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Accademia Editorale
Repertorio metrico del ms. della B. N. Lat. 1139Author(s): Giorgio De AlessiReviewed work(s):Source: Quaderni Urbinati di Cultura Classica, No. 13 (1972), pp. 83-128Published by: Fabrizio Serra editoreStable URL: http://www.jstor.org/stable/20537659 .
Accessed: 20/12/2012 07:45
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Repertorio m?trico del ms.
della B. N. Lat. 1139
di Giorgio De Alessi
? diventato quasi un topos nell'?mbito degli studi della versi ficazione mediolatina particolarmente volta al problema delle ori
gini romanze, attribuire un rilievo del tutto eccezionale al repertorio del manoscritto della Biblioth?que Nationale di Parigi Lat. 1139
proveniente dall'abbazia di S. Marziale di Limoges. ? pi? lunga di un sec?lo la storia degli studi compiuti sul materiale offerto dal
c?dice, dalle prime trascrizioni del Du M?rilx (per trascurare tutta
una serie di approcci pi? antichi solo ricchi di valore antiquario) agli studi di Spanke
2 fino all'opera di Chailley 3 ed alie eccellenti
pagine di Roncaglia 4. In questo pi? che centenario periodo di
studi il manoscritto ? rimasto purtroppo ancora in?dito. Gli
unici componimenti che abbiano avuto il privilegio di un'edizione
critica son? quelli volgari: Roncaglia pi? di una volta si ? sof
fermato sul tropo bilingue In hoc anni circulo5, Thomas ha offerto
l'edizione di tutta la parte volgare del manoscritto 6, lo Sponsus
1 E. Du M?ril, Po?sies populaires latines ant?rieures au douzi?me si?cle, Paris
1843 e Po?sies populaires latines du moyen-?ge, Paris 1847. 2 H. Spanke,
* St. Martial-Studien. Ein Beitrag zur fr?hromanischen Metrik ',
in Zeit sehr. f. franz?s. Sprache u. literatur 54, 1931, 282-317, e Beziehungen zwischen
romanischer und mittellateinischen Lyrik, Berlin 1936. 3 J. Chailley, L'?cole musicale de Saint-Martial de Limoges, Paris 1960. A questa
opera si rimanda per un repertorio bibliogr?fico pi? completo. 4 A. Roncaglia,
' Laisat estar lo gazel. (Contributo alia discussione sui rapporti
fra lo zagial e la ritmica romanza) ', in Cultura Neolatina 9, 1949, 67-99. 5 Cfr. Roncaglia, art. cit. pp. 69-71.
6 L. P. Thomas, Le "
Sponsus ". Myst?re des Vierges sages et des Vierges folles
suivi de trois po?mes limousins et farcis, Paris 1951.
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infine ? stato oggetto di un'accurata edizione critica ad opera di
Avalle7.
Attraverso tutta una fitta rete di trascrizioni parziali ed in
particolare quelle contenute nella grande silloge degli Analecta
Hymnica e con l'aiuto della precisa descrizione offerta da Spanke 8
e recentemente da De Poerck 9, lo studioso pu?, ? vero, prendere
conoscenza, se non in modo esaustivo, di una grande parte del
contenuto del manoscritto. Queste trascrizioni sono tuttavia nella
maggior parte dei casi assai scorrette e comunque inadatte, pro
prio per la loro frammentariet? e dispersione, ad un approfondi mento della natura del manoscritto ed alla necessaria analisi com
parativa delle sue strutture metriche. Se, corne ? evidente, un
autentico progresso nella conoscenza dei modelli della m?trica
romanza potr? venire solo dall'analisi del maggior numero pos
sible di testi della poesia mediolatina, l'edizione critica di alcuni dei pi? venerabili tropari appare urgente.
Le pagine che seguono nascono proprio dal lavoro, gi? da
tempo intrapreso, di revisione critica dei testi present? nel mano
scritto e hanno come oggetto, almeno in via provvisoria, le carat
teristiche metriche delle composizioni paraliturgiche in esso con
tenute. L'analisi delle strutture metriche e strofiche e le conside
razioni sulle percentuali dei versi usati non potranno che favorire
una pi? approfondita conoscenza della t?cnica di lavoro dei "
tro
patori ".
Il manoscritto, corne ? noto, si compone di tre parti di
stinte che sono state rilegate assieme nel 1245 (questa ? la prima data sicura dell'esistenza del c?dice nell'abbazia). La sezione
degna di rilievo ? quella centrale corrispondente ai ff. 32r-116v
che si pu? attribuire con una certa sicurezza agli anni 1096-1099.
Le due sezioni precedente e seguente (rispettivamente ff. lr-31r
7 D'A. S. Avalle, Sponsus. Dramma d?lie vergini prudent i e d?lie vergini s toi te.
Testo letter ario a cura di d9Arco Silvio Avalle. Testo musicale a cura di Raffaello
Monterosso, Milano-Napoli 1965. 8 Cfr. Spanke,
* St. Martial-Studien
* cit. pp. 289-304.
9 G. De Poerck, ' Le ms. B. N. lat. 1139, ses versus et ses dramatisations (Spon
sus etc.) ', in Travaux de linguistique et de litt?rature VII 1, 1969, 219-236 e 'Le ms.
Paris, B. N., lat. 1139. Etude codicologique d'un recueil factice de pi?ces parali
turgiques (XIe-XIIe si?cle) \ in Scriptorium 23, 1969, pp. 299-312.
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Repertorio m?trico del ms. B.N. Lat. 1139 85
e ?f. 117r-235v) son? posteriori di un sec?lo almeno. II c?dice
antico rivela un piano di compilazione molto chiaro che una descri
zione, seppure sommaria, pu? rendere evidente.
Si distinguono innanzitutto nettamente due sezioni, Tuna
comprendente i testi utilizzabili per l'Ufficio, l'altra i testi per la Messa.
Prima sezione (ff. 32r-62r)
I) (?f. 32r-33r) ? II manoscritto si apre con un piccolo dram
ma lit?rgico in onore dei SS. Innocenti che si trova inserito nel
l'Ufficio tropato del Mattutino del 28 dicembre. L'Ufficio si
compone del Domine labia mea aperies inaugurale del Mattutino, e di un tropo di introduzione del Deus in adiutorium (che ? la formula che segue immediatamente il testo lit?rgico precedente) al quale tiene dietro il tropo di sostituzione del detto Deus in adiu torium. Viene poi il Responsorio lit?rgico della seconda lectio
del primo notturno Sub altare Dei accompagnato dalla Lamen
tatio Rachel che si pu? considerare tropo del responsorio stesso.
II) (ff. 33v-40v) ?
Dopo questo gruppo compatto ed orno
geneo troviamo una serie di versus (tropi di complemento) per le
feste del dodecahemeron : Natale, Capodanno, Circoncisione, SS. In
nocenti (a cui si aggiunge il versus dedicato a S. Giovanni Battista
In hoc festo breviter).
III) (if. 40v-45v) ?
Segue un gruppo di tropi di sostituzione del Benedicamus Domino tutti relativi al Natale (ad eccezione del
n. 20, Letamini plebs hodie fidelis, dedicato a S. Stefano). A questa sezione appartiene il tropo volgare del Tu autem. I if. 44v-45v
contengono aggiunte di mano posteriore.
IV) (ff. 46r-53r) ? In questa sezione abbiamo un gruppo
molto vario di versus paraliturgici (Natale, Capodanno, S. Nicola), il versus profano Jerusalem mirabilis e le due composizioni volgari dedicate alia Vergine In hoc anni circulo e O Maria Deu maire.
Ai ff. 47r-47v vi ? una nuova inserzione di mano pi? tarda.
V) (ff. 53r-58r) ?
Proprio al centro del manoscritto tro
viamo il gruppo dei drammi liturgici: il Quem queritis pasquale, lo Sponsus e il
" dramma dei profeti
" Omnes gentes.
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VI) (ff. 58r-62r) ? Introdotto dalla rubrica le incoant bene
dicamus, segue un nuovo gruppo di tropi di sostituzione del Bene
di camus Domino.
Seconda sezione (ff. 63r-116v)
I) (ff. 63r-73v) ?
Epistole farcite.
II) (ff. 73v-79r) ?
Tropi del Sanctus e dell'Agnus.
III) (ff. 80r-108v) ?
Sequenze. IV) (ff. 109r-116v)
? Tropi del Kyrie e delVAgnus.
Della prima sezione, che ? oggetto del presente studio, ag
giungo qui di seguito l'indice. Ogni composizione ha un numero
d'ordine che la contraddistingue. Sono indicati con un asterisco
i testi aggiunti da mano posteriore 10.
1 ? (32r) De supernis ajfero nuntium
2 ? (32r) Deus in adiutorium
3 ? (32v-33r) Lamentatio Rachel O dulces filii quos nunc progenui
3bis ? (33r) ?ngelus Noli Rachel defiere pignora
4 ? (33v) In hoc festo breviter
5 ? (33v-34v) Benedicamus Nunc clericorum contio
6 ? (34v-35r) O Deus quam brevis est vita mortalium!
7 ? (35r-35v) Ex Ade vitio
10 II breve tropo drammatico costituito dalla Lamentatio Rachel e dalle parole
delP?ngelus rappresenta un tutto ?nico. Ho ritenuto utile distinguere le due parti
con i nn. 3 e 3bis perch? dal punto di vista dell'organizzazione strofica risultano
due entit? indipendenti. Una buona parte delle composizioni ? rintracciabile negli
Analecta Hymnica dove spesso per? ? stato operato un tentativo di edizione cri
tica utilizzando materiale proveniente da altri mss (quasi sempre pi? tardi). Nel
vol. X si trova il n. 14 (di fonte pi? tarda); nel vol. XX i nn. 2, 7, 8, 45, 52 (di
fonte diversa), 53, 57; nel vol. LI il n. 2 (di fonte diversa); nel vol. XLVb i nn. 4,
6, 10, 12, 15, 16, 17, 18, 30, 32, 33, 38, 39, 41, 42, 43, 58. Nel citato studio di Spanke
sono trascritti, a volte solo parzialmente, i nn. 1, 8, 9, 19, 20, 21, 22, 23, 31, 50.
I nn. 5 e 44 sono stati trascritti da Du M?ril (1843). Il n. 24 ? stato parzialmente
edito da Vecchi {Poesia latina m?di?vale, Parma 21958). I nn. 40, 51, 53, 54, 55
sono stati trascritti con moite imprecisioni da Raillard, Explication des neuntes, Paris
s. d. (circa 1860). Le rimanenti composizioni sono in?dite.
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Repertorio m?trico del ms. B. N. Lat. 1139 87
8 ? (35v-36r) Errisa Bernart Versus Lux rediit
9 ? (36r-36v) Versus Novus est rex
10 ? (36v-37r) Annus novus in gaudio
11 ? (37r-37v) Est hodie
12 ? (37v-38fi Versus Troters Gaudeamus nova cum leticia
13 ? (38r-38v) Versus Corde patris genitus manens in principio
14 ? (38v-39v) Versus Alto consilio, divina ratio
15 ? (39v) Versus Virgine nato
16 ? (40r) In laudes Innocentium
17 ? (40r-40v) Versus Lumen patris resplenduit, exsultet omnis mundus!
18 ? (40v) Versus Novus annus, dies magnus, assit in leticia!
