Date post: | 12-Mar-2016 |
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Il momento dei
band del mese
Album:The beauty of fall,
Atlante,Storia
E in più:Le serate, le interviste
esclusive e unanuovissima sezione!
CAYNE
RockStagE La prima rivista che parla della TUA musica
Marzo 2012 N
°10 Periodico Bim
estrale Free
Album!Cardiophobia, Humanoalieno, Third from the Sun. All’interno le recensioni degli album più ascoltati del panorama indipen-dente!
SPECIALE!Tutte le serate, le band e i risultati del festival più in vista dell’anno!
Dieci volte RockStage. Dieci editoriali. Dieci copertine.Un numero grosso, ingom-brante: sono ben due cifre, non sottovalutiamo la cosa!RockStage giunge quindi al decimo numero e si fa sempre più strada nel panorama in-dipendente. In questo numero presentiamo anche la nuova staffer di RockStage le cui abil-ità scrittevoli potrete apprezzare sul nostro sito nella sezione “Pending Lips Diary”. Voglio quindi dare il mio benvenuto ufficiale a Sara, che entra come redattrice a tutti gli effetti e che mi ha già stupito molto posi-tivamente. Ci tengo inoltre ad annunciare la nuova collabora-
rete immersi nel reportage che speriamo possa essere di vostro gradimento. In ultimo voglio ricordarvi che il Pending Lips continua, passando da contest e festival vero e proprio, con i vincitori delle finali che apriran-no per i big.
Danny
DIECIVOLTEROCKSTAGE
zione con Lunatik, in merito alla compilation scaricabile dal nostro sito - gratuitamente e entro breve - con il miglior sound indipendente dell’attuale scena.Facendo un passo indietro vor-rei tornare sul Pending Lips Festival, che ho introdotto poco fa. Sì perché questo numero di RockStage è in realtà un nu-mero speciale dedicato proprio al festival che si sta svolgendo in quel di Sesto San Giovanni, nota provincia milanese. Per questo motivo troverete una sezione unica, e come potete notare anche le band qui ac-canto sono scritte senza una numerazione di pagina: li trove-
1 2
DIECI
03 Pending Lips Festival
01 Diecivolterockstage
22 RockStage
17 Cardiophobia di Cardiopho- bia
18 Humanoalieno di Human alieno
19 Loser Heroes di Third from the Sun
Mascara Comitato di Salute Pubblica
Julius
Retrolove
Silver Poets Starcontrol
The Crocs
Hamelin W. Bluesh
Wet Floor
Disco Noir
Frankies Cake
GDC Trio
Para Dos
Nadir
In Her Eye
Tutte le Direzioni
LE BAND
SERATE
SERVIZI
ALBUM
sommariorockstage numero dieci
marzo duemiladodici
1 2
DIECI
3 4
Pending Lips Festival@Il Maglio
3 4
FRESCO. GLAM. INTIMO.WHAT ELSE?
a cura di Danny Martucci - Foto di Emanuela Giurano, Sara Negri, Davide Bruno
Il Pending Lips festival na-
sce molto tempo fa, almeno
nella mente di Simone,
boss della Costello’s Book-
ing and Management, e per
prendere forma ci ha messo
non poco. Ricordo ancora
distintamente la scorsa estate
quando Simone mi chiama e
mi cheide di incontrarlo per
scambiare due parole su uno
suo nuovo progetto: Pending
Lips Festival, per l’appunto.
Mi chiede se siamo interes-
sati a collaborare e a dare il
nostro apporto sottoforma di
live report e - siccome è il
nostro lavoro, guarda un
po! - io non mi tiro indietro.
Accetto, con la promessa di
risentirci quanto prima per
parlare dei dettagli.
Ed è così che qualche mese
dopo prende vita il festi-
val più rappresentativo di
questo 2012.
Non ero mai stato al ris-
torante Il Maglio prima di
quella sera, pur avendolo a
portata di mano rispetto a
casa mia. L’atmosfera è in-
tima, familiare, e il profumo
che arriva dalle cucine è
delizioso.
E a tutto questo dobbiamo
aggiungere le decine di
gruppi che si sono alternati
sul palco battendosi a suon
di note, regalandoci alcune
tra le serate più piacevoli
mai seguite.
