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Sodalitium n. 46 · quali Monsignor Jouin, Léon de Poncins, Hugo Wast (pseudonimo di G. Martinez...

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N. 46 Anno XIII n. 4/97 - Dicembre 1997 - Sped. a. p. - art. 2 - comma 20/c, Legge 662/96 - Filiale di Torino - Organo ufficiale del Centro Librario Sodalitium - CONTIENE I. P. Tassa Riscossa - Taxe Perçue. TORINO CPM
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Page 1: Sodalitium n. 46 · quali Monsignor Jouin, Léon de Poncins, Hugo Wast (pseudonimo di G. Martinez Zuviria) ed Henry Ford. L’esistenza del Kahal verrà poi confermata dagli autori

N. 46

Anno XIII n. 4/97 - Dicembre 1997 - Sped. a. p. - art. 2 - comma 20/c, Legge 662/96 - Filiale di Torino - Organo ufficiale del Centro Librario Sodalitium - CONTIENEI. P.

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EditorialeEditorialeCari lettori di Sodalitium,

Purtroppo, la nostra (e Vostra rivista), èuscita l’ultima volta ad aprile, ben ottomesi fa. A luglio, è uscito un numero

speciale dell’edizione francese, riguardanteprincipalmente il dibattito sull’episcopato ela sua collazione nell’attuale situazione dellaChiesa. L’abbé Belmont, sulla rivista Lesdeux étendards aveva ribadito e precisato imotivi per cui egli si oppone, attualmente, aogni consacrazione episcopale. Don Ricossagli aveva risposto, difendendo la liceità, adeterminate condizioni, di consacrazioniepiscopali senza “mandato romano”, duran-te la vacanza formale della sede apostolica.Ne è seguito un interessante dibattito tra ledue riviste amiche che ha approfondito, così,gli studi sulla natura dell’episcopato esull’origine della giurisdizione dei vescovi.Sodalitium italiano non pubblica questo di-battito: coloro che desiderano ricevere il nu-mero francese, o leggerne la traduzione ita-liana, sono pregati di richiedercelo in re -dazione.

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I mesi sono passati, quindi, ma la situa-zione non è migliorata, anzi... Lo sguardofisso alla Chimera del “Giubileo dell’anno2000”, Giovanni Paolo II non perde una oc-casione per realizzare il programma annun-ciato in Tertio Millennio adveniente, il qualeinclude, da qui al 2000, un continuo “meaculpa” per gli “errori” della Chiesa.

La Teshuvà di Karol Wojtyla

È ancora recente l’eco della “dichiara-zione di pentimento” (del 30 settembre1997) dell’episcopato” francese “per il silen-zio della Chiesa di fronte alla deportazionedegli ebrei nelle loro diocesi durante l’Oc cu -pazione” e dei risultati (nella misura in cuisono noti) dell’incontro di studio su “Radicidell’antigiudaismo in ambiente cristiano”, te-nutosi a Roma il 30 e 31 ottobre 1997, ove siè dichiarato che “i cristiani che cedonoall’antigiudaismo [anche se non all’antisemi-tismo, n.d.r.] offendono Dio e la chiesa stes-sa” (La Stampa, 3 XI 1997, p. 13). Delle im-plicazioni teologiche di queste dichiarazioniparleremo in questo numero nella rubricaL’Osservatore Romano. Ci preme qui sotto-lineare un aspetto inquietante di questa con-

Sommario

“Sodalitium Periodico” - Loc. Carbignano, 36. 10020 VERRUA SAVOIA (TO)Telef.: 0161/839335; Fax: 0161/839334 - C/CP 24681108 - Dir. Resp.: don Francesco Ricossa

Aut. Trib. di Ivrea n. 116 del 24-2-84 - Stampa: TECA - Torino INTERNET: www.plion.it/sodali - email: [email protected]

Editoriale pag. 2Il gran Kahal, un terribile segreto pag. 4“Accetto la morte in nome di Gesù e della Chiesa”. Vita di S. Tommaso Becket… pag. 10L’Osservatore Romano pag. 30Brevi risposte ad alcuni articoli della Fraternità contro la “Tesi di Cassiciacum” pag. 37Rassegna Stampa pag. 43Alleanza… Massonica? pag. 60RECENSIONI: Una Radiografia del giudaismo. ISRAEL SHAHAK pag. 72

Lo sterminio dei Tedeschi ad opera degli ebrei… pag. 77Altre pag. 78

La morte pratica (S. ALFONSO) pag. 79Vita dell’Istituto pag. 81

In copertina: Adorazione dei pastori con i santi Vittore e Corona, detta il presepe di S.

Giuseppe (1568). Tela di Jacopo Bassano, Museo civico Bassano del Grappa.

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tinua Teshuvà (pentimento) che GiovanniPaolo II fa fare alla Chiesa che apparente-mente egli rappresenta.Per inquadrare quello che sta succeden-

do, può essere utile leggere il libro diMenachem M. Brod, I giorni del Messia.Redenzione e avvento messianico nelle fontidella tradizione ebraica (ed. DLI, edito daMamash, via Dezza 24, Milano). Il libro èdiffuso dalla comunità chassidica deiLubàvitch. Il “Messia” verrà - sostengono idiscepoli del defunto rabbino MenachemMendel Schneerson - quando gli ebrei tor-neranno in Palestina (nel 1897 si tenne ilprimo Congresso sionista) e verrà ricostrui-

to il Tempio (cf al pro-posito, in questo nu-

mero, la Rasse -gna stampa). Mada dove verrà il“Messia”?

“...Comedice il Tal -mùd, laredenzio-

ne partirà proprio da Roma, dal luo go cheha causato l’esilio e la distruzione del San -tua rio” (p. 4). Il Tal mùd afferma che ilMessia si trova “alle porte di Roma”. Cosasignifica questa espressione? “Le porte diRoma rappresentano simbolicamente l’im-pero di Edòm, e il Messia sorgerà dunquequando Edòm si pentirà di ciò che hafatto” (p. 85). “L’impero di Edòm” èl’Impero Romano, chiamato di “Edòm”,spiegano i Lubavitch, perché Edòm è un“popolo antico discendente da Esaù, nemicogiurato di Israele” (cf p. 168). Roma distrus-se, nell’anno 70, come annunciato da Gesù,quel Tempio che ora bisogna ricostruire.L’età messianica, quindi, comincerà dal pen-timento degli antichi “nemici giurati” deiGiudei, i Romani. Ma come può pentirsi l’Impero Romano,

che più non esiste? San Tommaso (opuscolo68, De Antichristo), commentando la II epi-stola di S. Paolo ai Tessalonicesi 2, 7 (Già èin azione il mistero dell’iniquità; solamentev’è colui che lo trattiene ora e lo tratterrà finoa che sia tolto di mezzo. Allora l’iniquo simanifesterà...), spiega che questo ostacoloalla manifestazione dell’anticristo è l’ImperoRomano, rappresentato oggi dalla Chiesa

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romana e dal Papa (cf Sodalitium, n. 21, pp.3-4). Commentava Padre Arrighini nel 1944:“Possiamo stare sicuri che fino a tanto che ilVicario di Cristo regnerà a Roma, non vi re-gnerà il Vicario di Satana” (ivi, p. 14).“L’impero di Edòm che deve pentirsi di

ciò che ha fatto” per permettere la venutadel Messia degli ebrei (che non può essereche un falso Messia ed un vero anticristo,giacché il Messia è Gesù Cristo) è quindi laChiesa cattolica. Che la Chiesa si penta, nonpuò accadere, giacché Essa è indefettibile.Può però accadere in apparenza: la Teshuvà,il pentimento di Giovanni Paolo II, del 31 ot-tobre 1997, col quale giunge fino a rinnegarela storicità e veridicità del Vangelo (cfpagg. 32-34) è la terribile prova che ciò èpossibile, ed è lo spaventoso annuncio di ciòche ci attende.Ma sarà Dio ad avere l’ultima parola: “il

Signore Gesù lo distruggerà [l’anticristo] colfiato della Sua bocca e lo annichilerà con losplendore della Sua venuta” (2 Tess. 2, 8).

Il rabbino Menachem Mendel Schneerson, il “Messia” secondo la comunità dei Lubàvitch.

Si può ordinare presso la redazione di Sodalitium

l’opuscolo di don Ricossa sulla liceitàdelle consacrazioni episcopali:

Digitus dei non est hic:risposta all’articolo “Le filles de

Lot” di don H. Belmont

L. 9.000 (comprensivo di spese postali)

Per ordinarlo scrivere o telefonare, op-pure fare un versamento di L. 9.000 sulC/CP 35310101 specificando il motivo

nella causale

CENTRO LIBRARIO SODALITIUMLoc. Carbignano, 36.

10020 VERRUA SAVOIA (TO)Tel.: 0161/839.335; Fax:

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IL GRAN KAHAL: UN TER-RIBILE SEGRETO

don Curzio Nitoglia

INTRODUZIONE

Studiando il problema ebraico, mi sono im-battuto ancora una volta in un segreto:quello del Kahal. Pochi autori ne hanno trat-tato e tutti rimandano all’opera fondamenta-le di un ebreo convertito, Jacob Brafmann,che è quasi del tutto introvabile.Dopo lunghe e faticose ricerche, sono

riuscito a trovarne la traduzione (manoscrit-ta) in lingua francese (esiste anche l’origi -nale in russo, presso il British Museum, eduna versione in polacco ed una in tedesco).Jacob Brafmann, un russo di origine

ebrea, si convertì al Cristianesimo a trenta-quattro anni e fu nominato professore diebraico presso il Seminario teologico gover-nativo di Minsk. Nel 1870 pubblicò in linguarussa, a Vilnius, la sua opera Il Libro delKahal. Gli ebrei acquistarono quasi tutte lecopie e le distrussero. Tuttavia qualche esem-plare si salvò e vi fu anche una traduzionefrancese dell’opera che apparve nel 1873, in-titolata: Livre du Kahal. Matériaux pour étu-dier le Judaisme en Russie et son Influence surles populations parmi lesquelles il existe.L’Encyclopaedia Judaica scrive al riguar-

do: «Brafmann attaccò l’organizzazione ebrai-ca (Kahal) in vari periodici russi, descrivendo-la... come uno Stato nello Stato ed affermò chefaceva parte di una cospirazione internaziona-le ebraica. Nel 1869, Brafmann... pubblicò ilLibro del Kahal, una traduzione in russo delleminute della Kehillah di Minsk... SebbeneBrafmann fosse stato accusato di falso, inrealtà il suo libro era una traduzione abbastan-za accurata di documenti, ed è servito a moltistudiosi come fonte storica per la conoscenzadella vita interna dell’Ebraismo russo nel XIXsecolo» (1). Il Libro del Kahal non è perciò unfalso (anche se veridico) quale i Protocolli deiSavi di Sion, come ha affermato recentementeNorma Cohn (2), bensì “una fonte storica”, secondo il parere dell’autorevole EnciclopediaGiudaica! E come tale va studiato.

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Esiste poi un’altra opera molto seria, che ècome la riproduzione del libro di Brafmann; sitratta dello studio di Kalixt de Wolski, De laRussie juive (3). Anche quest’opera conobbela stessa sorte di quella del Brafmann; fortu-natamente sono riuscito a procurarmene unacopia. Infine il Vial, ispirandosi al libro di deWolski, scrisse nel 1889 un’interessante operache si intitola Le Juif sectaire ou la Tolérancetalmudique, (4) che costituisce un eccellenteriassunto della questione.Queste sono le tre fonti principali alle

quali ho attinto; citerò nel corso dell’articoloaltri studi su questo soggetto pubblicati suc-cessivamente.Nel presente articolo dunque, cercherò

di gettare un po’ di luce sul mistero delKahal, valendomi dell’opera del Brafmann edi altri libri o articoli (per la verità rari, maseri) scritti su questo tema scottante e digrande importanza e attualità.

ESISTE ANCORA UN TRIBUNALEEBRAICO?

Ogni popolo, religione e società ha le sueleggi ed i suoi tribunali. Il popolo ebraico nonfa eccezione; nel Vecchio Testamento era go-vernato dal Sinedrio. Dopo la distruzione diGerusalemme e la dispersione, privo com’eradi un’organizzazione statuale, ha mantenuto,in forma segreta, dei tribunali eredi dell’anti-co Sinedrio? Vedremo come secondo variefonti si possa rispondere affermativamente.Citerò innanzitutto alcuni noti e seri autori

La questione ebraica

Serguei Nilus, autore dei Protocolli dei savi anziani di Sion

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quali Monsignor Jouin, Léon de Poncins,Hugo Wast (pseudonimo di G. MartinezZuviria) ed Henry Ford. L’esistenza delKahal verrà poi confermata dagli autori ebreiSimon Schwarzfuchs e Israel Shahk.

MONSIGNOR JOUIN

Nella celeberrima e prestigiosa RevueInternationale des Societés Secrètes (5) si puòleggere un interessante articolo sul Kahal,che apre vasti orizzonti e spinge ad andarealle fonti.In tale articolo si apprende che per gli

ebrei il Talmùd è la legge, ma per quanto ri-guarda la sua applicazione, occorre che esi-sta un potere esecutivo e giudiziario, e que-sto appartiene ad un gruppo ristretto di ma-gistrati. Il collegio sovrano di tali giudici è ilKahal, che significa: assemblea, riunione,comunità. Il Kahal è perciò l’assemblea dei rappre-

sentanti d’Israele. Tale istituzione risale aitempi più antichi, per esempio ai tempi diMosè (6). Malgrado la Dispersione (130 d.C.) il Kahal non perse né influenza né auto-rità, tuttavia non funzionò più alla luce delgiorno ma restò confinato all’ombra deighetti e delle sinagoghe. Oggi come ieri, il Kahal è il regolatore

della vita ebraica. «Rappresenta il governodi una nazione senza territorio [almeno finoal 1948 n.d.a.], ma nondimeno reale e attivo.È uno Stato che si sovrappone, e spesso sioppone, agli Stati nei quali vivono gli ebrei»(7). Suo fine è mantenere intatto e isolato ilpopolo ebraico disperso nel mondo, affinchéda un lato non sia discriminato e dall’altronon perda la sua identità con l’assimilazio-ne; fino al giorno in cui il popolo d’Israeleavrà il dominio assoluto sul mondo intero.Come scriveva nel 1925 l’Albrecht, tale gior-no secondo i cabalisti dovrebbe iniziare conil 1966! (Un anno dopo Nostra Aetate).

LEON DE PONCINS E IL KAHAL

Il celebre autore francese scrive: «Non viè dubbio che gli ebrei abbiano un’organizza-zione disciplinatissima; è quasi impossibile aun non ebreo di penetrarne i dettagli segreti,ma le sue manifestazioni esteriori mostranoun’autorità e un potere occulto innegabile»(8). L’autore parla anche «dell’esistenzadella direzione centrale di un potere consi-derevole» (9), che è il Kahal.

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HUGO WAST E IL KAHAL

Gustavo Martinez Zuviria, Direttoredella Biblioteca Nazionale dell’Argentina,nonché Ministro della Giustizia e dellaPubblica Istruzione, ha scritto nel 1954 uninteressante libro sul Kahal (10).In tale libro scrive: «Pochi problemi sono

difficili da risolvere, come quello del gover-no interno del popolo ebreo. Non vi è miste-ro più tenacemente tenuto segreto... Il go-verno del popolo ebraico è una vera societàsegreta. E come in tutte le società segrete visono iniziati che... non giungono mai aiprimi ranghi... Così nel Giudaismo vi sonodei circoncisi in totale buona fede che igno-rano la costituzione ed anche l’esistenzastessa del Kahal, vale a dire dell’autorità chegoverna nell’ombra il popolo ebreo» (11).Essere ebreo non significa tanto professarela religione giudaica post-templare o post-biblica, ma soprattutto far parte del popoloebraico (12); l’ebreo appartiene perciò aduna nazione diversa da quella da cui è accol-to e nella quale vive e prospera.Il Kahal è un “Tribunale misterioso, una

sorta di Carboneria” (13). I Tribunali regiona-li sono chiamati Kehillah. Il Kahal è il Tri -bunale supremo che sovraintende a tutte leKehillah. Il gran Kahal, secondo il nostro au-tore, risiederebbe a New York “vero Va -ticano ebraico” (14). Il Kahal è l’espressioneconcreta del Talmùd, vale a dire: il tribunaleche giudica se le pratiche talmudiche sonoosservate o meno. È il “magistero vivente”della Sinagoga post-biblica poiché applica ladottrina talmudica ai casi concreti. Assiemeal Kahal, che comanda e giudica, e subordi-nato a lui, vi è il Bet-Din, vero tribunale se-greto: esso avoca a sé ogni causa e detiene ilpotere esecutivo, conformemente al Talmùd,

Léon de Poncins(3 novembre

1897-18 dicem-bre 1975)

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cioè esegue le sentenze emesse dal Kahal.Quindi il Talmùd è il potere legislativo, ilKahal è il potere giudiziario, e il Bet-dinquello esecutivo. I tre poteri agiscono nelseno della Sinagoga post-templare che siserve di questi due Tribunali per governare ilpopolo ebreo, sparso sulla terra o raccoltonello Stato d’Israele a partire dal 1948.

NATURA E ORGANIZZAZIONE DEL KAHAL

Il segreto del Kahal

Il mistero circonda gli atti pratici delKahal: essi debbono restare segreti; guai achi osa rivelarli: si condanna all’anatema espesso anche alla morte. Jacob Brafmannebbe questa audacia, ma perse la vita.Secondo Hugo Wast, il segreto del Kahal

sarebbe questo: per conquistare il mondonon è necessaria la spada, ma basta un libro:il Talmùd! (15). Mediante lo spirito talmudi-co il Giudaismo si propone di sopraffare ilCristianesimo, unico vero bastione che sioppone al dominio universale d’Israele.I sentimenti principali che animano lo

spirito talmudico sarebbero quattro:1°) Un’ambizione smisurata di dominare

il mondo.2°) Un’avidità insaziabile di possedere

tutte le ricchezze dei non ebrei.3°) Il rancore contro il non ebreo, e spe-

cialmente contro il cristiano.4°) L’odio a Gesù Cristo.Ora, per soddisfare queste quattro passio-

ni, occorre appropriarsi della ricchezza delmondo, mediante la quale si potrà tutto. Cosìmediante l’oro la Sinagoga s’impadronirà diogni cosa, e renderà i non ebrei suoi schiavi. Oalmeno questo sarebbe il suo pia no segreto(che arriverà alla sua quasi realizzazione colRegno dell’Anticristo) (16). Ma per poter giun-gere a ciò è necessario corrompere i cristiani,fomentando in essi l’amore dei piaceri, dellusso e di se stessi. Siccome l’unico padronedell’oro che permette di avere piaceri, lusso eonor del mondo sarà (secondo il piano delKahal) il Giudaismo, i non-ebrei una volta cor-rotti potranno avere i piaceri a condizione dichiedere l’oro all’ebreo che solo lo possiede!«La forza degli ebrei consiste nel saper

nascondere le proprie intenzioni. Il popoloebraico vive ancora solo perché ha saputomantenere un segreto durante venti secoli dipersecuzioni» (17). Tale segreto è lo spiritotalmudico di odio a Cristo e ai cristiani e di

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brama di dominio mondiale. La fede talmu-dica non è nell’aldilà; ma nel dominio inquesto mondo; il suo “paradiso” è la terra.

Il Kahal oggi

Sono rarissime le notizie sul Gran Kahalodierno: le più recenti risalgono al 1954, conHugo Wast e al 1996 con Israel Shahak ilquale spiega che avendo gli Ebrei in Occi -dente acquisita nel 1780 l’eguaglianza giuridi-ca ed essendosi man mano emancipati, il pote-re giudiziario che la Comunità ebraica detene-va venne pian piano diminuendo (18), soprat-tutto in Occidente; mentre in Oriente l’eman-cipazione è stata assai debole e il Kahal hamantenuta la sua forza. Tuttavia in Occidentevi sono state sacche di resistenza all’assimila-zione, e con il movimento sionista e la fonda-zione del B’nai B’rith (1843), la corrente anti-assimilazionista (e filo-Kahalista) ha ripreso ilsopravvento. Perciò il Kahal ha mantenuto uncerto potere anche dopo l’emancipazionedegli ebrei e lo ha riacquistato completamentea partire dall’ascesa del Sionismo, e soprattut-to dopo la seconda guerra mondiale con ilmito dell’“Olocausto”. Sempre Shahak scrive:«A partire dal Basso Impero, le Comunità giu-daiche possedevano dei poteri giuridici consi-derevoli sui loro membri... anche un poterecoercitivo: la flagellazione, il carcere, la sco-munica; tutte queste pene potevano essere in-flitte, legalmente, dai tribunali rabbinici...anche la pena di morte» (19). E continua:«Molti ebrei oggi, hanno nostalgia del mondoebraico precedente l’assimilazione, come fosseun paradiso perduto... Una parte importantedel movimento sionista ha sempre voluto ri-stabilirlo, ed ha vinto» (20). Lo Stato d’Israeleed il Sionismo sembrano segnare il ritorno delpotere assoluto del Kahal (21).Nel 1986 Simon Schwarzfuchs ha scritto un

interessante libro (per la collezione “Presenzae memoria ebraica”) riguardo al Kahalnell’Europa medioevale (22). In esso sostieneche la Comunità ebraica del Medio Evo, chia-mata Kahal, appare in Europa nel X secolo.«Essa è la continuazione della Comunità ebrai-ca dell’antichità» (23). Le origini della Comunitàebraica in Europa sono molto antiche; ve neera una a Roma anteriore al Cristianesimo.«Durante molti secoli, fino all’inizio del V se-colo, i gruppi ebraici d’Europa rimasero in con-tatto con il Patriarca della Terra santa e conti-nuarono a versargli un tributo» (24). Il Kahal re-golava e dirigeva ogni cosa.

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Il Kahal: sua natura.

Il Kahal rappresenta la fonte della coe-sione che gli ebrei sono riusciti a mantenereper duemila anni, sebbene dispersi nelmondo, senza tempio né sacrificio. Ai grandi mali che ha dovuto affrontare

nel corso delle sua storia, il popolo ebraico hasaputo opporre un grande rimedio: il Kahal. Igiudei, dispersi nel mondo intero, dopo il dei-cidio, si sono costituiti come uno Stato in ogniStato che li ha ospitati. Anche K. de Wolski èdel parere che per mantenere la loro unità ecoesione e non perdere la propria identità, igiudei obbediscono ad una sorta di governoocculto, sia giudiziario, il Kahal, che esecuti-vo, il Bet-Din. Si può parlare, dice l’autore, diuna sorta di corporazione che rappresentatutto Israele e che, pur essendo dispersa ma-terialmente, è unita spiritualmente, sia quantoai fini che quanto ai mezzi (25).La Chiesa cattolica è il principale nemico

del Kahal, il quale si sforza pertanto di dimi-nuirne l’influenza mettendo nelle intelligenzedei cristiani le idee di libero pensiero, di scet-ticismo, di scisma, e provocando così le dispu-te religiose, feconde di divisioni. Nel loro pro-gramma bisogna innanzi tutto cominciare ascreditare i sacerdoti, provocando sospettisulla loro devozione, sulla loro condotta pri-vata, poi bisogna guadagnare la stima dei gio-vani, infiltrando le scuole di idee anticristiane.

La Moreine

La Moreine è la gerarchia delle carichepresso gli ebrei. Essa comincia subito dopola distruzione del Regno d’Israele, ed ha perfine la preservazione e la conservazione della

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nazionalità perduta, fino al giorno in cui ilMessia restituirà al popolo d’Israele la suagloria e il suo paese [ciò non è avvenuto nel1948, in quanto l’entità sionista è stata rico-stituita da mano d’uomo e non dal Messia,che è già venuto duemila anni fa, n.d.a.].Durante il lungo pellegrinaggio del po-

polo ebreo disperso nel mondo intero, laMoreine è restata sempre la stessa ma si èsviluppata ed ha acquistato una grande po-tenza, costituendosi a poco a poco in societàsegreta, per poter affrontare le difficoltàdell’esilio ed arrivando così quasi intattafino ai nostri giorni.

I membri del Kahal o la Moreine

Il Kahal comprende due categorie dimembri: i dignitari da una parte e i subalter-ni dall’altra. Kahal docente e discente. 1°) I dignitari costituiscono il Gran Con -

siglio e godono di un’autorità sovrana soprala Comunità ebraica. 2°) I subalterni sono i segretari e gli scribi. Tra di essi è scelto il Persecutore segreto,

che è l’esecutore delle sentenze del Kahal(26). Pare che egli s’impegni con giuramentoa non risparmiare nessuno.Vi sono poi i fattori, che sono una sorta

di informatori e di factotum.

“L’EBREO SETTARIO” NELLA SUACONDOTTA PRATICA

Il Vial, nel suo prezioso libro, asserisceche il governo segreto degli ebrei si chiamaKahal ed è universale e assoluto. «Riuniscenelle sue mani il potere legislativo e quelloesecutivo [il Bet-Din, ramo del Kahal, ha,propriamente parlando, il potere esecutivon.d.a.]. Ha diritto di vita e di morte... Ha, aisuoi ordini... una magistratura per imporli,una polizia per sorvegliarne l’esecuzione, unbudget per alimentare la sua polizia e i suoifunzionari, e una tassa per alimentare il suobudget...Le decisioni del Kahal non sono suscettibili

di nessun controllo e non hanno bisogno di ap-provazione da parte di nessuno... Esso, vecchioricordo dell’onnipotente Sinedrio, ...ha semprefunzionato, fin dalla dispersione d’Israele nelmondo, nella misura in cui glielo permetteva lacosiddetta “intolleranza medievale”» (27).Il suo codice è il Talmùd, che è veramente

la Costituzione fondamentale del popoloebraico, di cui riassume la suprema aspirazio-

Il serpente simbolico che rappresenta il progresso dellacospirazione ebraica

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ne: la conquista del mondo intero. Ma questaCostituzione deve essere, nella pratica, inter-pretata dal Kahal per mezzo delle sue leggi.

Brafmann, nel suo Libro del Kahal ri-porta più di mille prescrizioni del Kahal, cherappresentano così il diritto d’Israele, il suocodice di giurisprudenza (28).

GLI AGENTI DEL KAHAL

Brafmann stesso nella sua opera ci dice chegli agenti del Kahal sono impiegati dagli ebrei,non solo nel commercio, ma in tutti i settoridegli affari. Il fine principale di ogni agente è diprender nota, scrupolosamente, attraversoquali mezzi è arrivato a corrompere l’impiega-to di polizia, in favore di un suo correligionario.Tutte queste notizie raccolte con cura, devonoessere depositate presso il Kahal, che vienecosì in possesso dei mezzi d’azione sull’impie-gato corrotto, qualora volesse intentare qual-che azione contro l’Ebraismo, o prendere unadecisione che non gli sia favorevole (29).

IL KASHER

La legge sulla cucina Kasher è di capitaleimportanza per mantenere separata la vitadegli ebrei dal resto del mondo. Essa per-tanto deve essere mantenuta intatta; talecompito appartiene al Kahal, interprete fe-dele del Talmùd.

LE CONFRATERNITE EBRAICHE

Ricorrendo ad un esempio si può dire chele confraternite sono le arterie della Societàebraica, mentre il Kahal ne è il cuore. Qualeè il filo misterioso che incatena e lega tra lorotutti gli ebrei sparsi sulla faccia della terra,come una invisibile e potentissima corpora-zione? Le confraternite! Ciascuna di esse hail suo capo e molto spesso la sua casa di pre-ghiera (succursale della sinagoga principale);ogni confraternita è un Kahal secondario. Lamaggior parte dei membri appartiene all’élitetradizionale della Società ebraica, che formacosì quasi una legione di combattenti che cir-condano e difendono lo stendardo del Tal -mùd, al servizio del Kahal.

LA CORTE DELLA SINAGOGA

Essa consiste in una superficie di terre-no, situata nel quartiere abitato da ebrei, incui devono trovarsi:

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1°) Il Bet-Haknest (la sinagoga principale).2°) Il Bet-Gamidrasch (la casa di pre ghie -

ra e la scuola).3°) Il Bet-Hamerhatz (i bagni a vapore).4°) Il Bet-Hakahal (la camera del Kahal).5°) Il Bet-Din (tribunale esecutivo).6°) Lo Hek-Dech (rifugio per i poveri).Di tutti questi luoghi quello che c’interes-

sa di più è la camera del Kahal, di cui abbia-mo già parlato, e il Bet-Din: un Consiglio ana-logo all’antico Sinedrio, che si perpetua finoai nostri giorni sotto la tutela del Kahal e cheforma la sua sezione di giustizia esecutiva.«...la camera del Kahal... regola la vita

pubblica e privata dei suoi correligionari di-spoticamente e quasi senz’alcun controllo,non ammettendo ricorso a nessun’altra auto-rità. Essa... si estende ...alla vita religiosa, in-teriore e privata degli ebrei... Ma quando sitratta di pronunciare un giudizio in un pro-cesso tra due ebrei, o tra un ebreo e il Kahal,è il Bet-Din (il santo tribunale) che giudica.Il Bet-Din, benché chiamato il santo, è

tuttavia sotto la protezione del Kahal, eforma soltanto la sezione giudiziaria di que-sta autorità suprema, alla quale ogni ebreodeve essere sottomesso ciecamente» (30).

LA SEDE DEL KAHAL SECONDOHENRY FORD

Dove si troverebbe la sede centrale delKahal? Non si sa.Però in un articolo del Dearborn Inde -

pendent, scritto negli anni venti (31) si leggeche: «Il Kahal sta stabilendo i suoi tribunalinella città di New York... Gli ebrei si appella-no al Kahal perché preferiscono la giustiziaebraica a quella dei Paesi che li ospitano».Henry Ford nel 1920 ha scritto: «L’orga-

nizzazione giudaica più importante... vivenegli Stati Uniti d’America. (...) Esistono inAmerica logge ebraiche... Ma... è necessariosapere che dentro e dietro esse funziona uncentro dominante, con la sua amministrazio-ne e il suo governo.Le sue disposizioni hanno forza legale...

Due di queste organizzazioni, entrambe in-teressanti tanto per la loro segretezza comeper la loro potenza, sono la Keillha novaior-chese e il Comitato giudeo-americano. (...)La Keillha rappresenta il più forte fattorepolitico della vita ufficiale di New York.La parola Keillha è identica alla parola

Kahal e significa qualche cosa come comu-nità o riunione o amministrazione. Il Kahal

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rappresenta la forma genuinamente ebrea digoverno e amministrazione del popolo di-sperso. Ciò significa che dopo la loro disper-sione per il mondo, gli ebrei hanno creatodappertutto il loro governo proprio...A New York il Kahal possiede le proprie

preture, decreta le leggi, pronuncia ufficialmen-te sentenze e le fa eseguire, e gli ebrei preferi-scono la loro giustizia a quella dello Stato. (...)La Keillha novaiorchese è la maggiore e più po-tente organizzazione ebraica di tutto il mondo.A New York, ...alligna il centro vitale e poten-ziale del Giudaismo moderno. New York rap-presenta per l’ebreo moderno ciò che per il cat-tolico rappresenta Roma... L’attuale NuovaYork è una risposta viva, latente, alla domanda:è possibile che un gruppo di persone numerica-mente inferiore possa dettar legge a tutta unapopolazione? Tutto a New York risponde af-fermativamente» (32). Tuttavia dopo il 1948, conla costituzione della Stato d’Israele, è doverosoporsi la domanda se la sede centrale del GranKahal non sia stata trasferita a Geru salemme.

CONCLUSIONE

«Dopo tutto ciò che è stato detto sullavita intima e segreta degli ebrei, - scrive de

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Wolski - ...è facile spiegarsi le persecuzioniche, in ogni paese e in tutte le epoche, sonostate dirette contro questo popolo incorreg-gibile, orgoglioso e fanatico» (33).La concessione dei diritti civili accordati al

popolo ebraico, con la speranza di assimilarlo,è stata, come confessava Napoleone I, “un’il-lusione”; infatti questo popolo ha rifiutatoostinatamente il diritto comune, ed ha volutocontinuare a vivere isolato, per non perdere lasua identità, aiutato in ciò dal Kahal! La causadi tale perseverante ostinazione è nel Giu -daismo stesso, vale a dire in tutte quelle istitu-zioni prescritte dal Talmùd e protette dalKahal e dal Bet-Din, che dureranno fino aquando Israele si convertirà a Gesù Cristo.I Paesi cristiani che danno ospitalità a que-

sto popolo saranno sempre considerati da essocome “un lago aperto dove ogni ebreo può pe-scare liberamente” (come dice il Talmùd),vale a dire: sfruttare e spogliare il cristiano.Infatti lo spirito del Kahal è uno spirito

esclusivo, geloso e fanatico. Il Kahal è pre -occupato di mantenere lo spirito talmudicoe nello stesso tempo protegge gli interessitemporali del popolo d’Israele: esso èl’anima e la coscienza di questo mondo aparte, e secondo gli autori esaminati, predo-minerebbe anche sul rabbinato. La forza d’Israele risiede nel Kahal; essa

ha soggiogato il mondo intero, agendo nelsegreto ed io spero con quest’articolo diaver fatto un po’ di luce, che possa illumina-re i gojim e particolarmente i cristiani, sulpericolo che li minaccia. Se qualcuno dei let-tori avesse notizie più recenti (ma serie edocumentate) da fornirmi, sarò felice dipoter approfondire il problema.

NOTE

1) Encyclopaedia Judaica, Jerusalem, 1971,vol. IV, coll. 1287-1288.

2) N. COHN, Histoire d’un mythe, Gallimard,Paris, 1967, pagg. 58-59.

3) KALIXT DE WOLSKI, De la Russie juive,Savine Editeur, Paris, 1887.

4) L. VIAL, Le Juif sectaire ou la Tolérancetalmudique, Fleury, Paris, 1899.

5) E. JOUIN, R. I. S. S., 5ème, Le péril judéo-ma - connique, deuxième partie, Les actes de la Con tre-Eglise I, Discipline de l’Imperialisme Juif, IV, QAHAL,a cura di A. ALBRECHT, Paris, 1925, pagg. 89-122.

6) Giosuè, XXIII, 2- XXIV, 1 7) A. ALBRECHT, Op. cit., pag. 90.8) L. DE PONCINS, Les Forces Secrètes de la

Révolution, éd. Bossard, Paris, 1928, pag. 254. 9) Ibid., pag. 255.

Riprovevole copertina antisemita di una edizione francese dei Protocolli

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10) H. WAST, El Kahal, editorial Aldecoa,Burgos, 1954.

11) Ibid., pag. 24.12) A. ELKANN-E. TOAFF, Essere ebreo,

Bompiani, Milano, 1994, pag. 13. 13) H. Wast, op. cit., pag. 43. 14) Ibid., pag. 44. 15) Ibid., pag. 72. 16) Ivi.17) Ibid., pag. 111. 18) I. SHAHAK, Histoire juive - Religion juive.

Le poids de trois millénaires, La Vielle Taupe,Paris, 1996, pag. 34. Traduzione italiana già pub-blicata dal Centro Librario Sodalitium, VerruaSavoia (Torino) 1997.

19) Ivi. 20) Ibid., pag., 42. 21) Ibid. , pag. 143. 22) S. SCHWARZFUCHS, Kahal. La commu-

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nauté juive de l’Europe médiévale, Maisonneuveet la rose, Paris, 1986.

23) Ibid., pag. 11.24) Ibid., pag. 17.25) K. DE WOLSKI, La Russie juive, Savine

éd., Paris 1887, pag. 2. 26) Cfr. J. BRAFMANN, Le livre du Kahal,

scheda n° 148, citata da L. VIAL, op cit., pag. 91.27) L. VIAL, op cit., pagg. 79-80. 28) J. BRAFMANN, Le livre du Kahal, schede

n° 134, 170, 146, 148, 149, 177, 57, 261, 239, 260,284, 21, 33, 37, 4, 156, 159, 17, 280, 281, 282, 285.

29) L. VIAL., op. cit. pag. 116.30) Ibid., pag. 172. Cfr. J. BRAFMANN, Le livre du

Kahal, n° 24, 78, 120, 132, 146, 177, 203, 204, 239, 256.31) Dearborn Independent del 26. 02. 1921. 32) H. FORD, L’ebreo internazionale, L’altra

biblioteca ed., sine loco et data, pagg. 225-231.33) K. DE WOLSKI, op. cit., pag. 303.

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“Accetto la morte in nome diGesù e della Chiesa”.

Vita di S. Tommaso Becket,Arcivescovo di Canterbury

TERZA PARTE: MARTIRE DELLA LIBERTÀDELLA CHIESA.

don Ugolino Giugni

L’assemblea del clero a Westminster nel 1163

Il 1163, come abbiamo visto nella puntataprecedente, si chiuse con la consacrazionedi due vescovi e fu l’ultimo anno di unacerta tranquillità per il Becket, poiché i

segni della battaglia si intravedevano ormaicome prossimi. Ma i contendenti non eranopiù gli stessi: “Due anni di penitenza e diesercizio di spirito, due anni di abnegazionee di mortificazione, due anni di vita santa edesemplare abbellita da tutte le virtù del chio-stro e corroborata da tutti i benefizi delle at-tività del lavoro e della fatica, avevanorafforzato e rinvigorito il Becket. Del vivacecancelliere non restava più nulla, l’ardoredel vispo cavaliere, il lusso del munifico ba-rone, tutto era scomparso. La grazia avevamutato interamente quell’uomo; esso avevavolto ogni amore ogni forza ogni pensieroalla Chiesa di Dio, aveva raccolto ogni affet-to in Gesù Cristo. Quando il re Enrico II osòfar rivivere in sé stesso Guglielmo il Rosso,si trovò a fronte Anselmo risorto nella per-sona di Tommaso che sostenne valorosa-mente la lotta” (1).

Agiografia

Schema riassuntivo sul poteredel gran Kahal

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Ma qual’era l’attitudine di TommasoBecket e quella del re Enrico II? “Richia -man dosi al diritto consuetudinario e ad altricasi precedenti (la common law), il re volevarestaurare nella chiesa inglese il dominiodella corona, limitare e tenere in scacco lagiurisdizione ecclesiastica, assoggettandolaal tribunale reale, e tenere sotto il controllodel re gli appelli rivolti alla curia.L’arcivescovo invece non esitò a sostene-

re i diritti e le libertà ecclesiastiche, fino adallora conseguite o conquistate sotto il reStefano, e a dare sempre più spazio al dirittocanonico generale introdotto anche inInghilterra già fin dal Decreto di Graziano(1139-40). Mentre per l’arcivescovo avevauna parte importante il diritto canonico, peril re, che seguiva l’esempio di Federico I, erapiù importante il diritto romano rinnovato,anche se al di fuori si voleva far credere che sitrattava solo di restaurare le consuetudinigiuridiche locali. Uno scontro frontale eraperciò inevitabile ed esso doveva essere tantopiù aspro e drammatico in quanto ambedue,sia il re che l’arcivescovo, si consideravano idifensori del diritto giusto e vero, ed entram-bi erano pronti ad impegnare per i loro idealisupremi la propria acuta intelligenza, l’artediplomatica, una volontà tenace, anzi com-battiva, ricorrendo all’aiuto di tutti i mezzi in-tellettuali, materiali e personali, che lo stato ela Chiesa mettevano a loro disposizione” (2).Una delle prime scintille che accese la

disputa fu il caso di un canonico di nomeFilippo de Broc di Berford. Costui era impu-tato di assassinio di un milite; giudicato daltribunale ecclesiastico competente fu assol-to, non essendoci le prove della sua colpevo-lezza. Il giudice regale della contea, per anti-ca ruggine col canonico richiamò a sè il giu-dizio appellandosi al re. Secondo il dirittonon si può essere giudicati due volte per lostesso delitto ed il de Broc, in quanto sacer-dote, si rifiutò di comparire davanti al giudi-ce laico. Tommaso Becket, con tutto il cleroche egli rappresentava sostenne il sacerdoteopponendosi alla pretesa del re. Enrico IIvoleva che da questo fatto risultasse unapreminenza del potere civile su quello spiri-tuale. Il canonico fu chiamato a Canterbury:tuttavia non fu più giudicato per l’omicidio,ma dovette scusarsi per le ingiurie che acausa dell’indignazione aveva indirizzate algiudice della contea; perse inoltre le sue pre-bende per due anni e fu condannato ad esu-lare dall’Inghilterra. Il “caso de Broc” ebbe

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lunghi strascichi di ordine giuridico riguardoalle rispettive competenze. Esso preparò glianimi alla discussione sul diritto e la libertàdella Chiesa che ne seguì e che scoppiò piùviolentemente a Westminster (1 ottobre1163) durante l’assemblea reale alla qualeEnrico II convocò tutti i vescovi del regno(3). Il principe si lamentò della crescente cri-minalità del clero e dell’indulgenza dei tri-bunali ecclesiastici. Egli pretese che il forodella Chiesa fosse messo nelle mani degli ufficiali regi e che, una volta giudicato dalforo ecclesiastico, il reo fosse nuovamentechiamato in giudizio di fronte al tribunale ci-vile; che un ministro del re fosse presente altribunale ecclesiastico per potersi impadro-nire subito dell’imputato senza che questiriuscisse a “sfuggire alla sua giustizia”.I vescovi si riunirono per deliberare la ri-

sposta da dare al re. Chi consigliava modera-zione e indulgenza a causa della “perversità deitempi”, si scontrò con la fermezza dell’arcive-scovo di Canterbury che, parlando in nome ditutto il clero che rappresentava, ricordò come« la libertà ecclesiastica non dovesse perire permano stessa dei vescovi che avevano dovere dicustodirla e di difenderla e che “nei giorni dicombattimento, dice S. Girolamo, si deve starfermi nella fede e non si deve por mente allatempesta delle nubi avverse. Ogni pilota sa na-vigare con i venti secondi, ma il vero pilota sivede nelle tempeste, come affermava S.Antonio”. Al sovrano inoltre disse che poichéil sacerdozio costitutiva un popolo santo, segre-gato dal popolo e consacrato a Dio, esso dove-va essere giudicato colle leggi proprie dellaChiesa che ben sapeva premiare i buoni e pu-nire i malvagi. E siccome il re del sacerdozioera Dio, così la legge e la pena erano spirituali,vale a dire non portavano mutilazioni o smem-bramenti o marchio di fuoco. (…) Turpe esconveniente cosa sarebbe stata sopportare chemani a Dio consacrate e che poco innanzi strin-gevano tra le dita il Redentore e nel benedirerappresentavano il Salvatore del mondo, oralegate rappresentassero un abietto ladrone…E che sarebbe forse conveniente che la scuretroncasse quelle mani medesime che di frescoavevano benedetto il re in nome di Dio?Concedevasi che se alcuno degradato e privatodei sacerdotali privilegi, per nuovo delitto do-vesse punirsi, la corte laica lo giudicasse, e inquesto significato trovasi nel canone il traden-dum curiæ, dacché, a quel punto, la pena inflit-ta a costui non si giudicava inflitta a uno delclero ma ad uno del popolo » (4).

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Enrico con scaltrezza mostrò di dar ra-gione ai suoi argomenti ma domandò se i ve-scovi fossero almeno disposti a prometteredi osservare in tutto i costumi regali. La ri-sposta quasi unanime fu che lo avrebberopromesso ma con la clausola “salvo ordinenostro” (5). Il re pretese di vedere un’insidiain quella risposta e si adirò profondamente;proferendo minacce lasciò l’assemblea senzanemmeno salutare i vescovi. Prima di parti-re il re aveva intimato a Tommaso di « “ri-nunciare alle castella ed ai beni avuti quan-do era cancelliere”. Il santo non si fece pre-gare e rinunziò immediatamente, provandocosì che solo la coscienza lo faceva resisterealle pretensioni regali contro la Chiesa, nonl’interesse o l’utile proprio, il quale senzarammarico perdeva e cedeva » (6).Quella sera stessa Enrico II incontrò il

Becket spinto da un avanzo di quell’amiciziache li aveva legati in precedenza; i due caval-carono fianco a fianco ragionando insieme. Ilre trattò l’arcivescovo da ingrato e da nemi-co. Quest’ultimo si schernì facendogli notareche il dovere e la coscienza lo obbligavano adobbedire innanzitutto a Dio più che agli uo-mini: “Sire, voi sapete quanto io vi sia statofedele, eppure da voi non potevo aspettarmiche un premio terreno; vedete dunque comecon maggiore diligenza devo servire Dio chemi darà un premio eterno… voi siete il miosignore ma Egli è Signore mio e vostro… Neldì del giudizio saremo giudicati tutti e duecome servi del Signore e l’uno non potrà ri-spondere per l’altro”. “Non ho bisogno disermoni - proruppe il principe - né sono ve-nuto qui per sentirli da voi. Non siete forse ilfiglio d’uno dei miei vassalli?”. “O mio re èvero non sono uscito di stirpe regale; ma S.Pietro al quale Cristo si degnò dare le chiavidel cielo e la autorità su tutta la Chiesa nonera già di origine illustre” rispose umilmentel’arcivescovo. “Verissimo -replicò Enrico -ma egli morì per il suo maestro”. A questeparole tutta la fede e la carità del santo si ac-cese e la sua anima si slanciò nell’avvenire, econ una frase profetica disse: “Oh sì! Anch’ioquando ne sarà venuto il tempo morirò per ilmio maestro”. Enrico restò freddo a questaprofessione di speranza e di fede anzi lo rim-proverò di aver troppa fiducia in sé stesso.« Sire io non ho altra confidenza che nelSignore, perché sta scritto “maledetto l’uomoche pone la sua speranza nell’uomo”. Sonopronto al presente, come fui pronto sempre,a fare ogni cosa per vostro onore e secondo il

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vostro desiderio, salvi sempre i diritti del mioordine » (7). Il re rimase fermo nel volere ilgiuramento senza la clausola, cosa cheTommaso non poteva consentire, se ne se-parò quindi sempre più incollerito.

Le costituzioni di Clarendon

Dopo questi avvenimenti gli spiriti furo-no molto turbati; si temeva la collera delprincipe e le sue funeste conseguenze.Alcuni vescovi cercarono di convincereBecket a scongiurare, con una sua prontasottomissione, la tempesta che si sarebbescatenata su tutto il clero. Gli suggerironoche la prudenza è la via più certa per la sicu-rezza e che per evitare un male più grande sidoveva rinunciare anche ai diritti più sacro-santi. Molti si allontanarono dall’arcivescovodi Canterbury temendo per se stessi qualorail re li avesse visti trattare con il Primate,altri come Ruggero di York ed Arnolfo diLisieux patteggiarono con il re. Gli animierano quindi divisi: ed il Becket si trovavasempre più solo, pochi gli restarono occulta-mente fedeli. « Doleva nell’animo del santotanta viltà, egli ne aveva grandissimo cordo-glio poiché conosceva chiaramente quanto cifosse poco da sperare da tali mercenari. Fuallora che si volse a cercare conforto fuoridel regno e scrisse al Pontefice Alessandroed a vari prelati raccontando i dolori dellaChiesa di Inghilterra e scongiurandoli diaiuto e di consiglio. (…) Papa Alessandro fucommosso dal racconto delle “gravi ansietàed amarezze che cotanto affliggevano l’arci-vescovo”… e gli scrisse usando ogni argo-mento per confortarlo » (8). Alla pusillani-mità dei vescovi si aggiunse la calunnia deisignori e nobili già nemici del Becket che ap-profittarono di questa occasione per inaspri-re l’animo del sovrano verso il suo anticocancelliere. Un abate, per smuovere la fer-mezza del Becket, gli disse che aveva ricevu-to ordine dal Papa di fare tutto il possibileper convincerlo a consentire ai desideri delre, poiché il principe aveva promesso ad al-cuni cardinali di non avere nessuna intenzio-ne di nuocere agli interessi della Chiesa.Fu così che “il primate, stanco delle la-

mentele degli amici, e le minacce dei nemici,spinto da un preteso consiglio del sommopontefice, e dall’assicurazione che Enrico sisarebbe accontentato del solo onore dellavittoria, si recò dal re a Woodstock, e glipromise di osservare i costumi regali omet-

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tendo la clausola che era stata occasione ditanti dibattiti” (9). Secondo il Balan Tom -maso Becket promise di osservare le con-suetudini regali di buona fede (bona fide) eaggiunse: “Certo, che anch’egli sarebbestato fedele alla parola data”.“Becket s’immaginava senza dubbio che il

monarca si sarebbe accontentato di quella ge-nerosa proposta che aveva appena fatto, e cheforte della parola data dal prelato, poteva pre-sentarsi davanti ai baroni e ai signori, senzadover arrossire del preteso affronto che lui,Enrico II, credeva aver ricevuto nell’assem-blea di Westminster. Ma sia che il principefosse mal consigliato dai suoi adulatori, che sierano dichiarati nemici del primate, sia chevolesse umiliare questo pontefice, la cui fer-mezza era l’ostacolo principale ai suoi iniquiprogetti di ingerenza e di dominazione, siache volesse realmente opprimere la Chiesa,calpestarne le immunità, gli interessi e i diritti,in ogni caso mosso da uno di questi motivi, oda tutti insieme, domandò una ritrattazionepubblica da parte dei vescovi” (10).A questo proposito il re convocò a Cla -

rendon, borgo non troppo distante daSalisbury dove Enrico possedeva un palaz-zo, un’assemblea del clero e della nobiltà.Quest’assemblea si aprì il 25 gennaio del

1164. Tommaso Becket dovette vincere la suaripugnanza per recarvisi, poiché temeva che ilre avrebbe abusato della promessa fatta aWoodstock, ed avrebbe proposto alla firmadei vescovi dei costumi del regno contrari agli

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interessi della Chiesa. Giovanni di Oxford,cappellano del re e da lui nominato presiden-te, intimò subito, con aria irritata, ai vescovi diadempiere la loro promessa. L’arcivescovo diCanterbury espresse il desiderio di ammetterela clausola d’eccezione. Enrico montò su tuttele furie, minacciò il primate di esilio e dimorte; si aprirono le porte della sala vicina etutti poterono vedere un corpo di cavaliericon le armi sguainate pronti ad eseguire gliestremi ordini che il re nella sua colleraavrebbe potuto impartire. Improvvisamente ilprincipe abbandonò l’assemblea lasciandotutti nella più profonda paura ed angoscia. Iconti di Cornwalt e di Leicester si gettaronoai piedi del Becket per scongiurarlo di preve-nire con la sua sottomissione il massacro deivescovi presenti che altrimenti ne sarebbeinevitabilmente seguito. “Tommaso Becketsacrificando la sua propria opinione più alleloro preghiere che ai loro argomenti, promiseoralmente di osservare i costumi reali dibuona fede, senza aggiungere nulla, tutti glialtri fecero lo stesso. Ma domandò al re diinformarli in cosa consistessero i costumi delregno” (11). In effetti, cosa inaudita, questi co-stumi regali, causa di tanti dibattiti, erano uffi-cialmente ancora sconosciuti. Un comitato diricerca fu subito nominato ed il giorno se-guente furono presentati sedici articoli, chevennero chiamati le costituzioni di Cla rendon.« I sedici articoli del documento di

Clarendon, per quanto nei particolari trattinoquestioni diverse, nel loro complesso voglionoannullare la crescente indipendenza dellaChiesa inglese nei confronti della corona.Viene accentuata la dipendenza feudaledell’episcopato, le elezioni vescovili devonosvolgersi sotto il controllo del re, gli eletti de-vono prima della consacrazione prestare giu-ramento di fedeltà, viene limitato il loro dirittodi disporre dei beni della Chiesa e nei riguardidella corona sono anch’essi soggetti agli stessiservigi e alle medesime prestazioni dei vassallilaici. I tribunali ecclesiastici devono adeguarsialla procedura giudiziaria di quelli laici, la lorocompetenza viene considerevolmente limitata,mentre quella dei tribunali laici viene ampliataed estesa alle questioni debitorie, allo spergiu-ro, alle controversie per le prebende, alle que-stioni di patronato, ai casi criminali e agli affaricivili dei chierici. Vengono ristretti i poteri discomunica dei vescovi nei confronti dei vassal-li della corona, dei membri della corte reale edei tribunali. Ogni appello dai tribunali inglesiè soggetto all’esame e all’approvazione del re,

La città di Canterbury in un manoscritto medioevale

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così pure i viaggi dei vescovi alla curia o aiconcili. Nei particolari tutto ciò non era nuovo,ma ora veniva per la prima volta espresso informule giuridiche ed elevato a legge conl’adesione scritta dell’episcopato » (12).Erano corse anche voci dei disegni occulti

dell’adirato principe di avvicinarsi all’antipapascismatico Vittore IV. Tommaso Becket rima-se dapprima fermo sulle risoluzioni preceden-ti; in seguito, spinto soprattutto dalle preghie-re degli amici, dal timore degli altri vescovi edalla indulgenza che Alessandro III avreb beconsigliato di usare, per carità verso la Chiesaed il prossimo, acconsentì a rinnovare le pro-messe ma soltanto oralmente rifiutandosi diapporvi il suo sigillo, cosa che invece fecero glialtri prelati. “Egli infatti poteva, come era so-lita fare anche la curia, lasciar passare (dissi-mulare) qualche norma, ma non approvarecon firma e sigillo disposizioni che contrasta-vano apertamente con il diritto canonico vi-gente. (…) Contro la limitazione della giuri-sdizione ecclesiastica e della libertà dei vesco-vi Tommaso Becket fece sentire la propriaprotesta, appellandosi ai principi giuridiciespressi nel decreto di Graziano. Nelle costi-tuzioni di Clarendon Tommaso temeva unacompleta feudalizzazione della Chiesa inglese,la quale rischiava di perdere poco a poco isuoi privilegi essenziali (fori et canonis), di ve-nire esclusa dall’ambito giurisdizionale dellaChiesa universale e di allentare così il legamecon la sua fede ed il suo capo” (12). Inoltrequeste costituzioni, come vennero presentatenei sedici articoli, non erano le “consuetudiniantiche del regno” ma contenevano nonpoche innovazioni e leggi che andavano con-tro gli usi e le leggi della Chiesa universalecosì come erano applicati e permessi in tuttigli stati cattolici. In particolar modo le restri-zioni del foro ecclesiastico e l’imposizione deltribunale laico per la più parte delle cause deichierici, e il divieto di scomunica e di appello aRoma senza il consenso del re. Mons.Umberto Benigni fa notare come la politica diEnrico II fosse la stessa di Filippo il Bello: im-porre cioè alla Chiesa il diritto comune che“era la sovversione radicale non solo del dirit-to ecclesiastico, ma altresì di tutta l’armaturapolitico-sociale dell’epoca. Il diritto comuneper la Chiesa è stata sempre la formula dellasua minorazione morale e materiale, sociale espirituale; allora era lo scrollo di una colonnache sosteneva l’edificio sociale”. Le parole delBecket al re furono le seguenti: “Se la diffe-renza fosse per i diritti miei propri, certamen-

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te avrei subito ceduto alla tua volontà; matrattandosi di negozi ecclesiastici che Dio miaffidò, non deve parerti né indegno né mirabi-le se sono stato più fermo e più difficile, dac-ché sai bene come io debba rendere ragione aDio che me ne chiederà conto. Ora concepitamiglior speranza nella prudenza tua e nellatua bontà confidando, acconsento al tuo desi-derio, prometto che sarò per osservare inbuona fede le consuetudini del regno e te loassicuro in parola e verità” (13). Dopo l’arcive-scovo di Canter bury giurarono anche gli altrisenza proferire le parole: salvo ordine nostro.In ogni caso il Becket non firmò e non sigillòle inique costituzioni, ne accettò soltanto lacopia che, secondo l’uso, gli fu porta.