19 ? (40v-41r) Benedicamus Sancte Marie Iubilemus, exultemus,
intonemus canticum
20 ? (41v) Letamini, plebs, hodie, fidelis
21 ? (41v-42r) Benedicamus Regi nato Domino
22 ? (42r) Benedicamus Sancte Marie Castitatis lilium effioruit
23 ? (42v) Benedicamus Vallis montem
24 ? (42v-43r) Benedicamus Prophetatus a prophetis, sine patre genitus
25 ? (43r-43v) Benedicamus Postquam celorum Dominus
26 ? (43v-44r) Benedicamus Gratuletur et letetur fidelium contio
27 ? (44r) Tu Autem Be deu hoimais finir nostra razos
28 ? (44r) Benedicamus Dulc?s sapor novi mellis
29 ? (44v) Catolicorum concio*
29bis ? (44v-45v) Lectio Libri Sapiencie*
30 ? (46r) Versus Obtimus Radix Iesse, castitatis lilium
31 ? (46v) Versus Auscultet, exultet fidelis contio
32 ? (46v-47r) Versus Incomparabiliter cum iocunditate
33 ? (47r) Pater Noster Pater tul sumus
34 ? (47r-47v) Mitis agnus, leo fortis*
35 ? (47 v) Claus o Cronos et ser at o, car cere ver exit*
36 ? (48r-49r) In hoc anni circulo
37 ? (49r-50r) Versus Sancte Marie O Maria, Deu maire
38 ? (50r) Aliut Versus Ierusalem mirabilis
39 ? (50v-51r) Versus Resonemus hoc natali
40 ? (51r-51v) Versus Congaudeat Ecclesia
41 ? (51v) Versus Promat chorus hodie, o contio
Al ? (51v-52r) Res nova, principium
43 ? (52r-52v) Eva virum dedit in mortem
44 ? (52v) Versus Senescente mundano filio
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45 ? (52v-53r) Exultantes in partu virginis
46 ? (53r) Oc est de mulieribus
47 ? (53r-55v) Sponsus
48 ? (55v-58r) Omnes gentes congaudentes dent cantum leticie
49 ? (58r-58v) le incoant benedicamus Letabundi iubilemus
50 ? (58v-59r) Alium benedicamus Prima mundi seduc?a sob?le
51 ? (59r) Patris ingeniti filius
52 ? (59v) Omnis curet homo promer e c?ntica!
53 ? (59v-60r) Benedicamus Organa leticie
54 ? (60r-60v) Dei benedictio
55 ? (60v) Benedicamus Domino benigno voto
56 ? (60v-61r) Benedicamus Stirps Iesse floriger am
57 ? (61r-61v) Alium benedicamus Noster cetus psallat letus voce
simul consona
58 ? (61v-62r) Alium (benedicamus) Congaudeat turba fidelium!
59 ? (62r) Alium (benedicamus) Ang?lus sedens
Il manoscritto rappresenta, corne si pu? intuir?, un docu
mento di eccezionale interesse per la storia dell'evoluzione dei
generi paraliturgici. Corne ha dimostrato Chailley nella sua opera sulla scuola di S. Marziale u, la storia della tropatura si sviluppa in sei tappe attraverso le quali il tropo successivamente si affranca
dai legami, in un primo tempo assai stretti, con il testo lit?rgico
per trasformarsi in una composizione sempre pi? libera ed indi
pendente. In una prima fase {trope d'adaptation), sopra un voca
lizzo melismatico del testo lit?rgico originale (il lungo vocalizzo
della vocale a dell'Alleluja) vengono disposte delle parole secondo
il principio di Isone riferito da Notker Balbulus: "
Singulae motus
cantilenae singulas syllabas debent habere ", ad ogni nota, cio?, deve corrispondere una sillaba. Le parole sono ancora adattate
sopra un testo musicale preesistente. In seguito {trope de d?ve
loppement), abbiamo un'amplificazione della melod?a lit?rgica e le
parole si adattano su questa amplificazione. Successivamente
{trope d'interpolation) si estende la pratica di adattare le parole a moduli musicali interpolati nel testo lit?rgico originale del Sanctus,
delVAgnus e degli Introiti. Il passo compiuto ? molto importante
11 Cfr. Chailley, op. cit. pp. 183-285.
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perch? a questo punto ci troviamo di fronte ad una vera e propria
composizione libera. L'interpolazione si estender? anche ai testi
liturgici tratti dalle Scritture, Ep?stola e Vangelo, dando origine alie cosiddette epistole farcite. Questa fase centrale e decisiva
delPevoluzione della tropatura, che avr? uno sviluppo enorme,
corrisponde pi? compiutamente alia definizione tradizionale di
tropo: "interpolation d'un texte liturgique"12. Dal tropo di
interpolazione nasce e si sviluppa il cosiddetto trope d'encadre
ment. Accade cio? che l'aggiunta musicale e po?tica al testo lit?r
gico preceda lo stesso testo in modo da costituirne l'introduzione
(trope d'introduction) oppure lo segua in modo da costituirne la
conclusione (trope de conclusion). Queste introduzioni e conclu
sion finiranno presto col perder? il l?game con il testo seguente e
diventare d?lie composizioni indipendenti e intercambiabili. Per
duto ogni contatto, nel suo sviluppo, con la parte che annunzia
e che conclude, il tropo finisce col diventare "
une pi?ce lyrique
ind?pendante intercal?e dans la liturgie entre deux moments offi
ciels "
13. Questa fase, che Chailley chiama trope de compl?ment, ? caratterizzata da una ormai netta indipendenza dal testo lit?rgico. Il tema ? generalmente religioso, ma non sono esclusi a questo
punto l'argomento profano come anche Tuso della lingua volgare. Il tropo di complemento manifesta insomma una variet? ed un'?la
sticit? tali da lasciare la strada aperta a tutte le possibili evolu
zioni ed a tutti gli adattamenti. Il suo stesso uso lit?rgico, come
afferma Chailley, non ? strettamente definito: esso costituisce una
specie di fondo comune dove si pu? attingere a piacimento per
riempire i luoghi pi? vari dell'Ufficio divino. Ci troviamo di fronte a quel genere che i tropatori indicavano col nome di versus. L'estre
??a fase delPevoluzione ? rappresentata dal trope de substitution.
Abbiamo in questo caso la sostituzione del testo lit?rgico con una
parafrasi del testo stesso fornita di melodia propria. Fino a questo
punto il testo lit?rgico rimaneva intatto: era circondato o invaso
da elementi aggiunti, ma, tolti questi, riaffiorava invariato; ora il
tropo si sostituisce completamente al brano lit?rgico. II tropo di
12 Cfr. L. Gautier, Histoire de la po?sie liturgique au moyen-?ge. I. Les tropes,
Paris 1886, p. 1. 13
Cfr. Chailley, op. cit. p. 259.
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sostituzione nasce e si sviluppa soprattutto dal Benedicamus Domino.
Questa, nell'Ufficio divino, ? la formula con la quale termina ogni ora can?nica: all 'Or emus finale segue il Dominus vobiscum ed in
fine il Benedicamus Domino al quale il coro risponde: Deo gratias. La formula Benedicamus Domino forma un verso di otto sillabe, ma non il Deo gratias che le de ve rispondere simmetricamente; cos? quest'ultima formula diviene, per segnalare il caso pi? sem
plice, Deo dicamus gratias. In tal modo il testo lit?rgico viene
alterato e si crea il precedente a tutta una serie di modifi
cazioni. Su questa strada il testo viene ad essere praticamente sostituito da una variazione sul tema e ne nasce tutta una serie
di composizioni in cui la frase lit?rgica non ? pi? nient'altro che
lo spunto, il pretesto. La confusione tra le ultime tre fasi del
processo (tropo di cornice, versus, tropo di sostituzione) diviene, come si pu? immaginare, assai facile: pur avendo un'origine di
versa questi tre generi finiscono per assimilarsi. Essi son? ormai
divenuti composizioni libere dai vecchi legami, sulle quali pu? esercitarsi lo spirito di iniziativa degli autori nella direzione di una
sempre maggiore regolarit? dei versi, di una organizzazione strofica
sempre pi? complessa e di un raffinamento della rima.
Come risulta anche dalla descrizione del manoscritto, mentre
la seconda parte comprende composizioni che appartengono ai
primi tre tipi, e cio? ad un livello stilistico piuttosto arcaico, la
prima parte racchiude tutta una serie di testi che si situano in una
fase pi? evoluta del processo formale relativo. Oltre ai drammi
liturgici (nn. 3, 3bis, 46, 47, 48, 59) abbiamo un tropo di intro
duzione (n. 1) e per il resto esclusivamente versus e tropi di sosti
tuzione. Sono versus i nn. 4, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 14, 15, 16, 17,
18, 30, 31, 32, 39, 40, 42, 43, 44, 45; versus staccati ormai da
ogni l?game con la liturgia sono il n. 6, O Deus quam brevis est
vita mortalium! e il n. 38, Ierusalem mirabilis', a questa categor?a
appartengono anche la composizione bilingue n. 36 In hoc anni
circulo e quella volgare n. 37 O Maria Deu maire. Sono tropi di
sostituzione del Deus in adiutorium il n. 2, del Tu autem il n. 27
(volgare), del Pater noster il n. 33, del Benedicamus i nn. 19, 20,
21, 22, 23, 24, 25, 26, 28, 50, 51, 52, 53, 54, 55, 56, 57, 58. In alcune composizioni, come si ? detto, si nota una certa
confusione tra le cat?gorie. Il n. 5 ? definito un Benedicamus ma
ha i caratteri del tropo di introduzione; il n. 13, definito versus,
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Repertorio m?trico del ms. B. N. Lat. 1139 91
nel Prosolarium Ecclesiae Aniciensis 14 viene usato come tropo del
Benedicamus; il n. 41 ? anch'esso definito versus ma si ri vela un
tropo di introduzione; il n. 49 posto sotto la rubrica le incoant
benedicamus appare piuttosto un versus.
? dunque la prima parte quella a cui si rivolge l'attenzione
dello studioso di m?trica per la ricca variet? di metri e di arti
colazioni strofiche e per la stimolante presenza di probabili, se
non forse ancora pacificamente provati, modelli dell'organizza zione strofica della prima poesia occitanica. Vale la pena di ricor
dare che il momento in cui appaiono i versus del nostro mano
scritto ? particularmente significativo: Guglielmo IX nasce nel
1071; verso il 1096-1099, che ? l'epoca in cui ? stato probabil mente redatto il c?dice, egli aveva circa 25-29 anni. La coincidenza
ha un significato particolare: la poesia lirica del duca di Aquitania nasce proprio in questo periodo e la cultura in cui egli si forma
? quella che si irradia da S. Marziale nell'esempio dei "
tropatori "
e dei loro versus. La ricerca dei rapporti tra questo genere para
liturgico ed il vers dei primi trovatori su cui la critica si ? spesso
esercitata, appare dunque legittima. Il presente scritto, che ? parte, come si diceva, di uno studio
pi? ampio legato all'edizione critica della sezione antica del c?dice,
intende offrire un'immagine gen?rale d?lie strutture metriche del
manoscritto (limitatamente alla prima parte) oltre che d?lie loro
combinazioni strofiche. In appendice aggiungeremo infine una pic cola antolog?a di testi particolarmente interessanti per le forme
strofiche in essi usate.
// tetr?metro trocaico catalettico r?tmico ed i suoi derivati
Il tetr?metro trocaico catalettico (o settenario trocaico) r?tmico
? il verso che, assieme al dimetro giambico, presenta il pi? alto
indice di frequenza nella produzione po?tica mediolatina. L'imi
tazione r?tmica del modello classico, corne risulta dalla precisa
14 Cfr. U. Chevalier, Prosolarium Ecclesiae Aniciensis. Office en vers de la Cir
concision en usage dans F Eglise du Puy {Biblioth?que liturgique, t. V), Paris 1894,
p. 51.
