Udienza 2 aprile 1907; Pres. Gardi, Est. Alippi; Bianchi (Avv. Morelli, Del Beccaro) c. Bianchi(Avv. Aruch)Source: Il Foro Italiano, Vol. 32, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA CIVILE E COMMERCIALE(1907), pp. 1133/1134-1135/1136Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23108491 .
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J133 GIURISPRUDENZA CIVILE E COMMERCIALE 1134
anzi non manca chi ritiene che da questo istante non sia
più in facoltà del creditore procedente di chiedere la
nomina di un sequestratalo giudiziale al fondo, che l'am
ministri in luogo del curatore (Bonelli, Del fallimento,
p. 142, parte II). Infine a nulla rileva a favore dell'ap
pellante l'avere la Cassa di risparmio d'Ivrea effettiva
mente trascritto precetto immobiliare il 27 febbraio 1898
contro la fallita Chiaramella, chè, di fronte alle oscillanze
della giurisprudenza in materia, tale atto non può es
sere considerato che quale misura precauzionale, che non
può influire sui diritti acquisiti dalla stessa Cassa di ri
sparmio.
Devesi quindi concludere che colla dichiarazione di fallimento rimanendo privato di pien diritto il fallito
dell'amministrazione dei suoi beni, i fratti degl'immo bili formano assieme al prezzo di loro vendita la garan zia ^ei creditori ipotecari pel soddisfacimento delle loro
ragioni. E poiché per l'art. 800 cod. comm. la sentenza
di fallimento apre il giudizio esecutivo, da questa data
parimenti dovrà farsi il computo delle annate degl'in teressi dei creditori ipotecari, indipendentemente da in
timazione di precetto o della trascrizione sua, posto ohe
questo atto è reso inutile ed è anzi vietato a qualsiasi creditore.
Per questi motivi, ecc.
CORTE DI APPELLO DI FIRENZE. Ulienza2 aprile 1907 ; Pres. Gaudi, Eat. Alippi; Bianchi
(Avv. Morelli, Del Beccaro) c. Bianchi (Avv. Aruch).
Cassa postale di risparmio — Libretto — Intestatario
non possessore — Proprietà delle somme versate
(Reg. 11 giugno 1903, servizio cassa postale di ri
sparmio). Donazione — Dono manuale di somme — Libretto pò
stale — Intestazione al nome del donatario - Ri
ve udì «azione del libretto.
Confessione — Libretto postale — Versamento di som
me l'atto da un terzo — Animo di donarle all' in
testatario — Inscindibilità.
Per effetto della iscrizione, a nome di un terzo di somme
su libretto della Cassa postale di risparmio, Vintestata
rio del libretto acquista la proprietà delle somme de
positate a suo nome dal rappresentante dichiarato, in
dipendentemente dal possesso del libretto. (1) Nella donazione manuale di somme depositate su libretto
della Gassa postale di risparmio, V intestazione del cre
dito al nome del terzo equivale a tradizione delle somme, e Vaccettazione, per la quale non è richiesta alcuna for
malità, è provata dal giudizio istituito per rivendicare
il libretto. (2) k inscindibile la confessione con la quale si riconosce che
le somme furono versate da un terzo sul libretto postale di risparmio con animo di donarle all' intestatario.
La Corte, ecc. — Come la teorica del dono manuale, sebbene non scritta nei nostri codici, ò però universal
mente accettata dalla dottrina e dalla giurisprudenza, così
(1) Veggasi in argomento la sentenza della Cassazione di Palormo 28 aprile 1900 (Foro it, 1900, I, 916, eoa nota di ri
chiami). La Cassazione di Napoli 10 marzo 1900 (Foro it., Rep. 1900
voce Cassa postale, mi. 3-6), confermando la sentenza della lo cale Corte d'appello 17 giugno 1901 (id., Rep 1901, predetta vo ce nn. 8, 4), ha deciso che l'intestazione del libretto di Cassa
la funzione economica sempre più estendentesi ha reso
possibili delle forme di previdenza e beneficenza, che
sfuggono al tipo classico della'donazione, ma non sono
per questo meno legali e attributive di diritti.
Tale, a parere della Corte, è l'iscrizione di credito
nome di terzi sui libretti delle Casse postali di ri
sparmio. Anche qui la pratica ha preceduto la sanzione legi
slativa, poiché la legge fondamentale delle Casse 27 mag
gio 1875 non disciplinava la cosi detta rappresentanza, ammettendo bensì l'apertura presso l'Amministrazione
delle poste di un conto corrente " a favore di ciascun in
dividuo nel cui nome si verseranno somme a titolo di
risparmio „ (art. 3), senza preoccuparsi cioè da chi ve
nissero le somme stesse. Più esplicitamente poi, sulla co
pertina dei libretti, fra le norme regolanti il servizio delle
Casse postali di risparmio, era detto che qualsiasi persona
poteva depositare fondi ad interesse " per conto proprio
o di altri,, (art 1"), ma devesi soltanto al regolamento 11 giugno 1903 la legalizzazione dello stato di fatto pree
sistente, coll'essersi consentito al titolare "il diritto di
nominare un rappresentante nell'intestazione del libretto, concedendosi al rappresentante le facoltà limitate alla
semplice amministrazione, e cioè ai depositi ed ai rim
borsi in nome e per conto del titolare „. (Vedi Relazione
Squittì 20 febbraio 1903 al Consiglio di Stato sugli art.
