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Dall'operaio sociale all'impero

Date post: 27-Nov-2023
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ALMA MATER STUDIORUM – UNIVERSITÀ DI BOLOGNA SCUOLA DI LETTERE E BENI CULTURALI Corso di Laurea Magistrale in Scienza Filosofiche DALL’OPERAIO SOCIALE ALL’IMPERO Il percorso filosofico di Antonio Negri Tesi di laurea in Modelli antropologici e concezioni della storia nella filosofia contemporanea Relatore Presentata da Ch.ssimo Prof. Manlio Iofrida Guglielmo Sano Correlatore Ch.ssimo Prof. Stefano Righetti III Sessione Anno Accademico 2014 – 2015
Transcript

ALMAMATERSTUDIORUM–UNIVERSITÀDIBOLOGNA

SCUOLADILETTEREEBENICULTURALI

CorsodiLaureaMagistralein

ScienzaFilosofiche

DALL’OPERAIOSOCIALEALL’IMPEROIlpercorsofilosoficodiAntonioNegri

Tesidilaureain

Modelliantropologicieconcezionidellastorianellafilosofiacontemporanea

Relatore Presentatada Ch.ssimoProf.ManlioIofrida GuglielmoSanoCorrelatoreCh.ssimoProf.StefanoRighetti

IIISessione

AnnoAccademico2014–2015

Indice

Introduzione………………………………………………………………………………………….2PrimoCapitolo

• I.Bisognod’azione………………………………………………………………….…..…8• II.Poderosorivolgimentodispiriti……………………………...………………....10• III.Un’esperienzaoperaista………………….………………………………………..14• IV.RitornoaMarx…………………………………………………………………….…...16• V.Rovesciamentopratico……………………………………………………………....21• VI.Macchineecapitale…………………………………………………………………..33• VII.Ildispositivo“crisi”………………………………………………………………....40• VIII.L’operaiosociale…………………………………………………………………....53

SecondoCapitolo

• I.Marxcapovolto…………………………………………………………………………..65• II.Il“corpo”delGeneralIntellect…………………………………………………...72• III.Dinuovolalottadiclasse…………………………………………………………77• IV.Impero…………………………………………………………………………………….81• V.Dalla“disciplina”al“controllo”…………………………………………………..87• VI.Ilpoteresullavita…………………………………………………………………….92• VII.BiopoliticacontroBiopotere……………………………………………………97

Conclusione………………………………………………………………………………………….114Bibliografia……………………………………………………………………………………….....120

Immagino che un giovane lettore di oggi, diciamoun ragazzo di vent’anni tra quelli che hanno ancora interessipolitici e sociali, diciamo un ragazzo che fa del volontariato, che ha bazzicato qualche centro sociale, qualcheassembleadiscuola,qualcheriunionediquartiereoaddiritturaqualchesededipartito,avrebbedifficoltàacapireche delle persone non appartenenti al ceto politico, non classificabili come «politici», avessero «necessità» dirisolverecertiproblemiditeoriapolitica.«Perchefarsene?»sichiederebbe.«Conqualediritto?»penserebbe.Unochedimestierefa,diciamo,l’informatico,chebisognohadisapereseilmodomigliorediportareunmontanteallamascella sia quello di far partire lo sforzo dal tallone oppure dal bacino…Se fa l’informatico che gli frega delpugilato?

SergioBologna

DallaPrefazioneaL.FerrariBravo,DalFordismoallaGlobalizzazione,Roma,Manifestolibri,2001

2

Introduzione

L’«operaismo»nonpuòessereconsideratounacategoriateoricaomogenea,ancormeno,un

percorso politico univoco. Rimane tuttora complesso definire con certezza i rapporti di

continuità e discontinuità che corrono tra “Quaderni rossi” e “Classe operaia”, le prime

esperienze riconducibili a tale ambito risalenti agli anni 60, Potere Operaio e Autonomia

Operaia, i percorsi che, negli anni 70, hannomaggiormente rivendicato la propria origine,

appunto, “operaista”. Ancor più difficile risulta, tuttora, unificare il profilo biografico dei

singolipensatoriformatisiall’internodiquestacomplessadimensione:

Chi parladimovimentodegli anni Sessanta e Settanta fornisceunamistificante immagineunitaria e riduttiva

rispettoaquellacomplessitàediversitàdipercorsiche,purpartendodacontestiedaclimiculturalilargamente

comuni,hacaratterizzatoinmodofortequeidecenni.Insecondoluogoesistonospecifichedimensionitemporali

chenonsipossonoignorare:traglianniSessantaeSettantacisonocontinuitàediscontinuità,senz’altrononun

terrenodicompletaomogeneità;ciònonsolodaunpuntodivistageneralemaancheesoprattuttoperquellache

è stata l’esperienza formativa e politica dei vari soggetti. In terzo luogo è necessario criticare la genericità

banalizzantedichiparladipersonechehannopartecipatoaimovimentidiqueglianni,livellandocosìpercorsi

soggettivi che sono stratificati non per questioni di burocratiche gerarchie ma per i differenti gradi di

partecipazione,dicapacità,diimpegno,dipresenza,diesperienzaecc.1

PerMarioTronti, invece, quello della “periodizzazione” è unproblema risolto: ‘l’operaismo

italianodeglianniSessantacominciaconlanascitadi«Quadernirossi»efinisceconlamorte

di «Classeoperaia». Punto.Questa è la tesi. Poi – si legreinnemeurt – si riproduce in altri

modi, si reincarna, si trasforma, si corrompe e… si perde’2. Cos’è allora “operaismo”? Sono

sempre le parole di Tronti a fornire un’interessante risposta a questa domanda:

‘un’esperienza intellettuale di formazione, tra anni di noviziato e anni di pellegrinaggio; un

episodio di storia delmovimento operaio, tra forme di lotta e soluzioni di organizzazione;

un’iniziativa di rottura della tradizionemarxista ortodossa, italiana e non solo, riguardo al

rapporto tra operai e capitale, e non solo, insomma, una rivoluzione culturale, seria, in

Occidente’3. In effetti, l’operaismo è stato forse la prima vera “eccezione” interna a un

panorama, come quello italiano, dominato tradizionalmente dagli aspetti più “istituzionali”

del marxismo: a ribadirlo anche lo stesso Tronti quando dice che ‘non gli operai di

Manchester,maquellidiDetroit,eranoi«nostri»operai’,oppurequandoaffermache‘davanti

1G.Borio,F.Pozzi,G.Roggero,Futuroanteriore,Roma,DeriveApprodi,2002,p.402G.Trotta,F.Milana(acuradi),L’operaismodeglianniSessanta,Roma,DeriveApprodi,2008,p.53Ivi,p.35

3

alle fabbricheciavevaportatinonLacondizionedellaclasseoperaiainInghilterradiEngels,

malalottadellavoratorecontroillavoroneiGrundrissediMarx’,oancora,‘cimuovevanonla

rivolta etica per lo sfruttamento che gli operai subivano, ma l’ammirazione politica per le

pratiche di insubordinazione che si inventavano’ 4 . D’altronde, uno degli aspetti più

affascinantidell’operaismoè, ingenerale,proprioquellodiessereriuscito,oalmenodiaver

provato,arimanereancoratoalla“realtà”difabbrica:

Cideveesseredatoattochenoncademmomainellatrappoladelterzomondismo,dellecampagnecheassediano

lecittà,dellelunghemarcecontadine,nonfummomai«cinesi»,ela«rivoluzioneculturale»,quellad’Oriente,ci

vedrà freddi,estranei, lontani,piùchemoderatamentescettici, inrealtà fortementecritici. Il rossoera,edè, il

nostrocolorepreferito,maquandoloassumonole«guardie»ole«brigate»sappiamochepuòrisultarnesoloil

peggiodellastoriaumana.CipiacevaalcontrarioilfattocheglioperaidelNovecentospezzasserolacontinuità

dellalungagloriosastoriadelleclassisubalterne,conlelororivoltedisperate, leloroeresiemillenariste, i loro

ricorrenti generosi tentativi, sempre dolorosamente repressi, di rompere le catene. In fabbrica, nella grande

fabbrica,ilconflittoeraquasiadarmipari,siperdevaesivinceva,giornopergiorno,inunapermanenteguerra

diposizione.Nellalottadiclassequellochecientusiasmavaeralaclasseinlotta.Laforma,sì,diquella,maanche

i tempidascegliere,anzi imomentidausaree le condizionida imporre,quindigliobiettividaperseguire,e i

mezziattiaraggiungerli:nullapiùdiquantosipossachiedere,nullamenodiquantosipossaottenere5

Forse è banale constatare che, alla base della matrice teorica operaista, si presuppone

l’esistenza di una forza materiale in grado di trasformare radicalmente la società: questa

forza, appunto, sono glioperai. D’altra parte, sicuramentemeno scontato è ricordare come

l’esperienza operaista si sviluppi contestualmente a dei rivolgimenti epocali del modo di

produzionecapitalisticoe,diconseguenza,dellacomposizionedellaclasseoperaia:‘apartire

dalla seconda metà degli anni Cinquanta in Italia si è assistito a una fase di

reindustrializzazionepreludiodiquello che sarebbestato ilboomeconomico, che smentiva

l’allora dominante teoria del ristagno economico dovuto ai monopoli: si trattava di un

passaggiodisviluppocapitalistico,manell’ambivalenzaaprivaanchepossibili intenzionalità

alternative.Motorecentralediquestafasedisviluppoèstatalaclasseoperaiataylorizzata;il

suo lavoro non richiedeva esclusivamente uno sforzo manuale o muscolare , come molti

erroneamentecredono,madi tuttequante lesuecapacità(psichiche,cognitive, intellettuali,

timiche, esperienziali ecc.) e persino dell’intera comunità operaia, benché il padrone gli

riconoscesseeglipagassesoprattuttolemani’6.

4Ibidem5Ivi,p.366G.Borio,F.Pozzi,G.Roggero,Futuroanteriore,Roma,DeriveApprodi,2002,p.70

4

L’Italiasitrasformavelocementetraglianni50e60.Nelpaesedel“boomeconomico”,della

reindustrializzazione, comincia a diffondersi, in maniera pressoché generalizzata7, tra gli

appartenenti alla “classe operaia” – da intendersi non tanto come oggetto ideologico-

sociologico ma piuttosto come operaio collettivo della produzione tayloristica – la

consapevolezzadiesserepartediunapotenzacollettivacheèusatadalcapitalemachepuò

essereutilizzataancheinmododiverso:

Ènelmomentoincuisipercepironoinpossessodiquestagigantescaforzachesicrearonolecondizioniperla

produzionediunasoggettivitàautonoma, lapossibilitàdi immaginarechequellapotenza, informemodificate,

potesseessereattivataperfinialmenounpo’piùpropri,financheantagonistiaquellisistemici.Èaquelpunto

chel’operaio,perunabrevefase,nonèstatosolopiùl’altrametàdelpadrone,mahaespresso,almenoinalcuni

suoi aspetti, una propria autonomia soggettiva (certo parziale, ambivalente, ma comunque con peculiari

diversitàeffettive).Suquestabasesièresopossibileiltransitorioincontrotraquellaforzagigantesca(nonsolo

materialeeoggettiva,maanchepermoltisuoiaspettisoggettiva)eilprogettoditrasformazionesocialeportato

daunacertaavanguardia8

Insieme alla “consapevolezza”, la secondametà degli anni 50, portò anche una stagione di

conflittualità operaia che si dispiegherà per tutto il decennio successivo. Intanto, il Partito

Comunista, che a molti appariva ormai “arenato” in seguito alla scelta “democratica” del

Segretario Palmiro Togliatti, restava impantanato nell’affaire ungherese. Il momento,

insomma, eramaturo perché si sviluppassero delle critiche “a sinistra” del Partito, perché

nascesseun’«opposizionecomunista»alcomunismodogmaticoeburocratizzatodell’Est.

