+ All Categories
Home > Documents > Appunti su società ed economia nella Sicilia d'età imperiale, in Pignora amicitiae. Scritti di...

Appunti su società ed economia nella Sicilia d'età imperiale, in Pignora amicitiae. Scritti di...

Date post: 25-Jan-2023
Category:
Upload: uniroma1
View: 0 times
Download: 0 times
Share this document with a friend
28
STORIA E POLITICA 99
Transcript

1

STORIA E POLITICA

99

2

3

PIGNORA AMICITIAE

Scritti di storia antica e di storiografia offerti a Mario Mazza

II

a cura di Margherita Cassia, Claudia Giuffrida, Concetta Molè, Antonino Pinzone

BONANNO EDITORE

4

ISBN 978-88-96950-06-7

Proprietà artistiche e letterarie riservateCopyright © 2012 - Gruppo Editoriale s.r.l.

Acireale-Roma

[email protected]

5

Indice

Secondo tomo

II Sezione Archeologia ed epigrafia

Edom at the Crossroads of “Incense Routes” in the 8th-7th Centuries B.C.di Edward Lipiński pag. 9

Griechen und Römer in neuen Lebensräumer: die Frage nach der Anpassungdi Andreas Mehl ” 35

Osservazioni sulle civitates veteres e novae: il caso di Gurulis Vetus e Gurulis Nova in Sardiniadi Raimondo Zucca ” 73

[Ca]murtius, scriba in una nuova iscrizione di Paestum di Mario Mello ” 101

Il latino della lex portus Asiaedi Tullio Spagnuolo Vigorita ” 113

Fisci transmarini ed exterae gentes. Nuovi dati sull’organizzazione finanziaria imperiale in età domizianeadi Silvio Panciera ” 129

Il tesoro di Vicarello. Una grande scoperta archeologica del secolo XIXdi Lidio Gasperini † ” 147

6

Haesitatio publica: un hapax epigrafico. A proposito del decreto aquileiese CIL, V, 961=Inscr. Aq. 545di Claudio Zaccaria pag. 163

Instinctu divinitatis mentis magnitudine: algunas observaciones acerca de las inscripciones del arco de Constantinodi Marc Mayer ” 183

Tyre and Berytus in the Mid-Fifth Century: Metropolitan Status and Ecclesiastical Hierarchydi Fergus Millar ” 209

Sed periit titulus confracto marmore sanctus. L’epigrafia funeraria di Roma tra recupero tardoantico e apologia modernadi Massimiliano Ghilardi ” 239

III SezioneStoria della Sicilia

Lo Stretto fino alla vigilia dell’intervento ateniese in Sicilia (importanza politica e strategica)di Sebastiana Nerina Consolo Langher † ” 279

Appunti su società ed economia nella Sicilia d’età imperialedi Gian Luca Gregori ” 299

Ab Halaesa Tyndaridem usque. Problemi geo-metrici e topograficidi Francesco Paolo Rizzo ” 321

Le villulae “schiavistiche” della senatrice Melaniadi Domenico Vera ” 341

Roma, l’Italia e la Sicilia in Prisco di Panion: considerazioni sulla crisi dell’impero d’Occidentedi Daniela Motta ” 367

299

Appunti su società ed economianella Sicilia d’età imperiale

Gian Luca Gregori

Ispirandomi per il titolo ad un contributo di ben più ampio respiro di Mario Mazza1, vorrei in questa sede richiamare l’at-tenzione su alcuni documenti epigrafici di varia provenienza, noti da tempo e spesso citati, ma forse non ancora pienamente valorizzati nelle ricerche sulla Sicilia romana.

Com’è noto, gli studiosi sono oggi divisi: alcuni sostengo-no che ci sia stata una stazionarietà ed anzi un decadimento della vita economica e sociale siciliana, soprattutto per quanto riguarda alcuni centri minori, a fronte di una stasi o di un incremento piuttosto modesto di alcuni grossi centri cittadini (Siracusa, Catania) e della fioritura di poche comunità della costa nord-occidentale (Termini Imerese, Lilibeo, Palermo)2. Altri reagiscono a questo quadro, giudicando la Sicilia una provincia che seppe superare il processo di inserimento nel quadro dell’Impero romano, respingendo l’idea di una Sicilia depressa, con una scarsa mobilità sociale, e di un suo isolamen-to, marginalità o ritardo sul piano sia sociale, sia economico3.

Alcuni dei centri siciliani testé citati compaiono in un’iscri-zione onoraria rinvenuta sul finire dell’800 nella lontana Narbonne, nei pressi dell’area forense-capitolina4. Si tratta del

1 M. Mazza, Economia e società nella Sicilia romana, «Kokalos» 26-27, 1980-1981, 292-358.

2 Mazza, Economia, cit., 339-342; cfr. in precedenza G. Clemente, La Sicilia nell’età imperiale, in E. Gabba-G. Vallet (a cura di), Storia della Sicilia, II, Napoli-Palermo 1979, 468-473.

3 È l’idea sostenuta con vigore in tutto il suo saggio da G. Manganaro, La Sicilia da Sesto Pompeo a Diocleziano, in ANRW, II, 11, 1, Berlin-New York 1988, 3-86; cfr. ora il quadro che emerge da A. Pinzone, Provincia Sicilia. Ricerche di storia della Sicilia romana da Gaio Flaminio e Gregorio Magno, Catania 1999 e la sintesi di G. Salmeri, La provincia romana, in F. Benigno-G. Giarrizzo (a cura di), Storia della Sicilia, I. Dalle origini al Seicento, Roma-Bari 2003, 49-52.

4 AE 1892, 92=ILS 6969=ILGN 573; cfr. E. Dellong, Carte Ar-cheologique de la Gaule, 11, 1. Narbonne et le Narbonnais, Paris 2002, 404-405, fig. 476.

300

basamento di una statua che il liberto [- Apo]nius Blas[tus] aveva dedicato, verso la fine del I sec. d.C. o agli inizi del successivo5, al suo patrono [- A]ponius L.f. Pap(iria) [Cha]erea in luogo pubblico (verosimilmente nell’ambito del foro citta-dino), grazie ad una concessione del locale ordo decurionum6.

A dispetto del suo cognome grecanico7, il nostro Aponio era un cittadino di Narbo di nascita libera (come dimostra la sua registrazione nella tribù Papiria), anche se non si può escludere una sua discendenza libertina, magistrato e sacer-dote della colonia (fu infatti augure e questore). Il fatto che l’augurato sia citato all’inizio del cursus non implica che esso gli fosse stato conferito come primo incarico8, perché, com’è noto, normalmente i sacerdozi compaiono nelle iscrizioni alla

5 Per la datazione cfr. M.L. Bonsangue, Aspects économiques et sociaux du monde du travail à Narbonne, d’après la documentation épigraphique (Ier siècle av. J.-C.-Ier siècle ap. J.-C.), CGG 13, 2002, 215 nt. 72; L. Wier-schowski, Fremde in Gallien – “Gallier” in der Fremde. Die epigraphisch Bezeugte Mobilität in, von und nach Gallien von 1. bis 3. Jh. n. Chr. (Texte – Übersetzungen – Kommentare), Stuttgart 2001, 433-434, nr. 628. L’appellativo di Claudia attribuito alla colonia di Narbo nell’iscrizione in esame costituisce di per sé un terminus post quem; la documentazione epigrafica relativa agli honorati ornamentis municipalibus sembra tuttavia prevalentemente di II sec. d.C.; la paleografia, caratterizzata da una moderata sopravvivenza di I montanti non mi sembra consenta, però, di spingersi troppo in basso nel corso del II sec. d.C.

6 Ritengo dunque errato lo scioglimento d(ono) [d(edit)] proposto per le abbreviazioni dell’ultima riga da E. Dellong, loc. cit., mentre integrerei la formula, presente anche nell’epigrafia di Narbonne, [L(ocus)] d(atus) [d(ecreto) d(ecurionum)]: CIL, XII, 4402; 4393, dediche per esponenti della locale élite magistratuale.

7 Attestato, solo in una minoranza di casi, anche per uomini di na-scita libera: cfr., oltre al nostro e su di un totale nel mondo romano di una quindicina di attestazioni (AE 1980, 396; 1987, 177h; 1988, 274 e 315; CIL, VI, 6460; 8047, 8739; 14619; 29151; 30998; VIII, 21185; X, 771; 4071; XVI, 16), un C. Mammius C.f. Chaerea ad Aquinum (AE 1988, 274) ed il tribuno di coorte pretoria Cassius Chaerea, coinvolto nell’assassinio di Caligola (PIR 2, C 488).

