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rivista num 17

Date post: 25-Mar-2016
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pesca a mosca, rivista di pesca a mosca gratuita
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FFMAGAZINEFFMAGAZINE

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Rivista di Pesca a M

osca

n°17

Rivista bim

estrale a pubblicazione online registrata presso il Tribunale di Modena il 09/07/2009 prot. n°1963

LA PRIMA RIVISTA ITALIANA DI PESCA A MOSCA ONLINE GRATUITA

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LA PRIMA RIVISTA ITALIANA DI PESCA A MOSCA ONLINE GRATUITA OTTOBRE-DICEMBRE 2012

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Direttore ResponsabileBaroni Franco

Direttore EditorialeMondini Alberto

GraficiMondini AlbertoBagagli Daniele

CoordinatoreRedazionaleMagliocco Massimo

CollaboratoriCastellani LucaBorriero MorenoBailey Philip

Distribuzione WEBPubblicazioneBimestrale RegistrazionePresso il Tribunale diModena n° 1963 del09/07/2009 Rivista Gratuita -

Pubblicità Alberto MondiniTel. 3318626216

e-mai:[email protected]

Tutti i Diritti RiservatiFFMagazinewww.ffmagazine.com

Il Kennet su BenhamEstate

Moreno Borriero

Capitolino ...ma noncapitolato

Gabriele Zingaro

Ninfa di EffimeraAlberto Mondini

Petri..Heil l!!!Roberto Furlan

BFFIMoreno Borriero

Lancio o Mosca ??Michele Malagugini

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Peccato Massimo MaglioccoQuando sono venuto a sapere della chiusura di Fly fishing, la rivista pamdi cui insieme al nostro direttore editoriale Alberto Mondini ed altri, sonostato fondatore, sono rimasto molto dispiaciuto e immediatamente misono rifatto la domanda che mi pongo già da un po', ma da noi in Italia,le riviste pam cartacee, che prospettive hanno ? Bella domanda, se sipensa che le spese di stampa sono quelle che incidono di più sul costototale e che se non arrivi ad avere un tot di abbonati ti "uccidono" com-promettendo un po' tutto, dalla qualità alla realizzazione del progetto.Io non so quale sia stata la causa della chiusura di Fly fishing ma quandouna testata chiude e' comunque una sconfitta che oltre a toccare l'edito-re, per chiari motivi, tocca gli articolisti che come sempre, oltre a metter-ci la faccia su quello che scrivono, sono l'elemento fondamentale senza ilquale una rivista non potrebbe esistere.So che probabilmente ci sarà qualcosa di nuovo prodotto dagli stessi col-laboratori di ff e credo che punteranno sull'online, che e' la nuova frontie-ra. Già l'online, spernacchiato a destra e a manca quando decidemmo diprovare. In effetti da noi tutto ciò che si preannuncia come "novità" vienesempre visto con sospetto e dubbio senza pensare che all'estero la cosa e'ormai normale da anni, ma si a come siamo fatti, pronti a criticare e arimangiarci tutto nel giro di poco....come e' successo con la nostra rivistache secondo alcuni ben pensanti avrebbe dovuto chiudere dopo pochinumeri mentre come sappiamo e' un vero e proprio punto di riferimentoper tutti i pam da molti anni.Noi nel nostro piccolo, abbiamo fatto questa scelta "costretti" dall'impos-sibilità di poter investire nel cartaceo ma non tutti i mali vengono per nuo-cere se si pensa che ad oggi, essendo stati i primi in Italia, arriviamo acasa di oltre 4.000 lettori che ci seguono senza spendere un centesimo.Colgo l'occasione per dirvi che la nostra redazione ha pronto un nuovo for-mat che sarà riempito da articoli firmati da "gente" qualificata che faràsicuramente acquistare qualità al già ottimo prodotto.Per concludere colgo anche l'occasione di fare un grosso in bocca al lupoanche a nome di tutta la redazione di FFMagazine, alla probabile nuovarivista che nascerà poiché credo che come ormai l'Ipad sta affiancando,speriamo senza sostituirlo, il libro, anche un prodotto di nicchia come unarivista pam deve avere una sua collocazione moderna e pratica da affian-carsi alle riviste cartacee.

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PETRI HEIL !!!Roberto Furlan

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Vacanze finite, anzi probabilmente quando leggerete questerighe, saranno già dimenticate, ma perché non ricordare le lunghe gior-

nate, il sole e l’ultima bollata al buio o semplicemente iniziare a pensare aquelle del prossimo anno?Da qualche anno trascorro le mie vacanze nella splendida valle Defereggental inAustria. Per raggiungerla basta percorrere la val Pusteria seguire le indicazioniper Anterselva, superare il passo Stalle ( 2000 mt.) e si è arrivati.Appena superato il passo, vedrete alla vostra sinistra un lago, con acque cri-stalline, il suo nome è Obersee.E’ un lago che sembra creato proprio per la pesca a mosca, soprattutto quellain dry fly. Il sentiero che lo costeggia, dà la possibilità di lanciare praticamentedovunque senza complicazioni. A onor del vero c’è un piccolo tratto dove lamontagna scende a perpendicolo, ma, sempre restando sul sentiero (che

corre vicino alla riva ), si riesce ad operare senza complicazioni.

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L’ acqua è molto limpida e vi permetterà di avvistare i pesciche perlustrano le rive alla“costante” ricerca di cibo. Ho volutamente usato

la parola”costante”perché le bollate sono costanti durante tutto l’arco dellagiornata, anche se nel tardo pomeriggio normalmente sono destinate ad inten-sificarsi. Ci troviamo in un posto da cartolina e non solo per noi ma anche pergli amanti della montagna, quindi vi capiterà durante la vostra uscita di incon-trarne qualcuno che passeggia lungo le sponde,ma non sono molti e non dannofastidio e poi verso le cinque del pomeriggio spariscono rendendovi l’ unico es-sere umano a godersi il lago.I pesci presenti sono trote fario ed iridee, salmerini e anche temoli, che però, puravendo visto qualche esemplare girovagare nel sottosponda, non sono mai riu-scito nell’intento di catturarne uno. La taglia media non è eclatante, anche sevedrete alcuni esemplari di notevoli dimensioni.