Siègiàrilevatocomenonsipossainalcunmodoconsiderareun“bloccomonolitico”,tuttavia,

l’operaismoitaliano,daTrontiaNegri,haavuto,innanzitutto,questomerito:quellodiriuscire

arompereconlo“stagnazionismo”9tipicodellasinistraitalianatradizionalee,inparticolare,

delPCI(purtenendocontodelledissidenzealsuointerno),cercandocosìdicomprenderela

vivacitàdellosviluppocapitalisticochehaattraversato l’Italia(alcunepartipiùdialtre)e il

suo “miracolo economico”. Tuttavia, a torto o a ragione, rimanere legato all’analisi del

contestotaylorista-fordista,sivedrà,nonpotevacheprovocarneil“collasso”teorico-politico:

Èverochenellosviluppoitalianodelsecondodopoguerral’”operaiomassa”avevaassuntounruolosemprepiù

significativo nel processo di valorizzazione.Ma da ciò non seguiva, come invece ipotizzò una parte diPotere

Operaio,chequellafigurapotessesussumere,inunaposizionedidominanza,glialtristratidellacomposizionedi

7Cfr.Ivi,p.728Ivi,p.739S.Wright,L’assaltoalcielo,Roma,PortoAlegre,2008,p.295

5

classe. Sempre più, invece, dagli anni Settanta in poi, lo schema di lettura delle dinamiche capitalistiche e

antagonistichevenneossificato,eproiettato inavanti.L’”operaiomassa” lasciò ilpostoall’”operaiosociale”,al

“cyborg”, al cosiddetto “cognitariato” o, addirittura, coniando una categoria priva di qualsiasi senso, al

“lavoratore immateriale”. Il metodo fu, ed è, il medesimo. Sempre e comunque, individuare una qualche

“tendenza”.Ritagliare,sulsuopuntopiùavanzato,unsettoredicuisiassumel’importanzastrategica.Sudiesso,

puntareconunanuova “scommessa”politica.L’intero impianto teoricovienecosìpoliticamentepiegatoverso

nuovefigure,dichiaratedivoltainvoltaegemoni.Capaci,sidice,diesprimerenuoveformediconflittualitàesu

cuicaricarelapostadiunnuovoazzardo10

Dalle parole di Riccardo Bellafiore e Massimiliano Tomba, contenute nella postfazione al

citato librodiWright sull’operaismo,emergeunanettae chiaradisapprovazioneperquelle

teorizzazioniche,pursemprerimanendonelsolcodiquellatrontiana,avevanol’ambizionedi

aggiornareilprogettopolitico(esovversivo)comunista(meglio:operaistainsensoampio)e,

in tal modo, riallacciarlo al passaggio dal modo di produzione taylorista-fordista a quello

postfordista.

Si può facilmente capire come sia in primis Negri, ‘convinto che la moltitudine stia alla

metropolicomelaclasseoperaiastavaallafabbrica’,ilbersagliodiquestacritica,soprattutto

perché ‘non può non risultare evidente come posizioni del genere contribuiscano ad

alimentare nelle giovani generazioni degli anni Novanta, e quelle a noi più vicine,

un’indifferenza verso il lavorooperaio: trasformando l’odio contro il lavoro in indifferenza,

quando non addirittura in avversione, verso una classe operaia giudicata residuale e

reazionariainquantolegataalpostodilavoro.Come,altempostesso,impediscanodivedere

le nuove forme del lavoro produttivo di valore, perché ne cancellano la realtà concreta

sostituendolaconunostereotipo,chedissolveimodibenmaterialichecaratterizzanooggila

frammentazione del lavoro dipendente dal capitale in una categoria indistinta e

indeterminata’11.QuellodiNegrièstato,insomma,unoperaismo“ideologico”,incuimancano

i lavoratoriquandolavoranoo,peggio,chesiaccorgedeilavoratorisoloquandochiedonoil

salariomentre,perilrestodeltempo,liconsideraallastreguadellemacchinecheadoperano?

Si rileveràcomenonsiacosìsemplice liquidare lasuariflessione.Amenochenonsivoglia

dire che la stessa categoria di “postfordismo” – usata ormai quasi unanimemente per

descrivereilprogressivodeclinoneipaesioccidentalidellegrosseconcentrazionidifabbrica

elaconseguente“dislocazionedelproduttivo”–potrebbeesseresoloundogmaaccettatoa-

criticamente,unpo’perpigrizia,unpo’perconvenienzapolitica.

10Ivi,p.30111Ivi,p.303

6

D’altra parte, se si ammette che il passaggio dal modo di produzione fordista a quello

postfordistasièeffettivamenteverificato,ecosìpare12,allora,nonsipuònonriconoscere,al

netto delle sue contraddizioni, come l’operaismo di Negri costituisca, nel suo complesso,

almeno,iltentativodiaffrontarela“crisi”dellabaricentricitàdellaclasseoperaia,intesanella

maniera più “classicamente” marxista di operaio-massa. Certo, il suo “proletariato”,

disseminato in tutta la società, sia nell’ambito della produzione che della riproduzione,

poggiava su un progetto “politico”, come quello dell’Autonomia Operaia, che si poneva a

distanza siderale da quello, fino ad allora ma anche adesso, assimilabile alle prime

teorizzazioni operaiste. Per questo motivo, innanzitutto, “andare oltre la fabbrica” fu un

assunto avvertito come “politicamente” necessario daNegri, comeda tanti altri. Tuttavia, è

possibile ritenere che la “rottura” tra le “generazioni”di operaisti si sia consumataanchee

soprattutto sul piano di inediti “bisogni” teorici: in questo senso, è logico che alle nuove

“azioni politiche” corrispondesse il “ripensamento” dello stesso Marx (e non un suo

“riciclaggio”,tantomenounasua“rottamazione”).

Si sentì il bisogno e, dunque, si provò a rompere con il “circolo chiuso” dello sviluppo

capitalistico,conl’ipostatizzazionedeiprocessiproduttivi,deirivolgimentidialetticiperchési

pensava che le “categorie” operaiste avessero ormai mostrato i propri limiti. Si avvertì

l’impellenza e, quindi, si tentòdi riavvicinareMarx alla realtàper creareuna contro-realtà,

utilizzare lo slancio della sua “scienza” all’interno di un percorso di ri-soggettivazione

(antagonista) perché, qualitativamente ancor più che dal punto di vista “quantitativo”, lo

“scontro di classe” appariva radicalmente cambiato. L’operaismo dovette per forza di cose

trasformarsi,insiemeallarealtàchevolevadescrivereemutare.Forse,seancoraoggisuscita

interesse, dibattito, è anchemerito di AntonioNegri, nonostante quelli che possono essere

considerati,omeno,isuoierrori:

Eccoci dunque alla scadenza dell’assalto al cielo. Una forza operaia che gioca insieme la sua interna

consapevolezza di essere uscita dalla preistoria, di essersi riappropriata del meccanismo della propria

riproduzione, di aver conquistato autonomia ed indipendenzadi valorizzazione, di averdeterminatouna crisi

pesantissima del capitale. Un capitale che, nelmomento stesso in cui recepisce questa tensione, irrigidisce le

formedellasuaespressione,tragicamente,siaperquelcheriguardalaformapoliticanellaqualesiestrinseca,sia

perquel cheriguarda ilmododiproduzionecheorganizza.Fraduedirittiegualidecide la forza,dicevaMarx.

Dentro lo stabilizzarsi della crisi la violenza assume infatti una valenza fondamentale. Esso è il corrispettivo

statualedell’indifferenzadelcomandoe,comunque,dellasuarigidità.Essaè,dicontro, lacaldaproiezionedel

processodiautovalorizzazioneoperaia.Nonsapremmoimmaginarenulladipiùcompletamentedeterminato,di

12Cfr.P.Virno,Grammaticadellamoltitudine,Catanzaro,Rubbettino,2001,pp.68-71

7

più ingombro di contenuti, della violenza operaia. Ilmaterialismo storico definisce la necessità della violenza

nellastoria;noi lacarichiamodell’odiernaqualitàdell’emergenzadiclasse,consideriamolaviolenzacomeuna

funzione legittimata dall’esaltazione del rapporto di forza nella crisi e dalla ricchezza di contenuti

dell’autovalorizzazioneproletaria13

13A.Negri,Ilibridelrogo,Roma,Castelvecchi,1997,p.304

8

PrimoCapitolo

I.Bisognod’azione

IlpensierodiAntonio“Toni”Negrihasempreavutounfortecarattere“operativo”.Perdareil

via aquestoprogetto, anzitutto, si sente il bisognodi segnalare tale aspettodel suo lavoro.

Tuttaviacisipropone,sottolineandotalecaratteristica,nonditrascurarnelaportatateorica,

magari tralasciandone i contenuti,maal contrariodivalorizzarla. Infatti, tra lealtrecose,è

necessarioprecisarechelostessoautorerivendicaquestacaratteristicacomeessenzialealla

suaproduzione.Quandociònonrisultaimmediatamenteesplicito,maanchequandolorisulta

eccessivamente,èsoloperchéNegrihasemprecercato,espessoèancheriuscito(sisuppone

meritatamente), a ritagliarsi il ruolo di “teorico” da “movimento” e di un “Movimento” in

particolare(“Operaio”primae“Noglobal”dopo,perdirlainparolepovere).

Allora,esitodiunariflessionepervasadaunadinamicaoperativa,quellocheeglihascritto,e

tuttora continua a scrivere, nei suoi intendimenti dovrebbe servire allamessa in pratica di

strategiedicontrasto,lotta,rivolgimento,ancormegliosovversione,delsistemacapitalistico.

Siripete,tantoperesserechiari,checiòvaleperlamaggiorpartedelsuolavoro.Poi,chele

suestrategieabbianofunzionatosulcampoomeno,cheisuoiintendimenti,appunto,offrano

uncertonumerodiprotocolli efficacioal contrario si siano rivelati velleitari,non riguarda

questo lavoro, se non lateralmente. Quello che si vuole qui sostenere è piuttosto che: a

“concreti”modidilottacorrispondonomodalitàdipensierochetentanodiesserealtrettanto

“concrete”. Se tale assunto non vale per tutte le “lotte” e per tutti i “pensieri”, sicuramente

rimane un fattore imprescindibile per comprendere la maggior parte degli autori che si

muovononell’orizzontemarxistatracui,d’altraparte,Negrisièsempreannoverato.

Andandoindietroneltempoearrivandoaconsiderareisuoiprimistudisipuògiàleggere,tra

lerighediunostudiosoancorapienamenteinternoaunpercorso“accademico”,un’analisidi

certi autori e di certi temi predisposta a evidenziare questo genere di relazione “teoria-

pratica”, questo tipo di ricerca dalla tensione “metodologica”. In seguito si rivedranno e

specificherannoquestielementiunavoltachesisarannotradotti,rendendosiintalmodopiù

evidenti, in termini marxisti. Tuttavia per farlo dovremo aspettare che Negri “scopra” lo

stesso Marx. Vedere in che modo Negri si avvicini all’autore de Il Capitale chiarirà la sua

particolare posizione nella tradizione marxista, italiana ma non solo, e dunque la sua

particolareattenzionealla“pratica”,chesideveintenderecome“rivoluzionaria”.

9

Solo a quel punto entrerà in scena il debito contratto da Negri con Michel Foucault. La

riflessionediquest’ultimoinpiùpuntihamessoinmotoilragionamentodiNegri,piùvoltene

hariempitoivuoti.Cisaràmododimettereinlucecomela“praticarivoluzionaria”diNegri

nonpossafareamenodelleelaborazionidiFoucault.Siprecisachequestatrattazioneprende

inesamel’operadiunautoreancorainvitaechenonrinunciaquasimaiachiarireinprima

persona le vicende personali che lo riguardano. Vi è una grande mole di informazioni sul

percorsodiformazionediToniNegri,dell’uomocomedelpensatore.Ilfattochesialuistesso

ariferirleprobabilmenteneaccresceilvaloreperquantoriguardagliscopidiquestolavoro.

Intornoai23anni,diceNegri, ‘dimarxismononsapevopraticamentenulla,vissi lepratiche

comuniste radicali in un kibbutz dove non esisteva famiglia, non esisteva nulla, veramente

esistevano solo la comunità e il lavoro’14. Sin dalla giovane età il “comunismo” era noto a

Negripiùperragioni“materiali”,sostanzialmenteleproprieoriginifamiliari,cheattraversoi

testipropriamenteteorici.Ilsuoincontroconil“comunismo”sisvolgequindiinunquadrodi

soluzioni operative, appunto i “kibbutz”, e di esperienze concrete, come la liberazione del

Nord Italiadall’occupazionenazifascista a cui il nonnopaternoavevapartecipato,piuttosto

chediriflessioniespeculazionidaconsiderarsiinqualchemodoastratte.Ancheseaquell’età

NegriègiàstudentediFilosofiadell’UniversitàdiPadova, lasituazionerimarràtalealmeno

fino alla laurea. Comedice lui stesso: ‘all’università ho conosciuto tuttima senza legarmi a

nulla,quandonesonouscitoeropraticamenteunlukacsiano’15.Èil1956,Negrisilaureacon

unatesisullostoricismodiDilthey,Meinecke,TroeltscheWeber:quest’ultimaèilsuoveroe

proprioesordiofilosofico16.

