ALMAMATERSTUDIORUM–UNIVERSITÀDIBOLOGNA
SCUOLADILETTEREEBENICULTURALI
CorsodiLaureaMagistralein
ScienzaFilosofiche
DALL’OPERAIOSOCIALEALL’IMPEROIlpercorsofilosoficodiAntonioNegri
Tesidilaureain
Modelliantropologicieconcezionidellastorianellafilosofiacontemporanea
Relatore Presentatada Ch.ssimoProf.ManlioIofrida GuglielmoSanoCorrelatoreCh.ssimoProf.StefanoRighetti
IIISessione
AnnoAccademico2014–2015
Indice
Introduzione………………………………………………………………………………………….2PrimoCapitolo
• I.Bisognod’azione………………………………………………………………….…..…8• II.Poderosorivolgimentodispiriti……………………………...………………....10• III.Un’esperienzaoperaista………………….………………………………………..14• IV.RitornoaMarx…………………………………………………………………….…...16• V.Rovesciamentopratico……………………………………………………………....21• VI.Macchineecapitale…………………………………………………………………..33• VII.Ildispositivo“crisi”………………………………………………………………....40• VIII.L’operaiosociale…………………………………………………………………....53
SecondoCapitolo
• I.Marxcapovolto…………………………………………………………………………..65• II.Il“corpo”delGeneralIntellect…………………………………………………...72• III.Dinuovolalottadiclasse…………………………………………………………77• IV.Impero…………………………………………………………………………………….81• V.Dalla“disciplina”al“controllo”…………………………………………………..87• VI.Ilpoteresullavita…………………………………………………………………….92• VII.BiopoliticacontroBiopotere……………………………………………………97
Conclusione………………………………………………………………………………………….114Bibliografia……………………………………………………………………………………….....120
Immagino che un giovane lettore di oggi, diciamoun ragazzo di vent’anni tra quelli che hanno ancora interessipolitici e sociali, diciamo un ragazzo che fa del volontariato, che ha bazzicato qualche centro sociale, qualcheassembleadiscuola,qualcheriunionediquartiereoaddiritturaqualchesededipartito,avrebbedifficoltàacapireche delle persone non appartenenti al ceto politico, non classificabili come «politici», avessero «necessità» dirisolverecertiproblemiditeoriapolitica.«Perchefarsene?»sichiederebbe.«Conqualediritto?»penserebbe.Unochedimestierefa,diciamo,l’informatico,chebisognohadisapereseilmodomigliorediportareunmontanteallamascella sia quello di far partire lo sforzo dal tallone oppure dal bacino…Se fa l’informatico che gli frega delpugilato?
SergioBologna
DallaPrefazioneaL.FerrariBravo,DalFordismoallaGlobalizzazione,Roma,Manifestolibri,2001
2
Introduzione
L’«operaismo»nonpuòessereconsideratounacategoriateoricaomogenea,ancormeno,un
percorso politico univoco. Rimane tuttora complesso definire con certezza i rapporti di
continuità e discontinuità che corrono tra “Quaderni rossi” e “Classe operaia”, le prime
esperienze riconducibili a tale ambito risalenti agli anni 60, Potere Operaio e Autonomia
Operaia, i percorsi che, negli anni 70, hannomaggiormente rivendicato la propria origine,
appunto, “operaista”. Ancor più difficile risulta, tuttora, unificare il profilo biografico dei
singolipensatoriformatisiall’internodiquestacomplessadimensione:
Chi parladimovimentodegli anni Sessanta e Settanta fornisceunamistificante immagineunitaria e riduttiva
rispettoaquellacomplessitàediversitàdipercorsiche,purpartendodacontestiedaclimiculturalilargamente
comuni,hacaratterizzatoinmodofortequeidecenni.Insecondoluogoesistonospecifichedimensionitemporali
chenonsipossonoignorare:traglianniSessantaeSettantacisonocontinuitàediscontinuità,senz’altrononun
terrenodicompletaomogeneità;ciònonsolodaunpuntodivistageneralemaancheesoprattuttoperquellache
è stata l’esperienza formativa e politica dei vari soggetti. In terzo luogo è necessario criticare la genericità
banalizzantedichiparladipersonechehannopartecipatoaimovimentidiqueglianni,livellandocosìpercorsi
soggettivi che sono stratificati non per questioni di burocratiche gerarchie ma per i differenti gradi di
partecipazione,dicapacità,diimpegno,dipresenza,diesperienzaecc.1
PerMarioTronti, invece, quello della “periodizzazione” è unproblema risolto: ‘l’operaismo
italianodeglianniSessantacominciaconlanascitadi«Quadernirossi»efinisceconlamorte
di «Classeoperaia». Punto.Questa è la tesi. Poi – si legreinnemeurt – si riproduce in altri
modi, si reincarna, si trasforma, si corrompe e… si perde’2. Cos’è allora “operaismo”? Sono
sempre le parole di Tronti a fornire un’interessante risposta a questa domanda:
‘un’esperienza intellettuale di formazione, tra anni di noviziato e anni di pellegrinaggio; un
episodio di storia delmovimento operaio, tra forme di lotta e soluzioni di organizzazione;
un’iniziativa di rottura della tradizionemarxista ortodossa, italiana e non solo, riguardo al
rapporto tra operai e capitale, e non solo, insomma, una rivoluzione culturale, seria, in
Occidente’3. In effetti, l’operaismo è stato forse la prima vera “eccezione” interna a un
panorama, come quello italiano, dominato tradizionalmente dagli aspetti più “istituzionali”
del marxismo: a ribadirlo anche lo stesso Tronti quando dice che ‘non gli operai di
Manchester,maquellidiDetroit,eranoi«nostri»operai’,oppurequandoaffermache‘davanti
1G.Borio,F.Pozzi,G.Roggero,Futuroanteriore,Roma,DeriveApprodi,2002,p.402G.Trotta,F.Milana(acuradi),L’operaismodeglianniSessanta,Roma,DeriveApprodi,2008,p.53Ivi,p.35
3
alle fabbricheciavevaportatinonLacondizionedellaclasseoperaiainInghilterradiEngels,
malalottadellavoratorecontroillavoroneiGrundrissediMarx’,oancora,‘cimuovevanonla
rivolta etica per lo sfruttamento che gli operai subivano, ma l’ammirazione politica per le
pratiche di insubordinazione che si inventavano’ 4 . D’altronde, uno degli aspetti più
affascinantidell’operaismoè, ingenerale,proprioquellodiessereriuscito,oalmenodiaver
provato,arimanereancoratoalla“realtà”difabbrica:
Cideveesseredatoattochenoncademmomainellatrappoladelterzomondismo,dellecampagnecheassediano
lecittà,dellelunghemarcecontadine,nonfummomai«cinesi»,ela«rivoluzioneculturale»,quellad’Oriente,ci
vedrà freddi,estranei, lontani,piùchemoderatamentescettici, inrealtà fortementecritici. Il rossoera,edè, il
nostrocolorepreferito,maquandoloassumonole«guardie»ole«brigate»sappiamochepuòrisultarnesoloil
peggiodellastoriaumana.CipiacevaalcontrarioilfattocheglioperaidelNovecentospezzasserolacontinuità
dellalungagloriosastoriadelleclassisubalterne,conlelororivoltedisperate, leloroeresiemillenariste, i loro
ricorrenti generosi tentativi, sempre dolorosamente repressi, di rompere le catene. In fabbrica, nella grande
fabbrica,ilconflittoeraquasiadarmipari,siperdevaesivinceva,giornopergiorno,inunapermanenteguerra
diposizione.Nellalottadiclassequellochecientusiasmavaeralaclasseinlotta.Laforma,sì,diquella,maanche
i tempidascegliere,anzi imomentidausaree le condizionida imporre,quindigliobiettividaperseguire,e i
mezziattiaraggiungerli:nullapiùdiquantosipossachiedere,nullamenodiquantosipossaottenere5
Forse è banale constatare che, alla base della matrice teorica operaista, si presuppone
l’esistenza di una forza materiale in grado di trasformare radicalmente la società: questa
forza, appunto, sono glioperai. D’altra parte, sicuramentemeno scontato è ricordare come
l’esperienza operaista si sviluppi contestualmente a dei rivolgimenti epocali del modo di
produzionecapitalisticoe,diconseguenza,dellacomposizionedellaclasseoperaia:‘apartire
dalla seconda metà degli anni Cinquanta in Italia si è assistito a una fase di
reindustrializzazionepreludiodiquello che sarebbestato ilboomeconomico, che smentiva
l’allora dominante teoria del ristagno economico dovuto ai monopoli: si trattava di un
passaggiodisviluppocapitalistico,manell’ambivalenzaaprivaanchepossibili intenzionalità
alternative.Motorecentralediquestafasedisviluppoèstatalaclasseoperaiataylorizzata;il
suo lavoro non richiedeva esclusivamente uno sforzo manuale o muscolare , come molti
erroneamentecredono,madi tuttequante lesuecapacità(psichiche,cognitive, intellettuali,
timiche, esperienziali ecc.) e persino dell’intera comunità operaia, benché il padrone gli
riconoscesseeglipagassesoprattuttolemani’6.
4Ibidem5Ivi,p.366G.Borio,F.Pozzi,G.Roggero,Futuroanteriore,Roma,DeriveApprodi,2002,p.70
4
L’Italiasitrasformavelocementetraglianni50e60.Nelpaesedel“boomeconomico”,della
reindustrializzazione, comincia a diffondersi, in maniera pressoché generalizzata7, tra gli
appartenenti alla “classe operaia” – da intendersi non tanto come oggetto ideologico-
sociologico ma piuttosto come operaio collettivo della produzione tayloristica – la
consapevolezzadiesserepartediunapotenzacollettivacheèusatadalcapitalemachepuò
essereutilizzataancheinmododiverso:
Ènelmomentoincuisipercepironoinpossessodiquestagigantescaforzachesicrearonolecondizioniperla
produzionediunasoggettivitàautonoma, lapossibilitàdi immaginarechequellapotenza, informemodificate,
potesseessereattivataperfinialmenounpo’piùpropri,financheantagonistiaquellisistemici.Èaquelpunto
chel’operaio,perunabrevefase,nonèstatosolopiùl’altrametàdelpadrone,mahaespresso,almenoinalcuni
suoi aspetti, una propria autonomia soggettiva (certo parziale, ambivalente, ma comunque con peculiari
diversitàeffettive).Suquestabasesièresopossibileiltransitorioincontrotraquellaforzagigantesca(nonsolo
materialeeoggettiva,maanchepermoltisuoiaspettisoggettiva)eilprogettoditrasformazionesocialeportato
daunacertaavanguardia8
Insieme alla “consapevolezza”, la secondametà degli anni 50, portò anche una stagione di
conflittualità operaia che si dispiegherà per tutto il decennio successivo. Intanto, il Partito
Comunista, che a molti appariva ormai “arenato” in seguito alla scelta “democratica” del
Segretario Palmiro Togliatti, restava impantanato nell’affaire ungherese. Il momento,
insomma, eramaturo perché si sviluppassero delle critiche “a sinistra” del Partito, perché
nascesseun’«opposizionecomunista»alcomunismodogmaticoeburocratizzatodell’Est.
Siègiàrilevatocomenonsipossainalcunmodoconsiderareun“bloccomonolitico”,tuttavia,
l’operaismoitaliano,daTrontiaNegri,haavuto,innanzitutto,questomerito:quellodiriuscire
arompereconlo“stagnazionismo”9tipicodellasinistraitalianatradizionalee,inparticolare,
delPCI(purtenendocontodelledissidenzealsuointerno),cercandocosìdicomprenderela
vivacitàdellosviluppocapitalisticochehaattraversato l’Italia(alcunepartipiùdialtre)e il
suo “miracolo economico”. Tuttavia, a torto o a ragione, rimanere legato all’analisi del
contestotaylorista-fordista,sivedrà,nonpotevacheprovocarneil“collasso”teorico-politico:
Èverochenellosviluppoitalianodelsecondodopoguerral’”operaiomassa”avevaassuntounruolosemprepiù
significativo nel processo di valorizzazione.Ma da ciò non seguiva, come invece ipotizzò una parte diPotere
Operaio,chequellafigurapotessesussumere,inunaposizionedidominanza,glialtristratidellacomposizionedi
7Cfr.Ivi,p.728Ivi,p.739S.Wright,L’assaltoalcielo,Roma,PortoAlegre,2008,p.295
5
classe. Sempre più, invece, dagli anni Settanta in poi, lo schema di lettura delle dinamiche capitalistiche e
antagonistichevenneossificato,eproiettato inavanti.L’”operaiomassa” lasciò ilpostoall’”operaiosociale”,al
“cyborg”, al cosiddetto “cognitariato” o, addirittura, coniando una categoria priva di qualsiasi senso, al
“lavoratore immateriale”. Il metodo fu, ed è, il medesimo. Sempre e comunque, individuare una qualche
“tendenza”.Ritagliare,sulsuopuntopiùavanzato,unsettoredicuisiassumel’importanzastrategica.Sudiesso,
puntareconunanuova “scommessa”politica.L’intero impianto teoricovienecosìpoliticamentepiegatoverso
nuovefigure,dichiaratedivoltainvoltaegemoni.Capaci,sidice,diesprimerenuoveformediconflittualitàesu
cuicaricarelapostadiunnuovoazzardo10
Dalle parole di Riccardo Bellafiore e Massimiliano Tomba, contenute nella postfazione al
citato librodiWright sull’operaismo,emergeunanettae chiaradisapprovazioneperquelle
teorizzazioniche,pursemprerimanendonelsolcodiquellatrontiana,avevanol’ambizionedi
aggiornareilprogettopolitico(esovversivo)comunista(meglio:operaistainsensoampio)e,
in tal modo, riallacciarlo al passaggio dal modo di produzione taylorista-fordista a quello
postfordista.
Si può facilmente capire come sia in primis Negri, ‘convinto che la moltitudine stia alla
metropolicomelaclasseoperaiastavaallafabbrica’,ilbersagliodiquestacritica,soprattutto
perché ‘non può non risultare evidente come posizioni del genere contribuiscano ad
alimentare nelle giovani generazioni degli anni Novanta, e quelle a noi più vicine,
un’indifferenza verso il lavorooperaio: trasformando l’odio contro il lavoro in indifferenza,
quando non addirittura in avversione, verso una classe operaia giudicata residuale e
reazionariainquantolegataalpostodilavoro.Come,altempostesso,impediscanodivedere
le nuove forme del lavoro produttivo di valore, perché ne cancellano la realtà concreta
sostituendolaconunostereotipo,chedissolveimodibenmaterialichecaratterizzanooggila
frammentazione del lavoro dipendente dal capitale in una categoria indistinta e
indeterminata’11.QuellodiNegrièstato,insomma,unoperaismo“ideologico”,incuimancano
i lavoratoriquandolavoranoo,peggio,chesiaccorgedeilavoratorisoloquandochiedonoil
salariomentre,perilrestodeltempo,liconsideraallastreguadellemacchinecheadoperano?
Si rileveràcomenonsiacosìsemplice liquidare lasuariflessione.Amenochenonsivoglia
dire che la stessa categoria di “postfordismo” – usata ormai quasi unanimemente per
descrivereilprogressivodeclinoneipaesioccidentalidellegrosseconcentrazionidifabbrica
elaconseguente“dislocazionedelproduttivo”–potrebbeesseresoloundogmaaccettatoa-
criticamente,unpo’perpigrizia,unpo’perconvenienzapolitica.
10Ivi,p.30111Ivi,p.303
6
D’altra parte, se si ammette che il passaggio dal modo di produzione fordista a quello
postfordistasièeffettivamenteverificato,ecosìpare12,allora,nonsipuònonriconoscere,al
netto delle sue contraddizioni, come l’operaismo di Negri costituisca, nel suo complesso,
almeno,iltentativodiaffrontarela“crisi”dellabaricentricitàdellaclasseoperaia,intesanella
maniera più “classicamente” marxista di operaio-massa. Certo, il suo “proletariato”,
disseminato in tutta la società, sia nell’ambito della produzione che della riproduzione,
poggiava su un progetto “politico”, come quello dell’Autonomia Operaia, che si poneva a
distanza siderale da quello, fino ad allora ma anche adesso, assimilabile alle prime
teorizzazioni operaiste. Per questo motivo, innanzitutto, “andare oltre la fabbrica” fu un
assunto avvertito come “politicamente” necessario daNegri, comeda tanti altri. Tuttavia, è
possibile ritenere che la “rottura” tra le “generazioni”di operaisti si sia consumataanchee
soprattutto sul piano di inediti “bisogni” teorici: in questo senso, è logico che alle nuove
“azioni politiche” corrispondesse il “ripensamento” dello stesso Marx (e non un suo
“riciclaggio”,tantomenounasua“rottamazione”).
Si sentì il bisogno e, dunque, si provò a rompere con il “circolo chiuso” dello sviluppo
capitalistico,conl’ipostatizzazionedeiprocessiproduttivi,deirivolgimentidialetticiperchési
pensava che le “categorie” operaiste avessero ormai mostrato i propri limiti. Si avvertì
l’impellenza e, quindi, si tentòdi riavvicinareMarx alla realtàper creareuna contro-realtà,
utilizzare lo slancio della sua “scienza” all’interno di un percorso di ri-soggettivazione
(antagonista) perché, qualitativamente ancor più che dal punto di vista “quantitativo”, lo
“scontro di classe” appariva radicalmente cambiato. L’operaismo dovette per forza di cose
trasformarsi,insiemeallarealtàchevolevadescrivereemutare.Forse,seancoraoggisuscita
interesse, dibattito, è anchemerito di AntonioNegri, nonostante quelli che possono essere
considerati,omeno,isuoierrori:
Eccoci dunque alla scadenza dell’assalto al cielo. Una forza operaia che gioca insieme la sua interna
consapevolezza di essere uscita dalla preistoria, di essersi riappropriata del meccanismo della propria
riproduzione, di aver conquistato autonomia ed indipendenzadi valorizzazione, di averdeterminatouna crisi
pesantissima del capitale. Un capitale che, nelmomento stesso in cui recepisce questa tensione, irrigidisce le
formedellasuaespressione,tragicamente,siaperquelcheriguardalaformapoliticanellaqualesiestrinseca,sia
perquel cheriguarda ilmododiproduzionecheorganizza.Fraduedirittiegualidecide la forza,dicevaMarx.
Dentro lo stabilizzarsi della crisi la violenza assume infatti una valenza fondamentale. Esso è il corrispettivo
statualedell’indifferenzadelcomandoe,comunque,dellasuarigidità.Essaè,dicontro, lacaldaproiezionedel
processodiautovalorizzazioneoperaia.Nonsapremmoimmaginarenulladipiùcompletamentedeterminato,di
12Cfr.P.Virno,Grammaticadellamoltitudine,Catanzaro,Rubbettino,2001,pp.68-71
7
più ingombro di contenuti, della violenza operaia. Ilmaterialismo storico definisce la necessità della violenza
nellastoria;noi lacarichiamodell’odiernaqualitàdell’emergenzadiclasse,consideriamolaviolenzacomeuna
funzione legittimata dall’esaltazione del rapporto di forza nella crisi e dalla ricchezza di contenuti
dell’autovalorizzazioneproletaria13
13A.Negri,Ilibridelrogo,Roma,Castelvecchi,1997,p.304
8
PrimoCapitolo
I.Bisognod’azione
IlpensierodiAntonio“Toni”Negrihasempreavutounfortecarattere“operativo”.Perdareil
via aquestoprogetto, anzitutto, si sente il bisognodi segnalare tale aspettodel suo lavoro.
Tuttaviacisipropone,sottolineandotalecaratteristica,nonditrascurarnelaportatateorica,
magari tralasciandone i contenuti,maal contrariodivalorizzarla. Infatti, tra lealtrecose,è
necessarioprecisarechelostessoautorerivendicaquestacaratteristicacomeessenzialealla
suaproduzione.Quandociònonrisultaimmediatamenteesplicito,maanchequandolorisulta
eccessivamente,èsoloperchéNegrihasemprecercato,espessoèancheriuscito(sisuppone
meritatamente), a ritagliarsi il ruolo di “teorico” da “movimento” e di un “Movimento” in
particolare(“Operaio”primae“Noglobal”dopo,perdirlainparolepovere).
Allora,esitodiunariflessionepervasadaunadinamicaoperativa,quellocheeglihascritto,e
tuttora continua a scrivere, nei suoi intendimenti dovrebbe servire allamessa in pratica di
strategiedicontrasto,lotta,rivolgimento,ancormegliosovversione,delsistemacapitalistico.
Siripete,tantoperesserechiari,checiòvaleperlamaggiorpartedelsuolavoro.Poi,chele
suestrategieabbianofunzionatosulcampoomeno,cheisuoiintendimenti,appunto,offrano
uncertonumerodiprotocolli efficacioal contrario si siano rivelati velleitari,non riguarda
questo lavoro, se non lateralmente. Quello che si vuole qui sostenere è piuttosto che: a
“concreti”modidilottacorrispondonomodalitàdipensierochetentanodiesserealtrettanto
“concrete”. Se tale assunto non vale per tutte le “lotte” e per tutti i “pensieri”, sicuramente
rimane un fattore imprescindibile per comprendere la maggior parte degli autori che si
muovononell’orizzontemarxistatracui,d’altraparte,Negrisièsempreannoverato.
Andandoindietroneltempoearrivandoaconsiderareisuoiprimistudisipuògiàleggere,tra
lerighediunostudiosoancorapienamenteinternoaunpercorso“accademico”,un’analisidi
certi autori e di certi temi predisposta a evidenziare questo genere di relazione “teoria-
pratica”, questo tipo di ricerca dalla tensione “metodologica”. In seguito si rivedranno e
specificherannoquestielementiunavoltachesisarannotradotti,rendendosiintalmodopiù
evidenti, in termini marxisti. Tuttavia per farlo dovremo aspettare che Negri “scopra” lo
stesso Marx. Vedere in che modo Negri si avvicini all’autore de Il Capitale chiarirà la sua
particolare posizione nella tradizione marxista, italiana ma non solo, e dunque la sua
particolareattenzionealla“pratica”,chesideveintenderecome“rivoluzionaria”.
9
Solo a quel punto entrerà in scena il debito contratto da Negri con Michel Foucault. La
riflessionediquest’ultimoinpiùpuntihamessoinmotoilragionamentodiNegri,piùvoltene
hariempitoivuoti.Cisaràmododimettereinlucecomela“praticarivoluzionaria”diNegri
nonpossafareamenodelleelaborazionidiFoucault.Siprecisachequestatrattazioneprende
inesamel’operadiunautoreancorainvitaechenonrinunciaquasimaiachiarireinprima
persona le vicende personali che lo riguardano. Vi è una grande mole di informazioni sul
percorsodiformazionediToniNegri,dell’uomocomedelpensatore.Ilfattochesialuistesso
ariferirleprobabilmenteneaccresceilvaloreperquantoriguardagliscopidiquestolavoro.
Intornoai23anni,diceNegri, ‘dimarxismononsapevopraticamentenulla,vissi lepratiche
comuniste radicali in un kibbutz dove non esisteva famiglia, non esisteva nulla, veramente
esistevano solo la comunità e il lavoro’14. Sin dalla giovane età il “comunismo” era noto a
Negripiùperragioni“materiali”,sostanzialmenteleproprieoriginifamiliari,cheattraversoi
testipropriamenteteorici.Ilsuoincontroconil“comunismo”sisvolgequindiinunquadrodi
soluzioni operative, appunto i “kibbutz”, e di esperienze concrete, come la liberazione del
Nord Italiadall’occupazionenazifascista a cui il nonnopaternoavevapartecipato,piuttosto
chediriflessioniespeculazionidaconsiderarsiinqualchemodoastratte.Ancheseaquell’età
NegriègiàstudentediFilosofiadell’UniversitàdiPadova, lasituazionerimarràtalealmeno
fino alla laurea. Comedice lui stesso: ‘all’università ho conosciuto tuttima senza legarmi a
nulla,quandonesonouscitoeropraticamenteunlukacsiano’15.Èil1956,Negrisilaureacon
unatesisullostoricismodiDilthey,Meinecke,TroeltscheWeber:quest’ultimaèilsuoveroe
proprioesordiofilosofico16.
La tesidi laureadiNegrièun testocheperammissionedello stessoautorehadei limiti in
lineadimassimadettatidallestesseesigenzechelopongonoinessere.Talilimiti,nonostante
glisforziattuatidaNegripercontenerli,siripropongononelriadattamentoeffettuatoinvista
dellapubblicazionedeltestostessoadoperadell’IstitutoFeltrinellinel1958(dilìaunannosi
sarebbetrasformatonellarinomatacasaeditrice)17.Unavoltaprecisatoquestoaspettosipuò
direche,giàneiSaggisullostoricismotedescodel1959,èvisibilelaprofonditàd’analisi,così
come lapenna,diunautoregiovanemasopra lamedia.Lerestrizionialquale,per forzadi
cose,èsottopostoiltestononimpedisconodinotarlo.14G.Borio,F.Pozzi,G.Roggero(acuradi),Glioperaisti,Roma,DeriveApprodi,2005,p.23615Ibidem16Cfr. A. Negri, Saggi sullo storicismo tedesco. Dilthey eMeinecke,Milano, Feltrinelli, 1959 - N.b. Il testo è ilriadattamentodellaprimapartedellatesidilaureadiNegri.Lasecondaparte(daWeberaTroeltsh)nonèstatamaipubblicata,sebbenel’autorenonabbiamairinunciatoufficialmenteataleproposito(Cfr.G.Borio,F.Pozzi,G.Roggero(acuradi),Glioperaisti,Roma,DeriveApprodi,2005,p.236).17IdettaglidellapubblicazionesonoriferitiintalmododaNegristesso(cfr:G.Borio,F.Pozzi,G.Roggero(acuradi),Glioperaisti,Roma,DeriveApprodi,2005,p.236)
10
Inoltre,sindalleprimepaginedeiSaggi,sembradipoternotare,oltreaunsincerointeresse
per il pensiero, una sorta di ammirazione, ai limiti dell’immedesimazione, di Negri nei
confrontiDilthey.Oggi idue,aragione,potrebberoappariredistantima,nelleprimepagine
pubblicatedaNegri,sembramostrarsibenpiùdiunasemplicesimpatiaperilgiovaneDilthey.
II.Poderosorivolgimentodispiriti
Il testocominciaconuncambiodiprospettiva.Diltheyriferiscediessersi concentratosulla
preservazioneesullafondazionedell’autonomiadellescienzedellospirito,control’invadenza
del metodo positivista, sin dall’inizio della sua attività di studioso. Tale opinione però,
sottolineaNegri,emergeneisuoiscrittisolonell’ultimoannodivitaquandolaformazionedel
suopensiero si può considerare giunta al termine. Invece: ‘la formazionedi una “coscienza
storica”ediunmetodostoriograficosecondocriteriautonomi,precedeinDiltheyognichiara
formulazionedelproblemadell’autonomiadellescienzestorichee,conseguentemente,della
criticadellaragionestorica’18. IlDiltheymaturo,ormaidivenutoilcampionedell’autonomia
delle “scienze dello spirito”, accusa le scienze della natura di aver abbattuto il dominio del
monismoidealisticohegeliano.Aquestopunto,fanotareNegri:
Rimane vero che, attorno al 1850, la filosofia sistematica hegeliana era stata liquidata; omeglio, essa solo si
presentavanell’ambientefilosoficotedesco,comeriferimentopolemicodiognialtraposizione.Manonerastata
tanto la scienza naturale ad abbattere l’impero hegeliano, quanto “bisogni” ed “interessi” diversi, sorti
dall’infinitoprolungarsidellavitastorica,dopochequestasieraevoluta,dalloHegel,orgogliosamenteconchiusa
nel“sistema”.L’hegelismoè,inprincipio,combattutoevintonontantodalnuovospiritosistematicoscientifico,
quanto dal suo opposto, da quello spirito che si è detto della “Systemlosigkeit”, da una nuova romantica e
avventurosa filosofia aperta che tendeva a ritrovare, oltre gli schematismi della ragione, la pregnanza del
concettodi realtà.Nonsi trattavasolodi fondare lariflessionesullecose;nondisvolgere l’analisiconcettuale
secondodirezioniformalimetafisiche,bensìdirapportarlaall’esperienzavitale19
Un‘poderosorivolgimentodispiriti’20adettadellostessoNegri,chesiallontanavadaHegel
tantoquantonemantenevaipresuppostimetafisici.Dilthey,insomma,èautorecheinprima
battuta rivendica il ruolo del “non-sistemico” all’origine del processo speculativo in nome
dell’avvertita necessità di ricondurre la dinamica esistenziale dell’uomo, in tutta la sua
concretezza,all’internodell’indagine,inprimoluogo,storica.
18A.Negri,Saggisullostoricismotedesco.DiltheyeMeinecke,Milano,Feltrinelli,1959,p.1419Ibidem20Ivi,p.15
11
Anche se tale battaglia viene comunque condotta in virtù di un sostrato tutt’altro che “a-
sistematico”,chedall’autorestessononvienericonosciuto, l’insegnachelacontraddistingue
nonèquelladegliultimimitiromanticimasoprattuttoquelladi‘irrazionalismo,pessimismo,
esigenzepragmaticheeumanistiche’21.QuelladiDilthey,nelladescrizioneefficacediNegri,è
la generazione che assiste a una violenta protesta nel pensiero religioso e politico e nella
storiografiainparticolare. L’ortodossiareligiosariprendevapiedeel’ultra-conservatorismo
spesso ne assumeva i caratteri per camuffarsi. Nello stesso tempo la sinistra hegeliana
criticava la religione rovesciando la dialettica. Questo era il retroterra dei moti
quarantotteschi.
‘I contrasti politici e ideologici – scrive Negri – penetravano dunque nelle cittadelle e la
storiografia, più di ogni altra disciplina ne risentiva’22. Gli storici in senso lato, partecipi
all’esaltazionerivoluzionaria,sistavanoimpegnandosulfrontedeidibattiticostituzionali.Si
apprestavaaconsumarsi, insomma,unrivolgimentochenonlasciavaindennelastoriadella
filosofia,destinataapassaredallostatusdiscienzafilosofica,comeHegelavevavolutofarla,a
quellodi scienzaempirica, comeogni altradisciplina storica.ComenotaNegri: ‘l’hegelismo
venivacosìdissoltodallafedenellastoricità,dallospiritorivoluzionario,dall’esigenzialismo,
piuttosto che da un’astratta confutazione logica’23. Tuttavia, tale rivolgimento non aveva
ancora intaccato se non superficialmente il profondo spiritometafisico intessuto sui lasciti
dell’hegelismo che ancora impregnava gli studi storici. A questo problema bisognerà
aggiungere lapermeazionedellastoriografiadapartedelmetododellescienzedellanatura
avvenutanellaprimafasedisviluppodelcapitalismoindustrialetedescoeall’affermarsidel
regimebismarckiano:
Contro le reminescenzehegeliane, così come contro l’esplicitametafisica positivista dovevamuoversiDilthey,
unavoltache,attraversolericerchedistoriadellareligione,dellafilosofiaedellastoriografia,sudatecartedella
sua giovinezza, fosse giunto alla consapevolezza dell’empiricità del contesto storico ed alla sua comprensione
secondounacategoriaumanistica.Èquindiverocheconlui“lacriticadellaragionestoricaconcludelosviluppo
che aveva avuto origine dalla metafisica della storia di Hegel”, nel senso che anche Dilthey partecipa a quel
grandemovimentodistudistoricisortodall’impulsodellaculturaromanticaedellafilosofiahegeliana;masolo
quandosi insistasulladrammaticitàdel rapporto tra ledue filosofie,perchénonsidàcontinuitàpossibile tra
metafisicaecoscienzadellastoricità24
21Ibidem22Ivi,p.1623Ibidem24Ivi,p.17
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Diltheyneisuoiprimiannidistudioprova l’istintodicomprendere lavitaapartiredaessa
stessa. Questa idea ancora non appare in veste di tendenza filosofica, chiarisce Negri
(dialogando a distanza con chi faceva del pensiero diltheyano una coniugazione del
romanticismo).Tuttaviaèinquestoperiodo(NegrisibasasusensazioniriportatedaDilthey
nel 1903, riguardanti l’inizio del suo periodo berlinese nel 1853) che il filosofo tedesco
cominciaaesprimere la ‘necessitàdiviverea contattocon la storia inmaniera realistica’25.
Perfareilpuntodellasituazione:
Non solo i problemi scientifici, storici o letterari che fossero, contribuirono alla formazione del pensiero
diltheyanomaancheistanzedirettamentevitali,comequellareligiosaoquellapolitica,nellapiùvastaaccezione.
E con l’emergere di questi interessi, gli si imponeva la necessità di confrontare alla realtà la sua vocazione
scientifica.Siaprivacosìunadirezionecriticanelpensierodiltheyano,quandopercriticasiintenda,nelsuopiù
pienosignificato,unatteggiamentoproblematicodell’individuodifronteallarealtàdata26
Inbreve,Diltheynonèun“romantico”,nelsensochenondisperdeilsuopensieronell’utopia.
Semmaiè,particolarmenteingiovaneetà,unostudiosoimpegnatonelfondareilsuometodo
su istanze concrete, si direbbe, contingenti. Nello specifico il suo pensiero ‘si concretava
nell’idealepoliticodell’unificazione’27,ovvero lapienaunitànazionaleraggiuntadall’Impero
Tedescoil18Gennaio1871.Atuttociòbisognaaggiungere‘l’intimanecessitàdicomunicare:
poichéselasuascienzasiconfiguravanoncomeun’astrattageometriadiessenzelogiche,ma
comefervidaadesionealflussostorico,nelsuocentrostessosinutrivanoilfervoresocialee
l’ansiaeducativa’28.Dilthey inquestomomentoègiàprontoa stabilirenelladinamicadegli
eventi e nella successione degli individui il nesso tra teoria e prassi. Il movimento storico
diventaillavorodiunagenerazioneperlaseguente,ilsorgeredell’individuoinunarelazione
storicadeterminataealuidiretta.Inbreve,‘latensionetravitaeidealesièormaiconfigurata
storicisticamente’29. Inoltre, è interessantenotare come, in seguito, l’esperienza filosoficadi
Dilthey, il suo interesse pratico e vitale – pur non risolvendosi pienamente nell’ambito
politico,perlasuastessasensibilitàeilsuocarattereinfondoapolitico–sisiaconcretizzata
nellapedagogia,nellapoeticaenellastoriografia,cioèdisciplineparticolarmenteutiliper la
suaricercadiun‘solidoagganciotrateoriaeprassi’30.
25Ivi,p.1926Ivi,p.2027Ibidem28Ibidem29Ivi,p.2130Ibidem
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DaquestopuntoinpoicisidovrebbeaddentrarenelleapprofonditeconsiderazionicheNegri
compiesull’evoluzionedelpensierodiDilthey,rapportandolainprimisall’atmosferapolitico-
intellettualedellaGermaniabismarckiana,enelserratoconfrontotralepersonalitàdiDilthey
stesso e di Meinecke (nella cui giovinezza non si trova ‘alcuna risonanza degli ideali
quarantotteschi;dicontro laculturapietisticaeconservatricedella tradizioneprussiana’31).
Tuttavia, per conseguire l’obiettivo precedentemente palesato, che rimane quello di
ricollegare le prime riflessioni di Toni Negri agli sviluppi successivi del suo lavoro,
l’operazionesirivelerebbeinbuonasostanzasuperflua.Inultimaanalisi,basteràriportareun
passaggio particolarmente significativo dei Saggi sullo storicismo tedesco, grazie al quale si
puòrilevare,ancorapiùchiaramentediquantofattofinora, ilpernodell’analisicheNegri fa
delpensiero,concretoea-metafisico,delgiovaneDilthey:
MaladdoveDroyseneBurckhardtgiungevanofaticosamente,nell’incertezzadelterminediunalungaevoluzione
del loro pensiero, là andava compiendosi la giovanile esperienza di Dilthey. I termini della sua preparazione,
dall’ideale critico a quello etico, dal motivo psicologico a quelli filosofico, si individuavano nella dialettica di
scienzaevita.Noneracertounaposizionedeltuttooriginale,mainessaconvergevanolepiùviveesperienzedel
secolo: ivi l’antico, inalienabile sostrato romantico di ogni meditazione storica si depurava a contatto con la
passioneumanisticadellapropriagenerazionepostromantica.Perciòpiùchedialettico,ilrapportotrascienzae
vitasiconfiguravadrammaticamente:ilnessotrastoriografiaeWeltanschauungnonsiavevanell’ambitodella
beatificantevisionedell’Assoluto,masidipanavacontinuamente,inconcordanzesuccessive,maiperfettamente
adeguate; non dato metafisico, ma impegno umanistico. Sulla base di queste premesse, l’opera diltheyana si
doveva svolgere nella prospettiva di un lavoro virtualmente inesauribile. Quanto alle tecniche di indagine
particolare, esse si emancipavanodaognipressioneesterna, daogni vincolometafisico, e verificavano la loro
intenzione conoscitiva nella connessione adeguata dei risultati della ricerca, nella creazione della struttura
storica. Se il motivo storicistico, romantico ed hegeliano, permaneva, come permane in tutta la storia della
filosofiacontemporanea,eranoanchemesse inatto lenuove tecniche incuiconsiste laspecificitàdellanostra
cultura32
Inbreve,sisentedipoterleggeretralerighediquestolavoro,nelqualeèevidentel’emergere
dell’ammirazioneperunpensatorecheavverteinmanieracosìfortelanecessitàdiancorareil
propriometodoall’esperienzavitaledeterminatastoricamente,quel‘bisognodiazione’33che
poi Negri porterà all’interno della sua produzione successiva, quella di vera e propria
teorizzazionedell’universodilottaanti-capitaleinchiavemarxista.
31Ivi,p.16932Ivi,p.4033G.Borio,F.Pozzi,G.Roggero(acuradi),Glioperaisti,Roma,DeriveApprodi,2005,p.239
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All’epocadellapubblicazionedellasuatesidilaureaNegrièancorapienamenteaderentealla
tradizionale egemonia culturale del PCI o comunque della sinistra italiana. Certo, le
esperienzedella suavita, il viaggio in Israele ePalestina, l’iscrizionealpartito socialista gli
fannodire‘sonodiventatocomunistamoltoprimadiesserediventatomarxista’,masolodopo
la finedellaproduzionecheglipermettediaccedereai concorsiaccademici, tra il1960e il
1961, potrà dedicarsi allo studio sistematico di Marx: ‘prima era solo una cosa scolastica,
dietrolecategorienonvedevodeisoggetti,restavaquestabravafilosofiaoggettiva,dialettica,
nonvedevosoggetti,nonvedevostoria,nonvedevo lo sfruttamentoperquello cheèenon
comeformulematematiche’34.
Restadanotare,unavolta tratteggiata lapersonalitàdelgiovaneNegri in rapportoalla sua
primissimaesposizioneteorica,comenonpossaesserecasualechel’avvicinamentodiNegria
Marxsisvolga tramiteunostrettocontattocon lascuoladiGalvanoDellaVolpe,quindicon
Raniero Panzieri, ma soprattutto con Mario Tronti, ovvero con la generazione di studiosi
italiani cheperprima conobbe ilmarxismodirettamente sui testimarxiani (a differenzadi
quella precedente che apprese il marxismo nella maturità, innestato su una formazione
idealistica)35.QuestoperdirecheNegrisiavvicinaaunaletturadiMarxcherappresentauna
decisiva “rottura teorica” nei confronti della politica culturale del movimento operaio del
tempo,perusareleparolediMarioTronti:
Untipodimarxismodiversodaquelloufficiale,daquelloortodossodiallora,daquelloche,almeno inambito
comunista,ruotavaintornoallatradizionestoricistica,idealistica,gramsciano-crociana-desanctisiana:invecenoi
avemmo la fortuna di imbatterci nel marxismo di Della Volpe, che era un marxismo antistoricistico,
materialistico,cheteorizzavaunarotturatraMarxedHegel,nonunacontinuità36
III.Un’esperienzaoperaista
Dunque,èsoloall’iniziodeglianni60cheNegriiniziaunsistematicostudiodell’operadiKarl
Marx.Taleapprofondimentocominciainparalleloconlanascitadellarivista“Quadernirossi”
gravitante intorno alle figure di Panzieri e Tronti. “Quaderni rossi” rappresenta la fase di
gestazionedell’operaismoche si realizzerà compiutamente solonel1964con la fondazione
dellarivista“Classeoperaia”direttadaMarioTronti.
34Ibidem35Cfr.D.Gentili,ItalianTheory,Bologna,IlMulino,2012,p.3436G.Borio,F.Pozzi,G.Roggero(acuradi),Glioperaisti,Roma,DeriveApprodi,2005,p.289
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IlgiovaneNegripartecipaattivamenteadentrambeleesperienze,salvopoidistaccarsenein
seguito ai rivolgimenti teorici che gli risulteranno obbligati per via della contestazione
sessantottina.Tuttavia,apparechiarochel’emergeredeldisagio,quellocheglifaràmaturare
l’abbandono dei “Quaderni” e poi il distacco dal trontismo, sia ravvisabile molto prima
dell’esplosionedellaprotesta.Negri,sindall’iniziodellasuaesperienza“operaista”,avverteil
bisogno di dare alla propria teoria una direzione “operativa” e, stando a quello che lascia
intendere,nonsonodellostessoavvisoisuoi“maestri”,oancorameglioilgruppoche,divolta
in volta, ad essi si riferisce. Comunque, nonostante l’allontanamento dai “Quaderni rossi”,
Negrinonhamaiesitatoadefinirelarivista,d’altrondenonsarebbepossibilefarealtrimenti,
comeun“passaggiofondamentale” inquanto ‘inItalianonc’èunastoriadell’opposizionedi
sinistracomunistafinoaiQuadernirossi’37.
Semmai quello che preme individuare nel distacco di Negri dal progetto di Panzieri è la
ritrosiamostratanell’accettare ‘i conflitti attornoal linguaggio’ chesi sarebberobenpresto
trasformati in feroci litigi interni al gruppo, ‘con accuse reciproche di opportunismo’38, che
aveva dato vita alla rivista stessa. L’accusa, seppur sommessamente, rivolta al gruppo dei
“Quaderni” non è tanto quella di perdersi in riflessioni astrattema semmai di aver perso
l’urgenza‘dimetterelemanisullarealtàoperaia’,il“radicamentooperaio”e,dunque,diaver
cedutoa‘paureorepulsioniditipoanarcoide’39.LabattagliadiNegriall’internodei“Quaderni
rossi”, per semplificare, si è svolta soprattutto intorno al ‘concetto di organizzazione’40.
Avvenuto il distacco da “Quaderni rossi”, è il 1964, Tronti fonda “Classe operaia” alla cui
attivitàNegriparteciperà sindall’inizio.Anchesedalpuntodivista ‘dell’influenza teoricae
politica’ i “Quaderni rossi” sono stati più importanti – dice Negri – “Classe operaia” è
importantedalpuntodivistadellaformazione,anzi‘secondomepuòesseredefinitaproprio
comeungrandeperiododiapprendistato’41pertutticolorochepoiguiderannolamolteplicità
disoggetticheconfluirannonell’ambientedell’autonomiaoperaiadeglianni70.Perdirlacon
Negristesso:‘nonc’ènessunodeicomitatidibasechenascononel’68,chenonabbiadentro
almeno un quadro che esce dall’esperienza dei Quaderni Rossi e di Classe operaia’42. Da
segnalare,aquestopunto,cheanchel’esperienzadi“Classeoperaia”volgeràaltermineperlo
stessomotivo che aveva determinato la fine della precedente: ‘io penso che la teoria valga
37Ivi,p.24038Ibidem39A.Negri,Dall’operaiomassaall’operaiosociale,Milano,Multhipla,1979,p.4540G.Borio,F.Pozzi,G.Roggero(acuradi),Glioperaisti,Roma,DeriveApprodi,2005,p.24041Ivi,p.24342A.Negri,Dall’operaiomassaall’operaiosociale,Milano,Multhipla,1979,p.89
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semprequandosiconfrontaconlecose,hosempremoltidubbiquandovedolagentelitigare
intornoacoseinsussistenti,linee’.Atalproposito,precisaNegri:
Secondome in“Classeoperaia” ilproblemaerachecosasignificava farepoliticaoperaia.Farepoliticaoperaia
nonèsemplicementelateorizzazionedelrapportoclasse-partito,suquestopotevanoparlareancheifilosofi:il
problemainveceerapropriodirecomesifa,comecisistadentro,eunavoltacheciseidentrochidirigechi.Che
cos’è il partito? Il discorso classe-partito era fissato, immobilizzato dalla definizione del partito come Partito
ComunistaItaliano;mentreinvecelìc’èunaltroproblema.Tuttinoiallafineeravamoconvinti,anchequellidel
Partitocomunista,chelelotteinrealtàeranoautogestite,lefacevanoleavanguardieoperaie,esenonvolevano
farle non le faceva né il sindacato né nessun altro: ma il problema era anche quello di capire come questa
autogestionedellelottesideterminava,qualieranoimeccanismi43
Mentre ilprimoveroeproprioesperimento “operaista” crolla su se stesso,Negripartecipa
alla fondazione della rivista “Contropiano”, un ‘tentativo completamente indipendente dal
lavoro che si faceva nelle fabbriche’ e che serviva a ‘tenere insieme questo discorso
intellettuale (le forme di lotta del Movimento Operaio, NdA) che in fondo aveva una sua
autonomia, con dei relais universitari che era estremamente necessario tenere congiunti
proprio comeproduzionedidiscorso intellettuale inquanto tale’44. Salvo il fatto chepoi ‘ci
ritroviamoinmezzoal’68,aquelpuntolìcomefai?,nonsipotevapiùmantenerelarelativa
autonomia del discorso culturale e universitario. A quel punto comincia un’altra storia, lì
cambiaproprioilparadigma’45.Ildecenniosuccessivoalmaggiopariginosaràsegnatodaquel
“secondooperaismo”dicuiNegrirestailteoricodimaggiorspiccoeprincipalepropugnatore
incampo“strategico”.