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92 G. De Alessi
analisi di Norberg 15, genera risultati diversi e determina fin dalla
tarda Antichit? la formazione di filoni particolari, ognuno dei
quali avr? una sua storia ed una sua evoluzione. Il primo emi
stichio contempla quattro varianti fondamentali. Il tipo a, diviso
da una cesura secondaria in due part? di quattro sillabe ciase una,
ha un sistema di accentazione invariabile: ? ~ ~ ~ I ~ ~ rL
^ ; il tipo b, privo di cesura, presenta una regolare alternanza di
accenti: ?*,r^~~rL~~^; il tipo c ed il tipo d (divisi a loro volta in sottotipi) son? caratterizzati dalla mancanza della
cesura secondaria e da un'alternanza irregolare di accenti: nel
primo caso abbiamo tuttavia un'imitazione precisa del modello
quantitativo, mentre nel secondo l'imitazione ? parziale. II secondo
emistichio compare in due varianti, fermo restando il gen?rale
impiego di una clausola proparossitona : rL ~ ~ ~ ~ ~ ~
oppure ~ rt ~ ~ ~ ~ ~. II settenario r?tmico con il primo emistichio di tipo a ? ricalcato sul verso quantitativo di Ilario di
Poitiers. Il prestigio del modello favorir? una larga diffusione di
questa variante: gi? nella tarda Antichit? troviamo tra i suoi
esempi pi? illustri il noto inno Apparebit repentina. I settenari trocaici del nostro manoscritto appartengono,
tranne rare eccezioni, al tipo ilariano e presentano caratteri che li
situano in una fase avanzata dell 'evoluzione del genere. La rima
infatti molto spesso accentua la divisione in due part? del primo emistichio (fen?meno riscontrabile, sia pure in misura minore, anche nel secondo emistichio) ed i vari elementi che risultano dal
frazionarsi del verso alie c?sure principale e secondaria, vivono in
un gran numero di casi di vita propria, come versi indipendenti. Possiamo di conseguenza individuare un certo numero di compo sizioni in settenari trocaici veri e propri, altre costituite da versi
corrispondenti al primo o al secondo emistichio di tale verso, altre
i cui versi corrispondono al verso troncato dopo la cesura secon
daria del primo emistichio, altre infine in cui gli elementi che derivano dal verso stesso si combinano per costituire strofe ori
ginali. Vediamo singolarmente ognuna di queste forme.
15 Cfr. D. Norberg, Introduction ? F ?tude de la versification latine m?di?vale,
Stockholm 1958, pp. 112-114.
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Repertorio m?trico del ms. B. N. Lat. 1139 93
Nove composizioni presentano il settenario trocaico r?tmico
e tutte, come ? stato detto, nella sua variante ilariana (nn. 14, 18,
19, 23, 24, 26, 47, 48, 57). In 14, 47 e 48 troviamo il settenario in unione con altri versi (il n. 14 ? una composizione polimetrica in forma di sequenza, il n. 47, Sponsus, vede i tetrametri uniti
con i decasillabi latini e volgari, il n. 48, il cosiddetto Ordo pro
phetarum, ? anch'esso un polimetro costituito in gran parte di
settenari trocaici e di distici di versi 8p). Nelle altre composizioni il verso ? raccolto in strofe accompagnate o meno da refrains. La
forma strofica ? in alcuni casi la terzina, in armon?a con la tradi
zione innografica risalente ad Ilario ed a Prudenzio; la troviamo
in 18 (Novus annus), e, sotto forma di strofe ed antistrofe, in 14
(Alto consilio). Pi? frequenti son? i distici, t?cnica anche questa molto antica se si considera l'uso, gi? fr?quente nella innografia della tarda Antichit?, di introdurre un refrain ogni due tetra
metri; ? questo il caso delle rimanenti composizioni: 19 (Iubilemus), 23 (Vallis montent), 24 (Prophetatus), 26 (Gratuletur), 47 (Sponsus), 48 (Omnes gentes), 57 (Noster cetus). Nel n. 18 e nel n. 24 le strofe
son? inoltre seguite da un refrain, nel primo caso costituito da
tre asclepiadei minori monorimi, nel secondo da un verso 7pp +7pp risultante dal raddoppiamento del secondo emistichio del verso
stesso.
La maggioranza delle composizioni esaminate, oltre a presen tare la cesura secondaria del primo emistichio, ? arricchita anche
da una rimalmezzo fra il primo e il secondo elemento dell'emi
stichio. II n. 19, Iubilemus, procede ancora pi? innanzi sulla via
del frazionamento del verso : nei primi due distici anche il secondo
emistichio ? diviso da una cesura secondaria che lo frange in due
versicoli, il primo di quattro sillabe a cadenza pia?a, il secondo
di tre sillabe a cadenza sdrucciola (4p+3pp). La divisione ? ulte
riormente sottolineata dal fatto che il primo dei due versicoli
risultanti dal frazionamento del secondo emistichio ha la stessa
rima delle due part? del primo emistichio. Attraverso tali divi
sioni il distico assume l'aspetto di una strofetta cosi strutturata:
aaabcccb
4p 3pp 4p 3pp
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94 G. De Alessi
Iubilemus,
exultemus,
intonemus
canticum
redemptori,
plasmatori, salvatori
omnium! (vv. 1-8)
Un passo ulteriore sulla via della trasformazione del sette
nario trocaico in strofetta aut?noma, si ha in 23, Vallis montem.
In questo caso alio schema visto precedentemente viene aggiunto un elemento 4p ogni verso in modo da ottenere una struttura:
aabbc ddeec
4p 3pp 4p 3pp
Vallis montem,
lapis fontem,
spina rosam
spetiosam edidit.
Virga nucem,
virgo ducem, mater facta,
sed intacta, reddidit. (vv. 1-10)
Mentre nel caso precedente il tetr?metro trocaico, pur diviso in
quattro part? da c?sure e rime interne, era ancora integro, in questo
caso, diviso nelle sue componenti ed arricchito di un elemento, si ? trasformato in strofa.
Un'ulteriore possibilit? di divisione in versicoli si pu? riscon
trare al v. 25 del n. 48: "
Sic est| hic est| Deus noster ". Qui la
prima parte del verso 8p ? ulteriormente scissa in due versicoli
di due sillabe ciascuno con rima interna.
Nelle nove composizioni esaminate, il verso appare, come ?
gi? stato detto, di tipo ilariano. II primo emistichio ? nella sua
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Repertorio m?trico del ms. B. N. Lat. 1139 95
quasi totalit? di tipo a. Solo due sono le eccezioni sul totale dei versi (101):
" solum assumpsisse carnem
" (n. 24, v. 8), carat
terizzato da una regolare alternanza di accenti ma privo della
cesura secondaria (?nico caso in tutto il c?dice) attribuibile al
tipo b della classificazione di Norberg e "qui hodie de Marie "
(n. 19, v. 5) appartenente al tipo dl. Il secondo emistichio pre senta per lo pi? (91 casi su 101) la prima delle varianti ritmiche descritte da Norberg. Questa prima variante permette, con la sua
regolare alternanza di accenti, la ulteriore divisione dell'emisti
chio in due parti. La rima, nei componimenti di settenari trocaici, ? general
mente bisillaba. Nelle composizioni in cui le due parti del primo emistichio rimano fra loro, la rima appare quasi sempre perfetta.
Una variante del settenario trocaico r?tmico ? rappresentata dal cosiddetto versus caudatus tripertitus che si origina dal raddop
piamento del primo emistichio del settenario stesso. Questo versus
che, raccolto in coppie, sar? diffusissimo soprattutto nel XII sec?lo
nell'ambito della sequenza vittorina, si trova rappresentato gi? nel nostro manoscritto in tre casi che sono probabilmente fra
i pi? antichi esempi di questa forma. Lo troviamo nel n. 14 che ? appunto una sequenza:
Nee per legem gens salvatur, nec mortuus suscitatur
per promissum baculum,
donec presens Eliseus
et in carne presens Deus
visitavit seculum. (vv. 41-46)
nel n. 49, Letabundi iubilemus, le cui tre strofe hanno corne primo elemento appunto un versus caudatus tripertitus, e nel n. 55.
Un verso del tutto eccezionale nato dall'elaborazione dei mat?
riau del tetr?metro trocaico appare nel polimetro n. 48:
Die Babtista ventris cista clausus
qua dedisti causa Christi plausus? (vv. 52-53)
dove al normale elemento iniziale 4 +4 viene aggiunto dopo l'emi
stichio un bisillabo.
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96 G. De Alessi
Come si ? detto, il tetr?metro trocaico catalettico si frange nelle sue componenti dando origine a versi veri e propri che si
organizzano in strofe indipendenti. Il verso originato dal tetr?metro trocaico che denunzia il
maggior indice di frequenza (almeno per quel che riguarda il
presente manoscritto) ? il verso di sette sillabe con cadenza pro
parossitona (7pp) che corrisponde al secondo emistichio del sette
nario. Composizioni costruite interamente di versi 7pp si tro
vano almeno fin dall '?poca carolingia 16.
Nel nostro manoscritto questo verso si raccoglie in strofe
regolari in sei casi. In quartine il n. 4:
In hoc festo breviter
iubilemus pariter conlaudantes Dominum
salvatorem omnium! (vv. 1-4)
ed i nn. 36, 42, 56. Eccezionale ? la struttura 'zadialesca' di 36:
In hoc anni circulo
vite datur seculo
nato nobis p?rvulo de virgine Maria. (vv. 1-4)
dove alle strofe latine si alternano strofe volgari che costituiscono
l'esatto calco delle prime. In distici il n. 21:
R?gi nato Domino
utero virgineo. (vv. 1-2)
Il n. 4 inoltre ? seguito da un refrain di tre versi 6p con schema
aab; il n. 42 da una cauda di quattro sillabe (" in virgine ") e da un refrain costituito da un distico monorimo di versi 7pp seguito a sua volta da una cauda di quattro sillabe (" Miranda potentia || que sic naturalia || frangit iura! "); il n. 21 presenta un refrain 7p
(" Gaudeat omnis homo! ").
16 Cfr. Norberg, op. cit. p. 117.
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Repertorio m?trico del ms. B. N. Lat. 1139 97
La strofa di distici del verso 7pp si presenta in una forma
particolare nel n. 41:
Promat chorus hodie, o contio, canticum leticie, o contio. (w. 1-2)
Questo versus ? costituito da quattro strofe legate da rima bisil
laba, seguita ciascuna da un refrain rappresentato da un verso
6pp+7pp (" Psallite concio | psallat cum tripudio "). Ogni verso ? poi arricchito di una cauda, sempre eguale, di quattro sillabe, con cadenza proparossitona 4pp (" o contio "). Questo procedi
mento appare come una estensione a tutti i versi di quanto gi? si era riscontrato nel n. 42, dove l'ultimo verso di ciascuna delle
due quartine presenta una cauda di quattro sillabe a cadenza pro
parossitona, ed il refrain ? composto di due versi (sempre di sette
sillabe) seguiti, come si ? visto, da una cauda di quattro sillabe
questa volta pero a cadenza parossitona (" frangit iura "). Attra
verso questa t?cnica, vediamo nascere un verso strutturato 7pp +4pp
(con la variante 7pp+4p). Quanto all'origine di questa struttura
non ? escluso che essa derivi dall'inversione dei due emistichi del
noto verso 4 +7pp, tanto pi? che le due caudae di questo tipo, di cui si ? discusso qui sopra, si trovano in contesti di forme deri
vanti dal tetr?metro trocaico.
