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Apocalypto. Sacrificio, ecologia e potenza degli stereotipi

Date post: 10-Nov-2023
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Ap oca ly pto. Sacrificio, ecologia e poten za degli stereotipi di Alessandro Lupo Il barbaro è anzitutto l'uomo che crede nella barbarie. C. Lévi-Strauss, Razza e storia, ry52 [t9671, p. ro6 Un colossalsul collasso Contrariamente alla ricca ed eterogenea cinematografia sul mondo gre- co e romano, che accanto a una prevalente produzione assai dozzinale (tra cui i cosiddetti peplurn)può comunque annoverare alcuní titoli di indubbio interesse per esffo creativo, magnificenza e qualità estetica, quella sulle civiltà dell'America precolombianaè assai esiguaed offre ben pochi rentativi di rappresentare e interpretarein maniera convin- centi e/o orieinale la loro realtà storica, sociale e culturale. Pertanto il recente film Ai Mel Gibson, Apocalypto (zoo6), è subito apparso come una novità di grande interesse, per più ragioni: a) la natura inconsueta dell'argomento: la civiltà maya precoloniale, generalmentericonosciuta come una delle più complesse e raffinate del Nuovo Mondo; b) la personalità del regista, artefice di awincenti film d'azione e noto per la iua controversa predilezioneper rappresentare in termini molto crudi la violenza, già sperimentatain opere di successo quali Braueheart (tqgi) e La passione di Cristo (The Passionof tbe Christ, zoo4), e qui al- le presecon una civiltà caratteúzzata da forme particolarmente elabo- rate e socialmentesignificativedi violenza,inflitta a sé e agli altri; c) I'attualità del tema - indissolubilmente legatoalla civiltà maya - del rapporto dell'uomo con I'ambiente, il cui eccessivo sfruttamento può portare a vere e proprie catastrofiecologiche (come quella che si sup- pone abbia concorso a determinare il repentino collasso dei maggiori centri maya nel rx-x secolo)'; r. La letteratura sull'argomento essendo sterminata, mi limito a segnalare alcu- ni testi, diversi dei quali 5ono più o meno direttamente alla base della ricostruzione storica su cui il film si fonda: T. P CulbertGd.)' The Classic Maya Collapse, New Mexico University p1s55, Albuquer que ry73t ld., The Collapse of Classic Maya Ciui r67
Transcript

Ap oca ly p to. Sacrificio, ecologiae poten za degli stereotipi

di Alessandro Lupo

Il barbaro è anzitutto l'uomo che crede nella barbarie.

C. Lévi-Strauss, Razza e storia, ry52 [t9671, p. ro6

Un colossal sul collasso

Contrariamente alla ricca ed eterogenea cinematografia sul mondo gre-

co e romano, che accanto a una prevalente produzione assai dozzinale(tra cui i cosiddetti peplurn) può comunque annoverare alcuní titoli di

indubbio interesse per esffo creativo, magnificenza e qualità estetica,

quella sulle civiltà dell'America precolombiana è assai esigua ed offre

ben pochi rentativi di rappresentare e interpretare in maniera convin-

centi e/o orieinale la loro realtà storica, sociale e culturale. Pertanto il

recente film Ai Mel Gibson, Apocalypto (zoo6), è subito apparso come

una novità di grande interesse, per più ragioni:

a) la natura inconsueta dell'argomento: la civiltà maya precoloniale,

generalmente riconosciuta come una delle più complesse e raffinate del

Nuovo Mondo;b) la personalità del regista, artefice di awincenti film d'azione e noto

per la iua controversa predilezione per rappresentare in termini molto

crudi la violenza, già sperimentata in opere di successo quali Braueheart(tqgi) e La passione di Cristo (The Passion of tbe Christ, zoo4), e qui al-

le prese con una civiltà caratteúzzata da forme particolarmente elabo-

rate e socialmente significative di violenza,inflitta a sé e agli altri;

c) I'attualità del tema - indissolubilmente legato alla civiltà maya - del

rapporto dell'uomo con I'ambiente, il cui eccessivo sfruttamento può

portare a vere e proprie catastrofi ecologiche (come quella che si sup-pone abbia concorso a determinare il repentino collasso dei maggiori

centri maya nel rx-x secolo)';

r. La letteratura sull'argomento essendo sterminata, mi limito a segnalare alcu-ni testi, diversi dei quali 5ono più o meno direttamente alla base della ricostruzionestorica su cui il film si fonda: T. P Culbert Gd.)' The Classic Maya Collapse, NewMexico University p1s55, Albuquer que ry73t ld., The Collapse of Classic Maya Ciui

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d) la possibilità di disporre di risorse ingenti (4o milioni di dollari), dautilizzare nell'attenta ricostruzione scenografica di un mondo che ha la-sciato vestigia copiose e suggestive;e) la scelta di awalersi di una qualificata consulenza scientifica, assol-dando quale garante dell'accuratezza storica e culturale della realtà rap-presentata l'archeologo Richard D. Hansen della Idaho State Univer-sity, già responsabile del progetto di scavo nel grande centro m^y^ gua-temalteco di El Mirador';

fl la scelta "realista" di ricorrere a un cast interamente di attori indi-geni (o per lo meno di origini e con fattezze indigene) e di farli recitarein lingua mayù.

Prevedibilmente, iI risultato finale, pur premiato da un ampio suc-cesso di pubblico, non ha soddisfatto la critica più esigente e soprattut-to le aspettative di quanti - ra i diretti discendenti dei maya e i loro stu-diosi, simpatizzanti e difensori - si aspettavano un'opera di accurata,coerente e rispettosa ricostruzione filologica. Trattandosi di un prodot-to al medesimo tempo artistico - e per ciò stesso intrinsecamente libe-ro da obblighi di verità storica - e commerciale - dunque rivolto a un

lization, in N. Yoffee, G. L. Cowgill (eds.) , The Collapse of Anciant States and Ciui-lizations, University of Arizona Press, Tucson 1988, pp. 69-tot;J. \X/. G. Lowe, TóeDynamics of Apocalypse. A Systems Símulation of the Classic Maya Collapse,NewMexico University Press, Albuquerque 1985; G. R. \lilley, D. B. Shimkin, The MayaCollapse. A Sunrnary Vieu,in G. R. Villey (ed.), Essays in Maya Archaeology,NewMexico University Press, Albuquerque 1987, pp. 19-58; D. A. Hodell,J. H. Curtis, MBrenner, Possible Role of Climate in the Collapse of Classic Maya Ciuilization, in "Na-itrre" , )7t, r99t, pp. )9r-4;K. A. Pyburn, The Political Economy of Ancient Maya LandUse: Tbe Road to Ruin,in S. L. Fredrick (ed.),The Managed Mosaíc. Ancient MayaAgrìculture and Resource Use, University of Utah Press, Salt Lake City 1996, pp. 46-47; R. B. Gill, The Grcat Maya Drougbts: Vater, Life and Death, University of NewMexico Press, Albuquerque zooo; D. Vebster, The Fall of the Ancient Maya: Soluingthe Mystery of the Maya Collapse, Thames & Hudson, London-New York zooz; G.H.Haug et al., Climate and the Collapse of Maya Ciuilization, in "Science", :"99, zoor,pp.tTjr-1; M. D. Coe, The Maya, Thames & Hudson, New York zoo5 (r" ed. ry66);L. C. Peterson, G. H. Haug, Climate and the Collapse of Maya Ciuìlization, in "Ame-rican Scientist" ,91, 4, zoos, pp. jzz-9.

z. Cfr. R. D. Hansen, Excauations in the Tigre Complex, El Miradot Petén.Guatemala, New \World Archaeological Foundation, Brigham Young University,Provo r99o.

3. Una scelta già sperimentata con I'aramaico e il latino nella Passione di Cri-slo, ma che nel nostro caso ha riguardato non una lingua ormai estinta, ma una del-le tante ancor oggi parlate dai milioni di discendenti degli antichi maya, lo yucate-co (cfr. T. S. Kaufman, Meso-American Indian Languages, in Encyclopaedia Britan-nica,ry^ ed. , Encyclopaedia Br i tannica Ltd. , London ry74,vol . t ,pp.956-@;J. A.Sufuez, Las lenguas indígenas mesoamericanas, Instituto Nacional Indigenista-CIESAS,México rqSt ( r" ed. rS8l) .

F I C I O , E C O L O G I A E P O T E N Z A D E G L I S T E R E O T I P I

pubblico planetario del tutto ignaro dei maya e attrarto soprartuffo dalpathos della trama e dal modo di narrarla -, era inevirabile che similiaspettative venissero deluse. Sicché appaiono incongrue, ingenue esproporzionate le rimostranze e le invettive mosse dalla variegata schie-ra di "indigeni", archeologi, antropologi, storici e militanti, che hannoaccusato I'opera di essere <<profondam ente razzista>>+, <<pornografica>>r,<<odiosa, spregevole, offensiva per il popolo maya 1...1 la peggior cosache sia capitata agli popolazioni indigene dall'arrivo degli spagnolil>6.

