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coelum+astronomia+234+-+2019.pdf - Majzik Lionel

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234 2019 Il Cielo di GIUGNO Effemeridi e Fenomeni GIOVE IN OPPOSIZIONE DOMINA IL CIELO GIOVE IN OPPOSIZIONE DOMINA IL CIELO www.coelum.com APOLLO 11: BUZZ ALDRIN Il secondo uomo sulla Luna La Spirale Anemica sulla VITA negli sulla VITA negli OMEGA CENTAURI da Roma! Gli effetti mareali Gli effetti mareali TELECOMUNICAZIONI TELECOMUNICAZIONI ESOPIANETI ESOPIANETI GIOVE GIOVE Il GIGANTE venuto Il GIGANTE venuto da LONTANO da LONTANO I I SEGRETI SEGRETI delle delle La Chioma di Berenice con i satelliti con i satelliti Fotografiamo il SOLE con il paesaggio Legacy Field Legacy Field Una nuova finestra Una nuova finestra sull'Universo remoto sull'Universo remoto ASTRI-GAMMA ASTRI-GAMMA e una breve storia e una breve storia dell’astronomia dell’astronomia a raggi gamma a raggi gamma Hubble Hubble
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2342019

Il Cielo di GIUGNOEffemeridi e Fenomeni

GIOVE IN OPPOSIZIONE DOMINA IL CIELOGIOVE IN OPPOSIZIONE DOMINA IL CIELO

www.coelum.com

APOLLO 11: BUZZ ALDRINIl secondo uomo sulla Luna

La Spirale Anemica

sulla VITA neglisulla VITA negli

OMEGA CENTAURI da Roma!

Gli effetti marealiGli effetti marealiTELECOMUNICAZIONITELECOMUNICAZIONI

ESOPIANETIESOPIANETI

GIOVEGIOVEIl GIGANTE venutoIl GIGANTE venutoda LONTANOda LONTANO

I I SEGRETI SEGRETI delledelle

La Chioma di Berenice

con i satelliticon i satelliti

Fotografiamo il SOLE con il paesaggio

Legacy FieldLegacy FieldUna nuova finestraUna nuova finestrasull'Universo remotosull'Universo remoto

ASTRI-GAMMAASTRI-GAMMAe una breve storia e una breve storia

dell’astronomiadell’astronomiaa raggi gammaa raggi gamma

HubbleHubble

l'Editoriale di Gabriele Marini Se guardando il cielo durante il mese di giugno, cari Lettori, noterete lapresenza di una stella particolarmente luminosa proprio al di sopra dellamagnifica costellazione dello Scorpione, sappiate – ma facilmente lo sapretegià – che state ammirando il maggiore dei pianeti del Sistema Solare: Giove!Era da molto tempo che mancava in cielo la presenza di un pianeta brillante,già in prima serata: per numerosi mesi, infatti, i pianeti (fatta eccezione perMarte) si sono riuniti nel cielo del mattino, adornando le stelle della tardanotte o mostrandosi giusto prima dell'alba. Personalmente, quando già inqueste sere noto la splendente presenza di Giove in cielo, non posso chesoffermarmi a immaginare lo stupore e la meraviglia che il grande GalileoGalilei deve aver provato osservandolo quando, puntando il suo piccolotelescopio verso quella "stella" così luminosa, nel 1610, scoprì i quattrosatelliti medicei. Certamente deve essere stata una grande emozione.Se pensate però che le sorprese siano finite, relativamente a un pianeta cosìstudiato e lungamente osservato come è Giove, allora dovrete ricredervi. Seapprofitterete della prossima opposizione del grande pianeta – che avverràproprio in giugno, ne parliamo nel cielo del mese, con qualche consiglio sucosa osservare – per cercarlo all'oculare, al binocolo o anche solo a occhionudo, sappiate che state osservando un pianeta che, in origine, non si trovavaaffatto dove siamo abituati a trovarlo oggi! Recenti studi ci svelano che Gioveha compiuto, nell'arco della sua storia evolutiva, un lungo viaggio attraversoil Sistema Solare. È possibile infatti che il pianeta non abbia sempre orbitatodov'è adesso, ma che si sia formato in luoghi più remoti, per migraresuccessivamente fino a dove si trova oggi. Non può che tornarmi alla menteche, fin da quando eravamo bambini, ci sono stati insegnati, quasi come unafilastrocca da ripetere all'infinito, i nomi dei pianeti in ordine di distanza dalSole. È affascinante pensare che, tutto sommato, quell'ordine che cisembrava così immutabile e saldamente scolpito nella storia del SistemaSolare, sia in realtà qualcosa di dinamico, di mutevole. Ce ne parla neldettaglio la dottoressa Simona Pirani nel suo articolo "Giove, il gigantevenuto da lontano". Siamo ormai prossimi al tanto atteso 50° anniversario dello sbarco sullaLuna e, in questo crescendo di emozionanti attese, alimentate anche dalpensiero che, molto probabilmente, ci troviamo all'alba di una nuova corsaalla Luna – come spiegato nella notizia di apertura del nostro notiziario –Luigi Pizzimenti ci presenta un altro dei grandi protagonisti dello sbarcolunare di quell'ormai lontano luglio 1969: Buzz Aldrin, il secondo uomo adaver calpestato il suolo lunare. Ma non ci fermiamo qui, tanti gli argomenti di questo ricco numero di CoelumAstronomia: dal nuovo, immenso e profondissimo Hubble Legacy Field,raccontatoci da Michele Diodati, a un approfondimento sui segreti delletelecomunicazioni con sonde e satelliti, di Stefano Capretti, agli effettimareali sulle possibilità di vita nei pianeti extrasolari, spiegatidall'astrobiologo Marco Sergio Erculiani, fino a un excursus sulla storiadell’astronomia a raggi gamma dalla penna di Luca Perri. Oltre alle consueterubriche dedicate all'astrofotografia e all'osservazione del cielo, moltoparticolare è l'impresa astrofotografica compiuta da Paolo Colona che, congrande pazienza e preparazione, è riuscito a riprendere da Roma l'imponenteammasso globulare Omega Centauri! Complimenti e non perdetevi la suamagnifica fotografia.Approfitto infine per porgere le mie congratulazioni e augurare buon lavoroal neo eletto Presidente dell'Unione Astrofili Italiani (UAI), Luca Orrù, di cuiparliamo nel notiziario. Buona lettura

Pubblicazione mensile di divulgazioneastronomica e scientificaAnno 22 Numero 234Editore: MAASI Media srlCopyright © 2019 - MAASI Media srlTutti i diritti sono riservati a normadi legge. È permessa la riproduzione delmateriale pubblicato con citazioneobbligatoria della fonte, previa autorizzazionescritta dell’editore. Direttore: Gabriele MariniDirettore Scientifico: Renato Falomo(Osservatorio di Padova) Marketing e pubblicità:[email protected] Redazione: Lara Sabatini, Paola De Gobbi Hanno collaborato a questo numero:Francesco Badalotti, Giorgio Bianciardi, FabioBriganti, Barbara Bubbi, Stefano Capretti,Paolo Colona, Michele Diodati, Marco SergioErculiani, GPNoi, Giorgia Hofer, RiccardoMancini, Luigi Morielli, Veronica Nicosia,Stefano Parisini, Luca Perri, Giuseppe Petricca,Simona Pirani, Luigi Pizzimenti, Claudio Pra,Stefano Schirinzi, Rossella Spiga, UfficioComunicazione UAI, Gianmarco Vespia Photo CoelumFabrizio Aimar, Francesco Badalotti, MichaelBarbieri, Marcello Bertoldi, Tiziano Boldrini,Cristina Cellini, Giuseppe Conzo, CorradoGamberoni, Fausto Lubatti, Luigi Morrone,Zlatko Orbanic, Tommaso Stella RedazioneVia Fiorentina 153 - 53100 [email protected] il 27/08/97 al n. 1269 del registroStampa del Tribunale di VeneziaDirettore Responsabile: Stefano Boccardi

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IN COPERTINALa copertina del mese non può cheessere dedicata a Giove, il re dei pianetidel Sistema Solare, che in giugnoraggiunge l'opposizione. È il periodo piùfavorevole per osservarlo e, nel mentre,immaginare i remoti luoghi del nostrosistema planetario in cui probabilmentesi è formato. Crediti: NASA/Juno/CoelumAstronomia

Coelum Astronomia 234 - SommarioNotiziariodi Autori vari

Dove e quando osservare la ISSdi Giuseppe Petricca

120 Supernovae - Una supernova in M 100di Fabio Briganti e Riccardo Mancini

Comete - L'imprevedibilità delle cometedi Claudio Pra

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Guida osservativa a tutti gli eventi delcielo di Giugno

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26 Notiziario di Astronauticadi Luigi Morielli

Il Cielo di Giugnodi Redazione CoelumAstronomia

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4 COELUM ASTRONOMIA

Impariamo a osservare il Cielo con la UAI Vita e Morte nella Liradi Giorgio Bianciardi

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La Luna di Giugnodi Francesco Badalotti

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Luna - Guidaall'osservazione I Crateri Stofler eMaurolycusdi Francesco Badalotti

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Novità e Tendenze dal Mercato

82 PhotoCoelumdi Autori vari

138 La Chioma diBerenice - Parte 3di Stefano Schirinzi

34 Hubble Legacy FieldIl campo profondopiù grande mairealizzatodi Michele Diodati

50 BUZZ ALDRIN - LaLuna? Una magnificadesolazionedi Luigi Pizzimenti

24 Notiziario IAU - IAU, INAF e SAIt insieme aRoma: ai Lincei si celebra l'astronomiadi Rossella Spiga

154 Mostre e Appuntamenti

56 L'impatto delle forzemareali sulla vitanegli esopianetidi Marco SergioErculiani

64 I segreti delletelecomunicazionicon le sonde inmissione nellospazio - Parte 1di Stefano Capretti

Uno Scatto al MeseIl Sole nellefotografie dipaesaggiodi Giorgia Hofer

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94 Le Meraviglie delCosmoNGC 4921: La SpiraleAnemicadi Barbara Bubbi

165 Libri - Alla scoperta della Lunadi Giovanni Anselmi

40 GIOVE, il gigantegassoso venuto dalontanodi Simona Pirani

74 Come nani sullespalle dei gigantiIl commento diLuca Perri

90 Omega Centauri dalcielo di Romadi Paolo Colona

Missione Artemis: l’uomo torneràsulla Luna entro il 2024

NOTIZIARIO

COELUM ASTRONOMIA6

di Gianmarco Vespia – AstronautiNEWS

Rappresentazione artistica del nuovo sbarcosulla Luna del 2024.

Era atteso da un mese, ma finalmentel’emendamento del budget NASA per il 2020 daparte del presidente degli Stati Uniti è arrivato. Sitratta di 1,6 miliardi di dollari in più rispetto aquanto proposto precedentemente, cheserviranno a finanziare la missione Artemis, ilritorno con equipaggio umano sulla Luna nel2024.A marzo la prima proposta di budget per il 2020era stata deludente, 500 milioni in meno rispettoal 2019. Poco dopo il vice presidente annunciavaa sorpresa l’intenzione di tornare sulla Luna entro5 anni, obiettivo totalmente incompatibile con laproposta precedente: un simile sforzo avrebberichiesto un’iniezione di denaro non indifferente.Mentre iniziavano i lavori di programmazione perlo sbarco lunare del 2024, i ritardiall’emendamento del budget, la mancanza dielementi fondamentali (come il lander lunare) e icontinui rinvii dello sviluppo del razzo SLSlasciavano intendere ai media che si trattasse delsolito annuncio politico per attirare un po’ diattenzione in vista del cinquantenario dellamissione Apollo 11.

Successivamente però, un po’ a sorpresa, duecompagnie private hanno palesato piani e progettia cui stanno lavorando da anni. È il caso diLockheed Martin, con un habitat per il gatewaylunare e un lander, e Blue Origin, con un landerlunare innovativo, che con il loro lavoroconfondono la comunità incredula e aumentano ildibattito se arriverà o meno l’uomo sulla Luna tra5 anni.Il 13 maggio finalmente arriva l’emendamento delpresidente. Ne ha dato l’annuncio Jim Bridenstine,l’amministratore di NASA, in un video messaggio.Si tratta di 1,6 miliardi di dollari di finanziamentoaggiuntivo, che permetteranno a NASA di iniziare ilavori di progettazione e sviluppo, di accelerare laproduzione del razzo SLS (Space Launch System) edella navicella Orion, di finanziare lo sviluppo diun lander lunare con equipaggio umano, e dipredisporre attività propedeutiche, comel’esplorazione robotica delle regioni polari dellaLuna.L’annuncio è avvenuto a ridosso della conferenzaannuale Humans to Mars, dedicata all’esplorazioneumana su Marte, ma che

Il nuovo programma di esplorazione umana dellaLuna si chiamerà Artemis, in onore dellamitologica dea greca, conosciuta in italiano comeArtemide. Richiamando il programma degli anni'70, nella mitologia Artemide era la sorellagemella di Apollo e così, mentre il programmaApollo ha portato il primo uomo sulla Luna nel1969, il programma Artemis porterà la primadonna sulla Luna nel 2024. Su questo è sorta unpo’ di ironia in rete in quanto nella mitologia fuproprio Artemide a uccidere Orione (Orion è ilnome della capsula che porterà l’equipaggio): èstata una scelta di nomi azzeccata?Il nuovo programma non si limiterà a inviare e fartornare gli astronauti dalla superficie della Luna,ma si pone l’obiettivo più ambizioso di creareun’infrastruttura tecnologica per permettereoperazioni continue e sostenibili sulla Luna, per laNASA e per i propri partner. Tra gli obiettivi alungo termine ci sono la possibilità di utilizzo dirisorse locali, lo studio degli effetti sull’uomo diuna permanenza prolungata al di fuoridell’influenza terrestre e lo sviluppo diconoscenze e tecnologie per espandere lapresenza umana nel Sistema Solare, e magari per

arrivare su Marte negli anni 2030. Le tappetemporali consistono nello sviluppo di SLS eOrion, con il lancio inaugurale di SLS nel 2020 e ilprimo volo con equipaggio umano di Orion nel2021. Il 2023 dovrebbe vedere la costruzione del"Gateway lunare" (una stazione spaziale in orbitalunare) nella sua versione minimale, con solo ilmodulo PPE e un hub per l’attracco. Il 2024 èl’anno del ritorno sulla Luna, inizialmente senzaequipaggio per completare i test del lander eentro la fine dell’anno con equipaggio umano. Ilcompletamento del Gateway è previsto per il2028, quando dovrebbero entrare a pieno regimele attività scientifiche sulla Luna.

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quest’anno ha visto il dibattito incentrarsisull’esplorazione umana della Luna comeesercizio propedeutico fondamentale per laconquista del Pianeta Rosso.Poco più di un miliardo e mezzo non sonosufficienti a finanziare la missione: oltre al budgetaggiuntivo sono stati effettuati dei tagli ad altrevoci del budget NASA per riversare più risorsesull’obiettivo principale dei prossimi 5 anni.Questa è solo l’ultima modifica, altri tagli adalcune missioni scientifiche erano stati effettuatinella proposta precedente, quella di marzo, e nonsono stati alterati.Nel documento riassuntivo ufficiale si evidenziaun miliardo netto per finanziare lo sviluppo dellander il prima possibile, anticipando di 3 anniquello che era il progetto precedente. Lo sviluppoe la produzione del lander verranno affidate a una

singola società privata. Il "Gateway" da portare inorbita lunare nascerà zoppo: la voce ha subito untaglio di 321 milioni di dollari per eliminareelementi non necessari alle prime operazioni del2024. Di fatto verranno preparati solo il modulo dipropulsione ed energia (PPE) e un hub perl’attracco della capsula Orion e del lander.In compenso la produzione di SLS e Orion riceveràaltri 651 milioni di dollari per accelerare laproduzione. Il lancio della missione EM-1 entro il2020 è fondamentale per la riuscita delprogramma Artemis. Verranno poi assegnati 132milioni allo sviluppo di tecnologie precursori utiliper la missione, come la propulsione elettricasolare e le tecnologie per lo sviluppo di risorse insitu. Infine sono destinati 90 milioni di dollariall’esplorazione delle regioni polari della Luna.

Rendering del lander lunare Blue Moon.Crediti: Blue Origin.

Il Programma Artemis

COELUM ASTRONOMIA8

La Nebulosa del Granchio Australeper il 29° compleanno delTelescopio Hubbledi Barbara Bubbi – Universo Astronomia

Il 24 aprile 1990, il Telescopio Spaziale Hubble hainiziato il suo glorioso viaggio nello spazio. In 29anni questa straordinaria finestra sul cosmo harivoluzionato il modo di fare Astronomia e il modoin cui studiamo il cosmo, oltre a mostrarci unUniverso dalla bellezza strabiliante. Ogni anno ilteam di Hubble pubblica un’immagine speciale, inoccasione del "compleanno" del telescopio.L’oggetto scelto per quest’anno è unameravigliosa nebulosa planetaria, la Nebulosa delGranchio Australe (Southern Crab Nebula),dall’aspetto simile a due clessidre annidate unadentro l’altra. La nube, così chiamata per distinguerla dalla bennota Nebulosa del Granchio, un restodi supernova nella Costellazione delToro, è stata creata dalla turbolentarelazione tra un’insolita coppia distelle al suo centro. Una delle due èuna gigante rossa, una stella che haconsumato il suo combustibilenucleare, per poi gonfiarsi espellendonello spazio gli strati gassosi esterni,attraverso un energico vento stellare.Parte del materiale espulso dallagigante viene trascinato dalla gravitàverso la compagna, una piccola e densanana bianca, residuo derivante dallamorte di una stella simile al Sole. Secondo gli astronomi la complessitàdella nube è dovuta alle burrascose edepisodiche eruzioni, conseguentiall’interazione tra le due stelle. Allafine la gigante rossa cesserà diespellere gli strati esterni, smettendodi alimentare la compagna, per poi

finire i suoi giorni anch’essa come nana bianca. Maprima che ciò accada, altre emissioni di materialecreeranno strutture ancora più complesse. Lanebulosa era già stata immortalata da Hubble nel1999, ma questa nuova ripresa rivela in dettagliole complessità al suo interno, suggerendo che lestrutture a forma di clessidra corrispondano adiversi eventi eruttivi, avvenuti a distanza di variemigliaia di anni. La Nebulosa del Granchio Australesfoggia la sua bellezza a circa 7.000 anni luce didistanza dalla Terra, nella Costellazione australedel Centauro. L’immagine costituisce l’ennesimadimostrazione del ruolo fondamentale svolto daltelescopio Hubble nello svelare oggetti tra i piùstraordinari e misteriosi del cosmo.

Crediti: NASA, ESA, and STScI.

COELUM ASTRONOMIA10

C'è materia oscura nelle galassie?di Veronica Nicosia – OggiScienza

UGC 477, galassia a bassa luminosità superficiale (LSB). Crediti: NASA/ESA

Nel 2016, un gruppo di ricercatori della CaseWestern Reserve University guidati da StacyMcGaugh ha analizzato un insieme di galassie e inparticolare le stelle poste ai loro margini: il teamha ipotizzato che la materia oscura non serva aspiegare quelle velocità superiori a quelle attesesecondo la teoria gravitazionale di Newton,fornendo una nuova spiegazione con la teoria

della gravità modificata MOND (MOdifiedNewtonian Dynamics). L’ipotesi di McGaugh ecolleghi fece scalpore: nelle galassie non c’èmateria oscura. Un nuovo studio condotto dairicercatori della SISSA (Scuola InternazionaleSuperiore di Studi Avanzati) di Trieste orasmentisce quei risultati e conferma: la materiaoscura deve essere nelle galassie.

Materia oscura: c’è o non c’è nelle galassie?L’esistenza della materia oscura e dell’energiaoscura per spiegare le anomalie osservatenell’universo fu ipotizzata per la prima volta neglianni Settanta. A oggi si ritiene che la materiaoscura costituisca circa il 27% dell’universo,mentre l’energia oscura è al 68% e la materiaordinaria solo il 5%. Esistono però solo proveindirette dell’esistenza della materia oscura nelcosmo, evidenziate come anomalie alcomportamento atteso per una galassia o perl’espansione dell’universo se seguissero le leggidella gravità di Newton, poi riviste dalla relativitàgenerale di Einstein.Per alcuni ricercatori quindi l’osservare fenomeninon previsti dalla teoria gravitazionale implicache ci debba essere una qualche massa, chiamata

oscura perché a noi invisibile e impossibile damisurare direttamente per ora, che eserciti unaforza gravitazionale. Proprio quella forzanecessaria a far sì che le leggi della gravità sianorispettate e verificate nell’universo, come nel casodelle anomalie nelle velocità delle stelle nellegalassie a spirale.Per altri ricercatori invece,quelle anomaliepossono essere spiegate da altre leggi dellanatura, come ad esempio la teoria sulla gravitànewtoniana modificata o MOND, proposta nel1983 dal fisico israeliano Mordehai Milgrom. Daallora molte sono state le teorie elaborate sullamodifica della seconda legge di gravità di Newton.

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La discrepanza di velocità nelle galassie: la correlazione diMcGaughDi quest’ultima teoria si è fatto portavoceMcGaugh che, in uno studio pubblicato su PhysicalReview Letters del 2016 sulle velocità di rotazionedelle galassie, ha scoperto una correlazione tral’accelerazione centripeta osservata el’accelerazione centripeta prevista, che si desumedalla distribuzione della materia barionica, quellaformata da stelle e gas. Tra le possibili spiegazionidi questa discrepanza, McGaugh inserì anche lapossibilità che la materia oscura non esistessenelle 153 galassie osservate. I ricercatori della Case Western Reserve Universitysi sono così fatti portavoce di un dubbio, quelloche alcuni fenomeni nelle galassie possano essere

spiegati senza la materia oscura. McGaugh in unaintervista del 2017 a Simmetry Magazine spiegò: «Quando aderiamo a un particolare paradigma, lamaggior parte dei nostri ragionamenti è confinataentro i suoi limiti e se incontriamo una situazioneche richiede un cambiamento di punto di vista, cirisulta estremamente difficile pensare fuori daglischemi. Anche se conosciamo le regole del gioco esappiamo di dover essere pronti a cambiare idea, inlinea teorica tutti proviamo a farlo, ma si tratta dicambiamenti di una mentalità così grandi che lanostra natura umana non riesce semplicemente apassare oltre».

La conferma della SISSA: la materia oscura c’è!C’è però un problema con le teorie di McGaugh. Lesue osservazioni empiriche si sono dimostrateesatte per le galassie a spirale classiche, ma nonsono verificate per gli ammassi di galassie piùmassicci o per galassie di altra natura. Il nuovostudio della SISSA di Trieste guidato da Chiara DiPaolo e pubblicato sulla rivista The AstrophysicalJournal smentisce la possibilità che la correlazioneosservata da McGaugh non dipenda dalla materiaoscura, confermandone così la presenza. Inoltrefornisce nuovi spunti sia per la comprensione dellanatura della materia oscura, che per lo studio dellasua relazione con quella ordinaria.Proprio dallo studio di McGaugh del 2016 su 153galassie a spirale nasce la ricerca coordinata daChiara Di Paolo, che spiega: «Analizzando le curvedi rotazione di 153 galassie rotanti, principalmentele “classiche” spirali, hanno ottenuto una relazioneempirica tra l’accelerazione gravitazionale totaledelle stelle (osservata) e la componente cheosserveremmo in presenza della sola materiaordinaria nella classica teoria Newtoniana. Talerelazione empirica, che sembrava valida in tutte legalassie da loro analizzate e a qualunque raggiogalattico, ha indotto a spiegare l’accelerazionegravitazionale senza chiamare necessariamente in

causa la materia oscura, ma coinvolgendo peresempio teorie di gravità modificata come MOND(MOdified Newtonian Dynamics)». Il lavoro della Di Paolo invece si è concentrato su106 galassie diverse dalle “classiche” spirali, inparticolare su 72 galassie a bassa luminositàsuperficiale (LSB) e 34 galassie nane a dischi. Lostudio ha evidenziato una relazione che noncoinvolge solo l’accelerazione gravitazionale totalee la sua componente ordinaria, ma anche il raggiogalattico e la morfologia delle galassie.Paolo Salucci, professore di astrofisica della SISSAe co-autore dello studio, ha spiegato: «Abbiamostudiato la relazione tra l’accelerazione totale e lasua componente ordinaria in 106 galassie,ottenendo risultati diversi da quantoprecedentemente osservato. Questo non solodimostra l’inesattezza della relazione empiricaprecedentemente descritta ma elimina i dubbisull’esistenza della materia oscura nelle galassie.Inoltre, la nuova relazione trovata potrebbe fornireinformazioni cruciali alla comprensione della naturadi questa componente indefinita».Leggi anche: Alla ricerca dellaMateria Oscura

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14.000 Asteroidi per Gaiadi Redazione Coelum Astronomia

Abbiamo già avuto modo di saggiare il valorescientifico del Telescopio Spaziale Gaia dell'ESA,in missione per mappare oltre un miliardo distelle, e ne sono prova gli oltre 1.700 articoliscientifici derivati dai suoi dati raccolti a partiredal 2013. Nonostante però l'obiettivo primariodella sonda sia quello di tracciare le stelle dellaVia Lattea, capita che altri oggetti, ben più vicini,passino davanti agli occhi elettronici di Gaia.L'immagine pubblicata dal team della missionemostra le orbite di circa 14.000 asteroidi che lasonda ha mappato durante i suoi primi due anni diosservazione. Tali oggetti erano già noti agliastronomi (quelli riportati in rosso) ma non sonomancate le sorprese. Tre oggetti in particolaresono risultati del tutto nuovi (in grigio). Le orbitetracciate in giallo indicano gli oggettipotenzialmente vicini alla Terra mentre le orbitein arancione appartengono agli oggettidella fascia principale degli asteroidiposta tra Marte e Giove. Non sonosfuggiti alla potente vista diGaia nemmeno gli asteroidiTroiani di Giove (di cuiparliamo nell'articolo apagina 40), indicati inrosso scuro. Certamente Gaia non èil telescopio ideale perla caccia agli asteroidi:numerose sono lesurvey già presenti chescandagliano il cielo allaricerca di oggettipotenzialmente pericolosiper la Terra. Tuttavia, poichéGaia osserva il cielo intero puòscorgere anche quegli oggettiche sfuggono alle survey preposte.E infatti i nuovi oggetti individuati sono

caratterizzati da orbite molto inclinate rispetto aquelle degli altri asteroidi, sfuggendo quindi aitelescopi dedicati alla ricerca asteroidale. Proprioper questa ragione gli astronomi hanno comunqueimplementato un sistema di allerta automaticoper gli oggetti potenzialmente pericolosi che Gaiaindividua: quando il telescopio trova un asteroidesconosciuto, gli osservatori a terra ricevono unavviso per effettuare osservazioni mirate difollow-up.

Crediti: ESA/Gaia/DPAC.

COELUM ASTRONOMIA

COELUM ASTRONOMIA14

Yutu-2 scopre un nuovo enigmanel sottosuolo lunaredi Redazione Coelum Astronomia

A sinistra. Una fotografia del piccolorover Yutu 2, parte della missione lunarecinese Chang’e-4, mentre esplora ilterreno del Bacino Aitken nel polo sudlunare. Crediti: CNSA

La missione lunare cinese Chang'e-4, cosìchiamata in onore della dea cinese della Luna, stacontribuendo a svelare i misteri del lato nascostodel nostro satellite naturale. Questa sonda,composta da un orbiter, un lander e un piccolorover, Yutu 2, è la quarta spedizione scientificacinese diretta verso la Luna ed è stata la prima aposarsi sulla faccia nascosta. Giunto sulla Luna loscorso 3 gennaio, Chang'e-4 in questi mesi haraccolto numerose analisi spettrali del suololunare, nelle zone pianeggianti e all'interno dipiccoli crateri situati nei pressi del grande cratereVon Kármán, nel bacino lunare del Polo Sud-Aitken, che si estende per circa 2.500 km. Questoè il cratere più ampio e più antico dell'intera Lunae gli scienziati hanno a lungo sospettato cheAitken possa contenere indizi fondamentali sucome la Luna – e molti altri corpi del SistemaSolare – si siano evoluti. Secondo le teoriesviluppate nel corso degli ultimi decenni, la Luna

si formò quando la Terra si schiantò contro unpianeta delle dimensioni di Marte chiamato Theia.Quando la Luna era molto giovane, sarebbe stataricoperta da un oceano di magma liquido, poiprogressivamente solidificatosi, comportando unadifferenziazione della sua composizionemineralogica, con i minerali più leggericoncentrati nella superficie e quelli più pesantiaffondati a maggiore profondità. Non avendoattività vulcanica, gli strati del sottosuolo lunarenon si sarebbero rimescolati nel corso della suastoria evolutiva, quindi lo strato superficiale ècomposto di basalto, racchiudendo al suo internominerali densi come l’olivina e il pirosseno.Quindi l'unico modo per portare i materiali piùpesanti alla superficie è probabilmente attraversoviolenti impatti di meteoriti, in grado di penetraregli strati superficiali verso il mantello sottostante,in particolare milioni o miliardi di anni fa quandoquello strato era ancora fuso.

Leggi anche "La Cinaraggiunge il LATONASCOSTO della Luna" suCoelum Astronomia 230

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A sinistra. Questa mappaaltimetrica, realizzata conlo strumento LOLA a bordodella sonda NASA LunarReconnaissance Orbiter(LRO), mostra la grandedifferenza di profonditàdel bacino Aitken del PoloSud lunare. Il colore blurappresenta unaprofondità di circa 8 kmsotto il livello medio dellasuperficie lunare, mentre ilrosso rappresentaun'elevazione di circa 6,5km sopra la superficie. Ladifferenza in alcuni puntisupera i 16 km. Crediti:NASA/LRO/Goddard

«Comprendere la composizione del mantellolunare è fondamentale per verificare se un oceanodi magma sia mai esistito, come è stato teorizzato.Aiuta anche a far progredire la nostracomprensione dell’evoluzione termica e magmaticadella Luna» afferma Li Chunlai, autore di unrecente articolo pubblicato su Nature e professorepresso l’Osservatorio Astronomico Nazionaledell’Accademia delle Scienze Cinese (NAOC). Secondo le attese del team di ricerca, ilpavimento del bacino Aitken doveva mostrareun'ampia varietà di minerali tipici del mantello,essendo quell'area il risultato di un grandeimpatto meteorico, ma, al contrario, sono staterilevate solo tracce di olivina e pirosseno. «L’assenza di abbondante olivina all’interno delPolo Sud-Aitken è ancora un enigma», dice Li.Potrebbero allora essere sbagliate le previsioni diun mantello lunare ricco di olivina? Secondo i

rilevamenti l'olivina è apparsa in maggioriquantitativi nei campioni provenienti dai crateripiù profondi, confermando quindi le teorie deglistudiosi lunari, rendendo al contempo un compitoassai arduo la corretta identificazione delmateriale realmente proveniente dagli strati piùprofondi da quello risultante da unrimescolamento degli strati più superficiali. Lasituazione non è ancora del tutto chiara eChang'e-4 continuerà a raccogliere dati spettralidei campioni di suolo lunare per comprenderemeglio la composizione mineralogica del terrenopresente nel polo sud della Luna, una delle zonedi maggior interesse anche per le future missioniumane.I suoi strumenti sono sufficientemente accurati,anche se non paragonabili a quelli di unlaboratorio sulla Terra: per questo saràfondamentale, un giorno, riuscire a raccogliere deicampioni di minerale di quella zona da riportaresul nostro pianeta.

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Galassie primordiali più luminosedel previstodi Stefano Parisini - Media INAF In un recente studio pubblicato su Mnras, ungruppo internazionale di ricercatori ha mostratoche, ad alcune specifiche lunghezze d’onda di luceinfrarossa, le galassie primordiali prese in esame,formatesi circa un miliardo di anni dopo il BigBang, sono risultate considerevolmente piùluminose di quanto atteso. Realizzata grazie a piùdi 200 ore di osservazioni ultra profonde deltelescopio spaziale Spitzer della NASA, la nuovaricerca conferma che le galassie a quell’epocaerano molto più brillanti rispetto alle galassie chesi sono formate più tardi, almeno nell'infrarosso.Questa scoperta aiuta a comprendere come siaavvenuta la "reionizzazione dell’universo", unprocesso durato tra i 400 milioni e il miliardo dianni dopo il Bing Bang (epoca dellareionizzazione) in cui l’idrogeno neutro, opaco allaluce, è stato progressivamente trasformato inplasma ionizzato, facendo diventare l’universopermeabile alla luce. L’energia necessaria allareionizzazione proveniva probabilmentedall'intensa radiazione delle prime stelle, cheavevano cominciato ad accendersi tra i 100 e i200 milioni di anni dopo il Big Bang.Gli autori dello studio hanno osservato 135

galassie estremamente distanti, scoprendo cheerano tutte particolarmente brillanti in duespecifiche lunghezze d’onda della luce infrarossa,esattamente quelle prodotte dalle radiazioniionizzanti che interagiscono con i gas di idrogenoe ossigeno all’interno delle galassie. Secondo iricercatori queste galassie erano dominate dagiovani stelle massicce composte principalmenteda idrogeno ed elio, con quantità minime dielementi “pesanti” (come azoto, carbonio eossigeno) rispetto alle tipiche stelle presenti nellegalassie moderne. Queste stelle non sono state leprime a formarsi nell’universo ma appartenevanoancora a una generazione molto precoce. Unagenerazione che ha ora contribuito a scriverecompiutamente un capitolo della storiacomplessiva riguardo all’epoca dellareionizzazione. Altri capitoli di questa sagaverranno scritti da telescopi più potenti, come ilfuturo James Webb Space Telescope della NASA,che, grazie al suo specchio da 6,5 metri didiametro, potrà ambire a rilevare la fioca lucedelle primissime stelle e galassie, che orasappiamo fortunatamente essere più luminose diquanto ritenuto.

Questa vista a campo profondodel cielo ripreso dai telescopispaziali Hubble e Spitzer dellaNasa è dominata da galassie, tracui alcuni molto debole e moltodistanti (cerchiate in rosso), comequella di esempio mostratanell’inserto, frutto diun’osservazione di lunga durata.Crediti: Nasa/Jpl-Caltech/Esa/Spitzer/P. Oesch/S. De Barros/I.Labbe

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I dati delle missioni Apollo mostranoche la Luna è ancora attivadi Redazione Coelum Astronomia

Sopra. Le immagini mostrano alcune possibili tracce di recenti attività sismiche in prossimità delle fagliesituate vicino agli epicentri dei lunamoti analizzati. Crediti: Nature Geoscience, Lroc Nac.

Tutti ricordano le gloriose missioni Apollo comel'apice dell'esplorazione umana della Luna, manon bisogna dimenticare che gli astronautiimpegnati in quelle storiche missioni hannocondotto importanti esperimenti scientifici ehanno lasciato sensori e rivelatori sulla Luna. Traquesti ci furono alcuni sismometri che, tra il 1969e il 1977, rivelarono che la Luna trema e si agita inmolti modi. Questi strumenti hanno raccolto unvasto campione di vibrazioni, la maggior partedelle quali legate agli impatti meteorici, alle forzedi marea e ai cambiamenti termici. Ma, tra queste,si distinguevano anche 28 potenti terremotisuperficiali (chiamati "lunamoti" che, sulla Terra,avrebbero avuto magnitudo compresa tra 2 e 5)che, sorprendentemente, risultarono di originesconosciuta.

Grazie a un nuovo studio, pubblicato su Nature Geoscience, basato proprio sui dati dell'era Apollo,è stato possibile rintracciare gli epicentri diqueste onde sismiche, rivelando che il nostrosatellite naturale è probabilmente ancoratettonicamente attivo. Nicholas Schmerr, geologo dell’Università delMaryland, ha ideato un nuovo algoritmo perrianalizzare i dati sismici provenienti daglistrumenti installati sulla Luna dalle missioniApollo, producendo delle “mappe sismiche”derivate da modelli e fornendo così dei valori piùaccurati della posizione dell’epicentro di 28 sismilunari registrati tra il 1969 e il 1977. «Abbiamoscoperto che un certo numero di sismi registrati neidati delle missioni Apollo è accaduto molto

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vicino alle faglie osservate nelle immagini di LRO. Èpiuttosto probabile che le faglie siano attiveancora oggi. Non capita spesso di vedere unatettonica attiva, eccetto che sulla Terra, quindi èmolto eccitante pensare a come queste fagliepotrebbero ancora generare lunamoti». I ricercatori guidati da Thomas Watters, delloSmithsonian Institute di Washington DC (USA) eprimo autore dell'articolo, hanno stabilito che gliepicentri di otto di questi lunamoti possonoessere collocati entro circa 30 km dalle faglieindividuate sulla superficie lunare. Queste sonoformazioni superficiali che assomigliano ascarpate, se viste dalla superficie lunare, alte circadieci metri e lunghe alcuni chilometri, generatedai moti di contrazione e restringimento dellasuperficie dovuti al raffreddamento in corsodall’epoca della formazione. Già un’analisi del2010 delle immagini ricavate dal LunarReconnaissance Orbiter (LRO) della NASA avevarivelato che mentre la Luna, raffreddandosi, siraggrinziva, sulla sua superficie si formavano deisegni di questi corrugamenti, in forma di faglietettoniche. Non si può parlare di "tettonica azolle" come quella che avviene sulla Terra: laLuna è troppo fredda per mostrare uncomportamento simile, ma i punti di tensione (lefaglie) in cui si sfogano le forze dovute allacontrazione, genera moti e sussulti improvvisiproprio come accade sulla Terra. Dove le parti disuperficie lunare sfregano l'uno contro l'altro, sioriginano quindi dei terremoti che possonoriverberare sulla Luna intera. Watters e il suo team hanno esaminatoattentamente i dati di LRO e hanno identificato learee situate nelle vicinanze delle faglie chesembrano essere state recentemente disturbate,evidenziando dei massi che sono rotolati in tempirecenti o localizzando evidenze di frane. Alcuneimmagini delle faglie mostrano infatti traccefresche di cadute di massi, suggerendo che iterremoti hanno indotto questi massi a rotolare

giù per i pendii delle scarpate. Tali traccesarebbero state cancellate relativamente in fretta,in termini di tempo geologico, dalla cadutacostante di micrometeoriti sulla Luna. Con quasiun decennio di immagini di LRO già disponibili ilteam può confrontare le immagini di alcune fagliein tempi diversi, per cercare nuove prove direcenti lunamoti. La nuova analisi suggerisce quindi che la Lunapotrebbe essere ancora in attività e soggettaancora oggi a quel processo di contrazione erestringimento. «Riteniamo che sia moltoprobabile che questi otto lunamoti siano statiprodotti da faglie in scorrimento, via via che latensione si è accumulata allorché la crosta lunare èstata compressa dalla contrazione globale e dalleforze di marea. Questo indicherebbe che isismometri dell’Apollo hanno registrato unacontrazione della Luna e che quest’ultima è ancoratettonicamente attiva», afferma Watters. I ricercatori hanno anche scoperto che sei degliotto lunamoti si sono verificati quando la Luna eravicina al suo apogeo, il punto nell’orbita piùlontano dalla Terra. Questa posizione corrispondeal luogo in cui la tensione mareale indotta dallagravità terrestre causa un picco nella tensionecomplessiva sulla crosta lunare, facendo moltoprobabilmente scivolare le faglie tettoniche. Gli scienziati sono quindi più certi che mai che laLuna non sia ancora morta ma che mostri ancoraattività sismica. «Per me, queste scopertesottolineano che dobbiamo tornare sulla Luna»,conclude Schmerr. «Abbiamo imparato moltodalle missioni Apollo, ma in realtà hanno soloscalfito la superficie del nostro satellite. Con unapiù ampia rete di moderni sismometri, potremmofare enormi progressi nella comprensione dellageologia lunare. Queste future missioni sulla Lunapermetterebbero di raccogliere frutti facilmenteraggiungibili e molto promettenti per la scienza».

