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2004_Rinvenimenti recenti nei giardini di Palazzo Doria Pamphili ad Albano

Date post: 17-May-2023
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DOCVMENTA ALBANA diretto da Pino Chiarucci II SERIE n. 26 - 2004 MVSEI CIVICI di ALBANO
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DOCVMENTA ALBANA

diretto da Pino Chiarucci

II SERIE n. 26 - 2004

MVSEI CIVICI di ALBANO

R~N~NTIRECENTI

NEI GIARDINI DI PALAZZO DORIA PAMPHILI AD ALBANO

Tra il marzo e il giugno del 2003, nei giardini di Palazzo Doria Pamphili, sono stati effettuati alcuni sondaggi archeologici preventivi la ristrutturazione del palaz­zo, condotti dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici del Lazio l .

TI palazzo è delimitato da via Leonardo Murialdo e via S. Gaspare del Bufalo, che, dipartendosi da piazza S. Paolo, formano il cosiddetto tridente insieme a via Aurelio Saffi (Tav.I).

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Tav. I Carta archeologica dell'area circostante il tridente (B. Tortorici 1975).

L'area, a NW del sito poi destinato all'impianto dei Castra Albana, era in anti­co interessata da una delle zone periferiche dell'imponente villa di Domiziano. Lugli

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- la descrive genericamente come un terreno degradante, che dal colle dei Cappuccini arrivava all'Appia, "ornato nelle sue balze con tempietti e fontane,,2.

Gli scavi hanno portato alla luce evidenze archeologiche di notevole interesse site sia nei giardini della corte interna sia in quelli della corte esterna del palazzo, indicati rispettivamente come cortile l e cortile 3 (Tav. II).

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Si tratta di un gruppo di tombe e dei resti di una grande vasca [mora ignoti, intor­no ai quali si sono avvicendate azioni antropiche, talvolta distruttive, avvenute in una fascia cronologica che va dall'età romana all'epoca moderna.

I rinvenimenti, che verranno descritti di seguito, sono strettamente legati alle diver­se fasi costruttive del palazzo, di cui non si possono omettere i passaggi principali.

CORTILE I - Corte interna ­

Al centro della cosiddetta corte interna il suolo di roccia madre in tufo è caratte­rizzato da un taglio artificiale alto circa m. 1,20. Presumibilmente era già presente un dislivello naturale, accentuato dall'uomo, com'è deducibile dai segni di scalpel­lo riconoscibili su parte della parete di tufo. Il piano più alto si trova in direzione di piazza S. Paolo, ovvero nel settore NE, risultando affiorante subito al di sotto della pavimentazione in sampietrini. In questo settore sono state rinvenute quattro tombe a fossa scavate nel tufo (TI, T2, T4 e T5)3 e un'esedra formata da blocchi squadra­ti di peperino, alcuni dei quali poggiati al di sopra delle tombe TI e T5.

Fig. 1 - Cortile 1, vista dall'alto.

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Nel piano a quota inferiore, ovvero a SW, sono state rinvenute tracce relative ad altre due sepohure e ossa disarticolate sparse per tutta la zona circostante. Purtroppo il piano a SW è stato oggetto di sondaggi geologici e di scavi per l'alloggio di mac­chinari prima del controllo archeologico. Ne risulta una difficile distinzione tra una deposizione e l'altra e si sceglie, pertanto, di non numerarle singolarmente (Tav. In).

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Tav. ID - Cortile l, pianta e sezione dei rinvenimenti.

Settore NE: T4: fossa scavata nel tufo, a pianta rettangolare. Orientata NE-SW, ha dimensio­

ni m. 2,50 x 0,50 ed è profonda circa cm. 50. Priva di copertura, riporta alcuni dan­neggiamenti dovuti alla realizzazione di una canaletta di servizio a una fontana del palazzo in prossimità del lato SW. Nella fossa è presente una deposizione bisoma, di adulto con bambino (Fig. 2).

Fig. 2 - T4, fase di scavo.