“Non possumus”. Il giudizio a Northampton

« Uscito dal concilio Becket prese la viadi Winchester pensoso e malinconico. Apochi passi da lui cavalcava il suo crociferaioAlessandro Llevellen che mal frenando ilsuo dolore per le usurpazioni tentate dalprincipe, a voce abbastanza alta si lamenta-va: “Non vi è più riparo per gli amici dellaverità… Ahimé! Questa tempesta ha per-cosso il pastore, ha disperso le pecore. Orache il capo è perduto chi si leverà in difesadella Chiesa? E che più mai resta a chi haperduto l’onore e la coscienza?”. Tommasogli domandò a chi fossero dirette quelle pa-role. “A voi - rispose il chierico - che perde-ste onore e coscienza, dando ai posteri unesempio che Dio detesta e che la coscienzariprova, quando stendeste le mani a Dioconsacrate per giurare l’osservanza di iniqueleggi, unendovi ai ministri di Satana per ro-vesciare la libertà della Chiesa” » (14).L’arcivescovo fu toccato da quelle parole

che avrebbero ferito chiunque non avesseavuto la sua profonda umiltà e la sua consu-mata virtù. Rientrò in sé stesso, nel suo cuoresi risvegliò l’amore per la sposa di Gesù di cuia lui erano stati affidati i diritti da tutelare ecustodire. Si rimproverò di essere stato trop-po temerario nell’accettare l’ufficio di prima-te e troppo debole poiché a causa dei suoipeccati la Chiesa d’Inghilterra perdeva la li-bertà ed il popolo era scandalizzato. Lo spiri-to del Becket fu in un vero stato di agonia edera inconsolabile anche da parte dei suoi piùcari collaboratori. Ma poiché san Paolo dice:“diligentibus Deum omnia cooperantur inbonum” (Rom. VIII, 28); anche i peccatiquando vengono più da umana fragilità che

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da consumata malizia sono per le anime cheamano Dio uno sprone al bene e uno stimoloalla santità. “Ad ogni modo l’errore di Tom -maso non venne da malizia né da pusillani-mità; fu effetto di compassione, fu conse-guenza di inganni. Se Papa Alessandro consi-gliava veramente a cedere [il ché non era deltutto vero; si trattava piuttosto, come abbia-mo visto, di una contraffazione. N.d.a.] e a ri-mettere alquanto della severità ecclesiastica,perché l’arcivescovo avrebbe dovuto agirecontro questo consiglio? (…) La sua stessaumiltà l’avrebbe presentato come colpevoledi non ascoltare i consigli di Alessandro.Insomma il fallo del Becket fu imprudenza enulla più; fosse stato anche colpa, il martiregeneroso la lavò nel suo sangue” (15). Per lostorico mons. Benigni, Tommaso si era sotto-messo in un momento di avvilimento ma lasua coscienza si prese la rivincita quando “di-chiarò al re il non possumus, rifiutando di ra-tificare la costituzione” (16).Arrivato a Canterbury per meglio condan-

nare la sua debolezza raddoppiò le sue peni-tenze ed austerità; scrisse a Papa Alessandronarrandogli per filo e per segno l’accaduto,chiamandosi in colpa per le sue mancanze echiedendo l’assoluzione ed il perdono. Si in-terdì lui stesso l’esercizio delle sue funzioni,applicandosi le pene canoniche previste aste-nendosi dalla celebrazione della santa Messafinché non avesse ricevuto la risposta con l’as-soluzione del Papa. Nello stesso tempo scrissead Enrico ritrattando il giuramento fatto.« La risposta di Alessandro non si fece

attendere; come vide che la colpa del Becketdoveva essere attribuita specialmente alledifficili circostanze in cui si era venuto a tro-vare, piuttosto che alla perversità o maliziadel suo cuore, consolò l’arcivescovo, scriven-dogli che il mezzo più efficace e più prontoper riparare questa colpa, consisteva nelcombattere di nuovo, con coraggio d’aposto-lo, contro tutti coloro che usassero l’ingannoper sorprenderlo, e che in questo modo sa-rebbe stato riparato lo scandalo che credevaaver dato alla Chiesa di Dio. Il Papa aggiun-geva che non gli consigliava di rimanere piùa lungo lontano dal santo altare, in ragionedel rango elevato che occupava tra i fedeli, eche benché la sua coscienza non fosse legatada un giuramento che era stato fatto a detri-mento della Chiesa, gli dava in ogni caso l’as-soluzione dalla colpa che credeva aver com-messo, per dissipare le sue angosce, e ren-dergli la calma e la pace del cuore » (17).

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Enrico si infuriò sempre più, minacciò dimorte il suo antico amico: “Inutile parlarmidi pace, finché vivo non la si avrà mai se l’ar-civescovo non ottiene dal pontefice l’appro-vazione delle leggi del mio regno”. Il PapaAlessandro invece, dopo aver ricevuto le let-tere del Becket, in un’epistola che inviò atutti i vescovi inglesi, condannò quelle leggi,esortandoli: “Se l’illustre re degli inglesi vi ri-chiedesse… di cosa dannosa alla libertà dellaChiesa, non vi attendiate a farla né vi obbli-ghiate in alcuna cosa a lui, singolarmente secontraria alla Chiesa Romana. Che se poi vicredete obbligati verso il re in qual cosa similfatta, non osservate quello che avete pro-messo, ma piuttosto adoperatevi a revocarela promissione, e procurate di farvi perdona-re da Dio e dalla Chiesa le illecite promesse”(18). Nei mesi che seguirono, l’arcivescovo,come era suo dovere, operava come se le ini-que consuetudini non esistessero; con minac-ce di interdetto (19) e scomunica, forte delleleggi della Chiesa che per delitti ecclesiasticivolevano giudizio ecclesiastico, richiamava asé il giudizio vietando ai chierici di compari-re davanti ai tribunali laici, cercando così diriparare almeno in parte l’errore fatto aClarendon. Da parte sua invece il re agiva inmaniera contraria; chiamando in giudizio da-vanti ai tribunali laici alcuni chierici: essi ve-nivano messi in prigione, puniti, condannatia morte con grande infamia per il sacerdozioe per la Chiesa. “Se erano colpevoli e meri-tavano punizione, l’arcivescovo era pronto ainfliggerla col privarli dell’onore e dei dirittisacerdotali, e resili infami, lasciarli qualorafacessero nuovo delitto, in potere dei tribu-nali del re che li punissero secondo la lorovolontà” (20).Nell’ottobre di quello stesso anno, però,

Enrico II valendosi dell’articolo nove delle co-stituzioni di Clarendon citò Tommaso Becket acomparire a Northampton di fronte ai vescovied ai nobili del regno (21), per rendere ragionedel suo cambiamento e per essere giudicato,anche di alcune questioni secondarie riguar-danti somme di denaro che le vessazioni deisuoi nemici e del re gli ingiungevano di pagaree che erano usate, come già fecero i giudei alprocesso di Nostro Signore Gesù Cristo, comepretesto per perseguitare l’arcivescovo. Tom -maso vi andò, si presentò all’assemblea, e cosìdisse: « “Falsamente credetti, giurando, di evi-tare maggiori mali alla Chiesa: ma ora cheIddio, per sua infinita misericordia, illumina lamia mente, vi ripeto quello che già mandai al

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re, ch’io pentito del grave mio fallo, ritratto ilgiuramento”. Allora ad una voce tutti i vescovicortigiani e vilmente ligi al re dichiararonoTommaso spergiuro e ribelle. Il quale subito ri-pigliò: “Voi dunque obbedite ai comandamentidi un re terreno piuttosto che a quelli del re ce-leste e immortale? Voi al pari di me dovete pursapere che il re non ha ragione alcuna nellaChiesa di Dio; e che nelle cose spirituali nonegli a questa, ma questa a lui deve comandare.Io dunque, quale vescovo non intendo sotto-mettermi alla giurisdizione del re, ma unica-mente a quella del Romano Pontefice il qualesolo può giudicarmi. A lui appello; e sotto lasua protezione pongo la Chiesa di Canterburye la episcopale mia dignità” (22). Becket si erapresentato alla lettura della sentenza contro dilui rivestito degli abiti pontificali e portando luistesso la sua croce accompagnato da quei pochiche gli erano rimasti fedeli; la S. Croce di Gesùera l’arma che opponeva alla spada e alla pre-varicazione dell’ingiustizia portata contro dilui. Dopo lunghi e tumultuosi colloqui, durantei quali Tommaso aspettava, solo con i suoichierici in un altra stanza del castello reale,l’esito della sentenza, i nobili del regno ed i ve-scovi si presentarono per notificargliela. Ilconte Roberto di Leicester, amico del Becket,con le lacrime agli occhi e profondo imbarazzo,in quanto più anziano doveva darne lettura.Egli cominciò: « “Il re ti ingiunge di venire adar ragione del tuo operato. Che se tu negassi,come hai promesso, ascoltare la sentenza…”.L’arcivescovo che aveva ascoltato da sedutofino a quel momento (poiché in quanto Pri -mate d’Inghilterra e quindi padre spirituale ditutti gli inglesi non doveva alzarsi di fronte aisuoi figli) s’alzò e subito lo interruppe: « Sen -tenza? O conte figliol mio ascoltala tu stesso.Sai bene quanto io sia stato famigliare al mioprincipe e quanto fedele secondo l’estimazionedel mondo… e come nella mia promozione adarcivescovo salì alla sede “libero e sciolto daogni legame secolare” come mi si disse in pre-senza del figlio del re. Così adesso sciolto e li-bero né debbo né voglio rispondere più intor-no a cose delle quali si promise di non chieder-mi più conto [infatti era stato accusato prete-stuosamente e condannato a pagare delle am-mende riguardanti fatti antecedenti alla suaelevazione a Canterbury]. (…) Nulla io tengodal re come feudo o baronia, e tutto ciò chetiene la Chiesa, lo possiede in perpetua libertà,non in omaggio o soggezione a signorìa terre-na. Quanto i re antichi e moderni diedero allaChiesa, fu a titolo di perpetua elemosina, libera

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ed immune dal potere secolare come ha con-fermato e dichiarato nei suoi privilegi il re me-desimo. Per questo in nome di quella autoritàpaterna che sopra di voi mi conferì l’arciepisco-pale consacrazione vietiamo che pronunziategiudizio alcuno sopra di noi”. “Giammai disub-bidirò contro l’anima mia ad un comandotanto autorevole, che anzi taccio e ti lascio permia parte libero” rispose Roberto e pregòTommaso di attendere affinché si portasse alre la sua risposta. “Sono io dunque prigionie-ro?” chiese il Becket “No! per san Lazzaro” ri-spose il conte di Leicester. “Quanto l’anima èpiù nobile del corpo - riprese il santo - tanto tusei maggiormente tenuto ad obbedire a Dio eda me più che al re. Né legge né ragione permet-te che i figli giudichino e condannino il pa -dre” » (23). Dopo aver ricordato che si appella-va al Papa e che sotto la sua protezione mette-va la Chiesa di Canterbury, Tommaso Becketcon passo deciso si avviò verso l’uscita del ca-stello in mezzo alle urla e agli insulti dei corti-giani che così scatenavano il loro servilismo.Arrivato alla porta principale la trovò chiusa.Un chierico che l’accompagnava vide unmazzo di chiavi lì vicino, l’afferrò e la primachiave inserita aprì la porta, il che parve un mi-racolo della protezione divina che tra tantechiavi l’unica provata fosse quella buona. Seavesse atteso ancora un momento davanti aquella porta i soldati lo avrebbero probabil-mente ucciso. Fuori dal castello reale il popololo attendeva per sapere l’esito della sentenza,quando egli uscì fu portato come in trionfo finoal suo alloggio nel monastero di sant’Andrea.Così l’arcivescovo aveva rifiutato la sen-

tenza; l’episcopato si era distanziato da luichiedendogli di dare le dimissioni. Il sovra-no infuriato decretò che gli fossero confisca-ti tutti i beni e lo condannò a morte.

L’esilio in Francia

Quella stessa notte S. Tommaso lasciòNorthampton, e con l’aiuto dei canonici rego-lari di Sempringham, fuggì verso la costa,passò la Manica e venne in Francia dove do-veva rimanere in esilio per sei lunghi anni.Sotto falso nome, per non essere riconosciutodai sicari di Enrico II, il primate d’Inghilterraraggiunse Sens dove si trovava il Papa Ales -sandro III per riferirgli del suo caso.Il re inglese aveva mandato degli amba-

sciatori al re di Francia per chiedere la ven-detta e l’arresto del fuggitivo; ma Luigi VIIinvece prese con gioia il Becket sotto la sua

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protezione. Gli stessi legati, tra i quali i ve-scovi di Londra, di York e di Chichester, sirecarono in seguito dal Papa a Sens. Essi ac-cusarono il Becket di essersi comportato im-prudentemente causando per sua colpa ladivisione nella Chiesa d’Inghilterra, chieseroad Alessandro III di ordinare al primate diritornare in Inghilterra e di inviare con luiun legato rivestito di tutti i poteri per giudi-care della contesa. Ruggero di York l’accusòdi essere ostinatamente attaccato alle sueidee e risoluzioni. Il Papa si trovò nell’incer-tezza della decisione: da una parte temevache pronunciandosi contro Enrico quest’ul-timo si sarebbe schierato per gli scismatici, edall’altra se avesse ordinato al primate di ri-tornare nel suo paese lo avrebbe gettato in-difeso nelle mani dei suoi nemici. Ales -sandro disse quindi che non si sarebbe pro-nunciato senza aver prima ascoltato l’arcive-scovo di Canterbury stesso.Dopo aver incontrato il re di Francia a

Soissons, Tommaso Becket arrivò presso ilSommo Pontefice, quando gli ambasciatoridi Enrico erano già ripartiti. “A Sens, espo-se il proprio caso al Papa e ai cardinali ediede lettura delle costituzioni di Clarendon,di cui Alessandro condannò quasi i due terzi(i nn. 1, 3, 4, 5, 8, 9, 10, 12, 15). Il Papa loprosciolse dalla promessa di osservarle, chea suo tempo egli aveva fatto oralmente, re-spinse anche la sua offerta di deporre il pro-prio ufficio, anzi lo confermò nella sua di-gnità riconoscendo al tempo stesso la posi-zione primaziale di Canterbury.« Si è constatato da parecchi che la Curia

Romana non fu all’altezza della situazione,non prendendo precisa parte per colui il qualecombatteva in Inghilterra la stessa lotta cheAlessandro menava a Roma contro Federico.Per lo meno è il caso di applicare il “compren-dere è perdonare”. Appunto perché il Becketmenava la stessa lotta, egli capitava in un cat-tivo momento… Come già Gregorio VII, cosìAlessandro misurava le forze sue e dei suoi, enon le trovava tali in quel duro momento dapoter mettersi sul dorso un’altra potenza ne-mica e di darla per socio di rappresaglia alCesare, nemico centrale » (24).“Tommaso Becket - per ordine del Papa -

prese dimora nell’abbazia cistercense diPontigny, presso Auxerre, non lontano daSens (fine novembre 1164 - novembre 1166).Vestito come un cistercense, si dedicò allapreghiera, agli studi di teologia e diritto cano-nico. Nel frattempo Enrico II sequestrò i pos-

sedimenti ecclesiastici di Canterbury, espulsedal paese la famiglia dell’arcivescovo, i chieri-ci rimastigli fedeli e i loro parenti” (25); im-pedì a chiunque, nel suo regno, di aiutare fi-nanziariamente o in altro modo il primate oquanti gli fossero rimasti fedeli, stabilendopene severissime, tra cui la prigione, per i tra-sgressori. Il re inglese scrisse più volte alPapa cercando di far condannare e destituireil Becket, ma senza risultato. Arrivò anche aminacciare di sottrarre se stesso ed il suo po-polo all’obbedienza verso il Sommo Pon -tefice e di passare al partito dell’antipapa; aquesto proposito mandò dei legati a Würz -burg presso lo scismatico Pasquale III che eraprotetto dall’imperatore Federico I. L’unicaconcessione che Enrico aveva potuto ottene-re da Alessandro III fu di far nominareRuggero di York legato della S. Sede, peròdalla sua giurisdizione fu eccettuata l’arcidio-cesi di Canterbury e tutti i suoi possedimenti.Ma appena Alessandro III fu tornato a

Roma, vedendo che i nemici della Chiesa in-vece di desistere dalle loro pretese sembrava-no voler prolungare senza fine il dibattito trail monarca inglese e l’arcivescovo, “fece un’at -to che dava a Tommaso il solenne riconosci-mento del suo retto agire, e mostrava solen-nemente la fiducia di Roma in lui: il Papa no-

Il Papa Alessandro III

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minò Tommaso legato papale nelle terre dellacorona inglese [togliendolo all’arcivescovo diYork n.d.a.]. A quel tempo i legati avevanosommi poteri; e lo si vide nel legato cantua-riense” (26). Nello stesso tempo il Papa ordinòal clero della provincia del Kent di obbedireal santo pontefice come al suo legato, ed or-dinò a tutti coloro che avevano usurpato, perordine del re, le terre e le rendite dell’arcive-scovo di restituirle entro due mesi. Becket, daparte sua, notificò la sua nomina ai vescovi diHereford e di Worchester dicendo che ne fa-cessero parte ai loro confratelli. Malgradotutte le precauzioni prese da Enrico la bolla dilegazione penetrò nel regno e fu recapitata aGilberto vescovo di Londra. Nel 1166, comeseppe che Enrico II si trovava nelle sue terrein Normandia, Tommaso uscì dall’abbazia diPontigny per recarsi a Vezelay. Qui in presen-za di un grande popolo, il giorno dellaPentecoste, fulminò la scomunica contro i di-fensori delle costituzioni di Clarendon, i de-tentori dei beni sequestrati alla Chiesa diCanterbury e tutti coloro che tenevano in pri-gione qualcuno, chierico o laico, a causa dellasua fedeltà all’arcivescovo di Canterbury.Sciolse, inoltre, i vescovi dal giuramento di fe-deltà al re. Alcune persone furono scomuni-cate nominalmente per aver aderito allo sci-sma. Apprendendo questa notizia il re fu in-vaso da un furioso attacco di collera che lospinse a strapparsi le vesti e rotolarsi perterra. “Questo monarca altero, sovrano ditante nazioni, faceva finta di disprezzare, main realtà temeva le armi spirituali della suavittima. Aveva dato gli ordini positivi di per-quisire tutti coloro che passavano il mare, disequestrare tutte le lettere del Papa o dell’ar-civescovo, e d’infliggere ai portatori i castighipiù severi ed ignominiosi; volle che tutti gliuomini liberi giurassero di non obbedire allecensure pubblicate dal l’au torità ecclesiasticacontro il re ed il suo regno. Ma i suoi possedi-menti continentali gli ispiravano i più vivi ti-mori. Tutti i grandi baroni che odiavano il suogoverno, erano ben disposti a impadronirsi diquesta occasione per rivoltarsi; ed il re diFrancia, suo naturale antagonista, avrebbe vo-lentieri prestato loro man forte contro un ne-mico della Chiesa. Così per qualche anno ilprincipale oggetto della sua politica fu quellodi allontanare, o almeno di ritardare, quelloche lui temeva” (27). In seguito Enrico scrissea tutti i superiori cistercensi che si erano riuni-ti in capitolo generale di allontanare daPontigny il suo avversario minacciandoli che

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se non l’avessero fatto avrebbe distrutto tuttele loro case e abbazie che si trovavano sullesue terre da entrambe le parti del mare. Come il Becket venne a conoscenza di

questa minaccia, per togliere d’imbarazzo isuoi ospiti, lasciò lui stesso Pontigny e si sta-bilì a Sens nel monastero di Ste Colombe,conducendo anche qui la vita del religiosoosservante. Se S. Tommaso non scomunicò,in questa occasione, lo stesso re, fu unica-mente perché così gli ispirava la sua pruden-za: sarebbe stato fornire ai suoi avversari edal principe, così crudele e vendicativo, unpretesto per nuovi eccessi e nuove violenze.La scomunica invece la comminò al suo an-tico amico e protetto Gilberto Folioth ve-scovo di Londra (28) poiché vide che propriocostui era uno dei più ardenti nel paralizzarela sua opera apostolica, e temeva che eglipotesse essere di grande danno alla Chiesa:gli ordinò di astenersi dalla comunione coifedeli per non infettare il gregge di Cristo.Questa scomunica ebbe un buon effettosugli altri vescovi, alcuni dei quali rientraro-no in sé stessi e, consci del loro dovere, rifiu-tarono la comunione con gli scomunicati, or-dinando al popolo di evitare i rivoltosi. Conquesti vescovi che gli erano tornati fedeli ilBecket si comportò con la tenera sollecitudi-ne del buon pastore e del padre, scrivendoloro lettere piene di consolazione ed inco-raggiamento. Il santo arcivescovo diCanterbury sapeva mostrare, secondo le cir-costanze, la tenerezza di un padre per con-servare i vescovi fedeli nell’unità di vedute edi sentimenti, oppure armava la sua manodelle censure ecclesiastiche, per cacciaredalla casa di Dio i falsi pastori e i mercenariche saccheggiavano le cose sante o le profa-navano indegnamente.

Tentativi di riconciliazione tra TommasoBecket ed Enrico II

Durante gli anni d’esilio vi furono diversitentativi di riconciliazione tra l’arcivescovoed il sovrano d’Inghilterra.Dopo le scomuniche fulminate dal

Becket e malgrado ciò fosse “proibito” arigor di logica dalle nefaste costituzioni diClarendon Enrico II permise ai vescovi difar ricorso anche in suo nome a Roma.Questo fatto mostra come egli fosse senzascrupoli ed utilizzasse tutti i mezzi di cui di-sponeva (violando anche quelle leggi iniqueche lui stesso aveva stabilito e che erano la

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causa della contesa) per ottenere il fine chesi prefiggeva. Questo ricorso all’autorità delSommo Pontefice era infatti un mezzo astu-to per diminuire l’autorità del Becketsull’Inghilterra; di fatto essa fu provvisoria-mente sospesa in quanto Alessandro accettòil ricorso e nominò due cardinali legati a la-tere. Da parte sua Enrico promise aiuti edelargì denaro a destra e a manca per ottene-re l’appoggio degli altri stati nelle trattative,al fine di ottenere dal Papa la destituzionedel Becket o almeno la sua traslazione aduna sede meno importante.Un primo incontro tra Tommaso e

Enrico avvenne a Montmiral (6 gennaio1169), sotto la protezione del re di Francia;ma non portò a nulla di fatto. Tommaso,dopo essere stato presentato ad Enrico II dare Luigi, così parlò al suo principe: “Signore,vengo ad implorare la vostra clemenza per laChiesa d’Inghilterra; e al vostro arbitrio sututto quello che riguarda la causa tra voi eme mi sottometto, salvo l’onore di Dio”. Aqueste parole il re arse di sdegno e lanciandouna torva occhiata a Tommaso, lo colmòd’ingiurie rimproverandolo aspramente d’in-gratitudine, trattandolo da superbo e sper-giuro. Poi rivoltosi al re di Francia disse: “Si -gnore, osservate la sua astuzia: tutto ciò chelo contrarierà, lo dichiarerà contrario al ser-vizio di Dio in modo da legittimare tutte lesue usurpazioni. Ma per convincervi chel’onore di Dio mi è altrettanto caro che a luiecco l’offerta che gli faccio: quello che il piùsanto dei suoi antecessori sulla sede diCanterbury fece al minimo dei miei prede-cessori sul trono d’Inghilterra, egli lo faccia ame, e ciò mi basta”. Si trattava di una propo-sta astuta, capziosa e vaga sulla bocca di quelre. Molti esclamarono allora che il re si ab-bassava troppo, che la pace era alla portatadi Tommaso se egli la voleva; lo stesso reLuigi lo spingeva fortemente ad accettare. IlBecket che conosceva la falsità di Enrico ri-mase in silenzio, poi disse che egli, certamen-te meno santo dei suoi predecessori, volevaimitarli non nella debolezza che potevanoaver avuto, come quando S. Pietro negòCristo, ma piuttosto nella fermezza, e chenon c’era né esempio né ragione che lo do-vesse indurre a sacrificare la gloria di Dioper ritrovare la grazia di un uomo. Enrico in-tanto continuava ad esigere l’omissione diquella formula “salvo l’onore di Dio e il no-stro” che Tommaso, come abbiamo visto,non poteva concedere. Infine il re si ritirò

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adirato. Anche gli amici dell’arcivescovo re-starono delusi e allo stesso modo il re france-se; tutti se ne partirono lasciandolo solo esenza salutarlo. Tutti i cortigiani disapprova-vano l’arcivescovo e incontrandolo lo rim-proveravano di essere causa dei mali dellaChiesa: lo dicevano superbo, ostinato, pazzoe testardo. Da parte sua Enrico al ritorno,mostrando la sua soddisfazione si era fattosfuggire la frase: “Oggi mi sono vendicato diquel traditore”. Solo il popolo acclamava alsuo passaggio il Becket indicandolo come“colui che l’amore di due re non aveva potu-to far rinunciare a Dio”. Questo entusiasmopopolare fece riflettere Luigi VII, che rien-trato in sé stesso, qualche giorno dopo fecechiamare Tommaso e gli disse: “voi soloavete lo spirito di Dio, Padre, e soltanto voiavete visto giusto. Noi siamo stati tutti ciechipoiché Vi abbiamo consigliato di sacrificarel’amore di Dio alla volontà di un uomo. Mene pento, e assai amaramente. Perdonatemied assolvetemi da questa mia colpa. A Dio ea voi offro il mio regno e prometto che maida quest’ora sarò per mancare a voi e ai vo-stri, finché Dio mi lascerà in questa vita”. Ineffetti a partire da questo momento, il red’Inghilterra ebbe ben scongiurare e minac-ciare, ma la protezione di Luigi all’arcivesco-vo fu inviolabile.Un altro incontro tra i due contendenti

avvenne nel novembre di quello stesso anno(1169) a Montmartre. Esso era stato prepara-to dalla missione di due nuovi legati, inviatidal Papa presso Enrico II con la domandaesplicita di ristabilire l’arcivescovo diCanterbury nella sua Chiesa, rendergli since-ramente il suo favore, ristabilire il clero neisuoi diritti, onori e privilegi. Alessandroaveva dato ai legati Graziano, nipote di Eu -genio III, e Viviano arcidiacono d’Or vieto, laformula esatta della pace, aveva fat to giurareloro di non andare al di là dei termini da luiprestabiliti e di non accettare doni dal re, e dinon soggiornare presso di lui. Nella conferen-za, che ebbe luogo a Domfront, Enrico chevoleva sempre umiliare il suo avversario, esi-geva che i nunzi rendessero nulle tutte le sen-tenze di scomunica pronunciate dal Primatesia contro gli ufficiali del re che contro i mem-bri del clero. I legati risposero che il loro po-tere non andava fino a condannare l’operatodell’arcivescovo. Il sovrano inglese proruppenei suoi abituali eccessi di collera proferendoqueste parole: “Ma per gli occhi di Dio ope-rerò ben in altro modo”. Alle quali Graziano

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con dignità rispose: “Signore guardatevi dalfare minacce, poiché noi non le temiamo:siamo gli inviati del capo della Chiesa, che hal’abitudine di comandare agli imperatori ed aire” (29). « Il principe nella formula di riconci-liazione dell’arcivescovo, esigeva che si inse-risse questa clausola: “Salvo l’onore della suacorona e la dignità del suo regno” e si oppo-neva all’altra che invece reclamava il santoarcivescovo: “salvo l’onore di Dio e dellaChiesa”. È facile immaginare quale fu la ri-sposta dei legati papali: ammettendo le pro-poste del monarca non avrebbero sanzionatoil suo preteso diritto d’opprimere il clero e diasservire tutta la Chiesa d’Inghilterra? » (30).Enrico faceva sempre promesse di pace chepoi non manteneva oppure che rinnegava neimomenti di collera. Dati i presupposti l’in-contro che ne seguì tra Tommaso ed Enricofu del tutto inutile: quest’ultimo si rifiutò didare il bacio di pace all’arcivescovo. Si lascia-rono quindi anche in questa occasione senzaessere stati “riconciliati”.Apriamo qui una parentesi nel seguito

degli avvenimenti per vedere come viveva inesilio il santo arcivescovo. In mezzo a tuttele afflizioni della vita esule dalla patria, conpochi mezzi di sostentamento a sua disposi-zione, lui avvezzo a tanta magnificenza, pernulla aveva smesso l’abituale austerità; né lasperanza di una pace, che appena mostratasiscompariva affievoliva il suo spirito. L’amo -re della mortificazione cresceva in lui colcrescere delle calamità che l’opprimevano.Mai un giorno fu visto riposare; la notte ra-ramente dormiva nel letto (solo all’approssi-marsi di qualche infermità). Appena alzatoandava in Chiesa per assistere agli uffici di-vini e celebrare con pietà la S. Messa. Dopole ore canoniche entrava nel suo oratorio elà pregava a lungo; i suoi familiari intende-vano i gemiti ed i sospiri con i quali offriva aDio se stesso come vittima per la libertàdella Chiesa. Mangiava ogni cibo per gros-solano che fosse, malgrado fosse abituatodelicatamente. Leggeva molto ed istruiva idomestici. La notte, quando si pensava cheriposasse, vegliava pregando e dandosi la di-sciplina; a volte si faceva flagellare dal suocappellano Roberto il quale vi era obbligatoper obbedienza. Durante il tempo dell’esiliopiù volte nella preghiera ebbe rivelazione diquella che sarebbe stata la sua fine; ancheun santo eremita che viveva in una grotta inInghilterra gli aveva profetizzato che avreb-be versato il suo sangue per la S. Chiesa.

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Una “riconciliazione” ufficiale ma fittizia…

Nel frattempo Enrico sembrava far ditutto per aggravare i suoi torti e rendere piùdifficile la riconciliazione con il santo arcive-scovo. Egli voleva fare incoronare suo figlio,ma questo diritto apparteneva all’arcivesco-vo di Canterbury. Tommaso possedevaanche una lettera esplicita di Papa Alessan -dro che vietava a qualunque vescovo inglesedi usurpare questa prerogativa della sedeprimaziale; ma date le leggi emanate dalprincipe inglese gli era stato impossibile farlerecapitare ufficialmente in Inghilterra (inrealtà i destinatari delle lettere erano al cor-rente del loro contenuto e per non andarecontro la legge non le avevano volute riceve-re). Gli avversari del Becket però per com-piacere il sovrano e togliere gli scrupoli aivescovi fabbricarono una falsa lettera delPapa che autorizzava l’arcivescovo di York aincoronare il principe. Questa cerimonia av-venne il 14 giugno del 1170. Papa Alessandroancora prima di apprendere la riconciliazio-ne, avvenuta in luglio, stimando finito iltempo della prudenza e della moderazione sidecise ad usare il rigore della sua potenzaspirituale: inviò al Becket le lettere di so-spensione o di scomunica contro i vescoviche avevano ufficiato a quella incoronazione.Queste lettere le rinnovò in seguito (16 set-tembre) contro Ruggero di York, Gilberto di

La cattedrale di Canterbury come appare ai nostri giorni

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Londra, Iocelino di Salisbury, poiché allaloro malafede ed ai falsi rapporti da loro re-datti si attribuivano i continui ritardi daparte del re ad adempiere le promesse fatte. « Dall’inizio dell’anno 1170 Enrico isolò

completamente l’Inghilterra dal continente,specialmente dalla curia. Le costituzioni diClarendon furono rigorosamente applicate(…). [L’incoronazione del principe, figlio delre] era stato un chiaro affronto che il re facevaai ripetuti divieti che il Papa anche solo pocoprima aveva rinnovato, e una aperta violazionedei diritti dell’antica sede metropolitana diCanterbury. Enrico II che doveva temere cheTommaso avrebbe fatto uso del suo diritto dipronunciare l’interdetto sull’Inghilterra o suparte del regno venne sul continente per tratta-re personalmente con l’arcivescovo » (31).Anche questo incontro, come i precedenti erastato preparato da una missione di legati papali(l’arcivescovo di Rouen e il vescovo di Ne -vers), ma questa volta era stata aggiunta la mi-naccia che se la pacificazione non fosse andataa buon fine, sarebbero seguite le probabili cen-sure di scomunica per il re e d’interdetto pertutto il suo regno. “Il re d’Inghilterra, che pre-sagiva le conseguenze terribili di un interdettopronunciato contro il suo regno, che in piùaveva aggravato i suoi torti nei confronti delBecket, facendo incoronare suo figlio dall’arci-vescovo di York, contro i diritti della Chiesa diCanterbury, che aveva infine insultato il re diFrancia, negligendo di far incoronare la figliadi questo principe, fidanzata al giovaneEnrico… non aveva altro mezzo di uscire datanto imbarazzo che essere diligente nel segui-re il piano di accomodamento propostogli daPapa Alessandro” (32). Secondo lo storico FitzStephen, qualcuno dovette consigliare adEnrico di far rientrare l’arcivescovo nel regnoin quanto “sarà più facile tenerlo dentro chefuori”, cioè sarebbe stato avversario più facil-mente frenabile e meno pericoloso se fosse di-morato nel reame. Erano quindi, ancora unavolta, dei motivi di convenienza e di ingannopiù che un sincero pentimento a spingere final-mente questo sovrano a riconciliarsi con l’arci-vescovo, come mostrerà la fine di questa storia.Tommaso Becket e Enrico II si incontra-

rono a Fréteval-en-Dunois (Orléanais) il 22 lu-glio 1170 in una vasta prateria ai confini dellaTouraine. Il re andò incontro al primate e losalutò per primo; i due parlarono con quellafamiliarità che aveva contraddistinto i lororapporti di un tempo. “Tommaso rimproveròmoderatamente Enrico della via per la quale

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s’era messo e gli mostrò i pericoli che perciòsovrastavano il suo capo da ogni parte; loesortò al pentimento, a riparazione del malfatto ed a ricuperare la fama di buon principecristiano, gli fece conoscere quanto male loavessero consigliato i suoi cortigiani e gli in-dicò da quale parte fosse veramente la giusti-zia. Enrico ascoltò tutto, mostrando non solopazienza ma benignità; promise emendazionee disse di voler riparare al male. Allora l’arci-vescovo gli parlò del grave torto e dell’offesafatta alla Chiesa di Canterbury con la incoro-nazione del figlio nella quale l’arcivescovo diYork s’era usurpato un diritto che non glispettava, ed aveva operato contro la consuetu-dine e la proibizione del Papa ed oltre a ciò indiocesi di altrui giurisdizione” (33). Becket pre-sentò quindi la sua richiesta al re pregandolodi riceverlo nella sua grazia, accordare la pro-tezione regale a lui ed ai suoi, di restituire ibeni della sede di Canterbury, e di volere nellasua clemenza riparare l’ingiuria fatta a questaChiesa in occasione dell’incoronazione del suofigliolo. In risposta prometteva il suo affetto,rispetto, e tutti quei servizi che un arcivescovopoteva accordare in Dio al suo sovrano. En -rico consentì a quelle richieste, parlarono an-cora un poco assieme e convennero che Tom -maso sarebbe tornato in Inghilterra dopo averarrangiato i suoi affari in Francia. “A quantopoteva sembrare essi si separarono riconciliati.Ma il re non aveva dato garanzie e il compi-mento delle diverse promesse sembrava quasiimpossibile soprattutto perché i vescovi, dopol’incoronazione, fecero di tutto per impedireuna riabilitazione dell’arcivescovo. Prima di ri-tornare in Inghilterra, Tommaso si fece dareda Alessandro i più ampi poteri (34); però aivescovi inflisse la scomunica ancor prima dimettersi in viaggio, perché prevedeva che leautorità gli avrebbero sequestrato i documential momento di entrare nel regno britannico[cosa che di fatto avvenne n.d.a.]” (35).

Il ritorno dall’esilio dell’arcivescovo diCanterbury: “Ma non c’è proprio nessunoche mi liberi da questo fastidioso prete!”

Prima di ritornare sull’isola il Becketaveva mandato davanti a sé dei messi perpreparare la sua venuta ed assistere alla resti-tuzione dei beni usurpati alla sua Chiesa. Essitrovarono qua e là dei pessimi indizi, e molteerano le cose che facevano prevedere il peg-gio. I funzionari reali trattarono malamentegli inviati di Tommaso. L’arcivescovo non si

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faceva illusioni sapeva di andare incontro amille difficoltà e probabilmente anche allamorte. Quando salutò e ringraziò caldamenteper l’ospitalità il re di Francia gli disse chiara-mente: “Vado a morire in Inghilterra”. LuigiVII rispose che anche lui pensava la stessacosa e lo invitò a restare in Francia, che nullagli sarebbe mancato finché egli fosse rimastoin vita; ma il santo vescovo rispose che si do-veva compiere la volontà di Dio e che setteanni di assenza dalla sua Sede erano troppiper il gregge e per il pastore.Tommaso Becket per mantenere la pace

aveva inizialmente pensato di non pubblicarele lettere di scomunica dei vescovi, ma i treprelati in questione “sapendo che egli le por-tava su di sé, si erano riuniti a Canter bury, edavevano inviato sulla costa Ranulfo di Broc(amministratore dei beni ecclesiastici seque-strati a Canterbury, ma soprattutto sfruttato-re di tali beni…), con un corpo di soldati perstrappargliele. Il primate ne fu informato aWissant (ancora sulla costa francese), ed inun momento d’irritazione, le inviò davanti asé tramite un messaggero di fiducia, che lefece pubblicamente consegnare ai vescovi inpresenza del loro seguito” (36).Fu durante il mese di novembre che il

santo arcivescovo, dopo aver chiesto in pre-stito una somma di denaro al vescovo diBoulogne poiché quella promessagli dal renon gli era mai arrivata, passò la Manica persbarcare in Inghilterra a Sandwich, portopiù vicino a Canterbury. Qui gli vennero in-contro con le spade sguainate quei cavalieriche lo attendevano sulla costa, e fu solo lapresenza di Giovanni d’Oxford, già nemicodel primate ma che Enrico gli aveva datocome “custode” a scongiurare il peggio; egliapostrofò quegli uomini dicendo: “Che cosafate! Rimettete le spade nel fodero, voleteforse che il re passi per un traditore?”.« Il giorno seguente Becket partì da Sand -

wich per recarsi a Canterbury che non ne èlontana. Egli fu ricevuto da tutti i popoli diquesto paese, come lo erano in passato queivescovi dei primi secoli, quando dopo aver alungo sofferto per la Chiesa un rude esilio, eaver vinto il mondo e il demonio con la loropazienza, ritornavano alla loro sede carichi dimeriti. In tutti i luoghi dove passava, i poveri, iricchi, i bambini, i vecchi ed ogni sorta di per-sone si prosternavano ai suoi piedi per ricever-ne la benedizione, cantando in coro: “Bene -detto colui che viene in nome del Signore”. Sisarebbe detto si trattava di Gesù Cristo stesso

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che veniva una seconda volta, in trionfo, non aGerusalemme, ma a Canterbury a morire perquesta Chiesa particolare nella persona di sanTommaso come già era morto una volta pertutta la Chiesa » (37). Arrivato a gran faticanella cattedrale, a causa della grande folla,dopo aver pregato davanti al SS. Sa cramento,abbracciò con grande tenerezza uno ad uno isuoi canonici tanto che in alcuni casi non potétrattenere le lacrime. « Fece poi un bel sermo-ne su queste parole di san Paolo “non habe-mus hic manentem civitatem”… noi non abbia-mo qui una città che ci sia permanente, e cer-chiamo quella che deve durare eternamente.Era così pieno dell’eternità che non pensavapiù a tutte le cose della terra se non per farneun sacrificio a Dio, lasciandole per amor suo eper la sua Chiesa » (37).Da quando era ritornato sull’isola Tom -

maso aveva visto moltiplicarsi intorno a sél’odio dei suoi nemici, che con ingiustizie econtinue meschinità gli amareggiavano la vita.Le sue possessioni erano state nuovamenteusurpate dai favoriti del re. Dispetti continuierano commessi nei confronti dei servitoridell’arcivescovo e di quanti lavoravano sullesue terre. Una sua nave venne rubata ed il suoequipaggio incarcerato dal de Broc. I carri chedai campi portavano la merce a Canterburyvenivano rovesciati, i suoi avversari sconfina-vano e cacciavano impunemente sulle sueterre senza il suo consenso, ogni scellerato cheavesse avuto un qualche ufficio a corte si rite-neva in diritto di maltrattare l’arcivescovo o isuoi ed era ormai chiaro che neanche la suavita era più sicura; e in questo modo ogni so-pruso sembrava essere lecito nei confronti dicolui che veniva additato come “nemico delre”. Il giovane re Enrico [che fu educato dalBecket quand’era ancora cancelliere…], cheregnava sull’isola in luogo di suo padre che erain Normandia, si rifiutò di ricevere TommasoBecket che si era recato fino a Londra per ren-dergli omaggio; anzi i suoi cortigiani, temendol’influenza che il Becket avrebbe potuto eser-citare sul suo antico pupillo gli ingiunsero di ri-tornare a Canterbury impedendogli di uscirefuori dal territorio della sua diocesi. Se Tom -maso attraversava le terre della sua diocesi ac-compagnato da cinque cavalieri per la sua si-curezza personale si trovavano dei calunniato-ri che riferivano ad Enrico che egli radunavaeserciti per usurpargli il potere.“Il Becket vedeva che ormai poco più ri-

manevagli di vita e che ben presto i suoi ne-mici si macchierebbero del suo sangue, per-

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ciò si diede con tanto più di ardore alle operedi pietà e alla cura del suo gregge. Tutto ilsuo tempo era diviso fra le cose dell’episco-pato, l’orazione, la lettura e la meditazione;le sue elemosine erano ancor più larghe diquelle dei suoi giorni tranquilli; scorreva ladiocesi predicando, amministrando la Cre -sima, confortando. E Dio volle glorificarlo,dacché i luoghi dove egli si fermava per im-porre le mani ai fanciulli furono illustrati daprodigi e guarigioni miracolose” (38).« Tornato in patria, Tommaso trovò

[quindi] che il re “riconciliato” era più irri-conciliabile che mai. I beni rubati da lui aCantuaria restavano in mano dei suoi com-plici. (…) Insomma la più esecrabile malafe-de aveva mantenuto e manteneva tutti gliabusi per i quali era nato il conflitto. LaChiesa d’Inghilterra correva i più gravi peri-coli nella sua vita religiosa e sociale. (…)Insomma si tornava da capo. Errico nella sualuciferina tracotanza, si ritenne oltraggiatodall’impavido primate. Ma il tiranno capivache se Tommaso tornava in esilio e andava aRoma, questa non si sarebbe più contentatadi promesse che divenivano beffe » (39).Il giorno successivo (4 dicembre) arrivaro-

no alcuni ufficiali del re, accompagnati da al-cuni chierici dei prelati scomunicati, per do-mandare l’assoluzione dei loro signori. IlPrimate rispose con grande dolcezza che nonapparteneva a lui di togliere delle censure im-poste dal Sommo Pontefice (egli aveva solopromulgato le scomuniche comminate dalPapa), ma promise che se i vescovi scomunica-ti avessero osservato ciò che i canoni prescri-vevano in tali circostanze egli si sarebbe certa-mente adoperato per ottenere da AlessandroIII la loro assoluzione. Se i vescovi di Londra edi Salisbury erano pronti a sottomettersi, il ve-scovo di York si rifiutò e capeggiando la rivol-ta consigliò loro di rendersi in Normandiapresso Enrico II per lamentarsi della condotta“dispotica” del Primate. “Il monarca cheaveva consentito al Becket di ritornare allasua Chiesa mosso unicamente dalla paura diveder lanciare contro il suo regno un interdet-to credette facilmente alle nuove calunnie con-tro l’arcivescovo, e nella grande irritazione cheaveva prodotto il rapporto dei tre vescovi, gri -dò e ripeté a più riprese: “Dunque fra voi tutticolmati di favori da me non c’è proprio nessu-no che mi liberi da questo fastidioso prete!Poiché per un solo sacerdote non c’è pace nelmio regno” » (40). Per quei baroni rudi e san-guinari questa sferzata fu un punto di onore, e

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sensibili ad essa più che ad un ordine esplicito,se ne trovarono quattro che passarono il mareper compiere la volontà del re. Essi furonoReginaldo Fitz-Ure, Guglielmo di Tracy, Ugodi Mor ville e Riccardo Briton.

“Accetto la morte in nome di Gesù e dellaChiesa”

Il giorno di Natale Tommaso salì sul pul-pito e fu notato da tutti l’ardore e l’entusia-smo della sua predica. Appena terminataegli annunciò che coloro i quali avevanosete del suo sangue sarebbero stati prestosoddisfatti e scomunicò Ranulfo e Robertode Broc per gli oltraggi fatti alla sua Chiesaperché essi invece di amministrare quei benili usurpavano, arricchendosi da sette anni eingiuriavano il suo clero ed i suoi monaci.Intanto le parole, pronunciate da Enrico

in Normandia erano state come una senten-za di morte, e quei quattro cavalieri, imbar-catisi in luoghi diversi, si ritrovarono il gior-

Il Martirio di San Tommaso Becket (affresco che sitrova sul muro della cattedrale di Canterbury,

nel luogo dove il santo è stato ucciso).

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no dei santi Innocenti nel castello di Salt -wood, residenza della famiglia de Broc permettere in esecuzione il loro piano assassinocontro il santo arcivescovo.Il 29 dicembre Tommaso si era mostrato

più allegro del solito, e a chi gliene domanda-va la ragione aveva risposto “che così conve-niva a chi stava per partire incontro al suoSignore”. Alcuni abitanti della città gli aveva-no segnalato la presenza nei paraggi di uominidel re, suoi nemici, ed egli aveva risposto: “Mitroveranno pronto a morire; facciano quelloche vogliono, so che morirò di morte violenta,ma non altrove che nella mia chiesa”.Verso le due dopo mezzogiorno, l’arcive-

scovo finito il pranzo si era ritirato con alcu-ni dei suoi chierici nelle sue camere per trat-tare gli affari ecclesiastici quando arrivaronoi quattro cavalieri chiedendo di parlare conlui da parte del re. Vennero fatti passare edentrarono nella camera del vescovo e si se-dettero senza salutare, in attesa che Tom -maso finisse di parlare con un monaco;Becket dopo averli fissati attentamente, li sa-lutò per primo. Il più feroce dei quattro,Reginaldo Fitz-Ure, parlò per gli altri e pre-tendendo di averne avuto commissione daEnrico ordinò a Tommaso di assolvere i pre-lati scomunicati e di recarsi a rendere il do-vuto omaggio di fedeltà e sottomissione al fi-glio del re a Londra (in realtà Becket, comeabbiamo visto, vi si era già recato, ma il gio-vane Enrico si era rifiutato di riceverlo).“Per mia parte - disse Tommaso - in

quanto ai vescovi di Londra e di Salisbury ioho già offerto loro l’assoluzione purché giuri-no di sottomettersi al giudizio della Chiesa;essi hanno rifiutato. Quanto ho fatto, l’hofatto col permesso del re!” (41). Fece poi nota-re come il caso dell’arcivescovo di York fosseriservato al Sommo Pontefice poiché erastato lui a scomunicare i vescovi e quindi chedovevano trattare con lui. Si mostrò infinesorpreso che quegli uomini venissero a mi-nacciarlo nella sua propria casa poiché pro-prio tre di quei quattro gli avevano prestatospontaneamente giuramento di fedeltà neigiorni della sua potenza. Allora ReginaldoFitz-Ure minacciandolo gli intimò di lasciarele sue terre con tutti i suoi perché era turba-tore della pace. “Minacce ancora! Sia fineuna volta per tutte! - esclamò il santo - Quisono tornato col permesso e il beneplacitodel re, non una giornata è passata senza chemi suonassero intorno ingiurie e minacce…ogni dì mi si offende nella fama, negli uomini,

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nelle possessioni. Ma non importa, la miasperanza è riposta nel re del cielo. D’ora in-nanzi non attraverserò più il mare, tra me e lamia Chiesa non ci sarà più lontananza. Il cro-cefisso mi darà forza. Non sono venuto comeun ladrone, e qui mi troverà chiunque verràin cerca di me. Se mi vorranno fuori dalla miaChiesa saranno costretti a trascinarmici per ipiedi”. Dopo aver ancora minacciato l’arcive-scovo di morte e trattatolo da traditore iquattro furibondi uscirono dalla stanza gri-dando “all’armi all’armi” (infatti avevano la-sciate le loro armi all’entrata della casa). Poco tempo dopo, armatisi di tutto punto,

quei cavalieri aiutati da altri soldati che ave-vano chiamato in loro aiuto, irruppero dinuovo nel palazzo vescovile urlando: “Soldatidel re! Soldati del re!” che era il loro grido diriunione. Tommaso si trovava ancora con al-cuni chierici nelle sue stanze: “Signore, signo-re si armano!” esclamò qualcuno di essi:“Perché tanto spavento? Si armino pure” ri-spose l’arcivescovo tranquillamente. I servi-tori del Becket fecero appena in tempo achiudere le porte di accesso agli appartamen-ti del primate, ma quelle furie con delle scurie l’aiuto di Roberto de Broc (scomunicato ilgiorno di Natale), che conosceva il palazzoriuscirono ad entrare. Le grida, i passi degliarmati, le urla dei feriti, si sentivano ormai vi-cine, i pochi monaci rimasti con il Becket riu-scirono a persuaderlo di passare in Chiesa

Luogo del martirio del Becket all’interno della cattedrale di Canterbury

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dove i monaci erano già radunati per cantarei vespri. Ormai però il cortile, il chiostro,l’orto e i corridoi erano nelle mani dei nemi-ci. Si decise dunque di servirsi di un passaggiosegreto per raggiungere la cattedrale; Tom -maso per ultimo come un pastore che nonvuol perdere nemmeno una pecorella, quasifacendo resistenza ai suoi cari che lo condu-cevano, entrò in quel passaggio che fu sbarra-to alla bell’e meglio dietro di lui e giunse inChiesa. Qui i canonici che avevano già co-minciato a cantare l’officio divino gli mosseroincontro ed uno di essi disse: “Padre vieni,resta con noi, perché almeno possiamo soffri-re con te: eravamo trepidanti per la tua as-senza ora con la tua presenza ci conforta”. Lagente che si trovava in Chiesa era tremanteed esterrefatta perché fuori si sentivano legrida dei cavalieri; Tommaso esclamò: “Iovado loro incontro” ed ad alcuni che voleva-no sprangare la porta della chiesa disse rim-proverandoli: “Via pusillanimi, lasciate…aprite che non conviene tramutare la chiesain un castello”, e vedendo che quelli esitava-no continuò: “Ve lo comando in virtù disanta obbedienza” e andò ad aprire lui stessodicendo che lasciassero che Dio disponesse dilui secondo la sua volontà.Quei cavalieri entrarono nella Chiesa

brandendo le loro spade sfoderate gridando:“Dov’è Tommaso il traditore del re?” Nes -suno rispose. Allora: “Dov’è l’arcivescovo?”.Una voce ferma, maestosa e sicura rispose:“Traditore del re qui non c’è nessuno; l’arcive-scovo sono io eccomi”. « Era la voce di Tom -maso che al sopravvenire dei nemici saliva iprimi gradini dell’altare e allora ridiscendevadi un passo tranquillo, senza vacillare, andan-do incontro ai suoi carnefici. Costoro eranotutti coperti dall’armatura, colle visiere bassesicché si vedevano appena gli occhi scintillanti.Al loro cospetto i monaci si erano rifugiati nelcoro; l’arcivescovo invece, continuando la suavia, venne a porsi vicino ad una colonna fral’altare di Maria Santissima da una parte edall’altra l’altare di san Benedetto » (42). I ca-valieri gli vennero incontro ed il primo di essipercuotendogli le spalle col piatto della spadagli gridò: “Fuggi o sei morto”. “Mai, mai” ri-peté l’intrepido prelato, il quale se avesse vo-luto avrebbe potuto ancora mettersi in salvonella cripta che offriva diversi nascondigli.Tale fu il lampo del suo sguardo nel pronun-ciare queste parole, tale la maestà dell’as pettodell’arcivescovo che i carnefici si ritrassero erimasero immobili per un attimo.