La tesidi laureadiNegrièun testocheperammissionedello stessoautorehadei limiti in

lineadimassimadettatidallestesseesigenzechelopongonoinessere.Talilimiti,nonostante

glisforziattuatidaNegripercontenerli,siripropongononelriadattamentoeffettuatoinvista

dellapubblicazionedeltestostessoadoperadell’IstitutoFeltrinellinel1958(dilìaunannosi

sarebbetrasformatonellarinomatacasaeditrice)17.Unavoltaprecisatoquestoaspettosipuò

direche,giàneiSaggisullostoricismotedescodel1959,èvisibilelaprofonditàd’analisi,così

come lapenna,diunautoregiovanemasopra lamedia.Lerestrizionialquale,per forzadi

cose,èsottopostoiltestononimpedisconodinotarlo.14G.Borio,F.Pozzi,G.Roggero(acuradi),Glioperaisti,Roma,DeriveApprodi,2005,p.23615Ibidem16Cfr. A. Negri, Saggi sullo storicismo tedesco. Dilthey eMeinecke,Milano, Feltrinelli, 1959 - N.b. Il testo è ilriadattamentodellaprimapartedellatesidilaureadiNegri.Lasecondaparte(daWeberaTroeltsh)nonèstatamaipubblicata,sebbenel’autorenonabbiamairinunciatoufficialmenteataleproposito(Cfr.G.Borio,F.Pozzi,G.Roggero(acuradi),Glioperaisti,Roma,DeriveApprodi,2005,p.236).17IdettaglidellapubblicazionesonoriferitiintalmododaNegristesso(cfr:G.Borio,F.Pozzi,G.Roggero(acuradi),Glioperaisti,Roma,DeriveApprodi,2005,p.236)

10

Inoltre,sindalleprimepaginedeiSaggi,sembradipoternotare,oltreaunsincerointeresse

per il pensiero, una sorta di ammirazione, ai limiti dell’immedesimazione, di Negri nei

confrontiDilthey.Oggi idue,aragione,potrebberoappariredistantima,nelleprimepagine

pubblicatedaNegri,sembramostrarsibenpiùdiunasemplicesimpatiaperilgiovaneDilthey.

II.Poderosorivolgimentodispiriti

Il testocominciaconuncambiodiprospettiva.Diltheyriferiscediessersi concentratosulla

preservazioneesullafondazionedell’autonomiadellescienzedellospirito,control’invadenza

del metodo positivista, sin dall’inizio della sua attività di studioso. Tale opinione però,

sottolineaNegri,emergeneisuoiscrittisolonell’ultimoannodivitaquandolaformazionedel

suopensiero si può considerare giunta al termine. Invece: ‘la formazionedi una “coscienza

storica”ediunmetodostoriograficosecondocriteriautonomi,precedeinDiltheyognichiara

formulazionedelproblemadell’autonomiadellescienzestorichee,conseguentemente,della

criticadellaragionestorica’18. IlDiltheymaturo,ormaidivenutoilcampionedell’autonomia

delle “scienze dello spirito”, accusa le scienze della natura di aver abbattuto il dominio del

monismoidealisticohegeliano.Aquestopunto,fanotareNegri:

Rimane vero che, attorno al 1850, la filosofia sistematica hegeliana era stata liquidata; omeglio, essa solo si

presentavanell’ambientefilosoficotedesco,comeriferimentopolemicodiognialtraposizione.Manonerastata

tanto la scienza naturale ad abbattere l’impero hegeliano, quanto “bisogni” ed “interessi” diversi, sorti

dall’infinitoprolungarsidellavitastorica,dopochequestasieraevoluta,dalloHegel,orgogliosamenteconchiusa

nel“sistema”.L’hegelismoè,inprincipio,combattutoevintonontantodalnuovospiritosistematicoscientifico,

quanto dal suo opposto, da quello spirito che si è detto della “Systemlosigkeit”, da una nuova romantica e

avventurosa filosofia aperta che tendeva a ritrovare, oltre gli schematismi della ragione, la pregnanza del

concettodi realtà.Nonsi trattavasolodi fondare lariflessionesullecose;nondisvolgere l’analisiconcettuale

secondodirezioniformalimetafisiche,bensìdirapportarlaall’esperienzavitale19

Un‘poderosorivolgimentodispiriti’20adettadellostessoNegri,chesiallontanavadaHegel

tantoquantonemantenevaipresuppostimetafisici.Dilthey,insomma,èautorecheinprima

battuta rivendica il ruolo del “non-sistemico” all’origine del processo speculativo in nome

dell’avvertita necessità di ricondurre la dinamica esistenziale dell’uomo, in tutta la sua

concretezza,all’internodell’indagine,inprimoluogo,storica.

18A.Negri,Saggisullostoricismotedesco.DiltheyeMeinecke,Milano,Feltrinelli,1959,p.1419Ibidem20Ivi,p.15

11

Anche se tale battaglia viene comunque condotta in virtù di un sostrato tutt’altro che “a-

sistematico”,chedall’autorestessononvienericonosciuto, l’insegnachelacontraddistingue

nonèquelladegliultimimitiromanticimasoprattuttoquelladi‘irrazionalismo,pessimismo,

esigenzepragmaticheeumanistiche’21.QuelladiDilthey,nelladescrizioneefficacediNegri,è

la generazione che assiste a una violenta protesta nel pensiero religioso e politico e nella

storiografiainparticolare. L’ortodossiareligiosariprendevapiedeel’ultra-conservatorismo

spesso ne assumeva i caratteri per camuffarsi. Nello stesso tempo la sinistra hegeliana

criticava la religione rovesciando la dialettica. Questo era il retroterra dei moti

quarantotteschi.

‘I contrasti politici e ideologici – scrive Negri – penetravano dunque nelle cittadelle e la

storiografia, più di ogni altra disciplina ne risentiva’22. Gli storici in senso lato, partecipi

all’esaltazionerivoluzionaria,sistavanoimpegnandosulfrontedeidibattiticostituzionali.Si

apprestavaaconsumarsi, insomma,unrivolgimentochenonlasciavaindennelastoriadella

filosofia,destinataapassaredallostatusdiscienzafilosofica,comeHegelavevavolutofarla,a

quellodi scienzaempirica, comeogni altradisciplina storica.ComenotaNegri: ‘l’hegelismo

venivacosìdissoltodallafedenellastoricità,dallospiritorivoluzionario,dall’esigenzialismo,

piuttosto che da un’astratta confutazione logica’23. Tuttavia, tale rivolgimento non aveva

ancora intaccato se non superficialmente il profondo spiritometafisico intessuto sui lasciti

dell’hegelismo che ancora impregnava gli studi storici. A questo problema bisognerà

aggiungere lapermeazionedellastoriografiadapartedelmetododellescienzedellanatura

avvenutanellaprimafasedisviluppodelcapitalismoindustrialetedescoeall’affermarsidel

regimebismarckiano:

Contro le reminescenzehegeliane, così come contro l’esplicitametafisica positivista dovevamuoversiDilthey,

unavoltache,attraversolericerchedistoriadellareligione,dellafilosofiaedellastoriografia,sudatecartedella

sua giovinezza, fosse giunto alla consapevolezza dell’empiricità del contesto storico ed alla sua comprensione

secondounacategoriaumanistica.Èquindiverocheconlui“lacriticadellaragionestoricaconcludelosviluppo

che aveva avuto origine dalla metafisica della storia di Hegel”, nel senso che anche Dilthey partecipa a quel

grandemovimentodistudistoricisortodall’impulsodellaculturaromanticaedellafilosofiahegeliana;masolo

quandosi insistasulladrammaticitàdel rapporto tra ledue filosofie,perchénonsidàcontinuitàpossibile tra

metafisicaecoscienzadellastoricità24

21Ibidem22Ivi,p.1623Ibidem24Ivi,p.17

12

Diltheyneisuoiprimiannidistudioprova l’istintodicomprendere lavitaapartiredaessa

stessa. Questa idea ancora non appare in veste di tendenza filosofica, chiarisce Negri

(dialogando a distanza con chi faceva del pensiero diltheyano una coniugazione del

romanticismo).Tuttaviaèinquestoperiodo(NegrisibasasusensazioniriportatedaDilthey

nel 1903, riguardanti l’inizio del suo periodo berlinese nel 1853) che il filosofo tedesco

cominciaaesprimere la ‘necessitàdiviverea contattocon la storia inmaniera realistica’25.

Perfareilpuntodellasituazione:

Non solo i problemi scientifici, storici o letterari che fossero, contribuirono alla formazione del pensiero

diltheyanomaancheistanzedirettamentevitali,comequellareligiosaoquellapolitica,nellapiùvastaaccezione.

E con l’emergere di questi interessi, gli si imponeva la necessità di confrontare alla realtà la sua vocazione

scientifica.Siaprivacosìunadirezionecriticanelpensierodiltheyano,quandopercriticasiintenda,nelsuopiù

pienosignificato,unatteggiamentoproblematicodell’individuodifronteallarealtàdata26

Inbreve,Diltheynonèun“romantico”,nelsensochenondisperdeilsuopensieronell’utopia.

Semmaiè,particolarmenteingiovaneetà,unostudiosoimpegnatonelfondareilsuometodo

su istanze concrete, si direbbe, contingenti. Nello specifico il suo pensiero ‘si concretava

nell’idealepoliticodell’unificazione’27,ovvero lapienaunitànazionaleraggiuntadall’Impero

Tedescoil18Gennaio1871.Atuttociòbisognaaggiungere‘l’intimanecessitàdicomunicare:

poichéselasuascienzasiconfiguravanoncomeun’astrattageometriadiessenzelogiche,ma

comefervidaadesionealflussostorico,nelsuocentrostessosinutrivanoilfervoresocialee

l’ansiaeducativa’28.Dilthey inquestomomentoègiàprontoa stabilirenelladinamicadegli

eventi e nella successione degli individui il nesso tra teoria e prassi. Il movimento storico

diventaillavorodiunagenerazioneperlaseguente,ilsorgeredell’individuoinunarelazione

storicadeterminataealuidiretta.Inbreve,‘latensionetravitaeidealesièormaiconfigurata

storicisticamente’29. Inoltre, è interessantenotare come, in seguito, l’esperienza filosoficadi

Dilthey, il suo interesse pratico e vitale – pur non risolvendosi pienamente nell’ambito

politico,perlasuastessasensibilitàeilsuocarattereinfondoapolitico–sisiaconcretizzata

nellapedagogia,nellapoeticaenellastoriografia,cioèdisciplineparticolarmenteutiliper la

suaricercadiun‘solidoagganciotrateoriaeprassi’30.

25Ivi,p.1926Ivi,p.2027Ibidem28Ibidem29Ivi,p.2130Ibidem

13

DaquestopuntoinpoicisidovrebbeaddentrarenelleapprofonditeconsiderazionicheNegri

compiesull’evoluzionedelpensierodiDilthey,rapportandolainprimisall’atmosferapolitico-

intellettualedellaGermaniabismarckiana,enelserratoconfrontotralepersonalitàdiDilthey

stesso e di Meinecke (nella cui giovinezza non si trova ‘alcuna risonanza degli ideali

quarantotteschi;dicontro laculturapietisticaeconservatricedella tradizioneprussiana’31).

Tuttavia, per conseguire l’obiettivo precedentemente palesato, che rimane quello di

ricollegare le prime riflessioni di Toni Negri agli sviluppi successivi del suo lavoro,

l’operazionesirivelerebbeinbuonasostanzasuperflua.Inultimaanalisi,basteràriportareun

passaggio particolarmente significativo dei Saggi sullo storicismo tedesco, grazie al quale si

puòrilevare,ancorapiùchiaramentediquantofattofinora, ilpernodell’analisicheNegri fa

delpensiero,concretoea-metafisico,delgiovaneDilthey:

MaladdoveDroyseneBurckhardtgiungevanofaticosamente,nell’incertezzadelterminediunalungaevoluzione

del loro pensiero, là andava compiendosi la giovanile esperienza di Dilthey. I termini della sua preparazione,

dall’ideale critico a quello etico, dal motivo psicologico a quelli filosofico, si individuavano nella dialettica di

scienzaevita.Noneracertounaposizionedeltuttooriginale,mainessaconvergevanolepiùviveesperienzedel

secolo: ivi l’antico, inalienabile sostrato romantico di ogni meditazione storica si depurava a contatto con la

passioneumanisticadellapropriagenerazionepostromantica.Perciòpiùchedialettico,ilrapportotrascienzae

vitasiconfiguravadrammaticamente:ilnessotrastoriografiaeWeltanschauungnonsiavevanell’ambitodella

beatificantevisionedell’Assoluto,masidipanavacontinuamente,inconcordanzesuccessive,maiperfettamente

adeguate; non dato metafisico, ma impegno umanistico. Sulla base di queste premesse, l’opera diltheyana si

doveva svolgere nella prospettiva di un lavoro virtualmente inesauribile. Quanto alle tecniche di indagine

particolare, esse si emancipavanodaognipressioneesterna, daogni vincolometafisico, e verificavano la loro

intenzione conoscitiva nella connessione adeguata dei risultati della ricerca, nella creazione della struttura

storica. Se il motivo storicistico, romantico ed hegeliano, permaneva, come permane in tutta la storia della

filosofiacontemporanea,eranoanchemesse inatto lenuove tecniche incuiconsiste laspecificitàdellanostra

cultura32

Inbreve,sisentedipoterleggeretralerighediquestolavoro,nelqualeèevidentel’emergere

dell’ammirazioneperunpensatorecheavverteinmanieracosìfortelanecessitàdiancorareil

propriometodoall’esperienzavitaledeterminatastoricamente,quel‘bisognodiazione’33che

poi Negri porterà all’interno della sua produzione successiva, quella di vera e propria

teorizzazionedell’universodilottaanti-capitaleinchiavemarxista.