Le teste, trovandosi in prossimità della suddetta canaletta, sono state leggermen­te spinte sulla cassa toracìca, ma mantengono l'originaria posizione reciproca. Anche in prossimità del lato NE sono stati riscontrati danneggiamenti della fossa per il passaggio di un tubo in eternit e la mancanza delle ossa relative ai piedi. Non è stato rinvenuto corredo funerario. Importante è il rinvenimento sul piano deposizio­naie di una moneta risalente all'XI sec. d. c.; inoltre, un gettone in rame del 1700 è stato rinvenuto presso la fossa, ma nello strato di terra più superficiale 4.

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T2: fossa scavata nel tufo. Orientata SE-NW, ha dimensioni m. 1,20 x 0,50 ed è profonda circa cm. 50. Riporta una risega lungo i lati lunghi e i lati corti, di lar­ghezza piuttosto irregolare, a circa cm. lO dal piano di tufo superficiale.

La sepoltura è stata sconvolta ed è, quindi, priva, oltre che della copertura, anche dell'inumazione e del corredo.

Fig. 3 - T2, fase di scavo.

Si rinvengono solo pochi frammenti ossei e una porzione di cranio di bambino addossati al lato SE (Fig. 3). Nella terra di riempimento della fossa si intercettano rari frammenti ceramici di invetriata giallo-verde.

TI: fossa scavata nel tufo a pianta trapezoidale, orientata NE-SW, ha dimensioni m. 1,90 x 0,75 a NE e 0,35 a SW. E' profonda cm. 50 e riporta una risega lungo i quat­tro lati. Sita al di sotto dei blocchi in peperino relativi all'esedra, si caratterizza per la presenza della copertura, il cui elemento più importante è dato da un frammento di circa m. l x 0,80 di rilievo in marmo, rappresentante tre fasci littorii (Fig. 4).

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Fig. 4 - TI, particolare della copertura.

Nella fossa è stato rinvenuto un butto di numerose ossa umane ed animali (Fig. 5)5.

Fig. 5 - TI, fase dì scavo.

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T5: fossa scavata nel tufo, orientata NE-SW, sita anch'essa al di sotto di due blocchi del filare. Di dimensioni m. 1,70 x 0,53, profonda circa cm. 27, caratteriz­zata da risega relativa ai soli lati lunghi. Incide T2, a questa quasi perpendicolare. Non è stata rinvenuta copertura né deposizione, ma solo frammenti ossei misti alla terra del riempimento.

Al di sopra di TI e T5 poggiano alcuni blocchi squadrati in peperino, allineati a formare un'esedra. l blocchi sono quattro, squadrati in modo irregolare e legati tra loro da malta pozzolanica.

Il fIlare si lega con malta anche al suolo in tufo, lavorato agli attacchi del semi­cerchio in modo da creare l'invito alla forma semicircolare. A tamponare gli spazi tra i blocchi si rinvengono molte schegge di peperino, frammenti di marmo lavora­to, frammenti di mattoni.

Sul suolo di tufo, in prossimità delle fosse, sono presenti tre buche: una piutto­sto irregolare a forma di semicerchio, larga circa cm. 50, profonda cm. 20; una qua­drata; una perfettamente circolare dal diametro di cm. 30, profonda cm. 35, forse un offertorio.

Settore SW: la parete che costituisce il taglio del tufo risulta lavorata per aumen­tare l'incavo naturale. Alcune delle scalpellature in prossimità della base sembrano essere relative al lato lungo e al lato corto di due fosse, all'interno delle quali, sotto uno strato di frammenti di calce e terra, si sono rinvenute moltissime ossa umane e di animali disarticolate, alcune delle quali combuste.

Tra le ossa sono stati rinvenuti molti frammenti di ceramica invetriata giallo­verde e una piccola fibula in bronzo, oggi conservati nei magazzini del Museo Civico di Villa Ferraioli6.