Lo scorso 6 aprile SEIS, il sismometro del landerInSight della NASA, dedicato all’analisi dellastruttura interna di Marte, potrebbe aver rilevatoper la prima volta un debole segnale sismico. Sista ancora studiando la natura del segnale, masembra proprio essere il primo tremitoproveniente dall’interno del pianeta, e noncausato dal vento o dai movimenti stessi dellander, come quelli registrati finora. Durante il Sol128, dunque, InSight potrebbe essere statotestimone di un terremoto marziano, anche sedavvero lieve, paragonabile ai terremoti lunaririlevati dai sismometri delle missioni Apollo. «Le prime letture di InSight portano avanti lascienza iniziata con le missioni Apollo della NASA.Fino ad ora abbiamo raccolto rumore di fondo, maquesto primo evento apre ufficialmente un nuovocampo di ricerca: la sismologia marziana!» hadichiarato Bruce Banerdt del JPL, PI dellamissione. Principale obiettivo di InSight è proprio quello diraccogliere dati per lo sviluppo di un modellodella struttura interna di Marte, della qualesappiamo ancora poco, ma questo primo evento èancora troppo debole per essere davvero utile. Grazie al silenzio che regna sulla superficiemarziana, SEIS è in grado di rilevare anche i piùpiccoli movimenti interni. Tanto piccoli che sullaTerra sarebbe impossibile distinguerli dal rumoredi fondo. «L’evento “Martian Sol 128" èemozionante perché le sue dimensioni e la sualunga durata si adattano al profilo dei terremotirilevati sulla superficie lunare durante le missioniApollo», ha dichiarato Lori Glaze, direttore delladivisione Planetary Science presso la sede dellaNASA. Non è l’unico segnale raccolto fin’ora, altri tre

eventi sismici si sono verificati il 14 marzo (Sol105), il 10 aprile (Sol 132) e l’11 aprile (Sol 133),rilevati dai più sensibili sensori Very Broad Band diSEIS, ma si è trattato di segnali ancora più lievidell’evento Sol 128 e quindi di origine ancora piùambigua. In ogni caso, indipendentemente dallasua causa, il segnale Sol 128 è considerato unapietra miliare della missione: «Abbiamo atteso mesi per un segnale come questo», spiega Philippe Lognonné, responsabile del teamSEIS presso l’Institut de Physique du Globe di Parigi(IPGP). «È così eccitante avere finalmente una provache Marte è ancora sismicamente attivo. Nonvediamo l’ora di condividere i risultati dettagliatiuna volta che avremo avuto la possibilità dianalizzarli». Studiando l’interno del Pianeta Rosso, i ricercatoricontano inoltre di capire più a fondo i processi diformazione di pianeti rocciosi del Sistema Solare,come anche la Luna e la Terra.

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di Redazione Coelum Astronomia

InSight rivela un terremoto su Marte?

Sopra. SEIS, il sismometro, prima che venissericoperto dallo scudo che lo protegge da vento

e sbalzi di temperatura. Crediti: NASA/JPL-Caltech

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I primi risultati scientificisu Ultima Thuledi Redazione Coelum Astronomia

Già dai primi dati raccolti dalla sonda NewHorizons, della NASA, durante il sorvolo diCapodanno 2019, è emerso un profilo di 2014MU69 (soprannominato Ultima Thule) molto piùcomplesso del previsto. Dopo soli quattro mesi,ecco i primi risultati pubblicati su Science che ciparlano dell’evoluzione, la geologia e lacomposizione di questo bizzarro oggetto.La principale caratteristica di Ultima Thule èquella di trovarsi talmente al limite del nostroSistema Solare da essersi conservato nellecondizioni che aveva ai tempi della formazionedei pianeti. Complici di questa conservazionesono le temperature estremamente basse e lalontananza dal Sole e quindi dall’azione delle sueradiazioni e del vento solare. «Stiamoesaminando i resti ben conservati di un passatoantico», spiega Alan Stern, PI della missione. «Non c’è dubbio che le scoperte fatte su UltimaThule faranno fare grandi passi in avanti alle teoriesulla formazione del Sistema Solare».Sappiamo già che si tratta di un oggetto binario,con due lobi a contatto: Ultima, il lobo più grande,ha una lunghezza di circa 36 chilometri ed èstranamente piatto, come un pancake, ed ècollegato a un lobo più piccolo, Thule, che inveceè risultato un po’ più rotondo, con una forma“ammaccata”. Tra loro la parte che li congiunge èsoprannominata “il collo”.Ancora sconosciuta è la causa per cui i singoli lobimostrano questa forma insolita, un mistero cherisale alla loro nascita. Per quanto riguarda ladinamica della sua formazione, i ricercatori hannodeterminato che il loro deve essere stato unincontro delicato, non uno scontro.Gli studi pubblicati su Science descrivono ancheun’ampia gamma di caratteristiche superficiali di2014 MU69: punti luminosi e macchie, colline edepressioni, crateri e pozzi. La depressione piùgrande si trova su Thule, ed è una formazione di 8

chilometri di larghezza, che il team hasoprannominato “cratere Maryland”, dovuta conogni probabilità a un impatto. Alcune depressionipiù piccole invece non mostrano caratteristiche daimpatto, ma si sono formate probabilmente daparte della superficie che ha ceduto, crollando invuoti sotterranei, o a causa di blocchi di ghiacciesotici nel tempo sublimati.Per colori e composizione, Ultima Thule ricordamolti altri oggetti trovati nella Fascia di Kuiper. Ilcolore è molto rosso e omogeneo, indiziodell’antica età dell’oggetto.· Leggi la notizia completa su

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Sopra. Immagine composita di Ultima Thule,bilanciata per renderla il più vicino possibile a quelloche vedrebbe un occhio umano. Questa è l'immagineche ha conquistato la copertina di Science di questo

mese. Credits: NASA/Johns Hopkins UniversityApplied Physics Laboratory/Southwest Research

Institute/Roman Tkachenko

52° Congresso UAI52° Congresso UAISempre più “Sempre più “la galassia dellala galassia dellapassione astrofilapassione astrofila””di Ufficio Comunicazione UAIdi Ufficio Comunicazione UAI

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Affidati all'ottima organizzazione della localedelegazione, gli astrofili italiani si sono incontratia Bologna, dal 17 al 19 maggio, per il Congressoannuale dell’Unione Astrofili Italiani (UAI). Uncongresso importante poiché rinnova gli organisociali in base al nuovo statuto, portando acompimento un percorso di riforma avviato alcunianni fa e volto ad adeguare la UAI al mondoastrofilo di oggi e di domani. Anche il congresso si è rinnovato, cambiandoveste e anima: avendo consolidato i contenuti dinatura più tecnica e specialistica nei vari convegnitematici – che si svolgono con grandepartecipazione nel corso dell’anno – è statopossibile focalizzarsi più su temi quali le “sfide” ele opportunità per gli astrofili e perl’associazionismo astrofilo nella ricerca, nelladivulgazione, nella didattica e nella lottaall’inquinamento luminoso, temi un tempo menopresenti durante i congressi nazionali. Quali azionie iniziative è possibile mettere in campo perfavorire lo sviluppo della passione perl’astronomia e in generale della cultura scientificaa beneficio della società? Quali esperienze,positive o negative, possono essere un punto dipartenza valido per questa azione?La discussione è stata molto stimolante e

concreta, identificando numerosi spunti utili perdegli sviluppi.Le varie sessioni, sono state introdotte e moderatedai coordinatori delle corrispondenti“Commissioni UAI” (Ricerca e Studi, Divulgazione,Didattica, Tecnica e Strumenti, InquinamentoLuminoso), e supportate da numerosi interventi daparte di astrofili.Coinvolgente e partecipata è stata l’approfonditadisamina dei moti della Luna svolta nella LectioMagistralis “SuperLuna” tenuta da Giuseppe DeDonà.Il Segretario uscente Luca Orrù ha poi brevementericordato gli obiettivi strategici e i 7 punti delpercorso evolutivo dell’associazione: immaginecoordinata dell’astrofilia italiana, retecollaborativa degli astrofili, convegni tematici econgresso come momenti di aggregazione, la UAIcome “hub astrofilo” verso il mondo esterno,rinnovamento dell’editoria UAI per rafforzarne latradizione, i progetti nazionali e maggiori serviziper le associazioni. Il presidente uscente Mario DiSora ha sottolineato le tante cose fatte, tra le qualiproprio il coraggioso percorso di rinnovamento incorso.Come ogni anno, sono stati assegnati i premitradizionali della UAI. Il Premio Ruggieri a ClaudioCosta, per la lunga militanza UAI e l’esperienza,

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soprattutto nell’ambito dello studio delleoccultazioni stellari e il pregevole lavoro direcupero e valorizzazione della storica SpecolaVaticana. La Stella al Merito UAI è stata assegnata aPasqua Gandolfi, per l’impegno indefesso eultraventennale nella UAI. Il premio Astroiniziativeè stato assegnato al Gruppo Astrofili Beneventani,giovane ma già molto attiva Delegazione UAI.Infine, il Premio G.B. Lacchini è stato assegnato alprof. Roberto Battiston, già presidente dell’ASI,fisico e professore universitario molto attivoanche nella divulgazione e promozione dellacultura scientifica a tutti i livelli: la sua LectioMagistralis ha fatto “volare alto” il pubblico, conun excursus sul passato, presente ma soprattuttosul futuro dell’esplorazione spaziale.Il congresso si è concluso con l’elezione del nuovopresidente e del consiglio direttivo: Luca Orrù èstato scelto per guidare la UAI nei prossimi 3 anni.Un cambio all’insegna della trasformazione concontinuità: Luca, infatti, nella veste di Segretario, èstato uno dei promotori e degli artefici di questaevoluzione.Ecco la prima dichiarazione fatta dal neo-Presidente:«Amici Astrofili, da quest’oggi avrò l’onore e l’oneredi presiedere l’Unione Astrofili Italiani, la galassiadella passione astrofila, come recita il nostro nuovomotto. Galassia, a simboleggiare il desiderio e lavolontà di aggregare armonicamente singoli soci eassociazioni, insieme per dare sempre più forza allaUAI. Passione, per non dimenticare mai cosa

davvero ci motiva nel portare avanti la missione dipromozione e tutela della “cultura del cielo” nellasocietà. Un rinnovato impegno che si baserà sultanto lavoro fatto in questi ultimi anni, ma che hal’ambizione di voler andare oltre, rinnovare erilanciare ancora più profondamente il nostrosodalizio! Voglio subito esprimere un pensiero disincera gratitudine e stima all’amico Mario Di Sora,dal quale prendo il testimone, così come aiconsiglieri che ci hanno accompagnato in questianni e terminano qui il loro impegno. Enaturalmente augurare buon, anzi, “ottimo” lavoroa tutti i nuovi consiglieri e fiduciari eletti nel nuovoConsiglio Nazionale. Saremo una bella squadra! Unenorme plauso agli amici dell’Associazione AstrofiliBolognesi che hanno organizzato un eccellente 52°Congresso: non potevamo affidarci a cure migliori ecosì dense di storia e significato per l’astrofiliaitaliana. Grazie infine a tutti i soci che hanno volutoesprimere la loro partecipazione con il voto ocontribuire attivamente ai lavori congressuali eassembleari: a voi, e a tutti, ricordo che solo insiemepotremo fare davvero grande la nostra UnioneAstrofili Italiani!».Quello appena concluso è stato un congressorinnovato, con forte partecipazione dei presenti econtribuzione alla definizione dei prossimi passida fare assieme. Questo congresso ha anchesegnato una pietra miliare nel percorso evolutivodella UAI, con l’elezione degli organi sociali in baseal nuovo statuto, percorso non certo completato,ma concretamente in avanzamento.

Battiston e Di Sora Il passaggio di consegne tra Di Sora e Orrù.

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IAU, INAF e SAIt insiemea Roma: ai Lincei si celebral’astronomia

NOTIZIARIO IAU

A cura di Rossella Spiga, Deputy National Outreach Coordinator IAU Italia

Il 2019 si configura come un anno importante perl’astronomia: 100 anni fa nasceva l’InternationalAstronomical Union e ricorre il ventennale dellafondazione dell’Istituto Nazionale di Astrofisica.Inoltre, nei primissimi giorni del 1920 (e solo perun caso non fu alla fine del 1919) sempre pressol’Accademia dei Lincei, si tenne il Congresso chesancì la nascita della Società Astronomica Italiana.Per celebrare tutti questi importanti traguardidell’astronomia in Italia, la SAIt e l’INAF hannodeciso di organizzare, nel 2019, il 63° Congressodella Società Astronomica Italiana a Roma conl’intenzione di legare le celebrazioni all’attualitàdella ricerca, rivolgendo lo sguardo al futurodell’astronomia italiana nel contestointernazionale. Ma anche l’Unione Astronomica Internazionale havoluto tornare all’Accademia dei Lincei perorganizzare la riunione del suo ExecutiveCommittee, nei luoghi in cui si tenne la sua primaAssemblea generale, dal 2 al 10 maggio del1922. «È una grande emozione essere qui, dove si ètenuta la prima assemblea della IAU, e potercelebrare un secolo di astronomia e quello che haportato alla società», dice Ewine van Dishoeck,presidente IAU. «Sono felice di vedere come l’Italiasia molto attiva in tutti gli ambiti di interesse checoinvolgono anche la IAU: non solo scienza di altolivello, ma anche attività di didattica e divulgazionedell’astronomia e lo sviluppo di nuove tecnologie.Sono questi tutti aspetti molto importanti per il

progresso dell’astronomia. We are all worldcitizens under the same beautiful sky». «Il 2019 è un anno veramente importante perl’astronomia», gli fa eco Nichi D’Amico, presidentedell’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF),intervenuto all’apertura dei lavori dell’ExecutiveCommittee IAU. «Cento anni dell’UnioneAstronomica Internazionale, 99 di SocietàAstronomica italiana, 50 anni dallo sbarco sullaLuna e 20 anni di INAF, un ente che oggi siposiziona con un ruolo autorevole nel contestointernazionale. È straordinario che tutto questoavvenga in un’epoca di scoperte grandiose: dagliesopianeti all’acqua su Marte, dalle ondegravitazionali alla prima osservazionedell’orizzonte degli eventi di un buco nero.L’astronomia moderna si configura ormai strategicaper il futuro dell’umanità: le ciclopicheinfrastrutture da terra e le ambiziose missionispaziali, iniziative in cui l’INAF è coinvolto,produrranno nella prossima decade scoperte ancorapiù intriganti e decisive per la nostra visionedell’universo». Ginevra Trinchieri (INAF Osservatorio Astronomicodi Brera), Presidente SAIt e rappresentante italianaper IAU, ci racconta: «Da parecchi anni il convegnonazionale SAIt è un appuntamento importante cheriunisce i professionisti impegnati in ricerca attiva ela comunità italiana che si interessa a vario titolo all'astronomia». Continua: «Quest'anno in

A Palazzo Corsini, sede dell’Accademia dei Lincei, i rappresentanti dell’astronomianazionale e internazionale si sono riuniti in occasione dei cento anni dell’UnioneAstronomica Internazionale (IAU), del convegno annuale della Società AstronomicaItaliana (SAIt) e dei vent’anni dell’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF)

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particolare la SAIt si è fatta promotrice perfesteggiare una importante tappa dell'IstitutoNazionale di Astrofisica, che celebra i suoi primi 20anni».«La presenza dell’'Executive Committee IAU aRoma è particolarmente significativa e sottolinea ilruolo che l'Italia ha sempre avuto e ha ancora oggiin astronomia. Cento anni fa le stesse persone chestavano gettando le basi in Italia per trasformarela Società degli Spettroscopisti in SocietàAstronomica erano in prima lineanell'organizzazione della prima General Assemblydella IAU, proprio a Roma ai Lincei dove oggi sicelebra questa giornata. Ancora oggi, cento annidopo, essere di nuovo tutti insieme ai Linceidimostra che il legame tra l'astronomia italiana –rappresentata da INAF e SAIt – e l'astronomiainternazionale rappresentata da IAU, è forte ed èattiva la collaborazione che proietta l’astronomiaglobale verso il futuro». Fondata nel 1603 da Federico Cesi, quella deiLincei è la più antica accademia scientifica delmondo. Tra i suoi primi soci figurano molti nomiillustri, tra cui anche Galileo Galilei.

Sopra. Popular Astronomy, Oliver J.Lee, ottobre1922: “Second meeting of the International

Astronomical Union held in Rome, May 2-10 1922”

Sopra. L’Executive Committee IAU e la rappresentanza INAF e SAIt insieme all’Accademia dei Lincei(13 maggio 2019). Crediti: INAF.

NOTIZIARIO DI ASTRONAUTICAa cura di Luigi Morielli

Stazione Spaziale Internazionale

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Crediti: NASA.

Sulla ISS è in corso la Expedition 59 il cuiequipaggio è composto da Oleg Kononenko, AnneMcClain, David Saint-Jacques, Aleksey Ovchinin,Nick Hague e ChristinaKoch .

Il 17 aprile il decimo razzo Antares è partito dalMid-Atlantic Regional Spaceport di Wallops Islande ha portato in orbita la capsula Cygnus MS-11(chiamata S.S. Roger Chaffee) che ha raggiunto laISS venerdì 19 aprile. Questa missione trasportavaun folto gruppo di nanosatelliti distribuiti sudiversi sistemi di lancio, alcuni dei quali eranopresenti già sul secondo stadio del vettoreAntares.

Il 4 maggio SpaceXha lanciato la DragonCRS-17 verso laStazione. Dopo duegiorni di viaggio haraggiunto la ISS ed èstato catturato e

ormeggiato. Nel vano cargo esterno (il trunk)CRS-17 trasporta OCO-3, la terza versionedell’Orbiting Carbon Observatory, uno strumentoprogettato per studiare la distribuzione delbiossido di carbonio sulla Terra in relazione allecontinua crescita delle popolazioni urbane e aimutamenti nell’uso dei combustibili fossili. Si avvicina la nuova missione di Luca Parmitano che farà parte dell’Expedition 60 il cui lancio èprevisto per il 20 luglio 2019 con la Soyuz MS-13.Suoi compagni di viaggio saranno AleksandrSkvortsov e Andrew Morgan. Per Luca è previstoche assuma il comando della Stazione, prima voltaper un Italiano. Prossimi eventi per la ISS:- 29 maggio – EVA russa numero 46- 3 giugno – Distacco Progress MS-10- 3 giugno – Distacco e rientro Dragon CRS-17 Al momento in cui scriviamo i veicoli ormeggiatialla Stazione Spaziale sono:

Crediti: NASA.

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Mars Science LaboratoryCuriosity – Marte, Sol 2415 (23 maggio 2019).Il grande rover sta salendo lungo le pendici delMonte Sharp, una formazione rocciosa alta 4.800metri posta al centro del cratere Gale, dove èatterrato oltre sei anni fa.MSL ha lasciato il Vera Rubin Ridge in direzionesud per raggiungere una zona ricca di materialiargillosi. Curiosity si trova in una zona con un terreno riccodi potassio. Sta cercando di capire l’origine diquesta sostanza e nel frattempo analizza diversibersagli che gli si propongono sul suo cammino.Siamo al quarto campione, “Balintore”, mentre fradue dei primi tre è stata notata una estremasomiglianza di composizione: ora il confronto conquest’ultimo potrebbe fare capire anche ladistribuzione dei campioni analizzati.Anche il prossimo bersaglio del trapano apercussione è stato identificato e si tratta di unaroccia sufficientemente estesa da permettere laperforazione. “Hallaig”, così è stata denominata,ha anch’essa un’alta percentuale di potassio(rilevata grazie alle riprese effettuate con laChemCam).

Naturalmente MSL continua anche la sua analisidell’ambiente, sia visiva che con gli altri strumentia sua disposizione.Intanto il lavoro prosegue.

- Modulo BEAM (semi permanente), moloTranquillity, poppa

- Progress MS-10 (71), molo Zvezda, poppa- Progress MS-11 (72), molo Pirs, nadir

- Soyuz MS-11, molo Poisk, zenit- Soyuz MS-12, molo Rassvet, nadir- Cygnus MS-11, molo Unity, nadir- Dragon CRS-17, molo Harmony, nadir.

Sotto. Immagine acquisita dalla Navcam a bordo diCuriosity al Sol 2413 (2019-05-21 11:59:01 UTC).

Crediti: NASA / JPL-Caltech.

InSightElysium Planitia, Marte – Sol 173 (23 maggio2019). InSight, oltre a studiare l’interno di Marte, è anchel’ennesima stazione meteo presente sul Pianetarosso. In questo periodo nel suo sito d’atterraggiosi registrano temperature medie abbastanzafredde, con la massima a –20°C e la minima a –100°C. Anche i venti sono tendenzialmente tesi,siamo sui 12-15 m/s, equivalenti a una quarantina

di chilometri orari, ma solo in determinatimomenti della giornata. Questi venti non sonoperò sufficienti a pulire i pannelli solari sui quali sista depositando una patina di polvere che neriduce l’efficienza. La sonda ha anche ripresodiverse albe e tramonti, oltre all’evoluzione dellenubi nel cielo sopra di lei. Sembra inoltre cheInSight abbia rilevato il suo primo terremotomarziano, uno degli scopi principali della suamissione: i dati rilevati sono al vaglio dei

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New HorizonsI dati e le foto riprese a 2014 MU69 il giorno dicapodanno stanno lentamente giungendo alcentro di controllo, e le prime scoperte hanno giàguadagnato la copertina di Science. Ormai si trovaa quasi 44 unità astronomiche dalla Terra e, aquella distanza, le velocità di trasmissione sonoinevitabilmente basse.

Sopra. Questo selfie è un mosaico composto da 14 immagini scattate il 15 marzo e l'11 aprile (il 106 ° e il133 ° giorno marziano, o sol, della missione) dalla InSight Instrument Deployment Camera, che si trova sulsuo braccio robotico.

A destra. Alan Stern, PI della missione e autoreprincipale degli studi pubblicati su Science, ha volutodare merito delle prime scoperte a tutti i membri deiteam che hanno avuto un ruolo nel flyby di UltimaThule, dai team scientifici, dal team di volo, dalprogetto missione, dai team di gestione ecomunicazione, nonché tra i più disparaticollaboratori, tra cui lo scienziato, specializzato inimmagini stereo (oltre che leggendario chitarrista deiQueen), Brian May, al Direttore della DivisionePlanetaria della NASA Lori Glaze, al Capo ricercatoredella NASA Jim Green e all'Amministratore associatoNASA per la direzione della missione scientificaThomas Zurbuchen. Crediti: AAAS / Science.

ricercatori (leggi la notizia a pagina 20 permaggiori dettagli).Sul fronte della trivella si sta ancora facendo tuttauna serie di simulazioni sul modello

ingegneristico presente al JPL, ma non si hannoancora notizie certe sulle possibili soluzioni delproblema che ha interrotto la penetrazione inprofondità della sonda sotterranea.

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Hayabusa 2Avvenuta alla perfezione la sequenza dioperazioni che hanno portato allo “sparo” di unproiettile sulla superficie di Ryugu, i ricercatoristanno ora decidendo se sia il caso di avvicinarsinuovamente alla superficie per raccogliere dei

nuovi campioni. Il nuovo cratere su Ryugu è statoidentificato, quindi se si volesse si saprebbeesattamente dove scendere per prelevare icampioni.

Sopra. Immagini riprese dalla Optical Navigation Camera - Telescopic a bordo di Hayabusa2. Dalla lorocomparazione è stata confermata la creazione del cratere artificiale nell'area circondata dal tratteggio giallo.Le dimensioni e la profondità del cratere sono ancora al vaglio degli scienziati. Image credit: JAXA, TheUniversity of Tokyo, Kochi University, Rikkyo University, Nagoya University, Chiba Institute of Technology,Meiji University, The University of Aizu, AIST

Chang’e-4Quinto giorno lunare per lacoppia lander Chang’e-4 erover Yutu 2, che ha ripreso amuoversi e prosegue conl’esplorazione del latonascosto della Luna. Comesempre le comunicazioni conla Terra sono possibili grazieal satellite ripetitoreQueQuiao posto nel puntolagrangiano L2 del sistemaTerra-Luna.

A destra. Chang’e-4 sullasuperficie lunare Crediti:

Xinhua/China National SpaceAdministration.

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Blue OriginIl 9 maggio Jeff Bezos (fondatore di Amazon) hapresentato il lander lunare sviluppato dalla suaazienda Blue Origin. Blue Moon, così è statochiamato, è un grande sistema in grado ditrasportare diversi payload, sia automatici cheabitati e con una grande autonomia in grado di

superare la lunga notte lunare. A quanto pare leproposte private per la colonizzazione dellospazio si stanno moltiplicando: speriamo che siaun buon segno e non solo un esercizio di stile…(vedi anche la notizia a pag. 6)

Blue Moon, il lander lunare di Blue Origin. Crediti: Blue Origin.

JunoLa sonda che sta orbitando intorno a Giove siappresta al suo ventesimo avvicinamento algigante gassoso con l’orbita PJ20. Il punto più

vicino lo raggiungerà il 29 maggio e, come sempresi moltiplicano le straordinarie immaginielaborate dagli utenti della piattaforma JunoCam.

SpaceXLa prima missione commerciale per il FalconHeavy – lanciatore pesante di SpaceX che nellancio di prova aveva platealmente lanciato unaTesla Roadster verso Marte – si è completata conun successo. Partito l’11 aprile alle 22:35 TU dallarampa 39A del Kennedy Space Center, ha visto unrientro sincronizzato alle piazzole di atterraggiodi Cape Canaveral dei due booster laterali e unatterraggio di precisione sulla chiatta droneOCISLY (“Of Course I Still Love You”) del corecentrale del primo stadio. Il secondo stadio ha poi

completato la spinta in orbita ellitticasupersincrona di trasferimento liberando infine ilcarico utile, il satellite per telecomunicazioniArabsat 6A per il successivo inserimento in GEO(orbita geostazionaria). Purtroppo una pecca c’èstata: durante il rientro in porto per la chiattadrone, il mare mosso ha provocato il ribaltamentodel core stage con la sua parziale distruzione.Ma i problemi per l’azienda di Elon Musk non sonosolo questi. Il 20 aprile durante un test a terra deimotori SuperDraco montati sulla capsula Crew

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Dragon DM-1 – la stessa che ha eseguito lamissione sulla ISS, nello scorso marzo – si èverificata un’anomalia con la conseguenteesplosione e distruzione della capsula. Non sonoancora noti i dettagli, ma i tecnici hannoimpiegato circa due settimane per accedere allazona in cui si è verificato l’incidente e siamo tuttiimpazienti di sapere come procederà lasperimentazione sulla capsula che dovrà portaregli astronauti americani in orbita e oltre.Purtroppo però le grane non sono finite qui. Loscorso 8 maggio, durante un’audizione di alcunidirigenti NASA alla Camera dei Rappresentanti, èemerso un inconveniente occorso durante unaltro test sempre per la capsula Crew Dragon. Il

sistema di rientro si affida a quattro paracaduteper la fase finale dell’atterraggio e, per sicurezza,il sistema deve essere in grado di rientraredolcemente anche se uno dei quattro nonfunzionasse. Questo era il test che avrebbedovuto superare un simulacro della capsula.Purtroppo con uno dei quattro paracadute chiuso,gli altri tre non si sono aperti completamentecausando dei danni al simulacro. C’è da dire cheSpaceX ha già eseguito ben diciannove test suiparacadute, cinque dei quali uguali all’ultimoparzialmente fallito, che si erano conclusi con unsuccesso pieno.Resta comunque la curiosità della recenteconcentrazione di disavventure per SpaceX.

Parker Solar ProbeCompletato il secondo passaggio al perielio nellasua orbita estremamente allungata che glipermette di avvicinarsi alla nostra stella più diquanto non abbia mai fatto nessun veicolo

terrestre. Entro fine anno eseguirà una manovra dirallentamento utilizzando il campo gravitazionaledi Venere.

Decollo del Falcon Heavy l'11 aprile scorso. Crediti: SpaceX.

Dalla Starlight Xpress una nuovissima cameraCCD, caratterizzata da una elevata efficienzaquantica (ossia la capacità del sensore diregistrare la luce) e un rumore termicoestremamente basso.La TRIUS PRO-694 infatti monta il nuovo sensoremonocromatico Sony EXview ICX694ALG da 6.05Mp (area sensibile 12,49 x 9,99 mm e pixelquadrati da 4,54 micron). Altre caratteristiche dirilievo sono l’efficienza quantica elevatissima dalvicino UV all'IR, il rumore di lettura di solo 3 e-, lafull-well capacity >17.000 e- (bin 1x1), il consumoestremamente basso, un peso estremamentecontenuto (450 g). La TRIUS SX, è disponibileanche nella versione a colori che monta il sensoreSony EXview ICX694AQG (con matrice di Bayer). Caratteristiche principali:- Sistema di raffreddamento a doppio stadio con

45° di delta termico- Camera CCD sigillata e riempita in Argon per

prevenire la formazione di condensa e ghiacciosul sensore

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alta velocità: scaricamento frame in meno di 2,5secondi

- Backfocus 17 mm +/-1mm- Digitalizzazione a 16 bit- Uscita autoguida integrata standard ST-4 (cavo

RJ-11) e supporto per dispositivo autoguidaesterna StarlightXpress

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Camera CCD Starlight Xpress Trius Pro-694

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HUBBLE LEGACY FIELDIl campo profondo più grandemai realizzatodi Michele Diodati

Galassie, solo galassie fino a dove lo sguardo può spingersi: un ritaglio tratto dallo Hubble Legacy Field, ilcampo profondo più grande mai prodotto. L’immagine mosaico è stata composta unendo circa 7.500esposizioni compiute dal telescopio spaziale Hubble nel corso degli ultimi sedici anni. Crediti: NASA, ESA, G.Illingworth, D. Magee, K. Whitaker, R. Bouwens, P. Oesch, Hubble Legacy Field team

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Un gruppo di ricercatori ha assemblato circa 7.500 osservazioni profonde deltelescopio spaziale Hubble in un’unica immagine che contiene 265.000 galassie ela storia di 13,3 miliardi di anni di evoluzione galattica. È passato quasi un quarto di secolo dalla pubblicazione del primo campo profondo di Hubble(Deep Field). L’immagine fu diffusa a gennaio del 1996 e rappresentò una svolta epocale per lacosmologia: era la prova visibile che l’Universo era pieno di galassie fino ai limiti estremi disensibilità del telescopio e che quelle galassie erano tanto più piccole, irregolari e primitivequanto più erano antiche. Era la prova, cioè, che le galassie evolvono nel tempo e che le grandispirali e le ellittiche visibili nell’Universo locale non possono essere altro che lo stadio finale dilunghe serie di collisioni e fusioni tra galassie più piccole e arcaiche.

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Per ottenere quella straordinaria immagine,Hubble era rimasto puntato per undici giorniconsecutivi, dal 18 al 28 dicembre 1995, su unaminuscola regione nella costellazione dell’OrsaMaggiore: un quadratino di cielo di appena 2,6minuti d’arco di lato, circa 1/12 del diametroangolare della Luna. In quegli undici giorni, iltelescopio aveva eseguito ben 342 esposizioni didurata compresa tra 15 e 40 minuti ognuna,usando quattro filtri (a 300, 450, 606 e 814nanometri) che coprivano dal vicino ultraviolettoal vicino infrarosso, passando per la banda delvisibile. Dopo che le esposizioni furono ripulite dai raggicosmici e dalla luce parassita riflessa dalla Terra, epoi unite a formare un’immagine policroma,venne fuori una scena cosmica di sublimebellezza e assoluto valore scientifico. Astronomi eappassionati di tutto il mondo guardarono

emozionati e sgomenti lo spettacolo celesteofferto dalle migliaia di galassie riprese daHubble: in quel francobollo di cielo, all’apparenzaprivo di qualsiasi oggetto di rilievo, le decine diore di puntamento del telescopio avevanocatturato luce a sufficienza da costruire a poco apoco l’immagine di almeno 3.000 galassie, la granparte delle quali mai viste prima. Alcune eranocosì fioche da raggiungere la 30ª magnitudine:erano cioè quattro miliardi di volte più debolidella più debole luce percepibile dall’occhioumano. Lo sguardo di Hubble, spingendosi lontanissimonello spazio, si era spinto altrettanto lontano neltempo. Si scoprì ben presto che le galassie piùfioche e arcaiche presenti in quell’immagineapparivano così come erano oltre 12 miliardi di

Sotto. Un frammento del primo campo profondo ripreso da Hubble a dicembre 1995 con lo strumentoWFPC2. Tranne un paio di stelle della Via Lattea, tutti gli oggetti visibili nell’immagine sono galassie. Crediti:Robert Williams / Hubble Deep Field Team (STScI) / NASA

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anni fa, un’epoca non molto lontana dal Big Bang.Hubble aveva funzionato come una una specie dimacchina del tempo, con l’unico limite di uncampo visivo troppo piccolo: l’area ripresa daltelescopio spaziale copriva infatti solo laventiquattromilionesima parte della volta celeste.Per mappare con la stessa profondità di campol’intero cielo – o quanto meno le parti nonoscurate dalla Via Lattea – sarebbe statonecessario un altro tipo di telescopio, dotato dirisoluzione analoga a quella di Hubble, ma di uncampo visivo molto più ampio. Un simile progettoesiste in effetti già da diversi anni. È quello deltelescopio spaziale WFIRST (Wide Field InfraredSurvey Telescope), successore designato diHubble, che potrebbe essere lanciato verso lametà del prossimo decennio, sempre che la suamissione sopravviva nel frattempo ai tentatividell’amministrazione Trump di cancellarla. Nell’attesa (e nella speranza) di poter osservare ilcielo con gli occhi di WFIRST, ci sono però ancora icampi profondi di Hubble con cui saziare la nostrasete di conoscenza. Dopo la prima esperienza del1995, il telescopio spaziale è stato infattiutilizzato molte altre volte per riprendere unanutrita serie di campi profondi, anche se tuttinecessariamente limitati ad aree di pochi minuti

d’arco di lato.L’ultimo di questi progetti è il più ambizioso eimponente di tutti. Un gruppo di ricercatori,guidato da Garth Illingworth e Dan Mageedell’Università della California a Santa Cruz, haprodotto una nuova immagine composita che, perdimensioni, distacca di molte lunghezze tutte leprecedenti. La nuova immagine, pubblicata il 2maggio sul sito del telescopio spaziale, si chiamaHubble Legacy Field e mette insieme una lungaserie di osservazioni compiute nel corso degliultimi sedici anni. Illingworth e colleghi hanno creato un mosaicoche unisce insieme quasi 7.500 esposizioni diHubble, per un totale di circa 250 giorni dipuntamento del telescopio. In sostanza, sono stateriunite in un’unica vista coerente le osservazioniprofonde compiute da Hubble nell’ultravioletto,nel visibile e nel vicino infrarosso nell’ambito di33 diversi progetti scientifici, snodatisi a partiredal 2002. L’area ripresa, situata nellacostellazione della Fornace, è un quadrato daicontorni irregolari che misura all’incirca 25 minutid’arco di lato, cioè poco meno del diametroangolare della Luna. In quello spicchio di cielo,ben più grande di quello ripreso dai campiprofondi precedenti, ma tutto sommato

Sotto. Un ritaglio dallo Hubble Legacy Field: poche stelle della Via Lattea in primo piano e, dietro di loro, unosfondo di galassie di ogni forma e dimensione, poste alle distanze più diverse. Si notano varie galassie aspirale, alcune delle quali distorte da interazioni gravitazionali con altre galassie. È visibile anche unagrande ellittica, che crea con la sua massa effetti di lente gravitazionale. Crediti: NASA, ESA, G. Illingworth, D.Magee, K. Whitaker, R. Bouwens, P. Oesch, Hubble Legacy Field team

relativamente piccolo, si affollano qualcosa come265.000 galassie: un numero quasi 90 voltemaggiore di quelle visibili nel Deep Field del1995. Le galassie più antiche presenti in quest’ultima,straordinaria immagine risalgono a ben 13,3miliardi di anni fa, cioè a circa 500 milioni di annidopo il Big Bang. Alcune di esse sono così fiocheda possedere una luminosità pari ad appena undecimiliardesimo di quella captabile dall’occhioumano. È possibile scaricare l’immagine a pienarisoluzione dal sito del telescopio spazialeHubble, ma, con una dimensione “monstre” di25.500×25.500 pixel, il file “pesa” ben 1,19 GB.Può essere perciò visualizzato ed esplorato solo

su computer relativamente potenti. La vista totaletuttavia dice poco: per contenere l’interaimmagine anche su uno schermo molto grande,occorre rimpicciolirla a un fattore tale per cui sivede soltanto una folla di macchioline e puntinipoco significativi. Ciò che merita, invece, di essereosservato attentamente sono i particolari: i ritaglia piena grandezza di schiere di galassie grandi epiccole, di ogni colore, dalle classiche spirali allenane più distorte e irregolari. Le immagini chevedete in queste pagine sono appunto un piccolocampionario di ritagli, selezionati dall’immaginealla massima risoluzione. Scorrendo con gli occhiquesto sterminato oceano di galassie, sul qualeHubble ci ha permesso di gettare per la primavolta lo sguardo, non si può che rimanere attonitie meravigliati.

