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Conati Barbaro C. 2014 - Il profumo del grano tostato, Archeo, maggio 2014.

Date post: 24-Jan-2023
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ARCHEO 351 MAGGIO 2014 TEL SHADUD LEOPOLI PRIMI FORNAI SEDUZIONE ETRUSCA PARCO DI MONTALE SPECIALE DA GERUSALEMME A MILANO Mens. Anno XXX numero 5 (351) Maggio 2014 5,90 Prezzi di vendita all’estero: Austria 9,90; Belgio 9,90; Grecia 9,40; Lussemburgo 9,00; Portogallo Cont. 8,70; Spagna 8,40; Canton Ticino Chf 14,00 Poste Italiane Sped. in A.P. - D.L. 353/2003 conv. L. 46/2004, art. 1, c. 1, LO/MI. www.archeo.it SENSAZIONALE SCOPERTA IN ISRAELE IL SIGNORE DI TEL SHADUD 5,90 www.archeo.it PARCHI ARCHEOLOGICI A MONTALE L’ETÀ DELLE TERRAMARE CORTONA I SEGRETI DI HOLKHAM HALL GRANDI SCAVI NELLA CITTÀ DI LEONE IV SPECIALE DA GERUSALEMME A MILANO Alle origini del Cristianesimo
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oltre settemila anni fa, gruppi di agricoltori stanziati ai piedi del monte conero diedero vita a un impianto «industriale» per la lavorazione dei cereali. costruirono decine di forni, il cui scavo sta scrivendo una pagina inedita e affascinante della preistoria italiana

Siamo nelle Marche, ai piedi del Monte Conero e a meno di 1 km dal mare, che però da

qui non si vede: sono queste le coordinate essenziali del sito neo-litico di Portonovo-Fosso Fonta-naccia. Un insediamento che, co-me si dice in questi casi, rappresen-ta a tutt’oggi un unicum nel pano-rama della preistoria italiana. Gli scavi condotti nel corso degli ulti-mi anni hanno infatti portato alla

scoperte • portonovo

il profumo

di Cecilia Conati Barbaro

del grano tostato

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portonovo (Ancona). Una veduta dell’area collinare in cui, in località Fosso Fontanaccia, è stato scoperto un sito del neolitico antico caratterizzato dalla presenza di strutture identificabili come forni, forse destinati alla tostatura dei cereali e comunque connessi alle attività agricole. L’uso di questi impianti si colloca intornoalla metà del vI mill. a.C.

luce i resti di un impianto finora sconosciuto nella Penisola, caratte-rizzato dalla presenza di numerosi forni – a oggi ne sono stati localiz-zati 18 –, la cui funzione possiamo al momento solo ipotizzare, ma che sembra comunque riferibile alla produzione e al consumo dei cereali e di altri alimenti. Ma facciamo un passo indietro. La scoperta del sito ebbe luogo negli anni Novanta del secolo scorso per

opera di appassionati cultori della preistoria locale, i quali segnalaro-no una ricca concentrazione di materiali litici e ceramici alla So-printendenza per i Beni Archeolo-gici delle Marche.

le prime ricerchee le ultime scoperte

Per accertare la consistenza del de-posito archeologico vennero, quin-di, condotti alcuni sondaggi nel 1999, successivamente ampliati nel 2006 sotto la direzione di Mara Silvestrini. Le ricerche furono poi sospese fino al 2011, quando si è deciso di avviare nuove campagne di scavo, che vengono svolte ogni anno da una missione della Sapien-za Università di Roma, diretta pri-ma da Alessandra Manfredini e at-tualmente da chi scrive.Come già accennato, le indagini hanno finora portato alla localizza-

zione di 18 strutture a base circola-re con rivestimento di argilla cotta. L’eccezionale rinvenimento di 6 esemplari intatti ha permesso di comprenderne le modalità di co-struzione: i forni venivano scavati lungo il pendio collinare, a diverse quote, all’interno di un deposito colluviale. La loro disposizione – le strutture sono allineate a piccoli gruppi su ampi avvallamenti – indi-ca una precisa sequenza di opera-zioni: dapprima veniva realizzata una fossa e poi, lungo la parete a monte, si scavavano i forni veri e propri, secondo un modulo co-struttivo abbastanza standardizzato. Infatti, il diametro alla base varia tra 1,80 e 2 m, la volta è a cupola for-temente schiacciata, tanto che l’al-tezza al centro del forno è tra i 40 e i 50 cm, e l’imboccatura raggiunge gli 80 cm di larghezza. Il rivestimento interno è costituito