Trovare la mosca giusta è fondamentale, ma non pensate che

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trovata, le catture siano a ripeti-zione, anzi il più delle volte vedrete il pinnuto

salire, come si dice in gergo. “a candela “ per poirifiutare la nostra insidia fermandosi a guardarla perqualche istante per poi ritornare da dove era venuto.Comunque non pescherete mai l’acqua, ma avrete adisposizione parecchi pesci da tentare nell’arco dipochi metri. Vi posso assicurare che la giornata pas-serà in un baleno. Questo lago è situato a 2000 mt.e anche nel mese più torrido dell’ estate, la tempe-ratura non sarà mai eccessiva e al mattino e alla seravi consiglio un pile leggero. Nelle ore centrali dellagiornata il bacino viene accarezzato da una lievebrezza, che però non pregiudicherà la vostra azionedi pesca, poi nel pomeriggio il lago torna ad esserepiatto come piace a noi.L’ OBERSEE è un lago abbastanza facile, a patto didestreggiarsi con lanci lunghi con attrezzature leg-gere. Normalmente io uso come canna una 9 piediper coda ¾, che vi permetterà di opporre meno re-sistenza e forare la su nominata brezzolina.Il finale è la parte più importante di tutto il nostro ar-mamentario, dovrà essere intorno ai 5/6 mt. con laparte di potenza molto lunga mentre il tip sarà dello0/14 e anche 0/12 con una lunghezza di un 1.20 mtcirca. Un consiglio che vi vendo così come me l’hanno venduto è di strofinare il tip con dell’erba persgrassarlo il più possibile, per poter permettergli diaffondare leggermente. Ho notato che la maggiorparte dei rifiuti è causata proprio dai riflessi creati dalfinale stesso sull’ acqua.Come artificiali, funzionano molto bene, durante ilgiorno, piccole formichine e piccoli plecotteri grigioscuro, su ami del 18, mentre verso sera delle sedgemarron scuro su ami del 14/12.Non si vive di sola pesca e se nella pausa pranzo vor-rete fermarvi e mangiare un boccone c’è un risto-rantino proprio sulla sponda del lago, con cucinatipica autriaca e una buona selezione di grappe e dalcosto non proibitivo.Per i permessi, dal costo di 26 euro, basta prose-guire per la strada da cui si è arrivati fino al

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paesino MARIA HILF presso la fa-miglia TROGER. Sono gentilissimi anche se

non parlano italiano, ma si fanno in quattro per ca-pirvi, compreso quello di chiamare una vicina di casache invece l’ italiano lo parla molto bene, quindi statetranquilli.Per la logistica, la signora TROGER gestisce un pic-colo,ma carino Bed&Breakfast proprio a Maria Hilf eper i suoi ospiti pescatori suo marito mette a dispo-sizione una barca per poter pescare al centro dellago, io non l’ ho fatto, ma quando ho visto cosa siscatenava in mezzo al lago mi sono mangiato lemani, “a buon intenditor…”Per gli amanti non solo della pesca, ma anche dellanatura in genere, non dimenticate un paio di bino-coli: non è raro che sulle montagne circostanti, all’imbrunire, si possano avvistare stambecchi e cervi equando la notte diventa padrona della valle scen-dono al lago ad abbeverarsi.Grazie per avermi seguito sin qui e vi lascio con unvecchio detto “provare per credere”.

TROGER KATRINMARIA HILF 619963 St. Jakob/Defe-mail [email protected]

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BRITISH FLY FISHING INTERNATIONAL 2012BRITISH FLY FISHING INTERNATIONAL 2012

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BRITISH FLY FISHING INTERNATIONAL 2012BRITISH FLY FISHING INTERNATIONAL 2012

Moreno Borriero

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Il Fly Fishing Masters si è internazionalizzata. L’impegno diMassimo Magliocco e del suo team nella penetrazione della patria della

PAM con il lancio all’Italiana, sta portando i suoi frutti. Il Regno Unito ha diverseacque da pescare dai reservoir ai piccolissimi torrenti gallesi. Naturalmente cisono anche i Chalk Stream con le loro lentissime acque silenziose. Paradossal-mente anche in queste acque è utile l’applicazione del lancio all’Italiana. MassimoMagliocco e la sua squadra ci hanno creduto e la loro perseveranza, le dimo-strazioni e la presenza in loco hanno portato ai primi corsi e ora sono giunti allaformazione dei primi istruttori Inglesi. Le persone che hanno deciso di diventareistruttori FFM, hanno compreso l’importanza della tecnica di lancio all’Italiana.Infatti quando gli istruttori hanno dimostrato i lanci antidragaggio, alcuni hannoespresso la loro ammirazione lanciando delle grida di apprezzamento –

Yeees, yees, YEEES!

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Per questo motivo la scuolanon può più mancare al BFFI e quest’anno,

oltre al consueto stand, gli istruttori FFM hannotenuto al BFFI alcuni stage per i PAM inglesi. Ledimostrazioni si sono conseguite per due giorniinteri e naturalmente da tutto questo sono sca-turite le iscrizioni ai prossimi corsi. Ho avuto ilpiacere di vedere questi neo-lanciatori all’operacon alcune canne in bambù – una Gladstone,una Moran e le mie. La qualità della loro tecnicaè eccellente e ne vedremo di belle tra qualcheanno.Presso lo stand della FFM si esponevano le canneAtomsix, il magnifico costruttore di canne ingleseche produce e monta le canne progettate daMassimo Magliocco. Oltre a questo era presenteanche lo spagnolo Maxia Rods con il quale Mas-simo collabora attivamente nella progettazionedi ottime canne in grafite. Il mio stand era ac-canto a quello della scuola, e oltre ad esporre lemie canne in bambù, ho tenuto una serie di di-mostrazioni di costruzione di mosche con CDC –un materiale che solo pochi apprezzano in GranBretagna.La fiera BFFI è soprattutto incentrata sulla co-struzione delle mosche sul podio c’erano unasessantina di tiers da tutto il mondo e il livellodegli artificiali è altissimo! La fiera merita di es-sere visitata se non altro per vedere all’opera igrandi nomi mondiali.I due giorni non sono stati solo di lavoro. Nei mo-menti di riposo l’atmosfera conviviale è statacome sempre bellissima e le risate non sonomancate! Essere alle fiere con Massimo Ma-gliocco, Alberto Mondini, Franco Baroni e ArduinoSabbatini è uno spasso, speriamo di riconfer-mare per il 2013!