20 e 61). Naturalmente, non tutti cotesti depositi per mezzo di
rappresentanti dichiarati costituiscono atti di liberalità a
favore di terzi, potendo spesso le somme che si versano
dal rappresentante appartenere al rappresentato in con
seguenza di relazioni d'amministrazione o gestione d'af
fari. Però, o siano le somme di pertinenza del rap pre-, tentato o siano di pertinenza del rappresentante, versate o
no con animo di compiere un atto di liberalità, è certo che
di pieno diritto si pone in essere un rapporto giuridico in virtù del quale
" il rappresentante dichiarato riveste
la qualità di mandatario del titolare per le operazioni di
rimborso e di deposito,, (art. 20). Il libretto dunque è
fin dall'origine proprietà del rappresentato; nè chi lo
crea in questa guisa può dire che altra era la sua inten
zione, poiché è risaputo che chi contratta con una am
ministrazione pubblica si sottopone preventivamente a
tutte le norme e discipline da cui la medesima è per legge
governata. La firma del rappresentato titolare del libretto non
è necessaria, ma è prudente averla, e l'art. 22 reg. 11
giugno 1903 insegna come debba farsi per procurarla
postalo di risparmio non vale da sola a costituire la prova piena, a favore dell'intestatario, della proprietà della somma
iscrittiva, quando il deposito e lo altro operazioni figurano eseguite da altri, ohe in qualità di rappresentante dell' intesta tario ha anche apposto la firma.
La questione si è fatta anche a proposito del tramutamento di cartelle del debito pubblico in titoli nominativi, che il pro prietario di esse abbia fatto eseguirò con intestazione al no me di un terzo; veggasi in proposito: Cass. Firenzo 23 luglio 1903 (Foro 1"03, I, 114(3, con nota), la quale annullava la sen tenza della Corte d'appello di Firenze, nella stessa causa, 28 marzo 1903 (id., Rep. 1903, voce Debito pubblico, nn. 13-15), che aveva deciso in senso conforme alla sentenza che pubblichia mo, o cioè cho l'intostazione fa prova erga omnes della perti nenza della somma, e che non è lecito impugnarla per inadem
pimento dello formalità richieste dalla legge comune per l'ef ficacia della trasmissione avvenuta
(2) Sulla validità, presupposta dalla Corte, dei doni manuali, veggasi da ultimo la sentenza della Cassazione di Firenze 11 aprilo 1807 (retro, col. 1121).
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1135 PARTE PRIMA Ì136
quando avvenga che la terza persona abbia occasione di
accedere all'ufficio postale dove è aperto il conto corrente.
Tanta è poi l'assimilaziolie del rappresentante al manda
tario, che " la rappresentanza cessa di diritto con la
morte del titolare .. (art. 20). D'onde la conseguenza che
finché il titolare vive, il rappresentante può disporre co
me vuole dei depositi ed anche riprenderseli, annullando
con una semplice operazione di rimborso qualsiasi dise
guo di liberalità avesse mai potuto avere in mente. Quan
do poi il titolare muore, il rappresentante, malgrado non
abbia mai pensato ad atti di liberalità od abbia mutato
pensiero per effetto della creazione del libretto a nome di
una terza persona, va necessariamente a trovarsi in una
posizione difficile (poiché la Cassa postale non paga se
non agli eredi e con 1' osservanza di quanto è prescrit to negli art. 837-338 e 339 reg. 4 maggio 1885, sul
l'amministrazione del patrimonio e la contabilità gene
rale dello Stato) ed è appunto cogli eredi del titolare che
deve fare i conti.
Nella specie, il libretto intestato a Brunetta Bianchi
si è rinvenuto fra le carte del defunto suo zio Cornelio
Bianchi; ma è naturale che avvenisse così, giacché, senza
escludere che il titolare possa anche egli effettuare ope
razioni di deposito e di rimborso, le operazioni stesse si
compiono ordinariamente dal rappresentante dichiarato, il quale non potrebbe attendervi senza il materiale pos sesso del titolo. Del resto, se anche il libretto non esi
stesse o non volesse dal possessore Luigi Bianchi cedersi
alla cugina Brunetta, non per questo verrebbe meno il
di lei diritto verso la Cassa postale, ben potendosi alla
mancanza di quel documento supplire con scritture del
l'Amininistrazione, secondo che è detto nell'art 80 del re
golamento del 1903, o con la duplicazione del libretto, la
quale si ammetteva prima che andasse in vigore il rego lamento stesso.