IV.RitornoaMarx
Dunque, si può affermare con certezza: il Maggio ‘68 è lo spartiacque per eccellenza per
quantoriguardal’«operaismo»,ingenerale,eilmomentoincuicomincianoaemergereinodi
teoricidelladeviazionediNegridall’impostazionedimarcatrontiana.MarioTrontitralafine
deglianni50el’iniziodei60poselaquestione:checosaresta“veramente”diMarxunavolta
svincolato da quell’interpretazione idealistica – e insieme storicistica e umanistica – che il
marxismodiLabriolaavevacondizionato?
43G.Borio,F.Pozzi,G.Roggero(acuradi),Glioperaisti,Roma,DeriveApprodi,2005,p.24244Ivi,p.24445Ibidem
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Sostanzialmente,ricostruendoilretroterradella“filosofiadellaprassi”gramsciana,Trontilo
scoprirà fondamentalmente idealistico, cioè ne scorgerà la dipendenza dall’interpretazione
cheBenedettoCroceeGiovanniGentileavevanodatodiMarx.SolocheCroceeGentilenon
hanno lettoMarxma hanno letto Labriola interprete diMarx, nel senso che ‘sia Croce che
Gentile, quando devono riassumere il pensiero di Marx – conclude Tronti – riassumono il
pensiero di Labriola’46. Quest’ultimo è servito all’idealismo per combattere il positivismo,
anchese:
Labriolanonèsulterrenodelpositivismo,manonèneppuresulterrenodirettamenteoppostoalpositivismo,
comesarà,findall’inizio,perCroceeperGentile.Perluinonc’èunnemicoprincipaledabattere,unapolemica
unicadacondurre.Nonc’èdasconfessareunvecchiopensiero;c’èdamettereincircolazioneunpensieronuovo.
Neisuoisaggisi scorgea tratti, l’entusiasmodelneofita.Nonsi trattadiinterpretareMarx,madiesporlo;non
renderlo di nuovo attuale, ma proporlo per la prima volta; non scegliere tra diverse posizioni all’interno del
marxismo,mapresentarloinblocco.Nelsuoaspetto“filosofico”,ilmarxismoèancorauntuttounico47
In sostanza, il punto di partenza del “ritorno aMarx” di Gramsci è viziato da un errore di
fondo, un errore che porterà sulla cattiva strada tutti i successivi “ritorni”. Il tentativo
gramsciano di far camminare la filosofia marxiana con le proprie gambe non è mai stato
realmente messo in moto, questo è il punto, perché Gramsci non è riuscito a risalire alle
origini idealistico-hegelianedella lettura “nazionale” diMarx, una lettura che lo vedevapiù
comeunmezzoperraggiungeredeifini,deifinichenoneranotantoinMarx,quantoinchilo
studiavaelointerpretava.
Inquest’otticasipuòaffermareche:‘perlafilosofiaitaliana,Marxèstatoilpuntod’appoggio
per arrivare a Hegel; ha funzionato come tratto d’unione, come anello di congiunzione,
storicamentedeterminatoeconcreto.Marxha introdottoHegel in Italia:haassoltoaquella
funzione, cui non erano riusciti ad assolvere i filosofi napoletani, che avevano finito per
portareilibridiHegelnellevenditeall’astadegliantiquari’48.Marxèservitopercombattereil
positivismo, ‘è stato mezzo e strumento, temporaneo e contingente, per quella sintesi
definitiva,chedovevasegnareilsuperamentodell’antitesitraspiritualismoenaturalismo,nel
nuovoemodernoidealismo’49.Inbreve,Marxèalleoriginidell’idealismoitalianofintantoche
‘abbiamoavutounHegeltendenzialmentemarxianoeunMarxtendenzialmentehegeliano’50.
46M.Tronti,“Tramaterialismodialetticoefilosofiadellaprassi”,inAA.VV.,LaCittàfutura.SaggisullafiguraeilpensierodiAntonioGramsci,Milano,Feltrinelli,1956,p.7747Ivi,p.7848Ivi,p.8349Ivi,p.8450Ibidem
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Detto ciò, la risposta cheTronti darà alla domanda “che cosa resta veramentediMarxuna
volta svincolato da quell’interpretazione idealistica che il marxismo di Labriola aveva
condizionato?ӏ:
CrocehanegatocheesistesseunMarx“filosofo”;Gentilelohaconcesso,malohaconsideratocontraddittorioe
quindiimproponibile;Mondolfolohadefinitoun“filosofodellaprassi”.Ebbene,quest’ultimaèdaconsiderarsila
conclusionelogicachescaturiscedaquellepremesse.Ilmarxismocome“filosofiadellaprassi”èciòcherimane
delmarxismo,dopocheèstatoliquidatodall’interpretazioneidealistica.Rimanecioèunateoriadell’azione,una
filosofia della volontà, una guida per il comportamento sociale, una tecnica per il processo rivoluzionario,
l’identitàdiconoscereefare,dipensieroeprassi;unvichianesimocorrettodalmodernopragmatismo51
Allora,Gramscihadietrodisé tuttoquestopassato: ‘senzacapire tuttoquestopassato,non
possiamo capire Gramsci; tanto meno il “marxismo” di Gramsci. C’è una linea si sviluppo
originale che ilmarxismo assume in Italia: per ilmodo come viene introdotto; per ilmodo
come viene interpretato. Essa attraversa, ora sullo sfondo ora in primo piano, tutto il
movimentodelpensierocontemporaneo;arrivaall’operadeiQuaderni,evaancoraoltre’52.
Sull’interpretazione che Gramsci dà del marxismo, giusto per ribadire il concetto, pesa ‘la
necessità teorica della lotta contro il vecchio positivismo, che aveva irretito e inaridito il
marxismo nelle secche di un volgare evoluzionismo’53, tuttavia, ‘dobbiamo riconoscere a
Gramsciungrandemerito:quellodi aver afferratounpunto fondamentale chenonè facile
oggiritrovarenellaproduzionedeipensatorimarxisti:quelconcettodisocialitàdelsapere,di
uncaratterestorico-sociale implicitonellaconoscenzaumana,cheèasuavolta implicito in
tutto ilpensierodiMarx’54.SolocheperGramsci il “sapere”,riprendendoCroce,èancora la
“filosofia”, invece, un distaccato sospetto permane nei confronti della “scienza”: ‘Gramsci
arriva, seguendo l’indicazione di Croce, alla identificazione di filosofia e storia, mentre
dovrebbearrivare,seguendol’indicazionediMarx,allaidentificazionediscienzaestoria’55.
Calcando lamanonella critica–più rivoltaai continuatoridelpensierodiGramsci cheallo
stessoautoredeiQuaderni–Trontievidenziacomenella“filosofiadellaprassi”gramscianasia
sopravvalutata l’origineidealistica, immanentistica,storicisticadelpensierodiMarxpercui,
alla fin fine, ‘il marxismo risulta come la interpretazione storicistica della concezione
51Ivi,p.8652Ibidem53M. Tronti, “Alcune questioni sul marxismo di Gramsci”, in AA.VV., Studi Gramsciani, Roma, Editori Riuniti,1958,p.30554Ivi,p.31355Ibidem
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soggettivistica;comelostoricizzarsidell’idealismo’56.Allora,per intraprendereunautentico
“ritornoaMarx”–diceTronti–megliola“viagalileiana”,la“viadelmarxismocomescienza”
inaugurata da Galvano Della Volpe per il quale ‘con Hegel si compie l’idealismo, conMarx
invececominciaunanuovastoria’57.DellaVolpe,denunciandolaportataromanticaemistica
dellacriticahegelianadell’intellettoe le implicazioniscettichedelladialetticadellacertezza
sensibile, e richiamando la tesimarxiana, secondo la quale è nella pratica che l’uomodeve
provarelaveritàelarealtàdelsuopensiero:
Contrappone ad una dialettica idealistica di astrazioni generiche, indeterminate e ipostatiche, una dialettica
scientificadi astrazionideterminateo storiche, che contempla sia ilprincipiodi contraddizioneodi relazione
degliopposti,senzailqualenonviècontinuitàdisoggettoeoggetto,siailprincipiodinoncontraddizione,senza
il quale non vi è autonomia e determinatezza dell’oggetto. Lamarxiana logica specifica dell’oggetto specifico,
coincidente con la struttura delmetodo scientifico, è alternativa sia al positivismo, che disdegna ilmomento
dell’astratto, della formulazione dell’ipotesi, sia all’idealismo, che è incapace di configurare un rapporto
funzionaletramateriaeragione,sensoeintelletto58
Per Croce e Gentile il marxismo è una “riforma” della dialettica hegeliana, la conclusione
finalmente positiva dei vari tentativi che l’idealismo ha fatto per rivedere e aggiornare lo
strumento logico hegeliano ma ‘Hegel non ha bisogno di essere concluso: Hegel è già la
conclusione. È proprio la conclusione che Marx rifiuta’59. Quindi, sulla scia di Dalla Volpe,
Tronti sostieneche ‘Marxha,nella suaricercapositiva, scientifica,veramentesolocivettato
con le formule della dialettica, usandole come innocenti metafore per riassumere
icasticamente, secondo l’immaginoso linguaggio intellettuale, colto, del tempo, i processi
storici di cui ha scoperto le leggi scientifiche… La dialettica che solo interessa Marx e il
marxismoautenticoèladialetticadeterminata,cioècoincidenteconlaleggescientifica’60.
Tronti, su questa falsariga, marcherà una distinzione tra il “marxismo come filosofia”, per
l’appunto, un marxismo che si fa erede e continuatore della tradizione hegeliana (che
comportaunatteggiamentoconservatoreotutt’alpiùriformatoreneiconfrontidellasocietà
borghese e capitalistica, di cui la filosofia idealistica è un’astrazione) e il ‘marxismo come
scienza’, che considera la propria filosofia solo come “scienza”, “concezione specifica di un
concetto specifico” in virtù del proprio metodo di indagine autonomo dalla filosofia
56Ivi,p.31557D.Gentili,ItalianTheory,Bologna,IlMulino,2012,p.3958C.Corradi,StoriadeimarxismiinItalia,Roma,Manifestolibri,2005,p.10259M. Tronti, “Alcune questioni sul marxismo di Gramsci”, in AA.VV., Studi Gramsciani, Roma, Editori Riuniti,1958,p.31360Ivi,p.312
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speculativa hegeliana, colpevole di giustificare e oggettivare le diramazioni della società
borghese. Unmarxismo in cui ‘la scienza si presenta già come scienza attiva, e l’azione si
presenta già come azione scientifica’ e in cui ‘la teoria si presenta come una teoria pratica
perchélapraticavienescopertacomepraticateorica,maquestononvuoldirechecisiauna
identità immediatadi scienza-azione, di teoria-pratica. Permangono le due fasi, nella prima
dellequalilapraticavienevistainfunzioneteorica,mentrenellasecondalateoriavieneusata
in funzionepratica’61. Inultimaanalisi, apropositodella “filosofiadellaprassi” gramsciana,
Trontinonpotràesimersidalrilevareche:
Non basta rovesciare la prassidegli idealisti per far camminare correttamente la storia; così come non basta
rovesciareladialetticadiHegelperritrovare ilsensogiusto,nelmovimentodellarealtà.Nonbastariempirela
prassi per rendere reale la storia; così comenonbastaconcretare ladialetticaper rendere storica la realtà. Si
trattadicapireche l’attopurononesiste;che l’attoèsempreimpuro.Si trattadiraggiungerecolpensierouna
particolareesempredeterminataimpurità,ecioèconcretezza,ecioèpienezzadell’altropensiero,nelquadrodi
una particolare e determinata realtà oggettiva. L’obiettivo di Gramsci, di trovare una “filosofia” originale del
marxismo,chefossealtrettantolontanodall’idealismoedalpositivismotradizionali,eralegittimo.Maessononè
statoraggiunto.Lasoluzionesimuovenell’ambitodelprimoindirizzo.Eoggicitroviamoaformularelostesso
problema: l’esigenza di unmarxismo che sia altrettanto lontano dalla filosofia della prassie dalmaterialismo
dialettico; che non si riduca ad unametodologia puramente tecnica del sapere e dell’agire umano, e che non
pretendadiconcludereinséunametafisica totaleedefinitiva;unmarxismochesipongaconsemplicità,come
scienza62
Per Tronti il marxismo italiano deve rinnovarsi, la teoria marxista è chiamata a farsi
“astrazione determinata” della società capitalistica63. Tale rinnovamento deve partire dalla
rivalutazionedell’elementosoggettivo-creativo-praticodicontroallafiducianellecapacitàdi
autotrasformazionedellasocietàcapitalisticainprospettivasocialista.Inbreve,allasicurezza
in una progressiva e graduale “conquista del potere” bisogna sostituire il “salto
rivoluzionario” attribuendo alla “discontinuità” un valore positivo e determinando così la
“rotturadellacontinuità”comecriteriodiverità.
61M. Tronti, “Alcune questioni intorno al marxismo di Gramsci”, in AA.VV., Studi Gramsciani, Roma, EditoriRiuniti,1958,p.31862M.Tronti,“Tramaterialismodialetticoefilosofiadellaprassi”,inAA.VV.,LaCittàfutura.SaggisullafiguraeilpensierodiAntonioGramsci,Milano,Feltrinelli,1956,p.9163Cfr.D.Gentili,Italiantheory,Bologna,IlMulino,2012,p.40
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V.Rovesciamentopratico
Operaiecapitale, sicuramente l’operaprincipalediMarioTronti,hacomefulcro lascoperta
“scientifica” per eccellenza diKarlMarx, cioè ‘lamerce-forza lavoro come classe operaia’64.
Nonsisonotrovateparolemigliori,perinquadrarelaquestione,diquelleutilizzatedaTronti
stesso:
Illavorocomelavoroastrattoequindicomeforza-lavoroc’eragiàinHegel.Laforza-lavoro–enonsoloillavoro
–comemercec’eragià inRicardo.Lamerceforza-lavorocomeclasseoperaia:questaè lascopertadiMarx.La
duplicenaturadellavoroèsololapremessadiquesto:nonèlascopertamasololaviaperarrivarci.Dallavoro
nonsipassaallaclasseoperaia,dallaforza-lavoro,sì.Direnonpiùlavoro,maforza-lavoro,vuoldirenonpiùil
lavoro,ma l’operaio.Forza-lavoro, lavorovivo,operaiovivente,sonoterminisinonimi.Lacriticaal “valoredel
lavoro”, la definizione del “valore della forza-lavoro”, aprono la porta al concetto di plusvalore. L’ideologia
socialista premarxista (comequella postmarxiana)nonhamai compiutoquesto cammino.Nonhaquindimai
neppuresfioratol’esistenzastoricadellaclasseoperaia.Checos’èinfatti–aquestolivello–senonforza-lavoro
socialeproduttricediplusvalore?Edalplusvalorealprofittoedalprofittoalcapitale:questoèilcamminoche
segue. La merce viva dell’operaio socialmente organizzato si scopre così come il luogo di origine, non solo
teorico,macomepremessapratico-storica,quellachenoichiameremol’articolazionefondamentaledellasocietà
capitalistica”65
Aquestopunto,però,siègiàarrivatialleconclusionimentreèancoranecessariodimostrare
lepremesse.Tuttavia,èstatoisolatoquelloche,perTronti,èilpuntodipartenzaelosnodo
fondamentale del percorso rivoluzionario intrapreso da Karl Marx: ‘ogni giorno sentiamo
parlare di rivoluzioni copernicane per individui che hanno spostato da un angolo all’altro
della stessastanza ilproprio tavolodastudio.MaperMarx, cheavevacapovoltounsapere
socialecheduravadamillenni,sièdettoalmassimo:harovesciatoladialetticahegeliana’66.
Cosìcominciaatratteggiarelapropria“lineadicondotta”67MarioTronti,dicendo,inpratica,
cheilpensieromarxianononpuòpiùessereconsideratolasemplicesommadelmaterialismo
diFeuerbachedella storiahegelianaquando, invece, è statoun ribaltamento criticodiuna
“scienza”millenariacomequella“borghese”:
Lascienzaborghesesiportaincorpol’ideologiacomeilrapportodiproduzionecapitalisticotienedentrodiséla
lottadiclasse.Dalpuntodivistadell’interessedelcapitale,èl’ideologiachehafondatolascienza:perquestol’ha
64Ivi,p.4665M.Tronti,Operaiecapitale,Roma,DeriveApprodi,2013,p.12966Ivi,pp.8-967Ivi,p.7
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fondata comescienza socialegenerale.Quello cheeraprimaundiscorso sull’uomo, e sulmondodell’uomo, la
società e lo Stato, diventa sempre più, man mano che cresce il livello della lotta, un meccanismo di
funzionamentooggettivodellamacchinaeconomica.Lascienzasocialedioggiècomel’apparatoproduttivodella
societàmoderna:tutticisonodentroelousano,machinetirafuoriprofittosonosoloipadroni68
Adesso bisogna mettere nuovamente in moto il meccanismo della “scoperta” dice Tronti,
privilegiare il lato attivo e creativo del pensiero rivoluzionario, rimettendo al centro della
teoria, come soggetto della “scienza”, la classe operaia – dentro la società e contro di essa
nello stesso tempo–oppostaal capitale, intesocome“rapportosociale”.Dettoper inciso le
nuove leggi per l’azione69, che scaturiscono dalla rielaborazione teorica di Tronti, devono
avere come riferimento un “dato di fatto”: da una parte c’è la classe operaia, dall’altra la
società capitalistica, insomma, “operai contro capitale” è lo schemamoderno della lotta di
classe; ‘Nonèveroche inquestomodosisposta ilrapportodi forzea favoredelcapitale.È
veroilcontrario.Laclasseoperaiaacquistaericonoscesolocosìlasuaforzapropria,diunico
elementovivo,attivo,produttivodellasocietà,dicernieradeirapportisociali,-articolazione
fondamentale dello sviluppo economico e quindi con in pugno potenzialmente il dominio
politicogiàsulpresente’70.
Adesso,sièresonecessarioprecisarecomeil“ritornoaMarx”,al“vero”Marx,intrapresoda
Tronti, sulla traccia appena indicata, si contraddistingue per essere il completamento
dell’elaborazioneteoricadiGalvanoDellaVolpe.Secondoquest’ultimo,ilmarxismoha:
Un rapporto di continuità-superamento non già con l’idealismo hegeliano bensì con il metodo scientifico
sperimentale, la cui estensione alla sfera morale segna l’inizio dell’autocritica del sistema cristiano-borghese
moderno. Denunciando la portata romantica e mistica della critica hegeliana dell’intelletto e le implicazioni
scettichedelladialetticadellacertezzasensibile,erichiamandolatesimarxiana,secondolaqualeènellapratica
chel’uomodeveprovarelaveritàelarealtàdelsuopensiero,DellaVolpecontrapponeaunadialetticaidealistica
di astrazioni generiche, indeterminate e ipostatiche, una dialettica scientifica di astrazioni determinate o
storiche, che contempla sia il principio di contraddizione o di relazione degli opposti, senza il quale non vi è
continuità di soggetto e oggetto, sia il principio di non contraddizione, senza il quale non vi è autonomia e
determinatezzadell’oggetto.Lamarxianalogicaspecificadell’oggettospecifico,coincidenteconlastrutturadel
metodo scientifico, è alternativa sia al positivismo, che disdegna ilmomento dell’astratto, della formulazione
dell’ipotesi,siaall’idealismo,cheèincapacediconfigurareunrapportofunzionaletramateriaeragione,sensoe
intelletto71
68Ivi,p.1069Ivi,p.1270Ivi,p.1571C.Corradi,StoriadeimarxismiinItalia,Roma,Manifestolibri,2005,p.102
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Della Volpe, come si è già avuto modo di capire, è uno dei primi pensatori a “deviare”
radicalmente dalla linea gramsciano-togliattiana, storicamente la più influente per quanto
riguardailmarxismoitaliano.Convertitoalmarxismodopolasecondaguerramondiale,Della
Volpe“ritorna”direttamenteaitestimarxianioperandocosìun’interpretazione“filologica”e
rigorosa dell’opera di Marx stesso. Facendo camminare Marx sulla “retta via”, Della Volpe
riconduce il gesto originario della sua filosofia al distacco radicale da Hegel e non solo in
chiaveprogressistaerivoluzionaria.IlbersaglioprincipalediMarxèpropriol’interosistema
della logica hegeliana, la sua impostazione aprioristica e metafisica: la dialettica
“materialistica”diMarxnonè,dunque,il“rovesciamento”diquellahegelianaeneancheuna
sua correzione, la dialetticadiMarx è qualitativamente72differentedaquella diHegel, vi si
contrappone: ‘mentre la filosofia hegeliana e l’idealismo in generale ipostatizzano la realtà,
trascendendola nella teoria e nella speculazione astratta, ponendola così al riparo da ogni
critica, ilmetodomarxianohabisognodiritornareallarealtàconcretaperprovarelaverità
dellesueipotesi.Lafilosofiamarxianaèscienzanelmomentoincui,comeognialtrascienza
empirica, utilizza il “metodo sperimentale”’73. Per Della Volpe, nello specifico, il metodo
storico-sociologico“sperimentale”diMarxècaratterizzato:
Dal circolo dinamico concreto-astratto-concreto che consta “a) del concreto o datoproblematizzato (istanza
storico-materiale);b)dell’ipotesio istituzionedimedienormativenon-assolutedegli antecedentio condizioni
del conseguente dato (istanza storico-razionale); c) del criterio della pratica che convalida, ossia verifica, la
ipotesi trasmutandola in legge (istanza ultima della reciproca funzionalità storica di dato e ipotesi,materia e
ragione,induzioneededuzione)”74
In pratica, la comprensione obiettiva degli antecedenti storici e dei conseguenti problemi
dell’economiapoliticaèpossibilesolotramiteunasortediauto-criticacheprendainesamela
problematicità delle categorie utilizzate assumendo la storicità del concreto e del dato, in
questocasolamodernasocietàborghese.Lacoscienzadelpresente,allora,vieneverificatae
realizzataapartiredallamaterialitàstoricainquantocoscienzadiistanzestorico-materialie
di funzionali istanze storico-razionali che, essendo ipotetiche, hanno bisogno di essere
vagliate,direndersinormative,apartiredallamaterialitàstoricastessa75.
72Cfr. G. Della Volpe, “La teoriamarxista dell’emancipazione umana. Saggio sulla trasmutazionemarxista deivalori”,in“Opere”,I.Ambrogio(acuradi),Roma,EditoriRiuniti,1974,Vol.III,p.31273D.Gentili,Italiantheory,Bologna,IlMulino,2012,p.3174C.Corradi,StoriadeimarxismiinItalia,Roma,Manifestolibri,2005,p.10375Cfr.G.DellaVolpe, “Logicacomescienzapositiva”, in “Opere”, I.Ambrogio(acuradi),Roma,EditoriRiuniti,1974,Vol.IV,p.466
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L’incontro di Della Volpe con le opere giovanili di Marx – ne sarà uno dei più importanti
traduttoriecuratori–corona lasuatormentataricercadettatadall’esigenzadirivalutare la
positività del molteplice sensibile all’interno della teoria gentiliana dell’idea come atto e,
quindi, di riunire inunanuova sintesi razionalismoed empirismo. Prima sul terreno etico-
politico,poisuquellologico-gnoseologico,DellaVolperivendical’autonomiafilosoficadiMarx
opponendosiaitentatividiinnestarlasuitemidellariformagentilianadelladialetticaosulla
filosofiapraticadiCroce. Il “suo”Marxnonènépuramente“politico”(Croce),né“idealista”
(Gentile), è il “teorico dell’emancipazione sociale”, in pratica, il marxismo ha ben precise
ragioni morali e filosofiche oltre che economiche: basti in questo senso ragionare – rileva
DellaVolpe–sullasoppressionetotale,socialeenonsolopolitica,dell’alienazioneedicome
questasoppressionerechiinséun’originaleconcezionedellalibertàedelladignitàumaneche
rinnovaladialetticariscrivendoirapportitraeconomiaedetica,esteticaelogica.
Precisando quanto detto finora, allora, lo spirito profondo dell’opera di Marx risiede nel
concettodi “rovesciamentopratico”,diumwalzendePraxischecoincidecon la società come
rapportoconsustanzialedinaturaeuomo76,inquantorapportonondioppostimadidistinti:
lecircostanze,cioèlanatura,fannogliuominitantoquantogliuominifannolecircostanze,il
particolare (l’economia) determina l’universale (l’etica) e viceversa. Dunque, conversione
criticadiun termine “distinto”nell’altro enon conversionedogmatico-razionaledi opposti,
l’umanesimo di Marx con il rovesciamento della prassi, pur sempre intesa nell’unità del
processo storico, salvaguarda la distinzione specifica di natura e uomo, particolare e
universale,strutturaesovrastruttura.L’uomoèentegenericodeterminato,nonastrattaunità
di opposti mamateria e forma, unità di distinti. Universale concreto. L’uomo è “sociale” e
quindinonsidàinun’identitàimmediata,bensìmediatadallastoriaedall’organizzazionedel
lavoro.L’eticadiMarxsibasasuunprecisofattostorico,larivoluzionecapitalistica,cercando
dirisolvereiproblemipolitico-moraliedeconomico-scientificicheponeilcontrastotraforze
socialidiproduzioneerapportidiproprietàprivata:
Criticandol’apriorismologicoedetico,dacuidiscendonolaconcezionedell’uomocomeautocoscienzaisolata,la
svalutazionedellavorocomeattivitàservileel’impossibilitàdiconcepirelasocietà,DellaVolpecriticalalettura
gentiliana della filosofia di Marx, che stravolge il concetto di rovesciamento della prassi e non comprende il
concettodiattivitàsensibilecomesocialitàdellavoro.Concependol’attivitàdellaprassicomeattivitàoriginaria
del soggetto,Gentileannulla l’esigenzarealistico-criticadell’essenzialitàdelparticolareeconfiguraunasintesi
degli opposti illusoria “inquanto riconfluiredi unmolteplice inunaunità originaria”. Il lavorodiMarx, come
76Cfr. G. Della Volpe, “La libertà comunista. Saggio di una critica della ragion “pura” pratica”, in “Opere”, I.Ambrogio(acuradi),Roma,EditoriRiuniti,1974,Vol.IV,p.66
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istanzadilibertàcheesprimelapersonalità,nonèattopuro,autoctisioautocoscienza,bensìparticolarizzazione
effettivadell’universalechesiesprimenelprocessodiassociazioneumanaediantropologizzazionedellanatura.
Lasocialitàdell’uomo,cheèlasocialitàdellavoro,nonèununiversalepresuppostoetrascendentelastoria“ma
universaledafarsiouniversalecomeattostorico-temporale”77
Da parte sua, Tronti accetta pienamente la tesi dellavolpiana che rivendica l’originalità del
marxismo in base alla critica mossa da Marx all’apriorismo speculativo e ai conseguenti
processidiipostatizzazionechecaratterizzanolafilosofiahegeliana.DellaVolpe,però,hasolo
avviato un processo che adesso bisogna far proseguire su un piano diverso da quello
esclusivamenteteorico:
Questoprocessodisviluppoèpossibileapprofondendosempredipiùtuttigliaspettidimetododellaricerca.Ma
diventeràunprocessonecessario–cioèquestanuova logicaacquisteràun’effettivacoerenzadipensieroeuna
reale presa pratica sulle cose – soltanto quando questo metodo si scaricherà completamente nell’indagine
completa;quando la logicamaterialisticadelCapitalediventerà,dinuovo, lo strumentoperun’analisimarxista
del capitalismo. Che sarà il puntodefinitivodella sua verifica e l’inizio, a unnuovo livello, di un aspro lavoro
reale78
Selafilosofiavieneintesacome“scienza”,seilmarxismostessovieneintesocome“scienza”,
l’analisicondottanonpotràcheribadirelacorrispondenzatrasistemacapitalisticoeuntipo
disocietàdeterminato,ovveroquelloborghese.Ogni “scienza”prodottapartendodaquesta
società sarà funzionale al sistema di produzione e sfruttamento capitalistico tanto che è
possibile affermare che, ogni “scienza” prodotta a partire dalla società borghese, non è
“scienza”maideologia.Ilprocessodisviluppocapitalistico,infatti,dettailprocedimentodella
conoscenzascientifica,dunque,ilprodottoditaleconoscenzaèdaconsiderarsicomescienza
mistificatainsensofeticistico,cioèideologia:‘nell’analisidelcapitalismo,comel’ideologianon
puòcheessereborghese,cosìlascienzanonpuòcheessereoperaia’79.
La società – ribadisce Tronti – è la socialità della produzione capitalistica, il “medium” che
permette la produzioneper la produzione: il capitalismoè la societàborghese inquanto si
ponenellostessotempocomeorganizzazionedellaproduzionesocialeecomesistemadella
proprietàprivata borghese. Ènecessario, quindi, introdurreun soggetto della “scienza” che
nonsiacompromessocon l’ideologia:siègiàaccennatoal fattoche talesoggettononpotrà
cheesserelaclasseoperaia.
77C.Corradi,StoriadeimarxismiinItalia,Roma,Manifestolibri,2005,p.10078M.Tronti,“StudirecentisullalogicadelCapitale”,in“Società:rivistatrimestrale”,Vol.XVII,1961,n.6,p.90179Ivi,p.902
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Essa è l’unico “soggetto” davvero “sociale” anche se ai margini della società capitalistico-
borghese in virtù dell’istituzione della proprietà privata: attraverso la “scienza” bisogna
mettere al centro della “società” la classe operaia inmodo che “scienza” e “società” stesse
siano solo ed esclusivamente operaie, in sostanza, passare dalla teoria alla pratica
“rivoluzionaria”:
Dentro il capitalismo, infatti, il punto di vista della società non può che essere il punto di vista della classe
operaia. La stessa socialità della produzione coincide con l’esistenza storica della classe operaia. Il rapporto
sociale di produzione non è la società in astratto, è la classe operaia in concreto. Perché viva di fatto la
contraddizione tra produzione sociale e proprietà privata, occorre che esploda in tutta la sua potenza
rivoluzionarialacontraddizionedifondotraclasseoperaiaecapitalismo.L’operaiocollettivochesembravivere
in funzione del capitale come suo negativo, – è poi di fatto il dato positivo reale: l’unico in grado, quindi di
cogliereilprocessorealedellosviluppo,ecioèilrapportosocialemateriale80
L’operaio collettivo ridotto a pura e semplice funzione del processo di valorizzazione del
capitalesiportaconséoltreatutteleideologieriformistedelmovimentooperaioanchetutta
ladialetticaspeculativaborghesecontuttelesuemistificazionifeticistiche;mentre:
Lacomprensionescientificadelcapitalismopuòrimanereinmanoalpensierooperaio,soltantoacondizioneche
laclasseoperaiasiseparidalmeccanismodisviluppodelcapitalismo,sirendaindipendentedaessoeautonoma
in una propria organizzazione; si presenti cioè come classe antagonista all’intero sistema della produzione
capitalistica;einquestosenso,diventil’istanzaviventedellasocietàdifronteall’infamiadellaproprietàprivata81
La scienzadelCapitale ha il suo centronella classe operaia, quest’ultima è il vero soggetto
della società: la classe operaia è all’interno, dentro, i rapporti di produzione che le danno
esistenza storica ma si schiera contro di essi: ‘la scienza sul capitalismo, la scienza del
Capitale, è possibile solo nella prospettiva della rivoluzione socialista.Scienza e storiaè un
discorsochecadeancoratuttodentrolascienza:èlalogicadellateoria.Mac’èl’altrodiscorso:
scienza e storia che cadono tutte dentro la storia, che è la logica della pratica. La prima
presuppone un pensieromaterialista, la seconda una prassi sovversiva. Oggi, dire teoria e
praticaèpoco.Bisognadireteoriascientificaepraticarivoluzionaria’82.
80Ivi,p.90381Ibidem82Ibidem
27
Inchemodoquestacontrapposizionetraclasseoperaiaecapitalesiavisibile,riscontrabile,è
l’argomentodelprimoimportantecontributodiMarioTrontia“Quadernirossi”cioèilsaggio,
datato1962,Lafabbricaelasocietà.Per lasuaimportanza,sisenteilbisognodispecificare
meglioilcontestostorico-politicoincuiquestosaggioandòadinserirsieglieffetticheebbe,
nellospecifico,sulleposizionidelgruppodei“Quadernirossi”:
Nonostanteilciclodiaccumulazionepostbellico,moltinellasinistraitalianacontinuavanoavederenelleparole
“capitalismo” e “sviluppo” due polarità opposte. Il loro punto di vista, espresso in termini impeccabilmente
ortodossicomecontraddizionetrarapportieforzediproduzione,vedevaun’Italiarallentatanellosviluppodalle
forzestagnantidelcapitale locale,etuttaviavulnerabilealletendenzediun’economiainternazionaledominata
dalla crisi. Se altri nel Pci e Psi, respingevano questa interpretazione e ammettevano la realtà del “miracolo”
italiano,lofacevanopartendodaunapremessachenegavailegamiinestricabilitracrescitaeconomicaelogica
del capitale, e abbracciavano invece la tesi dello sviluppo tecnologico come forza autonoma e naturalmente
progressiva83
Il realismopoliticodelgruppodei “Quadernirossi”, invece,rifiutavaquesta falsadicotomia:
“capitalismo” e “sviluppo” non sono due cose distinte, al contrario, sono la stessa cosa, in
quanto, “sviluppo”, lontano dal dover essere considerato alla stregua di un generico
“progresso”odiunamera“modernizzazione”,èsemplicementelariproduzioneallargatasia
delrapportodicapitalechedellecontraddizionidiclassecheneconseguono.ÈproprioTronti
adarepienezzateoricaaquestaposizione,riportandoleanalisisullasituazione,inparticolar
modoitaliana,dellaclasseoperaiaedelcapitalismoallivello,quasiletterale,deitestidiMarx.
Alla fine della terza sezione del primo libro del Capitale, quando è ormai compiuta la
produzionedelplusvaloreassoluto,diceTronti,Marxritornaadistinguereleduefaccedella
produzione capitalistica, i due punti di vista attraverso cui si può considerare la forma
capitalisticadiproduzionedellemerci:processolavorativoeprocessodivalorizzazione.Nel
primo,l’operaionontrattaimezzidiproduzionecomecapitale,l’operaioconsumaimezzidi
produzionecomematerialedellasuaattivitàproduttiva;nelsecondo,nonèpiùl’operaioche
adopera imezzi di produzione,ma sono imezzi di produzione ad adoperare l’operaio, è il
capitalecheconsumalaforzalavoro.Adesso,èverocheil“comandosullavoro”equindisulla
forza-lavoro, sull’operaio, viene sviluppatodal capitalenelprocesso lavorativo;ma solonel
processodivalorizzazionesisviluppaquelrapportodicoercizionecheforzalaclasseoperaia
alpluslavoroedunqueallaproduzionediplusvalore.Sottolinea,atalproposito,Tronti:
83S.Wright,L’assaltoalcielo,Roma,EdizioniAlegre,2008,pp.59-60
28
Il capitale riesceacogliere, inmodosuoproprio, l’unitàdiprocesso lavorativoeprocessodivalorizzazione:e
tantopiùriesceacoglierlaquantopiùsisviluppalaproduzionecapitalisticaequantopiùlaformacapitalistica
dellaproduzionesi impadroniscedi tutte lealtresferedellasocietà, invade l’interaretedei rapporti sociali. Il
capitalepone il lavoro–edècostrettoaporlo–comecreatoredivalore,mavedepoi ilvalore–edcostrettoa
vederlo – come valorizzazione di se stesso. Il capitale vede il processo lavorativo soltanto come processo di
valorizzazione,vedelaforza-lavorosoltantocomecapitale;stravolgeilrapportotralavorovivoelavoromorto,
traforzacreatricedivaloreevalore:etantopiùriesceaquestoquantopiùriescearecuperarel’interoprocesso
lavorativosocialedentroilprocessodivalorizzazionedelcapitale,quantopiùriesceaintegrarelaforzalavoro
dentroilcapitale.Nellamistificazioneborghesedeirapporticapitalistici,questidueprocessiultimicamminano
insiemeeparallelamente,appaionoambeduecomeoggettivienecessari.Sitrattainvecedivederlidistintinella
loro unità, fino al punto da contrapporli l’uno contro l’altro come processi contraddittori che si escludono a
vicenda:levamaterialedidissoluzionedelcapitalepiantatanelpuntodecisivodelsuosistema84
Tronti,conMarx,metteinlucecheilmododiproduzionecapitalisticorappresentaasestesso
il plusvalore e il valore della forza-lavoro come parti, di medesima proporzione, della
produzione di valore; in ciò si nasconde il carattere specifico del rapporto capitalistico: lo
scambio del capitale variabile con la forza-lavoro vivente e la corrispondente esclusione
dell’operaio dal prodotto. Lo sviluppo della produzione capitalistica ripropone la falsa
parvenza di rapporto di associazione in cui l’operaio e il capitalista si dividono il prodotto
secondolaproporzionedeidifferentifattoridellasuaformazione.Secondoquestalogica,per
lasocietàborghese, ilcompensodell’operaioè il“prezzodel lavoro”cherispecchia inmodo
necessarioenaturale il “valoredel lavoro”.Dietroquest’apparenzac’è,però, lasostanzadel
rapporto reale, ma ancor di più tale apparenza è la maniera reale di far funzionare il
meccanismo di questo rapporto. ‘Esemplare, a questo proposito, è il modo in cui valore e
prezzodellaforza-lavorosipresentanonellaformatrasfiguratadelsalario’85,perchéproprio
ilmovimentodel salario sembrerebbedimostrare che a essere pagatonon è il valore della
forza-lavoromailvaloredellavorostesso:
Perlaproduzionecapitalistica,èindispensabilechelaforza-lavorosipresenticomelavoropuroesempliceeche
la forma del lavoro venga pagata sotto la forma di salario. Pensate alla seconda peculiarità della forma di
equivalente: quando il lavoro concreto diventa forma fenomenica del suo opposto, del lavoro astrattamente
umano.Nonèillavoroconcretoche,dentrolarelazionedivalore,possiedelaqualitàgeneralediesserelavoro
umanoastratto.Alcontrario:esserelavoroumanoinastrattoèlasuaproprianatura,esserelavoroconcretoè
solo la forma fenomenica o formadeterminata di realizzazionedi questa sua natura.Non è forse vero che “il
valore trasforma ogni prodotto del lavoro in un geroglifico sociale?”. Il valore della forza-lavoro esprime nel
84M.Tronti,Operaiecapitale,Roma,DeriveApprodi,2013,p.3585Ivi,p.37
29
salario,altempostesso,laformacapitalisticadisfruttamentodellavoroelasuamistificazioneborghese;cidàla
naturadelrapportocapitalisticodiproduzionerovesciata86
Illavorosipresentacosìcomelamediazionenecessariaaffinchéillavoroviventesipresenti
come parte del capitale variabile, la forza lavoro come parte del capitale. Il valore, che
rappresenta la parte retribuita della giornata lavorativa, deve apparire come valore della
giornata lavorativa complessiva. Nel salario (qualsiasi forma esso assuma nella storia),
dunque,sparisceognidivisionetralavoronecessarioepluslavoroequantopiùsisviluppala
produzionecapitalisticatantopiùtaledifferenzasirendeindistinguibile.Allostessomodosi
realizzaalsuointernol’unitàdiprocessolavorativoeprocessodivalorizzazione,dilavoroe
forza-lavoro, di capitale costante e capitale variabile e quindi di forza-lavoro e capitale: ‘il
salarioènient’altrocheillavorosalariatoconsideratodaunaltropuntodivista.Ilcarattere
determinato che ha il lavoro come agente di produzione, appare nel salario come
determinazionedelladistribuzione, il salariopresuppone il lavorosalariatocome ilprofitto
presuppone il capitale’87. Attraverso il “salario” si supera effettivamente la distinzione tra
produzione, anche nel senso di “consumo”, e distribuzione (“produzione” e “distribuzione”
vengonomediatedalmomentodello “scambio”), infatti, formedeterminatedidistribuzione
presuppongono determinate caratteristiche sociali delle condizioni di produzione e
determinatirapportisocialitragliagentidellaproduzione,nelsensocheirapportieimodidi
distribuzioneappaionocomeilrovesciodegliagentidiproduzione:
Produzione,distribuzione, scambioe consumononsono identici: si rappresentano tutti come “membridiuna
totalità,differenzenell’ambitodiunaunità”.Equestaunitàsicomponeinun“insiemeorganico”:edèchiaroche,
all’interno di questo insieme organico, i diversi momenti esercitano tra loro un’azione reciproca. Anche la
produzionenellasuaformaunilaterale,èdeterminatadaglialtrimomenti.Ma“laproduzioneabbracciaesupera
tanto se stessa, nella determinazione antitetica della produzione, quanto gli altri momenti”. È da essa che il
processo ricomincia sempredinuovo. “Unaproduzionedeterminaquindiun consumo,unadistribuzione,uno
scambiodeterminati,nonchéideterminatirapportitraquestidiversimomenti88
Laproduzionediplusvalorericeve,inoltre,nuovedeterminazioninelprocessodicircolazione.
Latrasformazionedelpluslavoroinprofittoèdeterminatatantodalprocessodiproduzione
quantodaquellodellacircolazione:maquestatrasformazioneèsololosviluppoulterioredi
quelrovesciamentodirapportichesiègiàverificatonelprocessodiproduzione‘quandotutte
86Ibidem87Ivi,p.3888Ivi,p.39
30
le forzeproduttive soggettive del lavorosi sonopresentate come forzeproduttiveoggettive
delcapitale’89.Aquestopuntodovrebbeesserechiara lamistificazioneoperatadalmododi
produzione capitalistico che trasforma i rapporti sociali in proprietà delle cose e lo stesso
rapportodiproduzioneinunacosa,nelsensoche,inbasealmododiproduzionecapitalistico,
l’esistenza del prodotto in quanto merce, e della merce in quanto prodotto del capitale,
implical’oggettivazionedelledeterminazionisocialidellaproduzioneelasoggettivazionedei
fondamentimaterialidellaproduzionestessa.Nelcapitale,nellesuedeterminazionidivoltain
volta successive, questomondo “capovolto” si impone sempredi più. Infatti, la tendenza al
valoreealplusvaloreportaallaricercadiunariduzionesempremaggioredeltempodilavoro
necessario alla produzione di una merce (cioè a una riduzione del suo valore). Il capitale
tendea ridurresemprepiù ildiretto impiegodel lavorovivente,ad “economizzarlo” finoai
limiti dell’indispensabile (riducendo così il capitale costante applicato): ‘un aumento del
saggio di profitto, oltre che da uno sfruttamento piùmoderno della produttività del lavoro
socialeimpiegatonellaproduzionedicapitalecostante,deriva“dall’economianell’impiegodel
capitalecostantestesso”.Equestaeconomia,asuavolta,diventapossibilesullabasedellapiù
altaconcentrazionedeimezzidiproduzione,chesolapuòdarluogoallaloroutilizzazionedi
massa’90.Lecondizionidiun’economiadiproduzionesulargascaladerivanodalfattochetali
condizionioperanocomefattoridilavorosociale,dilavorosocialmentecoordinato,cioècome
fattori sociali del lavoro, tuttavia, l’economia di capitale costante, in quanto strumento
specifico per il rialzo del saggio del profitto, appare al capitalista come aspetto estraneo
all’operaioetotalmenteinfunzionedelcapitale.