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Sopra. L’area di cielo ripresa nello Hubble Legacy Field, a sinistra, a confronto con la grandezza apparentedella Luna vista dalla Terra. Crediti: NASA, ESA, G. Illingworth, D. Magee, GSFC, Arizona State University

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GIOVE, il gigante gassosovenuto da LONTANOdi Simona Pirani

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Giove, con una massa circa 300 volte quella della Terra, è ilpianeta più grande del nostro sistema solare ed orbita a 5,2unità astronomiche dal Sole (1 unità astronomica equivale alladistanza Terra-Sole). Fa parte dei giganti gassosi, cioè quellaclasse di pianeti che possiedono un piccolo nucleo di elementipesanti (presumibilmente di circa 10 masse terrestri) eun’ampia e fitta atmosfera composta di idrogeno ed elio per unaquantità pari a centinaia di masse terrestri. Per quanto riguarda l’origine di questo grande pianeta, l’ideacomunemente accettata era quella per cui Giove si fosseformato esattamente dove orbita oggi o poco vicino.Recentemente, tuttavia, le informazioni raccolte dalleosservazioni condotte sugli esopianeti e avanzate simulazioni alcomputer suggeriscono un diverso scenario.

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È stato osservato, infatti, che alcuni esopianetidella taglia di Giove si trovano a orbitare moltovicini alla propria stella. Per avere un’idea, essiorbitano più vicino alla stella di quanto Mercuriofaccia col nostro Sole. Secondo le attuali teorie diformazione planetaria, è molto difficile formarepianeti così massivi vicini alla stella centrale el’idea più accreditata è che questi giganti gassosisi siano formati molto più lontani esuccessivamente siano migrati verso l’interno delproprio sistema planetario. In altri sistemi diesopianeti, invece, si osservano pianeti orbitare incompatte configurazioni chiamate “risonanze”,dove alcuni pianeti occupano precise posizionirispetto ad altri pianeti vicini. Se i pianeti siformassero in casuali orbite nei sistemi planetarie rimanessero in quelle orbite, queste “risonanze”o “catene di risonanze” sarebbero difficilmentespiegabili. Per cui, anche in questo caso, l’idea è

quella che questi esopianeti siano migrati inqueste particolari configurazioni. Ma per quale motivo un pianeta dovrebbemigrare? La risposta è nelle interazioni discoprotoplanetario-pianeta. Quando una stella siforma, per alcuni milioni di anni, essa è circondatada un massivo disco di gas e polveri chiamato“disco protoplanetario” appunto perché in esso siformano i pianeti. Avanzate simulazioni alcomputer di pianeti che orbitano in un discogassoso hanno dimostrato che i pianeti vengonodecelerati dal gas del disco e, a causa di ciò,migrano spiraleggiando verso la propria stella. Anche se questi nuovi indizi suggeriscono che lamigrazione planetaria sia molto comune, èdifficile capire se anche i pianeti giganti del nostroSistema Solare abbiano migrato durante la

Sopra. Rappresentazione artistica di un gioviano caldo in orbita molto vicino alla sua stella.Crediti: NASA/ESA

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Sopra. Interpretazione artistica di un discoprotoplanetario attorno alla propria stella.Crediti: NASA/JPL-Caltech

presenza del disco protoplanetario. Infatti, questieventi sono accaduti circa 4,5 miliardi di anni fa etrovarne tracce nell’attuale Sistema Solare èmolto arduo. Fortunatamente, Giove non era solo nel suoviaggio ma è stato accompagnato dai suoiasteroidi troiani fin da quando non era altro cheun piccolo pianeta roccioso ed essi si sono rivelatiessere la chiave del viaggio del compagnogigante. Gli asteroidi troiani sono asteroidi checondividono la stessa orbita di Giove e sonoraggruppati in due regioni stabili chiamate L4 e L5.Uno dei gruppi precede Giove lungo la sua orbitae viene chiamato campo greco (o gruppo L4);l’altro segue il gigante gassoso lungo la sua orbitae viene chiamato campo troiano (o gruppo L5).

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Sotto. Raffigurazione dei troiani di Giove. Il campo greco (o gruppo L4) precede Giove lungo la sua orbitamentre il campo troiano (o gruppo L5) lo segue. Curiosità: sempre seguendo la terminologia mitologica i duegruppi sono anche chiamati, rispettivamente, “di Achille” e “di Patroclo”. L’immagine non è in scala.

Una delle loro peculiari caratteristiche è che ilgruppo che precede Giove è del 50% piùpopolato di quello che lo segue e questa“asimmetria” è rimasta senza spiegazione permolti anni. Grazie a nuove avanzate simulazioni al computer,io e il mio team di ricercatori dell’Università diLund (in Svezia), siamo riusciti a trovare ilcollegamento tra l’asimmetria degli asteroiditroiani e la migrazione di Giove e quindi la primaprova che il gigante gassoso abbia migrato nelSistema Solare. Come già anticipato, i pianeti gassosi come Giovesi formano nel disco protoplanetario di gas epolveri che circonda la loro stella e accrescono laloro massa in pochi milioni di anni, fino a che ildisco non si dissipa. Nelle nostre simulazioni, Giove, si formainizialmente a circa 20 unità astronomiche equando raggiunge più o meno la massa terrestrecomincia a migrare verso il Sole a causa

dell’attrito col disco di gas e polveri,spiraleggiando. Mentre cresce in massa, cattura gliasteroidi troiani nelle due regioni stabili L4 e L5 lungo la sua orbita. Il pianeta impiega circa700.000 anni per raggiungere la sua attuale orbitaa 5,2 unità astronomiche. A quel punto, lamigrazione si interrompe perché il discoprotoplanetario si è ormai dissipato e Giove nonviene più rallentato dal gas. Nel nostro modello, la vita totale del discoprotoplanetario è di 3 milioni di anni, in accordocon le osservazioni di dischi protoplanetariattorno ad altre stelle che indicano una vitamassima di 10 milioni di anni. Quindi, Gioveimpiega circa 2 milioni di anni per costruire ilproprio nucleo di elementi pesanti e solonell’ultimo milione di anni comincia a migrareaccrescendo più del 99% della propria massa. In un primo set di simulazioni, abbiamo lasciatoGiove crescere in situ, a 5 unità astronomiche,senza alcuna migrazione, e abbiamo analizzato gliasteroidi troiani ottenuti. Come previsto, i risultati

Perché alcune super-Terre sono così vicine alleloro stelle? Parliamo di pianeti rocciosi come laTerra, ma molto più grandi e con orbite molto piùstrette della nostra. In un recente articolopubblicato su Monthly Notices of the RoyalAstronomical Society, un gruppo di ricercatoriillustra il processo di formazione di questi pianeti. Nascono in un ambiente caotico e disordinato,cioè quello del polveroso e gassoso discoprotoplanetario che circonda una stella, e le loroorbite finiscono pian piano per sincronizzarsi,scivolando sempre più vicino alla stella madre. Lesimulazioni al computer del team danno luogo asistemi planetari con proprietà che corrispondonoa quelle degli attuali sistemi osservati daltelescopio Kepler. I pianeti di questo genereorbitano tutti molto vicino alla loro stella: il loroanno può durare anche pochi giorni terrestri. «Quando le stelle sono molto giovani», spiegaDaniel Carrera, del Penn State’s Eberly College ofScience, «sono circondate da un disco che è per lopiù gas con un po’ di polvere. E quella polverecresce diventando un pianeta. Ma l’enigma è che ildisco non è diretto verso la stella, eppure vediamo

questi pianeti più vicino alla stella che al bordo deldisco». Sono le forze gravitazionali che portano i pianetiprima a sincronizzare le loro orbite (risonanza) epoi – all’unisono – a farsi strada tra la polverearrivando fino “a toccare” la stella madre. «Con lenostre simulazioni abbiamo dimostrato che èpossibile per i pianeti avvicinarsi a una stella, maciò non significa che sia l’unico modo in cuipossono finire lì», osserva Carrera, riferendosi ascenari alternativi nei quali le super-Terre siformano già a distanza ravvicinata rispetto allaloro stella. Le stime suggeriscono che circa il 30 per centodelle stelle simili al Sole ospiti pianeti con orbitemolto strette, anche se pianeti del genere nonesistono nel Sistema solare. Certo, anche Mercurioè un pianeta roccioso molto vicino al Sole, ma nonè una super-Terra viste le sue ridottedimensioni. «Le super-Terre con orbite moltostrette sono di gran lunga il tipo più comune diesopianeti che osserviamo, eppure non esistononel Sistema solare, e questo lascia aperto ilmistero», conclude Carrera.

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Non solo giganti gassosi in migrazione

di Eleonora Ferroni - Media INAF

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non hanno indicato alcuna differenza in numerotra i due gruppi di asteroidi troiani poiché leregioni di stabilità L4 e L5 sono perfettamentesimmetriche. In un secondo set di simulazioni, abbiamoutilizzato delle growth tracks per Giove e gli altripianeti giganti del sistema solare: Saturno, Uranoe Nettuno. Le growth tracks sono delle predizionidi quanto un pianeta cresce e migra, basate sullecondizioni del disco protoplanetario. Percostruirle ci sia avvale di risultati e formuleempiriche che derivano da simulazioniidrodinamiche di pianeti immersi in un disco digas, e ci danno un’idea di dove un pianeta si formiper poter migrare in una precisa posizione. Peresempio, se abbiamo bisogno che Giove si trovi a5,2 unità astronomiche nel momento in cui ildisco protoplanetario si dissipa, dobbiamo tenerconto della sua futura migrazione e quindiabbiamo bisogno che si formi più lontano, a circa

20 unità astronomiche dal Sole. Se Giove si fosseformato più vicino, per esempio a 10 unitàastronomiche, a causa della migrazione sarebbefinito per orbitare troppo vicino al Sole oaddirittura inghiottito da esso. Se Giove, invece, sifosse formato troppo distante dal Sole, peresempio a 30 unità astronomiche, quando il discosi dissipa, si sarebbe trovato ancora troppodistante dal Sole e non avrebbe potutoraggiungere la sua attuale orbita a 5,2 unitàastronomiche. Nel nuovo set di simulazioni quindi, Giove siforma a 20 unità astronomiche e migra verso ilSole. Il risultato sorprendente è che, a causa dellamigrazione del gigante gassoso, le regioni distabilità degli asteroidi troiani L4 e L5 diventanoasimmetriche, con quella che precede Giove chediventa più grande di quella che lo segue,permettendo una cattura asimmetrica dei troianimentre il pianeta passa da 1 a 300 masse terrestri.

Sopra. Rappresentazione artistica di un grande pianeta gassoso in formazione all’interno dell’immenso discodi polveri e detriti che circonda la stella visibile sullo sfondo. Crediti: ESA, NASA, L. Calcada

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Interpretazione artistica degli asteroidi troiani di Giove. Crediti: NASA/JPL-Caltech.

L’asimmetria dunque, rimasta un mistero per moltianni, non è altro che una naturale conseguenzadella migrazione di Giove e la prima prova che ilnostro gigante gassoso non si è formato a 5,2unità astronomiche dove orbita attualmente, mamolto più distante dal Sole, a circa 20 unitàastronomiche. Questo è in linea con ciò cheosserviamo negli altri sistemi planetari, comeprecedentemente sottolineato, dove pensiamoche la migrazione degli esopianeti giganti verso lapropria stella sia un processo piuttosto comunenella fase in cui è presente il discoprotoplanetario. Abbiamo inoltre testato una migrazione versol’esterno: abbiamo artificialmente formato Giove a5,2 unità astronomiche e forzato la sua migrazioneverso il Sistema Solare esterno (invece che versoregioni più interne come nelle precedentisimulazioni), cioè lasciando che migrasse fino a 20unità astronomiche dal Sole al momento della

dissipazione del disco. Il risultato è che abbiamoottenuto un’asimmetria opposta a quella cheosserviamo oggigiorno negli asteroidi troiani, cioèil gruppo L5 più popolato del gruppo L4. Questo èun altro pezzo fondamentale del puzzle: non bastache Giove migri, ma esso deve migrare nellacorretta direzione. Il nostro Giove è migrato versol’interno e non verso l’esterno del Sistema Solare. E cosa possiamo dire sugli altri pianeti giganti?Anche per loro abbiamo utilizzato delle growthtracks e anche loro, nelle nostre simulazioni, sonomigrati verso l’interno del Sistema Solare. Peresempio, Saturno nelle simulazioni si forma oltrele 20 unità astronomiche e migra fino a 9,6 unitàastronomiche dove orbita attualmente. Un altrorisultato ottenuto è quello che tutti i pianetigiganti catturano asteroidi troiani. Quelli diSaturno però vengono destabilizzati dallapresenza di Giove e persi durante i 4,5 miliardi dianni di storia del Sistema Solare. Un risultato in

linea con le osservazioni e gli studi precedenti. Difatti, mentre per Giove si osservano migliaia diasteroidi troiani, Saturno non ne possiede alcuno. I risultati ottenuti nel nostro articolo sonoparticolarmente rilevanti per la missione spazialeLucy, della NASA, il cui obiettivo è visitareentrambi i gruppi di troiani di Giove, sia il campogreco sia quello troiano. Lucy verrà lanciatanell’ottobre 2021 e sarà la prima missioneesplorativa in assoluto diretta verso gli asteroiditroiani. La missione avrà l’opportunità unica diosservare gli asteroidi che hanno probabilmenteformato il nucleo di Giove e accompagnato ilgigante gassoso per 4,5 miliardi di anni. Tra il2025 e il 2033, visiterà sei di questi asteroidi,raccogliendo informazioni sulla composizione dei

costituenti dei pianeti giganti, sulle condizioni deldisco protoplanetario e quindi sulle prime fasi divita del nostro Sistema Solare.

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Sotto. Interpretazione artistica del veicolo spaziale Lucy che visita un asteroide troiano. Crediti: SWRI.

Lo studio è in uscita su Astronomy &Astrophysics. Leggi il preprint dell’articolo“The consequences of planetary migration onthe minor bodies ofthe early Solar System”di Simona Pirani,Anders Johansen,Bertram Bitsch,Alexander J. Mustill eDiego Turrini

Sopra. Simona Pirani

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BUZZ ALDRINLa Luna? Una magnificadesolazionedi Luigi Pizzimenti

Nel corso degli ultimi 15 anniho incontrato più volte BuzzAldrin, “il secondo uomo scesosulla Luna”, e ogni volta mi hasorpreso per la sua vitalità. Deitre componenti dello storicoequipaggio di Apollo 11, possoaffermare che è sicuramentel’uomo più “rinascimentale”,pieno di interessi e curiositàcon una vita vissuta semprealla massima velocità. Edwin Buzz Aldrin nasce il 20gennaio 1930, a Montclair, NewJersey. Ha guadagnato il suosoprannome "Buzz" quando, ancorabambino, la sua sorellinaerroneamente pronunciò la parola"fratello" come buzzer (brother,fratello, se pronunciato malesomiglia alla pronuncia di buzzer). Lasua famiglia da allora abbreviò ilsoprannome in "Buzz", ma non sitratta solo di un soprannome… èdiventato il suo nome legale nel1988!

Sua madre, Marion Moon, era figlia di uncappellano dell'esercito, mentre suo padre, EdwinEugene Aldrin, era un colonnello dell'aviazioneamericana, radici che hanno evidentementefortemente influenzato quella che sarà la suacarriera fin da subito. Nel 1947, infatti, Buzz sidiploma alla Montclair High School a Montclair, in

New Jersey, proseguendo quindi gli studi pressol'Accademia Militare di West Point dove divenne ilmigliore della sua classe già nel suo primo annoda matricola, laureandosi poi nel 1951 iningegneria meccanica ed entrando ufficialmentenell'aeronautica degli Stati Uniti nello stessoanno.

Crediti: NASA

Risultato fra i migliori del corso, iniziòl'addestramento ai combattenti. Durante il suoperiodo di servizio militare, Aldrin si unì al 51°Fighter Wing, dove volò con l'F-86 in 66 missionidi combattimento in Corea. Per il suo serviziodurante la guerra venne decorato con laDistinguished Flying Cross. Nel 1953, dopo la dichiarazione del cessate ilfuoco tra la Corea del Nord e la Corea del Sud,Aldrin torna a casa proseguendo gli studisuperiori presso il Massachusetts Institute ofTechnology (MIT), dove consegue nel 1963 undottorato di ricerca in aeronautica e astronautica. La sua tesi di laurea"Tecniche di orientamentoper gli incontri orbitali conequipaggio" era unostudio perl’avvicinamento di veicolispaziali pilotati. E proprioquesta suaspecializzazione inrendez-vous gli hapermesso di entrare nelprogramma spaziale pocodopo la laurea: nel 1963,Aldrin entra a far partedel terzo gruppo di uominiselezionati dalla NASA. Fu il primo astronauta conun dottorato, e grazie alla sua esperienza siguadagnò il soprannome di "Dr. Rendez-vous”.Sempre in relazione alla sua esperienza di studio,Aldrin fu incaricato di studiare in modoapprofondito le tecniche di attracco e rendez-vous per le navicelle spaziali, ma fu anche ilpioniere delle tecniche di addestramentosubacqueo per simulare le uscite extraveicolari. Nel 1966, Buzz Aldrin e il collega Jim Lovellvengono assegnati all'equipaggio di Gemini 12.Durante il loro volo, dall'11 al 15 novembre 1966,Aldrin realizza l’EVA più lunga (5 ore) e di maggiorsuccesso mai effettuata a quel tempo. Dopo unguasto del radar di bordo, utilizzò le sue capacità

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Buzz Aldrin durantel'EVA di Gemini 12.

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di rendez-vous per ricalcolare manualmente tuttele manovre di attracco in volo. Durante lamissione ebbe anche modo di scattare unafotografia di sé stesso, foto che in seguito verràdefinita il primo "selfie" nello spazio mairealizzato. Dopo Gemini 12,Aldrin fu assegnatoall'equipaggio diriserva dell'Apollo 8,insieme a NeilArmstrong e Harrison"Jack" Schmitt, equesto gli permise dientrarenell’equipaggioprincipale dellastorica missionedell'Apollo 11, conl’incarico di pilota delmodulo lunare. Proprio durante lamissione Apollo 11, il20 luglio 1969, fecela storia comesecondo uomo a

camminare sulla Luna e mentre osservava ilpaesaggio lunare lo descrisse così: «Bella,bellissima, magnifica desolazione». Quella stessadesolazione che portò Collins, di cui vi abbiamo

Buzz Aldrin il 16 luglio 1969.Crediti: NASA.

Sotto. Il selfie di Neil Armstrong riflesso sullavisiera di Buzz Aldrin. Crediti: NASA.

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parlato nel numeroprecedente, a nondesiderare di tornare piùsulla Luna e a spostareinvece la sua attenzionedi artista alla piùrigogliosa Terra, perAldrin avrà invece unfascino difficile dadimenticare e che loporterà a volgere sempreil suo sguardo verso lospazio. Una curiosità legata allasua esperienza sulla Lunaè quella di essere ilsoggetto principale dinumerosissimefotografie.Una delle mansioni da svolgere sulla Luna daparte del suo collega astronauta e comandantedella missione, Neil Armstrong, fu quello didocumentare il viaggio, quindi, inevitabilmente, lamaggior parte delle immagini dell'Apollo 11ritraggono proprio Aldrin. Tra queste è compresala famosa fotografia che ritrae la visiera del cascodi Aldrin su cui è possibile riconoscere, nelriflesso, il lander Eagle e lo stesso Armstrong, cheha scattato la foto.Durante uno degli incontri che ho avuto la fortunadi avere con lui, Aldrin mi ha raccontato: «NeilArmstrong aveva la macchina fotografica attaccataal petto per la maggior parte del tempo, e quindiquasi tutte le immagini scattate sulla Lunaritraggono me. Una volta tornati sulla Terra,durante la quarantena, guardando le immagini nellaboratorio di Houston, mi sono reso conto chec'erano poche fotografie che lo riprendevano, enessuna in primo piano... Ma Neil non se la prese,non era certo una fotografia in più che avrebbecambiato i termini dell’impresa!». I due astronauti americani trascorsero un totale di21 ore sulla superficie lunare, effettuando circa 2ore e 30 minuti di camminata lunare. La loro

camminata fu trasmessa in tutto il mondo,raccogliendo davanti allo schermo circa 600milioni di persone e diventando il più grandepubblico televisivo del mondo nella storia.Tornarono sulla Terra il 24 luglio 1969: con loroc’erano 21,55 kg di rocce lunari, i primi campionidi Luna per la felicità dei geologi americani e ditutto il mondo. Al ritorno sulla Terra, Aldrin è stato decorato conla Medaglia Presidenziale della Libertà. Inoltre, alui è stato dedicato l'asteroide "6470 Aldrin" e ilcratere lunare “Aldrin". Nel 1971, Aldrin si dimisedalla NASA, con 289 ore e 53 minuti nello spazio,diventando in seguito un autore prolifico. Nella sua autobiografia del 1973, "Return to Earth", Aldrin ha rivelato di aver avuto difficoltà conl'alcolismo e la depressione dopo aver lasciato laNASA, non solo il “mal di Luna”, ma anche gli annidi guerra hanno avuto un peso significativo, edurante uno dei nostri incontri, mi ha confidato: «Il tormento della depressione e le complicazionidella dipendenza che la accompagnano colpisconomilioni di persone, compresi me e i membri dellamia famiglia prima di me – mio nonno si è suicidatoprima che io

Buzz Aldrin nel Modulo Lunare.Crediti: NASA.

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nascessi e mia madre l'annoprima di andare sulla Luna –insieme a centinaia di veteraniche ogni anno vivono un destinosimile. Come individui e comenazione dobbiamo esserecompassionevoli e solidali contutti coloro che soffrono e dareloro le risorse per affrontare lavita». Oltre alla già citata primaautobiografia, dopo avercombattuto depressione ealcolismo, nel 2009 ha scritto“Magnificent Desolation”,magnifica desolazione… Haanche scritto diversi libri perbambini, tra cui “Reaching forthe Moon” (2005), “Look to theStars” (2009) e “Welcome toMars: Making a Home on theRed Planet” (2015); romanzi di fantascienza tracui “The Return” (2000) e “Encounter with Tiber”(2004), assieme a John Barnes; “Men from Earth”(1989), un resoconto storico dello sbarco lunare.Ha pubblicato poi le sue memorie in “No Dream IsToo High”: lezioni di vita di un uomo che hacamminato sulla Luna, nel 2016. Negli ultimi decenni, Aldrin ha usato la sua famaper sostenere l'espansione del programmaspaziale, in particolare per il ritorno alla Luna el’esplorazione Marte. Ha ideato un sistema dinavicelle spaziali per le missioni su Marte notocome "Aldrin Mars Cycler" e depositato trebrevetti per i suoi schemi di una stazione spazialemodulare, oltre ai razzi riutilizzabili Starbooster ea moduli equipaggio. Ha poi fondato la Share Space Foundation,un'organizzazione senza scopo di lucro dedicata apromuovere l'educazione spaziale, l'esplorazionee le esperienze di volo spaziale a prezziaccessibili. Rinnovandola nel 2014, perconcentrarsi su STEAM Education (Scienza,

Tecnologia, Ingegneria, Arti e Matematica) perispirare i bambini dalla scuola materna all'ottavaclasse a imparare a conoscere lo spazio.Nell'agosto 2015, ha lanciato il Buzz Aldrin SpaceInstitute at Florida Tech tornando a promuovere esviluppare la sua visione di un insediamentoumano permanente sul pianeta Marte. Aldrin ha sempre creduto nella necessità perl’uomo di espandersi oltre la Terra, e a propositodel suo interesse per la colonizzazione di Marte,mi ha confessato: «Possiamo continuare a cercaredi ripulire tutto il mondo e spendere tutte le nostrerisorse in mille altre cose, oppure possiamo alzaregli occhi e guardare il cielo e andare avantinell’evoluzione. Gli esseri umani raggiungerannoMarte e mi piacerebbe che accadesse durante lamia vita. Marte è lì, in attesa di essere raggiunto». Senza mai fermarsi, e nonostante l’età, Aldrin hasempre continuato, e continua tutt’ora, a tenereconferenze e a fare apparizioni televisive, anchein programmi come “Dancing with the Stars” (inItalia il format è riproposto come “Ballando sotto

Buzz Aldrin oggi. Crediti: NASA.

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le Stelle”), dove nel 2010 ha mostrato al mondodi avere ancora una eccezionale carica vitale.Ha anche fatto apparizioni come ospite in “TheSimpsons”, “30 Rock”, “The Big Bang Theory” e uncameo nel film “Transformers: Dark of the Moon”(2011). Inoltre, l'iconico astronauta ha collaboratocon gli artisti hip-hop Snoop Dogg e Talib Kweliper creare la canzone "Rocket Experience", unanuova idea anche questa per promuoverel'esplorazione spaziale tra i giovani. I proventidella vendita della canzone e del video sonoandati a beneficio della Share Space Foundation. Nel novembre 2016, mentre era in viaggioturistico in Antartide, ha dovuto esseretrasportato d’urgenza per essere curato in unospedale della Nuova Zelanda. Una dichiarazionesul suo sito web diceva che era in condizionistabili con "fluido nei polmoni", ma di buonumore. Anche la sua vita privata non è stata meno intensae concitata. Aldrin è stato sposato tre volte. Lui ela sua prima moglie, l'attrice Joan Archer, hanno

avuto tre figli, James, Janice e Andrew. La suaseconda moglie è stata Beverly Zile. Ha sposato lasua terza moglie, Lois Driggs Cannon, il giorno diSan Valentino del 1988, divorziando però nel2012. Oggi all’età di 89 anni è alle prese con una sfidalegale che lo vede contrapposto ai figli Andrew eJanice che hanno chiesto a un giudice dellaFlorida di essere nominati tutori legalidell’anziano astronauta, sostenendo che il padresoffre di un degrado cognitivo tale da impedirglidi badare alle sue finanze. Buzz ha contrattaccato,facendo causa all’ex amministratrice finanziaria,per frode, e ai figli accusandoli di aver cercato diminare le sue relazioni sentimentali. Nonostante tutto ciò, dopo ben tre matrimoni allespalle, il quasi novantenne Aldrin pensa ora a unnuovo matrimonio e non ha nessuna intenzione difermarsi.

Luigi Pizzimenti con Buzz Aldrin a Londra nel 2007. Crediti: Luigi Pizzimenti.

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L’impatto delle FORZE MAREALI sulla VITA negli ESOPIANETI di Marco Sergio Erculiani

Crediti: NASA/JPL-Caltech

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Si stima che, solo nella nostra galassia, almeno 10 miliardi di pianeti sianosituati nella zona abitabile della loro stella madre. Abbiamo già ampiamenteparlato di cosa sia la zona abitabile di una stella (per la cui spiegazioneapprofondita si rimanda agli articoli precedenti) ma ricordiamo solo che, inbreve, questa è la zona caratterizzata da un mix di condizioni tali dapermettere lo sviluppo della vita.Hanno fatto notizia, tra le tante scoperte di pianeti extrasolari, i settepianeti di tipo terrestre temperati orbitanti attorno alla stella TRAPPIST-1,una nana rossa ultrafredda di classe spettrale M8, posta a 39,5 anni luce dalSole nella costellazione dell’Acquario.Le stelle M sono in generale molto importanti per la ricerca della vita suipianeti che vi orbitano attorno, per varie ragioni, tra cui due sono quelleprincipali. La prima è che essendo molto numerose nella nostra galassia(circa il 70%) sono anche statisticamente più favorevoli alla ricerca dipianeti extrasolari ad esse legati. L’altra ragione importante è che essendopiù fredde del Sole (hanno una temperatura intorno ai 2.700 K) permettonodi avere una distanza di abitabilità meno estesa rispetto a stelle più calde.Infatti, la minor temperatura permette al pianeta di mantenere acqualiquida a distanze minori, senza che essa evapori a causa del calore emanatodalla stella. Di conseguenza, il minor raggio orbitale implica un periodo dirotazione più breve, e quindi una più frequente ripetibilità nella misura deitransiti.

Sebbene secondo recenti studi sia statoevidenziato come i pianeti orbitanti attorno astelle di tipo M presentino però anche una severaerosione dell’atmosfera a opera del ventostellare, questo non esclude del tutto che la vitanon vi sia potuta emergere e sviluppare. L’importanza del sistema planetario orbitanteattorno a TRAPPIST-1 è che ben tre dei suoipianeti si trovano nella zona abitabile, e sonotalmente vicini tra loro che presentano rilevantiforze di interazione mareali reciproche. Non solo, le stelle M, avendo una distanza diabitabilità molto più ridotta rispetto a stelle piùcalde, presentano delle interazioni con gli altripianeti del sistema chiamate risonanze.Spesso la vicinanza di un pianeta alla propriastella, genera un accoppiamento dovuto allagravità che sincronizza il moto del pianetafacendo sì che esso abbia un rapporto costantefra tempo di rotazione e di rivoluzione.Nei casi in cui l’interazione è maggiore, a causa diuna maggior massa della stella o della minoredistanza orbitale, il pianeta mostra sempre la

stessa faccia alla stella e si parla di rotazionesincrona (figura nella pagina accanto),esattamente come accade tra la Luna e la Terra. Questo ha un effetto sia sulla temperatura dellasuperficie – come è facile immaginare avendo unlato sempre esposto al calore della stella e unosempre in ombra – sia sul fenomeno delvulcanismo – vedremo come, a causa delle forzemareali – e, ipotizzando quindi che ci siaun’atmosfera, sulla circolazione dei venti, ovverola presenza di un “clima”. Il clima ha un importante ruolo nella persistenzadella vita su un pianeta. In particolare, i ventifavoriscono il rimescolamento dei nutrienti neglioceani, laddove presenti. Come sulla Terra, anchesugli esopianeti la vita potrebbe essere sostenutada un delicato equilibrio di fenomeni fisici echimici. Spesso accade, ad esempio, che i ventitrasportino preziosi elementi e minerali dalleregioni aride alle regioni oceaniche, anche perlunghe distanze. La circolazione atmosferica, lecosiddette “celle di Hadley” che agevolano talifenomeni di migrazione di sostanze,

Sopra. Lo schema paragona le proprietà dei pianeti del sistema TRAPPIST-1 con quelle deipianeti interni del Sistema Solare. Crediti: ESO

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Esempio di rotazione sincrona del pianetarispetto alla stella. In questo caso lavicinanza instaura un processo disincronizzazione che porta il pianeta amostrare sempre la stessa faccia

permetterebbero di bilanciare la carenza dinutrienti negli oceani e aumentare la probabilitàche la vita possa proliferare laddove, grazie allapresenza di acqua, è più probabile che nasca. Ma a dare il via a tutto questo sono, appunto leforze mareali dovute all’azione della gravità ingioco all’interno di un sistema planetario. Questo può avvenire sia ad opera della stella,attorno la quale il pianeta orbita, ma anche adopera delle sue eventuali lune, due azioni che sicombinano l’una con l’altra.Quindi la stella genera delle forze mareali sulpianeta che gli orbita attorno e sulle sue eventualilune. Le lune risentono inoltre dell’attrazionemareale generata dal pianeta che le ospita, maanche di pianeti vicini che, a loro volta, sonosoggetti all’interazione mareale delle loro lune inuna danza cosmica di proporzioni gigantesche! In particolare si stima che per i pianeti rocciosil’innalzamento delle maree dipenda dalla massadella stella, da quella del pianeta (in maniera

minore) e dall’inverso del cubo della distanzastella-pianeta. Per esempio, al variare delladistanza del pianeta dalla stella di un fattoredoppio, la forza mareale diminuisce di un fattore8, mentre a parità di distanza, l’effetto dellavariazione della massa del pianeta di un fattore 8avrebbe soltanto l’effetto di raddoppiare la forzadi interazione mareale. Il principale effetto, che in qualche modo dà il viaa tutto, è il cosiddetto riscaldamento mareale. Anche un corpo roccioso infatti può subiredeformazioni a causa delle forze di marea dovutealle influenze reciproche dell’azionegravitazionale in un sistema planetario. In pratica, quando due masse vengono a“contatto” attraverso l’interazione gravitazionale,quest’ultima opera come un elastico che le“attira” una verso l’altra. Se si tratta poi di corpinon perfettamente sferici, come tutti i pianetirocciosi, possono anche subire delle alterazioni

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nella forma (si formano veri e proprieprotuberanze) e tali effetti possono essere più omeno rilevanti a seconda del materiale di cui lacrosta e i vari strati interni del pianeta sonocomposti. Principale causa è l'attrito viscoelastico, lacapacità cioè della materia di comportarsi comeun fluido molto denso, che sottoposto all’azionedelle forze gravitazionali sui vari strati delpianeta, genera energia attraverso strisciamentoe deformazione (figura in alto).In particolare lo strisciamento e la deformazionedovuta all’interazione gravitazionale fra di essiportano ad un aumento dell’energia interna delpianeta che è un ingrediente basilare per losviluppo della vita. Si stima, ad esempio, che le lune di Giove, Europae Io, posseggano l’energia necessaria per darevita a un ambiente adatto alla formazione dimolecole organiche, principalmente grazieall’attrazione gravitazionale del pianeta. Non solo, anche l’eccentricità delle orbiteinfluisce mettendo in moto meccanismi chepossono aumentare il surriscaldamento interno inmodo tale da alimentare fenomeni di vulcanismo.Ad esempio su Io, sembra che sia propriol’eccentricità della sua orbita a indurre una

differenza nella forza gravitazionale esercitata daGiove – tra il punto più vicino e quello piùlontano, dal pianeta, della sua orbita – tale dainnescare gli sconvolgimenti sulla sua superficie el’attività vulcanica che possiamo osservare. Senzaquesta variabilità di azione mareale, moltoprobabilmente sarebbe simile ad altre lune delpianeta, o alla nostra Luna geologicamente inerte. L’effetto mareale è forse più evidente, e ha unaserie di conseguenze diverse ma altrettantoimportanti per la vita, quando agisce su masseliquide. Se l’azione della Luna sugli strati interni dellaTerra è relativamente poco influente e “nascosta”(ricordiamo che il calore interno della Terra derivapiù dal decadimento di isotopi radioattivi e dalcalore residuo dovuto al processo diaccrescimento subito durante la formazione delSistema Solare), popolarmente il termine “marea”è associato proprio a questo secondo effetto:chiunque sia stato al mare, ad esempio, hasperimentato l’innalzamento e la diminuzione dellivello delle acque generato dalla Luna.In questo caso il fenomeno è ancora piùcomplesso, perché prevede la combinazione didue fenomeni fisici: l’azione gravitazionale delsistema esercitata sul pianeta, come abbiamovisto finora, e la forza centrifuga prodotta dalla

Sopra. Schematizzazione degli effetti mareali di un pianeta rispetto ad una stella (a) e dellaTerra rispetto alla Luna (b).

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rotazione del pianeta intorno al baricentro delsistema pianeta-stella.La somma delle forze provoca il sollevamentodelle masse d'acqua (e, in misura minore, anchedella massa rocciosa), sia sul lato del pianeta cheguarda la stella sia su quello opposto. Le maree in presenza di acqua liquida, sono ancheimportanti responsabili dell’erosione delle coste,della circolazione dei sedimenti e dell’evoluzionedelle correnti che possono generare, comeconseguenza, un aumento della biodiversità.Il fenomeno delle maree, nella sua globalità, èquindi una componente essenziale per fornire glielementi e l’energia necessaria all’attivazionedelle reazioni chimiche che portano allacostruzione delle molecole organiche, i veri epropri mattoni della vita. In particolare, l’alternarsi di siccità e umidità e ilriscaldamento interno generato dalle mareefavoriscono, assieme alla presenza dei minerali, i

due principali processi alla base della formazionedella vita: la polimerizzazione e la dissociazione.Il termine polimerizzazione indica una reazionechimica che genera una molecola composta damolte parti uguali che si ripetono in sequenza, ladissociazione invece è il fenomeno che porta allascissione delle molecole in atomi e strutture piùsemplici. Mentre il primo processo è uno deifattori che permettono l’aggregazione di strutturesemplici in strutture più complesse, come appuntoquelli che vengono chiamati i mattoni della vita, ilsecondo processo permette di rendere fruibili ionie molecole più piccole che possono ricombinarsiper formarne altre. Il rimescolamento delle acque e la produzione dienergia interna ha permesso quindi di generarebolle locali in cui l’energia era tale da innescareprocessi chimici di costruzione di molecoleelementari e via via sempre più complesse, chehanno portato, ai primordi della Terra, allacomparsa della vita. Ovviamente questo non è

Una magnifica ripresa della luna di Giove Europa, ripresa dalla sonda NASA Galileo. Crediti: NASA.

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l’unico fenomeno che l’ha generata ma di sicuro èquello che ha permesso ad essa di continuare aproliferare.La presenza di energia ha causato le fumaroleoceaniche, le sorgenti termali che hanno fornitol’apporto di calore necessario per poter farsopravvivere organismi anche a profondità moltoelevate. Il calore, unito al rimescolamento deinutrienti ha permesso di costruire un ecosistema

molto complesso che si è evolutoautonomamente fino alla comparsa dei primiorganismi terrestri.L’evoluzione mareale sulla Terra, sin dalla nascitadei primi organismi, non solo ha giocato un ruoloimportante nell’approvvigionamento eproduzione di nutrienti ma anche, in seguito,sull’apporto di ossigeno prodotto dalla biosfera.

Biomaker collegati alle maree

E allora, se in uno di questi pianeti extrasolari èaccaduto tutto questo, e la vita si è generata, qualisono i segnali legati alle maree che potremmo ungiorno riuscire a individuare?Alle maree sono collegati due dei più importantitipi di “biomarker temporali”, ampiamentedescritti nei precedenti articoli (Coelum 227 e228: Come si cerca la vita? parte 1 e 2): lafotosintesi e le fioriture algali. Entrambedipendono dall’apporto di nutrienti nella zonafotica degli specchi d’acqua mentre la secondadipende molto dalle correnti oceaniche.

