gli scontri dello scorso aprile. Come rilasciato da un comunicato

dell’OSCE, Serzh Sargsyan e Ilham Aliyev hanno concordato sulla necessità di una

soluzione non militare e sul rispetto dei cessate il fuoco del 1994 e 1995. Alla luce di

un prossimo Vertice a giugno, in occasione del quale dovrebbero riprendere i nego-

ziati sulla regolazione delle dispute territoriali, i due Capi di Stato hanno inoltre con-

cordato sulla necessità di istituire un meccanismo investigativo dell’OSCE e di conti-

nuare lo scambio di informazioni pertinenti alle persone scomparse sotto gli auspici

della Croce Rossa Internazionale.

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SENEGAL, 18 MAGGIO ↴

Il Presidente Macky Sall ha annunciato, per il prossimo 28 maggio, l’apertura di un

dialogo nazionale con i rappresentanti delle opposizioni, della società civile, del busi-

ness e i capi religiosi. L’esigenza dei colloqui scaturisce dalle richieste in merito del

Partito Democratico Senegalese (PDS), principale formazione dell’opposizione, che

ha accusato il governo di non includere tutti i soggetti istituzionali nel processo deci-

sionale e democratico del Paese. Nel frattempo, sul fronte esterno, nonostante i nu-

merosi incontri diplomatici, restano sempre chiuse le frontiere con il Gambia, con il

quale i rapporti diplomatici si sono gradualmente deteriorati negli ultimi mesi.

TURCHIA, 19-22 MAGGIO ↴

Il partito di governo turco, il Partito per la Giustizia e lo Sviluppo (AKP), ha annunciato

che sarà l’attuale Ministro dei Trasporti Binali Yıldırım a succedere al dimissionario

Ahmet Davutoğlu quale nuovo leader del partito e, soprattutto, Premier del Paese.

L’investitura formale è avvenuta il 22 maggio durante il Congresso straordinario

dell’AKP. Il sessantenne Yıldırım è un fedelissimo del Presidente Recep Tayyip Er-

doğan. Tra i fondatori del partito, deputato dal 2002, è stato Ministro dei Trasporti in

quattro diversi esecutivi dell’AKP. Erdoğan gli affiderà il compito di traghettare la

Turchia verso un sistema presidenziale, quest’ultimo motivo di attrito con Davutoğlu.

In politica estera Yıldırım dovrà fronteggiare invece due complesse questioni: la

guerra al PKK e il pericolante accordo con l’Unione Europea sui migranti.

TUNISIA, 11 MAGGIO ↴

Il Ministero dell’Interno di Tunisi ha annunciato di aver smantellato due cellule jiha-

diste a Mahdia e Kebili, arrestando sei persone nell’ambito di un’ampia operazione

anti-terrorismo condotta dalle forze di sicurezza nazionali. La cellula con base a Mah-

dia era dedita al reclutamento di giovani studenti; quella stabilita a Kebili stava pia-

nificando attentati contro agenti di polizia e soldati dell’esercito tunisino. I membri di

entrambe le formazioni hanno ammesso di aver giurato fedeltà allo Stato Islamico.

VENEZUELA, 20 MAGGIO ↴

Dopo settimane di battaglia parlamentare e di proteste sociali per le strade di Caracas

e delle maggiori città venezuelane, il Tribunale Supremo di Giustizia (TSJ) ha definito

legittimo non solo la dichiarazione di stato d’emergenza proclamata dal Presidente

Nicolás Maduro, oltre che le misure speciali a sé avocate e previste dalla Costituzione,

che permette all’inquilino di Miraflores di poter disporre di poteri particolari per un

periodo di tempo massimo di due mesi, potenzialmente rinnovabili per la stessa du-

rata dall’Assemblea Nazionale venezuelana. Lo scontro tra magistratura e forze par-

lamentari era sorto proprio all’indomani della decisione delle vecchie opposizioni della

Mesa de Unidad Democrática (oggi maggioranza in Parlamento dopo il voto legislativo