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scoperte • portonovo

in parte dalla cottura del sedimento naturale, in parte da aggiunte di un impasto argilloso applicato sulle pareti e sul piano di base, dove ap-pare sempre accuratamente lisciato. In qualche caso, durante la fase di costruzione doveva essere utilizzata un’intelaiatura di rami per sostene-re la volta, poiché sono state rico-nosciute impronte di elementi ve-getali sull’argilla.Nel tempo, l’erosione naturale e l’attività agricola hanno, influito sulla conservazione del sito archeo-logico: per questo motivo i forni che si trovano nella parte piú a monte sono conservati solo parzial-mente, mentre quelli a valle, protet-ti da una coltre piú spessa di terre-no, sono integri.I materiali archeologici associati ai forni sono assai scarsi, ma permet-tono di inquadrare il sito nel con-testo del Neolitico antico (vedi

«Archeo» n. 347, gennaio 2014). Si tratta di frammenti ceramici – al-cuni decorati a impressioni nello stile tipico dell’Italia centrale adriatica – riconducibili a forme molto semplici, come ciotole, sco-delle, vasi a collo, olle, e di manu-fatti in pietra.

strumenti da taglioLe caratteristiche tecniche di questi ultimi testimoniano la scheggiatura in loco della selce, che si trova in abbondanza sia sul Monte Conero che lungo i corsi d’acqua delle val-li limitrofe. L’obiettivo era quello di realizzare lame e lamelle che po-tevano essere inserite in manici (di legno o altro materiale organico), in-tere o frammentate, e utilizzate come stru-menti da taglio. Accan-

to alla selce era impiegata, se pur raramente, anche l’ossidiana, della quale sono stati rinvenuti pochi elementi: le analisi chimiche hanno determinato la loro fonte nell’isola di Lipari. Numerosi sono invece i manufatti in calcare e arenaria non scheggiata, come macine e pestelli, strumenti che ben si collegano alla connotazione produttiva del sito. Mancano del tutto gli oggetti in materiale organico (per esempio legno, pelli, intrecci vegetali), che si conservano solo in condizioni par-ticolari, ma che presumiamo abbia-

Teve

re

MareAdriatico

Perugia

Ancona

Ascoli Piceno

Portonovo-Fosso Fontanaccia

Fabriano

Fossombrone

FanoPesaro

Senigallia

San Marino

San SeverinoMarche

U m b r i a

M a r c h e

Macerata CivitanovaMarche

San Benedettodel Tronto

Teramo

LagoTrasimeno

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no costituito una parte consistente dell’attrezzatura quotidiana delle popolazioni preistoriche. Altra particolarità è l’assenza, a tutt’oggi, di tracce riferibili a un abitato: i forni, cosí numerosi in un’area limitata (finora sono stati indagati circa 300 mq) sembrerebbero costituire un im-pianto esclusivamente «indu-striale», forse utilizzato solo in alcuni periodi dell’anno da una o piú comunità di agricoltori. E, di conseguenza, uno degli obiettivi futuri della ricerca è proprio la lo-calizzazione del villaggio (o dei villaggi) lungo la valle.

dallo scavoal laboratorio

Molte indicazioni importanti sono fin qui venute dalle datazioni al 14C, che hanno permesso di collo-care la frequentazione del sito alla

In alto: il frammento di un contenitore in ceramica la cui superficie è decorata con

motivi a impressione tipici delle culture neolitiche dell’Italia centrale adriatica.

In generale, i materiali associati ai forni sono molto scarsi, segno che l’abitato dei loro

utilizzatori doveva trovarsi altrove.