31Ivi,p.16932Ivi,p.4033G.Borio,F.Pozzi,G.Roggero(acuradi),Glioperaisti,Roma,DeriveApprodi,2005,p.239

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All’epocadellapubblicazionedellasuatesidilaureaNegrièancorapienamenteaderentealla

tradizionale egemonia culturale del PCI o comunque della sinistra italiana. Certo, le

esperienzedella suavita, il viaggio in Israele ePalestina, l’iscrizionealpartito socialista gli

fannodire‘sonodiventatocomunistamoltoprimadiesserediventatomarxista’,masolodopo

la finedellaproduzionecheglipermettediaccedereai concorsiaccademici, tra il1960e il

1961, potrà dedicarsi allo studio sistematico di Marx: ‘prima era solo una cosa scolastica,

dietrolecategorienonvedevodeisoggetti,restavaquestabravafilosofiaoggettiva,dialettica,

nonvedevosoggetti,nonvedevostoria,nonvedevo lo sfruttamentoperquello cheèenon

comeformulematematiche’34.

Restadanotare,unavolta tratteggiata lapersonalitàdelgiovaneNegri in rapportoalla sua

primissimaesposizioneteorica,comenonpossaesserecasualechel’avvicinamentodiNegria

Marxsisvolga tramiteunostrettocontattocon lascuoladiGalvanoDellaVolpe,quindicon

Raniero Panzieri, ma soprattutto con Mario Tronti, ovvero con la generazione di studiosi

italiani cheperprima conobbe ilmarxismodirettamente sui testimarxiani (a differenzadi

quella precedente che apprese il marxismo nella maturità, innestato su una formazione

idealistica)35.QuestoperdirecheNegrisiavvicinaaunaletturadiMarxcherappresentauna

decisiva “rottura teorica” nei confronti della politica culturale del movimento operaio del

tempo,perusareleparolediMarioTronti:

Untipodimarxismodiversodaquelloufficiale,daquelloortodossodiallora,daquelloche,almeno inambito

comunista,ruotavaintornoallatradizionestoricistica,idealistica,gramsciano-crociana-desanctisiana:invecenoi

avemmo la fortuna di imbatterci nel marxismo di Della Volpe, che era un marxismo antistoricistico,

materialistico,cheteorizzavaunarotturatraMarxedHegel,nonunacontinuità36

III.Un’esperienzaoperaista

Dunque,èsoloall’iniziodeglianni60cheNegriiniziaunsistematicostudiodell’operadiKarl

Marx.Taleapprofondimentocominciainparalleloconlanascitadellarivista“Quadernirossi”

gravitante intorno alle figure di Panzieri e Tronti. “Quaderni rossi” rappresenta la fase di

gestazionedell’operaismoche si realizzerà compiutamente solonel1964con la fondazione

dellarivista“Classeoperaia”direttadaMarioTronti.

34Ibidem35Cfr.D.Gentili,ItalianTheory,Bologna,IlMulino,2012,p.3436G.Borio,F.Pozzi,G.Roggero(acuradi),Glioperaisti,Roma,DeriveApprodi,2005,p.289

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IlgiovaneNegripartecipaattivamenteadentrambeleesperienze,salvopoidistaccarsenein

seguito ai rivolgimenti teorici che gli risulteranno obbligati per via della contestazione

sessantottina.Tuttavia,apparechiarochel’emergeredeldisagio,quellocheglifaràmaturare

l’abbandono dei “Quaderni” e poi il distacco dal trontismo, sia ravvisabile molto prima

dell’esplosionedellaprotesta.Negri,sindall’iniziodellasuaesperienza“operaista”,avverteil

bisogno di dare alla propria teoria una direzione “operativa” e, stando a quello che lascia

intendere,nonsonodellostessoavvisoisuoi“maestri”,oancorameglioilgruppoche,divolta

in volta, ad essi si riferisce. Comunque, nonostante l’allontanamento dai “Quaderni rossi”,

Negrinonhamaiesitatoadefinirelarivista,d’altrondenonsarebbepossibilefarealtrimenti,

comeun“passaggiofondamentale” inquanto ‘inItalianonc’èunastoriadell’opposizionedi

sinistracomunistafinoaiQuadernirossi’37.

Semmai quello che preme individuare nel distacco di Negri dal progetto di Panzieri è la

ritrosiamostratanell’accettare ‘i conflitti attornoal linguaggio’ chesi sarebberobenpresto

trasformati in feroci litigi interni al gruppo, ‘con accuse reciproche di opportunismo’38, che

aveva dato vita alla rivista stessa. L’accusa, seppur sommessamente, rivolta al gruppo dei

“Quaderni” non è tanto quella di perdersi in riflessioni astrattema semmai di aver perso

l’urgenza‘dimetterelemanisullarealtàoperaia’,il“radicamentooperaio”e,dunque,diaver

cedutoa‘paureorepulsioniditipoanarcoide’39.LabattagliadiNegriall’internodei“Quaderni

rossi”, per semplificare, si è svolta soprattutto intorno al ‘concetto di organizzazione’40.

Avvenuto il distacco da “Quaderni rossi”, è il 1964, Tronti fonda “Classe operaia” alla cui

attivitàNegriparteciperà sindall’inizio.Anchesedalpuntodivista ‘dell’influenza teoricae

politica’ i “Quaderni rossi” sono stati più importanti – dice Negri – “Classe operaia” è

importantedalpuntodivistadellaformazione,anzi‘secondomepuòesseredefinitaproprio

comeungrandeperiododiapprendistato’41pertutticolorochepoiguiderannolamolteplicità

disoggetticheconfluirannonell’ambientedell’autonomiaoperaiadeglianni70.Perdirlacon

Negristesso:‘nonc’ènessunodeicomitatidibasechenascononel’68,chenonabbiadentro

almeno un quadro che esce dall’esperienza dei Quaderni Rossi e di Classe operaia’42. Da

segnalare,aquestopunto,cheanchel’esperienzadi“Classeoperaia”volgeràaltermineperlo

stessomotivo che aveva determinato la fine della precedente: ‘io penso che la teoria valga

37Ivi,p.24038Ibidem39A.Negri,Dall’operaiomassaall’operaiosociale,Milano,Multhipla,1979,p.4540G.Borio,F.Pozzi,G.Roggero(acuradi),Glioperaisti,Roma,DeriveApprodi,2005,p.24041Ivi,p.24342A.Negri,Dall’operaiomassaall’operaiosociale,Milano,Multhipla,1979,p.89

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semprequandosiconfrontaconlecose,hosempremoltidubbiquandovedolagentelitigare

intornoacoseinsussistenti,linee’.Atalproposito,precisaNegri:

Secondome in“Classeoperaia” ilproblemaerachecosasignificava farepoliticaoperaia.Farepoliticaoperaia

nonèsemplicementelateorizzazionedelrapportoclasse-partito,suquestopotevanoparlareancheifilosofi:il

problemainveceerapropriodirecomesifa,comecisistadentro,eunavoltacheciseidentrochidirigechi.Che

cos’è il partito? Il discorso classe-partito era fissato, immobilizzato dalla definizione del partito come Partito

ComunistaItaliano;mentreinvecelìc’èunaltroproblema.Tuttinoiallafineeravamoconvinti,anchequellidel

Partitocomunista,chelelotteinrealtàeranoautogestite,lefacevanoleavanguardieoperaie,esenonvolevano

farle non le faceva né il sindacato né nessun altro: ma il problema era anche quello di capire come questa

autogestionedellelottesideterminava,qualieranoimeccanismi43

Mentre ilprimoveroeproprioesperimento “operaista” crolla su se stesso,Negripartecipa

alla fondazione della rivista “Contropiano”, un ‘tentativo completamente indipendente dal

lavoro che si faceva nelle fabbriche’ e che serviva a ‘tenere insieme questo discorso

intellettuale (le forme di lotta del Movimento Operaio, NdA) che in fondo aveva una sua

autonomia, con dei relais universitari che era estremamente necessario tenere congiunti

proprio comeproduzionedidiscorso intellettuale inquanto tale’44. Salvo il fatto chepoi ‘ci

ritroviamoinmezzoal’68,aquelpuntolìcomefai?,nonsipotevapiùmantenerelarelativa

autonomia del discorso culturale e universitario. A quel punto comincia un’altra storia, lì

cambiaproprioilparadigma’45.Ildecenniosuccessivoalmaggiopariginosaràsegnatodaquel

“secondooperaismo”dicuiNegrirestailteoricodimaggiorspiccoeprincipalepropugnatore

incampo“strategico”.

IV.RitornoaMarx

Dunque, si può affermare con certezza: il Maggio ‘68 è lo spartiacque per eccellenza per

quantoriguardal’«operaismo»,ingenerale,eilmomentoincuicomincianoaemergereinodi

teoricidelladeviazionediNegridall’impostazionedimarcatrontiana.MarioTrontitralafine

deglianni50el’iniziodei60poselaquestione:checosaresta“veramente”diMarxunavolta

svincolato da quell’interpretazione idealistica – e insieme storicistica e umanistica – che il

marxismodiLabriolaavevacondizionato?

43G.Borio,F.Pozzi,G.Roggero(acuradi),Glioperaisti,Roma,DeriveApprodi,2005,p.24244Ivi,p.24445Ibidem

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Sostanzialmente,ricostruendoilretroterradella“filosofiadellaprassi”gramsciana,Trontilo

scoprirà fondamentalmente idealistico, cioè ne scorgerà la dipendenza dall’interpretazione

cheBenedettoCroceeGiovanniGentileavevanodatodiMarx.SolocheCroceeGentilenon

hanno lettoMarxma hanno letto Labriola interprete diMarx, nel senso che ‘sia Croce che

Gentile, quando devono riassumere il pensiero di Marx – conclude Tronti – riassumono il

pensiero di Labriola’46. Quest’ultimo è servito all’idealismo per combattere il positivismo,

anchese:

Labriolanonèsulterrenodelpositivismo,manonèneppuresulterrenodirettamenteoppostoalpositivismo,

comesarà,findall’inizio,perCroceeperGentile.Perluinonc’èunnemicoprincipaledabattere,unapolemica

unicadacondurre.Nonc’èdasconfessareunvecchiopensiero;c’èdamettereincircolazioneunpensieronuovo.

Neisuoisaggisi scorgea tratti, l’entusiasmodelneofita.Nonsi trattadiinterpretareMarx,madiesporlo;non

renderlo di nuovo attuale, ma proporlo per la prima volta; non scegliere tra diverse posizioni all’interno del

marxismo,mapresentarloinblocco.Nelsuoaspetto“filosofico”,ilmarxismoèancorauntuttounico47

In sostanza, il punto di partenza del “ritorno aMarx” di Gramsci è viziato da un errore di

fondo, un errore che porterà sulla cattiva strada tutti i successivi “ritorni”. Il tentativo

gramsciano di far camminare la filosofia marxiana con le proprie gambe non è mai stato

realmente messo in moto, questo è il punto, perché Gramsci non è riuscito a risalire alle

origini idealistico-hegelianedella lettura “nazionale” diMarx, una lettura che lo vedevapiù

comeunmezzoperraggiungeredeifini,deifinichenoneranotantoinMarx,quantoinchilo

studiavaelointerpretava.

Inquest’otticasipuòaffermareche:‘perlafilosofiaitaliana,Marxèstatoilpuntod’appoggio

per arrivare a Hegel; ha funzionato come tratto d’unione, come anello di congiunzione,

storicamentedeterminatoeconcreto.Marxha introdottoHegel in Italia:haassoltoaquella

funzione, cui non erano riusciti ad assolvere i filosofi napoletani, che avevano finito per

portareilibridiHegelnellevenditeall’astadegliantiquari’48.Marxèservitopercombattereil

positivismo, ‘è stato mezzo e strumento, temporaneo e contingente, per quella sintesi

definitiva,chedovevasegnareilsuperamentodell’antitesitraspiritualismoenaturalismo,nel

nuovoemodernoidealismo’49.Inbreve,Marxèalleoriginidell’idealismoitalianofintantoche

‘abbiamoavutounHegeltendenzialmentemarxianoeunMarxtendenzialmentehegeliano’50.

46M.Tronti,“Tramaterialismodialetticoefilosofiadellaprassi”,inAA.VV.,LaCittàfutura.SaggisullafiguraeilpensierodiAntonioGramsci,Milano,Feltrinelli,1956,p.7747Ivi,p.7848Ivi,p.8349Ivi,p.8450Ibidem

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Detto ciò, la risposta cheTronti darà alla domanda “che cosa resta veramentediMarxuna

volta svincolato da quell’interpretazione idealistica che il marxismo di Labriola aveva

condizionato?ӏ:

CrocehanegatocheesistesseunMarx“filosofo”;Gentilelohaconcesso,malohaconsideratocontraddittorioe

quindiimproponibile;Mondolfolohadefinitoun“filosofodellaprassi”.Ebbene,quest’ultimaèdaconsiderarsila

conclusionelogicachescaturiscedaquellepremesse.Ilmarxismocome“filosofiadellaprassi”èciòcherimane

delmarxismo,dopocheèstatoliquidatodall’interpretazioneidealistica.Rimanecioèunateoriadell’azione,una

filosofia della volontà, una guida per il comportamento sociale, una tecnica per il processo rivoluzionario,

l’identitàdiconoscereefare,dipensieroeprassi;unvichianesimocorrettodalmodernopragmatismo51

Allora,Gramscihadietrodisé tuttoquestopassato: ‘senzacapire tuttoquestopassato,non

possiamo capire Gramsci; tanto meno il “marxismo” di Gramsci. C’è una linea si sviluppo

originale che ilmarxismo assume in Italia: per ilmodo come viene introdotto; per ilmodo

come viene interpretato. Essa attraversa, ora sullo sfondo ora in primo piano, tutto il

movimentodelpensierocontemporaneo;arrivaall’operadeiQuaderni,evaancoraoltre’52.