Un esempio molto vistoso, qui sulla Terra, è quellodella marea rossa, ad opera di un organismoidentificato come Karenia brevis. Durante lafioritura la sua concentrazione può aumentare da1.000 cellule/litro fino a 10.000.000 di cellule allitro, rendendolo visibile anche da grandi altezze.Altri esempi sono la cosiddetta “marea dorata” e la“marea verde” (generate rispettivamente daSargassum natans e da Sargassum fluitans la primae dall’organismo Ulva prolifera, la seconda). C’è poila “marea nera” che avviene in presenza diconcentrazione di olio, sia esso naturale o

Sopra. Alcuni esempi di fioritura algale. (a) Marea rossa a Leigh, vicino Cape Rodney ad opera di Kareniabrevis. Foto di Miriam Godfrey. (b) Fioritura di cianobatteri del tipo Coccolitofori al largo delle coste scozzesi(crediti: NASA). (c) Immagine proveniente da Sentinel-2A Fioritura di cianobatteri verdi (crediti: CopernicusSentinel data / ESA). (d) Fioritura dorata ad opera di Sargassum (crediti: Franck Mazéas). COELUM ASTRONOMIA 62

artificiale. Nel secondo caso, si potrebbe alloraparlare del fenomeno come tecnoindicatore(tecnosignature, ne abbiamo parlato nel numero231), ovvero ipoteticamente avallare l’idea di unaforma di vita abbastanza intelligente da produrlo. Le fioriture algali hanno anche un effettosull’assorbimento della luce, che si evidenziadirettamente nell’analisi degli spettri diriflessione planetari. Dal momento che si tratta dieffetti transienti, il confronto della stessa area indifferenti periodi dell’anno può dare una buonastima non solo della presenza di organismi ma

anche della loro concentrazione.Al momento però gli strumenti sono ancoratroppo immaturi per poter rilevare variazionivisibili sulla superficie di esopianeti su piccolascala spaziale. Bisognerà aspettare futuremissioni, al momento ancora in fase di studio, perpoter avere più chances, come la HabitableExoplanet Imaging Mission (HabEx) o la Large UV/Optical/Infrared Surveyor (LUVOIR) della NASA,che hanno la prima come scopo principale, e laseconda tra i vari obiettivi, la ripresa diretta diesopianeti e lo studio delle loro atmosfere, con ilfine di individuare pianeti abitabili.

ConclusioniCome abbiamo visto però, essenziali per lanascita della vita e di un ecosistema sono le forzemareali, che dipendono direttamente dalle massein gioco, e sono sempre più numerose le missioniche mirano proprio a questo, a dare una stimasempre migliore della massa dei pianetiextrasolari. A questosono allora dedicati iltelescopio spazialeeuropeo CHEOPS, giàpronto per il lancio, ilJames Webb SpaceTelescope (JWST) dellaNASA, o strumenti aterra come il GiantMagellan Telescope(GMT) da 24 metri(2022-2025),l’Extremely LargeTelescope (2024-2027)da 39 metri e il 30Meter Telescope cheverrà ultimato entro il2025.Avere maggiori e piùprecise informazionisulle masse dei pianetiin un sistemaextrasolare, è moltoimportante in quanto

missioni come queste, oltre a poter permettere diconfermare o confutare la presenza di un pianetaattorno ad una stella, aiuteranno anche a capiremeglio il fenomeno delle interazioni mareali e delloro impatto su possibili forme di vita.

Il Telescopio Spaziale CHEOPS in unarappresentazione artistica. Crediti: ESA

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I segreti delleI segreti delletelecomunicazioni con le sondetelecomunicazioni con le sondein missione nello spazioin missione nello spazio di Stefano Caprettidi Stefano Capretti

Parte 1 - L'esempio dello SputnikParte 1 - L'esempio dello Sputnik

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Ogni volta che seguiamo una missione spaziale sentiamo sempre piùspesso parlare di telemetria e di termini quali “Safe Mode”... Non sempre,infatti, ci sono immagini da vedere, e le dirette, ormai agevolate dainternet e dai comportamenti sempre più social delle agenzie spaziali, cimostrano numeri, dati e grafici. Di fronte a quelle criptiche immaginicolme di numeri e linee, solo dagli applausi o dai sorrisi dei presenti alcentro di controllo capiamo cosa sta succedendo... Scopriamo allora cosasignificano questi termini e andiamo un po' più a fondo nella questionecon un vero e proprio "controllo fai da te".

A fine 2018, una serie di coincidenze – tramissioni concluse per motivi tecnici, attesi e non,e altri sfortunati eventi – ha portato alla ribalta iltema del ciclo di vita dei satelliti artificiali e ipossibili problemi ai quali questi possono andareincontro. Il Telescopio Spaziale Kepler, dopo poco meno didieci anni di attività, è stato costretto a cedere loscettro della scoperta degli esopianeti a causadell'esaurimento del carburante, dopo aver vistola propria missione comunque notevolmenteridimensionata dai guasti di alcuni giroscopi.Stessa sorte, con conseguente chiusura dellamissione, è spettata alla sonda NASA Dawn, laquale durante la propria vita è riuscitanell'impresa di orbitare intorno a due corpi minoridel Sistema Solare, Cerere e Vesta. Due missionisicuramente importanti ma per le quali il finaleera comunque atteso e noto. A ciel sereno o quasi, invece, sono giunti il fault nel lancio della Soyuz, durante una missione dirifornimento alla Stazione SpazialeInternazionale, e i problemi incontrati da duestorici baluardi dell'osservazione dell'Universodallo spazio, come Hubble Space Telescope eChandra X-ray Observatory. Non che i dueOsservatori spaziali non abbiano il diritto diriposare, visto che entrambi sono in orbita datantissimo tempo, ma la bontà della loro opera ètale da considerarli quasi immortali. A ottobre2018, tuttavia, entrambi sono andati incontro adanomalie tali da indurli a uno spontaneo SafeMode, una modalità operativa che inizia con unacomunicazione a Terra (telemetria) riportante unostato non nominale e prosegue con un numero dioperazioni estremamente limitato e miratoesclusivamente al ripristino delle funzionalità.Questo ripristino viene deciso da Terra dopoanalisi ed eventuali operazioni che possonoandare da un semplice comando di reset delsatellite fino a passeggiate spaziali di riparazione,anche se molto rare.In queste occasioni, nei comunicati e nellosvolgersi delle operazioni vengono utilizzate

anche altre espressioni, tra le quali modalità,stato, telemetria e comando, oggi utilizzate quasiquotidianamente da chi si interessa di spazio, manon è raro imbattersi in fraintendimenti. Ricordomolto bene, ad esempio, la confusione quando,arrivata a Terra la telemetria del TGO di ExoMars,molti pensarono che fosse sinonimo di unatterraggio riuscito del lander Schiaparelli. Proviamo a spiegare allora, in parole moltosemplici e con qualche necessariaapprossimazione, cosa rappresentino questiconcetti così fondamentali per una missionespaziale, qualsiasi essa sia… o quasi. I satelliti privi di equipaggio vengono progettatiper autogestirsi e per far fronte a "tutte" lepossibili problematiche che durante una missionepossono presentarsi – fanno eccezione le missionicon equipaggio umano, che possono ovviamenteintervenire “in loco”, anche se parte di ciò di cuiparleremo può essere esteso anche a esse. Dicevamo, affrontare tutte le possibiliproblematiche è ovviamente impossibile, ma laparte più importante nel ciclo di vita di unsatellite è proprio quella della progettazione,visto che compiere degli errori in questa fase,anche solo parzialmente, potrebbe voler diregettare al vento (solare in tal caso) lavoro e soldi,entrambi in quantità non trascurabili.Ciò che resta fuori dal controllo deve esserecomunque preventivato: un rischio va calcolato,ed eventualmente accettato, ma mai e poi maideve sfuggire all'analisi. Si può decidere diaccettare un rischio quando la probabilità delconcretizzarsi di un evento negativo è ritenutasufficientemente bassa oppure se il suo impattosulle funzionalità del satellite non è vitale. Adesempio, nella progettazione del James WebbSpace Telescope (JWST) della NASA, futurosostituto di Hubble Space Telescope, si è deciso diaccettare rischi (e costi) dovuti alle tante “partimobili” che permetteranno allo strumento dilavorare in modo più efficiente, ma che, nellospazio, solitamente dovrebbero essere evitate.

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Qualche dettaglio in più

Un’immagine del satellite Sputnik,il primo satellite artificiale lanciato

dall’Uomo il 4 ottobre 1957.

Partiamo allora proprio dalle basi. Come può unsatellite autogestirsi e essere preparato adaffrontare qualsiasi inconveniente? In qualchemodo bisogna comprendere quale sarà il suo“lavoro”, spiegargli come farlo e avere modo dicontrollare se i passaggi vengono eseguiticorrettamente, e il modo è ovviamente quellodella comunicazione attraverso il computer dibordo.I software presenti sui satelliti sono in genereapplicazioni legate all'hardware sul qualevengono eseguiti e sono chiamati in gergofirmware (proprio come il software di base diqualsiasi vostro dispositivo elettronico). Il modo più semplice è quello di partire “dalleorigini” e quindi da un satellite come lo Sputnik, ilprimo satellite artificiale mandato in orbitaattorno alla Terra, un sistema agli inizi moltosemplice, e perfetto per la nostra trattazione. Banalizzando, l'hardware è costituito dalla sferache funge da involucro, dalla scheda elettronicapresente all'interno di essa e dal trasmettitore

radio. Il firmware è molto semplice e siconcretizza in un programma che comanda alsatellite di inviare a terra un segnale ogni totsecondi, per informarci che è vivo e tutto procedeper il meglio. In pratica, il firmware gestisce un timer alloscadere del quale viene comandato altrasmettitore di inviare un segnale radio a unacerta frequenza, dopo di che il timer viene fattoripartire per la successiva emissione. Moltobanalmente, il firmware “conta” fino a dieci,indica al trasmettitore di emettere un segnale eriporta il contatore a zero per iniziare un nuovoconteggio (in termini tecnici, un nuovo run). Si tratta di un modello molto semplice: iltrasmettitore è già impostato su una certafrequenza fissa e viene innescato a ogni scadenzadel timer. Più complesso – ma non di molto – sarebbe ilfirmware nel caso in cui dovesse anche impostarela frequenza di emissione del segnale, magari in

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base a determinate tipologie di evento registratodai sensori di bordo. In tal caso, prima di inviare ilsegnale alla scheda, il firmware dovrebbechiedersi quale sia stato l’evento scatenante,impostare la corretta frequenza scrivendo su unparticolare registro della scheda elettronica esolo dopo inviare il segnale. Per uno sviluppatore, lavorare sul firmware di unsatellite artificiale non presenta differenzesostanziali rispetto a tanti altri programmi dibasso livello: aprire un pannello solare puòtranquillamente equivalere ad azionare unfrullatore. Non inganni il termine "basso livello",poiché non si fa riferimento all'abilità o al gradodi difficoltà di un sistema informatico ma allatipologia di lavoro di programmazione. Perintenderci, chi nasce oggi, in genere, ha unapproccio alla programmazione di “alto livello”, auna programmazione fatta cioè di parti disoftware già pronti, framework, librerie, con classie metodi già sviluppati. Nello sviluppo di “bassolivello” le cose stanno diversamente: se vogliamoscrivere, per esempio, un messaggio a videoutilizzando un linguaggio di basso livellodobbiamo scrivere tantissime righe di codice,molte delle quali servono esclusivamente agestire la comunicazione fisica con il monitor didestinazione, (che andrà raggiunto tramite unaporta seriale, ad esempio, che avrà il proprio

protocollo di comunicazione… ecc.). Occorreràscrivere anche i driver di comunicazione con ilmonitor, cioè quel software che permette dicontrollare l’apparato fisico costituito dai circuitielettronici del monitor. Starete pensando che io abbia preso un esempio acaso… e invece no! Su un satellite unmanned (cioèsenza equipaggio umano), vi chiederete, cosadovrò stampare mai a video, se non c'è nessunoche può leggere? Certo, una volta che sarà nellospazio il ragionamento fila, ma non dimentichiamoche la “vita” di un satellite inizia ben prima! Esisteinfatti una modalità "Monitor" necessaria finché ilsatellite si trova a Terra in fase di test: in tal casola scheda di gestione del satellite è collegata a unmonitor esterno attraverso il quale è possibilemonitorare l'andamento dei test prima del lancio. Se devo provare, ad esempio, che il processoreindichi correttamente ai pannelli solari di aprirsi,non posso farlo sul satellite completamentemontato e far aprire realmente i pannelli, poichése sto sviluppando un software non possopretendere che mi venga messo a disposizionetutto il satellite completo. Serve quindi un modoper verificare che il mio programma eseguacorrettamente quanto richiesto, cioè che scrivacorrettamente sugli indirizzi (registri) dedicati a

Schema semplificato delfunzionamento dello Sputnik

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gestire l'apertura dei pannelli. Facilmente ilcodice da scrivere somiglia a qualcosa comequello in figura sopra.Può sembrare tanto lavoro da fare perun’operazione banale e che, per chi conosce unpo’ di programmazione, si può ottenere con unasola riga di codice. Perché dunque si preferiscequesta soluzione più complicata? Tutto è legatoalla quantità di spazio di memoria disponibile sulnostro hardware. Oggi noi tutti utilizziamo

chiavette USB capienti e il nostro cellularedispone di quantità di memoria incredibili. Questoconsente di installare librerie di codice, spessopiuttosto ingombranti, già pronte e che facilitanoil lavoro. Per i satelliti e i dispositivi spazialipurtroppo la situazione non è analoga e lamemoria è un bene preziosissimo e vacentellinato (figuriamoci ai tempi dello Sputnik).

Codice Assembler, un esempio

Dalle basi alla telemetria

L'unità basilare nell'informatica è il bit, una"particella fondamentale" che può acquisiresoltanto i valori 0 e 1. Una sequenza di otto bit messi insieme formano un byte (Figura in basso).Su un byte, quindi, è possibile inserire ben ottoparticelle fondamentali che possono valere 0 o 1il che significa che posso avere ben ottoinformazioni di tipo "Si/No", tipologia che intermini informatici è chiamata "booleana".Intuitivamente, posso mettere su un byte lo stato

del serbatoio (livello critico? Si/no), dellafotocamera (accesa? Si/no), dei giroscopi(funzionano? Si/no) e così via per ben ottoinformazioni.

Sopra. Rappresentazione di un byte, insieme di 8 bitciascuno dei quali può valere 0 o 1

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Sopra. Alcune delle antenne che formano il Deep Space network della Nasa, un insieme di antenne con ilcompito di captare i segnali radio dei satelliti e delle sonde in missione nello spazio. È proprio grazie aquesto insieme di antenne che vengono catturati i dati di telemetria e i dati scientifici provenienti daiveicoli spaziali. Crediti: NASA

Ma quali sono le informazioni necessarie quandosi lavora con i satelliti? Le informazionifondamentali sono quelle che, come dicevamo,permettono di capire se il satellite stafunzionando come ci aspettiamo. Tornando allo Sputnik, vediamo comeimplementare i concetti di informatica di baseappena presentati per consentire al centro dicontrollo a Terra di conoscere lo stato delsatellite.Nel nostro modello, decisamente semplificato, leinformazioni che ci servono riguardanoessenzialmente lo stato del trasmettitore radio,perché vogliamo sapere se funziona oppure no. Già il fatto di ricevere a intervalli regolari ilsegnale radio di cui parlavamo all’inizio, indica

che il trasmettitore sta funzionando. Inizialmente,quindi, si potrebbe pensare che un segnale diquesto tipo, sempre uguale a sé stesso, non siagranché utile ma in realtà si tratta di una tipologiadi informazione fondamentale per i satelliti: sitratta di un cosiddetto "keep alive". Grazie aquesto segnale siamo consapevoli che il satellitesta comunicando, anche se il segnale di per sénon dice nulla di interessante. Quindi, in questocaso, non è l’informazione trasmessa attraverso ilsegnale che interessa, ma il fatto stesso di captareil segnale è l’informazione che ci permette disapere che il trasmettitore sta funzionando. Facciamo un passo in avanti: oggi dallo Sputniknon riceviamo più alcun segnale. Non possiamoche interpretare questo silenzio come indice delguasto del trasmettitore radio. Ma cosa non ha

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funzionato? Purtroppo non abbiamo informazioniper saperlo. Eppure sarebbe molto utile saperlo,magari ai fini della costruzione di uno Sputnik 2,per evitare di incappare nello stesso problema.Se si è guastato il trasmettitore allora sulloSputnik 2 dovrò installarne uno più affidabile.Oppure il problema è nel software, che perqualche motivo non ha più azzerato il contatore?Se il contatore non si azzera, infatti, non si tornapiù al nostrofatidico "dieci", valore raggiunto il quale scatta ilcomando di emissione del segnale radio. Il questocaso il mio Sputnik 2 potrebbe continuare autilizzare lo stesso tipo di trasmettitore, madovrei scrivere meglio il software per evitare cheaccada di nuovo un mancato azzeramento delcontatore... Il nostro modello di esempio è ovviamentesemplificato al massimo, ma, per ricondurci ad uncaso reale, il problema è lo stesso affrontato

dall’ESA nel momento in cui Schiaparelli non èriuscito ad atterrare come previsto sul suolomarziano. Non ci è riuscito, ma per quale motivo?È importante saperlo (ed era anche parte della suamissione) perché è previsto l'invio di un secondolander su Marte, nel 2020, ben più costoso, eoccorre indagare la natura del problema e trovareuna soluzione perché non accada di nuovo. Tornando al “nostro” Sputnik, dal semplicesegnale radio non posso dedurre cosa si siaguastato, questo è abbastanza ovvio. Mi servonoinformazioni più precise e dettagliate, che ilsatellite possa inviare a Terra, in diretta o indifferita, ma che mi aiutino nella diagnostica di unqualsiasi problema, quando non posso accedere alsistema in modo diretto ma solo remoto (casocomune per i satelliti o le sonde in missione nellospazio).Al di là quindi di un semplice segnale di controlloche mi permette di dedurre che il trasmettitore

Sotto. Una fotografia del Centro di Controllo dell’ESA (Main Control Room) presso l’ESOC a Darmstadt,Germania. In stanze come queste i monitor mostrano costantemente le informazioni di telemetrie captatedai satelliti o dalle sonde impegnate nelle missioni spaziali. Crediti: ESA/J.Mai

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radio sta funzionando, dovrò quindiandare ad aggiungere tante altreinformazioni, da tracciare e trasmetterea Terra, che mi permettano diconoscere lo stato di salute dei singolisistemi di bordo del mio satellite odella sonda spaziale. Successivamentepotrei non accontentarmi più di saperese un sistema sia funzionante o nonfunzionante ma, magari, vorreiconoscere anche il suo livelloprestazionale. Ecco che una sempliceinformazione si fa via via piùcomplessa e articolata, dovendoattribuire a ciascun livello difunzionamento un valore preciso. Tutto l’insieme di queste informazioniprende nome di telemetria, che èquindi un insieme prezioso diinformazioni che descrivono lo stato difunzionamento degli apparati di bordo.Quali siano le informazioni descrittenella telemetria dipende strettamentedal satellite/sonda e dal modo in cui iprogrammatori hanno implementato ilcodice che analizza e traccia leinformazioni stesse. Per fare un esempio, pensiamo allanostra automobile: le informazioni ditelemetria (anche se in questo casonon si tratta di informazioni inviate daremoto) a nostra disposizione sono

A sinistra. Il landerSchiaparelli, parte dellamissione ExoMars, in unarappresentazione artisticaall’atto di compierel’atterraggio su Marte:purtroppo le cose sono andatediversamente ma èindispensabile capire i motividel fallimento per evitare ilripetersi di certi problemi.Tutto ciò è possibile attraversol’analisi dei dati di telemetria.Crediti: ESA/ATG-Medialab

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quelle che possiamo vedere dal cruscotto.Possiamo quindi sapere se il motore è in motooppure no, conoscere il livello di giri del motore,la velocità di percorrenza e le spie indicano,proprio come detto poco sopra, se un sistema stiafunzionando oppure no. Immaginiamo quindi, nelcaso della nostra sonda, di voler ottenere delleinformazioni analoghe, ma senza la possibilità divedere il satellite né di poterlo controllare da

vicino, ma solo da lontano (molto lontano!). Eccoche tutte le informazioni di telemetria assumonoun valore di estrema rilevanza. Nel prossimo numero proseguiremo il discorso eandremo a capire come costruire una semplicetelemetria per il nostro satellite!

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Come nanisulle spalle dei giganti…Il commento di Luca Perri

“La storia dell’Europa comincia in Cina” Indro Montanelli

Anno Domini 1054 L’astronomo cinese Yang Wei-te, scrutando ilcielo notturno, si accorge che una nuova stella,brillante quasi quanto la Luna Piena, è apparsa ailluminare quella che noi oggi chiamiamocostellazione del Toro.

«Osservo umilmente una stella ospite, che èapparsa in queste notti. Al di sopra di essa c'è undebole scintillio di colore giallo», scriverà neipropri appunti qualche giorno più tardi.La “stella ospite” è una supernova, esplosa a 60

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milioni di miliardi di chilometri dalla Terra. Rimarrà visibile anche durante leore diurne per 23 giorni consecutivi, ma sarà possibile osservarla nel cielonotturno per quasi due anni. La sua comparsa sarà registrata anche dagliastronomi arabi. Gli indios Anasazi la dipingeranno sulle rocce dei canyondell’Arizona e del Nuovo Messico. Alcuni monaci irlandesi interpreteranno ilfenomeno come un segno della prossima venuta dell’Anticristo.

1705L’astronomo, matematico e meteorologo inglese Edmund Halley è uno dei piùstimati e importanti professori di Oxford. È stato lui a convincere e finanziaretale Isaac Newton per pubblicare le sue ideesu leggi del moto e della gravitazione universalein un’opera in tre volumi destinata arivoluzionare la fisica: Philosophiae NaturalisPrincipia Mathematica.Analizzando gli avvistamenti cometari deisecoli passati, Halley si convince che gliavvistamenti del 1456, 1531, 1607 e1682 siano tutti relativi alla stessacometa. Una cometa destinata aripresentarsi ogni 76 anni circa. Nepredice il ritorno nell’anno 1758.

Sopra. Ecco come poteva apparire nell'anno 1054 la supernova che diede vitaalla Crab nebula (M 1), ritratta nell'immagine di pagina a sinistra, in una ripresa

eseguita dal Telescopio Spaziale Hubble.

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La notizia: il Telescopio Astri-Horn osserva la Crab Nebulaalle energie del TeVdi Redazione Media INAF Esattamente 30 anni dopo la prima osservazionestorica della Nebulosa del Granchio (M 1) alleenergie TeV, che ha aperto l’era dell’astronomianei raggi gamma di altissima energia con latecnica Cherenkov, è stato raggiunto un altroimportante traguardo in questo campo. Iltelescopio Cherenkov Astri-Horn, basatosull’innovativa configurazione ottica aplanatica adoppio specchio Schwarzschild-Couder e dotatodi una camera altrettanto innovativa, ha rilevatoper la prima volta la Nebulosa del Granchio alleenergie dette “del TeV”. Le osservazioni sonostate condotte tra il dicembre 2018 e il gennaio2019, durante la fase di verifica del telescopioAstri-Horn, per un tempo di osservazione totale dicirca 29 ore. Le osservazioni hanno consentito diosservare la Nebulosa del Granchio con unsignificatività statistica molto alta a una soglia dienergia di circa 3,5 TeV, dimostrandodefinitivamente l’efficacia dei telescopi a due

specchi e aprendo una nuova era per l’astronomiain raggi gamma con tecnica Cherenkov. Nel 1989, la prima osservazione della Nebulosadel Granchio alle energie del TeV (circa millemiliardi di volte l’energia della luce visibile) erastata ottenuta con il telescopio americanoWhipple, a singolo specchio. Questa scoperta hasegnato l’inizio dell’astronomia TeV che, con la suarapida crescita, ha portato alla rilevazione di circa200 sorgenti di raggi gamma da parte di altristrumenti a terra come Hess, Magic e Veritas e haaperto la strada alla prossima generazione: ilCherenkov Telescope Array (CTA). Poiché i raggi gamma non raggiungono mai lasuperficie terrestre, questi strumenti utilizzano larivelazione della cosiddetta luce Cherenkov che sigenera nell’interazione dei raggi gamma conl’atmosfera. I raggi gamma di alta energia

entrando in contatto conl’atmosfera terrestreproducono cascate diparticelle subatomiche –queste particelle altamenteenergetiche possonoviaggiare più velocementedella velocità della lucenell’aria, dando luogo a undebole (e brevissimo,dell’ordine del miliardesimodi secondo) lampo di lucebluastra. I telescopiCherenkov, sin dall’inizio,sono stati costruiti percatturare questa luce equindi, indirettamente,rilevare i segnali in raggigamma emessi dallesorgenti celesti.

Sopra. Diagramma – detto “alfa plot” – relativo all'osservazione che si èsvolta nel dicembre 2018 con ASTRI-Horn. Le osservazioni sono stateeseguite puntando la Nebulosa del Granchio per 12,4 ore (croci blu) epuntando un altro campo senza alcuna sorgente di raggi gamma per altre 12ore al fine di valutare il rumore di fondo (croci rosse). Confrontandol'eccesso di conteggi nella direzione della Nebulosa del Granchio rispetto alrumore di fondo, si vede chiaramente il segnale dovuto ai raggi gamma.

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1758A Parigi, il cacciatore di comete Charles Messier vuole avvistare la cometa prevista da Halley primadi chiunque altro. Nato in una cittadina sperdutadel Nordest della Francia, decimo di dodici fratellie orfano a dieci anni, a 21 ha abbandonato lafamiglia per trasferirsi in città in cerca di fortuna.Ora, a 28 anni, lavora in un Osservatorio. Lacometa è l’occasione, per uno come lui venuto dalnulla, di affermarsi definitivamente.Per aiutarsi nella ricerca di questa, e di futurecomete, decide di creare un catalogo di tuttiquegli oggetti presenti nel cielo che sembranocomete, ma che non lo sono. Il primo oggetto cheMessier individua col suo telescopio, oggiconosciuto come M 1 (Messier 1), è la nebulosadel Granchio. È una nube di gas e polveri inespansione a velocità elevatissime. È il risultatodell’esplosione di una supernova avvenuta 5secoli prima, nel1054. Messier,però, non può diredi essere il primoa osservarla:l’astronomo emedico John Bevisl’ha infattiosservata ben 27anni prima.Pochi mesi dopo,il 21 gennaio1759, Messierriuscirà afinalmente atrovare la cometadi Halley, dopo 18

mesi complessivi di ricerca. La individuerà 50giorni prima del picco di luminosità. Un risultatoincredibile per l’epoca, ma che, di nuovo, non lorenderà il primo a osservare quel passaggio dellacometa di Halley: ad avvistarla casualmente quasiun mese prima, nella notte di Natale del 1758,sarà infatti uncontadino Sassonedi nome Palitzsch.

L’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF) con ilsostegno del Ministero dell’Istruzione,dell’Università e della Ricerca (Miur) staconducendo il progetto Astri finalizzato allaprogettazione, implementazione e all’usoastronomico di un prototipo di telescopio

completo proposto per i Telescopi con specchioprincipale di 4 metri per il futuro grandeOsservatorio internazionale per raggi gammaCTAO (Cherenkov Telescope Array Observatory), ilcui centro direzionale è a Bologna, nella sededell’INAF.

A destra. Un ritrattodi Charles Messier. Sotto. La Cometa di

Halley, ripresa nel1910.

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1905Il direttore dell'Osservatorio astronomico diGottinga, Karl Schwarzschild, è sempre statobravo in matematica. L’ha sempre utilizzata peròcome strumento per osservare il cielo. Comequando, 4 anni prima, in previsione del passaggiodella cometa di Halley del 1910, ha pubblicato unarticolo sul fenomeno della repulsione da partedel Sole della coda delle comete. O come ora, cheha appena teorizzato un telescopio capace diavere un grande campo di vista e di eliminare duedelle principali aberrazioni ottiche che affliggonoi telescopi, ovvero le deformazioni che lostrumento crea sull’immagine finale. Una diqueste aberrazioni da eliminare, guarda un po’, sichiama coma, poiché deforma l’immagine creandoun effetto simile a quello della coda di unacometa. Quello di Schwarzschild è un ottimotelescopio sulla carta, e sarà perfezionatoulteriormente dall’ottico e astronomo franceseAndré Couder. Peccato che sia di difficilissimarealizzazione, e che nessuno si azzarderà acostruirlo per moltissimo tempo. Ma Karl non ci perderà il sonno, avrà altro a cuipensare. Assieme ai due amici matematici DavidHilbert ed Hermann Minkowski, sta per lanciarsi inun progetto più teorico e imponente di

matematizzazione della fisica. Un tale AlbertEinstein ha appena pubblicato una strana teoriasulla relatività, e il campo sembra interessante.Schwarzschild, risolvendo le equazionirelativistiche trovate da Einstein, finirà conl’ipotizzare una compressione della materia taleda creare un qualcosa capace di risucchiare tutto,luce compresa.

1934Il fisico sovietico Pavel Cherenkov sta bombardando con delleradiazioni una bottiglia d’acqua. Perché ognuno è libero diintrattenersi come ritiene sia più proficuo fare. A un tratto, osservauno strano e rapidissimo bagliore di luce blu. La luce blu eultravioletta che ha appena scoperto, che verrà chiamata“radiazione Cherenkov”, viene emessa quando alcune particelle, inun mezzo, viaggiano più veloce della velocità di fase della luce inquel mezzo. In parole povere, la luce nel vuoto non la battenessuno, ma in un mezzo può rallentare. E quando qualcuno la frega in velocità, l’autovelox della natura fa scattare un flash bluastro, inun fenomeno in qualche modo paragonabile al boom sonico deicaccia che abbattono il muro del suono. Quella luce bluastra è lastessa che illumina le piscine dei reattori nucleari. Quella luce

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bluastra farà guadagnare a Pavel un Premio Nobel,24 anni dopo. Ma, soprattutto, farà sì che a PavelCherenkov venga dedicato il personaggio delnavigatore e ufficiale alle armi Pavel Chekov diStar Trek.

A destra. Un reattore nucleare dal quale si sprigionala tipica radiazione luminosa azzurra che porta il

nome di radiazione Cherenkov.

1938Guido Horn D'Arturo è un triestino classe 1879.La stessa di Albert Einstein. Si è laureato nel1902, a Vienna, con una tesi sulle orbitecometarie. Il cognome D’Arturo, in onore delpadre Arturo, lo ha assunto durante la PrimaGuerra Mondiale, per evitare la condanna a morteper tradimento dell'aquila asburgica. Perché alfronte, sul Carso, aveva deciso di arruolarsinell’artiglieria italiana. Congedatosi con al pettola Croce di Guerra, nel 1921 è stato chiamato adassumere la cattedra di Astronomia all’Universitàdi Bologna e la direzione dell'OsservatorioAstronomico Universitario. Dopo aver costruito l’Osservatorio Astronomico diLoiano, da ormai 6 anni lavora a un progetto natosecondo il famoso detto “fare di necessità virtù”.

Vuole un telescopio con uno specchio digrandi dimensioni, ma non ha né i soldi né lepossibilità tecniche per realizzarne uno mediantela tecnica della fusione. Ha quindi pensato che lasoluzione potrebbe essere quella di usare unmosaico di tasselli, specchi esagonali più piccoli(ne abbiamo parlato su Coelum Astronomia 228:“Guido Horn D’Arturo e i Telescopi dell’Avvenire). Il suo progetto però dovrà aspettare. Perché inquel 18 settembre del 1938, nella sua Trieste, daun palco in Piazza Unità d'Italia, un signoretarchiato e senza capelli ha appena annunciato leleggi a difesa della razza italiana. E Guido HornD'Arturo, Croce di Guerra dell’artiglieria italianama nato da una famiglia ebraica, ha appenascoperto di non essere abbastanza italiano. Sarà

A destra. Specchiocomposto di 61 tassellidell’Osservatorioastronomico universitariodi Bologna. Diametro diciascun tassello cm.20;diametro dell’interospecchio metri 1,80.Distanza focale dellospecchio metri 10,41.Tratta da “Il compiutospecchio a tasselli dimetri 1,80 d’aperturacollocato nella torredell’Osservatorioastronomico universitariodi Bologna”, Coelum, 5-6,1955, pg. 66-68.

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Il professore diAstronomiadell’Università diHarvard e direttoredello SmithsonianAstrophysicalObservatory, FredWhipple, è diventatofamoso per averpredetto l’era deisatelliti artificiali. Èstato anche quelloche ha avutol’intuizione che lecomete siano conglomerati ghiacciati. “Palle dineve sporca”, le ha chiamate. Poco romantico,certo, ma Whipple è un uomo pragmatico. Se nonlo fosse non potrebbe essere lì, in quel momento,a inaugurare il nuovo osservatorio di MountHopkins, col suo abbagliante telescopio di tipoCherenkov. Un telescopio da record. Nessunacupola, un solo specchio. Ma che specchio! 10metri di diametro resistenti alle intemperie,composto da una miriade di tasselli esagonali,dovrà studiare i raggi gamma da terra. Questeparticelle ad altissima energia, provenienti dallospazio, vengono assorbite dall’atmosfera. È unbene per la gente, altrimenti saremmo tutti

abbondantemente morti. Ma per un astrofisicoquesto è un problema, perché vuol dire doverandare nello spazio con dei satelliti, per studiarli.Ma se i raggi gamma sono molto energetici isatelliti vengono passati da parte a parte, e nonvedono nulla. Quando questi raggi sono assorbitidall’atmosfera, però, danno il là a una vera epropria doccia di particelle meno energetiche incaduta. E alcune di queste, in atmosfera, viaggianocosì veloci da produrre luce Cherenkov che arrivaa terra. Più è energetico il raggio gamma all’inizio,più luce Cherenkov avrò. Se con un grandetelescopio raccolgo questa luce, quindi, potròricostruire le caratteristiche del raggio gammainiziale. Vuol dire sfruttare l’intera atmosferaterrestre come parte integrante del rivelatore.Un’idea geniale! Può solo intuire, Fred Whipple, di essere sul puntodi rivoluzionare l’astrofisica delle alte energie. Iltelescopio che ha di fronte – che così comel’Osservatorio di Mount Hopkins prenderà ungiorno il suo nome – sarà il primo a misurare unasorgente galattica capace di emettere radiazionegamma con energia di tera-elettronvolt, ovveromilioni di volte l’energia cinetica delle particellecariche generate nell’esplosione nucleare diHiroshima: la nebulosa del Granchio.

allontanato dal proprio lavoro per 7 lunghi anni,per essere reintegrato solo nel dopoguerra. Unavolta tornato, riuscirà a costruire uno specchio da1,8 metri di diametro, composto da 61 tasselli.

Continuerà a migliorare questa idea di specchi amosaico fino alla sua morte, nel 1967, sapendo diaver tramandato il suo lavoro.

1968

2014

In una nuvolosa giornata di fine settembre, sullependici dell’Etna, un nutrito gruppo di personefugge da una grandinata. Stavano festeggiandol’inaugurazione del nuovo telescopio dellastazione osservativa di Serra La Nave, quando ilmaltempo li ha colti di sorpresa. Ma non tutto ilmale viene per nuocere. La grandinata è servita

come test per gli specchi. Il telescopio, infatti,chiamato ASTRI (Astrofisica con Specchi aTecnologia Replicante Italiana) SST-2M, è untelescopio Cherenkov, e in quanto tale non hacupola protettiva. I suoi specchi devono quindiresistere agli agenti atmosferici. E ai piccioni.Specchi, al plurale: perché fra i record che ha

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appena segnato quel telescopio, il più grandetelescopio ottico italiano, c’è anche quello diessere il primo telescopio Cherenkov a doppiospecchio tassellato. Da qui deriva il 2M: 2 Mirrors.È un design ottico inusuale per questo tipo distrumenti, si chiama “Schwarzschild-Couder”.Il telescopio ASTRI SST-2M (ad oggi rinominatoASTRI-Horn) nonostante i 4 metri di diametro, è ilprototipo di una serie di telescopi di piccoledimensioni (Small-Size Telescope, SST) delprogetto CTA, Cherenkov Telescope Array. Unprogetto che vedrà la costruzione di 120telescopi in due siti, uno nell’emisfero nord (LaPalma, Isole Canarie) e uno in quello sud (Paranal,Cile). 120 telescopi lavoreranno assieme persondare l’Universo dei raggi gamma fino a energie100 trilioni di volte superiori a quelle della lucevisibile, in quello che è uno dei più ambiziosiprogetti dell’astrofisica contemporanea. Un

progetto che vede l’Europa e l’Italia protagonista,in prima linea.

2019

A inizio maggio sono stati infatti presentati i risultati della prima osservazione da parte deltelescopio italiano ASTRI-Horn di raggi gamma aenergie dei tera-elettronvolt provenienti dallaNebulosa del Granchio. Un oggetto vecchio quasimille anni ha fornito la conferma che un designottico nato oltre 11 decadi fa, ritenuto a lungo unobiettivo irraggiungibile, funziona! Così comefunzionano gli specchi tassellati del povero Horn,a oggi fondamentali per la realizzazione dei piùgrandi telescopi al mondo.La Storia tesse le sue trame, si dice, e alle voltetira fili che apparivano scollegati fino a un attimoprima. La Scienza è un tessuto intrecciato damilioni di persone che svolgono piccole azioni,apparentemente insignificanti, su stradeilluminate alle volte solo dalla flebile luce dellacoda di una cometa. Un lavoro che però, magarisecoli dopo, dimostra che una comunità riesce adandare oltre i singoli.Il filosofo Bernardo di Chartres, quasi mezzomillennio fa, scrisse che siamo come nani sullespalle di giganti, e che salendo sulle loro spalle

possiamo vedere più cose di loro e più lontane.Non potremmo fare ciò che facciamo senza chi ciha preceduto, anche quando il lavoro di costuirimane nell’ombra. Ognuno di noi sale sulle spalledei giganti o dei nani del passato, fornendo il suocontributo. Anche se il contributo è quello di unnano alle prime armi, giunto in un osservatoriobrianzolo per la sua tesi magistrale, che decide chequesta idea di lavorare in un team che creaspecchi per un telescopio sull’Etna è intrigante.Anche se, cercando di fare specchi infrangibili, ilnano è riuscito non si sa come a rompere unnumero incalcolabile di tasselli.Ma alla fine (e alla faccia di chi sostiene cherompere specchi porti solo sfortuna), grazie a tuttigli errori, ai nani e ai giganti, si riesce tutti insiemea guardare più lontano, inseguendo l’orizzonte perscoprire nuovi astri e nuove comete. Nuova culturache ci faccia capire che il nostro postonell’Universo forse non sarà di primo piano, ma c’èe dovremmo imparare a preservarlo, in questanostra piccola oasi di vita sperduta nell’immensa efredda oscurità.

Sopra. Il telescopio Astri a Serra La Nave,Catania. Crediti: Astri/Inaf

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NOTIZIARIODi Autori Vari

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PHOTOCOELUMLa Gallery di Immagini Astronomiche

Luna urbana di Fausto LubattiIl tramonto della Luna. La stella luminosa poco più a sinistra è Aldebaran. Immagine del 6 maggio 2019alle 21:30 realizzata con una reflex Canon EOS5D Mark II e un obiettivo EF 70-300mm f/4-5,6 IS USMalla focale di 170 mm.