In sostanza, l’economia di capitale costante diventa “funzione” del capitalista mentre
l’operaio, considerando l’apparenza dei fatti dietro cui si cela la struttura del fenomeno in
questione, si avverte come esteriore, estraneo rispetto alle condizioni del suo lavoro,
dell’impiegoeconomicorazionaledisestessocomelavorovivente,forza-lavoro:
Così attraverso l’immediata natura sociale del lavoro si estende e si approfondisce il dominio sempre più
esclusivo del capitale sulle condizioni del lavoro; e, attraverso questo dominio, con l’impiego sempre più
razionale di tutte le condizioni della produzione, si sviluppa e si specifica lo sfruttamento capitalistico della
forza-lavoro. Imezzi di produzione, da questomomento in poi, non sono più soltantoproprietàoggettiva del
capitalista, ma funzione soggettiva del capitale. L’operaio che si scontra con essi nel processo di produzione,
proprio per questo, li riconosce ormai soltanto come valori d’uso della produzione, strumenti emateriale del
lavoro.L’operaio,cioè,tornaavederel’interoprocessodiproduzionedalpuntodivistadelprocessolavorativo
89Ivi,p.4090Ivi,p.41
31
semplice.L’unitàdiprocessolavorativoeprocessodivalorizzazionerestanellemanidelsolocapitale;l’operaio
riesce a cogliere ormai la globalità del processo di produzione soltanto attraverso lamediazione del capitale:
forzalavorononpiùsoltantosfruttatadalcapitalista,maintegratadentroilcapitale91
Lo sviluppo del capitalismo è lo sviluppo dello sfruttamento capitalistico, dice Tronti, ma
quest’ultimoportaconselosviluppodellalottadiclasse.Asuavoltalalottadiclasseoperaia
ha costretto il capitalismo a modificare la forma del suo dominio; ossia la pressione della
forza-lavoro può riuscire a costringere il capitale a modificare la sua stessa composizione
interna,‘intervienedentroilcapitalecomecomponenteessenzialedellosviluppocapitalistico;
spinge in avanti , dall’interno, la produzione capitalistica, fino a farla trapassare
completamenteintuttiirapportiesternidellavitasociale’92.
D’altra parte, l’obiettivo centrale del saggio di Tronti era quello di delineare gli enormi
cambiamenti che la generalizzazionedelplusvalore relativonella formadel capitale sociale
aveva indotto nella società capitalistica. Caso emblematico: la Gran Bretagna a metà del
diciannovesimosecolo,doveicapitaliindividuali,dietrolaspintadelcapitalistacollettivoda
unaparteedell’operaiocollettivodall’altra,dopouninterventoviolentodelloStato,sierano
trovaticostrettiadaccorciarelagiornatalavorativa:
ComeMarxavevadimostratonelprimovolumedelCapitale, la rispostadel capitale industrialebritannicoera
statal’intensificazionedell’estrazionediplusvalore“scomponendoericomponendo”ilrapportotralavorovivoe
lavoromorto.Questarivoluzionenelletecnichediproduzioneavevaincoraggiatoenormementelosviluppoela
predominanzafinaledell’industriabasatasuunmacchinarioingradodiprodurresulargascala93
Daquestopuntosipuò farripartire il ragionamentodiTrontichericordacome losviluppo
capitalisticosiaorganicamente legatoallaproduzionedelplusvalorerelativo, comeessosia
organicamente legato a tutte le vicende interne del processo di produzione capitalistico, a
quell’unità distinta ma sempre più complessa tra processo lavorativo e processo di
valorizzazione. Quanto più avanza lo sviluppo capitalistico, quanto più si estende la
produzione del plusvalore relativo, tanto più si chiude il circolo produzione-distribuzione-
scambio-consumo, tanto più cioè ‘si fa organico il rapporto tra produzione capitalistica e
societàborghese,trafabbricaesocietà,trasocietàeStato’94.
91Ivi,p.4292Ivi,p.4393S.Wright,Assaltoalcielo,Roma,EdizioniAlegre,2008,p.6094M.Tronti,Operaiecapitale,Roma,DeriveApprodi,2013,p.48
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Nelmomentodimaggioresviluppodelcapitalismo,ilrapportosocialediventamomentodel
processoproduttivo,lasocietàdiventaun’articolazionedellaproduzione,cioètuttalasocietà
vive in funzione della fabbrica e la fabbrica estende il suo dominio esclusivo su tutta la
società: ‘quando la fabbrica si impadroniscedell’intera società – l’interaproduzione sociale
diventaproduzioneindustriale–alloraitrattispecificidellafabbricasiperdonodentroitratti
genericidellasocietà,quandotuttalasocietàvieneridottaafabbrica,lafabbrica–inquanto
tale–sembrasparire’95.Nelrapportosocialediproduzionecapitalisticolasocietàèmezzoe
la produzione è fine: il capitalismo è produzione per la produzione. In questo senso il
rapportosocialenonèmaislegatodalrapportodiproduzionecheasuavoltasiidentificacol
rapportosocialedifabbrica:
É lo stesso sviluppo capitalistico che tende a subordinare ogni rapporto politico al rapporto sociale, ogni
rapporto sociale al rapporto di produzione, ogni rapporto di produzione al rapporto di fabbrica; perché solo
questo gli permette poi di cominciare, dentro la fabbrica, il cammino inverso: la lotta del capitalista per
scomporreericomporreapropriaimmaginelafiguraantagonistadell’operaiocollettivo96
Allora, il compito storico attuale della classe operaia diventa quello di cominciare la lotta
generalecontroildominiocapitalisticomettendoincrisilasocietàborghesedall’internodei
meccanismi di produzione capitalistica. La necessità della classe antagonista è quella di
ricomporre la figuramaterialedell’operaiocollettivocontro i tentatividi scomporlaoperati
dal capitale. Ai tentativi del capitalista di contrapporre lavoro e forza-lavoro all’interno
dell’operaio collettivo, sarà necessario rispondere contrapponendo forza-lavoro e capitale
all’internodelcapitalestesso.Ilmassimalismodelpassatoconcepivaquestacontrapposizione
dall’esterno,vedevalaclasseoperaiafuoridalcapitale,invece:
Laclasseoperaiadevescoprirematerialmentesestessacomepartedelcapitale,sevuolecontrapporrepoitutto
il capitale a se stessa. Deve riconoscersi come un particolare del capitale, se vuole presentarsi come suo
antagonistagenerale.L’operaiocollettivosicontrapponenonsoloallamacchina,inquantocapitalecostante,ma
alla forza-lavoro stessa, in quanto capitale variabile. Deve arrivare ad avere come proprio nemico il capitale
totalequindianchesestesso inquantopartedel capitale. Il lavorodevevederecomeproprionemico la forza
lavoro,inquantomerce.Èsuquestabase,chelanecessitàdelcapitalismodioggettivaredentroilcapitaletuttele
potenzesoggettivedellavoro,puòdiventaredapartedell’operaio,ilmassimoriconoscimentodellosfruttamento
95Ivi,p.4996Ivi,p.51
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capitalistico. Il tentativo di integrazione della classe operaia dentro il sistema è quello che può provocare la
rispostadecisivadellarotturadelsistema,portandolalottadiclassealsuolivellomassimo97
Lamerce forza-lavoroè laparte attivaper eccellenzadel capitale, la sededi ognidinamica
capitalistica. Protagonista non solo nella riproduzione allargata del processo di
valorizzazione,maneicontinuirivolgimentidelprocessolavorativo:
Le stesse trasformazioni tecnologiche vengono dettate e imposte dallemodifiche intervenute nel valore della
forza lavoro. Cooperazione,manifattura, grande industria non sono che “metodi particolari di produzione del
plusvalore relativo”, forme differenti di quell’economia di lavoro, che provoca, essa, a sua volta, imutamenti
crescentinellacomposizioneorganicadelcapitale98
Tantopiùavanzailcapitalismo,quantopiùilcapitalistacollettivohabisognodivederetuttoil
lavoroall’internodelcapitale:controllaretuttiimovimentidellaforzalavoro,programmarea
lungotermineilrapportocapitalelavoro,invistadellastabilitàdelsistemasociale.Quandoil
capitalehaconquistato tutti i territoriesterniallaproduzionecapitalistica,essocomincia la
propria colonizzazione interna; solo a questopunto, si puòdire, comincia il vero e proprio
sviluppo capitalistico. Al processo di oggettiva capitalizzazione delle forze soggettive del
lavoro deve accompagnarsi la dissoluzione dell’operaio collettivo, ma anche dell’operaio
stesso che diventa proprietà del meccanismo di produzione, funzione del capitalista.
L’integrazione della classe antagonista al suo interno diventa di necessità vitale per il
capitalismo, il rifiuto operaio di questa integrazione impedisce al sistema di funzionare:
‘diventa possibile una sola alternativa: stabilizzazione dinamica del sistema o rivoluzione
operaia’99. In ultima analisi, la classe operaia dentro il capitalismo è l’unica contraddizione
insolubile del capitalismo stesso; come dicevamo all’inizio del paragrafo: operai “contro” il
capitale;siaggiunga,“dall’internodelcapitalestesso”.
VI.Macchineecapitale
Agli inizideglianni60ancheRanieroPanzieri, l’inspiratoredellarivista“Quadernirossi”,si
distinguevaperunnuovoapproccioall’operadiMarx.Natonel1921,lasuaprimaformazione
intellettuale, a differenza di quella più comune alla sua generazione, non comprendeva né
l’idealismonélostoricismo.Sindaisuoiprimiscrittisipuònotareilforteproponimentoafar97Ivi,p.5298Ibidem99Ivi,p.53
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avanzare in Italia una cultura “autenticamente”marxista. Verso la finedegli anni40, e non
può essere un caso, lavorò a stretto contatto (si conobbero all’Università di Messina) con
GalvanoDallaVolpe.Comesiègiàavutomododivedere,ilmaggiorecontributodiDallaVolpe
alla cultura italiana di sinistra fu la ricostruzione delmetodo di indagine diMarx a partire
propriodaitestimarxiani.Giustoperricapitolare,DellaVolpeesprimevaammirazioneperil
progresso che la scienza positiva (sotto il capitale), attraverso l’applicazione del metodo
sperimentale di Galileo, aveva raggiunto nell’elaborazione di spiegazioni coerenti dei
fenomeninaturali.Tuttavia,laborghesiaeraincorsainunclamorosoinsuccessoalmomento
diapplicareilmetodosperimentaleairapportisociali,scoprendosiincapacedicomprendere
lerelazionidiclassedeterminatedaldominiosul lavorodelcapitalestesso.Noneratantoil
carattere sperimentale della scienza che impediva di superare tale limite e neanche la
presunta inapplicabilità del metodo scientifico alle discipline “morali”, semmai si doveva
rilevare l’incapacità della classe dominante di pensare i rapporti di produzione capitalistici
diversamente da qualcosa di immutabile ed eterno. Marx, invece, ha scoperto la natura
profondamente storica del capitale perché è rimasto fedele alla logica scientifica rifiutando
ogni apriorismo,diceDellaVolpe, facendo “astrazionedeterminata” (ipotesi chepartedalla
concretezzadellastoria)evagliandotaleastrazioneapartiredallasua“materialitàspecifica”.
Intalmodo,Marxnonconfondevaconcettoerealtàcomeaccadevaalcontrarionellafilosofia
speculativa di Hegel: la sua elaborazione si mostrava come un circolo metodologico di
induzioneededuzionemaanchecomeconcretocircolodinamico-storico.
Applicare la scienza alla moderna società capitalistica, perché è esclusivamente di
quest’ultimacheMarxèinteressatoascoprirele“leggi”,nonerasolountentativodifondare
una “economia sociologicamaterialistica”100, una “sociologiamaterialista”, cioè una scienza
della formazione economico sociale borghesemoderna,ma anche un colpo ben assestato a
ogni teoria pseudo-metafisica che volesse comprendere il funzionamentodella realtà senza
confrontarsi con essa. Con insistenza, i temi principali di Della Volpe ricorreranno tra le
paginedei“Quadernirossi”,anchesequalchevoltaildebitoneisuoiconfrontiverràcontratto
e saldato inmodocontroverso101.Andandooltrequestaprecisazione, tuttavia, si ègiàvisto
come l’elaborazione dellavolpiana abbia notevolmente pesato su quella di Mario Tronti,
adesso,nonsipotrànonrilevarnel’importanzaancheperquantoriguardaquelladiRaniero
Panzieri.
100S.Wright,L’assaltoalcielo,Roma,EdizioniAlegre,2008,p.46101Ivi,p.47-50
35
Quest’ultimo, sempre nei primi anni 60, riscopre testi marxisti allora largamente ignorati
comelaIVsezionedelprimolibrodelCapitale,il“Frammentosullemacchine”deiGrundrisse,
e grazie ai concetti di “sussunzione formale” e “sottomissione reale del lavoro al capitale”,
conduce un’indagine sui processi di trasformazione economico sociale che scandiscono
l’evolversidell’organizzazionetayloristaefordistadellavoro.Ècosìchenasconoiconcettidi
“operaio massa”, tecnicamente dequalificato rispetto all’operaio “di mestiere”, e
“composizionedi classe” cioè ilnesso che lega i connotati oggettividella forza-lavoro inun
certomomentostoricoe isuoiconnotatipoliticiesoggettivi.Nell’elaborazionediPanzieriè
ben chiaro l’intreccio di tecnica, scienza e potere così come il passaggio dalla fase del
capitalismoconcorrenzialealneocapitalismopianificatore,perquestoilmarxismovienevisto
comeunascienzapoliticapiù“sociologica”che“economica”.Dettoquesto,èfacileintendere
cheiprincipalibersaglipolemicidiPanzierisonotutteleteoriedella“societàopulenta”che
teorizzano la finedei conflitti sociali, cheprevedono la pacificazionedelle tensioni operaie,
grazieallaterziarizzazioneealladiffusionedellepolitichesulmodellodel“WelfareState”di
keynesianamemoria.Comesièvisto inTronti, anche inPanzieri “sviluppo”e “capitalismo”
sonolastessacosa.Daquilacriticaaogniposizionemarxistachecelebralarazionalitàdello
sviluppocapitalistico–sullabasedellapresuntacontraddizionetrasocializzazionedelleforze
produttiveerapportidiproprietàprivataediscambio–confondendoilcapitalismoconuna
sortadianarchiamercantileodiiniquadistribuzionedellaricchezzaequindigiustificandola
mitologiadello“stadioultimodelcapitalismo”.
La concezione che vede nel progresso delle forze produttive qualcosa di neutrale è un
inganno; il rapporto di produzione capitalistico si nasconde nelle stesse esigenze del
macchinario:
Nellafabbricaautomatica,lapianificazionecapitalisticadelprocessoproduttivoraggiungeilsuogradopiùalto
di sviluppo; la legge del plusvalore qui sembra poter funzionare illimitatamente, dacché, “mediante la sua
trasformazioneinmacchinaautomatica,ilmezzodilavorosicontrapponeall’operaiodurantelostessoprocesso
lavorativo quale capitale, quale lavoro morto che domina e succhia lavoro vivente” e “l’abilità parziale
dell’operaio meccanico individuale svuotato scompare come un ultimo accessorio dinanzi alla scienza, alle
immaniforzenaturalieallavorosocialedimassachesonoincarnatinelsistemadellemacchineecheconesso
costituisconounpoteredelpadrone”102
102R.Panzieri,Lotteoperaienellosviluppocapitalistico,Torino,Einaudi,1976,p.63
36
Losviluppotecnologicononpuòesserescorporatodall’articolazionedeldominiocapitalistico
(sempre) insito nei rapporti di produzione; le stesse forze produttive sono plasmate dal
capitale per cui la stessa organizzazione del lavoro è il luogo del dominio capitalistico.
Dunque, è impossibile analizzare “scienza” e “tecnica” considerandole solo come elementi
neutralinellosviluppodelleforzeproduttiveinsérazionaleeseparatodalsociale.
FanotarePanzieri,seguendoMarx: ‘nelperiodoinizialedellalorointroduzione,lemacchine
produconoplusvalorenonsoltantosvalutandolaforza-lavoromaancheperchétrasformanoil
lavoro impiegato dal loro possessore “in lavoro potenziato”, aumentando il valore sociale
dellamacchinaaldisopradelsuovaloreindividualeemettendointalmodoilcapitalistain
gradodireintegrareilvaloregiornalierodellaforza-lavoroconunaparteminoredivaloredel
prodotto giornaliero’. In questa situazione, si hanno profitti straordinari per i capitalisti
possessori di macchine (e si può dire che è proprio la prospettiva di questi profitti
straordinari che dà il primo e necessario impulso alla macchinofattura). La grandezza del
profitto così realizzato ‘istiga la brama di un profitto anche maggiore; ne consegue un
prolungamento della giornata lavorativa’ 103 . L’aumento della produttività conseguente
all’introduzione delle macchine riesce a estendere il pluslavoro diminuendo il lavoro
necessario,talerisultatoèraggiuntodiminuendoilnumerodeglioperaiimpiegatidaundato
capitale. Tuttavia, l’incremento del plusvalore relativo non riesce a compensare la
diminuzione di plusvalore determinata dalla diminuzione degli operai: la contraddizione
viene risolta dal capitalista aumentando il plusvalore assoluto, cioè allungando la giornata
lavorativa.Alprolungamentopotenzialmenteillimitatodellagiornatalavorativasiopponela
“resistenzaoperaia”chepoièresistenzadellasocietàminacciataalivellovitale,biologico; il
capitale reagisce allora esaltando un altro aspetto dei processi di sfruttamento connessi
all’uso delle macchine: l’intensificazione del lavoro. Il sistema capitalistico, dunque, si
sviluppainsensotecnologicoperconsolidarelearticolazionidelsuodominio:
Siverificanoallora i fenomenitipicidellagrande industriacapitalistica:“lamacchinadiventaalloranellemani
delcapitaleilmezzoobbiettivoesistematicamenteapplicatoperestorcereunaquantitàmaggioredilavoronel
medesimotempo.Equestoavvieneinduplicemaniera;mediantel’aumentodellavelocitàdellemacchine[tempi]
e mediante l’ampliamento del volume di macchinario da sorvegliare da uno stesso operaio [organici]”.
Ovviamente,aquestolivelloilrapportotraperfezionamentidellemacchineeprocessidivalorizzazionediviene
ancora più intimo: esso in parte è necessario per esercitare una pressione maggiore sugli operai, in parte
accompagna “spontaneamente” l’intensificazione del lavoro, dacché il limite posto alla giornata lavorativa
costringe il capitalista all’economia più rigorosa nei costi di produzione. Così si compie il passaggio dalla
103Ivi,p.64
37
sussunzione formale del lavoro sotto il capitale alla sua sussunzione reale. Il tratto distintivo di questa è
precisamentela“necessitàtecnica”.Allorchél’usodellemacchineègeneralizzato,sulargascalaeintuttiirami
dellaproduzione,allivellodiproduzionedirettailcapitalismoèdispotismoesercitatoinnomedellarazionalità;
il vecchio sogno “scientifico” delperpetuummobile, di unmovimento ottenuto senza spese di lavoro, sembra
realizzarsiconilmassimosfruttamentodellaforza-lavoroelamassimasottomissionedell’operaioalcapitalista
(nellaunionediquestidueterminièl’espressionedellaleggedelplusvalore)104
PerPanzierinonsipuòteorizzarealcunlimiteintrinsecoallosviluppocapitalisticodelleforze
produttive in quanto lo sfruttamento non risiede tanto nei rapporti di distribuzione ma
piuttostoèconnessoalcomandocapitalisticodeirapportidiproduzione.Quindi,nonesiste
alcun limite intrinseco allo sviluppo del capitale perché l’unica costante del modo di
produzionecapitalisticoè‘lacrescita(tendenziale)delpoteredelcapitalesullaforza-lavoro’e
l’unico limite al capitale è la ‘resistenza della classe operaia’105. Tanto per ribadire quanto
dettofinora,siriepilogaconleparolediPanzieri:
Di fronte all’intreccio capitalistico di tecnica e potere, la prospettiva di un uso alternativo (operaio) delle
macchinenonpuò, evidentemente, fondarsi sul rovesciamentopuroe semplicedei rapportidiproduzione (di
proprietà), concepiti comeun involucro che a un certo gradodella espansionedelle forze produttive sarebbe
destinatoacaderesemplicementeperchédivenutotropporistretto:irapportidiproduzionesonodentroleforze
produttive,questesonostate“plasmate”dalcapitale.Èciòcheconsenteallosviluppocapitalisticodiperpetuarsi
anchedopochel’espansionedelleforzeproduttiveharaggiuntoilsuomassimolivello.Laregolazionesocialedel
processo lavorativo si presenta allora immediatamente come un tipo di pianificazione contrapposta alla
pianificazionecapitalistica106
Alprocessocapitalisticoèconnaturatoilprogressotecnologico,unasuccessionesemprepiù
rapida di invenzioni e scoperte. In nessun modo, tuttavia, questa successione favorisce
l’operaio, semmaiaumenta ildivario sociale traquest’ultimoe il capitalistanel sensoche il
progresso favorisce l’aumento del capitale e rende sempre più stretta la dipendenza del
lavoro dal capitale. Più rapidamente aumenta il capitale ‘altrettanto migliora la situazione
materialedellaclasseoperaia.Equantopiùilsalarioèlegatoall’aumentodicapitale,tantopiù
direttoèilmutevolerapportodidipendenzadellavorodalcapitale.Ossia,nellamisuraincui
miglioralacondizionedell’operaio,peggioralasuasituazionesociale’107.
104Ivi,p.66105Cfr.C.Corradi,StoriadeimarxismiinItalia,Roma,Manifestolibri,2005,p.139106R.Panzieri,Lotteoperaienellosviluppocapitalistico,Torino,Einaudi,1976,pp.66-67107Ivi,p.16
38
Il rapporto tra salario e capitale è immediato e le condizioni del progresso tecnologico che
determinano il cosiddetto “sviluppo” stringono sempre di più questo rapporto. All’operaio
vieneconcessosoltantodiaccrescerelaricchezzadelcapitalista:piùlaforza-lavoro,percosì
dire, si impegna per aumentare la ricchezza della borghesia, migliori vengono rese le
condizioni in cui essa lavora. Il sistema del lavoro salariato è, insomma, nient’altro che
“schiavitù”;unaschiavitùchediventapiùduratantoquantosisviluppanoleforzeproduttive
sociali e la socializzazione del lavoro. In quest’ottica, rileva Panzieri, non esiste alcuna
tendenza immanente al superamento della divisione del lavoro, al contrario il processo
produttivocapitalisticosisviluppaneisuoivaristadistoricicomeprocessodisviluppodella
divisione del lavoro, e il luogo fondamentale di questo processo è la fabbrica: ‘la
contrapposizionedellepotenzeintellettualidelprocessomaterialediproduzioneaglioperai,
comeproprietànonloroecomepoterechelidomina,èunprodottodelladivisionedellavoro
di tipo manifatturiero. Questo processo di scissione comincia nella cooperazione semplice,
dove il capitalista rappresenta l’unità e la volontà del corpo lavorativo sociale; si completa
nellagrandeindustriacheseparalascienza,facendoneunapotenzaproduttivaindipendente
dal lavoro, e la costringe a entrare al servizio del capitale’108. Lo sviluppo della tecnologia,
lungidall’essereuncaso,diventaunatappafondamentaledellosviluppocapitalistico.Infatti,
per quanto il lavoro sia parcellizzato, a fondamento della manifattura c’è ancora l’abilità
artigiana,lamanifatturahauna“basetecnicaristretta”109;ilsuomeccanismocomplessivonon
possiede una struttura oggettiva indipendente dal lavoratore: per questo il capitalista è
sempreinlottacontrol’insubordinazionedeglioperai.L’introduzionedellemacchinesuvasta
scalasegnailpassaggiodallamanifatturaallagrandeindustria:
La tecnologia incorporata nel sistema capitalistico insieme distrugge “il vecchio sistema della divisione del
lavoro”eloconsolida“sistematicamentequalemezzodisfruttamentodellaforza-lavoroinunaformaancorpiù
schifosa”. Dalla specialità di tutta una vita, consistente nel maneggiare uno strumento parziale, si genera la
specialità di tutta una vita, consistente nel servire una macchina parziale. Così, non solo diminuiscono
notevolmentelespesenecessarieallariproduzionedell’operaio,maallostessotemposicompletalasuaassoluta
dipendenzadall’insiemedellafabbrica,quindidalcapitalista”.Lostessoprogressotecnologicosipresentaquindi
comemododiesistenzadelcapitale,comesuosviluppo110
108Ivi,p.4109Ibidem110Ivi,p.5
39
Il dispotismo capitalistico, allora, nella forma di razionalità tecnologica e nella sfera della
produzione diretta, a livello di “fabbrica”, emerge come tendenza alla pianificazione della
produzionedelplusvalore:
Il processo di industrializzazione, via via che si impadronisce di stadi sempre più avanzati di progresso
tecnologico,coincideconl’incessanteaumentodell’autoritàdelcapitalista.Colcresceredelvolumedeimezzidi
produzione,contrappostiall’operaio,crescelanecessitàdiuncontrolloassolutodapartedelcapitalista.Ilpiano
del capitalistaè la figura ideale concui aglioperai salariati si contrappone “la connessione tra i loro lavori” –
“praticamente, il piano è l’autorità del capitalista, potenza d’una volontà estranea”. Dunque strettamente
connessoallosviluppodell’usocapitalisticodellemacchineèlosviluppodellaprogrammazionecapitalistica.Allo
sviluppo della cooperazione, del processo lavorativo sociale, corrisponde, nella direzione capitalistica, lo
sviluppodelpianocomedispotismo.Nella fabbrica ilcapitaleaffermainmisuraviaviacrescente ilsuopotere
“come privato legislatore”. Il suo dispotismo è la sua pianificazione, “caricatura capitalistica della regolazione
socialedelprocessolavorativo”111
L’appropriazionedellascienzaedellatecnicadapartedelcapitale,allora,deveesserelettain
funzione del piano che, dalla fabbrica, tende a estendersi all’intera società: ‘i processi di
razionalizzazioneaziendale,diintegrazionedellaclasseoperaia,diriconduzionedelcapitale
variabile alle necessità del capitale costante, corrispondono alla sempre maggiore
pianificazionecapitalisticanellasferadelloscambio,delladistribuzione,delconsumo’112.Per
le ideologie neocapitalistiche questo fenomeno di integrazione tra fabbrica, società civile e
StatovienelettoinchiavediformazionediunoStatointerclassistaediscomparsadellostesso
capitalismo (e della conseguente contrapposizione di classe) in virtù della nascita di una
“società del benessere” in cui tocca solo amministrare la ricchezza. Per Panzieri, invece, ‘lo
Stato non si limita più a mediare i conflitti intercapitalistici ma tende a porsi come il
rappresentante diretto del capitalista collettivo; il capitalismo tende a diventare invisibile
perché l’interessedel capitale siponecomecoincidenteconquellodell’intera societàma lo
sviluppodeiservizisignificaanchelageneralizzazionedellacondizioneoperaiaanuovistrati
socialicomeitecniciegliintellettuali’113.DicePanzieri:
Ilmeccanismodelpianocapitalistico(ilsuocaratteredispotico)tendeaestendersieaperfezionarsinelcorso
dellosviluppocapitalistico,siaperl’esigenzadicontrollareunamassasemprecrescentediforza-lavoro,equindi
111Ivi,p.6112C.Corradi,StoriadeimarxismiinItalia,Roma,Manifestolibri,2005,p.140113Ibidem
40
ilcrescentepoterediresistenzadeglioperai,siaperlacrescitadeimezzidiproduzionecherichiede,asuavolta,
unacorrispondentecrescitadelgradodiintegrazionedella“materiaprimavivente”114
Il capitale, ricapitolando,hasemprepiùbisognodigarantirsidall’insubordinazioneoperaia,
cosìcomehabisognodigarantirsiunapossibilitàproduttivanellasferadelladistribuzionee
del consumoa lungoperiodo, ilpiù lungopossibile.Perquestomotivo,nel suoprocessodi
sviluppo, tendea integraresemprepiù i termini cheneiprimi stadieranoscissi tra loro, le
sfereindipendentidifabbrica,societàcivileeStato.Ilcapitaletendeaintegrarequestesfere
tra loro, a farne una sola (purmantenendo i caratteri specifici di ciascuna): estendendo la
legge di produzione del plusvalore, dalla fabbrica all’intera società, il capitalismo sembra
scomparire,inrealtàharaggiuntol’obiettivodellapianificazionegeneralizzata.
Itrattidiquest’analisi,comesonoravvisabiliinTrontieinPanzieri,riemergerannoarricchiti
dinuove istanzeanche inToniNegri.Duranteglianni60,comeabbiamogiàavutomododi
vedere,Negripartecipaall’esperienzadi “Quaderni rossi” epoiaquelladi “Classeoperaia”.
Tuttavia,purmuovendosi,durantequestodecennio,all’internodiunaprospettivaoperaista,
che inqualchemodoèpossibiledefinire “classica”, “tradizionale”, con l’approssimarsi della
contestazionestudentesca,Negrimatureràunapropria“deviazione”.
VII.Ildispositivo“crisi”
Tale deviazione si concretizzerà in una vera e propria presa di distanza nel 1968, quando
Negrilasceràladirezionedellarivista“Contropiano”,cioèl’ultimotentativoditenereinsieme
il nucleo originario dell’operaismo come si era determinato a partire da “Quaderni rossi”,
passando per “Classe operaia”. Tuttavia, nell’ultimo articolo che scrive prima di lasciare
“Contropiano”,intitolato“Marxsulcicloelacrisi”,Negripartecipaaldibattito,comesièvisto
moltosentitogiànell’ambientedei“Quaderni”,sultemadello“sviluppo”.IldistaccodiNegri
dalle posizioni di Tronti, con Panzieri d’altra parte non c’eramai stata una vera e propria
condivisioneteorica,ègiàevidente,anchese,soloapartiredaglianni70, l’elaborazionedel
nostrosirenderàautonomadaquelladegliimportantimaestri115.
In “Marx sul ciclo e la crisi” il concetto fondamentale per comprendere lo “sviluppo” del
capitalismo, ravvisato daNegri, è proprio quello di “crisi”. È in essa che si rivela la natura
fondamentalmentedualisticaeantagonisticadellasocietàcapitalistica:
114R.Panzieri,Lotteoperaienellosviluppocapitalistico,Torino,Einaudi,1976,p.59115G.Totta,F.Milana(acuradi),L’operaismodeglianniSessanta,Roma,DeriveApprodi,2008,p.815
41
Quali sono dunque i punti fondamentali, o almeno i più singolari ed illuminanti, attorno a cui si articola la
coscienzacriticadelcapitaleinriferimentoaltemadellosviluppo?Sembrache,nell’economiapolitica,laprima
caratterizzazionedeltemasiagenetica: il temacioèèessenzialmentecaratterizzatodallecircostanzeentrocui
acquista luogo centrale nel dibattito. Ciò avviene in quel momento cruciale del riorientamento del pensiero
socialeborghesechesiapreneglianniattornoallagrandecrisi.Losviluppoèquiriconosciutocomel’alternativa
alla crisi: meglio, lo sviluppo è, deve essere la nuova forma del ciclo capitalistico. Ora questa linea teorica e
politica nasce dalla esperienza fondamentale che la crisi impone alla coscienza capitalistica: l’esperienza
dell’essenzadualisticadelprocessoeconomicoedelleforzeantagonistichecheinessooperano116
Per il capitalismo la crisi non è solo una situazione “aperta” ma anche e soprattutto uno
strumento che, di volta in volta, viene utilizzato per superare, attraverso una sorta di
aufhebung,l’antagonismocheèpropriodelsistemastesso: inquestosensolo“sviluppo”èil
modo incui il sistemadiproduzionecapitalisticosupera lacrisie ristabilisce i rapportidel
ciclodiproduzioneaunlivellopiùalto.ComescriveNegri:‘l’alternativaallacrisièquindilo
sviluppo inteso come regolamentazione dinamica del processo, come soluzione del suo
movimento dualistico’117. Nello svolgersi di questa “regolamentazione dinamica” emerge il
momentonegativochenonèaltrochelaclasseoperaiaimpegnatanella“lottadiclasse”che,
come insegna Tronti, è il motore del capitalismo: non dunque lo sviluppo come tensione
risolubileversounlimitediequilibriomacomeprocessodeltuttoaperto,sviluppodisoggetti
conflittuali, non armonia posta da una “mano invisibile”. Se lo schemadello sviluppopotrà
porgere un modello di equilibrio, questo sarà allora posto nei termini di un progetto di
scontroesoluzionedelrapportofondamentale,di‘tensionepoliticaattornoall’esistenzaeal
movimentodiclasseoperaia’118.Insomma,losviluppoèlarispostadelcapitalismoallacrisi:
‘ilmodellodellosviluppononèalternativoallacrisicometale,bensì–inquantonuovaforma
delciclo–adessacongruocomeadelementosuoproprio,–crisi,ossiapossibilitàdiriassetto
di quegli elementi liberamente ed indipendentemente agenti nel sistema, che la mera
formalità delmomento aggregativo non può in definitiva riuscire a controllare; crisi come
incentivo fondamentale del processo e condizione produttiva del profitto’ 119 . Lontano
dall’essereunicamenteunriequilibriotecnicodelsistema,lacrisiassumesempreiconnotati
di una risposta politica agli antagonismi di classe: lo sviluppo è lotta, ricostruzione dei
rapporti di forza e in ciò necessariamente vittoria capitalistica sulla forza antagonistica,
attraversounmomentodiscontrodiretto.
116A.Negri,“Marxsulcicloelacrisi”,in“Contropiano”,1968,n.2,p.249117Ivi,p.250118Ivi,p.252119Ivi,p.256
42
È proprio in essa che ‘il capitale mostra che l’elemento quantitativamente nuovo dello
sviluppo, il profitto come incentivo fondamentale dell’azione sociale, non è altro, non può
essere altro che rapporto qualitativamente nuovo fra capitale ed elementi aggregati della
produzione:elacrisièilprogettopoliticodiriqualificazionedelrapporto’120.
Postoquesto,apparenecessarioapprofondireilragionamentoseguendolo“passoperpasso”.
PerNegri è evidente che il capitalismosipresenta come “ciclo”121e, in tal senso,dobbiamo
intendere ilmovimento complessivodel capitale come “ciclico”. Infatti, è solo l’appariredel
ciclo–diràNegriseguendo,allalettera,Marx–checipermettedivedereilcapitalenellasua
“maturità”,cioè lagrande industria. Ilcapitalesociale,allora,avràunasolaregolaovvero la
ciclicità: ‘sviluppo, allargamento della base, perfezionamento del processo lavorativo,
approfondimento della valorizzazione e dello sfruttamento, tutto questo diventa possibile
solodentrolaformaciclica.Conciòèdunqueassuntalarealtàdelprocessodelcapitalenella
suadeterminatezza autoesaltentesi, – apologiadi se stesso come sviluppo’122. All’internodi
quest’architettura teorica la crisi non riveste solo una funzione di passaggio: la crisi
costituiscesempreilpuntodipartenzadiunnuovograndeinvestimentoequindi‘unnuovo
fondamento materiale per il prossimo ciclo di rotazione’123, poiché ‘i singoli elementi del
capitale,infatti,assumononellacircolazioneunmovimentorotatorioentrocui,inparticolare,
ilcapitalefissoperdegradatamente,nellasuaduratamedia,ilsuovalored’usocedendoloal
prodotto’124. Arrivati a questo punto, è chiaro che il capitale si presenta comemovimento
ciclicomasoloinquantoilsuosviluppoèassociatoacrisirovinose.Possiamoancheprecisare
come,soloattraversolostrumentodellacrisi,talemovimentociclicoriescea“periodizzarsi”,
perchélacrisiinsorgeinquantoilterminedisviluppoperiodicodelcapitalefissointerviene
sulle componenti del ciclo complessivo sconvolgendone il meccanismo mediativo e
compensatorio.Unavoltaterminatalarotazionedelcapitalefisso,siinnescalascomposizione
delmeccanismounitariodellecomponentidelciclo;èpropriocosìchesideterminala“crisi”:
essa non è altro che ilmomento in cui imeccanismi di compensazione fra componenti del
ciclostessosiromponoequestoaccadequando,perqualcheragione,lecomponentidelciclo
siseparano, inpratica,allorché ‘aisingolipolidelciclosiaccumulanosproporzionalmente i
suoielementi’125.Tale“inceppamento”impediscealcapitalediassumerenuoveforme:
120Ivi,p.258121Ivi,p.263122Ibidem123Ivi,p.264124Ivi,p.263125Ivi,p.264
43
Qualipossonoessereleformeincuiglielementidelciclodeterminano,conlareciprocasproporzione, lacrisi?
Fondamentalmente due: sproporzioni orizzontali fra settori produttivi e fra settori produttivi e settori
distributivi;sproporzioniverticalifraproduzioneeconsumoingenerale;crisidasproporzioniecrisidarealizzo.
Vediamo le prime. Esse derivano la loro possibilità formale dal fatto che le quantità che ruotano non sono
omogenee. I capitali-merce si contendono reciprocamente il loro posto sul mercato e l’urgenza della
trasformazione del capitale nelle varie forme della sua esistenza si presenta in modo disaggregato e
contraddittorio; allora la contemporaneità delle forme in cui lo sviluppo capitalistico deve darsi si rompe, si
interrompeilprocesso,lasuccessionedelleformenonsimediainunaseriecontinuaedogniarrestoall’interno
diuncicloparticolaresitramutainarrestogeneraledelmeccanismo126
Una volta presi in esame ciclo, crisi e sviluppo nella loro “oggettività”, ovvero dal punto di
vista“capitalista”,bisogneràproseguirelatrattazionedalpuntodivistadellaclasseoperaia,
inpratica,‘dall’analisidellapossibilitàformaledelciclooccorreriportarsiallaleggegenerale
dell’accumulazione capitalistica: il ciclo deve riconoscersi come ciclo dello sfruttamento,
dominatodallasuanecessità’127.La leggedellosviluppo, infatti,nonèaltroche la leggepiù
generale della produzione capitalista: lo sviluppo è trainato dal profitto capitalistico, quale
stimolocomplessivodellaproduzione.Losviluppo,dalpuntodivistadellaclasseoperaia,non
può che mostrarsi percorso da quell’antagonismo che è connaturale alla produzione
capitalistica, ancorameglio, ‘dentro lo sviluppo va dunque letto il rapporto di classe tutto
intero’128. Ricapitolando con le parole di Negri: ‘la crisi è modo e funzione specifica del
processodiproduzionedicapitale,–lasuanecessitàètotale’,insomma,‘lacrisièfunzionale
allo sviluppo’129. Detto questo, non resta chemostrare come la “crisi”, nella sua necessità,
nella sua funzionalità, sia usata come momento generale di verifica dei rapporti di forza
antagonistici interni allo schemadello sviluppo capitalistico. Inquest’ottica, la “crisi” non è
altro che lo ‘strumentodi riassetto violento e decisivodel rapporto fondamentale’130che la
classe “dominante” vuolemantenere inalterato (e inalterabile, seppur inmaniera flessibile,
proporzionale):
La pressione operaia incalza sempre il normale aumento di capacità produttiva del capitale o perché,
presentandosicomemomentomassificatoalivellosociale,obbligailcapitaleadinvestimentiallargatichenonne
approfondiscono la composizione organica o perché, laddove questa per singole unità o globalmente è
intensificata,riesceamettereinmotoun’azionerivendicativachetieneilpassodell’aumentodellaproduttività
del lavoro. Il capitale stesso, d’altra parte, nella sua forma collettiva, è costretto non solo ad accettare la
126Ivi,p.265127Ivi,p.268128Ivi,p.269129Ivi,p.274130Ivi,p.275
44
determinazioneoperaiadellosviluppomaancheasollecitareentrocerti limitiquel tipodi rispostaoperaiaal
controllo dello sviluppo, proprio per assicurarsi le condizioni di regolabilità del ciclo. All’aumento di capacità
produttiva del capitale corrisponde così l’innalzamento del valore della forza lavoro, e si determina una
situazioneincuiilsaggiodiprofittotendeoaunarelativastabilitàoaddiritturaadunabbassamento,indotto–
inunasituazionedistabilità–dall’inerziastessadiun’occupazionevicinaailimitipieni131
Il meccanismo di produzione si trova sempre di fronte a questo genere di precarietà, a
maggiorragionesesiconsideracheil“dispositivo”della“crisi”nonsempreottieneilrisultato
sperato,ilriassestamentodelrapportononsemprerisultaquellopre-scelto:
Il meccanismo della crisi, soprattutto attraverso gli interventi di rivoluzionamento tecnologico, non solo non
porta immediatamente (e spesso neppure mediatamente) conforto al capitalismo come ragione capitalistica
dellosviluppomaproduceunaseriediconseguenzedirettealtrettantodannose.Perchélacrisi,nelmomentoin
cui funge da volano stabilizzatore del rapporto fondamentale, nel momento stesso ne approfondisce le
caratteristicheecoinvolgeinessostratisocialisemprepiùlarghi132
In pratica, l’uso capitalistico della crisi muta, rivoluziona la stratificazione sociale – Negri
direbbela“composizionepoliticadiclasse”;così facendopermetteall’antagonismodiclasse
di approfondirsi ma, soprattutto, di “estendersi”. Tale dialettica di sviluppo e crisi è
indissolubilmente legata al capitale: non solo impedisce che le maglie del rapporto
fondamentaledidominazionesiallarghinomanepermettel’irrigidimento,ilrestringimento.
Bisogna aggiungere allora che, il capitale (inteso come “stato capitalistico”) non può fare a
menodiristrutturarsiinsenso“precario”;bisognagarantirelo“sviluppo”insiemeallaclasse
operaia,quindiinsiemeall’antagonismoealla“contraddizione”daessarappresentata:
Ilsaltocapitalisticoallostatopianificatosocialeattraversolafiguradelcapitalesocialerappresentalasoluzione
diunproblemaormaiinsolubilesulpianodellameraprassieconomica.Quinonsitrattadimettereinattouna
controtendenzaallacadutadelsaggiodiprofitto,quinonsitrattadiguidareunaciclicitàdisviluppogarantita,di
dentroalrivoluzionamentodellacomposizioneorganica,daunpiùcheproporzionaleaumentodelplusvaloree
quindidanuovepossibilitàdicontrollodelprofitto,– quisitrattadisuperarelostessoorizzontedelprofitto,
meglio,dimetterneinluceeinverarnelaformacomemerafunzionepoliticadidominioeviolenza133
131Ivi,p.276132Ibidem133Ivi,p.280
45
Lo sviluppo allora, precisando quanto detto prima, lontano dall’essere unicamente un
“riassettotecnico”delmeccanismodiproduzione,èunarisposta“politica”.Ilcapitalesitrova
a dover sempre, “dialetticamente”, reinventare i rapporti di forza e non può farlo in altro
modoche“cercandoloscontro”.Èproprionello“scontro”chequest’ultimorilancialapropria
periodicità,anchesenonprimadiaverriportatounavittoria,appunto,“politica”:eccoche‘il
meccanismodelcicloètuttorecuperatoalivellopolitico,–equilacrisi,ilmomentodivittoria
sulloscontro,èdeterminante’134:ilcapitaleesigelacrisi,‘loscontrodiretto,organizzatodallo
stato,fracapitaleeclasseoperaia’135.
Daquiinpoi–siprosegueildiscorsoripartendodaCrisidelloStato-Piano,“libello”pubblicato
circa sei anni dopo l’articolo finora discusso – Negri svilupperà la sua analisi economico-
politicapermezzodiun’inversionediparadigmaall’internodell’economiapolitica, laquale
diventaquasi“politico-economica”,o“politicamente”economica;inquest’ottica–sisostiene
qui essere direttamente conseguente (se non già implicitamente contenuta) a quella
sviluppatanell’articolodel1968– lo “Stato” rappresentanient’altrocheun “organo tecnico
deldominio”:
Lo Stato, questa infinita potenza, proprio nella misura in cui si mostra come essenza non dialettica con lo
sviluppo, ha un’esistenza tanto puntualmente efficace quanto complessivamente subordinata alla serie delle
innumerevoli contingenze dello scontro. La sua autonomia e libertà sono in realtà degli strumenti, non dei
fondamenti. Ciò non toglie la specificità del ruolo coperto dallo Stato, ciò non diminuisce la portata della sua
lucidaazione–etantomenodellacompattarepressione–cheessopuòmettereinattosullosviluppo,ciònon
sminuisce la ricchezza della sua articolazione: ciò soprattutto non dimentica la funzione complessiva di
coscienzaeguidacollettivacheloStatopuòesercitareperilcapitale–echeeffettualmenteesercita136
Per spiegare quest’ultimo punto, però, è necessario fare un passo indietro, ritorniamo al
“dispositivo”della“crisi”.PerMarx,lecrisimoderne,sonocrisidisovrapproduzione:l’ambito
della circolazione dovrebbe assorbire l’eccedenza di quello della produzione, se ciò non
avvienesiverificala“crisi”.Lacrisidisovrapproduzioneè,dipersé,endogenaalcapitalismo;
crisidopocrisisisviluppaquelladinamica“catastrofica”cheMarxchiama“leggedellacaduta
tendenzialedelsaggiodiprofitto”:all’utilizzocrescentedelcapitalecostante– imacchinari,
da cui non si ricava profitto – diminuisce l’investimento in capitale variabile – quello
impiegatopercomprarelaforza-lavorooperaiadacui,invece,siproduceprofitto.