8 Così M. Gayraud, Narbonne antique, des origines à la fin du IIIe siècle, Paris 1981, 343; cfr. ora J. Gascou, Magistratures et sacerdoces mu-nicipaux dans les cités de Gaule Narbonnaise, in M. Christol-O. Masson (éds.), Actes du Xe Congrès International d’épigraphie grecque et latine, Nîmes, 1992, Paris 1997, 77-81; 136-137.

301

fine o all’inizio della carriera, in ogni caso a parte rispetto agli incarichi magistratuali. A Narbo è noto finora da un testo peraltro molto frammentario un solo altro augure, che entrò a far parte dell’ordine equestre9. Non molto meglio andiamo con la questura, conoscendosi qui finora, oltre a Chaerea, solo [P.] Usulenus Veiento, che fu anche duoviro e flamine, e P. Vinicius Secundus, che oltre alla questura, ricoprì edilità e duovirato10.

Chaerea non pare invece aver ricoperto né edilità né duovirato. Unico tra i cittadini di Narbo, egli si vide invece riconoscere gli aedilicia ornamenta, vale a dire le insegne distintive ed i segni esteriori spettanti agli edili, senza tuttavia che di questi egli avesse i reali poteri. Grato comunque, Chaerea versò nelle casse della città una somma il cui importo si è solo parzialmente conservato: di solito si ipotizzano 1500 sesterzi, ma potrebbero essere molti di più, alla luce dell’ampiezza della lacuna all’inizio della riga 5 (l’importo potrebbe grosso modo corrispondere a quello della summa honoraria richiesta ai magistrati)11.

9 CIL, XII, 4371=4372. In Narbonense l’augurato è attestato anche ad Arelate (AE 1952, 169), Reii (CIL, XII, 369), Massilia (CIL, XII, 410), Apta (CIL, XII, 1114), Vienna (CIL, XII, 1869-1870), Genava (CIL, XII, 2606-2607; 2613) e Baeterrae (CIL, XII, 4232, su cui M. Christol, Béziers en sa province, in M. Clavel-Lévèque (éd.), Cité et territoire. Col-loque européen, Béziers 14-16 octobre 1994, Paris 1995, 115-118). Il prestigio di questo sacerdozio è implicitamente dimostrato dal fatto che a Marsiglia, in segno di gratitudine per aver ottenuto l’augurato perpetuo, Gneo Valerio Valeriano donò alla città 100.000 sesterzi.

10 Gayraud, Narbonne, cit., 334-335. Dal momento che edilità e duovirato sembrano gli incarichi pubblici normalmente ricoperti dai magistrati di Narbonne, viene da pensare che la questura non fosse qui annoverata tra gli honores, bensì tra i munera (Dig. 50, 4, 18) e che in quanto tale essa non occupasse un posto fisso nei cursus magistratuali: sul problema vd. F. Grelle, Canosa romana, Roma 1993, 112-114; riserve in proposito sono espresse da Gascou, Magistratures, cit., 135.

11 Stando ai dati delle iscrizioni sembrerebbe che l’entità delle summae honorariae nelle varie città dell’Impero non fosse costante; le somme va-riano infatti da poche migliaia a parecchie decine di migliaia di sesterzi: R. Duncan Jones, The Economy of the Roman Empire. Quantitative Studies, Cambridge 1974, 147-155. Nel corso del II sec., ad esempio, a Nemausus una flaminica perpetua versò ob honorem ben 50.000 sesterzi: AE 1982, 682, mentre in Sicilia, a Lilybaeum, un tizio che conseguì l’edilità ne pagò 25.000 (AE 1964, 181=1965, 219); quanto ai versamenti effettuati da

302

Nella Narbonense gli ornamenta aedilicia si configurano come un onore piuttosto raro, ricorrendo nella sola Valentia, per due fratelli, entrambi, come Chaerea, ex questori12.

In genere la concessione degli ornamenta magistratuali era riservata, come si può ben capire, a personaggi di nascita libera13, a differenza di quelli decurionalia, prevalentemente attribuiti a liberti: questi ultimi, per via della loro nascita, si vedevano infatti preclusa la strada degli honores14.

Il caso di Chaerea è in realtà piuttosto eccezionale nel panorama generale dell’Impero Romano, perché egli, oltre che nella sua Narbo, ricevette gli stessi ornamenta aedilicia, ma in più quelli duumviralia, flamonia ed auguralia, in alcune città della Sicilia e precisamente a Syracusae, Thermae Himeraeae e Panhormus.

Dal dossier che ho finora raccolto risulta non essere stato affatto comune per uno stesso personaggio ricevere ornamenta in più città o, addirittura, come Chaerea, in più province. Per quest’ultimo caso conosco solo Iulius Capito, che al tempo di Marco Aurelio fu insignito degli ornamenta decurionalia a Poetovio (Pannonia Superiore), Ratiaria (Mesia Superiore) e Sar-mizegetusa (Dacia), degli ornamenta duumviralia et sacerdotalia ad Oescus (Mesia Inferiore) e dei soli duumviralia a Romula (Dacia): credo che in questo caso si possa fa cilmente ipotizzare che alla base di tanti onori fosse la funzione di conductor del portorium di Illirico e Tracia esercitata da Capito15.

honorati ornamentis municipalibus, sono attestate somme di 50.000 (CIL, XIV, 374 – Ostia) e 25.000 sesterzi (AE 1927, 124 – Formia).

12 AE 1976, 393.13 Solo eccezionalmente ne beneficiarono dei liberti: L. Aurelius Aug.

lib. Pylades ottenne a Puteoli gli ornamenta duumviralia (ILS 5186) e L. Laberius L.l. Optatus a Vibo Valentia quelli censoria (CIL, X, 60). Nelle province non sembrano per ora esserci eccezioni alla regola.

14 Cfr. G.L. Gregori, La concessione degli ornamenta decurionalia nelle città dell’Italia settentrionale, in A. Sartori-A. Valvo (a cura di), Ceti medi in Cisalpina. Atti del Colloquio internazionale, Milano 14-16 sett. 2000, Milano 2002, 37-48. In Narbonense la documentazione in merito proviene quasi esclusivamente da Nemausus, dove accanto all’espressione consueta ornamentis decurionalibus honoratus / ornatus, troviamo spesso decurio ornamentarius (CIL, XII, 3191; 3200; 3203; 3219; 3221; 3245; 3249; 3253; 3288; 3291; 4068; 4081; ILGN 423; 424), a parte un caso sporadico da Cabalio (AE 1969/70, 376=1992, 1216).

15 Egli fu, anche, magistrato effettivo a Sirmium (Pannonia Inferiore) e

303

Relativamente più frequenti risultano i casi di honorati in città più o meno vicine tra loro, le quali evidentemente spe-ravano di ottenere in cambio concreti atti di evergetismo. In Sicilia, dove il fenomeno sembra essere stato nel suo complesso molto limitato, non vi sono per ora confronti. In Italia, inve-ce, Tuficum (Regio VI) e Septempeda (Regio V) attribuirono gli ornamenta decurionalia all’Augustale L. Tifanius Felix16; Arimi-num (Regio VIII) e Pisaurum (Regio VI) a C. Valius Polycarpus, patrono localmente dei principali collegi professionali17; Brixia, Verona e Cremona (tutte e tre nella Regio X) al liberto P. Atilius P.l. Philippus, insignito dall’imperatore del ius III liberorum e dell’usus anulorum aureorum18; Vicetia e Verona (Regio X) al liberto imperiale e pantomimo M. Septimius Aurelius Agrippa19. La circostanza non è del resto ignota nelle province: Scupi ed Ulpiana (Mesia Superiore), ad esempio, si contesero i favori del medesimo, anonimo, personaggio20.

Rara sembra essere stata nel complesso anche l’attribuzione di ornamenta municipali di diverso tipo ed importanza alla stessa persona da parte di una medesima comunità. Oltre al nostro Chaerea ed al già menzionato Giulio Capitone, posso ricordare in Italia solamente il pantomimo L. Aurelius Aug.l. Pylades a Puteoli (ornamenta decurionalia e duumviralia, un’ec-cezione assoluta per un liberto, sia pure imperiale)21 e nelle

decurione a Tomis (Mesia Inferiore): CIL, III, 753 cfr. p. 992=7429=ILS 1465: cfr. S.J. De Laet, Portorium. Étude sur l’organisation douanière chez les Romains, surtout à l’époque du Haut-Empire, Brugge 1949, 197-198; 210; 216; 219; 222-223; 241. In generale sui conductores, di condizione equestre o libertina, coinvolti nella riscossione dei portoria a partire da Traiano: De Laet, Portorium, cit., 384-403.