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“Che volete?” egli chiese.“Che tu muoia - rispose uno dei più fero-

ci - tu non puoi, non devi vivere più a lungo”.Impossibile descrivere la santa e gioiosa

rassegnazione con la quale Becket continuò:“Ed io nel nome del Signore riceverò lamorte, raccomando a Dio, a Maria, ai pa-troni di codesto luogo l’anima mia e lacausa della Chiesa”. E come il BuonPastore aggiunse “Ma vi impongo, nel nomedi Dio, che lasciate andare costoro, non of-fendete nessuno chierico o laico!”.Allora lo presero per il manto e per le

braccia, cercando di trascinarlo fuori diChiesa, ma inutilmente poiché egli, aiutatoda quei pochi che gli erano rimasti a fianco,oppose resistenza invincibile: “Qui fatequello che volete fare” disse l’arcivescovo efulminando con lo sguardo Reginaldo Fitz-Ure: “Allontanati, tu non devi toccarmi,dacché sei un uomo mio, ti ho tanto benefi-cato e mi ripaghi in questa maniera?”. Quel -lo inferocito, alzata la spada, calò un terribi-le fendente sul capo di Tommaso che quasistaccò il braccio del chierico EdoardoGrimm, stretto intorno al prelato, ed alzatoper difenderlo: ma il colpo ferì comunque ilBecket sulla chierica. Tommaso restandoimmobile ed inclinando il capo per offrirloai suoi carnefici disse: “Accetto la morte innome di Gesù e della Chiesa”.Un secondo colpo che ferì gravemente

Tommaso alla testa, facendolo cadere sulleginocchia, fu vibrato da Guglielmo di Tracy.Riccardo Briton colpì il santo vescovo per laterza volta così violentemente che quasi glistaccò la testa, e Tommaso cadde sul gradi-no dell’altare di san Benedetto; Ugo Mau -clerc infine colla punta della spada sparse ilcerebro del martire sul pavimento dicendo :“È morto, non risorgerà più!”. Ugo diMorville era rimasto sulla porta della chiesaper tenere lontano il popolo. Dopo aver compiuto questo misfatto ese-

crando, i cavalieri uscirono gridando “a noi sol-dati del re” e guidati dal de Broc si misero adepredare gli appartamenti del primate, rapi-nando vasi d’oro e d’argento, monete, vesti,cappe, libri, ornamenti di chiesa, e quanto diprezioso potevano trovare. Presero anche lebolle e le lettere del Papa e gli scritti che trova-rono per mandarle a Enrico in Normandia, af-finché egli mutilasse o nascondesse quelli chepotevano avversare le consuetudini del regno.Era quasi notte quando gli assassini se ne

andarono. Allora i chierici e i monaci vennero

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nel luogo dove giaceva il corpo del martire einginocchiatisi proruppero in un pianto ama-rissimo; anche il popolo, informato della tragi-ca notizia e trafitto dall’angoscia, circondavamuto quel luogo. “L’arcivescovo giaceva anco-ra com’era caduto e fuorché le ferite del capo,intero in ogni sua parte, cogli occhi chiusi dol-cemente, colla bocca atteggiata a sorriso… esenza la mancanza della parte superiore dellafronte lo si sarebbe detto riposare per il sonno;il sangue si era rappreso attorno alla fronteformando come una corona… I monaci racco-glievano devotamente quel sangue. E lo collo-cavano in qualche vaso, si tagliavano strisce divesti per inzupparle in quella che stimavanopreziosa reliquia” (43). Poi il venerabile corpodel martire fu composto nella bara e a portechiuse si celebrò l’officio funebre per tutta lanotte, per timore che quegli assassini venisseroa profanarne i resti. All’alba san TommasoBecket fu sepolto con onore nella cripta dellacattedrale di Canterbury dove aveva coronatola sua vita col martirio (44).

Epilogo

Gli assassini del primate di Canterburyfurono ben presto perseguitati dalla vendettaceleste morendo nei tre anni che seguirono illoro crimine. Non osando più presentarsi acorte da dove erano partiti, si ritirarono aiconfini occidentali del regno d’Inghilterra; ildisonore che gravava sul loro capo faceva or-rore alla gente, nessuno voleva mangiare oparlare con loro. Divenuti insopportabilianche a sé stessi andarono a mettersi a di-sposizione del Papa che impose loro comepenitenza il pellegrinaggio a Gerusalemme.Intrapreso il viaggio, Guglielmo di Tracymorì a Cosenza di una orribile malattia invo-cando il nuovo martire Tommaso. Gli altritre giunti nella città santa si chiusero in unaspecie di prigione sul Monte-Nigro e quandomorirono, sulla loro comune tomba fu postala lapide con scritto: “Qui giacciono i misera-bili che hanno martirizzato il beato Tom -maso, arcivescovo di Canterbury”.“Assai presto la cristianità seppe quanto

era successo a Canterbury, dovunque tutti ri-masero atterriti, mentre la responsabilitàdell’assassinio fu fatta risalire al re inglese,all’arcivescovo di York e al vescovo di Lon -dra, Gilberto Folioth. Il 25 gennaio 1171 l’ar-civescovo di Sens, nella qualità di legato pa-pale, pronunciò l’interdetto sui possedimentidella corona nel continente. Enrico II perso-

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nalmente scosso per le conseguenze delle sueparole d’ira (e mosso dal rimorso) inviò aRoma una delegazione, che riuscì a impedireun interdetto sull’Inghilterra, ma non potéevitare che il Papa lanciasse la scomunicacontro tutti quelli che direttamente o indiret-tamente avevano cooperato all’assassinio diTommaso Becket. Alessandro III confermòla sentenza dell’arcivescovo di Sens e colpìEnrico di un interdetto personale, da cuiavrebbe potuto essere assolto soltanto adopera di legati a ciò espressamente nominati(…). Dopo il suo ritorno (da una spedizionein Irlanda) Enrico nella primavera del 1172si incontrò in Normandia con i legati Pon -tifici. Il 21 maggio insieme ai vescovi accusa-ti, prestò giuramento di purificazione, dichia-rando di non aver ordinato né voluto lamorte dell’arcivescovo di Canterbury. Per unanno avrebbe dovuto tenere a disposizione200 cavalieri per la difesa della Terra Santa,per tre avrebbe dovuto prendere la croce aNatale, nell’estate successiva prendere partepersonalmente alla crociata e tenersi in ognicaso a disposizione del Papa. (…) Inoltre [esoprattutto] avrebbe lasciato libero corsoagli appelli rivolti a Roma dai tribunali eccle-siastici, revocato i diritti consuetudinari ostilialla Chiesa rimessi in vigore sotto il suoregno [praticamente tutte le costituzioni diClarendon già condannate da AlessandroIII, n.d.a.], restituito alla Chiesa di Canter -bury tutti interi i suoi possedimenti e infineaccolto con sentimenti di pace gli ecclesiasti-ci e laici rimasti fedeli a Tommaso Becket re-stituendo i loro beni. Solo dopo che Enrico esuo figlio ebbero giurato queste promesse, ilsovrano fu assolto e riconciliato con laChiesa. (…) Il Papa inviò in Inghilterra ilcardinale legato Ugo Pierleoni che non soloprovvide all’occupazione di molti vescovadivacanti, ma raggiunse anche un compromes-so con il re sulla controversa questione dellagiurisdizione ecclesiastica. In futuro solo gliaffari feudali e le violazioni forestali da partedegli ecclesiastici sarebbero state trattate da-vanti al giudice laico. Non è perciò il caso disottovalutare troppo il risultato complessivodella lunga contesa; la morte dell’arcivesco-vo non era stata vana” (45).Gli anni seguenti della vita di Enrico II

furono amareggiati da guerre e rivolte nelseno della sua stessa famiglia; la giustizia di-vina lo aveva colpito duramente. I suoi figli ela loro madre Eleonora si rivoltarono controdi lui; il re di Francia e il conte di Fiandra at-

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taccarono le sue provincie al di qua delmare, penetrando fino in Normandia per as-sediare la sua capitale. Il re di Scozia insiemeai rivoltosi d’Inghilterra aveva invaso e sac-cheggiato il Northum berland. Enrico, perplacare l’ira di Dio sul suo capo, si decise al-lora a fare nel 1174 (10 luglio) un pellegri-naggio a Canter bury sulla tomba del martireTommaso per domandare perdono. Vestitol’abito di penitenza e dopo aver passato unanotte in preghiera, chiese perdono a tutto ilcapitolo della cattedrale riunito, e ricevettecinque colpi di flagello da ogni monaco pre-sente (circa 80). Dopo questa solenne umi-liazione il re ritornò a Londra e i suoi affariandarono un po’ meglio.Erano già molti i miracoli avvenuti per

intercessione di Tommaso Becket ed il popo-lo accorreva numeroso alla sua tomba; il redi Francia stesso aveva fatto un pellegrinag-gio a Canterbury per chiedere la guarigionedi suo figlio, gravemente ammalato, e la ot-tenne. Il clero inglese e molte altre personeche lo avevano conosciuto chiedevano inces-santemente al Papa che Tommaso fosse ele-vato agli onori degli altari. Alessandro IIItrovandosi a Segni, il 21 febbraio 1175 cano-nizzò solennemente san Tommaso Becketarcivescovo di Canter bury; quindi pochissimianni dopo il suo martirio.La gloria di san Tommaso non ha mai

cessato di crescere in ogni tempo fino all’epo -ca in cui il regno d’Inghilterra issò lo stendar-do della rivolta, presentato dalle mani impuredi un Enrico VIII (degno discendente diEnrico II…) e di un Thomas Crammer, inde-gno successore di Pontefici così illustri e santisulla sede primaziale di Canterbury. Nel1537, Enrico VIII, tre anni dopo aver consu-mato lo scisma contro la Roma cattolica edessersi stabilito di sua propria autorità caposupremo della Chiesa anglicana, in avversio-ne a san Tommaso, che con la sua fermezzaera la viva censura del suo comportamento,gli fece un processo alla memoria, condan-nandolo come un traditore e reo di lesa mae-stà. Ordinò che il suo nome fosse cancellatodal catalogo dei santi conservato nella “chie-sa stabilita dalla legge” (!?), vietò che nefosse celebrata la festa e ne fece bruciare lereliquie che erano conservate nella chiesa diCanterbury. Ma i deliri di un tiranno corona-to, eretico e scismatico, non toglieranno nullaalla gloria e all’affetto che la Chiesa e i fedelicattolici nutrivano e nutrono tuttora per ilsanto arcivescovo Becket.

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San Tommaso Becket, martire della libertàdella Chiesa

Niente è piccolo al cospetto di Dio, tantomeno il martirio di san Tommaso Becket,che con la sua festa del 29 dicembre brillacome una stella assieme a santo Stefano, vi-cino alla culla del fanciullo divino Gesù. Maascoltiamo l’illustre abate di Solesmes domGuéranger che per il Becket nutre, comenoi, una profonda e sincera ammirazione.« Un nuovo martire reclama il suo posto

vicino alla culla del Dio-bambino. Non ap-partiene alla prima età della Chiesa, il suonome non è scritto nel Nuovo Testamento,come quelli di Stefano, di Giovanni, e deibimbi di Betlemme. Tuttavia occupa uno deiprimi ranghi nelle legioni di martiri che nonha cessato di essere reclutata ad ogni secolo,e che attesta la fecondità della Chiesa e laforza immortale della quale l’ha dotata ilsuo divino autore. Questo martire non haversato il suo sangue per la fede; non è statocondotto davanti ai pagani, o agli eretici, perconfessare i dogmi rivelati da Gesù Cristo eproclamati dalla Chiesa. Mani cristianel’hanno immolato; un re cattolico ha pro-nunciato la sua condanna a morte; è statoabbandonato e maledetto da un gran nume-ro di suoi fratelli, nel suo paese; com’è dun-que martire? Come ha meritato la palma diStefano? È perché è stato martire della li-bertà della Chiesa. In effetti tutti i fedeli di Gesù Cristo sono

chiamati all’onore del martirio, per confessa-re i dogmi ai quali sono stati iniziati al batte-simo. I diritti di Cristo che li ha adottati comesuoi fratelli si estendono fino a lì. Questa te-stimonianza non è chiesta a tutti; ma tutti de-vono essere pronti a renderla, sotto pena dimorte eterna dalla quale la grazia delSalvatore li ha riacquistati. Un tale dovere èa più forte ragione imposto ai pastori dellaChiesa; è la garanzia dell’insegnamento chedanno al loro gregge. (…) I Pastori hanno undovere in più da adempiere, il dovere di con-fessare la libertà della Chiesa. Questa parolalibertà della Chiesa suona male alle orecchiedei politici. Vi vedono subito come un an-nuncio di una cospirazione; il mondo, daparte sua vi trova un soggetto di scandalo, eripete i paroloni di ambizione sacerdotale; lepersone timide cominciano a tremare, e vi di-cono che finché la fede non è attaccata, nullaè in pericolo. Malgrado ciò, la Chiesa elevasugli altari e lo associa a santo Stefano, a S.

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Giovanni, ai SS. Innocenti, questo arcivesco-vo inglese del XII sec. sgozzato nella sua cat-tedrale per la difesa dei diritti esteriori del sa-cerdozio. Ella predilige la massima disant’Anselmo, uno dei predecessori di sanTommaso, che Dio non ama nulla di più inquesto mondo che la libertà della sua Chiesa;e nel XIX sec., come nel XII la SedeApostolica grida dalla bocca di Pio VIII: èper istituzione stessa di Dio che la Chiesa,sposa senza macchia dell’Agnello immaco-lato Gesù Cristo, è libera, e che essa non èsottomessa ad alcuna potenza terrena (46).Questa libertà sacra consiste nella com-

pleta indipendenza della Chiesa nei confron-ti di ogni potenza secolare, nel ministerodella Parola, che ella deve poter predicare,come dice l’Apostolo, a tempo opportuno eanche non opportuno (II Tim. IV, 2) ad ognispecie di persone, senza distinzione di nazio-ni, di razza, di età, di sesso; nell’amministra-zione dei suoi sacramenti, ai quali ella devechiamare tutti gli uomini senza eccezione persalvarli tutti; nella pratica, senza controlloestraneo, dei consigli ed anche dei precettievangelici; nelle relazioni, liberate da ogniostacolo, tra i diversi gradi della divina ge-rarchia; nella pubblicazione e applicazionedegli ordini della sua disciplina; nel manteni-mento e lo sviluppo delle istituzioni da leicreate; nella conservazione e amministrazio-

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ne del suo patrimonio temporale; infine nelladifesa dei privilegi che l’autorità secolarestessa gli ha riconosciuto, per assicurare ilbenessere e la stima del suo ministero dipace e di carità sui popoli.Tale è la libertà della Chiesa: e chi non

vede ch’essa è la via dello stesso santuario, eche quindi ogni offesa che gli fosse portatapuò mettere in pericolo la gerarchia, e finoallo stesso dogma? Il Pastore deve dunquedifenderla d’officio questa santa libertà: nondeve né fuggire, come il mercenario; né ta-cere, come i cani muti che non sanno ab-baiare, dei quali parla Isaia (LVI, 10). È lasentinella d’Israele; non deve attendere cheil nemico sia entrato nella fortezza per getta-re il grido di allarme, e per offrire le sue ma -ni alle catene, e la sua testa alla spada. Il do-vere di dare la sua vita per il suo gregge co-mincia per lui nel momento in cui il nemicoassedia gli avamposti sulla sicurezza deiquali riposa la città tutta intera » (47).Citando Bossuet dom Guéranger conti-

nua: « “È una legge prestabilita che la chiesanon può gioire di alcun vantaggio che non lecosti la morte dei suoi figlioli, e che per af-fermare i suoi diritti bisogna che sia sparso ilsangue. Il suo sposo l’ha riacquistata col san-gue che ha versato per lei, e vuole che ellaacquisti allo stesso prezzo le grazie che lui leaccorda. È stato tramite il sangue dei Martiriche ella ha esteso le sue conquiste ben al dilà dell’Impero Romano; il suo sangue le haprocurato e la pace della quale ha gioitosotto gli imperatori cristiani, e la vittoria cheha riportato sugli imperatori infedeli. Sem -bra dunque che ella dovesse del sangue peraffermare la sua autorità, come ne avevasparso per stabilire la sua dottrina; così purela disciplina, come la Fede della Chiesa, hadovuto avere i suoi Martiri. (…) Tommasonon cede all’iniquità, col pretesto che è ar-mata e sostenuta da una mano regale; al con-trario vedendo che prende inizio da un luogoeminente, da dove può repandersi con piùforza, si crede obbligato di elevarsi contro,come una diga che viene innalzata a mano amano che si vedono le onde crescere”.Ma, in questa lotta, il Pastore forse pe-

rirà? Senza dubbio, potrà ottenere questoonore insigne. Nella lotta contro il mondo,nella vittoria che Cristo ha riportato per noi,ha versato il suo sangue, è morto su unacroce; e i martiri sono morti anche loro, mala Chiesa, innaffiata dal sangue di GesùCristo, cementata nel sangue dei martiri,

San Tommaso Becket

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può fare a meno di questo bagno salutareche rianima il suo vigore e forma la sua por-pora regale? (…) » (47).Ed il vescovo di Maux continua: “Cri -

stiani state attenti: non ci fu mai martirioche assomigliasse di più a un sacrificio chequello di Tommaso Becket. Il vescovo è inChiesa con il suo clero… non bisogna cerca-re lontano la vittima: il santo Pontefice è giàpronto, egli è la vittima che Dio ha scelto.Così tutto è pronto per il sacrificio e si vedo-no entrare in Chiesa quelli che daranno ilcolpo. Il sant’uomo va loro incontro, imitan-do Gesù Cristo; e per imitare in tutto il divinmodello vieta a tutto il clero ogni resistenza,e si accontenta di chiedere la salvezza per isuoi. Se cercate me lasciate andare, diceGesù, costoro. Fatto ciò ed essendo arrivatal’ora del sacrifico, vedete come sanTommaso incomincia la cerimonia. Pon -tefice e vittima insieme, presenta il suo capoe fa la sua preghiera. Ecco gli agurii solennie le parole mistiche di questo sacrifico: Etego pro Deo mori paratus sum, et pro asser-tione justiaæ, et pro Ecclesiæ libertate; dum-modo effusione meo sanguinis pacem et li-bertatem consequatur. Sono pronto - dice - amorire per la causa di Dio e della Chiesa; ela grazia che domando, è che il mio sanguele renda la pace e la libertà che si vuole ra-pirgli” » (48). Questa pace e questa libertàalla Chiesa, san Tommaso Becket l’ha otte-nuta per il suo tempo con il suo sacrificio.

Note

1) ABATE PIETRO BALAN, San Tommaso di Can -torbery e dei suoi tempi, Tip. Dell’Imm. ConcezioneModena 1867 vol. I, pagg. 141-142.

2) HUBERT JEDIN, Storia della Chiesa, vol. V/1Civitas medievale, Jaca Book 1975, pagg. 99-100.

3) In quest’occasione Ruggero di York aizzò il recontro san Tommaso Becket suggerendogli che “richia-masse in vita gli antichi diritti, ritornasse in vigore leconsuetudini degli avi e così togliesse all’arcivescovoogni modo di indulgenza verso i suoi offensori; impru-dente cosa era lasciargli potenza, né la monarchia sa-rebbe interamente sicura, mentre l’arcivescovo miravaa far perire la regia potestà; il re provvedesse per i figli;se lasciasse fare, dopo la sua morte non il giovanettoEnrico gli succederebbe, ma quello qualunque che ilclero volesse eleggere; egli medesimo regnerebbe soloquando piacesse a Tommaso” (BALAN, op. cit., pag.159). Parole pronunciate purtroppo da un membro in-fluente del clero che si schierava dalla parte sbagliataspinto dall’invidia e dall’ambizione.

4) BALAN, op. cit., pagg. 163-164.5) La clausola salvo il nostro ordine era la consuetu-

dine antica dei vescovi che sempre avevano giurata fe-deltà al re in quella forma; essa indicava la fedeltà nelle

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cose temporali ma l’autonomia in quelle spirituali. Inqueste ultime il principe non aveva diritto di ingerirsi edil clero non poteva giurare qualcosa che sarebbe andatocontro la fede o i diritti della Chiesa, che, come societàperfetta nell’ordine spirituale, è superiore allo stato.

6) BALAN, op. cit., pag. 167.7) Cfr. BALAN, op. cit., pagg. 166-169.8) BALAN, op. cit., pag. 171.9) ABBÉ ROBERT, Histoire de Saint Thomas Becket

archevêque de Cantorbéry et martyr, Bardou frèresLimoges 1844, pag. 150. Secondo il Balan questo incon-tro avvenne ad Oxford; è Ruggero di Pontigny cheparla di Woodstock.

10) Ibidem.11) Cfr. Ibidem, pag. 153.12) HUBERT JEDIN, op. cit., pag. 101.13) BALAN, op. cit., pag. 185.14) Cfr. Ibidem, pagg. 190-191.15) Ibidem, pag. 192.16) Cfr. MONS. UMBERTO BENIGNI, Storia sociale

della Chiesa, vol. V, La crisi medievale, FrancescoVallardi Milano 1933, pag. 236.

17) ABBÉ ROBERT, op. cit., pagg. 166-167.18) Epistola CCXXXIX di Papa Alessandro, citata

dal BALAN, op. cit., pag. 194-195.19) L’inderdetto è una censura ecclesiastica che

consiste nella privazione di alcuni sacramenti per tutti ifedeli, oppure con esso si proibisce in un determinatoterritorio la celebrazione di qualunque rito.

20) BALAN, op. cit., pag. 211.21) Prima di chiamarlo in giudizio a Northampton

Enrico aveva citato il Becket a giudizio nel suo palazzo.L’arcivescovo non si lasciò intimidire e mandò una personadi sua fiducia a rispondere in sua vece poiché egli non vole-va dare scandalo accettando di comparire di fronte a dei giu-dici laici. Era questo uno dei principali punti della contesa.

22) FEDERICO BALSIMELLI, Compendio di storiadella Chiesa, Società di S. Giovanni, Desclée, Lefebvree C, Roma 1900.

23) Cfr. BALAN, op. cit., pagg. 253-257.24) MONS. U. BENIGNI, op. cit., pag. 236.25) HUBERT JEDIN, op. cit., pag. 102. Furono circa

quattrocento le persone cacciate dal regno senza riguar-do per età sesso o condizione. A questi poveretti fufatto anche giurare di andare dall’arcivescovo e narrar-gli le loro sofferenze. Cosicché la sua cella a Pontignyera ogni giorno assediata da questi proscritti e l’animonobile del Becket era afflitto dalle loro pene. In aiuto diqueste persone venne la carità del re di Francia, delPapa e della regina di Sicilia. Inutile dire che tutte que-ste persone esuli per le terre di Francia costituivano lapiù evidente prova del disonore e della crudeltà del reEnrico e davano ragione a Tommaso che gli resisteva.

26) MONS. U. BENIGNI, op. cit., pagg. 236-23727) ABBÉ ROBERT, op. cit., pagg. 25928) Ricordiamoci che era stato proprio il Becket a

sceglierlo e proporlo come vescovo di Londra e confes-sore del re. Un contemporaneo del Becket, il vescovo diAuxerre, Guglielmo, aveva scritto al Papa invitandolo aconfermare la scomunica di Gilberto Folioth definendo-lo: “Autore della divisione, causa della discordia, fomitedi scandalo, lupo fino ad allora nascosto”. Vedi la punta-ta precedente di questo articolo Sodalitium n. 45 pag. 71.

29) Cfr. ABBÉ ROBERT, op. cit., pagg. 292 e segg.BALAN, op. cit., Vol II pagg. 204-205.

30) ABBÉ ROBERT, op. cit., pag. 293.31) HUBERT JEDIN, op. cit., pag. 103. All’inizio di

quell’anno Enrico emanò una ingiustissima legge che

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ordinava che i porti fossero custoditi affinché non po-tessero venir portate in nessun modo lettere di interdet-to. Pene severisime erano da applicarsi ai latori (tagliodei piedi, perdita degli occhi se frate o chierico impicca-gione se laico). Gli inglesi che per motivi di studioerano fuori dall’isola dovevano tornare al più presto,pena la perdita dei benefici o l’esilio perpetuo. Inoltrecostrinse tutti gli Inglesi, dai quindici anni in sù a giura-re che non riceverebbero lettere dal Papa né dall’arci-vescovo e che non ubbidirebbero ai loro mandati. Vadetto che in questa occasione moltissimi sudditi laici edanche vescovi si rifiutarono di prestare tale giuramento,a dimostrazione che il lungo resistere di TommasoBecket non era stato vano ma aveva dato coraggio amolti che non ne potevano più della crudeltà del sovra-no. (Cfr. BALAN op. cit., vol II pag. 212).

32) ABBÉ ROBERT, op. cit., pag. 304.33) BALAN op. cit., vol II pagg. 262-263.34) Questi ampi poteri comprendevano più estese

possibilità di comminare le scomuniche e l’interdettoper il primate d’Inghilterra e la sottomissione della sededi York a quella di Canterbury per evitare nuove usur-pazioni da parte di Ruggero.

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35) HUBERT JEDIN, op. cit., pagg. 103-104.36) ABBÉ ROBERT, op. cit., pagg. 307-308.37) ABBÉ ROBERT, op. cit., pagg. 312-313.38) BALAN op. cit., vol II pag. 297.39) MONS. U. BENIGNI, op. cit., pag. 237.40) ABBÉ ROBERT, op. cit., pagg. 314-315.41) Per tutto quanto riguarda il martirio del Becket

cfr: ABBÉ ROBERT, op. cit., 316 e segg., e BALAN op. cit.,vol II pag. 303 e segg.

42) BALAN op. cit., vol II pag. 312.43) BALAN op. cit., vol II pagg. 315-316.44) Quando i monaci prepararono il corpo del

santo per la sepoltura furono stupiti nel trovare sotto laveste arcivescovile il saio monacale di san Benedetto esulla nuda pelle l’asprissimo cilicio che il Becket porta-va dal tempo della sua ordinazione vescovile.

45) HUBERT JEDIN, op. cit., pagg.105-106.46) PIO VIII, Litteræ Apostolicæ ad episcopos pro-

vinciæ Rhenanæ, citata da dom Guéranger.47) DOM GUÉRANGER, L’année Liturgique, Le

temps de Noël, tome I Oudin Paris 1905, pagg. 395-403.48) Panegirico su san Tommaso Becket pronuciato

da Bossuet e citato da DOM GUÉRANGER

L’OSSERVATORE ROMANO

La redazione di questa rubrica diventa semprepiù difficile, poiché aumentano le dichiara-

zioni di Giovanni Paolo II meritevoli di censura.Fortunatamente, un libro del “vaticanista” LuigiAccattoli ci evita un’improba fatica. Leggetedunque di Luigi Accattoli “Quando il Papa chie-de perdono. Tutti i mea culpa di Giovanni PaoloII” (Mondadori, saggistica Leonardo, Milano,1997). Dopo aver accennato ai precursori(nell’ordine: i Protestanti, Roncalli, Montini, ilConcilio), Accattoli elenca i 21 temi sui qualiGiovanni Paolo II si è già pronunciato: Crociate,dittature, divisioni tra Chiese, donne, ebrei,Galileo, guerra e pace, guerre di religione, Hus,Calvino e Zwingli, Indios, ingiustizie, Inqui -sizione, integralismo, Islam, Lutero, Mafia, raz-zismo, Ruanda, Scisma d’Oriente, storia del pa-pato, tratta dei neri”. Unici difetti del libro:Accattoli approva questi “mea culpa” (primo di-fetto) ed è ormai sorpassato dai successivi “meaculpa” che si dono succeduti nei mesi successivi(secondo difetto). Attendiamo un Accattoli congli aggiornamenti! Nel frattempo, accontentate-vi di questi commenti...

“Contraccezione”: si possono lasciare i pe-nitenti in “buona fede”?

Il Pontificio Consiglio per la Famiglia hapubblicato, il 12 febbraio 1997, un Vademe -cum per i confessori su alcuni temi di morale

attinenti alla vita coniugale (L’OsservatoreRomano, Documenti, n. 51, 2 marzo 1997).In questo documento si parla soprattutto delpeccato di onanismo, pratica chiamata oggi-giorno “contraccezione”. Televisione e gior-nali hanno riferito che il Vaticano modifica-va o per lo meno addolciva la sua condannadella “contraccezione”. Cosa c’è di vero?Nel documento romano, in realtà, viene

ribadita la condanna della “contraccezione”,anche se nella nuova visione personalistadella quale abbiamo già lungamente parlato(Sodalitium, n. 39 pagg. 40-44).La novità si trova nel capitolo 3, intitolato

Orientamenti pastorali dei Confessori. I passag-gi discutibili del Vademecum sono i seguenti:

“In linea di massima non è necessario cheil confessore indaghi sui peccati commessi acausa dell’ignoranza invincibile [cioè noncolpevole, n.d.r.] della loro malizia, o di unerrore di giudizio non colpevole” (n. 7)

“Certamente, è da ritenere sempre valido ilprincipio, anche in merito alla castità coniuga-le, secondo il quale è preferibile lasciare i peni-tenti in buona fede in caso di errore dovuto aignoranza soggettivamente invincibile, quandosi preveda che il penitente, pur orientato a vi-vere nell’ambito della vita di fede, non modifi-cherebbe la propria condotta, anzi passerebbea peccare formalmente; tuttavia, anche in que-sti casi, il confessore deve tendere ad avvicina-

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re sempre più tali penitenti, attraverso la pre-ghiera, il richiamo e l’esortazione alla forma-zione della coscienza e l’insegnamento dellaChiesa, ad accogliere nella propria vita ilpiano di Dio, anche in quelle esigenze” (n. 8).Questi passaggi hanno per oggetto il do-

vere del confessore di interrogare il penitentee di avvisarlo sulla gravità del peccato di ona-nismo. Il Vademecum afferma che anche inquesta materia si può applicare il principio(valido senza dubbio in altri casi) secondo ilquale si può non avvertire il penitente cheerra in buona fede se si prevede che, unavolta avvertito, non si correggerà, ma pec-cherà, questa volta, con piena coscienza delmale fatto. I documenti del magistero eccle-siastico insegnano il contrario. Scrisse Pio XI:

“Perciò, come vuole la Nostra supremaautorità e la cura commessaCi della salute ditutte le anime, ammoniamo i sacerdoti chesono applicati ad ascoltare le confessioni (...)che non lascino errare i fedeli a sé affidati inpunto tanto grave della legge di Dio, e moltopiù che custodiscano sé stessi immuni daqueste perniciose dottrine, e ad esse, in qual-siasi maniera, non si rendano conniventi.Che se qualche confessore o pastore delleanime, che Dio non lo permetta, inducesseegli stesso in simili errori i fedeli a sé com-messi o, se non altro, ve li confermasse, siacon approvarli, sia colpevolmente tacendo,sappia di dover rendere conto severo a Dio,Giudice supremo, del tradimento del suo uf-ficio, e stimi a sè rivolte le parole di Cristo:‘Sono ciechi e guide di ciechi: e se il cieco fac-cia da guida al cieco, entrambi cadrannonella fossa’ (Mt. 15, 14)” (enciclica Casticonnubii, 31 dicembre 1930).Queste parole severe del Papa sono rese

ancora più chiare da un precedente inter-vento del magistero. Un vescovo francese sirivolse alla S. Penitenzeria affermando che“il nodo della difficoltà” che egli presentavaera “la necessità di interrogare e ammonire ipenitenti”. Il prelato esponeva alla Curia ro-mana il fatto che tutti i confessori eranod’accordo nel condannare l’onanismo, mache essi dibattevano su questo punto: è leci-to il silenzio (nell’interrogare e nell’ammo-nire) se il penitente è in buona fede e se av-vertito diserterà i sacramenti, oppure il si-lenzio non è lecito? La Sacra Penitenzeriaaveva già risposto il 14 dicembre 1876 chenon “è lecito favorire la buona fede” di dettipenitenti. Ora il vescovo chiede maggiorischiarimenti. Ecco i dubbi che egli propose:

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“1) Il confessore che ha fondato sospetto cheil penitente, il quale non si accusa affatto dionanismo, è abituato a questo brutto peccato,può tralasciare una interrogazione prudentee discreta, solo perché teme e prevede che tur-berà la buona fede di parecchi e che molti siallontaneranno dai sacramenti?

Anzi, non è obbligato a fare le interroga-zioni in modo discreto e prudente?

2) Il confessore che è venuto a sapere, oper spontanea confessione o per prudente in-terrogazione, che il penitente è onanista, nonè forse obbligato di avvertire il penitentedella gravità di questo peccato, come di ognialtro peccato mortale, e (come dice il Ritualeromano) di riprendere il penitente con pater-na carità, negandogli l’asoluzione, se non dàsegni sufficienti di pentimento per i peccatipassati e di proposito vero di non più pratica-re l’onanismo?”La Sacra Penitenzeria rispose il 10 marzo

1886: “Al primo dubbio la risposta è ordina-riamente negativa per la prima parte [nonpuò quindi tralasciare di interrogare se c’èfondato sospetto che il penitente, che tace,sia onanista anche se esso è in buona fede enon si correggerà, n.d.a.] ed affermativa perla seconda [è obbligato a interrogare pru-dentemente]. Al secondo dubbio la rispostaè affermativa, secondo l’insegnamento degliautori approvati [occorre ammonire il peni-tente della gravità del peccato, e non assol-verlo se non è pentito]. (H. Batzill, Deci -siones S. Sedis de usu et abusu matrimonii,Marietti, 1944, pp. 27-31, doc. n. XII; A.Vermeersch, Catechismo del matrimonio cri-stiano, Marietti, 1944, pp. 138-143). Il Vademecum pertanto innova rispetto

al magistero della Chiesa.

Cristiani ed ebrei: un discorso di GiovanniPaolo II

L’11 aprile 1997, Giovanni Paolo II ha ri-cevuto in udienza i membri della PontificiaCommissione Biblica guidati dal Card.Ratzinger. In questa occasione, ha rivoltoloro un discorso, pubblicato da L’Osserva -tore Romano (12/04/97, p. 5), sulla “naturadelle relazioni tra cristiani ed ebrei” (n. 1).Secondo Giovanni Paolo II, la “tentazionemarcionita si ripresenta, purtroppo, anchenel nostro tempo” (n. 2): una tentazione con-sistente nell’accettare il Nuovo Testamentoe nel rifiutare l’Antico. Non ci sembra che,oggi, esista questa tentazione: semmai il

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contrario! In realtà il problema che preoccu-pa Giovanni Paolo II è un altro: il fatto che,nonostante il Concilio, che ha cercato di col-mare il profondo fossato che divideva cri-stiani ed ebrei (cf n. 2), in alcuni permanga“l’impressione che i cristiani non abbianoniente in comune con gli ebrei” (n. 2). G. P.II cerca di dimostrare invece i punti in co-mune; essi sarebbero: 1) l’Antico Testa -mento, le “Scritture ebraiche” (n. 4). 2) l’in-serimento del cristiano nel popolo di Israele(n. 4). Infine, 3) risponde a una obiezione.Analizziamo questi tre punti.1) G. P. II nasconde un fatto di capitale

importanza: gli “ebrei non-cristiani” (perutilizzare una sua espressione, cf n. 5) chenon sono totalmente atei, preferiscono ilTalmùd e la Cabala all’Antico Testamento,interpretato, in ogni caso, alla luce della tra-dizione rabbinica, e quindi, tra l’altro, con-tro il Nuovo Testamento. Quanto all’AnticoTestamento stesso, G. P. II afferma che laChiesa “ha ritenuto le Scritture ebraichecome parola di Dio perennemente valida, ri-volta a se stessa, oltre che ai figli di Israele”(n. 4). Anche qui G. P. II evita di dire tuttala verità: l’Antico Testamento è, sì, parola diDio, in quanto tale “perennemente valida”.Ma non precisa che, se i precetti moralidell’A. T. sono stati perfezionati dal N. T.(cf n. 3), quelli cerimoniali e giudiziali sonoabrogati ( S. Tommaso, I-II, q. 103, a. 3 e 4,q. 104, a. 3), e, anzi, sono diventati mortiferi.Infine, egli ci presenta un Gesù uomo cheimpara l’A. T. nella sinagoga, e per cui“l’opposizione [di chi?] sempre più consi-stente con la quale (...) ha dovuto confrontar-si fino al Calvario è stata da lui compresaalla luce dell’Antico Testamento, che gli rive-lava la sorte riservata ai profeti” (n. 3). Inrealtà Gesù non era “uno dei profeti” ma “ilFiglio del Dio vivente” (è questa la profes-sione di fede di Pietro, il primo Papa, cf Mt16, 14-16), e lui stesso distinse la sua morteviolenta da quella, simile, dei profeti: essierano i servi, lui era il Figlio (vedi la parabo-la dei vignaiuoli omicidi, Mt 21, 33-46). Echi furono, di grazia, gli assassini dei servi edel Figlio, dei Profeti e di Gesù?2) “Il cristiano - scrive poi G. P. II - deve

sapere che, con la sua adesione a Cristo, è di-ventato ‘discendenza di Abramo’ (Gal 3, 29)e che è stato innestato sull’olivo buono (cfrRm 11, 17-24), cioè inserito nel popolo diIsraele, per essere ‘partecipe della radice edella linfa dell’olivo’ (Rm 11, 17)”. Da que-

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sta premessa, una conseguenza: “se possiedequesta forte convinzione, egli non potrà piùaccettare che gli ebrei, in quanto ebrei, sianodisprezzati o, peggio, maltrattati” (n. 4).Premessa e conseguenza sono ambigui,

perché sono ambigui, nel contesto, i termini“cristiano”, “ebreo” e “Israele”. San Paoloinvita il Gentile a non gloriarsi: egli è statoinnestato nell’“olivo buono”, il popolo elet-to; ma non dobbiamo credere che i cristianisiano innestati nell’attuale ebraismo e negliebrei non-cristiani! Questi ultimi sono “deirami [che] sono stati tagliati via” (Rm 11,17), e non sono l’“olivo buono” come G. P.II vuol far credere. 3) Ed ora, l’obiezione: “non intendo

ignorare che il Nuovo Testamento conservale tracce di chiare tensioni esistite tra comu-nità cristiane primitive e alcuni gruppi diebrei non-cristiani. San Paolo stesso attesta,nelle sue lettere, che in quanto ebreo non-cri-stiano aveva perseguitato fieramente laChiesa di Dio (cfr Gal 1, 13; Cor 15, 9; Fil 3,6” (n. 5). Così come è presentata, la diffi-coltà è falsificata. Infatti:a) laddove l’Antico Testamento è detto

perennemente valido come parola di Dio,questi passi del N. T. vengono invece storiciz-zati e, come vedremo, gli viene negato un va-lore teologico. Si tratterebbe solo di cronacadei tempi che furono, senza valore per l’oggi.b) lo scontro non era (non è) tra alcune

“comunità cristiane” e “alcuni gruppi diebrei non-cristiani”. Lo scontro era (è) tra laChiesa e la Sinagoga, guidate ciascuna dalleproprie autorità. L’unico persecutore dellaChiesa che G. P. II osa designare col suonome è... San Paolo!c) Ancora più grave sarebbe questa frase

se essa volesse affermare, in maniera solopiù sfumata, quanto insegnato dal documen-to vaticano Ebrei ed ebraismo nella predica-zione e nella catechesi della Chiesa cattolica(24 giugno 1985) ove si afferma che “alcuniriferimenti ostili o poco favorevoli agli ebrei”che si trovano nel N. T. non riportano fedel-mente il pensiero di Gesù, ma “riflettono lecondizioni dei rapporti tra ebrei e cristiani,che cronologicamente sono molto posteriorie Gesù”. In questo caso, G. P. II negherebbela storicità e veridicità dei Vangeli.La soluzione che propone G. P. II a riguar-

do dei passi del N. T. ostili agli ebrei non-cri-stiani è questa: “questi ricordi dolorosi devonoessere superati nella carità (...)” ; bisogna “dimi-nuire le tensioni e dissipare i malintesi” (n. 5).

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Questa soluzione, apparentemente carita-tevole, è in realtà quanto di più nocivo sipossa fare contro gli ebrei non-cristiani: nonricordare loro il “ricordo doloroso” del rinne-gamento del Dio incarnato e del Messia diIsraele non favorirà certo la loro conversionea Cristo. Questo modo di agire non è secondola pedagogia divina che sempre, nell’Antico enel Nuovo Testamento, ha rimproverato aIsraele i suoi tradimenti e le sue fornicazioni,per richiamarla al suo Sposo divino.

Cristiani ed ebrei: il discorso di GiovanniPaolo II ai partecipanti all’Incontro di studiosu “Ra dici dell’antigiudaismo in ambientecristiano”

Il 31 ottobre 1997 Giovanni Paolo II haricevuto in udienza i partecipanti all’Incon -tro di studio su “Radici dell’antigiudaismo inambiente cristiano”. In quest’occasione, haloro rivolto un discorso in francese, pubbli-cato su L’Osservatore Romano del 1 novem-bre (p. 6) e tradotto in italiano dallo stessoquotidiano, in data 3-4 novembre (p. 7).Mentre del convegno (di cui non sono notigli atti) parliamo nell’editoriale e nella “ras-segna stampa”, in questa rubrica commente-remo solo il discorso wojtyliano. Dopo aver inscritto il simposio nel clima

della preparazione al Giubileo, GiovanniPaolo II ha detto: “L’oggetto del vostro sim-posio è la corretta interpretazione teologicadei rapporti della Chiesa di Cristo con il po-polo ebreo, di cui la dichiarazione conciliareNostra Aetate ha posto le basi, e sui quali,nell’esercizio del mio Magistero, io stesso hoavuto l’opportunità di intervenire in diverseoccasioni” (n. 1). L’oggetto in questione èdella massima importanza, poiché concerne ildato rivelato (i rapporti tra la Chiesa e il po-polo ebreo); eppure, per Giovanni Paolo II, ilMagistero della Chiesa non si sarebbe maiespresso a proposito, prima del Vaticano II.In realtà, ciò di cui ci si vuole occupare, èl’antigiudaismo cristiano, così descritto daGiovanni Paolo II: “In effetti, nel mondo cri-stiano - non dico da parte della Chiesa inquanto tale - interpretazioni erronee e ingiustedel Nuovo Testamento riguardanti il popoloebreo e la sua presunta colpevolezza sono cir-colate per troppo tempo, generando sentimen-ti di ostilità nei confronti di questo popolo”(n. 1). Giovanni Paolo II cerca di distinguerele responsabilità della “Chiesa in quantotale” da quella del “mondo cristiano” (o,

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come recita il titolo del convegno, dell’“am-bito cristiano”). Invano. Poiché la tesi dellaresponsabilità morale collettiva del popoloebreo nella morte di Cristo (il “deicidio”),nella misura in cui esso rifiuta ancor oggiCristo, si trova nell’interpretazione che iPadri della Chiesa, i santi, i Papi e i Dottorihanno sempre dato, unanimi, del NuovoTestamento. “Il nostro fine - ha dichiarato ildomenicano Georges Cottier, teologo dellaCasa Pontificia - è capire come fu possibileche vescovi, papi e santi abbiano giustificatole persecuzioni”. Non si vede, pertanto, comela Chiesa “in quanto tale” possa non esserecoinvolta nella condanna wojtyliana. “I vostrilavori” aggiunge Wojtyla “completano la ri-flessione condotta soprattutto dalla Com -missione per i Rapporti Religiosi conl’Ebraismo, tradotta, fra le altre cose, negliOrientamenti del 1 dicembre 1974 e nei‘Sussidi per una corretta presentazione degliEbrei e dell’Ebraismo nella predicazione enella catechesi della Chiesa Cattolica’ del 24giugno 1985” (n. 1). Egli conferma pertanto,col suo “magistero” ordinario, i documentisuccitati. A uno di questi ho già fatto allusio-ne, ma vale la pena di citare in intero la pro-posizione che Giovanni Paolo II fà propria:“I vangeli sono il frutto di un lavoro redazio-nale lungo e complesso. (...) Non è quindiescluso che alcuni riferimenti ostili o poco fa-vorevoli agli ebrei abbiano come contesto sto-rico i conflitti tra la Chiesa nascente e la co-munità ebraica. Alcune polemiche riflettonole condizioni dei rapporti tra ebrei e cristia-ni, che, cronologicamente, sono molto poste-riori a Gesù” (IV, 1, a). Questa affermazio-ne, fatta propria da Giovanni Paolo II, è di

Vignetta apparsa sul giornale francese “Minute”

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una estrema gravità. Prima si insinua (non èquindi escluso...) e poi si afferma chiaramen-te (alcune polemiche riflettono...) che unaparte dei vangeli, quella ostile agli ‘ebrei’,non è autentica, in quanto attribuisce a Gesùdelle parole e delle idee che Egli, in realtà,non avrebbe mai pronunciato né concepito.Ma se le cose stanno così, è la storicità deiVangeli a essere compromessa, assieme allaloro ispirazione divina; tutta la fede cristianacrollerebbe, pertanto, miserabilmente, ed iGiudei avrebbero affibbiato a ragione aCristo il titolo poco onorevole di “imposto-re” (Mt 27, 63), ed ai cristiani la colpa di esse-re ancora più imbroglioni del loro Maestro(cf Mt 27, 64). Che questo documento siastato proposto da un organismo della “SantaSede” è stupefacente; che “il Papa” lo abbiaapprovato e fatto suo è un vero e proprio“mistero di iniquità”; che la maggioranza deicattolici non se ne sia neppure accorta o chenon faccia una piega nel leggere simili blasfe-mie, è una autentica vergogna...Ma il discorso di Giovanni Paolo II non si

limita a questo. “Questo popolo - aggiunge - èinvitato e guidato da Dio, creatore del cielo edella terra. (...) Questo popolo persevera a di-spetto di tutti perché è il popolo dell’Alleanzae perché, nonostante le infedeltà degli uomini,il Signore è fedele alla Sua Alleanza.Ignorare questo dato importante significa im-pegnarsi sulla via di un marcionismo contro ilquale la chiesa aveva reagito subito con vigo-re...” (n. 3). Questa frase di Giovanni Paolo II,che esprime un concetto da lui espresso giàpiù volte è, sicut sonat, contraria alla divinaRivelazione. Giovanni Paolo II vuol probabil-mente far allusione a quanto scrive San Paolo(Rm 11, 28-29): Riguardo al vangelo, sono ne-mici per via di voi, ma rispetto all’elezione sonoamati per via dei padri; i doni e la vocazione diDio non sono cose che soggiacciono a penti-

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mento. Giovanni Paolo II, innanzitutto, mutilain questo punto la dottrina di San Paolo: gliebrei non cristiani sono nemici per quanto ri-guarda il Vangelo. In seguito, egli distorce ilpensiero dell’Apostolo. San Paolo, come sivede dal contesto, annuncia la futura conver-sione del popolo ebraico, ora incredulo (Rm11, 25 ss): in questo si manifesta l’amore diDio, e la sua misericordia (vv. 31-32), a causadei padri. Ma egli non intende affatto dichia-rare eterna la antica alleanza col popolo ebrai-co. Esso non è più il popolo eletto (cf Mt 21,41; Rm 9, 25-26; 1 Tess 2, 15-16; Pio XI: decre-to del S. Uffizio del 25 marzo 1928, e ‘Atto diconsacrazione al Sa cro Cuore di Gesù’).Anche Giuda fu eletto come Apostolo, e idoni e la vocazione di Dio non sono cose chesoggiacciono a pentimento; eppure egli persel’apostolato (Atti 1, 20 e 25) per la sua infe-deltà. È questa l’interpretazione tradizionale evera di questo versetto (cf S. Tommaso, adRomanos, lectio IV, n. 925; Mons. Landucci,La vera carità verso il popolo ebraico, inRenovatio, n. 3, 1982, pp. 360-363; Mons. Spa -dafora, Cri stianesimo e giudaismo; ed. KrinonCalta nisetta 1987: vedere il commento del -l’epistola ai Romani pagg. 83-106, specialmen-te pagg. 103-106 che riguarda Rom. XI, 28-29;il testo di Landucci è ripreso da Spadaforapagg. 107-126; Sodalitium, n. 26, pp. 30-31).Ultima osservazione. Giovanni Paolo II

conclude l’insegnamento della sua allocuzio-ne con questa esortazione: L’insegnamentodi Paolo nella Lettera ai Romani ci indicaquali sentimenti fraterni, radicati nella fede,dobbiamo nutrire verso i figli di Israele (cfrRm 9, 4-5). L’Apostolo lo sottolinea: ‘a causadei loro padri’ essi sono amati da Dio, i cuidoni e la cui chiamata sono irrevocabili (cfrRm 11, 28-29) (n. 4). Quanto all’ultima cita-zione, abbiamo già notato l’omissione (gliebrei sono nemici, dice san Paolo) e la di-storsione (i doni di Dio sono irrevocabili daparte di Dio, ma possono essere perdutidall’uomo) del testo paolino fatti daGiovanni Paolo II. Quanto a Rm 9, 4-5, S.Paolo precisa subito dopo (vv 6-12) che nontutti i discendenti da Israele sono Israeliti, nèper essere seme d’Abramo son tutti figli:quanti rigettano Cristo non sono deiGiacobbe ma degli Esaù, rigettati da Dio (cfv. 13): applicare fraudolentemente ai giudeiinfedeli quanto la scrittura attribuisce solo aquelli fedeli è un inganno che avalla la men-zogna stigmatizzata da S. Giovanni: diconodi essere Giudei e non lo sono; ma [sono in-

I partecipanti al Simposio “Ra dici dell’antigiudaismo in ambiente cristiano”

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vece] sinagoga di Satana (Ap 2, 9).Giovanni Hus, eretico o riformatore dellaChiesa?

Praga, 27 aprile: incontro di preghieraecumenica nella Cattedrale. G. P. II ha ripe-tuto i noti errori ecumenisti.1) “La ricerca della verità ci fa sentire pec-

catori. Ci siamo divisi a motivo di reciprocheincomprensioni, dovute spesso a diffidenza,se non a inimicizia. Abbiamo peccato. Cisiamo allontanati dallo Spirito di Cristo” (n.2). Queste parole sono gravissime. G. P. IIattribuisce indistintamente ai cattolici e aglieretici la colpa della separazione di questidalla Chiesa cattolica. Presenta questa sepa-razione come se la Chiesa si fosse divisa (cfn. 2: “Comunità cristiana ancora indivisa”).Attribuisce anche alla Chiesa un “allontana-mento dallo Spirito di Cristo” incompatibilecon la sua santità e indefettibilità.2) G. P. II ha ripetuto l’inammissibile

elogio di un eretico quale Hus, definito “ri -formatore della Chiesa” (n. 4), ripetendoquanto già detto nel 1990. Ha pure ricordatoil suo mea culpa di Olomouc (1995) “a nomedella Chiesa di Roma” per i “torti inflitti ainon cattolici”.Queste parole di G. P. II, ormai così fre-

quenti al punto che non ci facciamo più caso,sono scandalose, ingiuriose per la Chiesa, fa-vorevoli agli eretici, ed insinuano numeroseeresie, delle quali la più grave sarebbe unpresunto allontanamento della Chiesa dallo“Spirito di Cristo”. Se questo allontanamen-to ci fu nel XV-XVI sec., chi può escludereche non ci sia anche ora, con G. P. II?

