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QUANTA FORMAZIONE SI FA IN ITALIA? - Human Training | La Rivista sulla Formazione per ... ·...

Date post: 22-Feb-2019
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V A L O R I Z Z A R E L E R I S O R S E U M A N E Periodicità trimestrale - Poste Italiane Spa - Spediz. abbonamento postale D.L. 353/2003 (conv.in L.27/2/2004 n.46) art.1 comma 1 - CNS MI € 8,00 - chf 13 n. 27 | GIUGNO-LUGLIO 2014 www.humantraining.it QUANTA FORMAZIONE SI FA IN ITALIA? L’INDAGINE DI EXPOTRAINING ED EXPOLAVORO & SICUREZZA
Transcript

1 -HT

V A L O R I Z Z A R E L E R I s O R s E u m A n E

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QUANTA FORMAZIONE SI FA IN ITALIA?

L’INDAGINE DI EXPOTRAINING ED EXPOLAVORO & SICUREZZA

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EDITORIALE

L’IGNORANZA GALOPPANTE LA FA’ DA PADRONA….

ALTRO CHE CRISI.

Competitività fa rima con competenze, ma competenze non fa rima con l’ignoranza dila-gante che si avverte nella classe imprenditoriale e dirigenziale del Paese.

Ignoranza che non stimola la crescita, che critica la situazio-ne, è priva di spunti e di idee per porre delle azioni di contrasto all’attuale situazione. L’incom-petenza è figlia del triste primato che l’Italia vanta nelle classifiche internazionali relative al nume-ro di ore formative annuali per lavoratore ed investimenti sulla formazione – un esempio per tutti, in Italia si svolgono un’o-ra e mezza contro le ventiquat-tro ore della Germania - e poi ci domandiamo perché i tedeschi sono delle locomotive e noi delle zavorre!! L’aspetto maggiormen-te preoccupante è rappresentato dal fatto che se noi chiediamo ad un imprenditore o a un diri-gente se loro stessi o i loro collaboratori necessi-tino di formazione, la risposta più plausibile che otterremo è: si sarebbe meglio farla, tuttavia an-diamo avanti così!

Fortunatamente non tutte le aziende snobba-no la formazione, in un recente convegno ho in-contrato un imprenditore che mi raccontava en-tusiasta di quali effetti benevoli avesse ottenuto dalla formazione e diceva: “Vede, se i miei addet-ti alla contabilità non sapessero l’inglese, quando devono sollecitare al cliente estero i pagamenti o fornire chiarimenti, o lo fanno immediatamen-te, o ritarderemmo gli incassi”. In questo caso l’imprenditore è persuaso che formare i propri collaboratori non rappresenta un aggravio di co-sti o una prassi d’èlite, ma un propulsore e quel valore aggiunto che permette di far fronte alla crisi.

In questo scenario l’aumento della consapevo-

lezza sui benefici della formazione non è andato di pari passo con l’evolversi della normativa e dell’offerta formativa. Spesso accade che la cul-

tura aziendale generi una situa-zione di antinomia tra il reale desiderio di fare formazione e la volontà di farlo, o ancora peg-gio, che culturalmente serpeggi la profonda distorsione concet-tuale ben rappresentata dalla scusa palese “non abbiamo tem-po e risorse economiche da de-stinare”. Balle! Perchè chi non ha tempo da destinare per ri-solvere i suoi problemi è meglio che esca velocemente dal mer-cato, per evitare il costo socia-le della non formazione, men-tre invece per quanto riguarda le disponibilità economiche è sufficiente far ricorso agli stru-

menti di finanza agevolata che proliferano.Ecco, allora, che dobbiamo domandarci di che

cosa si necessita per stimolare la domanda di formazione e che tipo di offerta occorre. La ri-sposta deve essere ricercata, per quanto concerne l’offerta formativa, in una progettualità che col-ga i veri problemi e le difficoltà quotidiane degli addetti alle varie funzioni organizzative e che, “chirurgicamente”, intervenga fornendo un kit di strumenti spendibili nell’operatività. Anche le Istituzioni devono fare la propria parte , così come hanno imposto l’obbligatorietà della for-mazione sulla sicurezza, si dovrebbe estendere tale vincolo a tutti i generi di formazione attra-verso una specifica legge.

Concludendo questa mia riflessione vi propon-go una citazione anonima che si attaglia molto bene all’argomento “Se pensate che l’istruzione sia costosa provate con l’ignoranza”.

Carlo Barberis

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EDITORIALE

3 Editoriale

COVER

6 La formazione in tempi di crisi: i soldi ci sono, ciò che manca è la formazione!

L'ECO DELLA FORMAZIONE

12 I tradizionali sistemi di marketing funzionano ancora nella vendita dei servizi?

14 La formazione al centro

17 Expo 2015: CISL Reti promuove Forum Internazionale del Lavoro

18 Prestazioni eccellenti in mercati incerti: strategie di vendita, tra vecchi e nuovi paradigmi commerciali

23 I cittadini ed il rispetto della privacy

24 Una formazione professionalizzante e certificata per cogliere le opportunita’ dell’europa

26 I vantaggi del franchising sulla formazione

30 La scuola nutre la famiglia e i valori

33 Sicurezza e salute delle popolazioni e protezione ambientale: elementi vitali per il pianeta

Anno 7 N° 27 Giugno - Luglio 2014

V A L O R I Z Z A R E L A R I s O R s E u m A n E

sOmmARIO

Stefano Scabbio pag. 14

Antonio Sabbatella pag. 24

Andrea Guanci pag. 18

Ricerca sulla formazione Pag. 6

5 -HT

Paola Codecasa pag. 36

HT HUMAN TRAINING

Direttore Responsabile: Vittorio Baroffio

Direttore editoriale: Carlo Barberis

Collaboratori:S. Airoldi, M. Alvisi, A. Auriemma, E. Avanzi, A. Baldi, M. R. Barberis, M. Campi, A. Campiotti, M. D. Castejon, M. Cinque, C. Colombo, C. De Masi, A. Diotallevi, F.M. Di Foglio, P. Favarano, M. Filippis, T. Greco,P. Iacci, M. Moretta, C. Osnago Gadda, A. Passerini, G. Robilotta, G. P. Rossi, G. Rovesti, F. Sala, L.Serrani, M. Soriani Bellavista, S. [email protected]

Segreteria di redazione: Michela [email protected]

Realizzazione Stampa: PixartPrinting

Pubblicità:[email protected]. 02 80509656

HT Human Training è pubblicato da C.R.I.S.O.F. S.c.a.r.l. 20123 Milano Via De Togni, 20 Tel 02 80509656 Fax 02 80509280 e mail [email protected]: www.humantraining.it

Registrazione tribunale di Milano N° 48 del 23/01/08

Costo copia € 8,00 - Abbonamento annuo Italia € 40,00 - Abbonamento Estero € 60,00 - Versare l’importo mediante bonifico bancario presso: Gruppo Veneto Banca, codice IBAN IT 13 L 0503545 3602 5057 0125 222, oppure inviare assegno presso la sede della rivista. L’abbonamento sarà attivo dal momento di ricevimento del pagamento e può decorrere da qualsiasi periodo.

Tutti i diritti sono riservati. Nessuna parte della rivista può essere riprodotta in qualsiasi forma o rielaborata con l’uso di sistemi elettronici, o riprodotta, o diffusa, senza l’autorizzazione scritta dell’editore. Manoscritti e foto, anche se non pubblicati, non vengono restituiti.

FOCUS

34 Il futuro e’ “smart working”: siamo pronti?

INTERVISTA

36 Intervista a Paola Codecasa, responsabile delle Risorse umane del gruppo Zucchetti Prima dell’organigramma, la qualità delle idee

39 Intervista ad Anna Maria Delzotti, regista teatra-le, e Gioacchino Leovino, direttore hr di Fincons Group. Con l’arte, la passione entra nel business

43 Intervista a Laura Bruno, direttore Risorse umane di Sanofi Italia. L’attenzione alla persona che fa crescere l’impresa

46 Intervista a Elisabetta Caldera, direttore Risorse

umane e organizzazione di Vodafone Italia. Quando la formazione mette le ali al business

50 Intervista a Michele Riccardi, direttore Risorse umane di Edenred Italia. Dalla condivisione, un’eccezionalità quotidiana che innova

LE SCHEDE

53 Archiviare i documenti in modo efficace II° parte

61 E-commerce e web marketing I° parte

L'OPINIONE DI

66 Il nuovo portale sulla formazione: un mix di innovazione e qualità

Elisabetta Caldera pag. 46

Michele Riccardi pag. 50

Gioacchino Leovino pag. 39

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COVER

LA FORMAZIONE IN TEMPI DI CRISI: I SOLDI CI SONO, CIò CHE

MANCA è LA FORMAZIONE!

A cura dell’osservatorio di ExpoTraining ed ExpoLavoro & sicurezza

Il sistema della formazione non riesce a far percepire al

sistema azienda il vero plus deri-vante dalla formazione, e le aziende, troppo impegnate a gestire a brac-cio il quotidiano, non vedono quali concreti vantaggi possano derivare dai piani formativi, pertanto tutto il sistema è in sofferenza! Questa è la sintesi della ricerca condot-ta dall’Osservatorio di ExpoTrai-ning ed ExpoLavoro&Sicurezza. Ma perché avviene ciò?

Certamente, le cause sono da ri-cercare, in primis, sul fronte del si-stema formativo, che non ha saputo innovarsi e soprattutto non ha sapu-to educare gli interlocutori, inten-dendo il verbo nel senso etimologico di e-ducere, portare a consapevolez-za un sapere all’inizio latente: non ha infatti avviato un processo di socia-lizzazione all’utilizzo delle pratiche formative come elemento impre-

scindibile nello sviluppo del Sistema Paese.

Correlativamente, sul versante delle imprese, non si è consolidata una vera coscienza rispetto all’acqui-sto della formazione poichè il 70% delle imprese avvia programmi for-

Il grafIco rIporta Il quadro della formazIone nelle azIende secondo le loro dImensIonI

segmentazIone geografIca e relatIve percentualI ItalIa e relatIve percentualI dI formazIone

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Incremento delle azIende che neI prossImI due annI sono IntenzIonate a fare formazIone

percentuale azIende che ha avvIato programmI formatIvI 2009

percentuale azIende che Intende avvIare In futuro programmI formatIvI

mativi, ossia dà corso allo sviluppo della competenza, solo ed esclusi-vamente se ha accesso al sistema di finanziamento pubblico. E un altro dato preoccupante che emerge è che non tutto il gettito derivante dal ver-samento del contributo dello 0,30% del monte salari di cui alla legge 388/2003 viene opzionato nei fondi interprofessionali.

Da questa prima eziologia, che presenta le cause più immedia-tamente evidenti del problema, emerge una complessiva crisi d’i-dentità del settore che ha generato un processo di devianza. Ma, se ci soffermiamo più in particolare sulla fenomenologia di questo processo, percentuale azIende che non Intende avvIare In futuro

programmI formatIvI

vedremo che la riflessione ci porterà a individuare una causa più fonda-mentale del disagio che inficia il mondo della formazione.

L’universo di riferimentoL’indagine svolta per la realizzazio-ne di questa ricerca è stata concepi-ta attraverso le informazioni fornite

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COVER

Formazione solo con finanziamenti La ricerca ci consegna un altro

punto di riflessione relativo alla de-stinazione del budget di formazione che è praticamente assente o poco rilevante, nella maggioranza delle

percentuale dI formazIone fInanzIata usata dalle azIende

da un campione di 1.000 aziende italiane e composto da un universo di circa 500.000 lavoratori. Il tar-get è stato scelto in base al numero dei dipendenti e alle rispettive aree geografiche. Si tratta di aziende di capitali private; non è stata presa in considerazione la pubblica ammini-strazione.

Quanti fanno formazione?Il quadro che emerge da questa rile-vazione ci fornisce un sistema “fre-nato”, soprattutto per quanto con-cerne la medio piccola impresa, ossia la nervatura del Sistema Paese, nella quale solo il 18% ha attivato, duran-te l’anno, programmi formativi, e un altro esiguo 10% intende nel prossi-mo futuro avviare azioni formative. Salendo come dimensioni di gran-dezza, aumentano le percentuali di utilizzo delle prassi formative.Attualmente il sistema produttivo non ha il valore aggiunto derivante dalle azioni di formazione e di adde-stramento.Una conseguenza di ciò è un’invo-

dIpendentI azIende In relazIone alla formazIone erogata con rIsorse proprIe

Questo è l’insieme preso in esa-me: tutte le aziende che hanno par-tecipato all’indagine hanno fornito una serie di informazioni sulle pro-prie attività formative svolte nell’at-tuale congiuntura negativa.

luzione di competitività del sistema Paese in una logica di mercato glo-bale, involuzione dovuta al modesto grado di capitalizzazione delle pro-prie risorse umane.

aziende intervistate (con l’unica ec-cezione della grande impresa).

Questo andamento lo si riscon-tra nella seguente, e molto diffusa, persuasione: faccio formazione solo ed esclusivamente se ho dei finan-ziamenti. Ci troviamo davanti a un mercato drogato, dalle varie linee di finanziamento pubblico che da un lato, esse hanno senz’altro con-tribuito a promuovere la domanda formativa, ma, dall’altro, hanno “dopato il mercato”, ossia non han-no permesso di radicare una cultu-ra imprenditoriale autenticamente

sana, cioè focalizzata sulla capita-lizzazione delle risorse umane come asset di differenziazione e sviluppo. Fatta eccezione, difatti, per le azien-de più strutturate, che tradizional-mente destinano una percentuale del proprio fatturato alla formazio-ne, la maggior parte delle imprese vincola la realizzazione dell’attività formativa all’ottenimento dei finan-ziamenti.

dIpendentI azIende In relazIone alla formazIone fInanzIata

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Aree Tematiche Partecipazione

Management 30%

Comunicazione interpersonale 12%

Contabilità e finanza 1,50%

Organizzazione e gestione aziendale 7%

Marketing vendite 36%

Qualità 3,50%

Informatica 15%

Lingue 22%

Giuridico normativa 3%

Tecniche di produzione 9%

Sicurezza 31%

Dall’equazione “finanziamen-to=formazione” scaturisce così un atteggiamento mentale deviato, che determina a sua volta un comporta-mento imprudente per l’azienda. La prima riflessione in tal senso è che le politiche di finanziamento alla for-mazione devono essere totalmente riscritte, inserendo una condizione grazie alla quale si andrebbe a svi-luppare una cultura della formazio-ne continua che prescinde dall’ot-tenimento del solo finanziamento. Un’ipotesi praticabile, per conferire adeguate basi finanziarie ai piani formativi, è abbinare la parte delle risorse richieste al sistema del fi-nanziamento pubblico a una parte delle risorse economiche messe a disposizione dall’azienda; un’altra idea possibile è introdurre delle agevolazioni fiscali per chi ha deciso

datI relatIvI aI programmI ad hoc In relazIone aI programmI a catalogo

dettaglIo deI datI sulla formazIone ad hoc

di attivare dei piani di formazione. Così operando, come d’altra parte avviene in altri paesi Europei, come, ad esempio, in Francia, si andrebbe a generare nel tempo l’abitudine di allocare budget destinati alla forma-zione all’interno dei bilanci.

Tematiche formative riscontrateCome si evince dalle risultanze, in termini di preferenze, si nota una diversificazione dell’approccio tema-tico molto sbilanciata a favore delle pratiche tipiche dell’addestramento – informatica, lingue, sicurezza, ecc. Tali discipline, molto più misurabili e tangibili, esibiscono un grado di pre-ferenza notevole. Il che ci porta a constatare che, a livel-lo di cultura e di abitudini formative, le suddette materie, di derivazione prettamente scolastica ed educativa, abbiano più successo, se paragona-te a discipline tipiche dello sviluppo della cultura aziendale, quali il ma-nagement, il marketing, le vendite, la comunicazione interfunzionale, ecc.

aree tematIche e partecIpazIone

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COVER

dettaglIo deI datI sulla formazIone con programmI a catalogo

E, ricercandone le specifiche motiva-zioni, è ragionevole supporre che le aziende siano indotte ad acquistare le discipline tipiche dell’addestramento poiché esse sono:• più facilmente comprensibili

in termini di criteri tecnici d’acquisto;

• maggiormente verificabili in termini di apprendimento;

• maggiormente stimabili in ter-mini di ROI;

• maggiormente investite di sforzi di innovazione da parte dell’of-ferta formativa.

Sull’opposto versante delle discipline tipiche della formazio-ne, la stagnazione dell’acquisto potrebbe essere ricondotta a:

• mancanza di azioni di orienta-mento in seno alla committenza;

• non tangibilità nel breve termine degli apporti formativi;

• non credibilità degli effetti deri-vanti dall’azione formativa;

• l’elevata offerta di prodotti for-mativi vetusti;

• non innovazione dell’offerta formativa.

LA FIERA DELLA FORMAZIONE DEL LAVORO E SICUREZZA.

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L’ECO DELLA FORMAZIONE

A cura di m. soriani

Le nuove frontiere del marketing della formazione

I TRADIZIONALI SISTEMI DI MARkETING FUNZIONANO ANCORA NELLA VENDITA

DEI SERVIZI?

La contrazione dei finan-ziamenti pubblici ,in par-

ticolare quelli regionali afferenti FSE, l’accorpamento delle province, l’aumento della tensione concor-renziale, determina per l’impresa di formazione e dei servizi in generale una nuova ed impellente necessità di implementare nuovi mercati diver-si da quelli legati esclusivamente ai finanziamenti regionali. Molti Enti formativi si stanno indirizzando ver-so segmenti di mercato rappresentati dalle aziende , dai professionisti, dal-la P.A., ecc .

Questo è il quadro che emerge dagli ultimi convegni realizzati in occasione di ExpoTraining 2013 - la fiera della formazione-, che eviden-zia chiaramente che non tutti gli ope-ratori pertanto sono preparati com-mercialmente per affrontare le sfide di un mercato molto competitivo. A fronte di questo scenario la dinami-ca della vendita di formazione non è sempre così lineare come la commer-cializzazione degli altri servizi. Le tecniche e gli strumenti di marketing tradizionale, alcune volte non sono performanti, anzi portano all’insuc-cesso ed alla perdita di risorse.

Un mix di strumenti che per-mette di entrare in contatto con i decisori giusti, esaltare il valore dei

propri corsi e seminari devono essere gli obiettivi principali del nuovo ap-proccio di marketing.

Da una recente ricerca, condot-ta da ExpoTraining rivolta a 1.000 aziende, finalizzata ad individuare il trend e le aree tematiche maggior-mente richieste nella formazione, emerge che giornalmente le direzio-ni del personale ricevono:

• 30 e-mail promozionali;• circa 8/10 proposte commer-

ciali;• 7/8 telefonate per richiedere

un appuntamento.Questa situazione di eccessivo

“bombardamento” alza le barriere

del contatto ed “inasprisce i filtri”per parlare con i decisori aziendali, im-plicando di riflesso maggiori inve-stimenti e scarsi risultati, e di conse-guenza diventa molto dispendioso e poco produttivo entrare in contatto con i direttori del personale.

Pertanto si riscontra che la gran-de difficoltà, della maggior parte dei formatori, è la qualificazione del cliente ossia entrare in contatto con il decisore che ha il budget e la necessità. La maggior parte degli enti di formazione ritengono che il pro-cesso di vendita diventa davvero fa-cile una volta che si trovano vis a vis con il proprio interlocutore .

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Quanto costa l’approccio di marketing tradizionale?

Normalmente si è abituati a con-tattare i potenziali clienti attraverso una serie di strumenti quali le tele-fonate a freddo, l’invio di brochure o e-mail, gli appuntamenti.

Analizziamo ora quali sono gli approcci tradizionali per riuscire ad entrare in contatto con il direttore del personale, normalmente si chiama il centralino dell’azienda chiedendo di parlare con chi si occupa di formazio-ne, spesso a questo punto, ci passano la segretaria, e qui nascono le prime difficolta poiché dobbiamo convin-cere la stessa a passarci il suo capo, se è disponibile! In buona sostanza mediamente per parlare con un “in-terlocutore utile” servono dai due a tre tentativi. Fermandoci a rilevare il costo a contatto, solo in questa pri-ma fase stimiamo che la somma del tempo dedicato per poter parlare con l’interlocutore è di circa 30 minuti, per andare al primo appuntamento dedichiamo altri 90 minuti , facendo la somma otterremmo 120 minuti os-sia 2 ore per scoprire se quel cliente è più o meno interessato a comprare. Condividerete che è un enormità!

Quanto ci costa contattare il cliente?

Continuando la nostra rifles-sione ipotizziamo una ral media di 40 euro orari il costo d’appun-tamento, relativo alla risorsa com-merciale, è di 80 euro oltre le spese di trasferta che convenzionalmen-te attribuiamo a 20 euro per un to-tale di 100 euro.

Allora, qual è la soluzione?Il 90% del tempo, dedicato al

marketing tradizionale.

ExpoTraining ed ExpoLavoro & Sicurezza rappresenta-no un unico collettore a 360° del sistema della formazio-ne del lavoro e della sicurezza.Le due manifestazioni, che si svolgeranno in contempo-

ranea, coinvolgeranno tutti gli attori fornendo gli strumenti per consenti-re lo sviluppo di sistemi integrati e favorire l’incrocio domanda / offerta di lavoro, formazione e cultura alla sicurezza come elemento di prevenzione.Inoltre a partire da quest’anno la manifestazione si svolgerà su 3 giornate con ben 250 convegni e workshop ad ingresso gratuito.

I NUMERI DELLA MANIFESTAZIONE15.000 mq di area espositiva 250 convegni e workshop

300 matching; 130 espositori; 5.000 visitatori di cui 3.000 aziende

15 sigle sindacali di lavoratori e datoriali;

Telefonate, appuntamenti, pre-sentazioni ,ecc costa un sacco di de-naro ed è improduttivo - la monta-gna partorisce un topolino!!!.