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NinfaNinfa didi Effimera

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didi EffimeraEffimeraAlberto Mondini

Amo: Akita del 12

Corpo: Lana BeigeTorace: Struzzo e Pavone

Sacca alare: Fagiano

Ali: Due piume del sottoala di Fa-giano

Testa: Due tungsteno del 25 e 20

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edizioninuma.com

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Quanta importanza ha veramente il lancionella pesca a mosca?E quanto la mosca che stiamo utilizzando?

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Disquisizioni (e confessioni) semiserie diun pescatore (lanciatore) in cerca d’au-tore (e di identità).Quante volte vi sarà capitato di leggere o discutere inmerito all’argomento a cui il titolo del presente arti-colo fa riferimento? E quante volte vi sarà capitato disentenziare che contano più il lancio o la presenta-zione, che l’artificiale in se, per essere poi smentiti allaprima occasione? Chiarisco subito un punto: faccio parte dell’irriducibileschiera dei pescatori/lanciatori. Non per nulla, oramaidiversi anni fa, scelsi di intraprendere il “sentierooscuro” del lancio ed entrare a far parte di una Scuola(l’FFM), decisione per la quale tutt’ora non mi pentoe che, invece, mi ha permesso in più occasioni di con-frontarmi con i più titolati e talentuosi pescatori amosca Italiani e stranieri.Ad ogni buon conto, proprio a causa della mia “fissa-zione” per il lancio e nella convinzione che, oltre aquesto, in pesca conti di più il cosiddetto “senso del-l’acqua”, non ho mai curato molto l’aspetto “costru-zione” delle mosche, accontentandomi di utilizzareartificiali molto semplici e veloci da realizzare e,quindi, assolutamente spartani e privi di dettagli.Solo ultimamente, grazie ad un caro amico (FilippoCalore) appartenente al stesso Club di cui anch’io fac-cio parte (Fly Club Padova), ho cominciato ad incu-riosirmi al mondo degli insetti e dei microinvertebratipiù in generale e, di conseguenza, al mondo del “flytying”.Ma torniamo “a bomba”, così capirete il motivo per cuiho deciso di scrivere quest’articolo: Qualche dome-nica fa, per la prima volta da quando pesco a mosca,ho dovuto arrendermi davanti all’evidenza, ovveroche, perlomeno in quell’occasione, il lancio e la pre-sentazione non avrebbero influito sull’esito dei mieitentativi mirati alla cattura di due grossi temoli e chesolamente la scelta dell’artificiale avrebbe potuto farela differenza tra il successo e l’insuccesso.La situazione era la seguente: mi trovavo a pescarenel tratto No Kill di un meraviglioso torrente delle Do-lomiti: l’Ansiei.

Quanta importanza ha veramente il lancio

E quanto la mosca che stiamo utilizzando?

Mala

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L’acqua era di un limpido che più limpido non si può,mentre il tempo, meteorologicamente parlando, eradei più favorevoli: bassa pressione, temperatura sui14 gradi ed ogni tanto due gocce di pioggia giusto pergradire.Ad un certo punto, finalmente, scorgo due bei temoliintenti a ninfare sul fondo di una piccola buca pro-fonda non più di 60 centimetri, larga circa un metro elunga un paio di metri.“Ci siamo”, penso avvicinandomi, “ed è talmente evi-dente e frenetica la loro attività, che catturarli sarà ungioco da ragazzi!”Detto fatto, dopo aver provveduto a montare la solitaninfa di fiducia, costruita su un amo barbless del 16,testina rossa in tungsteno, corpo in fagiano e toracinoluccicante, mi avvicino lentamente, ed effettuo ilprimo lancio.Le condizioni di luce e limpidezza dell’acqua mi per-mettono di scorgere chiaramente il mio piccolo artifi-ciale scendere sul fondo della buca e di controllarnetutta la passata.“Ecco… ecco… adesso abbocca…” penso tra me e me,mentre la ninfa si avvicina al primo dei due temoli.“Dai… dai… ecco…. Niente! Niente… cavoli! Non l’haneanche degnata di uno sguardo! Forse non l’avràvista… Boh? Riprovo”Questa volta, però, lancio un pochino più a monte,per assicurarmi che i pesci abbiano tutto il tempo perscorgere la mia insidia.Lancio perfetto,… la ninfa scende,… passata per-fetta,… Nulla! Ancora una volta nulla!“Vabbè, proverò ad insistere un altro po’ e semmaicambierò ninfa”E così faccio. Insisto, insisto e insisto ancora. Cambiouna ninfa, una seconda, una terza, una quarta…Poi passo a cambiare le dimensioni degli artificiali:prima piccolissime, poi più vestite, poi decisamentepiù grandicelle ma… Nulla, nulla e ancora nulla!Insomma, una dopo l’altra metto alla prova tutto ilmio repertorio di ninfe da temoli di cui mi sono sem-pre vantato e frutto di tanti anni di esperienza. Maevidentemente, come spesso si usa dire (forse più per

