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Segnali di futuro visti dall’alto #11...e servizi (per esempio l’illuminazione led per cucine è...

Date post: 08-Jul-2020
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Dirigente mensile di informazione e cultura manageriale editore Manageritalia Servizi design: CoMoDo FUTURE TRAVEL Prenotare l’albergo con Google Glass FUTURE MONEY L’INVASIONE DEL MOBILE PAYMENT FUTURE GROWTH BELL’IDEA COPIARE IKEA INFOGRAFICA DEL MESE LA MACCHINA BATTE L’INDUSTRIA 4 A 0 FUTURETECH INVENZIONI & INNOVAZIONI SPECIALE FUTURE HOTEL FUTURE CROWD Investire nella folla è follia? FUTURE MANAGEMENT Il manager si elegge democraticamente p. 8 p. 3 p. 4/5 “La smettete di dirompere le scatole?”; dice l’innovatore incrementale, felice dei sui piccoli aggiustamenti. Ma qui non si tratta di aggiustare ma di creare ex novo, modellare grezza argilla per giungere a vita nuova. Disruptive innovation. Dirompente e distruttiva, l’innovazione che disturba è il biglietto da visita (o minaccia) dell’economia digitale tutta, utilizzata per spaventare imprese consolidate al grido “arriva il cambio di paradigma”. Il tutto accompagnato TOC TOC Disturbo o posso innovare? dall’immancabile retorica del “the next big thing” (ma Google Glass spacciato come tale intanto ha fatto cilecca). Mito, rito o cosa? Il termine in verità non è nuovo. Lo dobbiamo all’astuzia narrativa del management guru e professore di Harvard Clayton Christensen che nel 1995 ha iniziato a farlo circolare nei suoi scritti (fra cui il noto The Innovator’s Dilemma). Nata in ambito tecnologico, la disruptive innovation ha poi contaminato ogni ambito e settore. Quindi? Quindi è un buon approccio ma solo quando si replica la tripartizione del modello Apple: tecnologia user friendly (iPod) + network di transizione e valore (iTunes) + prezzo accattivante (0,99 cent per brano musicale). Tesla, salutata come la “Apple” della mobilità, sta facendo lo stesso percorso. Di buono c’è che anche piccole realtà possono giocare (e vincere) al tavolo dirompente (vedi MyTaxi nel 2012). Morale: destinate una stanza al manager dirompente. inserto mensile di Dirigente n. 1-2 / 2015 a cura di omas Bialas Segnali di futuro visti dall’alto #11 DIRIGIBILE esploriamo il futuro grazie a:
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Page 1: Segnali di futuro visti dall’alto #11...e servizi (per esempio l’illuminazione led per cucine è stata sviluppata internamente). Punto due: ogni nuovo prodotto deve rispettare

Dirigente mensile di informazionee cultura manageriale editore Manageritalia Servizi

design: CoMoDo

FUTURE TRAVELPrenotare l’albergo con Google Glass

FUTURE MONEYL’INVASIONE DEL MOBILE PAYMENT

FUTURE GROWTHBELL’IDEA COPIARE IKEA

INFOGRAFICA DEL MESELA MACCHINA BATTE L’INDUSTRIA 4 A 0

FUTURETECH INVENZIONI & INNOVAZIONISPECIALE FUTURE HOTEL

FUTURE CROWDInvestire nella folla è follia?

FUTURE MANAGEMENTIl manager si elegge democraticamente

p. 8p. 3 p. 4/5

“La smettete di dirompere le scatole?”; dice l’innovatore incrementale, felice dei sui piccoli aggiustamenti. Ma qui non si tratta di aggiustare ma di creare ex novo, modellare grezza argilla per giungere a vita nuova. Disruptive innovation. Dirompente e distruttiva, l’innovazione che disturba è il biglietto da visita (o minaccia) dell’economia digitale tutta, utilizzata per spaventare imprese consolidate al grido “arriva il cambio di paradigma”. Il tutto accompagnato

TOC TOCDisturbo o posso innovare?