A sinistra e qui sopra: alcuni dei forni scoperti a portonovo in corso di scavo. ricavate nel banco argilloso della collina, le strutture venivano con ogni probabilità realizzate in occasione del loro utilizzo stagionale, in quanto la loro deperibilità rendeva piú conveniente e veloce la costruzione ex novo dell’eventuale restauro. È questa una delle possibili ragioni della loro elevata concentrazione: a oggi ne sono state scoperte 18, impiegate, in momenti diversi, intorno alla metà del vI mill. a.C.

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metà del VI millennio a.C. in cro-nologia calibrata, cioè circa 7500 anni fa. In particolare, dal forno 5 sono state ottenute le date di 6500±50 BP (= 5560-5350 a.C. cal 2 σ) e di 6418±50 BP (= 5480-5310 a.C. cal 2 σ); e, dal forno 14, è stata ricavata la data del 6555±45 BP (=5620-5460 a.C. cal 2 σ).Ma informazioni preziose sono state acquisite anche grazie ad al-tre analisi specialistiche. Per esem-pio, le indagini PXRD (diffratto-metria a raggi X su polveri) effet-tuate dal Dipartimento di Scienze della Ter ra e Geoambientali dell’Università di Bari su campio-ni del rivestimento interno dei forni hanno rilevato che la tem-

In alto: foto zenitale dell’area di scavo, che evidenzia la concentrazionedei forni, ben riconoscibili per la loro conformazione circolare.In basso: frammento di intonaco in argilla, con tracce dell’incannucciatoche ne costituiva lo scheletro.

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In alto: nuclei, lame e lamelle in selce; queste ultime, fissate a manici in legno, venivano impiegate come strumenti da taglio.In basso: la pulitura e la prima inventariazione dei materiali recuperati nello scavo.

peratura raggiunta non superava i 500°C. Questo dato ci fa esclude-re l’utilizzo dei forni per cuocere la ceramica – per la quale sono necessari almeno 800°C –, ma può far pensare ad altre attività, come la cottura del pane e di altri alimenti, l’essiccazione di carne, pesce, vegetali, la tostatura dei ce-reali o il trattamento termico del-la selce, che, se scaldata, risulta piú facilmente lavorabile.

legni selezionatiUn altro aspetto interessante ri-guarda il combustibile utilizzato: l’analisi dei carboni prelevati all’in-terno dei forni (condotta da Ales-sandra Celant del Laboratorio di

lame e lamelle venivano ricavate da selce di provenienza locale, sfruttando i ricchi giacimenti del monte conero

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scoperte • portonovo

Un monte a strapiombo sull’Adriatico che regala scorci incantevoli e itinerari escursionistici che strizzano l’occhio al turismo sostenibile.Una ricca offerta di tipicità e qualità; storia e cultura. Tutto questo è il Parco del Conero, gemma incastonata nelle Marche.Istituito nel 1987, è esteso per 6011 ettari, e include gran parte di Ancona, Camerano, Sirolo e Numana. Quest’Area Protetta costiera offre ambienti variegati da cui spicca il Monte Conero, nato da una lunga azione di sedimentazione marina iniziata nel Giurassico, emerso nel Pliocene, 5 milioni di anni fa. Dall’alto dei suoi 572 m, dal Gargano fino alla costa triestina, è l’unico baluardo roccioso composto da formazioni calcaree con litotipi della maiolica e della scaglia bianca e rossa, fin da epoca antica luogo di estrazione di pietra.Già approdo nel Iv secolo a.C. dei Greci che hanno risalito le coste meridionali in cerca di città da fondare e dove i Dori hanno gettato le ancore e fissato la dimora, chiamando Komaros (corbezzolo) il promontorio e Ancon (gomito) la sua curva settentrionale. La presenza