Sull’interpretazione che Gramsci dà del marxismo, giusto per ribadire il concetto, pesa ‘la

necessità teorica della lotta contro il vecchio positivismo, che aveva irretito e inaridito il

marxismo nelle secche di un volgare evoluzionismo’53, tuttavia, ‘dobbiamo riconoscere a

Gramsciungrandemerito:quellodi aver afferratounpunto fondamentale chenonè facile

oggiritrovarenellaproduzionedeipensatorimarxisti:quelconcettodisocialitàdelsapere,di

uncaratterestorico-sociale implicitonellaconoscenzaumana,cheèasuavolta implicito in

tutto ilpensierodiMarx’54.SolocheperGramsci il “sapere”,riprendendoCroce,èancora la

“filosofia”, invece, un distaccato sospetto permane nei confronti della “scienza”: ‘Gramsci

arriva, seguendo l’indicazione di Croce, alla identificazione di filosofia e storia, mentre

dovrebbearrivare,seguendol’indicazionediMarx,allaidentificazionediscienzaestoria’55.

Calcando lamanonella critica–più rivoltaai continuatoridelpensierodiGramsci cheallo

stessoautoredeiQuaderni–Trontievidenziacomenella“filosofiadellaprassi”gramscianasia

sopravvalutata l’origineidealistica, immanentistica,storicisticadelpensierodiMarxpercui,

alla fin fine, ‘il marxismo risulta come la interpretazione storicistica della concezione

51Ivi,p.8652Ibidem53M. Tronti, “Alcune questioni sul marxismo di Gramsci”, in AA.VV., Studi Gramsciani, Roma, Editori Riuniti,1958,p.30554Ivi,p.31355Ibidem

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soggettivistica;comelostoricizzarsidell’idealismo’56.Allora,per intraprendereunautentico

“ritornoaMarx”–diceTronti–megliola“viagalileiana”,la“viadelmarxismocomescienza”

inaugurata da Galvano Della Volpe per il quale ‘con Hegel si compie l’idealismo, conMarx

invececominciaunanuovastoria’57.DellaVolpe,denunciandolaportataromanticaemistica

dellacriticahegelianadell’intellettoe le implicazioniscettichedelladialetticadellacertezza

sensibile, e richiamando la tesimarxiana, secondo la quale è nella pratica che l’uomodeve

provarelaveritàelarealtàdelsuopensiero:

Contrappone ad una dialettica idealistica di astrazioni generiche, indeterminate e ipostatiche, una dialettica

scientificadi astrazionideterminateo storiche, che contempla sia ilprincipiodi contraddizioneodi relazione

degliopposti,senzailqualenonviècontinuitàdisoggettoeoggetto,siailprincipiodinoncontraddizione,senza

il quale non vi è autonomia e determinatezza dell’oggetto. Lamarxiana logica specifica dell’oggetto specifico,

coincidente con la struttura delmetodo scientifico, è alternativa sia al positivismo, che disdegna ilmomento

dell’astratto, della formulazione dell’ipotesi, sia all’idealismo, che è incapace di configurare un rapporto

funzionaletramateriaeragione,sensoeintelletto58

Per Croce e Gentile il marxismo è una “riforma” della dialettica hegeliana, la conclusione

finalmente positiva dei vari tentativi che l’idealismo ha fatto per rivedere e aggiornare lo

strumento logico hegeliano ma ‘Hegel non ha bisogno di essere concluso: Hegel è già la

conclusione. È proprio la conclusione che Marx rifiuta’59. Quindi, sulla scia di Dalla Volpe,

Tronti sostieneche ‘Marxha,nella suaricercapositiva, scientifica,veramentesolocivettato

con le formule della dialettica, usandole come innocenti metafore per riassumere

icasticamente, secondo l’immaginoso linguaggio intellettuale, colto, del tempo, i processi

storici di cui ha scoperto le leggi scientifiche… La dialettica che solo interessa Marx e il

marxismoautenticoèladialetticadeterminata,cioècoincidenteconlaleggescientifica’60.

Tronti, su questa falsariga, marcherà una distinzione tra il “marxismo come filosofia”, per

l’appunto, un marxismo che si fa erede e continuatore della tradizione hegeliana (che

comportaunatteggiamentoconservatoreotutt’alpiùriformatoreneiconfrontidellasocietà

borghese e capitalistica, di cui la filosofia idealistica è un’astrazione) e il ‘marxismo come

scienza’, che considera la propria filosofia solo come “scienza”, “concezione specifica di un

concetto specifico” in virtù del proprio metodo di indagine autonomo dalla filosofia

56Ivi,p.31557D.Gentili,ItalianTheory,Bologna,IlMulino,2012,p.3958C.Corradi,StoriadeimarxismiinItalia,Roma,Manifestolibri,2005,p.10259M. Tronti, “Alcune questioni sul marxismo di Gramsci”, in AA.VV., Studi Gramsciani, Roma, Editori Riuniti,1958,p.31360Ivi,p.312

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speculativa hegeliana, colpevole di giustificare e oggettivare le diramazioni della società

borghese. Unmarxismo in cui ‘la scienza si presenta già come scienza attiva, e l’azione si

presenta già come azione scientifica’ e in cui ‘la teoria si presenta come una teoria pratica

perchélapraticavienescopertacomepraticateorica,maquestononvuoldirechecisiauna

identità immediatadi scienza-azione, di teoria-pratica. Permangono le due fasi, nella prima

dellequalilapraticavienevistainfunzioneteorica,mentrenellasecondalateoriavieneusata

in funzionepratica’61. Inultimaanalisi, apropositodella “filosofiadellaprassi” gramsciana,

Trontinonpotràesimersidalrilevareche:

Non basta rovesciare la prassidegli idealisti per far camminare correttamente la storia; così come non basta

rovesciareladialetticadiHegelperritrovare ilsensogiusto,nelmovimentodellarealtà.Nonbastariempirela

prassi per rendere reale la storia; così comenonbastaconcretare ladialetticaper rendere storica la realtà. Si

trattadicapireche l’attopurononesiste;che l’attoèsempreimpuro.Si trattadiraggiungerecolpensierouna

particolareesempredeterminataimpurità,ecioèconcretezza,ecioèpienezzadell’altropensiero,nelquadrodi

una particolare e determinata realtà oggettiva. L’obiettivo di Gramsci, di trovare una “filosofia” originale del

marxismo,chefossealtrettantolontanodall’idealismoedalpositivismotradizionali,eralegittimo.Maessononè

statoraggiunto.Lasoluzionesimuovenell’ambitodelprimoindirizzo.Eoggicitroviamoaformularelostesso

problema: l’esigenza di unmarxismo che sia altrettanto lontano dalla filosofia della prassie dalmaterialismo

dialettico; che non si riduca ad unametodologia puramente tecnica del sapere e dell’agire umano, e che non

pretendadiconcludereinséunametafisica totaleedefinitiva;unmarxismochesipongaconsemplicità,come

scienza62

Per Tronti il marxismo italiano deve rinnovarsi, la teoria marxista è chiamata a farsi

“astrazione determinata” della società capitalistica63. Tale rinnovamento deve partire dalla

rivalutazionedell’elementosoggettivo-creativo-praticodicontroallafiducianellecapacitàdi

autotrasformazionedellasocietàcapitalisticainprospettivasocialista.Inbreve,allasicurezza

in una progressiva e graduale “conquista del potere” bisogna sostituire il “salto

rivoluzionario” attribuendo alla “discontinuità” un valore positivo e determinando così la

“rotturadellacontinuità”comecriteriodiverità.

61M. Tronti, “Alcune questioni intorno al marxismo di Gramsci”, in AA.VV., Studi Gramsciani, Roma, EditoriRiuniti,1958,p.31862M.Tronti,“Tramaterialismodialetticoefilosofiadellaprassi”,inAA.VV.,LaCittàfutura.SaggisullafiguraeilpensierodiAntonioGramsci,Milano,Feltrinelli,1956,p.9163Cfr.D.Gentili,Italiantheory,Bologna,IlMulino,2012,p.40

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V.Rovesciamentopratico

Operaiecapitale, sicuramente l’operaprincipalediMarioTronti,hacomefulcro lascoperta

“scientifica” per eccellenza diKarlMarx, cioè ‘lamerce-forza lavoro come classe operaia’64.

Nonsisonotrovateparolemigliori,perinquadrarelaquestione,diquelleutilizzatedaTronti

stesso:

Illavorocomelavoroastrattoequindicomeforza-lavoroc’eragiàinHegel.Laforza-lavoro–enonsoloillavoro

–comemercec’eragià inRicardo.Lamerceforza-lavorocomeclasseoperaia:questaè lascopertadiMarx.La

duplicenaturadellavoroèsololapremessadiquesto:nonèlascopertamasololaviaperarrivarci.Dallavoro

nonsipassaallaclasseoperaia,dallaforza-lavoro,sì.Direnonpiùlavoro,maforza-lavoro,vuoldirenonpiùil

lavoro,ma l’operaio.Forza-lavoro, lavorovivo,operaiovivente,sonoterminisinonimi.Lacriticaal “valoredel

lavoro”, la definizione del “valore della forza-lavoro”, aprono la porta al concetto di plusvalore. L’ideologia

socialista premarxista (comequella postmarxiana)nonhamai compiutoquesto cammino.Nonhaquindimai

neppuresfioratol’esistenzastoricadellaclasseoperaia.Checos’èinfatti–aquestolivello–senonforza-lavoro

socialeproduttricediplusvalore?Edalplusvalorealprofittoedalprofittoalcapitale:questoèilcamminoche

segue. La merce viva dell’operaio socialmente organizzato si scopre così come il luogo di origine, non solo

teorico,macomepremessapratico-storica,quellachenoichiameremol’articolazionefondamentaledellasocietà

capitalistica”65

Aquestopunto,però,siègiàarrivatialleconclusionimentreèancoranecessariodimostrare

lepremesse.Tuttavia,èstatoisolatoquelloche,perTronti,èilpuntodipartenzaelosnodo

fondamentale del percorso rivoluzionario intrapreso da Karl Marx: ‘ogni giorno sentiamo

parlare di rivoluzioni copernicane per individui che hanno spostato da un angolo all’altro

della stessastanza ilproprio tavolodastudio.MaperMarx, cheavevacapovoltounsapere

socialecheduravadamillenni,sièdettoalmassimo:harovesciatoladialetticahegeliana’66.

Cosìcominciaatratteggiarelapropria“lineadicondotta”67MarioTronti,dicendo,inpratica,

cheilpensieromarxianononpuòpiùessereconsideratolasemplicesommadelmaterialismo

diFeuerbachedella storiahegelianaquando, invece, è statoun ribaltamento criticodiuna

“scienza”millenariacomequella“borghese”:

Lascienzaborghesesiportaincorpol’ideologiacomeilrapportodiproduzionecapitalisticotienedentrodiséla

lottadiclasse.Dalpuntodivistadell’interessedelcapitale,èl’ideologiachehafondatolascienza:perquestol’ha

64Ivi,p.4665M.Tronti,Operaiecapitale,Roma,DeriveApprodi,2013,p.12966Ivi,pp.8-967Ivi,p.7

22

fondata comescienza socialegenerale.Quello cheeraprimaundiscorso sull’uomo, e sulmondodell’uomo, la

società e lo Stato, diventa sempre più, man mano che cresce il livello della lotta, un meccanismo di

funzionamentooggettivodellamacchinaeconomica.Lascienzasocialedioggiècomel’apparatoproduttivodella

societàmoderna:tutticisonodentroelousano,machinetirafuoriprofittosonosoloipadroni68

Adesso bisogna mettere nuovamente in moto il meccanismo della “scoperta” dice Tronti,

privilegiare il lato attivo e creativo del pensiero rivoluzionario, rimettendo al centro della

teoria, come soggetto della “scienza”, la classe operaia – dentro la società e contro di essa

nello stesso tempo–oppostaal capitale, intesocome“rapportosociale”.Dettoper inciso le

nuove leggi per l’azione69, che scaturiscono dalla rielaborazione teorica di Tronti, devono

avere come riferimento un “dato di fatto”: da una parte c’è la classe operaia, dall’altra la

società capitalistica, insomma, “operai contro capitale” è lo schemamoderno della lotta di

classe; ‘Nonèveroche inquestomodosisposta ilrapportodi forzea favoredelcapitale.È

veroilcontrario.Laclasseoperaiaacquistaericonoscesolocosìlasuaforzapropria,diunico

elementovivo,attivo,produttivodellasocietà,dicernieradeirapportisociali,-articolazione

fondamentale dello sviluppo economico e quindi con in pugno potenzialmente il dominio

politicogiàsulpresente’70.