134Ivi,p.281135Ivi,p.291136A.Negri,Ilibridelrogo,Roma,DeriveApprodi,1997,p.32
46
Per garantire la sussistenza di tale “sistema” è necessario allora allargare la sfera della
circolazione: ‘lacreazionediplusvaloreassoluto–dipiùlavoromaterializzato–dapartedel
capitale,hacomecondizioneche il cerchiodellacircolazionesiallarghi,epiùprecisamente
che si allarghi di continuo. Il plusvalore creato in un punto richiede la produzione di
plusvaloreinunaltropunto,conilqualepossascambiarsi’137.Ilcerchiodellaproduzionedeve
essere costantemente allargato, o direttamente, o creando più punti di produzione al suo
interno;lacircolazioneèunagrandezzasempreinmovimento:
Diconseguenza lacircolazionesipresentaessastessagiàcomeunmomentodellaproduzione.Sedaun lato il
capitalehaquindi la tendenzaacrearedicontinuopiù lavoroeccedente,dall’altroha la tendenza integrantea
creare più punti di scambio; ossia qui, dal punto di vista del plusvalore o del lavoro eccedente assoluto, la
tendenzaagenerarepiù lavoroeccedentecome integrazionedi sestesso; in fondo la tendenzaapropagare la
produzionebasatasulcapitaleoilmododiproduzioneaessocorrispondente138
Si è visto come l’allargamento della sfera della produzione corrisponde a un cambiamento
della “composizione politica di classe”. La produzione ha ormai invaso, in virtù di tale
“sconfinamento”,anchelasocietà(luogo,ambitodelloscambio).La“produzione”èpresente
adessoanchenell’ambitodellacircolazionedellemerci,delloscambio,delconsumo.La“crisi”,
allora,nonpuòpiùesseregestitasoloinchiaveesclusivamenteeconomicadalcapitale:esso
habisognodiunapiùstrettasorveglianza“politica”sulla“crisi”stessa.Unasorveglianzache
sitraduceinunamaggiorecapacitàdiprodurre“conflitto”.Eccoche,seilcapitalehabisogno
di produrre conflitto, in una “società” ormai parte della “produzione”, non potrà limitarsi
all’antagonismo di classe visto nella “fabbrica”. “Antagonismo” e “conflitto” dovranno
investirel’interasocietà“produttiva”:perchél’interasocietàèdiventata“fabbrica”.Dunque,il
capitale deve conquistare, “occupare”, il luogo di riferimento della società in quanto
corporeità politica cioè, ora appare più chiaro quanto detto precedentemente, lo “Stato”.
Occuparelo“Stato”pergovernarela“crisi”,Trontiègiàlontano.Sela“produzione”haormai
invaso la società, la classe operaia non può più essere collocata esclusivamente all’interno
della “fabbrica”: ‘l’operaiomassa di Tronti esce dalla fabbrica e diventa operaio sociale’139.
L’allargamento della produzione porta alla costituzione del “mercato mondiale”, per
governare quest’ultimo attraverso la “crisi” il capitale ha occupato lo “Stato” che diventa
“piano”, programmaticamente volto ad assicurare al capitale la sorveglianza politica sulla
137K.Marx,Lineamentifondamentalidicriticadell’economiapolitica(“Grundrisse”),Torino,Einaudi,1976,p.374138Ivi,p.275139D.Gentili,Italiantheory,Bologna,IlMulino,2012,p.69
47
crisi,tantocheessostessodiviene“Stato-piano”.Sièanchedetto,però,chela“crisi”portaalla
ri-determinazione degli strati sociali ovvero della “composizione di classe”: in tal senso, il
capitale–datochela“crisi”aumentaledimensionieilcampodel“conflitto”–nonpotràche
trovarsisempredavantiaunanuova“classeantagonista”,nelnostrocasoquelladegli“operai
sociali”. Per Marx, la caduta tendenziale del saggio di profitto, diviene “legge” perché
l’aumentodelcapitaleaccumulatoaccompagnatoall’abbassamentoproporzionaledel lavoro
vivo gli appare come destino ineluttabile del capitale, in altre parole, la sua permanente
tendenza.D’altraparte,aggiungeNegri,inuncertomodosalvandodall’obsolescenzalateoria
marxiana, l’abbassamento proporzionale del lavoro vivo non è (più) esclusivamente
“quantitativo”–anzi,comeanalizzaNegriinProletarieStatodel1976,taleaspettosirivelain
perenne aumento: ‘l’ingigantimento del capitale accumulato, l’urgenza di garantirne la
circolazione e il realizzo, la necessità di accelerarne la rotazione individuale e sociale,
spingono conseguentemente a una socializzazione sempre più ampia sul ritmo della
produzionecapitalistica,socializzanoinformatotalitariailrapportotracapitaleelavorovivo,
determinanoperciòunaumentoquantitativodella forza lavoro impegnata’140–maanchee,
soprattutto,“qualitativo”,cioèabbassamentodi“valore”:
Alcapitalecheperseveranell’accumulazionecorrispondonounasemprepiùcompletasocializzazionedellavoro
vivo e il riconoscimento della sua esclusiva forza produttiva che ora si presenta come forza sociale, in forma
sociale;maquestopresentarsisocialedel lavorovivoè, insieme,suoirrigidimentocomplessivo,abbassamento
della costrizione ad erogare valore per l’accumulazione, riproposta di lotta e di rottura del comando
ogniqualvoltaeovunqueilprocessosisocializzazionesiestenda.Inquestosenso(qualitativamentemodificato)
la ristrutturazionecapitalisticaèoggiprigionieradellacontraddizione fondamentale, ingigantitadall’ampiezza
sulla quale essa si determina. Di contro: nella misura in cui la ristrutturazione non riesce a riportare a
dimensioni“corrette”ilsaggiodiprofitto,acausadell’opposizioneoperaiamaterializzatasiinunfrontedilotte
permanenti,inunanuovafiguradellaforzaproduttiva,inquestastessamisurailcapitaleècomunquecostrettoa
spingereavantilasuasocializzazione;ilchesignificaaumentodelcapitalecostante,attenzioneallacircolazione,
ulterioreprocessodisocializzazione,equindi,dinuovo,massimaesposizioneallalottaoperaia141
Il capitale ha da affrontare un’inevitabile contraddizione: deve spingere il processo di
socializzazione della produzione perché è l’unico modo per mantenere il comando sulla
produzionestessa,maall’internodellasocializzazionesiabbassanosia laproporzionesia il
valoredellavorovivo(lotteoperaieesocializzazione,inpratica,cresconoassieme).
140A.Negri,Ilibridelrogo,Roma,DeriveApprodi,1997,p.148141Ibidem
48
Tale contraddizione si amplia quanto più la socializzazione si estende. Il capitale non più
opporre alcuna mistificazione per nascondere la contraddizione a cui è obbligato quando
attua la propria “ristrutturazione” permezzo della “crisi”; con lamassificazione del lavoro
astratto,cioèdellavorosocialmentediffuso,siapprofondiscel’unitàrivoluzionariadellavoro
vivo,lasuapredisposizioneallalotta:
Ora,questanonèunaconclusione,èbensìl’avvioperun’indaginemarxistaoggi.Sitrattacioèdicapirechecosa
sia oggi la classe operaia davanti e dentro questa ristrutturazione. E tutti gli elementi dell’analisi compiuta
portano a proporre un’ipotesi specifica: cioè che, dinanzi alle imponenti modificazioni provocate, o in via di
essere determinate, dalla ristrutturazione, il corpo di classe operaia si distende ed articola in corpo di classe
sociale,inproletariato.Maquestodistendersiearticolarsinonèinerme.Lanegativitàdellarispostacapitalistica
alla lotta dell’operaio-massa è rovesciata nella sintesi della socializzazione del lavoro vivo, come lotta e
insubordinazione crescenti. È un’ipotesi sconvolgente quella che comincia a configurarsi, la categoria “classe
operaia” va in crisi ma continua a produrre tutti gli effetti che gli sono propri sul terreno sociale intero come
proletariato142
EccochequellacheNegrichiamala“linearossadell’astrazione”143sirealizzasempredipiù:
dopo che il proletario è diventato operaio, si assiste al processo inverso. L’operaio si fa
operaio terziario, operaio sociale, operaio proletario e, infine, proletario. La specificità del
nuovo“proletariato”,d’altrocanto,nonè‘l’esclusionedall’erogazionedilavoro’,alcontrario,è
‘l’inclusionenellatotalitàdelprocessoproduttivosociale’:
Avevamo visto l’operaio-massa (prima concretizzazione massificata dell’astrazione capitalistica del lavoro)
produrrelacrisi.Ora,vediamolaristrutturazionechelungidalsuperarelacrisi,nedistendeeallungal’ombrasu
tutta la società; non esteriormentema dentro, fin nella profondità della composizione di classe, laddove essa
tenta di difendere il comando capitalistico dall’azione dell’operaiomassa e di distruggere la composizione di
questo, e insieme, in generale, di mistificare socialmente origine e funzione del lavoro vivo. Con ben
contraddittorieffetti:perché,aquestolivellodellalottadiclasseladevastazionecapitalisticadell’operaio-massa
ha il solo risultato di allargare le condizioni della riproduzione (ma qui riproduzione capitalistica è anche
riproduzionedicondizionidilotta)all’interolavorovivodiffusonellasocietà144
Ora appare chiaro come, in questa prospettiva, lo Stato non sia nient’altro che un’impresa
capitalistica, forma del dominio del capitale sulla società ormai stretta totalmente nei
meccanismidiproduzione.
142Ibidem143Ivi,p.149144Ibidem
49
D’altra parte, la società stessa diventa il terreno fertile per nuove germinazioni
antagonistiche;fuoridallafabbrica,nellasocietà,nasconolenuove“soggettività”cheanimano
inedite “potenzialità” politiche. Negri –moltissimo investirà su questo punto – non esita a
rivendicare l’autonomiadella classeoperaiadallo Stato:nel senso cheunusooperaiodelle
istituzionipoliticheèimpossibile(aldifuoridella“dittaturadelproletariato”)145.Ladomanda
checisideveporreadessoè:cosacomportailmodificarsidellacomposizionediclassedovuto
allaristrutturazione,successivaallacrisi?
L’operaio sociale sviluppa lepotenzialitàdell’operaiomassa;nell’emergerediquestanuova
forma di conflittualità sociale, lo schema del dominio capitalistico acuisce le proprie
contraddizioni:lerivendicazioniparticolaridell’operaiomassaacquistanogeneralitàsociale.
Se percorriamo il reticolato della composizione di classe, infatti, possiamo scorgere il
processodiricomposizionedelproletariato.Lacrisielaristrutturazione,mentrefavoriscono
unanuovaunitarietàdellaclasseoperaia,neaumentanola“separazione”, l’autonomia.Nella
ristrutturazione si formaun “potenzialeunitario” semprepiùvastodelle lotte chepercorre
perinteroilreticolato(tras)formatosi,ampliatosi,nellaricomposizione:
Manonèsolounprocessoquantitativoquelloche,all’internodellaristrutturazione,nelrovesciamentodialettico
della sua tendenza da parte di classe operaia, viene rivelandosi. Questo processo quantitativo ha aspetti
qualitativi specifici. Perché infatti se l’obiettivo capitalistico nella ristrutturazione è essenzialmente quello di
mistificarelafontedelplusvalore,didisorganizzareipolidiclasse,didistruggerelacapacitàunitariadellalotta
operaia,lariconquistaproletariadell’unitàdell’interessediclassesiponeimmediatamenteinterminipolitici.Un
grossosaltoinavantivienecompiendosi:lalottadevesvolgersicontrol’unitàdiunprogettocapitalisticolacui
tensionee lacuiarticolazionesonoormaisemplicementedidominio. Ilrapportocon ilprofitto–equindicon
l’utopiadiunoStatopianificatosecondoiritmidiproduzioneeaccrescimentodelprofitto–sonocadutidifronte
aquell’armafondamentalecheèstatalaselvaggialottasalarialedell’operaiomassa.Oggilalottasalarialetende
inveceafarsituttapolitica,lottacontroloStatocomeformapoliticadelcomandoperlaproduzione146
Lo“Stato-crisi”vuoleannientare,attraversoil“comando”,ognipossibileunità(insubordinata)
dei bisogni “operai” emersa dall’ampia unificazione sociale del proletariato. Allora la lotta
operaiafaunpassoavanti:‘dalsalarioalvalored’usodelsalario,dallalottasulsalariocome
entità controllabile dello sfruttamento alla lotta contro il comando sulla produzione, dalla
lottanelsistemaallalottaperilpotere’147.
145Ivi,p.171146Ivi,p.169147Ibidem
50
Lacoscienzapoliticadiclassenonnascepiùdallacoscienzadell’antagonismomadall’esigenza
dellaliberazione,diràNegri,‘nondallacoscienzadellamostruositàdellavorosalarialemadal
rifiutodel lavoro,nondall’urgenzadellaproduzionemadall’esigenzadell’invenzione’148. La
lottadiclasseoperaiadiventa,simostracome,lottadiliberazione:
Ogni sistema di bisogni ha un contenuto e un senso. Marx parla, in particolare, di un contenuto “positivo”
(relazione semplice framerce e consumo) e di un contenuto “relazionale” (relazione capitalistica framerce e
denaro):manmanochelaproduzionecapitalisticasisviluppailprimoèriassorbitonelsecondo, finoalpunto
nelqualesipuòparlare diunsolosensodellarelazionesistematica ,quellocapitalistico.Ora,quando–come
nellafaseattualeditotalizzazionedelsistemadeibisognicapitalistici–lasubordinazionedeivalorid’usoèmera
“indifferenza”,divoltainvolta“caos”o“utopia”,quandoilsensodelsistemaelasuapresatotalizzantetolgono
ognipossibilitàdi relazionesemplice inognimomentodellosviluppodeibisogni–bene,aquestopunto,ogni
residuo umano si ribella, ed è il lavoro l’unico terreno di ribellione, l’unico terreno sul quale un valore d’uso
resiste e condensa attorno a sé la possibilità di un sistema diverso, alternativo, rivoluzionario. Perché qui il
lavoroche,neltrionfodelsistemacapitalisticodelvalorediscambio,resta l’unicovalored’uso,puòtogliereal
capitalista il comando su ste stesso, e farsi dunque valore d’uso operaio, che è come dire rifiuto del lavoro e
sviluppodelsuovalorecreativo149
Sipuòdire,allora,cheilpassaggiodallacomposizionedell’operaio-massaallacomposizione
dell’operaiosocialenonsignifica solounperfezionamentodella forzaproduttivadel lavoro,
nonsoloproposizionediunnuovosistemadibisogni: ‘significapiuttostochequiquando la
dialettica della composizione si esaurisce in una totalità di subordinazione al capitale, la
ribellioneproletaria investe l’interotessutodellacomposizioneedelsistemadeibisogni’150.
Insomma,“creatività”rivoluzionariacontroilsistemadeibisogniprodottodalcapitale,contro
l’universalitàdelvaloredi scambioedella suavigenzae,nonultimo, contro loStato inteso
come luogo di determinazione generale del sistema dei bisogni come sistema rigido e
obbligatorio,mostruosoeoppressivo.Alsistemadeibisognisisostituisceilsistemadellelotte
cioèunsistemadiriappropriazionedelleforzeproduttivedapartedelproletario,dellavoro
vivo sociale. Come si procede a questa “riappropriazione”? Negri risponderà a questa
domanda ne Il dominio e il sabotaggio, accompagnando l’opera di destabilizzazione del
“regime capitalistico” a quella di destrutturazione del “sistema del capitale”: ‘la crisi
capitalisticadeveavereunsensoimpostoedominatodalpotereproletario.Destabilizzareil
regimenonpuòesserecosadistintadalprogettodidestrutturareilsistema’151.
148Ibidem149Ivi,p.175150Ibidem151Ivi,p.256
51
Comesièvisto,ilcapitaleristrutturailpropriosistemaperstabilizzareilregime:inpratica,la
soluzionedella“crisi”consisteinunaristrutturazionedel“sistema”che,dopoaverlabattuta,
ricomprenda la totalità antagonistica proletaria nel progetto di stabilizzazione politica del
“regime”. Il capitale deve cancellare il senso agonistico, non la “realtà”, del proletariato: in
qualchemodo,sipuòdireche,perilcapitale,nonesisteristrutturazionesenonapartiredal
movimento proletario. L’indirizzo del proletariato, invece, è del tutto opposto e si esprime
attraverso il nesso destabilizzazione-destrutturazione. Il progetto di destrutturazione del
“sistema”diproduzionecapitalisticononpuòesserescissodaquellodidestabilizzazionedel
“regime” politico a esso corrispondente. Tale progetto si può rappresentare attraverso il
concettodi“autovalorizzazioneoperaia”:
Ilconcetto“autovalorizzazioneoperaia”èl’oppostodelconcetto“forma-Stato”,èlaformacheilpotereassumedal
puntodivistaoperaiosviluppato.L’autovalorizzazioneproletariaèimmediatamentedestrutturazionedelpotere
nemico, è il processo attraverso il quale la lotta di classe operaia investe oggi, direttamente, il sistema dello
sfruttamento e il suo regime politico. La socializzazione dello sviluppo capitalistico ha permesso alla classe
operaia di trasformare in processo e di unificare in progetto i momenti diversi della strategia comunista,
l’insurrezione e l’estinzione dello Stato. L’autovalorizzazione proletaria è la figura complessiva, di massa,
produttiva di questo progetto. La sua dialettica è potente in quanto complessiva, complessiva in quanto
potente152
L’autovalorizzazione proletaria è, innanzitutto, destrutturazione della totalità nemica;
attraverso di essa la totalità antagonistica si riconosce nella propria “esclusione” ed
esclusività di “tutto”, di collettività indipendente – è il radicamento intensivo della
“separatezza”,dellaconsapevolezzadiessere“altro”.Questaistanzaètantopiùforte,quanto
piùilmovimentoproletarioriescenell’operadi“sabotaggio”complessivodelcapitale:
Non posso leggere la storia del capitale se non come storia di una continuità di operazioni di riassetto che il
capitale e il suo statomettono in atto di contro a una continua rottura, a una permanente provocazione alla
separazione che il movimento reale del proletariato determina. Lo stato delle cose presenti si forma sulla
continuità di una distruzione, di un’abolizione, di un superamento che il movimento reale determina. Mi
definisco separandomi a fronte della totalità come altro da me, come rete che si stende sulla continuità del
sabotaggiostoricochelaclasseopera153
152Ivi,p.258153Ivi,p.262
52
Nonc’èconsonanzamaneanche“comunicazione”traclassedominanteeclasseantagonista,
nessuna omologia, nessuna immediata traducibilità di linguaggi, di segni, di logiche tra il
movimento proletario reale e il quadro complessivo dei contenuti e delle finalità dello
sviluppocapitalistico. Inquestosenso ‘l’autovalorizzazioneèsabotaggio’154, inquestosenso
“autovalorizzazione”e“destrutturazione”sonoterminireversibili,sinonimicamentereciproci
nell’esprimerelapotenzapositivadelnegativorappresentatadalproletariato:
Autovalorizzazioneproletariaèsabotaggio.Comesiconcretailprogetto?Ilsaltodalrilevamentofenomenologico
dellanostraesistenzaseparataall’espansionedella forzadelprocessodiautovalorizzazionesiorganizzasuun
metododellatrasformazionesocialecheèimmediatamentemetododiconoscenza.L’obiettivodeterminatodel
processo è l’esaltazione del valore d’uso del lavoro contro la sua sussunzione capitalistica, contro la sua
mercificazione,controlasuariduzioneavalored’usodelcapitale.Macomeavvienelasussunzionecapitalistica
oggi?Essaavvieneattraversoilcomando,lagerarchia,larendita.L’unitàdellavorosocialechelaclasseoperaia
conlasualottahatendenzialmentedeterminato,ilcapitaletentadidominarlaecontrollarlanelladivisione155
La “forza produttiva” sempre più si sta concentrando nellemani del “lavoro vivo”: tutte le
categorieche,soggettivamenteooggettivamente,sicolleganoaquelladel lavoroproduttivo
sono sulla via della socializzazione. Per questo diventa centrale il “rifiuto del lavoro” nelle
strategie di riappropriazione della forza produttiva attraverso l’autovalorizzazione: lo
sfruttamentodellavorofondal’interasocietàdelcapitale,dunque,il“rifiutodellavoro”nonè
solonegareunlegametrasocietàecapitale,unaspettoditaleconnessione;rifiutareillavoro
significa negare l’intera società del capitale. Il rifiuto del lavoro è funzione fondamentale
dell’operadidestrutturazionedel“sistema”attraverso l’autovalorizzazionedella“creatività”
operaia:‘ilrifiutodellavoroè,infatti,primaditutto,rifiutodellavoropiùalienato,quindipiù
produttivo. È in secondo luogo rifiuto del lavoro capitalistico, come tale, cioè dello
sfruttamento in generale. È in terzo luogo tensione al rinnovamentodelmododi produrre,
alloscatenamentodellaforza-invenzione.Nell’intrecciodiquestimotivil’intensitàdinamicadel
rifiutodellavoroinvestelaglobalitàdelmododiproduzionecapitalistico’156.Alloraèpossibile
direchel’unitàfondamentaledellavoroproduttivohadaesprimersicome“rifiutodellavoro”,
financointesocome“sabotaggio”,perriannodareifilideldiscorsosulladestrutturazionedel
sistema, sulla destabilizzazione del regime, sulla vera e propria riappropriazione delle
ricchezzeesullaconquistadelpotere(“l’assaltoalcielo”):
154Ivi,p.278155Ivi,p.285156Ivi,p.297
53
Ilsabotaggioèdunquelafondamentalechiavedirazionalitàchepossediamoaquestolivellodicomposizionedi
classe.Unachiavechepermettedisvelareiprocessiattraversoiqualilacrisidellaleggedelvaloreèvenutaman
mano investendo l’interastrutturadelpoterecapitalistico togliendoleogni internarazionalitàe spingendolaa
essereefficacespettacolodidominioedidistruzione.Unachiavechepermetted’altrapartedi identificare,sui
ritmi stessi della produzione capitalistica (ma non in maniera omologa), la capacità della lotta proletaria di
rendersi indipendente,diprocederenelprocessodellapropriaautovalorizzazione,di trasformare il rifiutodel
lavoro inmisuradelprocessodi liberazione. La formadeldominio capitalistico sidisarticoladavanti anoi, la
macchinadelpoteredispanna.Ilsabotaggioinseguequest’irrazionalitàdelcapitaleimponendoleritmieforme
dell’ulterioresuadisorganizzazione.Ilmondocapitalisticocisirivelaperquellocheè:unaretegettataabloccare
ilsabotaggiooperaiodopoesserestataunamacinadiplusvalore157
VIII.L’operaiosociale
Per comprendere l’importanza, soprattutto teorica, a differenza di quanto ci si potrebbe
aspettare, della svolta effettuata da Negri, sarà necessario riprendere il discorsomettendo
sotto la lente d’ingrandimento il concetto di “operaio sociale”: la nuova soggettività
antagonista chiamata in causa al tramonto della “fabbrica”, del rapporto di produzione
fordistae,dunque,dellafiguradell’operaio“massa”.
Quandosiparladi“operaiosociale”,èbenespecificarlo,siparlacomunquediunsoggettoda
cui si estrae plusvalore, si parla di un soggetto produttivo, un soggetto ‘produttivo di
plusvalore,mediatamente e immediatamente’158. Esso, come si è già avutomododi vedere,
assume un posto rilevante nella composizione di classe posteriore alla “crisi” venuta
determinandosi in seguito all’estensione dei rapporti di fabbrica sul terreno della socialità.
Dettociò,dovrebbeormaiesserechiarochenonbisognapiùconsiderarelanaturadellavoro
come una funzione strettamente legata a dei processi di produzione in cui il rapporto tra
lavoro e valore sia immediato, bensì dovrà essere evidenziato il rapporto tra modo di
lavorazioneevaloreprodottocomeprocessomediatodalpuntodivistasociale.Infondo,dice
Negri, il riconoscimento della natura produttiva del lavoro mediatamente sociale è la tesi
fondamentale dell’operaismo, anche di quello degli anni 60. Esso si basa sulla teoria
dell’astrazionesuccessivadellavorochecorreparallelaallasuasocializzazione:‘l’astrazione
successiva del lavoro, la costruzione del lavoro astratto come soggetto dello sfruttamento
capitalistico è la sola base a partire dalla quale le categorie del capitale possono essere
costituite ed intese. Da un certo punto di vista, dire operaio sociale è in realtà dire una157Ivi,p.308158A.Negri,Dall’operaiomassaall’operaiosociale,Milano,Multhipla,1979,p.9
54
tautologia,perchénonsipuòparlaredioperaiosenoncomeoperaiosociale.Iovorreisapere
che cosa significa operaio di fabbrica, se non appunto il fatto che il capitale è egemone e
comandasututtelecondizionidiproduzionechesiestendonosocialmente’159.Nonstupisceil
compiacimentocheemergedaquesteparolediNegri,d’altraparte,allafinedeglianni70,la
figuradell’operaio sociale – con tutte le ripercussioni chepoteva avere a livello “pratico” –
stavaassumendounacertarilevanzaneldibattitosulleformedilottadiclasse.Tuttavia,egli
conoscebenissimolecritichecheglivengonomosse.PerTronti,traglialtri,quelladioperaio
socialeèsolounacategoria“ideologica”e“sociologistica”chenonhanienteachefareconil
processoproduttivo in senso stretto,dove, invece, ilprotagonistaè l’operaiodella fabbrica,
l’operaio collettivo reale interno al processo di valorizzazione che sopporta i costi della
riproduzioneallargatadellaforzalavorosociale.Negri,dapartesua,risponderàaquelliche
criticano il progetto rivoluzionario da lui esposto, affermando le ragioni della “centralità
operaia”,didifenderegli interessiproduttividellaclasseoperaiadi fabbricaesclusivamente
nell’interesseburocraticodiuncetopolitico‘asostenereunasuapartecipazionecorporativa
allaproduzione’160.Inquestitermini“centralitàoperaia”significa,‘partecipazionedelPCIalla
produzione e allo sviluppo capitalistici’; diversamente, la centralità operaia “effettiva” è da
intendersi come ‘processo di ricomposizione nel quale il lavoro produttivo si estende
socialmente,riconoscelesuecaratteristichedilavoroastratto,quindidilavorodotatodiuna
essenziale mobilità sociale e con ciò della sua capacità di rappresentare la generalità del
lavoro sfruttato’161. NonostanteNegri non possa evitare dimarcare le differenze tra la sua
teorizzazione, culminata nella figura dell’operaio sociale, e la riflessione a lui precedente,
quella incentrata sull’operaio massa, egli comunque non disconosce i meriti delle lotte di
fabbrica, anzitutto, per la loro capacità di incidere sulla ristrutturazione del processo
lavorativoe,quindi,sulprocessodivalorizzazione:
Nonèquicisiscontrisull’importanzadell’operaiomassanellasocietàcapitalisticaevoluta,cisiscontrasucose
moltodiverse.Edinparticolaresulfattochepertaluniteoricisembrachelacrisinonsiaesistita,sembracheil
meccanismo: attacco operaio, ristrutturazione capitalistica, riconfigurazione della composizione di classe, sia
una sequenza chenon si è data. In realtà è avvenuto cheproprio a fronte dell’attaccodell’operaiomassa si è
messoinattountipodiristrutturazionecapitalisticacheha,dalsuolato,contribuitoariconfigurareinteramente
la composizione di classe in quanto tale. Ma dire questo non è sufficiente. Perché? Perché elementi di
ricomposizionechepartivanonondall’iniziativacapitalisticamadallasoggettivitàoperaia,cioèdallasoggettività
dell’operaiomassa in quanto tale, hannopermesso che forseper la prima volta (per quantonoi ne sappiamo159Ivi,p.11160Ivi,p.12161Ivi.p.13
55
dellastoriadellecrisicapitalisticheedeiprocessidi ricomposizioneoperaia) ilprocessodi ristrutturazionesi
scontrasse con una rigidità operaia fortissima e quindi che la ricomposizione fosse in buona parte in mano
operaia. Ecco perché l’operaio sociale si presenta come figura aggressiva: esso mantiene cioè in sé non
semplicemente la continuità dialettica dell’azione sociale dell’operaio massa, ma mantiene in sé anche
l’aggressività, il tono di lotta dell’operaio massa. Quindi l’operaio sociale verifica due volte l’operaio massa.
Primo:inquantoneèilprodottodalpuntodivistadelrapportodialetticoconlaproduzionecapitalistica,conla
ristrutturazionecapitalistica. Insecondoluogoinquantonemantiene intatta,eanzinepotenzia, lacapacità, il
tonodilotta,appuntolaforzaaggressiva162
Per Negri, allora, “operaio sociale” e “operaio massa” non solo sono momenti della stessa
dialettica ma, in più, il passaggio da un momento all’altro è da intendersi in modo
tendenzialmente“ricompositivo”,quandoperTronti, invece, talepassaggiorappresentauna
disgregazionedelladomandasociale,quasiindipendentedaunalogicadiclasse,cheesigeuna
ricomposizionepoliticadall’alto,peroperadel“partito”:
Denunciare questa disgregazione come effetto deteriore; come effetto puramente disgregativo èmancanza di
marxismo;vuoldirenoncapirequalèlaqualitàdiquestorapporto,ecioèilfattocheoggiladisgregazionesìè
disgregazione della vecchia figura in quanto figura di capitale variabile, soggetto compreso nella struttura
capitalistapreesistente,madall’altrapartequestastessadisgregazionedaunpuntodivistapoliticooperaiosi
presenta come assoluta innovazione di quelli che sono i bisogni e i comportamenti di classe. Comportamenti
adeguati,anzicertevolteanticipatori,rispettoaquellacheè laristrutturazionecheilcapitalevieneoperando.
Unrapportodicomandosarebbecertoauspicabile.Lacosachenoineghiamononèmicacheunfattodiquesto
generenonpossaessere comandatodall’internodella classe!NeghiamosemplicementealPCI lapossibilitàdi
farlo.D’altraparteleaffermazionidiTrontisonol’esattaprovadiquestaincapacitàgeneralepoliticadelPCIdi
portareavantidall’internodellaclasseuntipodicontrollochenonsiapuramenteconservativo163
Per precisare la posizione di Negri: il processo rivoluzionario deve procedere per
disgregazioni continue che, infine, permettanoalla classeoperaiadi ricomprendere in sé la
socialitàinteradelmododiproduzione.Inquestosconvolgimento,ilcomandopoliticohada
manifestarsicome“previsione”,azionecontinua,estensionedellaconsapevolezzaall’interno
dellaclasseoperaia,determinazionediformetransitoriediorganizzazione,perchélanascita
dinuovesoggettivitàantagonistichenonèmaiindolore.Quellafornitafinoravorrebbeessere
una sortadi sintesi definitoriadi ciò che si intendeper “operaio sociale”; sicuramente sarà
necessario approfondire tale definizione in seguito, prendendo in considerazione le
dinamichechedaessatraggonoorigine.
162Ivi,p.14163Ivi,p.16
56
Tuttavia,nonsipuòcontinuarenellaspiegazionedelconcettoelaboratodaToniNegrisenza
prima entrare nello specifico del suo dialogo a distanza con Mario Tronti (“maestro”
dichiaratodiNegri,almenodalpuntodivistadelmetodo)dicui,tral’altro,siègiàmostratolo
spessoreteoricoinunprecedenteparagrafo,nonchél’importanza–piùomenopariaquella
diRanieroPanzieri–nellevicendedel“primo”operaismo.
Innanzitutto, bisogna precisare che Tronti, alla fine degli anni 70, da diverso tempo scrive
dellaperditadi“centralità”dellaclasseoperaiadifabbricacomesoggettoantagonista.D’altra
parte, se Negri teorizza l’operaio sociale come classe antagonista “fuori” dalla fabbrica e
“dentro” la società, per Tronti proprio la società rimarrà sempre il luogo dell’ideologia
borghese. Insomma, la classe operaia e la fabbrica non possono essere assorbiti da essa,
poichéèproprionellasocietàcheilcapitaleneutralizzailconflitto, l’antagonismotraledue
classi“mortalmentenemiche”,perdirlaconMarx.ÈverocheancheTrontihariconosciutoil
dissolversi della “fabbrica” nella societàma, a differenza delle nuove potenzialità politiche
intraviste daNegri, in ciò ha riconosciuto esclusivamente la “de-composizione” della classe
operaia.Dunque,mentreNegri“organizza”lanuovasoggettivitàantagonistainbaseallasua
“autovalorizzazione”,cioè inbaseallasua“separazione”dalloStato(strumentodidominio),
data come “politica” la “potenza immanente” alla dimensione sociale, Tronti continua nella
suaricercadiuna“politica”operaia(progettolasciatoinsospesosindaitempidel“Poscritto”
adOperaiecapitale).Sesiconsiderachel’unicopresuppostoditalericercaèche“politica”si
dàunicamentenellemodalitàenei luoghidella “politicamoderna” si riescea comprendere
perchéTrontiritengachel’unicomodochelaclasseoperaiahadiritagliarsiuncertogradodi
“autonomiapolitica”siaquellodislegarsidall’aporiaincuieracostrettadallavorodifabbrica
(essere“dentroecontro”ilcapitale,avevadettoinOperaiecapitale)econquistareil“potere”,
quindi,conquistareloStato, farsi“Stato”.AdifferenzadiquantosostieneNegri: loscontroè
recuperato, non a “livello politico”,ma al livello del “Politico”, di “Autonomia del Politico”;
Tronti, allora, non potrà accettare una soggettività antagonista “plurale”, “differenziale”,
“multilaterale”: d’altronde, sono queste le caratteristiche che distinguono il “sociale” dal
“Politico”,difatto,inbaseadessestesse,idueaspettisitrovanocontrapposti.
Per comprendere questo punto ci si riferirà a Tronti e alle sue analisi sulla nascita
dell’AutonomiaOperaia;non tarderannoaemergere le criticheall’assetto impostodaNegri
all’operaismo:
57
Lacrisihacomeconseguenzaoggiunfortemomentodidisgregazionedeltessutosociale,dimancatocontrollo
politico, non tanto del meccanismo economico ma proprio della crescita sociale. Quanto più analizziamo i
caratteridiquestacrisitantopiùvediamocheilmeccanismoeconomico,nonèsfuggitoalcontrollopolitico,né
delgovernonédelloStato,nédeipartiti,tantoèverocheoggivediamounforterecuperodelcontrollopolitico
sul meccanismo economico. Quello che invece è scappato di mano è il controllo politico del sociale. Il che
appuntorendepossibileancheesperienzedimovimentotutteschieratesulcampodelladisgregazionesociale.La
scelta della violenza parte da qui, ed è qui che bisogna tagliare il filo, per evitare che arrivi a sbocchi politici
pericolosi164
DalleparoleriportatesicapiscecheTrontigiudicatuttoil“movimentodel ’77”quantomeno
“immaturo”, innanzitutto, dal punto di vista teorico strettamente marxista. In esso, infatti,
Tronti rileva forti componenti di natura “ideologica”, nel senso di una teoria che stravolge
obiettivipratici in richiestedi immediatorivolgimento totale: ‘nonriescoavederemoltodi
più che un ritorno all’ideologia in questa cosiddetta “teoria dei bisogni”, con al suo centro
nientemeno che il bisognodi comunismo’165. Un’ideologia, dunque, cheper di più ha il suo
pernonel‘rapportodisfiduciaconglioperai’.D’altraparte,comeabbiamogiàdetto,Trontiè
pienamentecoscientedelfattochelacomposizionediclasse,nelmomentoincuistaparlando,
è cambiata dai tempi dell’operaio massa, ‘cioè dell’operaio in linea della grande industria
post-taylorista,chepotevaesserealcentrodiungrossobloccostorico-socialefattoanchedi
alleanze politiche’. L’operaio-massa, dopo il cambiamento della composizione sociale, ha
ormaipersoimportanza‘edèvenutafuori,proprionellaesperienzadelcapitalismomaturoe
soprattuttoinalcunegrosseesperienzedilottaoperaiaeuropeaoinpartequellaamericana,
unanuova figura sociale, che è quella che loro chiamano appuntodell’operaio sociale’. Che
cosaèl’operaiosocialesenon‘laforzalavorochenonhapiùcomepuntodiriferimento,come
punto di lotta la fabbrica, ma ha come punto di riferimento diretto appunto il livello
cosiddetto del sociale’ 166 . Da Tronti viene vista con sospetto, in particolare, la
“proletarizzazione” della classe operaia, un punto fondamentale dell’elaborazione di Negri,
l’operaio chediventaproletarionella società e chedal sociale fa ripartire la lottadi classe:
‘l’operaio socializzato deve trovare, secondo loro, anche a livello di organizzazione, il suo
livelloprivilegiatocon le frangeemarginatedellasocietà,conquellechevengonoespulse,o
chenonvenganoaccoltenelprocessoproduttivo,enonsolo,maancheconlaforza-lavorodei
servizi’167.
164M.Tronti,SoggettiCrisiPotere,Bologna,Cappelli,1980,p.22165Ivi,p.23166Ibidem167Ivi.p.24
58
Allora, sì, l’Autonomia Operaia contienemolti elementi di novità, però, nello stesso tempo
propugnaunpericolosoritornoalpassato:
Rispunta fuori l’ortodossia marxista nel senso vecchio della parola. Basta il fatto che venga riproposta la
categoriadelproletarionelcapitalismomaturo;giàquestodicequalèlalorocollocazioneteorica.Nonsolo,ma
si rivelano anche grandi difensori della lettera addirittura di alcuni passaggi direttamentemarxiani; nei casi
migliori siprendonodirettamente i “Grundrisse”, alcunepartidel “Capitale”etc.Tuttociòvienericollegatoad
un’esasperazione della tematica politica, perché dietro la lotta di classe nel sociale si cerca di stabilire un
rapporto diretto di scontro con il livello statale. Ecco, proprio quando arriviamo alla concezione che“l’autonomia”hadelterrenopolitico,dellivellostatale,scopriamocheanchedietroquesteformeideologichec’è
lariscopertadelvecchio.Perlorolostatoèveramentesoloesempreilvecchiostato,ilvecchioapparatopuroe
semplice di repressione, di coercizione, dall’alto del quale non è possibile nessun tipo di controllo né della
societànédelmeccanismoeconomico,equindihannodellostatoancoraquestavisionecomunarda,diqualcosa
chefaviolenzaeacuibisognarispondereappuntoconlaviolenza168
PerTronti,iprocessididisgregazionedellasocietàdevonoesserefermati:bisognaelaborare
unprogettodi ricomposizionedei rapporti sociali, di riaggregazionedella società intornoa
certe “realtà” di classe. Insomma, è necessario neutralizzare la figura dell’operaio sociale
saltata fuori ‘dal cappello dell’illusionista della rivoluzione’169 . L’operaio sociale è nato
“vecchio”,replicauna“concezionecatastrofica”delsistemacapitalistico.Prima,diceTronti,si
dicevacheilcapitalismomaturoproducevaunpiùaltolivellodilottadiclasse,invece,adesso
seilcicloeconomicocrolla,siproducedisgregazione,emarginazione,destabilizzazione: ‘non
viene inmentechesiamopiùavanti,cheabbiamoforza,organizzazione,conoscenza, talida
poter tentare di piegare e integrare questo sistema, piuttosto che arrenderci alla disperata
paura di esserne integrati e piegati. Viene solo in mente – si vuole venga in mente – che
grande è il disordine sotto il cielo, e che questo è bene, così i rotocalchi potranno
documentare, con foto e servizi, come dalle periferie urbane, ad accerchiare il centro della
città,avanzil’ultimostranosoldato,ilproletariodelterziario’170.
Qual è la colpa dell’Autonomia? Accusare la classe operaia di aver tradito la “causa”:
‘gliel’avevano detto: bisogna assalire il Palazzo d’Inverno! E quella, niente, continuava a
picconareilmurodeibassisalari’.Ora,il“vero”proletariatostaaltrove:‘daquandoillavoro
produttivohastrettoquestopattoconildiavolodellaproduzionecapitalistica,ilproletariato
non sta più in fabbrica,ma nel “sociale”, cioè nei quartieri, nelle università, negli ospedali,
168Ibidem169Ivi,p.30170Ibidem
59
nelle cabine telefoniche, nei collettivi di quelli che ti vengono a leggere la luce a casa’171.
“Confusione”,questoilmaledell’autonomia:confusione,vuoldire“sovrapposizione”equindi
mancanza di coordinamento, incapacità di organizzazione. Unico risultato per la lotta di
classe:rivendicazioni“cieche”,utiligiustoperesserestrumentalizzate.Allaclasseoperaia–al
“lavoro vivo” – con in testa un “partito” che ne garantisca l’unità politica, deve ritornare il
ruolodiforzamotricedelprocessorivoluzionario.Iltonoironicodellaparolediprima,inogni
caso, non nasconde il punto centrale dell’argomentazione trontiana: la categoria di
“antagonismo sociale”, può al massimo correggere e integrare la categoria di “conflitto di
classe”,mamaidovràsostituirla.Siècosìarrivaticosìalpuntopiùestremodicollisionetra
NegrieTronti:perquest’ultimo,infatti,ilterrenoultimodel“conflittodiclasse”èil“potere”–
nonper forza “statuale” – imeccanismi di funzionamento delle forme istituzionali: proprio
questi hannopermessoal capitaledi svilupparsi edimaturare, non il contrario. SeNegri e
Trontisieranogiàalacrementescontratisualtrifronti,suquello“politico”,sicombattesenza
esclusionedicolpi.Lariaggregazionealivellodi“operaiosociale”–diceNegri–èpienamente
in grado di portare al suo interno il problema del “politico”, ancor di più in seguito alla
‘definitiva caduta dello stato di diritto come stato che media poteri, laddove invece è una
concezione nuova che emerge ed è la concezione del contropotere diretto’172. Inoltre, per
quanto riguarda le critiche alla “teoria dei bisogni” (storici), basterà dire che, appunto, i
“bisognistorici”corrispondonoa‘unanuovaformadellacooperazionesocialeproduttiva,sia
sul livello della produzione che sul livello della riproduzione, quindi a una nuova forma di
comunità operaia, e questa nonpuò essere interpretata che comepotere essa stessa, come
potereirresolubile’173.Laforzadel“movimento”èproprioquelladistabilire“livellidianalisi”
corrispondentia“livellidiattivitàpolitica”:disgregazione,confusione,caos?‘Restatuttaviail
fatto che questomovimento è indomabile e capace di rinnovare non solo se stesso,ma di
rinnovare continuamente le formeconcettualinellequali si esprime la lotta. Il rapporto fra
nuovi bisogni e potere è a questo proposito fondamentale’174 . A Tronti e al PCI, che
considerano l’operaio sociale unicamente comemomento di disaggregazione, viene rivolta
un’accusanetta.DietroallaconcezionedellaclasseoperaiachesifaStato,edel“partito”che
guidaloStato,sicelaunavisionestalinistadellarivoluzione,percuiaognicontraddizioneche
puònascerenellasocietàcivilesirispondeconla“repressione”.
171Ibidem172A.Negri,Dall’operaiomassaall’operaiosociale,Milano,Multhipla,1979,p.18173Ibidem174Ivi,p.19
60
Secondotalevisione, l’operaiosocialesarebbeunafiguraemersadall’accerchiamentoche la
“vera” autonomia operaia ha operato nei confronti di una “minoranza”, identificabile nel
“partitodell’emarginazione”.Semmai,èpropriopernasconderela“verità”dell’operaiosociale
cheilpartitocomunistaèarretratosuposizioni“staliniste”,controbatteNegri:
Quandodicostalinismo,dicosolamenteautonomiadelpoliticointerminirepressivi,dicolaformadirepressione
chelostatodeipartiti,valeadirequellaformadiStatonellaqualeimeccanismitradizionalicheconfiguravanoil
partitosonocompletamentestravolti,(ilpartitocioènonfunzionapiùcomeelementodiconsenso,mafunziona
semplicementecomeelementodimediazione),nelquale,dunqueilpartito,edilpartitocomunistainparticolare,
funzionacomeelementodimediazionerepressiva.Questoè lostalinismoattuale(travirgolette), lostalinismo
attuale del partito comunista. Cioè di un partito che a questo punto decide la sua partecipazione al potere, e
gestisce questa partecipazione mediando interessi conflittuali, negando l’autonomia dell’interesse di classe o
riconoscendola semplicemente nella figura di una centralità operaia, esasperata fino a diventare elemento
ideologicodidominio175
Negri,diversianniprimadipronunciarequesteparole,avevagiàespostolalineaindicata;è
interessantenotarecomeinquelcasosisiaricollegatodirettamenteallariflessionediRaniero
Panzieri.LacaratteristicafondamentaledelpensierodiPanzieri–standoallaricostruzionedi
Negri–èquelladi‘tentaredicombinarecriticamenteilradicalismo–presuppostooalluso–
della sua concezione dell’autonomia operaia con la tematica del riformismo e
dell’integrazioneoperaiacheveniva inquella faseemergendo’176.È soprattuttoPlusvaloree
Pianificazione ad attirare l’attenzione di Negri, almeno fintantoché in esso ‘viene portata
avantiessenzialmentel’ideachel’allargamentodellapianificazionecapitalisticaelaconquista
capitalisticadellasocietàapprofondisconoilcarattereantagonisticodelrapportodicapitale;
nellamisuraincuiilprocessodivalorizzazionetendeacoprireognispaziosociale,equindia
comprendereogniforzasocialeunificandolaall’internodisestesso,questorapportodiventa
semprepiùantagonisticoel’antagonismodifabbricavieneriportatosullasocietà;l’anarchia
della società capitalistica vienedissoltadalla regoladel dominiodispoticodel capitale, così
come si pone in fabbrica; l’unificazione della fabbrica e della società diviene la tendenza
(antagonistica)dellosviluppocapitalistico’177.AdaffascinareancoradipiùNegriilmomento
incuiPanzieriarriva“allasoglia”–poichénonvienemaiinteramenterecuperatosecondolui
– del concetto di “composizione politica di classe” in Sull’uso capitalistico delle macchine:
specifico della “ricomposizione unitaria” è il rapporto tra l’elemento tecnologico e quello
175Ivi,p.20176A.Negri,“AmbiguitàdiPanzieri?”,in“Aut-Aut”,1975,149/150,p.144177Ibidem
61
organizzativo-politicoall’internodelprocessodiproduzionecapitalistico,percui‘illivellodi
classe si esprimenoncomeprogressomacomerottura,noncome “rivelazione”dell’occulta
razionalità insita nelmodernoprocessoproduttivoma come costruzionedi una razionalità
radicalmente nuova e contrapposta alla razionalità praticata dal capitalismo’178. Tuttavia,
evidenzia Negri, ‘in Panzieri non è presente l’idea di un’autonomia di classe che riesca a
rappresentarsicomenoncapitale,asvilupparenellelotteeneicomportamentimaterialiuna
razionalitàcontrappostaeadareaquestarazionalitàcontrappostaeaquesticomportamenti
antagonistici una continuità che abbia il suo completamento nel processo organizzativo’179.