Da un regista specializzato in film a tesi di forte impatto emotivonon è sensato attendersi I'acribia elafinezza analitica di un Visconti odi un Kubrick, sicché anch'io, come la maggior parte del pubblico chene ha decretato il successo, quando nel gennaio zooTho visto il film misono lasciato awincere dalla rocambolesca sequenza di eventi che tra-volgono il protagonista e affascinare dall'opulento ed esotico splendo-re dell'ambientazione e dei costumi, filmati con grande efficacia. Ep-pure non posso negare che, da etnologo che per rent'anni ha svolto ri-cerche tra gli indigeni messicani, osservandone il presente e studiando-ne il passato, ho provato anch'io un misto di delusione e fastidio, perl'occasione mancata e per la distorsività dei presupposti su cui I'interoprogetto artistico si basa. Non mi awenturerò qui nella formulazione diun giudizio critico, ma trarrò invece spunto dal film e dalle reazioni cheesso ha suscitato per formulare alcune riflessioni intorno all'immagineche delle società amerindiane è stata costruita in Occidente, al ruolo chein ciò ha assunto la pratica dei sacrifici umani, agli usi cui si prestano glistudi degli specialisti e alle conseguenze politiche che le popolazioni in-digene ne hanno subito e ancora ne subiscono.

Latramaè facilmente fiassunta. Nello Yucatón degli inizi del xvr se-colo vivono due gruppi di maya ontologicamente (e iconograficamente)contrapposti: i più semplici e inoffensivi abitatori della foresta (pacifici,liberi, gai e rispettosi dell'equilibrio ambientale) e i feroci e aggressiviabitatori della città (sadici guerrieri schiavisti, irti di tatuaggi e orna-

4. Liza Grandia (Tbe Sober Racism of Mel Gibson's Apocalypto, in www.com-mondreams.org/viewsoí/tzt7-z4.htm,ry dicembre zoo6), antropologa e postdoctorulfellou all'Università di Yale; cfr. anche la dottoranda in Comparatiue ethnic studiesdell'Università di Berkeley Gabriela Erandi Rico (Commentary: Gibson's "Apocalyp-to" Far Frcrn a Tribute to the Maya, in "Chicago Sun-Times", December 8, zoo6), chesi definisce <indigena messicano> (p' urh ep echa/ matlatzinca).

5. Traci Ardren (Is "Apocalypto" Pornography?, in "Archaeology",'6o, r, January-February zoo6), docente di antropologia all'Università di Miami.

6. Julia Guernsey, docente presso il Department of Art and Art History dell'Uni-versità del Texas, intervistata da Chris Garcia ("Apocalypto" ìs an ínsult to Maya cul-ture, one expert says. A history professor explains ubere Mel Gibson got it uery, ueryu ro n g, ln "American Statesman ", December 6, zoo6\.

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A L E S S A N D R O L U P O

menti necrofili, oltre che anefici di una immane deforestazione per edi-ficare i coiossali templi su cui venerare con riti cruentí i propri dèi). Al-l'improwiso, la pace dei forestali è interrotta dall'irruzione dei più civi-lizzati e crudeli, portatori di violenza, morte e asservimento, che li tra-scinano in vincoli fino alla loro brulicante città, teatro di desolazioneambíentale, carestia e pestilenza, di sperequazione e brutalità, di lussosfrenato e decadenza morale, ove i prigionieri vengono condotti sulla ci-ma della piramide più alta per esservi sacrificati alla divinità solare,estraendo loro il cuore e decapitandoli. Il protagonista, Zampa di Gia-guaro, che prima di esser strappato al suo villaggio ha fatto in tempo acalare in una sorta di pozzo naturale - loro rifugio e prigione - la gio-vane sposa incinta col figlioletto, è ormai riverso sulla pietra sacrificalequando un'eclisse di sole sopraggiunge a fermare la mano omicida delsacerdote. Questi è pronto a cogliere nel prodigio un segno della bene-volenza divina e a utlizzarlo per imbonire la calca in delirio che gremi-scelapiazza sottostante. I prigionieri sono graziati e riconsegnati ai lo-ro catturatori, che fingono di conceder loro una possibilità disalvezza,se riusciranno a sfuggire ai loro dardi e a riguadagnare Ia selva. Unicotra i suoi compagni, Zampa di Giaguaro riesce a rinselvarsi, benché fe-rito al fianco, valicando un tappeto di cadaveri. Comincia I'insegui-mento, nel corso del quale l'eroe sfugge alle insidie della foresta, che an-zivolge a suo vantaggio, eliminando uno ad uno i propri persecutori fin-ché, stremato, giunge sulla riva del mare. Qui è salvato nuovamente dal-I'apparizione dei primi conquistadores, il cui sbarco sotto I'egida dellacroce distrae gli ultimi due nemici che aveva alle calcagna. Può così tor-nare a estrarrc dal pozzo, ormai quasi pieno per la pioggia torrenzia)escatenatasi all'improwiso (vero bagno lustrale dal tanto sangue versa-to), il pargoletto e la moglie, che nel frattempo ha partorito anche il se-condogenito, con I'acqua alla gola e in bilico su una pietra. Anziché an-dare incontro ai Bianchi, la famigliola decide di rifugiarsi nella foresta,alla ricerca di un "nuovo inizio".

Lintreccio ricalca quello di tanti altri action mouies holllvoodiani,mescolando il superomismo alla Rambo dell'eroe che supera da solo an-che le prove più impervie, applicando i saggi ammaestramenti tecnici emorali dei suoi maestri (..Non avere paura>> lo ammonisce il padre men-tre viene sgozzato davanti ai suoi occhi)z con I topos della famiglia nu-cleare monogamica, che costituisce la fonte della spinta all'azione dell'e-roe e il modello ideale su cui "naturalmente" il vivere associato s'incardi-

7. Considerata la fervente mllitanza cattolica del regista, può non esser infon-dato cogliere in queste parole un'eco della celebre esoftazione che papa GiovanniPaolo tt amava ripetere alle folle dell'ecumene.

I C I O . E C O L O C ì I A E P O T E N Z A D E G L T S T E R E O T I P I

na. Ma al di là dei clichés narrativi, quello che emerge con forza inequi-voca è il monito etico, la morale del film, che fa dei maya un emblema deldestino catastrofico che potrebbe attendere la nostra stessa civiltà, se in-sisteremo in un percorso che ci sta portando verso la devastazione del-I'ambiente e la violenta disgregazione interna, allontanandoci dai valori edalle verità che soli possono garantire la salvezza (e che per Gibson, si sa,coincidono con quelli del suo cattolicesimo tradizionalista, condito di unamoderna sensibilità ecologista). Sono gli stessi autori della sceneggiaturaad averlo enunciato conforza in più occasioni, sia attraverso la citazionedello storico \7ill Dtrrant posta in epigrafe all'inizio del film - <<Una gran-de civiltà viene conquistata dall'esterno solo quando si è distrutta dall'intemo>> -, sia nelle interviste rilasciate alla stampa: <I problemi fronteggiatidaimaya sono straordinariamente simili a quelli fronteggiati oggi dalla nostra civiltà, specialmente per quel che riguarda il diffuso degrado am-bientale, I'eccessivo consumo e la corruzione politica>>8; <.I paralleli tra losquilibrio ambientale e la corruzione dei valori che condannò i maya e ciòche sta accadendo alla nostra civiltà sono sinistri>>g.

D'altronde non è da ieri che la parabola della civiltà maya - classi-ficata come la "più evoluta" delle Americhe - viene eletta a emblemadella natura fragile ed effimera delle glorie umane: g1à mezzo secolo fail grande mayista sir Eric Thompson intitolò una delle sue opere più for-tunate Tbe Rise and Fall of Maya Ciuilization'", parafrasando il titolo de,celeberrimo saggio di Edward Gibbon sull'impero romano. In quel-l'occasione, egli applicò aimaya del tardo periodo classico" I'apologo di

g. Farhad Safinia, coautore del film, nel sito ufficiale: http:,//wmv.wildabout-movies.com/movies/ApocalyptoMovieTrailerPosterMelGibson.php (consultato ilz9 ottobre zoog).

9. Farhad Safinia, intervista a "Time", 19 m^îzo zoo6: wwutime.com/time/ma-gazine / article / o,9 17 t,tr7 468 4,oo. html ( consultato il z9 ottobre zoog ).

ro. J. E. S. Thompson, La ciuiltà ruaya,Einaudi, Torino 1994. Il volume, origi-nariamente pubblicato nel r954, ha costituito per decenni il modello della prospetti-

va "irenica" sui maya, dipinti come una civiltà retta da un'élite di governanti e sa-cerdoti assai più interessati alla contemplazione della natura e dei cieli, all'elabora-zione di minuziosissimi calcoli calendarici e dell'unica forma di vera e propria scrit-tura del continente che non al dominio e alla guerra. E solo dagli anni Ottanta, do-po la morte di Thompson e i progressi dell'epigrafia maya, che è stato possibile

smantellare questo stereotipo; cfr. M. D. Coe, Breaking the Maya Code,Thames &Hudson, New York ry92; L. Schele, M. E. Miller, The Blood of Kings. Dynasty andRitual in Maya Art, G. Brazillier Inc., New York 1986; L. Schele, D. Freidel, A Forastof Kings. The Untold Story of tbe Ancient Maya, QuIll, New York r99o.

rr. Il passato precolombiano dell'area culturale denominata Mesoamerica, checomprende Messico centro-meridionale, Belize, Guatemala, Honduras e parte diSalvador e Nicaragua, è convenzionalmente suddiviso nei seguenti periodi: Arcaico(1zooo-z5oo a.C.) , Preclassico (z5oo a.C.-zoo d.C.) , Classico (zoo-9oo d.C.) , Post-

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Kipling sull'alveare invaso e devastato delle farfalle della cera, le quali<<riescono a prosperare solo dove le api sono deboli e lasciano fare>>"'con la diffeènza - rispetto agli autori di Apocalypto- che per lo ,t,r-dioso britannico gli invasori agevolati dalle debolezze interne dei mayanon erano ancora gli spagnoli del xvt secolo, bensì, alcuni secoli prima,<<una cultura moralmente più debole, originaria del Messico centrale>>'r,owero le genti "tolteche" dell'Altopiano cenrale del Messico, che die-dero inizio alla deriva bellicista caratteristica del periodo postclassicomesoamericano (9oo-r5zr d.C.), di cui gli aztechi avrebbero costituitoI'ultimo e più sanguinario esempio.