La prima serata parte alla
grande. Arriviamo e subito
notiamo come tutto sia stato
preparato in maniera certo-
sina, dai tavoli per la giuria
al nostro per il report. E c’è
di più: RockStage da questo
5 6
numero include anche Sara,
nostra nuova collaboratrice
dotata di un notevole talento
scrittevole.
La prima band a salire sul
palco del Pending Lips è
quella dei Mascara. Il loro
è un pop rock energico ma
allo stesso tempo velato di
un sottile romanticismo che
impreziosisce il tutto. Sono
le tastiere a donare loro
quest’aura così piacevole e
ottima per inaugurare un
festival come questo. Ottimo
lavoro sulla sezione ritmica,
batteria in primis, e anche
sui testi. In italiano, chiari,
sensati, scritti con cogniz-
ione di causa e non tanto
per scrivere qualcosa. Spesso
intrisi di una vaga malinco-
nia, ma comunque grintosi
e carichi di energia: non
banali. Anche il locale sem-
bra studiato per loro: atmos-
fera giusta e luci impostate
perfettamente... melodie
orecchiabili, gradevoli, che
restano impresse. E questo
è importante. In cinque sul
palco e con un buon riscon-
tro da parte del pubblico:
dopo poco, nonostante an-
cora ci fosse poca gente, il
locale era già in mano a loro
e tutti dondolavano al ritmo
dei loro pezzi. Un’ottima
esibizione la loro, una band
che già conoscevamo e che
non ci ha delusi.
Successivamente sono stati
i CSP (Comitato di Salute
Pubblica) a calcare il palco
del Pending Lips. In tre
questa volta, per un rock
meno raffinato e più “cru-
do”. Un rock energico,
5 6
sempre all’italiana, “but-
tato” nei microfoni a dop-
pia voce: non solo cori e
accompagnamento, ma veri
e propri brani cantati da
entrambe le parti a strofe
alternate. “Oggi vado a fare
una rivoluzione...” cante il
batterista. Sì, il batterista. Su
di un pezzo per altro molto
piacevole e tra i più parti-
colari e ricercati del reper-
torio. Davvero non male, e
con uno stile sicuramente
riconoscibile. Musicalmente
sono di buon livello, sia per
quanto riguarda la sezione
ritmica che quella melodica.
Il risultato è una band inter-
essante.
A seguire sul palco troviamo
i Julius. Ancora in tre sul
palco, per passare dallo stile
ruvido di prima ad uno
stile più “low” simile ai più
noti Verdena, ma più vivace
sotto il punto di vista ritmi-
co. I pezzi sono intensi e la
voce è squillante, come un
lamento straziante. Le melo-
7 8
die sono interessanti e
restano impresse. Una nota
di merito va al batterista
che sfoggia dei groove par-
ticolari e che hanno destato,
di sicuro, non solo il mio
interesse. I Julius cambiano
l’atmosfera all’interno del
locale, facendoci capire che
ormai il festival è entrato
nella sua fase calda e che
loro sono lì per mettercela
tutta. Terminano la loro per-
formance, buona, di quattro
pezzi come per ogni band,
e lasciano poi il palco alla
band che si appresta a salire.
Retrolove è il nome della
band successiva. Ed è una
vecchia conoscenza per
RockStage, perché il loro
disco è già stato recensito
dal nostro Gilberto sulle
nostre pagine. I Retrolove
si dimostrano fin da subito
molto maturi, sul palco. Il
loro sound è inconfondi-
bile e le parole del cantante
anticipano il primo pezzo
in italiano del loro intero
repertorio che “è così facile
da cantare che potete urlare
cardigan, a caso, durante il
ritornello”. La presenza sce-
nica è sicuramente migliore
tra le band viste finora e
anche il loro sound è più
maturo di quello dei gruppi
precedenti. Energia allo
stato puro, un tripudio di
chitarre, una voce che ti
spappola il cervello e cori
d’accompagnamento. Anzi,
grida. Questi sono i Ret-
rolove.
Sono i Silver Poets coloro
che hanno l’onere e l’onore
di tenere alta la serata dopo
una performance del genere.