Insomma, laclasseoperaia,anchenel suopiùaltomomentodi lotta, restaunacomponente
delcapitale:‘siasulpianodelprocessodivalorizzazionecomplessivachesisvolgeall’interno
dell’interasocietà,siasulpianodiunaconnessionecomplessivasocialedellavoroproduttivo,
laclasseoperaiarestacapitalevariabile’180.Rilevatociò,NegrisisentediperdonareaPanzieri
quelle ambiguità evidenziate da molti per via dell’originalità con la quale ha delineato lo
“Stato capitalistico contemporaneo”. La “pianificazione”per luinonè razionalità socialema
‘controllopianificato,apiùdimensioni,dellalottadiclasseedell’esistenzasociale,semprepiù
sociale,delproletariato’, inpratica, loStato-pianoè ‘controllosul funzionamentodi tuttigli
elementi della riproduzione sociale del capitale, e soprattutto controllo e dispotismo sulle
variabili indipendenti del processo’181. Lo Stato capitalistico contemporaneo, in pratica, è
costrettodall’intensitàquantitativaequalitativadellelotteoperaieeproletarie,aesaltarela
“razionalità” del comando e della crisi come momento della lotta di classe. Tale scontro
precedeilcontrollodelcapitalesullasocietàcivileattraverso loStato: ‘eglihavistocomela
lottaper lariappropriazionedelle forzeproduttive, fraclasseoperaiaestato,cominciassea
divenire il problema fondamentale’ 182 . Negri, infine, sottolinea come Panzieri abbia
correttamente ordinato i termini “classe operaia” – “Stato-piano”/società capitalistica e
“movimentooperaio”,individuandol’indipendenzadel“soggettoproletario”come“elemento
stabile” ma “dialetticamente agente”. Per potersi ricollegare all’aspra polemica con Tronti:
Negri, già nella riflessione di Panzieri, trovava conferma al fatto che ‘per l’integrazione
comprensivadelcomandosullaproduzione(esullacrisi),loStatovafacendosidirettamente
potenzaeconomica’einquestosenso‘lacriticaalpartitodiventafondamentale’183:
178Ivi,p.146179Ibidem180Ibidem181Ivi,p.150182Ivi,p.152183Ivi,p.155
62
Ilrapportofrateoriadellacomposizionepoliticadellaclasseeteoriadellarivoluzioneèprioritarioe fondante
rispetto alla teoria del partito. L’antistalinismo radicale – non radicale e imbroglione – del pensieromarxista
esige che sideterminiquesta cesura: cesura conoscitivamaanchepratica eprogettuale, nella consapevolezza
che, comunque, la teoriadelpartitodeveessere–nelprocessorivoluzionario,nelprocessodi transizione,nel
processo del comunismo – subordinata all’autonomia di classe. In Panzieri l’anticipazione di questi temi, per
quantoambigua,ènondimenoreale184
Finora si è visto come, anche diversi anni dopo aver scritto su Panzieri, la prima
preoccupazionediNegrièancoraquelladiriportareildiscorsosulprocessorivoluzionarioal
livello dell’autonomia della classe operaia che si realizza come “separazione” dallo “Stato-
impresa”capitalistico,formadeldominioedelcontrollodelcapitalesullasocietà.Tuttavia,ai
tempidell’accesapolemicaconTronti,ilpensierodiNegrihagiàsubitouna“svolta”decisiva,
influenzata in particolare dalla riscoperta deiGrundrissemarxiani che – come anticipato in
precedenza–luiconsiderabenpiùdisempliciscrittipreparatorialCapitale.Siritorniperun
momentoal concettodi “operaio sociale”.Tronti e altri ex-operaistidi areaPCI sostengono
chel’operaiosocialesia‘unapraticabelletristicaattornoaquellocheinrealtàèunfenomeno
di emarginazione’185. In effetti, alcune frangedell’autonomia rivendicano il ruolodi “partito
delghetto”edi “secondasocietà”manonpotrebberoessereperquestomotivopiùdistanti
dalpensierodiNegri.Sipongacomepresuppostoall’approfondimentocheseguirà: laclasse
degli“operaisociali”èlanuovaformachela“classeoperaia”haassuntoperaffrontarelalotta
diclasseinseguitoalletrasformazioniimpostealcapitale.
L’accusa mossa all’operaio sociale – in cui riecheggiano, per certi versi, le immagini che
descrivevano il lumpenproletariat -nonsolovienenegatadaNegrimaancheribaltata inun
marchiod’infamiaper chi lamuove.Ammesso chequesta cosiddetta “seconda società” e la
figuradell’operaiosocialesianomoltovicine,talmentevicinedafarconfondereidueoggetti
teorici, d’altraparte,non sipuò ignorare chequesta società ‘soffredel lavoro salariato, che
soffre del lavoro, che soffre di tutte quelle che sono le condizioni, le orride condizioni di
svalutazionedella forza-lavoro che il capitaleha imposto’186.Ora, ènecessario capire seun
partito che si nomina “comunista” considera la svalutazione della forza-lavoro come una
condizione che esclude dalla classe operaia, si chiede ironico Negri. Per lui è chiaro quali
interessisicelinodietrolalineadelPCIinquestocaso:
184Ibidem185A.Negri,Dall’operaiomassaall’operaiosociale,Milano,Multhipla,1979,p.21186Ibidem
63
Citroviamodifronteaunamassadiforza-lavoroilcuisaggiodisfruttamentoèaltissimoeilcuisaggiosalariale
èbassissimo.Questosignificachelasvalutazionedellaforzalavoro,delsuocosto,chenonèstatapossibilenei
confrontidicertisettoriavanzatidellaclasseoperaia,èrovesciatasualtrisettoridellaclasseoperaia.Ilpartito
comunistainItaliaaccettaquestadivisionecometrampolinoperunsuoinserimentoattivoall’internodelpotere.
Il partito comunista accetta questa divisione della classe operaia come elemento fondamentale per poter
garantiretalunisettoridellaclasseafrontedialtri.Ilpartitocomunistaintroduceunaconcorrenzasfrenatafra
settori, tramassediclasseoperaia.La funzioneantioperaiadellapoliticadelPCIdaquestopuntodivistanon
puòesserepiùchiara.Tutteleideologiedellasecondasocietànonsonoaltrecheideologiecheservonoquesto
progetto di divisione della classe operaia e da questo punto di vista vanno battute esattamente come vanno
battutetutteleideologiefascistedirotturadellaclasseoperaia187
Per smontare le “vecchie” posizioni operaiste e denunciarne sistematicamente le
mistificazionidinatura ideologica,allora,aNegrinonrestacheribadire la “naturaoperaia”
dell’operaio sociale: essa non solo permette a quest’ultimo di abbracciare ampiamente le
sfaccettature di una classe composita ma ne garantisce anche la dimensione politica
all’interno del processo di ricomposizione, oltre ad avere il merito di rendere il concetto
stesso di “operaio sociale” politicamente “efficace” in un preciso contesto storico, in una
nuovafasedellaproduzionecapitalistica.Allora,sipuòdirechelateorizzazionedell’operaio
socialesvoltadaNegriha l’obiettivodi individuareunasoggettivitàantagonisticachesia in
gradodiaffrontareunlivellodiastrazionesuperiorenonsolosulpianodellavorodifabbrica
maanchesuquellodiunadeterminatasocietànazionale.Inultimaanalisi,l’operaiosocialeè
la soggettività antagonistica al livello dell’astrazione determinata identificata nel “mercato
mondiale”, l’orizzonte ultimo dello sviluppo capitalistico che, nello sforzo di astrazione
compiuto per globalizzare il mercato, determina un aumento dell’astrazione del lavoro
“produttivo”. Questa è, in sintesi, l’inizio della “svolta” che, sull’asse Dalla Volpe-Panzieri-
Tronti,sicompieconl’apportofondamentaledellaletturadeiGrundrisse,perpoiconvergere
nella scrittura diMarxoltreMarx, pubblicato nel 1979ma scaturito dalle lezioni tenute un
annoprimaaParigi,All’EcoleNormaleSupérieursuinvitodiAlthusser.
Come si accennava, per Negri i Grundrisse ‘non sono solo un testo solo filologicamente
utilizzabile per studiare la costituzione delCapitale: sono un testopolitico, la congiunzione
dell’apprezzamentodellapossibilitàrivoluzionariapresentatadalla“crisiimminente”edella
volontà teorica di una sintesi adeguata dell’azione comunista di classe operaia a fronte di
ciò’188.
187Ibidem188A.Negri,MarxoltreMarx,Milano,Feltrinelli,1979,p.19
64
Maperunacosa, inparticolare,sono importanti, ladefinizionedel lavoro inessicontenuta:
‘neiGrundrisseillavoroapparecomelavoroimmediatamenteastratto.Lasuacomprensionee
lasuaassunzioneallateoriasidannosoloaquestolivello.Illavorodivieneastrattoinquanto
immediatamente percepibile solo a livello dei rapporti sociali di produzione. Il lavoro è
dunquesolodefinibilesullabasedeirapportidiscambioedellastrutturacapitalisticadella
produzione’189.Atalproposito,èil“frammento(ocapitolo,NdA)sullemacchine”arivestire
unaparticolare importanzanella teorizzazionediNegri–giàai tempidelquartonumerodi
“Quaderni rossi”, quando fu tradotto da Renato Solmi, esso entrò a far parte del “canone”
operaista. In esso, Marx descrive il momento in cui le macchine arrivano ad occupare il
“luogo”(intesonelsuosignificato“spazio-temporale”)del lavorodi fabbrica,determinando,
quindi, come principale forza produttiva di plusvalore il “lavoro astratto”, il lavoro di
conoscenza, il lavoro immateriale. Il soggetto di quest’ultimo non potrà più essere
riconosciuto in una classe di natura principalmente ”economica” – l’operaio massa di
trontiana memoria, in questo caso – ma in quello che Marx chiama “general intellect”
(sintetizzando:capacitàscientificaoggettivatanel“sistemadellemacchine”)eche,inqualche
modo, Negri aveva già ravvisato nelle sue forme fenomeniche di “fabbrica diffusa” e
“terziarizzazione”.
Inconclusione,quandoil“sistemaautomaticodellamacchine”siappropriadella“fabbrica”,e
ilcapitalesussumeillavoroe,dunque,estendendosisuognialtrasferadeirapportieconomici
(dove vienemessa a lavoro la “conoscenza”) sussume anche l’intera società, la soggettività
antagonisticadeveandare“oltre”la“classeoperaia”–riunendosiinunanuovacomposizione
di classe: non più dentro e contro il capitale, ma “contro e fuori”, sfruttando la “crisi” per
“sottrarsi”, per uscire dal sistema di produzione capitalistico e dirigersi verso un “altrove”,
postoinvirtùdiunarazionalitàantagonistaautonoma,diunproprio“poterecostituente”.A
questo punto della riflessione, in realtà, anche il concetto stesso di “operaio sociale” è
divenuto ormai obsoleto, insieme all’intero impianto “operaista”. Negri provvederà ad
aggiornarevistosamenteentrambi.
189Ivi,p.23
65
SecondoCapitoloI.MarxcapovoltoPerproseguiresidovràadessofornireunadefinizioneperquantopossibileapprofonditadel
concettomarxiano di “general intellect”. Tra gli obiettivi che si propone questa trattazione
nonc’èquellodientrarenellospecificodeldibattito–almenononoltreiterminichefinorasi
sono esposti, in particolar modo quando si è parlato dei Grundrisse – che verte sul
riconoscimentodelconcettosottoesamecomepienamente“marxista”(nelsensodicoerente
rispetto a un certo apparato critico-scientifico che si vuole in qualchemodo “codificato”) o
meno. Infatti, non pochi hanno sottolineato che quello che Marx definisce come “general
intellect” – seppurparticolarmente interessantedal puntodi vista analitico, pur rivestendo
una notevole importanza nelle piùmoderne posizioni che appaiono in linea colmarxismo,
comequelladiNegri–apparecomebenpoco“marxista”.
Per esempio, Paolo Virno, riferendosi a quello che d’ora in avanti chiameremo unicamente
“Frammento sulle macchine” (riprendendo così la prima traduzione italiana del brano dei
Grundrisseapparsasu“QuaderniRossi”nel1962),hanotatoche:
Inquellepagine,scrittequasi inapneanel1858sotto l’incalzaredi impellenti impegnipolitici, sonoracchiuse
riflessioni sulle tendenze di fondo dello sviluppo capitalistico che non è possibile rintracciare in altri luoghi
dell’operamarxianaeche,anzi,suonanoalternativealle formuleconsuete.Marxsostiene, lì,unatesibenpoco
“marxista”: ilsapereastratto–quelloscientifico inprimoluogo,manonsolo–siavviaadiventare,proprio in
virtùdellasuaautonomiadallaproduzione,nientedimenochelaprincipaleforzaproduttiva,relegandoillavoro
parcellizzatoeripetitivoinunaposizioneresiduale.Sitrattadelsapereoggettivatonelcapitalefisso,incarnatosi
(meglio: inferratosi) nel sistema automatico dellemacchine.Marx ricorre a un’immagine assai suggestiva per
indicare l’insiemediconoscenzechecostituiscono l’epicentrodellaproduzionesocialee, insieme,preordinano
tuttigliambitivitali:egliparladigeneralintellect,diunintellettogenerale.“Losviluppodelcapitalefissomostra
fino a quale grado il sapere sociale generale, knowledge, è diventato forza produttiva immediata, e quindi le
condizioni del processo vitale stesso sono passate sotto il controllo del general intellect, e rimodellate in
conformitàaesso.”190
Daquesteultimeparolesembraemergereunaconcezionedellaclasseoperaiamoltodiversa
daquellaespressainaltritestimarxiani.Ancorameglio,sipuòdirechela“classica”visionedi
Marxsipresentacapovolta:almenofinoaquandositienepresenteche,seguendoquestatesi,
l’operaio collettivo non può più essere considerato come l’agente principale del processo
190A.Zanini,U.Fadini(acuradi),LessicoPostfordista,Milano,Feltrinelli,2001,pp.146-147
66
produttivo, anzi, l’operaio non è più collocabile nemmeno all’interno di questo stesso
processo.L’operaiooccupaunruololateralerispettoallaproduzione,sipone“accanto”aessa.
L’ipotesi diMarx, inquesto caso, è che il “sapere” si dimostra tendenzialmentepreminente
rispetto al “tempo di lavoro” via via che lo sviluppo capitalistico procede nel suo corso,
andando così a mettere in discussione il fondamento stesso di quella che lo stesso Marx
ritieneesserel’architravedeirapportisociali,ossiala“leggedelvalore”,perlaquale,appunto,
ilvalorediunamerceèdeterminatodaltempodilavoroincorporatoinessa.Nonostanteciò,
ilcapitalecontinuaaconsiderareleforzesocialiinbaseal“tempodilavoro”eilmovimento
operaiocontinuaadaverecomeragiond’essereil“lavorosalariato”:
ÈaquestopuntocheMarxprospettaun’ipotesiemancipativamoltodiversadaquelle,piùnote,daluiespostein
altri testi.Nel “Frammento” la crisi del capitalismonon èpiù imputata alle sproporzioni insite inunmododi
produzionerealmentebasatosultempodilavoroerogatodaisingoli(nonèpiùimputata,dunque,aglisquilibri
connessiallapienavigenzadellaleggedelvalore,peresempioallacadutadelsaggiodiprofitto).Vieneinprimo
piano, piuttosto, la contraddizione lacerante tra un processo produttivo, che ormai fa leva direttamente e
esclusivamentesulla scienza, eun’unitàdimisuradella ricchezzaancoracoincidentecon laquantitàdi lavoro
incorporata nei prodotti. Il progressivo allargarsi di questa forbice conduce, secondo Marx, al “crollo della
produzionebasatasulvalorediscambio”e,quindi,alcomunismo191
A tal proposito, come rileva sempre Paolo Virno, è interessante notare che, a parte
rivolgimenti rivoluzionari ‘o anche solo conflittuali’, l’analisi di Marx si è rivelata quasi
totalmente esatta nell’attuale epoca post-fordista: ‘anziché focolaio di crisi, la sproporzione
tra il ruolo assolto dal sapere oggettivato nelle macchine e la decrescente importanza del
tempodilavorohadatoluogoanuoveestabiliformedidominio.Iltempoineccesso,cioèuna
potenziale ricchezza, si è manifestato comemiseria: cassa integrazione, prepensionamenti,
disoccupazione strutturale (provocata dagli investimenti non dalla loro mancanza),
proliferazionedigerarchie’192.
Alla luce di questa constatazione, si può dire che il “Frammento sulle macchine”, più che
alludereaunsuperamentodell’esistente, èuna “cassettadegli attrezzi”nellepossibilitàdel
sociologochesi trovia studiare la “storianaturale”della società. Infatti,notaancoraVirno,
nell’ultimapartedelbrano,Marxscrivechenellasocietàcomunistaentrerànellaproduzione
l’individuointero,senzaamputazioni:‘ebbene,nonc’èchinonvedacheilprocessolavorativo
postfordistasigiova,asuomodo,propriodiquestatrasformazione,privandolaperòdiogni
191Ivi,p.147192Ivi,p.148
67
auraliberatoria.Ciòchesiapprendeesiesperisceesiconsumaneltempodinon-lavoroviene
poiutilizzatonellaproduzionedimerci,entraafarpartedelvalored’usodellaforzalavoro,è
computatocomeunaprofittevolerisorsa’193.Tuttavia,il“Frammento”hasuperatoinattualità
ilsuostessoautore.Infatti,comesiègiàevidenziato,Marxhaidentificatodeltuttoil“general
intellect” (il sapere come principale forza produttiva) con il capitale fisso, la capacità
scientificaoggettivatanelsistemadellemacchine,cosìfacendo‘hatrascuratoillatopercuiil
general intellect si presenta come lavoro vivo’. Nel sistema post-fordista, d’altra parte, la
connessionetrasapereeproduzionenonsiesauriscenelsistemadellemacchinemasiattiva,
si svolge e si articola nelle strutture linguistiche e nel concreto agire cooperativo di una
comunitàdi“parlanti”,omeglio,di“viventi”:
Inambitopostfordistagiocanounruolodecisivocostellazioniconcettualieschemi logicichenonpossonomai
rapprendersi in capitale fisso, essendo bensì inscindibili dall’interazione di una pluralità di soggetti viventi.
L’”intellettogenerale” comprende,dunque, conoscenze formali e informali, immaginazione, inclinazionietiche,
mentalità,“giochilinguistici”.Neiprocessilavorativicontemporanei,cisonopensieriediscorsichefunzionanodi
persécome“macchine”produttive,senzadoveradottareuncorpomeccanicoeneppureun’animellaelettronica.
Edèprecisamente inquestarottura trageneralintellect e capitale fisso, inquestaparzialeredistribuzionedel
primoall’internodel lavorovivo,chebisognascorgere lamatricedeiconflitti, lacondizionedipiccoliegrandi
“disordinisottoilcielo”194
Nell’attuale fase dello sviluppo capitalistico, il “general intellect” è declinabile come
“intellettualità di massa”, cioè l’insieme di tutto il lavoro vivo ‘in quanto depositario di
competenzecognitivenonoggettivabilinelsistemadellemacchine’195.Contaleespressionesi
vuolerenderechiaroche,nonsoloquellochedaquestevieneprodotto,malastessafacoltàdi
linguaggio, coma la disposizione all’apprendimento, lamemoria, la capacità di astrarre e di
correlare, l’inclinazioneall’autoriflessione, tutte leattitudinigenerichedell’essereumano, in
epocapostfordista,ricopronoesclusivamenteilruolodirisorsaproduttiva.Allora,sipuòdire
che il “general intellect” organizza il processo produttivo così come “il mondo della vita”;
rimanendopursempreun’astrazione,essoècomunque“reale”,“concreto”,ossiadotatodiuna
materialeoperatività: il“general intellect”stabilisce lepremesseanaliticheperognisortadi
prassi.
193Ibidem194Ivi,pp.148-149195Ivi,p.149
68
Imodellidelsaperesocialenonequiparanolevarieattivitàlavorative,masipresentanoessi
stessi come “forza produttiva immediata”. Non sono unità di misura, ma costituiscono lo
smisuratopresuppostopereterogeneepossibilitàoperative196.
Detto questo, si può notare che la nozionemarxiana di “general intellect” contraddice una
lunga tradizione filosofica che vede nel pensiero un’attività solitaria, infatti, quando dice
“intelletto generale”, ancor più che “intellettualità di massa”, Marx intende “intelletto
pubblico”. Considerando che ‘nel postfordismo, la “vita della mente” diventa estrinseca,
condivisa, comune’, tale pubblicità dell’intelletto ha almeno due conseguenze. La prima
riguarda la natura del potere politico per cui la pubblicità dell’intelletto simanifesta come
crescita ipertrofica degli apparati amministrativi: ‘l’amministrazione, non più il sistema
politico parlamentare, è il cuore della statualità:ma lo è, appunto perché rappresenta una
concezione autoritaria del general intellect, il punto di fusione tra sapere e comando,
l’immaginecapovoltadellacooperazionesociale’197.Ilpassaggiodalla“razionalizzazionedello
stato”alla“statualizzazionedell’intelletto”èormaicompleto.D’altrocanto,c’èancheun’altra
conseguenza,cheriguardadirettamentelanaturastessadelpostfordismo:
Mentre il tradizionaleprocessoproduttivo si basava sulladivisionetecnicadellemansioni (chi fa la capocchia
dello spillononsioccupadel corpodello spillo, eviceversa), l’agire lavorativo imperniatosulgeneralintellect
muove dalla comune partecipazione alla “vita della mente”, ossia dalla preliminare condivisionedi generiche
competenzecomunicativeecognitive.Lacondivisionedell’”intellettogenerale”divental’effettivofondamentodi
ogni tipo di prassi. Rattrappiscono, quindi, tutte le forme di azione concertata che si basano sulla divisione
tecnicadellavoro198
Ora, per approfondire ulteriormente i caratteri dell’attuale sistema produttivo basato sul
“generalintellect”bisogneràaggiungereall’equazioneil“salto”tecnologicochehariguardato
ilpassaggiodall’etàfordistaaquellapost-fordista.Daunaparte,c’èla“catenadimontaggio”,
la “macchina” simboloper eccellenzadel fordismo, che chiedeun adattamentodei bioritmi
dellaforza-lavoroallapropriadinamicadifunzionamento,finoaquandolaforzalavoronon
nediventaunafunzione,unacomponente;dall’altraparte,èil“computer”aesseresimbolico
dell’etàpost-fordista,cioèuna“macchina”chepretendeunaforza-lavoroingrado,attraverso
competenze e “saperi”, di interagire con essa: ‘la potenza tecnologica che si esprime nel
fordismodisciplina–subordinaallalogicadellavalorizzazionechelainveste,chelainforma–
196Cfr.Ibidem197Ivi,p.151198Ibidem
69
laforza-lavoro;lapotenzatecnologicachesiesprimeinvecenelpostfordismo“dialoga”conla
forza-lavoro,ne“stimola”lefacoltà,innanzituttoquellecognitive’199.
Compresociò,èsemplicecapirechesela“liberazione”,lariacquisizionedelladignitàumana,
lacapacitàdiassumere la formadisoggettopolitico,nell’ambitodella fase fordista,passava
del rovesciamento dei rapporti con la “macchina”, in epoca post-fordista i rapporti con la
“macchina”diventanomoltopiùcomplessi,senonaltroperchéil“computer”potrebbeessere
persinoconsideratostrumentodi“liberazione”.Tuttavia,il“salto”tecnologicotrafordismoe
post-fordismoassumeuncarattereprettamentequalitativo,soprattutto,perunaltromotivo:
l’uomosiconfondeconlamacchina,il lororapportocominciaaevidenziarecorrispondenze,
prolungamenti, sostituzionidell’unocon l’altra.L’uomononsolocomunicacon lamacchina,
non solo diventa un suo ingranaggio: in certe condizioni diventa chiaro il fare-macchina
dell’uomo. Si potrebbe concludere che è lo stesso percorso evolutivo della specie umana a
richiedereilpassaggiodall’utensile–proiezionedellefunzionidel“vivente”edesonerodallo
“sforzo”-alfare-macchina,inbaseaunaprogressivacomplessitàdelquadroincuiilsoggetto
umanoprocedenella sua “vita”, in rapportoaidiversigradiorganicienonorganicidiessa.
Allalucediquantodetto,però,èevidentechelacombinazionediuomoetecnica,culminato
nell’ibridouomo-macchina,siaandatamaturandoinsiemeallosviluppodellegamedisapere
eproduzione, alla sovrapposizione traprocessoproduttivoemodalitàdi comunicazione: ‘il
corpo-“soggetto”ibridosiqualificaquindisempredipiùcomeinterfacciacomunicativa,come
integrato nel processo di valorizzazione del capitale (segnato linguisticamente), proprio
perchérisultaconfusoconunatecnologiachepenetrailsuo“interno”’200.
Questa è quella che è stata brillantemente denominata la “svolta linguistica dell’economia”
chedisegnaiprocessidivalorizzazionedelnewcapitalism201,caratterizzati,comesièdetto,
dallasovrapposizionediprocessocomunicativoeprocessoproduttivo.Fadiniharibattezzato
questomodellocomeessenzialmente«tecno-antropogenetico»,poichésisottendeadesso‘la
capacità che il corpo della forza-lavoro possiede di fungere da contenitore, oltre che della
facoltà di lavoro, delle funzioni proprie del capitale fisso’202, ossia deimezzi di produzione
come accumulo di codici, conoscenze sedimentate, serie produttive. Solo così è possibile
analizzarelanatura“artificiale”dell’uomo:raffigurando‘lacrisidelfordismonelsensodella
ridefinizione del rapporto tra il capitale e il lavoro, indicando la necessità di conservare la
distinzionetracapitale fissoecapitalevariabile,vedendoperòquestedue formedicapitale
199U.Fadini,Lavitaeccentrica,Bari,DedaloEdizioni,2009,p.13200Ivi,p.29201Cfr.Ivi,p.71202Ibidem
70
all’internodel vivente,nel corpopropriodella forza lavoro’. Chiariti questi termini, diventa
visibilelametamorfosidelcapitalismo,delmododiproduzionecapitalistico.Ilcapitalefisso,
in senso tradizionale, la macchina “fisica”, propriamente “materiale”, perde la propria
importanzacomefattorediricchezza,mentreinmanieraprogressivasiaffermaunmododi
produzionechepassaattraversol’uomo,attraversoil“capitaleumano”:
Si può dire che al ridimensionamento dellamodalità tradizionale di articolazione del capitale fisso, nella sua
forma appuntomateriale e fissata, corrisponde un suo riaffermarsi vigoroso nella forma “fluida emobile del
vivente”.Qui il corpoviventedella forza-lavorovalecomecorporeitàdelle facoltà-capacitàedelsapere(come
“cervellosociale”),chenonperdeilsuovalored’uso(adifferenzadelmacchinario)nonappenacessadilavorare
perilcapitale:ilcorpo-macchina,l’ibridazionetecno-umana(daintendersianchecomesedimentazionedilavoro
passato),èsemprevivoeperciòeccedelasuamessaallavoroall’internodelcircuitodellaproduzione203
È interessante notare che la ricostituzione del capitale fisso all’interno del capitale umano
poggi su quella che Marx aveva chiamato la “dote” naturale della forza-lavoro, appunto,
un’eccedenza invariantedelvivente, chenonsiesauriscenel rapporto tra lavoroecapitale,
che permane nonostante l’erosione a cui la forza-lavoro viene esposta lavorando per il
capitaleechepuòesserelachiavedellasualiberazione,dellarivendicazionedell’autonomia
del“vivente”.Atalproposito,siricordicomeMarxabbiaspesomolteenergienelsottolineare
l’importanzadiquestaeccedenza-differenzadellavorovivo,anzi,ladifferenzarappresentata
dallavoro-vivocome“vivente”:
Ladifferenzaèillavorovivo,chesimanifestanello“scambio”trailcapitaleequellaforza-lavorocheconilsuo
valored’uso(capacitàpotenziale)produceappuntounadifferenzacheesprimelavalorizzazionedellavorocome
soggettività. Non bisogna quindi considerare lo scambio tra capitale e forza-lavoro nei termini propri di
qualunque scambio:Marx scrive, ad esempio neiGrundrisse, che il rapporto tra il capitale e la forza-lavoro si
articola come un “processo qualitativamente differente dallo scambio”, inmisura tale da risultare afferrabile
soltanto nella sua contrapposizione diretta allo scambio stesso, dato che si tratta di “una categoria
essenzialmentediversa”,diuno “scambioapparente”,proprioperchépresupponeche ildetentoredella forza-
lavorosipresenti insiemecome “liberoproprietario”della suacapacitàdi lavoro, ingradodivenderlaperun
tempocomunquedeterminato,equindigiuridicamenteegualealpossessoredidenaro,eancheperòcostrettoa
vendere la sua forza lavoro,data comemercee identificatanel suo “corpovivente”. Lo scambio tra capitale e
forza-lavoro ha dunque come sua premessa (legge) essenziale la separazione della proprietà dal lavoro, che
esiste sotto la vestedel “non” (“ènon-materiaprima, non-strumentodi lavoro, non-prodotto grezzo”, “il non-
203Ivi,p.73
71
oggettivo in forma oggettiva”), il che vuol dire poi che la sua “oggettività” coincide “con la sua immediata
esistenzacorporea”204
AnchePierreLevyhariconosciutoilvaloredelparadigmatecno-antropogenetico,valutando,
altresì, che i cambiamentidelmododiproduzionecapitalistico fordistanonpossonoessere
descrittisemplicementecomeuno‘spostamentodelleeconomieoccidentaliversoilterziario’,
bensìcomedeirivolgimentipiùprofondi,dicarattere“antropologico”;infatti,‘apartiredagli
anni70,per l’operaio, l’impiegato, l’ingegnerediventavasempremenopossibileereditare la
tradizionediun“mestiere”,farlapropriaetrasmetterlaquasiintatta,stabilirsidurevolmente
inun’identitàprofessionale.Nonsololetecnichesitrasformavanoaunritmoaccelerato,ma
diventava indispensabile imparare a confrontare, regolare, comunicare e riorganizzare la
propria attività. Bisognava esercitare costantemente tutte le proprie potenzialità
intellettuali’205. A questa ‘mobilitazione costante di capacità cognitive e sociali’, dice Levy,
corrispondenecessariamenteun‘fortecoinvolgimentosoggettivo’.Nelmomentoincuiviene
richiestountalecoinvolgimentosoggettivoagli“attoriumani”,lefinalitàeconomiche‘devono
rinviareallasferadelpolitico,nelsensopiùampio,ovveroall’eticaeallavitadellacittà’206.
Perriepilogare:
Inunregimedilavorosalariato,l’individuovendelapropriaforza-lavoroeilpropriotempodilavoroinbasea
un principio quantitativo facilmentemisurabile. Ora, questo regime potrebbe ben presto cedere il passo alla
valorizzazione diretta delle attività degli individui, o meglio delle loro competenze qualitativamente
differenziate,dapartediproduttoriindipendentiodipiccoligruppi.Inrealtàindividuiemicroimpresesonopiù
adatti delle grandi società alla riorganizzazione permanente e alla valorizzazione ottimale delle singole
competenze, che rappresentano oggi le condizioni del successo. La vita economica allora non sarebbe più
essenzialmente animata dalla competizione tra grandi compagnie, che arruolano sotto le proprie bandiere un
lavoro quantitativamente misurabile e anonimo. Si assisterebbe piuttosto allo sviluppo di forme di
interdipendenza conflittuale tra ambiti di competenze fluidi, decentrati, che traggono vantaggio dall’insieme
dellelorosingolarità,percorsedamovimentimolecolaricostantidiassociazione,scambioerivalità207
Quandoil“sapere”diventailprimomotoredell’economia,siassisteaunaridefinizionetotale
deiruoliedelleidentitàsociali.Inpratica,vieneacrearsiuno“spazioantropologico”,cioè‘un
sistema di prossimità (spazio) proprio del mondo umano (antropologico) e dunque
dipendentedalletecniche,daisignificati,dallinguaggio,dallacultura,dalleconvinzioni,dalle
204Ivi,p.83205P.Levy,L’intelligenzacollettiva,Milano,Feltrinelli,1999,p.25206Ivi,p.26207Ibidem
72
rappresentazioni e dalle emozioni umane’208. Lo “spaziodel sapere”, i suoi nuovi strumenti
tecnologici, ma soprattutto le sue inedite figure storico-sociali, con le loro competenze,
capacitàeconoscenze,diventanolenuove“fontidiricchezza”.
II.Il“corpo”delGeneralIntellect
Dunque,ilsapereastratto,il“generalintellect”,haunruolopreminenterispettoaqualunque
mododioperareeatuttigliambitivitali,nelsensochelecondizionidelprocessovitalestesso
sonopassatesottoilcontrollopropriodelGeneralIntellect,chelerimodellaasuomodo. In
talequadrosisvolge“l’esodo”dallavorosalariatoverso“l’attività”:ungestochenonsideve
considerare “negativo”; al contrario, ‘poiché la defezionemodifica le condizioni entro cui il
conflittosisvolge,invecedisubirle,essaesigeungradoassaialtodiintraprendenza,impone
un “fare” affermativo’209. Negri, come si è visto, è stato uno dei primi studiosi italiani a
concentrarsisull’«intellettogenerale»210.Apartiredaiprimianni2000, il concettoespresso
da Marx nei Grundrisse verrà inteso come elemento dominante del post-fordismo e snodo
fondamentale nell’elaborazione, tenuto conto dello sviluppo del modo di produzione
capitalisticochehadeterminato,dellemodalitàpiùefficacidi“lotta”(operaia):
Consideriamodaunaltropuntodivistaancoralavicendadelcapitaleparassitarioecioènellaprospettivadella
socializzazionedellavoro.Quiilcapitalediventaproduttivosolonellamisuraincuicaptavaloriprecostituitidal
lavoro sociale.Qui allora la funzionedi comando si organizza comeminacciadibloccare l’affermazione, come
interruzione dei processi cognitivi, insomma, il capitale parassitario è quello che trae valore soprattutto
dall’arrestodeimovimentidiconoscenza,dicooperazione,dilinguaggio.Pervivereeriprodursiilcapitalismoè
costrettoaricattarelasocietàeabloccareiprocessisocialidiproduzioneognivoltachepresentinoeccedenza
rispetto al suo comando. Potremmo naturalmente continuare a sviluppare considerazioni attorno al capitale
come funzione parassitaria.Ma qui vorremmo farlo d’ora in poi solo in positivo, ricordando l’importanza del
GeneralIntellectnelladeterminazionedell’eccedenzadellaproduzionesociale.Laforzaproduttiva,infatti,nasce
daisoggettiesiorganizzanellacooperazione.Nell’epocadelGeneralIntellectlacooperazioneproduttivanonè
dunque impostadal capitalemaè, invece,unacapacitàdella forza lavoro immateriale,del lavoromentale che
nonpuòcheesserecooperativo,ecosìdiquellolinguisticochenonpuòcheesprimersiinformacooperativa.Lo
sviluppo capitalistico ci ha, per così dire, portato fino a un punto nel quale si è determinata una nuova
accumulazioneoriginaria, un’accumulazione della quale diventa la chiave ilGeneral Intellect stesso. Ciò che è
caratteristico in questo caso è il fatto che la forza lavoro, intellettualizzata o comunque immaterializzata, si
208Ibidem209P.Virno,EsercizidiEsodo,Verona,OmbreCorte,2002,p.55210A.Negri,MarxoltreMarx,Milano,Feltrinelli,1979,pp.148-159
73
espande (nell’accumulazione originaria) come un’epidemia, includendo nello sviluppo anche coloro che
formalmenteglisonoesterni211
L’obiettivodella“lotta”,ancheinepocapost-fordista,èsemprela“conquistadelpotere”:per
questo motivo, Negri si propone di portare Lenin oltre se stesso, “Lenin oltre Lenin”. Il
problemahagiàsolcatolepaginedeisuoiscritti:sipuòsovvertireloStatoecreareunmondo
di libertà e uguaglianza? Lo Stato è il principio vivente di ogni “metafisica” politica
occidentale,percertiversi,èlastessabasedelmondooccidentale:al“principiodiautorità”,
cheloinforma,corrispondeunastrutturasociale,chefunzionadadispositivodisfruttamento;
l’unoel’altrasiarticolanoattraversouna“gerarchiapolitica”cheesercitailpropriocomando
sullaproduzione.Ecco,larivoluzione,seautenticamentecomunista,siproponedidistruggere
il “potere” capitalistico, intesocome indistinguibileunitàdi “comandostatuale”e “struttura
socialedisfruttamento”.ÈaquestopuntocheLenin, lacuioperaèriuscitasoloametà(ha
conquistatoilpoteremanonhaestintoloStato),resuscita:
PerLenin(comeingeneraleperilmarxismorivoluzionario)lalottacomunistaèbiopolitica.Loèperchéinveste
ogniaspettodellavitama,soprattutto,perchélavolontàpoliticarivoluzionariadeicomunistisiattaccaalbios,lo
critica,locostruisce,lotrasforma.Leninportalascienzapoliticafuoridaognisemplificazioneidealista,daogni
ideadi“ragiondiStato”,daogniillusionedidefinizionedelpoliticointerminiburocraticiodecisionisti.Maancor
più radicalmente: da ogni separazione del politico dal sociale e dall’umano. Sul terreno del pensiero politico,
Lenincominciacolliberarel’analisidelloStatodallateoriadelleformedigoverno(quellaantica,sempreripetuta
e sempre mistificatoria); propone poi l’analisi del politico fuori da ingenue ipotesi di rispecchiamento delle
forme economiche, e fa questo liberandosi delle pulsioni chiliastiche come dalle utopie laiche che, attorno a
un’ipotesi di rivoluzione, potrebbero confondere lo sguardo. Di contro, egli mescola, ibrida, sconvolge,
rivoluzionaleuneelealtreteorie:ciòchesempredevevincereèlavolontàpoliticaproletaria,nellaqualecorpie
ragione, vita e passioni, ribellione e progetto possono costituirsi in soggetto biopolitico – il soggetto “classe
operaia”,lasua“avanguardia”,l’animadelproletariatonelsuocorpo”212
L’interrogativo,adesso, riguarda lanaturadello sfruttamentoedella lottaallo sfruttamento
dopo le avventure rivoluzionarie del XX secolo. In cosa deve consistere la “nuova” lotta
comunista?Iterminidelproblemasonolarealtàproduttiva(lesuetrasformazioni),irapporti
dipoterechelacaratterizzanoelemutazionideisoggetti.
211A.Negri,DallaFabbricaallaMetropoli,Roma,Datanews,2008,p73212Ivi,pp.158-159
74
Sarà“LeninoltreLenin”arisponderealladomandasu ‘comesianopossibili laconquistadel
potere e l’estinzione dello Stato in un periodo storico che vede l’egemonia del capitale sul
GeneralIntellect’213.Negri,dunque,èpienamentecoscientedelfattoche,icambiamentisubiti
daimodi di produzione così come dalla composizione tecnica e politica della forza lavoro,
hannodeterminatounradicalerivolgimentodell’esperienzadellosfruttamento-nonsolose
siguardaalperiodoeffettivamentevissutodaLeninmaanchealcontestodellelotteoperaie
chesisonoavvicendatedaglianni60inpoi.Loscontro–èancorapossibileusareilconcetto
di“lottadiclasse”–sièormaitotalmenterivoltonellasferadel“sociale”:
La natura del lavoro è infatti oggi fondamentalmente immateriale, mentre la cooperazione produttiva è
interamentesociale:nevienecheillavoroècoestensivoallavitaelacooperazioneloèallamoltitudine.Èquindi
nellasocietà(enonsolopiùnellefabbriche)cheillavorotenderetiproduttive,capacidiinnovareilmondodelle
merci,mettendoall’operal’insiemedeidesiderirazionalieaffettividell’uomo.Losfruttamentosideterminasulla
medesimaestensione.Finquiperquelcheriguardalacomposizionetecnica.Malaquestionesiriproponeperla
composizione politica della forza-lavoro poiché essa (qualificata dall’incorporazione dell’utensile: nel lavoro
immaterialel’utensileèilcervello)sipresentasulmercatonellapiùaltamobilità(cheèancheesododalleforme
disciplinari del potere capitalistico) e nella più alta flessibilità – che è anche autonomia politica, ricerca di
autovalorizzazione,rifiutodirappresentanza214
Lanuovacondizionedella forza-lavorometteaduraprova ilprogettostrategicocomunista,
rileva Negri, tuttavia, è possibile rinnovare “l’esodo dal lavoro salariato” e l’auto-
valorizzazione(operaia)dellavoratore“immateriale”trasformandolainuna“lottadiclasse”,
cioè in “desiderio” organizzato di appropriazione di ricchezza sociale e di liberazione della
soggettività.
Se da una parte, Marx ‘era legato ad una fenomenologia “manifatturiera” del lavoro
industriale: ne conseguiva una concezione fondamentalmente autogestionaria del partito e
della dittatura sociale del proletariato’, dall’altra, Lenin ‘è fin dal principio legato ad una
prospettiva avanguardista del partito che – prima della Rivoluzione – anticipa in Russia il
passaggio dalla manifattura alla “grande industria”, poi pone come compito strategico il
governodiquesta’; insomma,siaperMarxcheperLenin,chesichiami“Comune”o“Partito
Comunista”, spetta a una “Guida” operare il “riconoscimento del reale” e, quindi, proporre
‘unapienacircolazionefrastrategiapolitica(sovversiva)eorganizzazione(biopolitica)delle
masse’.
213Ivi,p.160214Ivi,p.161
75
Dicerto, inLenin, ‘ilpartitoèmotorediproduzionedellasoggettività’,nelsensocheessoè
‘utensilenellaproduzionedisoggettivitàsovversiva’215.Aquestopunto,unavoltaricordato
cherispettoaquantovissutoeteorizzatodaLenin,laproduzioneeilcomandoinvestonouna
forza-lavorocompletamentediversadalpuntodivistadellacomposizionetecnicaepolitica,
‘quale produzione di soggettività per la presa del potere, oggi, da parte del proletariato
immateriale?’ diventa ladomandapiùpressante.Ancorameglio, il discorsopuòessere così
formulato: ‘se, oggi, il contesto della produzione è costituito dalla cooperazione sociale del
lavoro immateriale, e tutto questo noi chiamiamo General Intellect – come sarà possibile
costruireilcorposovversivodell’intellettogenerale,facendodell’organizzazionecomunistala
leva,ilpuntodigenerazionedinuovecorporeitàrivoluzionarie,labasepotentediproduzione
di soggettività?’216 . Per rispondere a questo interrogativo, Negri non può esimersi dal
riprendereinconsiderazioneil“Frammentosullemacchine”contenutoneiGrundrisse.Inesso
Marx,comesièvisto,sembratracciareuna“storianaturale”dell’evoluzionedelcapitaleverso
l’intelletto generale. Una conclusione “ambigua” non solo ai giorni nostri, rileva Negri, ma
anche ai tempi di Lenin che – senza conoscere gli “appunti”marxiani – invece esaltava gli
aspetti di “rottura” appartenenti al pensiero dell’autore del Capitale, cioè quelle che
escludevanoognicontinuità“naturale”dellosviluppocapitalistico.