Adesso,sièresonecessarioprecisarecomeil“ritornoaMarx”,al“vero”Marx,intrapresoda

Tronti, sulla traccia appena indicata, si contraddistingue per essere il completamento

dell’elaborazioneteoricadiGalvanoDellaVolpe.Secondoquest’ultimo,ilmarxismoha:

Un rapporto di continuità-superamento non già con l’idealismo hegeliano bensì con il metodo scientifico

sperimentale, la cui estensione alla sfera morale segna l’inizio dell’autocritica del sistema cristiano-borghese

moderno. Denunciando la portata romantica e mistica della critica hegeliana dell’intelletto e le implicazioni

scettichedelladialetticadellacertezzasensibile,erichiamandolatesimarxiana,secondolaqualeènellapratica

chel’uomodeveprovarelaveritàelarealtàdelsuopensiero,DellaVolpecontrapponeaunadialetticaidealistica

di astrazioni generiche, indeterminate e ipostatiche, una dialettica scientifica di astrazioni determinate o

storiche, che contempla sia il principio di contraddizione o di relazione degli opposti, senza il quale non vi è

continuità di soggetto e oggetto, sia il principio di non contraddizione, senza il quale non vi è autonomia e

determinatezzadell’oggetto.Lamarxianalogicaspecificadell’oggettospecifico,coincidenteconlastrutturadel

metodo scientifico, è alternativa sia al positivismo, che disdegna ilmomento dell’astratto, della formulazione

dell’ipotesi,siaall’idealismo,cheèincapacediconfigurareunrapportofunzionaletramateriaeragione,sensoe

intelletto71

68Ivi,p.1069Ivi,p.1270Ivi,p.1571C.Corradi,StoriadeimarxismiinItalia,Roma,Manifestolibri,2005,p.102

23

Della Volpe, come si è già avuto modo di capire, è uno dei primi pensatori a “deviare”

radicalmente dalla linea gramsciano-togliattiana, storicamente la più influente per quanto

riguardailmarxismoitaliano.Convertitoalmarxismodopolasecondaguerramondiale,Della

Volpe“ritorna”direttamenteaitestimarxianioperandocosìun’interpretazione“filologica”e

rigorosa dell’opera di Marx stesso. Facendo camminare Marx sulla “retta via”, Della Volpe

riconduce il gesto originario della sua filosofia al distacco radicale da Hegel e non solo in

chiaveprogressistaerivoluzionaria.IlbersaglioprincipalediMarxèpropriol’interosistema

della logica hegeliana, la sua impostazione aprioristica e metafisica: la dialettica

“materialistica”diMarxnonè,dunque,il“rovesciamento”diquellahegelianaeneancheuna

sua correzione, la dialetticadiMarx è qualitativamente72differentedaquella diHegel, vi si

contrappone: ‘mentre la filosofia hegeliana e l’idealismo in generale ipostatizzano la realtà,

trascendendola nella teoria e nella speculazione astratta, ponendola così al riparo da ogni

critica, ilmetodomarxianohabisognodiritornareallarealtàconcretaperprovarelaverità

dellesueipotesi.Lafilosofiamarxianaèscienzanelmomentoincui,comeognialtrascienza

empirica, utilizza il “metodo sperimentale”’73. Per Della Volpe, nello specifico, il metodo

storico-sociologico“sperimentale”diMarxècaratterizzato:

Dal circolo dinamico concreto-astratto-concreto che consta “a) del concreto o datoproblematizzato (istanza

storico-materiale);b)dell’ipotesio istituzionedimedienormativenon-assolutedegli antecedentio condizioni

del conseguente dato (istanza storico-razionale); c) del criterio della pratica che convalida, ossia verifica, la

ipotesi trasmutandola in legge (istanza ultima della reciproca funzionalità storica di dato e ipotesi,materia e

ragione,induzioneededuzione)”74

In pratica, la comprensione obiettiva degli antecedenti storici e dei conseguenti problemi

dell’economiapoliticaèpossibilesolotramiteunasortediauto-criticacheprendainesamela

problematicità delle categorie utilizzate assumendo la storicità del concreto e del dato, in

questocasolamodernasocietàborghese.Lacoscienzadelpresente,allora,vieneverificatae

realizzataapartiredallamaterialitàstoricainquantocoscienzadiistanzestorico-materialie

di funzionali istanze storico-razionali che, essendo ipotetiche, hanno bisogno di essere

vagliate,direndersinormative,apartiredallamaterialitàstoricastessa75.

72Cfr. G. Della Volpe, “La teoriamarxista dell’emancipazione umana. Saggio sulla trasmutazionemarxista deivalori”,in“Opere”,I.Ambrogio(acuradi),Roma,EditoriRiuniti,1974,Vol.III,p.31273D.Gentili,Italiantheory,Bologna,IlMulino,2012,p.3174C.Corradi,StoriadeimarxismiinItalia,Roma,Manifestolibri,2005,p.10375Cfr.G.DellaVolpe, “Logicacomescienzapositiva”, in “Opere”, I.Ambrogio(acuradi),Roma,EditoriRiuniti,1974,Vol.IV,p.466

24

L’incontro di Della Volpe con le opere giovanili di Marx – ne sarà uno dei più importanti

traduttoriecuratori–corona lasuatormentataricercadettatadall’esigenzadirivalutare la

positività del molteplice sensibile all’interno della teoria gentiliana dell’idea come atto e,

quindi, di riunire inunanuova sintesi razionalismoed empirismo. Prima sul terreno etico-

politico,poisuquellologico-gnoseologico,DellaVolperivendical’autonomiafilosoficadiMarx

opponendosiaitentatividiinnestarlasuitemidellariformagentilianadelladialetticaosulla

filosofiapraticadiCroce. Il “suo”Marxnonènépuramente“politico”(Croce),né“idealista”

(Gentile), è il “teorico dell’emancipazione sociale”, in pratica, il marxismo ha ben precise

ragioni morali e filosofiche oltre che economiche: basti in questo senso ragionare – rileva

DellaVolpe–sullasoppressionetotale,socialeenonsolopolitica,dell’alienazioneedicome

questasoppressionerechiinséun’originaleconcezionedellalibertàedelladignitàumaneche

rinnovaladialetticariscrivendoirapportitraeconomiaedetica,esteticaelogica.

Precisando quanto detto finora, allora, lo spirito profondo dell’opera di Marx risiede nel

concettodi “rovesciamentopratico”,diumwalzendePraxischecoincidecon la società come

rapportoconsustanzialedinaturaeuomo76,inquantorapportonondioppostimadidistinti:

lecircostanze,cioèlanatura,fannogliuominitantoquantogliuominifannolecircostanze,il

particolare (l’economia) determina l’universale (l’etica) e viceversa. Dunque, conversione

criticadiun termine “distinto”nell’altro enon conversionedogmatico-razionaledi opposti,

l’umanesimo di Marx con il rovesciamento della prassi, pur sempre intesa nell’unità del

processo storico, salvaguarda la distinzione specifica di natura e uomo, particolare e

universale,strutturaesovrastruttura.L’uomoèentegenericodeterminato,nonastrattaunità

di opposti mamateria e forma, unità di distinti. Universale concreto. L’uomo è “sociale” e

quindinonsidàinun’identitàimmediata,bensìmediatadallastoriaedall’organizzazionedel

lavoro.L’eticadiMarxsibasasuunprecisofattostorico,larivoluzionecapitalistica,cercando

dirisolvereiproblemipolitico-moraliedeconomico-scientificicheponeilcontrastotraforze

socialidiproduzioneerapportidiproprietàprivata:

Criticandol’apriorismologicoedetico,dacuidiscendonolaconcezionedell’uomocomeautocoscienzaisolata,la

svalutazionedellavorocomeattivitàservileel’impossibilitàdiconcepirelasocietà,DellaVolpecriticalalettura

gentiliana della filosofia di Marx, che stravolge il concetto di rovesciamento della prassi e non comprende il

concettodiattivitàsensibilecomesocialitàdellavoro.Concependol’attivitàdellaprassicomeattivitàoriginaria

del soggetto,Gentileannulla l’esigenzarealistico-criticadell’essenzialitàdelparticolareeconfiguraunasintesi

degli opposti illusoria “inquanto riconfluiredi unmolteplice inunaunità originaria”. Il lavorodiMarx, come

76Cfr. G. Della Volpe, “La libertà comunista. Saggio di una critica della ragion “pura” pratica”, in “Opere”, I.Ambrogio(acuradi),Roma,EditoriRiuniti,1974,Vol.IV,p.66

25

istanzadilibertàcheesprimelapersonalità,nonèattopuro,autoctisioautocoscienza,bensìparticolarizzazione

effettivadell’universalechesiesprimenelprocessodiassociazioneumanaediantropologizzazionedellanatura.

Lasocialitàdell’uomo,cheèlasocialitàdellavoro,nonèununiversalepresuppostoetrascendentelastoria“ma

universaledafarsiouniversalecomeattostorico-temporale”77

Da parte sua, Tronti accetta pienamente la tesi dellavolpiana che rivendica l’originalità del

marxismo in base alla critica mossa da Marx all’apriorismo speculativo e ai conseguenti

processidiipostatizzazionechecaratterizzanolafilosofiahegeliana.DellaVolpe,però,hasolo

avviato un processo che adesso bisogna far proseguire su un piano diverso da quello

esclusivamenteteorico:

Questoprocessodisviluppoèpossibileapprofondendosempredipiùtuttigliaspettidimetododellaricerca.Ma

diventeràunprocessonecessario–cioèquestanuova logicaacquisteràun’effettivacoerenzadipensieroeuna

reale presa pratica sulle cose – soltanto quando questo metodo si scaricherà completamente nell’indagine

completa;quando la logicamaterialisticadelCapitalediventerà,dinuovo, lo strumentoperun’analisimarxista

del capitalismo. Che sarà il puntodefinitivodella sua verifica e l’inizio, a unnuovo livello, di un aspro lavoro

reale78

Selafilosofiavieneintesacome“scienza”,seilmarxismostessovieneintesocome“scienza”,

l’analisicondottanonpotràcheribadirelacorrispondenzatrasistemacapitalisticoeuntipo

disocietàdeterminato,ovveroquelloborghese.Ogni “scienza”prodottapartendodaquesta

società sarà funzionale al sistema di produzione e sfruttamento capitalistico tanto che è

possibile affermare che, ogni “scienza” prodotta a partire dalla società borghese, non è

“scienza”maideologia.Ilprocessodisviluppocapitalistico,infatti,dettailprocedimentodella

conoscenzascientifica,dunque,ilprodottoditaleconoscenzaèdaconsiderarsicomescienza

mistificatainsensofeticistico,cioèideologia:‘nell’analisidelcapitalismo,comel’ideologianon

puòcheessereborghese,cosìlascienzanonpuòcheessereoperaia’79.

La società – ribadisce Tronti – è la socialità della produzione capitalistica, il “medium” che

permette la produzioneper la produzione: il capitalismoè la societàborghese inquanto si

ponenellostessotempocomeorganizzazionedellaproduzionesocialeecomesistemadella

proprietàprivata borghese. Ènecessario, quindi, introdurreun soggetto della “scienza” che

nonsiacompromessocon l’ideologia:siègiàaccennatoal fattoche talesoggettononpotrà

cheesserelaclasseoperaia.

77C.Corradi,StoriadeimarxismiinItalia,Roma,Manifestolibri,2005,p.10078M.Tronti,“StudirecentisullalogicadelCapitale”,in“Società:rivistatrimestrale”,Vol.XVII,1961,n.6,p.90179Ivi,p.902

26

Essa è l’unico “soggetto” davvero “sociale” anche se ai margini della società capitalistico-

borghese in virtù dell’istituzione della proprietà privata: attraverso la “scienza” bisogna

mettere al centro della “società” la classe operaia inmodo che “scienza” e “società” stesse

siano solo ed esclusivamente operaie, in sostanza, passare dalla teoria alla pratica

“rivoluzionaria”:

Dentro il capitalismo, infatti, il punto di vista della società non può che essere il punto di vista della classe

operaia. La stessa socialità della produzione coincide con l’esistenza storica della classe operaia. Il rapporto

sociale di produzione non è la società in astratto, è la classe operaia in concreto. Perché viva di fatto la

contraddizione tra produzione sociale e proprietà privata, occorre che esploda in tutta la sua potenza

rivoluzionarialacontraddizionedifondotraclasseoperaiaecapitalismo.L’operaiocollettivochesembravivere

in funzione del capitale come suo negativo, – è poi di fatto il dato positivo reale: l’unico in grado, quindi di

cogliereilprocessorealedellosviluppo,ecioèilrapportosocialemateriale80

L’operaio collettivo ridotto a pura e semplice funzione del processo di valorizzazione del

capitalesiportaconséoltreatutteleideologieriformistedelmovimentooperaioanchetutta

ladialetticaspeculativaborghesecontuttelesuemistificazionifeticistiche;mentre:

Lacomprensionescientificadelcapitalismopuòrimanereinmanoalpensierooperaio,soltantoacondizioneche

laclasseoperaiasiseparidalmeccanismodisviluppodelcapitalismo,sirendaindipendentedaessoeautonoma

in una propria organizzazione; si presenti cioè come classe antagonista all’intero sistema della produzione

capitalistica;einquestosenso,diventil’istanzaviventedellasocietàdifronteall’infamiadellaproprietàprivata81

La scienzadelCapitale ha il suo centronella classe operaia, quest’ultima è il vero soggetto

della società: la classe operaia è all’interno, dentro, i rapporti di produzione che le danno

esistenza storica ma si schiera contro di essi: ‘la scienza sul capitalismo, la scienza del

Capitale, è possibile solo nella prospettiva della rivoluzione socialista.Scienza e storiaè un

discorsochecadeancoratuttodentrolascienza:èlalogicadellateoria.Mac’èl’altrodiscorso:

scienza e storia che cadono tutte dentro la storia, che è la logica della pratica. La prima

presuppone un pensieromaterialista, la seconda una prassi sovversiva. Oggi, dire teoria e

praticaèpoco.Bisognadireteoriascientificaepraticarivoluzionaria’82.