16 CIL, XI, 5716=G.L. Gregori, Epigrafia anfiteatrale dell’Occidente Romano, II. Regiones Italiae VI-XI, Roma 1989, 36-37, nr. 17.

17 CIL, XI, 6378=G. Cresci Marrone-G. Mennella, Pisaurum, I. Le iscrizioni della colonia, Pisa 1984, 306-308, nr. 89; Gregori, La conces-sione, cit., 42-43.

18 CIL, V, 4392=ILS 5631=Inscr.It., X, V, 184=Gregori, Epigrafia, cit., 83-84, nr. 66 (Brixia); cfr. AE 1990, 415 (Verona); Gregori, La concessione, cit., 39.

19 AE 1953, 188=IRT 606. Gregori, La concessione, cit., 39-40.20 ILJ 1380.21 Eph. Epigr., VIII, 369=ILS 5186 cfr. M.L. Caldelli, Eusebeia e

304

province i due fratelli, entrambi questori, [- Fi]rminius L.f. Sab. Faustinus e L. [Fir]minius L.f. Sab. Maximus a Valentia (ornamenta aedilicia e duumviralia)22, il cavaliere, morto a 23 anni, P. Cornelius Asper Atiarius Montanus a Filippi (orna-menta decurionatus e duumviralicia)23, Q. Cispuleius Q.f. Aem. Theophilus ed un anonimo a Corinto (ornamenta decurionalia ed aedilicia)24, i magistrati locali C. Iulius C.f. Ani. Iunianus e Sex. Quinctilius Sex.f. Ani. Valerius Maximus ad Alexandria Troas (ornamenta duumviralia e sacerdotalia)25.

In particolare, rispetto agli ornamenta relativi al semplice decurionato o alle singole magistrature (edilità, duovirato e quinquennalità, non sono finora attestati ornamenta quaesto-ria), quelli attinenti ai vari sacerdozi locali sono decisamente minoritari per numero di attestazioni epigrafiche. In tutto il mio dossier l’unico personaggio ad aver ricevuto finora gli ornamenta auguralia è proprio Chaerea, anche se si tratterà probabilmente di un caso26. Poco migliore la situazione per gli ornamenta relativi al flaminato, documentati, oltre che nelle nostre città siciliane (dove peraltro il flaminato in quanto tale è assai poco testimoniato)27, per ora solo in Narbonense, ad Aquae Sextiae ed a Baeterrae28. Il quadro non si arricchisce di

dintorni: su alcune nuove iscrizioni puteolane, «Epigraphica» 67, 2005, 63-71.

22 AE 1976, 393.23 CIL, III, 650.24 AE 1919, 7=Corinth, VIII, 2, nr. 107; Corinth, VIII, 3, nr. 233.25 Rispettivamente CIL, III, 392=12246; 7075=ILS 7192; CIL, III,

384=ILS 1018.26 L’augurato in Sicilia è presente a Siracusa, in un testo purtroppo

molto mutilo (CIL, X, 7146), ed a Catania (CIL, X, 7028), con L. Rubrius Proculus, che fu anche duoviro quinquennale, a conferma indiretta del prestigio goduto da questo sacerdozio. Cfr. Manganaro, La Sicilia, cit., 46.

27 Nessun documento da Panhormus e da Thermae Himeraeae; a Syra-cusae sono noti un [flamen] Cerialis (CIL, X, 7146) ed un flamen Serapidis et deorum (AE 1951, 174a=1989, 342e); negli altri centri dell’isola si segnala solo una flaminica della diva Augusta (Livia) a Messina (CIL, X, 4393) e un flamen perpetuo dei divi Augusti a Mazara (CIL, X, 7212). Cfr. Manganaro, La Sicilia, cit., 46.

28 Si tratta in entrambi i casi di personaggi di prestigio, appartenenti all’ordine equestre: L. Dudistius L.f. Vol. Novanus era anche procuratore imperiale delle Alpi Cozzie (CIL, XII, 408=ILS 1392), mentre C. Cassius

305

molto includendo i casi, generici, di ornamenta sacerdotalia, sporadicamente presenti in comunità dell’Aquitania29, dell’Aca-ia30, della Mesia Inferiore e dell’Asia31.

Dunque il caso di Aponio Cherea è per più di un verso eccezionale ed interessante. Viene spontaneo chiedersi che cosa poté indurre tre colonie siciliane, la prima delle quali sede anche del governatore romano (Syracusae, Thermae Himeraeae e Panhormus)32 ad onorare con ben quattro diversi tipi di or-

C.f. Pup. Primus, oltre che magistrato locale ed augure, fu prefetto di coorte (CIL, XII, 4232).

29 CIL, XIII, 11047 (un anonimo finanziatore di un’opera pubblica nella comunità dei Petrucorii).

30 CIL, III, 499 (una donna di Patrasso).31 I già menzionati Giulio Capitone ad Oescus, Gaio Giulio Giuniano

e Sesto Quintilio Valerio Massimo ad Alessandria Troade (rispettivamente CIL, III, 753 cfr. 7429; 392=12246; 7075; 384).

32 Cfr. G. Manganaro, La provincia romana, in Storia della Sicilia, II, Napoli 1979, 452; Clemente, La Sicilia, cit., 467; Manganaro, La Sicilia, cit., 18; R.J.A. Wilson, Towns of Sicily during the Roman Empire, in ANRW, II, 11, 1, Berlin-New York 1988, 95, 111-123 (Syracusae); 144-153 (Thermae Himeraeae), 153-158 (Panhormus); Id., Sicily under the Roman Empire. The Archaeology of a Roman Province, 36 B.C.-A.D. 535, Warminster 1990, 37-38. Vivace è in particolare la discussione su quando Panhormus sarebbe diventata colonia romana: Manganaro, La Sicilia, cit., 18-19, affidandosi alla lista pliniana (nat. 3, 8, 88-93), pur giudicata ambigua, dove Panhormus è definita oppidum, ritiene di poter conciliare la definizione straboniana di con l’ipotesi che si trattasse di un municipio latino avente un quartiere residenziale di cives Romani (cfr. ILLRP 387: dedica di cives Romani in Sicilia Pan-hormi qui negotiantur); da parte sua F.P. Rizzo, La katoikia di Strabone e l’oppidum di Plinio: una “colonia” di veterani a Panormo, «Kokalos» 41, 1995, 375-398 ipotizza l’invio in età augustea a Panormo non di coloni, ma di cittadini romani, che favorirono il passaggio da municipio a colonia in una data per ora non precisabile. A favore di una deduzione coloniale in età augustea si sono pronunciati tra gli altri Clemente, La Sicilia, cit., 467; G. Forni, Sicilia Romana tributim discripta, in AA. VV., ". Miscellanea di studi classici in onore di E. Manni, III, Roma 1980, 951; Wilson, Towns, cit., 95-96 e nt. 17; 153 (colonia augustea, forse posteriore al 21 a.C.); A. Giardina, Il quadro storico: Panormo da Augusto a Gregorio Magno, «Kokalos» 33, 1987, 225-231. I dati della complessa questione sono ora riassunti da V. Tusa, Il periodo punico-romano. Dalla fondazione della città al III secolo d.C. La storia,

306

namenta (aedilicia, duumviralia, flamonia e auguralia) il mede-simo personaggio (caso finora unico!).

Ma quale sarà stata la natura dei rapporti tra Cherea e tre delle più importanti città siciliane d’età romana? Difficilmente essi potevano essere legati alla nascita, perché il nostro era un cittadino di Narbo, a meno di non ipotizzare che, nativo di una qualche comunità dell’isola, egli si fosse trasferito nella città narbonense, cambiando la sua originaria tribù nella Papiria (tali mutamenti di tribù per domicilii translationem erano, come si sa, tutt’altro che rari)33.