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del dicembre scorso) di bocciare il decreto presentato dal Presidente nelle scorse

settimane. Decisione, questa, impugnata dallo stesso Maduro presso l’Alta Corte na-

zionale, che ha appunto dichiarato legittima la dichiarazione presidenziale definendo

lo «stato di eccezione e di emergenza economica una risposta necessaria per proteg-

gere il popolo e le istituzioni», oggetto di «minacce esterne ed interne che puntano a

destabilizzare l'economia e l'ordine sociale nel Paese». Il Venezuela vive oggi una

profonda crisi economica e di sistema che lentamente ma in maniera costante sta

portando alla totale paralisi dell’ordine bolivariano così costituito, rischiando di pro-

vocarne il suo completo disfacimento nell’arco di breve tempo.

YEMEN, 17 MAGGIO ↴

La delegazione governativa yemenita si è ritirata dai colloqui di pace in corso in Ku-

wait. Il Ministro degli Esteri, Abdul-Malik al-Mekhlafi, ha affermato che le milizie ribelli

sciite Houthi «hanno fatto naufragare completamente i colloqui di pace», retroce-

dendo dagli impegni presi dopo appena un mese dall’inizio delle trattative. Prima del

ritiro della rappresentanza governativa, le due delegazioni erano al lavoro su un ac-

cordo per un rilascio di prigionieri prima del via al Ramadan, agli inizi di giugno. Le

autorità governative premono per il rispetto da parte degli Houthi di una Risoluzione

del Consiglio di Sicurezza dell’ONU che prevede il loro ritiro dai territori occupati nel

corso dell’offensiva del 2014, la consegna delle armi e il rilascio di detenuti politici. Il

principale ostacolo al proseguimento dei colloqui in atto in Kuwait consiste nella forma

di governo da adottare per guidare la transizione dello Yemen: gli Houthi aspirano

alla condivisione del potere con il Presidente Hadi, in opposizione alle autorità del

Paese che ritengono che quest’ultimo sia l’unico Presidente legittimo sostenuto dalle

Nazioni Unite.

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ANALISI E COMMENTI

EGITTO, CONTRO-RIVOLUZIONE E DIRITTI UMANI

MAURO SACCOL ↴

La scomparsa del giovane ricercatore italiano Giulio Regeni, e il successivo ritrova-

mento del cadavere, hanno in parte scoperchiato il vaso di pandora egiziano. Nonos-

tante le indagini non abbiano sinora prodotto risultati concreti, i segni di tortura

riscontrati sul corpo hanno contribuito a portare alla luce ciò che organizzazioni per i

diritti umani, egiziane e internazionali, segnalavano da tempo: la sequela di violazioni

dei diritti umani compiute dal regime del Presidente Abdel Fattah al-Sisi. Il livello

della repressione ha raggiunto, secondo alcuni commentatori, vette superiori a

quanto accadeva durante la presidenza Mubarak [1], registrando pertanto un peggi-

oramento delle condizioni politiche e sociali rispetto al periodo precedente lo scoppio

della Rivoluzione nel 2011. Le speranze dei giovani e delle persone che scesero in

piazza per protestare contro Mubarak sembrano essere state soffocate dal ritorno al

potere dei militari nella persona di al-Sisi e quella che era stata definita una “Pri-

mavera” appare, invece, un lungo e buio “Inverno” (…) SEGUE >>>

MALI: IL JIHAD VISTO DAI TUAREG

LUCIANO POLLICHIENI ↴

Nella cartografia dell’Africa sahelo-sahariana i Tuareg hanno sempre rappresentato

una costante. I regimi coloniali hanno disegnato linee di demarcazione arbitrarie in

lungo e in largo nel deserto, successivamente riconosciute dagli Stati nati in seguito

alla decolonizzazione, ma “gli uomini blu” non le hanno mai rispettate. Con il trascor-

rere degli anni, i Tuareg son rimasti un potere determinante nello spazio del deserto.