Il valore esemplare attribuito alla vicenda del film ha giustificato, peril regista e per il suo stesso consulente scientifico, la deliberata compres-sione temporale di fani storici appartenenti a un arco di circa rToo anni:dalle prime grandi rcalizzazioni monumentali e artistiche del tardo for-mativo (III secolo a.C.), al collasso e abbandono dei grandi centri dei bas-sipiani centrali (x-x secolo d.C.), fino all'arrivo dei colonizzatori euro-pei nelle regioni settentrionali dello Yucatón (inizio del xvt secolo). Quelche contava, ai loro occhi, era la lezione paradigmatica offerta - attra-verso le sue diverse fasi, non importa quanto sgranate nel tempo e nellospazio e qui artificialmente compattate - dal declino autoinflitto di que-sta grande cíviltà, caratterizzata- più di qualunque altra delle Americhe- dal contrasto tra la raffinatezza delle sue realizzazioni intellettuali e ar-tistiche e la brutalità delle sue pratiche belliche e rituali: <<I maya sonostati ben più interessanti per noi [rispetto agli aztechi...l è possibile mo-strare come la civiltà maya fosse estremamente sofisticata e possedesseun'immensa conoscenza della medicina, della scienza, dell'archeologia[sic!] e dell'ingegneria [...] ma è anche possibile portarne alla luce il so-strato brutale e la ritualità selvaggia che essi praticavano>>'4.

Di qui lo zelo con cui nel film ci si è sforzati di ricosruire "fedel-mente" i minimi dettagli della cultura maya (sempre latamente intesa,in senso cronologico e territoriale): dagli edifici, i rilievi e le pitture mu-rali alle vesti, le acconciature, i tatuaggi e le pitture corporali dei diver-si personaggi, dagli oggetti domestici alle armi, dalle tecniche di sussi-

classico (9oo-t5zt d.C., data della caduta della capitale azteca Tenochtitlan) (A. Ló-pez Austin, L.LópezLuiin,Il passato indigeno. Per una nuoua stoia del Messico pre-colornbiano, Jaca Book, Milano 1998).

rz. Thompson, La ciuihà maya, crt., p. rr7.n . lb idr4. Farhad Safinia, intervista a Nicole Sperling: Vith Help from a Friend, Mel

Cut îo the Cbase, "The \ùlashington Post", Decembet ry, zoo6, http://www.wa-shingtonpost.com/wp-dyn/content/article/zoo6/tz-/t5/ ARzooírzt5oo14z.html (consul-tato I z9 dicembre zoog).

I I C I O , E C O L O G I A E P O T E N Z

stenza alle narrazioni orali, le profezie e le preghiere. Fino alla scelta difar recitare gli attori nel dialetto maya yucateco, che per alcuni di essisarebbe addirittura l'unica lingua loro nota (anche se quasi tutti gli at-tori principali sono "indigeni" di tutt'alra provenienza, dal protagoni-sta Rudy Youngblood, texano che vanta ascendenze comanche, cree eyaqui, a colei che impersona la sua giovane compagna, Dalia Hernón-dez, studentessa universitariaveracruzana, ad altri attori canadesi, sal-vadoregni e messicani, tutti palesemente alle prese con la recitazione inun idioma ostico e ignoto, che verosimilmente leggono sul "gobbo").

La puntígliosa ricerca di una ricostruzione "veritiera" dell'ambien-tazione del film è però circoscritta agli aspetti più minuti, tecnici, mate-riali, come conferma il fatto che per la consulenza scientifica il regista sisia affidato esclusivamente a un archeologo, senza affiancargli uno stori-co o un antropologo. Di qui la grande suggestione scenografica dei luo-ghi, degli edifici, dei costumi e degli oggetti, che tuttavia - malgrado la"fedeltà" apparente - suona falsa a quanti abbiano dimestichezza con lavastissima documentazione esistente sul passato dei maya e con la vivapresenza dei milioni di indigeni che ancora ne occupano i territorio, neparlano la lingua e ne conservano (pur profondamente mutata) la cultu-ra. Soprattutto, quel che ha fatto infuriare i più emotivi e frustrato i pirìmeditativi è stata la sostanziale mistificazione consistente nell'awolgerein vesti dall 'aspetto sontuosamente e minuziosamente autentico una ri-costruzione la cui sostanza. la cui dinamica e i l cui messaggio sono assailontani da ciò che verosimilmente corrisponde a quella grande civiltà.Che fu certo protagonista di uno dei più spettacolari casi di "collasso"",

oltre che c^ratteîizzata dal - per noi stridente - contrasto fra la rudi-mentalità di alcune tecniche (con I'assenza della ruota e dei metalli) e lamagnificenza e ruffinatezza delle rcalizzazioni architettoniche e artisti-che, fra la sofisticatezza delle conquiste intellettuali (lo zero, il calenda-rio, I'unica scrittura compiutamente fonetica delle Americhe) e la spie-tatezza di certe pratiche rituali. Ma le cui singolari caratteristiche nonemergono affatto da quanto si vede nel film, dall'ethos che lo atraversae dalle sensazioni ed emozioni che esso trasmette allo spettatore.

Nessuno sforzo trapela, per intenderci, nel rendere - accanto all'eso-tismo degli ambienti e delle vesti - la peculiarità degli stili di vita, delle re-gole di condotta e dei relativi valori, delle "tecniche del corpo" di quegliantichi amerindiani: mentre sono proprio questi gli aspetti che per primi

r5. Tolti gli aspetti più "tecnici" della consulenza di Richard Hansen, è evidente chel'interpretazione che gli autori danno delle diverse crisi attraversate dalla civiltà maya

s'ispira assai più all'opera diJared Diamond (Collasso. Come le socìetà scelgono di nzo'ire o uiuere, Einaudi, Torino zoo5) che non alla letteratura scientifica speciaLzzata.

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A L E S S A N D R O L U P O

colpiscono chi, straniero, ancor oggi si trova proiettato in una qualunquecomunità indigena dell'antico territorio mesoamericano (d'altronde Mar-cel Mauss, nel suo famoso saggio del ry18, aveva sottolineato come sianoproprio i modi di gestire e muoversi nello spazio - appunto le "tecnichedel corpo" - che consentono a volte di distinguere con un solo colpo d'oc-chio I'appartenenza culturale delle persone),6. Senza pretendere che i cin-que secoli di colonizzazione, sopraffazione e marginalizzazione non ab-biano profondamente modificato il modo d'essere dei mava. basta assi-stere per qualche tempo alle attività quoridiane, alle conueisazioni, ai ge-sti minuti e alle celebrazioni pubbliche dei loro odierni discendenti mès-sicani, honduregni o guatemaltechi per cogliere lo stridore con cui ogniatto dei protagonisti del film rivela di ricalcare gli stereotipi della cine-matogtafia hollywoodian a anziché una sia pur lontana approssimazionealle condotte di un qualsiasi indigeno di ieri e di oggi. Per tutti valga I'e-sempio della scena in cui I'eroe sra per esser raggiunto dal più perversodei suoi inseguitori - gli alrri li ha eliminati uno ad uno come i euriazi -e, per raccogliere I'arma che sola può salvarlo, si lancia di corsa verso ilsuo awersario e, mentre questi gli vibra un colpo letale alla testa, si gettaa terra piedi in avanti in una magistrale scivolata stile baseball, schivandoil colpo e conquistando la "base", owero la mazza con cui finalmente bat-te una specie di home lun con la testa del nemico, accoppandolo.

Barbarie e sacrificio

Ma se questo esempio ci dice della scarsa sensibilità registica verso la re-stituzione degli habitus corporei dei nativi, che sarebbe soltanto unapecca veniale, di ben altro rilievo e con assai più cospicue conseguenzesono la rozzezza e lo schematismo ideologico dell'approccio al tema at-torno al quale s'imperniano la trama del film e la scelta stessa dei mayacome suoi protagonisti: il sacrificio umano. Non già, si badi, perché sitratta di un argomento di per sé "delicato",7, capace di sollevare reazio-ni risentite da parte di gruppi particolarmente sensibili. Una volta che

16. Uno deglì esempi di Mauss risulta particolarmente calzante, in quanto evo-ca proprio la forma espressiva di cui stiamo discutendo: .Ebbi una specie di rivela-zione, mentre ero degente in un ospedale di New York. Mi chiedevo àove avessi siàvisto del le s ignor ine che camminavano come le mie infermiere. [ . . .1 Mi r icordai , in-fine, che le avevo viste al cinema>> (M. Mauss, Le tecniche del corpo,inld.,Terría ge-nerale della m,agia e altri saggi, Einaudi, Torino 1965, p. 3t8). Già allora la gesruaùtàamericana colpiva per la sua esrraneità gli spettatori europe.i.

ry. Cfr. A. Lupo, I/ mais nella ooce. Prutiche e dinamiche rclipiose nel Messicoìndigeno, CISu, Roma zoo9, pp. 288 ss.