Le migliori immagini caricate dagli utenti in maggio. Carica le tue foto in PhotoCoelum!

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Alba lunare! di Tiziano BoldriniLuna Piena! Immagine del 18 febbraio 2019 realizzata con una fotocamera reflex digitale Nikon D5300con obiettivo con focale di 500 mm; tempo di esposizione di 1/125 s a 320 ISO.

Luna Cinerea HDR 9% di Giuseppe ConzoImmagine realizzata l'8 aprile 2019 da Palidoro con una camera CCD e un telescopio rifrattoreSkywatcher 80 ED con diametro di 80 mm e focale di 600 mm.

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Cratere Endymion diLuigi MorroneRipresa del cratereEndymion. Immagine del10 maggio 2019 acquisitacon una camera CCD.Montatura Fornx52 etelescopio Schmidt-Cassegrain Celestron condiametro di 356 mm (14'')e focale di 4.500 mm. Filtriutilizzati: R + IR.

Clavius di MichaelBarbieriIl cratere Clavius è unenorme cratere lunare dicirca 225 km di diametro.Al suo interno sonopresenti numerosi crateridi svariate dimensioni emorfologie. Catturare i piùpiccoli dettagli lunari è lamia passione! Immaginerealizzata il 15 aprile 2019alle 21:17 con una cameraCCD e un telescopionewtoniano GSO 300 mm(11'') di diametro e focaledi 2.500 mm.

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Le migliori immagini caricate dagli utenti in maggio. Carica le tue foto in PhotoCoelum!

La Via Lattea Australe diAntonio Ferretti

Un'immagine mozzafiato, sotto ilcielo estivo della Nuova Zelanda.

In basso a sinistra, si staglia laCroce del Sud immersa nella Via

Lattea Australe. In alto è presentela Nebulosa della Carena e subitoin basso, un cumulo bluastro che i

locali chiamano "Le Pleiadiaustrali". Immagine del 3 marzo

2017 da Papamoa (NuovaZelanda), realizzata con una Canon60 Da con obiettivo zoom Tamron

SP 17-50 mm f/2.8 a 50 mm, suastroinseguitore SkyWatcher StarAdventurer. Elaborazione: Attilio

Bruzzone con PixInsight

Sole in H-Alpha di

MarcelloBertoldi

Ripresa del Sole inH-Alpha. Immaginedel 23 marzo 2019alle 10:30 con una

camera CCD etelescopio

rifrattore solareLUNT con diametro

di 100 mm (3'') efocale di 1.600 mm.

Filtri: Etalon H-Aplha

AR12740 di CristinaCelliniImmagine della macchiasolare AR12740 del 6maggio 2019 alle 17:04acquisita con una cameraCCD e un telescopiorifrattore apocromaticoPentax 75 su EQ5 con filtroCoronado Solarmax60BF10 e lente di BarlowTelevue 2x. Diametro deltelescopio di 75 mm (2'') efocale di 500 mm.Software perl’elaborazione: Avistack2,AstraImage5, LiLu, PaintShop Pro X9 e TopaxDetails plug-in.

86 COELUM ASTRONOMIA

Nebulose nella regione di Antares tra Ofiuco e Scorpione di Francesco BadalottiImmagine del 6 maggio 2019 alle 17:00 fra le costellazioni dello Scorpione e di Ofiuco. Panoramicasulle nebulose IC 4603, IC 4604, IC 4605, IC 4606 situate nella regione della stella Antares (in questaimmagine non visibile) oltre ad alcune "nebulose oscure" costituite da enormi nuvole di materia scura,gas e polveri interstellari più o meno dense che bloccano la luce proveniente dalle stelle dietro di esse.Telescopio a controllo remoto Rifrattore Apo Petzval 106 mm f5 (Siding Spring, Australia). Esposizioni:Luminanza 1×600" bin1 + RGB 1×600" bin2 ogni canale di colore. Elaborazione Autostakkert, Registax,Photoshop.

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Emberson-Jones1 Nebulosa Planetaria nella Lince di Cristina CelliniImmagine del 6 marzo 2019 alle 23:00 ottenuta con una camera CCD e un telescopio rifrattore TecnoskyApo 130/900 con diametro di 130 mm (5'') e focale di 900 mm. Filtri usati: Astrodon RGB GenII I-series eNarrowband 5nm.

Nebulosa Planetaria PN A66 43 di Zlatko OrbanicNebulosa planetaria nella costellazione dell’Ofiuco. Immagine realizzata il 2 maggio 2019 alle 3:10 conuna camera Atik 414 Ex Mono e un obiettivo GSO Ritchey-Chrétien Astrograph 10” con diametro di 254mm e focale di 2000 mm. Filtri usati: Ha/OIII. Elaborazione con il software Pixinsight.

88 COELUM ASTRONOMIA

La galassia Girandola (M 101) di Tommaso StellaLa galassia Girandola (M 101) si trova nella costellazione dell’Orsa Maggiore poco distante dalla stellaMizar. È molto estesa (170.000 anni luce) e dista dal Sistema Solare circa 24 milioni di anni luce. Ha unacomune forma a spirale (classificata come SC non compatta) ma presenta una asimmetria che,probabilmente, è stata causata dall’interazione con un’altra galassia. Avendo utilizzato pose brevi (40secondi) senza autoguida, sono riuscito a catturare dettagli abbastanza fini, compatibilmente con il cieloche non era dei migliori. Il risultato può essere apprezzato soprattutto nelle zone più luminose delnucleo.Immagine realizzata con una camera ZWO Astronomy Cameras ASI 294 MC Pro, una montaturaSkywatcher AZ-EQ6 GT e un telescopio Skywatcher 200 f4 Wide Photo con diametro di 200 mm (7'') efocale di 800 mm. Filtri: Optolong Astronomy Filter L-Pro.

Tripletto del Leone diFabrizio AimarPrima luce della camera ASI 294MC pro. Telescopio newton OrionUK 200/900 F 4.5, con focale di900 mm e diametro di 200 mm(7''). Filtro Optolong L pro eelaborazione con il softwarePixinsight.

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M 3 – Globular Cluster di Corrado GamberoniTra le costellazioni dei Cani da Caccia, Boote e Chioma di Berenice si trova uno degli ammassi più brillantidel cielo. Si tratta di M 3, scoperto da Charles Messier nel 1764. L’ammasso è situato a circa 33.900 anniluce da noi e ha magnitudine di +6,2. Si ritiene che la sua età sia di 10 miliardi di anni. Immagine del 1maggio 2019 alle 22:00 da Camerino (MC), ottenuta con una reflex Nikon D5100 full Spectrum Modded,montatura Skywatcher EQ6 SynTrek e telescopio Skywatcher Evostar 72ED con focale 1.200 mm ediametro di 200 mm (7''). Filtro Optolong UV/IR Cut.

M 67 ammasso aperto nel Cancro di Cristina CelliniImmagine del 5 marzo 2019 alle 21:00 ottenuta con una camera CCD e un telescopio APO TecnoSky130/900 con focale di 900 mm e diametro di 130 mm (5''). Filtri usati: Astrodon RGB Gen II I-series.

OMEGA CENTAURIdal cielo di RomaProposta di ripresa ai confini dell’orizzonte

di Paolo Colona

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Nella pagina a sinistra. L’incredibile fotografia realizzata il 27 aprile 2019 da Paolo Colona (Accademia delleStelle) che ritrae il grande ammasso globulare Omega Centauri, un oggetto tipico del cielo Australe e visibileanche dall’Italia in condizioni proibitive e per un periodo limitatissimo di tempo.

Il cielo è vasto: l'astrofilo sembra avere adisposizione un campo sconfinato per le sue“scorrerie” astrali. Eppure negli anni, quando si èpresa confidenza con le costellazioni, può venirevoglia di esplorare angoli nuovi.Queste plaghe meno conosciute e più difficili daosservare si trovano a sud: sono le costellazioniaustrali, quelle che, per intenderci, si vedonobene dall'altro emisfero, quello Australe, e cheper brevi periodi spuntano a stento sopral'orizzonte italiano, sempre immerse nelle brumedegli strati più bassi dell'atmosfera. Girando perqueste bande ci si può imbattere in costellazionidal nome esotico: Lupo, Scultore, Corona Australe,Vele, Bulino, Gru, Telescopio e altre ancora.La voglia di osservare oggetti insoliti puòinvogliare l'astrofilo verso zone celesti così ardue,con la curiosità di scoprire “fin quanto a sud” ci sipuò spingere a osservare. Ricordo che sulle colonne dello storico giornaleL'Astronomia, Federico Manzini alla fine degli anniOttanta lanciava la sfida ai suoi lettori diosservare l'oggetto più meridionale possibile:credo che fu quella l'occasione in cui contrassiquesta curiosità. Cominciai ad aprire le cartecelesti alle pagine delle costellazioni australi incerca di stelle abbastanza luminose da poteressere ancora osservate dall'Italia. Vivendo a 42° Nord, il limite divisibilità teorico sulla volta celestecade sul 48° parallelo meridionale:cercando in quella zona, si scopreben presto che proprio là si trova(guarda caso!) uno degli oggetti piùfamosi di tutto il cielo: l'incredibileammasso Omega Centauri. Si tratta di un ammasso globularetalmente luminoso da essere visibilea occhio nudo e aver meritato diessere catalogato con una lettera

greca, proprio come si fa con le stelle.La declinazione di Omega Cen è di –47,5°, il che lofa salire di mezzo grado sopra l'orizzonte di Roma.Si tratta di un valore ridicolmente piccolo, eppurenon nullo: la sfida cominciò a prendere forma. A mezzo grado dall'orizzonte l'estinzioneatmosferica è enorme, superiore a 6 magnitudini,portando Omega Centauri dalla sua magnitudinedi +3,7 a oltre la decima, ma accessibile solo incondizioni meteo eccezionali.Per riuscire nell'impresa occorreva poi trovare unluogo d'osservazione che avesse l'orizzonte sudtotalmente sgombro. Passai non poche oresull'atlante stradale TCI (che riporta montagne equote) in cerca di una cima elevata con quellacaratteristica (e che fosse servita da una strada!).Scoprii così che un punto ideale erano i MontiPrenestini (provincia di Roma), fra Capranica eGuadagnolo. Si tratta di luoghi meravigliosi, che conoscevobenissimo: ometterò la mole di ricordi che holegati a quei monti, a quelle valli e ai borghiescheriani che vi si trovano sparsi; basterà direche questa foto qui sotto, comparsa su CoelumAstronomia 214, fu presa da quelle parti, vicino aCiciliano, in occasione del passaggio della cometaHale-Bopp..

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Trovandosi sopra i 1.000 metri, e distando amalapena un'ora d'auto da Roma, è uninteressante sito osservativo che non poche volteabbiamo scelto con gli astrofili dell'Accademiadelle Stelle per le consuete uscite in occasionedei noviluni.Con la mia sfida in mente, in tutti questi anni hotentato più volte, sia col binocolo sia conmacchina fotografica, di individuare perlomeno lestelle del Centauro che potevano guidarmi fino aOmega. Apparve chiaro che la macchinafotografica aveva molte più possibilità di riuscirenell'impresa, che si rivelava ostica com'eraprevedibile. Il successo alla fine arrivò: il 28 maggio 2017,salito apposta a Guadagnolo con lastrumentazione astronomica, riuscii a fotografareper la prima volta Omega Centauri. Nonostante ilbuon esito, la foto aveva un rapporto segnale-rumore assai basso, sicché mi riproposi dimigliorarla prima di renderla nota. Poiché lafinestra di visibilità di Omega Centauri èbrevissima, quell'anno non potei però replicarel'impresa. L'anno successivo mi ricordai dellaquestione solo dopo che la finestra era di nuovochiusa (un po' alla maniera di Douglas Adams: «Ilove deadlines, I love the whooshing noise theymake as they go by (amo le scadenze, amo ilrumore che fanno quando mi sfrecciano accanto)» . Quest'anno, deciso a rifarmi, ho atteso fin dasubito che arrivasse il momento di riaprire lacaccia a Omega Centauri e, alla fine, sabato 27aprile tornai su a Guadagnolo, stavolta incompagnia di Cristian Ciotti, già mio corsista e oracollaboratore di Accademia delle Stelle. Montatal'attrezzatura (l'apocromatico da 88 mm, f=500,su Losmandy G11 non guidata), ci mettemmo allaricerca dell'ammasso. Scattavo alla massimasensibilità con la Canon 5D II modificata,confrontavamo la foto con la carta, e mi spostavodi conseguenza. Nel campo già cominciavano aentrare le alture all'orizzonte mentre miavvicinavo all'ammasso, finché, a un certo punto,

la fotografia di ricognizione mostrò un grossotondo rosato: era Omega Centauri! Il fatto cheapparisse già così evidente allo schermo dellafotocamera mi fece sperare davvero bene.Impostai 30 scatti da 5s a 6.400 ISO e poi altre treserie, per integrare ulteriormente il segnale, e da

Sopra. La prima fotografia di Omega Centauri scattatada Paolo Colona il 28 maggio 2017. Sebbene il

soggetto sia visibile, il rapporto segnale-rumorerisulta assai basso, cosa che ha spinto l’autore a

tentare nuovamente la difficile sfida di riprenderlo.

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quel momento non riuscii a pensare ad altro che aelaborare il bottino della serata. Fortunatamente l'elaborazione riuscì comedesideravo, con un cielo blu tendente al neroverso l'alto, e il bel panorama del paese di RoccaMassima in primo piano (in realtà a ben 27 km didistanza!).Come si può verificare facilmente, basandosi sullestelle visibili nella foto, Omega Centauri distasolo un grado e mezzo dall'orizzonte, che èquanto ci si aspetta osservando alla quota di

1.200 metri alla latitudine di 42° N. Le ultime nubivisibili distano circa 120 km e si trovavano in mareaperto, sul Mediterraneo. Guardando la foto ricevo un grande senso diappagamento per la sua bellezza e per avercompiuto l'impresa concepita qualche decenniofa. Spero anche di spronare altri a intraprenderescorribande nei cieli dell'altro emisfero, e miattendo che diverranno numerose le foto che gliastrofili italiani faranno a quella gemma dei cieliaustrali.

Sotto. Un ingrandimentodella ripresa a OmegaCentauri effettuata il 27aprile 2019 da Paolo Colona:sono state evidenziate alcunestelle appartenenti allacostellazione del Centauro.A sinistra. Una simulazione alplanetario con la posizionedell'ammasso globulare edelle stelle nelle suevicinanze sovraimpressa allafoto originale di Colona.

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NGC 4921: La Spirale Anemica

Le Meraviglie del Cosmo

di Barbara Bubbi - Universo Astronomia

Questa galassia a spirale dall’aspetto particolare fa parte dell’Ammassodella Chioma, Abell 1656, una ricca collezione di oltre un migliaio digalassie situato a 320 milioni di anni luce di distanza, nella costellazionedella Chioma di Berenice. La spettacolare ripresa del Telescopio SpazialeHubble rivela minuti dettagli di NGC 4921, così come un ricco sfondo digalassie più distanti che risalgono alla giovinezza dell’Universo. In ammassi affollati come Abell 1656, le galassie vanno soggette amolteplici interazioni e fusioni, che gradualmente tendono a trasformarleda spirali ricche di gas a sistemi ellittici con ridotta attività di formazionestellare. Come risultato, rispetto ad angoli di Universo più tranquilli,nell’Ammasso della Chioma sono presenti un numero di galassie ellittichemolto superiore alle galassie a spirale. NGC 4921, oltre ad essere una dellerare galassie a spirale dell’ammasso, ha un aspetto davvero insolito. Nel 1976, l'astronomo Sidney van den Bergh la classificò infatti come"galassia anemica", data la presenza ridotta di giovani stelle brillanti e dibracci a spirale dall'aspetto nebuloso: la vigorosa formazione stellare cheforgia i consueti bracci luminosi delle spirali è, in questa galassia, moltomeno intensa. Il nucleo brillante è attraversato da una struttura centrale abarra, formazione frequente nelle spirali, ed è evidente un vortice delicatodi polveri disposte ad anello, in cui risplendono alcune giovani stelle blu.Tuttavia, gran parte della struttura a spirale nelle regioni esterne èinsolitamente “liscia” e poco distinguibile: questa caratteristica dona aNGC 4921 l’aspetto particolare di un grande medusa traslucida. Studi effettuati sulla galassia hanno evidenziato la presenza di bassequantità di idrogeno, una scarsità dovuta probabilmente all'interazionecon il mezzo intergalattico, che ha privato la galassia del gas a suadisposizione. Questo fenomeno, chiamato ram pressure stripping, ha effettipesanti sulle galassie che viaggiano verso il centro di affollati ammassigalattici. Quando una galassia in movimento veloce attraversa il mezzointergalattico, le nubi al suo interno interagiscono con il gas caldonell'ambiente, la pressione aumenta e il gas viene “strappato via”.Perdendo il gas, materia prima per la formazione stellare, la galassia vaincontro a una morte lenta, non essendo più in grado di illuminarsi dinuove stelle. Le stelle già presenti si raffreddano e, nel corso del tempo,diventano vecchie, senza essere sostituite da nuove stelle.

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Questo processo è una delle ragioni per cui legalassie negli ammassi cessano di formare stellepiù rapidamente rispetto alle loro compagneisolate. Anche NGC 4921, la bella "galassiaanemica" qui immortalata, ha subito questa sorta

di "emorragia gassosa", riducendo di conseguenzal'attività di formazione stellare nei suoi bracci.Migliaia di galassie molto più distanti, di ogniforma, dimensione e colore sono ben visibili nellaripresa, anche attraverso la galassia stessa!

Crediti: NASA, ESA, Hubble, Kem Cook (LLNL);Processing & Copyright: Leo Shatz

UNO SCATTO AL MESEdi Giorgia Hofer

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Il Sole nelle fotografiedi paesaggioSorgente abbagliante di luce e calore, grazie al luiesistiamo e sopravviviamo. In ogni epoca haricevuto le lodi e la venerazione di tutte lepopolazioni che hanno abitato la Terra, perché èsempre stato considerato come la divinitàprimaria, colui che dava vita a ogni cosa sullaTerra. Ed effettivamente è così, il Sole è il centrodel nostro Sistema Solare, influenza il nostroclima ed è anche il responsabile di alcunifenomeni davvero spettacolari come le auroreboreali. Per quanto mi riguarda, credo che il Sole sial’astro che ho fotografato di meno in assoluto, digiorno sono sempre distratta da mille impegni.Inoltre per la ripresa in primo piano della nostrabella stella sono necessari dei filtri per schermare

la forte luce. Riprenderlo nel paesaggio poi,sempre per questa sua caratteristica non è semprefacile (e ci vuole davvero molta attenzione!). Ci sono dei momenti, però, in cui invece lecondizioni di ripresa sono favorevoli, ossiadurante le eclissi di Sole, oppure molto piùfacilmente all’alba o al tramonto. Recandomispesso in montagna per fotografare l’alba mi sonoimbattuta in situazioni particolari e interessanti,come quella volta che il Sole è sorto propriodietro alle Cinque Torri. Le fenditure tra le roccemi hanno permesso di riprendere il Sole all’albasenza alcun filtro e, chiudendo l’obiettivo a f/11,sono riuscita a ottenere una bellissima raggiera.Ricordo a tutti che riprendere o osservare il Sole

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Il cielo stellato delleDolomiti

Leggi anche:

È la volta di Marte, ilPianeta Rossosu Coelum Astronomia233 a pagina 120.

senza gli adeguati mezzi di schermatura e protezione èestremamente rischioso e può provocare danni irrimediabili allanostra vista: prestiamo sempre la massima attenzione!

Qualche curiosità sul Sole

Il Sole presenta dei cicli di attività di circa 11 anni, in cui lemacchie solari si propongono a intervalli, aumentando di numeronei periodi di massima attività solare, e diminuendonotevolmente, se non scomparendo del tutto, nei periodi diminimo. Negli ultimi mesi il Sole è stato poco generoso,confermando il suo ingresso in un periodo di minimo “anticipato”nell’arco del 2018. Ora ci troviamo quindi in un periodo di scarsaattività solare, ma abbiamo avuto la fortuna di vedere pochi giornifa una grandissima macchia, la n. 2738, grande come tre Terremesse assieme! È anche grazie a questi paragoni che riusciamo a capire quantopiccoli siamo! Pensare che il nostro pianeta, che per noi ègrandissimo, riesca a stare tre volte dentro quella macchia èqualcosa di incredibile... Il Sole ha un asse inclinato rispetto all’eclittica di 7,3 gradi, valoredeterminato grazie allo studio e all’osservazione dellospostamento delle macchie solari sulla sua superficie. Osservandoil loro moto apparente sulla superficie del Sole possiamoaccorgerci di come cambi in base ai periodi dell’anno: partendodal mese di giugno, quando la Terra si trova sul piano equatoriale,

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sembrano muoversi in linea retta. Da luglio adicembre descrivono una curva che va verso ilbasso, da gennaio fino a maggio descrivono unacurva convessa verso l’alto. Il momento migliore per osservare il Sole e le suemacchie è due ore circa dopo l’alba, prima che

l’irradiazione solare scaldi l’atmosferainfluenzando troppo il seeing. Nei mesi autunnali, quando l’atmosfera è piùfredda e “calma” abbiamo le condizioni migliori,ma in realtà, con le giuste accortezze, nulla civieta di fotografarlo in ogni periodo dell’anno.

Macchia solare o Sunspot n°2738 ripresa il 17 aprile 2019.

Come fotografare il SoleIn astrofotografia, il problema principale nellaripresa del Sole è legato essenzialmente alla suagrandissima luminosità: non esistono obiettivicon diaframmi tanto chiusi o otturatori così velocida permetterci di riprenderlo in modo corretto esicuro. Dobbiamo sempre e necessariamenteutilizzare un filtro solare apposito, in primis perevitare di rovinare i nostri occhi (attenzione:anche solo mirare al Sole attraverso unafotocamera può provocare danni irreversibili alla

vista) e poi la nostra strumentazione. Nonpensiamo assolutamente che i vetrini da saldatoresiano sufficienti, non bastano infatti perschermare tutte le radiazioni dannose chearrivano dalla nostra stella. Una cosa è dareun’occhiata fugace durante un’eclissi (che in ognicaso richiede attenzione), un’altra utilizzaremetodi “casalinghi” per osservazioni e ripresesolari, necessariamente più prolungate.

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Facciamo viaggiare la fantasia e osserviamo cosa succede

Come dicevo, non mi sono mai dedicata molto alleimmagini dirette del Sole: possiedo solo un filtroin luce bianca. Mi sono sempre divertita di più ariprendere il Sole con gli elementi del paesaggio,alla portata un po’ di tutti, che poi è lo scopoprincipale di questa mia rubrica. In questa immagine qui sotto ho ripreso l’albasotto le Tre Cime, quando ho catturato i primiraggi di Sole che spuntavano da dietro questo“ometto di pietra”...Ogni tanto mi piace anche cambiareambientazione, approfittando di viaggi e vacanze,come ad esempio durante il viaggio in Sicilia, nel

2016, assieme alla mia amica Marcella Giulia Pace.In quei giorni, abbiamo deciso di riprendere lanostra stella da una visuale per me insolita,durante il suo tramontare dietro l’orizzontemarino, dalla spiaggia di Punta secca a Marina diRagusa. Era una bellissima sera di metà agosto e,nonostante le temperature fossero molto altedurante il giorno, la brezza marina rendevapiacevole stare in spiaggia sia di giorno che disera. Il mio intento era quello di cercare diosservare e riprendere il “raggio verde”, un effettoatmosferico che ancora non ero (e tutt’ora nonsono) riuscita a fotografare, perché da me le giustecondizioni si presentano solo in rari casi.

Esistono in commercio ormai tanti filtri per tuttele tasche e per ogni esigenza, dal semplice filtroin luce bianca che ci permette di vedere, bene e alsicuro, le macchie solari o il passaggio di pianeticome Mercurio davanti alla nostra stella. Esistono

poi i filtri in H-alfa che ci permettono di vedere eriprendere le bellissime increspature dellacromosfera o le protuberanze anche se non citroviamo in presenza dell’eclissi di Sole. Quindiperché rischiare inutilmente?

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Nelle zone marine invece è molto più facilevedere questo effetto, ma nemmeno inquell’occasione mi si è presentato.In compenso però sono riuscita a riprendere ilSole a “forma di Omega”, come vedetenell’immagine nella pagina a destra. Ma come si forma questa strana e bellissimafigura del Sole che, a tutti gli effetti, sappiamo

essere uno sferoide? Il Sole ci appare così perchéla sua immagine è formata in questo caso, nellaparte superiore dal disco solare reale che si fondecon la sua immagine riflessa in parte nell’acquadel mare, in parte nello strato d’aria calda appenasopra l’orizzonte. A tutti gli effetti ci troviamo difronte a un’illusione ottica, a un miraggio.

Quale strumentazione utilizzarePer fotografare la nostra stella nel panorama, allecondizioni indicate, è sufficiente avere assieme alnostro fedele teleobiettivo, con una focale di

almeno 300-400 mm e l’indispensabile FILTROSOLARE, un buon treppiede e la possibilità discattare con il telecomando o con l’autoscatto.

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Questa piccola accortezza ci farà evitare delle vibrazioniindesiderate che potrebbero dare alla fotografia un antiesteticomicro-mosso. Consiglio di impostare la macchina fotografica con un diaframmachiuso, circa a f/11, in modo da avere una maggiore risoluzionepossibile, tenendo i valori di sensibilità ISO bassi, e impostare iltempo di posa attorno 1/400 o 1/800 di secondo stando attenti anon sovraesporre troppo l’immagine: starà a voi variarequest’ultimo parametro in base alle condizioni in cui eseguite lafotografia. Come sempre, il mio consiglio principale è quello di far viaggiarele vostra fantasia e affinare il vostro spirito di osservazione percogliere nei panorami che avrete a disposizione gli elementi piùadatti per incorniciare la nostra stella. Sicuramente avrete dellegrandissime soddisfazioni! Cieli sereni

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IL CIELO DI GIUGNO

di Redazione Coelum Astronomia.

In giugno continua l’apparente moto di risalita del Sole,che il giorno 21 raggiungerà il punto di massimadeclinazione nord dell’eclittica (pari a +23° 26'). In quelmomento si verificherà il solstizio estivo, chenell’emisfero boreale sancirà l’inizio dell’estateastronomica. Lo stesso giorno il Sole passerà dallacostellazione del Toro a quella dei Gemelli.Il termine “solstizio” sta a significare in latino “solestazionario”, un chiaro riferimento al rallentamento epoi all’apparente immobilità del Sole al culmine di unperiodo (quello che va dal solstizio invernale a quello

Giugno è il mese dell’anno caratterizzato dallelunghe giornate e l’inizio della notte astronomica(l’intervallo di tempo in cui il Sole resta sottol’orizzonte di almeno –18°) si farà attendere finquasi alle 23:00. A quell’ora il cielo appariràattraversato nel basso meridiano dallacostellazione del Sagittario, individuabilefacilmente grazie alla sua caratteristica figura a“teiera”, e dallo Scorpione, in cui brilla la rossaAntares. Più in alto, sempre rivolti a sud, si passeràdall’Ofiuco all’Ercole, con quest’ultimo situatoquasi allo zenit. Il Leone, che ci ha accompagnatinei mesi passati, si starà invece avviando altramonto, mentre verso est comincerà ad alzarsil’asterismo del “Triangolo estivo” formato da Vega,Deneb e Altair (le stelle più brillanti di Lira, Cigno eAquila), insieme ai ricchissimi campi stellari checompongono la Via Lattea. Sull’orizzonte dinordest, più tardi durante la notte, farà capolino lagrande Galassia di Andromeda (M 31), cheraggiungerà una buona altezza sull’orizzonte giàprima dell’alba, precedendo il sorgere delle Pleiadi(M 45) nel Toro.

IL SOLE

Aspetto del cielo per una localitàAspetto del cielo per una localitàposta a Lat. 42°N - Long. 12°Eposta a Lat. 42°N - Long. 12°E La cartina mostra l’aspettoLa cartina mostra l’aspettodel cielo alle ore (TMEC):del cielo alle ore (TMEC):1 Giu > 00:001 Giu > 00:0015 Giu > 23:0015 Giu > 23:0030 Giu > 22:0030 Giu > 22:00

Le effemeridi complete sonoLe effemeridi complete sonodisponibili cliccando qui disponibili cliccando qui

oppure cliccando sui oppure cliccando sui nomi dei pianeti alle nomi dei pianeti alle

pagine successive. pagine successive.

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Sopra. Il grafico mostra l’aspetto dei pianeti durante il mese, con indicati i relativi diametri angolari e, perquelli interni, anche la fase. Il diametro di Saturno è riferito all’intero sistema (anelli inclusi).

PIANETI

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Di seguito vengono fornite alcune indicazionisulle condizioni di osservabilità dei pianeti per ilmese di giugno 2019. Gli orari sono espressi inTMEC, cioè all'ora indicata dai nostri orologi. MercurioMag. da –1,1 a +0,9; diam. da 5,5" a 9,2"; fase da87% a 29%Visibile la sera al tramontoDopo un periodo in cui Mercurio si è dimostrato

particolarmente sfuggente, finalmente in giugnoavremo nuovamente la possibilità di osservarlo lasera, immerso nelle luci del crepuscolo. Lecondizioni di osservabilità saranno piuttostofavorevoli, soprattutto nella seconda metà delmese, quando raggiungerà una buona altezzasull’orizzonte. Lo vedremo muoversi piuttostorapidamente, entro i confini della costellazione delToro, fino al 5 giugno, per passare poi nei Gemelli(il 10 sarà a 1’ a sud di Epsilon Geminorum), dove

estivo) che lo vede aumentare la propriadeclinazione (e quindi l’altezza sull’orizzonte almomento del transito in meridiano) di quasi 47°.Dopo questa fase, il Sole inizierà lentamente adiscendere, mantenendo comunque una

declinazione al di sopra dei +23° fino agli ultimigiorni del mese. Ovviamente ciò comporterà undeciso aumento delle ore di luce a scapito dellanotte astronomica, che mediamente durante ilmese non supererà le 4,5 ore.

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resterà fino al 24 giugno, giorno che segna ilpassaggio nel Cancro. Il 21 giugno sarà incongiunzione con Polluce, posizionandosi a 5° 50’a sud della stella.Sarà ancora più interessante osservare Mercurioinseguire Marte durante tutto il mese,inseguimento che vedrà compimento nellastrettissima congiunzione la sera del 18 giugno.Il 23 giugno Mercurio raggiungerà la massimaelongazione orientale dal Sole (25,2° E). VenereMag. da –3,8 a –3,9; diam. da 10,5" a 9,9"; fase da94% a 98%Osservabile la mattina prima dell’albaContinua il periodo di declino per ciò che riguardal’osservabilità di Venere: in giugno non sinoteranno grandi cambiamenti rispetto al meseappena trascorso, quindi il peggioramento nonsarà particolarmente pronunciato, se non verso lafine del mese. Ormai si fa sempre più vicina lacongiunzione superiore con il Sole che saràraggiunta in agosto, momento in cui il pianetarisulterà assolutamente inosservabile.Approfittiamone allora per godere della visionedel bel pianeta, che ci apparirà, guardando versooriente, come una stella molto brillante (mag. –3,9) nel cielo del mattino, piuttosto bassosull’orizzonte. Venere, che dimorerà per quasitutto il mese nella costellazione del Toro – fattaeccezione per i primi tre giorni, in cui si troverànell’Ariete – precede il sorgere del Sole di pocomeno di un’ora: non avremo quindi molto tempoper osservarlo. MarteMag. +1,8; diam. da 3,9" a 3,7"Osservabile nella prima parte della notteCome per Venere, il periodo di osservabilità seraledi Marte sta volgendo ormai al termine. In giugno,sarà ancora possibile osservare il Pianeta Rossonella prima parte della notte: potremo scorgerlotra le stelle dei Gemelli (fino al 28 giugno,dopodiché passerà nel Cancro) ma la sua tenueluce (mag. +1,8) si perderà sempre piùrapidamente nelle rosse luci del tramonto. Il

pianeta infatti tramonterà alle 23 circa a iniziogiugno, anticipando di una cinquantina di minuti afine mese.Nel corso del mese, Marte sarà protagonista di unabella congiunzione con Mercurio, il giorno 18,quando i due pianeti si abbraccerannostrettamente (circa 14’ di separazione), immersinelle colorate luci del crepuscolo serale.Essendo in prossimità dell’orizzonte, potremosfruttare l’occasione per fotografare il PianetaRosso incorniciato dagli elementi del paesaggio,come ci ha spiegato Giorgia Hofer nella sua rubricadel mese scorso. GioveMag. –2,6; diam. da 45,8" a 45,5"In opposizione, ottimamente osservabile tutta lanotteÈ finalmente arrivato il periodo d’oro perl’osservazione del re dei pianeti del SistemaSolare. In giugno infatti Giove raggiungeràl’opposizione con il Sole (il giorno 10), condizionegeometrica della sua orbita che lo rendeosservabile al meglio, permettendoci di puntare inostri strumenti (telescopi, binocoli osemplicemente i nostri occhi!) verso di lui pertutta la notte. Risulta quindi ottimamenteosservabiledal tramonto all’alba. Lo troveremo moltofacilmente, già in prima serata, appena il cielo sisarà fatto sufficientemente scuro, volgendo ilnostro sguardo verso sudest: ci apparirà come unastella brillante (mag. –2,6) contornata dai più tenuiastri della costellazione dell’Ofiuco, tra cui spicca,a circa 6° e mezzo a nordest, Sabik (Eta Ophiuchi,mag. +2,5). SaturnoMag. da +1,1 a +1,0; diam. da 41,0" a 41,9"Osservabile nella seconda parte della notteLe condizioni di osservabilità di Saturno si farannovia via più favorevoli in giugno. Non dovremoattendere molto per vederlo sorgere sull’orizzonteorientale: basterà aspettare le 23 circa a iniziogiugno ma, già alla fine del mese, il pianeta conl’anello farà capolino sull’orizzonte una ventina di

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minuti dopo le 21. È facile da individuare in cielo,apparendo come una stella piuttosto brillante(mag. +1,1): si troverà nel Sagittario, a poco più di3° a est di Pi Sagittarii (mag. +2,9), stella cui andràincontro con il passare dei giorni.Saturno è sempre un soggetto affascinante, daosservare a occhio nudo, apparendo brillante eben staccato sul fondo del cielo, o al telescopio. UranoMag. da +5,9 a +5,8; diam. da 3,4" a 3,5"Osservabile al mattinoUrano torna ad essere proficuamente osservabileal mattino: sorge poco prima delle 4 a inizio mese,per anticipare di circa 2 ore alla fine di giugno. Lotroveremo entro i confini della costellazionedell’Ariete, a circa 10° 40’ a sud della stella alfadell’Ariete, Hamal (mag. +2). Purtroppo il chiaroredel crepuscolo mattutino sorprenderà presto illontano pianeta rendendolo ancora difficile da

osservare (ovviamente solo attraverso l’oculare diun telescopio di buon diametro). NettunoMag. +7,9; diam. 2,3"Osservabile al mattinoMigliore è la condizione di osservabilità diNettuno, rispetto a quella del gigante ghiacciatosuo compagno nel Sistema Solare esterno. Ingiugno, il remoto pianeta sorgerà alle 2:12 a iniziomese, anticipando alle 00:18 a fine giugno.Avremo quindi del tempo per puntare i nostristrumenti alla sua ricerca. Sarà possibilerintracciarlo nella costellazione dell’Acquario, a 3°40’ circa a nord-nordest dalla stella Psi Aquarii(mag. +4,2).Il giorno 22 sarà stazionario, per riprenderesuccessivamente a muoversi di moto retrogrado.

Il crepuscolo astronomico è definito come l’intervallo di tempo dopo il tramonto o prima del sorgeredel Sole, in cui vi siano ancora in cielo delle tracce di luce. Il crepuscolo astronomico termina quandospariscono anche le ultime tracce di luce ed inizia la notte astronomicamente intesa, il che capitaquando il Sole raggiunge i 18° sotto l’orizzonte. Come istante (all’alba o al tramonto) è definitodall’istante in cui il Sole ha l’altezza –18° sull’orizzonte. Come intervallo di tempo (all’alba o altramonto) è definito dall’intervallo di tempo che il Sole impiega a passare da 0° a –18° sull’orizzonte.

LA NOTTE ASTRONOMICA

I tempi, in TMEC, sono calcolati per una località a 12° Est e 42° Nord. Il crepuscolo astronomico inizia, otermina, nel momento in cui il Sole si trova 18° sotto l’orizzonte (vedi l’articolo all’indirizzowww.coelum.com/articoli/risorse/il-crepuscolo).

FINECREPUSCOLO

SERALE

INIZIOCREPUSCOLOMATTUTINO

DURATANOTTE

ASTRONOMICA

DATA

Giu 01 22:49 04:42 03:31 06 22:54 04:34 03:28 11 22:59 04:26 03:25 16 23:02 04:21 03:23 21 23:04 04:20 03:24 26 23:04 04:21 03:25Lug 01 23:02 04:27 03:29

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Asteroidi in giugno: l’opposizione di (410) Chloris

Se maggio ci ha un po' viziati con numeroseopposizioni a nostra disposizione per essereosservate e riprese, giugno, al contrario, sarà unmese poco generoso nei confronti degliappassionati di osservazioni asteroidali.L'opposizione migliore sarà quella dell'asteroide(410) Chloris, un oggetto appartenente alla FasciaPrincipale degli Asteroidi con un diametro mediopari a circa 123 km. Questo oggetto sarà inopposizione il 14 giugno, posizionandosi a unadistanza di 1,053 UA. In quel giorno potremolocalizzare l'asteroide all'interno dellacostellazione dell'Ofiuco, a poco meno di 5° emezzo a sudest della stella Sabik (Eta Ophiuchi,mag. +2,5) e non troppo distante (circa 6° 20') anordest di Giove. Sarà interessante osservareproprio "l'inseguimento" apparente di Chloris neiconfronti del grande pianeta gassoso, che porteràla distanza dell'asteroide dal pianeta a circa 4° afine mese. Purtroppo la luminosità di Chloris nonsarà mai eccezionale,nemmeno nel giornodell'opposizione,attestandosi su un valoremassimo pari ad appena+10,3.Scoperto da AugusteCharlois il 7 gennaio 1896dall'Osservatorioastronomico di Nizza,l'asteroide è anche ilprototipo della famigliaasteroidale che porta il suonome, conferito in onoredella dea greca dei fiori,sposa di Zefiro. La seconda opposizionedegna di nota, ma parliamoancora di un oggetto pocoluminoso (mag. +10,9), saràquella di (22) Kalliope cheavverrà il 15 giugno. Anche

Kalliope, come Chloris, si troverà nellacostellazione dell'Ofiuco, ma nella regione piùmeridionale, proprio al confine con lo Scorpione,passando a circa 4° e mezzo a sud della stellaTheta Ophiuchi (mag. +3,3), nel giornodell'opposizione. La distanza dalla Terra sarà paria 2,163 UA. Kalliope è un grande asteroide dellaFascia Principale (circa 170 km di diametro medio)e fu scoperto da John Russell Hind il 16 novembre1852 dall'osservatorio privato di George Bishop aLondra, Regno Unito. Altri eventi di nota riguardanti gli asteroidi litrovate come di consueto nella guida osservativa“giorno per giorno”.