Gli Aponii sono in effetti presenti in Sicilia e proprio a Thermae, con un personaggio, del quale purtroppo si sono persi sia il prenome che il cognome, il quale curò la sepoltura della figlia34, ma anche, nell’importante scalo commerciale e sede del questore provinciale di Lilibeo, con un L. Aponius Rufinus. Que-sti, nell’occasione della sua nomina a seviro, dedicò una statua a Tito Aurelio Fulvo Antonino, da inquadrare tra il 161 ed il 165 d.C. (anni rispettivamente di nascita e di morte del figlio di M. Aurelio, gemello di Commodo)35. Rufino, che presenta lo stesso

in Storia di Palermo, I. Dalle origini al periodo punico-romano, Palermo 1999, 160-162. Sono invece propensi a collocare l’avvenimento alla fine del II sec. d.C. o in età severiana: Mazza, Economia, cit., 340 e G. Salmeri, Sui rapporti tra Sicilia ed Africa in età romana repubblicana ed imperiale, L’Africa romana 3, Sassari 1986, 408; Id., La provincia, cit., 50; Manganaro, La Sicilia, cit., 43; in particolare secondo R. Marino, Osservazioni sullo stato giuridico di Palermo in età romana, «Kokalos» 36-37, 1990-1991, 145-157, in età augustea l’oppidum-municipium di Panormo sarebbe stato solo potenziato da uno stanziamento di veterani, mentre l’elevazione a colonia potrebbe essere avvenuta solo al tempo dei Severi, stante la particolare attenzione da questi mostrata nei confronti dell’isola. Sullo scarso contributo dell’epigrafia alla soluzione del problema, cfr. L. Bivona, Panormo romana in età imperiale. La documentazione epigrafica, «Kokalos» 33, 1987, 257-274.

33 Cfr. G. Forni, ‘Doppia tribù’ di cittadini e cambiamenti di tribù romane. Possibile connessione con l’esercizio dei diritti politici in municipi e colonie, in Tetraonyma. Miscellanea Greco-Romana L. De Regibus, P. Mingazzini, A. Neppi Modona, E. Turolla dicata, Genova 1966, 139-155.

34 ILTerm 172.35 AE 1906, 75, su cui Manganaro, La Sicilia, cit., 75; cfr. D. Kienast,

Die römische Kaisertabelle. Grundzüge einer römischen Kaiserchronologie, Darmstadt 1990, 140 ed ora M.F. Petraccia Lucernoni, Sulle tracce del

307

prenome di Chaerea, potrebbe essere un suo contemporaneo (o quasi) e non si può escludere un qualche legame con il nostro. Non vorrei, tuttavia, sopravvalutare queste testimonianze.

Certamente molto più numerose sono, come è già stato osservato da altri, le ricorrenze del gentilizio Aponius in Gallia Narbonense, quasi sempre in connessione con il prenome Lu-cio, la maggior parte delle quali provenienti proprio da Narbo.

Qui gli Aponii, stando al formulario delle loro iscrizioni, sono documentati fin dalla prima età imperiale (ma forse anche prima) con alcuni personaggi di condizione libertina, dei quali ignoriamo il patrono36: nessuno di loro dichiara la propria pro-fessione, ad eccezione di un pistor e di un figulus37, e nessuno pare, a parte Chaerea, avere ricoperto un posto importante nella società di Narbo, segnalandosi su di una ventina di personaggi un solo seviro Augustale38.

Nel resto della provincia gli Aponii sono molto più sporadici, con attestazioni singole a Baeterrae, Arelate e Nemausus39; del tutto assenti essi sembrano finora nelle vicine Tres Galliae. Il gentilizio si direbbe in ogni caso italico e la sua presenza in Narbonense potrebbe, come in altri casi recentemente studiati, essere collegata a fenomeni immigratori della tarda età repubblicana40.

Divus Fulvius venerato dagli Iuvenes di Thessalonica, in M.G. Angeli Bertinelli-A. Donati (a cura di), Misurare il tempo – Misurare lo spazio. Atti del Colloquio AIEGL-Borghesi, Bertinoro 20-23 ottobre 2005, Faenza 2006, 477-486.

36 CIL, XII, 4383 (L. Aponius Homullus, Aponia Nephele, Aponia Fau-sta); 4478 ([-] Aponius [-] l. Optatus, [L.] Aponius L.l. Fra[---]); 4502 (L. Aponius Celati l. Eros); 4609 (L. Aponius Antiochus); 4610 ([-] Aponius [-] l. Autronius); 4611 (L. Aponius L.l. Felix); 4612 ([-] Aponius [-] l. Optatus, [L.] Aponius L.l. Eros); 4613 (Aponius Philocalus, Aponia Rhodia); 4615 (Aponia Iusta, Aponius Philogenes).

37 Rispettivamente L. Aponius Celati l. Eros (CIL, XII, 4502) e [-] Aponius [-] l. Optatus (CIL, XII, 4478). Era probabilmente officinator in una figlina il L. Aponius Placidus che bolla i mattoni rinvenuti a Sud di Narbonne (Bonsangue, Aspects, cit., 216 nt. 73).

38 L. Aponius Homul[lus] (CIL, XII, 4383).39 Rispettivamente CIL, XII, 4230=4241=ILGN 558=AE 1999, 1033

e forse CIL, XII, 4235 (L. Aponius [---]); CIL, XII, 5808 (L. Aponius Severianus); ILGN 441 (M. Aponius Laetus).

40 Bonsangue, Aspects, cit., 215-216 ritiene, seguendo Christol, il L. Aponius di Baeterrae figlio molto probabilmente dell’immigrato italico

308

Particolarmente importante tra gli Aponii della Narbonense pare il L. Aponius (il suo cognome, se lo aveva, è perduto) vissuto in età augustea e sepolto a Baeterrae, distante solo po-che miglia da Narbo e la cui classe dirigente ebbe certamente stretti rapporti con quella della capitale provinciale41. Egli entrò nell’ordine equestre; a Baeterrae fu per primo flamine Augustale, vivente ancora il principe, e qui egli ebbe anche l’onore di sostituire come prefetto Gaio Cesare, figlio adottivo di Augusto, eletto al locale duovirato (carica che ci fornisce di per sé come terminus ante quem il 4 d.C.)42.

del I sec. a.C. [L. A]ponius Sex.f. Pol. Calvus (menzionato nella stessa iscrizione), il quale si sarebbe stabilito dapprima a Narbo, per trasferirsi poi a Baeterrae, quando nel 36 a.C. vi fu dedotta una colonia romana e lasciando che i suoi affari a Narbo fossero gestiti da liberti. Sull’origine italica degli Aponii di Narbo ed i loro rapporti con Baeterrae: Christol, Béziers, cit., 108-111, con un riesame complessivo della carriera e delle parentele del cavaliere L. Aponius. In generale sull’immigrazione italica nella regione di Narbonne, tra la fine del II e la prima metà del I sec. a.C.: M. Christol, De l’Italie à la Gaule méridionale, un transfert: l’épigra-phie latine, CGG 6, 1995, 163-181; M. Christol, avec la collaboration de N. Oulès, Epigraphie et territoire autour de Narbonne et de Béziers. A propos d’une inscription d’Aigues-Vives (Hérault), «Gallia» 52, 1995, 341; M. Christol-G. Fédière, La presence italienne dans l’arrière-pays de Narbonne: le dossier des Usuleni. Epigraphie de l’instrumentum domesti-cum et épigraphie lapidaire, DHA 25, 1, 1999, 81-99, a proposito di un magistrato e sacerdote di Narbo, figlio dell’uomo d’affari P. Usulenus Veiento; M. Christol, Narbonne: un autre emporion à la fin de l’époque républicaine et à l’époque augustéenne, in C. Müller-C. Hasenohr (éds.), Les Italiens dans le monde Grec, IIe siècle av. J.-C.-Ier siècle ap. J.-C. Circulation, Activités, Intégration. Actes Table ronde, Paris 1998, Paris 2002, 51-54.

41 Si veda il caso di quel M. Messius (CIL, XII, 4402), che a Baeterrae fu praefectus pro duumviro, flamine ed a Narbo decurione.

42 Per le milizie equestri ricoperte da L. Aponius: H. Devijver, Prosopo-graphia militiarum equestrium quae fuerunt ab Augusto ad Gallienum, I, Leuven 1976, A 150; pars IV, supplementum I, Leuven 1987, 1440; pars V, supplementum II, Leuven 1993, 2015. Sul significato e l’importanza di essere nominati prefetti dei cesari o dell’imperatore: G. Mennella, Sui prefetti degli imperatori e dei cesari nelle città dell’Italia e delle province, «Epigraphica» 50, 1988, 65-85; cfr. G.L. Gregori, In margine alla carriera di L. Titinius Glaucus Lucretianus, in M. Cébeillac-Gervasoni (dir.), Les élites municipales de l’Italie péninsulaire de la mort de César à la mort de Domitien entre continuité et rupture. Classes sociales di ri geantes et pouvoir central, Roma 2000, 160-169.

309

Non abbiamo elementi per dire se vi fosse un rapporto tra questi ed i Lucii Aponii della vicina Narbo, alcuni dei quali potrebbero essere a lui contemporanei, né se i Lucii Aponii narbonensi d’età augustea avessero una qualche relazione con quel L. Aponius, che fece parte del gruppo di amici e consiglieri di Druso Maggiore43.