II verso 7pp si trova anche nella sua forma doppia : 7pp +7pp. II n. 13, Corde patris genitus | manens in principio ? costituito da
tre di questi versi a loro volta legati da rima monosillaba. Quest'ul tima forma compare anche come strofe ed antistrofe nella sequenza n. 14 e come refrain nel n. 24.
Oltre che organizzato in strofe regolari, il verso 7pp ? unito
ad altri versi in varie composizioni: ? parte di due sequenze, n. 30 e n. 43; ? distribuito in strofe complesse nei nn. 7, 12 e 54.
Esiste inoltre un gruppo monorimo composto da una quartina di versi 7pp e da un distico di versi 8p, che si ritrova eguale in
due composizioni, peraltro diversamente strutturate, e cio? 40,
Congaudeat Ecclesia e 53, Organa leticie. Si veda ad esempio:
Organa leticie
vox sonat Ecclesie:
Rex eterne glorie filius fit filie.
7
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98 G. De Alessi
Verbum Dei fit in carne
incarnandi novo more. (vv. 1-6)
Per quel che riguarda la struttura r?tmica il verso compare nelle
due varianti sia pure con una larga prevalenza della prima. La
rima ?, nella sua maggioranza, bisillaba.
Al secondo posto quanto a frequenza di casi, sempre limitata
mente al nostro manoscritto, troviamo il verso di otto sillabe cesu
rato 4+4 con cadenza parossitona, equivalente al primo emisti
chio del tetr?metro trocaico. Si d?nno esempi di questo verso
usato in serie continua gi? sin dall'epoca carolingia ed anche prima 17.
Nel nostro manoscritto due componimenti sono costruiti intera
mente di versi 8p organizzati in quartine: il n. 28, Dulcis sapor novi mellis ed il n. 39, Resonemus hoc natali. Il verso inoltre entra
a far parte della forma strofica monorima dei nn. 40 e 53 e della
caratteristica strofa del n. 12 che esamineremo pi? avanti. Infine, raccolto in distici, costituisce la forma m?trica pi? usata nella
composizione drammatica Omnes gentes (n. 48). A volte la n?cessita di una clausola piana in una composi
zione di dimetri giambici tende a conferir? un andamento tro
caico ad un'intera quartina i cui versi assumono l'aspetto di versi
8p. Si veda il n. 10, Annus novus in gaudio in quartine di dimetri
giambici: la quarta strofa ("Annum novum celebrantes 11 exul
tantes et letantes "
etc.) diventa una quartina di versi 8p. In
questo caso il fen?meno ? facilitato dalla presenza obbligata al
l'inizio di ciascuna strofa della parola Annus declinata, parola che
costituisce un perfetto trocheo r?tmico. Accade anche il fen?
meno opposto: nel gi? citato n. 28, costituito di quattro quartine di versi 8p, nella quarta ed ultima strofa la n?cessita di inserir?
le due frasi liturgiche Benedicamus Domino e Deo dicamus gratias,
provoca il passaggio da un ritmo trocaico ad un ritmo giambico, cosicch? la strofa assume l'aspetto di una quartina di dimetri
giambici. I versi appartengono, anche in questo caso, nella loro quasi
totalit?, al tipo a. Le uniche due varianti sul totale dei versi
esaminati (88) si trovano nel n. 40, v. 10 (" novo puerperio facto ")
17 Cfr. Norberg, op. cit. p. 118.
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Repertorio m?trico del ms. B. N. Lat. 1139 99
e nel n. 48, v. 32 (" Abacuc regis celestis ") appartenenti rispetti vamente al tipo b ed al tipo el.
Nelle composizioni di versi 8p, a differenza di tutti gli altri
tipi, si trova in maggioranza la rima perfetta. Tale rima appare
dunque come una prerogativa del primo emistichio del settenario
trocaico: essa si trova gi? nelle composizioni in settenari nonch?
nei tre casi qui sopra segnalati di versus caudatus tripertitus. ?
facile inoltre constatare che, quando il verso 8p convive con altri
versi, ? proprio in esso che la rima perfetta ha di gran lunga l'in
dice pi? elevato di frequenza. Un caso esemplare ? quello del
n. 12, la cui strofa monorima ? composta di due versi 8p, seguiti da due versi 4+7pp e da due versi 7pp. Tutti i distici di versi di otto sillabe hanno rima perfetta: questa invece diviene ecce
zionale quando si passa agli altri versi. La fortuna della rima per fetta in rapporto al verso 8p non ? casuale. Innanzitutto questo verso, ?nico fra quelli pi? diffusi nella letteratura mediolatina
(dimetro giambico, asclepiadeo minore, verso 7pp, decasillabo), ha una clausola parossitona che invita, per cosi dire, alla rima
bisillaba. Inoltre la cesura secondaria comporta la presenza di
due versicoli di quattro sillabe con accento ancora una volta obbli
gato sulla prima e sulla terza. Dovendo inquadrare le parole in
uno schema cosi r?gido, e pur non ricercando niente pi? che una
semplice consonanza, si finiva fatalmente per allargare, nella maggior
parte dei casi, l'omofonia alPultima vocale t?nica. ? forse attra
verso questa strada che la rima perfetta, non cercata deliberata
mente, almeno in un primo tempo, ma trovata, perch? imposta da una determinata struttura m?trica, finir? per istituzionalizzarsi, in un secondo tempo, estendendosi alie altre forme metriche. Non
a caso infatti vediamo la rima perfetta usata non pi? solo oca
sionalmente ma regolarmente e voluntariamente per la prima volta nel XII sec?lo nelPambito del versus caudatus tripertitus della sequenza vittorina.
II verso 8p pu? ancora frangersi nelle sue due componenti dando vita ad un versicolo 4p (" Ergo gaude! ".
" Fraude nota ")
che troviamo usato come refrain, come cauda o distribuito in
strofe complesse in varie composizioni del c?dice.
Un terzo prodotto del tetr?metro trocaico ? il verso 4+7pp,
corrispondente al settenario considerato dopo la cesura secondaria
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100 G. De Alessi
del primo emistichio. Esempi di questo verso sono segnalati fin
dal VI sec?lo 18. Nel nostro manoscritto il verso ? raccolto una
volta in distici seguiti da un refrain nel n. 22, Castitatis \ lilium
effloruit; in altri casi entra a far parte di strofe complesse o di una
sequenza (n. 30, Radix Iesse \ castitatis lilium). La seconda parte di questo verso, corrispondente al secondo
emistichio del tetr?metro trocaico, appartiene, nella sua maggio
ranza, al primo tipo della partizione del Norberg. Su trentasei
versi, solo quattro appartengono al secondo tipo (ad es. n. 22, v. 5,
" celestis exercitus "). La rima ? generalmente bisillaba.
I tre versi principali che traggono origine dal settenario tro
caico si trovano riuniti in modo esemplare nella strofa del gi? citato n. 12:
Gaudeamus nova cum leticia!
Fulget dies hodierna
nata luce sempiterna; nova dies nova natalitia, novus annus, nova haec sollempnia; nova decent gaudia, nove laudis c?ntica. (vv. 1-7)
Questa strofa, preceduta da un verso 4+7pp che ha tutto l'aspetto della
" ripresa ", si potrebbe definir? una variazione sul tema del
tetr?metro trocaico: ? divisa in tre part? ciascuna di due versi; la
prima ? di versi 8p, la seconda di versi 4 +7pp, la terza di versi 7pp.
Ogni strofa ? monorima e inoltre tutti i versi di una strofa termi
nano con una vocale diff?rente: le quattro strofe rimano infatti
rispettivamente in a, o, i, e\ manca la strofa in u probabilmente
caduta, che possiamo pero ritrovare nella lezione di un manoscritto
pi? tardo 19.
18 Cfr. Norberg, loe. cit. 19 Ms. Harlington 1010 del British Museum di Londra.
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Repertorio m?trico del ms. B. N. Lat. 1139 101
// decasillabo
II verso di dieci sillabe cesurato 4+6pp ?, tra i versi elabo
rati nelle officine monastiche medievali, uno fra i pi? degni di
attenzione per essere la matrice, come ? stato dimostrato, del d?ca
syllabe e, tramite questo, dell'endecasillabo 20. Nel nostro mano
scritto il verso ? largamente rappresentato. Significativa inoltre
la presenza, accanto ad esso, del suo calco volgare in due casi:
nello Sponsus dove i d?casyllabes volgari si sviluppano accanto
a quelli latini e nel noto tropo di sostituzione del Tu autem (n. 27). Secondo la definizione di Norberg, il verso " se compose de
4+6 syllabes; la cadenee devant la coupe est libre, mais la ca
denee finale est toujours proparoxytone ". I 126 decasillabi esa
minati presentano senza eccezione clausola proparossitona a fin
di verso. In un solo caso, n. 48, v. 49 (" Illud Helisabet, in me
dium ") il verso manca di cesura. Eccezionale appare invece la
clausola proparossitona a fine di emistichio (ad es. n. 1, v. 7 "
aut incipe | vel fac incipere "), per cui il verso sembra tendere
a normalizzarsi verso uno schema 4p+6pp. Sono forse degni di attenzione i decasillabi del n. 29:
Catolicorum concio
summo, summo, summo cum gaudio
in hoc sacro sollempnio
solvat, solvat, solvat laudes Deo. (vv. 1-4)
Questo componimento in verit? non dovrebbe rientrare nella no
stra analisi in quanto ? stato aggiunto nel manoscritto da mano
pi? tarda. Tuttavia esso presenta un certo interesse sia perch?
appartiene al solo repertorio di S. Marziale sia perch? testimoniato, oltre ehe dal nostro manoscritto, da un'altra fonte piuttosto antica, il ms. lat. 1120 della B.N. di Parigi, anteriore al 1031.
I versi in questione, che sono alternati a dimetri giambici, si presentano corne normali decasillabi 4+6pp. Data per? la
struttura sintattico-ritmica del primo emistichio, essi sembrano
20 Cfr. D'A. S. Avalle, Preistoria delVendecasillabo, Milano-Napoli 1963.
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102 G. De Alessi
av?re un'origine diversa da quella generalmente accettata per gli altri versi della stessa misura. Corne ? noto, i decasillabi trar
rebbero origine da refrains del tipo "In tremenao | die Iudicii "
che troviamo, sin dalla fine dell'Antichit?, ripetuto alia fine di
ogni distico del ritmo abecedario Apparebit repentina. Con una
t?cnica an?loga a quella delle frasi liturgiche utilizzate come re
frains che ad un certo punto, imitate nel numero delle sillabe e
nella clausola, assumono l'aspetto di versi veri e propri tanto da
poter essere usati in serie continua e raggruppati in strofe, questa formula viene usata ad un certo punto come verso indipendente nella letteratura tropistica della fine del sec?lo XI e organizzata successivamente in distici, terzine e quartine con o senza refrain, fino a diventare estremamente popolare nel XII sec?lo ed ancora
in seguito. Alla base della nostra composizione troviamo due
quartine di dimetri giambici ritmici; i versi pari subiscono un'am
plificazione di due sillabe ottenuta con la ripetizione della prima
parola (un bisillabo) del verso stesso (amplificazione che corri
sponde ad una ripetizione della frase musicale). Il verso assume
in questo modo l'aspetto di un regolare decasillabo 4+6pp. Nel
1'?mbito del dimetro giambico questa t?cnica comunque non ?
eccezionale : vedremo pi? avanti come i dimetri giambici del nostro
c?dice siano spesso passibili di caude o di amplificazioni con la
conseguente formazione di nuovi versi.