' I C I O , E C O L O C f A E P O T E N Z A D E C L I S T E R E O T I P I

persino la Shoah è divenuta spunto di interpretazioni ironiche nella ci-nematografia", questo non può certo costituire un problema. Tanto piùche una pellicola sugli antichi popoli mesoamericani che non facessecenno dei sacrifici suonerebbe francamente ipocrita, oltre che falsa. Eneppure perché nel film i sacrifici sono raffigurati su una scala verosi-milmente del tutto irreale, come hanno puntualmente rilevato diversi af-fermati mayisti, immediatamente pronti a scaricare sugli aztechi I'accu-sa di averne praticati nell'ordine delle decine di migliaia, secondo unatrita contrapposizione tra popoli basata sulla quantificazione numericadella loro capacità omicida, in cui agli ultimi dominatori del Messicocentrale spetterebbe la palma dell'efferatezza'e. È evidente che il regista- anche quando ha palesemente esagerato, mostrando la distesa di ca-daveri dipinti di blu a decomporsi appena dietro le piramidi - ha inte-so raffigurare l'atrocità di una violenza rituale che, allo scopo di ingra-ziarsila divinità, non esita a stroncare la vita di tanti innocenti. La que-stione è proprio che, a fronte di un così faraonico sforzo per ricosruirenei minimi dettagli I'aspetto esteriore del mondo maya, non traspare in-vece alcuna curiosità per cogliere la ratio e il significato propri della lo-gica sacrificale maya, che certo risulta estremamente lontana dalla sen-sibilità e dall'etica del nostro orizzonre culturale, ma che tuttavia erainestricabilmente conness a a17e raffinatezze artistiche e intellettuali chedi quello stesso popolo tanto ci affascinano.

Non è owiamente che simili pratiche vadano ̂ pprezzate, rivalutateo giustificate, ma una rappresentazione onesta e credibile dei maya (co-me dichiaratamente vuol essere quella del film) richiederebbe lo sforzodi comprendere la così singolare familiarità che essi avevano con la vio-lenza e il dolore, la quale li portava non solo a infliggere ai prigionieri,specie se di alto rango, sofferenze prolungate e reiterati versamenti disangue prima di ucciderli, ma anche a disciplinare i corpi dí chi occupa-va le più alte cariche attraverso mortificazioni e autosacrifici durissimiCe lo attestano un gfan numero di oggetti rituali (come le spine di razzao le sottili lame di ossidiana con cui si perforavano varie parti del corpo.orecchie, braccia, gambe, lingua, pene) e di raf{igurazioni iconografiche,

18. Come tn La uita è bella di Robeno Benigni (tssz) eTrain de uíe diRaduMihaileanu (rqq8).

19. Si veda quanto detto dallo stesso consulente del film, Richard Hansen (Cox-uersation: Mel Gibson's Maya. Richard Hansen Talks About Being tbe Technical Ad-oisor on Apocalypto, in "Archaeology", 6o, r, January-February zoo6), oltre che daDavid Freidel (Betraying the Maya.

'Vho Does the Violence In Apocalypto Really

Hurt?, in "Archaeology", 6o, z, March-April zooz), Andrea Stone (Orcs in Loin-clotbs. A Mayanist Looks at Apocalypto, in "Archaeology",Jantary 3, zooT) eKarlTaube (in W. Booth, Culture Shocket. Scholars Say Mel Gibson's Action Flick Sacriftces tbe Maya Ciuiliution to Hollyuood, in "The Washington Post",9/tz/zoo6\.

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sia scolpite nella pietra che dipinte sui muri e sui vasi. Basti pensare al ri-to consistente nel far sconere attraverso la lingua perforata una corda incui erano intrecciate spine aguzze, cui si sottoponeva la moglie del so-vrano, mentre egli era tenuto a versare il proprio sangue trafiggendosi ilmembro: una pratica ritratta con straordinaria precisione negli architra-vi scolpiti di Yaxchilón e che alcuni ipotizzano avesse lo scopo di facili-tare le visioni e la comunicazione con il mondo extraumano'".

Il sacrificio dei prigionieri, per quel che ci è dato saperne in base allerisultanze archeologiche, riguardava soprattutto le figure di rilievo dellepopolazioni vinte in guerra e - anche se probabilmente praticato in nu-meri enormemente più esigui che tra gli aztechi - non era certo più pie-toso, anzi: dalle testimonianze registrate sulle lapidi celebrative risulta cheesso fosse <<raramente veloce ed immediato ma prevedeva un prolungatoversamento di sangue. Nonostante alcuni sovrani fossero tenuti in vita dailoro catturatori per anni, [...] essi dovevano partecipare più volte ai ri-tuali di versamento del sangue prima di morire>>''. I celeberrimi affreschidi Bonampak ritraggono una scena in cui a dei prigionieri vengono strap-pate le unghie dalle dita, prima di sacrificarli: <<ll sacrificio del cuore eraIa causa ultima della morte di un prigioniero, ma i segni di tagli su tutto ilcorpo ci informano del fatto che una tortura allo stile del gatto col topolo precedeva. A-l confronto, la rapida, decisa estrazione clel cuore pratica-ta dagli aztechi può essere considerata come un atto pietoso>>".

Insomma, la mortíficazione dei corpi era la norma tra i maya, cosìcome presso gli altri popoli mesoamericani, e riguardava tanto i vintiquanto i vincitori, secondo una logica penitenziale che vedeva nell'ero-gazione periodica del proprio e dell'altrui sangue il modo più idoneoper restituire alle divinità parte delle energie che quelle largivano agliumani attraverso la radiazione solare, il liquido fecondante della piog-gia e I'esistenza di tutte le forme di vita vegetale e animale su cui si ba-sava il loro sostentamento'r. Ma questo rendeva il rapporto tra sacrifi-canti e sacrificatí assai più complesso di ciò che solitamente s'intendecon la relazione carnefice-vittima, tanto che tra i due potevano instau-rarsi rapporti equiparabili a quelli parentali, o anche forme di identifi-

zo. Schele, Mllet The Blood of Kings, cit., pp. r75-t-o8.zt. Ivi, p. zt6.zz. Ivi, p. zr7.23. M. I. Nóiera Coronado, El don dc la sangre en el equilibrh cósmìco. El sacn-

ficio y al autosacrificio sangriento entre kts ttayas, Universidad Nacional Autónomade México, México t987; A. López Austin, Tamoancban y Tlalocan, Fondo de Cul-tura Económica, México ry,)+;Id., La religìone della Mesoamerica, in G. Filoramo (acura di), Storia delle religioni,vol.5,Religioni dell'America precolombiana e dei po-poli indigeni,Larerza, Roma-Bari ry97, pp. 5-75.

ì I ( ] I O , E C O I - O G I A E P O ' I ' E N Z A D E G L I S T E R E O T I P I

cazione sostitutiva, come hanno mostrato i recentí studi di Clendinnen'oe Graulich" sul sacrificio azfeco. Non è detto, intendiamoci, che le for-me e i significati che ci hanno descritto i primí testimoni (conquístado-res, missionari, cronisti di varia appartenenza etnica)'6 riguardo al sa-crificio umano nel Messico centrale fossero gli stessi dei maya yucatechiloro coevi (e men che meno di quelli dei bassopiani centrali del perio-do classico, cui gran parte delle riproduzioni figurative e delle iscrizio-ni risalgono)'2. Eppure è assai verosimile che in gran parte della Me-soamerica i l sacrif icio e I 'autosacrif icio s' ispirassero a una maniera ge-neralmente condivisa di concepire la persona, la sua costituzione, posi-zione e funzione nel cosmo e di regolare i rapporti tra gli esseri umani etra questi e ie forze extraumane. per spiegare i quali è assai più utileun'attenta ricostruzione degli habitus, degb oúzzonti emotivi, dei mo-delli assiologici e comportamentali, degli status, delle relazioni di scam-bio e dei rapporti di potere che non I'abbandono all'istintiva ripulsa eall'automatica condanna morale che la realtà storica del sacrificio susci-ta. Altrimenti si incorre in quella incomprensione pregiudiziale delleforme di alterità umana che inevitabilmente porta alla sua negazione,quando non al suo asservimento e alla sua cancellazione: l'atteggiamen-to che gran parte dei viaggiatori e dei colonizzatori europei ebbe neiconfronti di tutte le società i cui costumi apparivano loro così distantidai propri e irríducibili alle logiche e ai valori del mondo cristiano dafarle classificare come barbare, inferiori, meritevoli di esser castigate esottomesse. Un atteggiamento comprensibile nei rozzi uomini d'arme enegli infervorati evangelizzatori del XVI secolo, anche se già allora nonmancarono figure capaci di un disranziamento dello sguardo e di unosforzo di immedesimazione in quell'umanità, "altra" appena scopertacui dobbiamo riflessioni e analisi fra le più penetranti allora formulatesu di essa (e sul nrodo in cui gli europei si conrportarono nei suoi con-

24. I. Clendinnen, Aztccs; An Interprctation, Cambridgc University Press, Cam-bridge r99r.

25. M. Graulich, Le sacrifice humain chez les Aztèques, Fayard, Paris zoo5.26. Accanto al le test imonianze lasciateci dai d ivers i test imoni europei , non man

cano quelle redatte - utilizzando la scrittura alfabetíca e scritte in lingua nativa, ol-tre che in spagnolo - da figure di rilievo della società indigena, cfr. J. R. RomeroGalvín (comp.\, Historiografía nouohispana de tradición indígena,vol. t, UniversidadNacional Autónoma de México, México zoo3.