Sotto. Il percorso dell'asteroide (410) Chlorisnel periodo dal 1 Giugno al 6 Luglio.

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10 giugno - Giove in opposizione

Una bella ripresa del pianeta Giove, effettuatada Francesco Badalotti il 16 novembre 2012.

Il 10 giugno il pianeta Giove si troverà inopposizione al Sole: è il periodo più favorevoleper la sua osservazione, con il pianeta che simostra al meglio per tutto il mese di giugno e sipresta quindi a comode osservazioni e ottimeriprese.Il termine opposizione, nel gergo astronomico, staa indicare che il corpo celeste in questione sitrova in una particolare posizione geometricadella sua orbita rispetto alla Terra, tale per cui sitroverà allineato con il Sole e il nostro pianeta,ponendosi proprio "alle nostre spalle".Il gigante gassoso farà capolino sull’orizzonteorientale già in prima serata (sorge alle 21:16 ainizio giugno, anticipando alle 19:05 a fine mese)lasciandoci a disposizione quindi l’intera nottataper effettuare le nostre osservazioni e riprese.Il transito al Meridiano (il momento migliore perl’osservazione e la ripresa) avviene poco dopo leore 1:00, ma non raggiungerà grandi elevazioni:circa 25° e mezzo. Il diametro apparente delpianeta all'opposizione sarà di circa 46", unvalore apparentemente contenuto ma migliorerispetto a quello dell'anno scorso (44,8") e vacomunque considerato che tale valore non è poimolto distante dai circa 50" che raggiungerà soloall'opposizione in prossimità del perielio delsettembre del 2022. Sarà comunque un grandespettacolo da osservare, sia a occhio nudo, siacon l’ausilio di un buon telescopio, o dariprendere in alta risoluzione. Senza ausili ottici, lo individueremofacilmente nel cielo della sera, giàall'imbrunire, guardando verso est. Gioveci appare come un stella brillante: la suamagnitudine è infatti pari a –2,6. Inoltrebisogna ricordare che il grande pianeta, inquesto periodo, dimora nellacostellazione dell’Ofiuco, sovrastando lamagnifica costellazione dello Scorpione,che al momento del culmine del pianetasi mostrerà nella sua interezza, adornatada stelle brillanti e facilmente

distinguibili, tra cui spicca incontrastataper bellezza la rossa Antares (mag. +1,1).Al telescopio Giove mostra il meglio di sé: ècomunque molto importante ripetere leosservazioni assiduamente, giorno dopo giorno,per allenare l’occhio e la mente a percepire i finidettagli offerti dall’atmosfera gioviana.L’ingrandimento consigliato varia dai 60x ai 100xanche se ci si può spingere fino a 200x – 300x opiù (in funzione delle caratteristiche del propriostrumento). Anche per chi è alle prime armi, odispone di uno strumenti non troppo avanzato,potrà dedicarsi all'osservazione del pianeta: untelescopio da 60 mm e almeno 60 ingrandimentisono sufficienti per osservare Giove e vedere idettagli più evidenti.Osservando i numerosi dettagli offerti da Giove,potremmo essere tentati di spingere gliingrandimenti, ma attenzione a non esagerare!Indicativamente, non bisogna aumentare gliingrandimenti oltre due volte il diametrodell'obiettivo (espresso in millimetri).

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Pianeti Nani principali

In giugno (1) Cerere, dopo i fasti di fine maggio(quando il pianeta nano ha raggiuntol’opposizione al Sole), sarà ancora ottimamenteosservabile nella costellazione dello Scorpione,dove soggiornerà, muovendosi a nord di BetaScorpii, per quasi tutto il mese, fino al giorno 21,per passare poi nella Bilancia. Avremo adisposizione numerose ore per osservare questocorpo celeste, con l’ausilio di un binocolo o,meglio, di un telescopio: sarà già piuttosto altosull’orizzonte di sudest non appena il cielo si saràfatto sufficientemente buio e tramonterà unadecina di minuti prima delle 6 a inizio mese,orario anticipato alle 3:30 circa a fine giugno.

Transiterà in Meridiano alle 23:45 circa a metàgiugno.Molto più difficile è l’impresa di osservare ilsecondo pianeta nano, Plutone. In giugno, ilremoto mondo si presenterà comunque in ottimecondizioni di osservabilità e potremo rintracciarlonella prima parte della notte: sorge poco dopo le23 a inizio giugno per anticipare alla prima serata(21:35) a fine mese. È sicuramente un oggettomolto ostico, considerata la sua magnitudine paria +14,3 ed è indispensabile un buon telescopio didiametro generoso per riuscire ad individuarlo.Per tutto il mese si troverà a circa 4° 30’ didistanza a est dal ben più brillante Saturno.

Al telescopio potremo dedicarci all’osservazionedegli intricati giochi di colori dell’atmosferagioviana, di cui ci appariranno subito evidenti lescure bande equatoriali. Via via che l’occhio siabitua sarà possibile distinguere altreformazioni, quali le bande e gli ovali. Un altro soggetto molto facile e piacevoleda osservare è la famosa Grande MacchiaRossa, un immenso uragano, grande circa15.500 km, più del diametro della Terra!Sarà possibile seguire il movimento dellequattro lune principali, i satelliti Medicei,detti anche satelliti galileiani. La lororotazione attorno a Giove è così veloce chebastano poche decine di minuti per notarneil movimento. Si potrà inoltre assistere allospettacolo offerto dal transito di uno deisuoi satelliti, con la sua ombra scura, difronte al pianeta. Se effettuerete delle osservazioni di Giove evolete raccontarci la vostra esperienza, scrivetecia [email protected] e caricate le vostrefotografie su PhotoCoelum.

Una ripresa di Giove in cui si nota la presenza delsatellite Io e dell’ombra proiettata dalla Luna suldisco planetario. Ripresa effettuata il 15 gennaio

2014 da Ennio Rainaldi.

Tanti spunti e consigli per la ripresa el'osservazione li trovate nelle paginededicate alle precedenti opposizioni suinumeri 198 e 210.

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Le falci Lunari di giugno

di Francesco Badalotti

Tralasciando le sottili falci in Luna calante inapertura del mese, a causa dell'eccessiva vicinanzaprospettica al sorgere del Sole, il primoappuntamento (abbastanza problematico masempre interessante...) per gli appassionati diquesta tipologia di osservazioni è per la serata del4 giugno quando una falce di 1,42 giorni potràrendersi individuabile una decina di minuti primadel suo tramonto previsto per le 22:12 fra le stelledei Gemelli, seguita dai pianeti Mercurio (distanzadi 4°) e Marte (distanza di 11°). La sera successiva,il 5 giugno, un'altra bellissima falce di 2,4 giorni sirenderà osservabile dalle ore 22 circa a un'altezzainiziale di +10° fino al suo tramonto previsto per le23:14, preceduta questa volta dal pianetaMercurio (distanza di 14°) ma a soli 3° dal pianetaMarte. Trovate il dettaglio di queste configurazioninelle prossime pagine.Negli ultimi giorni di questo mese l'appuntamento(purtroppo notturno, ma questa è solo unaproposta...) con le falci di Luna calante è per il 29 e30 giugno col nostro satellite che sorgeràrispettivamente alle 03:10 e alle 03:43 in fase di25,6/26,6 giorni fra le stelle della Balena e delToro.A prescindere dal fatto che ogni appassionato di

osservazioni lunari è perfettamente libero diprogrammare e gestire la propria attivitàosservativa al telescopio, nel caso specifico, conoltre un'ora di tempo a disposizione, affinchél'osservazione delle falci di Luna non siaesclusivamente fine a se stessa ma, quandopossibile, estesa anche alle innumerevoli strutturegeologiche esistenti sulla corrispondente porzionedi suolo lunare, in questo caso avremol'opportunità di ammirare il bordo più occidentaledel nostro satellite, dalle regioni di sudovestpassando per la scura area basaltica di Grimaldi risalendo poi verso nord lungo il margine ovestdell'oceanus Procellarum per giungere finoall'estremo nordovest ben oltre il craterePythagoras. Come sempre per questa tipologia di osservazionilunari, oltre agli ormai noti parametri osservativi,sarà determinante disporre di un orizzonte il piùpossibile libero da ostacoli e sperare nellaclemenza delle condizioni meteorologiche. • Astrofotografia. Andiamo a caccia delle

sottilissime falci lunari

Luna calante di Anna Maria Catalano-FrancoTraviglia - PhotoCoelum

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FENOMENI E CONGIUNZIONI DI GIUGNO

Di seguito riportiamo i principali eventi celesti delmese: gli orari sono espressi in TMEC e lecondizioni del cielo sono calcolate per unalocalità media italiana posta alle coordinate 42° N

12° E. Nelle illustrazioni la Luna appare ingranditaper una questione di leggibilità e dirappresentazione grafica.

5-6 giugno, ore 21:30Congiunzione tra un sottile falce di Luna, Marte e Mercurio

La sera del 5 giugno, alle ore 21:30 circa,guardando verso occidente potremo scorgere unasottile falce lunare (fase del 7%) a poco meno di3° a ovest del pianeta Marte (mag. +1,8).Quest’ultimo ci apparirà come un puntinoluminoso, immerso nel chiarore del tramonto. Piùin basso sull’orizzonte e più verso nordovestpotremo riuscire a vedere anche il piccolo pianetaMercurio (mag. –0,8), ma solo se disporremo di unorizzonte occidentale sgombro da ostacoli: ilpianeta sarà infatti molto basso, appena 5°.Questo bell’incontro avverrà proprio nel cuoredella costellazione dei Gemelli, di cui potremoriuscire a identificare le due stelle principali,Castore (Alfa Geminorum, mag. +1,9) e Polluce

(Beta Geminorum, mag.+1,2), che sovrastanoMarte e la Luna, più a nord di circa 11°.Sarà interessante seguire l’evoluzione di questacongiunzione, in particolare il giorno 6 giugno,quando, alle ore 21:35 circa, Mercurio sarà giàmolto basso sull’orizzonte ma avremo lapossibilità di veder passare la ISS, la StazioneSpaziale Internazionale, poco a ovest del terzettodi oggetti.Come sempre, consigliamo di approfittaredell’occasione per includere nei propri scattifotografici degli elementi del paesaggio naturalecircostante o elementi architettonici perimpreziosire la ripresa.

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16 giugno, ore 21:30Congiunzione Luna e GioveLa sera del 16 giugno, guardando verso sudest,potremo osservare una bella congiunzione tra laLuna, quasi in fase di Piena, e il brillante pianetaGiove (mag. –2,6). L’abbraccio tra i due astri saràpiuttosto stretto, con la Luna che si posizioneràprospetticamente ad appena 1° e mezzo dalgrande pianeta. I due oggetti, all’orario indicato,saranno alti circa 11 gradi sull’orizzonte,

risultando facilmente identificabili e permettendodi realizzare fotografie che comprendano elementidel paesaggio circostante. Guardando più ad ampio campo, più verso est saràpossibile riconoscere l’inconfondibile figura delloScorpione, dominata dalla rossa Antares (mag. +1,1).

Osserviamo la Luna in luce cinerea In giugno, le giornate migliori per osservare efotografare la Luna in luce cinerea saranno il 6 e il 7giugno, subito dopo la fine del tramonto, e il 29 e il30 del mese, quando si avrà la migliore visibilitàappena prima dell’alba. Il fenomeno è dovuto allaluce del Sole riflessa dalla Terra che illumina la partein ombra della Luna. Per questo, la parte nonilluminata della Luna apparirà tenuemente brillantedivenendo così vagamente visibile. Per maggioriinformazioni sul fenomeno e su come riprenderlo:• Riprendiamo la Luce Cinerea della Luna

Immagine di Mauro Muscas - PhotoCoelum

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18 giugno, ore 21:30Congiunzione Marte e MercurioBellissima sarà la congiunzione che potremoosservare la sera del 18 giugno, guardando versoovest. Il cielo sarà coloratissimo, ancora infuocatodalle luci del tramonto e, proprio immersi inquelle luci colorate, sarà possibile scorgere, conforse un po’ di difficoltà, due pianeti, Marte(mag. +1,8) e Mercurio (mag. +0,1) in unostrettissimo incontro celeste. I due pianeti sitroveranno ad appena 13’ di distanza reciproca!A far da contorno a questo incontro ci saranno le

stelle della costellazione dei Gemelli, tra cuispiccheranno Castore e Polluce. Un quadretto danon perdere e da immortalare in alcune bellefotografie di paesaggio.Si consiglia di seguire l’evoluzione di questoincontro anche nei due giorni precedenti esuccessivi il 18 giugno, quando i due pianeti sifaranno dapprima via via più vicini perallontanarsi nuovamente, offrendo uno spettacolodinamico e affascinante.

Hai compiuto un’osservazione?

Condividi le tue esperienze e impressioni, mandaci i tuoireport osservativi o un breve commento sui fenomeniosservati: puoi scriverci a [email protected]. Inoltre,se hai scattato qualche fotografia agli eventi segnalati,carica le tue foto in PhotoCoelum!

19 giugno, ore 4:30Congiunzione Luna e SaturnoGiugno ci regala un’altra bella congiunzione tra laLuna (fase del 97%) e il pianeta Saturno (mag. +1)la mattina del 19 giugno. Il teatro dell’incontro èquello del Sagittario, di cui sarà possibilericonoscere l’asterismo della “teiera”, ormaiprossimo al tramonto e decisamente diretto versol’orizzonte di sudovest.

I due astri protagonisti della congiunzione,all’orario indicato, saranno alti circa 20°sull’orizzonte sud e separati di circa 1° e mezzo,con la Luna posta a sud-sudovest del pianeta.Più lontano e vicinissimo all’orizzonte di sudovestpotremo riconoscere anche il brillante pianetaGiove (mag. –2,6).

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Altre congiunzioni in breve

Riportiamo qui di seguito in forma sintetica trebelle congiunzioni, anche se ampie, tra la Luna ealcune tra le stelle più brillanti del cielo di giugno: 8 giugno, ore 22:45 – Congiunzione Luna eRegoloLa sera dell’8 giugno la Luna (fase del 36%) siavvicinerà alla stella alfa della costellazione delLeone, Regolo (mag. +1,4). La separazione sarà di2° 50’ circa con la Luna a nordovest dalla stella. 12 giugno, ore 21:50 – Congiunzione Luna e SpicaLa Luna (fase del 78%) farà visita ancheall’azzurra Spica (mag. +1,0), stella alfa dellaVergine. In questo caso la congiunzione saràampia, con la Luna a ben 6° 40’ a nordest dellastella. 15 giugno, ore 21:30 – Congiunzione Luna eAntaresInfine la Luna (fase del 98%) incontrerà anche la

rossa Antares (Alfa Scorpii, mag. +1,1), in unacongiunzione ampia poco più di 7°, formando untriangolo con il poco distante pianeta Giove. Ilmassimo avvicinamento si verificherà nella nottedel 16 giugno, alle ore 3:30 circa. Altre congiunzioni minori come sempre nellaguida del cielo giorno per giorno.

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Si inizierà il giorno 1 giugno, dalle 22:29 alle22:35, osservando da nordovest a est-sudest. LaISS sarà ben visibile da tutta Italia con unamagnitudine massima che si attesterà su unvalore di –3,5. Si replica il 2 giugno, dalle 21:39 verso nordovestalle 21:47 verso est-sudest. La visibilità saràmigliore dalle regioni settentrionali e adriaticheper questa occasione, con magnitudine di piccoa –3,1. Passiamo al giorno 3 giugno, dalle 22:26 indirezione ovest-nordovest alle 22:32 in direzionesud. Questo transito sarà osservabile da tutto ilPaese, con una magnitudine massima di –3,0. L'ultimo transito notevole di giugno si avrà ilgiorno 4 giugno, dalle 21:36 da ovest-nordovestalle 21:44 a sudest, con magnitudine massima a –3,7. Sarà ben osservabile da tutta Italia, sperandocome sempre in cieli sereni per apprezzare almassimo il miglior transito del mese.

STAZIONE SPAZIALEA cura di Giuseppe Petricca

I TRANSITI DELLA ISS IN GIUGNO

Giorno Orainizio

Orafine

Direz. Direz.

N.B. Le direzioni visibili per ogni transito sonoriferite a un punto centrato sulla penisola, nelCentro Italia, costa tirrenica. Considerate unoscarto ± 1-5 minuti dagli orari sopra scritti, acausa del grande anticipo con il quale sonostati calcolati. Si consiglia di controllare lecorrette circostanze con l’uso dei softwareonline, come http://transit-finder.com/ ohttps://www.calsky.com/cs.cgi/Satellites/4

DOVE SI TROVA LA ISS ORA?http://iss.astroviewer.net/

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Live stream dalla ISShttp://www.ustream.tv/channel/live-iss-streamClicca qui per ottenere una previsione di massima delpassaggio dei satelliti più luminosi. È sufficienteimpostare data, ora e luogo di osservazione.

Transiti ISS notevoli peril mese di Giugno 2019Durante il mese di giugno la ISS – Stazione Spaziale Internazionale sarà rintracciabile neinostri cieli in orari serali, quindi senza la necessità della sveglia al mattino prima dell’alba.Avremo a disposizione cinque transiti notevoli con magnitudini elevate, tutti concentratidurante la prima decade del mese, auspicando come sempre in cieli sereni.

Mag.max

01 22:29 NO 22:35 ESE –3,5 02 21:39 NO 21:47 ESE –3,1 03 22:26 ONO 22:32 S –3,0 04 21:36 ONO 21:44 SE –3,7

A destra. Stazione SpazialeInternazionale di MichaelBarbieri - PhotoCoelum

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L’imprevedibilità delle comete

COMETEdi Claudio Pra

Sopra. Una spettacolare ripresa della cometa C/2006 P1 McNaught visibile in tutta la sua magnificenza, di cuisolo gli osservatori dell’emisfero Australe hanno potuto godere. Ripresa del 20 gennaio 200 da Lawlers GoldMine, Australia.

Cari amici “cometari”, non oso proporvi altre sfideimpossibili questo mese. Dopo aver inseguitofantasmi negli ultimi mesi vi concedo un po’ ditregua e giusto riposo in attesa di riprendere lacaccia in estate. «E allora?», direte voi. Allora vipropongo di rispolverare qualche ricordo sul tema

“imprevedibilità delle comete”. Ovviamente cisarebbe molto, troppo da dire, pertanto mi limito adue esempi neanche tanto lontani, uno positivo euno negativo, aspetti che fanno parte del gioco eche anzi rendono l’osservazione cometaria ancorapiù attraente…

La cometa che vinse il SoleSecondo le previsioni degli esperti la C/2006 P1McNaught, passando molto vicina al Sole a metàgennaio del 2007, avrebbe raggiunto una buonaluminosità. La cosa era però praticamenteirrilevante per noi osservatori boreali (nemmenole riviste specializzate citarono il passaggio) datoche la cometa sarebbe transitataprospetticamente troppo vicina all’astro diurno,

risultando quindi cancellata dalla sua intensa luce.Gli osservatori dell’emisfero australe si sarebberoprobabilmente goduti un discreto spettacolo,soprattutto a latitudini decisamente negative,dopo il perielio. Negli ultimi giorni del dicembre2006, invece, l’attività della McNaught risultò piùintensa del previsto e la sua luminosità crebbe benoltre le aspettative, tanto che nei primi giorni

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di gennaio, pur molto bassa e immersa nelle lucidel tramonto, fu avvistata anche dal nostro Paese,da qualche temerario che ne tentò l’osservazione.Tra loro c’era anche il sottoscritto, sotto un cielod’alta quota.Al binocolone 20x90 mostrò una piccola testabrillante e una corta coda allargata. La vidi anchea occhio nudo e la stimai di magnitudineleggermente negativa (probabilmente mag. –0,5).Soddisfattissimo la salutai pensando che nonl’avrei più rivista, dato che nei giorni seguenti lecondizioni osservative sarebbero sensibilmentepeggiorate. La distanza prospettica (e reale) dalSole non lasciava infatti speranze. La luminositàdell’astro chiomato aumentò però rapidamente,ben oltre le previsioni tanto che il 12 gennaio,distante appena sette gradi dal Sole e di pocoancora sopra l’orizzonte, la individuainuovamente in un piccolo binocolo e addirittura aocchio nudo, notando pure un accenno di coda. Si

trovava non lontano da Venere che leassomigliava molto per luminosità. Ciò mi permisedi stimarla di magnitudine –4 (ma probabilmenteera anche più luminosa). Non avevo mai visto unacometa così brillante!Il giorno seguente verso le 14:30, la distanza dellaMcNaught si era ridotta a poco più di 5 gradi dalSole, ma mi bastò nascondere quest’ultimo con lamano per localizzarla, con tanto di codina. È statal’ultima occasione in cui ho potuto osservarequesto straordinario oggetto che raggiunse unaluminosità di –6 magnitudini!Nell’emisfero australe lo show doveva inveceancora cominciare e i fortunati che la osservaronodopo il passaggio al perielio goderono di unospettacolo davvero indimenticabile. Soprattuttoresterà loro impressa la mostruosa coda che,fuoriuscendo da una piccola testa brillante,attraversava metà cielo, addirittura mostrandosianche da noi nella sua parte finale.

La cometa dei grandi rimpianti

La C/2012 S1 ISON è passata alla storia come lacometa dei sogni infranti. Dopo la sua scoperta,avvenuta nel settembre del 2012, venne subitoindicata come possibile grande cometa. La suaorbita l’avrebbe infatti portata a transitare a pocopiù di un milione di chilometri dal Sole a finenovembre 2013. Proprio per questo le previsionisul suo possibile picco luminoso furono piuttostoconcordi nell’assegnarle valori altissimi.La geometria del passaggio avrebbe in questocaso favorito noi abitanti dell’emisfero Borealeche cominciammo subito a sognare. Man manoche l’avvicinamento proseguiva, però, laprogressione luminosa della ISON non ricalcòfedelmente la curva di luce prevista e l’oggettocominciò a sollevare qualche dubbio, con le stimedi luminosità che subirono un ridimensionamento,pur continuando a mantenersi ottime inconcomitanza del perielio.Ricordo di aver avvistato per la prima volta questacometa a metà ottobre del 2013, un mese emezzo prima del perielio, trovandola moltodeludente. Successivamente migliorò,

cominciando a sfoggiare anche una corta codina. Ametà novembre, ormai bassa sull’orizzonte eavviata all’incontro con il Sole, la trovaidecisamente cresciuta. Non restava che attendereun paio di settimane e la sua ricomparsa… Nelle prime ore del 27 novembre, giornoprecedente il passaggio al perielio, la ISON, ormainon più osservabile, entrò nel campo della sondasolare SOHO, mostrandosi meno luminosa delprevisto. Con il passare delle ore però laluminosità aumentò. Il giorno successivo, quellofatidico, sempre attraverso la sonda SOHO in tantiseguirono il suo avvicinamento al Sole. Poche oreprima di sfiorarlo la luminosità salì a –3magnitudini, con prospettive di crescita ancoraampie.Arrivò invece nelle ore successive un brusco einaspettato calo.La cometa si era frantumata... e si dissolse manmano, sgretolata dal Sole. La mattina successiva leimmagini di SOHO confermarono la distruzionepraticamente totale dell’oggetto. Che delusione!

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Poteva essere la cometa datramandare ai posteri con raccontifantastici e rimase invece ungrandissimo rimpianto. Questi miei ricordi di due casiparticolari e opposti vogliono solosottolineare come l’osservazionecometaria sia una pratica fortementelegata al comportamento “capriccioso”e imprevedibile degli astri chiomati.Come ho detto poco sopra, fa parte delgioco ed è anche ciò che lo rendebello. In questo periodo di assenza dicomete degne di nota ancor piùfacilmente la mente rinvigorisce iricordi delle grandi comete del passatoma, la sorpresa può essere dietrol’angolo: non ci resta che attendere enon distogliere il nostro sguardo dalcielo! A destra. La scomparsa della ISON, quitestimoniata dalla composizione di unasequenza d'immagini realizzate dalcoronografo LASCO C3 a bordo dellasonda solare SOHO. Come si può vedere,dopo essersi approcciata al perielioabbastanza luminosa (in basso), lacometa deve aver perso il nucleo,riemergendo dal disco occultatore comeun fantasma sempre più pallido edisperso.

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Italian Supernovae Search Project(http://italiansupernovae.org)

SUPERNOVAEA cura di Fabio Briganti e Riccardo Mancini

Una Supernova in M 100Nella notte del 29 aprile, il bravo astrofilo polaccodal nome impronunciabile Jarosław Grzegorzek mette a segno la sua scoperta numero 11individuando una supernova di mag. +16,5 nellastupenda galassia a spirale M 100.Si tratta di una delle più belle galassie a spiraledel catalogo di Messier, vista di faccia e distantecirca 55 milioni di anni luce nella costellazionedella Chioma di Berenice. Scoperta da PierreMéchain il 15 marzo 1781, rappresenta una delleprincipali “galassie starburst”, cioè con un’elevataattività di formazione stellare. Possiede duegalassie satelliti NGC 4328 e NGC 4322 chesembrerebbero collegate ad essa con dei ponti dimateria, ed è accompagnata a 17’ a sud da un’altra

galassia a spirale NGC 4312. La vicinanza però èsolo prospettica, perché NGC 4312 è in realtàmolto più vicina (circa 25 milioni di anni luce)rispetto a M 100. Dopo M 61, che con 7 supernovae conosciute,detiene il record di supernovae esplose in unagalassia Messier (vedi articolo online), con questanuova scoperta M 100 si posiziona al secondoposto, raggiungendo M 83 con 6 supernovaeesplose al suo interno. Le cinque precedenti sonostate in ordine cronologico la SN1901B, cherappresenta in assoluto la quinta supernovaextragalattica scoperta e la seconda esplosa in unagalassia Messier dopo la primissima SN1885A

Sopra. Immagine ottenuta dall’ungherese Lionel Majzik utilizzando un telescopio in remoto da 431mm F.4,5a Mayhill New Mexico USA USA – CCD FLI-PL6303E – Luminanza tempo di posa 3x600 secondi – Segnalecolore R 3x180 G 3x180 B 3x180 secondi.

in M 31; proseguendo abbiamo avuto la SN1914A,la SN1959E, la SN1979C e la SN2006X, scopertadal giapponese Shoji Suzuki e dal cortinese MarcoMigliardi.Nella notte seguente la scoperta, dal LickObservatory sul monte Hamilton in California, conil telescopio Shane da 3 metri, è stato ottenuto ilprimo spettro che ha permesso di classificare lasupernova di tipo core-collapse giovane, cioèscoperta pochi giorni dopo l’esplosione e haevidenziato un forte assorbimento dovuto apolveri interstellari.Nella notte del 1° maggio anche gli astronomi diAsiago, con il telescopio Copernico da 1,82 metri,hanno ripreso lo spettro di questa importantesupernova, confermando il tipo core-collapse e ilforte assorbimento, evidenziando che i gaseiettati dall’esplosione viaggiano a una velocitàdi circa 15.000 km/s.

Il sottotipo di queste supernovae, nella prima faseevolutiva, non è facile da catalogare, ancora di piùse, come in questo caso, è presente polvereinterstellare che va ad estinguere la lucesoprattutto alle lunghezze d'onda di 6.000Angstrom, dove si formano tutte le righe nelle

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Le supernovae “Core-Collapse”

Le supernovae core-collapse sono generate dastelle molto massicce di almeno 9 masse solariil cui nucleo interno collassa superando illimite di Chandrasekhar, equivalente a 1,44masse solari, generando così l’enormeesplosione che determina la fine della stella.Le core collapse di solito sono supernovae ditipo II, ma possono essere anche di tipo Ib o Ic.

A destra. Cropdell’immagineottenutadall’unghereseLionel Majzik utilizzando untelescopio inremoto da431mm F.4,5 aMayhill NewMexico USAUSA – CCD FLI-PL6303E –Luminanzatempo di posa3x600 secondi –Segnale colore R3x180 G 3x180B 3x180secondi.

prime fasi e cioè He II, He I e tutte le righe diBalmer eccetto H-Alpha. Per cercare di farechiarezza, nella notte del 6 maggio, sempre dalLick Observatory, è stato nuovamente ripreso lospettro che ha permesso di evidenziare le righe diHe I nella parte rossa, tipico della sottoclasse “b”. Per gli astronomi americani ci troviamo perciò difronte a una supernova di tipo Ib ma viene lasciataaperta la possibilità che si tratti di una supernovadi tipo IIb. Perché questa incertezza? In generalele supernovae di tipo IIb sono inizialmenteclassificate come tipo II e poi evolvonoassomigliando alle tipo Ib. Per questo motivosono state chiamate IIb dall’astronomostatunitense Alexei Filippenko, mentre nel 1988stava studiando la SN1987K esplosa nella galassiaNGC 4651. Come sappiamo è importantissimo avereimmagini di una supernova nelle primissime fasedell’esplosione, ma sono importanti anche leimmagini vicini alla scoperta dove la supernova

non è presente. Questo per poter determinare conla maggior precisione possibile l’istantedell’esplosione.Per la supernova in M 100, la precedenteimmagine della galassia senza supernovaapparteneva al programma professionale diricerca supernovae denominato Zwicky TransientFacility (ZTF), con un’immagine ripresa il 27 aprilealle 5:07 TU. Grazie all’appello a controllare le immagini di M100, abbiamo trovato un’immagine del trevigianoEnio Vanzin ripresa il 27 aprile alle 19:48 TU eun’altra immagine ancor più vicina alla scopertaripresa il 27 aprile alle 22:40 TU da SimoneLeonini dell’Osservatorio di Montarrenti (SI). Inentrambe le immagini la supernova non èpresente.Possiamo perciò affermare che il giornodell’esplosione, o meglio il momento in cui laprima luce dell’esplosione è arrivata sulla Terra,dopo aver viaggiato per circa 55 milioni di anni,dovrebbe essere stato il giorno 28 aprile. Non

Sopra. Immagine ottenuta da Adriano Valvasori utilizzando un telescopio in remoto da 431mm F.4,5 aMayhill New Mexico USA – CCD FLI-PL6303E – Tempi di posa segnale colore RGB 120+120+120 secondi.Luminanza ottenuta con un telescopio SC 305mm F.5,6 CCD Moravian G2-1600 Tempo di posa 7x180secondi.

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Sopra. Immagine ottenuta dal tedesco Manfred Mrotzek con un telescopio da 140mm F.5,4 CCD Atik 460EXTempo di posa 25x180 secondi.

abbiamo però immagini della galassia M 100 inquesta data.Ricordiamo che l’immagine di scoperta delpolacco è del 29 aprile alle 23:54 TU. Lasupernova in M 100, a cui è stata assegnata lasigla definitiva SN2019ehk, ha raggiunto comemassimo di luminosità soltanto la mag. +15,5 acausa di questo forte assorbimento da polveri.Peccato perché in una galassia così “vicina” laluminosità intorno al massimo sarebbe potutaessere di alcune magnitudini più alta. Rimanecomunque una bella supernova in una stupenda efotogenica galassia, per di più visibile già in primaserata, che ci permetterà di ottenere dellebellissime immagini. Concludiamo la rubrica segnalando una supernovamolto luminosa scoperta la notte del 1° maggiodal programma professionale americano di ricercasupernovae e pianetini denominato ATLAS (Asteroid Terrestrial-impact Last Alert System)nella galassia lenticolare NGC 5353 posta nellacostellazione dei Cani da Caccia, a circa 100milioni di anni luce.Al momento della scoperta la supernova, a cui èstata assegnata la sigla definitiva SN2019ein, era

molto debole, pari a mag. +18,2. Nella notte del 2maggio presso il Haleakala Observatory nelle IsoleHawaii con il Faulkes Telescope North da 2 metri èstato ripreso lo spettro di conferma che hapermesso di classificare la supernova di tipo Ia,scoperta circa due settimane prima del massimo diluminosità. Pertanto, intorno alla metà di maggio,la supernova ha raggiunto la notevole mag. +13,2diventando un facile oggetto da riprendere.Inoltre, NGC 5353 si trova all’interno di un campodi galassie che permette di ottenere un fotogenicoquadretto con l’aggiunta adesso anche di unaluminosissima supernova. NGC 5353 è infattivicinissima a un’altra galassia lenticolare, NGC5354. Leggermente più a nord è visibile una bellagalassia a spirale barrata vista di faccia, NGC 5350,mentre a ovest sono presenti altre due galassie:un’altra lenticolare, NGC 5355, e una la spiraleNGC 5358. Grazie alla sua luminosità, la SN2019ein diventa laseconda supernova più luminosa del 2019preceduta soltanto dalla SN2019np che peradesso detiene il primato nel 2019 con lamag.+13.

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LUNAdi Francesco Badalotti

La Luna di GiugnoInizia il nuovo mese a pochi giorni dal Novilunio previsto per le 12:02 del 3 giugno con lacontestuale ripartenza del nuovo ciclo lunare,quando la fase di Luna crescente porterà il nostrosatellite, alle 07:59 del 10 giugno in PrimoQuarto con età di 6,8 giorni a –36° al di sottodell'orizzonte, rendendosi progressivamentesempre più visibile nelle ore serali, anche se lastagione estiva ci obbligherà a iniziare le nostreosservazioni intorno alle ore 22 circa. Nel casospecifico, il nostro satellite culminerà inmeridiano alle 19:58 a un'altezza di +53°. Al girodi boa della fase crescente, col Plenilunio del 17

giugno alle 10:31, la Luna si troverà a –48° sottol'orizzonte. Iniziata la nuova fase calante, il nostrosatellite sarà in Ultimo Quarto alle 11:46 del 25giugno a un'altezza di +14° per andare poi achiudere giugno 2018 quando alle 23:59dell'ultima serata del mese sarà in fase di 27giorni (esattamente come a maggio) a –25° sottol'orizzonte.

Sopra. Le fasi della Luna in giugno, calcolate per le ore 00:00 in TMEC. La visione è diritta (Nord in alto, Estdell’osservatore a sinistra). Nella tavola sono riportate anche le massime librazioni topocentriche del mese, con il circolettoazzurro che indica la regione del bordo più favorita dalla librazione. A destra. La tabella riporta gli orari di sorgere,culminazione, altezza (in gradi raggiunta all’istante della culminazione) e del tramonto, oltre alla costellazione di transito. Gliistanti e i dati degli eventi riportati, calcolati per le ore 00:00 in TMEC (TU+1), sono topocentrici, ovvero riferiti alla posizionegeografica di un osservatore posto a Long. 12° E; Lat. 42° N. Gli altri valori relativi al nostro satellite sono disponibili qui.

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La prima e principale proposta di questo mese èper la serata del 10 giugno quando il nostro targetsarà costituito dai crateri Stofler e Maurolycus conl'area immediatamente circostante, situati nellamedesima regione lunare dei crateri Heraclitus,Licetus, Cuvier che abbiamo già visto nell'articolodello scorso mese di maggio. Nella serata del 10giugno il nostro satellite sarà in fase di 7,4 giorni,

con frazione illuminata del 57%, intorno alle22:00 si troverà a un'altezza iniziale di +42°,perfettamente osservabile per tutta la serata finoal suo tramonto previsto per le primissime oredella notte successiva.Vedere la "Guida all'osservazione" (propostaprincipale).

Questo mese osserviamo10 giugno: L’area dei crateri Stofler e Maurolycus

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Con la seconda proposta di questo mese, previstaper l'11 giugno, andremo a visitare il cratereEratosthenes situato all'estremità sud occidentaledei monti Appennini. Nel caso specifico, il nostrosatellite si troverà in fase di 8,4 giorni, confrazione illuminata del 68% e, dopo laculminazione in meridiano delle 20:48 a +45°,intorno alle 22:00 si troverà a un'altezza inizialedi +42°, sempre a nostra disposizione per tutta laserata fino alle prime ore della notte seguentequando andrà a tramontare alle 2:30 circa. L'individuazione del cratere Eratosthenesrisulterà molto semplice orientando lo strumento

alla base di quel grande e inconfondibile arcomontuoso costituito dagli Appennini lunari, che lasera dell'11 giugno si troverà a breve distanza dalterminatore. Si tratta di una formazione geologica condiametro di 60 km estremamente interessante emolto nota agli appassionati di osservazionilunari, la cui origine viene fatta risalire al PeriodoGeologico Eratosteniano (da 3,2 fino a non menodi 1,1 miliardi di anni fa).La cerchia dei bastioni intorno al cratere si innalzafino a circa 3.600 metri e presenta un buono statodi conservazione anche in relazione alla

11 giugno: Il cratere Eratosthenes

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L’origine dei nomiEratosthenes: nome assegnato nel 1651 daRiccioli dedicato al geografo, astronomo e poetagreco Eratostene (circa 276 a.C.) Lyot: nome dedicato all'astrofisico franceseBernard Lyot dell'Osservatorio di Meudon,inventore del coronografo. (1897-1952)

Abel: nome assegnato da Franz nel 1913dedicato al matematico norvegese Niels HenrikAbel (1802-1829) Oken: nome dedicato al naturalista e filosofotedesco Lorenz Ockenfuss (1779-1851).

relativamente giovane età geologica diquesta struttura. Infatti, lungo l'interosviluppo delle sue pareti, sarà possibileosservare distintamente lunghi eregolari terrazzamenti, interrotti solo inalcuni casi da vari episodi franosi.Il fondo di Eratosthenes, la cui areaeffettiva viene limitata dallaconsiderevole estensione deiterrazzamenti delle pareti fino aoccuparne parte della platea, ècosparso da numerosi rilievi collinarioltre a un elevato gruppo montuoso inposizione decentrata verso nord,costituito da varie cime da cui sidipartono alcune dorsali paralleleorientate in senso sudovest-nordest.Vi si potranno osservare inoltre dorsali,piccoli craterini e solchi.