E ci riescono. I Silver Poets
ci sono piaciuti parecchio,
7 8
forse anche per la singolare
presenza del sax. In sei sul
palco questa volta con un
tamburello che dà la giusta
dimensione folk, totalmente
differente da quella vissuta
finora. I pezzi si allungano
e con essi anche il tempo si
distende dilatandosi e ren-
dendo l’esibizione diversa
dalle altre. Il cantante poi
passa alla terza chitarra e
uno dei chitarristi prende il
suo posto al microfono: ci
piace! Sono sfumati da una
venatura vagamente blues.
Lasciano un’atmosfera quasi
incantata e il palco agli
Starcontrol. Forse è anche
per questo che questa band
non ci ha convinti fino in
fondo, o almeno parlo per
me. Partono con una base
campionata talmente forte
che copre basso e chitarra.
Suonano senza un batterista
e questo incide tanto sulla
performance. Danno troppo
l’idea di quelli che sono “in-
die per essere indie” mentre
la sostanza si perde su pezzi
poco incisivi e che lasciano
un po’ il tempo che trovano.
E non è l’uso massiccio di
elettronica a disturbare, ma
tutto il resto. Gli strumenti
fanno giri semplicissimi e
gran parte del lavoro è af-
fidata alla base campionata
con tanto di batteria. Gli
ultimi pezzi, tuttavia, si
rivelano migliori rispetto a
quelli iniziali. Contro ogni
mia previsione passano il
turno, e devo dire che penso
sia tutto dovuto alla decine
di amici che hanno portato
con sé per il voto. Alla fine
9 10
scopriamo che le band che
passano alla prima finale
sono i Mascara, i Retrolove
e gli Starcontrol. La seconda
serata del Pending Lips ci
accoglie ancora una volta
nella cornice de Il Maglio e
la prima band a farci di-
vertire sono i The Crocs.
Annunciano di avere un
chitarrista in sostituzione
del loro che attualmente è
k.o. e poi attaccano con un
rock leggero e melodico,
vagamente romantico e alta-
mente sfumato di pop. Sono
molto orecchiabili e sono
sicuramente i più commer-
ciabili finora. Ci offrono
qualche assolo di chitarra
davvero notevole, e anche se
la presenza scenica globale
non è al top, ci pensa il can-
tante a mettere una pezza,
muovendosi un po’ più degli
altri. Tocca poi agli Hamelin
salire sul palco e dimostrare
tutto il proprio talento. Il
livello tecnico di questa
band è stato il più alto visto
sul palco del Pending Lips,
almeno a mio avviso. Il
bassista ci ha regalato anche
un’armonica a bocca per
un ritmo folk davvero in-
vidiabile. La voce femminile
accompagnata dal chitar-
rista rende i pezzi “magici”
e intensi. Liriche e groove
stanno dentro le viscere. Le
sonorità sono romantiche,
così come la maggior parte
dei testi che sembrano pic-
cole poesie. La voce della
cantante ricorda moltissimo
una delicata esibizione di
piano bar, in una cornice
ispiratrice come quella de
9 10
Il Maglio. Ci offrono
anche una bellissima bal-
lad blouseggiante e qual-
che ritmo vagamente jazz
sull’ultimo pezzo.
Sono i W. Bluesh i prossimi
a salire sul palco e mostrarci
cosa sanno fare. A questa
band va riconosciuto un
grosso merito: hanno una
personalità forte. Può non
piacere e non essere per tut-
ti, ma bisogna riconoscerlo.
Dopo l’introduzione vaga-
mente sopra le righe, ci
troviamo catapultati in un
mondo di messaggi, suoni,
rumori, disturbi... il mondo
dei W. Bluesh. Flauti, melo-
die con effetti particolari
inseriti a tratti dal cantante.
Pezzi “caldi”, con tutta la
passione di una festa di
paese, un vero spettacolo in
ogni senso.
A seguire tocca ai Wet
Floor, band che ammetto di
aver apprezzato particolar-
mente. In tre e con pezzi in
italiano, questi ragazzi ci
11 12
hanno mostrato tut-
ta la loro grinta. Voci
d’accompagnamento, pezzi
diretti e senza perifrasi di
vario genere. Fantastica
“l’incursione” femminile
sul brano Holden che
cita appunto un estratto
dall’omonimo romanzo.