80Ivi,p.90381Ibidem82Ibidem

27

Inchemodoquestacontrapposizionetraclasseoperaiaecapitalesiavisibile,riscontrabile,è

l’argomentodelprimoimportantecontributodiMarioTrontia“Quadernirossi”cioèilsaggio,

datato1962,Lafabbricaelasocietà.Per lasuaimportanza,sisenteilbisognodispecificare

meglioilcontestostorico-politicoincuiquestosaggioandòadinserirsieglieffetticheebbe,

nellospecifico,sulleposizionidelgruppodei“Quadernirossi”:

Nonostanteilciclodiaccumulazionepostbellico,moltinellasinistraitalianacontinuavanoavederenelleparole

“capitalismo” e “sviluppo” due polarità opposte. Il loro punto di vista, espresso in termini impeccabilmente

ortodossicomecontraddizionetrarapportieforzediproduzione,vedevaun’Italiarallentatanellosviluppodalle

forzestagnantidelcapitale locale,etuttaviavulnerabilealletendenzediun’economiainternazionaledominata

dalla crisi. Se altri nel Pci e Psi, respingevano questa interpretazione e ammettevano la realtà del “miracolo”

italiano,lofacevanopartendodaunapremessachenegavailegamiinestricabilitracrescitaeconomicaelogica

del capitale, e abbracciavano invece la tesi dello sviluppo tecnologico come forza autonoma e naturalmente

progressiva83

Il realismopoliticodelgruppodei “Quadernirossi”, invece,rifiutavaquesta falsadicotomia:

“capitalismo” e “sviluppo” non sono due cose distinte, al contrario, sono la stessa cosa, in

quanto, “sviluppo”, lontano dal dover essere considerato alla stregua di un generico

“progresso”odiunamera“modernizzazione”,èsemplicementelariproduzioneallargatasia

delrapportodicapitalechedellecontraddizionidiclassecheneconseguono.ÈproprioTronti

adarepienezzateoricaaquestaposizione,riportandoleanalisisullasituazione,inparticolar

modoitaliana,dellaclasseoperaiaedelcapitalismoallivello,quasiletterale,deitestidiMarx.

Alla fine della terza sezione del primo libro del Capitale, quando è ormai compiuta la

produzionedelplusvaloreassoluto,diceTronti,Marxritornaadistinguereleduefaccedella

produzione capitalistica, i due punti di vista attraverso cui si può considerare la forma

capitalisticadiproduzionedellemerci:processolavorativoeprocessodivalorizzazione.Nel

primo,l’operaionontrattaimezzidiproduzionecomecapitale,l’operaioconsumaimezzidi

produzionecomematerialedellasuaattivitàproduttiva;nelsecondo,nonèpiùl’operaioche

adopera imezzi di produzione,ma sono imezzi di produzione ad adoperare l’operaio, è il

capitalecheconsumalaforzalavoro.Adesso,èverocheil“comandosullavoro”equindisulla

forza-lavoro, sull’operaio, viene sviluppatodal capitalenelprocesso lavorativo;ma solonel

processodivalorizzazionesisviluppaquelrapportodicoercizionecheforzalaclasseoperaia

alpluslavoroedunqueallaproduzionediplusvalore.Sottolinea,atalproposito,Tronti:

83S.Wright,L’assaltoalcielo,Roma,EdizioniAlegre,2008,pp.59-60

28

Il capitale riesceacogliere, inmodosuoproprio, l’unitàdiprocesso lavorativoeprocessodivalorizzazione:e

tantopiùriesceacoglierlaquantopiùsisviluppalaproduzionecapitalisticaequantopiùlaformacapitalistica

dellaproduzionesi impadroniscedi tutte lealtresferedellasocietà, invade l’interaretedei rapporti sociali. Il

capitalepone il lavoro–edècostrettoaporlo–comecreatoredivalore,mavedepoi ilvalore–edcostrettoa

vederlo – come valorizzazione di se stesso. Il capitale vede il processo lavorativo soltanto come processo di

valorizzazione,vedelaforza-lavorosoltantocomecapitale;stravolgeilrapportotralavorovivoelavoromorto,

traforzacreatricedivaloreevalore:etantopiùriesceaquestoquantopiùriescearecuperarel’interoprocesso

lavorativosocialedentroilprocessodivalorizzazionedelcapitale,quantopiùriesceaintegrarelaforzalavoro

dentroilcapitale.Nellamistificazioneborghesedeirapporticapitalistici,questidueprocessiultimicamminano

insiemeeparallelamente,appaionoambeduecomeoggettivienecessari.Sitrattainvecedivederlidistintinella

loro unità, fino al punto da contrapporli l’uno contro l’altro come processi contraddittori che si escludono a

vicenda:levamaterialedidissoluzionedelcapitalepiantatanelpuntodecisivodelsuosistema84

Tronti,conMarx,metteinlucecheilmododiproduzionecapitalisticorappresentaasestesso

il plusvalore e il valore della forza-lavoro come parti, di medesima proporzione, della

produzione di valore; in ciò si nasconde il carattere specifico del rapporto capitalistico: lo

scambio del capitale variabile con la forza-lavoro vivente e la corrispondente esclusione

dell’operaio dal prodotto. Lo sviluppo della produzione capitalistica ripropone la falsa

parvenza di rapporto di associazione in cui l’operaio e il capitalista si dividono il prodotto

secondolaproporzionedeidifferentifattoridellasuaformazione.Secondoquestalogica,per

lasocietàborghese, ilcompensodell’operaioè il“prezzodel lavoro”cherispecchia inmodo

necessarioenaturale il “valoredel lavoro”.Dietroquest’apparenzac’è,però, lasostanzadel

rapporto reale, ma ancor di più tale apparenza è la maniera reale di far funzionare il

meccanismo di questo rapporto. ‘Esemplare, a questo proposito, è il modo in cui valore e

prezzodellaforza-lavorosipresentanonellaformatrasfiguratadelsalario’85,perchéproprio

ilmovimentodel salario sembrerebbedimostrare che a essere pagatonon è il valore della

forza-lavoromailvaloredellavorostesso:

Perlaproduzionecapitalistica,èindispensabilechelaforza-lavorosipresenticomelavoropuroesempliceeche

la forma del lavoro venga pagata sotto la forma di salario. Pensate alla seconda peculiarità della forma di

equivalente: quando il lavoro concreto diventa forma fenomenica del suo opposto, del lavoro astrattamente

umano.Nonèillavoroconcretoche,dentrolarelazionedivalore,possiedelaqualitàgeneralediesserelavoro

umanoastratto.Alcontrario:esserelavoroumanoinastrattoèlasuaproprianatura,esserelavoroconcretoè

solo la forma fenomenica o formadeterminata di realizzazionedi questa sua natura.Non è forse vero che “il

valore trasforma ogni prodotto del lavoro in un geroglifico sociale?”. Il valore della forza-lavoro esprime nel

84M.Tronti,Operaiecapitale,Roma,DeriveApprodi,2013,p.3585Ivi,p.37

29

salario,altempostesso,laformacapitalisticadisfruttamentodellavoroelasuamistificazioneborghese;cidàla

naturadelrapportocapitalisticodiproduzionerovesciata86

Illavorosipresentacosìcomelamediazionenecessariaaffinchéillavoroviventesipresenti

come parte del capitale variabile, la forza lavoro come parte del capitale. Il valore, che

rappresenta la parte retribuita della giornata lavorativa, deve apparire come valore della

giornata lavorativa complessiva. Nel salario (qualsiasi forma esso assuma nella storia),

dunque,sparisceognidivisionetralavoronecessarioepluslavoroequantopiùsisviluppala

produzionecapitalisticatantopiùtaledifferenzasirendeindistinguibile.Allostessomodosi

realizzaalsuointernol’unitàdiprocessolavorativoeprocessodivalorizzazione,dilavoroe

forza-lavoro, di capitale costante e capitale variabile e quindi di forza-lavoro e capitale: ‘il

salarioènient’altrocheillavorosalariatoconsideratodaunaltropuntodivista.Ilcarattere

determinato che ha il lavoro come agente di produzione, appare nel salario come

determinazionedelladistribuzione, il salariopresuppone il lavorosalariatocome ilprofitto

presuppone il capitale’87. Attraverso il “salario” si supera effettivamente la distinzione tra

produzione, anche nel senso di “consumo”, e distribuzione (“produzione” e “distribuzione”

vengonomediatedalmomentodello “scambio”), infatti, formedeterminatedidistribuzione

presuppongono determinate caratteristiche sociali delle condizioni di produzione e

determinatirapportisocialitragliagentidellaproduzione,nelsensocheirapportieimodidi

distribuzioneappaionocomeilrovesciodegliagentidiproduzione:

Produzione,distribuzione, scambioe consumononsono identici: si rappresentano tutti come “membridiuna

totalità,differenzenell’ambitodiunaunità”.Equestaunitàsicomponeinun“insiemeorganico”:edèchiaroche,

all’interno di questo insieme organico, i diversi momenti esercitano tra loro un’azione reciproca. Anche la

produzionenellasuaformaunilaterale,èdeterminatadaglialtrimomenti.Ma“laproduzioneabbracciaesupera

tanto se stessa, nella determinazione antitetica della produzione, quanto gli altri momenti”. È da essa che il

processo ricomincia sempredinuovo. “Unaproduzionedeterminaquindiun consumo,unadistribuzione,uno

scambiodeterminati,nonchéideterminatirapportitraquestidiversimomenti88

Laproduzionediplusvalorericeve,inoltre,nuovedeterminazioninelprocessodicircolazione.

Latrasformazionedelpluslavoroinprofittoèdeterminatatantodalprocessodiproduzione

quantodaquellodellacircolazione:maquestatrasformazioneèsololosviluppoulterioredi

quelrovesciamentodirapportichesiègiàverificatonelprocessodiproduzione‘quandotutte

86Ibidem87Ivi,p.3888Ivi,p.39

30

le forzeproduttive soggettive del lavorosi sonopresentate come forzeproduttiveoggettive

delcapitale’89.Aquestopuntodovrebbeesserechiara lamistificazioneoperatadalmododi

produzione capitalistico che trasforma i rapporti sociali in proprietà delle cose e lo stesso

rapportodiproduzioneinunacosa,nelsensoche,inbasealmododiproduzionecapitalistico,

l’esistenza del prodotto in quanto merce, e della merce in quanto prodotto del capitale,

implical’oggettivazionedelledeterminazionisocialidellaproduzioneelasoggettivazionedei

fondamentimaterialidellaproduzionestessa.Nelcapitale,nellesuedeterminazionidivoltain

volta successive, questomondo “capovolto” si impone sempredi più. Infatti, la tendenza al

valoreealplusvaloreportaallaricercadiunariduzionesempremaggioredeltempodilavoro

necessario alla produzione di una merce (cioè a una riduzione del suo valore). Il capitale

tendea ridurresemprepiù ildiretto impiegodel lavorovivente,ad “economizzarlo” finoai

limiti dell’indispensabile (riducendo così il capitale costante applicato): ‘un aumento del

saggio di profitto, oltre che da uno sfruttamento piùmoderno della produttività del lavoro

socialeimpiegatonellaproduzionedicapitalecostante,deriva“dall’economianell’impiegodel

capitalecostantestesso”.Equestaeconomia,asuavolta,diventapossibilesullabasedellapiù

altaconcentrazionedeimezzidiproduzione,chesolapuòdarluogoallaloroutilizzazionedi

massa’90.Lecondizionidiun’economiadiproduzionesulargascaladerivanodalfattochetali

condizionioperanocomefattoridilavorosociale,dilavorosocialmentecoordinato,cioècome

fattori sociali del lavoro, tuttavia, l’economia di capitale costante, in quanto strumento

specifico per il rialzo del saggio del profitto, appare al capitalista come aspetto estraneo

all’operaioetotalmenteinfunzionedelcapitale.