dall’immancabile retorica del “the next big thing” (ma Google Glass spacciato come tale intanto ha fatto cilecca). Mito, rito o cosa? Il termine in verità non è nuovo. Lo dobbiamo all’astuzia narrativa del management guru e professore di Harvard Clayton Christensen che nel 1995 ha iniziato a farlo circolare nei suoi scritti (fra cui il noto The Innovator’s Dilemma). Nata in ambito tecnologico, la disruptive innovation ha poi contaminato ogni ambito e settore. Quindi? Quindi è un buon approccio ma solo quando si replica la tripartizione del modello Apple: tecnologia user friendly (iPod) + network di transizione e valore (iTunes) + prezzo accattivante (0,99 cent per brano musicale). Tesla, salutata come la “Apple” della mobilità, sta facendo lo stesso percorso. Di buono c’è che anche piccole realtà possono giocare (e vincere) al tavolo dirompente (vedi MyTaxi nel 2012). Morale: destinate una stanza al manager dirompente.

inserto mensile diDirigente n. 1-2 / 2015

a cura di Thomas Bialas

Segnali di futuro visti dall’alto #11

DIRIGIBILE

esploriamo il futuro grazie a:

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Fast casual food. Oppure fast good o ancora fresh casual. Cibi con ingredienti di qualità preparati lentamente (istanza slow food) ma serviti e consumati velocemente (istanza fast food). Chipotle, Xoco, Panera Bread, Five Guys, Wildflowerbread. Shake Shack (il panino gourmet che oscura Big Mac) ma anche, in Italia, Panino Giusto. Ci è voluto molto tempo e molti obesi e lesi (patologie metaboliche) in più per convincere anche gli ostinati americani che il cibo può devastare corpo e anima. L’America salutista voluta da Michelle Obama tradisce ora McDonald’s

con utili in picchiata del 21% e non basta certo aver silurato ora l’amministratore delegato. Tutte le indagini lo confermano: cresce la voglia (e il bisogno) di healthy food, di un cibo riparatore (che mi rimette in sesto) o preventivo (che mi evita guai futuri), magari senza rinunciare alla velocità di somministrazione. Come hanno appurato i ricercatori di Brand Keys, le tre generazioni “chiave” per i consumi (baby boomers, generazione X e Y) vogliono prendere le distanze dalla “burger cultura”. Fast, fresh, good, ethical and casual. Il Fast Casual si è annunciato come trend già cinque anni fa. Solo ora però esce dalla nicchia per diventare mainstream. Vedremo presto McDonald’s e Burger King adeguarsi.

http://brandkeys.com

IL DECLINO DEL FAST FOOD NON È CASUALE

FUTURE FOOD

FUTURE MONEY

BELL’IDEA COPIARE IKEA

FUTURE GROWTH

Secondo le stime di www.gartner.com il fatturato del mobile payment dovrebbe, nel 2017, triplicare rispetto al 2013. Attualmente esistono circa un’ottantina di sistemi di pagamento classificabile come mobile payment. Ai retailer piace come pure ai consumatori. Per i secondi è una questione di comodità (e divertimento) pagare con smartphone, per i primi invece una chance per incassare di più. Come hanno dimostrato alcuni studi psicologici, il consumatore tende a spendere di più tramite la “compulsività digitale”. Con l’ingresso di ApplePay l’azienda di Cupertino dà una

scossa al mercato facendo intendere che ora il gioco si fa serio. Dopo un inizio non certo felice, o comunque in salita, ApplePay sta iniziando, anche grazie agli accordi con i tre big (Mastercard, Visa e American Express), a guadagnare terreno nel Nord America. Bank of America, infatti, ha rivelato che nell’ultimo trimestre 2013, 800.000 dei propri clienti hanno sottoscritto il sistema di pagamento mobile dei californiani. Gli ultimi dati mostrano che Apple Pay ha l’1% del mercato, dietro a Google Wallet che è al 4%, ma siamo solo all’inizio. L’era delle carte di credito sta per finire.

http://www.melablog.it/categoria/apple-pay

L’INVASIONE DEL MOBILE PAYMENT

SO WHAT?Proprio il terzo punto è quello più trascurato da molte aziende. Si inventa qualcosa di nuovo tan-to per fare qualcosa di nuovo senza chiedersi se qualcuno l’ha chiesto o lo chiederebbe. Ciò porta a sprechi enormi di tempo e denaro. È semplice: chiedi e ti sarà dato, “retta”. Ma non ai focus group.