Cercando di ripercorrere le fasi più riconoscibili del sito ora descritto, si può pre­supporre una prima fase connessa con un uso necropolare dell'area. Sembra con­temporanea a questa, la realizzazione delle piccole buche con probabile funzione di offertorio.

li mancato rinvenimento di corredo funebre rende difficile ipotizzarne una data­zione7.

L'unico dato che può fornirci un terminus post quem è la moneta intercettata sul piano deposizionale di T4. La datazione del denario porta ad individuare l'XI sec. d. C. come il momento in seguito al quale si assiste all'uso necropolare del settore. Indicative in proposito sono le evidenze archeologiche emerse in occasione della sistemazione di piazza S. Paolo, effettuata durante il Giubileo del 2000. In partico­lare da collegarsi ai rinvenimenti del 2003 sono una deposizione infantile e resti ossei erratici, connessi con strati datati all'XI-XII sec. d. C. in base ai frammenti ceramici ivi presenti8.

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Una fase successiva alla realizzazione delle tombe è data dalla violazione di que­ste. Purtroppo l'esiguo numero di sepolture rinvenuto non può permetterci una stati­stica9. Si può supporre che l'occasione di tale violazione sia dovuta ai lavori per la rea­lizzazione del casino di villeggiatura voluto dal cardinal Maculani nel 1650. Questo primo impianto sarà oggetto di ampliamenti e modifiche quando, acquistato dal car­dinal Benedetto Pamphili, verrà inglobato nella più imponente struttura nota come Palazzo Doria Pamphili. L'inizio dei lavori di ampliamento si data al 1708, ed è parte di un progetto che vedrà unirsi le precedenti proprietà Maculani, Bottini e Giannini lO.

Non si può affermare se la violazione delle tombe sia contemporanea al riuso delle fosse come butto di resti umani. Sembra, tuttavia, inverosimile dal momento che solo TI è stata riempita con un criterio prestabilito di vero e proprio accumulo l 1•

E' verosimile che, tra i lavori della seconda metà del 1600 e quelli dei primi anni del 1700, siano avvenuti rimaneggiamenti delle tombe, definitivamente sistemate durante gli ampliamenti voluti dal cardinal Benedetto Pamphili e sigillati dallo stra­to di terra dove, infatti, si è rinvenuto il gettone in rame risalente al 1700.

L'esedra realizzata in blocchi di peperino, posti in parte sopra le fosse, sembra riferirsi a quest'ultima fase, quando, sistemata definitivamente l'area, si volle ricor­date l'originaria valenza di luogo sacrol2.

Lo studio dei materiali rinvenuti, unito ad un approfondimento delle evidenze archeologiche emerse nel 2000, potrebbe offrire una più ampia interpretazione della topografia antica di questo settore, sinora ritenuto privo di particolare interesse.

CORTILE 3 Corte esterna

Lo scavo ha avuto inizio nel settore NE del cortile, in seguito a un precedente son­daggio geologico, e ha messo in luce un taglio artificiale nel piano di peperino, ese­guito a scalpello, di cui sono ben visibili le tracce. Il taglio ha orientamento NE-SW ed è verosimilmente pertinente all'attività estrattiva delle cave sottostanti via S. Gaspare del Bufalo di cui si è intercettata la prosecuzione, fino a questo momento ignota, al di sotto dell'area indagata13 .

Il suolo in prossimità del taglio è stato successivamente utilizzato come fonda­zione per alcuni muri a blocchetti irregolari di peperino che corrono in direzione NE-SW, superstiti per una lunghezza di circa m. 4 nel settore NE e per una lun­ghezza di circa m. 6 in quello SW.

Nell'area a NW del taglio artificialel4 , è stata rinvenuta una platea larga da m. 1,50 a m. 2, costituita da blocchetti di peperino provenienti dall'alzato dei muri sopra stanti il piano in peperino e da cubilia provenienti dal muro in opus mixtum, di cui seguirà descrizione, legati da malta pozzolanica15 (Fig. 6).