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riempirsi la bocca che altro) “l’esperienza non è mai abbastanza” e “non si è maifinito di imparare!”. Ed oggi i fatti mi stanno dimostrando che questi modi di direnon sono solo semplici luoghi comuni.Ad un certo punto, oramai preso dallo sconforto, decido di fermarmi e di se-dermi a pensare.Scelgo un bel sasso che mi dia modo di osservare la buca con il suo “preziosocontenuto” e mi piazzo bello comodo.E loro, i temoli, sempre lì a ninfare. Ogni tanto si spostano. Di poco però. Un po’più in su, un po’ più a destra, un po’ più a sinistra… e continuano imperterriti amangiare… a mangiare. Cristo ma quanto mangia un temolo?“Mangiano? Caspita! Ma è ovvio, scemo che non sono altro! Come ho fatto a non

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pensarci prima? Continuano a mangiare… A mangiarecosa?”E finalmente mi rendo conto che, per l’abitudine diprestare attenzione solo al lancio e alla presentazione,fino a quel momento il mio comportamento è statodel tutto meccanico e non razionale. Il comporta-mento di un robot! Di uno stupido robot! Così, pian piano, comincio a prestare attenzione aquali sono gli insetti che passano in acqua…, qualininfe vivono sotto i sassi e, servendomi di un fazzo-letto di cotone bianco bloccato tra due pietre, mi ar-rabatto in qualche maniera per catturare quel chetrasporta la corrente.Insomma mi metto a fare semplicemente quello cheogni buon pescatore a mosca dovrebbe fare, prima dicominciare a pescare; quello che tante volte mi sonotrovato a suggerire come un approccio corretto allaPAM, magari accompagnando qualche giovane amicoalle prime armi. Ed io, stupido, con tanti anni di espe-rienza alle spalle, davo per scontato che… Vabbè va,andiamo avanti che è meglio.Così finalmente scopro che ogni tanto l’acqua trascinacon se delle piccole ninfe di colore molto scuro, quasinero direi. “Sono ninfe di effimera”, sentenzio, daquello scarso di entomologo che sono. “Mannaggia, se ci fosse Filippo… Almeno mi potrebbedare delle dritte… E comunque, adesso vediamo unpo’ se nelle mie fly box…” “Qui no. Qui nemmeno… Ecco, forse qui…” E così, daimeandri del mio gilè da “fighetto”, spunta una scatoladi mosche che non ricordavo nemmeno di avere. Contiene mosche che hanno contraddistinto il mio pe-

riodo Dadaista. Mosche (anzi sarebbe più corretto chiamarle artificiali, perchédell’insetto non hanno praticamente nulla), che costruivo qualche anno fa, con-tro il concetto classico di “imitazione”. Mosche minimaliste. Mosche in contro-tendenza con il mondo della PAM. Insomma, detto tra noi, delle vere e proprieschifezze!E tra queste spunta la “nerina”. La nerina: un amo ricoperto solo con filo di montaggio nero. Un abbozzo di co-nicità per quello che dovrebbe essere il corpo ed un leggero rigonfiamento peril torace. All’epoca costruivo la nerina, la beigiolina, la giallina, la ramina, la ro-sina… (ammappete, direte, che gran fantasia di nomi!)

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Mosche tutte uguali. Solo filo di montaggio e duefibre strappate dalla coda di fagiano ad imitazionedi una pseudo sacca alare, il tutto legato su ami agambo dritto del 16, del 18 e del 20. Unica diffe-renza tra i vari modelli: il colore. Ne macinavo a de-cine, una dietro l’altra, per riempire in fretta le miefly box. Ninfe e piccole emergenti (praticamente pe-scavo solo con ‘sta roba) che dovevano bastarmiper affrontare un’intera stagione di pesca.E mentre son lì, intento ad osservare le mie ninfeDadaiste contenute nella mia vecchia scatola por-tamosche, penso alle parole dell’amico Filippo (l’en-tomologo di prima), in occasione di unameravigliosa serata al Club, lo scorso inverno, de-dicata, appunto, al mondo degli insetti: “Nemmenola più realistica delle vostre imitazioni” sentenziavaFilippo “assomiglierà mai ad un insetto vero! Nem-meno lontanamente! Scordatevelo!” “Sì, però… Questa nerina qui… Sì, insomma, a me,veramente, sembra che assomigli molto alle ninfeche ho appena catturato. E’ molto esile, semplice…La siluette è identica…Vuoi vedere che stavolta Fi-lippo si sbaglia…”E così, dopo molti anni dall’ultima volta, torno a le-gare la nerina al mio finale.E mi riavvicino alla “buca maledetta” per effettuareun primo lancio.Stavolta le ridotte dimensioni ed il colore moltoscuro dell’artificiale non mi aiutano a scorgere lapassata della ninfa sul fondo della buca, ma la sen-sazione è quella di aver fatto le cose per bene.Ed infatti non passa un secondo che scorgo lapunta della coda di topo bloccarsi di colpo. Ferro!“C’è! Stavolta c’è!” grido felice e sorridente comebimbo che scarta i regali il giorno di Natale.Dopo un breve combattimento, sicuramente facili-tato dalle ridotte dimensioni della pool in cui sto pe-scando, il mio sudato temolo è nel guadino.Lo osservo compiaciuto e nello stesso tempo conrispetto. “Mi hai fatto impazzire sai?” gli dico “pensavo di fre-garti subito e invece ho dovuto faticare parecchio