E’ necessario invertire la ten-denza dedicando il 25% del tempo in azioni di marketing molto mira-te grazie al nostro strepitoso Piano di relazioni dinamiche: un mix di appuntamenti selezionati, di PR, di visibilità e di comunicazione che ti permettono di entrare in contato con chi decide negli acquisti di for-mazione. In questo modo capitaliz-ziamo gli investimenti di marketing trasformandoli in azioni maggior-mente incisive ed efficaci.

La prima banca dati del matching della formazioneExpoTraining và oltre!! Agevola-

re i contatti, incrociare la domanda e l’offerta è diventata la nostra os-sessione che ci ha permesso di in-dividuare le prime 700 aziende che hanno necessità di acquistare forma-zione.

Ecco i primi numeri: 736 azien-de a partire dai 100 dipendenti in su, giornate di formazione comples-sivamente richieste 3.890 , fatturato €5.800.000.

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L’ECO DELLA FORMAZIONE

A cura di serena scarpello

Intervista a stefano scabbio, Presidente e Amministratore Delegato di manpowerGroup Italia e Iberia

LA FORMAZIONE AL CENTRO

Oggi più che mai i giovani sono al centro del dibattito

politico. Il Presidente del Consiglio Renzi, alla luce dell’ulteriore aggrava-mento degli ultimi dati sull’occupa-zione giovanile, che ha ormai supera-to il 42%, ha accelerato sul Jobs act. Nel frattempo il nuovo Ministro del lavoro, Poletti, sta lavorando alacre-mente sulla definizione del progetto

di attuazione del “piano italiano per la garanzia giovani”. Tale piano prevede uno stanziamento di 1,5 miliardi di euro per il biennio 2014 – 2015 per aiutare i giovani fino a 29 anni di età ad entrare nel mondo del lavoro e o ad avere un’opportunità formativa al fine di aggiornare la propria profes-sionalità. Secondo Stefano Scabbio, Presidente e Amministratore Delega-

to di ManpowerGroup Italia e Iberia, “si tratta per l’Italia di un progetto di grande rilievo, visto che si basa sull’assunto per cui nessun giovane, passati quattro mesi dall’inizio della disoccupazione o dall’uscita dal siste-ma dell’istruzione formale, può rima-nere senza un’opportunità formativa o senza un’esperienza di lavoro. Que-sto suona quasi rivoluzionario rispet-

Stefano Scabbio

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to alla situazione sociale e occupazio-nale giovanile attuale, peccato che si continui a rimandare la data d’inizio che era prevista per Gennaio, ma a Marzo non ha ancora la data di par-tenza, mentre la situazione occupa-zionale giovanile continua inesorabil-mente ad avere carattere di urgenza”.

Nel progetto a suo tempo illu-strato alla Commissione lavoro del Senato dall’ex Ministro del lavoro Giovannini, tra i punti di approdo per i giovani beneficiari della Youth guarantee venivano indicati: l’inseri-mento diretto in un contratto di lavo-ro dipendente; l’avvio di un contratto di apprendistato o di un contratto di tirocinio; l’impegno nel servizio civile; la formazione specifica; l’ac-compagnamento in una iniziativa im-prenditoriale o di lavoro autonomo.

Dott. Scabbio, che idea si è fatto di questo piano?

“Vaste programme, si potreb-be dire”, continua Scabbio “perché purtroppo alcuni degli attori cru-ciali per l’attuazione di un piano di tal genere sfuggono alle competenze dirette del Ministro del Lavoro e del Governo. La formazione professio-nale, infatti, è malauguratamente delegata alle regioni, e spesso gestita da corpaccioni burocratico-assisten-ziali-clientelari che, ben che vada, non essendo correlati al mondo del lavoro propongono corsi vecchia scuola non certo adatti a formare valide professionalità per i moder-ni mercati di lavoro di riferimento”.

Dott. Scabbio, cosa le piace e cosa manca secondo lei a questo piano per i giovani?

Per quanto ci è dato di capire , una volta tanto si è ritenuto di coinvolge-re nell’avviamento alle opportunità di lavoro o di formazioni legate alla

“Garanzia giovani” anche le Agenzie private per il Lavoro, che dispongono di circa 2500 filiali nel territorio che interagiscono quotidianamente con il mercato del lavoro, conoscendo e pra-ticando i vari aspetti dell’orientamen-to, della formazione, dell’avviamento. Speriamo che ciò avvenga in condizio-ni di parità e di trasparenza, nell’inte-resse degli stessi giovani. Infatti, la scommessa dell’attuazione della ga-ranzia giovani è cruciale. Sarà vinta, se si coglieranno le opportunità di un progetto già impostato con le finalità di suscitare occasioni di formazione legate davvero ai fabbisogni delle im-prese e destinate a tradursi in nuovi rapporti di lavoro e generare contratti di lavoro, magari all’inizio flessibili, ma destinati ad evolvere e potenzial-mente a divenire stabili. A tal fine – vale la pena ribadirlo - è fondamenta-le il ruolo delle Agenzie per il Lavoro, così come è fondamentale il pieno

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coinvolgimento delle rappresentanze del mondo imprenditoriale. Non lo sarà altrettanto se si avvieranno atti-vità una tantum o solo opportunità di tirocini, stage, brevi contratti a termi-ne, cicli brevi di formazione e poi per i beneficiari più o meno tutto finirà li.

Spetta quindi al nuovo Ministro del Lavoro, che conosce la realtà del mon-do delle imprese, orientare il piano “garanzia giovani” alla luce di tali esi-genze e finalità e vararlo al più presto.

ManpowerGroup è attiva con di-versi progetti di formazione che con-tribuiscono alla crescita e allo svilup-po del nostro made in Italy, in diversi settori, e forniscono a chi vi partecipa non solo un’opportunità di assun-zione che – per la specializzazione acquisita - ha la possibilità di essere prolungata nel tempo, ma un bagaglio formativo tecnico molto prezioso.

Ci può fare qualche esempio? Non credo possiamo nominare i

nostri clienti se non abbiamo una li-beratoria. Possiamo cercare di essere generici. Un caso recente sono i corsi di formazione realizzati per un grande gruppo del settore metalmeccanico in particolar modo nel territorio campa-no. Azienda presente in tutta Italia,

ha recentemente introdotto una la-vorazione che richiede una prepara-zione estremamente specifica. Tale preparazione trova le fondamenta iniziali nel percorso formativo rea-lizzato da Manpower che per i par-tecipanti è completamente gratuito.

Sono state formate ed inserite le prime 20 persone che hanno fre-quentato il corso di 3 settimane e oggi lavorano in azienda, primi tra i moltissimi inserimenti previsti.

Per lo stesso gruppo Manpower ha realizzato corsi di formazione per una delle aziende del settore alimentare: un grande ‘store’ nel centro di Napoli, un contenitore di piccole imprese, ristoranti e punti vendita, operanti nei diversi com-parti del settore enogastronomico. Una realtà unica nel suo genere per la quale Manpower ha fornito una formazione professionalizzante nel settore food che ha portato all’assun-zione di diverse figure professionali.

Questo tipo di formazione è un valore inestimabile, non solo perché apre possibilità di lavo-ro in un territorio che soffre da questo punto di vista, ma anche perché fornisce una professiona-lità molto elevata e spendibile in

un futuro anche in altri contesti.Altri casi interessanti su questo

fronte? Molto interessante per l’elevato

livello di formazione è anche il caso di una azienda della grande distri-buzione. Per i nuovi inserimenti nei punti vendita, che si trovano in tut-to il nord Italia, Manpower fornisce formazione finanziata, corsi che si svolgono presso una scuola profes-sionalizzante per l’arte bianca e la gastronomia in provincia di Como. I corsisti vengono inseriti nella strut-tura della scuola e vi rimangono un mese e mezzo. Un’esperienza “alla Masterchef” nei laboratori di cucina, grazie alla quale emergono le attitu-dini di chi andrà a ricoprire i diversi ruoli, dalla gastronomia alla panette-ria/pasticceria.

Perché la formazione è così im-portante oggi?

I nostri clienti ci confermano che c’è un forte bisogno di formazione. Per diversi motivi: nella cosiddetta Human Age il talento è importante ed è considerato un vantaggio competi-tivo ed un tratto distintivo essenziale per vincere oggi nel mercato di rife-rimento; inoltre le imprese faticano a trovare il talento giusto, al momento giusto, nel posto giusto e si orien-tano verso lo sviluppo interno. A mio parere la formazione è un mez-zo per trattenere i migliori talenti.

In che modo lo fa Manpower-Group?

In tanti modi, per esempio attraver-so FuturSkill: la training company di ManpowerGroup specializzata nella realizzazione di soluzioni integrate e misurabili. La nostra conoscenza unica ed esclusiva relativa al mondo del lavoro che cambia, ci aiuta a com-prendere le sfide inerenti ai talenti e il mismatch sulle competenze che ci consente di aiutare i nostri clienti a combattere la “Guerra dei Talenti” in tema di development e retention.

L’ECO DELLA FORMAZIONE

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A cura di Flaei Cisl

EXPO 2015: CISL RETI PROMUOVE FORUM INTERNAZIONALE

DEL LAVORO

Forum internazionale del lavoroGli attori sociali, coinvolti

nell’attuale trasformazione del la-voro nella società globale, percepi-scono la complessa interdipendenza che lega le realtà locali alle attuali dinamiche nazionali, europee ed in-ternazionali dei mercati industriali e finanziari. Si avverte, così, l’esigenza di una proposta culturale e formati-va di ampio respiro volta a realizzare una partecipazione attiva degli attori sociali per favorire lo sviluppo eco-nomico, nella convinzione di dover contribuire con ciò a un processo di avanzamento, personale e collet-tivo, della società contemporanea.E’ per questo che Cisl Reti e le tre Federazioni che ne fanno parte FIT, FISTel e FLAEI, d’intesa con la Cisl Lombardia e la Fondazione Energia, promuoveranno il Forum Interna-zionale del Lavoro nell’ambito delle iniziative dell’Expo 2015 di Milano.Legandosi al percorso culturale già compiuto dalle due edizioni del Festi-val Internazionale del Lavoro a Rocca di Papa (RM), il Forum internazionale del lavoro, si affiancherà ad ExpoTrai-ning – la fiera della formazione – ed ExpoLavoro&Sicurezza, che ospite-ranno il forum eleggendo Milano quale “Capitale della Formazione del Lavoro e della Sicurezza”, un faro d’in-dirizzo e di riferimento per tutta l’Eu-

ropa del sud e il bacino mediterraneo.Il programma del Forum Internazio-nale del lavoro prevede due appun-tamenti internazionali, il primo dei quali si svolgerà a Milano l’ 1/2/3 ot-tobre 2014, cui seguiranno altre arti-colate iniziative comunicative e divul-gative, per concludersi con il secondo

appuntamento internazionale previ-sto per i giorni 3, 4 e 5 giugno 2015.L’iniziativa intende sostene-re il valore del lavoro nei pro-cessi industriali italiani ed inter-nazionali attraverso una attiva partecipazione delle parti sociali a soste-gno dello sviluppo, mettendo a fuoco:

- il nesso tra politiche per lo svilup-po e il radicamento territoriale degli attori sociali per dar vita alla cresci-ta di una economia civile e solidale;• la dimensione strategica di un ca-

pitalismo associativo (anche con l’utilizzo dei Fondi Pensione dei lavoratori) per alimentare i pro-cessi partecipativi;

• l’esigenza di una nuova gover-nance nelle Imprese, a partire dalle Reti, per uno sviluppo so-stenibile;

• una formazione mirata nelle Aziende e nel territorio a livello nazionale e internazionale.

Expo “Formazione, Lavoro e Sicu-rezza” rappresenterà una proposta culturale e sociale innovativa di ele-vato profilo nel più vasto contesto dell’appuntamento mondiale mila-nese, un momento essenziale della progettualità socio industriale ita-liana che costituirà anche l’occasio-ne per manifestare la vitalità della Rappresentanza sociale del lavoro come risorsa per il bene comune.Parteciperanno al progetto i mag-giori Stakeholders nazionali e in-ternazionali, con il fine di ribadi-re la centralità dei servizi a rete in una avanzata politica industriale, nel contesto del grande appunta-mento dell’ Expo 2015 di Milano.

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A cura di C. Cantoni

Le tavole rotonde di Human Training

PRESTAZIONI ECCELLENTI IN MERCATI INCERTI:

STRATEGIE DI VENDITA, TRA VECCHI E NUOVI

PARADIGMI COMMERCIALI

Pervasività del fenomeno di-gitale, competizione su scala

globale, necessità di innovare, am-pliando ma allo stesso tempo perso-nalizzando l’offerta per intercettare pubblici sempre più eterogenei: sono alcune delle inarrestabili evidenze che scenari macroeconomici in continua e rapidissima evoluzione sottopongo-no alle aziende, chiamate a rivedere l’approccio alle vendite e alle scelte di marketing per coinvolgere attiva-mente il consumatore finale nel pro-prio universo valoriale. “Prestazioni eccellenti in mercati incerti: strategie di vendita, tra vecchi e nuovi para-digmi commerciali”, così ExpoTrai-ning ha sintetizzato una delle sfide più incalzanti del fare impresa oggi, raccogliendo sul tema gli interventi di Andrea Guanci, direttore marke-ting di Msc Crociere, Giovanna Pi-scetta, Hr manager di Carlsberg Ita-lia e Manuela Polli, brand manager e direttore marketing della F.lli Polli: tre aziende leader nel loro settore di riferimento, per altrettante case hi-story sui fronti differenti ma ugual-mente significativi del social web marketing, dell’innovazione tecno-logica e dell’internazionalizzazione.

Scenari in evoluzioneGuanci. Oggi MSC Crociere in-

veste in Sem (Search engine marke-ting) il 15% circa dell’intero budget pubblicitario e lavora molto sul Seo

L’ECO DELLA FORMAZIONE

Andrea Guanci

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(Search engine optimization), ma ha costruito la propria riconoscibilità di brand ben prima che esplodesse il fenomeno digitale. Lo ha fatto at-traverso gli strumenti del marketing tradizionale, le famose quattro P - Product, Price, Promotion, Place - e i canali classici della distribuzione, ol-tre 10mila agenzie di viaggio in tutta Italia, che svolgono nei confronti del nostro prodotto un ruolo di gateke-eper: non proponiamo una commo-dity ma un’esperienza emozionale in un mercato molto competitivo e chi la racconta ha facoltà di orientare le scelte d’acquisto verso il competitor che ritiene più opportuno. L’ottima relazione che l’azienda ha saputo co-struire con le agenzie è stata e, riten-go, resterà la chiave del successo Msc, anche se il web ha rivoluzionato il modo di interagire con i consumatori.

L’intelligenza della Compagnia è stata quella di aprirsi ai nuovi media, senza compromettere il rapporto con i suoi partner consolidati che riman-gono il principale canale di vendita. Se, però, in passato era l’agente a indi-rizzare i clienti verso il prodotto Msc, oggi, il flusso è inverso: con l’abbon-danza di informazioni disponibili in rete, la gente ha sempre meno ragioni per entrare in agenzia e, quando lo fa, ha già le idee chiare sulla vacanza che vuole. Occorre quindi intercettarla a monte e incuriosirla attraverso le piattaforme digitali per portarla sul punto vendita ad acquistare la cro-ciera. Questo è il vero cambiamen-to: prima Msc non aveva bisogno di dialogare direttamente con il suo target finale, ora sì. A beneficio no-stro ma anche delle agenzie, che si vedono aumentare il flusso di clienti.

Piscetta. Sono decenni che il mon-do della birra non produce cam-biamenti sostanziali. In un mercato profondamente statico, Carlsberg ha introdotto la prima vera rivoluzione dopo moltissimo tempo: Draught-Master™, un innovativo sistema di spillatura senza CO2 aggiunta che rimpiazza i tradizionali fusti in accia-io con fusti in PET riciclabile. Questa

sofisticata tecnologia, sviluppata in Italia grazie a lunghe ricerche, rap-presenta una svolta da molti punti di vista: per la qualità di prodotto, pre-servato da contaminazioni e processi ossidativi, quindi migliore dal punto di vista organolettico, del gusto 100% fresco e naturale e della conserva-zione; per la semplicità di gestione e pulizia, a vantaggio degli operatori ho.re.ca; e per la riduzione dell’im-patto ambientale nelle fasi di infu-stamento, distribuzione e consumo presso il punto vendita, consentendo lo smaltimento del fusto in ottica di raccolta differenziata. A copertura di tutte le esigenze di mercato, la fa-miglia DraughtMaster™è disponibile oggi nei tre formati, Flex 20, movibi-le e funzionale anche in spazi ridotti; Modular 20, una tipologia modulare destinata ai locali altovendenti; infi-ne, new entry del 2013, Select 10, un piccolo fusto da banco da 10 l, ideale per gli esercizi con consumi ridotti.

Polli. Lavorando molto per il seg-mento private label, F.lli Polli rappre-senta da anni un baluardo del made in Italy nel mondo: siamo presenti, con 300 referenze e oltre 30 brand, in qua-si 50 Paesi. Oggi, però, la spinta all’in-ternazionalizzazione investe sempre di più anche i prodotti a nostro mar-chio e il recente debutto nel tempio dell’alta gastronomia francese, le Galeries Lafayette di Parigi, Nizza e Marsiglia, conferma sia l’alta qualità dell’offerta sia le potenzialità di posi-zionamento del brand. L’ingresso nel-la catena gourmet fa parte di un più ampio progetto di espansione tran-salpina, partito ormai due anni fa e preceduto da altre fortunate esperien-ze oltreconfine: in Svizzera, per esem-pio, siamo i principali fornitori delle catene Micros, che detengono il 50% del mercato nazionale. Ottime rispo-ste ai nostri prodotti vengono anche dalla Polonia e dal Brasile, mentre è allo studio, per il 2015, il debutto nel Regno Unito, dove siamo già presenti con altre etichette. Da questo punto di vista, produrre conto terzi è un enor-me vantaggio: ci consente di sondare

il terreno a monte, prima di lanciare il nostro marchio in un nuovo mercato.

Le strategie in attoGuanci. Quando entrai in azienda

due anni fa, tra i miei mandati c’era lo sviluppo dei canali social, un oriz-zonte al quale mi accostavo da profa-no. Aprendo un dialogo diretto con Facebook, mi sentii ripetere quanto fosse prioritario totalizzare il mag-gior numero possibile di fun e quanto mi sarebbe costato per ognuno. Ma la vera domanda, alla quale nessuno sapeva rispondere, era: quanto vale un fun per quest’azienda? Quanto business genera? Ho dovuto verifi-carlo di persona, in maniera empi-rica, inventando una campagna che ho scelto di diffondere solo tramite fb senza comunicarla alle agenzie.

Il risultato soprendente si riassu-me in ciò che ho chiamato “il mol-tiplicatore 1x100”: per ogni euro in-vestito in pubblicità ne sono tornate cento in ricavi. Il test ha fatto il giro d’Italia come best practice, perché ha permesso di misurare l’efficacia della piattaforma a costi bassissimi, non in astratto ma per Msc. In un anno ab-biamo quadruplicato i fun, oggi oltre 2 milioni e 200mila, venduto miglia-ia di crociere e fatto della pagina fb un luogo di incontro quotidiano per tanti crocieristi o aspiranti tali, posi-zionandoci in termini di engagement tra i primi dieci brand del Paese. Non solo: poiché il flusso su social network generava un numero di interazioni e richieste commerciali difficile da ge-stire direttamente, abbiamo portato le agezie di viaggio sulla nostra pagina fb aprendo una vetrina dedicata, Msc Social Partner, un market place vir-tuale dove i fun possono domandare e ricevere una consulenza a 360° che, non di rado, si conclude con la ven-dita in negozio. Dal virtuale al reale, dove l’uno non minaccia ma supporta l’altro: in poco tempo abbiamo avu-to moltissime richieste, con un tasso di conversione in acquisto del 20%.

Piscetta. L’Italia ha fatto da Pae-se pilota nel lancio di DraughtMa-

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ster™grazie al lavoro di gruppo che ha coinvolto l’intera filiera, dalla produ-zione alla rete distributiva. L’assolu-ta novità del sistema ha richiesto un approccio commerciale diverso: non si trattava semplicemente di vende-re l’ultima birra nata ma di veicolare

un progetto innovativo, in un mer-cato conservatore, occorreva quin-di proporsi al canale Ho.re.ca come veri e propri consulenti, in grado di trasmettere, sì, le competenze legate alla tecnologia, ma anche la sua fi-losofia e il suo valore aggiunto. Con la forza vendita abbiamo lavorato in una duplice ottica formativa, de-dicando una prima fase di training all’acquisizione degli aspetti tecnici della macchina; e una seconda fase, anche attraverso simulazioni, role play e attività di sperimentazione, più orientata alle tecniche di vendi-ta e alle competenze relazionali ne-cessarie a motivare il progetto. Una volta compresi i benefici, la risposta del mercato ci ha premiati: più di 15mila punti vendita hanno adotta-to DraughtMaster™ e oltre 3mila nel formato più grande, Modular 20.

Polli. Da un punto di vista metodo-logico, l’approccio seguito per il de-butto fracese è lo stesso che applichia-mo a tutti i mercati internazionali. Partiamo da un’analisi macroecono-

mica del Paese, per entrare poi nello specifico del nostro settore, studiando gli assortimenti presenti, i competitor e le loro best practice sui prodotti di punta. Infine, indaghiamo i consu-matori locali attraverso usage and at-titude analysis su campioni di popo-

lazione rappresentativi, valutandone i gusti, le abitudini alimentari e il gra-dimento dei nostri prodotti, nel caso francese, soprattutto salse: in ottica di internazionalizzazione, infatti, una decina d’anni fa Polli ha diversificato la produzione rispetto al proprio core business, sottoli e sottaceti, un gene-re meno frequentato all’estero, per lanciare linee di sughi e condimenti pasta che funzionano molto bene e ci vengono richieste anche da altre in-segne della Gdo. Concept e product test hanno evidenziato preferenze specifiche anche a livello di immagi-ne, dalla tipologia di vaso all’etichetta: un’agenzia francese specializzata ha condotto interviste door to door, fa-cendo provare ai consumatori diverse tipologie di ricette e di creatività per il packaging. Avevamo studiato tre o quattro vesti differenti e ne è emer-sa una vincente che richiama molto il made in Italy, con le immagini dei nostri principali monumenti: la cupo-la di San Pietro, il Duomo di Firenze, Sant’Ambrogio, ecc. Un po’ eccessiva per il gusto tricolore, ma apprezzatis-

sima Oltralpe. Ogni linea di prodotto ha una sua etichetta con varianti di dettaglio, che mantengono comun-que una coerenza e una riconoscibi-lità rispetto all’immagine Polli tradi-zionale. Al di là delle promozioni o dei fuori banco in espositori vetrina, il marketing ha supportarto l’operazio-ne di lancio con mezzi più economi-ci ma altrettanto efficaci rispetto alle tradizionali strategie di comunicazio-ne, come sampling di prodotto, de-gustazioni nel punto vendita e il sito internet: essendo un’azienda familia-re, Polli non dispone di budget pub-blicitari importanti e deve ottimiz-zare il più possibile le risorse che ha.