Muro in opUS mixtum - Il rinvenimento più consistente è costituito da un muro in opera mista di reticolato con due ricorsi in laterizi, con andamento NE-SW, distan­te circa m. 7,50 dal muro di recinzione che dà su via S. Gaspare del Bufalo (Fig. 7) .

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6 Cortile 3, vista dei rinvenimenti.

È superstite a NE per un'altezza di circa m. 3,70 e a SE di circa m. 3. Portato alla luce per una lunghezza di m. 18,30, il muro prosegue al di sotto dell'area di scavo sia a NE sia a SW, ma è impossibile indagare in queste direzioni trovandoci ormai in prossimità dell'alzato degli edifici sei-settecenteschi, che presumibilmente hanno usato le strutture romane come fondazione (Fig. 7).

Su buona parte dell'alzato è visibile l'intonacatura costituita da uno strato di malta e cocciopesto piuttosto grossolano steso sopra i cubilia, e da uno strato più superficiale, maggiormente levigato, di cui rimangono tre porzioni ancora in situ e molti frammenti scivolati alla base del muro.

L'aderenza dell'intonaco era garantita da chiodi di ferro con testa a disco posti ad intervalli regolari.

I cubiUa in tufo, piuttosto irregolari, sono legati da malta pozzolanica. La prima fascia di mattoni, in prossimità dell'attuale cresta, è costituita da cinque

fùe di laterizi ed è rimasta integra per una lunghezza di circa m. 5,60. L'opera late­rizia, laddove è riconoscibile, è costituita da mattoni di circa cm. 30 alti circa cm. 4.

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Fig. 7 - Cortile 3, vista dall'alto.

Dalle lacune dell'intonaco si evidenzia una seconda fascia di cinque file di late­rizi, ad una distanza di cm. 90 circa dalla prima, e di circa m. 1,50 dalla base del muro. Relativa a quest'ultima cintura di mattoni è una lacuna lunga circa m. 6, che mette in evidenza il nucleo del muro. A causa degli scarsi frammenti visibili in situ non si possono riportare le misure esatte dei mattoni, che, comunque, sembrano essere dello stesso impasto di quelli del ricorso soprastante. La lacuna è probabil­

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mente stata creata a seguito della volontaria asportazione dei laterizi al fine di un loro riuso in altra sede. Di questi, infatti, non si rinviene che qua1che sporadico fram­mento nella terra di riporto (Fig. 8).

La base è caratterizzata dalla presenza di uno zoccolo e di un cordolo a sezione triangolare in cocciopesto, uguale a quello che costituisce la pavimentazione.

Data la presenza di un consistente numero di frammenti dello strato più superfi­ciale d'intonaco alla base del muro con la faccia rivolta verso l'alto, si suppone che questi siano scivolati e non caduti con andamento rotazionale di 90°. Potrebbe spie­garsi come conseguenza di infùtrazioni di umidità dal punto di attacco dell'intona­co con lo zoccolo in cocciopesto. Da qui è avvenuto il distacco progressivo dell'in­tonaco dal basso verso l'alto con successivo scivolamento di ampie porzioni o del solo strato superficiale o di tutti gli strati costitutivi, portando a vista parte del reti­colato e dei ricorsi in laterizio.

La pavimentazione in cocciopesto è stata portata alla luce per una fascia di circa m. 3, parallela alla porzione di muro scoperto. Il sondaggio prosegue con la realiz­zazione di due trincee in direzione NW, dalla pavirnentazione antica già rinvenuta verso il muro di reCÌnzione del giardino che dà su via Leonardo Murialdo.

Fig. 8 -Muro in opera mista, particolare.

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Essendo stata rinvenuta la pavimentazione antica in ambedue i sondaggi (Fig. 9), è presumibile la sua presenza in tutta l'area del giardino della corte esterna, anche lad­dove non è stato possibile rimuovere la terra di riporto depositatasi al di sopra di essa.