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per convincerti ad assaggiare la mia mosca. Ma oraè tempo di ritornare in acqua”E dopo averlo slamato con cura, bagnandomi pre-ventivamente le mani, il mio amico fugge via con unguizzo, andando ad infilarsi sotto un sasso, al riparo.Sono felice. Però non sono ancora del tutto soddi-sfatto. Adesso voglio vedere, anzi, capire se quelloche mi è appena successo è solo frutto del caso oanche della logica. E mi appresto a lanciare nuova-mente la mia insidia in acqua.Il secondo temolo è sempre lì, ed anche il primo,quello che ho appena catturato e liberato, sta pianpiano ritornando al suo posto.Secondo lancio.La ninfa scende dritta sul fondo (immagino, perchénon la vedo), mentre io mi preoccupo solo di con-trollare la passata. Di osservare la punta della coda,poiché non sto utilizzando nessun tipo di segnalatored’abboccata.Ad un certo momento, nello stesso identico punto diprima, la coda torna a bloccarsi. Ferro e… “Caspita,c’è anche questo! C’è davvero!” esclamo ad alta voce.Questa volta il combattimento dura un pochino più alungo. Il pesce è leggermente più grande ed è riu-scito ad infilarsi in una piccola corrente. Ed infatti,riesce a slamarsi.“Per la miseria! Vabbè dai… L’importante, è aver ca-pito che stavolta l’imitazione, più del lancio o dellapresentazione, faceva la differenza. E devi ricordar-telo anche in futuro Mala. Capito? Mai dar nulla perscontato”E mentre rimugino, osservo il temolo che mi è ap-pena scappato tornare verso la sua buca, esatta-mente nel punto in cui si trovava pochi istanti prima.E, manco a dirlo, ricomincia subito a ninfare.“Vuoi vedere che…”Neanche il tempo di pensarlo e lancio ancora. Ve la faccio breve. Stavolta ho dovuto fare qualche lancio in più per convincereil “ragazzo” a salire, ma alla fine è salito. Eccome se è salito.Alla faccia di tutte le regole scritte e mica scritte che un pesce punto non abboccapiù! E se consideriamo che lo stesso pesce, inizialmente scettico e diffidente neiconfronti di tutte le mie imitazioni, dalla “nerina” in poi ha dimostrato l’esatto

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contrario, che conclusioni dobbiamo trarre?Ho riflettuto a lungo su questa cosa, al punto che ho deciso di scrivere que-st’articolo sia nell’intento di dare a voi lettori la possibilità di uno spunto di ri-flessione in più, sia, più egoisticamente, perché volevo capire bene “se” il mioattuale modo di interpretare la pesca a mosca fosse ancora rappresentativo degliideali che un tempo mi spinsero ad intraprenderne il cammino, oppure no. La prima, più ovvia e, forse, anche la più banale delle conclusioni alle quali sonogiunto è la seguente: soprattutto quando peschiamo in ambienti molto fre-quentati, i pesci, a forza di dai e dai, possono abituarsi alla vista delle più clas-

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siche imitazioni (e qui mi riferisco, ad esempio, agli oramai comunissimi “ferri dastiro” piombati con testine in tungsteno più o meno colorate che ben poco hannodell’insetto… Su Marte magari…), riconoscendole e rifiutandole alla grande erendendo l’azione di pesca più un “esercizio tecnico” che un piacere in se per se. Possibile rimedio: rivalutare le vecchie lezioni di entomologia come si faceva untempo nei Club, e curare di più l’aspetto costruzione, per dare maggiori chancealle nostre uscite di pesca e, magari, ricominciare a frequentare acque ed itine-rari meno blasonati, alla ricerca di quel po’ di rusticità che può esservi rimasta.La seconda, invece, più che una conclusione è una conferma: la conferma chela pesca a mosca è una disciplina (o sport, attività ludica o come caspita prefe-rite chiamarla) grazie alla quale chi ha la fortuna di praticarla può vivere mo-

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menti, se non unici, sicuramente “particolari”. Momenti particolari come ritro-varsi seduti sulla riva di un fiume, a scambiare quattro chiacchiere con un “te-molo” che non ne vuole sapere di farsi catturare. Cose da pazzi? Forse. Mascommetto che qualche volta è capitato pure a Voi.E comunque sia, cari Amici, evitate di commettere anche Voi l’errore che com-misi io quella Domenica. L’errore di sentirmi arrivato, di dare tutto per scontato.Un errore a causa del quale avevo smesso di sognare, di usare la fantasia. Ro-vinereste tutta la magia che la pesca a mosca è in grado di farvi vivere ma, so-prattutto, perdereste l’occasione di rimanere bambini ancora per un po’.L’occasione per continuare a giocare. Perché la pesca a mosca, alla fin fine, è pursempre e solamente un gioco.CiaoMala

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Il Kennet su Benham Estatehttp://www.rodsonrivers.com/fishing-uk/the-south/berkshire/the-park-benham-estate-newbury_3064

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Il Kennet su Benham Estatehttp://www.rodsonrivers.com/fishing-uk/the-south/berkshire/the-park-benham-estate-newbury_3064

Moreno Borriero

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A giugno di quest’anno si è tenuto ilMAC 2012. Dal 2010 esiste in Inghilterra un Club che

si chiama MAC (Moreno Appreciation Club) fondato dadue cari amici Tony Mair e Roger Tribe, che è riservato aipossessori di canne in bambù costruite dal sottoscritto. Hol’onore infatti di esserne il Presidente Onorario. Lo scopo èdi riunirsi ogni anno e di fare una pescata in qualche belfiume con le canne in bambù di mia produzione. Tony Maire Roger Tribe hanno pensato all’organizzazione, e avremmopescato il Usk a Brecon per due giorni. Roger mi ha chia-mato alcuni giorni prima della partenza suggerendo un’an-teprima insieme a lui sul Kennet di Benham Estate doveRoger è socio del “consortium”, e dove ogni anno può ac-compagnare un numero limitato di ospiti. Ho avuto l’onoredi essere uno di questi soci! Roger Tribe, che è un caroamico ed è un gentiluomo inglese, fiero proprietario di unadelle mie canne mi ha prelevato all’aeroporto e ha offertodi ospitarmi a casa sua dove avremmo degustato una bellacena preparata dalle sapienti mani di sua moglie Penny. Il giorno del mio arrivo, Roger era lì ad aspettarmi e pur-troppo il mio volo è arrivato con un’ora abbondante di ri-tardo. Quindi quando siamo atterrati non c’è stata la solitastrombettata con un annuncio in Inglese cockney decla-mando “ un’ulteriore volo Ryanair che arriva in orario”! Inogni caso ci siamo incontrati e dopo avere caricato il miobagaglio in macchina, siamo partiti alla volta di BenhamEstate attraverso il quale scorre il Kennet. Ad ogni miglio, cresceva la mia emozione al pensiero dipoter finalmente pescare in uno dei famosi Chalk Streamsdell’Inghilterra, patria della pesca a mosca come la cono-sciamo oggi e del modo che mi hanno insegnato a suotempo – solo mosca secca e rigorosamente a salire. Al no-stro arrivo sono sceso per aprire un imponente cancello inferro battuto e abbiamo costeggiato un laghetto artificialepieno di anatre e cigni bianchi. Poi all’improvviso è apparso l’antico maniero di Benham.Un palazzo imponente ma allo stesso tempo elegante.Roger mi ha detto che è in vendita per sei milioni di ster-line. Gli ho chiesto se questa somma includeva il fiume manon è così. Peccato, risposi scherzando, allora non mi in-teressa! Dopo esserci cambiati e montato le canne, cisiamo diretti in uno dei rami secondari del fiume.