Le best practiceGuanci. Nelle nostre strategie di

marketing non abbiamo mai smesso di perseguire due obiettivi: differen-ziazione e reason why. Perché il clien-te, anche quello che non ha mai con-siderato l’opzione crociera, vada in agenzia a comprare il nostro prodot-to, devo proporre un’esperienza ben distinta da quella dei competitor e creare il giusto appeal, il “Why Msc”, basato su tre pilastri: relax, scoperta e divertimento. La Nave dei giovani è un esempio concreto di come sia stato possibile sviluppare entrambi i requisiti, evolvendo il concetto clas-sico della crociera a tema, punto di forza dell’offerta Msc. È una formula che funziona bene grazie a contenuti accattivanti per un target specifico, ma anche molto impegnativa in ter-mini di risorse dedicate, soprattutto perché in una sola settimana si esau-risce tutto lo sforzo di pianificazione. Abbiamo quindi pensato di estendere il tema alla nave: il programma, stu-diato su misura per il target 18-34 anni, si replica tutte le settimane per i diversi mesi di un itinerario ad hoc, consentendo di diluire le vendite su un arco temporale più lungo e svi-luppare partnership più complesse che fungono da endorcement, per esempio con Radio 105 l’anno scorso o Mtv quest’anno. È stata la campa-gna più riuscita del 2013, soprattutto sui social: è diventata la prima success

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Manuela Polli

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story italiana di Twitter, con 11mila follower superati in poco tempo e un altissimo tasso di engagement, grazie a un hashtag dedicato e alla proiezio-ne di tutti i twitt sullo screen wall del-la piscina, così che i crocieristi potes-sero comunicare in tempo reale con gli amici a terra e viceversa. Il motto su fb era: “Conosci i tuoi amici prima di partire”. Attraverso il calendario degli eventi, 17.500 ragazzi hanno di-chiarato di salpare a bordo della Nave dei giovani, intrattenendosi in rete con coloro che avevano scelto le stes-se date di imbarco. Inequivocabili i ri-sultati commerciali: abbiamo raddop-piato le prenotazioni totali e triplicato la presenza degli under 35. Prossi-mamente lanceremo la Nave della scoperta in partnership con Focus.

Piscetta. L’entusiasmo per Drau-ghtMaster™ è stato tale che oggi i no-stri migliori testimonial sono i punti vendita stessi, impegnati a promuo-verlo con il passaparola. È una tec-nologia che fidelizza molto e i locali confermano di vendere di più perché la qualità è percepita dal consumato-re finale. Per mettere a valore i casi di maggior successo, abbiamo coinvolto i gestori in testimonianze e filmati da utilizzare nella nostra formazione interna raccontando l’esperienza del “Drink different”. Un concetto diffu-so anche attraverso un sito dedicato, dove caricare fotografie e condividere best practice che traducano nella cu-stomer experience il mondo Draught-Master™ e la consapevolezza di cosa c’è dentro al bicchiere: qualità, alta tec-nologia, rispetto per l’ambiente. In-sieme ad alcuni locali abbiamo anche organizzato sessioni formative per il loro personale, perché chi serve la bir-ra fa la differenza se riesce a trasmet-tere questa nuova cultura del bere.

Polli. In un momento in cui tanti mezzi di comunicazione e i numerosi anelli della filiera tendono a sperso-nalizzare la relazione, occorre recu-perare il rapporto con il consumatore finale, creando attorno al marchio un mondo valoriale nel quale possa rico-

noscersi e sentirsi ingaggiato. Parti-colarmente riuscita in questo senso è l’iniziativa del Polli Cooking Lab, che ha un riscontro di pubblico e di visi-bilità mediatica sempre maggiore. Si tratta di un osservatorio online sulle tendenze alimentari, in cui andiamo a intervistare grandi chef, trend setter ma anche gente comune, per capire cosa e come si cucina oggi, soprat-tutto in vista di ricorrenze particolari come il Natale, la Pasqua, san Va-lentino, la festa della donna, ecc. At-traverso il sito, il blog e la pagina fb, pubblichiamo i trend del momento, condividiamo suggerimenti e ricet-te, gli utenti possono postare le foto dei loro piatti, raccontare esperienze tra i fornelli o fare domande ai nostri esperti. Funziona molto bene perché, veicolando il mondo Polli in manie-ra indiretta, coinvolge i consumatori e allo stesso tempo offre argomen-ti sfiziosi alle testate giornalistiche.

La richiesta alla formazioneGuanci. Disponendo dei presup-

posti infrastrutturali, credo che il le-arning on the job rappresenti oggi un passaggio obbligato, soprattutto in un mondo ancora inesplorato come il social web marketing, che impone ai neofiti di guardare molto alle case history di successo e alle best practi-ce reali. Mi pare che in quest’ambito

la formazione abbia ancora ampi margini di crescita, so-prattutto per-ché spesso, chi ha competenze specifiche nel digital, manca poi della neces-saria familiarità con le dinami-che e i vincoli di una struttu-ra aziendale, mentre - vale la pena ricordarlo - un’idea è vali-da solo quando funziona nella

particolare realtà che la adotta. Per quanto riguarda il commerciale e il marketing più tradizionale, invece, trovo che la dimensione formativa, pur riconosciuta nel valore, venga sempre un po’ sacrificata alle urgen-ze quotidiane e che demandarla alla libera inziativa personale equivalga, in ultima istanza, a non praticarla. Mi sbilancerei nel dire che, in questo caso, l’elemento coercitivo ha ancora un suo senso e che sarebbe auspica-bile introdurre momenti di appren-dimento e verifica obbligatori, inte-grando didattica tradizionale e non.

Piscetta. In Carlsberg riteniamo fondamentale operare sul doppio bi-nario della concretezza e della speri-mentazione. Concordo sull’utilità di un lavoro che metta a tema casi reali, il più possibile affini alla nostra azien-da, sia in ottica di simulazione che di approfondimento, magari attraverso role play che consentano di compren-dere meglio le logiche di mercato. Penso, per esempio, a un’esperienza recente di business game, ritagliata sulla specifica realtà Carlsberg, che ha permesso alla nostra forza vendita e a diverse figure aziendali di toccare con mano il vantaggio di una comu-nicazione trasversale fra aree e team di lavoro. È il principio del learning by doing abbinato alla customizza-

Giovanna Piscetta

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zione dell’offerta, a cui aggiungerei un terzo elemento, decisivo ma non sempre dichiarato nel piano forma-tivo: la misurazione dell’efficacia. È necessario che, già in fase di proget-tazione, siano messi a fuoco gli stru-menti di verifica ed eventuale corre-zione delle attività in programma.

Polli. Credo che la formazione sia fondamentale in qualunque ambi-to, soprattutto in un mondo veloce e dinamico come quello attuale, che impone il continuo aggiornamento delle competenze. Detto questo, l’area commerciale e marketing mi pare la più complicata: approcciando merca-ti stranieri, infatti, si ha a che fare con una complessità sempre crescente sia in termini di referenze che di target, diversi per cultura, anagrafica, abi-tudini di consumo e comportamen-ti d’acquisto. Senza nulla togliere al valore della formazione tradiziona-le, quindi, ritengo però che occor-ra fare molta esperienza sul campo. Agli enti formativi, invece, chiederei corsi meno accademici e più orien-tati alle case history, a best practi-ce reali che offrano spunti concreti al nostro business: mostratemi casi di successo che possano ispirarmi.

MSC CROCIERE

Con 16.300 dipendenti e oltre 11 milioni di viaggiatori già ospitati a bordo, MSC Crociere è leader nel Mediterraneo, in Sud Africa e in Bra-sile, vantando la più giovane flotta del comparto, composta da 12 navi appar-tenenti alle tre classi “Fantasia”, “Mu-sica” e “Lirica”, che solcano i mari di tutto il mondo, con un’ampia gamma di itinerari stagionali nel Nord Euro-pa, nell’Oceano Atlantico, nei Carai-bi, nelle Antille Francesi, nel Nord e Sud America, nell’Africa del Sud, in quella Occidentale, nelle Canarie

e negli Emirati Arabi Uniti, per un totale di 209 porti visitati ogni anno. Con la commessa miliardaria affidata ai cantieri navali Saint-Nazaire - STX France per la costruzione di due nuo-ve navi di classe Vista, le più grandi mai realizzate da un armatore euro-peo (315 x 43 metri), MSC Crociere espanderà la sua capacità passeggeri del 31%, arricchendo l’offerta a bordo con tante nuove opzioni di intratteni-mento. È l’unica Compagnia ad aver ricevuto le “7 Golden Pearls” dal Bu-reau Veritas a riconoscimento dell’al-to livello di gestione qualità e della tutela ambientale, a cui si aggiungo-no le certificazioni ISO 9001 e ISO 22000, oltre all’impegno in politiche di Csr, che vedono la compagnia al fianco dell’Unicef nel sostegno a mi-nori in difficoltà. www.msccrociere.it

CARLSBERG ITALIA

Carlsberg entra nella storia della birra italiana quando, nel 1975, si-gla un accordo con uno dei maggiori produttori nazionali, Industrie Po-retti, per la produzione e commer-cializzazione dei due marchi Tuborg e Carlsberg (storiche aziende danesi che si fondono nel 1970). Nel 1998, il nome del gruppo italiano viene cam-biato in Carlsberg Italia e nel 2002 la proprietà diventa totalmente dane-se. Nel rispetto dei valori di Angelo Poretti e delle “Golden Words” (la filosofia del fondatore J.C. Jacobsen: «Sviluppare l’arte di produrre birra al massimo grado di perfezione, a pre-scindere dall’immediato profitto»), Carslberg Group è oggi la 4° poten-za mondiale del settore, presente in più di 150 mercati con oltre 41mila dipendenti, mentre Carlsberg Italia produce nello stabilimento di Indu-no Olona (VA), oltre 1 milione di ettolitri di birra all’anno coi marchi Carlsberg, Carlsberg Elephant, Car-lsberg Special Brew, Tuborg, Birri-

ficio Angelo Poretti, Kronenbourg 1664, Grimbergen, Holsten, Tucher e Feldschlösschen. Nel 2011, il grup-po ha dato vita a una vera e propria rivoluzione, sviluppando e lanciando DraughtMaster TM Modular 20, il nuovo sistema di spillatura che uti-lizza i fusti in PET al posto dei tradi-zionali in acciaio e che non utilizza CO2 aggiunta. www.carlsbergitalia.it

F.LLI POLLI SPANata nel 1872 grazie allo spirito im-

prenditoria-le di Fausto Polli, la F.lli Polli è ben presto dive-nuta azien-da leader nel settore delle con-

serve vegetali, confermandosi oggi uno dei player italiani più compe-titivi nel mercato dell’agro-alimen-tare nazionale e internazionale.

Il controllo di tutta la filiera produt-tiva, l’accurata selezione delle materie prime, i sistemi evoluti di confeziona-mento e una vasta gamma di prodotti tipici della tradizione tricolore, sono la chiave di un solido e costante svi-luppo, al di qua e al di là dei confini nazionali: con 33 marchi venduti in oltre 40 Paesi, l’azienda Toscana, gui-data oggi dalla sesta generazione di fa-miglia, ha chiuso il 2013 con fatturati in salita del 5,7%, pari a 70,5 milioni di euro, e un export in crescita del 18.4%. Grazie ai tre moderni stabilimenti (due in Italia a Monsummano Terme ed Eboli e uno in Spagna) e ai suoi 150 dipendenti, l’anno scorso la F.lli Polli ha prodotto 60 milioni di vasi (+7.6% rispetto al 2012), 8 milioni di vaschette, lavorato circa 22mila ton-nellate di verdure (+7.9%), per volu-mi totali superiori ai 220mila quintali. Recente il debutto sul mercato fran-cese, che affianca il successo già otte-nuto in mercati altrettanto strategici come la Svizzera e l’Inghilterra, ri-spettivamente per il Marchio Polli e per le Private Label. www.polli.it

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A cura di Giovanni Piscitelli

I CITTADINI E IL RISPETTO DELLA PRIVACY

La sicurezza e la videosorve-glianza sono regolate da una

normativa che, con grande fatica, cer-ca di coniugare il rispetto della perso-na con il bisogno sempre crescente di nuove e più sofisticate tecnologie relative sia alla videosorveglianza sia ai sistemi di diffusione dei dati perso-nali attraverso la rete informatica.

La nostra Costituzione all’arti-colo 15 statuisce che: “la libertà e la segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunica-zione sono inviolabili”. La discipli-na della tutela della riservatezza, quindi, è di primaria importanza in tutti i settori della vita lavorati-va; la normativa riguarda il mondo del lavoro sia privato sia pubblico, e consiste nel codificare l’insieme del-le regole con lo scopo di applicarle in concreto perché siano rispetta-te da tutti i soggetti interessati.

Occorre dire che una particolare at-tenzione viene riservata ai dati giudi-ziari e ai cosiddetti dati sensibili, cioè a quelli personali idonei a rivelare l’origine razziale ed etnica, le convin-zioni religiose, filosofiche o di altro genere, le opinioni politiche, l’adesio-ne a partiti, sindacati, associazioni od organizzazioni a carattere religioso, filosofico, politico o sindacale, non-ché i dati personali idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale.

Così come la videosorveglian-za deve essere utilizzata corret-tamente nell’effettuare riprese di persone, con video camere, che ben volentieri, vorrebbero man-tenere la propria riservatezza.

Riprendendo il concetto di “pri-vacy” è importante accennare alle complesse implicazioni etiche relati-ve all’estendersi dei test diagnostici in un campo quale quello medico- assi-curativo o riguardante l’assunzione di personale nel mondo del lavoro.

L’argomento è molto complesso e mette in discussione, il ruolo del medico legale che, se da una parte,

come medico, è tenuto al giuramen-to di Ippocrate che lo vincola al se-greto pro-fessionale, d’altra parte, in molti casi, lavorando egli su com-missione non già del paziente ma di una compagnia di assicurazione, è obbligato a violare questo segreto.

Per restare ancora nell’ambito sanitario è il caso di porre l’accen-to sul fatto che non è permessa la diffusione d’immagini di persone ammalate ad eccezione del moni-

toraggio dei pazienti ricoverati in reparti particolari come la rianima-zione, ma l’accesso alle immagini è consentito solo al personale sanita-rio ed ai familiari dei ricoverati.

La cartella clinica, di natura di-chiarativa, la cui redazione è obbli-gatoria, ha la funzione di garantire la piena tutela della salute e la sua riservatezza, costituendone una fonte documentaria per le ricerche storico-documentali, permettendo una comparazione tra casi simili, perché costituisce la testimonianza formale dell’operato del medico.

Il direttore sanitario è compe-tente al rilascio della cartella, gli aventi diritto ad ottenerla sono: il paziente o persone fornite di delega espressa, gli eredi naturali, l’Auto-rità giudiziaria, gli enti previdenzia-li al fine di consentire l’assistenza di loro competenza al paziente.

Ritornando alla riservatezza mi preme sottolineare come il pro-cesso di profonda trasformazione dovu-to allo sviluppo di nuove tecnologie telematiche ed informatiche che, se da un lato stanno rivoluzionando in modo positivo molti settori della nostra società, potenziando e miglio-rando la quasi totalità delle attività, dall’altro ampliano il conflitto tra il libero flusso delle informazioni e la riservatezza della vita privata.

E’ necessario trovare un equili-brio tra il diritto del singolo alla tutela della propria sfera persona-le e la libertà di procedere ai trat-tamenti di dati nel pieno rispetto della normativa di riferimento.

L’ECO DELLA FORMAZIONE

A cura di

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A cura di s. Airoldi

UNA FORMAZIONE PROFESSIONALIZZANTE E

CERTIFICATA PER COGLIERELE OPPORTUNITA’

DELL’EUROPA

L’ECO DELLA FORMAZIONE

Intervista a Antonio sabbatella Presidente dell’Istituto di studi europei “Alcide De Gasperi”.

Italia-Europa, il contdown di avvicinamento al 1° luglio

ha cominciato a battere i rintocchi, avvicinando il Tricolore al seme-stre di Presidenza dell’Ue. Un’oc-casione per portare a Bruxelles le esigenze reali di un Sistema Paese ancora profondamente prostrato dalla crisi e che, nonostante i deboli segnali di ripresa, stenta a far ripar-tire il mercato del lavoro. Un’oc-casione per accendere i riflettori sui temi caldi dell’impiego e della formazione, dove l’uno non decol-la senza l’altra, e per non perdere il treno delle opportunità occupazio-nali rappresentate dalla piattaforma europea: due milioni di posti di la-voro non assegnabili per mancanza di professionalità, Italia in testa alla contabilità del paradosso. Un’oc-casione, infine, per ripensare a una formazione, sia rivolta alla pubbli-ca amministrazione sia al privato, che ricalchi realmente un indirizzo internazionale, «aspetto sul qua-le l’Italia è ancora un po’ deficita-ria», dice Antonio Sabbatella, classe 1953, una lunga carriera da dirigen-te alla Presidenza del Consiglio dei ministri e Presidente dell’Istituto di

Antonio Sabbatella

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Studi europei “Alcide De Gasperi”. «Il nostro Paese continua a pecca-re di provincialismo nella formula, sempre troppo sbilanciata a favore dei contenuti teorici a scapito di una formazione professionale prati-ca, in grado di sviluppare realmente gli atout e le performance del la-voratore», dice il Presidente dell’I-stituto fondato a Roma nel 1953 da De Gasperi, per la promozione delle discipline attinenti la coope-razione e l’integrazione in Euro-pa, che dal 1956 opera anche come Scuola di perfezionamento post- universitaria in Studi Europei.

Dottor Sabbatella, come si supera il provincialismo e quali istanze sono da portare in Europa, secondo lei, per evolvere il sistema della formazione professionale?

Per quanto riguarda il pubblico, occorre innanzitutto predisporre dei piani formativi seri e regolari, facendo un po’ di pulizia nel mare magnum di corsi che sono tali solo sulla carta. In Italia, per esempio, la preparazione dei funzionari e diri-genti che vanno a lavorare a Bruxel-les o presso le varie amministrazio-

ni è tutt’ora molto povera. Vince la tendenza a promuovere iniziative spot, che nascono e muoiono con la circostanza che le ha generate, per esempio il semestre europeo, ma che non si traducono in visione strate-gica di lunga durata. Discostandosi, per altro, in maniera sensibile dalla formazione erogata negli altri Paesi, molto meno accademica e molto più orientata agli aspetti applicativi.

La vera svolta sarebbe l’istitu-zione di uno standard europeo va-lido per tutti gli Stati dell’Ue: non parlo solo delle lingue ma della for-mazione professionale tout court, così che il lavoratore formato a Bruges, a Saint-Jean-de-Maurienne o in un land tedesco, sia ugualmen-te qualificato da un unico sistema di certificazione, riconosciuto in tutto il territorio dell’Unione.

È un percorso lungo ma neces-sario, in grado di aprire possibili-tà professionali enormi non solo per i giovani che potranno bene-ficiare di un titolo spendibile su un mercato più ampio, ma anche per l’azienda che potrà amplia-re il bacino di reclutamento con maggiori garanzie di qualità.

Anche perché oggi non ci si mi-sura più con il competitor della cit-tà vicina ma del Paese vicino…

E persino oltre. La Cina, per esempio, sta investendo moltissimo in formazione, sia professionale sia tecnico-amministrativa per la diri-genza pubblica, e hanno raggiunto standard di primissimo livello, con scuole e programmi molto mirati. Fino a qualche tempo fa, l’Europa poteva vantare la leadership grazie a istituti di grande prestigio, ma oggi è chiaro che anche in que-sto campo il futuro è in mano alla Cina e all’India, non a caso i due paesi che traineranno la politica economica dei prossimi anni.

Si alza il livello della competi-zione ma si aprono anche nuove op-portunità. Come può l’Italia gio-care al meglio le proprie carte?

Una formazione certificata, non generalista ma mirata alla reale do-manda europea, insieme a un’atten-ta verifica della ricerca applicativa, è l’anticamera verso nuovi merca-ti, nuove possibilità per l’impiego. Non dobbiamo dimenticare che il diritto al lavoro, alla sicurezza sul

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L’ECO DELLA FORMAZIONE

lavoro e alla libera circolazione dei lavoratori hanno rappresenta-to uno dei cavalli di battaglia nel percorso verso l’Europa unita, dal Trattato di Roma, ad Amsterdam, fino a quello di Lisbona. Ma se non formiamo professionisti secondo standard europei, le nostre risorse non potranno mai competere con quelle tedesche o francesi e que-sti diritti rimarranno sulla carta.

Quali sono, secondo lei, gli stru-menti utili a orientare la formazio-ne in senso professionalizzante?