Interessanti alcuni passaggi
a livello di ritmo ed esecuzi-
one. Il folto gruppo di fans
dimostra l’apprezzamento e
sicuramente sarà un aiuto
per il passaggio alla seconda
finale. Chiudono questa sec-
onda serata i Disco Noir.
Sono solo in quattro sul pal-
co, ma hanno una mole di
strumenti che farebbe impal-
lidire chiunque, perfino una
banda di paese. Il cantante
suona la chitarra e in più si
destreggia su di una tastiera
per effetti. Il tastierista ha
due strumenti davanti a sé e
una chitarra semi-nascosta a
cui poter attingere in caso di
necessità. Le basi sono vaga-
mente elettroniche, a tratti, e
i testi sono in italiano anche
per loro. Forse leggermente
insipidi, ma tuttavia fanno
una buona esibizione e il
pubblico sicuramente gra-
disce. Terminano la loro
esibizione e con loro si
chiude la seconda serata del
Pending Lips, che vede pas-
sare alla finale i W. Bluesh,
i Wet Floor e i Disco Noir.
Anche la terza serata del
Pending Lips ci ha riservato
forti emozioni. Altri gruppi
interessanti si sono alternati
sul palco e i primi a salirvi
sono stati i Frankies Cake.
Cinque giovani con voce
femminile e brani in inglese.
Gli strumenti non convin-
cono: sembra quasi che si
11 12
tratti della loro prima volta
insieme su di un placo.
Non vanno all’unisono e
l’affiatamento globale non
super la sufficienza. La pre-
senza scenica è forse anche
di minor impatto di quella
musicale e il gruppo non tr-
asmette nulla, o quasi, forse
anche a causa dell’assenza di
una qualche personalità ben
delineata. Sinceramente mi
aspettavo qualcosa in più.
Giovanni de Cillis Trio è il
nome di coloro che si avvi-
cendano sul palco. Iniziano
senza presentarsi e senza
perdersi in convenevoli,
buttandosi nel pieno della
musica. Suonano in tre,
come suggerisce il nome,
con una chitarra semi-acus-
tica e un pop rock molto
“soft” dalle note romantiche
e dal sound leggero, con una
buona voce e delle melo-
die piacevoli, spesso con
un vago sentore di blues e
country: una commistione
di generi molto delicata e
particolare.
A seguire possiamo ascoltare
i Para Dos, che partono con
una ballad molto lenta e in
italiano. Doppia voce per
loro, come per altre band
già ascoltate, maschile e
femminile. Musicalmente
sono validi, hanno una buo-
na personalità e affiatamen-
to, con un’ottima alternanza
di voci e dei cori piacevoli. I
brani sono molto tranquilli,
forse appena “mosci”, ma
comunque senza dubbio di
buona qualità. La cantante
prende poi delle bacchette e
si avvcina alla batteria per
13 14
colpire il tom come accom-
pagnamento al batterista an-
che se quest’ultimo sa farsi
valere anche da solo e rap-
presenta forse uno dei punti
forti della band.
Seguono i Nadir, con i loro
pezzi in italiano conditi da
una buona voce. I brani
sono relativamente tranquilli
e pieni di energia. Musical-
mente i ragazzi sono validi
e l’affiatamento globale è
buono. Tuttavia anche loro
passano un po’ in secondo
piano mancando forse di
incisività. Dopo di loro
tocca a In Her Eye, trio con
un post-rock graffiante che
cambia l’atmosfera. Sono
ben assortiti e affiatati,
energici al punto giusto ma
con pezzi troppo simili tra
loro. Questo l’unico difetto
imputabile a questi ragazzi,
perché per il resto la qualità
c’è. Basterebbe lavorare su
quel punto per non farsi più
sorprendere su questa pecca
e iniziare a farsi vedere più
insistentemente.
A chiudere al serata ci sono
i Tutte le Direzioni con i
loro lunghi pezzi con nu-
merose parti solo strumen-
tali. Il loro è un rock “pi-
eno”, sia di musicalità che di
passione. Hanno una buona
interazione col pubblico e
sotto il palco c’è più di qual-
cuno che si scatena ballando
e saltando. L’ultimo pezzo è
davvero notevole e mette in
mostra il talento dei musi-
cisti della band. Passano il
turno i GDC, In Her Eye
e Tutte le direzioni. E si
prosegue verso le finali.