27. Si vedano al riguardo L. Schele, Human Sacrifice Among tlte Classic Maya,in E. H. Boone (ed.), Ritual Hunan Sacrifice in Mesoarzerica. A Confarcnce at Dum-barton Oaks, october rlh and t4'h, t929, Dumbarton Oaks Research Library and Col-lection, \X/ashington 1984, pp.7-48, e F. Robicsek, D. Hales, Maya Heat Sacrifice:Cultural Perspectiue and Surgical Te chnìque, in Boone, Ritual Human Sacrifíce in Me-soarrerica, cit., pp. 49-9o.

176 t77

fronti); due nomi su tutti: Bartolomé de Las Casas e Michel de Montai-g.,.. È invece fonte di sconcerto scoprire che, al di sotto delle dichiara-

zioni in senso conmario degli sceneggiatori - e probabilmente senza che

essi ne avessero neppure piena consapevolezza-, il medesimo atteggia-

mento di fondo ispira il concepimento ela reafizzazione di Apocalypto.Lo dimostrano la scelta dt enfatizzate, accanto alla cieca violenza dei

guerrieri, Ia cappa di superstizione che incombe sulla loro decadente ci-

viltà urbana e ne ispira costantemente le azíoni, la cui massima espressio-

ne è rappresentata nel film dall'episodio dell'eclisse di sole che salva I'e-roe in punto di morte. Una trovata tutt'altro che nuova, tanto da esser di-

venuta un vero e proprio topos letteraio, spesso usato ironicamente a di-

mostrare la superiorità del "sapere" scientifico sulle "credenze" itrazio'

nali dei selvaggi'E, ma che qui è rievocato con un diverso intento, consi-

derata la stranota sapienza astronomica dei sacerdoti-asrologi maya, ar-

tefici di osservazioni e calcoli che permettevano loro di prevedere i "no-

di" delle eclissi e drlnque di non farsene certo sorprendere'e. Gli obliqui

cenni d'íntesa con cui il gran sacerdote e il sovrano decidono di approfit-tare del fenomeno astrale per legittimare agli occhi della moltitudine at-

territa la propria capacità di intermediazione rituale con la divinità ser-

vono a dimostrare la natura moralmente corrotta di quel potere teocrati-

co, basato sulla cinica manipolazione della fede idolatra in falsi dèi. E te-

stimoniano I'ingenuo ed etnocentrico schematismo degli autori, per i qua-

li chi pratica atti rituali privi di una concreta e dimostrabile capacità di in-

terferire sul corso delle cose non può che agire in malafede, sicché tutti i

maghi (e i sacerdoti pagani) sarebbero ci arlatani.Un approccio che in pas-

sato non di rado fu fatto proprio dal clero nella sua lotta contro supersti-

zione e idolatria, e la cui logica è stata confutata da stuoli di etnologi, tra

cui, magistralmente, Claude Lévi-Strauss nel saggio In stregone e la sua

magialo ed Ernesto de Martino nelMondo magicot'.La spietata freddezza con cui i governanti maya, nei loro giochi di

potere, mandano a morte - anzi, direttamente uccidono con le proprie

mani - i prigionieri innocenti o li consegnano ai sadici trastulli dei pro-

28. Si pensi all'uso ironico che ne fa I'americano alla corte di re Artù nell'omo-nimo romanzo di Mark Twain.

29. A. Aveni, Skyutatcbers of Ancient Mexico, University of Texas Press, Austinr98o. Quegli attenti osservatori dei moti celesti non sarebbero certo incorsi nello sva-rione degli sceneggiatori, che la notte immediatamente seguente all'eclissi (possibi-

le solo cón la luna nuova) fanno incautamente splendere sulla selva una magnificaluna piena, quasi ne potessero fermare il corso in cielo, come dei novelli Giosuè.

3o. C. fé"i-Stratss, Lo stregone e la sua magia, ínId., Anttopologia strutturale,Il Saggiatore, Milano ry75, pp. r89-2o9.

ti. p. ae Martino Il mondo magico. Prolegorteni a una storia del magismo,Bo-ringhieri, Torino 1973.

F I C I O , E C O L O G I A E P O T E N Z A I ) I ( ' I I \ I I I i I ( ì I I I ' I

pri guerrieri vuole verosimilmente alludere al cinismo corr crri i lttlr, ,ur.rloghi statunitensi di oggi hanno cavalcato le paure dcll'rr setterrrbrr' 1r.'rmandare al macello i propri soldati in Medio Oriente. (iibson kr hrr tlichiarato esplicitamente in un'intervista concessa durante la lavoraziorrt'del film: <<Questo fomentare la paura che noi rappresentiamo nel filnrmi ricorda un po' il presidente Bush e i suoi soci>>r'. Il caso maya è arti-sticamente funzionale per lanciare moniti sull'attualità, ma il suo tratta-mento non fa che ricalcare i più triti stereotipi dell'impiego, strumenta-le al proprio disegno egemonico, che è stato fatto delle pratiche sacrifi-cali amerindiane da parte dell'Occidente coloniale. Dipingendo i mem-bri dell 'él ite maya come despoti corrotti e sanguinari, superstiziosi e ir-responsabili (nella devast azione dell'ambiente), Gibson conferisce unalegittimazione etica (se non teologica) all'arrivo degli spagnoli, cheprowidenzialmente ferma l'ingranaggio omicida, ma soprattutto appa-re come il giusto rimedio a quell'insensata barbarie. In quest'ottica letragiche conseguenze della colonizzazione delle Americhe - che a cau-sa di violenze, schiavitu e massacri perpetrati consapevolmente e di epi-demie introdotte accidentalmente più che decimarono la popolazioneautoctona nell'arco di neanche un secolo - si configurano come una sor-ta di castigo divino, e l'imposizione della fede cristiana (solo accennataper pochi fotogrammi nella croce al cui seguito sbarcano gli spagnoli)trova giustificazione nell'estirpazione dell'idolaria. D'altronde gli stes-si primi evangelizzatori, analogamente ai loro interlocutori nativi, lesse-ro nella sconfitta militare dei pur soverchianti eserciti indigeni la provadella falsità degli dèi che li avrebbero dovuti appoggiare e il trionfo delDio che essi erano venuti ad annunciare'.

Anche se pare improbabile che gli sceneggiatori abbiano letto RenéGirard, il messaggio del film sembra direttamente ispirato alla sua "teo-ria mimetica", secondo la quale è solo con il cristianesimo che I'umanitàriesce a liberarsi della necessità di garantire la pace sociale attraverso l'i-nutile orrore dei sacrifici,o. Un convincimento che risale già ai primi pa-

12. Intervista rilasciata rl 19 marzo too6 aTim Padgett (Exclusiue: Mel Gibson'sApocaly to N out, in "Time", March 27, zoo6).

33. Si veda il capitolo xx (perduto) dei Coloquios de los doce (B. de Sahagún, Cc.-loquíos y doctrína cristiana, edición y traducción de M. León-Portilla, UniversidadNacional Autónoma de México, México t986, p.76), <nel quale si mostra che i lorodèi non poterono liberarli dalle mani degli spagnoli, poiché erano al.servizio del ve-ro Dio onnipotente che li aiutò>; ma anche il passaggio del capitolo rI (ivi, pp. zr7,

ll) in cui i missionari spiegano la Conquista e i mali che essa ha arrecato agli indige-ni come il giusto castigo per le molte offese da questi fatte a Dio (ivi, pp. rrz-3).

34. Cfr. R. Girard, La uiolenu e il sacro, Adelphi, Milano 1986; Id .,Il capro espia-torio, Adelpht, Milano zoo4; Id-, Il sacrificio, Cortina, Milano zoo4.

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dri della Chiesa, secondo i quali il sacrificio eucaristico, ripetendo in

maniera incruenta l"'ultimo", quello "inesauribile" di Cristo, avrebbesancito la definitiva scomparsa di ogni altra forma sacrificaler'. Argo-

mentazione che è stata ripresa e sviluppata da Girard: <<Gesù accetta dimorire per rivelare la menzogna dei sacrifici cruenti e renderli d'ora in

avanti impossibili. t. . .) La rivelazione va di pari passo con I'abbandonodei sacrificil>r6; in questa prospettiva, il fatto che <.laddove í Vangeli siradicano, i sacrifici si indeboliscono e spariscono>> costituisce <<la più

grande rivoluzione culturale della storia umana>>r7. Anche se non diret-tamente rivolto ai maya, ma ai popoli loro vicini, il suo giudizio sul sa-

crificio umano è in piena sintonia con I'orientamento di Mel Gibson: ri-gettando ogni complicità con lo..zelo antietnocentrico, degli etnologi,

che (nientepopodimenol) <<descrivono con l'acquolina in bocca la sor-te invidiabile di quelle vittimeo e le ..orge sanguinose>> azteche, secon-do Girard <<siamo obbligati per onestà a concludere che la religione diquesto popolo non ha certo usurpato il suo posto nel museo universaledell'orore umano>>r8. Basterebbe molto meno a giustificare gli sforziper cancellare dalle fondamenta sì barbare culture.