Di Ikea si è detto e scritto di tutto. Quindi verrebbe da dire: sai che idea copiare da Ikea. Forse. Ma in tempi di crescita stagnante il loro modello di crescita qualcosa insegna. Niente segreti inconfessabili ma solo una strategia in tre punti. Punto uno: chi fa da sé non fa per te, nel senso che è più difficile copiare (almeno in tempi brevi) soluzioni sviluppate internamente. L’idea di fondo: quello che trovi sul mercato lo possono trovare anche i concorrenti. Conseguenze: riduzioni dei costi e sempre nuovi prodotti e servizi (per esempio l’illuminazione led per cucine è stata sviluppata internamente). Punto due: ogni nuovo prodotto deve

rispettare “maniacalmente” il pensiero Ikea (prezzo, design, logistica, montaggio). Conseguenze: per sviluppare una nuova cucina, Ikea impiega 5 anni garantendosi vantaggi competitivi enormi per le soluzioni trovate. Punto tre: “morboso” interesse verso il cliente. Mikael Ydholm, sviluppatore Ikea, e il suo team visitano ogni anno migliaia di clienti a casa. Questo porta a un matching perfetto fra domanda e offerta.

SO WHAT?ApplePay is here to stay. Ovviamente. In questa fase pionieristica molti sono gli attori in gioco (80 come si diceva). Ma fra pochi anni, as usual in business, solo pochi si contenderanno il mercato. In tema di denaro conta lo status e la fiducia. Un punto a favore di Apple.

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DIRIGIBILE SEGNALI DI FUTURO VISTI DALL’ALTO

Accesso anziché possesso. Liberare il cliente dalla proprietà. A questo megatrend e ai nuovi modelli di business basati sulla “freedom from ownership avevamo dedicato la nona giornata del ciclo fmt.day (il format del Future Management Tools di Cfmt). The O%WNERS: non possedere nulla ma usare tutto. Sharing o streaming. Non è solo questione di Spotify, Airbnb, Car2go e di mercato consumer. Una nuvola di servizi incombe sulle nostre teste. Sta per affermarsi il modello “Everything as a Service” (EaaS).Un’esempio interessante viene dall’azienda olandese Philips, che sta sperimentando

il nuovo servizio Pay-per-Lux, una sorta di light streaming. Il modello: i clienti acquistano da Philips un certa quantità di luce e pagano solo per unità di luce (lux). In pratica il cliente non possiede l’hardware (lampadine e sistemi di illuminazione) ma solo il “software” (servizio di illuminazione). Philips installa tutto, cambia lampadine guaste, monitora l’efficienza e propone periodicamente nuove soluzioni più ecologiche o innovative per il cliente. Il contratto, nel caso testato, dura 15 anni. Una tendenza (service tools) che si affermerà nei prossimi anni in molti mercati.

Scarica fmt.sight 09 dedicato ai nuovi o%wnershttp://tinyurl.com/kqm94y4Scarica il case study Pay-per-Lux della Philipshttp://tinyurl.com/nhro7kx

ILLUMINARE IL CLIENTE CON L’ACCESSO

FUTURE SERVICE

Produttore tedesco di occhiali e designer, Mykita è stato il primo marchio a creare un’intera collezione di occhiali stampati in 3D. E negli ultimi tempi sono state segnalate numerose startup che hanno identificato gli occhiali come il prodotto ideale per entrare nel mercato dei prodotti finali e personalizzati ad uso consumer stampati in 3D. Niente di nuovo. Parecchi anni addietro proposi il trend e l’idea a Salmoiraghi & Viganò e Nau, ma in questo paese si temporeggia prima d’innovare. Nel “lontano” 2005 affermavo nello scenario Consumocrazia - lo shopping eletto dal