Allora,ancheseseguendoallaletterail“Frammento”,ilGeneralIntellectnonpuòcheessereil
prodotto dello sviluppo capitalistico, d’altra parte, ‘al di là dell’illusione oggettivista che
spessosi insinuanella criticadell’economiapolitica, ancheperMarx le coseandavanocosì:
quello sviluppo che genera il General Intellect è infatti per lui un processo tutt’altro che
naturale: è da un lato, pieno di vita (le forze vitali – tutte – della produzione e della
riproduzione, il contestobiopoliticodella società capitalistica); dall’altro,questoprocessoè
potentemente contraddittorio (il General Intellect, infatti, non è solo il prodotto delle lotte
controillavorosalariato,maanchelarappresentazionediquellatendenzaantropologicache
si rappresenta nel rifiuto del lavoro: è infine il risultato – rivoluzionato – della caduta
tendenzialedelsaggiocapitalisticodelprofitto)’217.
Dettoquesto,nell’«epocadelGeneralIntellect»,tuttigliattoridelmondoincuilaproduzione
costituiscela“vita”sonola“carne”dellosviluppocapitalistico:‘èquestocheaccomunailMarx
delGeneralIntellectaLenineanoi’218.
215Ivi,pp.161-162216Ivi,p.162217Ivi,p.163218Ivi,p.164
76
La “carne”nellaquale ‘lepotenzedel sapere simischiano inmaniera in separabileaquelle
dellaproduzione’è la“carne”delGeneral Intellect.Questa“carne”nonpotrà identificareda
solalapropriacondizione,comenonpotràscegliereinautonomialaviadaseguireerendersi
avanguardia esterna al “discorso” del General Intellect. Solo un movimento di lotta che
riconosca“l’urgenzadell’organizzazione”,ancoraunavolta,potràmostrarelecontraddizioni
insolubili dello sviluppo capitalistico, inmodo che ‘la genealogia del General Intellect sarà
costituita come forza sovversiva’ 219 capace di definire il “corpo” del General Intellect,
affermandocosì‘lapotenzadeisoggetticheloabitano,laviolenzadellacrisichescuotelesue
ambiguità,loscontroditeleologiecheloattraversano’220.SoloseguendoLenin,il“corpo”del
General Intellect può diventare il soggetto dell’organizzazione della nuova vita. A questo
puntoènecessariodomandarsiconNegri:‘qualisonolospazioeiltempodell’organizzazione
sovversiva e della rivoluzione possibili per un proletariato immateriale, esodante e
autonomo?’221.Anchesesononotevoliledifficoltà,ilterrenodellanuovalottaleninistasipuò
identificarecon“l’Imperodelcapitalecollettivo”:unarappresentazionepolitica“tangibile”ma
inrealtàde-localizzata,integratainmanieracomplessaalivellomultinazionale–riconosciuto
questoreticolatodipotere,il“dispositivorivoluzionario”diproduzionedinuovesoggettività,
unicostrumentoperaffermareilpoterecostituentedelnuovoproletariato,dovràmuoversial
livello “dell’Internazionale”. D’altra parte, per la lotta della soggettività sovversiva,
‘concretamente, politicamente, materialmente, non ci sta, uno spazioma un luogo, non un
orizzonte ma un punto, quello sul quale l’evento è possibile’222. Dunque, l’unica freccia
temporale sulla quale il “corpo” del General Intellect avrà la possibilità di muoversi sarà
quelladella‘potenzaintempestivadiunevento’223.
Con ciò che si è appena espresso, sono stati anticipati alcuni dei principali risultati teorici
della fase “post-operaista”delpensierodiToniNegri.Bisognaprecisare,adesso, chequeste
conclusioni, la centralità del lavoro immateriale, con relative formedi esodo e nomadismo,
l’affermazionediunanuova“figura”(dicerto,nonun“partitoleninista”,masicuramenteun
“movimento di lotta” formato dagli uomini “costruiti nel lavoro immateriale e cooperativo
decisi a vivere in associazione”224) che guarda alla “conquista del potere” e costituisce la
libertàconunadecisione“assoluta”, ilriconoscimentodelGeneralIntellect,alqualesivorrà
dare“corpo”nelquadrodiunprogettosovversivo(‘conLenindecidiamodifaredelcorpodel219Ivi,p.164220Ivipp.164-165221Ivi,p.165222Ivi,p.166223Ivi,p.167224Ivi,p.165
77
GeneralIntellectilsoggettodell’organizzazionediunanuovavita’225),sonoilrisultatodeisuoi
studi sulle “contraddizioni” insite nel processo di globalizzazione, nei suoi dispositivi, nelle
sue“tecnologiedipotere”,nelleformefisiche,materialimaancheprecarie,flessibiliemobili
chelocontraddistinguono.
III.Dinuovolalottadiclasse
Se Ildominioe il sabotaggio, di cui si sono esaminati gli aspetti fondamentali nel corso del
precedentecapitolo,èstatouniversalmentericonosciutocomel’operapiùrappresentativadel
pensiero diNegri in qualità di esponente del “secondo operaismo” – il testo tra l’altro può
essereconsiderato,senzatimoredismentita,unveroepropriolivredechevetdell’Autonomia
Operaiadifineanni70–dicertospettaaImperoilruolodicapostipitedel“post-operaismo”,
meglio “post-socialismo”, di Negri, oltre a quello di primo importante tentativo di fornire
un’architettura teorica convincente alle iniziative deimovimenti No Global: ‘l’Impero si sta
materializzando proprio sotto i nostri occhi. Nel corso degli ultimi decenni, con la fine dei
regimi coloniali e, ancor più rapidamente, in seguito al crollo dell’Unione Sovietica e delle
barrieredaessaoppostealmercatomondialecapitalistico,abbiamoassistitoaun’irresistibile
e irreversibile globalizzazione degli scambi economici e culturali. Assieme al mercato
mondialeeicircuitiglobalidellaproduzionesonoemersiunnuovoordineglobale,unanuova
logica e una nuova struttura di potere: in breve, una nuova forma di sovranità. Di fatto,
l’Impero è il nuovo soggetto politico che regola gli scambimondiali, il potere sovrano che
governailmondo’226.
Cosìcomincial’operainquestione,conunforterichiamoalriconoscimentodiun“reale”che,
in virtùdella globalizzazionedellaproduzioneedegli scambi, si vorrebbe inqualchemodo
“libero” da controlli politici e, ancor di più, dalla stessa “sovranità” politica. In effetti, il
processo di progressiva delegazione, cessione, di poteri degli stati-nazione nei confronti di
ampieistituzionisovranazionali,cominciatonelsecondodopoguerra,potrebbefarpensarea
un inesorabiledeclinodella “sovranità”, tuttavia, sottolineaNegri, ‘il declinodella sovranità
dellostato-nazionenonsignificachelasovranità,inquantotale,siaindeclino’227.
225Ibidem226M.Hardt,A.Negri,Impero,Milano,Bur,2003,p.13227Ibidem
78
Le funzioni statali, i meccanismi politici di regolazione hanno continuato a mantenere il
propriocontrollosulprocessoproduttivoesugliscambieconomico-sociali, ipotizzaNegriin
Impero: ‘la tesi di fondo che sosteniamo in questo libro è che la sovranità ha assunto una
formanuova,compostadaunaseriediorganisminazionaliesovranazionaliunitidaun’unica
logicadipotere.QuestanuovaformadisovranitàglobaleèciòchechiamiamoImpero’228. Il
concetto che si sta delineando non ha a che vedere minimamente con quello di
“imperialismo”. Quest’ultimo era la perfetta rappresentazione “all’esterno” del sistema di
sovranitàeuropeo,laproiezionedellostato-nazionealdifuorideipropri“confini”.Invece:
L’impero nasce al crepuscolo della sovranità europea. Al contrario dell’Imperialismo, l’impero non stabilisce
alcun centrodipotere enonpoggia su confini ebarriere fisse. Si trattadiunapparatodipoteredecentratoe
deterritorializzante che progressivamente incorpora l’intero spazio mondiale all’interno delle sue frontiere
aperte e in continua espansione. L’impero amministra delle identità ibride, delle gerarchie flessibili e degli
scambipluralimodulandoretidicomando229
Nell’Impero,ledivisionispazialideterminatedalsistemadellesovranitànazionalinonhanno
piùsenso, lageografiadellebarriere,dei confini,ècollassata inseguitoall’affermazionedel
mercatomondiale: ‘ilcapitalesembratrovarsidi fronteaunmondolevigato,omeglio,aun
mondo definito da nuovi e complessi regimi di differenziazione e omogeneizzazione,
deterritorializzazioneeriterritorializzazione’230.Ancheladimensionetemporaledell’Impero
replica la mancanza di limiti “fisici”, infatti, il suo tempo è ‘la cristallizzazione dell’ordine
attuale per l’eternità’ 231 . Ai nuovi itinerari spazio-temporali del modo di produzione
capitalistico,comesiègiàavutomododianticipare,corrispondeunaradicaletrasformazione
dell’economia che si vuole basata sempre più sulla “produzione biopolitica”, cioè la
produzione sociale, ‘in cui l’elemento economico, quello politico e quello culturale si
sovrappongonosistematicamenteesiinvestonoreciprocamente’232.
Per ricapitolare: ‘ilpoteredell’Imperoagisce su tutti i livellidell’ordine sociale,penetrando
nellesueprofondità.L’Imperononsoloamministraunterritorioeunapopolazione,mavuole
creareilmondorealeincuiabita.Nonsi limitaaregolarele interazioniumane,macercadi
dominare direttamente la natura umana. L’oggetto del suo potere è la totalità della vita
sociale;intalmodol’Imperocostituiscelaformaparadigmaticadelbiopotere.
228Ivi,p.14229Ibidem230Ivi,p.15231Ivi,p.16232Ivi,p.15
79
Infine, benché l’agire effettivo dell’Impero sia continuamente immerso nel sangue, il suo
concettoèconsacratoallapace–unapaceperpetuaeuniversale fuoridallastoria’233.Detto
questo,nonostantel’enormedifferenzatrailconcettodi“Impero”equellodi“imperialismo”,
Negrinonescludecheildibattitosviluppatosiinambitomarxistaintornoaquest’ultimonon
possa fornire un valido punto di partenza per comprendere cosa è “Impero” e, quindi,
attraversoqualipassaggil’Imperialismosisiatrasformato,appunto,in“Impero”.Innanzitutto,
cisiègiàsoffermatipercertiversisuquestopunto,latradizionemarxistahasemprerilevato
una forte corrispondenza tra capitalismo ed “espansione”. In pratica, l’Imperialismo è una
condizione necessaria dell’espansione capitalistica: ‘Marx spiega molto chiaramente che il
capitaleagiscericonfigurandosenzaposaiconfinicheseparanoildentrodalfuori.Se,difatto,
ilcapitalenonpuòesisteresenzachevisianodeiconfinichedelimitanounterritorioeuna
popolazione,essotuttavialioltrepassasempreintegrandocontinuamenteinuovispazi’234.Si
ègiàpreso inconsiderazione,a talproposito,comeNegrisi siaparticolarmente interessato
allatendenzacapitalisticaacreareun“mercatomondiale”,l’estremaespressionedella“crisi”
inquantostrumentoditrasformazione,meglio,“sopravvivenza”delcapitalecomestrumento
politicodidominio.InImperosiricordache:‘Marxanalizzalanecessitàdiespandersidaparte
delcapitalefocalizzandoilprocessodellarealizzazione,inprimoluogodalpuntodivistadella
relazione tra il lavoratore in quanto produttore e il lavoratore in quanto consumatore di
merci. Il problema della realizzazione è uno dei fattori che spingono il capitale oltre i suoi
confinieloorientanoversoilmercatomondiale’235.
Sipuòriassumeretalemeccanismoattraversounaseriedipassaggichesiripeteinmaniera
costante:ilcapitalecostringeglioperaiaerogarepluslavoro,valorizzandosicosìattraversola
creazionedi plusvalore. Il salario (deve essere inferiore al valore complessivoprodottodal
lavoratore)risulteràquindicorrispondenteal lavoronecessariopercreareplusvaloreche,a
sua volta, per essere realizzato deve trovare sempre un mercato “adeguato”. Dato che il
lavoratoredeveprodurrepiùvalorediquantoneconsuma,è chiaroche il lavoratorecome
consumatorenonoffreunadomandaadeguataperilplusvalore.Vieneacrearsi,intalmodo,
unsistemachiusocheponeilcapitaledifronteadiversi“limiti”traiqualiilpiùimportanteè,
appunto, la relazione irriducibilmente ineguale tra il lavoratore in quanto produttore e il
lavoratoreinquantoconsumatore.
233Ivi,p.16234Ivi,p.211235Ivi,p.212
80
D’altro canto, se ci deve essere profitto, la classe capitalistica non può consumare tutto il
plusvalore:allora,seclasseoperaiaeclassedeicapitalistinonpossonogarantireunmercato
adeguato,cioèacquistaretuttelemerciprodotte,anchesesièrealizzatolosfruttamentoesiè
estrattoplusvalore,inbreve,questovalorenonpuòesserepienamenterealizzato.Èaquesto
punto che il capitale deve aumentare il proprio raggio d’azione per realizzare il plusvalore
generato nel corso del processo produttivo e, dunque, evitare la svalutazione che segue la
sovrapproduzione. Lasuaunicapossibilitàè,inpratica,scopriremercatinoncapitalisticiin
cuiscambiare lemercierealizzare ilvalore,ossiaespandere lasferadellacircolazionealdi
fuoridelquadroeffettivamentedominato.Ilcapitale,però,nonsiespandesolopersoddisfare
leesigenzedellarealizzazionemaancheperrispondereaibisognidellacapitalizzazione.Nel
momentoincuidivengonocapitalisticiqueimercaticheprimanonloerano,infatti,sirende
necessario investire il plusvalore nella produzione per poi trasformarlo in capitale, sia
costante che variabile, allargando ulteriormente la sfera della realizzazione. Attraverso il
processo di capitalizzazione, dunque, si realizza la progressiva proletarizzazione degli
ambienti non capitalistici, detto altrimenti, la capitalizzazione permette di “interiorizzare il
fuori”.Acquisendonuovocapitalevariabile,reclutandonuovaforza-lavoro,proletarizzandola,
il capitalismo porta necessariamente all’imperialismo: ‘il capitale non deve limitarsi a
mantenere aperti gli scambi con le società non capitalistiche o ad appropriarsi della loro
ricchezza:deve,contemporaneamente,trasformarleinsocietàcapitalistiche’,parallelamente,
‘in termini economici, la civilizzazione e lamodernizzazione implicano la capitalizzazione e
cioè l’incorporazionenelcicloespansivodell’accumulazioneedellaproduzionecapitalistica.
In questo modo, l’ambiente non capitalistico (territori, forme sociali, culture, processi
produttivi,forzalavoroecc.)vieneformalmentesussuntosottoilcapitale’236.
Per capire il passaggio dall’imperialismo all’Impero, però, non basta esaminare
esclusivamentelefasidellosviluppocapitalistico,bisognaprendereinconsiderazioneanche
l’otticadella lottadiclasse,delmovimentostorico-reale. Infatti,prendendoinesamesolo le
dinamichedelmododiproduzione,nonsipuòvedereilruoloricopertodalproletariato,ossia
l’unico vero motore del capitalismo; è la soggettività della lotta di classe che trasforma
l’imperialismo in Impero, è la natura globale della lotta di classe proletaria ad avere la
capacità di anticipare e prefigurare la direzione dello sviluppo capitalistico verso la
realizzazionedelmercatomondiale:
236Ivi,pp.215-216
81
Aquestostadiodellosviluppo,infatti,rispettoall’organizzazionecomplessivadelpotere,losviluppodellalotta
diclassenonhalimite.Unavoltaraggiuntoillivelloglobale,losviluppocapitalisticohaachefaredirettamente
conlamoltitudine,senzachesiinterpongapiùalcunamediazione.Aquestopunto,ladialettica,inquantoscienza
del limite e della sua organizzazione, si dissolve completamente. La lotta di classe, determinando l’abolizione
dellostato-nazioneesuperandoneiconfini,poneall’ordinedelgiornolacostituzionedell’Imperocomepuntodi
riferimentodell’analisiedelconflitto.Senzaqueiconfini,ilcontestodellalottadiclasseècompletamenteaperto.
Capitaleelavorosifronteggianoinunaformadirettamenteantagonistica.Questaèlapremessaimprescindibile
diqualsiasiteoriapoliticadelcomunismo237
IV.Impero
Nonpochihannoriconosciuto l’importanzadiImperonontantoper lecertezzeteoricheche
trasmette–nonostanteil linguaggioassertivoeprescrittivochelacontraddistingueinmolti
casi,infatti,nonèdifficilenotarelastrutturaaperta,perforzadicose“transitoria”,dell’opera
– ma piuttosto per l’ampiezza tematica e, ancor di più, per l’originale sintassi filosofica e
teorico-politica che lo percorre. Per esempio,Danilo Zolo ha evidenziato come tale sintassi
trasfigurilecategoriemarxisteinterpolandoleconunagrandevarietàdiletteraturafilosofica
occidentale, anche se ‘in questa trasfigurazione un ruolo di primo piano svolge il post-
strutturalismo di autori come Gilles Deleuze, Jacques Derrida e soprattutto Michel
Foucault’238. Negri in prima persona ha tenuto a confermare le impressioni sulla natura
dell’opera appena riportate: ‘con ImperoMicheal Hardt e io non abbiamo voluto in nessun
caso arrivare a delle conclusioni: d’altra parte il processo costitutivo dell’Impero è ancora
largamenteaperto.Quellocheciinteressavasottolineareeralanecessitàdicambiareregistro:
la filosofia politica della modernità (e, ovviamente, le istituzioni politiche con cui essa
interagiva)èfinita.LateoriachevadaMarsilioaHobbesedaAlthusiusaSchmittèterminata.
Imperoè la nuova soglia teorica’239. Allo stessomodo, Negri non ha esitato almomento di
esplicitare uno degli aspetti che, in questa sede, si ritengono fondamentali per leggere
correttamente Impero, ossia il tentativo dimettere in comunicazione la filosofiamarxista –
conlasuaaspirazioneacreareunasocietàorganica,solidale,egualitariaedisciplinata–conil
pensiero di Foucault – fine critico del potere disciplinare e sostenitore di un’antropologia
libertaria.Dettociò,anchesespessosivoglionoMarxeFoucaultsuposizionidivergenti:
237Ivi,p.224238A.Negri,Guide.CinquelezionisuImperoedintorni,Milano,RaffaeleCortinaEditore,2003,p.12239Ibidem
82
Noiabbiamotenuto insiemeFoucaulteMarx.Meglio,perquantomiriguarda,possodirediaver “sciacquato i
mieipanni”nellaSenna,cioèdiaveribridatoilmiomarxismooperaistaconleprospettivedelpoststrutturalismo
francese.Avevocominciatoafarequestonegliannidigalera(trail1979eil1983)lavorandosuSpinoza,ottimo
terrenodiincontroontologicoperquestaoperazione.ConHardtaParigi,poi,abbiamoapprofonditol’analisieci
siamoimmersiinquell’”aura”comuneche,findaglianniSessanta,perquantodisconosciuta,legavaoperaismo,
poststrutturalismo, ma anche molte tendenze nell’ampio quadro dei Subaltern Studies e altri approcci
postcoloniali. Questo è stato sicuramente un punto centrale, per me almeno, quando mi sono accorto che
l’operaismoitalianoeraunfenomenotutt’altrocheprovinciale.[…]InquestoquadrolaletturacheFoucaultfadi
Marx,estendendolagenealogiadeiprocessidisfruttamentodallafabbricaalsociale,vienedanoiassuntacome
fondamentale. Nella nostra interpretazione, Foucault è autore di un’antropologia libertaria ma non
individualistica, costruttorediunabiopoliticadentro laqualenonpiù l’individuomaun soggetto (conquanta
singolarità!) veniva plasmato. Per quanto ci riguarda, a Parigi, tra gli anni Ottanta e Novanta, avevamo già
interamente costruito la consapevolezzadi esserenel postmoderno: in unanuova epocadunque, ed eravamo
convinti (e lo restiamo) che Marx possa essere interamente integrato nelle metodologie analitiche del
postmoderno.C’èsempreunpuntonelqualeladecisionedelnuovoedelforteinterrompe:qualepiacerepoterla
smetterecon lepallide filiazionidelmoderno,con iRawlsogliHabermas…Qualeentusiasmoriconoscerecon
Machiavelli(etuttiglialtri),chelalottadiclasse,mutatismutandis,comandavailpensiero240
È possibile esplicitare la forte convergenza instaurata tra Marx e Foucault, rivendicata da
Negri, riprendendo la disamina su Impero nel punto in cui si richiede ‘una maggiore
attenzioneallerelazionitraquestatendenzaversolarealizzazionedelmercatomondialeeil
paradigmadellaproduzioneedel governodisciplinare’ edomandandosi, nello specifico, ‘in
che senso la diffusione del regime disciplinare nel mondo ha rappresentato un momento
fondamentale nella nascita dell’Impero?’241 . Si può partire dicendo che la sussunzione
capitalistica della società si conclude con la creazione del mercato mondiale: alle pratiche
dell’imperialismo,infatti,corrisponde–siègiàvisto–l’interiorizzazionedelfuori,quindi,la
sussunzione formale del lavoro sotto il comando del capitale (la sussunzione formale è da
intendere come l’incorporazione da parte dei rapporti di produzione del capitale delle
pratichelavorativesviluppatesiall’esternodelsuoambito).Dunque,lasussunzioneformaleè
strettamentecorrelataall’estensionedeldominiocapitalisticosullaproduzioneesuimercati.
D’altra parte, quando l’espansione capitalistica raggiunge dei “limiti”, essa non svolge più
alcunruolo:
240Ivi,pp.13-14241M.Hardt,A.Negri,Impero,Milano,Bur,2003,p.240
83
Lasussunzionerealedel lavorosottoilcomandodelcapitalenonècorrelataaciòchesitrovaaldi fuorienon
esigeilmedesimogenerediespansione.Nellasussunzionereale,l’integrazionedellavorodapartedelcapitaleè
infattipiùintensivacheestensivaelasocietàvienesemprepiùsistematicamentemodellatadalcapitale.Visono
certamente forme di sussunzione reale che non prevedono un mercato mondiale, ma non vi può essere un
mercatomondialerealmentecompiutosenzasussunzionereale. Inaltri termini, ilcompletamentodelmercato
mondialeeunageneraleperequazione–o,per lomeno,unaqualcheformadigestionedeisaggidiprofittosu
scala mondiale – non possono esclusivamente dipendere da fattori monetari e finanziari, ma devono essere
realizzatiattraversounavastatrasformazionedeirapportisocialieproduttivi242
Ildispositivofondamentalediquestatrasformazioneèla“disciplina”,nelsensofoucaultiano
del termine: ‘nelmomento incui si formaunanuovarealtàsocialechevede il concatenarsi
dellosviluppodelcapitaleedellaproletarizzazionedellapopolazioneall’internodiununico
processo,anchelaformapoliticadelcomandodeveesseremodificataearticolatainformee
dimensioni appropriate: deve essere edificato un quasi-stato globale del regime
disciplinare’243.SonopropriolericostruzionidiMarx,sottolineaNegri,achiarireilpassaggio
dasussunzioneformaleasussunzionerealeattraversole“pratichedisoggettività”.Infatti,la
taylorizzazione globale dei processi lavorativi per realizzarsi aveva bisogno di un forte
disciplinamentodellasocietà,aessononpotevacheseguireuncambiamentonellaformadi
comandoadeguataalle reazionidei soggetti sociali. Sulla stessa linea, laglobalizzazionedei
mercati:
Lungi dall’essere semplicemente il frutto avvelenato dell’imprenditoria capitalistica, era piuttosto l’esito
necessariodeidesideriedelleistanzediunaforzalavoromondialedisciplinatainsensofordistaetaylorista.La
sussunzioneformaleanticipavaecontribuivaquindiallamaturazionedellasussunzionereale,nonnelsensodi
una relazione di causa ed effetto (come Marx stesso sembrava credere), quanto perché, nella sussunzione
formale, erano state predeterminate le condizioni di una lotta e di un desiderio di liberazione che potevano
essere controllati solo dalla sussunzione reale. I desideri delle soggettività avevano assunto la direzione del
processo,fissandocosìunpuntodinonritorno;larispostaful’allestimentodiunanuovaformadicontrolloche–
sianeipaesidominanticheinquellisubalterni–dovevaristabilireilcomandosututtociòchenonrisultavapiù
controllabileinterminidisciplinari244
Allora, per poter organizzare il “mercato mondiale” – a sua volta qualificabile come una
reazioneall’antagonismoproletario(espressosiinparticolarmodoneiterminidi“rifiutodel
lavoro”)–iregimicapitalisticidevonosubireunprocessodiristrutturazione:simanifestail
242Ivi,p.241243Ibidem244Ibidem
84
bisognopressantediundispositivogeneraledicontrollodeiprocessiglobalichepermettadi
monitorare e coordinare politicamente le dinamiche di unificazione del capitale e la
soggettivazionedelproletariato–ormaidiventato la figurauniversaledel lavoro–cheneè
protagonista inmodo sempre piùmobile e trasversale. Date l’intensità e la coerenza delle
lottedegli anni60e70,diceNegri, il capitaleha sceltodi seguiredue stradeper sedarle e
ristrutturare il comando; la prima era costituita da un’opzione repressiva: ‘la strategia
repressivadel capitaleeravoltaal rovesciamentocompletodeiprocessi socialimediante la
separazione,ladisarticolazioneeladisgregazionedelmercatodellavoro,alfinediristabilire
ilcontrollosull’interoprocessoproduttivo’,inoltre,prevedeva‘laricostruzionediunsistema
di compartimentazioni gerarchiche, sia all’interno di ogni paese sia a livello mondiale’
accompagnata da ‘un irrigidimento del controllo sullamobilità e la fluidità sociale’245. Tale
strategia puntava, in particolar modo, sull’uso repressivo della tecnologia,
sull’informatizzazioneesull’automazionedellaproduzione:
Leprecedentitrasformazionitecnologichenellastoriadellaproduzionecapitalistica(l’introduzionedellacatena
dimontaggioeilregimedellagrandefabbricamassificata)avevanorapidamenteprovocatomutamenticruciali
deiprocessiproduttivi(iltaylorismo)edenormiavanzamentinellaregolazionedeiciclisocialidellaproduzione
(il fordismo). Le trasformazioni tecnologiche degli anni Settanta, con il sostegno della fede nell’automazione,
portaronoquei regimi tecnici e organizzativi sino agli estremi limiti, al puntodi rotturadella loro efficacia. Il
taylorismoe il fordismononeranopiù in gradodi controllare ledinamichedelle forzeproduttive e sociali. Il
massimo che poteva fare la repressione, esercitata nel quadro della precedente struttura di controllo, era
mettere il coperchio sui poteri distruttivi della crisi e sulla furia dell’attacco operaio; ma, alla lunga, questa
rischiavadirivelarsiunasceltasuicida,cheminacciavadisoffocarelastessaproduzionecapitalistica246
A rivelarsimoltopiù efficace e conveniente sarà sicuramente la seconda strada, ‘quella che
applicava la trasformazione tecnologica non solo alla repressione ma, soprattutto, al
mutamento della stessa composizione del proletariato, integrandolo e dominandolo con la
capitalizzazionedellesue formeedellesuepratiche’247.Fu, inparticolare,questarispostaa
determinare un vero e proprio cambiamento di paradigma nella forma stessa delmodo di
produzione capitalistico: le nuove produzioni di soggettività del proletariato, infatti, si
trovaronoadaffrontare ilcapitaleal livellodiuna lotta“ecologica”,ossia ‘la lotta intornoai
modidiviverechesiesprimeva,soprattutto,nell’evoluzionedellavoroimmateriale’248.
245Ivi,p.251246Ibidem247Ivi,p.252248Ivi,p.253
85
Ilcapitaleaffronta,aquestopunto,unafaseincuilasussunzione“formale”–cheharaggiunto
il suo “limite”, nient’altro che l’antagonismo proletario – è ormai stata completamente
sopravanzatadaquella “reale”: esso continua imperterrito ad accumularema ciò che viene
inglobato non è più un “esterno” ma lo stesso terreno dominato. Con questa totale
concentrazioneversol’interno,enonpiùsul“fuori”,lemodalitàdisfruttamentoabbandonano
l’aspetto estensivo e mostrano esclusivamente caratteristiche intensive. Tale passaggio è
caratterizzato dall’elemento “tecnologico”, da un salto qualitativo nell’organizzazione
tecnologicadelcapitalechepermettealcapitalediassoggettarelanatura,o,ancormeglio,di
rendere tutta lanatura “capitale”: ‘gli stati precedenti della rivoluzione industriale avevano
introdottomacchineproduttricidibenidiconsumoe,inseguito,macchineproduttricidibeni
strumentaliedialtremacchine;oraabbiamoinveceachefareconmacchinecheproduconola
naturaeconaltritipidimacchinecheproduconolacultura’249.
Ritornando alle analisi di Negri, si può dire che ‘nel corso della crisi degli anni Sessanta e
Settanta,l’espansionedelWelfareel’universalizzarsidelladisciplinaintuttiipaesidelmondo
avevanocreatonuovimarginidilibertàperlamoltitudinedeilavoratori.Ilavoratoridituttoil
mondo approfittarono dell’epoca disciplinare, oltre il dissenso e i momenti di più grave
destabilizzazionepolitica (comedurante la crisidelVietnam)perespandere ipoteri sociali
dellavoro,perfarcrescereilvaloredellaforzalavoroeconsolidarel’insiemedeibisogniedei
desideri che il Welfare avrebbe dovuto soddisfare’250. Il valore del lavoro necessario, dal
punto di vistamarxiano, è sempre socialmente determinato e, dunque, indicativo del peso
complessivodelle lotte sociali: ‘lapuntualizzazionedi insiemedibisogni sociali, laquantità
del tempodinon-lavoro, l’organizzazionedellerelazioni familiari, le legittimeaspettativedi
vita, sono tutti elementi che si trovano in gioco nella rappresentazione dei costi della
riproduzionedella forza lavoro. L’enormeaumentodel salario sociale (in terminidi salario
lavorativo e di servizi pubblici e sociali) durante la crisi degli anni Sessanta e Settanta era
l’effettoimmediatodell’accumulazionedellelottesulterrenodellariproduzione,nellospazio
del non-lavoro, nel mondo della vita’251 . Allora, le contestazioni sociali, pur nelle loro
multiformisperimentazioniemodalitàespressive,ebberounpuntod’incontronelprendere
dimira larigidaprogrammazionedellaproduzionemateriale, tipicadelregimedisciplinare,
assaltandolesueduerappresentazionepiùconcrete:fabbricamassificataefamiglianucleare;
249Ivi,p.255250Ivi,p.256251Ibidem
86
intalecontestofuronoglistessimovimentidilottaaprivilegiarel’attocreativoeformedivita
piùdinamicheeflessibili,oltreagliaspettipiùimmaterialidellaproduzione:
Le lotte sociali non soloprovocavanounaumentodei costi di riproduzioneedel salario sociale (facendo così
diminuireilsaggiodiprofitto)ma,soprattutto,determinavanounmutamentoforzatonellaqualitàenellanatura
del lavoro stesso. Nei paesi capitalistici dominanti – in cui ilmargine di libertà a disposizione dei lavoratori,
conquistato con le loro lotte, era assai grande – il rifiuto del regime disciplinare della fabbrica sociale era
accompagnatodaunarivalutazionedelvaloresocialediuncomplessodiattivitàproduttive.Intalsenso,divenne
evidentecheilregimedisciplinarenonriuscivapiùacontenereidesiderieibisognideigiovani.Laprospettiva
diunimpiegoregolareestabilecheprevedevaottooredilavorolagiornopercinquantasettimaneall’annoper
tuttaunavitalavorativa,laprospettivacioèdiintegrarsinelregimenormalizzatodellafabbricasociale–cheera
statoilsognodimoltitrailorogenitori–significavaaccettareunasortadimortesociale.Ilrifiutodimassadel
regimedisciplinare,intuttelesueforme,nonfusoltantounareazionenegativa;fusoprattuttounattocreativo,
qualcosadisimileaunanietzscheanatrasvalutazionedeivalori252
Quindi, nell’ultima fase dell’organizzazione disciplinare della società, in corrispondenza ai
cambiamentidelvaloredellaforzalavorosisonomessiinmotonuovicircuitidiproduzione
della soggettività. È stato l’antagonismo proletario, con la sua azione di elemento positivo
della progressione storicamente determinata, a dettare i tempi alla coscienza capitalistica,
anticipandolanecessitàdiuncambiamentodiparadigmaproduttivo.Senzalelotte“operaie”,
verrebbedadire“le lottedell’operaiosociale”, il capitale–comehasempre fatto–avrebbe
mantenutolasuaorganizzazionedidominiopolitico:‘ilcapitalesarebbestatobencontentodi
evitare i limiti naturali dello sviluppo, la minaccia rappresentata dallo sviluppo del lavoro
immateriale, la mobilità trasversale e l’ibridazione della forza lavoro, che costituivano
altrettantipotenzialidicrisiediconflittidiclassedidimensionimaiviste.Laristrutturazione
dellaproduzione,dallamodernizzazioneallapostmodernizzazione, fuanticipatadalsorgere
di una nuova soggettività. La transizione tra il perfezionamento del regime disciplinare e
l’apparizione del nuovo paradigma fu sospinta dal basso, da un proletariato la cui
composizioneeraprofondamentecambiata.Ilcapitalenonavevanecessitàdicreareunnuovo
paradigma (se fosse stato capace di farlo da solo), in quanto ilmomentocreativoavevagià
avuto luogo. Il problema del capitale era piuttosto quello di dominare una nuova
composizione che si era costituita autonomamente nel quadro di un complesso di nuove
relazioniconlanaturaeconillavoro’253.
252Ivi,pp.256-257253Ivi,pp.258-259
87
Nelle condizioni appena descritte, insomma, il sistema disciplinare si rivelava totalmente
obsoleto: per esercitare il “potere”, allora, il capitale non poteva fare altro che ricollocarsi,
quantomeno, riammodernando il sistema disciplinare inmodo tecnologicamente inteso: ‘le
soleconfigurazionidelcapitalecapacidifareilloroingressonelnuovomondosarannoquelle
che dimostreranno di essere in grado di adattarsi a governare la nuova composizione
immateriale, cooperativa, comunicativa e affettiva della forza lavoro’254. Anche la stessa
definizione di “capitale variabile” – forza funzionalmente attivata solo dal capitale – è
diventata discutibile in tale contesto di crescente informatizzazione, dislocazione, de-
localizzazionedel“produttivo”.D’altraparte,aunasempremaggioreomogeneitàdeiprocessi
lavorativi–inquantoimmateriali,astratti,simbolicielontanidalpropriooggettomateriale–
corrispondeunanuovacentralizzazionedel“controllo”(sullaproduzione,quindi,sullavita).
V.Dalla“disciplina”al“controllo”
QuantofinorasièriportatodovrebbemostrarechiaramenteildebitocontrattodaNegriconil
pensierodiMichelFoucault:d’altronde,èlostessoautorediImperoadammetterediavere,in
qualchemodo,esplicitato,approfonditoeaggiornatoleancoraattualissimeanalisidelfilosofo
francese: ‘permolti aspetti, l’operadiMichelFoucaulthapreparato il terrenoall’analisidel
funzionamento del comando imperiale. In primo luogo, essa ci permette di individuare un
passaggiostoricofondamentalenelleformesociali,eprecisamente,ilpassaggiodallasocietà
disciplinare alla societàdel controllo’255. La prima, di cui per certi versi si sono già presi in
esame i tratti particolari, può essere facilmente definita come quel tipo di società in cui il
dominiovieneesercitatoattraversounafittaretedi“dispositivi”eapparaticheproduconoe
regolano sia la cultura sia la produzione: ‘la messa in funzione di questa società e la
produzione dell’obbedienza ai suoi comandi e ai suoi meccanismi di inclusione/esclusione
sono compiti che vengono assolti da una serie di istituzioni disciplinari (la prigione, la
fabbrica,ilmanicomio,l’ospedale,lascuola,l’universitàecosìvia)chestrutturanoilterreno
sociale e fanno valere delle logiche adeguate alla “ragione” della disciplina’256. È con tutta
probabilitàSorvegliareePunireiltestomaggiormenteincisivodiFoucaultinquestosenso,se
non altro perché – oltre alle note ricostruzioni del paradigma giuridico e repressivo
dell’ancienrégimefrancese– l’operacontieneunribaltamentodellatradizionaleconcezione
254Ivi,p.259255Ivi,p.38256Ibidem
88
del “potere” come qualcosa che viene “posseduto” da un’autorità: ‘il potere sarebbe la
“proprietà”diunaclasseche l’avrebbeconquistato.Foucaultmostrachenonèné inquesto
modo, né di qui, che il potere procede: più che unaproprietà esso è una strategia, e i suoi
effetti non sono attribuibili a un’appropriazione “ma a disposizioni, manovre, tattiche,
tecniche, funzionamenti”; lo si esercita più che possederlo, non è privilegio acquisito o
conservatodallaclassedominante,maeffettod’insiemedellesueposizionistrategiche”’257.Il
“potere” riguarda classi e lotte ma non appartiene a nessuna di esse: non è un’entità
omogenea e univoca, piuttosto ‘si definisce in base alle singolarità, ai punti singolari
attraversocuipassa’258.Taleaspetto,necessariamente,determinauncambiamentoancheper
quantoriguardalaposizionedel“potere”chesivorrebbe,inmanieraevidente,localizzatoin
unapparatostatale,atalproposito,invece,‘FoucaultmostraalcontrariocomeloStatostesso
sia un effetto d’insieme o la risultante di unamolteplicità di ingranaggi e di focolai che si
situanoaunlivellocompletamentediversoechecostituisconodiperséuna“microfisicadel
potere”.Nonsoloisistemiprivati,maanchealcunepartivereepropriedell’apparatodiStato
hanno origini, procedure e funzioni che lo Stato più che istituire, rispettivamente ratifica,
controllao si limita semplicementea ricoprire’259.La “disciplina” checaratterizza le società
moderne, quindi, non può essere collegata indissolubilmente a una particolare istituzione
perché essa è una “tecnologia” che attraversa le istituzioni, gli apparati e che, in estrema
analisi,lifaconvergere.Il“potere”nonpuòpiùessererintracciatoinun'unicasede:anchese
siesercitalocalmente,singolarmente,essorimanecomunque“diffuso”.
Quindi, Foucault non solo sembra escludere una diretta corrispondenza tra società
disciplinare e modo di produzione ma, andando così a mettere in discussione ancora più
profondamentela“piramidemarxista”,rifiutaancheunanettaseparazionetra“dominanti”e
“dominati”, in quanto il “potere”, appunto, non è “attributo”ma “rapporto”: ‘la relazione di
potereèl’insiemedeirapportidiforze,chepassatantoattraversoleforzedominatequanto
attraverso quelle dominanti, dal momento che entrambe costituiscono delle singolarità’260.
Ciò comporta che il “potere” per esprimersi e affermarsi non abbia la necessità di usare la
legge, l’ideologia, financo, la violenza: ancora prima di reprimere, esso “produce realtà”;
ripartendo,serializzando,normalizzandocreadelle“forme”(peresempio, la“delinquenza”),
ancormeglio,comesièprecedentementedetto,dei“dispositivi”.
257G.Deleuze,Foucault,Napoli,Cronopio,2009,p.41258Ibidem259Ivi,p.42260Ivi,p.44
89
Queste sono le coordinate dell’indagine foucaultiana sull’”economia politica” di cui il corpo
diviene oggetto nelle società disciplinari; le nuove “strategie”, le nuove pratiche di lotta
elaboratedaFoucaulttroveranno,quindi,lapropriaoriginenellaconsiderazionedel“corpo”
come“terrenodiscontro”sempreimmersoinun“campopolitico”enonsolo“biologico”:
I rapporti di potere operano su di lui una presa immediata, l’investono, lo marchiano, lo addestrano, lo
suppliziano,locostringonoacertilavori,l’obbliganoadellecerimonie,esigonodaluisegni.Questoinvestimento
politicodelcorpoèlegato,secondorelazionicomplesseereciprocheallasuautilizzazioneeconomica.Èingran
partecomeforzadiproduzionecheilcorpovieneinvestitodarapportidipotereedidominio,ma,incambio,il
suocostituirsicomeforzadilavoroèpossibilesoloseessovienepresoinunsistemadiassoggettamento(incui
ilbisognoèanchestrumentopoliticoaccuratamente preordinato,calcolatoeutilizzato): ilcorpodivieneforza
utilesoloquandoècontemporaneamentecorpoproduttivoecorpoassoggettato.Questoassoggettamentononè
ottenutocoisolistrumentisiadellaviolenzachedell’ideologia;essopuòassaibeneesserediretto,fisico,giocare
della forza contro la forza, fissarsi su elementimateriali, e tuttavia non essere violento; può essere calcolato,
organizzato, indirizzato tecnicamente, può essere sottile, non fare uso né di armi né del terrore, e tuttavia
rimanerediordinefisico.Ciòvuoldirechepuòessercieun“sapere”delcorpochenonèesattamentelascienza
delsuofunzionamentoeunasignoriasullesueforzecheèpiùfortedellacapacitàdivincerle:questosaperee
questasignoriacostituisconoquellochepotremmochiamarelatecnologiapoliticadelcorpo261
Si può dire, dunque, che il “potere” implica il “sapere” (inteso come ciò che è visibile ed
enunciabile):‘ilpotereneèlacausapresupposta;ma,inversamente,ilpotereimplicailsapere
comequellabiforcazione,differenziazione,senza laqualenonpasserebbeall’atto’262.Nonci
sono possibilità di “enunciazione” al di fuori dei reticoli di “potere”, non ci può essere
“scienza” senza costituire o presupporre relazioni di potere, tuttavia, non esiste tra i due
campialcunacorrispondenzabiunivocamasolounrapportotraforzeche,divoltainvolta,si
rivelanopiùomenoco-adattabili.Atalproposito,scriveFoucault,sipuòammettereche:
Ilpotereproducesapere(enonsemplicementefavorendoloperchéloserve,o,applicandoloperchéèutile);che
potere e sapere si implicano direttamente l’un l’altro; che non esiste relazione di potere senza correlativa
costituzionediuncampodisapere,nédisaperechenonsuppongaenoncostituiscanellostessotemporelazioni
di potere. Questi rapporti “potere-sapere” non devono dunque essere analizzati a partire da un soggetto di
conoscenza che sia libero o no in rapporto al sistema di potere, ma bisogna al contrario considerare che il
soggetto che conosce, gli oggetti da conoscere e lemodalitàdella conoscenza sonoaltrettanti effetti diqueste
implicazionifondamentalidelpotere-sapereedellelorotrasformazionistoriche.Inbreve,nonsarebbel’attività
delsoggettodiconoscenzaaprodurreunsapereutileoostilealpotere,ma,adeterminareleformeedipossibili
261M.Foucault,Sorvegliareepunire,Torino,Einaudi,1976,p.29262G.Deleuze,Foucault,Napoli,Cronopio,2009,p.58
90
campi della conoscenza sarebbero il potere-sapere, e i processi e le lotte che lo attraversano e da cui è
costituito263
Inconcreto,sono i “dispositivi”–un intrecciodi“potere”esaperi,conoscenze,competenze,
tecniche, strategiee condotte–a far funzionare la societàdisciplinare.Dellevereeproprie
“macchine”,perdirla conDeleuze (macchina-prigione,macchina-scuola,macchina-ospedale,
etc…), che prendono in carico ogni aspetto dell’individuo, il suo “addestramento” e la sua
attitudineallavoro,lavitaquotidiana,lamoralecomeledisposizionipiùpersonali:
Lemacchinesonosocialiancoraprimadiesseretecniche.Omeglio,c’èunatecnologiaumanacheprecedeuna
tecnologiamateriale.Senzadubbioquest’ultimadispiegaisuoieffettinell’interocamposociale;maaffinchéasua
volta essa sia possibile, è necessario che gli utensili, le macchine materiali siano già state selezionate da un
diagramma, assunte da dei concatenamenti. Gli storici si sono spesso trovati di fronte a questa esigenza: le
cosiddette armi oplitiche sono prese nel concatenamento della falange; la staffa è selezionata dal diagramma
feudalesimo;ilbadile,lazappa,l’aratrononformanounprogressolineare,marinvianorispettivamenteadelle
macchinecollettivechevarianoconladensitàdellapopolazioneeiltempodelmaggese264
PerFoucaultteoricodellasocietàdisciplinare,dunque,latecnologiaèsociale,ancorprimadi
essere materiale, “tecnica”, in senso stretto. Un esempio, a tal proposito, potrebbe essere
l’«invenzionedelfucile».Ilfilosofofrancesesiriferisceaicambiamentiche,inquellacheluiha
denominato“etàclassica”e,inparticolare,allafinedelXVIIsecolo,portarono,all’internodegli
apparati e delle tattichemilitari, prima all’affrancamento dal ‘modello fisico dellamassa’ e,
successivamente, all’affermarsi di un ‘gioco di articolazioni sottili’. Alcune delle ragioni di
questo passaggio sono di certo economiche, tuttavia, ‘le ragioni economiche non poterono
diveniredeterminantisenondopounatrasformazionetecnica; l’invenzionedelfucile’,ossia
‘unapparatodicuiilprincipiononfossepiùlamassa,mobileoimmobile,maunageometria
disegmentidivisibili,dicui l’unitàdibaseè ilsoldato,mobilecolsuofucile;ealdisottodel
soldatostesso,senzadubbio,ancheigestiminimali,itempidiazioneelementari,iframmenti
dispaziooccupatiopercorsi’265.