Ciò premesso, ritiene la Corte che la questione sotto
posta al suo esame possa risolversi anche indipendentt
mente dai noti principi di diritto in ordine ai doni ma
nuali, bastando considerare l'iscrizione sul libretto di al
cuni crediti al nome di Brunetta Bianchi come un'attuale
e reale cessione delle somme che si andavano man mano
versando da Cornelio Bianchi presso la Cassa postale, e
che per virtù di legge, non ignorata certo e non ignora
bile dal depositante, divenivano immediatamente di perti
nenza di lei co aie titolare del libretto A nulla giova poi
obbiettare che Cornelio Bianchi dovette probabilmente in
testare il libretto alla nipote Brunetta per eludere la di
sposizione della legge postale vietante di possedere più libretti in nome proprio, inquantochè, se oggi è proibito
espressamente di creare libretti coi nomi fittizi, nel 1900
tale proibizione non esisteva, ed anzi nella pratica era
talmente invaso quel sistema da creare non pochi e non
lievi inconvenienti all'Amministrazione.
Che se invece si vogliano seguire le tracce dell'appellata
sentenza, non altra può essere la soluzione da darsi alla
controversia sotto l'aspetto della donazione manuale. È no
to infatti che per aversi dono manuale legalmente efficace
quattro requisiti si ritengono dai giuristi necessari: la
tradizione della cosa donata, l'intenzione di donare, l'ac
cettazione e la modicità del dono. Ora la tradizione non ò
detto che debba essere materiale. Quando oggetto della
liberalità non è una cosa materiale, ma una pretesa giu
ridica, nulla vieta che della tradizione tenga luogo l'iscri
zione di un credito al nome del terzo. Il terzo allora, in
forza della semplice creazione del rapporto obbligatorio
fra iscrivente e istituto assicuratore del debito, diviene
ipso jure beneficiario del credito, di cui entra così nel
quasi possesso giuridico. La tradizione quindi può in tal
caso dirsi fatta virtualmente, senza bisogno che venga
pure consegnato il documento del credito ; documento che, nella fattispecie, doveva restare, come già si è osservato, nelle mani del rappresentante dichiarato per poter com
piere le ulteriori operazioni di deposito e di rimborso.
Quanto alla intenzione di donare, per distruggere la
presunzione nascente della creazione del libretto al nome
di Brunetta Bianchi che cosa si produce? Nulla, asso
latamente nulla, mentre d'altro canto la difesa dell'ap
pellata con ragione invoca il principio dell'inscindibilità della confessione, dichiarando di riconoscere sì che le
somme versate nel libretto non furono versate da lei, ma di sapere pure che lo zio Cornelio le versava con
animo di fargliene dono, pel molto affetto che nutriva
verso di lei, rimasta fin da piccola orfana e sprovveduta di beni di fortuna. La stessa considerazione vale in or
dine all'accettazione, per la quale in tema di dono ma
nuale non è richiesta alruna formalità e della quale, se
altro occorresse, è riprova eloquente l'odierno giudizio diretto appunto alla rivendicazione del libretto.
Per questi motivi, ecc.
CORTE D'APPELLO DI GEMA. Udienza 4 giugno 1907; Pres. Valbusa P., Est. Cereti;
Lavagna c. Borelli.
Competenza — Vendita — Azione di rescissione per
lesione — Natura — Valore (Cod. proC. CÌV., art. 79).
fi? personale, non reale, l'azione di rescissione della ven
dita per lesione. (1)
Quindi il valore della causa, agli effetti della competenza, si desume dal valore che le parti hanno dato al fondo
venduto, non dal tributo fondiario a norma dell'art.
79 cod. proc. civile. (2)
La Corte, ecc. — Osserva che l'appellata sentenza
muove da un concetto mirabilmente giuridico ed esatto. " L'azione di rescissione, cosi essa rileva, istituita
dall'art. 1529 cod. civ., ha il suo fondamento nella man
canza di libero consenso per parte del venditore, il quale, stretto dal bisogno, avrebbe accettato un prezzo che in
condizioni normali non avrebbe accettato, perchè infimo
in confronto di quello che sarebbe stato il vero ed il giu sto „. Così è veramente ; la rescissoria si fonda sul pre
supposto di un consenso non libero, ma coatto, e quindi
vizioso, tanto da rendere annullabile il contratto per di
fetto appunto di quello che è uno dei requisiti essen
ziali d'ogni contratto, la libertà del consenso. Essa dun
(1-2) Che sia personale l'azione di rescissione por lesiono hanno deciso anche lo Corti d'appello di Tram 8 giugno 1894 e di Milano 15 dicembre 1897, nonché il Tribunale di Novi Ligure 31 dicembre 1891 (Foro it., 1894, I, 1065, Rep. 1898 n. 104, e Rep. 1892 nn. 86, 87 della voce Competenza ci v.), ritenendo peraltro che il valore della causa agli effetti della competenza sia quello attribuito all'immobile nell'atto di citazione, come in via di
ipotetica concessione ammette nella motivazione la sentenza
qui riferita. La stessa Corte d'appello di Genova poi aveva già altra vol
( ta giudicato (sent. 15 giugno 1897 (Foro it., Rep. 1897, voce
Competenza civ. n. 124) che per stabilire il valore della causa non si possa aver riguardo al prezzo stabilito nel contratto, dicendo tuttavia, nella specie, la causa di valore indeterminato, perchè si chiedevano contemporaneamente i danni senza deter minarne l'ammontare.
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