La Madonna è morta?

È quanto afferma Giovanni Paolo IInella sua catechesi, durante l’udienza gene-rale del 25 giugno 1997 (cfr L’OsservatoreRomano, 26 giugno 1997, p. 4). Egli ricorda(n. 1) come Pio XII, nel definire il dogmadell’Assunzione, ed il Vaticano II (Lumengentium, 59), evitarono di parlare dellamorte di Maria, utilizzando la circonlocuzio-ne al termine della sua vita terrena. Wojtyla,però, ha ritenuto opportuno uscire dal riser-bo dei suoi predecessori, e negare aperta-mente questo privilegio mariano (nn. 2-5),qualificando la tesi mortalista come “tradi-zione comune” e screditando quella oppostain quanto “sconosciuta fino al XVII secolo”(n. 1). L’opinione di Giovanni Paolo II è le-

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gittima. Tuttavia, non la condividiamo. Essasi inserisce, invero, nella corrente “minimali-sta” che ha trionfato al Vaticano II; la scuoladei Roncalli e dei Montini, che si opposero,rispettivamente, alla definizione dell’As -sunzione e della Mediazione di Maria.Wojtyla passa per un gran devoto dellaMadonna: il discorso del 25 giugno va insenso opposto a questa fama. Esso va insenso opposto anche a Pio XII: se è vero cheegli non si pronunciò esplicitamente sullaquestione della morte di Maria, è vero altresìche egli fece cancellare le parole “dopo lavostra beatissima morte” da una preghiera dalui indulgenziata nel dicembre del 1950. Ineffetti, il grande sviluppo della mariologia,che ha portato alle definizioni dogmatichedell’Immacolata Concezione e dell’Assun -zione, ha permesso di mettere meglio in luceche nel passato il problema della “morte diMaria”, che è come un corollario di questidue dogmi già definiti. La morte, in effetti, èuna conseguenza del peccato originale:Maria, immacolata, non doveva morire. E di-fatti non morì. Implici tamente, lo afferma lastessa definizione dogmatica dell’As -sunzione: Maria, “al termine della sua vitaterrena, fu assunta in anima e corpo alla glo-ria del cielo”. Se Ma ria è morta, argomenta ilPadre Oblato dell’Immacolata Mario DeRosa nel suo libro del 1961, La trionfatricedella morte [egli dà ben dieci argomenti pro-banti in favore della tesi della non morte diMaria], la sua anima si sarebbe separata,anche un solo istante, dal corpo. In quel -l’istante, la sua anima avrebbe goduto delParadiso (giacché Ella non finì certo nelPurgatorio!) senza il suo corpo, contraria-mente al dogma dell’Assunzione, che affer-ma come “al termine della sua vita terrena”(e non un attimo dopo) ella godette delCielo in corpo e anima. Né vale obiettareche anche Cristo morì. Cristo poteva merita-re anche nella morte, non così Maria. Per dipiù, fa notare padre Roschini, servita, salvonel caso di Gesù, in cui Corpo e Anima re-starono uniti alla Persona divina, la separa-zione dell’anima dal corpo (la morte) di-strugge la persona: la persona di Maria, nellamorte, non sarebbe esistita, il corpo si sareb-be metafisicamente corrotto, e così pure laSua verginità fisica, per mantenere la qualetanti miracoli fece il Signore. Per questi emolti altri argomenti, eccellenti mariologicontemporanei come Roschini (cf Dizio -nario di Mariologia, ed. Studium, alla voce

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Morte), Landucci, Lattanzi, Guérard desLauriers, Laurentin, e la maggioranza deiteologi che si occupò dell’argomento dopo il1950, sostennero che Maria non morì. Anulla vale l’argomento di tradizione avanza-to anche da Giovanni Paolo II; non manca,infatti, anche una antica tradizione opposta(cf Roschini, pag. 363) e, per di più, la tradi-zione “mortalista” è tutta dipendente dagliscritti dello ps.-Dionigi l’Areopagita, che siriteneva, a torto, testimone oculare dellamorte della Madonna. L’Istituto Mater BoniConsilii, con Pio XII, pensa quindi che Marianon sia mai morta, ma che, al termine dellasua vita terrena, fu assunta in anima e corpoalla gloria del cielo.

Santa Teresina, “Dottore della Chiesa”... Èstato violato un precetto apostolico?

Il 19 ottobre 1997, Giovanni Paolo II ha“proclamato” Santa Teresa di Lisieux, “dot-tore della Chiesa”, e questo nel centenariodella morte della grande Santa. Non voglia-mo qui discutere se la dottrina spirituale diS. Teresa del Bambin Gesù può essere para-gonata a quella di un San Tommaso o di unSan Bonaventura: lo stesso Giovanni PaoloII non nasconde che S. Teresa non ebbe uncorpus dottrinale completo e sistematico. Ilproblema è un altro: può una donna, siapure una grande Santa, essere nominata“dottore della Chiesa”?Pare che qualcuno avesse proposto a Pio

XI, che considerava Teresa di Lisieux la piùgrande santa dei nostri tempi, di attribuireall’umile carmelitana il titolo di “dottoredella Chiesa”. Il Papa avrebbe rifiutato laproposta rispondendo: obviat sexus, unadonna non può essere “dottore” della Chiesa.Questa dottrina fu appannaggio pacificodella Chiesa fino al Vaticano II: nessunadonna, pur eminente in santità e sapienza, fuinclusa tra i Padri della Chiesa o tra i Dottoridella medesima. Il primo a infrangere questaregola fu Paolo VI, il quale proclamò “dotto-re della Chiesa” prima Santa Teresa d’Avila(il 27 settembre 1970) e poi Santa Caterinada Siena (il 4 ottobre successivo).A dire il vero, Paolo VI non evitò la dif-

ficoltà: “Santa Teresa d’Avila - dichiarò il 27settembre 1970 - è la prima donna alla qualela Chiesa conferisce il titolo di dottore. E al-lora non si può non pensare a quel severoavvertimento di san Paolo: Le donne taccia-no nelle assemblee (1 Cor 14, 34), il che si-

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gnifica, ancor oggi, che la donna non è desti-nata ad avere nella Chiesa delle funzioni ge-rarchiche di magistero e di ministero.Questo precetto apostolico è stato forse vio-lato oggi? Possiamo rispondere chiaramen-te: no. In realtà, non si tratta di un titolo checomporta funzioni gerarchiche di magisteroe di ministero” (cf Documentation Catho -lique, anno 1970, col. 908, che traduce infrancese da L’Osservatore Romano del 28-29 settembre 1970). Paolo VI pose il proble-ma. Lo risolse correttamente?Vediamo innanzitutto l’insegnamento

della Sacra Scrittura. San Paolo insegna: Ledonne nelle assemblee tacciano (1 Cor 14,34) e Alla donna non permetto di insegnare(1 Tim 2, 12). Come ha interpretato, laChiesa, questi passaggi del NuovoTestamento? San Tommaso, il dottore co-mune, riassume così la dottrina cattolica:“Della parola uno se ne può servire in duemaniere. Primo, privatamente, per parlare fa-miliarmente con uno o con pochi. E in talsenso il carisma della parola può essere ac-cordato anche alle donne. Secondo, per par-lare in pubblico a tutta la Chiesa. E questoalla donna non è concesso. Prima di tutto eprincipalmente, per la condizione del sessofemminile, che deve essere sottopostoall’uomo, come dice la Scrittura (Gen 3, 16).Ora, esortare e insegnare pubblicamente inChiesa non appartiene ai sudditi, ma ai prela-ti. E gli uomini, anche se sudditi, possonomeglio eseguire per delega questo incarico,perché non hanno questa dipendenza comeun’imposizione naturale del sesso, ma peraltri motivi accidentali...” (II-II, q. 177, a. 2).Nello stesso luogo, San Tommaso aggiunge:“le donne che abbiano ricevuto i carismidella sapienza o della scienza possono met-terli a servizio degli altri nell’insegnamentoprivato, non già in quello pubblico” (ad 3).Paolo VI, come abbiamo visto, cerca di

eludere la difficoltà spiegando i testi scrittu-rali in un senso restrittivo: San Paolo viete-rebbe alle donne solo l’insegnamento gerar-chico. Ora, è ben vero che i passaggi succita-ti di san Paolo precludono alle donne ognipotere gerarchico (di giurisdizione come diordine); ma tale preclusione non si limita aquesto campo! Ciò appare con evidenza dalcontesto. Nell’epistola a Timoteo: “la donnaimpari silenziosa e in tutta soggezione; di farda maestra, alla donna non lo permetto, né didominar sull’uomo, ma se ne stia zitta”. SanPaolo fa una affermazione generale: la

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donna è subordinata all’uomo, in particolarenell’insegnamento, e non solo alla gerarchia.Così pure nell’epistola ai Corinti: “le donnenelle assemblee tacciano”. E perché?“Poiché non è loro permesso di parlare; mastiano sottoposte, come anche dice la legge”.Sottoposte a chi? Forse solo alla Chiesa ge-rarchica, alla Chiesa docente? No: “se vo-gliono imparar qualche cosa - prosegue SanPaolo - in casa interroghino i proprii mariti;è cosa indecorosa per una donna parlare inuna assemblea”. La donna, quindi, non puòinsegnare non solo “con funzione gerarchicadi magistero e di ministero”, come pretendePaolo VI, ma in ogni modo pubblico, giac-ché deve sottostare in ciò (e “in tutto”: cfEfesini, 5, 23) al marito, che invece non ha ildivieto di parlare nelle assemblee, pur nonessendo Vescovo o sacerdote! San Tom -maso, nel passo citato, afferma che l’uomo,anche se suddito e non prelato, può, in uncerto senso, insegnare: non così la donna. Edifatti, dei 29 dottori proclamati dallaChiesa fino a Pio XII, alcuni non eranoVescovi (cioè prelati, membri della Chiesadocente) ma solo sacerdoti e uno, addirittu-ra, solo diacono. Il titolo di “dottore dellaChiesa”, quindi, non è riservato, è vero, aquanti hanno avuto un potere gerarchico diinsegnamento autentico; ma include però,per sua natura, l’aver svolto un ruolo di in-segnamento a tutta la Chiesa: un insegna-mento pubblico pertanto, e non solo privato.Vorremmo, noi di Sodalitium, avere la

santità e la sapienza infusa di Caterina edelle due Terese! Tuttavia, questi doni ec-celsi che esse hanno ricevuto dal Signorenon le abilita al ruolo di “dottore” dellaChiesa, ufficialmente riconosciuto dalla me-desima, ruolo che, come il sacerdozio, è pre-cluso alle donne per volontà di Dio. Questonon toglie che molte donne siano più grandi,davanti a Dio, di tanti uomini: basti pensarealla dignità unica della Madre di Dio; sola-mente, esse non hanno, nella Chiesa e nellasocietà, lo stesso ruolo dell’uomo. A nostroparere, un vero successore di Pietro non puòdichiarare una donna, per quanto santa,“dottore della Chiesa”.

In breve.

“L’Islam non è un nemico, ma il partnerdi un dialogo indispensabile per la costruzio-ne della nuova civiltà umana” (ai Vescovidella gerarchia cattolica d’Egitto, O. R.

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25/6/97, p. 5).

Brevi risposte ad alcuni articolidella Fraternità contro la “Tesi

di Cassiciacum”Pseudo-Dionigi

Nell’editoriale di questo numero abbiamosegnalato al lettore alcuni articoli di Sì

sì no no contro la Tesi di Cassiciacum di P.Guérard des Lauriers, sostenuta anche dalnostro Istituto. Ecco una breve risposta agliarticoli in questione.I. Risposta a Sì sì no no, edizione italia-

na, del 31 gennaio 1997.Si tratta di un breve trafiletto nel quale Sì

sì no no risponde al primo degli articoli didon Murro su Gli errori di Sì sì no no(Sodalitium, n. 44, pp. 51-54, novembre 1996)che seguiva un altro articolo su La regoladella nostra fede (ibidem, pp. 48-50). Atutt’oggi, nessuna risposta allo studio ben piùimponente dello stesso autore intitolato Glierrori di Sì sì no no (II parte): Il Ma gistero se-condo l’abbé Marcille (Sodalitium, n. 45,aprile 1997, pp. 30-50), tranne una letteraprivata dell’abbé Marcille a don Murro. Sitratta di una lettera gentile ed interessante,che fa onore all’abbé Marcille. Ci auguriamoche siano sempre più numerosi i cattolici -all’interno e all’esterno della Fraternità S.Pio X - che facciano in modo che nelle nostrepolemiche dottrinali la carità e la verità ven-gano sempre rispettate, per la gloria di Dioed il bene della Chiesa. Diverso è l’atteggia-mento di Sì sì no no, che addirittura si guar-da bene, nella sua risposta, dal citare So da -litium (che deve restare ignoto ai più).Dopo aver messo in dubbio la nostra sin-

cerità e buona fede, Sì sì no no affronta indue parole una sola delle questioni solleva-te, e dalla risposta si vede che non si è capitoaffatto quel che vogliamo dire.

“Dal deposito della fede infatti - scrive Sì sìno no - potranno essere dedotte verità implicite,come l’Immacolata Concezione, ma giammaicose in contraddizione con la Fede costante dellaChiesa. Negare o offuscare agli occhi dei fedeli unprincipio così fondamentale e prezioso in tempidi crisi come gli attuali è - ci sia permesso di dirlo

Dottrina

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- fare, volenti o nolenti, l’opera del demonio”.I redattori di Sodalitium trasecolano, poi-

ché mai e poi mai hanno sostenuto che daldeposito della fede si potessero dedurre “ve-rità” (ovvero eresie) in contraddizione con lafede! Che il Vaticano II contraddica la dot-trina della Chiesa, lo affermiamo anche noi,con Sì sì no no. Che un fedele possa render-sene conto, lo sosteniamo parimenti. Chequesto fedele debba quindi attenersi allafede della Chiesa e non al Vaticano II che lacontraddice, qualsiasi lettore di Sodalitium losa perfettamente. E allora?E allora Sì sì no no sposta il problema

(attribuendoci quello che non abbiamo maidetto) per nascondere il punto dolente:com’è possibile che un Papa (Paolo VI oGiovanni Paolo II, per Sì sì no no) e unConcilio Ecumenico (il Vaticano II) con-traddicano la fede della Chiesa? Gli articolidi don Murro hanno dimostrato che ciò nonè possibile, per cui: o la contraddizione èsolo apparente (ma non lo è) oppure PaoloVI e Giovanni Paolo II non erano e nonsono Papi, e pertanto il Vaticano II non fuun Concilio legittimo.

“Normalmente fonte prossima della fedeè il magistero ordinario - scrive Sì sì no no -ma poiché questa fonte prossima a sua voltaattinge ad una fonte remota, che è la divinaRivelazione reperibile nella Tradizione co-stante della Chiesa, nessuno può impedireche, in caso di crisi, anche il semplice fedele(come accadde ai tempi di Nestorio e diArio) interroghi questa fonte remota per ri-conoscere ciò che non è cattolico”.È veramente difficile in così poche righe

sommare così tanti errori e imprecisioni. Acosto di ripeterci spieghiamo a Sì sì no no(che ci invita a “studiare meglio, molto me-glio, la teologia cattolica”) quanto segue:1) Il magistero, ordinario o solenne, è

sempre (e non solo “normalmente”) la rego-la prossima (e non la “fonte”) della nostrafede (e non “della fede”).2) Che la Rivelazione (Scrittura e

Tradizione, e non solo la “Tradizione costan-te”) è la regola remota (e non la “fonte”)della nostra Fede (e non “della fede”).3) Che “la fonte prossima” (sic) non “at-

tinge a sua volta dalla fonte remota” (sic). Lecose stanno così: noi dobbiamo credere tuttoquello che Dio ha rivelato nella Scrittura enella Tradizione (verbo scripto vel tradito); (equesta è la regola remota, cioè non immediataper noi). Ma per sapere cosa è rivelato, ovve-

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rossia cosa è insegnato veramente dallaScrittura e dalla Tradizione, il cattolico noninterpreta liberamente la Scrittura (o laTradizione) come fa il protestante, ma si ri-volge al magistero della Chiesa (Papa da solo,o Papa e Vescovi in comunione con lui) chesolo può insegnargli il senso autentico dellaRivelazione (proprio per questo la Chiesa,non il semplice fedele, è assistita dallo SpiritoSanto!). Ecco la regola prossima della nostrafede: devo credere ciò che Dio ha rivelato (re-gola remota), ma per sapere cosa Dio ha ef-fettivamente rivelato devo chiederlo allaChiesa (regola prossima, cioè immediata:quella a cui mi rivolgo per prima).Secondo Sì sì no no qualche volta la re-

gola prossima (la Chiesa) può far cilecca, eallora il semplice fedele la può scavalcare e,come un protestante, va a vedere cosa dicela regola remota... È qui che non siamo d’ac-cordo con Sì sì no no. Chi segue la regolaprossima (la Chiesa) è sempre sicuro per lomeno di non allontanarsi dalla fede; chi in-terpreta da sé la Scrittura o la Tradizionepuò invece errare: “Per essere certi in tutto -scrive Sant’Ignazio negli Esercizi Spirituali -dobbiamo sempre ritenere che il bianco cheio vedo sia nero, se la Chiesa gerarchica cosìdefinisce. Perché crediamo che tra Cristonostro Signore, che è lo Sposo, e la Chiesasua Sposa, è il medesimo Spirito che ci go-verna e regge per la salvezza delle nostreanime; perché dal medesimo Spirito eSignore nostro, che ci diede i dieci comanda-menti, è retta e governata nostra santamadre Chiesa” (Tredicesima regola per sen-tire con la Chiesa, esercizi Spirituali n. 365). Tuttavia, lo Spirito Santo e la Chiesa non

si possono contraddire.Nel caso di una apparente contraddizione

cosa bisogna fare? Il credente è già vincolatodalla fede a credere quanto Dio ha rivelato ela Chiesa ha insegnato. Se apparentemente laChiesa gli chiedesse di credere in una propo-sizione contraddittoria a ciò che già ci obbligaa credere (ad es.: le persone della Trinità nonsono tre) il credente dovrebbe ma non puòcompiere l’atto di fede: “questo atto di fede èmetafisicamente impossibile. (...) Nessunopuò credere simultaneamente due proposi-zioni contrarie; nessuno può credere allo stes-so tempo [ad es.] che il diritto alla libertà reli-giosa è contrario alla Rivelazione [Pio IX] eche è fondato in questa Rivelazione[Vaticano II]. È impossibile anche con tuttala buona volontà: ciò dipende dalla natura

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delle cose” (don H. Belmont, L’esercizioquotidiano della fede, Ferrara, 1996, p. 12).Ne consegue che quella autorità della Chiesaera solo apparente: è quanto Sodalitium af-ferma e Sì sì no no si ostina a negare.

II. Risposta a Dionisius (Courrier de Rome-Sì sì no no, avril 1997).

Dionisius (d’ora in poi D.), nel suo arti-colo A propos d’un thèse sédévacantiste, sipropone di ribattere al saggio di don San -born (d’ora in poi S.) De papatu materiali,pubblicato su Sacerdotium n. 16 (dimenti-cando così la prima parte dello studio di S.pubblicata su Sacerdotium n. 11).Quest’articolo è apparso in seguito in

italiano (Sì Sì No No, Aprile 1997, Un’allar-mante appendice dell’attuale crisi dellaCHIESA, pp. 2-5) ove sono state apportatedelle correzioni rispetto ad alcune enormitàdell’originale francese. La nostra risposta siriferisce al testo francese: perciò alcuni deglierrori rilevati nel nostro articolo non si tro-vano nel testo italiano.L’articolo di D. può essere diviso in tre

parti: una introduzione, sulla Tesi di Cassi -ciacum; un corpus, sugli studi di S., e unaconclusione sul sedevacantismo e i sedeva-cantisti (La vrai question).L’unica parte che ha una qualche dignità

intellettuale è la seconda, ove D. ammetteche la tesi di don Sanborn

“si distingue per la sua serietà e il valoredella sua documentazione” (D., p. 2, col. 1)(Purtroppo la lode è avvelenata: serve a de-nigrare le “fantasie teologiche” dei predeces-sori di S. nell’esporre la Tesi, fantasie chesono, in realtà, le stesse di S.!)Poiché è nostra intenzione tradurre e pub-

blicare i due articoli di S. su Sodalitium, rinvia-mo l’esposizione e la risposta a queste obiezio-ni di D. ad un prossimo numero, in modo taleche il lettore possa avere sott’occhio l’articolodi S. e le difficoltà avanzate da D.Senza attendere questa risposta, possia-

mo però dar subito un esempio evidente dicome D. ignori l’A.B.C. del trattato sulleleggi (anche se egli scrive con sufficienza, p.2, 2a colonna: “basta rileggere i trattati ‘de le-gibus’ per accorgersi che...”) sul quale egli siscontra con S. Scrive D.:

“Il principe (il capo, il padre di famiglia, ilpadrone, l’insegnante), soggetto individuale,prolunga l’autorità di Dio, è il canale del benecomune quando vuole oggettivamente questo

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bene mediante la legge” (D., pag. 3, 1a colonna).D., che discute con S. delle leggi, non sa

neppure chi può fare delle leggi! “Le leggisono fatte da coloro che hanno un poterepubblico e politico di giurisdizione per go-vernare i sudditi [in una società perfetta,quale la Chiesa o lo Stato, n.d.a.] (...) sia[esso potere] supremo, su tutta la comunità,sia derivato, solo di una parte della comu-nità (ad es.: il Romano Pontefice e i vesco-vi); ma esse non sono fatte da coloro chehanno solo il potere privato dominativo o ilpotere economico [nel senso di domestico,n.d.a;] su di una società imperfetta, come ilpadre, il marito, il padrone, il superiore diuna casa religiosa, il parroco [essi possonodare precetti, non fare leggi, n.d.a.]” (B. H.Merkelbach o.p., Summa Theologiæ mora-lis, de legibus, I, 222). Il Papa, il Vescovo, ilRe, il Presidente della Repubblica, ilParlamento, possono fare le leggi, non certo“il padre di famiglia, il padrone, l’insegnan-te”! Questo esempio è sufficiente per dimo-strare l’assoluta ignoranza di D. sulla mate-ria trattata. Ma vedremo come anche sullatesi di Cassiciacum (che egli vuol criticare)

La copertina del “Courrier de Rome” si può notare neltesto la parola Cassissiacum

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D. sia altrettanto ignorante.Un nome esoterico: Cassissiacum! (1)

D. pretende offrire al lettore una “radio-grafia” della tesi di Cassiciacum . Una prete-sa del genere implica che D. abbia almenoletto detta Tesi. Peccato che egli - è evidente- non ne abbia mai letto neppure il titolo!

“Questa tesi - scrive D. - è conosciuto(sic) sotto il nome esoterico di Tesi di Cas -sissiacum” (D., pag. 1, col. 1).Il termine Cassissiacum è ripetuto conti-

nuamente e invariabilmente lungo tutto l’ar-ticolo. Capiamo che per D. il termine sia“esoterico”: cosa c’entra il ribes nero (infrancese: cassis) con la teologia? Peccato perD. che il termine corretto sia Cassiciacum, eche la parola misteriosa sia spiegato daiCahiers de Cassiciacum, la rivista di teologiache pubblicò a suo tempo la tesi omonima,laddove si ricorda che a Cassiciacum (oraCassiago, in Brianza), Sant’Agostino si ritiròper studiare e dare alla luce alcune sueopere teologiche (S. Agostino, Confessioni,IX, 3; lo si legge sulla copertina della rivi-sta). Niente di male se si ignorano questidettagli; ma se si scrive contro una tesi, saràbene averne letto almeno il titolo (e l’indicedelle materie), senza dimenticare di nonprendere in giro quel che si ignora.

Il “buon Padre” Guérard

Sempre D., si diverte a presentare ai let-tori di Sì sì no no la bislacca figura dell’auto-re di una tesi dal nome “esoterico”.

“Nel 1977, un ex professore di teologiadel seminario di Ecône, il Padre Guérard,pubblicava una tesi originale (...). Questobuon Padre era già celebre per i suoi corsi in-comprensibili. La Tesi era nella linea: nessu-no capì nulla alla sua distinzione tra la Sessioe la Missio” (D., pag. 1, col. 1).E con ciò Padre Guérard des Lauriers

scompare dalla scena per il resto dell’articolo...Il lettore intelligente di Sì sì no no si sarà

chiesto da sé: come mai, se le lezioni diPadre Guérard erano incomprensibili,Mons. Lefebvre lo chiamò nel suo seminarioper insegnare la teologia? Il medesimo letto-re non può chiedersi - perché D. lo tace -come mai egli fu chiamato a insegnare lateologia anche all’università domenicana delSaulchoir e alla Pontificia UniversitàLateranense (un po’ più prestigiosi, ne con-verrà D., del seminario di Ecône)... né come

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mai questo povero “buon Padre” fosse allie-vo della Scuola Normale e membro dellaPontificia Accademia di san Tommaso...Ammettiamo facilmente che gli scritti di

Padre Guérard sono difficili; tuttavia, se li sivuole confutare, bisognerà pur leggerli. D.non li ha letti, e lo dimostra nuovamente inquesta occasione. Nel 1977 nessuno potevacapire la distinzione tra “Missio” e “Sessio”per il semplice fatto che il buon PadreGuérard non ne aveva parlato (la distinzioneera semmai quella tra materialiter e formali-ter); essa non fa parte della tesi diCassiciacum del 1979 (data della pubblicazio-ne della Tesi) ma degli studi sulla consacra-zione dei Vescovi, iniziati nel 1980 ma pubbli-cati solo nel 1988! Per capire nel 1977 una tesidel 1988, in effetti, bisognava essere... profeti!

“Il sindacato” e la “versione Lucien-Bligni ères”

D. continua la sua “radiografia” (p. 1,col. 1) della tesi di “Cassissiacum”. D. iniziaparlando del “piccolo gruppo di giovani pretiordinati da Mons. Lefebvre, appena uscitidall’uovo, se così si può dire, che si diederoanima e corpo alla difesa e illustrazione della‘Tesi’. Tra di loro chiamavano il loro piccolocomplotto ‘il sindacato...” (D., p. 1, col. 1). “IlSindacato iniziò a dividersi in tendenze rivali,unite solo nella detestazione cordiale del ve-scovo che li aveva ordinati” (D., p. 1, col. 2).Il nostro storico è un falso storico: il ter-

mine di “sindacato” era un termine offensi-vo dato dai sedevacantisti completi a queisacerdoti che sostenevano la Tesi di P.Guérard (Cf. Forts dans la Foi, n. 6 (66),1981, pp. 76-77: Du côté du syndicat; n. 7(67), 1981, pp. 69-74: Du côté du syndicat(suite); n. 9 (69), 1988, pp. 46-55: Mort d’unsyndicat, naissance d’un secte?. Il “sindaca-to” diventava una “setta” dopo la consacra-zione episcopale di Mons. Guérard desLauriers). Il gruppo di giovani sacerdoti, cheD. al seguito dei sedevacantisti chiama “ilsindacato”, non si divise affatto appena essiuscirono dalla Fraternità, come afferma D.,ma solo, dopo la condanna della consacra-zione episcopale di P. Guérard (1982), conl’abbandono della Tesi e l’accettazione delVaticano II da parte di P. de Blignières (nel1988) e dell’abbé Lucien (nel 1992).Probabilmente a causa di queste defezio-

ni, D. attribuisce a Lucien e de Blignièresuna nuova versione della Tesi:

“Verso il 1980, uscì una nuova ‘versione

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popolare della ‘Tesi’, la versione Blignières-Lucien. Evitando il nodo della Tesi: la distin-zione ‘papa materialiter’-’papa formaliter’, essasi sforzava di cercare di mettere in evidenzauna sicura defezione dell’infallibilità pontificia,al fine di provare che il Papa apparente nonpoteva essere papa realmente” (D. p. 1, col. 2)Ancora una volta, D. mente: la prova in

questione si trova nel primo numero deiCahiers de Cassiciacum, in un testo di P.Guérard del 17 febbraio 1979, alle pagg. 10-22. Lucien-Blignières non hanno, quindi, in-ventato un bel nulla.Essi non hanno neppure inventato la

teoria secondo la quale, a partire dalle di-chiarazioni di Paolo VI, la nota teologica delConcilio Vaticano II dovrebbe essere “ma-gistero ordinario universale”. Tra gli “errorigrotteschi” che D. attribuisce alla Tesi vi èanche, infatti, quello secondo cui

1 - Il magistero del concilio è il magisteroOrdinario Universale (De Blignières-Lucien)(D., p. 1, col. 2).In poche righe, due falsità:1) La Tesi non afferma che il Vaticano II è

“magistero ordinario universale”. Essa affer-ma che il Concilio “non viene dalla Chiesa”,perché non viene dal Papa (CdC, n. 1, p. 18)2) La Tesi afferma che Paolo VI ha di-

chiarato che il Concilio è “magistero supre-mo ordinario” e ricordato che allora avreb-be dovuto essere infallibile per l’infallibilitàdel “magistero ordinario universale” (CdC,n. 1, pp. 13-17)3) Queste affermazioni non sono di

Blignières-Lucien, che le hanno riprese, madi P. Guérard (Cf le citazioni succitate).

La Tesi di “Cassiciacum”... di PadreBarbara e dell’abbé de Nantes!

A questo punto, il lettore di Sì sì no nonon avrà assolutamente capito cosa dice la“Tesi di Cassissiacum”, il che è probabil-mente quanto desiderava D., che può per-tanto scrivere:

“Tutti questi lavori si squalificavano dasoli, agli occhi di qualsiasi sacerdote colto,mediante degli errori grotteschi. Scusabilipresso dei laici, inescusabili presso dei sacer-doti, soprattutto quando hanno delle pretesea essere dei fari in teologia” (D., p. 2, col. 2).Dimentico che tra questi lavori che si

squalificavano da soli c’è anche uno studioapprovato da Mons. de Castro Mayer (Lettreà quelques évêques). D. cita a esempio degli

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“errori grotteschi” sei proposizioni. In nessu-na di esse c’è una citazione: et pour cause,giacché le proposizioni sono tutte presentatein maniera esagerata, caricaturale e scorret-ta. Per di più, una di esse è anonima, duesono attribuite a Padre Barbara, una all’abbéde Nantes e due al tandem Blignières-Lucien; nessuna a Padre Guérard.Ora, nessuno ignora che de Nantes nulla ha

a che vedere con la Tesi (come D. ammette innota; per lui Giovanni Paolo II è Papa, è il ma-gistero è infallibile solo quando è solenne, esat-tamente come per la Fraternità) e che P.Barbara, anche se ora la accetta, l’ha combattu-ta a lungo, per cui non ha certo partecipato allasua elaborazione. D. promette al lettore di fareuna “radiografia” della Tesi di “Cassissiacum”(!): chiunque conosca superficialmente la tesidi “Cassiciacum” si accorge subito che D., dellaTesi, ignora tutto: la storia, il contenuto e persi-no il nome. (Per quanto riguarda il contenutodelle sei proposizioni caricaturali ci sarebbe dascrivere un libro; si vedano gli articolo di donMurro pubblicati da Sodalitium, n. 42, pp. 48-54 e n. 43 pp. 30-50. D. non fa alcuna distinzio-ne tra l’autorità civile e quella del Papa, nega,come Marcille, che il Papa sia la regola viventedella [nostra] fede, ecc.).

I sedevacantisti? Una malattia nervosa

La Fraternità ripete a sazietà che man-chiamo di carità parlando male dell’operafondata da Mons. Lefebvre. Leggete alloraquello che D. scrive sui “sedevacantisti”:

“Ci si può chiedere se per molti di loro nonsi tratti di un traumatismo psicologico. (...) Ilproblema del sedevacantismo mi sembra piùpsicologico che teologico” (D., pp. 3, col. 3).Un caso di follia? Si direbbe, da come D.

descrive il loro comportamento:“Diventano il loro proprio papa, giudica-

no i loro preti [D. si limita a giudicare il suoPapa! n. d. a.], non si confessano più, nonascoltano più niente e sono la disgrazia dellaloro famiglia. (...) hanno il comportamentopsicologico dei testimoni di Geova o dei prote-stanti: altezzosi, che hanno capito tutto, guar-dano tutto attraverso le loro lenti, agitano con-tinuamente come dei sonagli i loro argomentidefinitivi e impareggiabili. Fino a che pianta-no lì tutto e perdono la fede” (D., p. 3, col. 3).La carità di D. è inversamente proporzio-

nale alla sua sincerità! Certo, i matti e i fana-tici non mancano tra le nostre file, esatta-mente come tra quelle di D., ma sarebbe

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falso descrivere i discepoli di Mons.Lefebvre come D. descrive i “sedevacantisti”o i sostenitori della “Tesi di Cassi ciacum”:

“Nelle cappelle tradizionaliste si comin-ciò a incontrare dei teologi auto-proclamatiche agitavano anch’essi i loro sonagli: ‘mate-rialiter-formaliter’, ‘formaliter-materialiter’”(D., p. 1, col. 3).Per dimostrare la sua teoria (la Tesi fa

diventare matti), D. cita il caso dell’IstitutoCardinal Pie:

“Un mezzo-matto aveva applicato la Tesidi Cassissiacum al potere politico...” (D., p.4, col. 1).Il mezzo-matto, pare, si fece “Re di

Francia”. Un piccolo problema: l’IstitutoCardinal Pie può denunciare D. per calun-nia almeno su questo punto: l’aver applicatola Tesi di Cassiciacum! Nessuno (tranneD.?) ignora che l’Istituto in questione si di-stinse per gli attacchi di ogni sorta contro laTesi e Mons. Guérard!

La malattia nervosa: l’ossessione del Papa

Per D. la malattia nervosa dei vari “sede-vacantisti” consiste nella questione del Papa:

“I sedevacantisti sono ossessionati dallaquestione del papa. Ci si può chiedere se, permolti, non si tratti di un traumatismo psicolo-gico” (D., p. 3, col. 3).Per D., chiedersi se una persona è Papa o

no è “una ossessione”. Non pensa che “perla salvezza eterna è assolutamente necessa-rio essere sottomessi al Romano Pontefice”(Denz. 469). L’ossessione dev’essere grave:

“In certi casi, i loro sacerdoti si spingonofino al punto di vietare i sacramenti a dei fede-li che professano sinceramente il Credo mache mancano di entusiasmo per la tesi reden-trice: la Tesi di Cassissiacum” (D., p. 1, col. 1).In realtà nessuno rifiuta i sacramenti a

chi non professa la Tesi di Cassiciacum, esfido D. a dimostrare il contrario. Comesfido D. a dimostrarmi che la fede cattolica,il Credo ed il Vangelo non hanno nulla ache vedere con il Papa.

Attenzione: un domani i “sedevacantisti” vipotrebbero sgozzare nel vostro letto! (2)

I “sedevacantisti” sono dunque affetti daun traumatismo psicologico che si può defini-re “l’ossessione del Papa” (D. invece vive be-nissimo facendo come se il Papa non esistes-se, e senza preoccuparsi minimamente di lui).

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Ora, la follia, si sa, può giungere ai più gravieccessi, anche alle stragi. Il profeta D. vedegià i “sedevacantisti” e i “Cassissia cum”, ar-mati di coltelli, fare strage dei loro nemici.

“Come spiegare una tale perturbazionedello spirito cristiano? L’esperienza mi ha di-mostrato che ciò che è capito dalla maggiorparte dei cattolici sedotti dal discorso sedeva-cantista è in fondo un’idea semplice: Un papaindegno non è più papa. Ciò assomiglia stra-namente alla dottrina di Wicliff e GiovanniHuss: Il papa in stato di peccato mortale nonè più papa, il vescovo in stato di peccatomortale non ha più alcuna autorità sulla suadiocesi, né il parroco sulla parrocchia, né ilre sul regno ecc.

Si può pensare che Giovanni Huss fossesincero. La sua fine non sembra quella di uneretico formale [incredibile! n. d. a.] Ma que-sto non cambia nulla alle conseguenze: gliHussiti sono diventati in seguito dei lupi ven-dicatori del popolo ingannato e trucidatori divescovi, parroci, re, principi indegni. Puraspeculazione? Amalgama senza fondamen-to? Poco sicuro...” (D., p. 3, col. 3).Ecco, siamo come gli eretici Hussiti: di-

ciamo come loro che un papa indegno non èpapa, e finiremo, come loro, con lo sgozzarepapi, principi, vescovi, re e, senza dubbio, lostesso D. (per la verità, finora l’unico che hacercato di uccidere Giovanni Paolo II è par-

Il primo volume dei “Cahiers di Cassiciacum”. Ne ripro-duciamo la copertina per evitare a Dionisius altri errori

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tito da un priorato della Fraternità...).Comunque, che D. si rassicuri: egli non

corre rischi. La sua teoria sarebbe convin-cente se non fosse che la maggiore è una ca-lunnia. Essa è falsa come Giuda: mai nessu-no di noi ha detto o pensato che un Papa in-degno non è Papa (tranne la fertile fantasiadi D.). Lo sfidiamo a dimostrare il contrario.

Conclusione provvisoria

Come abbiamo scritto, rinviamo a più tardiuna risposta alle obiezioni fatte all’articolo diS.: abbiamo già dimostrato comunque l’assolu-ta ignoranza di D. nella questione che pretendetrattare (l’autorità, le leggi, il bene comune):non sa neppure chi è l’autore delle leggi.Abbiamo dimostrato anche l’assoluta

ignoranza di D. sulla Tesi di Cassiciacum:

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nome, storia e contenuti, gli sono ignoti.Infine, D. dimostra da sé stesso lo spirito

che lo anima; se il lettore si sarà disgustatonel vederci trattare di tali sciocchezze, ciperdoni: purtroppo la colpa è da attribuirsi achi le ha scritte, e non a chi le commenta.Sventuratamente, le calunnie e gli errori

grossolani di D. non saranno scoperti daquei lettori di Courrier de Rome-Sì sì no noche non ricevono Sodalitium (cioè la mag-gioranza) ed essi continueranno a fare delmale; D. avrebbe, in coscienza, l’obbligo diritrattare questi errori: sarà capace di farlo?È il nostro sincero augurio.

Note

1) Quest’errore è stato corretto nella traduzioneitaliana.

2) Questo paragrafo è stato soppresso nella tradu-

Rassegna Stampa…$

BESTEMMIE

• I: il regista Alessandro D’Alatri (il quale,malgrado il cognome si dice battezzato)farà un film sull’adolescenza di Cristo, inti-tolato “I giardini dell’Eden”. Domanda del -l’intervistatore: “Si farà aiutare da consulentibiblisti?” Risposta: “No. Con me collaborasolo l’esperto di religione ebraica MiroSilvera”. (Il Giornale, 23/6/1997, pag. 17).

• II: “Gerusalemme. La pubblicazione di unaimmagine provocatoria che raffigura laMadonna con una testa di vacca (!!) sulla ri-vista scientifica ebraica ‘Galileo’ ha sollevatoun’ondata di riprovazione e d’indignazioneda parte di autorità cristiane e musulmane.(...) Padre Iliyas ‘Awdah, curato della comu-nità latina nella città di Raynah nel distretto

di Nazaret, ha com-mentato la pubblica-zione dell’immaginedicendo che ‘tradisceuna mentalità chevede negli ebrei il po-polo eletto di Dio enegli altri degli stranie-ri di cui non si debbo-no rispettare senti-menti e sensibilità. (...)Se la cosa avesse

avuto a che fare con una offesa agli ebreitutti avrebbero rumoreggiato e sarebbero ri-cominciati grida e discorsi sull’antisemiti-smo, e ci sarebbe richiesto di prosternarciper espiare...”.(Al-Quds, Gerusalemme, 5/7/97, pag. 1s).

• III. Polemiche nel Consiglio comunale diTorino, ove il consigliere Silvio Viale (Verdi)chiede la rimozione del Crocifisso. In questaoccasione il consigliere Marta Levi (Pds) di-chiara del Crocifisso: “Lo sopporto da quat-tro anni, ma mi batterò con ogni forza per riu-scire a eliminare quel simbolo in cui non mi ri-conosco”. (La Stampa, 12/10/97, pag. 39).

• IV. Più volte, su Sodalitium, abbiamo re-censito e lodato dei libri di Maurizio Blon -det. Abbiamo pertanto il dovere, “per nonpartecipare alle sue opere malvage”, di de-nunciare pubblicamente le inaudite blasfe-mie da lui pubblicate sulla rivista Il silenziodi Sparta (n. 2, aprile 1997, pagg. 4-9) nel -l’articolo Cristo per soli adulti. Blondet cietichetterà come affetti da “banalità” e “ti-moratezza clericale” solo perché non lo se-guiamo nelle sue oscene insinuazioni suNostro Signore Gesù Cristo; poco ci im-porta. Quanto a noi, “clericali” impenitenti,abbiamo capito da che parte sta Blondet.

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to alla Shoa. In effetti, malgrado (e, inparte, a causa) le radici ebraiche del cristia-nesimo, e malgrado la fedeltà del popoloebraico testimone del Dio unico attraversola sua storia, lo ‘scisma primordiale’ sortonella prima metà del I secolo, ha condot-to al divorzio, e poi all’animosità e a unaostilità plurisecolare tra cristiani ed ebrei.(...) Secondo il giudizio degli storici, è unfatto attestato con certezza che, durantedue secoli, ha prevalso nel popolo cristia-no, fino al concilio Vaticano II, una tradi-zione di antigiudaismo che, a livelli diversi,ha lasciato il suo segno nella dottrina enell’insegnamento cristiano, nella teolo-gia e nella apologetica, nella predicazio-ne e nella liturgia. Su questo humus èfiorita la pianta velenosa dell’odio versoi giudei” (Le Monde, 1/10/97, pag. 19).Notiamo che per i “vescovi francesi” gliEbrei sono rimasti fedeli, mentre sono i cri-stiani (a cominciare dagli Apostoli) a esserescismatici fin dal primo secolo; in seguitola Chiesa avrebbe nella sua dottrina e litur-gia (documenti ufficiali) fatto nascere lapianta velenosa dell’odio. Probabilmentenon era mai stato scritto un documento piùradicalmente anticristiano.Interessante il commento di Actualité Juive(n. 534, 9/10/97, pagg. 2-3): secondo F.Rau sky, contro chi nega “ogni specificitàallo sterminio degli ebrei”, la Chiesa rico-nosce che si tratta “di una questione cen-trale”. Contro la tesi secondo la quale la“Shoa” fu occasionale (Nolte), la Chiesa sischiera con Poliakov, per il quale essa fuintenzionale: “messa in opera con premedi-tazione” (Giovanni Paolo II). Di fronte all’ar-gomento secondo il quale la Chiesa nonpoteva denunciare lo “sterminio”, “la di-chiarazione della Chiesa sembra abbando-nare totalmente questo argomento difensi-vo”. Se condo Rausky la dichiarazione è

$ Rassegna Stampa…

Vignetta pubblicata sulquotidianofrancese

“Le Monde”

CHIESA

• Il Congresso sull’antigiudaismo. I. L’an-nuncio del congresso, in aprile: “Il nostro fine- ha dichiarato il domenicano GeorgesCottier, teologo della Casa Pontificia - è capi-re come fu possibile che vescovi, papi e santiabbiano giustificato le persecuzioni” [com’èpossibile - piuttosto - che un vero Papasconfessi “vescovi, papi e santi”?, n.d.r.].

(Il Corriere della Sera, 10/4/97, pag. 31).• Il tema: “...il cardinale Roger Etchegary,presidente del Comitato per il Giubileo, hadetto che ‘partire dall’antigiudaismo piutto-sto che dall’antisemitismo vuol dire centra-re lo studio sulle motivazioni religiose’ e‘tentare di penetrare fino ai testi delNuovo Testamento’. Il grosso delle rela-zioni riguarda infatti i testi del Nuovo Testa -mento che contengono invettive antigiudai-che. È evidente l’audacia di questa iniziati-va del Papa: scrutare l’esistenza di un geneantigiudaico nella Scrittura è impresa assaipiù ardua dello stesso ‘mea culpa’ cui l’in-dagine potrebbe condurre. Sono alcuni de-cenni che la teologia cattolica si interrogasu questo ‘doloroso argomento’ come loqualificava più di 30 anni fa il teologo HansUrs von Balthasar (fatto cardinale da PapaWojtyla), che lo riassumeva così: ‘Il fronteantigiudaico di tutti i Vangeli e di tutti gliscrittori apostolici non è forse responsabiledel terribile fenomeno dell’antisemitismoche si riscontra nella storia della Chiesa eche certamente rimane la macchia di ver-gogna della Chiesa empirica, ma che ga-rantisce agli istinti di odio dei cristiani unaparvenza di giustificazione teologica e diobbedienza biblica’?”

(Il Corriere della Sera, 31/10/97, articolo di Luigi Accattoli).

• La “dichiarazione di pentimento” del -l’“episcopato francese” (Drancy, 30 set-tembre 1997, sull’atteggiamento dellaChiesa di Francia sotto il regime di Vichy).Ecco i passaggi più impressionanti del -l’abiura dei “vescovi” francesi: “...in parti-colare, dobbiamo interrogarci sulle originireligiose di questo accecamento. Quale ful’influenza dell’antigiudaismo secolare? (...).Siamo costretti ad ammettere in primoluogo il ruolo, se non diretto almeno indi-retto, svolto dai luoghi comuni antiebraicicolpevolmente intrattenuti nel popolo cri-stiano, nel processo storico che ha condot-

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una novità: “Papa Paolo VI, in visita aGerusa lemme, declinò... l’invito a recarsi alHekahl Schlomo, sede del grande rabbina-to d’Israele. Paolo VI non si recò neppure aYad Vashem, luogo-simbolo della memoriaisraeliana della Shoa, preferendo inviare insua rappresentanza il cardinale Tisserand...I tempi sono cambiati, essenzialmente,dopo la storica visita di Giovanni Paolo IIalla sinagoga di Roma”. Una critica: la con-danna dell’antisemitismo del 1928 e il di-scorso di Pio XI del 1938 (“siamo tutti spiri-tualmente semiti”), citati dal documento“episcopale”. Rausky ricorda che il primodocumento condannava l’associazioneAmici di Israele, e il secondo ammettevada parte degli Stati, nei confronti del giu-daismo, “il diritto di difendersi, di prenderei mezzi per proteggersi contro tutto ciò cheminaccia i suoi legittimi interessi”. Dovevaricordarcelo Actualité Juive?

• Il “caso Mattioli”, ovvero “le potenti mano-vre occulte” (Avvenire) dei soliti noti. Mons.Vitaliano Mattioli, docente di teologia moraleall’università Pontificia Urba nia na, ha recente-mente pubblicato un libro intitolato Gli ebrei ela Chiesa. 1933-1945” (ed. Mursia). Subito, larivista Shalom (n. 4, Aprile 1997, pagg. 14-15)rea gisce violentemente contro “l’incredibilesaggio”, concludendo così il suo intervento:“Di fronte ad affermazioni del genere non sipuò restare che sbigottiti e increduli, ancheperché si muovono esattamente nel sensoopposto a quello che sembrava prevalere datempo nel mondo cattolico. È di poche setti-mane fa, ad esempio, la notizia dell’istituzionedi una commissione teologico-storica per af-frontare il tema dell’antisemitismo cristiano equello delle inquisizioni, in vista del Giubileo.Mettendo le due cose una accanto all’altra sipotrebbe dire che il libro di Mattioli è il colpodi coda di una mentalità che volge al tramon-to. Ma chi se la sente di essere così ottimi-sta?”. Oltre alle reazioni palesi, quelle più di-screte ed efficaci, che hanno portato al ritirodal commercio del libro. “La vicenda, che hafatto sfiorare un incidente diplomatico traSanta Sede e l’Unione presieduta da TulliaZevi, si è formalmente chiusa con la decisionedella casa editrice di Fiorenza Mursia di to-gliere dalle librerie il volume ‘Gli ebrei e laChiesa’ uscito nel febbraio scorso.Nonostante il buon andamento delle vendite,Mursia ha deciso autonomamente questaazione, senza tuttavia fornire spiegazioni sulle

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motivazioni. Anche se non sono state fornitespiegazioni sul ritiro, il volume è stato al cen-tro di uno ‘scontro’ epistolare tra gli ebrei eOltretevere. La prima a farsi viva con laSegreteria di Stato è stata la Zevi, che hachiesto l’intervento dei cardinali AngeloSodano, segretario di Stato, ed Edward IdrisCassidy, presidente delle commissioni per lerelazioni con l’ebraismo. (...) Alla protesta dellaunione delle comunità ebraiche italiane, si èaggiunta poi quella della Anti-DefamationLeague [del B’nai B’rith] che si è rivolta aivertici vaticani e al presidente della Cei, il car-dinale Camillo Ruini. ‘Questo libro - affermal’organizzazione ebraica - sta vendendo benenelle maggiori librerie, anche in quelle vicineal Vaticano, e sicuramente avvelena la mentedi molti dei lettori più ingenui’ (...)” (Il Mattino,15/7/97). Lisa Palmieri Billig, rappresentantedell’Anti-Defamation League (e collaboratricedi Studi Cattolici, dell’Opus Dei), in una letteraad Avvenire, pubblicata il 31 luglio, scrive: “Ilgiudizio più duro contro Mattioli viene propriodalla Chiesa stessa. Il segretario della pontifi-cia Commissione per i rapporti religiosi conl’ebraismo, Padre Remi Hoeckman dice:‘Denuncio con forza la chiave antisemita concui è scritto il libro. È una vergogna!’. Mons.Giuseppe Chiaretti, presidente del Segre -tariato per l’ecumenismo e il dialogo della Cei,ha espresso ‘il vivo rammarico del segretaria-to, oltre che il mio personale, per questomodo di fare teologia e storia’ e si augura che‘queste affermazioni non vengano più fatte dauna cattedra universitaria che è anche unacattedra pontificia’”. Annie Cagiati, di“Cristiani contro l’antisemitismo”, in una lette-ra a Avvenire del 2 agosto, cita ampiamenteMons. Chiaretti (che, tra l’altro, ci attacca, cfVita dell’Istituto) e svela che ad avvertire TulliaZevi fu la Comunità di Sant’Egidio. Ma nontutti i cattolici sembrano sulle posizioni diMons. Chiaretti e P. Hoeckman. Cagiati eBillig scrivono infatti a Avvenire per protestarecontro un articolo del quotidiano della Cei del18 luglio intitolato: Libro al rogo. L’Italia chedice? Lo stesso direttore di Avvenire, rispon-dendo a Billig e Cagiati, scrive spazientito: “Cisembra infatti gravissimo - e mai visto in Italia- che un libro storico venga tolto dal mercatoperché le sue tesi (...) non sono gradite (...). LaMursia stessa, quando noi abbiamo contatta-to la sua portavoce (ora pare che abbia cam-biato ‘versione’...) confermava che la sospen-sione del volume - avvenuta senza neppurecomunicarla all’autore - era dovuta a ‘forti

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tare che ‘il francollonon è sicuramentecoerente con l’a -pertura dei rapportidecisa dal Vaticanoverso lo Stato diIsraele” Shalom, n. 4, aprile1997 (il francobolloè stato ritirato dalVa ticano).

• II. “Sul Vaticanopiovono nuove accuse, tutte da verificare(per quanto la fonte sia autorevole: i lCentro Simon Wiesenthal) sul ruolo ambi-guo che la Santa Sede avrebbe svolto incollusione con i nazisti alla fine della secon-da guerra mondiale e negli anni immediata-mente successivi. Stavolta ai vertici dellaChiesa si imputa di aver cooperato allafuga di migliaia di ex criminali di guerra (...)utilizzando, per di più, una parte dei fondirubati agli ebrei che, secondo documentiamericani, sarebbero finiti nelle casse vati-cane (...)”. L’articolo prosegue documen-tando le accuse di Edgar Bronfman(Congresso Mondiale ebraico) e SimonWiesenthal, secondo il quale il Vaticanoavrebbe protetto perfino Eichmann.

(cf La Stampa, 28/7/97, pag. 7).

• Giuda Iscariota vittima “dell’antisemiti-smo cristiano”. Il canadese Klassen, che“lavora nell’ambito dell’Ecole Biblique deJérusalem” difende Giuda: “Fu quando i cri-stiani vollero distanziarsi dalla chiesa diGerusalemme che Giuda e il suo tradimentooffrirono un facile simbolismo - l’assimilazio-ne fra Giuda e il popolo ebraico - a cui si sa-rebbero poi aggrappati secoli di antisemiti-smo cristiano”. Il pur meritevole Messoricommenta: “molti - io con loro - dicono cheGiuda all’inferno cozzerebbe con la miseri-cordia di Dio”. Se Messori ha detto questo,merita, una volta tanto, una tirata di orecchi...

(La Stampa, 24/3/97, pag. 13).