Il problema è che - fatti salvi gli sforzi di comprensione e le denuncedi un Las Casas e dei suoi rari seguaci - è proprio sull"'orrore" dei sa-

crifici umani (e delle pratiche antropofagiche che pare a volte li accom-pagnassero) che si è per lungo tempo basata I'affermazione della "inu-

manità" delle genti amerindiane che li praticavano, così come le politi-

che di conquista, asservimento, espropriazione ed etnocidio (quando

non di vero e proprio genocidio) messe in atto dai colonizzatori euro-pei. Lurgenza di sottrarre al barbaro coltello sacrificale le moltitudini

di potenziali vittime innocenti, che senza I'intervento dei salvatori eu-

ropei sarebbero state immolate ai falsi dèi, fu una delle argomentazionipiù reiteratam ente ̂ vanz te dai difensori dell'impresa coloniale, a par-

tire da quel Juan Ginés de Sepúlveda che nel ry5o-5r si scontrò aYalla-dolid con Bartolomé de Las Casas, sostenendo fra I'altro che <per Di-

ritto Naturale è giusto fare la guerra a coloro che [.. '] danno la morte a

uomini innocenti; gli indios sono in questa condizione; quindi giusta-

mente gli spagnoli muovono guerra contro di loro>re; un'argomenta-

35. Si vedano al riguardo i lavori di G. G. Stroumsa (La fine del sacríicio. Le mu-tazioni religiose della tarda antichità,Einaudi, Torino zoo6) e C. Grottanelli (Il sacri-licio,Laterza. Bari-Roma r999, pp. 7o-82).

3ó. Girard, Il sacrificio, cit., p. .t.y. lvi, p. 76.38. Girard, Il capro espiatorio, cit., pp. ro8-9.

19. Cit. in A. Losada, Exposíción analítica de la "Apología" de luan Ginés deSeptilueda, en pro de su libro "Dernocrates II", in e'e.w., Senixarío amcrìcanista de la

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zione cui il "difensore degli indios" si oppose strenuamente4o, ben ve-dendo nella difesa delle "giuste cause" della guema agli indios la prete-stuosa legittimazione delle più efferate atrocità e prevaricazioni com-messe a danno delle popolazioni amerindiane, originariamente libere,dotate di propri sovrani naturali e dunque sottratte alla giurisdizione deiprincipi cristiani, e alle quali la "buona novella" andava trasmessa inmaniera incruenta, secondo l'insegnamento di Cristo+'. Tanto utili sonostate al progetto egemonico europeo le testimonianze sulle aúocità sa-crificali dei popoli amerindiani (e sulla loro immane quantità: v'è chi haasserito che per I'inaugurazione del Grande Tempio di Tenochtitlan, nel

487, gli azrechi avessero immolato 8o.4oo vittime)+', che il recente di-battito storiografico ha dedicato non poche riflessioni alla necessità divagliare I'attendibilità delle fonti, per lo più volte a dipingere i popoliaborigeni come feroci massacratori, quando non anche come sodomiti,incestuosi e cannibalio;. Quest'ultima accusa, rivolta agli abitanti autoc-

Uniuersidad de Valkdolid, ry7j: luan Ginés de Sepulueda y su Crónica indidna, en el rvcentenario de su muerte, Seminario Americanista de la Universidad de Valladolid -Ayuntamiento de Pozoblanco, Valladolid r97j, pp.15-6r, p. zz.

4o. B. de LasCasas, Apología,inId., Obtas conpletas, comp. A. Losada, vol. 9,Alianza Editorial, Madrid 1988; Id., Brcuísima rclación de la destrucción de las Indias,inId,.,Obra indigenista, comp.J. Alcina Franch, Alianza Editorial, Madrid 1995, pp.6t-r5t;Id., Apologética historia sumaria, comp. E. O'Gorman, Universidad NacionalAutónoma de México, México t967.

4r. Per una disamina dell'acceso dibattito sulla legittimità della Conquista - cheebbe il suo apice nella controversia di Valladolid tra Las Casas (Apología, cit. ) e Sepúl-veda (Apología de Juan Cinés de Sepúlueda contra Fruy Batolomé de Las Casas y deFray Bartolomé de l-as Casas contra luan Ginés de Sepúluedt, comp. Angel Losada,Editora Nacional, Madrid 1975) - rinvio a Losada (Exposición analítica de la "Apología" de luan Ginés de Sepúlueda, cit., eId., lntroducció2, in B. de Las Casas, Obrascompletas,vol. g, Apología, Nianza, Madrid 1988, pp. r-28), F. FernóndezBuey, A pro-posito della contrcuersia tra Ginés de Sepúlueda e Batolomé de Las Casas,in "Dimen-sioni e problemi della ricerca storica", z, 1992, pp. t1y-81) e M. Mahn-Lot (Bartoloneode Ins Casas e i diritti degli lndiani,Jaca Book, Milano 1998).

42. La testimonianza è ad esempio riportata dal francescano Motolinía (Canade fray Toribío de Motolinía al Emperador Carlos v, in Id., Memoriales e Historia delos indios de h Nueua Espafra, Atlas, Madrid ry7o, p.'i) e dal domenicano DiegoDv6n (Historia de las Indias de Nueua Espana e Islas de la Tierra Firme, comp. A.M. Garibay, Porrúa, México t967,vol.II, p. l4o).

41. Cfr. B. Díaz del Castillo, Historia uerdadera de la conquista de la NueoaEspana, comp.J. Ramírez Cabafras, Porrúa, México 1992,pp.578-9.I1dibattito sullascala quantitativa dei sacrifici aztechi è assai acceso: in esso, a parte'frange di veri epropri negazionisti come Eulalia Guzmón \Una uisión c-rítica de la historia de la con-quista de Mexico Tenochtitlan, Universidad Nacional Autónoma de México, México1989) e Peter Hassler (Menschenopfer bei den Azteken2 Eine quellen- und ideologie-kritiscbe Studie, P Lang, Bern r99z), si sono confrontati studiosi assai scettici verso lacredibilità delle fonti, primo fra tutti William Arens (Il tnito del cannibale. Antropo-

r8o r8r

toni delle isole caraibiche (da cui lo stesso termine "cannibale" deriva),portò già nel r5or-o1 alla promulgazione da parte della regina Isabella dileggi che autorizzavano la messa in stato di schiavitù di quanti fosserocolpevoli di quest'usanza; con il che le attestazioni di cannibalismo siestesero immediatamente a macchia d'olio++.

tIdentità amerindiana: vecchi e nuovi stereotipi

I identificazione egemonicamente denigratoria delle civiltà amerindia-ne con le pratiche sacrificali è stata così protratta e insistita e persiste an-cor oggi con tale vigore, che per reazioneha prodotto frange non irrile-vanti di "negazionisti", accesi contestatori della veridicità delle testi-monianze coloniali sul sacrificioat, e ogni volta che viene riproposta ri-schia di uftare le suscettibilità di quanti in qualche misura avvertono unvincolo genealogico con quei popoli, evidentemente non ancora abba-stanza lontani nel tempo da permettere un atteggiamento spassionatoverso le loro gesta controverse. Qualora si parlasse dei remoti Olmechi,immersi nell'incertezza di un passato che non consente di rintracciarecon sicurezza i loro odierni discendenti, sarebbero ben pochi a prote-stare; ma imaya raffigurati in Apocalypto risalgono a neppure 5 secoli fa

logia e antropofagia,Bollati Boringhieri, Torino zoor), ed altri più bendisposti, comeMichel Graulich cfr. IJinauguration du temple principal de Mexico en 487, in "Revi-sta Espafrola de Antropología Americana", zr, r99r, pp. rzr-43;1d., La mera uerdad re-siste a mi rudeza: forgeries et mensonges dazs /'Historia verdadera e la conquista de laNueva Espafra de Bernal Díaz del Castillo, in "Journal de la Société des Américani-stes ", 82, 1996, pp. 61-95; Id., Le sactifice bumain cbez les Aztèques,Fayard, Paris zoo5.

44. J. P. Helminen, lEran caníbales los Caribes? Fray Bartolomé de las Casas y elcanibalismo, in "Revista de Historia de América", ro5, 1988, pp.r47-j8; M. Palencia-Roth, Tle Cannibal Lau of r5q, in J . M. Williams, R. E. Lewis (eds.), Early Imagesof the Neu Vlorld: Transfer and Inuention, University of Arizona Press, Tucson r993,pp. zt-61; C. A. Jóuregui, Canibalia. Canibalismo, calibanismo, antrcpofagia culturaly consurno en América Latìna,lbetoamericana-Vervuert, Madrid zoo8.

45.Trale fila di questi militanti rientrano sia molti dei più recenti movimentineo-indios (f. Galinier, A. Molinié, Les néo-indiens. Une religion du uf millénaire,Odile Jacob, Paris zoo6; Y. GonzílezTorres, Tbe Reoiual of Mexican Religions: TheImpact of Natiuira, in "Numen",41,1996, pp. r-lr; Id,.,Danza tu palabra. La danza delos concberos, CNCA-INAH-SMEr-PIazay Valdés, México uooy), sia la parte del cleropiù apertamente schierata al fianco delle minoranze indigene (Lupo,Il mais nella cro-ce, cit.), sia anche alcuni studiosi, tra cui la messicana Eulalia Guzmdn (Una uisiónoítica de la historia de la conquista de Mexico Tenochtitlan, cit.), lo statunitense Wil-liam Arens (Il rnito del cannibale, cit.) e il tedesco Peter Hassler (Menschenopfer betden Azteken?, cit.; Id., Sacnfícios hunryanos entre los rnexicas y otros pueblos indios.