Appare una nuova esigenza alla quale la disciplina deve rispondere, scrive Foucault,
ricollegandosiesplicitamentealCapitalediMarx266:‘costruireunamacchinailcuieffettosarà
massimizzato dall’articolazione concertata delle parti elementari di cui è composta. La
263M.Foucault,Sorvegliareepunire,Torino,Einaudi,1976,p.29264G.Deleuze,Foucault,Napoli,Cronopio,2009,p.59265M.Foucault,Sorvegliareepunire,Torino,Einaudi,1976,p.178266Cfr.K.Marx,IlCapitale,Milano,Mondadori,2009,pp.540-580
91
disciplinanonèpiùsolamentel’artediripartireicorpi,diestrarneecumularneiltempo,ma
dicomporredelleforzeperottenereunapparatoefficace’267.Dettociò,alterminediquesta
breve ricognizione sulla società disciplinare, dovrebbe essere chiaro come, per Foucault,
intendere il “potere” esclusivamente come forza repressiva, “censura”, sia a dir poco
insoddisfacente.Inoltre,ilfilosofofrancesesièsemprescagliatocontroquelle“ideologie”che
suppongono un soggetto umano (è possibile dire il “Soggetto” di Cartesio ed Hegel) in
possesso di una “coscienza” di cui, sempre il “potere”, s’impadronirebbe con l’ausilio di
costrizionipiùomenoviolente:‘seilpoterenonavessealtrafunzionechequelladireprimere,
senon lavorassechecomecensura,esclusione,sbarramento,rimozione,comeunaspeciedi
grossoSuperio,senonsiesercitassecheinmodonegativo,sarebbemoltofragile.Seèforte,è
perchéproduceeffettipositivialivellodeldesiderio–comecominciaaesserenoto–edanche
alivellodelsapere.Ilpotere,lungidall’impedireilsapere,loproduce.Sesièpotutocostituire
unsaperesulcorpo,èstatoattraversouninsiemedidisciplinemilitariescolastiche.Èsoloa
partiredaunpoteresulcorpocheunsaperefisiologico,organicoerapossibile’268.Perquesto
motivounanuovastrategiarivoluzionariaconobiettivola“presadelpotere”,nonpotràche
averecomepernounanuovadefinizionedi«politicadelcorpo»,d’altronde,ègiustappuntosu
questa linea che Foucault si è sempre proposto di studiare l’evoluzione del “rapporto al
corpo”chelegale“masse”alleistituzioni,alloStato,eviceversa:‘qualèiltipod’investimento
delcorpocheènecessarioesufficienteal funzionamentod’unasocietàcapitalisticacomela
nostra?Pensoche,dalXVIIIsecoloagliinizidelXX,siècredutochel’investimentodelcorpo
da parte del potere dovesse essere pesante, massiccio, costante, meticoloso. Di qui i
formidabiliregimidisciplinarichesitrovanonellescuole,negliospedali,nellecaserme,nelle
fabbriche,nellecittà,negliedifici,nellefamiglie…epoi,apartiredaglianni60,cisièresiconto
che questo potere tanto gravoso non era più così indispensabile come si credeva, che le
società industriali potevano accontentarsi d’un potere sul corpo molto meno serrato […]
Rimanedastudiarediqualecorpolasocietàhabisognooggi…’269.
267Ivi,p.179268M.Foucault,Microfisicadelpotere,Torino,Einaudi,1977,p.141269Ivi,p.140
92
VI.Ilpoteresullavita
Èpossibileaffermare,conNegri,che ilpoteredisciplinaresia ilparadigmadi tutta laprima
fasedell’accumulazionecapitalisticaalivellomondiale.Sarà,invece,la“societàdelcontrollo”
a contraddistinguere la fine dell’«età moderna», per dir così, del modo di produzione
capitalistico e a inaugurarne poi la fase post-moderna. In essa, al contrario della società
disciplinare, ‘i meccanismi di comando divengono sempre più «democratici», sempre più
immanentialsociale,evengonodistribuitiattraversoicervellieicorpidegliindividui.
I comportamenti che producono integrazione ed esclusione sociale vengono quindi sempre
piùinteriorizzatidaisoggettistessi.Inquestasocietà,ilpoteresiesercitaconlemacchineche
colonizzanodirettamente i cervelli (nei sistemidella comunicazione,nelle reti informatiche
ecc.)e i corpi (nei sistemidelWelfare,nelmonitoraggiodelleattivitàecc.), versounostato
semprepiùgravedialienazionedalsensodellavitaedaldesideriodicreatività.Lasocietàdel
controllo può quindi essere definita come una intensificazione e generalizzazione dei
dispositivinormalizzatoridelladisciplina,però,questocontrollosiestendebenoltreiluoghi
strutturatidalleistituzionisociali,medianteunareteflessibileefluttuante’270.
Traitantimeritidelpensierofoucaultiano,rilevaNegri,emergequellodiaverriconosciutola
natura“biopolitica”dellasocietàdelcontrollo;percapirecosasiintendaconquestotermine,
inizialmente,basteràdirechel’interessecentraledel“biopotere”èquellodiregolareilsociale
“dall’interno”:d’altraparte,il“potere”puòimporreuncomandoeffettivosull’interavitadella
popolazione ‘solo nel momento in cui diviene una funzione vitale e integrale che ogni
individuo comprende in sé e riattiva volontariamente’271 . Foucault si concentrerà sulla
tematicadel“biopotere”innumerosiluoghidellasuaproduzione;tuttavia,pereffettuareuna
correttadisaminadeisuoistudisull’argomento,èimprescindibilel’analisidelfamoso,quanto
breve, ultimo capitolo de La volontà di sapere, primo volume dell’incompleta Storia della
sessualità,intitolato«Dirittodimorteepoteresullavita».Inquest’ultimo,ilfilosofofrancese
fanotarechepermoltotempounadellemaggioriprerogativediunostatosovranoèstatail
cosiddetto “diritto di vita e di morte” sui propri sudditi: di tale privilegio non si poteva
disporre inmodo incondizionatoeassoluto, tuttavia,diventava inesorabilenei casi in cui il
“sovrano”sitrovassedirettamenteminacciatoeinpericolocifosselasuapropriaesistenza:
‘seèminacciatodanemiciesterni chevoglionorovesciarloo contestare i suoidiritti, allora
puòlegittimamentefarelaguerraechiedereaisuoisudditidiprenderpartealladifesadello
270M.Hardt,A.Negri,Impero,Milano,Bur,2003,p.39271Ibidem
93
Stato:senza“proporsidirettamentelaloromorte”,glièlecito“esporrelalorovita”:inquesto
senso,esercitasudiessiundiritto“indiretto”divitaodimorte.Maseunodiessisisolleva
controdi luiedinfrangelesueleggi,allorapuòesercitaresullasuavitaunpoterediretto:a
titolodipunizione, loucciderà’272. Insomma,nellasua formamoderna, taleprivilegiosipuò
facilmenteesplicarenell’espressione:‘dirittodifarmorireodilasciarvivere’273;d’altronde,a
una formagiuridicadiquesto tipocorrispondevaunapolitica,una formadi “potere”, chesi
basava, innanzitutto, sul “diritto di prendere” cose, tempo, corpi, oltre alla vita stessa,
sopprimendola o meno. Poi, ecco che si assiste a un profondo mutamento di questo
meccanismo:
Il “prelievo” tende a non esserne più la forma principale, ma solo un elemento fra altri che hanno funzioni
d’incitazione,dirafforzamento,dicontrollo,disorveglianza,dimaggiorazioneediorganizzazionedelleforzeche
sottomette:unpoteredestinatoaprodurredelleforze,afarlecrescereeadordinarlepiuttostocheabloccarle,a
piegarle o a distruggerle. Il diritto di morte tenderà da questo momento in poi a spostarsi, o almeno ad
appoggiarsisulleesigenzediunpoterechegestiscelavitaedafinalizzarsiaciòchequestedomandano.Questa
morte,chesi fondavasuldirittodelsovranodidifendersiodichiedereche losidifenda,appariràcomel’altra
facciadeldirittochehailcorposocialediassicurarelasuavita,dimantenerlaodisvilupparla274
Sipotrebbedire,seguendoFoucault,cheal«dirittodifarmorireolasciarvivere»subentrail
«potere di far vivere o respingere nella morte». Tale “potere sulla vita” si è sviluppato
principalmenteindueforme:apartiredalXVIIsecolo,laprima,il“corpo-macchina”legatoal
modello disciplinare e anatomo-politico del corpo umano (estensione delle forze,
potenziamento delle attitudini e, quindi, della sua utilità), invece, la seconda, formatasi
intorno allametà del XVIII secolo, è il “corpo-specie”, ovvero il corpo che fa da supporto a
processi biologico-meccanici (nascita, morte, proliferazione, durata della vita) assunti per
mezzodiinterventiecontrolliregolatorichenelloroinsiemeformanouna“biopolitica”della
popolazione:‘ledisciplinedelcorpoeleregolazionidellapopolazionecostituisconoiduepoli
intornoaiqualisièsviluppata l’organizzazionedelpoteresullavita.Lacreazione,nelcorso
dell’età classica, di questa grande tecnologia a due facce – anatomica e biologica, agente
sull’individuo e sulla specie, volta verso le attività del corpo e verso i processi della vita –
caratterizzaunpotere la cui funzionepiù importanteormainonè forsepiùdiucciderema
d’investireinteramentelavita.Lavecchiapotenzadellamorteincuisisimbolizzavailpotere
sovrano è ora ricoperta accuratamente dall’amministrazione dei corpi e dalla gestione272M.Foucault,Lavolontàdisapere,Milano,Feltrinelli,2009,p.119273Ibidem274Ivi,p.120
94
calcolatrice della vita’275. In tal modo, quindi, si apre l’età del “biopotere”, fondamentale –
megliosarebbedire: indispensabile–per losviluppodelcapitalismo, infatti, ‘questononha
potuto consolidarsi che a prezzo dell’inserimento controllato dei corpi nell’apparato di
produzione,egrazieadunadattamentodei fenomenidipopolazioneaiprocessieconomici.
Ma ha richiesto di più; gli è stata necessaria la crescita degli uni e degli altri, il loro
rafforzamentocosìcomelaloroutilizzabilitàelalorodocilitàglisonostatinecessarimetodi
dipotere suscettibilidimaggiorare le forze, leattitudini, lavita ingenerale, senzapertanto
renderle più difficili da assoggettare; se lo sviluppo dei grandi apparati di Stato, come
istituzionidipotere,haassicuratoilmantenimentodeirapportidiproduzione,irudimentidi
anatomo-edibio-politica,inventatinelXVIIIsecolocometecnichedipoterepresentiatuttii
livelli del corpo sociale ed usati da istituzionimolto diverse (la famiglia come l’esercito, la
scuolaolapolizia,lamedicinaindividualeol’amministrazionedellecollettività),hannoagito
a livello dei processi economici, del loro sviluppo, delle forze che vi sono all’opera e li
sostengono;hannooperatoanchecomefattoridisegregazioneedigerarchizzazionesociale,
agendo sulle forze rispettive degli uni e degli altri, garantendo rapporti di dominazione ed
effetti di egemonia; l’adeguarsi dell’accumulazione degli uomini a quella del capitale,
l’articolazione della crescita dei gruppi umani con l’espansione delle forze produttive e la
ripartizionedifferenzialedelprofitto, sonostati resipossibili inpartedall’eserciziodelbio-
potere,nellesueformeeconisuoiprocedimentisvariati.L’investimentodelcorpovivente,la
sua valorizzazione e la gestione distributiva delle sue forze sono stati in quel momento
indispensabili’276. Foucault, insomma, elimina ogni possibilità di rappresentare il “potere”
come un “trascendentale” rispetto ai contesti e alle pratiche da spiegare: ne La volontà di
sapere, esso emerge come ‘dinamica instabile di condizionamenti e di soggettivazioni, nei
puntidiconvergenzadeidispositiviconiloroenunciativeritativi’277.
Perchiarire:idiscorsisullavita,tantodalpuntodivistadelledisciplinescientifiche(biologia,
genetica,etc…)quantodaquellodeisaperitecnicidigoverno(scienzadell’amministrazione,
statistica, diritto penale, psichiatria, etc..) e delle loro cornici teoriche (evoluzionismo,
funzionalismo,etc..),nonpossonoessereconsideratinéverinéfalsidipersémaunicamente
come “funzionali” alle forze che se ne appropriano per lottare, per metabolizzare, per
giustificare: ‘sono gli effetti di questi discorsi che contano, che sono positivi e “visibili” e
dannoformaaglioggetticlassificandoli(malattie,deviazioni,rischi),aisoggetti(popolazione,
275Ivi,p.123276Ivi,pp.124-125277L.Bazzicalupo,Biopolitica,Roma,Carocci,2010,p.41
95
malati, utenti, delinquenti, consumatori, ma anche funzionari, medici, legali, ingegneri,
manager)eallestrutture’278.PerFoucault, ilpotereèuna“situazionestrategicacomplessa”
presente in ogni dove, non tanto perché unifica l’esistente assegnandogli un centro di
controllo,mainquanto‘siproduceinogniistante,inognipunto’279.Gliindividuicircolanoal
suointerno,subendoloedesercitandolo‘acatena’280;maisoltantobersagliodel“potere”,essi
fungonoda“puntodiraccordo”:sipuòdirecheil“potere”–lungidall’essereesclusivamente
unostrumentodisottomissione,comesiègiàaccennato–transitaattraversogliindividui,li
attraversa.Unaconseguenzadiquestoapproccioèlasottrazionedellostatutoontologicoalla
“vita” stessa. Infatti, essa emerge quando deve essere oggettivata o descritta (per esempio,
dallascienza):inqualchemodo,nonèmaiinunaposizionediesterioritàrispettoalpotere,è
sempre “dentro” l’organizzazione reticolare del “potere”, dunque, è in questo senso che
‘l’individuononèilvis-à-visdelpotere,macredonesiaunodeglieffettiprincipali’281.
Risulta particolarmente interessante, anche nel tentativo di fornire un resoconto di quanto
riportato finora, quanto detto dallo stesso Foucault durante una conferenza, intitolata “Le
magliedelpotere”,tenutaall’UniversitàdiBahianel1981:‘guardatecomestatesedutiinfila,
difronteame.Forsevisembraunaposizionenaturale,maricordatevichenellastoriadella
civiltà è abbastanza recente e che, ancora all’inizio del secolo XIX, è possibile trovare delle
scuoleincuigliallievistannoinpiedi,ingruppo,intornoall’insegnante.Questoimplica,com’è
evidente, che il professore non può sorvegliarli realmente e individualmente: c’è il gruppo
degli allievi e il professore. Oggi siete allineati, al professore basta uno sguardo per
individualizzaregliallievi,puòfare l’appellopersaperesesonopresenti,checosa fanno,se
stanno sognando, se sbadigliano… Si tratta di quisquilie, ma sono quisquilie importanti,
perché i nuovi meccanismi di potere hanno potuto funzionare proprio grazie a queste
tecnicheminime.Quellocheèavvenutonell’esercitoeneicollegièavvenutonelleofficine,nel
corsodelsecoloXIX.Lachiamereitecnologiaindividualizzantedelpotere,unatecnologiache
investegliindividuianchenelcorpo,nelcomportamento;èunasortadianatomiapolitica,di
anatomo-politica, un’anatomia che investe gli individui fino al punto di anatomizzarli’282.
Relativamente più tardi, nel corso del XVIII secolo, invece, è apparsa un’altra famiglia di
tecnologie di potere, dice sempre Foucault, che non riguardava più gli individui in quanto
individuimainquantofacentipartediuna“popolazione”: ‘inaltritermini, ilsecoloXVIIIha
278Ibidem279Cfr.M.Foucault,Lavolontàdisapere,Milano,Feltrinelli,2009,pp.82-83280M.Foucault,“Bisognadifenderelasocietà”,Milano,Feltrinelli,2010,p.33281Ibidem282M.Foucault,ArchivioFoucault3.Interventi,colloqui,interviste1978-1985,Milano,Feltrinelli,1998,p.163
96
scoperto una cosa capitale: che il potere non si esercita semplicemente sui soggetti, come
presupponeva la tesi fondamentale della monarchia, secondo cui esistono il sovrano e i
soggetti.Siscoprecheilpoteresiesercitasullapopolazione.Checosavuoldirepopolazione?
Nonsignificasoltantoungruppoumanonumeroso,maesseriviventiattraversati,comandati
erettida leggieprocessibiologici.Unapopolazionehauntassodinatalità,dimortalità,ha
una curva e una piramide d’età, una morbilità, uno stato di salute; una popolazione può
estinguersio,alcontrario,svilupparsi’283.
Daquestomomentoinpoilarelazionetrapotereeindividuocambiaradicalmente:essanon
può consistere più nella “soggezione” e nel “prelevamento”. Ora, l’individuo viene raccolto
dalle“magliedelpotere”comeappartenenteaunaspeciebiologica‘chedeveesserepresain
considerazionese sivuoleutilizzare lapopolazionecomemacchinaperprodurre ricchezze,
beni o altri individui’284 . Ecco palesarsi, dopo quello rappresentato dalla fabbricazione
dell’individuo e dal suo “addestramento”, un altro grande “nucleo tecnologico” dei processi
politicioccidentali:‘èstatainventataquellachechiamerei,inopposizioneall’anatomo-politica
dicuiparlavoprima,labio-politica.Èinquestoperiodocheemergeilproblemadell’habitat,
dellecondizionidivitaurbane,dell’igienepubblica,delmodificarsidelrapportotranatalitàe
mortalità.Èinquestoperiodochecisiiniziaaporreilproblemadicomeinvogliarelagentea
farepiùfigli,o,inognicaso,dicomeregolareilflussodipopolazione,iltassodicrescitadiuna
popolazioneelemigrazioni’285.
Leduefondamentali“tecnologiedipotere”–ladisciplinaelaregolazione,l’anatomo-politicae
labio-politica–apartiredalXVIIIsecolocomincianoafunzionareall’unisono:primaerasolo
il corpo, dopo, anche la “vita” diverrà oggetto del potere. Nel punto di articolazione tra le
discipline individuali del corpo e le regolazioni della popolazione è situato il “sesso” che
diventerà un “dispositivo” fondamentale per garantire, da un lato, la sorveglianza degli
individui, dall’altro, la “politica sessuale” più adatta per fare della società unamacchina di
produzione.
283Ivi,p.164284Ibidem285Ibidem
97
VII.BiopoliticacontroBiopotere
Nel quadro della regolazione del modo di produzione capitalistico, allora, se la disciplina,
l’«anatomo-politica», si occupa dell’individuazione e della normalizzazione del corpo
individuale, la “biopolitica” è il dispositivo che ne affina e radicalizza il compito, ossia non
governapiùesclusivamenteilcorpomalavitabiologicainquantotale.Inbrevitermini,ilbio-
potereriproduceeamministralavita:
L’espansionedelsistemabiopoliticocorrispondeallacrescitademograficadelXVIIIsecolopercui,persostenere
ilprogrammadirazionalizzazioneemedicalizzazionedelreale,risultainefficacefrantumareinmanieradualela
società in individui normali e anormali. Risponde, in sostanza, alla necessità di integrare demografia e
produzione, di normare dal punto di vista economico-politico, una popolazione disordinata e una condizione
urbana,di fatto confusa.Con il dispositivobiopolitico,una societànormalizzatrice riordina ipropriparametri
pergovernare“unapopolazionefluttuante,dispersa,taledaentrareinfrizioneconleesigenzedellaeconomiae
dello Stato. Ci si preoccupa, dunque, di controllare l’esplosione demografica, regolando i fenomeni di
urbanizzazionedimassa.Lameccanicabiopolitica,inglobandoquelladisciplinare,crearicchezzaefenomenidi
regolamentazione sociale mediante il potenziamento (la protezione) della vita, attraverso, quindi, la
valorizzazionediquellestesserelazionisocialichecostituisconoilbio-potere286
Comesiègiàpuntualizzato,èla“popolazione”adiventareilcampod’azionedelpotere,cioè
una‘tangibilitàcalcolabiledellaspecie’287enonpiùil“popolo”,uncomplessodiindividuiche
mal si presta ai conteggi statistici e alle misurazioni: ‘il bio-potere, estendendo a livello
biologico la sorveglianza, coinvolge la totalità dei viventi nelmeccanismo disciplinare. Non
vengono più analizzati meticolosamente soltanto determinati comportamenti fuori dalla
norma, piuttosto qualsiasi espressione della specie è fatta oggetto di calcolo, in modo da
armonizzarelaqualitàdellapopolazioneconleambizionidell’economia-politica’288.
Insomma,la“biopolitica”trasformalavitanelsuoinsiemenell’oggettodeicalcoliesplicitidel
potere-sapere che, a sua volta, indirizza le trasformazioni dei meccanismi che le
appartengono:‘quandolerelazionieicomportamenti“microfisici”formanolatessituraperla
produzionedella ricchezza, per cui l’esistenza animaledell’individuodivieneunaquestione
squisitamente economico-politica, la definizione delle natura dell’uomo anima il fondo del
conflitto’289.
286P.Amato(acuradi),Labiopolitica,Milano,Mimesis,2004,p.27287Ibidem288Ivi,p.30289Ivi,p.31
98
L’operadiFoucault–unaltromeritoriconosciutodaNegrialfilosofofrancese–permettedi
‘riconoscerelanaturabiopoliticadelnuovoparadigmadipotere’nelsensochesolo‘lasocietà
delcontrolloèingradodiassumereilcontestobiopoliticocomesuoreferenteesclusivo’290.Il
paradigmadelpotere che caratterizza l’Imperoè caratterizzato, infatti, dalle tecnologie che
individuano la società come ambito del biopotere; per usare le parole diMichael Hardt: ‘il
dominio dell’Impero influisce su tutti i registri dell’ordine sociale e si estende sino nel
profondodelmondosociale.L’Imperononsologovernaunterritorioeunapopolazione,ma
creaanchelostessomondoincuièinsediato.Nonsoloregolaleinterazioniumane,macerca
anche di estendere il suo dominio direttamente sulla natura umana.Nelmomento in cui il
dominio imperiale è esteso alla totalità spaziale, la distinzione tra sfera pubblica e sfera
privata tende a venire meno. Si giunge al punto in cui non c’è ambito sociale che risulti
“esterno” al potere imperiale – né nella sfera delle relazioni personali, né in quella dei
rapporti familiari. L’obiettivo del dominio imperiale è la vita sociale nella sua interezza; e
l’Imperopresentalaformaparadigmaticadelbiopotere’291.Nell’epocadell’Impero,il“potere-
sapere” ha permeato completamente i corpi e le coscienze degli individui al punto da
organizzareogniaspettodella loroattività. Insomma,quandoirapportidipoterediventano
completamentebiopolitici,l’interocorposocialevienecompresonellamacchinadel“potere”
e, dunque, viene fatto sviluppare in modo funzionale a essa. Se la società viene sussunta
completamentedaunaformadipoterecheneassorbetotalmentelestruttureelosviluppo,
diceNegri,neconseguecheessacominceràa reagirecomeunsoloorganismo: ‘sipotrebbe
affermarechelasemprepiùintensarelazionedimutuaimplicazionetratutteleforzesociali–
cheilcapitalismo,nelsuosviluppo,hasemprericercato–sièinfinerealizzatanelpassaggio
dallasocietàdisciplinareallasocietàdelcontrollo’292.Comesiègiàvisto,secondoNegri,Marx
avevateorizzatoqualcosadisimilenelpassaggiodallasussunzioneformaleallasussunzione
realedellavorodapartedelcapitale,successivamentefulaScuoladiFrancoforteatentaredi
analizzare in questi termini la sussunzione della cultura da parte dello stato totalitario.
Foucault tenta di superare entrambi questi approcci, in parte riuscendo a terminare il suo
progetto, anche se lascerà in eredità alcune contraddizioni che a sua volta Negri vorrà
superare, incerticasi,allontanandosinettamentedal filosofofrancese.Ènotocomeunodei
punti maggiormente controversi dell’analisi genealogica del potere foucaultiana sia il
rapporto tra vita ed economia: ‘Foucault oltre a considerare il potere in una sfera extra-
290M.Hardt,A.Negri,Impero,Milano,Bur,2003,p.39291A.Zanini,U.Fadini,Lessicopostfordista,Milano,Feltrinelli,2001,p.169292M.Hardt,A.Negri,Impero,Milano,Bur,2003,p.40
99
giuridica, ribadisce, ripetutamente, che la sua osservazione dell’evoluzione storica delle
strategie di governo presuppone un’indipendenza tra il potere e i sistemi produttivi. Il
riferimento all’economico per cogliere la fisionomia del potere avrebbe di fatto camuffato
l’effettiva specificità di quest’ultimo mascherandone i reali meccanismi, frustrando una
comprensionepuntualedellesuedinamiche’293.Dunque,percomprenderelatramamateriale
delpotere,bisognasottrarloaquelleteoriecheloconsideranouneffettodiparticolarisistemi
produttivi: tra queste il marxismo riveste una particolare importanza. D’altronde, se nella
lezione del 7 gennaio 1976 del corso al Collège de France intitolato “Bisogna difendere la
società”Foucault ammette la difficoltà di pensare l’analisi del potere come sganciata dalle
ragioni di tipo economico294, nella lezione successiva, quella del 14 gennaio, il filosofo
francese sostiene che senza il dispositivo disciplinare a dare la spinta fondamentale il
capitalismonon si sarebbepotutoaffermare295. Insomma,pare che sia stato il costituirsidi
una forma di potere stabile, puntuale, efficace e di una società ordinata e controllabile ad
assicurarelosviluppodiunmododiproduzioneingradodigenerarericchezzaattraversoun
ampioprocessodiaccumulazione:
La ricostruzionedi Foucault genera, in effetti, delle perplessità innanzituttodi ordine storico-economico: ci si
potrebbe, infatti, domandare, rammentando le politiche legislative europee a metà del XVII secolo a favore
dell’aumentoquantitativodellapopolazione,selacrescitademograficadelXVIIIsecolononsialimentiinquanto
il capitalismo esige forza lavoro disponibile. Ed ancora, se lamaturazione del regime biopolitico a partire da
quello disciplinare non si sviluppi per non escludere dalla produzione di ricchezza un numero eccessivo di
braccia che tornerebbero comode.Molti elementi, in realtà, proprionell’operadi Foucault, rendono incerta la
possibilità di un’indagine del bio-potere autonoma nei confronti dei processi di accumulazione e progresso
tecnologicodelcapitalismo296
PurevidenziandoquestorapportocontroversotraMarxeFoucault,nonsipuònegarecomela
comprensione del potere disciplinare e di quello biopolitico passi per la conoscenza delle
esigenze storico-politiche della produzione. D’altra parte, è necessario rilevare anche
l’importanzaper losviluppodelmodernosistemacapitalisticodellemisurebiopolitichecon
oggettola“popolazione”.
293P.Amato(acuradi),Labiopolitica,Roma,Mimesis,2004,p.35294Cfr.M.Foucault,“Bisognadifenderelasocietà”,Milano,Feltrinelli,2010,pp.21-22295Cfr.Ivi,pp.36-41296P.Amato(acuradi),Labiopolitica,Roma,Mimesis,2004,p.35
100
Senza dubbio Foucault esclude una corrispondenza rigidamente biunivoca tra “struttura” e
“sovrastruttura”(d’altronde,taleaspettononècontroversonellostessoMarx?),d’altrocanto,
èfacilericonoscerecomelabiopolitica,nelpensierodelfilosofofrancese,‘èlostatoincuinon
si distingue più la difformità dei meccanismi delle relazioni socio-politiche da quelle
economiche, dal momento che le alimenta la medesima potenza: la vita’297. Insomma, la
sopravvivenzabiologica,lasoddisfazionedeibisognispeciespecifici,lasalvaguardiadellavita
stessa,sonoglielementicostitutividelcampoeconomico-politicomoderno(epost-moderno).
Percertiversi,ècontroversoancheilrapportotraFoucaultelaScuoladiFrancoforte.Seda
unaparte ilpensatore francesenon lacriticamaiesplicitamente,dall’altra,sembrabocciare
nettamente alcune teorizzazioni riconducibili a essa, per esempio quei “paramarxismi” che
parteggianoperl’«ipotesirepressiva»–posizioneriassumibileall’incircacontaleassunto:nel
corso della storia europea, si è passati da un periodo di relativa apertura nei confronti del
corpoaunperiodocaratterizzatodaunarepressionesempremaggiore–traiqualispiccail
pensiero di Herbert Marcuse298 : ‘per coloro che concordano con questa visione della
repressione, la grande attrazione è costituita dal fatto che essa è facilmente collegabile al
sorgeredelcapitalismo’299;inpratica,ilsessovenivarepressoperchéeraincompatibileconil
lavoro etico richiesto dal capitalismo, tutte le energie dovevano essere investite nella
produzione. Tale visione, vede contrapporsi “verità” e “potere”: un’ipotesi inaccettabile per
Foucault che, invece, cercadidimostrare la forte implicazionedeidue termini.Mase il suo
tentativo fosse quello di attaccare una “teoria del potere” in virtù dell’imposizione di una
nuova“formadiragione”,ilfilosofofrancesenonsidistaccherebbepoimoltodalpensierodi
Adorno300.Tuttavia,Foucaultsisforzadinonesprimereun“tipoideale”di“ragione”:nellasua
attività di genealogista cercherà sempre di rimanere ancorato alla superficie delle cose e,
quindi,dievitareilricorsoasignificazionigeneralieaognisortadi“essenza”.Larazionalità
perFoucaultèsempreuna“questionestorica”enonmetafisica.Aquestopunto,ilproblemaè
che,traglialtri,ancheAdornosarebbed’accordosutaleaspetto.Ilpassoavanticompiutodal
filosofo francese, però, consiste nell’aver prodotto ‘analisi concrete riguardo a quelle
specifiche pratiche storiche di cui la verità e il potere costituiscono i problemi principali’
isolando e identificando i meccanismi del potere di razionalizzazione in modo “sottile”.297Ivi,p.36298Cfr.M.Foucault,Microfisicadelpotere,Torino,Einaudi,1977,p.141299H.L.Dreyfus,P.Rabinow,LaricercadiMichelFoucault,Firenze,LacasaUscher,2010,p.186300IlrapportotraFoucaulteAdornoinrealtàpotrebbeesseremoltopiùcomplicatoeandrebbeulteriormenteapprofondito, nonostante gli studi che confermano quella distanza tra le due teorizzazioni in questa sederilevata.D’altraparte,bisognaprecisarecheNegriarrivaaddiritturaadaffermareche,finoaglianni70,Foucaultèstato“unaspeciediteoricopariginodellaScuoladiFrancoforte”(Cfr.A.Negri,Fabbricadiporcellana,Milano,Feltrinelli,2008,p.87)
101
Insomma, Foucault non vuole attaccare la ragionema piuttosto si prefigge di ‘mostrare in
qualemodo una forma storica di razionalità abbia operato’, evitando così ‘la tentazione di
ricorrereall’irrazionalismooalladisperazione(senonaddiritturaall’arte),chenonfumaidel
tutto estranea alla Scuola di Francoforte’. In breve, la posizione del filosofo francese gli ha
consentitodiincentrareilpropriolavoro‘sulfunzionamento«pratico»dellaveritàall’interno
deinostrimoderniregimidipotere’301.RitornandoaImpero,quantoappenaprecisatoaiuterà
acomprendereilmodoincuiNegrileggeladistanzadiFoucaultedaMarxedallaScuoladi
Francoforte:‘invecedimettereinevidenzal’unidimensionalitàdelprocessodescrittodaMarx
e,inseguito,riformulatoedestesodallaScuoladiFrancoforte,latransizioneconcettualizzata
daFoucaultè soprattuttocaratterizzatadalparadossodellapluralitàemolteplicità’302.Tale
prospettiva, precisa Negri, è stata sviluppata in particolar modo da Gilles Deleuze e Felix
Guattari:
Se la sussunzione realeviene intesa comeun investimento chenon riguarda solo ledimensioni economichee
culturalidellasocietà,mapiuttostoilbiossocialeinquantotale,esesiprestaladovutaattenzioneallemodalità
della disciplina e/o del controllo, ne scaturisce una perturbazione dell’immagine totalitaria e lineare dello
sviluppo capitalistico. La società civile è assorbita nello stato, ma da questo consegue un’esplosione degli
elementichevenivanoprecedentementecoordinatiemediatinellasocietàcivile.Leresistenzenonsonopiùsolo
marginali,maagisconoalcentrodellasocietàchesidistendenellereti;gli individuivengonosingolarizzati su
millepiani.CiòcheneldiscorsodiFoucaultrimanevaimplicito(echeDeleuzeeGuattarihannoesplicitato)èil
paradossodiunaformadipotereche,mentreunificaeinglobaognielementodelsociale(perdendo,intalmodo,
lacapacitàeffettivadimediareforzesocialidifferenti),nellostessomomentosvelaunnuovocontesto,unnuovo
ambientecostituitodallamassimapluralitàedaunaincontenibilesingolarizzazione–ilpianodell’evento303
SeFoucaultparlavadi“microfisicadelpotere”,DeleuzeeGuattari,nelloroMillePiani,parlano
di“micropolitica”: ‘siamosegmentatidaogniparteeinognidirezione.L’uomoèunanimale
segmentario. La segmentarietà appartiene a tutti gli strati che ci compongono. Abitare,
circolare, lavorare, giocare: il vissuto è segmentato spazialmente e socialmente. La casa è
segmentata secondo la destinazionedelle sue stanze, le strade in funzionedell’ordinedella
città, la fabbrica secondo la natura delle mansioni e delle operazioni. Siamo segmentati
binariamente, secondo grandi opposizioni duali: le classi sociali, ma anche gli uomini e le
donne,gliadultieibambini,ecc.Siamosegmentaticircolarmenteincerchisemprepiùvasti,in
dischiocoronesemprepiùlarghi,allamanieradella«lettera»diJoyce:imieiaffari,quellidel
301Ivi,p.192302M.Hardt,A.Negri,Impero,Milano,Bur,2003,p.40303Ibidem
102
mioquartiere, dellamia città, delmioPaese, delmondo…Siamo segmentati linearmente, su
unalinearetta,sulineerette,doveognisegmentorappresentaunepisodiooun«processo»:
nonappenaabbiamofinitounprocessonecominciamounaltro,eternamenteproceduristio
procedurati,famiglia,scuola,Esercito,lavoro,eascuolacidicono:«Nonseipiùinfamiglia»,e
nell’Esercitocidicono:«Nonseipiùascuola…».Avolteidiversisegmentirinvianoaindividui
o a gruppi differenti, altre volte è lo stesso individuo o lo stesso gruppo a passare da un
segmentoall’altro.Maquestefiguredisegmentarietà,labinaria,lacircolare,lalineare,sono
semprepresel’unanell’altra,sitrasformanoasecondadelpuntodivista’304.
Taleaspettodellasocietàdelcontrolloedelbiopoterequalifica inmaniera fondamentale la
realtà dell’Impero: l’obiettivo del nuovo paradigma di potere è quella di com-prendere
l’onniversalitàdeisoggettichesirapportanoaesso,postoche‘sitrattadiunatrasformazione
radicalecheevidenzialarelazionenonmediatatrapotereesoggettivitàechedimostrachele
mediazioni non sono più dei presupposti e che la variabilità temporale dell’evento è
incontenibile’305.Unavoltaappuratoquesto,cisipuòfocalizzare‘sulladimensioneproduttiva
delbiopotere’306,ossiail“puntodebole”,almenostandoaNegri,dellavorosvoltodaFoucault
(e,inparte,anchedelleanalisidiDeleuzeeGuattari).Nelmomentoincuitentadispiegareil
passaggio dallo Stato dell’ancien régime al moderno Stato disciplinare, Foucault pone in
evidenza la fondamentale importanza avuta dal contesto biopolitico per l’accumulazione
capitalistica.Tuttavia:
Inquestafase,unodegliobiettivifondamentalidellastrategiadiricercadiFoucaulteraquellodioltrepassarele
versionidelmaterialismostorico,incluselenumerosevariantidelmarxismoincuiilproblemadelpotereedella
riproduzione sociale veniva inscritto al livellodella sovrastruttura separatadalla base realedellaproduzione.
Foucault cercava di ricondurre il problema della riproduzione sociale e della cosiddetta sovrastruttura a una
fondamentalestrutturamateriale,equindidi caratterizzarequesto terreno in termininonsoloeconomici,ma
ancheculturali,corporeiesoggettivi.Sipuòcosìcomprendere inchemisura laconcezionecheFoucaultaveva
dellatotalitàsocialefossegiàdefinitaeperfezionatanelmomentoincui,inunafasesuccessivadellasuaricerca,
egliscoprivaiprimilineamentidellasocietàdelcontrolloinquantoconfigurazionedelpotereattivaattraverso
l’intera biopolitica della società. Non ci sembra, tuttavia che Foucault – anche quando copriva efficacemente
l’orizzontebiopoliticodellasocietàelocaratterizzavacomepianodell’immanenza–siamairiuscitoaportareil
suo pensiero al di fuori dell’epistemologia strutturalista che ha orientato la sua ricerca sin dall’inizio. Con
epistemologia strutturalista intendiamo la reinvenzione di un’analisi funzionalista nel quadro delle scienze
umane,unmetodoche,difatto,sacrificaladinamicadelsistema,latemporalitàcreativadeisuoimovimentiela
sostanzaontologicadellariproduzionesocialeeculturale.SeaquestopuntopotessimochiedereaFoucaultchio304G.Deleuze,F.Guattari,MillePiani,Roma,Castelvecchi,2006,p.313305M.Hardt,A.Negri,Impero,Milano,Bur,2003,p.41306Ibidem
103
checosaguidailsistemao,piuttosto,checosaèil«bios»,lasuarispostasarebbeineffabileosarebbeilsilenzio.
Ciò che in definitiva Foucault non è riuscito a cogliere sono le dinamiche reali della produzione nella società
biopolitica307
PerquantoFoucaultavesseaccuratamentetratteggiatolapropriariflessionesullabiopolitica
nell’ultimocapitolodellaVolontàdisapere,manifestòpertuttoilrestodellasuavital’esigenza
diperfezionareesistematizzareirisultatiraggiuntiinunostudiopiùampioeorganico.Allora,
lagrandemoledilavorichegradualmentesonostatipubblicatietradottiapartiredaglianni
90 – ci si riferisce ai corsi tenuti al Collège de France – da una parte attesta l’impegnodel
pensatorefrancesenelportareaterminetaleprogetto,dall’altra,oltreamettereinevidenza
l’eterogeneitàdiunaproduzionecherimanetutt’altrocheagevolecristallizzare,testimoniale
difficoltàteoricheincontratesuccessivamenteallastesuradelprimovolumedellaStoriadella
sessualità:
Il significativoeprolungatosilenziodiFoucault successivoallapubblicazionedellaVolontàdisapere riguarda,
probabilmente, la questione del bio-potere e l’impossibilità di definire delle pratiche di diserzione dalla sua
presa totale. Senza discutere il problema complesso dell’ultimo Foucault e, dunque, del valore di un’«estetica
dell’esistenza» tesa a sperimentare, a partire dallo studio delle pratiche classiche di «cura di sè», un’etica
adeguata all’avvento del bio-potere per immaginare un nuovo stile di soggettivazione, basti dire qui che il
“passaggio”dallapoliticadell’eticanellasuaoperasideve,comenotaDeleuze,proprioaltentativodipensareun
«al di là del potere». L’inattuabile declinazione storica dell’esperienza politica della libertà sarebbe, più
specificatamente, da individuare come la causa della crisi foucaultiana. Il sostanziale naufragio del progetto
iniziale della storia della sessualità si spiegherebbe, allora, con la difficoltà di individuaremodelli di relazioni
sociali non imbastite dalla cristallizzazione di una fasulla de-soggettivazione post-moderna (ovvero quando
l’assolutareificazionedelladifferenzareplica,difatto,l’identità),cioèdaquellafasepost-disciplinaredicarattere
tendenzialmente immaterialedellaproduzionediricchezza immancabilmenteassociata,anchenellesue forme
radicalmente reticolari, adun sistema integratodi controllodella vita e al profitto dellepotenzialità creative
della natura umana. Foucault in sostanza, infine, sospetterebbe che l’evento dell’altro(come ogni processo di
soggettivazione)nonavrebbealcunafisionomiasociale,politica,maesclusivamenteetica308
Queste criticità non hanno comunque impedito alla cultura filosofico-politica italiana di
riconoscere,traleprime,ilvaloredelpensierodiFoucault.Traiprimiautoriasvilupparnei
temiperarricchire lapropria riflessione sipuò situareancheAntonioNegri. Inparticolare,
come ha notato Ottavio Marzocca, in un piccolo saggio che da qui in avanti fornirà
un’utilissima chiave di lettura, quest’ultimo riprende e riutilizza il tema foucaultiano della
307Ivi,p.43308P.Amato(acuradi),Labiopolitica,Roma,Mimesis,2004,p.39
104
biopoliticanell’analisidelle trasformazionidel capitalismopostmodernoedelle formedella
suacontestazione:‘egliinsisteinnanzituttosull’ideacheilbiopoterecostituiscastoricamente
ilrisultatodiun“passaggio”dalladisciplinadegli individuialcontrollodellepopolazioni. In
un cambiamento del genere consisterebbe anche la transizione attuale “dal fordismo al
postfordismo”’309.Siègiàvisto,d’altronde,comeperNegriil“biopolitico”siestendabenoltre
ilsempliceambitopoliziescoedemografico:‘riprendendoFoucault,ènecessariosottolineare
ilpassaggiodell’artedigovernaredalladisciplinadelcontrollo. Per disciplina si intende una
formadigovernosugliodegli individui inmanierasingolareoripetitiva.Perattualizzare la
definizionepotremmodirecheèdisciplinaquellachecopreinepocacontemporaneal’intero
tessutosocialeattraversolataylorizzazionedellavoro,leformefordistedisollecitazioneale
di controllo salariale del consumo, fino a organizzarsi nelle formemacroeconomiche delle
politichekeynesiane.Percontrollo,invece,siintendeilgovernodellepopolazioniattraversoi
dispositivi che investono collettivamente il lavoro, l’immaginario, la vita. Anche a questo
proposito,dicendolo,interminiattuali,possiamoaffermarecheilpassaggiodalladisciplinaal
controllo è oggi rappresentato dal passaggio dal fordismo al postfordismo. In termini
foucaultianisipotràdunquedirechenellafasepostfordistailcontrollopassapiùattraversola
televisione che attraverso la disciplina di fabbrica, attraverso l’immaginario e la mente,
piuttosto che attraverso la disciplina diretta dei corpi. Definita in questi termini, come
opposizioneall’anatomo-politica(tecnologiediaddestramentodell’individuoedelcorpo), la
biopoliticasegnadunqueilpassaggiodalladisciplina,cioèilcontrollodeicorpidegliindividui,
al controllo come tecnologia di potere rivolta alle popolazioni.Mentre la disciplina si dava
come anatomo-politica del corpo e si applicava essenzialmente agli individui, la biopolitica
rappresenta, invece, una grandemedicina sociale che si applica alla popolazione, al fine di
governare la vita’310. Secondo tale lettura,Negri tentaperquantopossibile di “allargare” la
portata del concetto elaborato da Foucault. Uno “stiramento”, quello tentato dall’autore di
Impero, dettato dalla volontà di superare i “limiti” ravvisati nel paradigma del filosofo
francese, tra i quali assume una certa rilevanza, come si è visto, l’indecisionemostrata dal
filosofofrancesenelsuperare“l’epistemologiastrutturalista”:
Questadenunciadelpresuntocripto-strutturalismo foucaultianoviene formulatadaNegri in terminipiuttosto
sintetici,macomunquenonèprivodisignificatoilfattocheperavvalorarlailfilosofoitalianorinviiadegliautori
(Lefebvre,Jameson,Deleuze)chehannoespressovalutazionipiùomenosimiliquandoFoucaulteraancoraagli
309O.Marzocca,“Biopolitica,sovranità,lavoro.Foucaulttravitanudaevitacreativa”,inM.Galzigna,(acuradi),Foucault,oggi,Milano,Feltrinelli,2008,p.234310A.Negri,Guide.CinquelezionisuImperoedintorni,Milano,RaffaelloCortinaEditore,2003,p.78
105
inizi del percorso decisamente post-strutturalista che lo ha portato a svolgere la sua genealogia del governo
biopolitico degli uomini. D’altra parte, Negri coglie certamente un tratto essenziale del pensiero di Foucault
quando evidenzia la sua refrattarietà a riconoscere una “sostanza ontologica della riproduzione sociale e
culturale”.Ineffetti,èdeltuttoattendibilecheilfilosofofrancesenonavrebbeaccettatovolentieril’ideadiuna
sostanza ontologica, poiché, se si dà un’ontologia foucaultiana, essa si dà come eventuale e storica non come
sostanziale311
Dettoquesto, èbene ritornareai “limiti”di Foucault; si diceva come la sua “colpa” sarebbe
quella di non aver compreso le reali dinamiche di produzione nella società biopolitica. Lo
sforzo di Negri, allora, sarà quello di ristabilire il rilievo della produzione nei processi
biopolitici ‘nell’ambito di una riaffermazione della centralità del lavoro produttivo’ 312 .