• Ecumenismo I. “Gran parte dei vescovidell’America Latina si sono lamentati conme del fatto che dal Consiglio Ecumenicodelle Chiese è arrivato un grande aiuto aimovimenti di sovversione...” (J. Ratzinger).

• II: “Chi ha dato la vita [nelle persecuzionidei regimi totalitari] - ha spiegato Mons.

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pressioni’ esterne e negava che la decisionecostituisse da parte della casa milaneseun’ammissione di colpa per il contenuto delsaggio. Proprio queste circostanze (...) lascia-no l’impressione molto fastidiosa di manovre‘occulte’ così potenti da influenzare ancheuna casa editrice importante e libera. Se dav-vero il volume in questione ‘trasuda antisemi-tismo da ogni pagina’, come sostiene la si-gnora Cagiati, a nostro avviso sarebbe statomolto, ma molto meglio, combatterlo alla lucedel sole. Anche per la causa degli ebrei”.

(Avvenire, 2/8/97).

• Vecchio, Antico o Primo Testamento?(Cf Sodalitium, n. 45, pagg. 66-67). Da unare censione di Mons. Ravasi al libro di ErichZenger, Il Primo Testamento (ed. Queri -niana): “...noi non usiamo mai (...) la locuzio-ne ‘Vecchio Testamento’, ma ci affidiamo auna variante più solenne, ‘Antico Testa -mento’. La differenza, a ben vedere, è signi-ficativa, perché ciò che è vecchio è sinoni-mo di superato, mentre l’antico può essereancora prezioso, nobile e degno di rispetto.(...) Proprio in questa linea, da qualche anno,molti esegeti cristiani hanno deciso di ab-bandonare anche la locuzione ‘AnticoTestamento’ (...) e hanno adottato la formula‘Primo Testamento’ (...). La questione, comeè facile intuire, non è solo nominalistica: nelcorso della storia della Chiesa si è snodatoun filo nero che ha cercato di gettare discre-dito sulla Bibbia ebraica, considerandola (...)un’ombra della verità che solo con Cristobrilla in tutto il suo genuino splendore. (...)Questione che ha anche risvolti concreti nonsolo per il dialogo interreligioso con l’ebrai-smo, ma pure nella stessa teologia cristiana,aiutandola a superare l’ecclesiologia della‘sostituzione’: se la Chiesa sostituisceIsraele, che senso ha interessarsi del popoloebraico, reperto archeologico di un passatoteologico ormai estinto?”

(Il Sole-24 ore, 20/4/97, n. 108, pag. 27).

• Vaticano “antise mita” I. “Per il cinquan-tesimo anniversario del Pontificato diGiovanni Paolo II il Vaticano ha pensato didedicare il valore più alto della serie cele-brativa, quello da 2500 lire, ad un ‘GesùMestro’: perfettamente in linea con la tristeiconografia antisemita raffigura Gesù chebattezza un gruppo di ebrei riconoscibilidallo speciale cappello a punta impostoloro dai cattolici. Gianfranco Moscati fa no-

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• Meeting di Rimini. A proposito di Co mu -nione e Liberazione: all’incontro Verso laterra Santa del Meeting dell’amicizia tra ipopoli sono intervenuti, tra gli altri, “Giu -seppe Laras (Presidente dell’assembleaRabbinica d’Italia), Shaykh ‘Abd al WahidPallavicini (maestro di una confratenita isla-mica), don Carlo Rusconi (docente di ese-gesi biblica) e Ahmad ‘Abd al WaliyyVincenzo (responsabile della ComunitàReligiosa Islamica Italiana)”. Pallavicini eVincenzo sono due apostati dal Cristia -nesimo. Pallavicini è un noto guenoniano.

• Rosmini. Mons. Clemente Riva, vescovoausiliario di Roma, nella prefazione alla set-tima edizione del libro di Rosmini Le cinquepiaghe della santa Chiesa [messo all’Indicenel 1849] ha scritto: “il Vaticano II ha con-fermato abbondantemente come le paginedelle ‘Cinque piaghe della Santa Chiesa’siano state veramente vere e profetiche’”.

Perisset del Pontificio Consiglio per l’unitàdei Cristiani - ‘appartiene a quell’unica esola Chiesa di Cristo che sussiste nellachiesa cattolica’, a prescindere dalla suaappartenenza ad un’altra confessione”.

(La Stampa, 10/6/97, pag. 12).

• Papato. Polemica tra don Baget Bozzo ei Paolini della rivista Jesus. Scrive BagetBozzo: “Se il primato papale, come ilVaticano I lo ha inteso, venisse ridotto (...) ilCattolicesimo finirebbe”. Replica donMarras, di Jesus: “a ispirare quel dossier[criticato da Baget Bozzo] è lo stesso Gio -vanni Paolo II nell’enciclica Ut unum sintquando scrive dell’opportunità di ‘ripensa-re’ il ministero papale...”.

(Il Giornale, 2 e 3/7/97, pagg. 19 e 8).

• Ratzinger I: scrive nel suo ultimo libro, Lesel de la terre, a proposito della riforma li-turgica: “una comunità che dichiara improv-visamente strettamente vietato ciò che finoad allora era per essa quanto c’era di piùsacro ed elevato, e alla quale si presentacome sconveniente il rimpianto che ne ha,si mette in questione da se stessa. Come lasi può ancora credere? Non potrà forse vie-tare domani ciò che prescrive oggi?”

(Famille Chrétienne, n. 1004, 10/4/97).• II. “Quella del rogo è una colpa che ci devefar pensare, che ci deve guidare a un penti-mento. L’intolleranza è assolutamente contra-ria all’essenza della Chiesa. Chiediamo perdo-no al Signore, ma soprattutto chiediamogli dinon cadere più in questi comportamenti. LaChiesa è dei martiri, non deve fare dei martiri”.Lo ha dichiarato Joseph Rat zinger, “prefettodell’ex sant’Uffizio”, al Congresso eucaristicodi Bologna. La dottrina di Ratzinger al riguardocoincide sostanzialmente con la 33a proposi-zione di Lutero condannata dalla Bolla ExurgeDomine del 15 giugno 1520 (Denz. 773).

(cf Il Giornale, 26/9/97, pag. 12)

• Buonaiuti e il modernismo. “Ho poi trale mani un carteggio inedito di ErnestoBuonaiuti, storico del cristianesimo e pretemodernista, scomunicato per questo. Mapoiché successivamente la Chiesa è anda-ta proprio in quella direzione, c’è spazioper rivalutare la sua figura e di altri comelui...”. Lo dice in un’intervista il sen. GiulioAn dre otti, direttore della rivista vicina aComu nione e liberazione, 30 Giorni.

(Il Giornale, 15/9/97, pag. 6).

Scandali

• Sono noti a tutti fatti come i funerali, nelDuomo di Milano, di Gianni Versace, o ilconcerto rock al Congresso Eucaristico diBologna. Ricordiamo qui altri piccoli episo-di, sintomi di una ben più grave malattia.1) “Frate elegge Miss Italia. (...) Padre

Francesco Critelli,un frate francesca-no, ha rotto la rego-la che vuole gli uo-mini di chiesa fuoridalla mondanità pro-fana e ha accettatodi fare da presidentedella giuria di una

delle selezioni regionali di Miss Italia. È av-venuto a Cropani, centro del catanzare-se...”.

(Il Giornale, 22/7/97, pag.11). 2) Nella parrocchia di Rivodora (Torino).Dopo la “messa”, col permesso del parrocodon Augusto, un tal Gabriele Paolini ha te-nuto una “predica” in favore della contrac-cezione, con al collo una corda con 5 pre-servativi. (Cf La Stampa, 18/8/97, pag. 22). 3) “Un frate passionista ex ballerino classi-co, Maurizio De Sanctis, ha ballato ieri sulpalco dell’aula Paolo VI mentre una ventinadi frati e suore con chitarre elettriche ese-guivano una sua canzone. (...) I giovani reli-

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giosi hanno anche ammirato il frate cappuccino Giuseppe Rosatiche, truccato da clown, ha fatto il suo numero prima di togliersigli abiti da pagliaccio e restare con il saio” (Cor riere della Sera,1/10/97, pag. 10). Tutto ciò in Vati cano, per il Congresso interna-zionale di giovani religiose e religiosi.

4) “Durante la celebrazione un sacerdote zingaro ha letto ilVangelo e una giovane cartomante ha recitato il Padre Nostrodavanti al Papa...” (Beatificazione di Ceferino Jimenez Mella).

CULTURA EBRAICA

• Dio dopo Auschwitz (e anche prima). Si chiede la saggista ebrea Barbara Spinelli “se siapossibile credere ancora in un Dio che tollerò questo male assoluto” della Shoa. Spinelli ri-sponde citando vari autori ebrei, ad esempio, Jonas. “Dopo Auschwitz possiamo e dobbiamoaffermare con estrema decisione che una Divinità onnipotente o è priva di bontà o è totalmenteincomprensibile. Ma se Dio può essere compreso solo in un certo modo e in un certo grado,allora la sua bontà non deve escludere il male; e il male esiste solo in quanto Dio non è onnipo-tente” (H. Jonas, Il concetto di Dio dopo Auschwitz)”. Dopo Auschwitz? No. Questo concetto èpiù antico. Commenta Spinelli: “È un mito cosmogonico della Kabbala luriana, quello che narrail Tzim-Tzùm di Dio alla Creazione; il suo iniziale contrarsi, ripiegarsi, autolimitarsi, la sua rinun-cia all’onnipotenza e all’intervento sul divenire del tempo. Creando il mondo e concedendoall’uomo la libertà, Dio si sfigura: si tramuta egli stesso in Dio diveniente, temporalizzato.Diventa egli stesso Dio in pericolo, Dio sofferente (...)”. Per cui “ora tocca agli uomini dare, af-finché Dio non abbia troppo spesso a pentirsi di aver concesso il divenire del mondo (H. Jonas,Tra il nulla e l’eternità)”. “...Dio non può aiutare - spiega Spinelli - ...Tocca forse all’uomo aiutar-lo”. “E se Dio non mi aiuta, allora sono io che devo aiutare Dio” (Etty Hillesum). La rivolta controDio: “Credo nel Dio di Israele, anche se ha fatto di tutto perché non credessi in lui. Credo nellesue Leggi, anche se non posso giustificare i suoi atti. Chino la testa dinanzi alla sua grandezza,ma non bacerò la verga con cui mi percuote. Io lo amo, ma ancor più amo la sua Thora, e con-tinuerei a osservarla anche se perdessi la mia fiducia in lui” (Zvi Kolitz, Yossl Rakover si rivolge aDio, Adelphi). [È questa la mentalità che ha portato al rifiuto del Cristo e del Suo Vangelo].

(Cf B. Spinelli, Auschwitz. Se continua il silenzio di Dio, in La Stampa, 26/7/97, pag. 21).

• Wojtyla e l’ebraismo. Lo scrittore cattolico Mauro Anselmo ha scritto un articolo sulleorigini ebraiche del pensiero di Giovanni Paolo II (Così Davide educò Karol) facendo i nomidello psichiatra Victor Frankl, della filosofa Edith Stein, discepola di Edmund Husserl, delfilosofo Emmanuel Levinas, del moralista Vladimir Jankelévitch, dello studioso dell’identitàebraica Martin Buber, di Hannah Arendt e di Simone Weil... “Nel pensiero del papa polac-co si diramano vene nelle quali scorre anche linfa ebraica” conferma [Barbara] Spinelli[ebrea per parte di madre, figlia del comunista Altiero Spinelli e moglie dello scrittore MilanKundera] “e lo si vede, perché Wojtyla recupera tratti significativi dell’ebraismo, li assimila,li fonde nella sua cultura e con il suo magistero li reintroduce in Europa, richiamando l’at-tenzione sulla legge, su quell’etica pratica, anche scomoda, che il cattolicesimo aveva su-blimato in un astratto moralismo”. (Panorama, 12/6/97, pag. 114).

• Kabbala e New Age. Il prof. Harold Bloom (Univ. di Yale) attacca il New Age nel suo libroOmens of Millennium. The gnosis of Angels, Dreams and Resurrection. Tuttavia, per Bloom,“l’impulso americano fondamentale dietro la New Age, cioè il ripudio della cristianità istituzio-nale e dogmatica, e anche delle varie religioni indigene che l’hanno rimpiazzata - i Battisti, iMormoni, i Pentecostali ecc. - è molto valido”. Sempre per Bloom l’ossessione per gli “angeli”che si trova nella New Age ha “origine nella tradizione eretica” e trova “una tradizione unifi-cante in Metraton, l’angelo eretico per eccellenza dominante nella Kabbala che appare anchenel sufismo come Hermes. È l’Adamo androgino, un essere umano trasformato in angelo”.

(La Stampa, 21/3/97, pag. 26).

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• Ricostruzione del Tempio. Riferisce Aldo Baquis: Elettrizza gli ambienti ortodossi, nazionalistie messianici in Israele, la recente nascita in una stalla del villaggio agricolo di Kfar Hassidim(Haifa) di una vitella di colore rosso omogeneo, un evento che era spasmodicamente atteso dairabbini da duemila anni. La cenere di una vacca rossa dalle forme perfette era uno degli ingre-dienti principali con cui i sacerdoti erano soliti purifcare il popolo ebraico dalla contaminazionedei morti: dopo di che gli ebrei erano ammessi nel Tempio di Salomone. In tutta la storia ebraicasi ricordano in tutto nove vacche rosse: la decima - si dice - annuncerà l’avvento del Messia. (...)La scorsa settimana una decina di rabbini sono affondati nel fango della stalla di Kfar Hassidimper ammirare il portento: faceva gli onori di casa il rabbino Shmaria Shor il cui cognome - peruna ironia del destino - significa ‘Toro’. Particolare inquietante: fra i curiosi giunti a ispezionare ilcolore e le forme della giovenca vi era Yehuda Etzion, un terrorista ebreo che negli anni Ottantaprogettava di far saltare in aria la Moschea di Omar (...). Accanto a lui spiccava il rabbino IsraelAriel, colui il quale dedica da anni approfonditi studi finalizzati alla ripresa in tempi brevi dei sacri-fici rituali nel Tempio di Gerusalemme. (...) Secondo il rabbino ortodosso Yossef Elboim è co-munque dubbio che [la giovenca] potrà mai essere sacrificata poiché non sarà possibile trovareun sacerdote (‘Cohen’) tredicenne ‘assolutamente puro’, come previsto dai dettami”.

(La Stampa, 21/3/97, pag. 1)

• Guerra tra ebrei I. “Commettono un errore, scrive Friedman, quanti pensano che la bat-taglia a Gerusalemme sia tra ebrei e arabi: Quella guerra è finita. Gerusalemme sarà con-trollata dagli ebrei. Il vero problema è se Gerusalemme debba essere controllata da ebreiper i quali essa è la città della tolleranza e del pluralismo, in cui ogni corrente dell’ebraismoviene considerata legittima, o se debba essere controllata da ebrei che vogliono farne unghetto...”. (La Stampa, 21/5/97, pag. 10).• II. “Gli ebrei ultra ortodossi hanno vinto un’altra battaglia nei confronti dei rivali conservatori eriformatori. (...) Ieri è stata approvata in prima lettura [dal parlamento israeliano] la legge che con-sente solo ai rabbini ortodossi di confermare la conversione all’ebraismo in Israele”. Il fatto è dicapitale importanza per ottenere la cittadinanza israeliana. (Il Secolo d’Italia, 2/4/97, pag. 13).

• Rabbini. Il “rabbino Ovadia Yosef, guida spirituale del partito ultraortodosso Shas (...) hadefinito il fumo ‘un grave peccato’ e ha detto che i fumatori meriterebbero di essere puniticon quaranta frustate”. (Il Giornale, 5/6/97, pag. 21).

EBREI.

• Mariti e mogli. AlainElkann, che ha sposato la fi-glia di Agnelli, intervistaSimonetta Scalfari (moglie diEugenio Scalfari, fondatorede L’Espresso e de La repub-blica) e Anselma Fer rara (mo-glie di Giuliano Ferrara, exministro, ex direttore di Pa no - rama, fondatore de Il Fo glio).A Simo netta Scalfari Elkannchiede del padre (Giulio DeBene detti, che fu direttore deLa Stampa): Si sentiva moltoebreo? No. Noi siamo assolu-tamente atei, ha risposto laScalfari. Alla stessa domandaAnselma Fer rara, figlia di unaebrea di origine russa nata inAmerica, risponde invece: Di

testa, sì (...) Tutti quelli chestanno a New York sono difatto ebrei”.(Cf La Stampa, 28/8/97, pag.

21 e 19/10/97, pag. 16).

• Tamaro. L’utimo romanzodi Susanna Tamaro, Animamundi, è stato accusato perpresunti “echi evoliani”. Atorto, per Maurizio Cabona,che rivela che Tamaro è“ebrea da parte di madre”, edaggiunge: “Dodici anni fa loscrittore ebreo italo-franco-americano Alain Elkann ave -va citato - molto più dellaTamaro - Evola nel suo ro-manzo Piazza Carignano, enessuno aveva battuto ciglio”

(Il Giornale, 8/6/97, pag. 8).

MASSONERIA

• Sergio Flamigni, ex mem-bro della commissione parla-mentare d’inchiesta sulla P2ha dichiarato che il candida-to-sindaco di Torino del cen-tro-destra, on. Costa, “risul-tava iscritto in un elenco dimassoni all’orecchio delGran Maestro Battelli”. Ilcandidato a vice-sindacoper il centro-sinistra, Carpa -nini, ha però precisato che laMassoneria ha “tradizioni diserietà”. Costa ha smentitole affermazioni di Fla migni.

(La Stampa, 9/5/97, p. 40)

• “I B’nai B’rith: Figli del -l’Alleanza”: è il tema svoltodall’avv. Tamara Ru binsztajn-

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Ghnassia al Grand’Oriente diFrancia, in rue Cadet, a Pa rigi,venerdì 28 marzo. (Faits &Documents, 15/4/97, pag. 5)

• La legge 34 della RegioneMarche ha stabilito “che gliaspiranti a nomine in organiregionali dichiarino di non farparte della massoneria”. Con -tro l’iniziativa si sono schiera-ti, con una interpellanza par-lamentare, Tiziana Parenti(Forza Italia), Vittorio Sgarbi eMaretta Scoca (Ccd).(Il Giornale, 29/10/97, pag. 7).

• Dal manifesto delgrand’Oriente d’Italia per ilXX settembre, contro il se-cessionismo leghista: “Mala concezione massonica diPatria, (...) é ormai patrimo-nio delle coscienze degli ita-liani. Financo la Chiesa cat-tolica, che giudicò esizialequel fatidico 20 settembre1870, oggi si schiera, al paridi noi, compatta contro gliattentatori della nostra au-tenticità. Porta Pia ha se-gnato infatti non tanto la ca-duta dell’inquinante poteretemporale, ma la beneficarestituzione della Chiesa diRoma alla sua sempre piùapprezzata missione pacifi-catrice del genere umano,assetato da un crescente bi-sogno di spiritualità”.(Il Giornale, 20/9/97, p. 13)

• Intervista di GianlucaSavoini a Aldo A. Mola. Lostorico della massoneria af-ferma: “In Inghilterra la mas-soneria è potentissima, ognifamiglia britannica ha alme-no un componente masso-ne. Così come in Scozia,

dove addirittura uno scozze-se su quattro è un ‘fratello’.(...) Anche se a parole lagran Loggia inglese stabili-sce che al di fuori dei terri-tori del Regno Unito nonpossono esservi logge diobbedienza britannica, neifatti esistono e operano intutto il mondo logge cheprendono gli ordini diretta-mente da Londra. Ad esem-pio, all’epoca della guerradelle Falkland tra Inghilterrae Argentina, a Buenos Airesla potente loggia Belgranoed altre sei logge inglesi la-voravano a pieno ritmo, interritorio allora ‘nemico’ diLondra. La situazione ogginon è mutata. Anzi, nell’Esteuropeo la massoneria in-glese ha ‘acceso’ numerose‘luci’ dopo il crollo dei regi-mi comunisti...”.(La Padania, 22/5/97, pag. 20).

• Falce, martello e com-passo. Loggia libre è un inte-ressante reportage sullamassoneria a Cuba. Dice ilGran Maestro Duvallon:“Castro avrebbe voluto chiu-dere le chiese cattoliche masi è ben guardato dal chiude-re le logge”. Scrive MaurizioChierici: “Persa Mosca...Castro deve essersi rallegratoper non aver cancellato, neglianni duri, l’intreccio dellelogge. Forse perché innamo-rato dell’insegnamento ro-mantico di José Martì, mas-sone di ferro come i protago-nisti di ogni risorgimentoanti-colonia spagnola. Forseperché gli amici più cari,anche nella Rivoluzione,erano massoni. (...). Malgrado

la legge Helms Burton abbiaesasperato dal primo gen-naio il blocco americano, ilGran Maestro [EribertoSaborit Verdecia] va e vienetra la sua loggia e quella dellaFlorida. Il giorno dopo questefoto si imbarcava per l’Okla -homa e prima di tornare pas-sava da Washington. C’è unaereo Usa fantasma che ognidomenica lascia Washingtonper L’Avana. Serve ai funzio-nari americani della sede dirappresentanza all’Avana:dopo il week-end, tornano inufficio. Ma sull’aereo viaggia-no altri ospiti ufficiali: agentidella Dea (...), massoni ameri-cani in visita ed eventualimassoni cubani di ritorno.Solidarietà che provvede adinviare medicinali per l’asilodei vecchi grembiuli [la solacasa di riposo privata diCuba è quella per i vecchimassoni] ma anche per ilresto degli ospedali. E la tra-sparenza del maestro Eri -berto Verdecia è proverbiale:anche l’associazione Italia-Cuba spesso fa distribuire ledonazioni alla sua loggia, an-

ziché ai funzionari statali...”.(Sette, n. 10, 6/3/97)

OLOCAUSTO E REVISIONISMO

• Olocausto I. “Niente Shoah, siamo sefardi-

ti”. “Ci dispiace molto che ci sia statol’Olocausto, ma esso non ci tocca direttamen-te e la sua memoria non ci sconvolge in modoparticolare. (...) L’Olocausto è un problema loro[degli ebrei ashkenaziti], i sefarditi [ebrei di ori-

La cupola del grattacielo della GranLoggia cubana a L’Avana

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gine spagnola] hanno la loro propria storia, iloro propri guai”. (La Stampa, 5/5/97).• II. Alla televisione italiana (ma tutto ilmondo è paese): 3 aprile: speciale di GadLerner dedicato a Primo Levi; 16 aprile,“Memoria”, film documentario sui campi disterminio; 4 maggio, film “La tregua”, dal ro-manzo di Primo Levi; 5 maggio: “non un pro-gramma ma una intera giornata dedicata daRaiuno alla Shoa...(...) Si comincia presto,alle 6.45 con (...) un servizio sull’oro degliebrei. Seguiranno: alle 9.35 il film “L’oro diRoma” (...); alle 17 “I ragazzi dell’Olocausto”(...); alle 18.10 (...) intervista a SettimiaSpizzichino (...). Alle 20.40 speciale di GadLerner con Moshe Bejski, uno dei 1300 ebreisalvati da Oskar Schindler (...). Alle 21 (...)“Schinder’s List (...): tre ore e mezzo di filmsenza spot. Infine, alle 0.10, “I sopravvissutidella Shoa” (...)”. Effetti vamente, alle 0.10 cisaranno stati solo più pochi sopravvissuti...

(Corriere della sera, 5/5/97, p. 30)

• III. A proposito del film di Spielger: la‘Schindler’s List era la Goldman’ List’. EmilieSchindler, vedova di Oskar, trasformato ineroe dal film di Spielberg, ha rilasciato unaintervista al Daily Telegraph nella quale di-chiara che suo marito era “un farabutto”.Tra l’altro, “Non c’è mai stata una lista com-pilata da Oskar. La stilò un uomo chiamatoGoldman. Quell’uomo prendeva soldi permettere un nome sulla lista. Niente soldi,niente posto nella lista. Me lo disse un certodottor Schwarz a Vienna. Lui pagò in dia-manti per salvare sua moglie”. Goldman eraun dipendente di Schindler. La vedovaSchindler vive a San Vicente (Buenos Aires)con una “pensione pagatale dall’organizza-zione ebraica B’nai B’rith”.(Il Giornale, 16/10/97, pag. 15; Il Corriere

della Sera, 16/10/97, pag. 11).

• Revisionismo I “Milan Durica, ordinariodi storia dei Paesi dell’Europa Orientaleall’Università di Padova”, “conosciuto per isuoi commenti favorevoli al regime diMonignor Josef Tiso”, ha pubblicato unmanuale di storia in cui si sostiene che “neicampi di concentramento della Slovacchianon ci furono persecuzioni, anzi aiuti”. “Lanotizia ha sollecitato un’interrrogazioneparlamentare in Italia del senatore della Si -nistra Democratica Felice Besostri”.

(La Stampa, 15/5/97, p. 9).

• II. “Uno dei campi di concentramento nazistipiù noti, Buchenwald, ha ospitato tra il 1945 e il1950 - negli anni della occupazione sovietica -quasi 30mila persone, prigioniere delle autoritàcomuniste (...). Settemila di loro morirono distenti negli anni della detenzione. A documen-tare questo aspetto meno conosciuto (...) saràuna mostra (che si aprirà domenica prossimatra le polemiche. (...) Proteste e polemiche nonsono mancate, del resto, neanche durante lapreparazione: il progetto esaminato in un primotempo è stato scartato (...) perché troppo somi-gliante al monumento all’Olocausto YadVashem, in Israele”. La mostra documentaanche il ruolo di kapo svolto dai prigionieri co-munisti contro gli altri detenuti, quando Bu -chenwald era sotto l’autorità tedesca.

(La Stampa, 21/5/97, pag. 11).

• Norimberga. Parla Anthony Marreco,vice pubblico ministero inglese a Norim -berga: “fummo invitati a cena da Vishinskij,che Stalin aveva spedito a rendere omag-gio al tribunale, in realtà per intimidirci. Almomento del brindisi si alzò e disse, più omeno: ‘Bevo al vostro dovere, impiccatelitutti’”. Marreco racconta un altro aneddoto:“Herr von Schwabeck era socio di Blei -chroeder, il banchiere israelita amico diBismark che finanziò l’unità tedesca”.

(Il Giornale, 19/3/97, pag. 22).

• Il tribunale di San Gallo (Svizzera) hacondannato a due mesi di detenzione unmedico svizzero, Walter Fischbacher, “chenel 1995 aveva inviato a 103 fra amici, co-noscenti e vicini messaggi in cui gli ebrei

MEDIO ORIENTE

• “A Gerusalemme, nel 1948, i cristiani eranoil 50 per centro della popolazione, ora siamoridotti al dieci. In Iraq, nello stesso periodo,sono scesi dal sei al tre. In Giordania si sonoquasi dimezzati in vent’anni, ne è rimastomeno del sei per cento” (Dati ricavati da unconvegno della Fondazione Agnelli, a Torino).

(La Stampa, 7/5/97).

• “Un quarto delle abitazioni degli insedia-menti ebraici in Cisgiordania e a Gaza sonovuote. Lo ha rivelato un’indagine condottadall’amministrazione di Washington checontraddice la tesi del governo isreliano secondo cui è necessario costruire nuovecolonie”. (La Stampa, 21/5/97).

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• “...la polizia [israeliana] ha informato cheun ebreo di 63 anni dato per disperso il 9settembre nei pressi della striscia di Gaza eritrovato il 12, ha confessato di aver tentatodi inscenare un rapimento per gettarefango sui palestinesi in occasione della visi-ta del Segretario di Stato americanoMadeleine Albright”. Il “rapito” era statopresentato come uno “scampato all’Olo -causto”. (La Stampa, 22/9/97, pag. 7).

• “Il sindaco di Gerusalemme, EhudOlmert, è preoccupato per l’alto tasso dinatalità tra la popolazione araba della cittàsanta. (...) il sindaco Olmert ritiene che ‘esi-sta il pericolo che un cambiamento delleproporzioni tra ebrei e arabi nella cittàcomplichi le già difficili relazioni tra i duegruppi. E ciò - ha aggiunto - mi preoccu-pa’”. [Domanda: come farà il sindacoOlmert a diminuire il numero di arabi?]

(Il Giornale, 27/5/97, pag. 19).

• “Il Comitato ONU contro la Tortura haconcluso che i metodi cui ricorre la poliziaisraeliana per estorcere informazioni a pre-sunti terroristi palestinesi equivalgono allapratica della tortura e deve quindi porvi fineimmediatamente. Peter Thomas Burns,esperto del comitato ginevrino per gli affariisraeliani, ha espresso il timore che la deci-sione della Corte suprema dello statoebraico di consentire ‘una moderata pres-sione fisica’ durante gli interrogatori, sia di-ventata di fatto una legittimazione della tor-tura. Israele ha espresso ‘disappunto’ perle conclusioni del Comitato”.

(La Stampa, 10/5/97, pag. 8).

SIONISMO

• Ben Gurion. “Se avessi saputo che erapossibile salvare tutti i bambini [ebrei] diGermania trasportandoli in Inghilterra, masolo la metà trasportandoli in Palestina, avreiscelto la seconda soluzione, perché nondobbiamo solo tener conto di questi bambi-ni, ma dobbiamo tener conto della storia delpopolo ebraico”. (Ben Gurion, discorso alComitato centrale del Mapai, 7/12/1938, ci-tato da Tom Segev, Le septième Million).(Lectures françaises, n.481, mai 1997, pag. 48)

• Moshe Dayan. “Sulla funesta invasione[del Libano], macchiata dalla strage diSabra e Shatila (eseguita da milizie ‘cristia-

ne’ sotto la regia di specialisti dell’intelligen-ce di Israele) fanno testo, di nuovo, i diari diSharett, là dove egli riferisce questo discor-so-programma di Dayan: Israele non soltan-to può ma deve inventare dei pericoli e, perfar ciò, bisogna che adotti il metodo dellaprovocazione legata alla vendetta” [Dai diaridi Moshe Sharett (1894-1965), ministrodegli Esteri e primo ministro di Israele].

(La Stampa, 9/5/97, pag. 6).

• Tre volti del Sionismo. Il Sionismo, natocento anni fa, ha molti volti. Ne presentiamotre. Il volto comunista. Le descrive FiammaNirenstein (La Stampa, 14/7/97, pag. 16) re-censendo il libro in ebraico di Ze’ev TzahorHazan, Una biografia. Ya’acov Hazan è unodei Padri di Israele. Disse di sé: “Io sono bol-scevico e sionista, ma prima di tutto sioni-sta”. “...il partito di tutti i primi leader, e diquasi tutti quanti i combattenti” era il partitobolscevico Mapam: “su dodici brigate che sibatterono nella Guerra d’indipendenza nel‘48 nove erano del mapam. Uno dei capi eraRabin”. Hazan dichiarò: “La nostra secondapatria è l’Urss”. Il volto “religioso”: quello diZvi Kolitz [si parla di lui in un altro passo diquesta rubrica], descritto da Pierluigi Battista(la Stampa, 18/7/97, pag. 23). Cabalista, “vi-scerale anticomunista”, pensa che “la solu-zione ai problemi di Israele sarà soprannatu-rale”. Il volto “nazionalista”: “tutta questaterra è nostra”; “non ci sono arabi moderati”;“in linea di massima, l’arabo non anela allapace come l’ebreo, ad esempio”; “non ab-biamo scelta, la spada deve essere semprepronta” (da un’intervista a Ytzhak Shamir.

(La Stampa, 31/8/97, p. 10).

• Guerrieri di Israele. La cantante SineadO’Connor ha rinunciato a cantare durante lamanifestazione pacifista “Spartire Geru -salemme, due capitali per due stati” che do-veva tenersi in Israele. “Non me la sento di ri-schiare la vita dei miei due figli, dei musicistie dei tecnici”. La musicista è stata minaccia-ta di morte dal gruppo Hazit Ha-Reayon.

(La Stampa, 17/6/97, pag. 12).• II. “...una messa alla memoria di Pétain erastata prevista per giovedì primo maggio nellachiesa parigina Notre-Dame-des- Victoires(...) Ora, i parrocchiani furono piuttosto sorpre-si, al loro arrivo, di trovarsi di fronte a una qua-rantina di giovani delle associazioni Betar-Tagar, movimenti giovanili ebraici vicini alladottrina di Zeev Jabotinsky (ispiratore della

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destra israeliana)... In effetti, si era formato unpicchetto davanti all’entrata della chiesa perimpedire il passaggio... Dopo che i manife-stanti ottennero l’annullamento della messa,l’officiante si concertò con un certo Lehideaux(è il marito di Martine, vicepresidente del FN?)per organizzare una nuova cerimonia. Spessocriticato anche nella comunità, il Betar-Tagarha coraggiosamente dimostrato lo scorso 1maggio la determinazione del popolo ebraicoa lottare contro ogni forma di antisemitismo,di riabilitazione camuffata, di malsana nostal-gia. Come lo conferma Alex Moïse, (un re-sponsabile del Likud-Francia presente allamanifestazione): “Alcuni parlano, altri agisco-no; noi facciamo parte della seconda catego-ria. Fedeli all’insegnamento del nostro movi-mento, dimostriamo, in Israele come nellaDiaspora, che i nostri nemici ci troverannosempre schierati davanti ad essi”.(Actualité Juive, n. 517, 8 mai 1997, p. 17).

• Territori occupati. Risoluzione ONU del25 aprile sui Territori e sul carattere sacro diGerusalemme. Voti a favore, 314, contrari 3(Stati Uniti, Israele e Micronesia), astenuti11 (Australia, Canada, Isole Marshall, Let -tonia, Liberia, Lituania, Nor vegia, Roma nia,Ruanda, Uruguay e Ger mania).

(30 Giorni, n. 5, maggio 1997, pag. 32).

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• Volantino distribuito a Parigi, pubblicato da“Le Libre Journal” n. 131, del 21/07/97, pag.2. Eccone la traduzione: “Morte agli ara bi inFrancia e in Israele - Incapaci di creare, inca-paci di produrre - Gli arabi come i nazisti fini-ranno nella spazzatura della storia”.

STORIA

• Merovingi e Carolingi. Carrellata storicadi Catherine Garson su Actualité Juive:“Questo misfatto [l’espulsione degli ebreidalla diocesi di Uxès del 558] come benaltri, è stato reso possibile solo dalla totaleobbedienza dei Re merovingi alla Chiesa(... ) . Coi carolingi le cose cambiano.“...Carlo Magno è considerato come il pro-tettore degli ebrei. Merito che, bisogna bendirlo, è dovuto in parte a suo padre che, apartire dalla conquista di Narbonne, per-mette agli ebrei di questa città di possede-re dei beni immobili. Ciò, malgrado le pro-teste di Papa Stefano III che scrive all’arci-vescovo della città: ‘Siamo stati colmati daldolore e tormentati fino alla morte quandoabbiamo appreso che la plebe giudaica...possiede, esattamente come i cristiani delpaese, degli allodii (beni ereditari)’. Ma diquesto tipo di proteste Carlo Magno, esat-tamente come suo padre, non si curava mi-nimamente. Egli vede il profitto, soprattuttoin campo commerciale, che può ricavaredalla presenza ebraica. (...) Da un punto divista giuridico, le leggi promulgate mostra-no l’apertura della Corona: gli ebrei posso-no testimoniare in giustizia, intentare deiprocessi ai cristiani, impiegare della manod’opera cristiana [alias: schiavi]. Di più:Carlo Magno dichiara che gli ebrei dipen-dono esclusivamente da lui. Il suo figlio esuccessore, Ludovico il Pio, prosegue que-sta politica (...). Questa politica maldisponealcuni. Particolarmente l’arcivescovo diLione, Agobardo, che pubblica varie lette-re, delle quali la più nota è intitolata:‘sull’insolenza dei giudei’. Ma l’agitazioneche egli tenta di suscitare non riesce a in-fluenzare un monarca che ha scritto allacomunità ebraica di Banyuis: ‘Benché la le-zione apostolica ci raccomandi di far delbene ai discepoli della fede, essa non civieta di far beneficiare gli infedeli della no-stra benevola devozione: ben al contrario,essa ci esorta a ispirarci rispettosamentedella misericordia divina e a non fare alcu-na differenza tra fedeli e infedeli’”.

(Actualité Juive, n. 522, 19/6/97, pag. 20).

• Francesco Giuseppe. “...l’imperatorebloccò per due anni la nomina di Karl Luegera borgomastro di Vienna in quanto antisemi-ta...”. Lueger era il leader del Partito Cri -stiano-sociale. Per questo fatto “Sigmund

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anche l’ebraico”) ed Enzo Palmesano (“autoredell’emendamento di condanna dell’antisemi-tismo e delle leggi razziali approvato alCongresso di Fiuggi”), è stato in pellegrinag-gio al Museo dell’Olo causto, al Parco deiGiusti e al kibbutz “Combattenti dei ghetti” (IlSecolo d’Italia, 8/5/97, p. 12). Intanto i rap-porti non vanno male a Milano, dove governala destra: “Coby Benatoff afferma: “Staremoalla finestra, attenti e vigili. Alcune enunciazio-ni di Alleanza Nazionale, alcuni segnali dicambiamento sono importanti e desideriamoverificarli negli atti. La comunità milanese giàconvive con una realtà di questo tipo, perchégli uomini di A.N. sono al governo dellaRegione Lombardia, e i nostri rapporti conloro sono buoni, fattivi e corretti” (La Stampa,13/5/97, pag. 7). Ma la “questione ebraica” inA.N. è più complessa di quanto sembri.Maurizio Molinari (ebreo anticomunista) laanalizza sulla Stampa (29/7/97, pag. 20). Visono due linee: quella “diplomatica” diZacchera, che punta tutto sulla politica esterafilo-israeliana e filo-Likud, e quella “storica” diPerlasca e Palmesano, secondo la quale A.N.deve abiurare esplicitamente tutto il suo pas-sato antiebraico, coinvolgendo nella condan-na la R.S.I ed il M.S.I. E il governo israelianofa sapere di preferire la seconda linea allaprima. Niente visita in Israele, se prima A.N.non si esprime “inequi vocabilmente su cin-que punti: condanna delle leggi razziali del1938; condanna di ogni forma di antisemiti-smo; denuncia delle responsabilità del fasci-smo nell’Olo causto; fine di ogni propagandaantiebraica nelle sezioni e nei circoli legati aA.N.; posizione nei confronti di Israele”. Lecondizioni sono state poste a Fini da MichaelKleiner, deputato israeliano di un partito dellamaggioranza (La Stampa, 21/10/97, pag. 7, cfanche 3/11/97, pag. 6). Ga sparri è sconsola-to: “Abbiamo fat to molto, ma certo che è dif-ficile dialogare con Israele”; persino Violante èpiù comprensivo, aggiunge Gasparri (LaStampa, 5/11/97, p. 4). Intanto Netanyahuviene a Roma e ha già detto che non incon-trerà Fini. Il Purgatorio di A.N. è senza fine, alpunto di assomigliare all’Inferno...

• Lega. Qualcuno ha sperato che il partitodi Bossi, mettendo in discussione l’unitàd’Italia, condannasse pure il liberalismoanti-cattolico e massonico che la ispirò.Ecco tre citazioni per disilludersi: 1) R.Brusadelli, de La Padania, risponde a unlettore cattolico: “Criticare la Chiesa, si può

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Freud, a sua volta avverso agli Asburgo maper motivi di radicale laicità, fumò un sigaro,in pubblico e in modo polemicamente ‘ufficia-le’, dichiarando di dare a quel gesto un signifi-cato di omaggio all’ ‘autocrate galantuomo’”.

• Fascismo. Scrive Maurizio Cabona sullibro di Zeev Sternhell, Né destra, né sini-stra: “Storico delle idee, Sternhell trascuraperò i fatti, in particolare il ruolo che moltiebrei (Giorgio Del Vecchio, Aldo Finzi,Angelo Fortunato Formiggini, Giudo Jung,Angelo Oliviero Olivetti, Paolo Orano,Oscar Sinigaglia, Margherita Sarfatti...) eb-bero nella politica, nell’economia e nellacultura italiana del fascismo”.

(Il Borghese, 21/5/97)

PARTITI POLITICI

• Liste di proscrizione . “La Lega Nord (...)il ms-Fiamma (...) ma anche An, nonostantelo spostamento verso il centro (...) sono i trepartiti italiani citati nell’edizione 1997 delrapporto su Estremismi in Europa reso pub-blico ieri a Strasburgo. Il rapporto [è] curatodal Centro europeo sul razzismo e l’antise-mitismo, finanziato dall’Unione Europea...”

(La Stampa, 16/5/97, pag. 5)

• Alleanza Nazionale. Continua il tormento-ne Alleanza Nazionale-Israele. Per essere ri-cevuti da Netanyahu si farebbe di tutto,anche descrivere un congresso sul casoPriebke come “una censurabile manifestazio-ne filo-nazista” e precisare che GianoAccame “non è iscritto ad AN né lo è maistato”. Con queste e simili espressioni l’on.Zacchera scrive alla rivista ebraica Shalom (n.3, marzo 97, pag. 29) per manifestare “la ve-rità e cioè che A.N. guarda con simpatia e di-sponibilità al mondo ebraico ed al governoisraeliano”. L’11 aprile, Netanyahu ha pro-messo a Marco Zacchera, “plenipotenziariodi An per Israele”, che l’incontro con Fini si“farà presto” (La Stampa, 8/5/97). In mancan-za di Fini, vanno in Israele i suoi rappresen-tanti: “Franco Perlasca, consigliere di An aPadova, componente l’Assemblea Nazionale,è appena tornato da un viaggio in Israele, se-guito ad un incontro con il rabbino capo ElioToaff e ad una visita, in preparazione del viag-gio, all’ambasciatore Yehuda Millo”. Perlasca,con Gerardo Bovenzi (“ha studiato per dueanni all’Università di Gerusalemme (...) parla

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VARIE DAL MONDO. ITALIA• Toaff a Montecassino. “Per la primavolta un rappresentante della religioneebraica è stato ricevuto dall’abate del mo-nastero benedettino di Montecassino”Bernardo D’Onorio.

(La Stampa, 19/5/1997, pag. 9).

• Prodi contro i “culti ammessi”. “Con latradizionale kippa in testa, i l premier[Romano Prodi] è stato accolto con caloredal presidente della comunità [ebraica] diModena e (...) ha invitato gli ebrei a tenerviva la memoria sulla shoa...”. “L’occasio-ne è stata la riapertura della sinagoga [diModena], appena restaurata. Prodi ha ri-cordato di aver presentato al consiglio deiMinistri, venerdì scorso, un disegno dilegge sulla libertà religiosa per l’abrogazio-ne della legislazione del 1929 sui culti am-

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(...) Né mi sento di commentare la frase per cui il nemico per i cattolici è il ‘materialismoateo e la massoneria’: penso che qualche ‘defensor fidei possa fare più danno” (LaPadania,21/5/97). 2) “Vedono che non c’è più la spinta del Concilio Vaticano II (...) Quanto èlontano lo ‘scandaloso’ incontro tra Giovanni XXII, un grande lombardo, ed il genero diKruschov, a segnalare la rinuncia della Chiesa all’attività politica. (...) Schioccano ancora lestaffilate del Cardinal Sodano, il Segretario di stato, sul povero Prodi, che aveva osato sot-tolineare la possibilità che anche dentro la Chiesa qualcuno possa fare delle richieste illeci-te. ‘La Chiesa non sbaglia mai’, le ragioni della Chiesa e della sua gerarchia annullano quin-di tutte le altre, anche quelle della coscienza. La religione non è certamente l’oppio dei po-poli, ma la sua organizzazione e la sua gerarchia da Costantino in poi certamente lo sono.(...) Non è per caso che già da tempo molti padani, alla loro morte, si facciano seppellirecon la bandiera padana e della Lega ad accompagnarli nel lungo viaggio, se rinasceranno,rinasceranno Padani. È anche un segno di quanto sia ormai mal sopportata in Padania lachiesa romanocentrica”.(Dall’editoriale di Umberto Bossi, L’esercito di Franceschiello. Ritorna il nazionalsocialismo,in La Padania, 17/8/97). 3) La Chiesa è “una nemica dedita a pratiche come quel la del panee del vino...”. Parola di Umberto Bossi, (cf La Stampa, 7/10/97, pag. 7).

• Front National. Il partito di Le Pen è violentemente attaccato dai nemici della Chiesa ingenere, e dal B’nai B’rith in specie. Eppure non tutto è perfetto... Vedia molo in due cita-zioni: 1)Titolo di un articolo di Jean Madiran: “Le Front Natio nal en appelle à tous lesfrançais sans distinction de race, d’ethnie, ni de religion” (Il Fronte Nazionale fa appello atutti i francesi, senza distinzione di razza, etnia o religione). “Il Fronte Nazionale” prosegueMadiran “non ha alcuna ostilità sistematica nei confronti di una categoria razziale, etnica oreligiosa. La sola distinzione che mantiene, come lo fa la stessa Costituzione, è tra iFrancesi e gli stranieri. La sola preferenza che preconizza, è la preferenza nazionale”(Présent, 2/4/97, pag. 1). 2). “...Bernard Anthony e Jean-Pierre Cohen, co-presidenti delCircolo di amicizia francese ebraica e cristiana firmano un opuscolo corto - ma molto do-cumentato - intitolato: Né razzisti né antisemiti, il Fronte Nazionale risponde alle organizza-zioni ebraiche che lo combattono ingiustamente...”. Dichiara Bernard Anthony: “...questoopuscolo è un omaggio reso a qualche personalità. L’omaggio dovuto a Simone Weil, l’in-contro della mia vita, che conosco per intercessione, mediante il mio amico e maestroGustave Thibon...”. (Présent, 9/4/97, pag. 1 e Faits & Documents, 15/4/97, pag. 1).

messi. Non è più tollerabile che lo stato siattardi in una siffatta formulazione e conce-zione”. (La Stampa, 19/5/97, pag. 3).

• Casa Savoia. Intervistato in seguito alladecisione del governo di abrogare l’esilioper gli eredi di Casa Savoia, Vittorio Ema -nuele aveva detto che le leggi razziali del1938 “non erano così terribili” e che, poichéegli aveva un anno quando suo nonno lefirmò, non aveva di che chiedere scusa. Difronte alle reazioni della comunità ebraica, ilPrincipe ha dichiarato: “Hanno approfittatodi un momento di stanchezza per farmi an-dare contro i miei amici israeliani. È stato unequivoco: mai mi sognerei di offendere lacomunità israelitica nel mondo. Avrei piace-re di incontrare il rabbino Toaff (...). Sonocontrario a ogni forma di antisemitismo erazzismo e ho sempre lavorato a favore diIsraele. (...) Rendo omaggio alla Comunità

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• II. Il presidente dell’Associazione delleComunità Ebraiche italiane, Tullia Zevi, èstata chiamata a far parte del comitato dei5 “saggi” che compongono la commissio-ne d’inchiesta governativa sulle torture chel’esercito italiano avrebbe commesso inSomalia. (Cf La Stampa).

• Il “Caso Scalfaro”. Ancora recentemen-te, il nostro Presidente della Repubblica siè presentato come “amico di Israele”.Invano gli contesta questa qualifica il fon-datore del FUORI Angelo Pezzana, chesembra voler detenere il monopolio del -l’“anti-antisemitismo”. Scalfaro sarebbe un“finto amico di Israele”, che si spaccia taleper aver fondato “verso la fine degli anni‘70 una fantomatica associazione di depu-tati amici di Israele” (Il Giornale, 3/8/97,pag. 31). In realtà l’associazione (The Inter-Parlamentary Council Against Antise -mitism, I.P.C.A.A.) è internazionale, e stret-tamente collegata con l’Ordine massonicodel B’nai B’rith (cf E. Ratier, Misteri e se-greti del B’nai B’rith, C. C. Sodalitium, Ver -rua Savoia, pp. 320-326). Buon amico diScalfaro (cf La Stampa, 2/8/97, pag. 2) èanche Oreste Bisazza Terracina, presiden-te della sezione italiana della associazioneinternazionale dei giuristi ebrei, ma anche(cosa meno nota) influente membro delB’nai B’rith. Nonostante tutto questo, illontano D.N.A cattolico del capo dello Sta -to gli ha giocato un brutto scherzo, per bendue volte. Ricordiamo i fatti.30 luglio. Un attentato suicida al mercato or-tofrutticolo di Mahanè Yeudha (Geru salemme)causa la morte di 15 persone. L’attentato èuna risposta alla decisione del sindaco diGerusalemme di autorizzare una presenzaebraica nel rione arabo di Ras el Amud.31 luglio. “...Oscar Luigi Scalfato sceglie diandare controcorrente. (...) ‘Per un giudiziooggettivo, devo dire che è stata anche pe-sante la ferita di voler cominciare la costru-zione di case a Gerusalemme. Non è corsosangue, ma è stato un atto di guerra allapace’” (La Stampa, 1/8/97, pag. 2). MosheFogel (Ufficio stampa del governo israelia-no) replica che il paragone di Scalfaro “nonè giustificato”. Il primo duro attacco aScalfaro dai politici italiani viene dalla ListaPannella.1 agosto. Risposta sotto tono dell’amba-sciata israeliana. Tacciono Zevi e Toaff.Attacca Scalfaro l’ex ministro Martino (Fi),

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ebraica italiana (...) e mi inchino di fronte allevittime dell’Olocausto. (...) Sono amico per-sonale di Shimon Peres...”. Malgrado ciò “ilrabbino Toaff ha fatto sapere che poco glie-ne importa delle scuse di Vittorio Ema -nuele”. Il Governo ha poi deciso di non rida-re ai membri di Casa Savoia i diritti civili.• II. Dalla lettera di Vittorio Emanuele al rab-bino Toaff, del 7 maggio 1997: “...la paritàdei diritti civili fu concessa a metà del secoloscorso dal mio antenato Carlo Alberto giàper il Piemonte ed estesa poi dal Re VittorioEmanuele II a tutta l’Italia dal 1871. (...) LaMonarchia ebbe la collaborazione di eminen-ti ebrei, come Luigi Luzzatti, Primo Ministro;Sidney Sonnino, Primo Ministro; il generaleOttolenghi, ministro della Guerra; GuidoJung, ministro delle finanze, oltre che il fa-moso sindaco di Roma, Nathan” [quest’ulti-mo, anche Gran Maestro della Massoneria].

(Fert, n. 4, maggio 1997)

• Toaff I. Il rabbino Toaff ha compiuto 83anni [auguri!]. Lo ha festeggiato la famiglia DiPaola con un pranzo rigorosamente kosher.Tra i 30 invitati erano presenti l’avv. Rubens[del B’nai B’rith], l’imprenditore Di Veroli,Giuseppe Marra (Adn Kronos), Giancarlo EliaValori, presidente della Società Autostrade, ilministro degli Esteri Lamberto Dini accompa-gnato dalla moglie Donatella, gli ambasciatoriVattani e Millo, e Mons. Franco Camaldo,“che ha portato al rabbino gli auguri personalidi Giovanni Paolo II”. (Il Giornale, 30/5/97)

• Tullia Zevi I. Tullia Zevi, “membro della de-legazione ebraica che per la prima volta èstata invitata ad un’assemblea ecumenica pa-neuropea” [quella di Graz], ha dichiarato: “...icristiani d’Europa devono riconoscere l’au-tenticità e la continuità dell’ebraismo”. “L’at-teggiamento della cristianità è contradditto-rio. Da un lato riconosce l’ebraismo comegrembo del cristianesimo, dall’altro consideraesaurita la sua funzione con l’avvento diCristo. Così si negano duemila anni di storia edi pensiero ebraico. Ci si occupa di noi nuo-vamente solo dopo la Shoa”. “Non si puònon riandare ai secoli in cui il cristianesimoper affermarsi come religione predominanted’Europa ha emarginato, umiliato e persegui-tato gli ebrei. Insomma, il cristianesimo non èresponsabile della Shoa, ma l’humus in cui èmaturata è anche cristiano. C’è ancora moltolavoro da fare per superare pregiudizi...”.

(La Repubblica, 26/6/97, pag. 19).

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lo difende l’attuale ministro Dini (cf LaStampa, 2/8/97, pag. 2).3 agosto. Intervista a Maurizio Molinari diFares Kadura (deputato palestinese): “Oratemo per lui (Scalfaro), deve stare attento,gli ebrei si mobiliteranno contro di lui inItalia come hanno fatto in Francia controChirac dopo la sua visita a Gerusalemme”(La Stampa, 4/8/97, pag. 7).7 agosto. Un elicottero con a bordo quattrocaschi blu italiani e uno irlandese si schiantanella zona aerea del Libano controllata daIsraele. I corpi sono portati in Israele perl’autopsia. Post hoc, propter hoc?2 novembre. Polemiche per la prossima vi-sita di Scalfaro in Libano ove, tra le forzepolitiche presenti in parlamento, incontreràanche quelle filo-iraniane e filo-siriane. PerMartino, “un viaggio da condannare”.