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Spot

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Il Sottoscritto con una fario del Kennet

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Il Maniero

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Roger mi ha raccontato che questicanaletti erano stati scavati dai prigionieri di

guerra francesi durante la guerre Napoleoniche, perportare acqua ai prati dove ancora oggi pascola unamandria di Angus spettacolari. La mia emozione cresceva di minuto in minuto, madopo un’oretta sono scivolato per cercare di staccareuna mosca che si era impigliata in un ramo, e cadendoho troncato la mia tre pezzi in bambù appena sopra laprima ferrula. Niente paura, l’avrei potuta riparare almio ritorno a casa e per fortuna avevo portato diversecanne per esibirle al BFFI, quindi andai in cerca diRoger per le chiavi della macchina. Fatto questo, Rogermi ha raggiunto e abbiamo deciso di interrompere peril pranzo al tradizionale capanno dei pescatori in riva alKennet a pochi metri dal parcheggio delle macchine. Roger aveva preparato alcune insalatone gustosissime,le immancabili patatine e una paio di birre dal nome ap-propriato alla situazione!!

Dopo pranzo e dopo un buon caffè ci siamo direttiverso un ramo principale del Kennet. Inizialmente nonsi vedeva muovere nulla, ma all’improvviso ho visto sal-tare una trota che sarà stata una sessantina di centi-metri. Questo è stato l’inizio di un pomeriggiofantastico. Dapprima lentamente, ma poi l’attività si èsusseguita in modo imponente. Non ho mai visto cosìtanti insetti svolazzare in un singolo momento. Baetis ditutte le misure, Sedge e chi più ne ha più ne metta. Ipesci non erano facili ma con le mie imitazioni in CDC- quelle che uso di solito per le trote difficili - salivanocome fossero pagate. Ne ho agganciate 3 o 4 (perfinoun cavedano), ma non sono riuscito a salparle, o per-ché mi mancava il guadino con il manico lungo o sem-plicemente perché si slamavano. In un rigiro ho vistopassare il barbo più grosso della mia vita. Sarà stato 70cm con le sue belle pinne rosse! Dopo un’ulteriore tazzadi caffè ci siamo spostati nel tratto superiore del fiumedove avevo visto bollare una bella trota. Decisi allora dipassare dalle CDC ad una Sedge su amo #14 in pelo dicervo, che ho lanciato leggermente a monte. Il pas-saggio normale mi ha regalato solo un rifiuto. Ho ri-lanciato e ho fatto pattinare lentamente la

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Sedge. La trota è salita impo-nentemente, colpendo la mia imitazione con

forze. Il combattimento è stato duro ma la mia 7’2” ha fatto un buon lavoro. Roger mi ha aiutato asalparla con il suo guadino a manico lungo (un mustnei Chalk Streams). Era una bellissima trota farioche appoggiai gentilmente sull’erba per la foto dirito, e chiesi a Roger di farmene una perché rara-mente c’è qualcuno con me. A questo punto mi sentivo appagato e mi misi a se-dere su una delle classiche panchine da ChalkStream a contemplare il fiume assorto nei miei pen-sieri. Guardavo Roger pescare con la sua 7’2” che gliavevo costruito nel 2010 e lo vidi mentre agganciavauna bella preda che impegnò Roger per diversi mi-nuti. Mi avvicinai per aiutare con il guadino, ma latrota, molto esperta, fece un ultimo rush per la li-berta e strappò il finalino di Roger. A questo puntoci siamo messi a pescare insieme per fare buio, eabbiamo notato una trota di notevole dimensioniche bollava appena al di là degli arbusti che suiChalk Streams vengono lasciati crescere lungo lasponda, per poter tranquillamente camminare senzaspaventare il pesce. Prima ci ha provato Roger e poiio ma nessuno dei due, nonostante l’aver cambiatodiverse mosche è riuscito ad agganciare l’esper-tissima preda che pareva non chiudere la

Roger con alle spalle il capanno del pescatore

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Roger all’opera

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Una bella cattura del Kennet

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Uno scrcio del Kennet

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bocca sulle nostremosche. Ci faceva impazzire per-

ché quando bollava usciva con tutta latesta, grande quanto il mio pugno. Dopo questa sconfitta si era fatto tardied entrambi soddisfatti da una bellis-sima giornata di pesca passata in per-fetta armonia decidemmo di andare acasa di Roger. Già ci pregustavamo imanicaretti preparati da Penny, la mo-glie di Roger, che poi avremmo accom-pagnato da diverse bottiglie di ottimovino Italiano e Spagnolo mentre ci rac-contavamo le avventure di pesca. Rilut-tanti ci siamo trascinati a letto perchél’indomani ci dovevamo alzare prestoper andare ad incontrare gli altri soci delMAC, per pescare sul fiume Usk nel Gal-les. Ma questa è un’altra storia.