La terza proposta ci porterà in una vasta regionesituata nel settore sudorientale della Luna. Infattiper la serata del 14 giugno è previstal'osservazione del mare Australe. Nel casospecifico, la Luna sarà in fase di 11,4 giorni confrazione illuminata del 93% e, dalle 22:00, sitroverà a un'altezza iniziale di +27° con transito inmeridiano alle 23:17 a +30°, perfettamenteosservabile per tutta la serata fino alle prime oredella notte seguente. Per individuare l'esatta posizione del mareAustrale basterà orientare il telescopio nel settore

sudest della Luna e centrare l'area di colore piùscuro rispetto alla regione circostante proprio incorrispondenza del bordo lunare.Si tratta di una vasta regione relativamentepianeggiante, con una superficie di 151.000 kmq ecirca 530 km di diametro, la cui area si estendeper buona parte anche sull'altro emisfero. Da nonconfondere, però, col mare Orientale, estesoanch’esso in gran parte nell'altro emisfero lunare. Tornando al mare Australe, l'origine di questoantichissimo mare lunare viene ricondotta alPeriodo Geologico Pre Nectariano collocato da 4,5

14 giugno: Il Mare Australe (massima librazione)

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a 3,9 miliardi di anni fa. La sua morfologia sidifferenzia nettamente dagli altri mari lunari, inmodo particolare rispetto alle ben note eanaloghe strutture dell'emisfero rivolto verso ilnostro pianeta, ad esempio i mari Crisium,Serenitatis, Humorum, Nectaris, ecc. Infatti la suasuperficie, con una forma irregolare e contornidifficilmente ben definibili – se non per la scuracolorazione dei depositi di materiali di originebasaltica, che in epoche remotissime siriversarono dal sottosuolo colmando questadepressione contestualmente all'impattooriginario – presenta una intensa craterizzazioneche avvicina il mare Australe alle strutture tipiche

dell'altro emisfero lunare quali, ad esempio, il giàcitato mare Orientale. È doveroso precisare che la visibilità di questestrutture viene pesantemente condizionatadall'inevitabile schiacciamento prospettico, tipicodi tutte le formazioni lunari situate in prossimitàdel bordo del nostro satellite, effetto sempre piùaccentuato allontanandoci dal centro geometricodel disco lunare. All'osservazione telescopica apparirà in tutta lasua evidenza la peculiarità del mare Australe: lastragrande maggioranza dei crateri di questa

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Guida all'osservazioneI Crateri Stofler e Maurolycus

Nella serata del 10 giugno il nostro satellite sarà

in fase di 7,4 giornicon frazioneilluminata del 57% eintorno alle 22:00 sitroverà a un'altezza

iniziale di 42°perfettamente

osservabile per tutta la

serata fino al suo tramonto previsto per leprimissime ore della notte successiva.Per individuare la regione lunare dove andremo aosservare, basterà orientare il telescopio sulsettore sudest della Luna dove a breve distanzadal terminatore non sarà difficile riconoscere,accanto all'inconfondibile forma del terzetto diHeraclitus-Licetus-Cuvier, già visti, le grandistrutture crateriformi di Stofler e Maurolycus e iloro

regione lunare è contornata da basse pareti, conun fondo appiattito e privo di rilievi montuosi ocollinari.La struttura crateriforme più estesa è Lyot con undiametro di 145 km la cui origine viene fattarisalire al Periodo Geologico Pre Nectariano (da4,5 a 3,9 miliardi di anni fa). La cerchia dellepareti intorno al cratere si presenta notevolmentedegradata e con numerosi crateri tra cui Lyot-A di38 km, Lyot-C di 17 km, Lyot-F di 21 km, Lyot-N di12 km e Lyot-P di 13 km.La vastissima platea, ricoperta da scure roccebasaltiche, è completamente priva di rilievi maricca di crateri in modo particolare nel settore piùmeridionale, dove merita una visita un cratere

semisepolto (privo di denominazione ufficiale) dicui se ne scorge solamente la sommità dellepareti. Altre strutture degne di nota sono Abel (diametro 117 km), Lamb (diametro 106 km),Oken (diametro 75 km). Una ulteriore motivazione per osservare questaregione lunare la sera del 14 giugno, consiste nelpunto di massima librazione, che proprio quellasera coinciderà con l'area del mare Australe,spostandosi lungo il bordo lunare fra i crateriOken (alle 22:00 del 14 giugno) fino in prossimitàdel cratere Lyot nelle prime ore della notteseguente.

Il cratere Stofler Spostandoci in direzione nord rispetto alfotogenico terzetto appena citato, andiamo ora aosservare la prima grande formazione lunare: sitratta di Stofler, un cratere di 129 km di diametrola cui origine viene fatta risalire al PeriodoGeologico Pre Nectariano (da 4,5 a 3,9 miliardi dianni fa). I bastioni montuosi intorno al cratere sipresentano notevolmente degradati e sormontatida varie linee di creste con numerose interruzionie crateri sommitali di vario diametro, venendo acostituire un vasto e imponente semicerchioesteso dai crateri Stofler-F di 18 km sulla paretesud fino a Stofler-L di 17 km sulla parete nordest,

passando per Stofler-K di 19 km sulla paretenordovest. Al contrario, sui settori est, sudest esud di Stofler possiamo notare la caoticasovrapposizione di numerosi crateri in seguito aisuccessivi impatti di corpi meteoritici, che nehanno completamente stravolto l'originariaconformazione, in modo particolare col cratereFaraday di 71 km di diametro proveniente dalmedesimo Periodo Geologico Pre Nectariano main un range di 600 milioni di anni. Tali grandiosieventi geologici modellarono Stofler a tal puntoda rendere questa struttura praticamenteinconfondibile nel variegato panorama lunare.

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L'origine dei nomi

Stofler: nome assegnato nel 1651 da Ricciolidedicato al matematico tedesco Johann Stofler (1452-1534) Faraday: nome assegnato da Birt/Lee dedicato alfisico inglese Michael Faraday (1791-1867) Maurolycus: nome assegnato nel 1651 da Riccioli

dedicato all'erudito siciliano di origine bizantinaFrancesco Maurolico (1494-1575) Clairaut: nome assegnato da Madler nel 1837dedicato al matematico francese Alexis ClaudeClairaut (1713-1765).

Adiacenti a Faraday vi sono Faraday-A di 21 km,Faraday-C di 30 km, Faraday-P di 33 km oltre aicrateri Faraday-M e Faraday-N con diametrorispettivamente di 9 e 14 km.

Il fondo di Stofler è quasi completamentepianeggiante e cosparso da una miriade di piccolicraterini e in cui appare evidente la completamancanza di rilievi sia montuosi che collinari. Da

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non perdere sono alcuni brevi allineamenti dicraterini tutti orientati in senso sudovest-nordestin particolare nel settore settentrionale dellaplatea. Un'altra interessante osservazione potrebberiguardare Stofler-X e Stofler-Y entrambi di soli 3km di diametro, mentre fra questi vi è unminuscolo craterino con diametro di 1,9 km anchese privo di denominazione ufficiale: quale

occasione migliore per spremere a fondo lepossibilità almeno teoriche del nostro telescopio?Tentarne comunque l'osservazione non costanulla.Immediatamente all'esterno delle pareti ovest-sudovest si potrà dare un'occhiata anche ai crateridalla forma irregolare Stofler-D e Stofler-J condiametro rispettivamente di 54 e 76 km.

Il cratere Maurolycus e i suoi dintorni Pochi chilometri a oriente di Stofler andiamo avisitare un'altra grande struttura lunare:Maurolycus, un eccezionale e antichissimo craterecon diametro di 117 km la cui origine vienericondotta al Periodo Geologico Nectariano (3,9miliardi di anni fa). Le pareti intorno al cratere sipresentano alquanto degradate con versanti ripidiin modo particolare a est-sudest, dove sonosormontati da lunghe linee di creste, mentre aest-nordest vi si possono individuare estesiterrazzamenti. La parte maggiormente degradataè quella rivolta a nord, nordovest e ovest, a cuisono sovrapposti numerosi crateri tra cuiMaurolycus-F di 25 km, oltre a Maurolycus-T,Maurolycus-K e Maurolycus-B con diametrorispettivamente di 10, 8 e 12 km. Da citare anche icrateri Maurolycus-A di 15 km sulla parete sud eMaurolycus-R di 5 km sulla parete rivolta a est.Il fondo di Maurolycus presenta due differentidistinzioni. Il settore settentrionale è in granparte occupato dai numerosi rilievi collinari chedalle pareti nord-nordovest si estendono fino inprossimità del centro della platea, mentre il

settore meridionale del cratere è pianeggiante ecosparso di piccoli crateri e brevi linee di creste.Da citare i crateri Maurolycus-L-J-N-M condiametro rispettivamente di 6,7,9 e 10 km. Immediatamente a sudest di Maurolycus vediamoora Barocius, un'altra vasta e antichissimastruttura lunare di 85 km di diametro la cuiformazione risale al Periodo Geologico Nectarianocollocato a 3,9 miliardi di anni fa. Le pareti intornoal cratere, la cui altezza raggiunge i 3.500 metri, sipresentano degradate in modo particolare anordest con la netta sovrapposizione da parte diBarocius-B, un cratere di 39 km di diametro. Nellaplatea di Barocius sarà possibile osservarenumerosi minuscoli craterini oltre a Barocius-W di20 km di diametro situato alla base della paretesudovest. Tanto per completare l'area che la sera del 10giugno sarà oggetto delle nostre attenzioni, diamoun'occhiata anche al cratere Clairaut di 77 km didiametro la cui origine viene ricondotta al

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Periodo Geologico Imbriano (da 3,8 a 3,2 miliardidi anni fa). Questa interessante struttura lunareall'osservazione telescopica presenterà la suaforma allungata in senso sudovest-nordest,probabilmente il risultato dell'unione di dueantichissimi crateri in seguito a sconvolgimentigeologici. I bastioni montuosi intorno a Clairautraggiungono l'altezza di circa 1.500/1.700 metriin particolare lungo i versanti ovest e nordovestdove vi si potrà constatare anche la maggiorependenza rispetto ai versanti diametralmenteopposti.

La platea è dominata dai crateri Clairaut-C eClairaut-D, rispettivamente di 17 e 12 km didiametro, mentre il settore più a ovest èdenominato Clairaut-B con un diametro di 43 km.Si potrà completare la serata con i crateri Clairaut-A e Clairaut-E con diametro rispettivamente di 36e 29 km situati alla base delle pareti sudest enordovest del cratere principale.

Tutte le immagini presenti nella rubrica, salvo diversa indicazione, sono state realizzate dall’autore, FrancescoBadalotti con un Maksutov Cassegrain in configurazione Rumak diametro 255mm F20 (Tubo ottico con 7diaframmi interni, Ottica Zen) a fuoco diretto e senza filtri + camera Imaging Source DBK41AU02.AS raw coloricon risoluzione di 1280 x 960. Formato video/codec Y800/RGB24. Montatura SW NEQ6/Pro potenziata conbarra, contrappesi e piastra Geoptik. Elaborazione video in Autostakkert.2.6.8, elaborazione immagini inRegistax6 e Photoshop. Ad eccezione di condizioni meteo particolarmente sfavorevoli, il telescopio stazionaprevalentemente sul balcone pronto per l'uso e completamente ricoperto da uno specifico telo Geoptik.

Guardando verso oriente alle ore 22 circa, sedisponiamo di un orizzonte libero da ostacoli,potremo vedere spuntare la figura del grandeOfiuco preceduto dal Serpente, con la sua coda ela testa. Alla sua destra (verso l’orizzonte sud),ecco spuntare le stelle della piccola Bilancia epossiamo già apprezzare il sorgere della giganterossa Antares (Alfa Scorpii, mag. +1,1) nelloScorpione, una delle stelle più grandi della nostragalassia. Potremo apprezzare facilmente il suo belcolore anche con un piccolo binocolo che sapràesaltarne la sua tinta cromatica. Tornandoall’Ofiuco, alla sua sinistra e più in alto, troviamoErcole con la piccola Corona Boreale, che ciappare come un’inconfondibile lettera “C”

disegnata dalle sue numerose stelline,impreziosita al centro dalla bella stella Alfa,Gemma (Alfa Coronae Borealis, mag. +2,2). Subitopiù in alto, troviamo la costellazione del Bifolco, oBoote, con la luminosa stella Arturo (Alfa Bootis,mag. +0,2). Ed ecco che si affaccia nuovamente sul nostrocielo l’asterismo del Triangolo Estivo, descrittodalle brillanti stelle Vega, Altair e Deneb. Laluminosissima stella bianco-azzurra Vega (AlfaLyrae, mag. 0) è situata al vertice dellacaratteristica “L” della costellazione della Lira,composta da un parallelogramma di stelle piùdeboli; Altair (Alfa Aquilae, mag. +0,8), al centro di

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Uno Sguardo al Cielo di giugnoVita e morte nella Lira Impariamo a osservare il cielo conla UAI - Unione Astrofili Italiani e itelescopi remoti ASTRA

di Giorgio Bianciardi - Vicepresidente UAI

Guardando a Est

Emisfero Est

I Telescopi Remoti ASTRA e il Telescopio remoto UAIUtilizzando Internet non ci sono limiti geografici e chiunque, da qualsiasi parte del mondo, puòcontrollare in remoto i telescopi ASTRA e ottenere le immagini digitali da utilizzare per i propriscopi di ricerca o di semplice diletto. Accesso gratuito. Per maggiori informazioni visita il sitoWEB del Telescopio Remoto UAI (http://www.uai.it/risorse/telescopio-remoto-new.html), naviganel sito di ASTRA con il quale potrai navigare tra stelle e galassie con i telescopi remoti (iscriviticompilando l’allegato per richiedere gratuitamente la pw: https://app.box.com/s/z2ig6gfz5obh6wfk5m6l6fqu4fedoxj1) e unisciti al gruppo Facebook: https://www.facebook.com/groups/127716650039/. E, se vorrai, con una piccola sottoscrizione potrai usare in pienaautonomia i telescopi remoti ASTRA e fare le tue foto per un intero anno!

Visualizza la Mappa del Cielodell'Emisfero Est

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Sopra. L’ammasso stellare aperto Stephenson 1. Sulla destra la gigante rossa Delta 2 Lyrae, più in alto sullasua sinistra, la giovanissima, azzurra, Delta 1 Lyrae. Telescopio Remoto UAI (ASTRA #2, Newton, 800 mm/4 &SBIG ST10XME su Avalon M uno, Castiglione del Lago, PG). Giorgio Bianciardi. L’immagine è girata Est-Ovest(Sx-Dx), Nord in alto.

due stelle brillanti, nella costellazionedell’Aquila; e per ultima vedremo sorgeredall’orizzonte est Deneb (Alfa Cygni, mag. +1,3),una delle stelle più luminose della Galassia, postaall’inizio della grande croce rappresentante lacostellazione del Cigno. Se ci troviamo sotto il cielo buio della campagna,potremo già apprezzare, lungo queste trecostellazioni, i due estesi frammenti di bracciadella Via Lattea: miliardi di stelle situate amigliaia di anni luce da noi. Un buon binocolo, oun piccolo cannocchiale, inizierà a risolvere illungo nastro biancastro in miriadi di soli:spettacolare! Ci apprestiamo a viaggiare a 1.000 e più anni lucedalla Terra, ai margini del nastro della Via Lattea

che sfiora la costellazione della Lira. Troveremotestimonianze di nascite e di morte di immensisoli. Ci dirigiamo sulla stellina di quarta magnitudineche costituisce l’angolo superiore sinistro (angolonordest) del parallelogramma che disegna lacostellazione della Lira, come possiamo vederenella nostra carta del cielo. Siamo subito sotto eleggermente a sinistra di Vega. Qui il telescopioremoto UAI (ASTRA #2) ci mostra una stella dallatinta scarlatta: è Delta 2 Lyrae, fredda giganterossa 200 volte più grande del nostro Sole,10.000 volte più luminosa e 7 volte la sua massa. Di colore rosso profondo, è bella da osservare conun binocolo, o un piccolo telescopio, che neesalterà ancor più il colore. Nella nostra

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immagine nella pagina precedente, alla suasinistra, troviamo una trentina di stelle, tra cui inalto il giovanissimo sole azzurro Delta 1 Lyrae, 6volte più grande del Sole e molto più caldo.Stiamo osservando un grappolo di stelle natopoco più di 50 milioni di anni fa, un attimo nellavita di una stella. 200 anni luce più distanterispetto alla gigante delta 2 Lyrae, è l’ammassostellare aperto Stephenson 1. Si dissemina percirca 30’ (quanto un diametro lunare).Le stelle nascono e le stelle, i soli, muoiono...Scendiamo sotto Vega di 4-5 gradi: tra le duestelle alla base della “L” della Lira troviamo la ben

conosciuta nebulosa anulare della Lira, M 57. Cisiamo allontanati a 2.300 anni luce. È latestimonianza di una stella che sta morendo, eun’anteprima del futuro che attende anche ilnostro Sole, tra 4 miliardi di anni. La stellina chevediamo al centro dell’anello è il “cuore” nudo ecaldissimo della stella morente, che illumina laregione centrale di luce azzurra e che ha esalato,come un ultimo respiro, il grande anello di gas,rosso della luce dell’idrogeno. Grande un annoluce, appare splendida in questa ripresa altelescopio remoto ASTRA #1.

Sopra. La Nebulosa anulare della Lira. La debole ma caldissima stella che vediamo al centro della nebulosaillumina di luce azzurra l’interno della nebulosa, e fa emettere di luce rossa l’idrogeno dell’inviluppo che lacirconda. Una stella sta morendo a 2.300 anni luce dalla Terra. Sulla sua destra in alto, la galassia a spirale IC1296, 200 milioni di anni luce più lontana, si disegna evidente. È la galassia dove Ciabattari, Mazzoni ePetroni dell’ISSP il 12 agosto del 2013 vi scoprirono una supernova. Telescopio Remoto ASTRA #1(Ritchey-Chrétien, 1354 mm/5.4 & SBIG ST8XME su GM2000, Vidor, TV). Massimo Orgiazzi, Mattia Spagnol, LorenzoRota, Raimondo Codiglia, Fabio Defranceschi. Est a sinistra, Nord in alto.

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Emisfero OvestVisualizza la Mappa del Cielodell'Emisfero Ovest15 giugno, 22:00

Guardando a Ovest

Volgendo ora la nostra attenzione versol’emisfero occidentale, a sudovest troviamoancora alte la Vergine e il Leone, con le deboliChioma di Berenice e la Lince. Idra, con le piccoleCoppa e Sestante, e il Cancro si avviano ascomparire, mentre vediamo già prossime ascomparire all'orizzonte ovest l’Auriga e iGemelli, di quest’ultima sono ancora visibili leluminose Castore e Polluce. Il 16 giugno sotto alla stella Polluce (BetaGeminorum, mag. +1,2) potremo assistere a unastretta congiunzione di Marte con Mercurio,subito dopo il tramonto: uno spettacolo che nonpossiamo perderci, se non altro per identificarel’elusivo pianeta più vicino al Sole (vedi i dettagli

dell’evento nel cielo del mese). Potremoapprofittarne per guardare anche le due stelle deiGemelli. Castore (Alfa Geminorum, mag. +1,9) è unsole che risplende di una calda luce bianco-azzurra e anche con un piccolo telescopio sirisolverà in un sistema triplo di soli: due astribianco-azzurri e una piccola nana rossa (il sistemapoi in realtà è sestuplo, ognuna di loro è a suavolta doppia!). Ecco lo sfavillare di Castore altelescopio remoto UAI (ASTRA #2). Ed eccoci nuovamente verso nord: alta nel cielo,l’Orsa Maggiore con i piccoli Cani da Caccia, lastella Polaris con la debole Orsa Minore e, inbasso, la Giraffa.

Sopra. La calda luce di Castore nei Gemelli. 50 anni luce dalla Terra. Pochi secondi di posa al TelescopioRemoto UAI (ASTRA #2, Newton, 800 mm/4 & SBIG ST10XME su Avalon M uno, Castiglione del Lago, PG). Giorgio Bianciardi.

Volgiamo ora lo sguardo verso nord: vedremo inalto il Dragone, più in basso il Cefeo che inizia a

innalzarsi, e quasi sull’orizzonte, lo zig-zag dellestelle di Cassiopea.

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Immagini dal Sistema Solare

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Sopra. Giove. Nell’immagine di sinistra la MacchiaRossa sparisce al lembo. Tiziano Olivetti. SezionePianeti UAI. A sinistra. La complessità degli anelli di Saturno,nelle varie bande e in una sintesi a colori. TizianoOlivetti, Sezione Pianeti UAI. Nella pagina precedente, in alto. A destra, Mercurioad alta risoluzione. Sulla sinistra una ricostruzionedella stessa superficie dalle immagini dalle sondespaziali. Luigi Morrone, AstroHiRes UAI

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Leggi la Seconda Parte

La Chioma di Berenice

Alla Scoperta del Cielo dalle Costellazionialle Profondità del Cosmo

di Stefano Schirinzi

Terza Parte

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Parafrasando una ben nota frase, potremmoaffermare che il viaggio che ci accingiamo qui aintraprendere è “un piccolo spostamento diqualche primo d’arco per il nostro telescopio, ma ungrande balzo negli immensi spazi siderali”: maifrase fu più vera per descrivere le immensedistanze cosmiche alle quali si pongono gli“universi-isola” che qui andremo a visitare,apparentemente vicini tra loro nel cielo. La nostra

meta sono infatti ora le galassie presentinell'angolo nord-occidentale della Chioma diBerenice, situato tra l’ammasso stellare (di cuiabbiamo parlato il mese scorso) e il discontinuoconfine con le limitrofe costellazioni del Leone,dell’Orsa Maggiore e dei Cani da caccia, subito anord. Eppure, nonostante le immense profonditàsiderali che separano questi oggetti tra loro, laforza di gravità tende ancora a saldarli a un vasto

Leggi la Prima Parte

La Chioma di Berenice

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NGC 4393

Per cominciare, restiamo ancora entro l'ammassostellare della Chioma, dirigendo la nostraattenzione sulla già visitata 14 Com. Ebbene, 15' anord di questa stella un telescopio forniràl'inconfondibile visione che contraddistingue ognigalassia a spirale vista quasi frontalmente: unamacchia allungata in senso nord-sud con uncentro leggermente più brillante. Fin qui,potremmo dire, nulla di eccezionale. Ma qualemeraviglia, ai nostri occhi, la ripresa di questooggetto effettuata con una camera: si rendeevidente una bellissima galassia spirale estesa3'x2,7', con braccia ben sviluppate, immersa in un

ricco campo di deboli stelle. La visione èinconfondibile alla nostra memoria: NGC 4393,questo il nome dell'oggetto, si presenta infatticome perfetta copia della ben più nota galassiadel Triangolo (M 33). Lontana 36 milioni di anniluce, tale galassia non presenta un nucleopuntiforme, tra le sue spire fanno invece presenzanumerose stelle e deboli galassie didiciassettesima magnitudine, propaggini del piùgrande ammasso situato subito a nord.

ammasso di oggetti, costituendone il settore piùoccidentale. Parliamo dell’ammasso di galassiedella Chioma che, assieme a quello del Leone,costituisce quello che viene chiamato ilSuperammasso della Chioma: oltre 3.000 galassie,per la maggior parte spirali ed ellittiche. Distante

più di 300 milioni di anni luce, si estende per oltre20 milioni di anni luce. Di questa incredibilestruttura avremo modo di parlare in una futurapuntata della presente rubrica, adessodedichiamoci ad esplorare alcuni dei suoi membripiù significativi e a noi più vicini.

Sotto. Una ripresa sulla galassia NGC4393. Crediti: DSS2

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IC 3165, IC 3168, IC 3193 e NGC 4275

Spostandoci poco più di un grado a ovest, eutilizzando un opportuno atlante per reperirnel'esatta posizione, fanno bella presenza alcunepiccole galassie che, nella ripresa con lunghefocali, esibiscono la loro bellissima morfologia. La prima è IC 3165, una bellissima spirale barratadi tipo Sbb. La piccola estensione angolare, pari ad1,3'x0,8', è indice della grande distanza di questooggetto, i cui fotoni raggiungono i nostri sensoridopo aver viaggiato nel vuoto cosmico per ben382 milioni di anni! Il nucleo puntiforme, la barracentrale perfettamente delineata e le ampiebraccia a spirale indicano una avanzataevoluzione di questo oggetto. Nelle riprese, èpossibile notare accanto a questo oggetto duealtre piccole galassie che, ancora più lontane, siavvicinano solo prospetticamente alla spiralebarrata. Defilata 2' a sud-est di questa, non sarà difficilenotare un'altra piccola ma ben definita galassia: IC

3168, una spirale dalle braccia strettamenteavvolte attorno al nucleo puntiforme. Ledimensioni ancor più piccole, pari a 0,7'x0,4' (o, sevogliamo, 48"x30" d'arco), indicano lalontanissima distanza di questo oggetto, valutatain quasi 690 milioni di anni luce: cifre veramenteda capogiro! Se è vero che le galassie si

Il campo stellare in cui dimora il terzetto di galassie IC 3165, IC 3168 e IC 3193

NGC 4275. Crediti: DSS2

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La prima tra le grandi galassie che andiamo aincontrare in questo tour è reperibile 15' a ovestdella stella di sesta grandezza 9 Com. Rintracciatacon il telescopio, NGC 4251 si presenta come unfuso di decima grandezza esteso 3,6'x1,5', aspettodato dal fatto che questa galassia a spirale,lontana 49 milioni di anni luce, appare anch'essavista di profilo. Tale prospettiva ci consente didistinguere nettamente, all'osservazionetelescopica, il particolare alone, così esteso daessere la parte più prominente dell'intera galassiafino a coprire le braccia a spirale, pur presenti, chesi rendono visibili con estrema difficoltà aimargini. Scoperta da William Herschel nel 1785, ildiametro di NGC 4251 è di circa 60.000 anni luce. Per i possessori di camere fotografiche, ecco orala volta di alcuni interessanti esempi galassie chepotremmo definire curiose.Il primo di questi oggetti è noto come ARP 106,situato 30' a ovest di NGC 4251, è composto dauna grande spirale, NGC 4211A, alla quale è unitauna più piccola spirale di tipo barrato nota comeNGC 4211B. L'effetto mareale si manifesta suquest'ultima con una lunga coda rivolta a sud,estesa per quasi 30" d'arco. La primaria èclassificata come “galassia attiva”:evidentemente, come in tutti gli oggetti di questotipo, l'interazione con la secondaria potrebbe averavviato una serie di eventi nei pressi del buconero supermassiccio situato al suo centro,innescando così fenomeni ad alta energia

caratteristici di tali galassie. Scoperta nel 1881 daE. Stephan, la coppia è distante 180 milioni di anniluce.

distinguono in determinate morfologie, è pur veroche la somiglianza tra oggetti diversi, a volte,rasenta davvero l'incredibile, e così, similmenteall'esempio sopra citato, IC 3165 e IC 3168 sono,rispettivamente, copie esatte delle ben più noteNGC 6744 nel Pavone e NGC 2297 nella MacchinaPneumatica: testare qualsiasi immagine percredere! Circa 7' a est di IC 3168 ecco la più largaIC 3193, una spirale di dodicesima grandezza vistadi tre quarti, lontana ben 342 milioni di anni luce.

Tornando sulla precedente IC 3165, 20' a sud diquesta fa bella mostra di sè NGC 4275, una bellaspirale tonda, larga 1' ma ben più luminosa delleprecedenti. Lontana 106 milioni di anni luce,presenta braccia strettamente avvolte al nucleo; lavisione è arricchita dalla presenza di un'altragalassia situata solo 1' a sud-ovest, una spiralevista di profilo che assume la forma di una lente.

Le grandi galassie NGC 4251, ARP 106, NGC 4196 e NGC 4185

NGC 4251. Crediti: DSS2.

Sopra. La coppia di spirali NGC 4211A e NGC4211B, in interazione tra loro, a formare il

complesso noto come ARP 106. Crediti: DSS2

Circa 16' a nord-ovest è presente un oggetto chepotremmo definire quasi come un perfettoriflesso allo specchio di quest’ultimo, perdimensioni, luminosità e forma: NGC 4196, questoil nome della galassia lontana anch’essa 180milioni di anni luce. Presenta una coda marealerivolta a nord-est, che è quanto resta di unagalassia di minore dimensioni da questainglobata. I curiosi di galassie si saranno spesso chiesti seesista una spirale così bella e aggraziata da esseredefinita “la spirale perfetta”. Una tra le diversecandidate può essere reperita poco più di 10' anord-ovest: scoperta sempre da Herschel l'11aprile del 1758, NGC 4185 è una bellissimaspirale barrata di tipo Sbbc vista di tre quarti, conbraccia moderatamente aperte, lontana 210milioni di anni luce. Qui, la geometria a spiraledelle sue braccia rasenta davvero la perfezione,avvolgendosi perfettamente fin quasi il nucleo.

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A destra, in alto. NGC 4196. Crediti: DSS2.A destra. NGC 4185. Crediti: DSS2.

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HCG 61, “the box”

Siamo così giunti nei pressi dellacoppia di stelle di sesta grandezzaHD 106184 e HD 106022.Esattamente 30' a nord di queste, èpresente un interessantissimoquartetto di galassie, racchiuse in uncampo di soli 2'. La particolarità checontraddistingue questo gruppocompatto, noto come HCG 61 (dalcatalogo Hickson Compact Group,pubblicato nel 1982 da Paul Hickson,che comprende 100 gruppi compattidi galassie), è quello di esserecostituito da quattro galassie dallaforma allungata: per l'apparenza, ilgruppo è soprattutto noto con iltermine inglese the box (la scatola). Come lo stesso Hickson ebbe adefinire, la maggior parte dei gruppicompatti sono strutture checontengono un elevato numero digalassie dalla morfologia e cinematicaalquanto peculiari, con emissione dalnucleo di onde radio e infrarossi, digalassie starburst o con nucleigalattici attivi (AGN). Tali gruppicontengono anche una grandequantità di gas diffuso e sonodinamicamente dominati dallamateria oscura. Con più probabilità sisono formati come sottosistemi dilibere associazioni, evoluti a causa deiprocessi gravitazionali: le componentivanno quindi incontro a forti interazioni e lafusione può condurre alla scomparsa finale delgruppo. La componente più settentrionale di HCG 61 è unaspirale deformata e prettamente blu: NGC 4173.Lunga oltre 4' e “stretta” appena 0,9', nonostantele dimensioni è in realtà la più debole tra lecomponenti del gruppo. Essendo lontana solo 63milioni di anni luce – da cui deriva un diametro

pari a 70 mila anni luce – si sovrapponeprospetticamente alle altre tre reali componentidel gruppo, che è lontano 180 milioni di anni luce.Procedendo in senso orario, ecco la componentepiù larga del gruppo: NGC 4169, una spirale di tipoS0, a mezza via con le ellittiche rispetto alle qualipresenta un esteso alone con nucleo luminose esenza braccia a spirale evidenti. Sempre in sensoorario, la terza componente è NGC 4174, spiralevista di profilo con l'asse disposto lungo la

Sopra. Una vista ad ampio campo della regione dominatadalle due stelle HD 106184 e HD 106022, da cui si parte,

spostandoci di 30’ verso nord (in un sistema di riferimentoequatoriale) per raggiungere il quartetto di galassie HCG 61

“The Box”. Crediti: DSS2.

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direzione nordest-sudovest, caratteristica per ilristretto ma luminoso bulge, lunga solo 0,93' è lapiù piccola per dimensioni nel gruppo. Dispostaortogonalmente rispetto a quest'ultima, ecco a

chiudere “la scatola”, NGC 4175: una spirale vistadi profilo lunga 1,6' e larga ben 95 mila anni luce,che presenta la presenza di una striscia oscura,formata da polveri, disposta a livello equatoriale.

Una bella vista di dettaglio sul quartetto di galassieche compongono il gruppo compatto “The Box”.

Crediti: DSS2

Nei dintorni di HGC 61: ABELL 1495 e NGC 4136

Spostandoci 10' a est delle quattro galassie,notiamo adesso la presenza di due stelle di nona(HD 106238, a settentrione) e undicesimagrandezza (la più meridionale). Nello spazio traqueste, un telescopio da almeno 300 mm didiametro consentirà a un attento osservatore dinotare la presenza di numerose galassie checostituiscono l'ammasso Abell 1495. Esteso peroltre mezzo grado, le più di 100 galassie appaiononelle riprese di colore giallo, indice della grandedistanza valutata in ben 2 miliardi di anni luce!

Altra bella galassia a spirale è NGC 4136, situatapoco più di 1' a nordovest di HCG 61. Scoperta daHerschel nel 1785, è una spirale barrata vistaesattamente di fronte, larga poco meno di 4'.Situata in un ricco campo di stelle di quindicesimagrandezza, presenta braccia ampiamente apertema la barra centrale è poco visibile mentre, alcontrario, il nucleo è puntiforme e luminoso comeuna stella di tredicesima grandezza. Nelle migliorifotografie, nelle ampie braccia fanno presenzanumerosi noduli costituiti, nella realtà, da

Spostando ora il nostro strumento ancora più asettentrione, giungiamo nei pressi del confine coni Cani da Caccia dove troviamo la luminosa NGC4203. Scoperta il 20 marzo 1787 da Herschel,questa galassia di decima grandezza è un’altralenticolare di tipo Sab0, con braccia a spiralestrettamente avvolti che dipartono da una barraappena pronunciata. Tale galassia, purpossedendo una enorme riserva di idrogenoneutro, stimata sul miliardo di masse solari,mostra però un tasso diformazione stellareminimo, a indicare chela galassia è piuttostovecchia, con un’etàvalutata in dieci miliardidi anni. L’idrogeno allostato neutro si disponein due strutture adanello, con quelloesterno dalla massaalmeno nove voltemaggiore di quelladell’anello interno.Nella regione centrale,si stima vi sia qualcosacome 2,5×107 massesolari di idrogenomolecolare, oltre a

immense strutture polverose situate entro 980anni luce dal nucleo. Il gas nel disco esternopotrebbe essere stato accresciuto dal mezzointergalattico o catturato durante un incontroravvicinato con una galassia nana. Il nucleo dellagalassia contiene un buco nero dalla massastimata 6×107 masse solari, un afflusso di gas dicirca 2 × 10-2 masse solari all'anno, sufficiente aspiegare la luminosità X misurata.

vastissime regioni di formazione stellare alle qualisono associate associazioni di luminose stelle OB.La distanza della galassia è stimata in 27 milioni dianni luce, mettendo questo dato in relazione aldiametro apparente, quello reale risulta esserenon meno di 30.000 anni luce.

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A destra. NGC 4136. Crediti: DSS2.In basso. NGC 4203. Crediti: DSS2.

Al confine con i Cani da Caccia: NGC4203

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3 giugno 201913:18 - Luna Nuova

GIUGNO

GUIDA OSSERVATIVA

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1 giugno 201913:20 - L’asteroide (375) Ursula in opposizionenella Squadra (dist. Terra = 2,018 UA; m = +11,8;el. = 156°).16:37 - La Luna alla massima librazione ovest(8,2°; AP = 317°): favorita l'osservazione delcratere Grimaldi.22:00 - Marte (h = 9°; m = +1,8) passa 1° a sudestdi Mebsuta (epsilon Geminorum; m = +3,1).

2 giugno 201905:30 - Nelle luci del crepuscolo mattutino, unasottilissima falce di Luna (fase = 82%) sorge 5,4° asudest di Venere (m = –3,9).08:24 - Inizia la rotazione di Carrington n. 2218.

4 giugno 201920:45 - Una sottilissima falce di Luna (h = 12°;fase = 2%) passa 4,4° a sudest di Mercurio (m= –0,8).

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8 giugno 201923:00 - La Luna (h = 23°; fase = 34%) passa 2,4°a nordovest di Regolo (alfa Leonis; m = +1,4).

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5 giugno 201915:10 - La Luna alla massima declinazionenord (+22° 03”) .21:10 - Una sottile falce di Luna (h = 16°;23:30 - Mercurio alla massima declinazionenord (+25,5°).

6 giugno 201909:50 - La Luna al nodo ascendente.20:17 - Librazione lunare al minimo (2,6°).

Una nuova spettacolare immagine del telescopio spaziale Hubble (NASA / ESA) ci mostra la galassiairregolare NGC 4485, deformata e lacerata da una sua più grande vicina, NGC 4490 (che si trova inbasso a destra fuori dall’immagine). La gravità della seconda galassia ha distrutto l’ordinatastruttura a spirale di stelle, gas e polvere, dando origine a una regione irregolare di stelle neonate,calde, blu disseminate in scie e raggruppamenti caotici di polvere e gas.Crediti: ESA/Hubble, NASA. Acknowledgement: T. Roberts (Durham University), D. Calzetti(University of Massachusetts) and the LEGUS Team, R. Tully (University of Hawaii) and R. Chandar(University of Toledo).

7 giugno 201917:08 - La Luna al perigeo: minima distanzadalla Terra (362 703 km; diam. = 32' 56").

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10 giugno 201907:14 - Luna al Primo Quarto.17:28 - Giove in opposizione nell’Ofiuco (dist.Terra = 4.284 UA; m = –2,6; diam. = 46"; el.=178°).

12 giugno 201901:54 - Giove alla minima distanza dalla Terra(4,283 UA; m = –2,6).09:29 - La Luna alla massima librazione sud(7,2°; AP = 148°): favorita l'osservazione delPolo Sud. 22:20 - La Luna (h = 41°; fase = 78%) passa 6,7°a nordest di Spica (alfa Virginis; m = +1,1).

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11 giugno 201922:30 - La Luna (h = 41°; fase = 68%) passa2,1° a nordest di Porrima (gamma Virginis; m= +2,8).

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16 giugno 201902:19 - La Luna alla massima librazione est(6,4°; AP = 130°): favorita l'osservazione delMare Crisium.02:30 - La Luna (h = 20°; fase = 98%) passa7,3° a nordovest di Antares (alfa Scorpii; m= +1,1) e 5,0° a nordest di Graffias (betaScorpii; m = +2,6).21:50 - La Luna (h = 14°; fase = 100%) passa1,5° a est di Giove (m = –2,5).22:00 - Mercurio (h = 5°; m = +0,1) passa 1,8° anordovest di Wasat (delta Geminorum; m= +3,5).

13 giugno 201900:13 - L’Equazione del Tempo è nulla: il TempoSolare Medio coincide con il Tempo Solare Vero.22:00 - Marte (h = 6°; m = +1,8) passa 1,4° anordovest di Wasat (delta Geminorum; m = +3,5).

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14 giugno 201902:30 - La Luna (h = 13°; fase = 88%) passa 5,4° anordovest di Zubenelgenubi (alfa Librae; m = +2,8).08:08 - Osservazione in luce diurna: utilizzare solostrumenti dotati di filtri. Venere (h = 31°; m = –3,8) passa5,7’ a sudovest di omega2 Tauri (SAO 76532; m = +4.9; el= 16.6°).22:20 - L’asteroide (22) Kalliope in opposizionenell’Ofiuco (dist. Terra = 2,163 UA; m = +10,9; el. = 174°).