Prima di tutto occorre modifica-re la strategia, mantenendo la for-mazione accademica come punto di svolta ma non come pietra angolare della preparazione professionale. I docenti vanno selezionati dal la-voro per il lavoro, tra i profili e le professionalità che nei singoli set-tori si sono dimostrati vincenti: se devo preparare gli idraulici di do-mani non chiamerò l’accademico esperto in meccanica dei fluidi ma il miglior idraulico su piazza, magari, istruendolo prima all’insegnamento e alla gestione di un’aula. È un cam-bio di rotta che abbiamo operato innanzitutto all’Istituto De Gaspe-ri, introducendo nel corpo docenti, composto fino a qualche anno fa solo da professori universitari, mol-ti professionisti, esperti e dirigenti in grado di imprimere all’insegna-mento un taglio molto più applica-tivo: non ha senso spiegare che cosa sono gli aiuti di Stato, ma come ottenerli, forse, sì. E chi può farlo se non il funzionario competente? Nel nostro master in Studi Europei, abbiamo scelto di impostare la di-dattica sulla componente di eserci-tazione pratica, dando per acquisite certe basi teoriche, a differenza di molte scuole che dovrebbero esse-re professionalizzanti ma che ten-dono invece a replicare, all’infinito

le stesse nozioni accademiche.

Servono, quindi, scuole di formazione per formatori?

Sì, di indirizzo molto pratico. In secondo luogo, bisogna indivi-duare le professionalità di interes-se e le opportunità lavorative rese disponibili dall’Europa. E ce ne sono davvero tante, solo che sono poco pubblicizzate: a questo livel-lo mancano sia la preparazione sia l’informazione, se non in nicchie di mercato altamente specializ-zate, note ai pochi già introdotti. Dovremmo tutti cambiare pro-spettiva: la formazione non può essere semplicemente una ghiot-ta occasione di guadagno, come è stata in passato per molti enti e scuole, ma la possibilità reale di ampliare il mercato su base inter-nazionale; l’Ue e i singoli Stati de-vono fare la loro parte, mappando le chance di impiego per settori professionali e promuovendole con maggior convinzione, nell’in-teresse di tutti. Altrimenti diamo ragione agli euroscettici quando parlano di un’Europa dei burocra-ti, incapace di guardare al singolo e di tutelarlo in una prerogativa tanto importante come il lavoro. Ma non è questa l’eredità di De Gasperi, Schuman e Adenauer, che ci hanno consegnato inve-ce un’Europa entusiasta e capace di guardare al futuro, un’Europa delle possibilità, compresa quel-la di crescere professionalmente. Occorre recuperare questo patri-monio ideale. Pena la perdita di credibilità di un’istituzione che, in passato, ci ha portato garanzie e tutele, ma che oggi viene perce-pita dalle nuove generazioni come qualcosa di profondamente estra-neo. Noi, come Istituto De Gasperi abbiamo in previsione una serie di attività di formazione/informazio-

ne nelle scuole secondarie di pri-mo grado per raccontare ai ragazzi cos’ha significato l’Europa unita e trasmettere l’importanza degli studi in questo settore; ma le istituzio-ni devono alzare il tiro. Penso, per esempio, all’ipotesi irresponsabile di tagliare i fondi per l’Erasmus.

Al di là delle bufere di questi giorni, ritiene che l’Expo 2015 possa rappresentare un’opportu-nità per i giovani e per il lavoro?

Intanto, mi auguro che gli scan-dali attuali non cannibalizzino tut-to ciò che di buono è stato fatto per mettere in piedi la candidatura, pri-ma, e per ottenere l’assegnazione, poi, anche contro il parere contra-rio di tanti stati esteri. Molte ener-gie sane sono state spese, molte altre se ne spenderanno, ma sono con-vinto che, in questo settore dell’a-gricoltura, l’Italia abbia un ruolo da giocare. Purché non si adagi sul proprio background culturale e professionale, senza mettere in can-tiere l’aggiornamento delle compe-tenze, lo studio e il confronto con il mondo che bussa alla porta. Nel 2000, andammo in Cina per forma-re alcuni funzionari sulle strategie di commercializzazione delle der-rate agricole; oggi potrebbero inse-gnarci loro il mestiere. Al di là delle opportunità di lavoro dirette, quin-di, credo che il valore dell’Expo stia nella possibilità di dialogare con re-altà che forse sottovalutiamo, come il Brasile o il Perù. Ci stupirà, per esempio, l’evoluzione straordinaria di tante tecnologie agricole svilup-pate: occorre prestare attenzione e farne tesoro. Soprattutto perché, ripeto, la lotta alla disoccupazione si vince dando ai lavoratori la pos-sibilità di spendersi sul mercato in-ternazionale e certificando che l’i-taliano è qualificato tanto quanto il collega inglese, francese o tedesco.

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A cura di F. sala

I VANTAGGI DEL FRANCHISING DELLA

FORMAZIONE

L’ECO DELLA FORMAZIONE

Intervista a Dr. Franco Raffo responsabile dello sviluppo rete di Power Training Franchising

Una recente ricerca condotta da Assofranchising rileva ,

in questa congiuntura, un aumento di richieste relative all’avvio di azien-de di franchising poiché è sempre più difficile trovare un posto di lavoro fis-so e come tale molti stanno valutando di entrare nel mondo imprenditoriale con la formula del franchising . A tal proposito Human Training ha inter-vistato il Dr. Franco Raffo responsa-bile dello sviluppo rete di Power Trai-

ning Franchising.

Dott Raffo quali sono i vantaggi del franchising per l’imprenditore?

Nell’avvio dell’attività l’impren-ditore può beneficiare di marchio già introdotto e noto sul mercato e della sinergia di una rete relazionale e commerciale già costituita. Inoltre l’imprenditore utilizzando il nostro know-how può ottenere la riduzione del rischio di insuccesso e di perdita

dell’investimento.Il sistema di franchising già col-

laudato sul mercato e l’assistenza da parte della casa madre assicurano l’autonomia professionale. Specialisti esperti del sistema sono a supporto della rete e pertanto dell’imprendi-tore per evitare i tipici errori iniziali e concentrarsi completamente alla promozione delle vendite nella fase di startup. Anche nelle fasi successive all’avvio dell’attività il know-how del

Franco Raffo

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franchisor tornerà utile al franchisee per evitare errori e rischi. Attraverso la divisione del lavoro il franchisee può dedicarsi completamente alle richieste ed alle esigenze della cliente-la, invece di sprecare tempo con altri impegni.

Unicità del marchio Il Gruppo Power Training, unico nel suo genere, vanta una caratteristica distintiva molto forte, poiché si pre-senta sul mercato in modo sistemico, attraverso un mix di attività di comu-nicazione e organizzazione di eventi. In effetti è il solo ad organizzare due fiere di settore: ExpoTraining – la fiera della formazione- ed ExpoLa-voro&Sicurezza- la fiera del lavoro e della sicurezza- inoltre è editore della testata giornalistica specializzata nel-la formazione Human Training. Tali elementi permettono numerosi van-taggi del marchio già noto e consoli-dato. Già nella fase di start up il mar-chio sarà d’aiuto nel superare barriere d’ingresso al mercato e nel trovare un accesso nel mercato stesso. Far parte della nostra rete, significa godere del-la fiducia, della notorietà ed un’im-magine positiva che il mercato ascrive al Gruppo Power Training. L’ organizzazione della rete di franchising.Power Training coordinando l’atti-

vità di tutti i partner del sistema, ne aumenta la forza e l’efficacia. Al fine di aumentare l’efficienza viene pro-mosso uno spirito di squadra per-fettamente funzionante, mettendo in moto una dinamica propria che entusiasma tutti i partecipanti al si-

stema. Lo scambio di esperienze e l’assistenza continuativa da parte del franchisor, inoltre, aiutano i singoli franchisee a superare con successo anche le più difficili fasi di sviluppo dell’attività.

Quali sono le caratteristiche

dell’offerta del franchising di Power Training?

Il nostro sistema di franchising, ol-tre a trasferire l’idea di impresa, com-prende anche la spiegazione di come si intende attuare tale idea ed una spie-gazione del pacchetto di prestazioni che viene messo a disposizione del franchisee. Le basi dell’offerta sono: Piano di impresa nel franchising. Il piano di impresa definisce in ma-niera chiara le modalità con cui si debba realizzare un’idea di impresa . Diritti di tutela nel franchising.Il pacchetto include il diritto di usu-frutto dei diritti commerciali di mar-chio per la durata del contratto. Assistenza continua nella gestione del punto vendita.

Un sistema integrato è a disposizio-ne per l’affiliato già nelle prime fasi dell’attività svolgendo in particolare: analisi dell’ubicazione, definizione del piano di marketing territoriale, pro-cedure organizzative, amministrative, acquisizione di grandi clienti, assicu-razione della qualità e nel controlling. I piani di formazione.Un’intensa attività di formazione e aggiornamento alla preparazione del franchisee e dei suoi dipendenti è fi-nalizzata, a conoscere il know-how e gli standard qualitativi del franchi-sor. Per molti franchisee si tratta della prima volta che intraprendono un’at-tività imprenditoriale e una prima volta che entrano nel mercato della formazione; proprio per tale ragione la preparazione deve essere completa e dettagliata. Al fine di trasmettere tutte le conoscenze, la partecipazione alle attività di formazione è obbligato-ria. Inoltre tale attività garantisce un interscambio di esperienza tra i mem-bri della rete.

Il franchising Power Training è

adatto a persone senza conoscenze specifiche nel settore?

Non lasciamo solo il nostro part-ner! Questa è la filosofia del progetto voluta dal cav. Barberis fondatore del Gruppo.Una formazione intensa pri-ma dell’inizio dell’attività e corsi di aggiornamento e assistenza diretta sul campo durante l’attività sono i prin-cipi su cui si basa la nostra formula. Quindi, il franchising è sicuramente adatto anche a persone senza cono-scenze specifiche nel settore.I requisiti personali, le esperienze la-vorative, le condizioni finanziarie del candidato imprenditore devono esse-re sincrone al profilo del nostro affi-liato pertanto, al fine di evitare errori, vengono rilevate, in sede di selezione le seguenti caratteristiche:cultura uni-versitaria del candidato, la conoscenza delle logiche organizzative aziendali, una forte caratterizzazione commer-ciale, la disponibilità finanziaria.

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L’ECO DELLA FORMAZIONE

A cura di suor Anna monia Alfieri

suor Anna monia Afieri parla del progetto scuola di Expo 2015

LA SCUOLA NUTRE LA FAMIGLIA E I VALORI.

Che cosa significa veramente essere sede dell’Expo? Le

recenti vicende italiane manifestano che la smania di accaparrarsi l’affare non paga: gli scheletri prima o poi saltano fuori dagli armadi e i “loschi affari” vengono smascherati.

Speriamo, a un certo punto, di esaurire tutti i tentativi di corruzio-ne, imbroglio, malversazione, e di procedere sulla strada dell’organiz-zazione, della gestione, della traspa-renza. Finchè certe cose avvengono tra le “quattro mura” di Casa Italia si può anche far finta di niente; quan-do però si è chiamati in vetrina da-

vanti all’Europa e al Mondo, allora occorre riflettere. “Chi è” veramente l’Italia - Nazione? l’Italia - Popolo? L’Italia - Cultura? L’Italia - Bellezza? L’Italia - Diritto?

Quali aspetti del suo “essere” sa-ranno esportati con maggiore succes-so, diciamo pure, “venduti” con più profitto?

Il Bel Paese è alla prova del fuo-co – o del “cuoco”, se intendiamo che possa essere fagocitato dai proble-mi…- che ormai dura da troppo tem-po. In particolare, la sofferenza è data dall’instabilità, dall’aggressività della vita politica, dal degrado del contesto civile, soprattutto in quell’Italia “Mi-

nor” che è sempre stata specchio di eccellenza e di fascino anche nei seco-li bui del medioevo…

Occorre comprendere dove stia-mo andando e soprattutto quali stru-menti abbiamo, come Nazione, per “non andare dove non dobbiamo andare”, a dirla nello stile del celebre Totò.

Il tessuto civile è frutto di secoli di lavoro, riflessione, esperienze, cre-atività, cultura. Questo l’Expo deve mostrare all’Europa e al Mondo. E’ l’essenziale.

Ce lo stiamo giocando. Quale in-telligenza è sottesa all’educazione, alla formazione delle giovani genera-zioni? Quale strategia è posta in esse-re dalle Istituzioni (Stato, Chiesa…) affinchè il buono, il bello, il vero che il Paese ha espresso nei secoli continui ad alimentare la vita sociale, cultura-le, politica delle generazioni a venire? “Oggi la crisi epocale che coinvolge l’Europa rimette in discussione tutte le nostre conquiste. Per questo biso-gna impegnare le forze migliori per proporre nuovi modelli di sviluppo, sia a livello locale che nazionale, per ridare un futuro ai nostri figli.” (Pri-mo Gonzaga, economista). Ogni ma-cro-sistema è frutto di micro-cellule che – se indebolite o malate, portano al collasso. La cellula prima è la perso-na e il suo humus è la famiglia.

E’ indubbio che la famiglia, per esistere, debba essere al cuore di una

Suor Anna Monia Alfieri

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rete di rapporti, relazioni, sostegni, incentivi, che hanno senso in quan-to le danno vita e ne alimentano i componenti: le persone. La scuola è in stretta interdipendenza con questa cellula della società; rappresenta per la famiglia il pilastro della speranza, l‘apertura al futuro, il necessario stru-mento del nucleo familiare alla pro-pria crescita materiale, morale, spiri-tuale. Sono concepite – ab ovo, dalla nebbia dei tempi - l’una come sup-porto strutturale dell’altra e la crisi dell’una inevita-bilmente si riper-cuote sul destino dell’altra.

Non è un caso che in Italia, da alcuni decenni, la crisi della famiglia e della scuola ab-bia subìto un’ac-celerazione e come un avvitamento su di sé: al fondo di questa grave diffi-coltà, che rischia di pregiudicare l’e-sistenza dell’una e dell’altra, lo sguar-do attento coglie il punto di rottura, o la chiave di volta che sta per cedere: alla famiglia non è garantita quella li-bertà di scelta del proprio futuro che le compete in quanto tale, a prescin-dere dai dettati legislativi e – meglio – a fondamento del proprio essere. La famiglia è il regno della libertà, a par-tire dal suo costituirsi (“famiglia per forza” sono termini in contraddizio-ne e… causa di nullità!) e nella luce del suo futuro: i figli, concepiti e fatti crescere, come sarebbe auspicabile, nella piena libertà di formazione ed educazione.

Di conseguenza, la scuola riflette e si nutre della libertà insita nella strut-tura vitale della famiglia. E’ la fonte della libertà di insegnamento e della

pluralità di offerta formativa, che sole possono essere degnamente al servi-zio di persone libere.

Non è libera, la famiglia, di “far crescere” i propri giovani secondo la propria legittima visione della realtà, in un ambito di valori civili. Lo Sta-to la ritiene non in grado di prendere libere decisioni rispetto al futuro dei propri figli. La famiglia è interdetta. Paga le imposte per la scuola pubbli-

ca (di tutti), ma non può sceglierla. La Costituzione italiana enuncia una libertà che non è garantita. In Italia lo Stato fornisce l’istruzione senza considerare la libertà di scelta della Famiglia, in quanto… evidentemen-te la ritiene “incapace di intendere e di volere” nella facoltà di scegliere il servizio scolastico pubblico, formato da Scuole pubbliche statali e paritarie. In Italia sceglie solo chi è ricco: paga due volte, le imposte statali e le rette scolastiche delle scuole pubbliche pa-ritarie, inserite nel Servizio Nazionale di Istruzione, ma inaccessibili al citta-dino che paga le tasse. Questa è l’Italia che si presenta all’Expo.

Cittadinanza attiva e dialogo in-terculturale sono aspetti sintetici della

personalità matura cui deve tendere la libera formazione, nel rispetto delle differenti matrici culturali e religiose, il cui diritto al conseguimento è in capo alla famiglia. Contributo, que-sto, ad affrontare le sfide che l’Europa ha di fronte. Lo afferma Pietro Loren-zetti in “Liberi di educare alla libertà. Modernizzazione dei sistemi educati-vi in Europa: il test della parità scola-stica”, dove illustra come tutti i Paesi

Europei, ad ecce-zione della Grecia e dell’Italia, garan-tiscano alla fami-glia – ai genitori e quindi agli stessi figli - la libertà di scelta educativa in un pluralismo di offerta formativa pubblica, statale e paritaria. Quei Paesi che hanno fatto della laicità la propria bandie-ra, come Francia e Spagna, ritengono di dover garantire la libertà di scelta educativa in un pluralismo educa-tivo finanziando

con fondi adeguati anche la scuola non statale, anche cattolica, assumen-dosi i costi del personale e, in alcuni casi, anche del funzionamento e ren-dendo, in questo caso, davvero sim-bolico il pagamento di una retta.

Nei Paesi in cui le scuole non sta-tali ricevono finanziamenti equiva-lenti a quelli delle strutture statali, la frequenza alle scuole risulta del tutto gratuita. In questo modo i cittadini, senza discriminazioni di sorta in base al tipo di scuola prescelto, pagano l’i-struzione per i propri figli attraverso il prelievo fiscale. E proprio questi, che hanno con naturalezza garantito il più elementare dei diritti riconosciuti sono i Paesi dell’Unione Europea, che vantano i minori tassi di abbandono

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scolastico, sono quelli postcomunisti, nei quali la parità è stata introdotta in modo pieno: Slovenia, Slovacchia, Repubblica Ceca, Polonia. Nessuna scelta confessionale: per esempio la Repubblica Ceca, come è noto, è defi-nito il paese più ateo del mondo.

In che veste l’Italia si presenta, attraverso Expo 2015, all’Europa e al Mondo? Paese civile? Contraddictio in terminis. Qui si inserisce la pro-posta di far parlare il costo standard per ogni allievo della scuola pubblica italiana, statale e paritaria. E’ questo l’“anello mancante” alla possibilità di ristrutturazione del sistema scolastico pubblico. Ed è ormai anello ineludi-bile nella catena che sosterrà la libertà di scelta educativa in una pluralità di offerta. Europa docet.

Pur confermando l’assoluta ne-cessità di individuare il costo stan-dard – come voci autorevoli hanno ribadito negli ultimi tempi – si ritiene non sia sufficiente individuarlo. Ben più complesso è agire in regime di co-sto standard. Affinché sia realmente un anello che porta a compimento il Sistema Scolastico Integrato occorre intervenire a livello macro e micro.

Quali gli “interventi-macro” funzionali?

1) Una buona e necessaria concor-renza fra le scuole sotto lo sguardo garante dello Stato; il che implica il passaggio dello Stato da Gestore della scuola statale e Controllore della scuola paritaria a Stato Garante della Scuola Pubblica; 2) la libera concorrenza tra le scuole, in un sistema sano, domanda auto-nomia riconosciuta e garantita alla Scuola Pubblica, con la conseguente e necessaria 3) semplificazione e razionalizzazio-ne del Sistema Scolastico.

Contemporaneamente occorre agire sulla singola realtà scolastica. In estrema sintesi gli “interventi micro” da effettuare sono: 1) accompagnare la singola scuola nei processi di rivi-sitazione degli assetti organizzativi e amministrativi; 2) prevedere nuove figure con competenze organizzati-vo-gestionali; 3) responsabilizzare la direzione e l’organico sulla sostenibi-lità dell’attività educativa, sia in fase di programmazione che di verifica.

Infine è necessario introdurre degli indici di verifica. Verificare l’u-tilità–efficacia della spesa pubblica: 1) Efficienza: verifica interna ed ester-na degli assetti organizzativi e dei risultati conseguiti; 2) Efficacia: valu-

tazione che controlla, misura e certi-ficata la qualità; 3) misurazione degli apprendimenti; 4) capacità di fare si-stema. Individuato il costo standard dell’allievo nelle forme che si riter-ranno più adatte al sistema italiano, si dia alla famiglia la possibilità di sce-gliere fra buona scuola pubblica sta-tale e buona scuola pubblica paritaria. Risultati: 1) innalzamento del livello di qualità del sistema scolastico italia-no con la naturale fine dei diplomifici e delle scuole che non fanno onore ad un Servizio Nazionale di Istruzione d’eccellenza quale l’Italia deve perse-guire per i propri cittadini; 2) valoriz-zazione dei docenti e riconoscimento del merito, come risorsa insostituibile per la scuola e la società; 3) abbassa-mento dei costi e destinazione ad altri scopi di ciò che era sprecato.

Si innesca cosi un circolo virtuo-so che rompe il meccanismo dei tagli, conseguenti a sempre minori risorse (perché sprecate) che producono a loro volta altro debito pubblico.

Il welfare non può sostenere altri costi; non a caso il principio di Sus-sidiarietà, oltre ad avere una valenza etica, è anzitutto un principio eco-nomico prioritario. A questo punto, liberate le risorse, si potrà investire nella valorizzazione e valutazione, nell’innovazione e sviluppo. “L’esem-pio di altri Paesi in cui questo idea-le è in atto basta a rassicurarci sulla possibilità della sua realizzazione, e ci conforta, e ci autorizza ad affermare che, in ogni caso, quelle provvidenze che verranno anche da noi escogita-te al duplice fine di rendere effettivo l’obbligo scolastico fino ai quattordici od ai sedici anni, e di assicurare poi ai più meritevoli la continuazione degli studi nel campo della prepara-zione professionale o dell’alta cultura, dovranno essere attribuite alla per-sona con piena ed assoluta facoltà di utilizzarle in quella qualsiasi scuola, pubblica o privata, nella quale essa intende compiere la sua educazione.” (dagli atti dei Costituenti).