Ci si pu? ancora soffermare sui rapporti del nostro verso con
il settenario trocaico. Nei primi esempi documentati, come ab
biamo visto, esso si trova infatti legato ai distici di settenari tro
caici. Questo l?game tra i due versi, caratteristico del genere apo calittico ed escatologico, ? tanto saldo da trovarsi ancora intatto
in un componimento notoriamente appartenente al genere apoca littico come lo Sponsus. II decasillabo in uno dei suoi esempi pi? antichi costituisce inoltre il ritornello della canzone del vescovo
di Angers Andecavis ? abbas esse dicitur scritta probabilmente alia fine del sec?lo VIII, inizio del IX 21. Ora, questo canto ? com
posto di quartine di versi 4+7pp, versi che corrispondono alia
porzione del settenario trocaico che inizia con la cesura secon
daria del primo emistichio. La struttura del ritornello:
21 Cfr. MG H, Poetae latini Aevi Carolini IV, p. 591.
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Repertorio m?trico del ms. B. N. Lat. 1139 103
Eia eia eia laudes, eia laudes dicamus Libero
si ritrova infine quasi uguale nelle caudae delle strofe del n. 39, Resonemus hoc natali:
processit hodie;
argumenta cessant perfidie (vv. 5-6)
humano generi; cetus inde mirantur superi (vv. 11-12)
strofe, si aggiunga, costituite da quartine di versi 8p, imitanti la struttura del primo emistichio del settenario trocaico.
II l?game fra i due versi continua a sussistere, come si vede, anche quando il settenario trocaico si frange nelle sue compo nenti.
II decasillabo si presenta per lo pi? raggruppato in strofe
regolari. Solo in un caso (cfr. pi? sopra) esso funge da cauda.
La strofa pi? rappresentata ? la quartina; la si trova in cinque casi su otto: tre con refrain (nn. 1, 3bis, 47) e due senza refrain
(nn. 14 e 44). La terzina ? rappresentata una volta (n. 45), con
refrain, e due volte il distico, nel n. 58, con refrain e cauda e
nel n. 50 con cauda.
In quattro dei cinque componimenti qui esaminati, si d? il caso di una quartina mancante di un verso: la seconda delle tre
strofe del n. 1 ha tre versi, cosi la seconda delle due strofe rispetti vamente dei nn. 3bis e 44 e 1'ultima delle nove strofe latine dello
Sponsus (n. 47). La percentuale di infrazioni a quella che dovrebbe
essere la norma ? troppo alta per non essere portati a dubitare
sulla realt? della norma stessa. In altre parole, immaginare sem
plicemente la caduta di un verso, sembra del tutto insuf?iciente,
tanto pi? che T?nico caso regolare, rappresentato dalle due quar
tine del n. 14, non ? a rigore assimilabile agli altri. Le due quartine
infatti corrispondono alia strofe ed all'antistrofe di una sequenza
ed in tal caso la concordanza tra il numero di versi della prima e della seconda strofa costituisce notoriamente un obbligo strut
turale. Si pu? dunque constatare che non esiste componimento
in quartine di decasillabi di questo manoscritto che non present?
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104 G. De Alessi
il fen?meno della mancanza di un verso in una sua strofa. Il fatto
? tanto pi? degno di rilievo in quanto lo stesso non ? constata
bile, almeno con la medesima frequenza, nei componimenti in
quartine di altri versi, ad esempio di dimetri giambici. Si trova
in vece il fen?meno opposto, e cio? l'inserzione di un verso sopran
numerario in una serie regolare. ? questo il caso del n. 3, Lamen
tatio Rachel, che ? strettamente legato ad una delle composi zioni in quartine di decasillabi prese in esame (n. 3bis):
Lamentatio Rachel
O dulces f?lii, olim dicta mater,
Olim per pignora, modo sum misera,
Heu michi mis?re!
cum natos coram me
atque lacerare
Herodes impius, nimium superbus
quos nunc progenu?,
quod nomen tenui?
vocor pu?rpera,
natorum vidua.
Cum possim vivere, video perder?
parum detruncare?
furore repletus,
perdit meos partus.
?ngelus
Noli, Rachel, Cur tristaris
Noli Aere
tui nati
Ergo gaude!
Summi patris hic est ille
qui vos facit
Ergo gaude!
defiere pignora, et tundis pectora? sed gaude potius: vivunt felicius.
eterni ?ilius,
quem querit perder?, eterne vivere.
La prima parte di questo tropo drammatico ? costituita di
dut quartine di asclepiadei minori ritmici riunite dalla rima in couplets. II v. 7 ("atque lacerare | parum detruncare") appare senza dubbio un'inclusione: esso infatti non rientra nello schema
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Repertorio m?trico del ms. B. N. Lat. 1139 105
delle rime e la sua soppressione non crea un vuoto nell 'econom?a
del testo. Dato il precedente, anche l'irregolarit? della seconda
parte potrebbe essere vista non tanto come dovuta alia meccanica
caduta di un verso nella seconda strofa, quanto piuttosto all'ag
giunta di un verso nella prima, o, meglio ancora, alla possibilit? di inserir? strofe a numero irregolare di versi.
Questa ipotesi sembra confermata dall'analisi del n. 1 che
presenta, come abbiamo visto, tre strofe, la prima e la terza di
quattro versi e la seconda di tre:
De supernis natum esse
Deum fortem
dantem reis
Tarn festa dies!
O tu cantor, aut incipe Iam tempus est
Tarn festa dies!
Rumpe moras,
nullum, frater, Sursum leva
et die: ? Deus
Tarn festa dies!
affero nuntium:
Consiliarium,
principem gentium vite remedium.
qui debes canere, vel fac incipere!
psallendi vespere.
rumpe silentium, sit tibi tedium! iam supercilium in adiutorium! ?
In un c?dice pi? tardo, proveniente da Engelberg 22, il componi mento ? in terzine: manca il quarto verso della prima strofa ed
il terzo verso della terza; anche il refrain ? diverso: "O quam festa dies! ". Vi sono ragioni che possono far supporre la fonte
del manoscritto di Engelberg pi? antica del nostro testo ed il suo schema m?trico quello originario. Innanzitutto, come osserva
Spanke23, la melod?a nella lezione del nostro manoscritto non
contraddice alia struttura ternaria del testo letterario: nella prima e terza strofa infatti abbiamo schema aaa?/y, nella seconda invece
22 Citato da Gautier, op. cit. p. 165.
23 Cfr. Spanke, Beziehungen zwischen romanischer und mittellateinischen Lyrik
cit. p. 54.
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106 G. De Alessi
aa?/y. Per la priorit? dello schema ternario, sempre secondo
Spanke, parierebbe anche l'origine di questo pezzo il cui primo verso si ricollega all'incipit di una composizione in strofe saffiche
molto nota e diffusa: l'inno di Fulberto di Chartres "
Nuntium
vobis fero de supernis "24. Parlare di derivazione sulla base di
elementi di tal genere non avrebbe senso in un campo come quello della letteratura tropistica in cui il numero limitato e costante di
temi porta alia formazione di schemi fissi e di luoghi comuni.
Questo pero non toglie che nel nostro caso si possa postulare un rapporto pi? preciso data la notevole di?fusione dell'inno pro
prio nella letteratura paraliturgica. Non parrebbe dunque arbi
trario vedere nelle strofe di tre versi delle composizioni in quar tine esaminate, non tanto delle anomalie, quanto piuttosto delle
strofe perfettamente normali almeno rispetto alie altre che avreb
bero subito invece un'amplificazione. AU'origine starebbe dun
que una strofa di tre versi seguita da refrain e le quartine rappre senterebbero invece un avvio alla sua dissoluzione m?trica. Ora, tale strofa ha un nome ed una storia particolari: ? la strofa saffica
o pseudosaffica. La struttura della strofa saffica classica ? stata
imitata nel Medioevo con versi riproducenti lo schema del tr?
metro giambico, dell'asclepiadeo minore, del doppio adonio e,
naturalmente, anche del decasillabo 4+6pp. In particolare la
strofa di tre decasillabi seguita da una cauda che ben presto si
trasforma in refrain, costituisce il caso pi? t?pico della tendenza
della saffica ad arricchirsi, ad amplificarsi oltre lo schema origi nario. II problema ha una sua importanza particolare in quanto
proprio nella serie dei casi esaminati di questo manoscritto si po trebbe forse vedere uno dei sintomi del fen?meno che portera p'? tardi il decasillabo a romper? lo schema strofico regolare (cfr. ad esempio il Saint Alexis anglo-normanno) ed a tendere verso
l'organizzazione irregolare della lassa secondo gli schemi noti
delle chansons de geste25. Se si tiene conto che nel decasillabo
4+6pp va cercato l'archetipo del d?casyllabe francese, l'attenzione
ai modi con cui si organizzano i decasillabi assume un'importanza
particolare per ?Iluminare la loro evoluzione futura in veste volgare.
24 Cfr. Analecta Hymnica L, p. 283.
25 Cfr. A. Monteverdi,
* La laisse ?pique ', in La technique litt?raire des chansons
de geste. Actes du Colloque de Li?ge (septembre 1957), Paris 1959, pp. 127-139.
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Repertorio m?trico del ms. B. N. Lat. 1139 107
Un altro elemento che potrebbe giustificare l'ipotesi di una
evoluzione della strofa pseudosaffica alla lassa di d?casyllabes, ? costituito dalla presenza dei cosiddetti petits vers in moite chan
sons de geste. Roncaglia, riprendendo il problema dell'origine e
della natura del petit vers 26, ha portato validi argomenti a sostegno della tesi che lo vorrebbe derivato dal refrain. La sua analisi
di un elevato numero di casi prova inequivocabilmente come i
petits vers presentino il carattere di formula ripetuta che ? pro
prio del refrain e giustifica la sua conclusione che la lassa primi tiva era una strofa
" ? refrain ". Ora, il refrain, almeno per quel
che riguarda le strofe di versi di dieci sillabe, trae origine dall'ado nio della strofa pseudosaffica; questo versicolo infatti tende molto
presto a trasformarsi in refrain per cui ? molto probabile che il
petit vers provenga dal refrain della saffica con un processo in
verso di evoluzione, oppure direttamente dalla cauda di quella strofa 27.
La rima in tutti i componimenti di decasillabi ? bisillaba, con rarissime eccezioni. Appare occasionalmente la rima perfetta
(n. 50: "
magnifice-deifice "). Si nota in alcuni casi la tendenza
a far si che ogni strofa abbia una rima diversa (n. 45). Il n. 50:
Prima mundi seduc?a sob?le
turbati sunt paradisicole, fraude nota.
26 Cfr. A. Roncaglia,
' Petit vers et refrain dans les chansons de geste ', in La
technique litt?raire cit. pp. 141-157. 27 L'evoluzione della cauda (in questo caso 4pp.) in refrain si pu? forse co
gliere in atto nel nostro manoscritto. 11 n. 58 ? costituito di undid distici di deca
sillabi, i primi sei accompagnati dal refrain "
in Betleem", i seguenti da una cauda
4pp sempre diversa. Nel Prosolarium Ecclesiae Aniciensis questo tropo si presenta
secondo una lezione che, con ogni probabilit?, risale ad una fonte pi? antica con la
struttura probabil mente originale; ? diviso in due sezioni di tre distici ciascuna,
la prima terminante con il Benedicamus Domino, la seconda con il Deo gratias
(secondo la t?cnica usuale dei tropi del Benedicamus). Ogni distico ? accompa
gnato da una cauda. Nel nostro testo sono stati interpolati dopo la prima strofa
altri cinque distici, tutti terminanti con la cauda del primo: "
in Betleem ", che
in questo modo si trasforma in un vero e proprio refrain.