(Il Giornale, 3/11/97, pag. 7).5 novembre. “Scalfaro filoarabo attaccaIsraele” titola in prima pagina Il Giornale del7 novembre. Questo, per aver chiesto il riti-ro di Israele dal Libano del Sud, in rispettoalla risoluzione ONU.6 novembre. “Raid israeliano contro Scalfaro.Gerusalemme replica con le bom be ai procla-mi filoislamici del presidente in Libano” (Il Gior -nale, 7/11/97, pag. 17); “I razzi di Israele sfiora-no Scalfaro” (La Stampa, 7/11/97, pag. 7).7 novembre. “Ripetute al Parlamento diBeirut le dichiarazioni antiebraiche di gio-vedì [5 nov.]” (Il Giornale, 8/11/97, pag. 12).A. Plebe, il filosofo ex marxista, ex missino,ex radicale, commenta: “L’Italia è forte-mente sospetta di sottostare periodica-mente a tentazioni anti-israeliane. L’episo-dio di Sigonella non lo ha dimenticato nes-suno (...) [Scalfaro] in fondo all’animo è ilpiù integralista dei cattolici [fosse vero!n.d.r.] e si sa che, nonostante la nuova poli-tica del Vaticano che tende la mano agliebrei, l’integralismo cattolico non riesce afare a meno di parteggiare per chi vorrebbedistruggere Israele” (ibidem).8 novembre. Scalfaro dichiara che egli hasolo sostenuto in Libano la posizione delGoverno, che conferma. “E poi sono andatonel Sud [del Libano] per i nostri soldati, per iquattro elicotteristi italiani morti recentemen-te”. Contro il Presidente si schierano i “laici”senatori di Forza Italia Vertone e Pera(Scalfaro “è un democristiano”), il vice-presi-dente della delegazione parlamentareUnione Europea-Israele, Luigi Fiorio (Fi), il di-rettore del Secolo d’Italia Malgieri (che parla

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di pagliuzza israeliana e di trave siriana), Fini,e l’on. Zacchera (An) che irride a “Mons.Scalfaro”, aggiungendo di augurarsi che “fi-nalmente le autorità israeliane si rendanoconto di chi siano i loro veri amici in Italia, echi invece lo sia, ecumenicamente, solo difacciata” (Il Giornale, 9/11/97, pag. 2).

• Russia . La Duma, con 337 sì contro 5no, ha approvato la legge “Sulla libertà dicoscienza e le associazioni religiose” che difatto legittima solo “le cosiddette confes-sioni tradizionali: islam, giudaismo, buddi-smo e cristianesimo di rito ortodosso (...) èevidente che il vero obbiettivo sono i catto-lici, i nemici di sempre (...). Per l’occasionealla Duma si è potuto osservare una com-movente quanto rara dimostrazione di spiri-to ecumenico, con l’arcivescovo Serghej, ilrabbino Shaevich e il muftì Gainutdin cheapplaudivano i deputati dal palco del go-verno...”. Il presidente Eltsin ha prima rifiu-tato di firmare la legge, ma l’ha, in seguito,sottoscritta.

(La Stampa, 20/6/97, pag. 10).

• Spagna. “Con un dottorato honoriscausa e la Medaglia alla Democrazia, la piùantica università ebraica degli Stati Uniti [laUniversità di Yeshiva di New York] ha resotributo al Re di Spagna per la sua leader-ship democratica (...) Nel documento digiustificazione della medaglia l’universitàsottolinea che (...) fece una storica visitaalla sinagoga di Madrid”

(Alerta, 9/4/97)

• U.S.A. I “La politica estera americana”scrive Sergio Romano, è “un compromes-so tra l’interesse generale degli stati Uniti,come è percepito dalla sua migliore classedirigente, e una miriade di interessi locali osettoriali”. Insomma, la politica della “mag-giore potenza mondiale” sarebbe condizio-nata da varie lobby. La prima citata è “lalobby ebraica”, che influenza le questionimediorientali; la seconda, “la lobby di NewYork, composta da uomini politici, come ilsen. Alfonse D’Amato, che tengono d’oc-chio il voto dell’elettorato ebraico (...)” fo-mentando una campagna anti-elvetica chedanneggia gli stessi interessi americani.

(La Stampa, 30/8/97, pag. 9).• II. “L’allarme-attentati [negli USA] coinci-de con la pubblicazione di un rapportodella Anti-Defamation League [del B’nai

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israeliano con l’Iran”! (La Stampa, 17/4/97).• Sovrappopolazione. “In tutto l’Occi dente- anche negli Stati Uniti e in Giap pone - iltasso di fertilità è sceso sotto la soglia del2,1 per cento necessaria per mantenerestabile la popolazione. (...) Oggi in Italia duegenitori hanno in media 1,2 figli... (...) se inItalia continueranno a nascere così pochibambini, la popolazione italiana finirà per

B’rith] che descrive la crescita del fenome-no delle milizie in tutto il Paese”.

(La Stampa, 19/4/97, pag. 4).

• Iran. Nahum Manbar, “l’israeliano delkibbutz e dei paracadutisti”, “intimo amico,accolto in tutti i salotti, di gran parte dellaclasse dirigente israeliana, uomini di sini-stra compresi”, è un “trafficante d’armi

RIMBORSI (2a puntata)

Continua la campagna delleassociazioni ebraiche perottenere da enti pubblici eprivati nuovi risarcimenti per“le vittime dell’Olocausto”.Vediamone gli sviluppi.

• Assicurazioni. “Alcunefamiglie di vittime dell’Olo -causto hanno citato in giudi-zio sette compagnie di assi-curazione europee - fra lequali le italiane ‘Gene rali’ e‘Riunione Adria tica di si-curtà’ - accusandole di avernascosto o aver compiutoirregolarità su polizze sullavita contratte tra il 1920 ed il1945. L’azione legale puntaad ottenere risarcimentidanni per un ammontare didiversi miliardi di dollari dadeterminarsi in sede pro-cessuale... Oltre alle compa-gnie italiane sono state chia-mate anche in causa assicu-razioni francesi, tedesche eaustriache” (La Stampa,1/4/97, pag. 13). “Sulla ver-tenza delle polizze-vita sti-pulate con le AssicurazioniGenerali prima della guerramondiale poi morti nell’Olo -causto e finora non pagate,‘se non si arriva a una solu-zione, io penso di portare laquestione alla Corte interna-zionale dell’Aia’ citando ingiudizio l’Italia e anche la re-pubblica Ceca. Lo ha di-chiarato ieri il presidentedella commissione finanze

della Knesset, deputatoAvraham Ravitz (esponentedi ‘Yahadut Hatora’, forma-zione confessionale dellacoalizione di governo)”. Ilcontenzioso tra Italia e Ce -coslovacchia era già statosa nato nel 1966... (La Stam -pa, 14/6/97, pag. 10).Conclusione della vertenza:missione compiuta. “Il fondodi 12 milioni di dollari costi-tuito dalla società di Assi -curazioni Generali di Triestein memoria dei suoi assicu-rati scomparsi nell’Olo caustoè stato presentato ieri aGeru salemme nel corso diuna cerimonia che si è svoltaalla Knesset...”. AvrahamRavitz ha ringraziato leAssicu razioni Generali per ilbel gesto. (La Stampa,12/11/97, pag. 14).

• Banche. Maggio. Mentrela Svizzera comincia a paga-re, si minacciano le banchedi altri paesi:“Noi esigiamo lacreazione di una commissio-ne d’inchiesta internazionaleche dovrà estendere le sueindagini in tutta l’Europa eanche negli Stati Uniti” ha di-chiarato [Avraham] Burg[dell’Agen zia Ebraica]... “Ibeni sottratti... non sono so-lamente in Svizzera, ma sonoarrivati anche in Svezia,Francia, Gran Bretagna, Un -gheria, Polonia e Stati Uniti”(...) Il Congresso Mon dialeEbraico (Wjc) ha definito “undocumento storico” il rappor-

to del Dipar timento di Statosulla responsabilità dellaSvizzera, degli stessi StatiUniti e di altri paesi in favoredell’economia della Germanianazista... (La Stam pa, 9/5/97,pag. 8). Lo stesso Burg haaggiunto che esistono re-sponsabilità per “Tur chia,Argentina e Italia. Per quantoriguarda il nostro paese, l’oronazista, proveniente da gioiel-li e otturazioni dentarie fusi inlingotti, finì anche nei forzieridella Banca d’Italia e dellaBanca commerciale italiana”(Il Giornale, 9/5/97, pag. 17).“Le banche svizzere e svaria-te aziende hanno contribuitoper 118 miliardi di dollarimentre altri 71 miliardi di dol-lari sono stati promessi dallaBanca nazionale svizzera” peril fondo speciale per le vitti-me del l’Olocau sto. ElieWiesel ha dichiarato: “Spa -gna, Porto gallo, Svezia eTurchia do vrebbero fare lostesso”. “Wiesel ha chiestoanche che 70 milioni di dollariin lingotti d’oro svizzero o diorigine nazista conservati permezzo secolo presso labanca d’Inghilterra e laFederal Reserve Bank diManhattan siano destinati aisopravvissuti dell’Olo causto” (La Stampa, 10/5/97, pag. 10).Luglio: Vaticano. Un rap-porto (del 1946) dell’agenteUSA del Tesoro E. Bigelowè stato scoperto “per caso”negli Stati Uniti. Secondoquesto rapporto “duecento

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milioni di franchi svizzeri [sa-rebbero stati] fagocitati dallecasseforti del Vaticano du-rante la guerra e da allorascomparsi nel nulla”. I lVaticano smentisce. Ma“c’è persino chi si dice con-vinto che nei sotterraneid’Oltretevere sia gelosa-mente conservato persino iltesoro ebraico del Tempiodi Gerusalemme)”.(Il Gior nale, 23/7/97, pag. 18).Svizzera. G. Krayer, a nomedell’Abs (Associazione Ban -chieri Svizzeri) chiede per-dono in pubblico, e rendenota una lista di 1756 conticon 1872 correntisti chenon danno segni di vita dal1945. L’Agenzia Ebraica hadichiarato “insignificante etardiva” l’operazione. Per ilCongresso Ebraico “questoè solo un primo passo”. IlCentro Wiesenthal si lamen-ta che nella lista ci sianomolti non ebrei, persino deinazisti, e si chiede: “che co -sa ne è stato delle cassettedi sicurezza?”. Il deputatosvizzero Ziegler dice, ripren-dendo un calcolo del l’Agen -zia Ebraica, che le banchedevono pagare non 100 mi-liardi (di lire) ma diecine dimigliaia di miliardi. (cf Stam -pa e Giornale del 24 e 25 lu-glio). Tra le “vittime dell’Olo -causto” che avevano unconto in banca in Sviz zeraappare il nome della madredell’ambasciatrice USA inSvizzera, Ma deleine Kunin.(Stampa, 27 luglio, pag. 6).Intanto, i “superstiti del -l’Olocausto” hanno denun-ciato a New York le banchesvizzere (Giornale, 27/7/97,pag. 16) e il Pre sidente delCon gresso Mon diale E -braico, Bron fman, annunciache “assisteremo al crollodel segreto bancario” -elvetico.(Il Giornale, 30/7, pag. 17).

Agosto: “Udienza collettivanel tribunale di Brooklin” nel“maxi-processo” che vede“18000 americani vittimedella Shoah coalizzati perchiedere agli istituti di credi-to svizzeri, tramite un nutritogruppo di astuti legali, la re-stituzione di beni che essivalutano a non meno di 20miliardi di dollari”. Intanto, unrapporto dei servizi segretiamericani del 1946 accuse-rebbe il “Credito Svizzero” diaver finanziato la Germania.(La Stampa, 1/8/97, pag. 9).In Italia, il ministro Ciampi hadonato a Tullia Zevi, in quan-to presidente della ComunitàEbraica, dei beni non recla-mati di ebrei triestini. “Perpoterli restituire, saltandoogni difficoltà burocratica, suproposta del governo ilParlamento ha approvato [aluglio] una legge che, tral’altro, sancisce un principioimportante: tutti i beni ‘...sot-tratti per ragione di persecu-zione razziale a cittadiniebrei, che non sia stato pos-sibile restituire ai legittimiproprietari’ e che siano an-cora custoditi dallo Stato aqualsiasi titolo, devono esse-re assegnati all’Unione delleComunità ebraiche” (LaStam pa, 5 agosto, pag. 13).(Co me se i beni dei cittadinicattolici senza eredi doves-sero andare per legge al Va -ti cano!).Settembre: Il rabbino Hierdel Centro Wiesenthal di LosAngeles ritorna alla caricacon il Vaticano per la que-stione dei “beni di 900.000ebrei, zingari e serbi confi-scati dai nazisti croati” chesarebbero finiti nelle cassevaticane. Il rappresentante inEuropa del Centro Wiesen -thal ne ha parlato personale-mente con Giovanni Paolo II.Hier ha aggiunto che sareb-be “un grave errore” cano-

nizzare Pio XII. (Il Mes sag -gero, 11 settembre).Ottobre: Per il CongressoMondiale Ebraico Berna do-vrebbe risarcire tra i 2 e 3 mi-liardi di dollari (3500-5000 mi-liardi di lire) “frutto dell’oroche le vendettero i nazisti”. LaSvizzera risponde di aver giàpagato agli Alleati 100 miliardidi lire nel 1946 (Stampa, 8 ot-tobre, pag. 10). La “rappresa-glia” non tarda. La MorganBank e l’Ubs (Union deBanque Suisse) avevano fattola migliore offerta al Comunedi New York per la concessio-ne di lettere di credito (per“solo” un mlione di dollari).Ma il revisore dei conti di NewYork si chiama Alan Hevesi, èebreo, e rifiuta di sottoscriverel’accordo, d’accordo col sin-daco Giu liani. L’Ubs è esclu-sa dall’affare, malgrado leproteste del Dipartimento diStato americano (Stampa eGior nale, 11 ottobre). LaSvizzera deve pertanto mette-re sul mercato 1400 tonnella-te d’oro: “il ricavato darà vita aun fondo per la solidarietà de-stinato anche a indennizzaregli ebrei i cui conti furono in-camerati dai nazisti” (LaStampa, 25 ottobre, pag. 1).Si giunge così al termineprovvisorio della capitolazionesvizzera, con la pubblicazionedi altri 14.000 conti correntidormienti dal 1945, per un va-lore di 18 milioni di franchisvizzeri (circa 21 miliardi dilire): “la Svizzera ha messo dinuovo ko il mitico segretobancario”.(Il Giornale, 30 ottobre, pag. 12).

• Denti.“La Bbc accusa:Berna coniò monete conl’oro dei denti strappati agliebrei”. Le monete, da 20franchi, sarebbero “un classi-co dono per il battesimo neipaesi occidentali” (Il Gior nale,18/6/97, pag. 20). La Svizzera

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ALLEANZA... MASSONICA?Padre Torquemada

Chi non conosce, nel piccolo mondo cat-tolico “controrivoluzionario” italiano,

l’associazione Alleanza Cattolica? Essa è sti-mata per la sua serietà, per la rappresentati-vità di alcuni suoi membri, per una attivitàquasi trentennale al servizio del movimentocattolico e, infine, per i suoi stretti legamicon la creatura del defunto Plinio Corrêa deOliveira, denominata Tradizione, Famiglia eProprietà (TFP), la quale svolse un ruolonon indifferente nella difesa della dottrinadella Chiesa durante il concilio Vaticano II(1). Su Sodalitium, da ormai molti anni (esat-tamente dal 1993), ho avuto modo di occu-parmi più volte di alcuni membri di questaassociazione, e in particolare del noto socio-logo Massimo Introvigne (2), nonché delleposizioni che si fanno strada in questo am-biente (3), denunciando il pericolo di collu-

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ha smentito di aver coniatomonete d’oro utilizzando leprotesi dentarie delle vittimedei campi di sterminio nazi-sta. (...) Un portavoce del go-verno di Berna ha sostenutoche esistono prove che l’oroutilizzato per la produzionedelle monete risale a primadella guerra”. (Il Giornale,19/6/97, pag. 22).

• Immobili. Germania. “Te -soro dell’Olo causto: dopoBerna lo scandalo di Ber -lino. Gli ebrei (molti stranieri)rivendicano case e opered’arte per miliardi di marchi.Secon do lo ‘Spie gel’ le vitti-me della Shoa possedevanogran parte della capitale, maHitler e la DDR distrussero it itol i di proprietà” (LaStampa, 18/5/97, pag. 8).Italia. “Così come la Sviz zeraed altri paesi europei, anchel’Italia potrebbe essere pre-sto chiamata a riaprire alcunivecchi archivi per spiegare

alla propria comunità ebraicache fine abbiano fatto ingentipatrimoni e beni immobiliarirequisiti negli anni 1939-1945. È questa la conclusio-ne principale del libro ‘Oro dirazza’ presentato ieri dal suoautore, il corrispondente del -l’Ansa a Tel Aviv, Furio Mor -roni”. Morroni stima a 800miliardi di lire la cifra del rim-borso, malgrado “una novan-tina di pur lodevoli provvedi-menti” di risarcimento già ef-fettuati dallo Stato italiano!(La Stampa, 30/5/97, pag. 8).

• Lavoro coatto.“Il Con -gresso Mondiale ebraico (...)ha reso pubblico un docu-mento (...) secondo il qualenel 1942 l’FBI sapeva cheBerna internava i profughiebrei in campi di lavoro (...).‘Non facciamo confusione -ha precisato un portavocedel governo elvetico - laSvizzera non ha mai costret-to nessuno in quei campi,

che non erano luoghi di de-tenzione: i rifugiati vi si reca-vano spontaneamente senon sapevano dove andare,e in cambio del loro lavororicevevano vitto, alloggio eun piccolo stipendio...” (IlGiornale, 18/6/97, pag. 20).Analogo problema con laditta tedesca Siemens, con-testata proprio in occasionedei festeggiamenti per i suoi150 anni. Hermann Franz, anome della ditta, ha chiestoscusa per il lavoro coattoavvenuto durante la guerra,ma ha rifiutato i richiesti ri-sarcimenti, in quanto “l’a -zienda già 40 anni or sonoversò la sua parte ad unfondo versato a tale scopo”(La Stam pa,13 ottobre 1997,pag. 12). Hanno chiesto per-dono anche l’Or dine dei me-dici e il Sin da cato di poliziafrancesi, ma non si sa se cisono state richieste dirisarci menti. (Cf La Stampa,12/10/97, pag. 8).

sioni con la massoneria e con la sua menta-lità. Un’accusa così grave, trattandosi di as-sociazioni cattoliche e dei suoi dirigenti,deve essere documentata. Lo abbiamo fattonel passato. Purtroppo, dobbiamo farlo nuo-vamente. Al punto di giustificare la provoca-zione contenuta nel titolo di questo articolo:si può ancora parlare di Alleanza Catto lica,o è meglio scrivere ormai Alleanza Mas -sonica? Al lettore l’ardua sentenza...

Se Massoneria oggi fa la pubblicità...

Dopo una interessante recensione con-cernente Julius Evola (4), la “rivista delGrande Oriente d’Italia” consiglia ai suoivenerabili lettori una diecina di libri nellarubrica “segnalazioni bibliografiche”; inmezzo ad opere massoniche o esoteriche,ecco, a sorpresa, spuntare il libro di Mas -simo Introvigne sul satanismo, in buonacompagnia con quello sul New Age di unaltro militante di Alleanza Cattolica (nonché

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taglia...” (6). Questo significa che AlleanzaCattolica considera un po’ il Cesnur una suacreatura, controllata, tra l’altro, proprio tra-mite Massimo Introvigne. La notizia che èstata pubblicata da Emmanuel Ratier dimo-stra che non solo Introvigne è personalmentecolluso con la massoneria (come ampiamen-te dimostrato su Sodalitium), senza cheAlleanza Cattolica, Lepanto o la TFP ne ab-biano da ridire, ma che il Cesnur è infiltratodai (o infiltra dei) massoni.

Alleanza, Lepanto e la TFP non si sono de-solidarizzati da Introvigne (anzi...)

Dopo le denuncie pubblicate da Soda -litium, infatti, Alleanza Cattolica, la TFP e leassociazioni amiche, non hanno preso alcunamisura contro Introvigne, né si sono desolida-rizzate dalle sue iniziative. Anzi. GiovanniCantoni, “fondatore e reggente nazionale diAlleanza Cattolica” non ha esitato a pubblica-re un libro, estremamente interessante e sulquale ritorneremo, proprio con MassimoIntrovigne (7). Questo stesso libro è citato daRoberto de Mattei (8), nella biografia di PlinioCorrêa de Oliveira, e dal l’Ufficio TradizioneFamiglia Proprietà di Roma, nell’opuscolo Lamano che estingue, la voce che addormenta(breve commento dell’Ufficio TFP su un libel-lo calunnioso), pubblicato nel 1996 in rispostaall’edizione italiana del “rapporto Joyeux” acura di Pietro Parenzo (9). In questo suo opu-scolo la TFP romana attacca i “lefebvriani/se-devacantisti” (sic), colpevoli, a loro avviso, diaver stretto un patto scellerato contro la TFPcon i “social-comunisti”, realizzando così una“riedizione in sedicesimo del Patto Rib -bentrop-Molotov”! A sostegno di una tesicosì fantasiosa, una lunga citazione del “notostudioso del problema delle sette MassimoIntrovigne...” (p. 3, nota 4). La TFP dimenticadi precisare che, almeno in questo caso, il“noto studioso” è parte in causa, in quanto è

divulgatore delle tesi di Introvigne sulMessaggero di Sant’Antonio) Pier LuigiZoccatelli. Come minimo, i massoni di Pa -lazzo Giustiniani non annoverano Intro -vigne e Zoccatelli tra i loro più pericolosinemici, giacché ne raccomandano le opere:dimmi chi ti loda, e ti dirò chi sei.

Il Cesnur e la Gran Loggia di Francia

Ma c’è di peggio. Leggiamo infatti sulla“lettera di informazioni confidenziali diEmmanuel Ratier” Faits & Documents (n.27, 15 maggio 1997, p. 5), la seguente noti-zia: La direzione del Cesnur France, associa-zione di studi sui ‘nuovi movimenti religiosi’(chiamati anche ‘sette’) filiale del CesnurItalia diretta dal sociologo cattolico Mas -simo Introvigne, sembra controllata dallaGran Loggia nazionale francese, con la pre-senza nel consiglio di amministrazione delprofessor Antoine Faivre, redattore in capodei Cahiers Villard de Honnecourt, dell’avv.Olivier-Louis Séguy e del professore RolandEdighoffer.Per chi non avesse capito, questi tre si-

gnori hanno una tripla attività: sono profes-sori, sono membri del consiglio di ammini-strazione del Cesnur e sono pezzi grossidella Gran Loggia nazionale di Francia, laMassoneria di “destra”. Una coincidenza?Massimo Introvigne ignora questo fatto,

che conosce Emmanuel Ratier? Che misureintende prendere? Oppure è connivente? Isuoi precedenti rapporti con la Massoneria& Co. lasciano credere che l’ultima ipotesisia quella vera (2).A questo punto, il problema si sposta da

Introvigne, ai suoi superiori e amici di Alle -anza Cattolica.

Il Cesnur e Alleanza Cattolica

Introvigne, lo abbiamo già ricordato, è undirigente di Alleanza Cattolica, una associa-zione strettamente legata (come pure ilCentro culturale Lepanto ed altre associazio-ni o sigle) con l’organizzazione brasilianaTradizione, Famiglia e Proprietà (TFP), fon-data dal dott. Plinio Corrêa de Oliveira. Larivista Orion (5) ha recentemente fatto nota-re, maliziosamente, che il Cesnur “non è cer-tamente una consorella della TFP. Anche setutte le attività del Cesnur compaiono suCristianità [organo ufficiale di AlleanzaCattolica, n.d.a.] nella rubrica La buona bat-

Immagine di propa-ganda della TFP

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egli stesso un dirigente di una associazione sa-tellite della TFP, Alleanza Cattolica.

Il “Rapporto Guyard”, la TFP, e i “lefebvri -a ni/sedevacantisti”

L’opuscolo della TFP allude all’ultima te-gola che è caduta in testa al discusso movi-mento brasiliano. Il rapporto d’inchiestasulle sette dell’Assemblea Nazionale france-se del 10 gennaio 1996 (detto RapportoGuyard) ha incluso nella sua lista di sette datenere sotto controllo proprio la TFP! Para -dossalmente, il “noto studioso di sette”Massimo Introvigne apparterrebbe, a suavolta, ad un movimento satellite di una setta!La cosa non fa certo piacere alla TFP, spe-cialmente dopo le disavventure giudiziarieche costrinsero l’associazione a chiudere lascuola di Saint-Benoît nel 1979, gli altri guaiavuti recentemente in Spagna (1995), quellipiù antichi in Venezuela (1984), la condannadell’episcopato brasiliano nel 1985, eccetera.Di fronte a queste difficoltà, le TFP ed i suoisatelliti fanno quadrato. Per difendere leTFP e l’Opus Dei (quasi altrettanto cara ainostri “controrivoluzionari”), occorrerà:1) attaccare i movimenti anti-sette (che

osano includere tra le sette TFP e Opus Dei).2) Difendere a spada tratta la libertà re-

ligiosa delle sette più incredibili (se la scam-pano loro, a fortiori la scampiamo noi).3) Vendicarsi dei “lefebvriani/sedevacan-

tisti”, presunti colpevoli delle denuncie con-tro la TFP e l’Opus Dei, denunciandoli a lorovolta come settari, senza nascondere troppo ildesiderio di vederli, al proprio posto, in unfuturo e più aggiornato “rapporto Guyard”.E chi, meglio del “noto studioso” Mas simo

Introvigne potrà incaricarsi della bisogna?

Liberté, égalité, fraternité

“Sette” e “diritto di persecuzione”: le ra-gioni di una controversia. È questo il titolodel contributo di Introvigne al libro già cita-to scritto in collaborazione con GiovanniCantoni. In questo intervento, Introvigneassolve egregiamente ai tre compiti che glisono stati affidati. Il saggio è, direttamente,contro il “rapporto Guyard”. Introvigne po-trebbe affondarlo facilmente ricordando,come hanno fatto gli amici di LecturesFrançaises, che il relatore del rapporto,Guyard per l’appunto, è egli stesso un mas-sone, membro pertanto di una società segre-

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ta che è, per la Chiesa cattolica, “la Setta”per eccellenza. Nulla di tutto questo.Introvigne preferisce attaccare gli ispiratoridel rapporto (oltre ai Renseignements géné-raux, i servizi segreti francesi), ovvero i mo-vimenti “anti-sette” (laicisti) o “contro lesette” (religiosi). Nel far ciò, egli si opponenon solo ai più facinorosi e laicisti tra questigruppi, ma anche a movimenti “cattolicissi-mi” come il GRIS (Gruppo di Ricerca e diIn formazione sulle Sette), al quale, untempo, appartenne pure Introvigne. Sullaquestione, ci sarebbe da discutere. Cantoni eIntrovigne si appellano alla dichiarazioneconciliare Dignitatis humanæ personæ pergiustificare la più ampia libertà di pensiero edi organizzazione per tutti i “nuovi movi-menti religiosi”, finanche i più ripugnanti.Non siamo naturalmente d’accordo su que-sto presupposto, anche se noi pure neghia-mo allo Stato (tanto più quello laico di oggi)il diritto di stabilire i limiti dell’ortodossia, epaventiamo una persecuzione del cattolice-simo sotto il pretesto di estirpare le “sette”. Il secondo compito di Introvigne consi-

ste nel difendere ogni genere di sette persalvare, nel mucchio, anche le TFP.Un documento ufficiale del CESNUR di

Torino e del CESNUR USA (29 gennaio-6febbraio 1996), intitolato Instaurazione diun diritto di persecuzione? Una risposta alrapporto della Commissione d’Inchiesta sulleSette, e pubblicato in appendice nel librosuccitato (pp. 120-126) difende, rilevandovari errori del rapporto Guyard, il New Age,Moon, il Lectorium Rosacrucianum, laWicca, The Family (ex Bambini di Dio) (10),la Chiesa di Dio Universale, la religioneAumista, la Soka Gakkai e i raeliani, per ar-rivare, infine, alla TFP (seguita da Scien -tology). Il documento, sottoscritto da ottoaccademici, il primo dei quali è l’Introvigne,si chiude invocando nientemeno che “ilmotto con cui la Francia ama essere rappre-sentata nel mondo intero: Libertà, ugua-glianza, fraternità”! Niente male, per gliacerrimi nemici della rivoluzione francese...

Rapporto sulle sette? Togliete la TFP, met-tete i sedevacantisti!

Il terzo compito, denunciare gli odiati “le-febvriani/sedevacantisti”, è portato a terminedal “noto studioso” al punto 4 della sua Breveanalisi critica del ‘rapport Guyard’ (pp. 105-106): sono le pagine parzialmente citate anche

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dall’opuscolo della TFP romana. Il punto s’in-titola Le strane omissioni del rapporto.Abbiamo già ricordato come la rivista fondatadal celebre studioso della massoneria HenriCoston, Lectures Françaises, avesse sottolinea-to una evidente omissione del rapporto: quelladella massoneria (11). Introvigne non se nescandalizza affatto. Le “strane omissioni”, perlui, sono ben altre. La prima, che ogni buonagente del Mossad non avrebbe mancato disegnalare, è quella “dei gruppi islamisti radica-li, le cui connessioni con il terrorismo sono bennote” (p. 105) (12). Subito dopo i “terroristiislamisti”, Introvigne denuncia i “lefebvriani/sedevacantisti”: “Un’altra singolare omissioneriguarda i gruppi [ai quali Introvigne aderì nelpassato! n.d.a.] che hanno rotto con la Chiesacattolica per via di scisma, come la Fraternitàsan Pio X, fondata dal defunto Mons. MarcelLefebvre, e i numerosi gruppi ‘sedevacantisti’presenti in Francia, che criticano come troppomoderata la posizione della Fraternità San PioX, considerano la sede di Roma ‘vacante’ eGiovanni Paolo II non ‘veramente’ Papa” (p.105). Dopo aver lanciato il sasso, il nostro de-latore nasconde ipocritamente la mano, preci-sando di non intendere aumentare il numerodei movimenti settari denunciati nel rapporto:“sia ben chiaro: non auspico affatto che l’eti-chetta di ‘setta’, particolarmente odiosa nelsenso in cui la intende la commissione, sia ap-plicata a un numero ancor maggiore di quello,già eccessivo, dei movimenti menzionati nelrapporto. Tuttavia...” (pp. 105-106). Tuttavia, èchiaro che gli rode assai “che si debbano men-zionare la TFP - i cui dirigenti e soci non sonomai stati colpiti da scomuniche - (...) e non in-vece gruppi ultra-tradizionalisti o sedevacanti-sti, nei cui confronti spesso una scomunica vi èstata” (p. 106). Insomma, Introvigne, non trop-po nascostamente, invita il Parlamento france-se, in occasione di una riedizione delRapporto, a cancellare la TFP ed inserire tra-dizionalisti e sedevacantisti (magari anche larivista Sodalitium che tanto lo infastidisce), inbase alla ortodossia “wojtyliana”.Dalla rabbia, Introvigne (e i suoi commit-

tenti) passa... al delirio (una volta tanto il‘complottista’ è lui). Ecco la frase riportataanche dall’ufficio TFP di Roma nella rispostaa Pietro Parenzo, nonché da Roberto DeMattei nella biografia di Plinio (13): “Vi è peròun’ipotesi più inquietante o, se si vuole, più ma-liziosa. Particolarmente - ma non solo - inFrancia, negli ultimi anni, diverse pubblicazio-ni ‘lefebvriane’ e ‘sedevacantiste’ hanno con-

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dotto campagne contro le ‘sette’ dai toni parti-colarmente violenti (14). Se si trattasse soltanto -o principalmente - della difesa della dottrinacattolica tradizionale, non ci sarebbe da stupir-si. Ma, di fatto, questa letteratura fa propri gliargomenti del movimento anti-sette laicista...”.Ma quando mai, caro Introvigne? Nessuno dinoi adotta tali argomenti! Ma ecco la replicadel rosso (15) sociologo: “...e attacca volentiericome ‘sette’ realtà del mondo cattolico come laTFP e l’Opus Dei”. Ecco il vero delitto!Attaccare TFP e Opus Dei! Ed ecco la calun-nia di Introvigne, che dopo aver tanto attacca-to il ‘complottismo’ di chi vede satanisti e giu-deo-massoni sotto il letto, si trasforma imme-diatamente in ‘dietrologo’ ed immagina que-sto fantasioso scenario made in Brazil: “sorgelegittimamente il sospetto che il movimentoanti-sette si serva di certi gruppi ‘lefebvriani’ esedevacantisti come di truppe d’avanguardia, diguastatori, da gettare nella mischia per la primacarica all’arma bianca; e, naturalmente, da sa-crificare al momento opportuno, giacché -adottando i criteri consueti del movimento anti-sette - questi gruppi potranno facilmente essere,a loro volta, squalificati come ‘sette’ quando, see nella misura in cui sarà necessario” (p. 106), econ il premuroso suggerimento di Introvigne,aggiungiamo noi, che ha provveduto da tempoa includere i ‘lefebvriani/sedevacantisti’ nellalista delle ‘sette’ (o ‘nuovi movimenti religiosi’,come più elegantemente scrive lui).La realtà, caro Massimo, è molto più sem-

plice, e non abbisogna di ipotesi così “malizio-se”. Il “Rapporto Guyard”, Intro vigne lo di-mentica (?), ha attaccato anche il movimento“cattolico tradizionalista”, al pari della TFP.Nella rete, per l’esattezza, è cascata la CRC(Contre-Réforme Catho lique) dell’abbé de

Foto pubblicata in un articolo di Respinti. Gli anticomu-nisti USA manifestano per la libertà degli ebrei sovietici

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Nantes, con gravi conseguenze nei propri rap-porti col vescovo locale. Introvigne e ilCesnur, che difendono i Bambini di Dio e laWicca, non sprecano una parola per il cattoli-co de Nantes, così vicino, per tanti versi, allaTFP. Non c’é quindi nessuna protezione sui“tradizionalisti” da parte di Guyard e soci:semmai c’è stata una dimenticanza (che ilCesnur non manca di sottolineare: grazie dicuore!). Se de Nantes è caduto nella rete èsemplicemente perché dei fuoriusciti del suomovimento lo hanno accusato (a torto o a ra-gione, questo non mi interessa nel contesto diquesto articolo) di dottrine e comportamenticertamente ‘settari’. La stessa cosa è successaalla TFP e all’Opus Dei. Ecco perché - sempli-cemente - TFP, Opus Dei e CRC sono citatinel rapporto e la Fraternità San Pio X inveceno. Anche l’Istituto Mater Boni Consilii non èincluso (almeno per ora) nella lista delle sette(forse perché non esistono le litanie dellamamma di don Ricossa, come invece esistonoquelle della mamma del dottor Plinio), men-tre si trova da anni, e al posto d’onore, nellaben più pericolosa lista del rapporto sull’‘anti-semitismo’. Come vede, caro Massimo, nongodiamo (come Lei) di alcuna protezione inalto loco, come “maliziosamente” si lascia cre-dere ai lettori delle edizioni di Cristianità.

Il Presidente Introvigne (della SocietàTransilvana di Dracula) e Marco Respinti

Nel prosieguo dell’articolo ritornerò suMarco Respinti e la sua strana dottrina so-ciale cattolica, che Gianfranco Morra chia-merebbe “cattocapitalismo” (16). Respintiscrive sul quotidiano di Alleanza Nazionale,Il Secolo d’Italia, ma è anche un militante diAlleanza Cattolica. Se Massoneria oggi rac-comanda i libri di Introvigne e Zoccatelli,non lo farà Respinti, che condivide con essila militanza ‘alleantina’? Nessun dubbio. Leggiamo dunque la recensione di un libro

di Introvigne fatta da Respinti (17). Il militantedi Alleanza cattolica non lesina le lodi al suoGerarca: i libri di Introvigne sono “altamentescientifici”, il suo studio sul satanismo “monu-mentale”. Egli è “indagatore indefesso... detec-tive non dell’impos sibile... ma del possibilissi-mo... caposcuola capace...”. I suoi studi “forni-scono le migliori - le uniche - chiavi davvero in-terpretative...”; la sua creatura, il Cesnur, è“una rete di organizzazioni accademiche inter-nazionali”. Non stupiamoci allora se “ilCesnur e il suo direttore” hanno profuso un

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“colossale sforzo intellettuale, culturale e scien-tifico”. Tante lodi solo per pubblicizzare unlibro di Introvigne su Dracula (tema sul qualeegli è “un grande esperto” in quanto “presiden-te della sezione italiana di The TransylvanianSociety of Dracula”)? Cer tamente no. DaDracula Respinti passa ai Bambini di Satana(chiamati una volta per sbaglio, lapsus freudia-no? Bambini di Dio) di Marco Dimitri, ralle-grandosi - col Cesnur - per il proscioglimentodecretato dal tribunale il 20 giugno c.a. In ef-fetti, scrive Re spinti, se si comincia col perse-guitare costoro, si “finisce poi per trascenderein maniera scomposta come nel caso di certi re-centi processi culturali che hanno avuto comeoggetto importantissime realtà cattoliche comel’Opus Dei, le Società per la Difesa dellaTradizione, della Famiglia e della Proprietà, ilmovimento dei Foco larini, Comunione eLiberazione e addirittura Madre Teresa diCalcutta e le sue consorelle”. È il caso di dire:tutti i salmi finiscono in TFP (18).

Taradasch controrivoluzionario?

Libertà Religiosa e legislazione anti-sette: èil titolo di una ‘tavola rotonda’ che si è tenutaa Roma nel giugno 1997 per presentare illibro di Cantoni e Introvigne del quale abbia-mo già parlato, e di cui ci parla il militante diAlleanza cattolica Francesco Pappalar do,sempre sul Secolo d’Italia (19). Organiz zatori:l’IDIS (Istituto per la Dottrina e l’Informa -zione Sociale) e Allean za Cattolica, tra i qualivige la distinzione che c’è tra la zuppa e il panbagnato, dato che il rettore dell’IDIS èGiovanni Cantoni, mentre il reggente diAlleanza è Giovanni Cantoni. Tra i parteci-panti alla tavola rotonda, oltre ai “rappresen-tanti di alcuni nuovi movimenti religiosi”,anche la Fumagalli Carulli, nonché “la vocedel padrone”, ovvero Juan Miguel MontesCousino, “direttore dell’ufficio Tradizione,Famiglia, Proprietà”. Ma ecco una sorpresa:tra i conferenzieri spicca il nome del deputatodi Forza Italia, Marco Taradash, liberale, li-bertario e libertino, per lunghi anni celebrespalla di Marco Pannella nella guerra al catto-licesimo, guerra che ora conduce nel partitodi Berlusconi (P. 2). Taradash “ha espressoapprezzamento” per l’opera svolta dalle orga-nizzazioni di Cantoni; Cantoni dovrebbepreoccuparsi e chiedersi: dove ho sbagliato?Invece, Taradash viene arruolato tra gli ascaridella controrivoluzione, senza che Montesmuova un ciglio. Il massimo è raggiunto da

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Massimo (Introvigne), il quale, attacca il rap-porto del parlamento belga sulle ‘sette’, poi-ché (come riporta Pappalardo) “nella suagrossolanità ripete nei confronti di alcuni grup-pi ebraici addirittura l’accusa di rapire bambi-ni cristiani”. Addirittura.

Respingere Respinti

Ma la strategia TFP-Alleanza Cattolicanon si limita attualmente alla questionedelle “sette”. Degna di particolare attenzio-ne (20) è la campagna in favore della destraanglosassone, della quale è alfiere, ma nonunico soldato, Marco Respinti, militante diAlleanza Cattolica e prolifico collaboratoredel Secolo d’Italia. Abbiamo già segnalato edenunciato il pericolo (3); si tratta quindisolo di aggiornare il lettore. Il fatto è che lacampagna in favore del “liberalismo classicoanglosassone” intrapreso dalla TFP-Al -leanza Cattolica-Lepanto sta proseguendosu tutti i fronti: da quello “tradizionalista”(21) a quello della destra (22), senza dimenti-care quella moderata di Alleanza Nazionale(23). Quanto all’Opus Dei non ha bisogno diessere infiltrato (24). Da parte nostra ripetia-mo il nostro fermo rifiuto di ogni genere diliberalismo: respingiamo Respinti.

Liberal-conservatori? No, grazie.

Alleanza Nazionale, dopo il congresso diFiuggi, liquidatore del neo-fascismo, dell’an-tisemitismo e persino dell’antisionismo, sof-fre di una crisi di identità: chi sostituire aMussolini? Marco Respinti, dalle pagine delSecolo d’Italia, propone, evidentemente,l’analisi di un controrivoluzionario, anzi un“controrivoluzionario coi baffi” (25), il filolo-go Christian Kopff. “Oggi - afferma l’ameri-cano - con la nascita di Alleanza Nazionalequesto progetto [di Almirante] sembra averenuova dignità (...). L’Italia ha bisogno di unadestra seria, grande; di un autentico movi-mento conservatore...”. Un modello? Rea -gan, un “metodista” la cui fede “si riverbera-va nelle scelte politiche”. L’elogio del meto-dismo viene da un luterano, giacché Koppf,“il controrivoluzionario coi baffi”, è un “lu-terano conservatore”. I “controrivoluziona-ri”, dunque, devono essere “conservatori”(poco conta se cattolici, luterani o metodi-sti). Ma devono essere anche “liberali”.Lo spiega un altro militante di Alleanza

Cattolica, Andrea Marcigliano, sempre sul

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Secolo d’Italia (26).L’alleantino si rico-nosce fin dalle pri mebattute, per canoni-ca citazione del dott.Plinio: “La battagliadelle parole, come dice-va Corrêa de Oli veira,è infatti fondamen-tale, e chi la perdeconsegna all’an-tagonista un potere immenso, gli dà un vantag-gio incolmabile”. In base a questo principio,Alleanza Cattolica degli anni ‘70 criticavaLeone XIII per aver accettato la parola “de-mocrazia”: dalla parola, spiegavano i discepolidi Plinio, si sarebbe passati al contenuto... Oggila battaglia delle parole funziona in senso in-verso: non bisogna lasciare al nemico (la “sini-stra”, naturalmente) la parola “liberale”! CosìMarci gliano offre ai cattolici “controrivoluzio-nari” un nuovo maestro, il “liberale” e “liberi-sta” von Hayek. Von Ha yek critica i conserva-tori, è vero, ma anche “il liberalismo europeo(...) che si identifica con l’utopia razionalista egiacobina, radice teorica della RivoluzioneFrancese”. Dal liberalismo “europeo” bisognaescludere quello anglosassone: “è proprio allatradizione dei vecchi wighs britannici cheHayek guarda con particolare interesse...”. Unafotografia di due inglesi in cilindro illustra l’ar-ticolo, con la seguente didascalia: “due genti-luomini britannici in una vecchia foto.L’Inghilterra è il Paese dove il binomio tradi-zione-modernizzazione è sempre stato partico-larmente solido”. Ecco quindi che il liberali-smo inglese realizza il sogno degli strani catto-lici controrivoluzionari, un sogno “liberal-con-servatore”. Michael Novak, uno degli autori“cattolici” americani a cui si rifanno espressa-mente Respinti e Introvigne, non teme di desi-gnare col suo nome la corrente di pensieroche, come lui, reclamizza la Rivoluzione del1776 piuttosto che quella del 1789: “la tradizio-ne americana è stata criticamente riassuntanella ‘tradizione cattolica liberale’ rappresen-tata dagli scritti di Toqueville, Lord Acton,Jacques Maritain e John Cour tney Murrey, tragli altri” (27). Non spaventiamoci di questinomi: il liberalismo - udite udite - ha radici me-dioevali, persino tomiste! (28). In un articolo suBurke, Respinti scrive: In quest’ottica [del pen-siero di Burke] assumono dunque luminosità

Edmond Burke

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suoi capi) vogliono quindi farci seguireBurke, un anglicano (ma di madre cattolica,per carità!) ed un massone! E perché mai?Egli si oppose alla Rivoluzione francese, e

fu favorevole a quella americana: un liberal-conservatore, dunque. Burke, era un wigh,appartenente cioè al partito del Parlamentoavverso all’assolutismo regio; ma per lui ilparlamento è sì espressione del “popolo”, mail popolo parla attraverso “l’aristocrazia natu-rale” composta soprattutto dai proprietari ter-rieri: “la civiltà dipende dalla proprietà e dallesue ineguaglianze” (33): musica per le orecchiedei latifondisti brasiliani della TFP! “Burke -continua l’Enciclopedia Treccani - fu un veroWigh che riveriva tanto il metodo quanto il ri-sultato della rivoluzione inglese [del 1688].Coloro che credono che la politica degli ultimisuoi anni [avversa alla rivoluzione francesedel 1789] differisse nei princìpi da quella deiprimi, lo giudicano male”. Respinti confermaqueste informazioni: “Joseph de Maistre (34)confessò candidamente il suo debito nei con-fronti del grande angloirlandese e nella sceltadel diplomatico savoiardo di trascrivere alcunepagine della ‘Storia d’Inghil terra’ di DavidHume (35) - ancora oggi considerata una dellemigliori descrizioni storiche di quel paese - inappendice al suo ‘Consi derazioni sullaFrancia’ non è certo fuori luogo intravedereun’eco burkeana. Le suggestioni di Hume inmerito alla rivoluzione puritano-repubblicanadi Oliver Cromwell degli anni 1640-1650 ser-vono infatti a De Maistre per descrivere il 1789e seguenti francesi. Per Burke, la rivoluzionedi Francia è sovversiva, come analogamente losono gli anni del Commonwealth inglese diCromwell, ma diversamente dalla cosiddettaRivoluzione gloriosa del 1688; e De Maistresembra essere d’accordo” (30). Burke, dunque,si oppone alla rivoluzione inglese del 1640 e aquella francese del 1789; ma sostiene la rivo-luzione inglese del 1688 e quella americanadel 1776. Ora non bisogna dimenticare qualefu l’origine marrana della “gloriosa rivoluzio-ne” del 1688 che spodestò un Re cattolico persostituirlo con la dinastia protestante degliOrange (36), né l’origine massonica della fa-mosa rivoluzione americana, che Respintitanto ama in quanto “Rivoluzione conserva-trice” (37). Non stupisce allora che l’ammira-zione per Burke accomuni il cattolicoRespinti e l’ambasciatore Sergio Romano,esponente di spicco della corrente liberale eli-taria, per il quale tuttavia la ricorrenza piùgradita è sempre quella del 20 settembre (38).

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particolare le parole di Frank S. Meyer - l’apo-stolo nordamericano della ‘fusione’ tra con-servatorismo tradizionalista e ‘liberalismoanglosassone’ in un’ottica di efficace azione an-tiprogressista (...) che convertitosi al cattolicesi-mo poco prima di morire affermava: ‘Viviamonel mezzo di una rivoluzione diretta a distrug-gere la civiltà occidentale. I conservatori, perdefinizione, sono i difensori di tale civiltà; e inun’epoca rivoluzionaria ciò significa che essisono e debbono essere controrivoluzionari”(30). Possiamo dire, senza tema di essere smen-titi, che TFP, Alleanza Cattolica, CentroCulturale Lepanto ecc., sono passati, medianteun trasbordo ideologico inavvertito (?) dal cat-tolicesimo integrale al liberalismo cattolico.Bisogna dirlo chiaramente, una volta per tutte.

Il Fr. Edmund Burke, della JerusalemLodge n. 44, Clerkenwell, Londra

Se il lettore cerca di identificare un rap-presentante di questi old wighs, Marciglianonon ha esitazioni nel proporre “EdmundBurke, classico esempio di wigh, ma anchepolitico e pensatore ferreamente avversoall’iper-razionalismo illuminista e al ‘rozzorazionalismo militante della Rivoluzionefrancese”. Anche Respinti è un fedelissimodi Burke, al seguito del suo beneamatoRussel Kirk, “uno dei padri della rinascitaburkiana statunitense contemporanea”. NelDizionario del pensiero forte dell’IDIS (suc-cursale di Alleanza Cattolica), Respinti inse-risce naturalmente Burke, ovvero la saggez-za del conservatore (29). “Non è azzardato -scrive Respinti - considerare Burke un con-trorivoluzionario - il primo? - di ‘desiderio’,enucleandone il cattolicesimo, almeno cultu-ralmente, in pectore” (30) Peccato però cheBurke compaia in un altro dizionario (cheRespinti si guarda bene dal citare), ovveros-sia l’Enciclopedia della Massoneria di AlbertG. Makey e pubblicata dalla MasonicHistory Company. Alla voce Burke (31) il let-tore apprenderà che la saggezza di questoconservatore era una saggezza massonica,giacché Edmund Burke era affiliato allaJerusalem Lodge n. 44, Clerkenwell, Lon -don. Apprenderà pure che amico ed estima-tore di Burke era il celebre massone, lettera-to e illuminista tedesco Lessing (32), che tra-dusse l’opera burkiana Inchiesta sul Bello esul Sublime che Respinti afferma contenere“aspetti importanti del pensiero filosoficodella maturità” del suo autore. Respinti (e i

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personaggi del passato. Respinti si interessaspecialmente a Lord Acton. Due solenni cita-zioni del nostro Lord, John Emerich EdwardDalberg Acton, barone di Alenham, appaio-no nell’articolo su Kirk pubblicato negli attidel Convegno tradizionalista di Civitella delTronto A voi il tempo, a noi l’eternità (pp. 99 e106). Esse riassumono bene la tesi di Respinti:“Lungi dall’essere il prodotto di una rivoluzio-ne democratica e di una opposizione alle istitu-zioni inglesi, la costituzione degli Stati Uniti fuil risultato di una potente reazione contro lademocrazia, a favore delle tradizioni della ma-drepatria”; “È semplicemente la democraziaspuria della Rivoluzione francese che ha di-strutto l’Unione, disintegrando i resti delle tra-dizioni e delle istituzioni inglesi”. Perfetto!Ma chi era Lord Acton? Nipote dell’am-

miraglio anglo-borbonico John Acton (favo-rito della regina Maria Carolina, grande pa-trona della massoneria nel regno... primadella Rivoluzione) John Emerich DalbergActon (1834-1902), convertito al cattolicesi-mo, combatté, purtroppo, tutte le cattivebattaglie del secolo. Membro del partito li-berale, fu ascoltato consigliere di Gladstone,che lo considerava “interprete autorizzatodel cattolicesimo liberale”. Naturalmente,egli fu “riluttante ad ammettere il Sillabo e ladefinizione del dogma dell’infallibilità ponti-ficia”, anzi, trasferitosi per l’occasione aRoma, “divenne il centro di una vivace op-posizione alla maggioranza del Concilio” as-sieme al suo amico e maestro Döllinger, cheper questo lascerà la Chiesa per fondare lasetta dei vecchi cattolici. Acton non lo se-guirà, ma continuerà a scrivere contro l’in-fallibilità e gli “ultramontani”, per cui duesuoi libri saranno messi all’Indice. Ecco chisono i “maestri” che ci propone Respinti e,con lui, Alleanza Cattolica!

Un altro “maestro”: Churchill (UnitedStudholme Lodge n° 1591)

Recentemente un giovane brasiliano, ve-nuto in Italia per lavoro, si è detto stupito, inuna conversazione privata avuta col sotto-scritto, degli elogi che la TFP tributa, nel suopaese, a Winston L. S. Churchill. Nes sun stu-pore. Il nostro amico deve conoscere solo ap-prossimativamente il pensiero del “dottorPlinio” se ignora la sua stima verso lo statistaliberal-conservatore inglese. Scrive al propo-sito il professor De Mattei, fondatore delCentro Culturale Lepanto, nella sua agiogra-

“Due gentiluomini britannici in una vecchia foto.L’Inghilterra è il paese dove il binomio tradizione-

modernizzazione è sempre stato particolarmente solido” (Il Secolo 30/05/97)

Sempre seguendo Kirk (e l’opinionista deIl Giornale R. A. Segre), Respinti lamentache gli Stati Uniti, dopo la guerra di secessio-ne, abbiano in parte perduto l’identità ame-ricana, originata da una guerra d’indipen-denza “conservatrice, completamente diversa- e negli ideali perfino radicalmente contrap-posta - alla Rivoluzione francese” (39). Lasconfitta dei sudisti ebbe come conseguenzaun “deragliamento liberal” (non “liberale”),con un “egualitarismo radicale” che, nei XIVe XV emendamenti alla costituzione (il XVpermette persino il diritto di voto ai neri!)“non facevano che distruggere l’obbiettivoprimario per cui la Costitizione era stata vara-ta”. Poca importa a Kirk (40) e Respinti che ilXIV emendamento abbia garantito la libertàdi culto per i cattolici; il vero conservatorecontrorivoluzionario è anti-egualitario e infavore delle élites, siano esse del cotone o delcaffé, protestanti o cattoliche...