La difficoltà di restringere la datazione dell’iscrizione di Aponius Chaerea, da cui abbiamo preso le mosse, impedisce purtroppo di precisare se e quale rapporto esistesse tra il nostro e gli altri Aponii di Narbo (nonché con il personaggio di Baeterrae), vissuti tuttavia agli inizi dell’Impero e quindi parecchi decenni prima di lui, o con quelli attestati sia in Betica sia in Sicilia attorno alla metà del II sec. d.C.

Mi pare anche difficile pronunciarsi sulle circostanze che portarono il nostro a stringere rapporti con alcune delle più importanti località della Sicilia romana44: ciò che mi sentirei di dire, per confronto con il caso di altri honorati, è che la concessione a lui degli ornamenta fa presupporre da un lato relazioni non episodiche con quelle comunità, dall’altro che con questi onori le comunità medesime intendessero sì ricompensare Chaerea, ma anche assicurarsene i favori per il futuro. Il nostro caso non pare infatti assimilabile a quello di quei personaggi, di nascita libera, morti giovani e per questo insigniti degli or-namenta di quelle cariche che non avevano avuto l’opportunità di rivestire, sia come forma di riconoscimento personale, sia come forma di consolazione per i familiari45.

43 Vd. PIR 2, A 933-934. Riserve sulla possibilità di identificazione del personaggio con il L. Aponius, compagno di Druso Maggiore, sono espresse da S. Demougin, Prosopographie des chevaliers romains julio-claudiens, Paris 1992, 177-178, nr. 202. Lucii Aponii romani di prima età imperiale, di condizione libertina, sono attestati in CIL, VI, 4904; 9333; 9843; 12166; 23730; 26832; 34468; 34469; 37494; 37498; 37499.

44 Panhormus e Thermae erano tra loro vicine e sul percorso della me-desima via Valeria, che collegava lo Stretto con Lilibeo, mentre da Lilibeo si poteva arrivare a Siracusa utilizzando la cosiddetta via Selinuntina: G. Uggeri, La viabilità della Sicilia in età romana, Galatina (Lecce) 2004, 117-161; 163-198. Secondo Manganaro, La Sicilia, cit., 82 con nt. 454, gli scambi commerciali e valutari tra la Sicilia e le Gallie si mantennero vitali durante tutta l’età imperiale.

45 Cfr. i casi di honorati attestati a Nemausus: CIL, XII, 3253 (morto

310

Qualche esempio tratto dal mio dossier, tendenzialmente inquadrabile nel corso del II secolo dell’Impero, servirà a di-mostrare la mia ipotesi.

In Italia, nella I Regio (Latium et Campania), M. Sentius Crispi-nus restaura ed abbellisce a sue spese ad Interamna Lirenas le terme estive e costruisce portici46; L. Vitrasius Silvester si accolla a Cales la cura di uno spettacolo gladiatorio e compie distribuzioni di denaro, mentre un anonimo vi pavimenta a sue spese tre vie ed un clivo47; N. Plaetorius Onirus incrementa ad Abella con 10.000 sesterzi il fondo destinato ai rifornimenti annonari e finanzia la realizzazione di un velario nel teatro48; a Misenum, mentre Q. Cominius Abascan-tus lascia per testamento agli Augustali 20.000 sesterzi, L. Licinius Primitivus offre ai medesimi distribuzioni in denaro ed in più un banchetto al quale sono invitati anche i decurioni49; il pantomimo e liberto imperiale L. Aurelius Aug.lib. Pylades a sua volta a Puteoli finanzia uno spettacolo di gladiatori con annessa venatio50. Nella VI Regio (Umbria) un analogo spettacolo organizza a Tuficum L. Tifanius Felix, aggiungendo un banchetto e distribuzioni di dena-ro per i decurioni ed i suoi concittadini51, mentre a Pisaurum un anonimo versa ben 200.000 sesterzi per un’opera pubblica52. Nella X Regio (Venetia et Histria) P. Atilius P.l. Philippus finanzia lavori nell’anfiteatro bresciano53 e P. Minnius P.f. Cla. Salvius a Concordia fa lastricare per testamento le vie attorno ad un tempio cittadino54.

a 20 anni), Salpensa: CIL, II, 1286 (morto a 18 anni), Philippi: CIL, III, 649 (morto a 6 anni); 650 (morto a 23 anni); 659 (morto a 5 anni) e Drobeta: IDR, II, 42 (morto a 23 anni).

46 CIL, X, 5348: huic ordo et populus ornamenta decurionatus gratuita obtulerit.

47 CIL, X, 4643: ornamentis decurionalibus; 4660: h[onoratus decu-rionalibus?] ornamentis.

48 CIL, X,1217: honoratus ornamentis decurionalibus.49 AE 2000, 344: ornamentis decurionalibus honoratus; CIL, X, 1881:

ornamentis decurionalibus honoratus.50 Eph. Epigr., VIII, 369; Caldelli, Eusebeia, cit., 63-71: honoratus

decreto decurionum ornamentis decurionalibus et duumviralibus.51 CIL, XI, 5716: [honoratus] ornamentis [decurionalibus?].52 CIL, XI, 6379: [ornamentis decurionalib]us honoratus.53 Inscr.It., X, V, 184: ornamentis decurionalibus Brixia, Veronae,

Cremonae [---].54 CIL, V, 1892: ornam(entis) IIviralibus.

311

Di analoghi atti di evergetismo a carico di honorati non mancano riscontri nelle province. Un anonimo si accolla la costruzione di un’opera pubblica in Aquitania nella comu-nità dei Petrucorii 55, al pari di un altro, che in Lugdunense costruisce o restaura un balneum nel territorio dei Pictones56. Nella Betica M. Helvius Anthus a Lugurgentum offre ludi, uno spettacolo ginnico e l’ingresso gratuito ai bagni per le donne57. Nella Mesia Superiore P. Iulius Secundus dona a Ratiaria 12.000 sesterzi al collegio dei fabri58. In Numidia C. Caecilius Q.f. Gal. Gallus finanzia a Rusicade la costruzione di un tribunal con relativi rostra59.

Ma torno all’interrogativo su che cosa possa aver indotto il narbonense Chaerea a frequentare alcune delle più importanti città siciliane d’età imperiale. Narbo, da un lato, Syracusae, Thermae Himeraeae e Panhormus, dall’altro, avevano senz’altro in comune il fatto di essere importanti centri portuali e com-merciali. Se il commercio, soprattutto marittimo, costituiva la principale attività economica della colonia narbonense 60, Siracusa

55 CIL, XIII, 11047: [ornamentis sacer]dotalib(us) h[onoratus].56 CIL, XIII, 1169: [orna]mentis [---].57 AE 1953, 21: huic ordo, petente populo, ornamenta decurionatus

decrevit.58 CIL, III, 12650: o(rnatus) o(rnamentis) dec(urionalibus).59 CIL, VIII, 7986: hab(ens) orn(amenta) quinq(uennalitatis) d(ecreto)

d(ecu rionum).60 Gayraud, Narbonne, cit., 479-541, in particolare per i porti ed i

traffici marittimi che facevano capo a Narbo, 522-530; 536-541; Christol-Fédière, La présence, cit., 94-95; 99; M. Christol-R. Plana-Mallart, De la Catalogne à Narbonne: épigraphie amphorique et épigraphie lapidaire. Les affaires de Veiento, in G. Paci (a cura di), Epigrafia romana in area adriatica. Actes IXe Rencontre franco-italienne sur l’épigraphie du monde romain, Macerata 10-11 dic. 1995, Macerata 1998, 273-302; C. Panella, Le anfore di età imperiale del Mediterraneo occidentale, in P. Lévêque-J.-P. Morel (dir.), Céramiques hellénistiques et romaines, III, Paris 2001, 191, 196-199 (sull’importanza della coltivazione della vite in Gallia e l’esportazione di vini dalla Narbonense); Bonsangue, Aspects, cit., 201-232; Christol, Narbonne: un autre emporion, cit., 51-54; P. Ambert, Narbonne antique et ses ports. Géomorphologie et archéologie, certitudes et hypothèses, RAN 33, 2000, 295-307. L’attività commerciale dei navicularii Narbonenses nel Tirreno è documentata dalla loro stes-sa presenza nel cosiddetto Piazzale delle Corporazioni di Ostia (CIL,

312

era uno scalo dell’importantissima rotta tra Alessandria d’Egitto e Pozzuoli, lungo la quale, almeno da età tardorepubblicana, si svolgevano intensi e redditizi traffici, mentre Thermae H. e Panhormus, insieme a Lilibeo (dove si ricordi è attestato l’unico altro L. Aponius di Sicilia), erano punti di sosta nella rotta da e per l’Africa, oltre che luoghi di raccolta e di smistamento dei prodotti dell’entroterra61.