dell’uomo, accertata a partire da almeno 100 000 anni fa, ha lasciato numerose testimonianze. Relative al popolo dei Piceni (IX-III secolo a.C.), tra le tombe che hanno restituito ricchi corredi funerari, è famosa quella della Regina di Numana e Sirolo, custodita nell’Area dei Pini di Sirolo. I reperti sono esposti nel museo Archeologico di Ancona e nell’Antiquarium di Numana, mentre una tomba picena è stata ricostruita nel Centro Visite del Parco.Le testimonianze spaziano inoltre dalle incisioni rupestri alle grotte romane, dai monasteri benedettini e francescani, alle strutture difensive come il Fortino Napoleonico e la Torre Clementina a Portonovo.Poi ci sono la chiesa romanica diS. Maria di Portonovo e il Monastero di S. Pietro al Conero, in cui si sono stabiliti, fin dall’anno Mille, in

alternanza, vari ordini religiosi.per quel che riguarda la flora e la fauna, nei secoli, l’insediamento di un elevato numero di specie è cresciuto a vista d’occhio, rendendo la ripida falesia calcarea, le colline, i fondovalle, il fiume Musone, le aree umide, le dune costiere e i laghetti salmastri di Portonovo, habitat ricchi di biodiversità.Le pendici del Monte, in buona parte, sono ricoperte dalla macchia mediterranea. Grande attenzione viene data all’agricoltura di qualità, con l’Ente Parco promotore di progetti, come «Terre del Conero» (vedi box a p. 46).Ma c’è dell’ altro: per quanti vogliano scoprire il cuore del Monte, una fitta rete sentieristica si ramifica in 18 itinerari. Si può viverla in bicicletta, a piedi e a cavallo. Da soli o

Un pArCodA sCoprIre

In alto: la chiesa romanica di s. Maria di portonovo, compresa nell’area del parco naturale del Conero.Sulle due pagine: una delle baie del parco, ai piedi del promontorio.

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In alto: due forni al termine dello scavo. seppur parzialmente crollate, sono ben riconoscibili le coperture a cupola delle strutture.

Paleobotanica e Palinolog ia dell’Università Sapienza) ha messo in evidenza una precisa scelta di legni duri e compatti, come quelli di leccio e carpino, che, bruciando piú lentamente, producono un ca-lore prolungato. Un dettaglio, que-sto, non irrilevante in relazione ai possibili utilizzi di queste strutture, ancora in parte enigmatiche.

l’importanzadi un «incidente»

Dall’ultima campagna di scavo so-no, in realtà, emersi altri indizi in-teressanti: da tre dei cinque forni r invenuti intatti nel settembre 2013 sono state raccolte decine di cariossidi (cosí si chiamano in bo-tanica i frutti delle graminacee, detti nella lingua corrente «chic-chi») carbonizzate di cereali, at-tualmente in corso di studio per determinarne genere e specie. Grazie a questo «incidente» avve-nuto nella fase di tostatura dei gra-ni, una pratica preliminare sia all’u-so che alla conservazione dei cere-ali, abbiamo ottenuto una preziosa testimonianza delle specie coltivate e del trattamento a cui venivano sottoposte. E naturalmente anche un’indicazione in piú per capire a cosa servissero tanti forni.Non pensiamo certo che i 18 forni finora rinvenuti fossero in uso con-temporaneamente: si tratta, infatti, di strutture fragili, facilmente sog-gette all’erosione degli agenti atmo-sferici e alterabili dalla ripetuta esposizione al fuoco. Molto proba-bilmente venivano abbandonati man mano che si rovinavano: crolli parziali della volta, ma anche sem-plici fessurazioni, impedivano la conservazione del calore e ne dimi-nuivano l’efficienza. Doveva quindi essere piú semplice costruirne di nuovi, piuttosto che riparare i danni del tempo e dell’uso. Per comprendere meglio i tempi di costruzione, le modalità d’uso e il processo di abbandono dei forni sarà di fondamentale importanza il contributo dell’archeologia speri-mentale: prevediamo, infatti, nei prossimi mesi, di costruire una

dove e qUAndo

Ente Parco Regionaledel Conerovia Peschiera 30,Sirolo 60020 (AN)Info tel. 071 9331161; e-mail: [email protected];www.parcodelconero.eu

Centro VisiteInfo tel. 071 9331879; e-mail: [email protected]

accompagnati da guide esperte della Cooperativa Forestalp. La prima economia del territorio è il turismo. Anche in questo caso l’Ente Parco del Conero dà una forte risposta alla richiesta di quel comparto in crescita, che è il turismo sostenibile. È attivo nel mettere in campo azioni e progetti importanti, come il recente ottenimento della certificazione CETS, Carta Europea del Turismo Sostenibile.