popolo quanto segue: “... prossima tappa: customer fab-labs. Il consumatore non acquista più il prodotto ma solo la licenza per l’autoproduzione e realizza a casa propria occhiali, telefoni, bicchieri, scarpe e accessori per la casa con i 3D-Creator (o printer). Oggi siamo nel 2015 e tutti parlano dei consumatori che si trasformano in produttori (makers, la parola magica). Questo non è rassicurante per i retailer, a meno che il retailer non diventi un fabber migliore dei sui clienti. Un negozio sartoria digitale. Un po’ lab e un po’ fab. Dove si sogna e si progetta, si produce e si consuma. In loco e just in time in base ai desideri del momento. Siete pronti questa volta?

https://mykita.com/en/mylon

http://vimeo.com/75751787FUTURE RETAILOCCHIO ALLE TERZA DIMENSIONE DEI FORMAT

IL MANAGER SI ELEGGE DEMOCRATICAMENTE

FUTUREMANAGEMENT

Direbbe Fantozzi: come è umano lei, ceo di Umantis, a farsi eleggere come capo democraticamente dai suoi collaboratori. In un’epoca in cui si straparla di democratizzazione dei processi decisionali, di partecipazione e condivisione e sì, insomma, di un capo che governa l’impresa senza comandare, finalmente uno che razzola bene quello che predica. «Dirigere significa solo erogare un servizio a un team» dice Marc Stoffel, a capo della società svizzera di San Gallo. E ancora, «i manager

sono meno importanti di quello che credono». Un’azienda premiata recentemente (secondo posto) al New Work Award 2015. In una lunga intervista svolta in Svizzera il capo ha illustrato la sua idea di capo: «Da noi sono i collaboratori a guidare l’impresa e la democrazia interna è semplicemente un metodo gestionale molto efficace. Il management (compreso il ceo) viene eletto e rimane in carica solo per un anno, poi deve, se vuole, ricandidarsi e magari gareggiare contro nuovi candidati». Inimmaginabile da noi, ma pare che funzioni, soprattutto perché ogni team di lavoro fissa le skill del leader di cui ha bisogno. Un modello da imitare? Diciamo così: almeno da ipotizzare e provare in settori di servizi complessi e innovativi e in strutture di medie dimensioni (loro hanno 150 collaboratori).

http://www.umantis.com

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FUTURE CROWD 1

INSIEME SIAMO PIÙ FURBI

Intelligenza collettiva. Connecting, cooperating, collaborating, participating, peering, trusting, swarming, empowering, democratizing, futurizing, sharing. L’io si fonde nel noi. Uno dice “Crowd” e tutti gridano “Yeah” e “Wow”. Bene. Il crowdsourcing mantiene quello che promette? Sì, così affermano gli esperti, se è fatto da esperti. Ovvero: trovare idee o soluzioni a un problema all’interno di reti selezionate e qualificate. È quello che promette di fare, per esempio, il colosso Ninesigma specializzato in reti di open innovation. Ma anche la folla di clienti può generare idee valide, basta saperle filtrare e gestire con servizi sofisticati. In Germania, per esempio, Innosabi si è affermata sul mercato affiancando i clienti con una piattaforma evoluta, o meglio crowd community, per gestire il complesso traffico (e valutazione) della generazione di idee collettive. Sì, perché spesso il problema sono i numeri (130mila le proposte ricevute dalla catena di supermercati Edeka per lanciare tre nuovi prodotti). Molti i clienti seguiti dall’ormai ex startup, fra cui Continental, Kärcher, Haribo e Lidl, per i quali sono state create delle Fan Edition (quindi nuovi prodotti) coinvolgendo i consumatori nella co-creazione. Sul sito (che trovate anche in inglese) una buona carrellata di case history. Niente di nuovo? Non proprio. Di nuovo c’è una maggiore “scientificità” dell’approccio e un’opportunità di business anche per piccole strutture e non solo per società dalle spalle larghe come Innocentive.