Da una lato abbiamo dunque Narbo, con la sua vocazione emporica, che oltre ad essere un centro “industriale” e finan-ziario, distribuiva via mare i prodotti del suo entroterra (in particolare grano e vino), smistando quelli che giungevano dalla vicina Spagna nord-orientale (in particolare il vino). Dall’altro la Sicilia d’età imperiale, che ormai libera dal vincolo della monocoltura granaria e del versamento della decima, vide lo svilupparsi sia delle redditizie colture dell’olivo e della vite, sia dell’allevamento, circostanze che le consentirono di sviluppare relazioni commerciali con il resto del Mediterraneo ed in par-

XIV, 4549, 32-33). In Occidente cittadini di Narbo e più in generale della Narbonense sono epigraficamente attestati, prescindendo dai militari, anche nell’Hispania Citerior, ad Aquae Flaviae (HEp 7, 1215) ed a Saguntum (CIL, II2/14, 625), a Roma (CIL, VI, 20121; 27344; 28278) e nella Pannonia Superior, a Siscia (V. Hoffiller-B. Saria, Antike Inschriften aus Jugoslawien, I. Noricum und Pannonia Superior, Zagreb 1938, nr. 557).

61 Per i rapporti tra la Sicilia e Puteoli cfr. D. Musti, Il commercio degli schiavi e del grano: il caso di Puteoli. Sui rapporti tra l’economia italiana della tarda repubblica e le economie ellenistiche, in J.H. D’Arms-E.C. Koppf (eds.), The Seaborn Commerce of Ancient Rome. Studies in Archaeology and History, Mem. Am. Ac. Rome 36, Roma 1980, 206 e M.L. Bonsangue, Les relations commerciales entre Pouzzoles et l’Egypte au IIe siècle ap. J.-C., CCG 12, 2001, 199-212; per il porto di Thermae ed i rapporti tra la Sicilia e l’Africa L. Bivona, Una iscrizione inedita di Termini Imerese. Nuovi magistrati nella colonia di Thermae, in Studi di storia antica offerti dagli allievi a E. Manni, Roma 1976, 61; O. Belvedere, Osservazioni sulla topografia storica di Thermae Himerenses, «Kokalos» 28-29, 1982-1983, 82-84; per Panhormus Giardina, Il quadro storico, cit., 231-237 ed in generale: G.M. Columba, I porti della Sicilia. Monografia storica dei porti nell’Italia insulare, Roma 1906; Salmeri, Sui rapporti, cit., 397-412, in particolare 402-412 e per il Tardo Impero: G. Uggeri, Itinerari e strade, rotte, porti e scali della Sicilia tardoantica, «Kokalos» 43-44, 1997-1998, 299-344.

313

ticolare, oltre ovviamente che con l’Italia e con l’Oriente, con Nord Africa ed Egitto 62.

Si è voluto vedere in Chaerea un navicularius, trovando con-ferma a quest’ipotesi in un titulus pictus del Testaccio, datato al 149 d.C., nel quale si menziona un L. Aponius 63.

In realtà dubito che Aponius Chaerea, il quale era di na-scita libera ed a Narbo era stato magistrato e sacerdote, possa essere stato direttamente impegnato nel commercio marittimo, che sarà stato anche qui in mano piuttosto al ceto liberti-no, come si ricava dall’onomastica di coloro che dichiarano espressamente di essere stati mercatores e navicularii64. Ciò non vuol dire, ovviamente, che il nostro, oltre ad una solida fortuna terriera, non potesse avere anche interessi economici

62 Salmeri, La provincia, cit., 50-51. Manganaro, La Sicilia, cit., 7-9; 25-26; 35-36 sottolinea, accanto alla produzione di frumento, in parte destinato ancora all’annona urbana, l’importanza nell’economia siciliana delle attività estrattive e della produzione “industriale” (zolfo ad Agri-gento, pomice ed allume e saline nell’isola di Lipari, pietra a Taormina); per quanto riguarda il vino, se ne produceva in età imperiale sia nella zona di Tauromenium, sia nell’area catanese-etnea, mediante il ricorso ad affittuari (mancipes / conductores); cfr. anche il ricco panorama sulle diversificate attività agricole ed artigianali della Sicilia in età imperiale offerto da R.J.A. Wilson, Trade and Industry in Sicily during the Roman Empire, in ANRW, II, 16, 1, Berlin-New York 1988, 207-303.

63 Così Gayraud, Narbonne, cit., 533. Il titulus pictus è edito in CIL, XV, 4072. L’ipotesi è ora ripresa da Wierschowski, Fremde, cit., 433-434, nr. 628; anche per Manganaro, La Sicilia, cit., 45 Cherea sarebbe stato un ricco armatore. Osservo tuttavia che nel titulus del Testaccio L. Apo-nius compare nell’ambito di un titulus , tipo di testo che fa riferimento non alla distribuzione del prodotto (in questo caso l’olio betico), ma al proprietario del fundus produttore: B. Liou-A. Tchernia, L’interprétation des inscriptions sur les amphores Dressel 20, in AA.VV., Epigrafia della produzione e della distribuzione. Actes VIIe Rencontre franco-italienne sur l’épigraphie du monde romain, Rome 5-6 juin 1992, CEFR 193, Roma 1994, 149-152. Sulle anfore olearie betiche dal monte Testaccio e sui vari tipi di tituli picti presenti sulle Dressel 20: Panella, Le anfore, cit., 179; 186-187.

64 Tib. Iulius Eudoxus (CIL, XII, 4398), C. Offellius Zetus (CIL, XII, 4492), P. Olitius Apollonius (CIL, XII, 4406), L. Squeillanius Faustus (CIL, XII, 5972), [---]lius Alexander (CIL, XII, 5971): Gayraud, Nar-bonne, cit., 530-531.

314

in questo campo, ma solo che essi saranno stati direttamente gestiti da suoi liberti65.

Un qualche coinvolgimento dei Lucii Aponii di Narbo nel settore della produzione e del commercio potrebbe essere sugge-rito dalle iscrizioni sepolcrali del figulus e del pistor, ma costoro, come si è detto, vissero prima del nostro Chaerea66. Altri hanno ipotizzato un coinvolgimento di Chaerea nei rifornimenti annonari di Narbo, in considerazione del fatto che rientrava tra i compiti degli edili la cura dell’annona e che il nostro a Narbo e nelle città siciliane ottenne proprio gli ornamenta edilizii 67.

E se Chaerea, al pari di altri ornati provinciali, fosse stato in-vece coinvolto nella riscossione dei portoria della Sicilia in veste di conductor68?

Restano aperti anche altri interrogativi: perché dopo la questura Aponius Chaerea non ebbe accesso all’edilità vera e propria e poi al duovirato? E perché nelle città siciliane egli ottenne solo (si fa per dire) gli ornamenta e non fu invece ammesso tra i membri dei locali ordines decurionum?

65 Sullo stretto rapporto tra proprietà terriera ed attività commerciali in mano a membri delle stesse famiglie narbonensi: Christol-Fédière, La présence italienne, cit., in particolare 94-95.

66 CIL, XII, 4478 cfr. p. 846 (L. Aponius L.l. Optatus); 4502 (L. Aponius Celati l. Eros). Cfr. Bonsangue, Aspects, cit., 213.

67 Gayraud, Narbonne, cit., 335-336. Non voglio qui entrare nel merito della questione se sia corretto o meno lo scioglimento aedilis f(isci) c(urator) proposto dall’Autore per le abbreviazioni che compaiono in CIL, XII, 4363.

68 Come confronti posso citare sia Aemilius Eutyches, che ad Aquileia ricevette gli ornamenta decurionalia e che era stato conductor VIII et XX ripae fluminis Danubi (attività comunque omessa nella sua iscrizione sepolcrale, nella quale il personaggio è qualificato invece come pater IIIIviri: Gregori, La concessione, cit., 38-39), sia Iulius Capito, conductor del portorium Illyrici et ripae Thraciae, onorato con gli ornamenta decurio-nalia a Poetovio, Ratiaria e Sarmizegethusa, con gli ornamenta duoviralia ad Oescus e Romula, ma anche magistrato a Sirmium e buleuta a Tomis (CIL, III, 753; cfr. 7429). Al tempo di Verre uffici del portorium erano presenti a Syracusae, Thermae e Panhormus, proprio le città che concessero gli ornamenta a Cherea (oltre che in altre località dell’isola): De Laet, Portorium, cit., 65-70; Manganaro, La Sicilia, cit., 20; 37-40. In età imperiale ci sarebbe stata però una riunificazione dei distretti doganali siciliani in un’unica realtà: De Laet, Portorium, cit., 294-295.