13 14
E così il Pending Lips arriva
nelle fasi calde della compe-
tizione, ovvero le finali, Qui
solo cinque band vincer-
anno e avranno la possibilità
di suonare con i big nelle
cinque serate dedicate non
più al contest, ma al vero e
proprio festival.
E al ristorante Il Maglio, c’è
una sorpresa: la prima finale
viene aperta - a sorpresa e
fuori concorso - dalla band
Fuoricentro. Avrebbero do-
vuto partecipare al contest
in una delle serate preceden-
ti ma pare che il cantante
fosse k.o. e quindi impos-
sibilitato. Viene comunque
data loro la possibilità di esi-
birsi, almeno per far vedere
cosa ci siamo persi.
Poi si entra nel vivo della
gara con i GCD che ci
ripropongono il loro reper-
torio sfumato di folk e coun-
try. Sembrano al livello della
volta precedente, ma ad uno
sguardo più attento si nota
che hanno un po’ meno brio
e un coinvolgono un po’
meno rispetto alla scorsa
esibizione.
Tocca agli In Her Eye salire
sul palco, portando nuo-
vamente il loro post rock
graffiante, sappure anche
per loro non ci siano sostan-
ziali mutazioni in merito
alla precedente esibizione.
A seguir i Disco Noir, e
anche in questo caso la loro
vena elettronica è piacevole
e azzeccata, facendo centro.
Valida l’esibizione, forse an-
che migliore della loro prec-
edente. Chiudono la serata i
Mascara, con il loro sound
15 16
inconfondibile, portando nel
locale la stessa splendida
atmosfera di quando li ab-
biamo la prima volta.
La seconda finale vede
invece i W. Bluesh ad
aprire, con la loro person-
alità unica e inconfondibile.
Buono il repertorio e buona
l’interazione col pubblico.
Hanno la giusta presenza e
un buon groove, e a questa
nuova esibizione mi con-
vincono più che alla prece-
dente. Tocca quindi ai Ret-
rolove, che come al solito si
fanno valere e, anzi, questa
volta hanno anche un bel
gruppetto di fan che can-
tano e si scatenano. Ottima
performance anche per loro
che non deludono mai. Sono
i Wet Floor poi a salire sul
palco, e portano un cambia-
mento di repertorio: al posto
del pezzo Holden, ci mostra-
no in chiusura della loro es-
ibizione un pezzo crossover,
con un ragazzo chiamato su
da dentro al pubblico, in cui
il loro rock si alterna con un
rap ben assestato. Ottimo.
Starcontrol che ancora non
convincono e che, ancora,
ci mettono molto a iniziare
e sembrano avere qualche
problema tecnico. Confermo
il mio parere negativo della
prima esibizione. In chiusura
troviamo Tutte le Direzioni,
che fanno ballare e scat-
enare, e mi convincono più
dell’altra volta.
Si chiude così la fase del
contest del Pending Lips,
che dal prossimo appunta-
mento diventa festival.
Danny
15 16
Scoprire i Cardiophobia mi
ha reso contento quanto un
bambino pieno di caramelle.
Questi ragazzi di Rimini
sono solo al primo album,
ma mostrano maturità e
sound invidiabili.
Cardiophobia (così si chia-
ma l’album), non è affatto
da prendere alla leggera:
questo gioiellino è un viag-
gio nei vari aspetti della ma-
linconia: scorci cupi, a tratti
malsani, combinati a sfuriate
rock esplosive ed atmosfere
da incubo (in senso buono,
eh!). Si potrebbero definire
alternative rock: si sentono
echi post-punk à la Cure,
impeti rockettari e melo-
die pop. Le chitarre creano
melodie sempre eleganti,
anche quando distorte e i
groove di basso e batteria
sono molto efficaci.
Il cantato è sofferto, lan-
guido, ma anche incazzato.
Quello che colpisce davvero
sono i testi: malinconici,
calibrano al punto giusto
ricercatezza e spontaneità,
cosa che spesso diamo per
scontata, ma che non è af-
fatto facile eseguire.