15 giugno 201905:40 - L’asteroide (410) Chloris in opposizionenell’Ofiuco (dist. Terra = 1,053 UA; m = +10,3; el. =175°).

Una nuova spettacolare immagine del telescopio spaziale Hubble (NASA / ESA) ci mostra la galassiairregolare NGC 4485, deformata e lacerata da una sua più grande vicina, NGC 4490 (che si trova inbasso a destra fuori dall’immagine). La gravità della seconda galassia ha distrutto l’ordinatastruttura a spirale di stelle, gas e polvere, dando origine a una regione irregolare di stelle neonate,calde, blu disseminate in scie e raggruppamenti caotici di polvere e gas.Crediti: ESA/Hubble, NASA. Acknowledgement: T. Roberts (Durham University), D. Calzetti(University of Massachusetts) and the LEGUS Team, R. Tully (University of Hawaii) and R. Chandar(University of Toledo).

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18 giugno 201900h - Nettuno alla massima declinazione nord (–05,5°).03:26 - La Luna alla massima declinazione sud (–23°01”).05:07 - Mercurio in dicotomia (fase = 50%).18:04 - La Luna al nodo discendente.21:30 - Mercurio (h = 12°; m = +0,2) passa 13' a nord di Marte (m = +1,8).

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19 giugno 201904:50 - La Luna (h = 18°; fase = 97%)passa 1,5° a sud di Saturno (m = +0,2).08:52 - Osservazione in luce diurna:utilizzare solo strumenti dotati di filtri.Venere (h = 42°; m = –3,8) passa 1,4° asudovest di tau Tauri (SAO 76721; m= +4,3; el. = 15,3°).22:00 - Mercurio (h = 5°; m = +0,3)passa 5,5° a sudest di Polluce (betaGeminorum; m = +1,2).

17 giugno 201900:10 - La luminosità di Mercurio è in calo: lamagnitudine diventa positiva.06:36 - Osservazione in luce diurna: utilizzare solostrumenti dotati di filtri. Venere (h = 19°; m = –3,8)passa 4,7° a nordest di Aldebaran (alfa Tauri; m= +0,9; el. = 15,9°).11:13 - Luna Piena.

20 giugno 201913:15 - Librazione lunare al minimo (3°).

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I resti della supernova SNR 0509-68.7, conosciuta anchecome N103B che si trova 160 mila anni luce dalla Terranella Grande Nube di Magellano. Crediti: NASA, ESA, andY.-H. Chu (Academia Sinica, Taipei).

24 giugno 201801:00 - Mercurio alla massima elongazione est (25,2°;visibilità serale; m = +0,4; diam. = 8,2”; Gemelli).04:10 - La Luna (h = 28°; fase = 63%) passa 4,4° a sud diNettuno (m = +7,9).23:00 - L’asteroide (914) Palisana in opposizione nelloScudo (dist. Terra = 0 ,979 UA; m = +10,8; el. = 161°).23:40 - L’asteroide (471) Papagena in opposizione nelSagittario (dist. Terra = 2,149 UA; m = +11,0; el. = 176°).

23 giugno 201903:19 - L'asteroide (130) Elektra (m = +12,0) occultala stella TYC 5239-01435-1 (m = +11,0). Si prevedeuna caduta di luminosità di 1,4 magnitudini per unadurata di 19,8 secondi. La linea teorica attraversa lapenisola italiana (www.asteroidoccultation.com).

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21 giugno 201917:54 - Solstizio d’estate: nell’emisferoboreale inizia l’estate astronomica.21h - Nettuno stazionario in ascensione retta: ilmoto da diretto diventa retrogrado.21:30 - Marte (h = 9°; m = +1,8) passa 5,5° asudest di Polluce (beta Geminorum; m = +1,2).

22 giugno 201917:32 - La Luna all'apogeo: massima distanza dallaTerra (409 914 km; diam. = 29' 09").

Una nuova spettacolare immagine del telescopio spaziale Hubble (NASA / ESA) ci mostra la galassiairregolare NGC 4485, deformata e lacerata da una sua più grande vicina, NGC 4490 (che si trova inbasso a destra fuori dall’immagine). La gravità della seconda galassia ha distrutto l’ordinatastruttura a spirale di stelle, gas e polvere, dando origine a una regione irregolare di stelle neonate,calde, blu disseminate in scie e raggruppamenti caotici di polvere e gas.Crediti: ESA/Hubble, NASA. Acknowledgement: T. Roberts (Durham University), D. Calzetti(University of Massachusetts) and the LEGUS Team, R. Tully (University of Hawaii) and R. Chandar(University of Toledo).

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26 giugno 201803:51 - La Luna (h = 21°; fase = 44%) occulta(immersione lembo illuminato) la stella 20 Ceti(SAO 129009; m = +4,8) con AP = 147°.L’occultazione termina alle 03:58 (h = 23°; AP =114°).05:30 - Osservazione in luce diurna: utilizzaresolo strumenti dotati di filtri. Venere (h = 6°; m= –3,8) passa 38’ a nordest di 109 Tauri (SAO77097; m = +5,0; el. = 13,5°).15:54 - La Luna alla massima librazione nord(8,6°; AP = 324°): favorita l'osservazione del MareFrigoris.18:00 - L’asteroide (79) Eurynome in opposizionenel Sagittario (dist. Terra = 1,699 UA; m = +11,5;el. = 173°).23:49 - Mercurio al nodo discendente.

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Note all’utilizzo del calendario degli eventi: nella tabella vengono fornite data e ora (in TMEC = TempoMedio dell’Europa Centrale) dei principali fenomeni celesti del mese, nonché le ricorrenze di avvenimentistorici correlati all’astronomia e all’esplorazione spaziale. Dove non diversamente specificato, gli orari e idati degli eventi riportati sono da intendersi topocentrici, ovvero riferiti alla posizione geografica di unosservatore posto a Long. 12° est; Lat. 42° nord; inoltre, le congiunzioni sono in riferimento altazimutale. Siprenda nota del fatto che gli istanti relativi a fenomeni quali le occultazioni asteroidali e lunari, possonovariare di qualche minuto per un osservatore la cui posizione si discosti da quella indicata. Le distanzeangolari degli oggetti celesti sono da intendersi calcolate da centro a centro. Sono riportate le opposizionidi tutti gli asteroidi la cui luminosità apparente risulti inferiore alla mag. +12; per dist. si intende ladistanza dalla Terra. Dove si riporta l’Angolo di Posizione AP di un oggetto rispetto ad un altro si deveintendere contato a partire da nord, in senso antiorario.

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27 giugno 201918:36 - Osservazione in luce diurna: utilizzare solostrumenti dotati di filtri. Venere (h = 12°; m = –3,8)passa 58’ a nordovest di 114 Tauri (SAO 77184; m= +4,9; el. = 13,0°).

28 giugno 201803:40 - La Luna (h = 10°; fase = 25%) passa4,4° a sudovest di Urano (m = +5,8).

25 giugno 201901:49 - La Luna (h = 4°; fase = 54%) occulta(immersione lembo illuminato) la stella 33 Piscium(SAO 128572; m = +4,6) con AP = 55°.L’occultazione termina alle 02:56 (h = 16°; AP =259°).13:57 - Luna all'Ultimo Quarto.

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29 giugno 201903:48 - L’asteroide (914) Palisana alla minimadistanza dalla Terra (0 ,977 UA; m = +10,8; el. =160°; Serpente).09:46 - La Luna alla massima librazione ovest(8,8°; AP = 316°): favorita l'osservazione delcratere Grimaldi.13:10 - Inizia la rotazione di Carrington n. 2219.

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Una nuova spettacolare immagine del telescopio spaziale Hubble (NASA / ESA) ci mostra la galassiairregolare NGC 4485, deformata e lacerata da una sua più grande vicina, NGC 4490 (che si trova inbasso a destra fuori dall’immagine). La gravità della seconda galassia ha distrutto l’ordinatastruttura a spirale di stelle, gas e polvere, dando origine a una regione irregolare di stelle neonate,calde, blu disseminate in scie e raggruppamenti caotici di polvere e gas.Crediti: ESA/Hubble, NASA. Acknowledgement: T. Roberts (Durham University), D. Calzetti(University of Massachusetts) and the LEGUS Team, R. Tully (University of Hawaii) and R. Chandar(University of Toledo).

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MOSTRE E APPUNTAMENTIUnione Astrofili Senesi

Osservatorio AstronomicoProvinciale di Montarrenti, SS. 73Ponente, Sovicille (SI).01.06: Il cielo di giugno. Comeogni primo sabato del mese,l’appuntamento per il pubblico èalle ore 22.00 presso Porta Laterinaa Siena da dove raggiungeremo apiedi la specola ”PalmieroCapannoli” per osservare il cielodel periodo. Al centrodell’attenzione nebulose, ammassistellari e galassie. Per il pubblico èobbligatoria la prenotazione daeffettuare on line sul sito www.astrofilisenesi.it oppure tramiteDavide Scutumella 3388861549. Incaso di tempo incerto telefonareper conferma.14.06 e 28.06: Il cielo al castello diMontarrenti. Come ogni secondo equarto venerdì del mese, dalle ore22.00 l’Osservatorio Astronomicodi Montarrenti (Sovicille, Siena)sarà aperto al pubblico delle serateosservative, con particolareattenzione alla Luna (soprattutto il

10), al pianeta Giove, agli ammassistellari ed alle galassie primaverili.Per il pubblico è obbligatoria laprenotazione tramite il sito www.astrofilisenesi.it o inviando unmessaggio WhatsApp al3472874176 (Patrizio) oppure unsms al 3482650891 (Giorgio). Incaso di tempo incerto telefonareper conferma.Seguiteci su www.astrofilisenesi.it e sulla nostra pagina facebookUnione Astrofili Senesi

Associazione LigureAstrofili Polaris

La nostra Sede si trova in SalitaSuperiore della Noce 27/cancello,per le altre località vedi: http://www.astropolaris.it/nfo_luoghi.shtml.Le conferenze si tengono presso lasede, ove non diversamentespecificato, inizio ore 21:00:21.06: Conferenza: “In viaggioverso la Luna: la più avvincentedelle sfide spaziali”. Presso lanostra Sede in Salita Superiore

della Noce 27 canc., Genova.Relatore: Marco Bibuli (RicercatoreCNR - Socio Ass. Astrofili Polaris).Corso base di Astronomia, inizioore 21:00:07.06: Serata conclusiva:consegna attestatiEventi inizio ore 20:30:14.06: Osservazione della Luna inCorso Italia, davanti alla Chiesa diBoccadasse.Per info: Tel. 346/2402066Facebook: www.facebook.com/astropolarisgenovawww.astropolaris.it

Associazione RomanaAstrofili

Aperture Pubblichedell’Osservatorio astronomico diFrasso Sabino: venite con noi adosservar le stelle!Durante le aperture pubbliche, sipossono effettuare visite gratuite esenza prenotazione. L’osservatoriodi norma viene aperto al pubblico

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anche in caso di meteo incerta oavversa.Le prossime aperture: sabato 15giugno.Consultare il sito per orari estrutturazione delle visite. Per maggiori informazioni: FabioAnzellini 339-7900809www.ara.roma.it

Società AstronomicaFiorentina

Conferenze e serate osservativeorganizzate dalla S.A.F. ONLUSpresso (ove non indicatodiversamente) l’IIS “EnriquesAgnoletti”, Via Attilio Ragionierin.47 Sesto Fiorentino, Firenze.Ingresso libero, inizio ore 21:15:04.06: Conferenza "L'universodegli antichi a cura di Elena Corna".Cosa sapevano i Greci e i Romani(per limitarsi alla nostra areageografica) dell'universo? Esoprattutto, cosa sappiamo noi diquanto sapevano? Si parlerà deifattori che hanno per secoliimpedito la conoscenza e lacorretta valutazione dei loropensieri e delle loro ricerche.11.06: Apertura della Sede e serataosservativa con i Soci e non

18.06, ore 17:30: Conferenza: "50anni fa la conquista della Luna" acura di Franco Risca. Ricostruzionee commento dell'evento piùimportante del secolo. Presso laBiblioteca Buonarroti, Sala Archi,Viale Guidoni, 188 - Firenze18.06: Apertura della Sederiservata ai Soci20.06: Conferenza: "ProgrammaMercury-Gemini" a cura diLeonardo Malentacchi. Ai successidell’Unione Sovietica gli Stati Unitirispondono con i loro primiprogrammi spaziali. Racconto dellapreistoria dell’astronautica degliUSA che portano alla Nascitadell’agenzia spaziale NASA e aiprimi programmi spaziali comeMercury e Gemini. Presso il PuntoLettura L.Gori, Via degli Abeti 325.06: Apertura della Sederiservata ai Soci Serate Osservative presso laBiblioteCanova in via Chiusi, nr4/3A - zona Isolotto - Firenze. Incaso di maltempo la serata sisvolgerà all'interno con proiezionidel cielo del mese. Inizio ore 21:15:27.06: Serata Osservativa dellavolta celeste. Luna assente,

Mercurio visibile fino alle 22,Venere già tramontato, Marte quasial tramonto, Giove in ottimaposizione mentre Saturno è giàtramontato. Si inizia a vedere ilfamoso Triangolo Estivo compostodalle stelle Vega, Altair e Deneb.Corso Base di Astronomia aperto aisoci e ai nuovi soci che siiscriveranno. Questi gli argomentiche verranno trattati:06.06: le basi dell'osservazione13.06: serata di praticaosservazionePer info: cell. 377.1273573 [email protected] Planetario Civico di Milano

Associazione LOfficinaSituato nei Giardini Pubblici "IndroMontanelli" presso Porta Venezia.Le conferenze domenicali e granparte di quelle del sabato sonodedicate all'osservazione e allaconoscenza della volta stellata(vedi programma nel sito). Ilmartedì e il giovedì sera, incontri atema con astronomi ed esperti. Leattività pubbliche sono a curadell’Associazione LOfficina. Per isuccessivi appuntamenti

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controllare il sito.Conferenze a tema, inizio ore21:00:03.06: Per il ciclo Scienza eAntartide, da Milano al Polo Sud:Dalle Alpi all'Antartide: lo studiodelle polveri sottili si spinge finoalla stazione Concordia sul plateauantartico, di Marco Potenza(Università degli Studi di Milano)06.06: Buchi neri, strane bestie.Viaggio dove il tempo finisce, diElisa Nichelli - SSDC (Space ScienceData Center) di ASI e INAF10.06: Il secondo invisibile. Lamisura del tempo dalle stelle agliatomi, di Luca Perri13.06: Il sogno di Keplero, Viaggiofantastico sulla Luna alla conquistadi Copernico. Di Anna Lombardi25.06: Il calendario lunisolarecinese di Chiara PasqualiniPer informazioni: Tel. 0288463340 - [email protected]/planetario - LOfficina.eu

Circolo Astrofili Veronesi“Antonio Cagnoli”

Sede: Sale della III Circoscrizione,via Filippo Brunelleschi,12 Verona(zona Stadio). Inizio ore 21:00.31.05: “La Luna 50: cosa abbiamoimparato”, relatore: dott. SimoneZaggia astronomo INAF-OAPD06.06: Taverna Rometta e Giulieo: Ibuchi neri, presso Via Bellori, 11,37023 Stallavena-lugo VR07.06, ore 20:00: Uscitaosservativa all’OsservatorioAstronomico Monte Baldo14.06: “La ricerca scientifica incampo medico sulla StazioneSpaziale Internazionale”. Relatore:dott. Filippo Scopelliti15.06: Incontri culturali in Hotel: Le

origini dell'Universo, presso HotelCorte Ongaro, Via Scuderlando 40,Verona15-16.06: Meeting ANS. Pressoosservatorio di Santa Lucia diStroncone La Luna in Piazza Bra Osservazionegratuita con i telescopi della Lunaal primo quarto e dei pianeti.12.06: dalle 22:00 alle 02:00 del13.06Per info: tel. 3347313710 [email protected]

Infini.to Planetario diTorino

Museo dell’Astronomia edello Spazio

Infini.to si trova sulla cima di unacollina nel comune di PinoTorinese, a una distanza di circa 10km dal centro della città di Torino edi circa 6 km dal centro dellacittadina di Chieri, in ViaOsservatorio 30.01-02.06: Lo Spazio ai bambini07.06: Una notte al Planetario21.06: Serata Osservativa: Un cielodi stelle al Parco AstronomicoN.B. Verificare sul sito delplanetario programmi, requisiti,costi, prenotazione e altreindicazioni per ogni attività.INFO/Tel. 011.8118740 [email protected]

Al Planetario di RavennaAttività del Planetario di Ravenna(V.le Santi Baldini 4/a) incollaborazione con l’AssociazioneRavennate Astrofili Rheyta. Leosservazioni si tengono presso iGiardini Pubblici con ingresso

libero, meteo permettendo.Inizio ore 21:00, prenotazioneconsigliata.Tutti i lunedì mattina, ore 10:30: Ilcielo per i più piccoli: lecostellazioni estive, spettacolo incupola adatto ai bambini a partireda 6 anni.04.06, ore 20:00, aspettando il"Festival delle Culture",osserveremo il crescente di Lunadal prato antistante la Basilica diSant'Apollinare in Classe.04.06: per lo speciale "Luna 2019"e per il "Progetto Alternanza ScuolaLavoro", in collaborazione con ilLiceo Scientifico "A.Oriani", VirginiaTorre, Stefano Volpe e MarcoGaroni proporranno l'ultimaconferenza sulle missioni Apollo:"Apollo 16 e 17, la fine di un'era".07-08.06: Osservazione della voltastellata dalla Darsena di Città inoccasione del "Festival delleCulture".11.06: Per il "Progetto AlternanzaScuola Lavoro", in collaborazionecon il Liceo Scientifico "A.Oriani",Serena De Franco e Carlo Albani ciporteranno "Alla scoperta del Cieloestivo".14.06: Osservazione della voltastellata dai giardini del Planetario.18.06: Oriano Spazzoli ci parleràdei "Cieli d'America: storiedell'altro mondo".24.06, ore 10:30: Per "Una mattinaal Planetario", Marco Garoniintratterrà i bambini (a partire dai 5anni) con "Il cielo estivo".25.06: Neil Armstrong: un uomosulla Luna, di Claudio BalellaPer info: tel. 0544.62534 [email protected]/planet - www.arar.it

ASTROINIZIATIVE UAIUnione Astrofili Italiani www.uai.it

GLI INCONTRI CON I TELESCOPIREMOTI UAI 8 giugno Stelle per tutti LaGiornata Nazionale della

divulgazione inclusivadell’Astronomia, con serateosservative pubblicheeosservatori aperti anche allepersone con disabilità.

Iniziativa collegata alle attivitàdel gruppo UAIDivulgazioneInclusiva www.uai.it/stellepertutti

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Associazione AstrofiliBolognesi

Sede: via Serlio 25/2 - BolognaOsservatorio: loc. Montepastore -via Varsellane - BOLe serate pubbliche in Osservatorio(loc. Montepastore - via Varsellane -BO) iniziano alle 21:30. La sbarra diaccesso sarà chiusa alle ore 22:00.Per una migliore riuscita dellaserata, si prega di essere puntuali.07.06: La Lira e il Cigno21.06: Osservare i pianeti: Giovee-mail:[email protected] su Facebook - Programma2019www.associazioneastrofilibolognesi.it

ATA - AssociazioneTuscolana di Astronomia

“Livio Gratton”L’ATA vuole rendere la scopertadell’Universo una esperienzacondivisa, mettendo in connessioneAssociazioni, Scuole, Istituzioni, Enticulturali e di Ricerca, per far sì che…l’astronomia e la scienza sianopatrimonio di tutti. L’ATA dispone divarie strutture e sedi per le sueattività, prima fra tuttel’Osservatorio Astronomico F.Fuligni, ospitato presso il Comunedi Rocca di Papa (frazione Vivaro).

Attività presso il Parco astronomico“Livio Gratton”, Rocca di PapaRoma, inizio ore 21:00 dove nonspecificato31.05: Quando gli astri respirano,pulsano, esplodono... le stelleVariabili01.06, ore 20:30: Night Star Walk14.06, ore 20:00: Il cielo del meseal Planetario21.06, ore 20:30: Esploratori delcosmo alla scoperta del cielo digiugno28.06: Ma insomma...quanti sono iPianeti del Sistema Solare?Per tutte le serate è OBBLIGATORIAla prenotazione (richiesta anche aiSoci ATA), da effettuarsi ENTRO ilgiorno precedente l’attività, anchesolo via mail.Per informazioni :segreteria@ataonweb. it - tel06.94436469www.ataonweb.it Gruppo Astrofili di Padova

Il Gap propone il seguentecalendario per il mese di dicembrepresso la sede di via Cornaro, 1/b(ove non diversamente specificato).Inizio ore 21.00. Dove indicato,meteo permettendo, ci saràl’osservazione guidata del cielo coni telescopi del gruppo Gap.06.06: "Present. 50° Luna eosservazione", Polverara (pro loco)

07.06: Osservazione, pressoRovolon Parco Fiorine (aperto aisoci)14.06: Osservazione per i soci,presso Wilma’s house21.06: Serata osservativa opresentazione, presso CandianaPer informazioni e prenotazionitelefonare a: 334 396 8941 - 348251 1670www.astrofilipadova.it

Museo civico diMontebelluna

I VENERDì DELL'ASTRONOMIA dal 7giugno 2019Aperture serali del Museo dellaMostra e della mostra "Viaggiatoridel Cosmo. Meteoriti e co." dalle20:00 alle 23:00. Per l'occasione, apartire dalle 21:30 la SezioneAstronomia del GruppoNaturalistico Bellona aprirà laspecola (osservatorio astronomico)nel giardino del Museo perosservare il cielo d’estate.Preparatevi ad usare il telescopioper osservare pianeti, satelliti ecostellazioni, i protagonisti diqueste serate. Alla Mostra e alMuseo si accede con biglietto diingresso, l'attività a cura del GruppoNaturalistico Bellona è libera egratuita. Tel. 0423 [email protected]

Astrochannelseminari e coffee-talk

Una TV via web sulle attività dell’Istituto Nazionale diAstrofisica. La visione e l’utilizzo di Astrochannelsono gratuiti e consentiti a tutti (se però sieteinteressati solo a singoli video, suggeriamod’iscriversi). Suggeriamo di seguito i seminari inlingua italiana, ma il programma è decisamente piùampio e può essere consultato qui:http://www.media.inaf.it/inaftv/seminari/#3151 Attenzione: l’elenco che segue potrebbe essere nonaggiornato. Per maggiori informazioni eaggiornamenti in tempo reale sui singoli seminari, viinvitiamo a fare riferimento ai siti web delle singolesedi. 30.05, ore 12:00 , Napoli - Osservatorio Astronomicodi CapodimonteL’espansione dell’universo. Conversazioni di Fisica a

Capodimonte con Massimo Della Valle 04.06, 14:00: Osservatorio Astronomico di Brera“Ma allora, questo buco nero?” di Marcello Giroletti& Gabriele Ghisellini (INAF) 05.06, 15:00: Osservatorio Astronomico di Palermo“Conoscere per conservare e conservare perconoscere”, di Giada Genu (INAF Palermo) Per seguire i seminari, installare il software(http://www.media.inaf.it/inaftv/) o cercare il videosul canale YouTube INAF-TV.Astrochannel è un software di Marco Malaspina –Copyleft INAF Ufficio Comunicazione – 2007-2015

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da marzo a ottobre 2019

NEIL ARMSTRONG The First Il 20 luglio 1969, noi esseri umani del pianeta Terra, eravamo su un altro mondo.In quel preciso istante iniziava una nuova era dell’umanità. Una mostra itinerante (sul sito ilcalendario delle date e lelocalità in continuoaggiornamento) sulla vita e lacarriera di Neil Armstrongcommemorerà il 50°anniversario di Apollo 11 e tuttoil programma lunare, include lefoto della carriera di NeilArmstrong con scatti inediti opoco noti al grande pubblico. Potrete ammirare i modelli deiveicoli spaziali utilizzati da NeilArmstrong, le tute e le attrezzature utilizzate sulla superficie lunare, documenti originali, rari repertidell’epoca, ricostruzioni a grandezza naturale. Video e suoni multimediali accompagneranno ilvisitatore nel più grande sogno dell’uomo: quello di raggiungere la Luna. Leggi a pagina 176 di Coelum Astronomia 232 un articolo sulla mostra con tutti i dettagli.Sul sito il calendario delle date e le località in continuo aggiornamento. Prossime date pubblicheconfermate: 28.05 - 02.06 FERNO (VA)Organizzatore: ASSOCIAZIONE PER LA DIVULGAZIONE ASTRONOMICA E ASTRONAUTICA ADAAemail: [email protected]: Sala Consiliare, Via Roma, 51, 21010 Ferno VA31.05: Conferenza di Luigi Pizzimenti presso la Sala Consiliare Via Roma, 51 Ferno VA 8/16.06 BOLOGNAOrganizzatore: Associazione Astrofili [email protected]: FICO EATLY WORLD, indirizzo della location: Via Paolo Canali, 8 Bologna08.06: “Neil Armstrong – The First” con il curatore della mostra Luigi Pizzimenti. Se desiderate ospitare la mostra scrivete a: [email protected] www.neilarmstrongthefirst.it

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Scuola estiva di astronomia a Saint-Barthélemy«CHE FAI TU, LUNA, IN CIEL?» 50 ANNI DELLA MISSIONE APOLLO 11 Dall’ 8 al 12 luglio 2019 la Fondazione Clément Fillietroz-ONLUS organizza la 16a edizione dellaScuola estiva di astronomia. Rivolta principalmente agli insegnanti e agli astrofili, è aperta a tutte lepersone interessate ad approfondire le proprie conoscenze in ambito astronomico.I relatori evidenzieranno come la storica impresa di Armstrong, Aldrin e Collins, avvenuta 50 anni fa,abbia modificato il nostro concetto di spazio cosmico, in che modo le scoperte scientifiche compiutegrazie al Programma Apollo ci abbiano permesso di comprendere meglio la natura della Luna e anchedella Terra, perché gli sviluppi tecnologici legati all’esplorazione spaziale influenzino la nostra vitaquotidiana molto più di quanto potremmo aspettarci.L’appuntamento è organizzato in collaborazione con il CICAP, (www.cicap.org).I docenti scolastici hanno diritto di ottenere il riconoscimento della propria partecipazione comeattività formativa e/o di iscriversi utilizzando la Carta del docente. Il codice identificativo della Scuolaestiva 2019 sulla piattaforma SOFIA è 30705. L’iscrizione alla Scuola estiva 2019 è possibile entro il 28 giugno 2019. L’attivazione dell’iniziativa èsubordinata al raggiungimento del numero minimo di 10 iscritti con un massimo di 30 iscritti. Per maggiori dettagli, scaricate il programma completo, la scheda di iscrizione e la locandina. Tutto l’anno ogni sabato: visite guidate diurne e notturne in Osservatorio Astronomico e proiezioni alPlanetario.29.06: 5° Asteroid Day a Saint-Barthélemy iniziativa promossa dalle Nazioni Unite, su prenotazione www.oavda.it

Una vita da scienziataa Milano, presso il CDI - Centro Diagnostico Italiano. Ingresso libero. Volti e competenze di alcune delle più grandi scienziate italiane, protagoniste del progetto "100donne contro gli stereotipi", nato per valorizzare l’expertise femminile in settori percepiti ancoracome dominio maschile.. Biologhe, chimiche, farmacologhe, ingegnere, astrofisiche, matematiche,chirurghe, paleontologhe, informatiche sono solo alcune delle professioni, condotte ai massimi livelli,delle scienziate ritratte dal celebre fotografo Gerard Bruneau, autore eclettico e sensibile artista.La mostra fotografica, ideata e realizzata da Fondazione Bracco, ha l'obiettivo di avvicinare il grandepubblico al volto femminile della ricerca e allo stesso tempo a rappresentare la scienza comebellezza, accessibilità e, perché no, divertimento. Per contribuire alla costruzione di una societàparitetica, in cui il merito sia ildiscrimine per carriera e visibilità,nel 2016 è nato il progetto “100donne contro gli stereotipi” daun’idea dell’Osservatorio di Pavia e dell’Associazione Gi.U.Li.A. incollaborazione con FondazioneBracco e con il supporto dellaRappresentanza in Italia dellaCommissione Europea. Per maggiori informazioniwww.fondazionebracco.com

fino al 30 giugno 2019

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Explore. Sulla Luna e oltre22 Marzo 2019 - 21 Luglio 2019

A CURA DI MARCO CATTANEOBLU | Palazzo d’Arte e Cultura:Lungarno Gambacorti, 9 Pisa Per i 50 anni dal primo uomo sullaLuna Palazzo Blu e National Geographicpresentano ‘Explore. Sulla Luna e oltre’. Dall’incredibile avventura che ha portatol’uomo sulla Luna, di cui quest’annoricorrono i 50 anni, fino alle fantasticheimmagini dei confini dell’Universo. È ilcuore del percorso espositivo “Explore.Sulla Luna e oltre”, la mostra inedita cheapproda a Palazzo Blu da marzo 2019,curata da National Geographic e con lacollaborazione speciale dell’AgenziaSpaziale Italiana. Informazioni mostra: tel. +39 050 220 46 50Mail: [email protected] Mob. 377 1672424

www.palazzoblu.it

C'ERA UNA VOLTA CELESTE La musica, l’uomo, lo spazio e l’avventuraLa Compagnia musicale Musici la Meridiana in concerto, presso Palamazzalovo – Montebelluna C’era una volta celeste ha come protagonisti la stazione spaziale internazionale e il fascinodell’esplorazione umana del cosmo, punto di partenza e di arrivo per nuove sfide: la sfida più grandeè riscoprire la Terra il nostro bel pianeta che appare dall’alto come un’oasi in un precario equilibriosia sul piano sociale che ambientale. Il concerto consente al pubblico di riflettere sull’insaziabiledesiderio di conoscenza e sul tentativo di spingersi oltre i propri limiti e capacità. Il pubblico potràintraprendere un viaggio tra poesia, musica e tecnologia: la musica dal vivo sarà affiancata a nuovetecnologie ed effetti speciali che trasporteranno i presenti in una nuova e sconosciuta dimensione.Saranno eseguiti brani di Fiorella Mannoia, Ivano Fossati, Ron, Stadio, Phil Collins, Hans Zimmer e tantialtri. Ingresso gratuito con prenotazione.

Evento facebookwww.musicilameridiana.it

22 giugno - h 21:00

FRAGILITY AND BEAUTYUno sguardo alla terra conl’occhio dei satellitiDal 16 maggio 2019 torna al Museo la mostra“Fragility and Beauty - Taking the pulse of ourplanet from space”, promossa dall’AgenziaSpaziale Europea (ESA) in collaborazione conl’Agenzia Spaziale Italiana (ASI), per un nuovoallestimento con le più recenti immagini dellaTerra scattate dai satelliti.L’esposizione, curata da Viviana Panaccia, vuole creare un collegamento tra ricerca scientifica,tecnologia spaziale e pubblico sul tema dei cambiamenti climatici e dello sviluppo sostenibile, delloro impatto sugli ecosistemi terrestri e le conseguenze sul futuro del pianeta.La visione sempre più precisa dei satelliti è la protagonista indiscussa della mostra.Attraverso le nuove immagini, il visitatore intraprende un viaggio per esplorare i luoghi piùstraordinari e remoti della Terra e “toccare con mano” gli aspetti più evidenti e meno conosciutidell’ambiente e dei cambiamenti climatici.InformazioniLa mostra e' inclusa nel biglietto di ingresso al Museo.Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia Leonardo da Vinci

Via San Vittore 21, Milano http://www.museoscienza.org/visitare

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Destinazione LuneInaf Padova I Giovedì dell'Astronomia 2019: dalla Terra alla LunaCelebrando i 50 anni dallo sbarco del primo uomo sulla Luna, tutte le novità sulla Luna, Pianeti,Asteroidi, Comete. Tutte le conferenze saranno alle ore 18.30, in aula Jappelli, presso l'Osservatorio Astronomico (Vicolodell'Osservatorio 5, Padova). Prima di ogni appuntamento sarà organizzata la visita al Museo La Specola. La visita inizierà alle17:30. I biglietti si acquistano dalle ore 17:15. La visita avrà durata di un'ora e al termine i visitatoripotranno fermarsi in Specola per assistere alla conferenza programmata. Maggiori dettagli sono presenti sul sito web dei Giovedì dell'Astronomia Date e speaker06.06: "Il futuro dell'esplorazione della Luna", di Gabriele Cremonese20.06: "Asteroidi e Comete: testimoni incontaminati delle nostre origini", di Fiorangela La Forgia

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Due mesi di scienza e cultura a Torino e in Piemonte Torna l’appuntamento con le Settimane della Scienza: due mesi di eventi per avvicinare un pubblicodi tutte le età alla scienza e ai suoi protagonisti, coinvolgendoli in prima persona con mostreinterattive, conferenze, laboratori, cinema, teatro, musica, visite guidate e porte aperte ai maggioricentri di ricerca del territorio.Da Maggio a Giugno oltre 40 enti tra Istituti, Musei e organizzazioni che si occupano di ricerca ediffusione della cultura scientifica hanno contribuito alla costruzione di un fitto palinsesto che per 2mesi coinvolgerà il pubblico a Torino e in Piemonte, la Luna, nel 50° anniversario del primo sbarco,sarà la grande protagonista di questa edizione. Anche quest’anno le Settimane della Scienza si propongono come un contenitore ricco, consolidato ecoinvolgente che incoraggia l’incontro tra i cittadini e chi fa della ricerca e della diffusione dellaconoscenza un impegno quotidiano. Le Settimane della Scienza sono ideate e organizzate dall'Associazione CentroScienza Onlus, sostenutedalla Compagnia di San Paolo, con il contributo di Regione Piemonte, il supporto di Iren, e con ilpatrocinio della Città metropolitana, della Città di Torino e della Circoscrizione 2. L'iniziativa rientranell'ambito del Sistema Scienza Piemonte.

www.settimanedellascienza.it

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LIBRI

Alla scoperta della LunaStoria, tradizioni, osservazione astronomicadi Giovanni Anselmi

Tra le molte novità librarie dedicate alcinquantesimo anniversario dell'epica avventuraumana dello sbarco sulla Luna troviamo anchequesto volume completo di una fantastica mappaformato poster, edito da Il Castello e uscito dallapenna di Giovanni Anselmi, precedente direttoredella rivista Coelum. Si tratta di un emozionanteritratto della Luna, dai giorni felici dell'Apollo 11 edella discesa di Armstrong e Aldrin nel Mare dellaTranquillità, a ritroso nel tempo fino alle epochebuie della sua formazione. Un viaggio dove il nostrosatellite viene indagato e spiegato sotto diversiprofili: la sua influenza sull'immaginario dell'uomoattraverso secoli di arte, di tradizioni e disuperstizioni; lo studio dal punto di vista fisico eastronomico, le sue origini e il suo ruolo distabilizzatore del sistema Luna-Terra; l'osservazioneastronomica, con tutte le informazioni checonsentono di individuare le caratteristiche lunaripiù interessanti anche con un piccolo telescopio.

Prefazione“La ragazza della porta accanto”

Solo una domanda prima di cominciare.Qualcuno di voi lettori si è mai messo a guardarela Luna con l’intenzione di capire che cosa stesserealmente osservando?Intendo dire: si è mai trovato a riflettere su quellafonte di luce con la piena consapevolezza dellasua natura di remoto corpo celeste, di genericaluna persa in uno spazio a tre dimensioni e

regolata nei suoi movimenti da leggi fisiche che aipiù risultano ancora del tutto misteriose?E quel qualcuno, avrà avuto alla fine la percezionedi appartenere ad una lunga successione diastronomi, scienziati e uomini comuni che ognisera, per migliaia di anni si sono posti le stessesue domande: che cos’è, quanto è lontana, dadove viene?

Editore: Il Castello (24 aprile 2019)Copertina flessibile: 112 paginePrezzo: € 19,00Allegati: una mappa per l'osservazione lunare e un poster con una immagine del satellite.

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Buon per lui se così è stato. E se invece non avessemai avuto il piacere di vivere una simileesperienza, magari perché abituato a liquidarel’apparizione serale di quella magnifica creaturacon l’occhiata distratta che si rifila ad unlampione, ci provi stasera, o alla prima occasionefavorevole… magari in una di quelle date in cui lasua fase sarà quasi identica a quella che mostravala sera del 20 luglio 1969, quando ci abbiamomesso piede per la prima volta. Sì, perché la Lunanon è solo un pezzetto di universo, un grumoinerte di materia che possa prescindere dallanostra presenza. La Luna fa parte anche dellanostra storia: l’abbiamo pesata e misurata, poifortemente voluta e infine “conquistata”. Sonopassati 50 anni da allora: mezzo secolo, 18.262giorni. Molti di quelli che hanno assistito a queglieventi oggi non ci sono più… i ragazzi di allorasono diventati uomini e poi vecchi, la memoria deifatti si è presto dissolta e molti giovani d’oggi diquelle imprese e di quelle emozioni hannosoltanto sentito parlare, e non sempre in terminipositivi.Ciò che si ripromette questo libro è di convincereil lettore, soprattutto quello solo vagamentecurioso di scienza e magari tutto preso da unsuperficiale innamoramento per l’astronomia

esotica dei buchi neri e della materia oscura, aprovare invece a rivolgersi alla “ragazza dellaporta accanto”: la Luna, appunto. Un targetsemplice e sempre presente, una storiainteressante, l’unico corpo celeste su cui abbiamomesso piede, un paesaggio telescopico sempremutevole e ricco di dettagli. Per riuscire nel nostro intento abbiamoconsiderato il nostro satellite naturale da quattrodiversi punti di vista: quello della rievocazione deltutto personale (e molto più sentimentale chetecnica) dello sbarco sulla Luna in occasione delcinquantenario; quello del nerd più che altrointeressato alla sua origine e al contestoastronomico; quello relativo all’aspetto culturale estorico e per finire quello dedicato a chi la Lunavuole vederla da vicino, e passa volentieri il suotempo nell’osservazione del suolo lunare conpiccoli strumenti. Per chiudere il cerchio, dirò solo che fu lo stessoNeil Armstrong a dire che l’avventura lunare avevacambiato il suo modo di considerare la Luna. «L’avevo sempre vista come un disco piatto nelcielo – dichiarò – e solo adesso che ci ho camminatosopra, posso capire ciò che guardo».

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