Suor Anna Monia Alfieri, si è laureata in Giu-risprudenza nell’Università Cattolica del Sa-cro Cuore di Milano nel 2001. Ha conseguito il Magistero di Teologia, indirizzo pedagogi-co-didattico presso l’Issr di Milano e la laurea in Economia nell’Università Cattolica del Sacro Cuore nel 2007. Dal 2007 è legale rappresen-

tante dell’ente Casa Religiosa Istituto di Cultura e di Lingue Marcelline. Dal 2008 collabora per la Divisione Enti non Profit di Altis (Alta Scuola Impresa e Società) dell’Università del Sacro Cuore di Milano, nell’orga-nizzazione dei corsi di Alta Formazione (in management e alta dirigenza scolastica) per gli Istituti Religiosi e per la docenza negli stessi. Dal 2011 è responsabile dell’ufficio regionale Scuola e Cultura Usmi Lombardia. In quanto gestore di scuole paritarie ha maturato sul campo un’esperien-za in amministrazione e riorganizzazione degli Istituti scolastici, messa a servizio di varie Congregazioni. Esperta in legislazione scolastica dalla Costituente, si adopera per la piena realizzazione di un pluralismo edu-cativo, attraverso pubblicazioni, rubriche, articoli di specie. Dal 2012 Pre-sidente Fidae Lombardia

L’ECO DELLA FORMAZIONE

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A cura di Giancarlo Bianchi Presidente AIAS e V. Presidente CIIP

Expo 2015: nutrire il pianeta, energia per la vita

SICUREZZA E SALUTE DELLE POPOLAZIONI E PROTEZIONE

AMbIENTALE: ELEMENTI VITALI PER IL PIANETA

Expo2015, che si terrà a Mi-lano dal 1° maggio al 31

ottobre 2015, rappresenta la favo-revole occasione per riaffermare a livello internazionale che il pianeta per essere vitale, conservato e svi-luppato in modo che permetta la so-stenibilità delle presenti e future ge-nerazioni debba considerare come elementi essenziali di ogni attività il rispetto della sicurezza, della sa-lute, dello stato di benessere fisico, psichico e sociale delle popolazio-ni e debba garantire la protezione dell’ambiente.

ExpoTraining, ExpoLavoro&Si-curezza in collaborazione con AIAS hanno sviluppato un piano di co-municazione al fine di far diventare la tale manifestazione, che si terrà l’1, il 2 e il 3 ottobre di quest’anno e il 3, il 4 e il 5 giugno nel 2015 in Fiera Milano City, il salone interna-zionale come vetrina del Lavoro e del Business Etico italiano nel mon-do proiettato anche verso i paesi del Mediterraneo e dell’Est Europeo.

Nel 2015 il salone sarà attuato nel periodo e in collegamento con Expo2015 e nell’ambito dei due sa-loni AIAS organizza la piazza del Lavoro e del Business Etico sapendo che la responsabilità sociale e la so-

stenibilità di un’organizzazione ha come base reale la protezione della sicurezza e della salute dei dipen-denti e degli utenti/consumatori e la conservazione dell’ambiente.

Per le istituzioni, le organizza-zioni, le imprese, i sindacati, i pro-

fessionisti i rappresentanti dei con-sumatori è una buona opportunità per istituire in, modo formale la fi-liera completa di tutte le organizza-zioni che hanno un preciso e forte ruolo per promuovere e realizzare gli elementi vitali per il pianeta.

Le tre attività: il lavoro etico, il business etico e la formazione rea-lizzate in modo coerente e sinergico rendono realizzabile un lavoro che genera profitto e che integra nelle normali attività la sicurezza, la salu-te dei dipendenti e dei consumatori e la protezione dell’ambiente. Oggi abbiamo ricerche, teorie, metodolo-gie e prassi operative, che se applica-te correttamente, possono far otte-nere risultati apprezzabili rendendo il profitto etico e sostenibile.

L’AIAS insieme alla CIIP (Con-sulta Interassociativa Italiana per la Prevenzione) in collaborazione con ExpoTraining e ExpoLavoro&-Sicurezza intendono, nei tre giorni della manifestazione, organizzare, incontri personali, manifestazioni formative, convegni, tavole rotonde, seminari per promuovere tali valori e per contribuire a realizzare un’ef-ficace azione in tali settori.

Ad oggi, hanno già aderito alla manifestazione ASFOR (Associazio-ne Italiana per la Formazione Mana-geriale) Aidp – Associazione Italia-na Direttori del Personale Cisl, Cgil, Uil, Ugl, Confapi Regione Lombar-dia, Manager Italia, Federmanager ecc.Aspetto la vostra convinta ade-sione a questo importante evento.

L’ECO DELLA SICUREZZA

Giancarlo Bianchi

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A cura di mR Barberis

FOCUS

IL FUTURO E’ “SMART WORkING”:

SIAMO PRONTI?

L’organizzazione del lavo-ro è da sempre struttura-

ta in maniera rigida, all’interno di spazi fisici ed orari ben definiti, con una comunicazione obsoleta tra uf-fici ed una burocrazia soffocante e costosa. Un sistema che incide ne-gativamente sulla produttività e sulla qualità di vita dei lavoratori.

Grazie alle nuove tecnologie il modo di lavorare potrebbe cambiare e diventare “Smart working” o più semplicemente “lavoro agile” e con-sentire di svolgere l’attività professio-nale non più in ufficio, ma in altri spa-zi (a casa, in giardino, in spiaggia) nel rispetto degli obiettivi stabiliti dall’a-zienda e migliorando la soddisfazione e il coinvolgimento dei dipendenti.

Si tratta di una modalità di la-voro già diffusa nel Nord Europa e negli States, mentre da noi stenta a decollare nonostante recentemente sia stata depositata in Parlamento una proposta di legge sullo “smart working”, che spinge per il futuro del lavoro all’insegna della flessibi-lità di orari e di sede grazie all’aiuto delle nuove tecnologie. Una forma di attività aperta a tutti, uomini e donne, che va regolarizzata con un contratto scritto tra lavoratore e datore e che assicura uguale trat-tamento economico di chi svol-ge la stessa mansione in un ufficio.

A Milano il 6 febbraio 2014 si è tenuta la prima “Giornata del lavoro agile”, cui hanno aderito aziende, enti e piccole-medie imprese e circa 6 mila lavoratori. L’iniziativa ha voluto ca-talizzare l’attenzione sui benefici del-lo “Smart working”, quali: riduzione dello stress da lavoro correlato, mi-glioramento dei rapporti tra colleghi, benefici in termini di vita privata fami-liare, abbattimento dei costi aziendali

e riduzione dell’inquinamento grazie ad un minor numero di automobi-li ( 3500 auto in meno quel giorno,

due ore medie di tempo risparmiato).Ad enfatizzare i vantaggi del

“lavoro agile” è stato lo stesso Poli-tecnico di Milano che in una ricer-ca condotta nel 2013 ha dimostrato che con questo modello lavorativo le aziende potrebbero aumentare i profitti, raggiungendo i 27 miliar-di di euro all’anno, pari al 5.5% di produttività ed abbattere i costi di gestione legati soprattutto alle spe-

se per gli spazi di lavoro (si cal-cola un risparmio di 10 miliardi).

Anche i lavoratori avrebbero la

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possibilità di avere uno stipendio maggiore grazie alla diminuzione dei costi per il trasporto (risparmio sti-mato pari a 550 euro a testa all’anno).

L’idea è accattivante, ma sia-mo davvero pronti ad affronta-re un futuro “Smart working”?

Dal punto di vista tecnolo-gico ciò è fattibile, ma il proble-ma è di ordine culturale e sociale.

“L’Italia è al 25° posto sui 27 Paesi censiti, con un misero 2,3% dei lavoratori che telelavora per al-meno un quarto del tempo, con-tro il 15,5% della Repubblica Ceca, il 14,4% della Danimarca, il 13% del Belgio e il 12% della Norvegia.

Per quanto riguarda la flessibilità dell’orario di lavoro: con il 32% me-dio di diffusione, siamo distanti da danesi (62%), svedesi (61%) e tede-schi (52%). Il problema è culturale e riguarda soprattutto il management. In Italia si vuole tenere tutto sotto il proprio diretto controllo; delega-re è una consuetudine poco diffusa. Per questo lo smart working fatica a decollare».” (Fonte l’Osservatorio Smart Working della School of Ma-nagment del Politecnico di Milano)

Si tratta di un cambiamento del-la cultura del lavoro forte e come tale crea ansie e dubbi sulle difficoltà che deve affrontare un’azienda disposta a dare quest’opportunità ai suoi dipen-denti, sui rischi di creare un nuovo squilibrio di genere, disparità di car-riera, isolamento tra colleghi, incre-mento del lavoro (non si stacca mai).

Serve una cultura della respon-sabilità, dell’autonomia prima di ap-prodare allo smart working, ovvero ad un lavoro intelligente ed inno-vativo basato sugli obiettivi e non sul tempo. In Italia sono già presenti delle iniziative orientate al work-li-fe e adottate soprattutto da grandi aziende, quali ad esempio la Barilla, la Tetrapack, Mars, nonché da alcu-ne Istituzioni pubbliche come l’U-niversità di Torino, la Regione Emi-

lia Romagna, il Comune di Milano. Mentre le piccole e medie imprese sono ancora restie ad adottare forme di lavoro flessibile, sono più conser-vatrice sotto questo aspetto e predi-ligono metodi organizzativi classici.

Purtroppo o per fortuna, a secon-da dei punti di vista, il cambiamen-to è in atto, la tecnologia avanza e rende obsoleto ciò che poco prima rappresentava la norma, bisogna fare i conti con la velocità e la tra-sformazione vigente a livello globale.

In questa rivoluzione culturale è di grande utilità la formazione per scardinare stereotipi anacronistici e far comprendere che lavorare al di fuori da un ufficio non significa es-sere meno produttivi. A parte alcu-ni tipi di lavoro, per il resto l’ufficio non è necessario, il lavoro può essere svolto in qualsiasi altra sede grazie alle nuove tecnologie. L’ impresa “li-quida” che sostituisce agli spazi fisici quelli virtuali non deve rappresenta-re un tabù, l’importante è il risultato, non importa dove e quando. Del re-sto essere seduti dietro ad una scri-vania non implica necessariamente essere più attivi e non avere un con-trollo diretto dei propri dipendenti non significa ridurre la produttività.

Grazie alla formazione continua si possono riorganizzare i processi aziendali e renderli flessibili, miglio-rare la vita dei dipendenti ed accre-scere la produttività delle imprese. Ne sono una testimonianza le gran-di multinazionali USA che puntano ad una gestione “Flexible working” rivolta a tutta la popolazione azien-dale e non limitata al talent manage-ment, più soggetto ad abbandonare l’azienda per altri orizzonti profes-sionali maggiormente remunerativi.

Da noi il welfare aziendale è ancora molto arretrato e tra i lavoratori (so-prattutto dagli over 40 in poi) sussiste un forte analfabetismo informatico.

Come si può pensare di esse-re pronti allo smart working se

non si è pensato ancora ad attua-re delle vere task force formative?

Ogni cambiamento sulle per-sone è complesso e solo una mi-nuziosa alfabetizzazione formativa può incidere su questo aspetto, in-segnando ai managers ed ai dipen-denti a lavorare in modo più flessi-bile attraverso un uso intelligente e corretto della nuova tecnologia.

Considerare la formazione un optional, perché si ritengono ben altre le urgenze, significa non essere pronti allo smart working, vuol dire essere dominati da una mentalità ri-gida che contrasta con la flessibilità.

Oggi in Italia sono molto forti gli stereotipi che caratterizzano il lavoro e la formazione è ancora troppo ar-retrata, o meglio è concentrata nella fase iniziale della vita di una perso-na e poi il lifelong learning è lascia-to alla volontà del singolo adulto.

L’indagine PIAAC dell’OCSE ha evidenziato il ritardo del nostro Paese sulle competenze degli adulti (lingui-stiche, matematiche, informatiche, ecc.). La maggioranza dei lavoratori è convinta di svolgere il lavoro grazie al Know-how acquisito all’inizio del-la carriera. Solo il 5,7% dei lavoratori frequenta corsi di formazione conti-nua contro una media europea del 9%, nonostante il Fondo Sociale Europeo per la formazione permanente stanzi circa due miliardi di euro e venga ap-plicata una trattenuta dello 0,3% dallo stipendio per finanziare programmi di formazione gestiti soprattutto dai fondi paritetici interprofessionali.

Non si può procedere verso la realizzazione dello “smart working” se non viene data alla formazione il giusto valore, colmando il divario ita-liano rispetto agli altri paesi europei.

E’ indispensabile unire le for-ze di tutte le parti politiche e sociali per fare capire ai lavoratori ed alle imprese l’importanza di formar-si in maniera continua soprattutto nell’attuale contesto lavorativo sem-pre più globalizzato e tecnologico.

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Intervista a Paola Codecasa, responsabile delle Risorse umane del gruppo Zucchetti

PRIMA DELL’ORGANIGRAMMA, LA QUALITÀ DELLE IDEE

INTERVISTA

A cura di C. Cantoni

Primo Premio in Italia per l’innovazione assegnato

per tre anni consecutivi dall’Unio-ne europea; Premio per la Sicurezza sul lavoro nella categoria “Ricerca e sviluppo organizzativo” indetto dal Club SEI2SEI alla Fiera Ambiente Lavoro 2011; Premio Innovazione ICT nelle categorie “Risorse uma-ne” a Smau 2010, “Cloud compu-ting” a Smau Bologna 2012 e “Si-stemi gestionali integrati” a Smau 2013, ricevuti dal Politecnico di Milano.

Fioccano i riconoscimenti alla qualità delle soluzioni Zucchetti, le-ader in Italia nel campo del software applicativo, con un fatturato 2013 che supera i 310 milioni di euro e più di 95mila clienti nel mondo. Se-gno che ogni nuovo gol è sempre il punto di partenza verso il traguar-do successivo, mai il pretesto per uno stanco e statico compiacimen-to.

Complici l’elevato know how tec-nologico e la profonda conoscenza dei processi nei diversi segmenti di mercato, ma soprattutto una cultu-ra aziendale fortemente orientata all’innovazione e al cliente, con ol-tre mille dipendenti, sui 2.600 totali, dedicati allo sviluppo di nuove so-luzioni per aziende di ogni settore e dimensione, banche e assicurazioni,

Paola Codecasa

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professionisti e pubbliche ammini-strazioni.

Supportati nei servizi pre e post vendita, di formazione e aggiorna-mento, da una rete commerciale di oltre 1.100 partner nazionali e più di 200 partner stranieri presenti in cir-ca 50 Paesi. «Ascolto, fiducia, aper-tura alle idee di tutti, sono i valori differenziali che hanno permesso di distinguerci nel mercato ICT an-che in anni di recesso: in Zucchetti non conta l’organigramma, conta la qualità delle idee», spiega la respon-sabile delle Risorse umane, Paola Codecasa. «Valorizzare le persone e il loro potenziale non significa solo destinare cospicui investimenti alla formazione continua, cosa che pe-raltro avviene, ma farli fruttare. E riteniamo che la via più intelligente sia capire come innovare ascoltando anche chi ogni giorno lavora sui no-stri applicativi.

In considerazione delle richieste di mercato, per esempio, sempre più alla ricerca di strumenti non solo amministrativi ma anche di tipo or-ganizzativo per la gestione efficace dei collaboratori, abbiamo svilup-

pato la soluzione software Gestio-ne Risorse Umane dedicata agli HR manager, perché possano disporre di tutte le informazioni relative al personale e all’intera organizzazio-ne aziendale. Internamente siamo i primi a beneficiarne».

Facciamo un passo indietro. Ha accennato alla formazione: qua-le peso ha nelle politiche HR di Gruppo?

Proprio qualche anno fa abbiamo deciso di creare una struttura in-terna dedicata esclusivamente alla formazione qualificata del persona-le interno, dei partner e dei clienti: Accademia Zucchetti.

I corsi, dedicati in particolare a manager, commerciali, personale tecnico e utenti finali, sono pensa-ti per fornire strumenti che accre-scano le competenze professionali e consentano di gestire al meglio il proprio business, migliorando al contempo le relazioni con i clienti e i potenziali tali. Nel 2013 Accade-mia Zucchetti ha erogato formazio-ne per oltre 4mila ore: più di 3mila si sono svolte in aula e più di mille

a distanza, superando i 25mila par-tecipanti. L’area HR, la più soggetta a cambiamenti con continue inno-vazioni di prodotto, è stata quella maggiormente interessata.

Su quali linee guida si sviluppa l’impianto formativo?

Giocano un ruolo fondamentale la storicità dell’azienda e il segmen-to in cui operiamo: Zucchetti è il primo player italiano del mercato ICT, un settore soggetto a conti-nui cambiamenti, evoluzioni, ag-giornamenti, proprio come la no-stra offerta che ad oggi vanta oltre 1.700 applicativi. Ecco perché, per trasferire le conoscenze, vendere, distribuire o sfruttare al meglio le soluzioni Zucchetti, è necessaria un’approfondita formazione rivol-ta sia agli interni che ai partner e ai clienti sulle numerose funziona-lità che caratterizzano i nostri pro-dotti. Altro tassello fondamentale risiede nella filosofia aziendale e nei tre capisaldi che, dal 1978, ne caratterizzano cultura e successi: ricerca dell’eccellenza, innovazione continua e soddisfazione del clien-

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INTERVISTA

te.Un’azienda storica per il settore

ICT ma molto giovane e dinamica in termini di età media dei dipen-denti. Secondo dati recenti, in Italia, la disoccupazione giovanile è salita al 42,4%, il valore più alto mai re-gistrato dal 1977. Un’altra statistica scoraggiante posiziona il nostro Pa-ese al 134° posto per capacità di va-lorizzare i talenti. Ecco, invece, cosa avviene in Zucchetti: l’età media dei dipendenti è di 35 anni, dal 2010 abbiamo integrato oltre 400 risorse e i contratti proposti sono finalizza-ti, nel 99% dei casi, all’assunzione a tempo indeterminato.

Questo perché crediamo e inve-stiamo nella crescita dei talenti: li inseriamo in azienda, li formiamo a 360° e poi attingiamo alle loro idee rendendoli protagonisti del pro-cesso innovativo. In Zucchetti c’è spazio per la meritocrazia, determi-nante per stimolare le risorse, sem-pre incoraggiate alla collaborazione proattiva e alla sperimentazione costante per realizzare le migliori soluzioni del mercato.

Quali metodologie didattiche utilizzate maggiormente?

Ricorriamo molto alla forma-zione in aula. In base al target e ai singoli corsi, gli appuntamenti sono volti a fornire nozioni di tipo teorico, commerciale, normativo e manageriale. Per i neoassunti in particolare prediligiamo la forma-zione on the job: l’affiancamento al tutor aziendale consente di tra-sformare in operatività le nozione teoriche acquisite e colmare così le lacune lasciate a volte dalle scuole di provenienza, non sempre pun-tuali nella formazione tecnica degli studenti, aspetto che faciliterebbe il loro inserimento nel mondo del lavoro.

Nell’individuare percorsi forma-tivi ad hoc per i nostri dipendenti, inoltre, possiamo contare su “un

aiuto interno”: come accennavo, nella suite di prodotti gestionali di-sponiamo dell’applicativo Gestione Risorse Umane, il supporto ideale per la pianificazione e il controllo di tutte le attività di people mana-gement, tra cui proprio le esigenze formative. Zucchetti è la prima case history del prodotto.

Vi avvalete anche di enti di con-sulenza esterni?

Accademia si rivolge anche a for-nitori esterni qualificati, selezionati tra le migliori realtà sia legate alle istituzioni, per esempio scuole di formazione manageriali post-uni-versitarie, sia aziendali. L’obietti-vo è di affiancare alla formazione interna anche spunti di riflessione ed esperienze che provengono da contesti di alto livello in ambito economico e di information tech-nology.

Come sono cambiate nel tempo le politiche formative di Zucchet-ti?

Con la nascita di una struttura interna come Accademia la piani-ficazione delle attività formative è diventata più puntuale e precisa. La costante crescita del Gruppo, che oggi vanta 2.600 dipendenti e oltre 30 società, ha ampliato la doman-da di appuntamenti anche sotto il profilo informativo e istituzionale. Aumentano gli applicativi, le divi-sioni, le società e i dipendenti, ma il Gruppo rimane uno. Non biso-gna perdere la visione d’insieme e la cultura aziendale che ha sempre contraddistinto Zucchetti; la di-sponibilità e la voglia di imparare ci hanno permesso di mantenere i piedi per terra e di non adagiarci sui risultati confortanti riconosciutici dal mercato.

Integrandosi con lo strumento di business intelligence, il software Gestione Risorse Umane permet-te prima ai responsabili di dispor-

re di informazioni puntuali, utili a valutare il gap di competenze sia tecniche che manageriali dei dipen-denti, e poi all’ufficio preposto di raccogliere e gestire le richieste di formazione pervenute su cui inter-venire.

Il ruolo HR sta evolvendo di pari passo con la complessità dell’or-ganizzazione del lavoro e la ne-cessità, da un lato, di ampliare le proprie competenze, dall’altro, di specializzarle in direzione di un’integrazione sempre maggio-re con altre funzioni aziendali. Quanto impattano questi cambia-menti sulla people strategy?

La Direzione Risorse Umane è chiamata oggi a raggiungere obiet-tivi in apparente contraddizione: ottimizzare i costi, orientare le per-sone ai gol aziendali, adempiere a una normativa in continua evolu-zione e che prevede regimi sempre più aspri in tema di privacy e sicu-rezza.

Per questo è sempre più suppor-tata dagli strumenti IT, necessari per la governance di tutti i processi di amministrazione, sviluppo e or-ganizzazione dei dipendenti e per comunicare con le altre funzioni aziendali. Questo trend è testimo-niato dalle oltre 15mila aziende in Italia che hanno scelto le soluzioni della suite HR Zucchetti, sviluppa-te per favorire la gestione efficiente delle risorse umane attraverso l’in-tegrazione tra gli applicativi che la compongono.

Integrazione significa monitorag-gio a 360° su diversi aspetti della vita aziendale della risorsa, dalla selezione, alla formazione, al per-formance management, alla piani-ficazione delle politiche retributive con software dedicati che agevolano il compito della Direzione Risorse Umane in ottica meritocratica e nel raggiungimento degli obiettivi di business aziendali.

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Intervista ad Anna maria Delzotti, regista teatrale, e Gioacchino Leovi-no, direttore HR di Fincons Group

CON L’ARTE, LA PASSIONE ENTRA NEL bUSINESS

INTERVISTA

A cura di P. Lacci

business, processi, tecnolo-gia e… teatro. In Fincons

Group, società leader nell’IT consul-ting, con oltre 30 anni di esperienza, l’arte è di casa. Da qualche tempo, l’a-zienda ha avviato una serie di inizia-tive mirate a promuovere fra i dipen-denti i linguaggi della cultura e, due anni fa, su idea della moglie di Miche-le Moretti, Ceo del Gruppo, ha deciso di affidare alla pratica performativa un ruolo più operativo nella struttura di lavoro: nel 2011, Anna Maria Del-zotti, regista teatrale ed esperta nella ricerca dei messaggi della comunica-zione, ha lanciato il Laboratorio tea-trale Fincons Group, uno strumento di formazione che testimonia l’atten-zione della proprietà al percorso di crescita umana, oltre che professio-nale, dei collaboratori.