Un altro “maestro”: Lord Acton

Abbiamo visto come per Novak la tradi-zione americana è riassunta, nell’ambito cat-tolico, dalla tradizione cattolico-liberale diToqueville, Acton, Maritain e CourtneyMurrey. Se gli ultimi due autori citati daNovak sono dei contemporanei, ispiratoridella dichiarazione conciliare sulla libertà reli-giosa Dignitatis humanæ, i primi due sono

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fia di Plinio Corrêa de Oli veira: “PlinioCorrêa de Oliveira nutrì sempre ammirazioneper la figura di Churchill, protestante, maforte di carattere e fermo nelle idee, mentre iltratto comune degli uomini politici cattolici deltempo sembrava essere la disponibilità a ‘tran-sigere’ e a collaborare con l’avversario” (41).Ora, sarà una coincidenza, ma anche sir

Wiston Churchill era un fratello della liberamuratoria! Fu iniziato nella United Stud -holme Lodge n° 1591 il 24 maggio 1901,diven ne “compagno” il 19 luglio 1901 e“maestro” il 25 marzo 1902, alla Loggia Ro -semary n° 2815 di Londra (42). Come se nonbastasse, Henry Coston ci fa sapere che “sirWiston Churchill deve la sua carriera poli ticaa sir Ernest Cassel, il ricchissimo israelitaconfidente di Edoardo VII” (43). Che conclusione tirare da questo fatto? O

il “dottor Plinio” ha preso un abbaglio (ma al-lora egli non era quell’infallibile profeta dellacontrorivoluzione come ci viene dipinto) op-pure per lui essere protestanti e massoni nonera poi così grave... Se tanto mi dà tanto...

Il “dottor Plinio”, l’Inghilterra e gli Stati Uniti

Giungo alla fine di questo mio articolet-to di poche pretese, che unisce notizie appa-rentemente sconnesse tra loro; ma il loropunto di incontro si può ritrovare nel pen-siero di Plinio Corrêa de Oliveira, “mae-stro” comune a Introvigne, Respinti, DeMattei ecc. Ab biamo già visto la sua ammi-razione per uno dei protagonisti del patto diYalta, Wiston Churchill. Non pretendo farequi una analisi del suo sistema di pensiero.Mi limiterò a segnalare un passo significati-vo della sua biografia, che può spiegare inparte la strana e improvvisa passione per ilpensiero anglo-sassone da parte dei nostal-gici del “medioevo”. Scrive il prof. DeMattei: “Nel la seconda metà del XXmo seco-lo, mentre il processo rivoluzionario avanza-va, gli Stati Uniti esercitarono un ruolo similea quello dell’Europa nei secoli precedenti.Plinio Corrêa de Oliveira, ricorda un suo di-scepolo, ‘paragonava questo ruolo a quellosvolto dall’Austria nel secolo XIX’. Cosìcome l’impero asburgico rappresentava ilprincipale bersaglio dell’internazionale libe-rale del tempo, l’impero americano ha finitocol costituire la ‘bestia nera’ dell’internazio-nale progressista, che vede in essi il simbolodella conservazione e dell’anticomunismo...”(44). Questo passaggio è rivelatore di alcuni

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errori (essoterici) del pensatore brasiliano.Primo errore: per Corrêa de Oliveira il libe-ralismo è un nemico del passato, del secoloscorso, “dell’altro ieri” (45): esso invece nonha mai cessato di essere un nemico attuale, esempre più attuale, della Chiesa. Secondoerrore: vedere nell’impero asburgico (46) ilbersaglio principale dell’internazionale libe-rale nel secolo scorso: esso era, ieri comeoggi, la Chiesa e, da un punto di vista politi-co nel secolo scorso, il suo potere temporale(per il quale gli Asburgo non mossero undito). Terzo errore: vedere negli U.S.A. ilmoderno Sacro Romano Impero (comeBlondet vi vede il nuovo impero romano).Gli Stati Uniti sono in realtà un paese reli-giosamente protestante, governato da unaclasse politica massonica, prono, in politicaestera, agli interessi di Israele. Gli U.S.A.non sono l’Austria del XXmo secolo, sem-mai sono l’Inghilterra del XXmo secolo.Inghilterra e Stati Uniti sono la Madre e la

Figlia d’elezione del liberalismo e dellaMassoneria. Il filosofo ebreo Isaiah Berlin, de-ceduto quest’anno a 88 anni, ha dichia ra to: “lemie idee sono molto inglesi. Dal l’Inghilterra misono fatto adottare. È il miglior paese almondo: il meno corrotto, il meno crudele, ilmeno soggetto a qualsiasi enormità. Quandodico che sono un liberale, tutto questo mi vienedall’Inghilterra: il giudicare le cose per quelloche valgono, l’essere empirico, il non voler es-sere legato dalle ideologie, la convinzione chel’importante sia proteggere l’individuo dapartiti, Chiesa e Stato” (La Stampa, 7 XI 97, p.23). In Inghilterra vige, secondo il massoneCorneloup, “una alleanza non scritta ma realedella dinastia, della chiesa anglicana e dellamassoneria”. “La divisione massonica dellaGran Bretagna è simile a quella degli StatiUniti: più di 800.000 massoni in un paese di 55milioni di abitanti, ovvero circa 15 massoni sumille abitanti (la Francia ne conta appena pocopiù di uno)”.. Quanto agli Stati Uniti, “la mag-gior parte dei ‘padri fondatori’ della Repub -blica americana e 16 presidenti della Re -pubblica (da Georges Washington a GeorgesBush) appartennero all’ordine massonico. (...)L’effettivo totale dei massoni negli Stati Uniti sieleva così a più di 3 milioni. (...) Non si può cheapprovare il giudizio del massone Harry L.Baum che scriveva nel 1950, sulla rivista ‘NewAge’: ‘Questa nazione è stata nutrita dagli idealidella massoneria; (...) molti di coloro che oggila dirigono sono anche membri e dirigentidell’Ordine massonico. Essi sanno che la no-

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stra democrazia americana, con la sua insi-stenza sui diritti e libertà inalienabili dell’indivi-duo, è la massoneria al governo (...)’” (47).Sodalitium non vuole con ciò offendere i cat-tolici americani o inglesi, né “demonizzare”,come fanno alcuni, questi paesi e i suoi abitan-ti. Gli anticomunisti non erano nemici dellaRussia o dei russi; similmente, non si tratta diessere nemici degli Stati Uniti o della GranBretagna: si tratta di liberare questi paesi (e,ormai, il mondo intero) non solo dal comuni-smo, ma anche dal sionismo, dalla massoneriae dal liberalismo, come da qualunque dottrinacondannata dalla Chiesa, ovunque esse pro-sperino o mettano radici. Chi non lo ha capito,o lo sottovaluta, ignora l’ABC della dottrinasociale della Chiesa.

Appendice: Fernando Pessoa.

Esce un po’ dal filone del liberalismo an-glosassone. Ma non esce da quello massoni-co... intendo parlare della riscoperta (a destracome a sinistra) di un autore pericoloso qualeFernando Pessoa. Ne fa lodi sperticate (lochiama “maestro”) sul Secolo d’Italia (48)Andrea Marcigliano, che abbiamo visto essereun estimatore del dottor Plinio. Eppure... ep-pure Marcigliano non ignora la carriera esote-rica dello scrittore portoghese, poiché eglistesso scrive:“ ...quello che fu, per tutta la vitanon uno degli interessi, ma l’interesse principa-le, nonché il fondamento del mondo di Pessoa:l’esoterismo. (...) Pessoa si interessò certo allaTeosofia... tuttavia non esaurì in questo il suoimpegno esoterico, che anzi, divenne con glianni sempre più profondo. (...) riscoprì presto ipercorsi di esoterismi tradizionali ben più com-plessi delle formulazioni teosofiche: la magia,la mistica medioevale e, soprattutto, l’alchimia ela tradizione cabalistica, per le quali manifestòsempre una propensione fortissima, rivendican-

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do orgogliosamente una supposta discendenzada un Sancho Pessoa, alchimista e cabalistaebreo, che sarebbe stato incarcerato dall’inqui-sizione nel 1706”. Marcigliano cita pure i rap-porti tra Pessoa e la Golden Down e l’Oto, de-finiti, bontà sua, “società ermetiche”. A questopunto stento a credere che Marcigliano sia undiscepolo di Plinio come ho scritto. Mi sono si-curamente sbagliato. Oppure no?

Note

1) Cf Storia del Concilio Vaticano II, diretta daGiuseppe Alberigo, Peeters, il Mulino, Bologna, 1996,vol. II, pp. 222 e 226, e ROBERTO DE MATTEI, Il crocia-to del XX secolo. Plinio Corrêa de Oliveira, Piemme,Casale Monferrato, 1996, pp. 263-310 (ove si spiega ilruolo della TFP nella crisi conciliare e post-conciliare).

2) Cf Sodalitium n. 35, pp. 13-18 (MassimoIntrovigne e la Massoneria); n. 38, pp. 44-47 (Introvigne;dalle messe nere alla Gran Loggia); n. 39, pp. 20-28 (La“smentita” di Massimo Introvigne); n. 42, pp. 65-68 (Traesoterismo e devozione, ovvero: relazioni pericolose dialcuni devoti...); n. 43, pp. 46-52 (Tra esoterismo e devo-zione. Le relazioni pericolose continuano...).

3) Cf Sodalitium, n. 43, pp. 47-52.4) Luciano Pirrotta recensisce l’edizione, a cura di

Gian Franco Lami, degli articoli di Evola pubblicatisulla “rivista filomassonica d’ispirazione mazzinianaL’Idealismo Realistico”.

5) Precisiamo una volte per tutte che Sodalitium dis-sente radicalmente da Orion, sia sulla forma che sul conte-nuto. Detto questo, segnaliamo alcuni articoli di questa rivi-sta sul tema che ci interessa. La polemica è iniziata con unarticolo di Franco Morelli (n. 6, giugno 1996, pp. 6-8), ErCapo, er Mago e i regazzini. Si parlava di pratiche oscene econtro natura (giustificate da teorie magiche in voga in certiambienti esoterici) diffuse in un gruppuscolo innominato diestrema destra di Roma. L’autore, denunciando i pericoli diquesti ambienti, sottolineava però che “er Mago” “trove-rebbe subito degli alleati, tanto sul versante pannelliano,quanto su quello di un certo fondamentalismo cattolico (...)(Chi tocca i satanisti oggi, domani potrebbe toccare l’OpusDei, è in sintesi il loro pensiero)”. L’allusione a MassimoIntrovigne era trasparente. Da qui la replica a FrancoMorelli, pubblicata sempre da Orion (n. 11, nov. 1996, pp.26-28), a firma di Massimo Maraviglia. Maraviglia, che èmilitante di Alleanza Cattolica, non ha nessuna remora ascrivere per Orion un articolo (Un rilievo polemico aFranco Morelli sul problema delle sette. Vietato deviare? Lalotta alla devianza religiosa come anticamera di un nuovo to-talitarismo) in difesa delle sette, fosse anche quella “delMago” succitato, in nome della libertà religiosa. Impresanon impossibile presso degli eretici come i redattori diOrion, non certo favorevoli all’integralismo cattolico e alloStato confessionale. Ma Orion conosce i suoi polli (ilmondo è piccolo!). Murelli replica (n. 3, marzo 1997, pp. 33-40) in Risposta a Massimo Maraviglia. Tradizione del caffé,famiglie fasulle e sacrosanta proprietà. Ma siamo davverosulla stessa barca? Murelli fa rilevare, tra l’altro, una con-traddizione insita nei vari gruppi che si rifanno al “DottorPlinio”: questi esalta la Madonna “sterminatrice di tutte leeresie”, mentre i suoi seguaci, come Massimo Introvigne,difendono la libertà religiosa delle sette (di Moon, diScientology, dei Mormoni... insomma di tutte le sette, pre-

Fernando Pessoa

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feribilmente se anticomuniste). Secondo Murelli, la con-traddizione si spiega col fatto che nel 1984 la TFP fu messaal bando in Venezuela e, nel 1985, fu condannata dall’epi-scopato brasiliano come gruppo “esoterico”: da allora laTFP si impegnerebbe contro il movimento anti-sette. Unultimo articolo (per ora) (Orion, n. 4, aprile 1997, pp. 31-37), a firma di Lucio Tancredi, e intitolato La guerra delleparole. Dimmi come parli... La destra “giudeo-cristiana” fal’“antimondialista”, denuncia il tentativo di infiltrazione diAlleanza Cattolica negli ambienti “antimondialisti”. Dueconferenze di Marco Respinti per diffondere il pensiero li-beral-conservatore di Kirk sono presentate con un titolo as-solutamente diverso a seconda del pubblico presente insala. Dopo aver denunciato “l’ipocrisia” di AlleanzaCattolica, Tancredi ricorda a Respinti “il carattere massoni-co” della Rivo luzione americana tanto vantata da RusselKirk: nefas est ab inimicis discere! L’indirizzo di Orion è c/oLa bottega del Fantastico, via Plinio 32, 20129 Milano.

6) Orion, n. 150, p. 38.7) Si tratta di Libertà religiosa, ‘sette’ e ‘diritto di

persecuzione’, edito da Cristianità nel 1996. Nella notabio-biblografica, Cantoni ricorda, e non rinnega, le tra-duzioni e presentazioni (risalenti agli anni 1966-68) diopere dal chiaro influsso esoterico (tendenti cioè adiffondere la teoria della unione trascendente delle reli-gioni) quali quella del Servier e quelle di MirceaEliade. Significativo.

8) R. DE MATTEI, op. cit., p. 242, n. 105. È evidentein questo caso come Introvigne (di Alleanza Cattolica)e De Mattei (del C.C. Lepanto, ma ex-dirigente diAlleanza cattolica) siano al rimorchio della TFP.

9) Tradizione Famiglia Proprietà. Associazione catto-lica o setta millenarista?Rapporto redatto da un’equipe diex-militanti TFP, ex alunni della scuola St Benôit, genito-ri e sacerdoti. Pro manuscripto, maggio 1996.

10) Merita di essere letta la difesa d’ufficio cheIntrovigne fa dei “Bambini di Dio”, fondati da DavidBerg (detto Moses David) alle pp. 93-96. Non si sa se ri-dere o piangere!

11) Introvigne parla della questione alle pp. 89 e 92del suo studio. A p. 64 del Rapporto vengono escluseesplicitamente dal novero delle sette “le strutture ini-ziatiche ed esoteriche in genere”. Solo una loggia irre-golare di rito egiziano (sulle dieci esistenti in Francia) èstata inclusa nell’elenco.

12) Sodalitium non ha simpatie per l’Islam, e tantomeno per gli islamisti, siano essi radicali o no.Denunciamo però la campagna anti-palestinese e anti-araba di questi falsi “cattolici tradizionalisti” che sifanno scudo della religione e delle memorie di Lepantoper fare una campagna a senso unico (sempre anti-isla-mica, mai anti-sionista o anti-israeliana) degna del go-verno di Tel-Aviv e non certo degli eredi spirituali disan Pio V. Lo stesso discorso vale per l’anti-comunismoda guerra fredda dei nostri “controrivoluzionari” asenso unico, che della rivoluzione attaccano efficace-mente solo una faccia, e mai le altre.

13) DE MATTEI, op. cit. pag. 242 n. 105.14) Si tratta di una affermazione gratuita di Intro -

vigne, non suffragata dai fatti. In nota egli cita due studicontro l’Opus Dei e uno contro la TFP. L’opuscolo con-tro l’Opus Dei di Arnaud de Lassus, citato da Intro -vigne, non proviene, come si lascia credere, da ambienti“ultra-tradizionalisti” o “sedevacantisti” scomunicati.De Lassus è un fedele di Giovanni Paolo II tanto quan-to Massimo Introvigne. Quanto alla letteratura anti-TFP, Introvigne cita esclusivamente la rivista Sous laBannière, rivista di poco o nessun peso, da quando non

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vi collabora più P. Guérard des Lauriers. Egli evita cosìche il lettore incuriosito si rivolga a fonti più serie (epertanto pericolose per la TFP) che hanno trattato delproblema e che sono il vero bersaglio del “noto sociolo-go”. Per la piccola storia: Sous la Bannière pone tra lesette, accanto alla TFP e alla CRC, anche la “micro-secte macaroni”, alias Istituto Mater Boni Consilii (ifrancesi designano gli italiani col soprannome di “maca-roni”, storpiatura di “maccheroni”).

15) Rosso... solo di capelli, naturalmente!16) Alludo ad un articolo di Morra dedicato a

Michael Novak, intitolato appunto Il cattocapitalista, epubblicato sul Giornale del 1 aprile 1997, p. 19.

17) MARCO RESPINTI, Nemici di Satana, su Il Secolod’Italia del 29 giugno 1997, p. 17.

18) La difesa della TFP è il vero obbiettivo diRespinti, come di Introvigne, in questo tipo di articoli.Abilmente, il movimento brasiliano viene incluso in unalunga lista di “rispettabili” e insospettabili movimenticattolici, affinché il lettore non si accorga dello scopodei due militanti di un movimento satellite della TFP.

19) FRANCESCO PAPPALARDO,“Sette”, il grandeequivoco, in Il Secolo d’Italia del 4 giugno 1997.

20) Segnalo en passant, altre iniziative che non pos-sono non ottenere il sostegno di tutti i benpensanti, chenon sempre sanno di inviare offerte e nominativi a sa-telliti della TFP... Il Centro culturale Lepanto è specia-lizzato (sotto varie etichette): come Luci dall’Est, nellapromozione di una immagine della Madonna di Fatima(ma non una qualunque: solo quella ‘miracolosa’ chepossiede la TFP); come SOS Ragazzi, nella lotta alla te-levisione violenta o immorale; come Lepanto e Fami -glia domani, nella lotta all’omosessualità legalizzata;altre associazioni, nella lotta all’immigrazione (natural-mente “musulmana”).

21) Cf MARCO RESPINTI, La figura e il pensiero diRussel Kirk, in ‘A voi il tempo, a noi l’eternità’, Letteratie pensatori controrivoluzionari. Atti del ConvegnoTradizionalista di Civitella del Tronto 1997, supplemen-to a Controrivoluzione, n. 47-49, dic. 1996-maggio 1997,pp. 98-116. Naturalmente, il Convegno di Civitella nonè appiattito su di una sola posizione, e quella dei disce-poli di Corrêa de Oliveira è solo una voce tra le altre...

22) Alludo, ad esempio, alla conferenza tenuta aTorino da Marco Respinti e Maurizio Blondet, intitola-ta L’America antimondialista: temi e volti dell’ambientenazionalconservatore statunitense (gennaio 1997) e tesaa diffondere il verbo di Russel Kirk. È curioso notare lacollaborazione tra Respinti (vicino alla TFP) e Blondet(vicino all’Opus Dei ma anche al movimento di L.LaRouche, acerrimo nemico della TFP).

23) “L’Italia ha bisogno di una destra seria, grande; diun autentico movimento conservatore nei principi e nellaprassi.... Gianfranco Fini mi sembra il leader giusto al mo-mento giusto...”. È l’opinione di Christian Kopff intervista-to da Respinti sul Secolo d’Italia del 20 agosto 1997, p. 13.

24) Enrico Colombo recensisce positivamente suStudi Cattolici (n. 433, marzo 1997, p. 228) il libro diRussel Kirk Le radici dell’ordine americano nell’edizio-ne italiana curata da Respinti. La rivista opusdeista fauna sola critica a Kirk: “Appare ... troppo reciso il suorifiuto, sulla scorta di Edmund Burke, della Rivoluzionefrancese, considerata esclusivamente come evento storicoanticristiano e non, anche, come fine del mondo feudalee nascita del moderno Stato borghese, di cui questo libroè spesso un implicito elogio”. A Kirk (e Respinti) piacela Rivoluzione americana, ma non quella francese; aStudi Cattolici piacciono tutte e due. Buono a sapersi.

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25) M. RESPINTI, La destra italiana vista daChristian Kopff, Controrivoluzionario coi baffi, su IlSecolo d’Italia, 20 agosto 1997, p. 13.

26) A. MARCIGLIANO, Liberale e/o conservatore?Su Il Secolo d’Italia del 30 maggio 1997.

27) M. Novak, Elogio della democrazia in America,su Nuntium, rivista della Pontificia Università Late -ranense, giugno 1997, n. 2, p. 42, n. 13. Non a casoRespinti, nella sua conferenza su Kirk tenuta aCivitella, cita Acton e Toqueville. Su Acton vedi quan-to scrivo in questo stesso articolo.

28) M. RESPINTI, I liberalassolutisti, in Il Secolod’Italia, 28 giugno 1997, p. 15. “John Gray, con il suostudio ‘Liberalismo’ ... offre piste di ricerca ottime perconsiderare il debito medioevale di un certo liberalismo,soprattutto anglosassone, spingendosi fino a ravvisareelementi tomisti nel pensiero di John Locke”.

29) M. RESPINTI, Burke, la saggezza del conservato-re, in Il Secolo d’Italia, 6 dicembre 1996, p. 20.

30) M. RESPINTI, Duecento anni fa moriva EdmundBurke. Il grande conservatore, in Il Secolo d’Italia, 9 lu-glio 1997, p. 15.

31) A. G. MACKEY 33°, Encyclopedia of Freema -sonry, ed. rivista nel 1953 da R.I. Clegg, The Ma sonicHistory Company, Chicago, U.S.A., vol. 1, p. 162.

32) Lessing, amico di Voltaire e Moses Mende -lsohn, fu uno dei pionieri della critica razionalista aiVangeli. Nel dramma Nathan il saggio (1779) egli ri-prende la parabola dei tre anelli che rendono ugualmen-te cari a Dio “il Templare, il Maomettano e l’Ebreo”.

33) Enc. Treccani, voce Burke.34) Dopo la Rivoluzione Francese, Joseph De

Maistre difese la religione cattolica, combatté ilGallicanesimo, sostenne l’infallibilità del Papa e scrissepersino in favore dell’Inquisizione spagnola. Ottimi auto-ri, pertanto, citano De Maistre come un’autorità nelcampo della dottrina sociale della Chiesa. Tuttavia, oc-corre essere prudenti, se non sulla persona, almeno sulladottrina. È noto che De Maistre era un alto grado dellaMassoneria. Iniziato nel 1774, divenne presto “GrandeOratore” nella Loggia Aux Trois Mortiers di Chamberycol nome Josephus a Floribus, “La lettura dei testi redattidai suoi maestri spirituali, Boehme, Swedenborg, Martinezde Pasqually [cabalista ebreo e massone], lo spingeva suquella strada, verso la massoneria occultista” (Francovich,Storia della massoneria italiana dalle origini allaRivoluzione francese, p. 253). Famosa è la sua Memoria alduca di Brunswick, redatta nel 1782 in vista del convegnomassonico di Wilhelmsbad. In questa memoria deMaistre, che difende la liceità dell’iniziazione massonicarifiutando esplicitamente le condanne fatte dai Papi, so-stiene che il vero scopo della Massoneria è la riunione ditutte le Chiese cristiane (oggi diremmo: l’ecumenismo) e,più oltre, il Cristianesimo Trascendentale degli ElettiCoen inventato dal marrano Martinez de Pasqually (cfFrancovich, pp. 339-342). Alla vigilia dello scoppio dellaRivoluzione, de Maistre incontra persino un Illuminato diBaviera, che ci descrive il nobile savoiardo mentre curaun “fratello” con l’ipnotismo e il mesmerismo.“Trascurando quindi le doti terapeutiche del pensatore euomo politico savoiardo, è curioso notare come il futurocmpione del cattolicesimo romano negli anni dellaRestaurazione, il futuro autore del ‘Du Pape’ , pur rima-nendo nell’ambito dell’ortodossia [sic], passasse attraversotutte le fasi dell’irrazionalismo preromantico: da cavalieretemplare a Gran Professo lionese ed infine a cultore delmesmerismo” (Francovich, p. 431). A questo punto la do-manda che ci si può porre è la seguente: fino a che punto

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De Maistre, uscito dalla Massoneria, purificò le sue idee?Fino a che punto è per i cattolici un pensatore affidabile?

35) Hume, amico del fondatore del liberismo econo-mico Adam Smith, era probabilmente ateo. Tutte le sueopere, quindi anche quella lodata da Burke, De Maistree Respinti, sono all’indice dei libri proibiti fin dal 1761.

36) Gli ebrei spagnoli e portoghesi si rifugiarono ingran parte, dopo essere stati espulsi da quei paesi catto-lici, nell’Olanda protestante, che divenne la loro Meccafinché non spiccarono il volo per l’Inghilterra e, in se-guito, gli Stati Uniti.

37) Cf M. RESPINTI, Quella Rivoluzione conserva-trice, in Il Secolo d’Italia, 15 luglio 1997, p. 17. “I patrio-ti nordamericani si portavano nel cuore un ‘mondo anti-co’ che per loro aveva i tratti, le fattezze e l’anima dellatradizione britannica”.

38) Cf S. ROMANO, Burke, un rivoluzionario controla rivoluzione, su La Stampa del 1 agosto 1997, p. 19.Romano finisce il suo articolo citando Crispi: “...noi ab-biamo qualche data migliore [di quelle della rivoluzionefrancese], quella del 20 settembre 1870, la quale, abolen-do l’ultimo avanzo del feudalesimo politico, dette ai po-poli completa ed intera libertà di coscienza...”.

39) M. RESPINTI, Nascita di una nazione, su IlSecolo d’Italia, del 14 agosto 1997.

40) Kirk nasce nel 1918 da famiglia puritana. In se-guito divenne agnostico. “Lontano da ogni tipo di federeligiosa durante gli anni della giovinezza, Kirk non hamai fatto serie professioni di ateismo, anche se in alcunisuoi scritti giovanili la difesa del patrimonio culturale espirituale dell’Occidente si alterna al alcune (evidente-mente contraddittorie) critiche al cristianesimo” (M.Respinti, La figura e il pensiero di Russel Kirk, in Attidel Convegno tradizionalista di Civitella del Tronto1997, p. 103) Negli anni ‘50 si avvicina al pensiero diBurke, ma solo nel 1964 si converte al cattolicesimo delVaticano II. Questa conversione non impedisce a Kirkdi difendere la continuità tra il mondo giudaico e classi-co, quello medioevale inglese, quello protestante angli-cano, visto come un “Medioevo senza Chiesa” e “prote-sta contro l’Umanesimo e la sua penetrazione nellaChiesa di Roma” e, infine, quello della rivoluzioneamericana; Respinti è visibilmente imbarazzatonell’esporre il pensiero del suo beniamino sul prote-stantesimo (p. 108), ma finisce per giustificarlo!

41) R. DE MATTEI, op. cit., p. 95. Nella nota 113,l’Autore spiega quali fossero i politici cattolici transi-genti con l’avversario, e cioè “Quisling, Mosley,Degrelle, Seyss-Inquart & Co.”, che collaborarono conla Germania. A parte il fatto che non tutti, tra costoro,erano cattolici, ci chiediamo se Churchill non abbiaanch’egli collaborato con l’avversario n. 1 per il dottorPlinio, ovvero Stalin! Lo stesso De Mattei, su Cri -stianità (anno VIII, n. 60, aprile 1980, pp. 9-12), organodi Alleanza Cattolica, denunciò i crimini di Churchillnell’articolo Schiavi di Mosca e vittime di Yalta, comericorda lo stesso Marco Respinti su Il Secolo d’Italia del6 giugno 1997, p. 20, nell’articolo 1945, la strage deglislavi anticomunisti. Si direbbe che nel “dottor Plinio”l’amore per i “valorosi soldati anglo-americani” (cit. daDe Mattei, p. 99) superi persino il suo proverbiale anti-comunismo. L’attitudine della TFP durante la guerradelle Falkland-Malvinas, contro l’Argentina e perl’Inghilterra, lo conferma.

42) Cf ALEC MELLOR, Dictionnaire de la Franc-Maçonnerie et des Frac-Maçons, Belfond, Paris, 1989, p.249, e Yann Moncomble, L’irrésistible expansion dumondialisme, Faits et documents, Paris, 1981, p. 201.

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Churchill era membro anche dell’organizzazione mon-dialista Royal Institut of International Affairs.

43) H. COSTON, Les financiers qui mènent lemonde, Publications H.C., Paris, 2a ed. 1989, p. 315.

44) R. DE MATTEI, op. cit., pp. 46-47, n. 89.45) Ibidem, p. 101.46) “L’Austria - scrive De Mattei (op. cit., p. 45), che

aveva raccolto l’eredità del Sacro Romano Impero carolin-gio, costituiva ai suoi occhi l’espressione storica per eccel-lenza della Civiltà cristiana. Tra il XVI e il XVIII secolo, difronte al protestantesimo dilagante nel Nord-Europa e allacultura laica e pre-illuminista che si formava, l’Imperoasburgico rappresentò il simbolo della fedeltà alla Chiesa”.Non siamo certo contrari al Sacro Romano Impero. Ci siapermesso però di ridimensionare l’elogio incondizionatoche ne fa il dottor Plinio. Purtroppo, tutte le dinastiedell’Ancien Règime mancarono gravemente al loro dove-re, osteggiando la Chiesa, prima e dopo la Rivoluzione. Sipensi, quanto all’Austria, all’affiliazione massonica diFrancesco I di Lorena e alla propaganda massonica egiansenista dei suoi figli Giuseppe II e Leopoldo II. Lostesso Francesco-Giuseppe, dopo aver stipulato il merito-rio concordato del 1855 che spezzava le catene poste daGiuseppe II, cadde, a partire dal 1866, nelle mani del par-

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UNA RADIOGRAFIA DELGIUDAISMO:

ISRAEL SHAHAKStoria ebraica e giudaismo

Introduzione

Èuscito recentemente un interessantelibro del professor Israel Shahak, desti-

nato a restare un punto fermo nella storiadegli studi sul Giudaismo, come il libro diBer nard Lazare sull’Antisemitismo. Esso,oltre a fare piena luce sugli aspetti meno co-nosciuti del Giu daismo talmudico, è rigoro-samente documentato (cita con cognizionedi causa il Talmùd ed anche i migliori com-menti talmudici), è di un autore ebreo e per-ciò non imputabile di antisemitismo, ed è re-cente. Opere analoghe risalgono al secoloscorso e non sono aggiornate all’esperienzasionista, che è di capitale importanza per lacomprensione dell’Ebraismo.La breve presentazione vuole essere un

invito al lettore all’approfondimento del te -ma mediante la lettura del testo stesso (1).

Recensioni

tito liberale. Con a capo del governo il protestante Beust,l’Austria varò le leggi anti-cattoliche del 25 maggio 1868(contro le quali protestò Pio IX il 22 giugno dello stessoanno), ostacolò con ogni mezzo il Vaticano I nel 1870,giungendo persino a denunciare unilateralmente ilConcordato, varando infine nuove leggi anti-cattoliche nel1874. È noto che l’Impero, durante la Belle époque tantoamata dal dott. Plinio era culturalmente debitore dell’in-flusso ebraico, e che Francesco Giuseppe stesso fu semprefavorevole ai suoi suddditi israeliti. Non rimprovero aPlinio Corrêa de Oliveira la sua simpatia per l’Impero e gliAsburgo; non bisogna tuttavia chiudersi gli occhi di fronteai fatti storicamente accertati che ho segnalato: un po’meno di entusiasmo sarebbe doveroso... (Lo stesso, et illudmagis, si dica dello scismatico impero bizantino, elogiatoda Marco Tangheroni sul Secolo d’Italia dell’11 luglio1997, p. 20, nel Dizionario del pensiero forte).

47) Tutte queste citazioni sono tratte dall’ottimo:Arnaud de Lassus, Connaissance élémentaire de laFranc-Maçonnerie, Action familiale et scolaire, 31 rueRennequin, 75017 Paris (IIa ed., marzo 1996), pp. 29-32.

48) A. MARCIGLIANO, Nel mondo di Pessoa (1 lu-glio 1997, p. 15), e Pessoa monarchico puro (21 settem-bre 1997, p. 15). La citazione è tratta dal primo articolo.

Razzismo ebraico

L’autore scrive: «Avevo visto coi mieiocchi, a Gerusalemme, un ebreo ultra-orto-dosso rifiutare che si utilizzasse il suo telefo-no, di sabato, per chiamare un’autoambulan-za, per soccorrere il suo vicino di casa non-ebreo, colpito da un grave malore (...).Ho domandato udienza al tribunale rab-

binico di Gerusalemme, che è composto dirabbini nominati dallo Stato d’Israele. Hochiesto loro se questo modo di fare s’accor-dasse con la loro interpretazione della reli-gione ebraica. Mi hanno risposto che l’ebreoin questione si era comportato correttamen-te, ed anche piamente, e mi hanno rinviatoad un certo versetto di un compendio delleleggi talmudiche compilato nel nostro seco-lo: (...) Un ebreo non deve violare il sabato,per salvare la vita ad un non-ebreo» (2).

Irredentismo israeliano

Israele crede nella “redenzione”dellaterra, intesa come riduzione progressiva delnumero dei non-ebrei abitanti in Israele. «Il vecchio proprietario non-ebreo può es-

sere il più virtuoso degli uomini, l’acquirente ilpeggiore dei criminali: se è ebreo, la transazio-ne opererà la “redenzione”o la “salvez -

“Dio non esiste e noi [ebrei] siamo il suo popolo eletto”. (WOODY ALLEN)

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za”della terra. Al contrario se il peggioredegli ebrei cede la sua proprietà al miglioredei non-ebrei, la terra fino allora “redenta esalvata”, ricadrà nella “dannazione”... La con-clusione logica di tali teorie è l’espulsione... ditutti i non-ebrei dalla terra “redenta”» (3).

Pregiudizi

Fino al 1780, il termine “ebreo” coinci-deva con ciò che tutti gli ebrei considerava-no come l’essenza della loro identità cioècon la religione; anzi i precetti della religio-ne giudaico-talmudica dirigevano, fin neiminimi dettagli, tutti gli aspetti della vita so-ciale e privata degli ebrei, sia tra loro chenei rapporti coi gojim. «Era impensabile,fino allora, che un ebreo potesse bere unbicchiere d’acqua presso un non-ebreo» (4).Gli ebrei occidentali acquistarono a partiredal 1780 la libertà e l’uguaglianza civile e co-minciarono ad assimilarsi ai non-ebrei, colrischio di perdere la loro identità. Fu cosìche il Gran Kahal conobbe un periodo dicrisi (in Occidente e non in Oriente, ove ilfenomeno dell’emancipazione e dell’assimi-lazione non fu diffuso). Tuttavia il movi-mento anti-assimilazionista, difeso dal rab-binato ortodosso e dal Gran Kahal, (5) ripre-se il sopravvento con la nascita del movi-mento sionista e con la fondazione (1843)del B’nai B’rith (6). «Secondo la Càbala igentili sono considerati alla lettera “membrifisici” di Satana, ad eccezione di coloro chesi convertono al Giudaismo» (7): non è quin-di lecito assimilarsi ad essi.

Il Talmùd anticristiano

Nel corso del XIII secolo vi furono i famo-si attacchi dei Cristiani contro il Talmùd, maciò avvenne, come spiega Shahak, poiché degliEbrei convertiti avevano rivelato le nefandez-ze contenute in tale opera. Infatti «prima, leautorità cristiane attaccavano il Giudaismocon argomenti generali o tratti dalla Bibbia,ma sembravano ignorare tutto del Talmùd.(...) Essi l’hanno attaccato grazie alla conver-sione di alcuni ebrei, versati nella scienza tal-mudica... Innanzitutto riconosciamo che ilTalmùd ...contiene delle espressioni... assai in-giuriose soprattutto nei confronti del Cri -stianesimo. Per esempio il Talmùd, oltre unalitania di accuse oscene contro Gesù, dice cheil suo castigo in inferno è di essere immerso inuno stagno di escrementi bollenti... Citiamo

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anche il precetto di bruciare, pubblicamente sepossibile, ogni esemplare del Nuovo Testa -mento. Precetto non abolito e applicato recen-temente: il 23 marzo 1980, centinaia di esem-plari del N. Testa mento sono stati bruciatipub blicamente e ritualmente a Geru sa lemme»(8). Ma non vi è soltanto il Talmùd, vi è anchetutta una letteratura talmudica più recente,per esempio il Mishneh Torah di Maimonide«opera piena di precetti i più ingiuriosi riguar-do ai pagani, ma anche di violenti attacchichiarissimi contro Gesù e il Cristianesimo, chel’autore menziona sempre con l’aggiunta:“Perisca il nome dell’infame!”» (9). Occorresapere che il nome di Gesù equivale, perl’Ebraismo ortodosso, ad un’ingiuria, come laparola “porco” ed ogni volta che si vuol insul-tare qualcuno gli si dice: “Gesù”!

Sottomissione apparente

Siccome la reazione al Talmudismo eradiventata troppo forte, gli Ebrei escogitaronodi «sopprimere o modificare i passaggi talmu-dici ostili al Cristianesimo o ai non-ebrei...Inutile dire che tutto ciò fu una menzognadeliberata... infatti a partire dalla fondazionedello Stato d’Israele, i rabbini sentendosi alsicuro, hanno ristabilito tutti i passaggi ingiu-riosi in tutte le nuove edizioni» (10). Per esem-pio, il Talmùd (Trattato Bera khot, 58 b) in-giunge ad ogni ebreo che passa davanti ad uncimitero di benedirlo se è un cimitero ebrai-co, e di maledire le madri dei defunti se è uncimitero non-ebraico. Il professor Shahakcommenta: «Questi usi non possono esserespiegati come semplici reazioni all’Antise -mitismo; essi derivano da un’ostilità selvaggianei riguardi di tutti i non-ebrei» (11). Nel 1962, una parte del Codice di Mai -

monide Il Libro della conoscenza, che contie-ne le regole elementari della fede e della mo-rale giudaica post-templare, è apparso aGerusalemme in edizione bilingue (ebraico-in-glese). Il testo ebraico è stato restaurato nellasua “purezza” originale e l’ordine di stermina-re tutti gli ebrei infedeli vi appare esplicita-mente: «è un dovere sterminarli con le propriemani». Ma chi sarebbero questi infedeli?«Gesù di Nazareth e i suoi discepoli» (12).

Ortodossia giudaica: Fratelli maggiori, fratelli peggiori?

L’Autore ci fornisce una spiegazione assaidettagliata del sistema teologico-giuridico del

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Giudaismo classico (ossia il Giu daismo rabbi-nico che va dall’800 sino alla fine del XIX se-colo; esso è chiamato anche medioevo giudai-co). Egli inizia col dissipare alcune idee false,assai abusate oggi; soprattutto quella dei valoricomuni della cultura giudaico-cristiana, comead esempio, l’idea che gli Ebrei siano nostri“fratelli maggiori nella Fede di Abramo”.L’Ebraismo talmudico non ha la Fede diAbramo, ma ne discende solo carnalmente, edinoltre i fratelli maggiori della Bibbia (Caino,Ismaele, Esaù) sono il tipo del rèprobo, pro-prio come la Sinagoga talmudica fu riprovatada Dio per il Deicidio e fu soppiantata dal fra-tello minore: la Chiesa di Cristo. Occorre infatti distinguere il Giudaismo

post-biblico o talmudico (che odia Cristo e iCristiani) dall’Antica Alleanza che prefigu-rativamente era cristiana (annunciava inGesù Cristo il Messia venturo). Innanzitutto il Giudaismo cabalistico non

è per nulla monoteista. Secondo la Càbalaspuria il mondo non è retto da un solo Dio,ma da una miriade di eoni o intermediari di-vini, che emanano dalla Divinità (Panteismoemanazionista). Inoltre alcune «preghiere oatti rituali, secondo i cabalisti, hanno perscopo di ingannare gli Angeli (sorta di divi-nità minori o semi-dèi) oppure di rendereSatana propizio... [egli] apprezza molto lepreghiere e i rituali ebraici... Sem pre secon-do i cabalisti, alcune delle vittime offerte insacrificio erano destinate a Satana» (13).Il Giudaismo post-biblico è anti-biblico.

Shahak ci informa che tutte queste nozioninon possono essere cercate nei libri in linguavernacolare, ma solo in ebraico, in testi scrit-ti per un pubblico specializzato. «Un’i deafalsa assai diffusa tra i Cristiani oggi... è che ilGiudaismo sarebbe una religione biblica; chel’A. Testamento avrebbe la stessa importan-za che ha tra i Cristiani... Mentre tutto è de-cretato dal Talmùd e non dalla Bibbia» (14).La maggior parte dei versetti biblici che

prescrivono dei precetti religiosi sono spiegatidal Giudaismo ortodosso con un significatocompletamente diverso da quello dellaBibbia. Per esempio: «1°) “Non rubare”... èinterpretato come la proibizione del “furto”,cioè del rapimento di un ebreo... Mentre il ra-pimento dei pagani da parte degli Ebrei è leci-to secondo la legge talmudica... 2°) Alcuni ter-mini come: “il tuo simile”, “uo mo”, sono presiin senso esclusivistico e sciovinista. Per esem-pio: “Amerai il prossimo tuo come te stesso”,è inteso dal Giu daismo classico ed ortodosso

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attuale come l’ordine di amare il prossimoebreo, e non l’uomo in genere» (15). Così,commenta il professor Shahak, più uno leggela Bibbia, meno ne sa sul Giudaismo ortodos-so: la Bibbia che leggono gli ebrei ortodossi èun’altra (quanto al significato) rispetto a quel-la che leggono i non-ebrei o anche gli ebreinon-ortodossi.

Il Talmùd e le dispense che concede

Riporto alcuni esempi di dispense fari-saico-talmudiche:1°) Mungere le mucche il sabato.De jure è proibito dal Talmùd, ma de

facto si è trovata una scappatoia: è lecitomungere una mucca il sabato, a condizioneche il latte vada sparso per terra. Tuttavia «ilsabato mattina un contadino va alla stalla edepone dei secchi sotto la vacca. E ciò è leci-to. Poi... uno dei suoi colleghi arriva, con la“pia” intenzione di impedire che la muccasoffra, mungendola e facendo colare il latte aterra. Ma se il caso vuole che proprio sottoalla mucca vi siano dei secchi, deve forse to-glierli? No!... Infine un altro collega passadalla stalla ove scorge, con stupore, che i sec-chi sono pieni di latte. Allora li mette al fre-sco... e raggiunge i suoi colleghi in... sinago-ga. Tutto è bene quel che finisce bene» (16). 2°) Mischiare i semi.È proibito seminare due specie diverse di

grano nello stesso campo. Tuttavia è lecitoche uno semini, in lunghezza il campo conuna specie di seme, e poco dopo un altro“ignorando” ciò che ha fatto il primo, seminiun’altra specie, in larghezza. Oppure «qualcu-no raccoglie, in un luogo pubblico, una speciedi seme e ne fa un mucchio, poi lo ricopre conun telo o una tavola, e vi versa sopra un’altraspecie di semi. Quindi arriva un altro chedeve esclamare davanti a dei testimonii: hobisogno di questo sacco (o tavola). La prendee “naturalmente” i semi si mischiano. Final -mente arriva un terzo, con il compito di “rac-cogliere il tutto” e di andare a seminarlo nelcampo» (17). Shahak conclude che il “dio” delTalmùd lungi da rassomigliare al Dio biblicosomiglia al dio Giove dei Romani.

Giudaismo classico e élites tradizionali

«La società ebraica classica dipendevastrettamente dai Re o dai nobili... Le diverseleggi ebraiche... comandano ai Giudei d’in-giuriare i pagani... Tranne quando un pagano

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sia Re o un magnate... in questo caso va rive-rito... La società ebraica classica è in totaleopposizione con la Società che l’accoglietranne che nei riguardi del Re o dei nobili»(18). Lo Shahak spiega che il Giudaismo pre-diligeva quei regimi forti e un po’ tiranniciche opprimevano i loro sudditi, in particolarei contadini. In questo modo gli Ebrei poteva-no ingraziarsi i Re o i nobili (essendo per lopiù medici o finanzieri dei Re stessi...) ed op-primere così il popolo pagano tramite il Re.

Sciovinismo ebraico-sionista

«Vi sono sempre state relazioni strettetra i sionisti e gli antisemiti. I sionisti pensa-vano di avvantaggiarsi dall’aspetto demonia-co dell’antisemitismo e di utilizzare gli anti-semiti per i proprii scopi» (19). Ed è propriociò che son riusciti a fare negli anni trenta-quaranta. «L’esempio più scioccante, secon-do l’Autore, è la gioia con la quale alcuni di-rigenti sionisti accolsero l’ascesa di Hitler alpotere, poiché avevano in comune la fedenel primato della razza e l’ostilità all’assimi-lazione degli Ebrei» (20). Erano in disaccor-do sul fatto che per i sionisti la razza puraera quella ebraica, mentre per i nazionalso-cialisti era quella germanica.

Le leggi contro i non-ebrei

La Halakhah ovvero il sistema di leggidel Giudaismo ortodosso, si fonda sulTalmùd babilonese. Il primo codice o com-mento della legge talmudica, d’importanzafondamentale, è la Mishneh Torah, scritta daMosè Maimonide alla fine del XII secolo. Ilpiù autorevole di questi commenti al Talmùdè lo Shulhan ‘Arukh (La tavola imbandita) diJoseph Caro, della fine del XVI secolo. Essoè un compendio, ad uso del popolo, diun’altra sua opera, Beit Josef (La casa diGiuseppe), un commento assai voluminoso,destinato agli eruditi. Numerosi commentisono stati scritti sullo Shulhan ‘Arukh, so-prattutto nel XVII secolo, e ne esiste ancheuno contemporaneo di una cer ta importanzae si chiama Mishnah Berura. Nel 1950 infineè stata pubblicata in Israele, in ebraico,L’Enciclopedia talmu dica, che è un buoncompendio di tutta la letteratura talmudica.«Secondo la legge giudaica, l’uccisione di

un ebreo è un crimine capitale... Il caso è deltutto differente se la vittima è un non-ebreo.L’ebreo che uccide deliberatamente un non-

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ebreo è colpevole soltanto di un peccatocontro le leggi del cielo, punibile solo daDio e non dall’uomo. Se si è causa indirettadella morte di un non-ebreo, non vi è alcunpeccato. Così... se si tratta di un gentile... glisi può far del male indirettamente, peresempio togliendo una scala quando è cadu-to in un fosso... Tuttavia se ciò comporta ilrischio di suscitare l’ostilità contro gli ebrei,non bisogna farlo» (21). Inoltre: «In tempo diguerra, tutti i pagani appartenendo ad unapopolazione nemica possono, o anche deb-bono essere uccisi. A partire dal 1973, que-sta dottrina è propagata pubblicamente tra isoldati israeliani religiosi» (22). Il rabbino A.Avidan (Zemel) ha scritto: «I civili di cuinon si è sicuri che non ci nuocciano, secondola Halakhah, possono e anche debbono es-sere uccisi... In guerra, quando le nostretruppe sferrano l’attacco finale, è loro per-messo e ordinato dall’Alakhah di uccidereanche i civili buoni, vale a dire che si presen-tano come tali» (23). Anche donne e bambi-ni, prosegue il professor Shahak. Inoltre un medico ebreo (ortodosso) non

deve curare un malato non-ebreo, tuttaviase ciò rischia di suscitare l’ostilità contro gliebrei, lo si può curare. Infine si può violare il sabato per salvare la

vita ad un ebreo, ma se si tratta di un gentile?Il Talmùd risponde che è proibito anche du-rante la settimana; tuttavia si pongono dei“casi di coscienza”. Supponiamo che uno sta-bile sia abitato da nove gentili e da un soloebreo. Supponiamo che di sabato lo stabilecrolli. Si sa che uno dei dieci, non si sa seebreo o gentile, al momento del crollo non erain casa. «Bisogna iniziare le ricerche e violareil sabato, pur dubitando che colui che è assen-te sia proprio l’e breo?... Sì, poiché vi sonoforti probabilità (nove contro una) che l’ebreosi trovi sotto le macerie. Ma supponiamo chenove erano usciti e che uno solo, s’ignoraquale, sia restato in casa. In tal caso non oc-corre fare le ricerche, poiché vi sono forti pro-babilità (nove contro una) che l’ebreo non siala persona sotto le macerie» (24).

Comportamenti ingiuriosi

Le leggi della Halakha inculcano odio edisprezzo nei confronti dei non-ebrei.Cominciamo coi testi di alcune preghiere«Le diciotto benedizioni contengono unamaledizione diretta originariamente contro iCristiani, gli ebrei convertiti al Cristia nesimo

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e gli altri ebrei eretici [questa preghiera nonè diretta contro gli ebrei convertiti all’Islàm]:“Che gli Apostati non abbiano alcuna spe-ranza, e che tutti i Cristiani periscanoall’istante”. Questa formula risale alla finedel I secolo... Poco prima del 1300 divenne:“Che gli Apostati non abbiano alcuna spe-ranza, e che tutti gli eretici periscanoall’istante”. (...) Dopo il 1967, molte comu-nità... hanno ristabilita la versione originaria:“Che i Cristiani periscano all’istante”.Questo cambiamento è avvenuto nel mo-mento in cui... Giovanni XXIII, sopprimevadalla Liturgia del Venerdì Santo la preghieraPro perfidis Judeis giudicata antisemita» (25).Il Talmùd (Trattato Berakhot, 58 b) pre-

scrive all’ebreo che passa davanti ad unacasa abitata da non-ebrei di domandare aDio di distruggerla, e se è già in rovina diringraziarlo della sua vendetta. Lo stesso di-casi per le Chiese e i luoghi di culto dellealtre religioni, tranne l’Islàm. Voglio citare un esempio che ho ascoltato

io stesso, circa due anni orsono, durante unaconferenza in Torino per la presentazione dellibro di Elio Toaff: Essere ebreo. Gad Lernerha raccontato che quando da bimbo tossiva,sua nonna gli dava dei buffetti sulle spalle di-cendo alla tosse: “va da un goj, va da un goj”!

Attitudini verso il Cristianesimo e l’Islàm

«Il Giudaismo nutre un odio viscerale neiconfronti del Cristianesimo... esso risale aitempi in cui il Cristianesimo era ancora debolee perseguitato (tra gli altri proprio dagli Ebrei)ed è stato espresso dagli Ebrei che non subiro-no mai persecuzioni da parte di Cristiani...Questa attitudine ha due fonti principali:1°) L’odio di Gesù... i racconti fantasiosi

e diffamatori del Talmùd e della letteraturatalmudica... questi falsi racconti hanno de-terminato buona parte dell’attitudine ostiledegli Ebrei contro il Cristianesimo. (...)Tutte le fonti ebraiche classiche, che parlanodell’esecuzione di Gesù ne rivendicano laresponsabilità e ne gioiscono... i Romaninon son neanche nominati. (...) Il nome diGesù è per gli Ebrei un simbolo di tutte leabominazioni possibili...2°) (...) L’insegnamento rabbinico classi-

fica il Cristianesimo tra le religioni idolatre,...mal interpretando il dogma della Trinità edell’Incarnazione...Al contrario l’Islàm, gode di una relativa

clemenza... Il Corano, a differenza del N.

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Testamento non è da bruciare. Non è circon-dato dalla profonda venerazione che la Leggeislamica ha per i rotoli sacri degli Ebrei, maalmeno, è un libro come gli altri» (26).

Conclusione

Israel Shahak è un uomo molto lontanodalle posizioni che animano la nostra rivista.Ebreo, razionalista, strenuo sostenitore dei di-ritti dell’uomo e nemico di ogni integralismo:non si potrebbe veramente trovare qualcunopiù lontano da noi di questo ammiratore diSpinoza e di Voltaire. Alcuni passi del suolibro sono pertanto censurabili, specialmenteper quel che riguarda l’esegesi dell’antico e delnuovo Testamento. Tutta via vi sono in Shahakuna onestà e una sincerità disarmanti e lo spi-rito di questo ebreo non religioso è certamen-te più vicino al Vangelo di quanto non lo siaquello, diametralmente opposto, dei rabbiniortodossi. Piace pensare che Shahak avrebbeprobabilmente riconosciuto Gesù; certamentenon sarebbe stato del numero dei farisei a Luiostili. Queste pagine, scritte da un ebreo, nep-pure convertito al Cristianesimo, sono pertan-to al disopra di ogni sospetto e fanno pienaluce sull’essenza del Giudaismo talmudico:una scuola di orgoglio, di odio dell’altro, dimenzogne sistematiche. Il Farisaismo cheGesù stigmatizzava tanto non è per nulla cam-biato, lo ritroviamo tale e quale ai giorni no-stri, con l’unica differenza che se ieri era con-dannato, oggi viene osannato! E soprattutto,ahinoi, esso ha raggiunto una tale potenza,anche materiale, da imporsi, con la forza dellevarie leggi “Mancino”, come la Super-religio-ne del mondo attuale, in cui al posto dellaReden zione operata da Gesù, vero Dio e verouomo, mediante il Sacrificio reale e cruentodel Calvario (vero e proprio Olocausto), sivuol mettere l’“olocausto” del popolo ebraico.

Note1) I. SHAHAK, Histoire juive, Religion juive. Le

poids de trois millénaires, La Vielle Taupe, Paris, 1996.Edizione italiana: Storia ebraica e giudaismo, CentroLibrario Sodalitium Verrua Savoia 1997.