FUTURE CROWD 2

INSIEME SIAMO PIÙ RICCHI

Finanza collettiva. Vuoi fare un film indipendente? Chiedi soldi alla folla. Vuoi lanciare un gadget tecnologico innovativo? Chiedi soldi alla folla. Vuoi aprire un ostello originale? Chiedi soldi alla folla. Non si parla d’altro. In rete girano un sacco di storie leggendarie attorno alle piattaforme di crowdfounding e crowdinvesting. Storie di soldi facili ma soprattutto storie di soldi veloci per avviare una nuova impresa. Le banche sono lente e fanno troppe domande. Le piattaforme sono veloci e fanno poche domande: un video, una presentazione su format prestabilito e via, si parte. Il record di Indiegogo è di 12 milioni di dollari raccolti in 30 giorni per lo smartphone di Ubuntu Edge, mentre il record di Seedmatch è di 1 milione di euro raccolti in 3 ore (!!) per il server di Protonet (rifiutato dalle banche). Niente male. Per molte startup è forse l’unico canale per avere visibilità e magari denaro; ma da un po’ di tempo a questa parte anche le medie imprese si “esibiscono” davanti alla folla per finanziare nuove sfide. Bene. Ma come la mettiamo con chi mette i soldi? Ecco, qui il discorso sarebbe lungo e articolato (da equity based a reward based i modelli sono molti) ma per farla breve diciamo che spesso i conti non tornano, soprattutto quando vengono promessi mirabolanti rendimenti futuri ma taciuti i rischi che, visto il tasso di fallimento delle startup (90% circa), sono piuttosto alti.Diciamo così: forse la formula più seria e onesta è quella non profit della donazione. L’economia del dono libera risorse ed energie in modo virtuoso ed è forse l’unica in grado di far ripartire l’economia. Pensiamoci.

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DIRIGIBILE SEGNALI DI FUTURO VISTI DALL’ALTO

INSIEME SIAMO PIÙ GONZI

Stupidità collettiva. Ai crowd addicted (drogati di folla) gioverebbe leggere un vecchio saggio del premio Nobel Elias Canetti: Massa e potere. Perché la massa sa essere assai stupida. Ieri l’intento era sfruttare la massa per avere potere, oggi l’intento è sfruttare il potere della massa; ma per avere cosa? Idee e soluzioni geniali? Diciamo così: ieri la massa seguiva imbonitori capaci e oggi le aziende seguono (talvolta) masse incapaci che rifilano stupide proposte d’innovazione e comunicazione. Dell’open innovation in salsa crowd ne abbiamo già parlato in qualche numero del Dirigibile: a volte si raccolgono dalla folla “amatoriale” idee apprezzanti altre volte invece imbarazzanti. È una questione di prendere le misure e capire di che masse parliamo. Una massa dei migliori designer o fisici è molto diversa da una massa di creativi fai da te o fans di un prodotto o servizio. Lo stesso dicasi nella produzione dei trend da parte di hunter sparsi per il mondo. In definitiva, l’intelligenza collettiva si tramuta velocemente in stupidità collettiva se non si hanno obiettivi chiarissimi in testa. Spesso nei contest le idee raccolte sono inutilizzabili (ma pochi lo ammettono) e spesso la qualità delle idee è un esercizio d’isolamento. Siate moderatamente crowd.

FUTURE CROWD 3

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https://www.indiegogo.comhttps://www.kickstarter.comhttps://www.seedmatch.dehttps://de.bergfuerst.comhttp://www.crowdflower.comhttp://innosabi.comhttp://crowdsourcingweek.comhttp://www.ninesigma.comhttp://www.crowdfundinsider.com

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Infografica del mese DA ARTIFICIAL INTELLIGENCE AD ARTIFICIAL INDUSTRY LA MACCHINA BATTE L’INDUSTRIA 4 A 0 L’INDUSTRIA NON È MAI STATA MOLTO UMANA (ALIENANTE PER I SINDACATI) MA ORA STA PER DIVENTARE SOVRUMANA