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108 G. De Alessi
Fraude nota Adam condoluit, Eva quoque, que scelus monuit, fit commota. (vv. 1-6)
che, abbiamo visto, offre esempi di rima perfetta, appare la com
posizione pi? progredita dal punto di vista dell'elaborazione m?
trica: essa si presenta sotto la forma di versus serpentinus o anadi
plositus, e di questa t?cnica ? con ogni probabilit? uno dei primi esempi.
Il refrain (o la cauda), quando ? presente, ha nella maggior
parte dei casi l'aspetto del primo emistichio del verso (4p). Ha invece forma 5p nel n. 1, restando fedele alio schema delPadonio
originario. Le strofe dello Sponsus son? accompagnate da due tipi di
refrains volgari, uno di cinque sillabe (" Gaire no i dormet! ") ed un secondo (" Dolentas, chaitivas, trop i avem dormit! ") che il Thomas vorrebbe originario dal tetr?metro trocaico ma che
in e?fetti si configura come un verso di dodici sillabe cesurato 6+6.
// dimetro giambico
II dimetro giambico acatalettico deve, come ? noto, la sua
grandissima diffusione nella letteratura mediolatina all'esempio di
S. Ambrogio. II verso r?tmico imita il verso quantitativo della
strofa ambrosiana (il quale a sua volta risaliva direttamente al
modello oraziano); in questa imitazione quello che conta ? il
numero totale delle sillabe (otto) e la cadenza finale (proparossi
tona). Tendenza gen?rale ? inoltre quella di chiudere il verso con
un trisillabo o con un polisillabo, fatto gi? constatato nei compo nimenti di S. Ambrogio e di Prudenzio. L'esempio ambrosiano
canonizza l'uso di raccogliere il dimetro in strofette di quattro versi (quartina ambrosiana), uso questo che sar? gen?rale per tutto il Medioevo tranne poche eccezioni. Nel nostro manoscritto
il dimetro giambico r?tmico ? rappresentato in quindici casi: quasi sempre, in conformit? alla tradizione, si tratta di quartine che
per? possono essere variamente arricchite di refrains, di caudae
o di inserzioni. La quartina semplice, tradizionale, ? presente in
tre casi (nn. 2, 25 e 38); pu? essere seguita da un refrain: ? questo
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Repertorio m?trico del ms. B. N. Lat. 1139 109
il caso del n. 10 seguito da un refrain di sette versi 6pp (corri spondenti all'emistichio dell'asclepiadeo minore r?tmico). In altri
casi le quartine subiscono un'amplificazione rappresentata da una
cauda che allunga di alcune sillabe il dimetro giambico. Nel n. 20:
Letamini plebs hodie fidelis
quo Stephanus locatus est in celis (vv. 1-2)
ogni verso ha un prolungamento di tre sillabe che gli fa assumere
l'aspetto di un verso di undici sillabe con cadenza pia?a. An?lo
gamente il n. 17 ? costituito di tre quartine di dimetri giambici seguiti da una cauda di sette versi a cadenza parossitona (corri
spondenti all'imitazione r?tmica del dimetro giambico catalettico). Ne nasce un verso 8pp+7p:
Lumen Patris resplenduit, exsultet omnis mundus!
Deus natus est hodie, sit homo letabundus ! (vv. 1-2)
Una t?cnica del tutto particolare si nota nelle composizioni 5 e 16.
La strofa di 16 ? costituita da una normale quartina di versi 8pp con due refrains 4p, inseriti dopo il terzo e il quarto verso:
In laudes Innocentium,
qui passi sunt martirium,
psallat chorus infantium.
Alleluia!
Sit decus r?gi martirum
et gloria. (vv. 1-6)
II gruppo composto dagli ultimi tre versi viene ripetuto poi eguale alla fine delle rimanenti strofe. La strofa del n. 5 costituisce un'am
plificazione della precedente: in questo caso due quartine son?
fuse insieme a formare una strofa di otto versi e, con procedi mento an?logo a quello descritto precedentemente, vengono inse
riti due refrains di cinque sillabe dopo il quinto e l'ottavo verso:
Nunc clericorum contio
devota sit cum gaudio in tanto natalitio; nam summi Patris filio
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110 G. De Alessi
datur excelebratio.
Gaudeat homo!
Qui carnis sumpto pallio in virginis palatio,
nostra fuit redemptio. Gaudeat homo! (vv. 1-10)
In un solo caso il dimetro giambico ? usato fuori del consueto
schema a quartine e pi? precisamente nel refrain del n. 32, dove
si organizza in gruppi di sei versi monorimi.
Il dimetro giambico, nei componimenti del nostro manoscritto, si presenta con tutti i caratteri della normalit? giusta le leggi che
regolano l'imitazione r?tmica del modello classico. Alcune iper metrie riscontrabili nel n. 25 quali
" vivus | apparuit fidelibus
" o "
Iesus | ascendit cum victoria" sono da attribuirsi probabil mente ad un processo an?logo, sia pure a specchio, a quello, esaminato precedentemente, che porta alla formazione di versi
8pp+3p o 8pp+7p. Abbiamo anche qui il dimetro giambico questa volta con un'aggiunta di due sillabe poste all'inizio del
verso, non diversamente da quanto ? stato visto per il n. 29.
In un certo numero di casi si ha pure l'imitazione r?tmica del
dimetro giambico catalettico (7p), normalmente distribuito in strofe
complesse o usato come refrain. L'abbiamo gi? visto costituire
la cauda nei versi del n. 17. In un caso forma strofa indipen dente: nel polimetro n. 22 in cui i versi 7p formano strofe di
otto versi ciascuna. Si trova anche alternato agli asclepiadei mi
nori del n. 6, come si vedr? pi? avanti.
La rima ?, nella grande maggioranza, bisillaba. Si affaccia
a volte la rima perfetta, forse casualmente. Rima perfetta si ha
invece quasi sempre quando la clausola ? parossitona come ad
esempio fra i dimetri giambici catalettici del n. 17 dove ? estesa a tutti i casi.
Vasclepiadeo minore
L'imitazione r?tmica dell'asclepiadeo minore ne fa un verso
di dodici sillabe che la cesura divide in due part? eguali, 6+6. II soleo della cesura, reso pi? netto a volte dalla rima interna,
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Repertorio m?trico del ms. B. N. Lat. 1139 111
an?logamente a quanto si ? visto a proposito degli emistichi del
tetr?metro trocaico, non tarda a conferir? aU'emistichio, in certi
casi, la dignit? di verso indipendente. La variante pi? diffusa
dell'asclepiadeo minore r?tmico presenta cadenza proparossitona a
fine di verso e a fine di emistichio (6pp +6pp). In molti casi pu? mancare la clausola proparossitona alla fine del secondo emisti
chio o alla fine del primo. Si possono infine av?re asclepiadei minori con cadenza parossitona a fine di emistichio e a fine di
verso. La ricca organizzazione strofica, eredit? della m?trica clas
sica, ehe caratterizza l'uso dell'asclepiadeo, non trova equivalenti nelle composizioni del nostro manoscritto. In quattro casi lo
vediamo raccolto in strofe: nei nn. 3 (quartine), 6 (distici), 14 (ter zine) e 31 (distici), mentre in altri due casi (nn. 18 e 51) la ter zina e il distico di asclepiadei servono rispettivamente corne refrain
e cauda ad una strofa composta di altri versi. Il n. 52, in distici
con refrain, si isola dalle altre po?sie per la gen?rale presenza (con la sola eccezione del distico iniziale) di emistichi a cadenza paros sitona. La pi? diffusa forma strofica in cui si raccolgono gli
asclepiadei, la quartina, ? rappresentata solo in un caso, il n. 3
(la gi? citata Lamentatio Rachel).
Degno di rilievo ? il n. 31. Qui, an?logamente a quanto ac
cade per il settenario trocaico catalettico, il primo emistichio
dell'asclepiadeo presenta una cesura secondaria che lo divide in
due parti 3 +3 arricchite da una rima interna. Di questa t?cnica,
che fa assumere al verso una struttura 3 +3 +6pp, non esistono
forse altri esempi documentati:
Auscultet, exultet fidelis contio, c?ntica r?tmica, fidelis, gaudio! (vv. 1-2)
Un'altra strofa del tutto particolare e che costituisce un caso
?nico in tutta la letteratura m?di?vale, ? rappresentata dal n. 6:
O Deus quam brevis est vita mortalium!
suo perit augmento. Earn si compares ad evi spatium
vix par est ut momento. (vv. 1-4)
In questo tropo gli asclepiadei, tutti arricchiti da una rima bisil
laba in i-u, son? alternati a versi di sette sillabe con cadenza pa
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112 G. De Alessi
rossitona uniti tra loro con rima perfetta in ?nto. Spanke 28
giu dica il secondo verso un ferecrateo e l'ipotesi pu? essere senza
dubbio giustificata dalla sua presenza nei sistemi asclepiadei clas
sici. Sembra tuttavia pi? legittimo considerarlo come l'imitazione
r?tmica del pi? diffuso dimetro giambico catalettico.
La considerazione forse pi? interessante sulla t?cnica di ela
borazione dell'asclepiadeo si pu? fare a proposito del n. 7. Le
due strofe di questo versus presentano all'inizio un gruppo di
versi 6pp con questa struttura: a a b c c b.
Ex Ade vitio
nostra perdicio traxit primordia.
Dei et hominum
per Christum dominum
facta concordia. (vv. 1-6)
Attraverso questo schema si pu? constatare come l'asclepiadeo minore subisca un trattamento an?logo a quello ehe caratterizza
il settenario trocaico nella formazione del cosiddetto versus cau
datus tripertitus. Anche qui infatti si crea una strofetta composta dal primo emistichio raddoppiato e seguito dalla cauda costituita
dal secondo emistichio.
Quest'ultimo esempio, con quello sopraccitato (n. 31), ci di
mostra che l'elaborazione m?trica, documentata soprattutto per il tetr?metro trocaico, per cui il verso, diviso nelle sue componenti,
finiva per assumere l'aspetto di una strofetta, funzioni, sia pure in misura minore, anche per l'asclepiadeo; ci dimostra insomma
che questa t?cnica era gen?rale ad un dato momento dell'evolu
zione della m?trica mediolatina, corrispondente grosso modo alla
fine dell'XI sec?lo.
Come ? gi? stato osservato, la grande maggioranza degli
asclepiadei minori segue lo schema pi? diffuso nel Medioevo, pre sentando clausola proparossitona a fine di verso e a fine di emi
stichio. La clausola parossitona, quasi gen?rale nel gi? citato
n. 52, ? eccezionale negli altri casi.
28 Cfr. Spanke, op. cit. p. 291.
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Repertorio m?trico del ms. B.N. Lat. 1139 113
La rima a fine di verso ? nella sua grande maggioranza bisil
laba. Nei componimenti in cui esiste consonanza interna fra i
due emistichi del verso, la rima ? quasi sempre monosillaba. Nel
n. 31 abbiamo inoltre rima interna fra i due elementi del primo emistichio: in questo caso la rima ? bisillaba e in alcuni casi per fetta.
I due emistichi di sei sillabe dell'asclepiadeo minore assumono
spesso l'aspetto di verso indipendente usato in serie continua o
come componente di strofe complesse. II n. 10 ? seguito da un
refrain di sette versi 6pp monorimi. La rima ? generalmente bi
sillaba.