7 rea lida d c., fa n ta sía ?, in " Ce Acatl", 5r-yz, r99j, pp. 1- 9, tT 4).

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e diversi milioni di indigeni ne parlano tuttora la lingua e vengono chia-ramente riconosciuti come i loro eredi diretti. Di qui I'indignazione diquanti - specie tra le file dei filo-indigeni - faticano a non estendere ipropri sentimenti di simpatia per i pacifici e sovente oppressi maya dioggi ai loro ben più aggressivi antenati, come se la responsabilità mora-le degli atti di questi ultimi non potesse non ricadere sui primi, malgra-do il tempo trascorso. E a un siffatto approccio, visceralmente genealo-gico, che si deve I'indignazione suscitata dal film di Gibson in personecomeLiza Grandia, antropologa di Yale impegnata dal ry91in ricerchefraimaya di Guatemala e Belize, che candidamente accusa: <<Ho trova-to Apocalypto profondamente razzisf^.I maya nel film non possiedonoalcuna somiglianza con i laboriosi contadini, gli insegnanti, i giuristi, imedici, gli uomini d'affaúe le donne discendenti dei maya che conoscopersonalmente e considero tra i miei migliori amici>>+6.

L antistorica pretesa che i lontani antenati dei maya emancipati e ac-culturati dei giorni nostri dovessero "assomigliargli" - tanto più in unprodotto di fantasia come questo film - può senz'alro risultare ingenua,ma è almeno in parte spiegabile con il fatto che I'argomento dell'antica"barbarie" non ha ancora smesso di venire usato per giustificare le piùrecenti forme post-coloniali di sopraffazione sugli indigeni, di cui pro-prio I'area maya (e in particolare il Guatemala) è stata il tragico reatronei decenni passati. Lindignazione di chi è stato diretto testimone diqueste recentissime violenze è proporzionale alf inconsapevolezza daparte degli autori del film delle sue possibili ripercussioni e degli usi per-versi che si teme ne possano venir fatti a danno della popolazione maya:

Gibson riproduce, con la sontuosità di un faraonico technicolor, una nozioneoffensiva e razzista secondo la quale i maya erano genti che si comportavano inmaniera brutale le une con le altre assai prima dell'arrivo degli europei e con-seguentemente essi meritavano, e di fatto necessitavano, di riscatto. La stessaidea fu utiizzata per too anni per giustificare I'asservimento del popolo maya[...] e fu manipolata dall'esercito guatemalteco per giustificare il genocidio del-la guerra civile tra gli anni Settanta e Novanta. Vedere usare questa stessa me-tafora su chi fossero (e siano ancor oggi?) le popolazioni indigene per basarv.un'opera di intrattenimento (e uso il termine in senso lato) è veramente imba-razzante. [. . . ] Questi popoli convivono con gli effetti reali di un razzismo per-sistente che nel suo intimo li vede come esseri men che meno umani. Pensare adun film sui r.ooo modi in cui un maya può uccidere un maya - quando soltantoro anni fa il popolo m ya eîÀ sistematicamente sterminato in Guatemala per ilsolo fatto di essere m^y^- [...] rappresenta I'epitome della fantasia di supre.mazia occidentale che trovo triste e in definitiva pornosrafica+2.

46. Grandia, The Sober Racism of Mel Gibson's Apocalypto, cit.47. T. Ardren, Is "Apocalypto" Pornography?, in "Archaeology" ,6o, t, zoo6.

18z ú)

()trella appena citata è una delle reazioni più indignate al film di Gib-son, e significativarn€nte viene da una studiosa nordamericana. Ne po-tremmo citare diverse alfte, anche autorevoli48, ma non aggiungerebbe-ro molto a quanto già detto sin qui. Preferisco soffermarmi brevemen-te sui commenti di tenore positivo formulati da coloro che in Apocalyp-/o hanno trovato motivo di soddisfazione e speranza, ivi inclusi non Do-chi nativi amerindiani, tra cui l'organizzaziàne First Americans in iheArts, che l'ha premiatoon. Nell'assoluta scarsità di pellicole entrate nel-la grande distribuzione aventi per oggetto la civiltà mayas", vi è chi haapprezzato il semplice fatto che un lungo silenzio fosse stato interrotto,chi ha plaudito alla raffigurazione del mondo preispanico lontana dal-I'oleografia dei manuali scolastici", e chi - come il giovane insegnantemaya Hilario Chi Canul, consulente linguistico del film - ha trovato mo-tivo di conforto nella nuova dignità che il film avrebbe conferito alla lin-gtra may^ dinanzi a vastissime platee e nell'impulso che egli immaginapotrà derivare al suo uso da parte di una popolazione indigena da tem-po avvezza a vederla denigrare dalla società dominante dei bianchi".Più prosaicamente, il consulente archeologico di Gibson, Richard Han-sen, si è detto convinto che il film sia <<una magnifica opportunità perfocahzzare I'attenzione mondiale sugli antichi maya e per individuare ilruolo che essi assolsero nella storia mondiale>>, aggiungendo che essoavrebbe già contribuito ad accrescere in Guatemala l'interesse dei <<ric-chi e famosi>> per gli scavi archeologici, la conservazione del patrimonioe le iniziative legate allo sviluppo sostenibile'r. Basteranno questi aspet-ti positivi a compensare il danno dell'ennesima riproposizione - per dipiù su scala planetaria - dei più vieti e abusati pregiudizi intorno allabarbarie delle antiche civiltà amerindiane?

48. Si vedano ad esempio gli articoli a firma di David Freidel (Betruying theMaya, cit.) e Andrea Stone (Orcs in Loincloths, cit.), comparsi sulla rivista "Ar-chaeology", o i pareri di altri specialisti (Arthur Demarest, Stephen Houston c KarlTaube) raccolti da \X/illiam Booth del

'Washington Post (Culture Shocker, cit.).

49. Il premio (zooz) è andato al proragonisra Rudy Youngblood (Zampa di Gia-guaro) e al non protagonista Morris Birdyellowhead (il padre, Cielo di Selce) per leloro prove di attori.

5o. Tra queste si può ricordare quella assai fantasiosa diJ. Lee Thompson, inti-tolata Kings of the Sun (tg6), con Yul Brynner e George Chakiris, in cui si narra del-la diaspora di un gruppo di maya fino alla valle del Mississippi.

5r. J. Pardinas, Nacionalismo de piel delgada, in "Reforma", 4/z/zoo7.yz. Daf riassunto dell'intervento su Politics of Language in the Production and

Reception of Mel Gíbson's Apocalypto, tenuto da Hilario Chi Canul il z7 novembrezooT presso I'Università dell'Indiana: www.indiana.edu/-mlcp/working_groups/working_group8.php (consultato il 3o ottobre zoog).

53. Hansen, Conuersation: Mel Gibson's Maya, cit.

F I C I O , E C O L O G I A E P O T E N Z A D E G L I S T E R E O T I P I

Ma al di là delle possibili e non facilmente documentabili conse-guenze sul píano politico che il film avrà prodotto, esso offre lo spun-to per riflettere su come la tematica del sacrifício nelle civiltà preispa-niche venga recepita, valuî.ata e gestita tra i loro discendenti attuali,che negli ultimi anni non di rado hanno intrapreso iniziative di recu-pero, valorizzazione e impiego delle concezioni e dei cosrumi dei pro-pri antenati con finalità di ridefinizione identitaria. Mi limiterò qui aillusrare ed esaminare alcuni dati tratti dalla mia recenre esperiÉnzaetnograficatr, relativamente a quanto messo in atto in svariate comu-nità indigene del Messico da parte di sacerdoti, suore, catechisti e fe-deli laici aderenti al progetto di Nuova Evangelizzazione dei cosid-detti "teologi indios"". Un disegno che rientra nella linea pastorale di"inculturazione del Vangelo" emersa dal Concilio Vaticano II e checonsiste tra I'altro nel recuperare delle tadizioni culturali e delle reli-gioni autoctone quegli aspetti che sono compatibili con le verità dí fe-de della religione cattolica e che vengono considerari "semi del Ver-bo", owero tracce dell'azione dello Spirito Santo precedenti all'azio-ne degli ev angelizzatori.

In questa operazione di recupero e di reinterpretazione in chiavecristiana dei <miti e riti religiosi dei popolil>'6, grande rilievo viene datoad alcune figure della mitologia preispanica - come Quetzalcoatl - edalla produzione intellettuale di cui ci è rimasta traccia - come poesie,canti e miti -, mentre le pratiche sacrificali preispaniche costituisconoinevitabilmente un elemento problematico, che non a caso è eluso neitesti dei principali teorici della teologia indiarT e nei discorsi ufficiali (co-me ad esempio i sermoni). Eppure, quando capita che venga affronta-to, esso è oggetto di una radicale reinterpretazione, che parte dal ridur-re drasticamente il numero delle vittime e soprattutto consiste nel ridi-segnare, anche contro le più accreditate evidenze storiche ed archeolo-giche, le modalità, i significati e le funzioni del sacrificio umano. Tantoche questo, anziché esser riconosciuto come una pratica intimamentecollegata all'intensa attività bellica delle civiltà mesoamericane (special-mente nel Postclassico) eutlizz^t^ tra I'altro come uno strumento di le-gittimazione ideologica del potere politico dell'élite dominante e di con-trollo delle classi e dei popoli sottomessi. è fantasiosamente reínrerpre-

54. Lupo, Il mais nclla croce, cit.

55. Comisión Episcopal, Fundamentos teológicos de k pastoral indígena en Méxi-co, Conferencia del Episcopado Mexicano, México t988; Plan Pastoral. Zona Pasto-ral Norte, Arquidiócesis de Puebla ry99, s.i.l.