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Per Bmw il tema non è la sostituzione ma la collaborazione tra macchine (robot) e uomini. Se il nuovo paradigma dell’automazione industriale è che i prodotti stessi dicono ai robot come li devono costruire tramite protocolli collegati in rete, va da sé che anche la risorsa umana va integrata in questo processo. A Cowely (Inghilterra), dove viene assemblata la Mini, sono all’opera dal luglio 2014 mille robot che lavorano in team e a stretto contatto con gli operai. Se qualche anno fa, anche per ragioni di sicurezza, era impensabile far lavorare robot e operai fianco a fianco, oggi non solo è pensabile ma auspicabile. Questo ci porta alla futura economia collaborativa fra generi: il mio collega è artificiale (è intelligente). L’innovazione in corso è tale, veri e propri salti quantici, da rendere plausibile il seguente scenario: un futuro smart non solo negli annunci (da dieci anni smart cities, smart home, smart production e smart planet sono il tormentone mediatico sull’innovazione che ci attende) ma nei fatti. La fabbrica intelligente autodiretta sta per diventare realtà.

COLLABORAZIONEI media devono mediare e meditare. Di questi tempi editori e giornalisti già alquanto spettinati dallo tsunami digitale devono ora fare i conti anche con quello artificiale non meno burrascoso. Sul tavolo di discussione uno scenario bello dirompente: Nel 2030 il 90% dell’informazione generalista disponibile su web sarà gestita da software e senza che un dito sfiori una tastiera. Insomma, giornalismo artificiale o storytelling automatizzato. Algoritmi e software (come automatedinsights.com e narrativescience.com) che interpretano e trasformano dati e numeri complessi in una notizia o in un articolo divulgativo. Esempi? Los Angeles Times utilizza l’algoritmo Quakebot, Forbes per l’edizione online Quill e Yahoo Wordsmith. Un settore in pieno fermento, lo dimostra la nascita di startup come www.ax-semantics.com e i numeri della produttività della scrittura automatizzata: la piattaforma www.poynter.org dichiara che il suo algoritmo ha prodotto nel 2014 la bellezza di un miliardo di notizie. Vantaggi? La solita riduzione dei costi e velocità di calcolo (big data). Svantaggi? Facili da intuire.

MEDIAZIONEMacchina + uomo + internet + intelligenza (artificiale). La quarta rivoluzione industriale, industry 4.0 secondo il “pomposo” progetto strategico del governo tedesco, E3 production secondo il Fraunhofer o smart factory per il resto del mondo, promette di far dialogare in modo intelligente e adattivo fra di loro “bulloni” con robot, operai e, sì, anche clienti per realizzazioni iperpersonalizzate. Insomma, i sistemi di produzione autocontrollati, in grado di comunicare e interagire tra loro autonomamente in processi produttivi collegati da reti intelligenti, sono a detta di molti “the next big thing”, almeno a livello industriale. Certo, in una fabbrica dove, per esempio, l’operaio tecnocrate controlla via tablet e/o augmented reality complessi processi, le competenze delle risorse umane cambiano radicalmente. Lavori monotoni non esisteranno più per gli umani. E questo sarà uno dei temi tosti per l’hr management. L’industry 4.0 porta con sé anche il diktat “Everything as a Service”, ovvero produzione intelligente che produce anche servizi evoluti basati su internet.

FUSIONE

POSTI DI LAVORO PER ROBOTUNITÀ VENDUTE NEL 2013

USA23.679

GERMANIA18.297

BRASILE1.398

ITALIA4.400

CANADA2.250

GRAN BRETAGNA2.486

INDIA1.917

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DIRIGIBILE SEGNALI DI FUTURO VISTI DALL’ALTO

La paura fa novanta e Hawking ce le canta. Dopo l’appello del noto astrofisico “L’intelligenza artificiale può distruggere l’uomo”, 400 scienziati da tutto il mondo hanno firmato un manifesto per “addomesticare” i futuri “Hal 900”. Tra i firmatari anche l’imprenditore Elon Musk, alla guida dell’innovativa Tesla Motors, che ammonisce “potenzialmente più pericolosa delle armi nucleari” (soprattutto, aggiungiamo noi, se le armi sono autoguidate dall’intelligenza artificiale). Ora, i manager non si occupano abitualmente di scenari apocalittici, ma di perdita di controllo (come rischio) sì. Morale: è il megatrend del secolo e ogni azienda deve attrezzarsi per conoscere l’impatto sulla futura gestione aziendale.