«Fare teatro è un’attività complessa che coinvolge nel profondo, obbliga a conoscersi, stimola a imparare, matu-ra la consapevolezza dell’importanza del proprio ruolo, richiede senso di responsabilità e produce risultati mi-surabili», dicono Anna Maria Delzot-ti e Gioacchino Leovino, direttore HR e CFO dell’azienda.

«La “convivenza forzata” con i compagni di lavoro veicola riflessio-ni sulle dinamiche di gruppo e sulle capacità di essere uomini-squadra. Un team affiatato non nasce in modo automatico, ma da un processo di Gioacchino Leovino

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formazione che avviene per gradi, con l’apprendimento e l’esperienza». Se, come ama dire Michele Moretti, la forza di Fincons Group sta nel-la capacità di anticipare il futuro, le risorse del Gruppo si preparano al cambiamento, cercando di arrivarci attrezzati.

In una parola, innovando. Anche nella sperimentazione di percorsi for-mativi non convenzionali.

Un laboratorio teatrale in azienda è qualcosa di insolito. Di che cosa si tratta?

Delzotti: È un processo evolutivo dinamico, non un corso ma un per-corso, riguardo alle due dimensioni della conoscenza e della comuni-cazione. Per la prima, è importante che i partecipanti mettano in gioco, partendo dal sé per ritornarvi più arricchiti, il proprio bagaglio di com-petenze, capacità, punti di forza e, so-prattutto, di debolezza.

La particolarità del contesto tea-trale mette le persone in condizione di nudità e disarmo, portando a galla più facilmente alcuni aspetti caratte-riali su cui lavorare: timidezza, insi-curezza verbale, impaccio nella rela-zione, ecc.

Nelle scelte registiche e scenografi-che, inoltre, la rappresentazione fina-le in cui sfocia il percorso implica una riflessione profonda sulla coerenza espressiva di molteplici linguaggi, da quello verbale e prosodico a quello gestuale, dal codice musicale a quello cromatico, funzionali alla massima ef-ficacia comunicativa. In tutto questo, la capacità di lavorare insieme rap-presenta una chiave di volta.

Ci racconti il modus operandi. Come si è configurato il laborato-rio?

Delzotti: Tra i diversi testi presen-tati, i partecipanti hanno democrati-camente scelto di lavorare su Oceano Mare di Alessandro Baricco. A una prima fase di lettura approfondita, in cui si è sviscerato a fondo il testo per

ricreare all’interno del plot un nostro ordine logico e cronologico, è seguita la produzione scritta di un copione, Oltre...il...Mare, intervallata dal trai-ning di preparazione alla recitazione, un percorso fisico, emotivo e menta-le, realizzato attraverso la pratica di esercizi specifici. Con la messinscena, abbiamo lavorato su un linguaggio pluricodico, immaginando scenogra-fie, luci, colonna sonora, ecc. Un’an-teprima dello spettacolo si è svolta a novembre 2013 per acquisire con-sapevolezza del particolare legame che, nell’atto teatrale, si stabilisce col pubblico, fruitore e allo stesso tempo agente concomitante del dialogo che si consuma in scena.

Interessante, ma che attinenza ha con la vita in azienda?

Delzotti: Una conoscenza più ap-profondita del sé si traduce in una nuova modalità di approccio ai rap-porti interpersonali, anche in azienda, grazie a una formazione più completa sia culturale che relazionale.

La condivisione di tutte le fasi del processo ha messo in discussione ed evoluto, in termini di fiducia e rispet-to, l’idea dell’altro in quanto soggetto indispensabile al raggiungimento di uno standard qualitativo adeguato. Attraverso tecniche di improvvisa-zione teatrale ed esercizi mirati a una comunicazione più efficace, sia a li-vello corporeo sia gestuale, i parteci-panti sono stati portati a lavorare su capacità fondamentali quali l’ascolto, l’adattamento all’imprevisto e la cre-atività.

Per tale concreto compito, ci si è serviti del supporto dell’attore pro-fessionista, nonché artigiano teatrale Andrea Cavarra, che collabora inoltre alla realizzazione della scenografia e della regia. Si è sviluppata, inoltre, l’attitudine a una maggiore capacità critica, che si riflette nell’approccio meno superficiale, più partecipe, pre-ciso e soprattutto più collaborativo, al lavoro.

Leovino: È emersa una consape-

volezza profonda sul valore aggiunto prodotto dal lavoro di team, che va ben oltre la somma algebrica delle singole capacità individuali.

È chiara la percezione che, all’in-terno del gruppo, alcune risorse con spiccate doti naturali performano meglio di altre, ma che l’assolo del singolo, in questo caso, non ha lo stesso valore di un lavoro condiviso con un livello qualitativo mediamen-te alto per tutti.

Un valore decisivo in azienda: ora, chi ha la possibilità di supportare un collega lo fa con convinzione, sapen-do che il risultato complessivo sarà migliore rispetto al risultato legato al suo singolo sforzo o alla sua singola performance.

È sicuramente un’esperienza di rot-tura rispetto alla classica formazione che il Gruppo ha fatto e continua a fare sulle proprie risorse: un approc-cio innovativo che ci ha sorpreso per la qualità dei risultati.

Qual è la differenza rispetto ad altri percorsi più tradizionali come i laboratori sulla comunicazione ef-ficace, il public speaking o il team building?

Leovino: Di solito chi partecipa a questi corsi tende a classificarli come attività formative aziendali e questo può limitarne l’impatto. In Fincons Group, l’esperienza teatrale esula dall’ambito professionale. Tant’è che i colleghi investono il loro tempo li-bero, al di fuori dell’orario lavorativo. Lo fanno su base volontaria perché ci credono e l’attività non è “inquinata” da finalità altre che non siano quelle proprie dell’arte performativa: non è formazione travestita da teatro, è te-atro puro e, forse proprio per questo, veicola una crescita profonda della persona, chiamata a mettersi in di-scussione e giocare al meglio le pro-prie capacità, che si riflette poi in tutti gli ambiti della vita, incluso quello aziendale.

Ma è una consapevolezza maturata e applicata in modo naturale.

INTERVISTA

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Che tipo di impegno richiede il la-boratorio?

Delzotti: Una pausa pranzo a setti-mana, con l’integrazione di una o due sere, tra le 18.30 e le 21, man mano che si avvicina lo spettacolo finale, il 19 giugno, al TeatrOreno di Oreno di Vimercate. L’iniziativa è stata co-municata attraverso l’intranet azien-dale, con reclutamento aperto a tutti, compatibilmente con la logistica dei collaboratori dislocati sul territorio. Inizialmente hanno aderito in 22, poi, c’è stata una selezione naturale che ha portato a un gruppo stabile di nove persone. Sicuramente repliche-remo l’esperienza e, oltre al teatro, stiamo pensando a serate di lettura per riavvicinare le persone in manie-ra meno scolastica a testi importanti, appartenenti a generi e filoni diversi. Cercheremo di comprendere meglio il nostro mondo, attraverso la com-prensione di altri mondi, altre narra-zioni, partendo dal tema del mito, la

letteratura fondativa di ogni popolo. Sono convinta che le persone abbiano bisogno di respirare orizzonti ampi oltre a quello del lavoro, per intuire che c’è un tempo diverso rispetto a quello fugace della nostra quotidiani-tà, che è quasi sempre il tempo della cultura e della conoscenza.

Un aspetto su cui Fincons Group investe molto. Perché?

Leovino: Per seguire i clienti con passione bisogna essere persone ap-passionate. Così si riassume il nostro approccio al mercato. E abbiamo tro-vato nell’arte un codice che apre la mente, soprattutto in un settore come l’IT, apparentemente lontano da tut-to ciò che il termine “passione” evo-ca. Le iniziative su questo fronte sono molteplici. Per esempio, il concorso fotografico con il quale si è chiesto ai dipendenti di tradurre questo con-cetto in uno scatto. Le immagini mi-gliori sono finite nel Calendario 2014,

che esprime la nostra visione di IT emotion. È un esempio di come l’arte entri nel business e, soprattutto, è un messaggio che si replica tutti i giorni dell’anno, sulle scrivanie dei nostri dipendenti nel formato da tavolo. Questo approccio ci differenzia anche sul mercato, il cliente lo percepisce e la storia recente ce ne ha reso merito, posizionandoci tra i principali player nazionali del mondo IT.

Basta la passione per differenziar-si sul mercato?

Leovino: La scelta appassionata, tradotta in plus competitivo, è stata quella di puntare sull’acquisizione di competenze molto specifiche per ciascuno dei segmenti di mercato in cui operano i nostri clienti. Abbiamo studiato a fondo i processi di business delle aziende attive nei media, nelle energies, nelle utilities, ecc., propo-nendoci ai diversi player come inter-locutori specializzati, con soluzioni

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informatiche ritagliate sulla loro ope-ratività. È il modus operandi che ci distingue da altri competitor. Ovvia-mente mantenendo standard d’eccel-lenza, perché si può sedurre il cliente ma poi occorre rispettare le aspettati-ve generate.

Perciò avete dato vita alla Fincons Group Academy?

Leovino: L’IT Business school di Gruppo nasce a Bari, dove l’azienda

ha una sua sede e un centro di compe-tenza specifico nel mondo IT. Anche grazie a una rete di contatti territoria-li, con l’università, si è deciso di av-viare un progetto per formare figure professionali specialistiche, prevalen-temente giovani neolaureati, sia nel campo dello sviluppo applicativo sia dei processi aziendali, da inserire a fine percorso all’interno del Gruppo.

La scuola prevede lezioni tradizionali d’aula e programmi di training on the job all’interno dell’azienda, a cui vie-ne associato, dopo un certo periodo, uno stage presso i nostri clienti prin-cipali, monitorato da un tutor che se-gue l’attività della risorsa. Al termine, il giovane viene inserito nell’organico Fincons Group.

Quali programmi avete attivato, invece, per il personale interno già

consolidato?Leovino: Tenendo conto che la no-

stra è una società people based, in cui le persone rappresentano il vero as-set, l’ottica è sempre quella di fornire ai dipendenti un elemento distinti-vo, perché siano in grado di operare al meglio presso i clienti, e ai nostri clienti la giusta motivazione per con-tinuare a sceglierci. L’investimento

annuale in formazione si aggira in-torno ai 250/300mila euro. Si va da attività più tradizionali, finanziate attraverso Fondimpresa o Fondir, mirate soprattutto all’acquisizione di soft skills, a una formazione di tipo specialistico, erogata in maniera con-tinua, legata ai nostri servizi e ad al-cune certificazioni richieste per poter intervenire sulle ingegnerizzazioni di processi presso i clienti. In questo momento, per esempio, siamo impe-

gnati in percorsi finalizzati al conse-guimento della certificazione di PMP (Project Management Professional). Abbiamo poi programmi di specia-lizzazione legati alle piattaforme Sap e Oracle. Di recente, abbiamo soste-nuto un investimento importante anche su Avaloq, la piattaforma eu-ropea di riferimento nel mondo ban-cario.

INTERVISTA

Anna Maria Delzotti

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Intervista a Laura Bruno, direttore Risorse umane di sanofi Italia

L’ATTENZIONE ALLA PERSONA CHE FA CRESCERE L’IMPRESA

A cura di C. Cantoni

Leader integrato della salute a livello globale, Sanofi ricerca,

sviluppa e distribuisce soluzioni te-rapeutiche focalizzate sui bisogni dei pazienti, rappresentando in Italia la prima realtà industriale del compar-to farmaceutico, con oltre 2.600 col-laboratori, di cui più di 1.300 nei siti produttivi di Origgio (Va), Garessio

(Cn), Anagni (Fr), Scoppito (Aq) e Brindisi, dove vengono confezionati farmaci destinati ai mercati di tutto il mondo. A questi si aggiungono lo stabilimento Merial, la Divisione Sa-lute Animale del Gruppo, a Noventa Padovana (Pd), e un’articolata atti-vità di R&S che spazia dalla ricerca clinica, attuata presso il quartier ge-

nerale di Milano, a quella biotecnolo-gica svolta nei cinque laboratori mul-tidisciplinari di Brindisi. Coprendo a 360° l’ambito salute (soluzioni per il diabete, farmaci etici, prodotti on-cologici, farmaci innovativi, prodotti di automedicazione, farmaci equiva-lenti con Zentiva, malattie genetiche rare e sclerosi multipla con Genzyme

INTERVISTA

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e salute animale con Merial), Sanofi Italia non manca di promuovere, an-che al proprio interno, una cultura orientata allo sviluppo e al benesse-re della persona: «Le nostre persone sono uno dei pilastri nella nostra vi-sione di responsabilità d’impresa, che la Direzione HR favorisce su tre fron-ti: il miglioramento continuo delle competenze attraverso la formazio-ne, l’equilibrio tra vita privata e pro-fessionale e la sicurezza sul lavoro», spiega Laura Bruno, direttore Risorse umane della filiale italiana.

Dottoressa, approfondiamo il pri-mo punto: quanto investe annual-mente l’azienda nello sviluppo delle competenze professionali?

Finanziata anche con fondi inter-professionali quali Fondirigenti e Fondimpresa, la formazione riveste un ruolo centrale in Sanofi. Negli ul-timi due anni sono state erogate oltre 53mila ore, con training specifici su temi che spaziano dalle sessioni tec-niche e a carattere scientifico ai corsi per le figure manageriali. Ne sono un esempio i programmi People Mana-gement e Drive Your Team, dedicati ai manager e focalizzati sulla gestione delle persone, o From District Mana-ger to Sales Manager, specifico per la forza vendite. Nel 2013 abbiamo anche lanciato un progetto pilota di tutoring, Speed Networking, rivolto ad alcune giovani colleghe rappre-sentative di tutte le attività di Sano-fi Italia: dieci minuti di tempo per ognuna allo scopo di confrontarsi su esperienze professionali e possibili percorsi di sviluppo con dieci mana-ger dell’azienda.

Su quali valori si fonda l’impian-to formativo a livello corporate e di country italiana?

L’attenzione alle persone a 360° e alla crescita delle professionalità sono le principali linee guida attorno alle quali sviluppiamo le attività formati-ve. Il punto di partenza sono i risul-tati delle indagini che l’azienda perio-

dicamente svolge. Sul fronte interno, ad esempio, Sanofi ha condotto negli ultimi due anni un’indagine a livello mondiale sull’ingaggio e il coinvolgi-mento dei collaboratori, denominata “Our Pulse”, volta a misurare la per-cezione dell’azienda in termini di or-goglio, impegno e soddisfazione per-sonale. I risultati sono per noi fonte di ispirazione e motivazione, mentre le eventuali criticità rappresentano un’opportunità di miglioramento. Sul fronte esterno, cito le indagini del Great Place To Work® e del Top Em-ployers Institute, alle quali aderiamo dal 2012. Un esempio di formazione ad ampio spettro, invece, lanciata da Sanofi a livello globale, è la Lean Aca-demy: un progetto di snellimento, razionalizzazione e miglioramento dell’efficienza dei processi produtti-vi che sta interessando tutti i siti del Gruppo e prevede, oltre a sessioni di training, anche esercitazioni pratiche e dibattiti. Ogni collaboratore coin-volto è invitato ad avanzare proposte per migliorare i processi in termini di KPI ed eccellenza produttiva.

Quali metodologie didattiche ri-tenete essere più efficaci?

Alla tradizionale formazione fron-tale e a quella on-the-job, si stanno affiancando forme miste, che alter-nano role-play, attività di team buil-ding oppure sessioni di formazione a distanza. Inoltre, privilegiamo per-corsi formativi piuttosto che singole giornate: i nostri collaboratori sono invitati a partecipare ad attività preli-minari alla formazione vera e propria e a momenti successivi di elaborazio-ne e confronto.

Quali competenze ritiene siano necessarie oggi per superare l’em-passe della crisi?

Per un’azienda integrata e diversifi-cata come Sanofi, che opera nel setto-re salute, l’aggiornamento continuo delle competenze tecniche rimane il requisito indispensabile. Accanto a questo, tuttavia, la rapidità dei cam-

biamenti, uniti a scenari di mercato sempre più competitivi, evidenziano la necessità di sviluppare anche com-petenze “soft”, come la capacità di gestire le persone e i team di lavoro, soprattutto se complessi e formati da più linee di business. Perciò, Sa-nofi investe nella formazione mana-geriale e nelle doti di leadership dei propri dipendenti, anche attraverso sessioni di coaching e assessment individuali. Inoltre, ai nostri collabo-ratori è richiesta una buona dose di flessibilità e la capacità di gestire il tempo sia in termini di formazione, con una maggiore agilità e autonomia nell’accedere alle sessioni formative a distanza e nel fare propri gli stimoli dell’ambiente interno ed esterno, sia in termini di organizzazione del lavo-ro. Per supportare e sviluppare queste capacità, dallo scorso anno abbiamo avviato per tutti i collaboratori il pro-gramma formativo “A Porte Aperte”: momenti di condivisione e confron-to a tema ispirati ai valori di Sanofi, che possano contribuire alla crescita personale e professionale delle nostre persone.

Che tipo di percorsi sono previsti per lo sviluppo dei talenti?

Abbiamo attivato un processo di Talent Management che si basa sui principi di equità, rispetto della diver-sità a 360° e trasparenza, valori cardi-ne di Sanofi. Il progetto, al centro del-le politiche di sviluppo dell’azienda, fa parte di un’azione più ampia, tra-sversale ai singoli Paesi in cui opera il Gruppo, ai diversi business e divisio-ni, che riconosce a ciascun manager un ruolo decisivo nell’individuare i talenti e contribuire alla loro crescita. Il Talent Management è strettamente legato ai processi di Development & Training e Performance & Compen-sation, che si svolgono in sequenza nel corso dell’anno. Identificate le po-sizioni chiave per l’organizzazione, i collaboratori che le occupano vengo-no valutati secondo due dimensioni: prestazioni e potenziale, in accordo

INTERVISTA

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con le competenze strategiche indivi-duate a livello di Gruppo, e secondo un modello di valutazione basato su una matrice a “9 caselle”. In base al punteggio ottenuto dall’incrocio dei due parametri, la risorsa viene inseri-ta in un percorso formativo specifico, volto ad allineare ulteriormente i ta-lenti alla strategia dell’azienda. Inol-tre, è stato avviato un programma di “scambio di talenti” tra le sedi Sanofi nel mondo, per creare percorsi inter-nazionali che favoriscano la mobilità e la valorizzazione di coloro che sa-ranno i leader di domani.

Come si struttura, invece, il si-stema di Performance Manage-ment?

In Sanofi promuoviamo innanzi-tutto il confronto e il feedback con-tinuo tra collaboratore e responsabile e con il top management, che avven-gono, per cultura interna, in maniera diretta e costante, su base quotidiana. Al fine di assicurare massima traspa-renza e il giusto riconoscimento ad ognuno, è stato messo a punto un processo di Performance Manage-ment unico per tutto il Gruppo, che si svolge in tre momenti: la defini-zione delle priorità tra collaboratore e responsabile, entro il primo trime-stre dell’anno; la valutazione di metà anno, entro il secondo trimestre, con i primi riscontri in merito all’anda-mento e un eventuale aggiustamen-to degli obiettivi; il colloquio di fine anno, durante il quale il responsabi-le comunica a ogni collaboratore la valutazione complessiva in termini sia di raggiungimento dei target in-dividuali sia di comportamenti agiti in base al modello di competenze in-terno. Il processo punta a valutare e premiare il contributo di ognuno, per creare un ambiente in cui la crescita del singolo diventi parte integran-te dello sviluppo dell’organizzazio-ne.

L’anno scorso avete ottenuto la

certificazione Top Employers Italia 2013 del Top Employers Institute. Che cosa rappresenta per Sanofi questo riconoscimento?

Costituisce uno dei momenti im-portanti di valutazione, in quanto prende in esame nel dettaglio i pro-

cessi sul fronte HR e le politiche che le aziende hanno implementato per i propri collaboratori, tra cui: politiche retributive, condizioni di lavoro e be-nefit, formazione e sviluppo, oppor-tunità di carriera e cultura aziendale. Inoltre, fornisce elementi utili a in-dividuare e agire sulle eventuali aree di miglioramento. Quest’anno Sano-fi ha ottenuto la certificazione per la seconda volta: siamo tra le 51 azien-de italiane che hanno dimostrato di rappresentare l’eccellenza nel campo delle risorse umane.

Quali politiche sono state avviate per migliorare la qualità di vita del personale?

Puntiamo a far sì che ciascun colla-boratore adotti un approccio sempre più equilibrato nel rapporto tra vita privata e attività lavorativa.

Da anni, per esempio, portiamo avanti gli incontri “Attenzione alla persona. Ascolto, dialogo e orien-tamento”, occasioni di riflessione e

confronto con il supporto di figure specializzate, che mettono a tema, fra l’altro, anche il work-life balance. Numerose, poi, le iniziative a soste-gno dei dipendenti e delle loro fa-miglie, a partire da convenzioni con studi medici ed esami gratuiti di me-

dicina preventiva, alle quali si affian-cano assistenza fiscale, convenzioni con banche e assicurazioni, e con farmacie per la consegna dei farmaci direttamente in azienda. Sono state avviate inoltre iniziative per i figli dei collaboratori, come il Campus estivo Ecosport e il programma Scambi va-canze.

È recente, infine, l’accordo raggiun-to con le parti sociali per introdurre in via sperimentale la flessibilità logi-stica all’interno dell’organizzazione: un progetto pilota di sei mesi che ha l’obiettivo di favorire una maggiore conciliazione tra vita privata e pro-fessionale, accogliendo le esigenze dei collaboratori rispetto a eventuali dif-ficoltà personali o inerenti il tragitto casa-lavoro, ma anche di contribuire al rispetto per l’ambiente attraverso la riduzione del pendolarismo e pro-muovere quindi la salute.