Lo stato di conservazione della pavimentazione è disomogeneo, essendo in alcu­ne zone crollata a causa del cedimento della volta della cava sotto stante.

Pur trattandosi di uno scavo parziale, si possono fare alcune osservazioni che, lungi dal prefiggersi una contestualizzazione con il tessuto topografico circostante, possono dare indicazioni utili per un successivo approfondimento.

La presenza di pavimentazione in cocciopesto, comprensiva dello strato di pre­parazione dello spessore di circa cm. 50, il cordolo, sempre in cocciopesto, alla base del muro, lo spessore e la rifinitura dell'intonaco posto sulla parete ed assicurato da chiodi, sembrano non dar adito a dubbi sulla funzione della struttura come ambien­te adibito alla raccolta d'acqua. Siamo evidentemente di fronte ad una vasca o ad una cisterna, che, nonostante sia stata messa in luce solo parzialmente, lascia intuire dimensioni monumentali. Inoltre, pur non avendo intercettato parti di copertura, va ricordato che nella zona a ridosso del muro è stato incontrato uno strato di circa m. 2 di materiale da costruzione antico, proveniente dalla nostra struttura e usato per livellare il piano che ospitava uno dei giardini del palazzo.

Fig. 9 Pavimentazione in cocciopesto, particolare.

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Volendo fare un'ipotesi sulla possibilità di realizzare una conserva di acqua in questo luogo va tenuto conto di quanto afferma Lugli sulla presenza in quest'area di alcuni acquedotti realizzati per incanalare le acque provenienti dalle sorgenti di Palazzolo e di Malaffitto16 (Tav. IV).

L'acquedotto di Malaffitto Alto, di età domizianea, sembra avere relazione con la nostra cisterna 17.

Infatti questa sembra posizionarsi sul tracciato di un braccio secondario, secon­do Lugli successivol8 , che si stacca dall'acquedotto di Malaffitto Alto, all'altezza del colle dei Cappuccini e prosegue in direzione dell'anfiteatroI9 . La prosecuzione del braccio, superato l'anfiteatro, oltre che da Lugli viene maggiormente presa in considerazione nell'importante studio di E. Tortorici20 , il quale afferma che, oltre­passato l'anfiteatro a NW, con un cunicolo che esce tra la sesta e la settima nicchia, si dirige all'interno del castro. Da qui ha una biforcazione, un tratto arriva alla gran­de cisterna (i cosiddetti "cisternoni")21, mentre l'altro piega a W, perdendosi in dire­zione di via Saffi. Proprio in direzione di quest'ultimo braccio si posiziona la strut­tura rinvenuta nel 2003 (vedi Tav. I).

La struttura, qualora si tratti di una cisterna, è funzionale alla zona subito a SW di essa, dove, ad oggi, pochi sono i resti antichi messi in luce.

Tav. IV - Lugli, carta archeologi­ca, particolare.

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Si segnala che l'ambiente più vicino ed in posizione di possibile fruizione della nostra conserva d'acqua è il ninfeo rotondo, oggi inglobato nella chiesa di S. Maria della Rotonda. li ninfeo è domizianeo nel suo primo assetto e trasformato in piccolo impianto termale successivamente, secondo Tortorici nei primi anni del III sec. d.C.22.

Se nel suo uso termale possiamo concordare con Tortorici, che ipotizza usufruis­se dell'acqua proveniente dalla piccola cisterna rinvenuta in via Saffi e servita a sua volta dai cisternoni, in un periodo precedente potrebbe, al livello di ipotesi, essere stato servito dalla nostra cisterna.