// verso 6p
Fra le formule pi? comuni nate dalla liturgia ed ?sate fin dai tempi pi? antichi come refrain, troviamo ad esempio quelle del Miserere nobis, Deus miserere etc. che corrispondono ad un
verso di sei sillabe a cadenza parossitona. Refrains costituiti di
tre o quattro versi di tal genere si trovano nella poesia mozaraba29
e costituiscono l'esatto modello del celebre inno Ave maris Stella, risalente forse alia fine del IX sec?lo, molto noto ed imitato durante tutto il Medioevo. II verso 6p ? rappresentato nel nostro
manoscritto in due casi. Il tropo di sostituzione del Pater noster, n. 33:
Pater tui sumus
qui es poli sidus; sanctifica laude
nomen tuum dare. (vv. 1-4)
denuncia chiaramente l'imitazione del modello dell'^ve maris
Stella sia nella struttura a quartine della composizione, sia nella
presenza di rime monosillabe (ormai occasionali nel manoscritto), sia nel genere (parafrasi di una nota preghiera). Troviamo ancora
il verso nel n. 4, raccolto in terzine ed usato come refrain. Anche
29 Cfr. Norberg, op. cit. pp. 150-151.
8
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114 G. De Alessi
in questo caso il modello ? molto antico dal momento che lo si
pu? far risalire ai refrains di tre o quattro versi della poesia moza
raba gi? citati.
Modellato su questo verso ? il tropo volgare n. 37 O Maria
Deu maire in quartine di versi di sei sillabe.
77 verso 5p
In quattro componimenti del manoscritto ? presente il verso
5p, imitazione r?tmica dell'adonio classico. In due casi (nn. 1 e 5)
funge da refrain, in un caso (n. 11) fa parte di una strofa com
plessa ed in un altro caso infine (n. 15) ? raccolto in quartine
(con due refrains, sempre 5p, dopo il secondo e il quarto verso) :
Virgine nato
rege beato
gaudeat orbis; hoste fugato se medicato
gaudeat orbis. (vv. 1-6)
Il verso goliardico
La composizione polimetrica n. 32, gi? pi? volte citata, ?
composta da due gruppi paralleli di versi ciascuno dei quali ini ziante con un distico:
Incomparabiliter cum iocunditate
gaudeamus pariter in hac sollempnitate ! (vv. 1-2)
Innumerabilibus Nicholai vita
clarens claris actibus, ut gemmis redimita. (vv. 17-18)
Entrambi i distici sono composti da un verso 7pp+6p seguito da un verso 7pp+7p. Ora, il primo verso corrisponde esattamente
al verso "goliardico "
che ebbe, come ? noto, grandissima dif
fusione nel XII sec?lo soprattutto nella poesia profana. Di questo
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Repertorio m?trico del ms. B.N. Lat. 1139 115
verso si hanno gi? tracce sin dal IV sec?lo 30; appare in seguito usato sporadicamente in refrains delPalto Medioevo ed una sola
volta, prima della grande diffusione della poesia goliardica, rac
colto in strofa: in un Planctus di Abelardo 31. Nel nostro mano
scritto il verso ha una realt? troppo esile per poterie conferir? un
concreto significato. Tuttavia la sua presenza in un tropo di
complemento dedicato alia festa di S. Nicola e composto per gli studenti del monastero, vale a dire in una poesia tra quelle che
pi? si distaccano dal l?game lit?rgico per avviarsi verso un conte
nuto profano, potrebbe essere considerata come una tappa impor tante della sua utilizzazione nella direzione della poesia secolare.
// verso 9pp
Nella composizione n. 51, Patris ingeniti filius, troviamo, ?nico caso nel nostro manoscritto, il verso 9pp la cui origine, come
testimonia Norberg 32, ? da ricercarsi in formule liturgiche ?sate
alPinizio come prosa. II verso ? organizzato in quartine mono
rime, forse ad imitazione della tradizionale strofa di dimetri giam
bici, seguite da un refrain di due versi 6pp+6pp.
Altri versi
Vi ? infine tutta una serie di versi di uso pi? raro che fun
gono da refrain o son? distribuiti in strofe complesse. Un primo
gruppo ? caratterizzato dalla presenza di un elemento 6pp nel
primo emistichio:
6pp+4p: "
Nabucodonosor | prophetiza "
(n. 48)
6pp +7p: "fert duo genitrix | paria paupertina "
(n. 11)
6pp +7pp: "
Psallite concio | psallat cum tripudio "
(n. 41)
30 Cfr. Norberg, op. cit. p. 151.
31 Cfr. Norberg, loc. cit. 32
Cfr. Norberg, op. cit. p. 149 sgg.
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116 G. De Alessi
Un secondo gruppo presenta al primo emistichio un elemento 4p:
4p +5p: "Eva virum | d?dit in mortem" (n. 43)
4p +5pp: "Fulget dies | ista Celebris "
(n. 22)
4p +7p: "
qua de morte | resurgit homo reus "
(n. 8)
Resta?o infine alcuni versicoli usati in strofe polimetriche o in refrains :
3p: "produxit" (n. 49)
3pp: "paleam" (n. 7)
4pp: "
humillimum "
(n. 7)
5pp: "vite bravium" (n. 29).
Corne si ? potuto constatare, i versi latini pi? usati in ordine di decrescente frequenza sono:
1) il tetr?metro trocaico con i suoi derivati (453 vv.), 2) il dimetro giambico (294 w.), 3) l'asclepiadeo minore (157 vv.), 4) il decasillabo (126 vv.). Seguono poi a notevole distanza il verso 6p, il verso 5p e infine gli altri versi esaminati pi? sopra.
Dato che i versi latini della sezione presa in considerazione son?
in tutto 1233, i quattro primi tipi costituiscono la stragrande mag
gioranza (83,5%). La predilezione per questi versi sta ad indicare
un preciso orientamento da parte dei compilatori della raccolta, ormai svincolati dalla tradizione pi? antica (dove prevaleva casomai
l'esametro dattilico). L'osservazione non ? accademica, nel senso che, dei quat
tro tipi su elencati, ben tre hanno avuto larga fortuna nella pi? antica versificazione francese. Come ? noto, il decasillabo ha
dato origine al d?casyllabe dei pi? antichi poemetti agiografici (Saint Alexis, Boeci etc.), passato poi alia poesia l?rica (si vedano
nello stesso manoscritto i d?casyllabes volgari dello Sponsus e del
tropo volgare del Tu autem) e nelle chansons de geste 33.
L'asclepiadeo minore ha dato origine alPalessandrino, che
33 Cfr. D'A. S. Avalle, Preistoria delVendecasillabo cit.
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Repertorio m?trico del ms. B. N. Lat. 1139 117
compare pero relativamente tardi nella letteratura francese (verso la meta del XII sec?lo)34.
II dimetro giambico infine, soprattutto nella sua organizza zione ambrosiana, costituisce il modello ??Y octosyllabe sin dalla
Passion di Clermont-Ferrand (fine X sec.)35. Nel manoscritto troviamo inoltre due composizioni volgari
nate dal calco degli altri versi mediolatini compresi nel suo reper torio. II n. 36, In hoc anni circulo, che presenta, alternate, quar tine latine e volgari, ? costituito, per la parte latina, di versi 7pp
(corrispondenti al secondo emistichio del tetr?metro trocaico), mentre il calco volgare ? composto appunto di versi di sette sillabe.
II n. 37, O Maria Deu maire, costituisce un evidente calco
del verso 6p, diffuso nel Medioevo soprattutto sull'esempio del
l'inno Ave maris Stella, e presente nel nostro manoscritto ad esem
pio nel Pater tui sumus (n. 33). A parte questi due Ultimi tipi di verso che non hanno avuto
praticamente s?guito nella poesia romanza, gli altri tre costitui
scono la base stessa della versificazione volgare pi? antica, cui
forniscono il contingente pi? rilevante nei testi scritti nel XII e XIII sec?lo. La congruenza non pu? essere casuale e sta a dimo
strare una particolare predilezione da parte dei compilatori del
nostro tropario per le strutture ritmiche dest?nate a imporsi nei
testi gallo-romanzi. Dato che due almeno di questi versi, vale a dire il decasillabo
e il dimetro giambico, risultano impiegati in testi in lingua volgare anteriori al lat. 1139, ci si pu? chiedere se il favore accordato a
tali versi non sottintenda una deliberata apertura verso i modi
propri della poesia "
popolare ". L'impressione ?, in altre parole, che non pochi dei
" volgarismi
" del manoscritto rappresentino
non tanto un precedente, quanto piuttosto la prova del diffondersi
e dell'imporsi del gusto per la poesia "
popolare ". Non per
questo la testimonianza del lat. 1139 ? meno interessante: da essa
infatti risulta che gli scrittori dell'epoca ave vano ancora ben chiara
34 Cfr. D'A. S. Avalle,
' Le origini della quartina monorima di alessandrini ',
in Saggi e ricerche in memoria di Et tore Li Gott i I, Palermo 1962, pp. 119-160. 36
Cfr. D'A. S. Avalle, Cultura e lingua fran?ese delle origini nella "Passion"
di Clermont-Ferrand, Milano-Napoli 1962.
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118 G. De Alessi
la coscienza della derivazione della versificazione romanza da
quella mediolatina ed inoltre che non avevano difficolt? a risolvere
il problema etimol?gico dei versi romanzi che volevano imitare.
Il caso pi? t?pico ? quello dello Sponsus dove la melod?a delle Fatue
e delle Prudentes, sempre id?ntica, tranne varianti minime tra le
varie strofe, ? applicata indifferentemente a decasillabi mediolatini
ed a d?casyllabes in lingua volgare.
Rapporti non meno stretti fra le due versificazioni si possono riscontrare nel settore della organizzazione strofica dei versi. Sono
state gi? rilevate evidentissime analogie fra alcune strofe del lat.
1139 e quelle del primo dei trovatori: Guglielmo IX. Sei almeno
degli undici componimenti di Guglielmo IX giunti fino a noi36
avrebbero, secondo Spanke, il loro modello strofico nel nostro
tropario.
Quattro canzoni del duca di Aquitania che presentano uno
schema strofico molto simile e precisamente:
IV e VII a a a b a b
8 4 8 4 V a a a b x b
8 4 8 4 VI aaaabab
8 4 8 4
rivelano evidenti analogie con il n. 16 (In laudes Innocentium)37
che, come abbiamo visto, ? organizzato nel seguente modo:
a a a b a b (nella prima strofa)
8pP 4p 8pp 4pp
c c c b a b
d d d b a b etc. (nelle strofe seguenti)
36 Cfr. A. Jeanroy, Les chansons de Guillaume IX, Paris 1927, a cui si rimanda
per la numerazione delle canzoni di Guglielmo IX. 37
Cfr. Spanke, op. cit. p. 106. Le analogie si possono estendere al repertorio di Marcabru e di Peire Cardenal.
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Repertorio m?trico del ms. B.N. Lat. 1139 119
Modello di un'altra t?pica strofa di Guglielmo IX (cfr. nn. I, II, III), quella cio? costituita di due versi di undici sillabe seguiti da un verso di quindici sillabe, sarebbe, sempre secondo Spanke 38, il n. 41 {Promat chorus hodie \ o conti?) costituito di distici di versi 7pp arricchiti di una cauda 4pp sempre eguale (o conti?)
seguiti da un refrain (6pp+7pp). A questa tesi si oppone Michel
Burger 39
secondo il quale il poeta si sarebbe ispirato a canzoni
popolari della sua ?poca. Infine nella struttura strofica del n. 36
{In hoc anni circulo) Guglielmo IX avrebbe trovato il modello del famoso vers, Pos de chantar m'es pr?s talentz (n. XI)40, che Me
n?ndez Pidal considera come il primo caso di imitazione dello zadial arabo nell'Europa latina 41.