Non va dimenticato, inoltre, lo sti-molo a una sempre maggiore infor-matizzazione del lavoro.

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A cura di m. soriani

Intervista a Elisabetta Caldera, direttore Risorse umane e organizza-zione di Vodafone Italia

QUANDO LA FORMAZIONE METTE LE ALI AL bUSINESS

INTERVISTA

Spirito di innovazione, valoriz-zazione del talento, rispetto

della diversità nelle sue molteplici declinazioni. Con 6.500 dipendenti, 7mila punti vendita e oltre 29 milioni di clienti, Vodafone Italia non ha bi-sogno di presentazioni.

Un piede radicato nel presente, l’al-tro già rivolto al futuro, complice la strategia di differenziazione che negli ultimi anni ne ha guidato la crescita, trovano fondamento in una vision di ampio respiro orientata allo svilup-po del capitale umano, condizione imprescindibile di un successo soli-do e duraturo: investendo 5 milioni di euro l’anno in formazione, pari a 107mila giornate erogate in percorsi di crescita professionale, l’azienda dimostra di credere nel potenziale in-dividuale, coltivato e sostenuto anche in ottica di lungo periodo.

«Lo sviluppo delle competenze, secondo una logica di long life lear-ning e non di puro aggiornamento, rappresenta una leva centrale per la competitività del nostro business, an-dando a coinvolgere gran parte della popolazione aziendale. Tanto più che nella formazione HR è confluito an-che il training funzionale rivolto alla forza vendita, con una chiara volon-tà di indirizzo sull’indotto», spiega

Elisabetta Caldera

47 -HT

Elisabetta Caldera, direttore Risorse umane e Organizzazione di Vodafo-ne Italia.

«Accanto alle Academies, percorsi ritagliati sulle esigenze specifiche di ogni singola famiglia professionale, prevediamo una formazione mana-geriale più trasversale, improntata ai valori e ai principi comportamenta-li della “Vodafone Way”, che evolve di pari passo con le trasformazio-ni di mercato e del contesto stori-co».

Dottoressa Caldera, quali sono i progetti formativi più interessanti avviati per i dipendenti?

Quelli strategici per l’indirizzo dei piani di business, molto orienta-ti a una politica di differenziazione. Come il progetto Retail Transforma-tion, un percorso di apprendimento rivolto alle figure commerciali fina-lizzato al miglioramento continuo della customer experience nei nostri negozi. Un’iniziativa che abbraccia sia i 900 store monomarca sia l’intera rete distributiva, alternando momen-ti di assesstment a sessioni formative sui risultati.

È l’esempio concreto di un lavoro congiunto con la forza vendita, che mira a tradurre le esigenze professio-nali in un piano formativo diretta-mente funzionale al business.

Un progetto più legato alla ma-nagerialità è Inspire leadership, un percorso di consolidamento delle tradizionali competenze di general management ma anche di riflessio-ne sulle evoluzioni del concetto di leadership in un’ottica di evoluzione culturale dell’organizzazione.

Quali tipi di didattica si addicono

maggiormente a un’azienda come Vodafone?

Lavoriamo sia in aula che in eLe-arning attraverso soluzioni miste. Inoltre, abbiamo avviato esperienze innovative di edugaming, utilizzando lo strumento del gioco per formare l’adulto.

È il caso, per esempio, di una com-petizione appena aperta a tutti i di-pendenti, legata alla diffusione del tool gestionale “Rapid”. È un modo per sviluppare consapevolezza su un’innovazione introdotta dall’azien-da attraverso una formula sostenibile in termine di costi e sicuramente più coinvolgente dell’eLearning tradi-zionale. La capacità di proporre me-todologie didattiche innovative, fra l’altro, è uno dei parametri che nella selezione dei fornitori esterni pesano di più.

Come misurate l’efficacia degli interventi formativi meno tradizio-nali?

Per ogni attività svolta è prevista una valutazione ex post del discente ma non solo. Nel caso del progetto legato alla Retail Transformation, per esempio, andiamo a misurare l’im-patto diretto sul business attraverso scorecard, confrontando le prestazio-ni dei punti vendita pre e post inter-vento con gli obiettivi posti in termini di NPS (Net Promoter Score).

Quali competenze, a suo avviso,

sono oggi più necessarie per vincere la sfida dei mercati?

Essendo il nostro un business di servizi, acquistano maggior rilevan-za le competenze legate all’area del-la gestione qualità, con doti spiccate di project management e, rispetto al passato, molta più attenzione agli aspetti di processo, ai Six Sigma. In termini di soft skills, invece, occorre una leadership sempre più capace di creare senso e lavorare in partner-ship, quindi, un grande spirito di col-laborazione.

Come interviene in tutto questo il digitale?

In Vodafone ne facciamo un uso

molto avanzato. Ad esempio la nostra intranet globale, che utilizziamo non solo a fini formativi ma anche comu-nicativi a livello locale e internazio-nale, per mettere a fattor comune le diverse esperienze degli oltre 30 Paesi in cui è presente Vodafone. Anche la nostra Fondazione si sta impegnando molto su questo tema, sostenendo progetti educativi di digitalizzazione scolastica con il progetto “a scuola di internet”.

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Prevedete interventi per colmare il digital device anche all’interno di Vodafone, destinati magari ai profi-li più senior?

La nostra è un’azienda molto gio-vane e, anche per la natura speci-fica del suo business, orientata alla digitalizzazione dei collaboratori, i primi a utilizzare le soluzioni che proponiamo ai clienti. Inoltre, ab-biamo lanciato da poco un progetto di smart working e stiamo formando i capi area perché siano in grado di sostenere culturalmente il paradigma del lavoro da remoto, che rivoluziona l’approccio tipicamente italiano im-postato più sulla presenza in ufficio

che sul raggiungimento degli obietti-vi. Il concetto è quello del lavoro fru-ibile da e in qualunque luogo: in casa, fuori casa, in mobilità.

Con ricadute importati anche in termini di sicurezza, un aspetto su cui stiamo facendo formazione per evitare prestazioni svolte in condizio-ni di rischio: a fronte di una normati-va ancora in fieri, è fondamentale che le persone sappiano valutare come comportarsi nell’adempiere alle loro mansioni al di fuori dell’uffi-cio.

Le dinamiche di smart working hanno impattato anche sull’orga-nizzazione degli spazi presso la

sede?Da quando, un paio di anni fa, ci

siamo trasferiti nella nuova sede di Milano, il Vodafone Village, abbia-mo favorito la creazione di spazi informali per lo svolgimento di me-eting e riunioni, promuovendo una maggiore flessibilità degli ambienti per consentire di lavorare ovunque nella struttura.

Si tratta di superare il concetto di stanzialità a vantaggio di un conte-sto dinamico, in evoluzione, in cui si respira una cultura aziendale forte-mente legata al brand.

È molto più allettante per i dipen-denti, perché si discosta dalla sperso-nalizzazione dell’ufficio come stereo-

INTERVISTA

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tipo. È un paradigma organizzativo si-

curamente efficace anche in termini di engagement;

Vodafone guarda con particolare interesse alle nuove generazioni, cer-cando di attrarre i giovani attraverso percorsi di apprendimento il più sti-molanti possibile. Ma la stessa fre-schezza d’approccio interessa anche l’organico consolidato.

Un’iniziativa interessante in questo senso riguarda l’accoppiamento di ogni nuova risorsa a un buddy, una persona tipicamente più anziana che già conosce l’azienda e può suppor-tarla nella fase di inserimento.

Viceversa, il profilo junior con-tribuisce con nuovi stimoli pro-venienti dall’esterno dell’azienda, incoraggiando le figure senior a ri-considerare pratiche o modalità di lavoro che risentono magari della routine.

È un rapporto di tutoring a dop-pio senso, che produce beneficio per entrambi e per l’intera organizzazio-ne.

Prevedete percorsi particolari per la valorizzazione dei talenti?

L’employer branding è un nostro fiore all’occhiello e il mondo acca-demico è un importante bacino di

reclutamento ma, anche in questo caso, adottiamo un approccio inedi-to che, ai classici career day, predilige l’organizzazione di contest aperti agli studenti, per metterli all’opera e valu-tarli su progetti concreti.

Una delle ultime presentazioni, fra l’altro, si è svolta non solo di fronte a Vodafone ma anche ai nostri clienti e fornitori: una bella prova per i ra-gazzi.

Una volta selezionati, poi, i neolau-reati vengono inseriti in un program-ma di job rotation all’interno dell’or-ganizzazione – il Vodafone Discover Program - e i migliori hanno la pos-sibilità di intraprendere un percorso internazionale. Siamo molto focaliz-

zati sul tema del talento: crediamo nel potenziale delle persone e soprattutto ci piace proiettare l’azienda nel futu-ro, immaginando le competenze e i comportamenti più adatti a costruire una visione di lungo termine.

Come ritiene che si debba gesti-re in azienda il fattore età relativa-mente alle fasce anagrafiche meno giovani?

Al di là delle esperienze svolte fi-nora sui ponti generazionali, che seguo con interesse, ritengo sia fon-damentale agire su un duplice asse: la rivitalizzazione delle competenze delle persone più senior, da un lato,

e il tema oggi per noi più caldo della trasmissione di know how da questi ultimi ai profili junior, dall’altro, in-tervenendo sui sistemi di knowledge management e sulla circolazione del-le informazioni.

Vodafone è molto attiva nella valo-rizzazione della diversità a 360°, non solo in termini di aging.

Anche in termini di genere, na-zionalità e background culturale. Il 30% del comitato esecutivo e del top management, per esempio, è composto da donne ma, al di là del target numerico, lavoriamo sui temi dell’inclusività perché le persone si-ano realmente integrate all’interno dell’organizzazione e per sviluppare

la capacità di attrarre talenti dall’e-stero.

Ci preme, inoltre, promuovere un concetto di welfare aziendale sempre più ritagliato sui bisogni del singolo, quindi, molto orientato alla persona-lizzazione dei servizi, evitando solu-zioni calate dall’alto.

Oltre all’asilo interno, abbiamo at-tivato alcune facilities come il baby-sitting on demand, l’SOS per la casa e una serie di servizi a scelta dei di-pendenti, dall’educazione dei figli alla previdenza complementare, per sostenere il potere d’acquisto delle famiglie senza, tuttavia, sostituirci alla libera scelta della persona.

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A cura di C. Cantoni

Intervista a michele Riccardi, direttore Risorse umane di Edenred Italia

DALLA CONDIVISIONE, UN’ECCEZIONALITÀ

QUOTIDIANA CHE INNOVA

INTERVISTA

Preoccupazione per il posto di lavoro (in crescita del 50%

fra gli italiani), lealtà alla propria azienda “in mancanza di alternati-ve”, forte eterogeneità dei modelli nazionali nella capacità di motivare le risorse di fronte alla crisi. Giunto all’VIII edizione, il Barometro Eden-red-Ipsos 2013 sul benessere e l’en-gagement dei lavoratori dipendenti in Europa, fotografa umori e tenden-ze di un mercato professionale per-cepito come poco gratificante.

Se il potenziale di frustrazione esplode in Francia, oltre la metà dei nostri connazionali non sente riconosciuto il proprio impegno in maniera adeguata e solo il 29% pro-muove a pieni voti la qualità di vita sul luogo di lavoro (contro il 42% di Germania, il 40% del Regno Unito e il 39% del Belgio). Ad essere bocciate, a fronte di aspettative elevate, sono so-prattutto le politiche di gestione dei talenti e di trasmissione delle compe-tenze (37% dei dipendenti tricolore), così come la carenza di interventi per il benessere aziendale (34% dei casi, il peggior dato in Europa dopo il 55% della Francia).

In termini di soddisfazione e mo-tivazione, performano meglio gli ambienti di lavoro più “contrattuali” di Belgio e Germania o il modello

Michele Riccardi

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più “opportunista” del Regno Uni-to. «Dal Barometro 2013 emergono forti aspettative sul potere d’acqui-sto, che in Italia lascia scontento il 73% dei lavoratori», spiega Michele Riccardi, direttore Risorse umane di Edenred Italia. «In un momento storico in cui le aziende faticano a riconoscere ulteriore valore alle pre-stazioni professionali in termini di salario puro, occorre percorrere vie alternative per valorizzare il capitale umano».

Un aspetto su cui Edered punta dal 1976, anno della sua fondazione nel Belpaese, tanto da ottenere nel 2005 la certificazione SA8000. In-ventore del Ticket Restaurant e le-ader mondiale dei servizi prepagati alle aziende (benefit, spese professio-nali, incentivi e premi), il Gruppo è presente in 42 Paesi con oltre 6.100 collaboratori, che perseguono ovun-que la medesima mission: “Entre-prendere Differentément ENsemble” (Eden).

Un principio condiviso, che ha messo le ali a una crescita ininter-rotta negli ultimi 50 anni, arrivando a contare oggi 610mila clienti, 1,3 milioni di esercizi affiliati e 38 mi-lioni di beneficiari, per un volume di emissione 2012 pari a 16,7 milio-ni di euro. «I servizi che offriamo al mercato rappresentano un cardine innanzitutto delle nostre politiche interne», dice Riccardi.

«E anche sul fronte motivazionale operiamo a diversi livelli, dalla flessi-bilità dell’orario, ai trasporti per age-volare il tragitto casa-lavoro, alle te-matiche legate alla famiglia».

Ci fa qualche esempio?Con il progetto “Genitori in Eden-

red”, per esempio, sosteniamo le mamme in attesa e i genitori con figli da 0 a tre anni, sia a livello econo-mico sia psicologico, con counseling individuale e tavoli sulla genitoriali-tà.

Cerchiamo di favorire l’interazio-

ne con le famiglie anche attraverso i baby party organizzati per i bimbi dei nostri 320 dipendenti, così che possano attribuire una connotazione fisica a un concetto per loro astratto come il luogo di lavoro di mamma e papà. Eroghiamo, inoltre, diversi Ti-cket Family, voucher spendibili pres-so una rete di operatori e strutture

sanitarie convenzionati, per servizi ai minori, come asili nido, baby sit-ting, mensa e ripetizioni scolastiche; servizi per anziani o disabili, tipo as-sistenza domiciliare, case di riposo, trasporto; e per la famiglia, dai pic-coli lavori domestici al counseling, alle colonie estive.

Quali soluzioni avete introdotto, invece, sul fronte del work-life ba-lance?

PeopleOne è un servizio innovati-vo di assistenza reso dal “maggiordo-mo in azienda”, due giorni a settima-na, per il disbrigo di commissioni e incombenze ordinarie, come andare in posta, al supermercato, in lavan-deria.

In questo modo i dipendenti si ri-appropriano del loro tempo libero, risultano meno stressati e in ufficio possono concentrarsi sul lavoro sen-za altre preoccupazioni.

La scorsa primavera avete lan-ciato la piattaforma collaborativa Bubble: di cosa si tratta?

Uno dei cinque valori di Edenred è la condivisione, che pratichiamo a livello worldwide attraverso il nuo-vo corporate portal. Più simile a un incubatore di idee che a una tradi-zionale intranet aziendale, Bubble consente l’interazione e lo scambio di conoscenze costante fra i 6.100 dipendenti del Gruppo. L’integrazio-ne delle informazioni, applicazioni e processi all’interno di un portale accessibile a tutti è supportata da tool collaborativi per la fruizione e la produzione di contenuti. L’imposta-zione di personal profiles basati sul-le competenze degli utenti favorisce l’individuazione delle work-affinities mentre l’attribuzione di rating per esprimere il gradimento sugli argo-

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menti trattati consente uno sviluppo paradigmatico dei temi.

Le communities e gli spazi dedicati alla co-produzione di progetti, infi-ne, permettono di condividere le at-tività in un’ottica di knowledge sha-ring volto a stimolare il contributo di ogni singolo utente. È una collabo-razione “orizzontale” che favorisce la generazione di valore condiviso, l’approccio partecipativo e l’engage-ment delle risorse.

Anche nell’ottica di una digitaliz-zazione sempre più spinta.

L’investimento per la realizzazio-ne del Corporate Portal si inscrive in un più ampio disegno di imple-mentazione della strategia aziendale orientata all’innovazione e all’intro-duzione di soluzioni all’avanguardia, che rafforzino il business attraverso l’impiego di strumenti digitali pro-muovendo la dematerializzazione di prodotti e processi.

Bubble è anche il luogo deputato all’aggiornamento costante di tutto ciò che riguarda la cultura azienda-le grazie alla disponibilità di toolkit, strumenti di approfondimento delle specifiche tematiche amministrative o contrattualistiche inerenti il lavo-ro: dall’accesso al cedolino, elimina-to da tempo nella versione cartacea, al Cud, dagli aspetti di fiscalizza-zione alla possibilità di compilare il 730 online, dal sostegno al reddi-to alle varie integrazioni sanitarie, con un’area dedicata alle convezioni aziendali.

L’interazione fra dipendenti, su cui la direzione generale punta molto, trova nuovo slancio proprio grazie a strumenti come Bubble, che pro-muovano la collaborazione in coe-renza con la strategia aziendale nei 42 Paesi e nelle diverse legislazioni in cui opera Edenred.

Coerenza che occorre tradurre in omogeneità di comportamenti, in li-nea con il dna aziendale.

Il Gruppo ha lanciato un progetto worldwide di change management

che, diffuso nella quotidianità a tutti i livelli e a tutti i collaboratori, ha l’o-biettivo di trasmettere una customer insight che potremmo sintetizzare così: “fare eccezionalmente bene le azioni semplici di tutti i giorni”, nell’interesse dei clienti, dei collabo-ratori e dei partner.

Un obiettivo ambizioso che non può prescindere dallo sviluppo delle competenze. Come avviene l’aggiornamento delle professiona-lità?

Abbiamo lanciato quest’anno un’intervista di valutazione online che si interfaccia con la funzione HR, per lavorare da un lato sulle per-formance delle persone, ma dall’al-tro, cosa ancora più importante, per sviluppare le competenze necessarie ad avere la persona giusta al posto giusto. Nel 2014, lavoreremo in ma-niera ancora più sistematica sul rile-vamento del fabbisogno formativo in linea con i target individuati su base annua.

Le informazioni ottenute tramite interviste conflusicono nei nostri si-stemi HR, producendo dati omoge-nei e di rapida lettura, che possono essere più facilmente tradotti in un piano di training, sia collettivo sia individuale, coerente con la strategia di sviluppo delle persone e, soprat-tutto, definito in termini di priorità e di timing.

Quali priorità avete individuato per il 2014?

Stiamo lavorando molto sull’area vendite, perché le persone che ci rap-presentano sul mercato, fisicamente o telefonicamente, devono saper co-municare i nostri valori e servizi con la naturale inclinazione alla custo-mer insight di cui si parlava.

A inizio anno abbiamo erogato quattro giorni di formazione dedicati al teleselling, rafforzando la squadra e cercando di uniformare in positivo le competenze di ciascuno, sia a livel-lo individuale che di team.

INTERVISTA

La stessa filosofia la stiamo per-seguendo con i sales manager delle varie linee di business: amalgamare e rendere omogenee le strategie, pur nella specificità dei diversi prodotti, è per noi fondamentale.

Ai colleghi formati spetterà, poi, il compito di supportare i propri col-laboratori nello sviluppo delle com-petenze su due leve: una più perso-nale, che riguarda la predisposizione a un’evoluzione virtuosa al di fuori della propria comfort zone, combi-nata all’attitudine a masticare know how da applicare concretamente nel proprio ruolo; una seconda leva stra-tegica è il t-accounting, che stiamo cercando di migliorare a tutti i livel-li. Il prossimo focus, invece, sarà sul project management. Edenred Italia sta crescendo tanto e rapidamente nella gamma di servizi, che vanno proposti con coerenza pianificando road map molto precise. Occorre, quindi, saper creare un buon portfo-lio progetti da sviluppare con tempi-stiche e obiettivi chiari.

Soprattutto in un momento in cui il cambiamento è la regola. Su quali competenze vale la pena inve-stire per affrontare le rapidissime evoluzioni di mercato?

La nostra è un’organizzazione piuttosto leggera, ma che, per nume-ro di progetti, clienti, affiliati e sta-keholder, oltre che per la posizione di leadership sul mercato, ha a che fare con la complessità e chiede alle sue persone di saperla gestire.

Una competenza non semplice, che sta in parte nell’attitudine perso-nale da sviluppare attraverso le soft skills, in parte, nella conoscenza più hard di alcuni strumenti.

È poi fondamentale coltivare l’in-dole all’innovazione per anticipare il cambiamento legato alle nuove frontiere del digitale, del mobile e delle transazioni in generale, dato che Edenred ha appena costituito la finanziaria Mitel per l’emissione di moneta elettronica.

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SCHEDA DIDATTICAARCHIVIARE IN MODO EFFICACE

ARCHIVIARE I DOCUMENTI IN MODO

EFFICACE

II° PARTE

L’archiviazione informatica è il processo di memorizzazione che permette di conservare i documenti mediante sup-porti informatici, con un ridotto consumo di spazio e di carta, mantenendo inalterata l’efficacia legale dei documenti digitali, nel rispetto della normativa vigente.

SCHEDA DI SINTESI

ARCHIVIAZIONE

Le schedesono strutturate

in: scheda di sintesi, che

contiene tutti imacroelementi

della scheda didattica con numerazione progressiva;

scheda analitica, dove viene

approfondito ogni singolo

macroelemento con il rispettivo

numero

COMPETENZE SVILUPPATE: Acquisire le capacità di razionalizzare modelli di gestione documentale per facilitare l’accesso alle pratiche in maniera efficiente

•Cos’èl’archivioecosasignificaarchiviare

•Fasiarchivio

-archiviocorrente

-archiviodeposito

-archiviostorico

•Illocalearchivio

•Archiviazioneinformatica

-ildocumentoinformatico

-registrodiprotocollo

-gestioneeconservazionedocumenti

-responsabileconservazionedigitale

ESIGENZE GENERALI: Saper organizzare in maniera funzionale l’archivio dell’ufficio, evitando di accumulare quantità di dati ed informazioni.