Altra fario del Kennet

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Capitolino…ma non capitolatoCapitolino…ma non capitolato

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Capitolino…ma non capitolatoCapitolino…ma non capitolato

L’Aniene scorre a ridosso della capi-

tale, attraversandola per poi immettersi nel Te-

vere; è il fiume classificato a salmonidi per

eccellenza della Provincia di Roma. Spesso mal-

trattato ed abbandonato al suo destino, è comun-

que un fiume vivo che offre ottimi spunti a patto di

rispettare i ritmi che la natura impone durante

l’anno, scegliendo bene lo spot di volta in volta.

Gabriele Zingaro

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L’alta valle dell’Aniene era già celebre ai tempi degli antichi romani quando, alcuni dei personaggi più facoltosi dell’epoca, vi costruirono le proprie villeper godere appieno della bellezza che il paesaggio offre. E’ il caso di Nerone che a monte di Subiaco vi costruì la sua, oggi meta di turisti bramosi di vedere i ruderi

di quella che era una vera e propria dimora privilegiata. Il fiume da sempre ha offerto un’ottima portata, facendo sì che questa venisse sfruttata sin dal principio per l’agricoltura e gli acquedotti; a fare da cornice ad un quadro storico già di per sé rilevante, nel medioevo gli ordini benedettini costruirono diversi monasteri (bellissimo quellodi Santa Scolastica).A partire dall’abitato di Jenne fino a quello di Castel Madama il fiume offre svariati spot, che a seconda del periodo dell’anno, possono regalare emozioni importanti. Laconditio sine qua non è la perfetta conoscenza del momento esatto in cui recarsi in un determinato tratto piuttosto che in un altro.Non di rado anche solo a distanza di pochi chilometri è facile imbattersi in situazioni e schiuse completamente diverse fra loro. Addirittura recenti studi condotti da biologihanno dimostrato che anche la livrea delle trote autoctone che abitano la valle cambia a seconda della zona in cui vivono, non solo del fondale del fiume.Il periodo in cui si ha la maggiore attività da parte dei salmonidi è dal tardo giugno a fine agosto; le piene o la scarsità dei livelli durante la stagione rendono questo riferimento puramente indicativo, ma pur sempre valido. Gli insetti di maggior rilievo sono: la Serratella Ignita (presente con diverse generazioni durante la stagione), le Baetis in generale, le Ecdyonurus Torrentis e Venosus, le Caddis e sporadiche mosche di Maggio (Ephemera Danica) dalle dimensioni modeste. A fine stagione può capitaredi imbattersi in piccole schiuse di plecotteri di misura medio-piccola come l’Isoperla Grammatica o soprattutto la Leuctra Fusca; durante il mese di settembre invece,

con l’arrivo delle prime perturbazioni autunnali, le formiche alate escono allo scoperto attivando in superficie trote anche di importante pezzatura.

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L’alta valle dell’Aniene era già celebre ai tempi degli antichi romani quando, alcuni dei personaggi più facoltosi dell’epoca, vi costruirono le proprie villeper godere appieno della bellezza che il paesaggio offre. E’ il caso di Nerone che a monte di Subiaco vi costruì la sua, oggi meta di turisti bramosi di vedere i ruderi

di quella che era una vera e propria dimora privilegiata. Il fiume da sempre ha offerto un’ottima portata, facendo sì che questa venisse sfruttata sin dal principio per l’agri-coltura e gli acquedotti; a fare da cornice ad un quadro storico già di per sé rilevante, nel medioevo gli ordini benedettini costruirono diversi monasteri (bellissimo quello

A partire dall’abitato di Jenne fino a quello di Castel Madama il fiume offre svariati spot, che a seconda del periodo dell’anno, possono regalare emozioni importanti. Laconditio sine qua non è la perfetta conoscenza del momento esatto in cui recarsi in un determinato tratto piuttosto che in un altro.Non di rado anche solo a distanza di pochi chilometri è facile imbattersi in situazioni e schiuse completamente diverse fra loro. Addirittura recenti studi condotti da biologihanno dimostrato che anche la livrea delle trote autoctone che abitano la valle cambia a seconda della zona in cui vivono, non solo del fondale del fiume.Il periodo in cui si ha la maggiore attività da parte dei salmonidi è dal tardo giugno a fine agosto; le piene o la scarsità dei livelli durante la stagione rendono questo rife-rimento puramente indicativo, ma pur sempre valido. Gli insetti di maggior rilievo sono: la Serratella Ignita (presente con diverse generazioni durante la stagione), le Bae-tis in generale, le Ecdyonurus Torrentis e Venosus, le Caddis e sporadiche mosche di Maggio (Ephemera Danica) dalle dimensioni modeste. A fine stagione può capitaredi imbattersi in piccole schiuse di plecotteri di misura medio-piccola come l’Isoperla Grammatica o soprattutto la Leuctra Fusca; durante il mese di settembre invece,

con l’arrivo delle prime perturbazioni autunnali, le formiche alate escono allo scoperto attivando in superficie trote anche di importante pezzatura.

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Alto Aniene

Bella trota mediterranea

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Mayfly dell’Aniene

Aniene a jenne

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Innegabile ammettere che lapesca più divertente e redditizia è quella du-

rante i coup estivi, quando le schiuse a volte moltocopiose fanno diventare il fiume un banchettoaperto per le fario. Tuttavia anche la pesca in cac-cia o a ninfa possono regalare ottime soddisfazioni,se eseguite in maniera concentrata ed attenta. Negliassolati pomeriggi primaverili o estivi, infatti, unasedge od una Royal Wulff fatte scivolare con mae-stria fra le fronde sulla sponda difficilmente passe-ranno inosservate, così come una ninfa benmanovrata nelle correnti più profonde potrà convin-cere anche i pesci più apatici all’aggressione de-l’imitazione.Le dimensioni delle fario non sono mediamente darecord (25/30 cm), per questo capita solo una odue volte durante una stagione generalmente di cat-turare trote di 40-45cm. La cosa che rende l’Anienecosì affascinante è che alle suddette misure arrivanosolo trote assolutamente autoctone, che da portarea riva sono tutt’altro che facili; selettive e potenti ri-pagano degli sforzi fatti per catturarle.Il vero dramma di questo fiume è che spesso vienemaltrattato in primis proprio dai cosiddetti “pesca-tori” (bracconieri sarebbe il termine corretto) che,muniti anche di esche ed attrezzature non consen-tite a causa dei controlli cronicamente assenti, fannouna mattanza vera e propria di trotelle inesperte di15/20 cm anche a pesca chiusa. Non bastasse ciò,negli ultimi anni alcune aziende hanno provvedutoad avvelenare parte del basso corso uccidendo ov-viamente non solo le trote, ma anche gli invertebratied altre specie di pesci come cavedani, barbi e so-prattutto lamprede, ormai sempre più rare. Sentirepescatori più anziani che narrano di come il fiumefosse un tempo (30 anni fa circa) pieno non solo ditrote di oltre due chilogrammi di peso, ma anche digamberi di fiume (oggi praticamente estinti), devefar riflettere su quanto di buono è stato bruciato nel-l’ultimo trentennio con un prelievo indiscriminato eduna trascuratezza totale del fiume, anche da partedelle istituzioni.