La datazione resta, comunque, ipotetica. Data la tecnica muraria ci troviamo in piena epoca imperiale, ma va accertato se risalire all'età domizianea o se siamo di fronte ad una costruzione successiva. Volendo applicare i criteri di datazione adot­tati da Lugli, relativamente alla piscina Torlonia, possiamo affermare che anche il nostro esempio di tecnica muraria non riporta la presenza di bipedali disposti a ricor­si nelle cinture di laterizi, caratteristica tipica delle costruzioni domizianee. Come la cisterna Torlonia potrebbe riferirsi ai restauri o alla creazione di nuovi ambienti ope­rati in epoca adrianea23 , anche se, nel nostro caso, la limitatezza del rinvenimento e soprattutto l'impossibilità di analizzare tutti i mattoni, spesso oggetto di espoliazio­ni successive, non ci permette affermazioni certe. Inoltre la sua dipendenza da un braccio secondario dell'acquedotto di Malaffitto Alto, successivo all'età di Domiziano, sembra concordare quanto meno con una datazione appunto successiva all'epoca flavia.

Anche in questo caso uno studio più approfondito dei materiali rinvenuti, consi­stente in frammenti ceramici provenienti dall'area a ridosso del muro in opera mista, oggi conservati nei magazzini del Museo Civico di Villa Ferraioli24 , potrebbe forni­re interessanti dati.

Agnese Livia Fischetti

Le indagini, sono state eseguite dalla scrivente sotto la Direzione Scientifica della dott.ssa G. Ghini, che colgo l'occasione per ringraziare. Mi preme, inoltre, ringraziare la dott.ssa Silvia AgHetti per il costante aiuto e i preziosi suggerimenti, il geom. Maurizio Busenti per la colla­borazione e il geom. Damiano Viti per il fondamentale apporto durante le fasi salienti dello scavo e del rilievo e per avermi fornito parte del materiale fotografico digitale.

2 G. LUGU, La villa di Domiziano sui CoIliAlbani,BullComm 1917, p.38; vedi anche E. TOR­TORICI, Castra Albana, Forma ltaliae, Regio I, voDO, Roma 1975, p. 18.

3 Il numero che contraddistingue le tombe non è in sequenza, essendo stato attribuito prima del­l'effettivo scavo e non sempre corri~'POndente ad una fossa tagliata nel tufo. Durante lo scavo, infatti, alcune attribuzioni si sono rivelate essere semplici concentrazioni di ossa disarticolate.

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4 Ringrazio il dott. F. Catalli della Soprintendenza Archeologica di Roma, per avermi gentil­mente fornito i dati relativi alle monete.

S Tra cui si contano almeno dieci crani.

6 Tra i materiali si segnala anche un raschiatoio in se1ce rossa. Purtroppo, provenendo dallo stra­to di pavimentazione moderna, non ci è utile al fme di una datazione.

7 Anche T4, pur essendo l'inumazione meno alterata ed avendo riportato dati più attendibili, è purtroppo danneggiata in prossimità dei piedi dell'inumato adulto. Perciò, qualora fosse stata munita di corredo in questa posizione, non abbiamo ad oggi dati in proposito.

8 Lo scavo archeologico presso piazza S. Paolo è stato eseguito dalla cooperativa archeologica Parsifal, per conto della Soprintendenza per i Beni Archeologici del Lazio. Sempre nel 2000, da alcuni scavi effettuati in prossimità dei cisternoni, sono venuti alla luce frarmnenti ceramici riconducibili all'XI sec. d. C. di cui una prima schedatura si trova in P. CHIARUCCI, Recenti Rinvenimenti Archeologici presso i Cisternoni di Albano, DocAlb II s., 22,2000, pp. 65-7l.

9 Il modesto numero di fosse intercettato è certo conseguenza dell'impianto dell'edificio proprio al di sopra dell'area destinata a necropoli, che, evidentemente, si sviluppava in direzione di piaz­za S. Paolo. Non è un caso il rinvenimento di una deposizione e di ossa erratiche a piazza S. Paolo, la presenza delle fosse e di un consistente quantità di ossa umane disarticolate nella terra di riporto della corte interna di palazzo Doria Pamphili e la loro assenza nella corte esterna.

lO M. SILVESTRI, Palazzo Pamphili in Albano Laziale, Roma 1988, p. 19 e sego Per un appro­fondimento vedi anche SILVESTRI - D'AMBROSIO, Palazzo Pamphili in Albano Laziale, DocAlb II s., 8, 1986, pp. 77-90.