I primi due brani, Niente di Speciale e Settembre, sono
orecchiaibilissimi e dal
forte impatto sonoro. Come Quando Piove è una can-
zone in “antitesi”, con la
parte strumentale pop/folk
(mi ha ricordato i Fleet
Foxes), ma con un testo che
è una perla in quanto ad
intensità. Caro V Torno Da Te (che ha pochissimo a che
vedere con quel V) è prima
nervoso e teso, poi pian
piano si lascia sfogare in un
riff duro. Dolce Superstar è il brano più rock nel vero
senso del termine. Vi lascio
con un alone di mistero per
le altre cinque tracce, ma vi
consiglio l’album vivamente.
Lo sentirete “vostro” sin dal
primo ascolto, fidatevi.
Gilberto
ALBUM CARDIOPHOBIA di CARDIOPHOBIA
17 18
I campani Humanoalieno ci
propongono l’album omon-
imo: un lavoro curatissimo
nel suono e negli arran-
giamenti, che ci fa sentire
la maturità artistica di chi
suona insieme da sei anni.
Il loro sound è completo,
omogeneo e maturo. Non
“spicca” nessuna canzone,
ma non ci sono neanche
punti morti e l’album si
mantiene sempre su un
buon livello, tipico dei con-
cept album (il tema scelto
è la “conflittualità della
società”). Questa “omo-
geneità” si sostiene su
un’orecchiabilità tipica del
pop, una cornice rock (so-
prattutto sulle chitarre), le
tastiere che creano un muro
sonoro riempitivo, ritmiche
di basso e batteria piuttosto
new-wave, e un timbro di
voce “rassicurante” che fa
da padrona al tutto. A tutto
ciò segue una produzione
in studio curatissima, che
rende l’insieme ancora più
“ordinato”. La new-wave si
sente tantissimo in Polvere, remake della canzone di En-
rico Ruggeri: più sostenuta e
leggermente più veloce
dell’originale. Si sente anche
in L’eredità che parte con
un ritmo molto Joy Divi-
sion dopo l’intro di piano
che apre le danze. Il riscatto è una traccia che strizza
l’occhio al pop in quanto ad
atmosfera ed accordi, Mono incorpora elementi ambi-
ent e la batteria è in grande
spolvero in L’Eccezione alla Regola. Chiude l’album
Radici, un’ottima ballad sot-
to tutti gli aspetti. L’album
disponibile su iTunes, se vi
ho convinti, compratelo, non
costa tanto, e supportare i
VERI artisti italiani, è cosa
buona e giusta.
Gilberto
ALBUM HOMANOALIENO di HUMANOALIENO
17 18
I Third From The Sun, band
made in Milan, ci propon-
gono Loser Heroes, album
quasi definibile un EP in
quanto a lunghezza (venti
minuti).
Questi venti minuti consis-
tono di una musica piacev-
ole, quella che fa battere il
piede a tempo o ondeggiare
la testa a tempo.
Loser Heroes, intro “tenera”
di chitarra e voce, con tanto
di audience ci introduce
in In Your Palm, canzone
influenzata, si può dire,
dall’emo buono (Mineral e
Jimmy Eat World), in quan-
to ad impatto e stile chitar-
ristico. Giuro anche, che
ho messo in ripetizione più
volte I Won’t Feel Sorry,
canzone poppeggiante che
ti strappa un po’ di buonu-
more.
The Man Of The Century e Astral Plane Crash tornano
sull’indie-emo, e ne ripetono
degnamente i concetti base:
chitarre malinconiche, ritor-
nelli urlati e d’impatto. Il
tutto mantenendo sempre
un’orecchiabilità di fondo
degna di nota.
Flames Of Our Memories è una buona ballad composta
dal trinomio chitarra acus-
tica/voce/archi, e chiude in
un modo tranquillo l’album.
Insomma, certamente non
vi consiglio questi ragazzi se
cercate qualcosa di compli-
cato e di originale, ma posso
consigliarveli volentieri se
volete qualcosa di “scorrev-
ole”, piacevole, o se siete dei
nostalgici di The Power Of
Failing.
Gilberto
ALBUM THIRD FROM THE SUN di LOSER HEROES
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DIRETTORE RESPONSABILEDavide Bruno
REDATTORE CAPODanny Martucci
REDAZIONEGilberto Giannacchi, Sara Negri
GRAFICA E ART DIRECTIONDanny Martucci
FOTOGRAFIEElena Di VincenzoEmanuela Giurano
Davide Bruno
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