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ARCHIVIAZIONE

L’archiviazione informatica consente di: - digitalizzare l’archivio informatico - emettere documenti in formato elettronico la cui legalità è garantita da: * firma digitale: firma elettronica che si appone ai documenti informatici * marca temporale: sequenza di caratteri (data e/o orario) che rende immodificabile il documento - evitare errori di registrazione - minimizzare i tempi di archiviazione - consultare i documenti da remoto - ottenere più informazioni contemporaneamente - garantire maggiore sicurezza all’accesso dei documenti grazie alla tracciabilità operativa - eludere il deterioramento dei documenti L’archiviazione informatica può essere utilizzata da: - imprese che possono risparmiare su stoccaggio cartaceo e utilizzare i dipendenti per svolgere altri compiti - liberi professionisti - imprese private - pubblica amministrazione per motivi di economicità e praticità Il documento informatico “Il documento informatico è la rappresentazione informatica di atti, fatti o dati giuridicamente rilevanti” (art. 1, comma 1°, lett. p del Codice dell’amministrazione digitale - C.A.D. contenuto nel D.L. 82/2005 e s.m.i.).Il decreto del Ministero Economie e Finanze del 23 gennaio 2004 specifica che il documento informatico è costituito da “testi, immagini, dati strutturati, disegni, programmi, filmati formati tramite una grandezza fisica che assume valori binari, ottenuti attraverso un processo di elaborazione elettronica, di cui sia identificabile l’origine”.

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SCHEDA DIDATTICAARCHIVIARE IN MODO EFFICACE

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Il DPR 445/2000 riconosce alle P.A. ed ai privati la facoltà di “sostituire a tutti gli effetti i documenti dei propri archivi, di cui per legge è prescritta la conservazione, con la riproduzione su supporto fotografico, ottico o altro mezzo idoneo a garantire la conformità dei documenti agli originali”.

Il documento informatico è realizzato, memorizzato, trasmesso attraverso il supporto di strumenti telematici ed ha egual validità, agli effetti di legge, del documento cartaceo, purchè venga identificata l’origine e sia sottoscritto con firma digitale. L’art. 1 del C.A.D. prevede le seguenti tipologie di firma elettronica:

- firma elettronica semplice

- firma elettronica avanzata

- firma elettronica qualificata

- firma digitale

Solo la firma digitale, la firma elettronica qualificata garantiscono l’equivalenza con la “forma scritta e sottoscritta”.

I requisiti del documento informatico sono: - affidabilità ed integrità: capacità di mantenere inalterato il contenuto nel tempo e di rappresentare i fatti in maniera reale - autenticità: possibilità di risalire all’autore - accessibilità: facoltà di individuare/accedere i documenti a breve e a lungo periodo - leggibilità: il documento conservato deve essere reso leggibile in qualunque momento presso il sistema di conservazione sostitutiva e disponibile, a richiesta, su supporto cartaceo - riproducibilità: possibilità di riprodurre i documenti senza alterazioni - identificabilità

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TIPOLOGIA DOCUMENTI

I documenti si distinguono in: - documenti in arrivo: sono documenti che con qualsiasi mezzo e supporto vengono acquisiti dall’Uff. protocollo - documenti in partenza: hanno rilevanza giuridico-probatoria sono prodotti dall’azienda e diretti a terzi - documenti interni: sono scambiati tra le varie unità operative e si distinguono in: - documenti di preminente carattere informativo - documenti di preminente carattere giuridico-probatorio

Registro di protocollo Il registro protocollo è un atto pubblico originario sancito dalla normativa vigente, che prevede l’obbligo di registrazione dei documenti ricevuti e spediti e dei loro dati identificativi ed è idoneo a produrre effetti giuridici a favore o a danno delle parti. Le informazioni contenute nel registro di protocollo sono conseguenti ad una efficace gestione del protocollo informatico che ha lo scopo di attestare l’esistenza legale di un documento in ricezione e/o in spedizione attraverso:

- la registrazione che non può essere modificata – cancellata – integrata e comprende i seguenti elementi: - data di registrazione generata automaticamente dal sistema, non modificabile - numero protocollo generato automaticamente dal sistema , non modificabile - mittente e destinatario, non modificabile - oggetto, non modificabile - numero allegati e loro descrizione - data e n. protocollo del documento ricevuto

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SCHEDA DIDATTICAARCHIVIARE IN MODO EFFICACE

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Registro di protocollo: - la segnatura di protocollo che consiste nell’apposizione in forma permanente e non modificabile - con una etichetta, con codice a barre - delle informazioni riguardanti la registrazione di protocollo per consentire di identificare il documento - lo smistamento dei documenti in arrivo ai servizi competenti - la protocollazione effettuata in giornata e non oltre le 48 ore dalla ricezione del documento - l’ annullamento della registrazione: le registrazioni annullate rimangono memorizzate e visibili con evidenziata data annullamento ed operatore che ha effettuato l’operazione - il registro di emergenza: viene utilizzato quando, per cause tecniche, non è possibile l’utilizzo del protocollo informatico ed ogni documento deve essere registrato su un supporto alternativo

Come previsto dal DPR 445/2000 sono esclusi dalla registrazione di protocollo: - gazzette ufficiali

- bollettini ufficiali P.A.

- notiziari P.A.

- note di ricezione di circolari

- note di ricezione altre disposizioni

- materiali statistici

- atti preparatori interni

- giornali

- riviste

- libri

- materiali pubblicitari

- inviti a manifestazioni

- che non attivino procedimenti amministrativi

- tutti i documenti già soggetti a registrazione particolare

dell’amministrazione

- delibere

- determine

- contratti

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I principali compiti del personale addetto alla protocollazione e archivio sono: - apertura posta - individuazione unità operative competenti - registrazione informatica dei documenti e assegnazione protocollo - scansione e acquisizione immagine digitale dei documenti - smistamento posta - stampa giornaliera e conservazione del registro protocollo - tenuta registro emergenza - salvataggio e conservazione dati

Gestione e conservazione documenti La conservazione digitale, processo effettuato con le modalità previste dalla deliberazione 42/2001, è il processo realizzato attraverso la memorizzazione su adeguati supporti informatici (es. CD, DVD ecc.) idonei a garantire la conformità dei documenti agli originali e può essere applicata sia a documenti già disponibili in formato elettronico sia a documenti in formato cartaceo attraverso la trasformazione in formato elettronico – dematerializzazione -.

La deliberazione del CNIPA n° 11/2004 e s.m.i. stabilisce all’art. 2 comma 1 che “Gli obblighi di conservazione sostitutiva dei documenti, previsti dalla legislazione vigente sia per le pubbliche amministrazioni sia per i privati, sono soddisfatti a tutti gli effetti, fatto salvo quanto indicato dall’art. 7, qualora il processo di conservazione venga effettuato con le modalità di cui agli articoli 3 e 4.” L’articolo 6 della deliberazione del CNIPA n° 11/2004 sancisce l’obbligo di esibizione, ovvero: 1. Il documento conservato deve essere reso leggibile in qualunque momento presso il sistema di conservazione sostitutiva e disponibile, a richiesta, su supporto cartaceo. 2. Il documento conservato può essere esibito anche per via telematica. 3. Qualora un documento conservato venga esibito su supporto cartaceo fuori dall’ambiente in cui e’ installato il sistema di conservazione sostitutiva, deve esserne dichiarata la conformità da parte di un pubblico ufficiale se si tratta di documenti per la cui conservazione è previsto il suo intervento.

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SCHEDA DIDATTICAARCHIVIARE IN MODO EFFICACE

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Responsabile conservazione digitale: Il responsabile conservazione digitale (o sostitutiva) è la figura addetta al corretto svolgimento del processo di conservazione digitale dei documenti. Secondo quanto disposto dall’art. 5 della deliberazione CNIPA n. 11/2004 s.m.i. il responsabile del procedimento di conservazione sostitutiva:

- definisce le caratteristiche e i requisiti del sistema di conservazione in funzione della tipologia dei documenti (analogici o informatici) da conservare, della quale tiene evidenza - organizza conseguentemente il contenuto dei supporti ottici e gestisce le procedure di sicurezza e di tracciabilità che ne garantiscono la corretta conservazione, anche per consentire l’esibizione di ciascun documento conservato - archivia e rende disponibili, con l’impiego di procedure elaborative, relativamente ad ogni supporto di memorizzazione utilizzato, le seguenti informazioni: - descrizione del contenuto dell’insieme dei documenti - estremi identificativi del responsabile della conservazione - estremi identificativi delle persone eventualmente delegate dal responsabile della conservazione, con l’indicazione dei compiti alle stesse assegnati - indicazione delle copie di sicurezza - mantiene e rende accessibile un archivio del software dei programmi in gestione nelle eventuali diverse versioni - verifica la corretta funzionalità del sistema e dei programmi in gestione - adotta le misure necessarie per la sicurezza fisica e logica del sistema preposto al processo di conservazione sostitutiva e delle copie di sicurezza dei supporti di memorizzazione - richiede la presenza di un pubblico ufficiale nei casi in cui sia previsto il suo intervento, assicurando allo stesso l’assistenza e le risorse necessarie per l’espletamento delle attività al medesimo attribuite - definisce e documenta le procedure di sicurezza da rispettare per l’apposizione del riferimento temporale - verifica periodicamente, con cadenza non superiore a cinque anni, l’effettiva leggibilità’ dei documenti conservati provvedendo, se necessario, al riversamento diretto o sostitutivo del contenuto dei supporti.

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Il responsabile del procedimento di conservazione sostitutiva può delegare, in tutto o in parte, lo svolgimento delle proprie attività ad una o più persone che, per competenza ed esperienza, garantiscano la corretta esecuzione delle operazioni ad esse delegate. Manuale del responsabile della Conservazione Sostitutiva E’ predisposto a cura del gestore del servizio e fornisce la descrizione generale del procedimento di conservazione sostitutiva in modo da adempiere a quanto prescritto dalla Deliberazione CNIPA 19 febbraio 2004, n. 11. In particolare ha lo scopo di descrivere:

- le competenze, i compiti del responsabile della conservazione sostitutiva - le regole e le procedure utilizzate per implementare il processo di conservazione sostitutiva dei documenti - il processo di apposizione della firma digitale, della marca temporale e tutti gli aspetti procedurali inerenti alla creazione dei supporti ottici - le procedure di sicurezza adottate per tale processo

ESIGENZE

Incrementare l’efficienza delle aziende attraverso la corretta gestione dell’archivio cartaceo ed informatico

VANTAGGI

Essere in grado di integrare l’archivio cartaceo ed il sistema documentale informatico in tempi brevi e di contenere i costi

COMPETENZE SVILUPPATE

Acquisire le competenze per effettuare le operazioni di registrazione – classificazione e conservazione dei documenti e gestire tutte le problematiche connesse

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SCHEDA DIDATTICAARCHIVIARE IN MODO EFFICACE

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E-COMMERCE E WEb MARkETING

I° PARTE

Globalizzazione, tecnologia avanzata, competitività, nuovi modelli di comunicazione, di vendita e di acquisto ren-dono l’e-commerce un sistema imponente e concreto, a cui le aziende non possono più sottrarsi in un’ottica di busi-ness-to-business e business-to-consumer. Il cybermercato è uno scenario ancora troppo poco frequentato dalle azien-de italiane (solo il 5%) e quindi nebuloso per molti imprenditori, rispetto a tecniche, software, politiche del prodotto, web marketing. Con circa 570 milioni di potenziali acquirenti in Europa, bisogna possedere le competenze tecniche necessarie, saper gestire le strategie politiche e pragmatiche del commercio elettronico.

SCHEDA DI SINTESI

E-COMMERCE

Le schedesono strutturate

in: scheda di sintesi, che

contiene tutti imacroelementi

della scheda didattica con numerazione progressiva;

scheda analitica, dove viene

approfondito ogni singolo

macroelemento con il rispettivo

numero

COMPETENZE SVILUPPATE: Acquisire le capacità di progettare le vendite on line, monitorare la corretta valutazione dei dati, utilizzare le giuste strategie di web marketing

E-COMMERCE

• definizione• tipologia• settoripiùsviluppati• vantaggierischi• sitie-commercedi

successo• prevalentisistemidi

pagamentoe-commerce• normative

ESIGENZE GENERALI: Saper utilizzare gli strumenti Web dell’e-commerce per gestire la customer care e le vendite, indicizzare le pagine con le giuste parole chiave, predisporre un piano editoriale che valorizzi le newsletter per la mailing list e mantenere nel tempo gli obiettivi prefissati

WEBMARKETING

• principidelwebmarketing

• Analisiconcorrenza• Personalmarketing• Contentmarketing• Viralmarketing• Creazionedatabase

contatti• Posizionamentomotori

diricerca• Pubblicitàon-line• Erroridaevitare

SCHEDA DIDATTICAE-COMMERCE E WEb MARkETING

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E-COMMERCE

Definizione: L’e-commerce (commercio elettronico) consiste nella vendita di prodotti on-line attraverso le transizioni per via elettronica. E’ un nuovo modo di fare commercio che ha cambiato le modalità di acquistare e vendere, superando il rapporto diretto venditore/consumatore e stabilendo nuove regole di comunicazione. Il commercio elettronico ha inizio nei primi anni ’90 ed è considerato il precursore della new economy per aver trasformato gli schemi del commercio tradizionale e per aver permesso alle aziende di ottimizzare il rapporto qualità/costi dei servizi. La commercializzazione di beni e servizi attraverso la rete internet prevede: - la distribuzione on-line di prodotti - l’effettuazione di operazioni finanziarie - l’applicazione di procedure di tipo transattivo della Pubblica Amministrazione

Tipologia - L’e-commerce si distingue in:

commercio elettronico indiretto –beni materiali - (off-line) Il commercio elettronico indiretto riguarda le transazioni che avvengono per via telematica relativamente alla cessione giuridica del bene ed alla conclusione del contratto tra venditore e cliente, mentre la consegna fisica del bene segue i canali tradizionali. Le aziende preposte al commercio elettronico indiretto, devono attenersi alle stesse regole che governano la vendita dei beni in forma tradizionale

commercio elettronico diretto - beni immateriali o digitalizzati - (on-line) Nel commercio elettronico diretto la transazione commerciale –ordine, pagamento, consegna- avviene unicamente per via telematica, mediante la fornitura di prodotti virtuali non tangibili. Si tratta di una prestazione di servizio relativa a beni ceduti dematerializzati (es. testi, software, immagini, film, canzoni, ecc.) che arrivano al destinatario mediante download

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SCHEDA DIDATTICAE-COMMERCE E WEb MARkETING

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In base ai soggetti coinvolti nel processo di vendita, le tipologie di commercio elettronico vengono classificate nel seguente modo: • business to consumer (B2C): vendita di beni e servizi al consumatore finale, eludendo le catene di distribuzione • business to business (B2B): letteramente “azienda-verso-azienda”, è il complesso delle relazioni commerciali elettroniche tra imprese. Esempi di attività B2B: - vendita di prodotti all’ingrosso - servizi per le aziende: creazione siti web aziendali, organizzazione di convegni e meeting aziendali

• consumer to consumer (C2C) riguarda gli scambi tra privati per via telematica mediante appositi siti web specializzati nel fare incontrare domanda/offerta • business to administration interessa tutte le transazioni effettuabili tra azienda e pubblica amministrazione (concessioni, permessi, riscossioni, ecc.) • consumer to administration riguarda le transazioni tra cittadini e Pubblica Amministrazione (pagamento tasse, contributi, ecc.) Settori più sviluppati: Tra i settori più sviluppati dell’e-commerce rientrano: - turismo - abbigliamento - assicurazioni - editoria/musica - tecnologia informatica, cellulari - gracery: prodotti alimentari – per la pulizia della persona e della casa – beni non durevoli

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Vantaggi: I vantaggi relativi al commercio elettronico sono numerosi e si estendono a livello di mercato ed a livello di consumatore/venditore. In particolare essi consistono in: - ampiezza del mercato (mercato globale) possibilità di accrescere il numero dei potenziali clienti - visibilità - transazioni continue senza interruzioni (H 24) - economicità: per un’attività e-commerce non servono ingenti costi e sono ridotti gli investimenti per le scorte di magazzino - rapporti stabili tra le aziende grazie alla stipulazione di contratti di fornitura nel tempo - incontro facilitato tra domanda/offerta - riduzione dei costi operativi - apertura di più negozi on line contemporaneamente organizzati per categoria - acquisti e vendite rapide

Criticità: Esistono delle effettive criticità nel mondo dell’e-commerce legate al suo essere virtuale e non tangibile, a differenza delle vendite tradizionali, che possono frenare clienti ed aziende al suo utilizzo. Tra i principali deterrenti: - siti di e-commerce con processi di navigazione complicati - siti poco chiari - timore di truffe dovute alla non conoscenza diretta del prodotto/fornitore - sfiducia nei mezzi di pagamento - costi di spedizione a carico del cliente - scarsa conoscenza delle tecniche per entrare nel mercato virtuale - difficoltà di fidelizzazione dei clienti - prezzi non modificabili in tempi rapidi

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cercacorsiemaster.it

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A cura di marco Russo

Cercacorsiemaster.it è un portale innovativo nel settore della formazione che rappresenta il trait d’union tra chi cerca e chi offre formazione.

IL NUOVO PORTALE SULLA FORMAZIONE: UN MIX DI INNOVAZIONE E QUALITÀ

La pubblicità on line è ormai una realtà consolidata: ha

superato, anche in Italia, il miliardo di euro, e cresce “a doppia cifra”. Sempre più imprese prendono in considera-zione internet per strutturare quella che oggi in molti chiamano una “co-municazione a 360 gradi”.

Dall’altra parte, secondo l’ultimo rapporto Nielsen, “Trust in Adverti-sing” , la fiducia degli utenti sulla pub-blicità online è aumentata di 9 punti percentuali, raggiungendo il 69% . Metà degli intervistati ha dichiarato di fidarsi degli annunci nei risultati di ricerca, nei video online e sui social network. Più di quattro su dieci ha fi-ducia nei banner, con un incremento del 26% rispetto al 2007.

In questo clima di sviluppo del mondo web, che ha visto la crescita di tanti aggregatori settoriali, si inserisce Cercacorsiemaster.it: un portale inno-vativo nel settore della formazione.

Nato dalla lunga esperienza di professionisti che da diversi anni ope-rano in questo ambito, il sito costitu-isce una nuova realtà, con una grafica accattivante, semplice, intuitiva e dai colori eleganti, che rende la navigazio-ne completa e all’avanguardia.

Il portale si pone come punto d’in-contro tra gli enti di formazione e po-tenziali corsisti. Da una parte, infatti, gli Enti sono facilitati da un potente pannello di controllo nell’inserimento

delle informa-zioni, delle news e dei comunicati riguardanti l’of-ferta formativa, e dall’altro gli utenti possono godere di tutte queste informa-zioni grazie alla semplicità e fru-ibilità del por-tale, che rende la ricerca delle offerte formati-ve immediata e dinamica.

Gli utenti di cercacorsiemaster.it possono consultare gratuitamente tutti i contenuti proposti in modo da avere informazioni sempre aggiorna-te sull’intero mondo della formazione: scolastica, universitaria, post-univer-sitaria, specialistica e professionale.

Ogni target specifico di utenti (la-voratori, studenti, neolaureati, disoc-cupati in cerca di riqualificazione pro-fessionale, imprenditori, manager) può individuare il percorso formativo più adatto, per una crescita personale e/o lavorativa, ed ottenere dall’Ente interessato ulteriori informazioni gra-zie al form presente nella pagina del corso/master.

Il portale prevede per ogni Azien-da/Scuola/Professionista una pagina

personalizzata nella quale sono pre-senti tutte le informazioni utili che essi stessi possono gestire e valorizza-re.

Per aumentare la visibilità dell’En-te Formazione o dell’offerta forma-tiva, cercacorsiemaster.it offre, in home page, banner pubblicitari di di-verse dimensioni.

Ma la novità assoluta per il setto-re dei portali dedicati al mondo della formazione è rappresentata da una piattaforma che permette di vendere direttamente online i propri corsi.

I risultati raggiunti in breve tem-po sono notevoli, in poche settimane hanno aderito 50 enti di formazione che con entusiasmo stanno usufruen-do di questi innovativi servizi.

L’OPINIONE DI

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Con le IMPRESEFUORI dai soliti schemi

FondItalia è un Fondo Paritetico Interprofessionale per la For-mazione Continua promosso da FederTerziario – Federazione Italiana del Terziario, dei Servizi, del Lavoro Autonomo e della Piccola Impresa Industriale, Commerciale ed Artigiana – e UGL – Unione generale del Lavoro –.Le imprese di tutti i settori economici, agricoltura compresa, che aderiscono ad un Fondo hanno l’opportunità di utilizza-re lo 0,30 dei contributi obbligatori versati all’INPS (Legge 388/2000) per la formazione dei propri lavoratori.Aderire non costa nulla.

FondItalia

Fondo Formazione Italia

Fondo paritetico interprofessionaleper la formazione continua

UNIONE GENERALE DEL LAVORO

FondItalia - Via Cesare Beccaria, 16 - 00196 RomaTel. 06 95.21.69.33 - Fax 06 [email protected] - www.fonditalia.org

FondItalia è VELOCEFondItalia, mediante i suoi canali di fi nanziamento e la sua procedura a Sportello, assicura tempi di fi nanziamento ridotti

CONTO FORMATIVO e CONTO AZIENDESportello Imprese FondItalia 2010-2012

FondItalia è AGILEFondItalia, grazie alle policy delle Parti Sociali che promuovono il Fondo, garantisce la sottoscrizione immediata dell’Accordo di Concertazione a valere sui Piani

CONCERTAZIONE NAZIONALE

FondItalia è FLESSIBILEFondItalia accoglie tutte le esigenze formative delle imprese, a partire dalla formazione “obbligo di legge”, e ammette qualsi-asi modalità formativa

FORMAZIONE SU MISURA

FondItalia. NON RESTA CHE ADERIREL’adesione a FondItalia si effettua utilizzando il model-lo di denuncia contributiva Uniemens dell’INPS relativo al primo periodo di paga utile, inserendo nell’apposito spazio il codice “FEMI” ed il numero dei dipendenti.

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