La nascita di Ansar Eddine, il primo gruppo jihadista Tuareg, va analizzata nel conte-

sto storico delle sollevazioni del nord del Mali. La prima insurrezione Tuareg scoppiò

dopo la dichiarazione d’indipendenza nel 1960. I notabili delle tribù non accettavano

che il loro popolo venisse incluso all’interno di un Paese (lungo la linea Gao-Kidal-

Timbuctu) del quale non si riconoscevano cittadini. Brutalmente repressa quest’in-

surrezione, il Nord restò fino agli anni Novanta ai margini di qualsiasi processo di

sviluppo (…) SEGUE >>>

LUCI ED OMBRE DELLE RELAZIONI TRA INDIA E AFGHANISTAN

SARAH WAFIQ ↴

L’India rivendica legami storici e culturali di lunga data con l’Afghanistan, legami in

nome dei quali rigetta l’idea occidentale di un Afghanistan intrinsecamente ingover-

nabile. Illustri afghani, quali ad esempio l’ex Presidente Hamid Karzai, hanno ricevuto

almeno una parte della propria formazione in India e oggi l’Afghanistan risulta essere

il maggior beneficiario di borse di studio concesse dal Consiglio Indiano per le Rela-

zioni Culturali. Affinità storico-culturali, che affondano le radici nella comune appar-

tenenza alle civiltà della Valle dell’Indo, congiuntamente al fatto che i due Paesi non

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condividono alcun confine, spiegano la vicinanza tra Kabul e New Delhi e il fatto che

– a differenza di quanto accade tra gli Stati dell’area – quest’ultima non è avvertita

come una minaccia dalle istituzioni afghane. In quanto potenza che ambisce al ruolo

di leadership regionale, l’India si è quasi sempre sentita in dovere di guidare e di

supportare gli Stati vicini. L’impegno nei confronti dell’Afghanistan è in particolar

modo giustificato dal fatto che lo sviluppo sociale ed economico di quest’ultimo è

vitale alla stabilità e alla sicurezza dell’intera area asiatica (…) SEGUE >>>

L’EUROPA DI FRONTE AI CONFLITTI IRREGOLARI NELLA REGIONE DEL MEDITERRANEO

ANDREA BECCARO ↴

L’Europa vive oggi un momento storico di profonde trasformazioni geopolitiche ri-

guardanti la regione del Mediterraneo, che la influenzeranno profondamente. Tali

complessi sommovimenti politici assumono spesso la forma di conflitti molto diversi

da quelli classici fra Stati a cui la tradizione europea e occidentale in genere era

abituata. Infatti, tali guerre, al di là delle agende politiche che cercano di realizzare,

non sono statuali, bensì insorgenze e guerre irregolari nella loro più ampia accezione.

Nell’ambito degli studi internazionalistici è ormai dalla fine della Guerra fredda che si

dibatte sul tema della trasformazione della guerra, tra le più note teorie possiamo

ricordare: i LIC, le “nuove guerre”, la Fourth Generation Warfare, la Hybrid Warfare.

Presupposti di queste riflessioni sono due fenomeni (crisi dello Stato sovrano e glo-

balizzazione) che qui non ci è possibile analizzare in dettaglio ma che rappresentano

la premessa essenziale, oltre che una valida spiegazione, di alcuni dei tratti comuni

della conflittualità contemporanea: uno scontro tra un esercito regolare e statuale e

una forza molto più eterogenea che esula dalla regolarità dello Stato e che viene

definita in vari modi; una commistione tra diverse attività, specialmente tra quelle

criminali e quelle più prettamente belliche; crescita dell’impatto di attori privati o

comunque diversi da quello statuale; coinvolgimento dei civili nelle operazioni; im-

piego di tattiche mordi e fuggi e terroristiche (…) SEGUE >>>

A cura di

OSSERVATORIO DI POLITICA INTERNAZIONALE

Ente di ricerca di

“BLOGLOBAL-LO SGUARDO SUL MONDO”

Associazione culturale per la promozione della conoscenza della politica internazionale

C.F. 98099880787

www.bloglobal.net


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