EXIT STRATEGY

fonte: IFR (International Federation of Robotics)

Link industry 4.0 e dintorni

http://tinyurl.com/mt784blhttp://www.iosb.fraunhofer.de/servlet/is/23684http://tinyurl.com/kdoea5ghttp://tinyurl.com/p8yqntmhttp://tinyurl.com/oadvpm9http://smartfactory.dfki.uni-kl.de/en

Scarica fmt.sight 12 dedicato all’intelligenza artificialehttp://tinyurl.com/mk86loy

BMW. What’s Next

http://tinyurl.com/mosk83t

http://tinyurl.com/muo88ph

COREA21.307

GIAPPONE26.307

CINA36.560

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TRAVEL-BRILLIANTLY.MARRIOTT.COMCo-Creating the Future of Travel. Il contest di Marriott Hotels ha coinvolto per circa un anno clienti da tutto il mondo in un progetto di innovazione collaborativa.

http://tinyurl.com/peupyk3

HOTELNEARME.COM D’accordo, Google Glass non sfonda ma il trend è quello. Applicazioni di realtà aumentata (e non) per scegliere e prenotare l’albergo in real time mentre si passeggia per strada.

https://www.youtube.com/watch?v=DjrYk6Cj8JA

THEPOSHPACKER.COMWeb sommerso da siti turistici con booking sempre più sartoriale e di nicchia. In questo caso accesso e prenotazione alla maggior parte di alberghi creativi e convenienti al mondo.

https://www.youtube.com/watch?v=1CkjCY-JSCo

MANDARINORIENTAL.COMCon il pacchetto “Selfie in Paris” il Mandarin Oriental Hotel di Parigi promette di far vivere un’autentica esperienza in perfetto stile parigino ai social “addicted”.

http://vimeo.com/116997053

ARTSERIESHOTELS.COM.AUOrmai un classico come case study ma da rivedere perché è esattamente quello che i clienti oggi vogliono: flessibilità nei servizi e orari. Basta tirannia checkout.

https://www.youtube.com/watch?v=nkLY3GOU0tc

HOTELIED.COMTurismo in salsa social network. Sempre più alberghi offrono sconti ai clienti in base alla loro presenza social su Twitter, Facebook o Instagram. Trend in crescita.

https://www.youtube.com/watch?v=SSfOyy6Qghk

DIRIGIBILE SEGNALI DI FUTURO VISTI DALL’ALTO

THE NEXT PLACE TO BEL’ALBERGO DEL FUTURO HA UN “TAGLIO” SARTORIALE

Come sarà l’albergo del futuro? Di sicuro sarà diverso. Le strutture ricettive devono profondamente cambiare e la colpa, o il merito, fate voi, non è tanto di realtà come Airbnb o Tripadvisor (che sono una conseguenza e non una causa) ma della solita vita digitale che modifica le nostre abitudini, gusti e aspettative. E cosa chiede il nuovo cliente? Una risposta cerca di darla il rinomato Fraunhofer con il progetto di ricerca FutureHotel, realizzato con molti partner per monitorare i nuovi desideri e

individuare innovazioni sia tecnologiche sia di servizio. Alcuni highlights sulle esigenze espresse. Precondizione: personale simpatico e ottimo cibo, il tutto a un prezzo ragionevole e trasparente (web docet). Iper personalizzazione e flessibilità: il modello seriale e fordista ha fatto il suo tempo, il cliente di domani vuole, tramite un semplice click su smartphone o tablet, configurare ogni dettaglio, inoltre pretende massima flessibilità per check in e check out e zero limitazioni. Anche il layout interno è da ripensare: l’ambientazione ideale replica gli spazi di condivisione e co-working.

http://www.futurehotel.de/en.html

FUTURETECHINVENZIONI & INNOVAZIONISPECIALE FUTURE HOTEL


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