struttura analoga a quelle neolitiche, scavandola nella medesima forma-zione geologica, con la stessa tecno-logia. Proveremo poi a utilizzarla e successivamente ne registreremo i modi e i tempi di deterioramento naturale.

sacralità del fuocoLa scoperta di tre sepolture ha an-che suggerito la possibilità di un utilizzo rituale dei forni. Nel corso dei sondaggi del 2006 erano stati rinvenuti tre inumati, in cattivo sta-to di conservazione, deposti sulle basi di due forni. L’indagine antro-pologica (effettuata da Paola Cata-lano e Stefania Di Giannantonio della Soprintendenza Speciale per i

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scoperte • portonovo

In alto: una delle sepolture deposte all’interno di uno dei forni. sono finora due i casi accertati di reimpiego a scopo funerario delle strutture.Qui sotto: il vaglio della terra di riempimento dei forni, che, come in questo caso, ha permesso di recuperare numerosi chicchi di cereali carbonizzati.

Beni Archeologici di Roma) ha permesso di riconoscere, in un caso la sepoltura di due individui di circa 30 anni, e, nell’altro la deposizione di un maschio di oltre 55 anni, un’età considerevole per quei tem-pi. Inoltre, nel 2012, è venuta alla luce una sepoltura a incinerazione di una donna di circa 20 anni, i cui resti erano stati raccolti in un con-tenitore di materiale organico che non si è conservato. Possiamo ipotizzare che, nel mo-mento in cui i forni furono impie-gati come strutture tombali, avesse-ro già perso la loro funzione prima-ria, ma che conservassero un ruolo simbolico per la comunità che ave-va deciso di seppellirvi i propri de-funti. La pratica di riutilizzare aree o strutture domestiche è ben cono-sciuta durante il Neolitico e po-trebbe essere legata al desiderio di rimarcare la continuità tra il mondo dei vivi e quello dei morti e il sen-so di appartenenza di una o piú comunità al proprio territorio.

molte domandeLe domande che emergono a que-sto stadio della nostra ricerca sono molte: ad alcune cercheremo di trovare risposte attraverso nuove indagini e analisi di laboratorio, al-tre ancora rimarranno forse senza una risposta soddisfacente, e a que-ste se ne aggiungeranno molte an-cora, come sempre avviene nel cor-so di uno studio.Chi ha costruito i forni? Dai dati in nostro possesso possiamo essere certi che si tratti di gruppi di agri-coltori, che coltivavano cereali e, forse, leguminose, e allevavano animali domestici: oltre alle ca-

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riossidi carbonizzate, infatti, tro-viamo resti ossei di pecora, maiale e bue, probabili residui dei pasti consumati in prossimità dei forni. Non erano però state abbandonate del tutto le attività di caccia e so-prattutto di pesca, favorita dalla vicinanza del mare e del vicino corso d’acqua, che in quel periodo correva a una quota piú alta e con una portata maggiore. L’adozione di un regime alimentare basato su uno scarso apporto di carboidrati e su un maggiore consumo di pro-teine di origine acquatica è con-fermato dall’analisi degli isotopi stabili del collagene delle ossa de-gli inumati r invenuti nei forni condotta dagli studiosi del Dipar-

timento di Biologia dell’Universi-tà di Roma «Tor Vergata».Perché i forni venivano costruiti cosí vicini gli uni agli altri? Erano, forse, utilizzati da piú gruppi o fa-miglie che popolavano il territorio circostante e che frequentavano il sito in occasione di attività colletti-ve, come, per esempio, la lavorazio-ne dei cereali dopo il raccolto? I confronti con altri siti neolitici in Italia non ci vengono in aiuto: sono rare le testimonianze di forni e i pochi conosciuti, come quelli di Ripatetta e Torre Sabea in Puglia, Trasano in Basilicata e Favella in Calabria, sono singoli e di dimen-sioni decisamente minori. Comune è forse il ruolo di strutture comuni-

tarie e non destinate all’uso di una singola famiglia, poiché anche que-ste sono collocate in spazi aperti e non all’interno di abitazioni. La cosa non ci stupisce poiché il forno, soprattutto quello per cuocere il pane, è stato fino alla metà del seco-lo scorso, in molte regioni non solo italiane, un impianto condiviso da tutta la collettività.