315

Per quanto riguarda il primo quesito, osservo che a Narbo non pare fosse prassi normale ricoprire sia la questura che l’edilità, prima della massima magistratura69. Al duovirato forse Chaerea non arrivò per via della morte: la base di statua ha tutta l’impressione di essergli stata dedicata dal liberto Blastus post mortem; per questo nel testo si ricorderebbero cariche ed onori accumulati dal nostro anche nella lontana Sicilia, insieme ai suoi atti di evergetismo, quale il versamento di una somma di denaro nelle casse di Narbo a seguito del conseguimento degli ornamenta aedilicia.

Quanto alla scelta operata da Siracusa, Termini Imerese e Palermo, credo che la ragione vada rintracciata nel fatto che Chaerea fosse uno straniero, mentre normalmente, per ricoprire cariche pubbliche e talvolta anche per sedere nei senati locali, occorreva avere la residenza e non un semplice domicilio70.

Forse fu per questo stesso motivo che un secondo personaggio, parimenti di nascita libera, ma molto meno noto di Chaerea (an-che perché il suo gentilizio ci è giunto acefalo e non è integrabile), ottenne nella colonia di Thermae Himeraeae, probabilmente nel corso del II sec. d.C. (a giudicare almeno dalla paleografia), gli ornamenta aedilicia71.

Anche in questo caso non mancano i problemi. Già l’ordine con il quale i cinque personaggi sono elencati nel testo desta di per sé qualche perplessità (i nrr. 1-4 sono al dativo):

69 Vd. la lista redatta da Gayraud, Narbonne, cit., 334-335.70 È noto ad esempio che la lex Pompeia istitutiva della provincia

di Bitinia, prevedeva tra i casi di espulsione dai senati locali quello di essere cittadino di un’altra città: cfr. Plin. ep. 10, 114. Sulle norme che regolavano l’accesso ai senati e alle magistrature nelle città della Sicilia, cfr. anche Cic. Verr. II, 2, 120-125. Al Narbonense Cherea, che ottiene ornamenta in Sicilia, fa riscontro il siciliano C. Tullius Flavianus, origina-rio di Catina, decurionis filius, morto ad Antipolis, in Narbonense, dove era per sua stessa dichiarazione rimasto nella condizione di incola: CIL, XII, 178=ILN, II, 17, su cui ora Wierschowski, Fremde, cit., 96-97, nr. 111 (I/II sec.), che ritiene il nostro giunto ad Antipolis forse dalla vicina Marsiglia, dove il gentilizio della moglie (Iulia) è ben documentato.

71 AE 1976, 265, su cui Wilson, Towns, cit., 151; L. Bivona, Iscri-zioni latine la pidarie del Museo Civico di Termini Imerese, Roma 1994, 127-130, nr. 15, tav. X.

316

1. [---]a L.f. Procula,2. [---] sp(urius) f(ilius) Cl(audia) Plaetorius, q(uaestor), aedilis,

IIvir,3. [---]ius Q.f. Qui(rina) Galeo, cui ordo dec(urionum)

orn(amenta) aed(ilicia) d(ecrevit),4. [---]a L.f. Longina,5. [---] Cl(audia) Proculus, q(uaestor) IV, praef(ectus) pro IIviro,

IIvir q(uin)q(uennalis), trib(unus) mil(itum) leg(ionis) VI Fer(ratae).Contrariamente ad ogni logica epigrafica, ad essere scritti

con caratteri di altezza maggiore sono i nomi delle due donne (nrr. 1 e 4), delle quali tuttavia non sappiamo nulla, se non che erano entrambe figlie di un Lucius (sorelle?).

Il personaggio che compare all’ultimo posto sembrerebbe invece il più importante alla luce della sua carriera (dopo aver ricoperto la massima magistratura locale, entrò infatti nell’ordine equestre): dovrebbe trattarsi del dedicante (essendo l’unico in caso nominativo), anche se, a giudicare dai caratteri paleografici, il suo nome sembrerebbe essere stato aggiunto in un secondo momento. Il suo cognome, Proculus, richiama quello della prima defunta e la sua tribù, la Claudia, è la stessa del personaggio al nr. 2, che parimenti ricoprì le locali magistrature fino al duovirato. Quest’ultimo si direbbe un illegittimo (spurius filius) e porta un cognome (Plaetorius), che in realtà è un gentilizio.

Quanto al personaggio che qui più interessa (nr. 3), egli esibisce il raro cognome Galeo72, non ha rivestito alcuna magi-stratura, ha ricevuto solo gli ornamenta aedilicia, presenta una filiazione diversa da quella dei personaggi ai nrr. 1-2 e 4 ed ha una tribù, la Quirina, diversa da quella degli altri due uomini sopra menzionati (Claudia).

Si è in dubbio se i Thermitani fossero stati registrati nella Claudia o nella Quirina, tribù che presentano localmente lo stesso numero di attestazioni73. Da parte mia, mi limito ad

72 I. Kajanto, The Latin Cognomina, Heksinki 1965, 342. Manga-naro, La Sicilia, cit., 45 ritiene Galeo in questo caso una derivazione dal greco ".

73 J. Kubitschek, Imperium Romanum tributim discriptum, Praha 1889, 132-133; Forni, Sicilia Romana tributim discripta, cit., 960-961. Bivona, Iscrizioni, cit., nrr. 12 (duoviro); 21 (aruspice); 47; 120; 159

317

osservare che nessun magistrato di Thermae risulta finora regi-strato nella Quirina74.

Un’ipotesi potrebbe essere che il sepolcro fosse stato eretto dal figlio (nr. 5), il quale aveva ereditato dalla madre lo stesso cognome, per i genitori (nrr. 1-2) e per una sorella della donna (nr. 4).

Il motivo per cui la madre precede, contro la prassi, il padre, che per di più era stato magistrato, potrebbe risiedere nel fatto che quest’ultimo era un illegittimo. Difficile pensare che Galeo non fosse un loro parente. Mi domando se non potesse essere un fratello del padre, divenuto cittadino di un’altra comunità siciliana75, che, in omaggio alla posizione raggiunta dal congiun-to a Thermae, fu in questa colonia onorato con gli ornamenta aedilicia (Plaetorius dopo la questura e prima del duovirato era del resto stato edile a Thermae)76.

I casi di [-] Aponius L.f. Pap. Chaerea, a Siracusa, Palermo e Termini Imerese, e di [---]ius Q.f. Qui(rina) Galeo, nella sola Termini Imerese, sembrano dunque attestarci che, a differenza di quanto si verificò altrove, le città siciliane nei primi due secoli dell’Impero non fossero particolarmente disposte ad apri-re l’accesso ai loro senati e tantomeno alle locali magistrature a cittadini “stranieri”, fossero pure questi ricchi ed influenti. La concessione degli ornamenta (magistratuali e sacerdotali) si

(Claudia); nrr. 90; 100; 109; 138 8 (Quirina). Il nr. 8 si riferisce al senatore L. Acilius L.f. Qui. Rufus che fu quaestor pro praetore in Sicilia, che a Thermae ricevette una dedica da parte degli abitanti di Hispellum, ma che, secondo Bivona, non è detto fosse necessariamente originario del posto.

74 Secondo Manganaro, La Sicilia, cit., 42, si potrebbe pensare per Thermae ad un primo invio di coloni iscritti nella tribù Quirina, seguito da un successivo rincalzo, con nuovi coloni iscritti nella Claudia.

75 In Sicilia abbiamo almeno 18 attestazioni della tribù Quirina (pre-scindendo da quelle provenienti dall’isola di Gozo nell’arcipelago maltese), sparse tra Lilibeo, Termini Imerese, Tindari, Lipari, Catania e Siracusa: Forni, Sicilia, cit., 949-961; in particolare sia la Quirina che la Claudia sono presenti anche a Catina: Forni, Sicilia Romana tributim discripta, cit., 955; Manganaro, La Sicilia, cit., 41-42.

76 Bivona, Una iscrizione inedita di Termini Imerese, cit., 61, pensa invece che l’attribuzione degli ornamenta a Galeone possa rappresentare, come in altri casi, un atto di omaggio dei decurioni verso il defunto.