2) I. SHAHAK, Histoire juive… pagg. 12-13. I riferi-menti in nota sono da riferirsi all’edizione francese, poi-ché al momento della stesura di questo articolo, l’edi-zione italiana non era ancora stata stampata.

3) Ibid., pagg. 20-21. 4) Ibid., pag. 33. 5) Cfr. in questo numero: Il Kahal: un terribile segreto.6) E. RATIER, Misteri e segreti del B’nai B’rith ediz.

Sodalitium, Verrua Savoia (TO), 1995. 7) I. SHAHAK, op. cit., pag. 37. 8) Ibid., pagg. 45-46.

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* LO STERMINIO DEI TEDESCHI AD OPERADEGLI EBREI, NARRATO DA UN EBREO…

Introduzione

«Dio sa se gli ebrei erano stati provocati, maio scoprii che nel 1945 uccisero un gran nume-ro di tedeschi: e non si trattava di nazisti, ...ma di civili, uomini e donne, bambini, neona-ti, il cui unico crimine era di essere tedeschi.A causa della collera degli ebrei... i tedeschipersero più civili che a Dresda (200.000n.d.r.), più, o almeno altrettanti, di quanti neavessero persi i giapponesi a Hiroshima...Questo scoprivo, e ne ero inorridito» (1).Chi scrive non è un revisionista, è un

ebreo! John Sack, inviato per “Harper’s”,“The Atlantic” e “The New Yorker”, corri-spondente speciale e produttore per la CBS,giornalista da quarantotto anni. Nel 1945l’esercito sovietico occupò la Polonia e partedella Germania. Venne immediatamente or-ganizzato un Ufficio per la Sicurezza delloStato, per “denazificare” il Paese. «Oltre apolacchi desiderosi di vendicarsi, i russi reclu-tarono anche ebrei (...) I tedeschi che finiro-no nei (...) campi di concentramento eranoper il 99% civili che non avevano mai com-battuto, compresi donne e bambini: coloroche sopravvissero alle torture vennero spessofalciati dal tifo e dagli stenti» (2). Dopo cin-quanta anni John Sack ha ritrovato negli StatiUniti e in Polonia, i protagonisti di questa vi-cenda: li ha intervistati, ha confrontato le lorotestimonianze e ha scritto il succitato libro.La maggior parte delle interviste di cui sicompone il libro è stata registrata; i nastri,per una durata di oltre trecento ore, fannoparte del fondo John Sack presso la BostonUniversity, dove chiunque li potrà consultare.

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Quando la vittima diventa carnefice

«Gerusalemme. Choc in TV: abbandona-to un piano per avvelenare sei milioni di te-deschi. Vendetta ebraica nel dopoguerra» (3).Non è il testo di un volantino naziskin,

no! È un articolo tratto da La Stampa di To -rino, che narra di un documentario della tele-visione israeliana: «Secondo la testimonianzadi un appartenente a uno di questi “gruppi divendetta”, sarebbe stato anche studiato unpiano per uccidere 6 milioni di tedeschi, av-velenando gli acquedotti di diverse città, tracui Norimberga e Monaco» (4).

Qualche brano del libro

«Ad Auschwitz le donne ebree non veni-vano violentate (le SS potevano venire im-piccate per questo), ma a Gleiwitz (il campodi concentramento in cui erano internati itedeschi, dopo il 1945 - n.d.r) poteva accade-re che un focoso inquisitore strappasse didosso i vestiti a una ragazza tedesca...» (5).Un libro un po’ crudo, ma da leggere per

non perdere la memoria storica.

Note1) J. SACK, Occhio per occhio, ed. Baldini & Ca -

stoldi, Milano, 1995, p. 102) Id. retro-copertina3) La Stampa, 25/02/1996, p. 94) Id.5) J. SACK, op. cit., p. 127

don Curzio NitogliaJ. SACK, Occhio per occhio.Ed. Baldini & Castoldi, Milano, 1995.

può essere ordinato pressola nostra redazione:

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ISRAEL SHAHAKStoria ebraica e giudaismo, il peso di tre millenni.Edizioni Centro Librario Sodalitium VerruaSavoia 1997. Pagine 264 L. 30.000.

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9) Ibid., pag. 47. 10) Ibid., pagg. 49-50. 11) Ibid., pag. 52. 12) Ibid., pag. 53. 13) Ibid., pagg. 69-70. 14) Ibid., pag. 73. 15) Ibid., pag. 75. 16) Ibid., pag. 87. 17) Ibid., pagg. 87-88. 18) Ibid., pagg. 106-109.

19) Ibid., pag. 138. 20) Ibid., pag. 139. 21) Ibid., pagg. 148-149. 22) Ibid., pagg. 149-150. 23) Cit. in I. SHAHAK,

pag. 150. 24) Ibid., pag. 161.25) Ibid., pagg. 182-183.26) Ibid., pagg. 191-193.

don Curzio Nitoglia

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SEGNALIAMO AI LETTORI ALCUNI LIBRI CHEABBIAMO RICEVUTO IN REDAZIONE:

* Storia, giustizia e verità a confronto (davia Rasella al caso Priebke). AssociazioneUomo e libertà (Via Cardinal Sanfelice 5,Roma), 1997, L. 28.000* MARIO SPATARO. Rappresaglia. Via

Rasella e le Ardeatine alla luce del casoPriebke. Settimo Sigillo. Roma, 1996, L. 38.000* PIERANGELO MAURIZIO. Via Rasella,

cinquant’anni di menzogne. Maurizio ed.,Roma, 1996, L. 20.000* PIERANGELOMAURIZIO. Roma ‘44, i signori

del terrore. Maurizio ed., Roma, 1997, L. 25.000* M. LUCIOLI, D. SABATINI. Resistenza al

di là del mito, C.S.S.T. Monte PorzioCatone, 1997, L. 25.000* PIERFRANCOMALFETTANI (A CURA DI). Fra

Ginepro. Il francescano, lo scrittore, il cappella-no. NovAntico ed., Pinerolo, 1997, L. 45.000La riforma dell’insegnamento varata dal

ministro Berlinguer sopprimerà praticamen-to lo studio del medioevo cristiano per darespazio alla storia contemporanea, ovvero...alla propaganda comunista. I vostri figli ver-ranno così “rieducati” a scuola, contro la vo-stra volontà. Non sarà inutile, allora, leggeree far leggere dei libri come quelli segnalatiche serviranno da antidoto al lavaggio delcervello. Spataro e Maurizio mettono inchiaro le responsabilità comuniste nell’epi-sodio di via Rasella e nell’epurazione cheseguì alla “liberazione” di Roma; occorreparlarne, ora che quegli avvenimenti sonotornati d’attualità col processo Priebke, alquale l’Associazione Uomo e libertà ha dedi-cato un convegno del quale sono stati pub-blicati gli atti. Di facile lettura (molti i docu-menti e le fotografie) il libro sulla Resi -stenza di Lucioli e Sabatini; commoventequello che l’amico Malfettani dedica a Fra’Ginepro, raccogliendo i suoi scritti. “Quan -do il nostro popolo era nelle trincee, Iddio mimandò nelle trincee; quando il nostro popoloera dentro i reticolati, Iddio mi mandò dentroi reticolati; quando il nostro popolo era ingalera, Iddio mi mandò in galera. Ti ringra-zio, o Signore, per queste prove meravigliosedi cui mi hai creduto degno”; pensiamo chequesta frase di Fra’ Ginepro illumini il letto-re sullo spirito del suo autore.* FRANCO ADESSA. Gabriel Garcia

Moreno. Capo di Stato, Statista cattolico -Assassinato dalla Massoneria. Ed. Civiltà(V. Galilei 121, Brescia) 1997, L. 20.000

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L’amico Adessa ripropone la vita di GarciaMoreno, presidente dell’Ecuador, martirizzatonel 1875. Si dimentica troppo facilmente la vio-lenza e la ferocia con la quale il liberalismo e lamassoneria perseguitarono la Chiesa nelmondo intero, specialmente il secolo scorso. Illibro di Adessa ce lo ricorda, facendoci amarela coraggiosa figura di Garcia Moreno. Conquesto libro l’editore, don Villa, porta un altrocontributo all’impegno di una vita contro lamassoneria e gli altri nemici della fede.* DON GOTFRIED MELZER. Il Beato

Andrea da Rinn, ed. extracommerciale, Mes -sina, 1997. Il B. Andrea fu martirizzato daiGiudei nel 1462, ed il suo culto fu confermatoda Papa Benedetto XIV nel 1755. Il 7 aprile1988 il Vaticano ne ha soppresso il culto.Padre Melzer dimostra che il B. Andrea fu“un vero martire della Chiesa cattolica”.* PAOLO BARONI. I prìncipi del tramonto.

Satanismo, esoterismo e messaggi subliminalinella musica rock. Il Cerchio, Rimini, 1997, L.36.000 Senza dubbio, si tratta del miglior librosu questo soggetto pubblicato in Italia. L’au-tore documenta le sue affermazioni, polemiz-zando talvolta con coloro che vogliono mini-mizzare o negare l’influenza nociva della mu-sica rock. Ne consigliamo vivamente la lettu-ra, specialmente ai giovani e ai loro genitori.

ABBIAMO ANCHE RICEVUTO:

* GIANCARLO GALLI. Gli Agnelli. Mon -dadori, 1997, L. 32.000* YVES CHIRON, Padre Pio. Paoline,

1997, L. 24.000* V. Messori, M. Brambilla. Qualche ra-

gione per credere. Mondadori, 1997, L. 29.000

Per nutrire la vostra vita spirituale, vi con-sigliamo i seguenti libri, che sono deiclassici della spiritualità cattolica, ma pur-troppo spesso sconosciuti. Essi si adattanosia alla meditazione quotidiana che alla let-tura spirituale.* S. LUIGI GRIGNON DI MONTFORT, “L’a -

mo re della eterna sapienza”; si può trovare inS. LUIGI GRIGNON DI MONTFORT, Opere,Centro Mariano Monfortano Roma 1977.* S. IGNAZIO DI LOYOLA, “L’obbedienza e

la grazia meditazioni quotidiane”, PiemmeCasale Monferrato 1990.* LUIS DE LA PALMA, “La Passione del

Signore”, edizioni Ares Milano.* TOMMASO MORO, “Nell’orto degli ulivi”,

edizioni Ares Milano.

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Della morte pratica, cioè l’istoria di quel che ordinariamente avviene nella morte degli uomini di mondo.

Sant’Alfonso Maria dei Liguori

Si narra nel Vangelo corrente [la 15ª do-menica dopo la Pentecoste, n.d.r.], cheandando Gesù Cristo alla Città di Naim, s’in-contrò con un giovane morto, unico figlio disua madre, che lo portavano a seppellirefuori le porte della Città: Ecce defunctus effe-rebatur. Senza passar avanti, fermiamoci aqueste prime parole, uditori miei, ricordia-moci della morte. La santa Chiesa vuole, chein ogni anno nel giorno delle Ceneri, daiSacerdoti diasi ai Cristiani questo ricordo:Memento homo quia pulvis es et in pulveremreverteris. Oh volesse Dio, che gli uominiavessero sempre davanti agli occhi la morte,che non farebbero la vita sconcertata chefanno! Ora, affinché a voi, dilettissimi, restiimpressa la memoria della morte, voglio oggimettervi davanti agli occhi la morte pratica,cioè l’istoria di quel che ordinariamentesuole avvenire nella morte degli uomini, contutte le circostanze che sogliono intervenirvi;onde andremo considerando passo passo.Nel punto I. Quel che accade nel tempo

dell’infermità.Nel punto II. Quel che accade nel tempo

in cui si prendono i Sagra menti. Nel punto III. Quel che accade nel

tempo della morte.

I. Quel che accade nel tempo dell’infer mità

1. Non intendo in questo Discorso parlared’un peccatore, che sempre abitualmente èstato in peccato, ma di un uomo mondano,trascurato d’anima ed intrigato sempre in af-fari di mondo, contratti, inimicizie, amoreg-giamenti, giochi. Egli non di rado è caduto inpeccati mortali, ma di rado e dopo moltotempo poi se n’è confessato. Insomma sempreè caduto e ricaduto, e per lo più è vivuto in di-sgrazia di Dio o almeno imbrogliato in dubbigravi di coscienza. Consideriamo la morte dicostui secondo quel che ordinariamente suoleavvenire nella morte degli uomini di tal fatta.2. E cominciamo dal principio, in cui com-

parisce l’ultima sua infermità. Egli si alza la

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mattina, esce di casa per li suoi negozi, manel mentre che sta trattando, l’assalta un grandolore di testa, gli vacillano le gambe, senteun ribrezzo freddo che gli scorre per le mem-bra, una nausea di stomaco, ed una gran de-bolezza per tutta la vita. Onde si ritira in casae si butta sovra del letto. Accorrono i parenti,la moglie e sorelle: “Perché ti sei ritirato cosìpresto? Che ti senti?” Risponde: “Mi sentomale, non mi reggo in piedi, tengo un gran do-lore di capo”. “Tieni febbre?” “E che so io?Ma ci sarà; mandatemi a chiamare il medico”.Si manda in fretta a chiamare il medico.Frattanto l’infermo si mette a letto, ed ivi loprende un gran freddo, che lo fa tremare dacapo a piedi; gli pongono molti panni sopra,ma il freddo non cessa, se non dopo due o treore, ed allora sopravviene un gran calore.Arriva il medico, l’interroga di quel che sisente, gli osserva il polso, e vi truova unabuona febbre: ma per non atterrire l’infermo,dice: “Vi è la febbre ma è poca cosa”.Dimanda: “Ci avete data qualche causa?”Risponde l’infermo: “Uscii di notte giornisono, e presi freddo: fui al convito adun’amico, e passai il mio solito cibo”. “E via,non è niente; è pienezza di stomaco, o più fa-cilmente è qualche flussione di quelle, che cor-rono in queste mutazioni di tempo. Passate di-giuno questa mattina, ed anche questa sera,prendete una tazza di thè, e non dubitate, stateallegramente, che non è niente; domani ci ve-dremo”. Oh vi fosse allora un Angelo, cheper parte di Dio dicesse: Che dite Signor me-dico? Dite che non è niente? E pure è vero,che la tromba della Divina Giustizia col prin-cipio di questo male ha già dato il segno dellamorte di quest’uomo; già per lui è giunto iltempo della vendetta di Dio.3.Viene la notte e il povero malato non ri-

posa niente, cresce l’ambascia, cresce il doloredi testa; gli pare mille anni che si faccia gior-no, onde appena che vede lucere alla finestra,chiama la gente di casa. Vengono i parenti, glidimandano: “Avete riposato bene ‘sta notte?”“Che riposare! Che bene! Non ho potuto chiu-dere gli occhi per tutta questa notte. Oh Dioche affanno che sento! Che spasimo di capo!Tengo due chiodi alle tempie che mi trafiggo-no. Presto mandate per lo medico, che vengapresto”. Viene il medico, e trova avanzata lafebbre; ma con tutto ciò seguita a dire: “Stateallegramente, non è niente: la flussione ha daavere il suo sfogo, con questa febbre più prestosvanirà”. Viene il terzo giorno, e lo trova peg-gio; viene il quarto, e compariscono già i segni

Vita Spirituale

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della febbre maligna, la bocca amara, la lin-gua nera, un’inquietudine per tutta la perso-na, cominciano ancora i vaniloquii. Il medicoordina pertanto purghe, salassi, acqua gelata,perché la febbre è fatta acuta. Dice poi ai pa-renti: “Oimé l’infermità è gravissima, io nonvoglio essere solo, chiamiamo altri per fare uncollegio”. Ma ciò lo dice in segreto ai parenti,e non ne fa parola all’infermo, per non met-tergli timore, e seguita a dire: “Statevi allegra-mente che non sarà niente”.4. Sicché si parla di rimedi, di più medici,

di collegio; e di confessione, e Sagramentinon si fa parola. Io non so, come mai possonosalvarsi tali medici; essi giurano espressamen-te, quando si dottorano, secondo la Bolla diS. Pio V di non visitare più l’infermo dopo ilterzo giorno dell’infermità, se quegli non si èconfessato; ma per lo più questo giuramentodai medici non si osserva, e così tante povereanime si perdono; perché, quando l’infermo ègiunto a perdere la testa, o pure a vacillarecolla mente, che serve più a confessarsi? Èdannato. Fratello mio, quando ti senti infer-mo, non aspettare che il medico ti dica che ticonfessi, fallo da per te: giacché i medici pernon disgustare gli infermi non gli avvisanodel loro pericolo, se non quando son dispera-ti, o quasi disperati. E così tu fatti chiamareprima il Confessore, prima il medico del -l’anima, e poi quello del corpo. Si tratta dianima, si tratta di eternità; che se la sgarri al-lora, l’hai sgarrata per sempre senza rimedio,e senza speranza più di rimedio.5. Il medico dunque nasconde il pericolo

all’infermo, i parenti fanno peggio, perchévanno a lusingarlo con bugie, dicendogli chesta meglio, e che i medici danno tutta labuona speranza. Oh parenti traditori. Paren -ti barbari, parenti maggiori nemici d’ogninemico! Invece di avvisare l’infermo del suostato pericoloso come sono obbligati per ob-bligo di pietà, specialmente i genitori, i figlied i fratelli, acciocché l’infermo aggiusti iconti dell’anima sua con i Sagramenti, lo lu-singano, l’ingannano, e lo fanno morir dan-nato. Ma nonostante che il medico ed i pa-renti nascondono la verità, il povero infer-mo dagl’incomodi ed affanni che prova, edal vedere insieme il silenzio che osservanogli amici, i quali vengono a visitarlo, e dalvedere ancora qualche parente colle lagrimeagli occhi, già si avvede che la sua infermitàè mortale: “Oimé, dice, già sarà venuta perme l’ora della morte, e questi per non darmipena non mi avvisano niente!”

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6. No, i parenti non avvisano del pericolodella morte; ma perché poi pensano al lorointeresse, che loro preme più d’ogni altracosa, sperando ognuno che l’infermo gli lascibuona porzione delle sue robe, fanno venireil notaro. Giunge il notaro, dice l’infermo:“Chi è costui?” Rispondono i parenti: “È ilnotaro, se mai per vostra soddisfazione volestefare testamento”. “Dunque io già sto male, evicino alla morte”? “No Signor padre, Signorfratello (gli dicono) già sappiamo, che non visarebbe questo bisogno; ma un giorno avretegià da far testamento, e perciò sarebbe meglioche lo facciate ora colla testa sana, e da ora la-sciate aggiustare le vostre disposizioni”.Risponde l’infermo: “Eh via, giacch’è venutoil notaro, e desiderate ch’io faccia il testamen-to, facciamolo. Su scrivete Signor notaro”. Ilnotaro prima gli domanda in quale Chiesavuol seppellirsi, se muore. Oh che parola didolore! L’infermo, fatta l’elezione della se-poltura, comincia a dire: “Lascio quel territo-rio ai miei figli, quella casa a mio fratello, la-scio quel pezzo di argento a quell’amico, equel mobile a quell’altro”. Ma Signor tale, chefate? Voi avete tanto stentato per acquistarviqueste robe, vi avete anche aggravata la co-scienza, ed ora le andate spartendo, lasciandotanto a questo, e tanto a quell’altro? Ma nonvi è rimedio, quando viene la morte, si ha dalasciare ogni cosa. Ma questo lasciare è cosadi gran pena all’infermo, il quale teneva at-taccato il cuore a quella roba, a quella casa, aquel giardino, a quei denari, a quegli spassi;viene la morte, e dà il taglio, dividendo ilcuore da quegli oggetti amati; in questo taglioha da sentirsi dall’infermo un gran dolore. Eperciò, uditori miei, stacchiamo il cuore dallecose di questo mondo, prima che venga astaccarcene la morte con tanto dolore, e congran pericolo allora dell’anima. (segue).

La morte delgiusto e lamorte del peccatore

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Dall’ultimo numero di Sodalitium è pas-sato così tanto tempo che i lettori ci

scuseranno se ci dilunghiamo!Ordinazioni. Il 14 giugno Mons. Dolan si

è recato a Verrua Savoia. Il Vescovo hadato gli ordini minori, benedetto e impostol’abito religioso a Sven Lehouck e conferitoil diaconato a don Carlos Ercoli. Il giornodopo ha amministrato le Cresime. Ma que-sto avvenimento è ormai passato in secondopiano dopo che è avvenuta l’ordinazione sa-cerdotale di don Ercoli. Il 6 ottobre, in effet-ti, è giunto tra di noi don Paul Scho on -broodt, parroco di Steffeshausen. Dal 6all’11 ottobre ha predicato gli esercizi spiri-tuali a tutti i membri dell’Istituto presenti, ein particolare all’ordinando. Il giorno dopo,12 ottobre, festa della Patrona dell’Argen -tina, la Madonna di Lujan, Mons. Dolan(Mons. Mc Kenna era impossibilitato a veni-re) ha conferito l’ordinazione sacerdotale adon Ercoli, nel corso di una magnifica ceri-monia magistralmente diretta da donCekada, alla quale han fatto seguito leCresime. Molti gli ospiti (da tutti i centrid’Italia, dalla Francia e dal Belgio), tra iquali don Medina, venuto da Bruxelles, chesono giunti a Verrua per festeggiare il

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nuovo sacerdote, il settimo dell’Istituto.Don Carlos Augusto Ercoli è nato l’8 marzo1972 a Buenos Aires in Argentina. Dopoaver frequentato il Liceo militare GeneraleSan Martin dai 12 ai 17 anni, è entrato nelseminario di La Reja (della Fraternità SanPio X) dopo aver fatto il mese di esercizi diSant’Ignazio. Nel maggio 1989 lasciò laFraternità San Pio X assieme ai sacerdotiMorello e Medina, e altri 20 seminaristi.Proseguì gli studi con Padre Morello, primaa Lujan, poi (dal 1990 al 1992) a Molinari(Cordoba), ed infine, a Guadalajara, inMessico. Dal gennaio 1994, don Ercoli ci haraggiunti a Verrua, entrando a far partedell’Istituto. A Verrua don Carlos continuaora gli studi e, nel contempo, ci aiuta nel mi-nistero in Italia. Il futuro, se Dio vuole, l’at-tende in Argentina, quando troveremo chilo sostituirà... Intanto, l’ordinazione di donErcoli ci permetterà entro breve di inviaredon Stuyver in Belgio, per iniziare l’aposto-lato dell’Istituto anche in quel paese.Seminario San Pietro Martire. Sono en-

trati a settembre tre nuovi seminaristi, duesono partiti (dei quali uno prosegue gli studipresso don Sanborn). Preghiamo Dio affinchésusciti numerose vocazioni, maschili e femmi-nili.Entrate nell’Istituto. Il 5 maggio, festa di

san Pio V, è entrato nell’Istituto, a VerruaSavoia, Sven Lehouck. Il 17 agosto, a Raveau,è entrato a sua volta il sig. Jean Michel. Conquesta entrata, i membri dell’Istituto sonoormai 17. Il 26 aprile abbiamo festeggiato lanostra Patrona in modo particolare: abbiamoinfatti ricevuto lo scapolare della Madonnadel Buon Consiglio, scapolare istituito daLeone XIII e del quale parleremo in un pros-simo numero di Sodalitium.La liceità delle consacrazioni episcopali:

dibattito tra don Belmont e don Ricossa. Neabbiamo parlato nell’editoriale. Quanti desi-derano ricevere gli studi di don Ricossa inrisposta a don Belmont sono pregati di scri-vere a Sodalitium.Apostolato estivo. Com’è ormai tradizione,

abbiamo incentrato il lavoro estivo sugli eserci-zi spirituali e le opere per la gioventù. Cinqueturni di esercizi di sant’Ignazio, anchequest’anno: due a Raveau, in francese, predicatida don Murro, don Stuyver e don Cazalas, duea Verrua, in italiano, predicati da don Nitoglia edon Ricossa, e uno a Verrua per i membridell’Istituto, predicato da don Schoonbroodt,per un totale di 64 partecipanti. La colonia esti-

I bambini della colonia S. Luigi Gonzaga, durante la visita ad un castello

Vita dell’Istituto

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va San Luigi di Gonzaga ha avuto luogo, comedi consueto, a Raveau, riunendo sotto la dire-zione di don Giugni, dall’8 al 23 luglio, bambinifrancesi, belgi e italiani. Il metodo dellaCrociata Eucaristica è sempre eccellente, e nes-suno si è fatto male, tranne il direttore della co-lonia, infortunatosi in uno sfortunato incontrodi calcio coi ragazzi di Raveau. Don Ugolino,pur infortunato, ha predicato gli esercizi da unsacerdote amico, e poi è stato operato al ginoc-chio: speriamo che si sia adesso completamenteristabilito. La colonia per le bambine diretta dadon Murro ha cambiato sede: dalle colline diVerrua (troppo frequentate dalle zanzare, se-condo il parere di alcuni) alle montagne diVillard Laté, vicino a Briançon, in Francia. IlVillard è stato anche il punto di partenza delcampo itinerante per adolescenti, diretto dadon Cazalas. A proposito di don Cazalas, eccoquanto ci ha scritto circa il suo apostolato:“Caro Reverendo... Prima delle vacanze estive,domenica 18 maggio, giorno di Pentecoste, leComunioni solenni: sei comunicanti, tra ragazzie ragazze, hanno rinnovato le loro promessebattesimali dopo un ritiro di tre giorni. Durantele vacanze, il campo dei giovani (a partire dai14 anni) si è tenuto per la terza volta, dal 16 al23 agosto, a Villard-Laté, ai piedi del Massicciodegli Ecrins. Tutti i giorni, dopo la santa Messa,escursione in montagna o visita a qualche mo-numento o pellegrinaggio. Con l’aiuto di donCarlos. Se le sembra una buona cosa, potrebbeinvitare i giovani a prenotarsi per la settimanadel 16 al 23 agosto dell’anno prossimo perchéquest’anno eravamo in otto... Da quando sonoritornato a Tours, il 27 ottobre, ci sono state leprime Comunioni di Michel e Angélique de LaFonchais nella piccola cappella dei Dauges aChassenon (presso di loro)...”. Il reverendo ter-mina la lettera segnalando parecchie localitàdove esercita il ministero. Segue.Dai vari centri di apostolato. Il primo

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aprile è stato firmato un contratto d’affittoper un locale di via Ripagrande, a Ferrara.Da allora fervono (?) i lavori, che non sonoancora terminati, per allestire una bella cap-pella nella antica capitale estense. Un vivoringraziamento ai volonterosi che hanno aiu-tato nei lavori. Sono stati fatti dei restaurinelle cappelle di Torino e Verrua (balaustra,altari laterali, umidità dei muri). Siamo lieti diessere tornati a celebrare la Messa a Milano(la capitale ambrosiana era ben rappresentataquesta estate agli esercizi!). È avvenuto il 23novembre; per ora in una casa privata messa-ci molto gentilmente a disposizione da una fe-dele, che ringraziamo vivamente.Viaggi. Don Ricossa si è recato a Tours

(dall’11 al 14 aprile), per rendere visita a P.Barbara e passare qualche giorno con donThomas, il primo sacerdote dell’Istituto a vi-vere fuori della casa madre. Un altro viaggiodi Don Ricossa in Argentina, è previsto peril mese di dicembre assieme a don Ercoli,che celebrerà così in patria la sua primaMessa solenne. Don Giugni ha profittatodella Messa a Cannes per far visita a dei sa-cerdoti che vivono non troppo lontani: P.Vinson, il 10 aprile, e P. Avril il 12 maggio.Centro librario Sodalitium. Se il bolletti-

no è tanto in ritardo la colpa è... del diretto-re! Ma anche del Centro librario che ci hanotevolmente impegnati. Dopo il successodi Misteri e segreti del B’nai B’rith, di Em -manuel Ratier, abbiamo preso il coraggio adue mani, e deciso di stampare due libri: lefamose Omelie contro gli ebrei di SanGiovanni Crisostomo e la versione italianadi Storia ebraica e giudaismo. Il peso di tremillenni, di Israel Shahak. Di prossima pub-blicazione, sempre a cura di EmmanuelRatier, I guerrieri di Israele, che sarà così laquinta opera edita da Sodalitium (la prima èquella di don Cekada).Conferenze e manifestazioni. Il ciclo di

conferenze di don Nitoglia per l’anno 1997-98,che si svolgono all’oratorio del Sacro Cuore aTorino, ha per tema, quest’anno, La filosofiapolitica tradizionale (Aristotele e San Tom -maso) e la filosofia politica moderna (Ma -chiavelli) a confronto. Il 24 maggio, all’HotelDe la Ville di Ferrara, don Fran cesco Ricossa,il Prof. Agostino Sanfratello e il dott. Lasteihanno presentato al pubblico il libro di Emma -nuel Ratier, Misteri e segreti del B’nai B’rith,edito dal Centro librario Sodalitium. Ha intro-dotto il dibattito il dott. Pucci Cipriani, diretto-re della rivista Con trorivoluzione. Il 17 ottobre,

L’ordinazione sacerdotale di don Ercoli

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l’Asso ciazione ‘Amici di Sodalitium’ el’Alleanza Sociale Italiana hanno organizzato aRoma una conferenza sul tema: I trapianti diorgani sono davvero un atto di solidarietà comevogliono farci credere? La risposta della scienzae della Fede. I relatori erano il Prof. LuigiGagliardi, primario, don Francesco Ricossa, eNerina Negrello, della Lega contro la predazio-ne degli organi. Tra gli intervenuti, numerosi imedici e gli uomini di scienza che hanno arric-chito il dibattito coi loro interventi. Le stesseassociazioni hanno organizzato anche una con-ferenza sul tema: Attualità di Pio XII. Relatori,l’avv. Giorgio Angelozzi Gariboldi (Una difesadella memoria storica di Pio XII) e don CurzioNitoglia (La filosofia politica di Aristotele e S.Tommaso nel magistero della Chiesa da LeoneXIII a Pio XII). La conferenza ha avuto luogoa Roma il 5 dicembre. Sempre don Nitoglia hapresentato a Torino, il 21 novembre, il libro diSan Giovanni Crisostomo Omelie contro gliebrei edito dal Centro librario Sodalitum. Laserata è stata organizzata dal Centro culturalel’Araldo. Il 18 ottobre, don Ricossa ha tenutouna conferenza sul tema Le ragioni della fedecattolica nel mondo contemporaneo nella saladella biblioteca comunale di Ceccano (Fro -sinone). Ringraziamo Stefano Gizzi per averpreparato questo riuscitissimo incontro, prean-nunciato in un articolo del locale quotidianoCiociaria oggi. Lo stesso giornale ha ampia-mente parlato della conferenza nell’edizionedel 21 ottobre. Sono altresì in preparazionedelle conferenze di presentazione del libro diIsrael Shahak, che avranno luogo adAlessandria (12 dicembre), Genova (17 dicem-bre) e Legnano. Simil mente, contiamo di pro-seguire il ciclo di conferenze romane anche nel1998: la prima, sull’evoluzionismo, dovrebbetenersi il 17 gennaio in via Fra cassini 27; relato-ri, il Prof. Sermonti e don Ricossa. Sodalitiumha anche aderito alla conferenza Repressionedelle idee e democrazia totalitaria sul casoMaggi, organizzata dal Comitato di solidarietàpro detenuti politici e svoltasi a Milano il 20 no-vembre. Gli amici di Sodalizio Cattolico hannodistribuito un volantino, nel centro di Fer rara,il 9 novembre, contro il “mea culpa” di Gio -vanni Paolo II in seguito al convegno romanosull’“antigiudaismo” della Chiesa.Infine, segnaliamo la benedizione dei

nuovi locali di Villastellone (Torino) delladitta Meat-Doria (10 aprile), quella delletombe dei caduti della RSI al cimitero diTorino, il 20 aprile, e la celebrazione, su do-manda della associazione Amici di Fra

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Ginepro, di una santa Messa di suffragio aRovegno (Genova), tristemente noto per ilcampo di sterminio tenuto dai partigiani co-munisti durante l’ultima guerra.Parlano di noi. Due riviste della Fra ternità

San Pio X hanno fatto riferimento a Soda -litium senza che questo riferimento debba es-sere posto nella rubrica: “Parlano male dinoi”. Si tratta della rivista parigina Certitudes,diretta da un sacerdote della Fraternità, e delbollettino ufficiale del distretto dell’Americadel Sud, Jesus Christus. Certitudes (n. 25, giu-gno 1997) pubblica un articolo di Yves Chiron,L’utopie de Jean XXIII. A p. 48, l’autore citagli articoli di Sodalitium dedicati a GiovanniXXIII, aggiungendo: “Senza essere d’accordocon la posizione teologica di questa rivista, or-gano dell’Istituto Mater Boni Consilii (rifiuto diessere in comunione con Giovanni Paolo II), sipossono trovare in questa lunga serie suGiovanni XXIII (che sarà raccolta in un volu-me) numerose analisi e fatti interessanti”. SuJesus Christus, il superiore del distretto,Xavier Beauvais, pubblicando l’articolo di donNitoglia su Julius Evola, scrive: “Ringraziamola direzione di questa rivista per averci autoriz-zato a pubblicarlo [parla “dell’eccellente artico-lo di Padre Nitoglia sul tema”] anche se dob-biamo avvertire che non possiamo approvarela guerra che questa rivista e i suoi autorihanno fatto e fanno contro Mons. Lefebvre, laFraternità e Campos, né tanto meno la loro po-sizione in favore di un certo sedevacantismo. Inquesto caso concreto ci limitiamo ad apprezza-re l’articolo di Padre Nitoglia” (p. 9). Da partenostra, ringraziamo Yves Chiron e don XavierBeauvais per il loro coraggio e la loro corret-tezza. Il fatto che essi abbiano chiaramenteespresso la loro disapprovazione delle nostreposizioni non ci offende minimamente, men-tre apprezziamo il fatto che abbiano rotto laconsegna pratica del silenzio che pesava su dinoi ed il nostro lavoro.

Sodalitium è ormai conosciuto anchedalla stampa non specializzata. Un articolode Il Foglio (7 novembre 1997, p. 3) nell’arti-colo Quante sono (e non solo cattoliche) leradici dell’antisemitismo, riporta “l’ipotesiestrema” della “rivista integralista Soda -litium” secondo la quale sarebbero gli ebreia dover chiedere perdono per le “manifesta-zioni di anticristianesimo avvenute nella sto-ria, a cominciare dalla crocefissione di NostroSignore Gesù Cristo (deicidio)”. Il settimana-le L’Espresso fa un po’ di confusione nel suonumero del 6 novembre. Tra gli oppositori

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alla politica di Giovanni Paolo II nei riguardidell’ebraismo, si scambia il nostro direttoreed un padre di quattro figli per dei sacerdoti“lefebvriani”! Il riferimento concerne la ma-nifestazione del Sodalizio Cattolico a Trentodell’anno scorso. Il quotidiano leghista LaPadania ha pubblicato, il 12 settembre,un’intervista sul Giubileo a don Buzzi (dellaFraternità) e don Ricossa (dell’Istituto) qua-lificati però come sacerdoti “scismatici” (ilche, probabilmente, per i leghisti è un com-plimento). Il pensiero di don Ricossa è statoperò mal presentato: infatti, se non amiamol’aspetto ecumenico del Giubileo wojtyliano,non vogliamo neppure portare acqua al mu-

lino laicista che critica l’Anno Santo coi vec-chi argomenti dell’anticlericalismo liberale.Una parte dell’intervista di don Ricossa a LaPadania è stata ripresa dal quotidiano roma-no Il Messaggero del 13 settembre 1997.Su Pagine Libere (n. 1, gennaio 1997, pp.

43-44), Fausto Belfiori parla del libro di E.Ratier, Misteri e segreti del B’nai B’rith, editodal nostro Centro Librario, in un articolo de-dicato a questa loggia ebraica e intitolato InGold we trust. Una recensione al libro diRatier è stata pubblicata anche dall’agenziadi informazioni Dejpress (via Pironti 35 a,Avellino), n. 14, 15 settembre 1997.Segnala Sodalitium la rivista argentina

Nuestra lucha (n. 12, ottobre-dicembre 1996).Recensisce il n. 44 di Sodalitium, a p. 23, il bol-lettino interno di Inter multiplices una vox (viaBattisti 2, Torino). La rivista bresciana Chiesaviva (via Galilei 121, Brescia) riprende spessogli articoli di don Nitoglia pubblicati suSodalitium. Nell’ultimo numero (il 288, ottobre1997) don Villa pubblica in anteprima la recen-sione di don Nitoglia al libro di Israel Shahak:Storia ebraica e giudaismo. Il peso di tre millen-ni, edito dal Centro librario Sodalitium. Anchela rivista tedesca Kyrie Eleison (n. 2, aprile-giu-gno 1997, pp. 44-95) ha ripreso l’articolo di donGiugni San Pio V, il Papa della S. Messa. Parlano male di noi. Su questo numero

troverete una risposta all’articolo di “Dio -nisius” contro la tesi di Cassiciacum e i suoi so-stenitori. L’articolo in questione è stato pub-blicato originariamente dalla rivista franceseCourrier de Rome e poi tradotto in italiano(con delle correzioni, soppressioni e aggiunte)da quella romana Sì sì no no. Entrambe le

L’ordinazione sacerdotale di don Ercoli: le Litanie dei Santi

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Novità

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pubblicazioni (in genere il Courrier de Rome silimita a tradurre gli articoli di Sì sì no no) sonocontrollate dalla Fraternità san Pio X. Questodimostra che la Fraternità constata che ormaila tattica del silenzio nei nostri confronti non èpiù possibile, e mentre alcuni sono più apertialla discussione, altri invece preferiscono l’in-vettiva. Con sorpresa, dobbiamo inserire inquesta rubrica la rivista veronese CivitasChristiana (via Marsala 16, Verona), allaquale hanno collaborato anche dei membridell’Istituto. Gli amici veronesi hanno fattouna bella recensione del n. 44 di Sodalitium.Hanno creduto opportuno, però, esprimereuna severa critica nei confronti dell’articolo didon Murro sul magistero in risposta all’abbéMarcille: “Senza voler entrare nel merito delleaccuse mosse da don Murro, spiace nel secon-do articolo una certa acredine, del tutto ingiusti-ficata tra persone che sicuramente amano e cer-cano Dio, che pervade l’intero intervento e l’ac-cusa di “malafede” nei confronti degli estensoridegli articoli del battagliero periodico romano[Sì sì no no]. Per quanto indispensabile sia lanettezza delle posizioni quando è in gioco laverità, nel foro interno nessuno di noi puòignorare il ‘nolite judicare’ di Gesù” (CivitasChristiana, nn. 7-9, feb.-luglio 1997, p. 91).Non pretendiamo essere immuni da critiche(anche se la rubrica “riviste e libri” di CivitasChristiana avverte: “più che esprimere giudizi,intendiamo informare i lettori e stimolarli aprendere contatto con le riviste recensite”).Occorre però che la critica sia fondata. Nelcaso, essa non lo è, e sfidiamo CivitasChristiana a provare che abbiamo portatosull’abbé Marcille un giudizio di malafede. Lamiglior prova sta nella lettera che lo stessoabbéMarcille ha indirizzato a don Murro, rin-graziandolo per il suo articolo critico, e senzalamentare la minima ingiustizia nei suoi con-fronti. Ci auguriamo che quello di CivitasChristiana sia solo un isolato passo falso, do-vuto a eccesso di zelo.Un altro attacco viene dalle riviste sede-

vacantiste La hosteria volante (C.C. 700, LaPlata, Argentina) e Einsicht (di Monaco diBaviera). La rivista argentina (n. 47, p. 8,feb. 1997), riprendendo quella tedesca (n. 4,dic. 1995) afferma: 1) che p. Guérard desLauriers divise il fronte sedevacantista in-ventando la tesi Papa materialiter/Papa for-maliter, 2) che egli “smentì quasi completa-mente” questa tesi “poco prima di morire”3) che “oggi i chierici - ex-econiani - di Ver -rua Savoia (Italia) difendono con veemenza

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questa posizione insensata, trasformandolain un elemento costante del loro ‘depo -situm’”, 4) che perciò “non si può fare affi-damento su questo gruppo per una soluzionedella situazione della Chiesa”. Ci sarebbe dafare delle precisazioni su ogni punto. Ci li-miteremo a smentire la notizia secondo laquale Mons. Guérard smentì la Tesi diCassicia cum prima di morire, anche perchéquesta falsità è stata riferita (anche se intono dubitativo) da P. Vinson in SimpleLettre (n. 106, p. 2). P. Guérard esaminò, èvero, la possibilità di ripensare la Tesi comenon più adeguata a descrivere la situazioneattuale dell’Autorità della Chiesa, ma con-cluse da questo esame che la Tesi restavaancora la sola spiegazione coerente col de-posito della fede. Non ci stupisce che glieredi di Disandro, in Argentina, e i tedeschidi Einsicht non approvino la Tesi: la loro po-sizione filosofica antitomista non glielo per-mette assolutamente.Anche quest’anno Sodalitium è stato men-

zionato nell’Antisemitism world report 1997per l’Italia, nella rubrica Religion: “Il periodi-co Sodalitium - scrive il Rapporto dopo averparlato della manifestazione di Trento su SanSimonino - è pubblicato 4 volte l’anno dal -l’Istituto Mater Boni Con siglii [sic] di VerruaSavoia, vicino a Torino, un istituto fondato daun piccolo gruppo che si è separato dallaFraternità sacerdotale San Pio X, che ora haanche un centro in Francia e aprirà un centroin Argentina (vedi: Francia). L’edizione italia-na di Sodalitium, distribuita soprattutto nelcentro-nord del paese, aveva 3.000 abbonatinel 1996 (una diffusione approssimativamentemaggiore di 1.000 copie rispetto all’edizionefrancese). La sua linea politica unisce l’antise-mitismo [smentiamo!] con l’antisionismo e

Foto di gruppo dopo l’ordinazione di don Carlos Ercoli

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l’opposizione a Israele. Esso è duramente op-posto all’attuale attitudine della chiesa verso gliebrei, e pubblica regolarmente degli articoli suldeicidio, sulle connessioni tra la Massoneria eil Giudaismo, sull’omicidio rituale “commessodagli ebrei”. Il Rapporto parla anche delle re-censioni favorevoli fatte in Italia al libro diRatier, Misteri e segreti del B’nai B’rith.Avvenire, il quotidiano della Conferenza

episcopale italiana, ha svolto un’inchiesta sui“tradizionalisti” a cura di Luigi Geni nazzi. Laprima puntata (la seconda è dedicata allaFraternità, la terza agli “indultisti” e la quartaai gruppi vicini alla TFP) è dedicata all’IstitutoMater Boni Consilii (12 luglio 1997, p. 16).Avvenire pubblica tre articoli: un servizio diGeninazzi (che fu nostro ospite a Verrua) inti-tolato: Nel fortino dei tradizionalisti. A VerruaSavoia tra chi giudica i lefebvriani troppo di si-nistra, un commento di Pietro Coda (Ma laRivelazione non si paralizza in una forma sto-rica) e un intervento del GRIS (L’allarme delGris: sono un pericolo). Dispiace che Geni -nazzi (e tramite lui Avvenire) non abbia coltoun’occasione: quella di presentare l’Istitutoper quello che è realmente, discutendo suiproblemi dottrinali che ci separano, invece difare la solita caricatura folkloristica alla qualesiamo abituati. Il tema ha tuttavia interessato,giacché si è aperto un dibattito su Avvenirenella rubrica Lettere al Direttore. Il 17 luglio èstata pubblicata una replica di don Ricossa(che sottolinea le vere e proprie falsità scritteda Geninazzi) e una risposta di quest’ultimo.Pochi giorni dopo, un altro “botta e risposta”tra don Ricossa e, questa volta, il direttore diAvvenire (più la lettera di un sacerdote). Il 26luglio è pubblicata la lettera di Paolo Maggi.Tra l’altro, egli scrive: “Anch’io, poi, mi sonorecato a Verrua Savoia e ho incontato donFrancesco Ricossa, che mi ha onorato della suaospitalità. Devo dire, a onor del vero, chel’Istituto Mater Boni Consilii non è, a rigore,sedevacantista, dato che i suoi membri non in-tendono procedere a un nuovo conclave. Comestudioso-ricercatore dei nuovi movimenti reli-giosi ritengo - e lo dico agli amici del Gris citatinegli articoli - che i ‘movimenti ultratradiziona-listi italiani’, cui si accenna, non sono un peri-colo alla stessa stregua di certi movimenti reli-giosi odierni e che, soprattutto, non sono ascri-vibili alle ‘nuove religioni’ (come invece moltifanno) bensì sono parte di una fenomenologiacomplessa e quasi inestricabile interna al catto-licesimo”. L’otto agosto, ancora uno strascicoalla polemica. Il GRIS ci ha infatti accusati di

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collaborare con un gruppo settario di Chieti(l’Ordine Missionario per la Salvezza delleAnime). Un lettore di Chieti (avverso a quelgruppo) scrive, tra l’altro: “C’è infine da direche se è pur vero che i ‘tradizionalisti’ dellevarie tendenze non cercano l’appoggio di grup-puscoli e sette pseudo-cattoliche, tuttavia è certoche alcuni di questi gruppi si rifugiano in taliorganizzazioni ‘tradizionaliste’; ciò è testimo-niato dallo stesso don Ricossa e dal fatto chel’Omsa, la setta alla quale fa riferimento l’in-chiesta di Geninazzi, dopo essere stata scaricatadai sedevacantisti [cioè, per il lettore diAvvenire, l’Istituto] si è rifugiata tra le braccia(ignare?) dei sacerdoti lefebvriani del ‘prioratoMadonna di Loreto’ di Spadarolo di Rimini;come appare chiaro dallo stesso bollettino uffi-ciale ‘La tradizione cattolica’...”. L’Istituto, inquesta vicenda, non ha niente di cui vergo-gnarsi. Abbiamo unito la carità alla prudenzae alla fermezza: carità, quando eravamo ignaridelle dottrine del gruppo, prudenza nel cerca-re la verità appena sorti i primi sospetti, fer-mezza fino a rifiutare l’amministrazione deisacramenti, appena conosciuta la verità. (Ci ri-sulta invece che i membri dell’Omsa assistonospesso alle messe parrocchiali e non vengonoloro rifiutate le esequie religiose da parte delclero della diocesi). Quanto alla FraternitàSan Pio X, che ora assiste il gruppo di Chieti, èignara dei loro errori dottrinali? Purtropposappiamo per certo che non lo è.Precisazioni. In seguito a quanto scritto

sullo scorso numero di Sodalitium a propositodel dott. Agnoli e Giovanni XXIII, alcuni let-tori hanno pensato, approvandoci o disappro-vandoci, che intendessimo affermare che ildott. Agnoli avesse plagiato gli scritti diSodalitium su Giovanni XXIII. Ci teniamo aprecisare che non abbiamo mai affermato unacosa simile. Abbiamo sostenuto che le posi-zioni di Agnoli sono una novità negli ambien-ti della Fraternità San Pio X, ambienti legati(almeno a parole) a Giovan ni XXIII (come lodimostra ancor oggi lo stemma di GiovanniXXIII ripreso come emblema della Fraternitàsu di un depliant della medesima società). Diquesta positiva influenza, abbiamo scritto,Soda litium si rallegra. Si rammarica, è vero,che l’illustre studioso non abbia ritenuto op-portuno citare i nostri studi su GiovanniXXIII, e neppure la traduzione italiana diMisteri e segreti del B’nai B’rith (che egli citasolo nell’edizione francese). Libero Agnoli dinon farlo, liberi noi di rammaricarcene...Altra precisazione. È uscito recentemen-

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te uno scritto sull’opera di Mons. Thuc nelquale si parla abbondantemente di Soda -litium e dell’Istituto, a cura di una istituzio-ne che ha sede a Chaillac (Francia). Abbia -mo già precisato nel passato, e lo ripetiamoal presente, che nulla abbiamo a che vederecon questo gruppo, e con altri gruppi similicitati in detto scritto.Ultima precisazione. Dopo i fatti dell’as-

salto al campanile di S. Marco a Venezia, ilquotidiano romano Il Tempo, in un articolodi Gianandrea Zagato (A Verona si parla diNazismo) ha preteso vedere un collegamen-to tra i secessionisti veneti e il ComitatoPrincipe Eugenio di Verona. In detto artico-lo un certo Luigi Pasero faceva dichiarazionideliranti contro il gruppo veronese, qualifi-candosi come dirigente del gruppo tradizio-nalista piemontese Sodalitio. Immediata larisposta del nostro direttore, don FrancescoRicossa, pubblicata su Il Tempo del 17 mag-gio 1997 (p. 134), ove si smentiva ogni colle-gamento tra Sodalitium e il fantomaticoSodalitio del misterioso sig. Pasero.Battesimi. Il 13 aprile, don Francesco

Ricossa ha battezzato a Tours ClaudeDelville. Don Giuseppe Murro ha battezzatoad Annecy William Weizenegger, il 15 mag-gio, e Samuel Weizenegger il 21 settembre. Idue bambini sono cugini, figli dei fratelli ge-melli Jacques e Alexandre, e delle rispettiveconsorti Marie Lilia e Carole. Don Ricossaha battezzato ad Annecy, il 31 agosto, il ni-pote Sergio ( secondo figlio di Luca e diNadia Ricossa), ed il 6 settembre, a Ma -ranello, Carla Casati Rollieri, la prima proni-pote dei nostri carissimi amici Alberto eAdriana Senni Buratti, che sono così diven-tati bisnonni. Il 4 agosto don Nitoglia ha bat-tezzato, a Viotto, Chiara Durando (settimatra i figli di Marco e Anna Durando), ed il 21settembre, a Verrua, la piccola Gretha, pri-mogenita di Massimo e Cinzia Malacarne.Don Geert ha amministrato in Belgio il suoprimo battesimo: il 4 aprile a Dendermonde.Matrimonio. Il 5 luglio, nella chiesa di

N.D. du Vaucluse a Grasse, don Nitoglia habenedetto le nozze di Jerôme Cioccagnini edi Anne Marie Vidal. Auguri agli sposi ealle famiglie.Anniversari. Il 6 settembre l’abbé Philip -

pe Guepin ha festeggiato a Nantes il 20° an-niversario del suo sacerdozio. Don Cazalasera presente in rappresentanza di P.Barbara e di tutto il nostro Istituto. È un’ot-tima cosa festeggiare anche gli anniversari di

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matrimonio con la celebrazione di una santaMessa di ringraziamento. Il 28 giugno i co-niugi Severino hanno festeggiato a Verrua,venendo da lontano, il 10° anniversario; il 10settembre (in anticipo di due giorni), a LoroCiuffenna (Arezzo) hanno festeggiato assie-me i coniugi Ricossa e Rennella, rispettiva-mente il 40° e 33° anniversario.Prime comunioni. Due prime comunioni

a Ferrara, il 21 settembre, precedute da unpiccolo ritiro il giorno prima, ed una a Zele(Belgio), il 6 aprile.Defunti. Il 3 aprile è deceduta ad Avi -

gliana (Torino), la pittrice Wally Toselli, ve-dova Corradini; parente di don Ricossa, haricevuto da lui i santi sacramenti. L’8 apriledon Giugni ha celebrato le esequie di RogerGastin a La Fare Les Oliviers. Al figlio Ge -rard e tutta la sua famiglia, la promessadelle nostre preghiere. Il 14 aprile, nellacappella Saint Michel di Tours, don Cazalasha celebrato le esequie della signora MarieHily, sposa del nipote di Padre Barbara, de-ceduta in seguito a un incidente stradale,dopo aver ricevuto i santi sacramenti. La fa-miglia Hily è sempre stata molto vicina apadre Barbara, che è stato dolorosamenteprovato da questo lutto, come pure dallagrave malattia del nipote, che ha di pocopreceduto il decesso della consorte. Tuttequeste croci sono state accettate ed abbrac-ciate con profondo spirito cristiano. Al si-gnor Hily e a Padre Barbara vanno le con-doglianze dell’Istituto e la promessa dellenostre preghiere per il riposo dell’animadella signora e la salute del nipote. Un altrolutto ha colpito la comunità di Tours (oltrequella di Bruxelles, ove viveva la defunta): il7 settembre, è mancata Lucienne Malré,nata Bosard. Era la madre di Suor MarieBernadette, che collabora con PadreBarbara a Tours. Donna di grande fede, èstata assistita nella malattia, sopportata cri-stianamente, da don Medina. Ancora recen-temente aveva condiviso la nostra gioia, as-sistendo, a Steffeshausen, all’ordinazione sa-cerdotale di don Stuyver, che è stato suddia-cono nella solenne messa funebre celebrataa Drogenbos da don Schoonbroodt. Alla suafamiglia, vadano le condoglianze di tuttol’Istituto. Ricordiamo anche il decesso nelloscorso agosto ad Avellino, della signora IdaDe Jorio, sorella del prof. Filippo De Joriodirettore dell’agenzia di informazioneDejpress Raccomandiamo questi fedeli, uni-tamente a tutti i fedeli defunti, alle preghie-

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