Marzocca, a tal proposito, suppone che Negri voglia superare l’esitazione di Foucault nel
concepire la “biopolitica” come “economia politica della vita in generale”, poiché ciò
significherebbelegareilbiopotereallelogichedirafforzamentodellostatoeall’esigenzadel
mantenimentodell’ordineattraversole“scienzedipolizia”;secondotaleinterpretazione,solo
in un secondo momento, Foucault avrebbe tentato di collegare la biopolitica alle logiche
economico-sociali. Tuttavia, è semplice riscontrare, in particolare tenendo presenti i Corsi
tenuti tra il 1977 e il 1979313, ‘come il temadella biopolitica si innesti subito in quello più
generaledellagovernamentalitàecomeinquest’ambitoilsapereeconomicorappresentiuno
deglistrumentipiùimportantiedefficaciprimadellagovernamentalizzazionedellostato(con
il dirigismo mercantilista) e poi della relativa destatalizzazione del governo (con il
liberoscambiodell’economiapolitica)’314.Comesiègiàaccennato,nonsembragiustoparlare
diun’esitazionediFoucaultsuquestopunto:semmai,ilfilosofofrancesetentainognimodo
possibiledidescrivereilcomplessorapportotrabiopoliticizzazioneedeconomicizzazionedel
“comando”,tragovernamentalizzazionebio-economicaestatalizzazionedelpotere.Precisato
ciò,rilevaMarzocca:
ÈmoltoprobabilechelaragionedifondochespingeNegriadavanzarelesueosservazionisiaquelladievitare
giustamente di concepire la biopolitica come destinata a tramontare con la crisi dello stato nazione e con
l’avventodellaglobalizzazione.Ma,intalsenso,eglinonsembrarendersicontochepropriol’eterogeneitàmessa
inlucedaFoucaulttralasferadellagovernamentalità,incuisicollocalabiopolitica,el’ambitodelpoterestatale
311O.Marzocca,“Biopolitica,sovranità,lavoro.Foucaulttravitanudaevitacreativa”,inM.Galzigna,(acuradi),Foucault,oggi,Milano,Feltrinelli,2008,p.235312Ibidem313Cfr.M.Foucault,Nascitadellabiopolitica,Milano,Feltrinelli,2012,pp.35-53314O.Marzocca,“Biopolitica,sovranità,lavoro.Foucaulttravitanudaevitacreativa”,inM.Galzigna,(acuradi),Foucault,oggi,Milano,Feltrinelli,2008,p.235
106
al quale la prima si rende storicamente funzionale mantenendo la propria specificità, gli consentirebbe di
riconoscereleragioninoncontingentidell’indipendenzadallelogichestatualichelabiopoliticaoggiconquista315
Nonaccorgendosidiquestoaspetto,Negrisenteilbisognodidistinguereun“biopotere”chesi
affermainmodototalitarioeglobalizzatoeuna“biopolitica”,luogodiemergenzadiunasorta
dicontropotere316,segnatadallaproliferazionedilibertàinsorgenti;piùprecisamente:‘Negri
propone di distinguere chiaramente i concetti di biopotere e biopolitica, intendendo con il
primole“tecnologie”,i“dispositivi”, le“strutture”ele“funzioni” delpoteresullavita,conil
secondo“ilcomplessodelleresistenze”edelle“esperienzedisoggettivazioneedilibertà”che
si danno sulpianodell’”ontologia sociale”’317. Per ricapitolare:daunaparte, il biopotere, la
caratterizzazione più alta dellamodernizzazione capitalistica dei rapporti sociali, le grandi
struttureefunzionidelpotere,dall’altra,labiopolitica,l’emergenzadellasoggettività,glispazi
neiqualisisviluppanorelazioni,lotteeproduzionidipotere.Taledistinzione,inprimoluogo,
serve a Negri per ribadire la centralità del “lavoro”, ma anche per ricondurre il proprio
discorso verso il riconoscimento di un’«ontologia sociale», cioè di un’ontologia della
produzione nel contesto di un processo lavorativo sempre più immateriale. Tali aspetti
immaterialidellaproduzione,secondoNegri,nonsoloesprimonolaqualitàimmediatamente
sociale e relazionale del lavoro, ma ‘lo proiettano altrettanto immediatamente verso la
possibilericonquistacollettivadellasuapotenzaproduttivacontrollatadalcapitale’318.
A talproposito,ènecessarioprecisareche: ‘rilevandoquesteconnotazioni“immateriali”del
lavoro postmoderno si rischia facilmente di non far emergere la sua natura biopolitica, a
menochenonsi colgaanche ilnesso immediatoche lega tali connotazioniallaproduttività
“corporea e somatica” e all’espressione degli “affetti”. Se il linguaggio, la comunicazione, la
relazionalitàe lasocialitàsonoelementiessenzialidel lavoropostmoderno,èperchéessosi
incarna immediatamenteneicorpidella “moltitudine”,mette ingiococostantemente la loro
affettività, “produce e manipola affetti”’319. Si è già accennato a come, in virtù di quanto
appenaspiegato,NegriabbiaavviatounripensamentodelGeneralIntellect,fintantocheper
quest’ultimo si intendaun concettomarxianoma cheMarx effettivamentenonhadel tutto
esplicitato:ilprogressotecnologicohaportatoallacostituzionediunsaperesocialechenonè
più incorporato nellemacchine (e contrapposto al “lavoro”), l’«intellettualità di massa» ha
315Ivi,p.236316Cfr.A.Negri,Guide.CinquelezionisuImperoedintorni,Milano,RaffaelloCortinaEditore,2003,p.80317O.Marzocca,“Biopolitica,sovranità,lavoro.Foucaulttravitanudaevitacreativa”,inM.Galzigna,(acuradi),Foucault,oggi,Milano,Feltrinelli,2008,p.236318Ivi,p.237319Ibidem
107
ormai dissolto questo rapporto per via del fatto che il cervello, in quanto strumento, si è
riappropriatodel lavoro.Ècosìche il corpoe lavitaentranoa farpartedellacooperazione
produttiva:
Perciò,per“intellettogenerale”ormaisideveintendere“ilcorpolinguisticochesièfattomacchinabiopolitica”.
Nella sua multiforme attività non è più possibile distinguere la produzione materiale e immateriale della
riproduzionedellavitaedallesuemoltepliciespressionirelazionali,affettive,corporee.Èrielaborandoinquesti
termini il temadellabiopoliticacheNegripuòsostenerecheessacostituiscaormai lacondizionedipossibilità
“di un contropotere, di una potenza, di una produzione di soggettività”, la quale si libera dal biopotere,
scaturendodallavitastessa,nonsolonel lavoroenel linguaggio,maancheneicorpi,negliaffetti,neidesideri,
nellasessualità.CiòchevarimarcatoinquestosboccodellariflessionediNegrièappuntol’ideachelabiopolitica
nonsiasoltantounterrenodiscontroconilbiopotere,maancheesoprattuttounprocessodisoggettivazione.
Conquestatesil’autoreportaalleestremeconseguenzelasuariaffermazionedellacentralitàdellavoro:poiché
laforzaproduttivadiquest’ultimononèpiùsemplicementeeconomica,masoprattuttobiopolitica,l’immediata
implicazione produttiva della vita costituisce per il lavoro anche un’immediata possibilità di produrre
soggettivitàautonomeelibere,capacidiresistereesottrarsialdominiodelcapitale320
Marzoccacollegaladefinizione,interminiontologici,dell’autonomiadalbiopoteredel“lavoro
biopolitico” espressa da Negri alla peculiare formazione spinoziana dell’autore: sarebbe
quest’ultimaafarglipensareilnessotra“moltitudine”e“biopolitica”comeun“trionfodelle
potenzedell’immanenza”,unosviluppospontaneoesenzamediazionidellapotentiacontrola
potestas321.Suquestalinea,Negrihagiocofacilenell’inserirelefoucaultianepratiche(etiche)
disoggettivazioneall’internodelnuovoparadigmadiproduzionebiopolitica,individuandola
loro origine nel “lavoro moltitudinario” (attraverso cui il lavoro riesce a riscattarsi
politicamente rispetto al capitale): ‘così, l’intreccio biopolitico tra vita e lavoro trova la
confermadelsuovaloredisostanzaontologicaelasanzionedefinitivadellasuapotenzanella
produzione eticopolitica di nuove soggettività’ 322 . Probabilmente, cedendo a questa
“tentazione ontologica”, Negri disperde buona parte dei risultati raggiunti dalla genealogia
foucaultiana, ‘in base ai quali il lavoro, nell’ambito della nostra società, deve essere
considerato un’attitudine forzosa prodotta storicamente dall’imposizione politica di una
determinata etica sociale’323. Negri, infatti, asserendo che ‘il lavoro è diventato ovunque la
sostanza comune’, che ‘il mondo è lavoro’, che ‘quando Marx riconobbe il lavoro come
320Ivi,p.238321Cfr.A.Negri,Spinoza,Roma,DeriveApprodi,2006,pp.6-18322O.Marzocca,“Biopolitica,sovranità,lavoro.Foucaulttravitanudaevitacreativa”,inM.Galzigna,(acuradi),Foucault,oggi,Milano,Feltrinelli,2008,p.238323Ibidem
108
sostanzadellastoriaumana,forsecommiseunerrore,nonperessereandatotroppooltre,ma
piuttosto per non essere andato abbastanza lontano’324, contraddice e si pone a una netta
distanza da Michel Foucault che, invece, si è espresso molto chiaramente su tale aspetto
(negandoqualsivoglia“sostanza”allepropriericostruzioni):
Nel materialismo storico, si tratta di porre alla base del sistema le forze produttive, e poi i rapporti di
produzione, per arrivare alla sovrastruttura giuridica ed ideologica, e infine a ciò che dà profondità tanto al
nostro pensiero che alla coscienza dei proletari. Secondome, i rapporti di potere sono, al tempo stesso, più
sempliciemoltopiùcomplicati.Semplicinellamisuraincuinonnecessitanodiquestecostruzionipiramidali;e
molto più complicati poiché esiste unamolteplicità di rapporti, ad esempio, tra la tecnologia del potere e lo
sviluppo delle forze produttive. Lo sviluppo delle forze produttive non può essere compreso se non
rintracciando, nell’industria e nella società, un tipo particolare o parecchi tipi di potere all’opera – all’opera
all’internodelle forzeproduttive. Il corpoumano, comesappiamo,èuna forzadiproduzione,ma il corponon
esisteinquantotale,comeunoggettobiologicoocomeunmateriale.Ilcorpoumanoesistedentroeattraverso
un sistema politico. Il potere politico assegna un certo spazio all’individuo: uno spazio in cui assumere un
comportamento, adottare una postura particolare, sedersi in un certo modo, lavorare continuamente. Marx
pensava–elohascritto–cheillavorocostituiscal’essenzaconcretadell’uomo.Iopensochequestasiaun’idea
tipicamentehegeliana. Il lavorononè l’essenzaconcretadell’uomo.Se l’uomo lavora, se il corpoumanoèuna
forzaproduttiva,èperché l’uomoèobbligatoa lavorare.Edèobbligatoperchéè investitodaforzepolitiche,è
presoall’internodimeccanismidipotere325
Èa tale rifiuto foucaultianodipensare il “lavoro”comedotatodiuncertorilevoontologico
chesegueilrimproverodinonriuscireateorizzareunconcretomododiandare“oltre”inessi
dipotere-saperedominanti.Eppure,esaminandolaproduzionepostumadelfilosofofrancese,
è facilenotare che la riflessionedi Foucault su tale aspetto è tutt’altro che risolta.Dunque,
andràprecisatocheperilfilosofofrancese‘lepratichedisoggettivazione,lungidalcostituire
unasferaeticaavulsadalleattivitàproduttiveedairapportidipotere,rappresentanotuttavia
deimodidiautoregolazionechel’uomochesiprendecuradisédevetenderecostantemente
adattivareperdareunaformaeticaalpropriocoinvolgimentosiainquelleattivitàcheinquei
rapporti’326. Allora, le pratiche di sé non sono tanto il riscatto da un potere eteronomoma
piuttosto un modo di auto-dimostrazione della propria dignità, che si articola attraverso
“conoscenza vera” e “azione retta”, in quanto ‘l’uomo che si prende cura di sé lo fa
innanzituttocercandoedicendolaveritàsull’imprevedibileproblematicitàdellasituazionein
cui vive, ovvero denunciando ogni pretesa, propria o altrui, di “produrre” o “comandare”324M.Hardt,A.Negri,IllavorodiDioniso,Roma,Manifestolibri,1995,pp.14-24325M.Foucault,Biopoliticaeliberalismo,Milano,Medusa,2001,p.51326O.Marzocca,“Biopolitica,sovranità,lavoro.Foucaulttravitanudaevitacreativa”,inM.Galzigna,(acuradi),Foucault,oggi,Milano,Feltrinelli,2008,p.238
109
unilateralmente gli eventi e i rapporti politici che si danno in una simile situazione’327.
Foucault si occupadi questi argomenti conparticolare riferimento all’antichità classica,ma
nonesitaneltrasferireilbisognodipraticheugualmente‘aldiquadell’eserciziodelpoteree
aldilàdelledinamichediliberazione’anchenellacontemporaneità:
Secondolui,oggilepratichedisoggettivazioneeticadevonoessereformadiproblematizzazioneattivasiadelle
relazioniedeisistemivigentidipoteresiadegliesitiliberatoridell’evoluzionesocialeodellelottepolitiche.In
questosenso,leanticheartidell’esistenzavannoriattualizzatecomepratichedilibertàedistintenettamentedai
processi di liberazione, poiché oltrepassare i limiti di questi processi non è meno importante che resistere o
sottrarsiall’eserciziodelpotere.SecondoFoucault,“lapraticadi liberazionenonbastaadefinire lepratichedi
libertàchesarannosuccessivamentenecessarieaffinchéquelpopolo,quellasocietàequegli individuipossano
definirepersestessileformeammissibilieaccettabilidellaloroesistenzaodellasocietàpolitica”.Ciòchenon
puòessereignorato,insomma,ècheanche“laliberazioneapreuncampoperdeinuovirapportidipotere,che
vanno controllati con le pratiche di libertà”. Ma questo genere di problemi si pone anche prima che un
movimentoounprocessodiliberazionesisianoattivatichiaramente,poiché–secondoilfilosofofrancese–nella
nostrasocietàgeneralmentesigodesemprediuncertogradodilibertà,siaessail“margine”diautonomiacheci
vieneconcessodalpotere,siaesso il fruttodelsuccessodiuna lotta: “se lerelazionidipotereattraversano il
campo sociale, è perché la libertà è dappertutto”. Perciò – egli dice – è la libertà relativa di cui comunque si
disponeacostituire“lacondizioneontologicadell’etica”edèinnanzituttotalelibertàchedeveesserepraticata
eticamente.L’etica,insomma,è–secondolui–“lapraticariflessadellalibertà”,“laformariflessacheassumela
libertà”mediante la suapratica.Dunque, le pratiche foucaultianedi soggettivazione, nénell’antichità nénella
contemporaneità, sembrano trovare la loro risorsaprincipale in una “sostanza” ontologica o in una “potenza”
produttiva,malaincontranopiuttostoinunacondizioneontologicamenteinstabileedeticamenteproblematica
direlativalibertà,cheoccorresaperriconoscere,criticare,trasformare,praticare328
L’intento di Foucault, si potrà allora affermare, non è quello di negare la portata della
“repressione”madinonesaltare troppo i tentatividi “liberazione”,vistochequest’ultimaè
fortementecontemplatanelle,ormaiprevalenti, formedipotere “non-repressive”esercitate
su ogni campo del “vivente”. Detto questo, il filosofo francese non manca di giudicare
positivamente le lottecheavvengonosulpianobiopolitico,soloche,diversamentedaNegri,
non considera tale piano un luogo dove “immediatamente” la vita si presenta come
“contropotere”,producendosoggettivitàinsorgenti:
Sipuòdirepiùprecisamenteche–secondoFoucault–lelottebiopolitiche,malgradolalorocaricadirompente,
rappresentinoancheunasortadiriflessocondizionatorispettoall’assunzionedapartedelpoteredellavitacome
propriooggettoprivilegiato: inesse“lavitacomeoggettopoliticoèstata inuncertosensopresaalla letterae
327Ibidem328Ivi,pp.240-241
110
capovolta contro il sistema che cominciava a controllarla”. Il che significa tra l’altro che, sottovalutando o
ignorandoilfattocheilbiopoterestessosirapportaallavitaconapprocciopositivo,iprotagonistidiquestelotte
siispiranoaunacertavisione“mitologica”eimpropriamenteontologicadellavitastessa,percuiessasarebbeil
luogodel“diritto”aritrovare,aldilàditutteleoppressionio“alienazioni”quelchesièetuttoquelchesipuò
essere329
Insomma,una lottachenonprendeinconsiderazione ilrapportoche il “biopotere”cercadi
instaurarecon la“verità”deldesiderioedelcorpo,dellanaturaedellavita–siricordiche,
producendo“sapere”, il “potere”determinadeglieffettidi “piacere”, senza iqualinonsene
potrebbespiegare il radicamentoe la capillarità–nonpotràmai innovare ilproprioraggio
d’azioneetico-politico,paresuggerireFoucault.Suquesta linea, il filosofo francesemette in
discussione la capacità di pensarci come “soggetti di desiderio”, come detentori di una
potenza “produttiva”. È in particolare su questo punto che si consuma buona parte della
distanzachecorretraFoucaulteDeleuzee,quindi, traFoucaulteNegri: il filosofofrancese,
infatti,‘nonhamaiassegnatoalla“forzaproduttiva”deldesideriounafunzioneeticamenteo
politicamentecostitutiva’330.TornandoallaprospettivacaraaNegri, inultimaanalisi,sipuò
direcheperFoucault‘nonc’èalcunagaranziachel’accresciutapotenzaintellettuale,socialee
“biopolitica”dellavoropostmoderno,unavolta“riappropriata”nondialuogoanuovisistemi
e rapporti di potere resi eventualmente più cogenti da questa stessa potenza. Insomma, la
liberazione produttiva di tale potenza non si traduce necessariamente in una possibilità
accresciutadiautonomiapolitica,senzal’elaborazionedipraticheadeguatedilibertà’331.
PiùsullascortadiSpinoza(Deleuze),comesièaccennato,chedellecorrentifreudo-marxiane
tantoapprezzatedallalottasessantottina(ipotesirepressiva),perNegri,una“resistenza”che
possa dirsi realmente tale deve essere in grado di non farsi assorbire e razionalizzare dal
biopotere, che ha ormai completamente investito la società: essa, per riuscirci, non potrà
avereleproprieradicinelbiopotere,piuttostodovràessereincontattoconilcuorepulsante
dellavita,un“qualcosa”diontologicamenteprecedenteal“potere”stesso:
La vita comunquedevepassare attraverso l’assoggettamento al biopotere, al suomeccanismoproduttivo, per
accedere ad una condizione di piena soggettività, che ne libera le forze vitali immanenti. Attenzione: fino a
questopuntoladialetticadellapiegaimpostaalviventeperlasuasoggettivazioneeracertamenteimplicitanel
discorso foucaultiano, ma, mentre in Foucault si procede verso una liberazione/soggettivazione di ciò che il
biopoterehaprodotto,quiilgiocovirtuale/attualeevidenziaunquidprecedentealladeviazionedelpoteresulla
329Ivi,p.242330Ivi,p.243331Ivi,p.244
111
vita,chepuòliberarsinellasuaoriginaria,pienapotenzadivita.Se,insomma,ilpotere“investe”lavita,allorala
vita esisteva in sé,nella suapotenzialitàdi intensificazione cheproprio il biopotere rendeevidente.La critica
politica di Negri e Hardt non solo rigetta l’ipotesi repressiva sul potere, ma ne riconosce compiutamente la
produttività–concettochiavedelbiopoterefoucaultiano-;pone,però,l’accentosuquelquidontologicovirtuale
cheilpoteresuscitaeintensifica:lavita,pensataquicomeforza,piuttostochecomeforma332
Negri,riscontratoil“silenzio”diFoucault(sièvistocome,inrealtà,ilfilosofofranceseabbia
piùdiqualcosadadireinproposito),sirivolgeall’operadiDeleuzeeGuattaripertrovareuna
risposta“post-strutturalista”alladomandariguardanteilbios.D’altraparte,anchenell’opera
degliautoridiMillePianivienerintracciataunacolpevolemancanzadiapprofondimento: ‘il
loro lavoro demistifica lo strutturalismo e tutte le concezioni filosofiche, sociologiche e
politiche che fanno della rigidità del quadro epistemologico un ineluttabile punto di
riferimento. Essi richiamano la nostra attenzione alla sostanza ontologica della produzione
sociale. Le macchine producono. Il costante funzionamento delle macchine sociali nei loro
differentidispositivieassemblaggiproduceilmondo,unitamenteaisoggettieaglioggettiche
lo costituiscono. Tuttavia, Deleuze e Guattari sembrano capaci di concepire positivamente
solo i movimenti continui e i flussi assoluti in questo modo, anche nel loro pensiero, gli
elementicreativiel’ontologiaradicaledellaproduzionenelsocialerisultanoprividisostanza
e, in definitiva, impotenti. Deleuze e Guattari scoprono la produttività della riproduzione
sociale (produzione creatrice di valori, di relazioni sociali, di affetti, di divenire), ma la
articolano in maniera superficiale ed effimera, come un orizzonte caotico e indeterminato
segnatodall’ineffabilitàdell’evento’333.
Dopoquantodetto, è possibile affermare che c’è una vera e propria “euforica affermatività
ontologica”dietrolecritichemossedaNegriaFoucaulteDeleuze;lariproduzionebiopolitica
èriversatatuttaall’internodellaproduzioneontologicadelsoggetto:
Ilnostrocompitosaràalloraquellodiprocederesullebasidiquestitentativiparzialmenteriuscitidiriconoscere
ilpotenzialedellaproduzionebiopolitica.Percollegarecoerentementelediversecaratteristichechequalificano
il contestobiopolitico cheabbiamoanalizzato sinoaquestopuntoe ricondurleall’ontologiadellaproduzione,
dovremoessere in gradodi identificare la nuova figuradel corpo collettivobiopolitico, cosa che appare, a un
tempo, contraddittoria e paradossale. Questo corpo diviene una struttura non negando l’originaria forza
produttiva che lo anima, ma restituendogliela; esso diviene linguaggio (scientifico e sociale) in quanto
moltitudinedi corpi singolari edeterminati in relazione tradi loro. Si puòdunqueparlarediproduzioneedi
riproduzione,distrutturaesovrastruttura,inquantosonoingiocolavita,nelsensopiùampiodellaparola,ela
332L.Bazzicalupo,Biopolitica,Roma,Carocci,2010,p.93333M.Hardt,A.Negri,Impero,Milano,Bur,2003,p.43
112
politica in senso proprio. La nostra analisi deve inoltrarsi nella giungla delle determinazioni produttive e
conflittuali espressedal corpocollettivobiopolitico. Il contestodellanostraanalisidevedunqueesserequello
dellemanifestazionidellavitastessa,ilprocessocostitutivodelmondoedellastoria.L’analisinondevemuoversi
attraversoformeideali,maneldensocomplessodell’esperienza334
Percompierequestoprogetto,chenonsipuònondefinire“politico”,aNegrirestapursempre
lapossibilitàdi far levasul livelloontologicopropostodaSpinoza,dovepotenzacorporeae
veritàsitrovanofermamentesaldate:affrontareilbiopotere,allentarnelamorsa, invirtùdi
una “forza ontologica” che è lontanissima dalla resistenza condizionata di Foucault e
dall’impotenza (consapevole) alla quale approderebbeDeleuze. Dissolta ogni differenza tra
naturale e artificiale, tra umano e macchina, rimangono da oltrepassare le mutazioni, le
mescolanzeeleibridazionichetaledissoluzionehalasciatoinereditàeinventareun“luogo
nuovonelnonluogo”eun“desideriocheformauncorponuovo”:
C’èbisognodiuncorpochesiaincapacediadattamentofamiliare,chesiarefrattarioalladisciplinadifabbrica,ai
regolamentidellavitasessualestandardecosìvia.(Setrovatecheilvostrocorporifiutale«normali»formedi
vita, non disperate: rallegratevi per il vostro talento!) Oltre che essere radicalmente impreparato per la
normalizzazione, comunque, un nuovo corpo deve essere in grado di creare nuova vita. Occorre, dunque,
procedere nella definizione di questo nuovo luogo del non-luogo, ben oltre le esperienze di mescolanza e
ibridazione e oltre gli esperimenti che avvengono intorno a esse. Si deve giungere a un artificio politico, un
divenire artificiale, nel senso umanistico dell’homohomo prodotto dall’arte e dalla conoscenza, e, in senso
spinoziano,diuncorpopotenteprodottodallapiùaltaformadicoscienzamossadall’amore.Gliinfinitipercorsi
deibarbaridevonocreareunnuovomododivita335
Daprecisarecheinquesteparolenonc’è“vitalismo”,unafilosofia“reazionaria”,diràNegri:‘la
nozionediBios,nelmodoincuièpresentenelleanalisibiopolitichediFoucaulteDeleuze,è
tutt’altracosa:hasceltodirompereconquellagrigliadipensiero.Pernoi,chepensiamosulla
loro scia, la biopolitica non è un ritorno alle origini, unamaniera di ri-radicare il pensiero
nellanatura;alcontrario,è iltentativodicostruirepensieroapartiredaimodidivita–che
siano individuali e collettivi -, di fare partire il pensiero (e la riflessione sul mondo)
dall’artificialità – intesa come rifiuto di ogni fondamento naturale – e dalla potenza della
soggettivazione.Labiopoliticanonèunenigma,oppureuninsiemedirelazioniimbrogliatein
maniera così inestricabile che la sola possibilità di uscirne sembrerebbe essere
334Ivi,p.45335Ivi,p.206
113
l’immunizzazione della vita: essa è al contrario il terreno ritrovato di ogni pensiero politico,
nellamisuraincuièattraversatadallapotenzadeiprocessidisoggettivazione’336.
Ènellaproduzionedisoggettivitàchesiesprime,nonostante ilbiopotere, l’«eccedenza»che
rendeil“vivente”tale,ènellabiopoliticachel’«eccedenza»halapossibilitàdiautovalorizzarsi
e liberarsidall’assoggettamento: sarà la sua “natura rivoluzionaria”apermetterle, infine,di
riappropriarsi di se stessa (sottraendola al ruolo in cui è attualmente costretta, quella di
mezzodiproduzionedelcapitalismoimmateriale)edellasuacapacitàdiauto-prodursi.
336A.Negri,Fabbricadiporcellana,Milano,Feltrinelli,2008,p.30
114
Conclusione
‘Lamoltitudineèilnomediuna«immanenza».Lamoltitudineèuninsiemedisingolarità’337,
infatti,daunaparteessaèunatracciaontologica,larealtàcheresta,unavoltacheilconcetto
di“popolo”,figuraegemonenelpensieromoderno,siliberadalriferimentoauna“sovranità”
trascendente, dall’altra, rappresenta non tanto “individui” quanto singolarità «non
rappresentabili». Questa “moltitudine” è una figura “biopolitica”, fin tanto che per
quest’ultima si intende un’«estensione della lotta di classe», perché “moltitudine” è,
innanzitutto,un“concettodiclasse”.Anchesedeveessereconsideratoinmanieradiversada
quello di “classe operaia”, in quanto ‘limitato sia dal punto di vista della produzione (esso
include essenzialmente i lavoratori dell’industria) sia dal punto di vista della cooperazione
sociale (esso comprende infatti solo una piccola quantità dei lavoratori che operano nel
complesso della cooperazione sociale)’338. La “moltitudine” è, invece, sempre produttiva e
sempreinmovimento–diceNegri–‘dalpuntodivistatemporalesincronico,lamoltitudineè
sfruttata nella produzione; e anche quando sia riguardata dal punto di vista spaziale
diacronico, lamoltitudine è sfruttata in quanto costituisce società produttiva, cooperazione
sociale per la produzione’ 339 . Allora, per la “moltitudine”, intesa come “classe”, lo
“sfruttamento”nonriguardagliindividuimalacooperazionedell’insiemedellesingolarità:
Sinotichelaconcezione“moderna”dellosfruttamento(quelladescrittadaMarx)èfunzionaleaunaconcezione
dellaproduzionedicuivengonofattiattorigliindividui.Soloperchécisonodegliindividuicheoperano,soloper
questoillavoroèmisurabiledallaleggedelvalore.Ancheilconcettodimassa(inquantomultiploindefinitodi
individui)èunconcettodimisura,meglio,èstatocostruitonell’economiapoliticadel lavoroaquestoscopo.In
questosensolamassaèilcorrispettivodelcapitalequantoilpopololoèdellasovranità340
Alcontrario,losfruttamentodellamoltitudineè“incommensurabile”.Icriteridimisurazione
validi per altrimomenti storici, nel suo caso, sono damettere radicalmente in discussione
perché essa è una potenza che produce oltre misura. In questo senso, la “carne” della
moltitudine ha la necessità di espandersi fino alla definitiva trasformazione in “corpo” del
GeneralIntellect:
337A.Negri,Guide.CinquelezionisuImperoedintorni,Milano,RaffaelloCortinaEditore,2003,p.129338Ivi,p.130339Ibidem340Ibidem
115
Quandoconsideriamoquestopassaggio,meglio,questoesprimersidellapotenza,possiamo farlo seguendo tre
linee:a)lagenealogiadellamoltitudinenelpassaggiodalmodernoalpostmoderno(o,sevolete,dalfordismoal
postfordismo). Questa genealogia è costituita dalle lotte della classe operaia che hanno dissolto le forme di
disciplina sociale del “moderno”; b) la tendenza verso il General Intellect. La tendenza, costitutiva della
moltitudine, verso modi di espressione produttiva sempre più immateriali e intellettuali, vuole configurarsi
comeassolutorecuperodelGeneralIntellectnellavorovivo;c)lalibertàelagioia(nonchélacrisielafatica)di
questopassaggio innovativo, che comprendeal suo interno continuità ediscontinuità; insomma,qualcosa che
puòesseredefinitocomesistoleediastolenellaricomposizionedellesingolarità341
Dettociò,sostieneNegri,èpossibiletentareladefinizionediun’«ontologiadellamoltitudine».
Tale “potenza” rende evidente come la “relazione di comando” alla base del lavoro
immaterialesia,inrealtà,insussistente.Come“corpo”delGeneralIntellect,“soggettosociale
attivo”essamostracome‘ilsapereèsempreeccedenterispettoaivalori(mercantili)neiquali
si intende racchiuderlo’342. Il terreno ontologico dellamoltitudine è, allora, l’esperienza del
“comune”,ovverociòchenonesigenécomandonésfruttamento.Questopiano,presupposto
all’attività umana nella sua interezza (produzione e riproduzione), si costituisce grazie al
«linguaggio»: ‘è quando il lavoro vivo e il linguaggio s’incrociano, e si definiscono come
macchinaontologica–èallorachel’esperienzafondatricedelcomunesiinvera’343.Tirandole
somme:
Lamoltitudineècompostadauncomplessodisingolarità,ovepersingolaritàintendiamosoggettisocialilecui
differenzenonpossonoessere ridotte ad alcuna identità: differenze che restanodifferenti. Le componenti del
popolosonodiperséindifferentineiriguardidellapropriaunità:confluisconoinun’unitànegandoomettendo
dapartelelorodifferenze.Lesingolaritàpluralidellamoltitudinesicontrappongonopuntoperpuntoall’unità
indifferenziatadelpopolo.Malamoltitudine,benchémolteplice,nonèun’unitàframmentata,nonèanarchicané
incoerente. Il concettodimoltitudineè antiteticoanchenei confrontidiuna seriedinozioni chedesignano le
collettivitàplurali,comelafolla,lemasseelaplebe.Datocheidifferentiindividuiogruppicheformanolafolla
non sono legati da una qualche forma di coerenza e non condividono nessun elemento comune, la collezione
delledifferenzedacuiessaècostituitaapparecomequalcosadiinerteocomeunmeroaggregatoindifferente.I
componenti dellemasse, della plebe e della folla non sono singolarità, e ciò emerge chiaramente osservando
comelelorodifferenzeinternevenganofacilmenteassorbitenell’indifferenzadell’intero.Inoltre,questisoggetti
sociali sono fondamentalmente passivi – non possono cioè agire autonomamente – e dunque devono essere
guidati in qualche modo. La folla, la plebe e la massa possono produrre effetti sociali – spesso orribilmente
distruttivi–manonpossonoagireaccordandosidi loro iniziativa,equestaè laragioneper laqualesonocosì
facilmentemanipolabili. Il terminemoltitudine,alcontrario,designaunsoggettosocialeattivocheagiscesulla
341Ivi,p.131342Ivi,p.138343Ibidem
116
basediciòchelesingolaritàhannoincomune.Lamoltitudineèintrinsecamentedifferente,unsoggettosociale
molteplice, la cui costituzione e le cui azioni non sono deducibili da alcuna unità o identità (più o meno
indifferente),madaquellocheisoggettichelacompongonohannoincomune344
Nellasocietàpostmoderna,dissoltosi(quasicompletamente)ilmododiproduzionetaylorista
e il modello di consumo fordista, non si possono più comprendere le relazioni di classe
analizzandolevecchie“identità”(peresempio,gli“operaidifabbrica”).Perquestomotivo,si
fa sempre più pressante l’emergenza della “moltitudine”: essa non solo è “classe”
postmoderna e postfordista perché si costituisce in base a un concetto biopolitico, cioè
politico-economico, ma anche in quanto permette di riaffermare la possibilità di “agire in
comune”dellesingolarità.D’altraparte,suquestalineasipuòaffermarechela“moltitudine”
permettedirecuperarelamarxiana“lottadiclasse”,unavoltaprecisato,però,comeessa‘non
è riducibile all’esistenza empirica della classe, ma è fondata sulle sue condizioni di
possibilità’345 . D’altronde, per Negri, il concetto di “classe operaia” e sempre stato più
esclusivo che inclusivo: si riferisce solo ai lavoratori dell’industria, ai lavoratori salariati, in
pratica,la“classeoperaia”èlaclasseproduttivasottoilcomandodirettodelcapitale,percui
solo essa può lottare efficacemente contro quest’ultimo (se le altre “classi subalterne”
voglionolottarecontroilcapitale,possonofarlosolosottoladirezionedellaclasseoperaia).
Tuttavia,sesiritiene,comeilfilosofoitaliano,chetutteleformedellavorosono“socialmente
produttive” – nonostante la “classe” degli operai di fabbrica non abbia perso la sua
importanza (ma soltanto la sua “priorità”, la sua “centralità”) – bisognerà costruire un
progetto politico quanto più aperto e ampio possibile. Infatti, considerando che ‘il lavoro
immateriale occupa attualmente la stessa posizione che il lavoro industriale occupava
centocinquanta anni fa’346, il concetto di “moltitudine” ha il grande vantaggio di riuscire a
com-prendere all’internodella lottadi classe tutti coloro che lavoranoeproducono sotto il
comandodelcapitale.
Di fronte a un biopotere capitalistico che sempre più colonizza e occupa ogni aspetto del
tessuto biopolitico, ancora una volta, Negri afferma la “liberazione della vita” grazie a una
“categoria” che sembra rinviare all’«essere» stesso. La “potenza” contro l’egemonia del
“potere”: se il lavoro immateriale, ormai forma precipua del modo di produzione e del
processodivalorizzazione, investe la “vita”,significachenella“vita”èpossibilerintracciare
un’«eccedenza»dallaqualefaremergereun“contropotere”,ossiaunluogo(localizzabilenello
344M.Hardt,A.Negri,Moltitudine.Guerraedemocrazianelnuovoordineimperiale,Milano,Rizzoli,2004,p.233345Ivi,p.243346Ivi,p.252
117
stretto rapporto che unisce lavoro e linguaggio) di produzione di soggettività e quindi dis-
assoggettamento.Ecco,allora,l’importanzadi«Fare-moltitudine»,cioè“produrresoggettività
politica”, facendoperno sulla considerazione cheattraverso il “desiderio”e la sua tendenza
generativa, dunque la sua “produttività”, la prospettiva ontologica e quella antropologica si
trovano a coincidere347. Insomma, il “dominio politico” è, nel progetto politico negriano,
destinato a cedere sotto la forza “desiderante” della “potenza” biopolitica. Tale percorso di
sovversione è poggiato, per stessa ammissione di Negri, sull’analisi foucaultiana delle
relazioni di potere, fintantoché si ammette che Foucault non esclude il darsi
dell’«antagonismo»tradominantiedominati:
Dicontro,quellasuaconcezionenonèmaistatacircolare,emai ledeterminazionidelpoteresonostate,nelle
sueanalisi,preseinungiocodineutralizzazione.Nonèverocheilrapportofraimicropoterisisviluppiatuttii
livelli della società senza rottura istituzionale fra dominanti e dominati. In Foucault si danno sempre
determinazionimateriali,sensiconcreti:nonc’èunosviluppochesiappiattiscainequilibrio,quindinonc’èuno
schemaidealisticodellosviluppostorico.Seogniconcettoèfissatoinun’archeologiaspecifica,essoèpoiapertoa
unagenealogiadicuinonconosciamoilfuturo.Laproduzionedisoggettività,inparticolare,perquantoprodotta
edeterminatadalpoteresviluppasempreresistenzechesiapronoattraversodispositivi incontenibili.Le lotte
determinano davvero l’essere, lo costituiscono – e sono sempre aperte: solo il biopotere cerca una loro
totalizzazione.Inrealtà,lateoriasipresentacomeanalisidiunsistemaregionalediistituzioni,dilotte,discontri
edi intrecci, equeste lotteantagonisticheapronosuorizzontionnilaterali.Questovale sia sulla superficiedei
rapportidiforzasianell’ontologiadisestessi.Quindi,nonsitrattainnessuncasosiritornareaun’opposizione
(nella forma della pura esteriorità) fra il potere e la moltitudine, ma di permettere alla moltitudine, nelle
smisurateretichelacostituisconoenelleindefinitedeterminazionistrategichecheessaproduce,diliberarsidal
potere.Foucaultnegalatotalizzazionedelpoteremanoncertolapossibilitàdapartedeisoggettiinsubordinati
dimoltiplicaresenzafinei“foyersdilotta”ediproduzionedell’essere348
Sihal’impressionecheNegri,almenofinoaImpero,purriconoscendol’influssoesercitatoda
Foucault sul suo pensiero, in generale, abbia voluto mostrare i “limiti” teorici del filosofo
francese, ponendosi come continuatore del suo metodo, ma pur sempre in virtù di quelle
precisazioni, di quelle “correzioni”, che si sono esposte nel precedente capitolo. Nelle sue
operesuccessive,invece,èpossibileriscontrareunasortadi“inversione”daquestopuntodi
vista: nel pensiero del filosofo francese, Negri rintraccia delle “analisi” che non solo
confermanolalegittimitàdeldiscorso“politico”portatoavanti,macheinveranoanchelasua
«ontologia».
347Cfr.M.Hardt,A.Negri,Impero,Milano,Bur,2003,pp.258-261348A.Negri,Guide.CinquelezionisuImperoedintorni,Milano,RaffaelloCortinaEditore,2003,p.139
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Presuppostociò,inNegri–lacuioperapiùrecenteèinteramentecentratasul“salvataggio”di
unaprospettiva“rivoluzionaria”–èimpellentelanecessitàditrovareunfilorossochemetta
inconnessioneirisultatiemersidall’analisi“genealogica”diFoucaulteunprogettopoliticodi
sovversionedell’esistentecheforsesarebberiduttivo,manoninesatto,ritenere“marxista”.In
tal senso, dicendo che quando il potere si estende, diffondendosi in tutti i rapporti sociali,
diametralmente,provoca l’estensionedell’antagonismo ‘nellospaziocheprendepostotra la
potenzaeilpotere,nellemagliepiùfinideltessutosocialeenellatotalitàdellearticolazioni
del potere politico’349, Foucault ricondurrebbe il “desiderio”, la “libido”, all’interno stesso
dell’antagonismo sociale e della lotta politica. A questo punto, suggerisce Negri (operando
l’ennesimaevidente “forzatura”),Foucaultavrebbereinserito l’«ontologiadellaproduzione»
all’interno del tessuto biopolitico. Allora, mentre il biopotere cerca di imporre con forza
l’omologazionedellasocietà,quest’ultima–che“ontologicamente”siesprimenei terminidi
“differenza”e“creatività”–attua(spontaneamente)lapropria“resistenza”.L’ipotesidiNegri
èchesiapropriola“resistenza”apermetterealla“differenza”ealla“creatività”dirapportarsi
tralorosulpianodell’«essere».Lostatutoontologicodiquestiduetermini,dunque,nonpuò
cheessereassegnatoanchealla“resistenza”:
Quandosiparladidifferenza,siparladunquediresistenza.Ladifferenzanonpuòesserericonosciutaall’interno
dell’omologazionecheilbiopotereesercitasullasocietà.Quandosiparladelladifferenza,sidiceprecisamentela
maniera in cui la resistenza emerge contro la massa compatta del biopotere, per affermare la consistenza
comunedeltessutobiopolitico.Èsolorinnovandocontinuamentequestotessutointerminidicreatività,dimodo
divita,didistruzioneditutteleformediessenzaodiidentità,cheladifferenzapotràessereaffermataecheil
comunepotràesserecostruito350
Anche se Negri ritorna più volte su questo punto351, come si è visto, pare riproporre,
nonostantele“metamorfosibiopolitiche”(eantropologiche)chel’hannoriguardatael’inedito
terrenodilotteeformediproduzionesulqualesitrovaadagire,propriola«classeoperaia»
intesaperò,inmodo“inclusivo”,come‘unaforzalavoroimmaterialeeintellettuale,linguistica
e cooperativa, che corrisponde a una nuova fase dello sviluppo produttivo fondato
sull’eccedenzadellavoro,cioèsullacreativitàdellavorovivo’352.Sipuòsostenere,allora,che
ciò che più interessa Negri è, ancora una volta, innanzitutto, l’individuazione del nuovo
349A.Negri,Fabbricadiporcellana,Milano,Feltrinelli,2008,p.88350Ivi,p.90351Cfr.A.Negri,Guide.CinquelezionisuImperoedintorni,Milano,RaffaelloCortinaEditore,2003,p.29352A.Negri,Fabbricadiporcellana,Milano,Feltrinelli,2008,p.94
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“proletariato” originatosi a partire dalle forme di depoliticizzazione imperiale, e poi,
l’organizzazionepoliticadiquest’ultimo(ladomandaè:“comesiorganizzailcomune?”).
Lo“slittamento”dellaquestionesulpianodell’ontologico,inquestosenso,èfondamentale.Se
nell’Imperolospazioeiltempodellalottadiventano“nonluogo”ed“evento”,la“resistenza”e
la capacità di “organizzazione” della stessa dovranno trovarsi nella stessa costituzione
essenziale degli “sfruttati” e di “ciò che è sfruttato”. Se l’ordine imperiale è l’estrema
rappresentazione della violenza fatta sulla “potenza”, nondimeno esso spalanca tutte le
possibilitàdella“biopolitica”:neconseguechela“vita”deveessereperforzadicose“altro”da
quel “potere” che vuole imporre il proprio controllo su di essa, in maniera sempre più
stringente(e“all’infinito”).Ilprogettopoliticochevorràinaugurareun“contro-Impero”,una
“democraziaassoluta”,quindi,nonpotràchepoggiaresullaconsiderazionediun“essere”che
solo la costruzione cooperativa di strumenti di comunanza potrà “ri-conoscere”. Inoltre, è
esclusivamente una “lotta per il potere” che preveda la destrutturazione del “comando”,
ovvero l’estrema affermazione della produttività “desiderante” della “moltitudine”, a poter
pienamente,consapevolmente,realizzareunatrasformazionepolitica,eticaeantropologicain
questosenso.
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Bibliografia
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