318

configurò pertanto qui come il massimo riconoscimento, al quale gli incolae, se di nascita libera, potessero aspirare. Eppure la presenza straniera in Sicilia (e non solo di Italici), anche durante l’Impero, non dovette essere insignificante soprattutto nelle città portuali, benché, in assenza di un etnico o di un’altra esplicita dichiarazione di provenienza, sia oggi per noi difficile sulla sola base onomastica (gentilizio e tribù) riconoscere uno “straniero”77.

Un atteggiamento di chiusura ancora maggiore, almeno a riflettere sui dati epigrafici, sembra esserci stato nella Sicilia d’età imperiale nei confronti del ceto libertino, i cui esponenti non pare potessero sperare di ottenere qui neppure le insegne ed i privilegi propri dei decurioni, in altre regioni d’Italia o in altre province, come abbiamo visto, relativamente comuni.

Solo parzialmente questa considerazione potrebbe essere modificata (ma certo non ribaltata), da alcuni documenti provenienti da diverse località siciliane, che sembrerebbero attestare nei primi due secoli dell’Impero la possibilità, sia pure in condizioni eccezionali, per liberti e figli di liberti di ottenere un locus publicus per la sepoltura o per statue a loro dedicate78, mentre gli ordines decurionum paiono essere stati

77 Per l’età repubblicana: A. Fraschetti, Per una prosopografia dello sfruttamento: Romani e Italici in Sicilia (212-44 a.C.), in A. Giardina-A. Schiavone (a cura di), Società romana e produzione schiavistica, I, Bari 1986, 51-77. Per l’Impero: Manganaro, La Sicilia, cit., 49-52, 84-85. In parti-colare sulle comunità ebraiche, vd. le iscrizioni raccolte da D. Noy, Jewish Inscriptions of Western Europe, I. Italy (excluding the City of Rome) Spain and Gaul, Cambridge 1993, 184-220, nrr. 143-162 ed ora G. Manganaro, Giudei grecanici nella Sicilia di età imperiale (documentazione epigrafica e figurativa), MEP 7-8, 2004-2005, 357-372; C. Gebbia, Ebrei in Sicilia nella tarda antichità, in P. Anello-G. Martorana-R. Sammartano (a cura di), Ethne e religioni nella Sicilia antica. Atti del Convegno, Palermo 2000, Roma 2006, 395-408. Per converso, complessivamente scarse risultano le attestazioni epigrafiche di Siciliani fuori dallo loro isola e nella stessa Roma esse si riducono a poche unità (CIL, VI, 2181; 6514; 20105; 25351).

78 Per il primo fenomeno, vd. G. Wesh-Klein, Funus publicum. Eine Studie zur öffentlichen Beisetzung und Gewährung von Ehrengräbern in Rom und den Westprovinzen, Stuttgart 1993, 174-175, che menziona per la Sicilia solo AE 1989, 341m (Catania) e CIL, X, 7377; 7399 (Termine Imerese). Sono verosimilmente da aggiungere altre cinque iscrizioni di Termini Imerese (Bivona, Iscrizioni, cit., nrr. 110; 114; 138; 178; 179).

319

poco propensi a concedere la cerimonia del funus publicum, con gli onori connessi79.

Tra coloro che beneficiarono di tali provvedimenti, senza che se ne specifichino le motivazioni, segnalo a Thermae Hi-meraeae un M. Iulius Dionysius 80 ed a Lilybaeum un C. Curtius Threptus81: in entrambi i casi la presenza di cognomi d’origine greca fornisce un buon indizio per sospettare una condizione libertina degli interessati.

In altri casi i personaggi sono di nascita libera, ma a giudicare dall’onomastica si direbbero figli di liberti: è il caso a Panhormus di [Cl]odia Sex. f. Granilla, figlia di Clod(ius) Hermadion82, ed a Messene di Cerrinia L.f. Cottia, figlia di Cottia Euphrosyne83.

La condizione e le prospettive dei liberti siciliani si rivelano dunque ad una più attenta analisi delle fonti epigrafiche meno compatte di quanto in apparenza si potesse immaginare.

In conclusione pare di intravedere nelle comunità della Sicilia d’età imperiale (soprattutto nel corso del II sec. d.C.) una qualche forma di dinamismo sociale, che coinvolse gli strati medi della popolazione e andò a beneficio dei singoli e dei loro discendenti, ma che tornò anche a vantaggio delle città, disposte a concedere gratifiche e riconoscimenti del successo economico conseguito (penso al versamento delle summae honorariae ed agli atti di evergetismo).

Se anche non venivano facilmente concessi gli ornamenta decurionalia, vanno apprezzate la disponibilità ad attribuire luoghi privilegiati (sia pure extra urbani), per la sepoltura o per la dedica di statue, e l’introduzione anche nell’isola del sevirato

79 Un solo caso, a Catania, per Grattia C.f. Paulla, moglie e madre di due duoviri, nella prima età imperiale: AE 1989, 341m (Manganaro, La Sicilia, cit., 44).

80 Bivona, Iscrizioni, cit., nr. 110: Ex d(ecurionum) d(ecreto) / locus M. Iuli / Dionysi.

81 CIL, X, 7243: C. Curtio / Threpto filio / C. Curtius Threptu[s] / pater. L(ocus) d(atus) d(ecreto) d(ecurionum).

82 CIL, X, 7292: [Cl]odiae Sex.f. / Granillae / [Cl]odi Casti (scil. uxori) / Clod(ius) Hermadion / filiae dulcissimae.

83 AE 1989, 337=IGLMessina 36: Cerriniae / L.f. Cottiae / Cottia Eu-phrosyne / filiae pissimae / s(ua) p(ecunia) p(osuit). L(ocus) d(atus) d(ecreto) d(ecurionum) …

320

Augustale, tradizionalmente appannaggio dei liberti arricchiti, istituti attestati per la verità in Sicilia in misura piuttosto mo-desta rispetto alla vicina Italia84.

Roma, 28.11.2009

84 In cambio della nomina i liberti erano tenuti al versamento di una summa honoraria e ad altri atti, più o meno spontanei, di evergetismo: ricordo in particolare che a Palermo M. Ulpius Italici lib. Eutychus aram et basim Mercuri praeter summam honorariam pro seviratu pecunia sua posuit (CIL, X, 7267 cfr. p. 993) e Sex. Pompeius Mercator VIvir Augu-stalis praeter summam pro honore aram Victoriae pecunia sua posuit (CIL, X, 7269); a Lilibeo L. Aponius Rufinus ob honorem seviratus dedicò una statua a T. Fulvius Aurelius Antoninus, figlio di M. Aurelio (AE 1906, 75); a Halaesa Iulius Acilius Hermes pro honore seviratus fece una dedica a Cerere (AE 1973, 273). Su questi ed i pochi altri personaggi che in Sicilia furono seviri o seviri Augustali, cfr. Manganaro, La Sicilia, cit., 46-48, secondo il quale tutte le città della Sicilia, colonie o municipi latini, nel giro di qualche generazione si sarebbero livellate con quelle italiche; A. Abramenko, Die Munizipale Mittelschicht im kaiserzeitlichen Italien. Zu einem neuen Verständnis von Sevirat und Augustalität, Frankfurt am Main-Berlin-Bern-New York 1993, 18-20. Osservo, per inciso, che proprio dai seviri Augustali vengono poste in Sicilia le poche dediche a divinità con l’epiteto di Augusto, -a, secondo un uso che, partito da Roma, conquistò ben presto tutta l’Italia, anche se con forti squilibri tra le varie regioni (G.L. Gregori, Le divinità auguste nell’Italia romana: un’indagine preliminare, in J. Bodel-K. Kajara [a cura di], Dediche sacre nel mondo greco-romano. Atti del Convegno, Roma 19-20 apr. 2006, Roma 2009, 307-330), ma che in Sicilia non sembra affatto essersi affermato, stando almeno al numero delle attestazioni censite: CIL, X, 7224; 7237 (Lilibeo); AE 1955, 193 (Centuripe); 1973, 271 (Halaesa); 1989, 346a (Lipari).

Nelle more della stampa sul fenomeno della concessione degli or-namenta municipali in Italia è uscito un mio contributo: Huic ordo decurionum ornamenta ... decrevit. Forme pubbliche di riconoscimento del successo personale nell’Italia romana, in C. Berrendonner-M. Cébillac-Gervasoni-L. Lamoine (éds.), Le Quotidien municipal dans l’Occident romain, Clermont-Ferrand 2008, 661-685.


Recommended