56. Comisión Episcopal, Fundamentos teológicos, cit., p. 87.

57.Lupo, Il mais nella croce, cif ., pp. 296 ss.

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A L E S S A N D R O L U P O

tato come una sorta di volontaria offerta di sé da parte degli individuipiù moralmente elevati e dediti al bene collettivot8.

Questa lettura addomesticata del sacrificio, per quanto non sban-dierata sul proscenio pubblico, giunge però ai fedeli nativi, che ricevo-no la catechesi, ascoltano le omelie e si appropriano con sollievo del-I'interpretazione consolatoria del loro passato, come testimoniano le pa-role di un anziano Nahua di Cuetzalan (Puebla), da anni attivamenrepartecipe alle diverse iniziative pastorali "indigene" del clero e convin-to sostenitore della prospettiva teologica india, da cui tra I'altro ricavanon poche delle proprie conoscenze circa I'epoca precoloniale. Per luiil sacrificio umano e la connessa consumazione de[a carne della vittimada parte degli aztechi vengono a configurarsi come una vera e propriaanticipazione del pasto eucaristico:

I nostri antenati, ciò che essi vissero, la loro cultura o la loro religione, non hanulla di meno della Bibbia, è lo stesso. Un po' differenre. [...] È come se faces-sero la messa, pregando, chiedendo a Dio. [...] Ché suppongo io che facevanoanche la comunione. Ma la facevano come ha detto Dio, come Cristo ha detto:"Se non mangi la mia carne, non hai vita". Io non so gli scrittori, o quelli chehanno fatto la storia e tutto questo, questo non lo dicono. [...] La comunione.I sacrifici che facevano, e io immagino che sì davano anche la comunione. [A.Lupo: "Di cosa"?l Dei sacrificati! Allora, il cuore che gli estraevano, Io offriva-no a Dio. Ma con questo poi fanno la comunione. Bene. Ora un'altra cosa. Ladiscussione è che dicevano i coyome lmeticci] che sono crimina.li, non sra benequello che facevano. Ma i sacrifici che facevano i nostri antenari non erano so-lo afferrare uno e basta. Venivano preparati, sapevano cos'era che gli sarebbesuccesso. Sapevano cos'era che gli avrebbero fatto. Non erano... Non, non...non li afferravano e basta. Perché per quesro c'era i. calmecac lil collegio ove sieducavano i membri dell'élitel. Perché, come oggi il seminario. Li tenevano lìper prepararsi. Quando erano preparati, era quando li avrebbero sacrificati. Al-la fine, poi, magari prendevano chiunque... tra quelli che... carruravano nelleguerre; ma era perché ormai non c'erano più quelli che erano preparati. Ma pri-ma, prima, c'era i calmecac, perché lì gli insegnassero tutto quello che avrebbe-ro fatto o che dovevano fare, o cosa avrebbero sofferto per il loro popolo. Essisi offrivano dinanzi a Dio. Non li ammazzavano così e basta. Non si lasciavanoamm^zz re solo perché non potevano difendersi. No. Si lasciavano [uccidere]tranquillamente. Così èr.

Può senz'altro apparire paradossale che una simile rivalut azione dei sa-crifici umani sia resa possibile proprio dall'operato degli esponenti diquella stessa Chiesa che secoli or sono ranto si adoperò per estirparli e

y8. Ivi, pp. 3oo-6.t9. M.E. ú/5/zoo8.

A P O C A L Y P T O , S A C R I F I C I O , E C O L O G I A E P O T I ì N Z

sostituirvi il sacramento che, attraverso la ripetizione di quello di Cristo, vanifica e cancella ogni altro sacrificio. Soprattutto se si ricorda I'or-rore con cui i primi evangelizzatori guardavano alle somiglianze conI'eucarestia dei riti pagani, giudicati come turpi scimmiottamenti ispi-rati dal demonio6". E tuttavia, senza una qualche operazione di cosme'si dedicata proprio allo spinosissimo tema del sacrificio, I'intera opera'zione di recupero e v^loîizzazione dei "semi del Verbo" presenti nel-l'antica religione indigena riuscirebbe impraticabile. Il contrasto fra ildesiderio di rimarcare, entro la rinnovata prospettiva teologica dell'in-culturazione, le continuità con antenati a lungo demonizzatie di cui nonsi vuol più esser costretti a vergognarsi e l'ingombro costituito dalle lo-ro violente pratiche sacrificali è roppo stridente.

Lo dimostra ia reazione che mi è capitato di osservare quando, nel-la primavera del zoo8, ho assistito a un incontro di teologia india realiz-z to'tnuna comunità della Sierra di Puebla, nel corso del quale una quin-dicina ra sacerdoti, suore, catechisti e laici sia nahua che totonachi si so-no riuniti a discettare su questioni inerenti il significato e il valore cri-stiano delle naîr^zioîi, delle pratiche e delle concezioni proprie della lo-ro tradizione religiosa nativa. Al termine della cena che ha conclusoun'intensa giornata di lavoro, una delle suore ha proposto di vedere ilDVD di Apocalypto, in modo da condividere assieme agli altri convenutila visione di quella che veniva propagandata come una ricostruzione "fe-

dele" del loto glorioso passato indigeno. Durante la proiezione, sia perla stanchezza, sia per la difficoltà di alcuni a leggere i sottotitoli in spa-gnolo (e I'impossibilità di tutti a capire la recitazione in maya), sia infineper I'insistita crudezza delle scene di violenza, il pubblico si è andato viavia assottigliando, fino ai cinque o sei che dopo i titoli di coda si sonoscambiati occhiate perplesse e laconici auguri di buona notte. Pur es-sendo evidente la difficoltà dei più nel comprendere il senso di quantoappena visto, non meno palese era che avessero ben colto la valutazioneinequivocabilmente negativa offena dal film della civiltà maya. Tanto cheI'indomani, durante la riunione mattutina, il sacerdote che aveva porta-to il film di Gibson ha sentito in bisogno di esternare pubblicamente ilproprio disagio e di cercare un'accettabile cornice di senso per quellepradche così cruente, ridimensionandone altresì la portata:

Dico, senza negare [...J che sì vi furono sacrifici, [...] bisogna capire perché.

Qual è la cosa più grande che esiste, qui nella creazione? Gli esseri umani. E

6o. Durón, Historia de las Indìas de Nueua Espafra e Islas de la Tierra Firna, cit ,vol. I, p. ls; J. de Acosta Historia natutal y moral de las Indias, comp. E. O'Gorman,Fondo de Cultura Económica, México 1967, pp. 255-9.

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qual è la cosa più grande che un essere umano può offrire? Il suo cuore, owia-mente. E poi anche [...] esistono testimonianze che ci parlano di come in alcu-ni luoghi dove si faceva il gioco della palla, appunto si giocava perché il vinci-tore di questo gioco venisse sacrificato. [...] Bene, bisognerebbe spiegare que-sto. Sì, ma non quelli ldel film] di ieri, no? Perché mi ricordo che una voha èstato pubblicato nella rivista dell'arcidiocesi che il giorno in cui si consacrò iltempio di Huitzilopochtli, dice che vi furono duemila persone sacrificate ognigiorno: la festa durò quattro giomi, duemila al giorno, ossia che morirono lì ot-tomila persone, dice uno. [...] Be', che popolo può soprawivere se uccide inquattro giorni ottomila [personeJ ? Eppure sta scrirro, come dicevo, dai cronistispagnoli: continuiamo così, continuiamo a bercela. E io almeno, dico, con quel-le persone non mi identificherei - vero? - come indigeno, come Nahua, perchédi persone che uccidono duemila persone al giorno, dici: Eh nol6'

Ecco dunque riemergere il problema cruciale del come gestire un pas-sato dagli aspetti controversi, nel momento in cui lo siutilizzacome fon-damento su cui costruire I'identità e I'agire presenti, identificandovisi.Un problema che persiste malgrado I'evidenza del fatto che quelli diApocalypto,a dispetto dei propositi di "autenticità" del regista e dei suoiconsulenti, assai più che i maya, sono I'ennesima riproposizione dei per-fidi nemici dei "nostri" della cinematografia hollywoodiana (marziani,vietcong, russi, terroristi islamici ecc.); al punto che, anche quando laparte dei buoni spetta agli indiani (quelli che rispettano la natura e igno-rano la violenza fratricida), quella dei cattivi tocca sempre ad altri in-diani, magari molto simili a noi (in quanto antiecologici, corrotti e vio-lenti), ma pur sempre indiani: un ruolo cui pare averli condannati persempre la macchia indelebile del sacrificio umano, ma sopratturto lapervicace coazione degli occidentali a brandirlo come un'arma nell'in-terminabile lotta contro I'altrui barbarie.

6r. M.P. 4./5/zoo8.

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Cinema e religioni

A cura di Sergio Botta ed Emanuela Prinzivalli

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