prospettivee obiettivi futuri

Tra gli obiettivi delle ricerche futu-re, vi è, come abbiamo detto, la realizzazione della replica speri-mentale di un forno, per compren-derne meglio le fasi costruttive e il funzionamento. Per quanto riguar-

In alto: un’immagine ravvicinata di un forno in corso di scavo.Nella pagina accanto, in basso: un’altra veduta del settore indagato nella campagna del 2013. A oggi, i forni di

portonovo rappresentanoun unicum nel quadro della preistoria italiana. In basso: sezione di un settore del sito che mostra come la disposizione dei forni assecondasse il

naturale andamento del pendio collinare.

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scavo abbiamo registrato un cre-scente interesse da parte della po-polazione e delle istituzioni locali, tanto che nel 2013 abbiamo dato il via a una fruttuosa collaborazione con l’Ente Parco del Conero e con gli imprenditori delle Terre del Conero (vedi box in questa pagina), che ci ha permesso di proseguire le r icerche sul campo, altr imenti messe in forse dalla scarsità di fon-di. Un esempio, questo, di una pos-sibile sinergia virtuosa tra pubblico e privato, che nel 2014 vedrà an-che la partecipazione del Comune di Ancona, e che ha come obietti-vo la conoscenza e la valorizzazio-ne di un territorio ricco di risorse naturali e culturali.

da gli scavi, la campagna del prossi-mo autunno avrà tra i suoi scopi quello di rintracciare l’abitato di riferimento, attraverso sondaggi. Un aspetto che ci sta molto a cuore è quello di far conoscere le nostre ricerche a un pubblico piú ampio, non di soli specialisti. Purtroppo le strutture sono troppo delicate per pensare a una loro musealizzazione all’aperto: per questo abbiamo pen-sato alla realizzazione di un model-lo in 3D, coinvolgendo gli ingegne-ri del DICEA, dell’Università Poli-tecnica delle Marche, coordinati da Eva Malinverni. Una volta elaborati i dati, si potrà esplorare virtualmente il sito e sco-prirne tutte le caratteristiche, altri-menti non visibili. Per il momento, nel vicino centro visite del Parco Naturale Regionale del Monte Conero (vedi box alle pp. 44-45), a Sirolo, sono a disposizione alcuni pannelli con foto e informazioni sia sui forni di Portonovo, sia su altri siti archeologici dell’area. Inoltre, nell’Antiquarium di Numana sono esposti alcuni manufatti prove-nienti dalle prime raccolte di su-perficie degli anni Novanta del secolo scorso.Nel corso delle tre campagne di

Ancora un’immagine di uno dei forni di portonovo-Fosso Fontanacciain corso di scavo.

Lo scavo di portonovo-Fosso Fontanaccia si avvale della generosa collaborazione degli imprenditori di «terre del Conero», una filiera agroalimentare di qualità che riunisce circa 60 aziende agricolecon coltivazioni e allevamenti compresi nell’area del Conero e vuole valorizzare le produzioni agricole locali e favorire metodi di coltivazionepiú rispettosi dell’ambiente. Il progetto è promosso dalla società Cooperativa Agricola terre del Conero e dal parco naturale del Conero e coinvolge anche operatori turistici e commerciali, ristoratori, trasformatori alimentari ed enti locali.tra i prodotti di terre del Conero, figura il pane, uno dei progetti speciali promossi dalla filiera e dal parco naturale del Conero e che, oggi, si è anche trasformato nel filo rosso che lo lega alle ricerche in corso nel sito di portonovo-Fosso Fontanaccia, dalle quali è emersa, appunto, una realtà legata alla lavorazione dei cereali.Info: www.terredelconero.org

Una collaborazione nel segno del pane

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