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Trota originaria giallona

A caccia tra i monti simbr

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Dun asciuga le ali

Autuctona

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Aniene mola vecchia

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Si sono fatti centinaia di discorsi,proposte, idee sul fiume per eccellenza da sal-

monidi della Provincia di Roma…eppure non ècambiato nulla. Esiste un “no-kill”, anzi è il caso didire esisteva, nel corso alto, abbandonato a sestesso ed ai soliti bracconieri; ogni progetto per sal-vaguardare l’Aniene si è scontrato non solo con lacarenza di fondi, ma anche con l’ignoranza dellagente che non capisce l’importanza (persino turisticase vogliamo) del fiume e della valle. Ogni inizio sta-gione si assiste ad immissioni scellerate di trote“pronta pesca” qualche giorno prima dell’apertura (ilche si ripete generalmente a maggio con un minorequantitativo) che dopo qualche ora finiscono nei ce-stini di pescatori, o presunti tali, che fanno viaggiavanti ed indietro alla macchina con buste

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Baetis

Madonna dlla pace

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piene di trote (il limite SAREBBE 6 catture pro capite) senzaovviamente alcuni ritegno. Forse questo è il male minore però. Le trote

VERE dell’Aniene ormai sembrano saperlo, scappano, si nascondono, hannodelle tane inarrivabili e nella stragrande maggioranza dei casi fino a giugno nonsi trovano mai fuori, ovvero quando quelle “pollo” sono finite tutte (o quasi) neicongelatori degli "indigenti" pescatori. Per quel che riguarda l’attrezzatura l’utilizzo di una canna 7,6’ per coda 3 aiu-terà a risolvere la maggior parte delle situazioni, agevolando la pesca in cacciae, allungando fino 4,20mt il terminale, rendendo possibile l’azione durante ilcoup serale. Il concetto da capire per avere successo sull’Aniene è capire chenon occorre lanciare su tutte le singole bollate ed in ogni punto del fiume; in-gannare trote da 20/25 cm è spesso davvero facile, mentre farlo con trote di ta-glia rilevante potrebbe non esserlo. Come se non bastasse la caratteristica diquesti pesci è quella che pur non essendo molto selettivi in caso di rifiuto diffi-cilmente continuano a bollare con regolarità; spesso mi è capitato di dover tor-nare 3-4 volte in uno spot per poter ingannare una determinata trota di tagliache nelle occasioni precedenti dopo un rifiuto aveva cessato, impaurita e so-spettosa, l’attività. Come si evince anche dal video allegato al presente arti-colo la teoria che porto avanti è quella di pochi lanci ma buoni, cercando

inizialmente di individuare attentamente la dimensione della trota

Ecdyonorus

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(ignorando possibilmente le più pic-cole) e soprattutto l’atteggiamento che adotta in

bollata. Le mosche da utilizzare sono quelle ben visi-bili nelle foto, Klinkhamer, Elk Hair Caddis, Parachute dicolore chiaro e soprattutto in estate a fine schiusa lered spinner, sia parachute che palmer rendono allagrande; le misure delle imitazioni come in molte altreparti d'Italia decrescono con l'avanzare della stagionecalda, si parte da una misura #14 ad inizio giugno, perfinire con un #18/20 a settembre. Il No-Kill per chi decidesse di confrontarsi con l’Anienedeve essere ben fisso nella mente, prima ancora diuscire da casa per recarsi sul fiume; nel terzo millennionessuno riuscirà mai a portare tesi convincenti circa lanecessità di uccidere le trote, data la scarsità ed il ri-schio di perdita del ceppo puro della fario nostrana.Spesso i moschisti sentono questo discorso come unqualcosa di alieno, come se riguardasse solo altre tec-niche di pesca. In realtà conosco molti pescatori conla coda di topo che amano uccidere anche solo i pescidi maggiori dimensioni catturati, convinti di arrecarepoco danno, ignorando invece la possibilità che sipossa trattare di esemplari riproduttori. Così comesiamo evoluti in accessoristica e materiali da pesca,dobbiamo evolverci anche da questo punto di vista,escludendo la voce “uccisione del pescato” dal nostrovocabolario alieutico. E l’Aniene non fa eccezione anzi,a causa del bracconaggio frequente questa regola mo-rale vale ancora di più, non solo per noi ma per tutti co-loro che pescano con le esche naturali o a spinning.La bellezza della valle, del fiume e delle trote che lopopolano rendono necessario un intervento necessa-rio a salvaguardare l’integrità di un corso d’acqua checomunque merita una visita dagli amanti della pesca amosca. I pescatori si lamentano, non lo rispettano, loignorano; eppure lui scorre da millenni in quella vallesopravvivendo ed adattandosi e regalandoci emozionispesso inaspettate. Il tutto a 50km dalla capitale, mez-z’ora di auto da Roma a dimostrazione del binomio in-dissolubile che si è creato tra la Città Eterna ed il suofiume immortale da salmonidi, l’Aniene.

Scorcio

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