Accanto a strofe isometriche e monorime, che sotto questo
aspetto non si differenziano dalla pi? antica versificazione medio
latina, ne compaiono altre di tipo polimetrico e b?sate su un gioco estremamente complesso di rime e di assonanze: tipici ad esempio i nn. 7, 8, 9, 11, 49. In tutti questi casi sembra di poter escludere
che la strofa ricalchi la struttura della sequenza o comunque del
tropo a formula ripetuta: una risposta definitiva a questo pro blema non potra venire ovviamente che dalla m?sica. Quello che colpisce ? la indubbia analog?a strutturale fra queste strofe
e quelle adottate pi? tardi nella poesia l?rica dei trovatori. Anche
se non mi ? stato possibile ritrovare nel R?pertoire m?trique di
Frank equivalenti esatti di queste strofe, ? un fatto che in alcune
di esse si riconosce la t?pica divisione della canso in fronte e sirima.
Si veda ad esempio il caso del n. 7 {Ex Ade vitio) dove la fronte
? costituita dai primi sei versi divisi in due piedi:
a a b c c b (nella prima strofa)
6pp
38 Cfr. Spanke, op. cit. p. 19.
89 Cfr. M. Burger, Recherches sur Vorigine et la structure des vers romans> Paris
1957, pp. 65-81. 40
Cfr. H. Spanke, f La teor?a ?rabe sobre el origen de la l?rica rom?nica a la
luz de las ?ltimas investigaciones '
in Anuario Musical del Instituto Espa?ol de Musi
colog?a 1, 1946, 5-18. 41
Cfr. R. Men?ndez Pidal, Poesia araba e poesia europea ed altri saggi, Bari
1949, pp. 1-59.
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120 G. De Alessi
a a b a a b (nella seconda strofa)
6pp
La sirima comprende i versi rimanenti (nove in tutto) secondo
il seguente schema:
bbdddeffe
3pp 7pp 4pp 7pp 4pp 4p 7pp 4pp 4p
dove il primo verso riprende la rima dell'ultimo verso del secondo
piede 42. Contrariamente a quanto afferma Jeanroy 43, in questo caso si osserva dunque la divisione della fronte in due parti, fen?
meno questo, secondo lui, piuttosto tardo.
Sempre secondo Jeanroy, la strofa della canzone risulterebbe
dalla somma della stanza vera e propria (= fronte) con un antico
refrain (= sirima), vale a dire delle due parti rispettivamente riser
vate al solista ed al coro. Questo ? proprio il caso di uno dei nostri
componimenti, il n. 17 (Lumen patris resplenduit), dove la fronte
? costituita da due "
couplets monorimes "
di versi 8pp +7p, sostan
zialmente non diversi dai piedi della fronte della canzone classica, mentre la sirima ? ancora rappresentata da un vero e proprio refrain:
Lumen patris resplenduit, exsultet omnis mundus?
Deus natus est hodie, sit homo letabundus!
Humana caro floruit per hominem secundum,
quam primus parens posuit doloris in profundum.
In gaudio sit contio,
sollempnis modulatio
atque mentis devotio. (vv. 1-8)
Nel n. 49 (Letabundi iubilemus) la fronte ? ottenuta dalla sud divisione e successiva moltiplicazione per due del primo emistichio
42 Si tratta del cosiddetto
" verso chiave" definito da Dante (V. E. II, XIII 6)
" ... quedam ipsius stantie concatenatio pulcra ". 43
Cfr. A. Jeanroy, La po?sie lyrique des troubadours II, Paris 1934, p. 69.
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Repertorio m?trico del ms. B. N. Lat. 1139 121
del tetr?metro trocaico (secondo la t?cnica del versus caudatus tri
pertitus) :
a a b
8p 7pp
La sirima invece ? costituita dai sei versi rimanenti secondo lo schema:
b b c d d c
6pp 4pp 3p 6pp 4pp 3p
sostanzialmente id?ntico a quello della sirima del n. 7, con il verso
chiave, b, che riprende l'ult?mo verso della fronte.
Questa serie di fatti richiede for se una parola di commento.
Come si ? gi? visto, alcuni dei fenomeni qui elencati preesiste vano, nella poesia in lingua volgare, alla compilazione del lat. 1139.
Altri invece, almeno alio stato attuale delle nostre conoscenze,
precedono nel tempo le prime applicazioni nelle letterature in
lingua volgare. Sotto questo rispetto il nostro c?dice pu? essere
quindi considerato come il punto d'incontro delle esperienze lette
rarie che si compivano allora contempor?neamente nei due settori
della poesia mediolatina e della l?rica in lingua volgare. L'intimit?
e la strettezza dei rapporti fra i due diversi tipi di esperienze trovano nel nostro manoscritto la loro pi? valida testimonianza, se si pensa alla capacita della poesia mediolatina dell'epoca di
far proprie le istanze della poesia in lingua volgare e nello stesso
tempo di prestare a taie poesia tutta una serie di tecniche in cui
? agevole riconoscere la mano esperta di tropatori rotti alie astuzie
ed alie complicazioni formali della poesia e della m?sica para
liturgiche.
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122 G. De Alessi
Appendice
I componimenti hanno il numero d'ordine riferito nelPindice. Le
note seguono questo schema: 1) Altri manoscritti che presentano il
componimento 2) Edizioni parziali o complete 3) Numero d'ordine
del componimento nei repertori di Chevalier e di Walter 44 4) Posi
zione lit?rgica della composizione 5) Commento m?trico.
n. 7
1) Paris, B.N., lat. 3719, fol. 165r (quattro strofe); Paris, B.N., lat.
3549, fol. 19v (quattro strofe). 2) Raillard, op. cit. n. 4, p. 144; Analecta Hymnica XX, n. 33, p. 60; Chailley, op. cit. p. 330 (trascri zione musicale). 3) Chevalier, 26258; Walter, 5974. 4) Tropo di
complemento (Natale). 5) Due strofe con la costruzione:
a a b c c
6pp bbbdddeffe;g
3pp 7pp 4pp 7pp 4p 4p 7pp 4pp 4p 6pp
g h i i h h h 1 1 1 m
3pp 7pp 4pp 7pp 4p 4p
n n m. Rime bisillabe.
7pp 4pp 4p
I Ex Ade vitio
nostra perdicio traxit primordia.
Dei et ominum
per Christum dominum
facta concordia.
44 Cfr. U. Chevalier, Repertorium Hymnologicum. Catalogue des chants, hymnes,
proses, s?quences, trope * en usage dans l'Eglise latine depuis les origines jusqu'? nos jours (Extrait des Analecta Bollandiana), Tome I-V, Louvain 1892-1921. Tome VI
(Pr?face, table), Bruxelles 1920. H. Walter, Carmina Medii Aevi Posterions Latina.
I. Initia Carminum ac Versuum Medii Aevi Posterions Latinorum, G?ttingen 1959.
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Repertorio m?trico del ms. B.
Eia.
Gaudeat Ecclesia
fidelium.
Virgo mater filium
humillimum,
redemptorem,
virgo manens, edidit;
quod accidit
pr?ter morem.
II Ut solis radius
intrat innoxius
fenestram vitream,
sic Dei filius
immo subtilius
aulam virgineam.
Paleam
retulit ad aream
ventilabrum; infra carnis velabrum
candelabrum
ver? lucis, seu sol nube latuit; nec orruit
mortem crucis.
r. Lat. 1139 123
10
15
20
25
3 dopo primordio si legge Eia gaudeat ecclesia fidelium cancellato con un tratto
rosso 29 nec corruit
16 topos estremamente diffuso nei componimenti mariani; cfr. Chailley, op. cit.
p. 328.
22 sgg. cfr. Matt. 3, 12: "
Cuius ventilabrum in manu sua, et permundabit
aream suam, et congregabit triticum suum in horreum; paleas autem comburet
igni inextinguibili ".
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124 G. De Alessi
n. 8
2) Spanke, Beziehungen cit. p. 156. 4) Tropo di complemento (Natale).
5) Una strofa con la costruzione: a a a b b
4pp 7p 4+7p
b
d
c
6pp
d
d
4pp
d e.
6pp 4pp 6pp
d d d
Rime bisillabe.
ErRISA BERNART VERSUS
Lux rediit
que exiit, et adiit
defunctum Eliseus;
qua de morte resurgit homo reus
quia fit homo verus de Deo Deus.
Lumen de lumine
homo pro homine
fit absque semine
de matre virgine:
quem tremunt supera
quem infera.
Intra mera
virgo vera
fert viscera
pu?rpera.
Ruit fera
gens misera
let?fera; et honera
iam vetera
cadunt sub gratia et ?spera
legis iudicia.
10
15
20
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Repertorio m?trico del ms. B.N. Lat. 1139 125
2 qua 17 ripetuto ruit fera cancellato con un tratto rosso
4-5 cfr. 4 Reg., 4, 8-38.
16 cfr. Du Cange, s.v. pu?rpera'. "
partus puellae quae primum masculum
generat ".
n. 9
2) Spanke, op. cit. p. 156. 4) Tropo di complemento (Natale). 5) Una strofa con costruzione id?ntica alia precedente.
Versus
Novus est rex
et nova lex, et novus grex novo gaudet pastore.
Nova mater, novo fecunda rore 5
novam prolem novo concepit more.
Gens honorifera,
legis adultera,
quem docet littera
natum considera: 10
qualis nativitas,
que novitas,
que bonitas,
que caritas
et castitas, 15
fecunditas, humanitas
et deitas!
O cecitas
quid dubitas? 20 Est veritas
carnis in lumine, et dignitas
matris in virgine!
21 et
9-10 i versi corrispondono ai vv. 37-38 della notissima sequenza Letabundus.
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126 G. De Alessi
n. 11
4) Tropo di complemento (Presentazione). 5) Tre strofe con la costru
zione: aaaaabbbb. Rime
4pp 7p 6pp+7p 5p 7p bisillabe con alcune rime perfette.
I Est hodie rex glorie, rex nimie
potentie, cum spetie 5
oblatus columbina; fert duo genitrix paria paupertina, set paupertina fit Stella matutina.
II Ortus sine 10
peccamine de virgine
pro crimine, ab homine
datur Omnipotenti; 15
quem letus suscipit senex motu trementi, seni trementi
subi[t] dux firmamenti.
III [O], vivere!
Vitam gere, 20
et propere cum mu?ere
ingredere ad templum Salvatoris!
Letare, Symeon, cantu ment?s et oris! 25
Iam cantus oris
sonet intus et foris!
Ul 15 omnipotente 17 senex 19 Uiuere 22 o cum mu?ere
5-7 cfr. Le. 2, 24-32.
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Repertorio m?trico del ms. B.N. Lat. 1139 127
n. 49
1) Prosolarium Ecclesiae Aniciensis (come conductus nel terzo notturno).
3) Chevalier, 9987. 4) Tropo di complemento (Natale). 5) Tre strofe
con questa costruzione: a a b b b c d
8p 7pp 6pp 4pp 3p 6pp d c. Rime perfette nelle clausole parossitone, bisillabe nelle
4pp 3p clausole proparossitone.
IC INCOANT BENEDICAMUS
I Letabundi iubilemus, accurate celebremus
Christi natalicia.
Summa leticia
cum gratia 5
produxit,
gratanter mentibus
fidelibus
inluxit.
II Eructavit pater verbum, 10
perdit hostis ius acerbum
quod in nobis habuit;
quod diu latuit
tune patuit arcanum, 15
qui contra gariunt insaniunt
invanum.
III O res digna predican cui non valent conparari 20
quantavis miracula!
Ferit virguncula
per s?cula
rectorem,
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128 G. De Alessi
conceptum edidit 25
nec perdidit
pudorem.
Universit? di Torino
19 re
22 ferit metaplasmo per fert. Cfr. A. Uddholm, Formulae Marculfi, Uppsala
1953, p. 93; D. Norberg, Manuel pratique de latin m?di?val, Paris 1968, p. 144,
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