11 TI si distingue anche per la presenza di copertura, realizzata con riuso di materiali provenien­ti da altro contesto.

12 Forse non va sottovalutata la presenza della cappella relativa al palazzo, sita all'interno negli ambienti W, proprio limitrofi alla necropoli. Anche nel precedente impianto del 1650, ingloba­to nei primi anni del 1700 per dar vita all'attuale assetto di Palazzo Doria Pamphili, la cappel­la era sita proprio al di sopra di quella che si può identificare come area destinata a necropoli. Vedi M. SILVESTRI, 1988, p.20.

13 Si tratta di cave ipogee. In prossimità del muro di recinzione si è intercettata una buca dovuta al cedimento della volta di una cava di peperino e di pozzolana, a camera rettangolare, dall'al­to si intuisce il proseguimento verso SE, ovvero al di sotto di via S. Gaspare del Bufalo e verso S e, quindi, in congiunzione con le cave ancora oggi ispezionabili, alle quali si accede dai numeri civici nn. 21,23 e 25. Si rinviene un altro cedimento del terreno in prossimità dell'edi­ficio che a S chiude il muro perimetrale del giardino, dal quale è visibile un corridoio a volta tagliato nel banco di peperino, che corre in direzione NE.

14 Il taglio nel suolo di peperino viene messo in luce per una lunghezza di circa m. 15. Nel setto­re SW dell'area di scavo si perde rimanendo sottostante a successive fasi di edificazione.

IS Oltre alle evidenze archeologiche emerse si segnala la messa in luce, in prossimità del muro che dà su via S. Gaspare del Bufalo, di una scalinata semicircolare di tre gradini a doppia pen­denza (NW-SW), costituita da settori alternati di lastre di peperino e blocchetti di se1ce, del tutto simile alla tipologia della settecentesca "scala della cavallerizza" che mette in connessio­ne il cortile 2 con il cortile 3. La scala deve risalire agli anni subito successivi al 1717, quan­do, annesso alla proprietà Pamphili anche il casino dei signori Giannini, si realizza la sistema­zione dei cortili. Per un approfondimento vedi M. SILVESTRI, 1988, pp. 24-26.

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16 G. LUGLI, 1917, p. 54, in cui si descrivono almeno tre acquedotti: le Cento-Bocche, che sbocca presso piazza S. Paolo, Malaffitto Basso, che si dirige verso Castel Gandolfo nel sito della cosid­detta villa di Clodio, e Malaffitto Alto, che sboccava nella piscina limaria di Propaganda Fide.

17 Pur usando il termine cisterna si ricorda che non ci è dato sapere, in questa fase degli studi, se si tratti di vasca o di cisterna.

18 G. LUGLI, 19l7,p. 58.

19 Per un approfondimento sulla cronologia dell'anfiteatro vedi P. CHIARUCCI T. GIZZI, L'anfiteatro di Albano, DocAlb II s., 25, 2003 pp. 61-76.

20 E. TORTORICI, 1975, pp. 65-69 e p. 117.

21 Già servita dall'acquedotto delle Cento bocche. Il ramo proveniente da Malafffitto Alto è, secondo Tortorici, a questo successivo, sboccando nell'angolo sinistro della parete di fondo dei "cisternoni", ed avendo dovuto forare la parete stessa per poterne usufruire.

22 E. TORTORICI, 1975, p. 7l.

23 Per maggiori dettagli sull'attribuzione ad epoca traianeo-adrianea della cisterna Torlonia vedi G. GHINI, La cisterna Torlonia di Castel Gandolofo, DocAlb II s., 6, 1984, p. 56.

24 Tra i materiali si segnala un bollo del 149 d. c., CIL, XV, II, 2588, con iscrizione CCV.F, pre­sente sull' ansa di un anfora, rinvenuta in uno strato di riporto subito a ridosso del muro in opera mista.

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