In sostanza, l’economia di capitale costante diventa “funzione” del capitalista mentre

l’operaio, considerando l’apparenza dei fatti dietro cui si cela la struttura del fenomeno in

questione, si avverte come esteriore, estraneo rispetto alle condizioni del suo lavoro,

dell’impiegoeconomicorazionaledisestessocomelavorovivente,forza-lavoro:

Così attraverso l’immediata natura sociale del lavoro si estende e si approfondisce il dominio sempre più

esclusivo del capitale sulle condizioni del lavoro; e, attraverso questo dominio, con l’impiego sempre più

razionale di tutte le condizioni della produzione, si sviluppa e si specifica lo sfruttamento capitalistico della

forza-lavoro. Imezzi di produzione, da questomomento in poi, non sono più soltantoproprietàoggettiva del

capitalista, ma funzione soggettiva del capitale. L’operaio che si scontra con essi nel processo di produzione,

proprio per questo, li riconosce ormai soltanto come valori d’uso della produzione, strumenti emateriale del

lavoro.L’operaio,cioè,tornaavederel’interoprocessodiproduzionedalpuntodivistadelprocessolavorativo

89Ivi,p.4090Ivi,p.41

31

semplice.L’unitàdiprocessolavorativoeprocessodivalorizzazionerestanellemanidelsolocapitale;l’operaio

riesce a cogliere ormai la globalità del processo di produzione soltanto attraverso lamediazione del capitale:

forzalavorononpiùsoltantosfruttatadalcapitalista,maintegratadentroilcapitale91

Lo sviluppo del capitalismo è lo sviluppo dello sfruttamento capitalistico, dice Tronti, ma

quest’ultimoportaconselosviluppodellalottadiclasse.Asuavoltalalottadiclasseoperaia

ha costretto il capitalismo a modificare la forma del suo dominio; ossia la pressione della

forza-lavoro può riuscire a costringere il capitale a modificare la sua stessa composizione

interna,‘intervienedentroilcapitalecomecomponenteessenzialedellosviluppocapitalistico;

spinge in avanti , dall’interno, la produzione capitalistica, fino a farla trapassare

completamenteintuttiirapportiesternidellavitasociale’92.

D’altra parte, l’obiettivo centrale del saggio di Tronti era quello di delineare gli enormi

cambiamenti che la generalizzazionedelplusvalore relativonella formadel capitale sociale

aveva indotto nella società capitalistica. Caso emblematico: la Gran Bretagna a metà del

diciannovesimosecolo,doveicapitaliindividuali,dietrolaspintadelcapitalistacollettivoda

unaparteedell’operaiocollettivodall’altra,dopouninterventoviolentodelloStato,sierano

trovaticostrettiadaccorciarelagiornatalavorativa:

ComeMarxavevadimostratonelprimovolumedelCapitale, la rispostadel capitale industrialebritannicoera

statal’intensificazionedell’estrazionediplusvalore“scomponendoericomponendo”ilrapportotralavorovivoe

lavoromorto.Questarivoluzionenelletecnichediproduzioneavevaincoraggiatoenormementelosviluppoela

predominanzafinaledell’industriabasatasuunmacchinarioingradodiprodurresulargascala93

Daquestopuntosipuò farripartire il ragionamentodiTrontichericordacome losviluppo

capitalisticosiaorganicamente legatoallaproduzionedelplusvalorerelativo, comeessosia

organicamente legato a tutte le vicende interne del processo di produzione capitalistico, a

quell’unità distinta ma sempre più complessa tra processo lavorativo e processo di

valorizzazione. Quanto più avanza lo sviluppo capitalistico, quanto più si estende la

produzione del plusvalore relativo, tanto più si chiude il circolo produzione-distribuzione-

scambio-consumo, tanto più cioè ‘si fa organico il rapporto tra produzione capitalistica e

societàborghese,trafabbricaesocietà,trasocietàeStato’94.

91Ivi,p.4292Ivi,p.4393S.Wright,Assaltoalcielo,Roma,EdizioniAlegre,2008,p.6094M.Tronti,Operaiecapitale,Roma,DeriveApprodi,2013,p.48

32

Nelmomentodimaggioresviluppodelcapitalismo,ilrapportosocialediventamomentodel

processoproduttivo,lasocietàdiventaun’articolazionedellaproduzione,cioètuttalasocietà

vive in funzione della fabbrica e la fabbrica estende il suo dominio esclusivo su tutta la

società: ‘quando la fabbrica si impadroniscedell’intera società – l’interaproduzione sociale

diventaproduzioneindustriale–alloraitrattispecificidellafabbricasiperdonodentroitratti

genericidellasocietà,quandotuttalasocietàvieneridottaafabbrica,lafabbrica–inquanto

tale–sembrasparire’95.Nelrapportosocialediproduzionecapitalisticolasocietàèmezzoe

la produzione è fine: il capitalismo è produzione per la produzione. In questo senso il

rapportosocialenonèmaislegatodalrapportodiproduzionecheasuavoltasiidentificacol

rapportosocialedifabbrica:

É lo stesso sviluppo capitalistico che tende a subordinare ogni rapporto politico al rapporto sociale, ogni

rapporto sociale al rapporto di produzione, ogni rapporto di produzione al rapporto di fabbrica; perché solo

questo gli permette poi di cominciare, dentro la fabbrica, il cammino inverso: la lotta del capitalista per

scomporreericomporreapropriaimmaginelafiguraantagonistadell’operaiocollettivo96

Allora, il compito storico attuale della classe operaia diventa quello di cominciare la lotta

generalecontroildominiocapitalisticomettendoincrisilasocietàborghesedall’internodei

meccanismi di produzione capitalistica. La necessità della classe antagonista è quella di

ricomporre la figuramaterialedell’operaiocollettivocontro i tentatividi scomporlaoperati

dal capitale. Ai tentativi del capitalista di contrapporre lavoro e forza-lavoro all’interno

dell’operaio collettivo, sarà necessario rispondere contrapponendo forza-lavoro e capitale

all’internodelcapitalestesso.Ilmassimalismodelpassatoconcepivaquestacontrapposizione

dall’esterno,vedevalaclasseoperaiafuoridalcapitale,invece:

Laclasseoperaiadevescoprirematerialmentesestessacomepartedelcapitale,sevuolecontrapporrepoitutto

il capitale a se stessa. Deve riconoscersi come un particolare del capitale, se vuole presentarsi come suo

antagonistagenerale.L’operaiocollettivosicontrapponenonsoloallamacchina,inquantocapitalecostante,ma

alla forza-lavoro stessa, in quanto capitale variabile. Deve arrivare ad avere come proprio nemico il capitale

totalequindianchesestesso inquantopartedel capitale. Il lavorodevevederecomeproprionemico la forza

lavoro,inquantomerce.Èsuquestabase,chelanecessitàdelcapitalismodioggettivaredentroilcapitaletuttele

potenzesoggettivedellavoro,puòdiventaredapartedell’operaio,ilmassimoriconoscimentodellosfruttamento

95Ivi,p.4996Ivi,p.51

33

capitalistico. Il tentativo di integrazione della classe operaia dentro il sistema è quello che può provocare la

rispostadecisivadellarotturadelsistema,portandolalottadiclassealsuolivellomassimo97

Lamerce forza-lavoroè laparte attivaper eccellenzadel capitale, la sededi ognidinamica

capitalistica. Protagonista non solo nella riproduzione allargata del processo di

valorizzazione,maneicontinuirivolgimentidelprocessolavorativo:

Le stesse trasformazioni tecnologiche vengono dettate e imposte dallemodifiche intervenute nel valore della

forza lavoro. Cooperazione,manifattura, grande industria non sono che “metodi particolari di produzione del

plusvalore relativo”, forme differenti di quell’economia di lavoro, che provoca, essa, a sua volta, imutamenti

crescentinellacomposizioneorganicadelcapitale98

Tantopiùavanzailcapitalismo,quantopiùilcapitalistacollettivohabisognodivederetuttoil

lavoroall’internodelcapitale:controllaretuttiimovimentidellaforzalavoro,programmarea

lungotermineilrapportocapitalelavoro,invistadellastabilitàdelsistemasociale.Quandoil

capitalehaconquistato tutti i territoriesterniallaproduzionecapitalistica,essocomincia la

propria colonizzazione interna; solo a questopunto, si puòdire, comincia il vero e proprio

sviluppo capitalistico. Al processo di oggettiva capitalizzazione delle forze soggettive del

lavoro deve accompagnarsi la dissoluzione dell’operaio collettivo, ma anche dell’operaio

stesso che diventa proprietà del meccanismo di produzione, funzione del capitalista.

L’integrazione della classe antagonista al suo interno diventa di necessità vitale per il

capitalismo, il rifiuto operaio di questa integrazione impedisce al sistema di funzionare:

‘diventa possibile una sola alternativa: stabilizzazione dinamica del sistema o rivoluzione

operaia’99. In ultima analisi, la classe operaia dentro il capitalismo è l’unica contraddizione

insolubile del capitalismo stesso; come dicevamo all’inizio del paragrafo: operai “contro” il

capitale;siaggiunga,“dall’internodelcapitalestesso”.

VI.Macchineecapitale

Agli inizideglianni60ancheRanieroPanzieri, l’inspiratoredellarivista“Quadernirossi”,si

distinguevaperunnuovoapproccioall’operadiMarx.Natonel1921,lasuaprimaformazione

intellettuale, a differenza di quella più comune alla sua generazione, non comprendeva né

l’idealismonélostoricismo.Sindaisuoiprimiscrittisipuònotareilforteproponimentoafar97Ivi,p.5298Ibidem99Ivi,p.53

34

avanzare in Italia una cultura “autenticamente”marxista. Verso la finedegli anni40, e non

può essere un caso, lavorò a stretto contatto (si conobbero all’Università di Messina) con

GalvanoDallaVolpe.Comesiègiàavutomododivedere,ilmaggiorecontributodiDallaVolpe

alla cultura italiana di sinistra fu la ricostruzione delmetodo di indagine diMarx a partire

propriodaitestimarxiani.Giustoperricapitolare,DellaVolpeesprimevaammirazioneperil

progresso che la scienza positiva (sotto il capitale), attraverso l’applicazione del metodo

sperimentale di Galileo, aveva raggiunto nell’elaborazione di spiegazioni coerenti dei

fenomeninaturali.Tuttavia,laborghesiaeraincorsainunclamorosoinsuccessoalmomento

diapplicareilmetodosperimentaleairapportisociali,scoprendosiincapacedicomprendere

lerelazionidiclassedeterminatedaldominiosul lavorodelcapitalestesso.Noneratantoil

carattere sperimentale della scienza che impediva di superare tale limite e neanche la

presunta inapplicabilità del metodo scientifico alle discipline “morali”, semmai si doveva

rilevare l’incapacità della classe dominante di pensare i rapporti di produzione capitalistici

diversamente da qualcosa di immutabile ed eterno. Marx, invece, ha scoperto la natura

profondamente storica del capitale perché è rimasto fedele alla logica scientifica rifiutando

ogni apriorismo,diceDellaVolpe, facendo “astrazionedeterminata” (ipotesi chepartedalla

concretezzadellastoria)evagliandotaleastrazioneapartiredallasua“materialitàspecifica”.

Intalmodo,Marxnonconfondevaconcettoerealtàcomeaccadevaalcontrarionellafilosofia

speculativa di Hegel: la sua elaborazione si mostrava come un circolo metodologico di

induzioneededuzionemaanchecomeconcretocircolodinamico-storico.

Applicare la scienza alla moderna società capitalistica, perché è esclusivamente di

quest’ultimacheMarxèinteressatoascoprirele“leggi”,nonerasolountentativodifondare

una “economia sociologicamaterialistica”100, una “sociologiamaterialista”, cioè una scienza

della formazione economico sociale borghesemoderna,ma anche un colpo ben assestato a

ogni teoria pseudo-metafisica che volesse comprendere il funzionamentodella realtà senza

confrontarsi con essa. Con insistenza, i temi principali di Della Volpe ricorreranno tra le

paginedei“Quadernirossi”,anchesequalchevoltaildebitoneisuoiconfrontiverràcontratto

e saldato inmodocontroverso101.Andandooltrequestaprecisazione, tuttavia, si ègiàvisto

come l’elaborazione dellavolpiana abbia notevolmente pesato su quella di Mario Tronti,

adesso,nonsipotrànonrilevarnel’importanzaancheperquantoriguardaquelladiRaniero

Panzieri.

100S.Wright,L’assaltoalcielo,Roma,EdizioniAlegre,2008,p.46101Ivi,p.47-50

35

Quest’ultimo, sempre nei primi anni 60, riscopre testi marxisti allora largamente ignorati

comelaIVsezionedelprimolibrodelCapitale,il“Frammentosullemacchine”deiGrundrisse,

e grazie ai concetti di “sussunzione formale” e “sottomissione reale del lavoro al capitale”,

conduce un’indagine sui processi di trasformazione economico sociale che scandiscono

l’evolversidell’organizzazionetayloristaefordistadellavoro.Ècosìchenasconoiconcettidi

“operaio massa”, tecnicamente dequalificato rispetto all’operaio “di mestiere”, e

“composizionedi classe” cioè ilnesso che lega i connotati oggettividella forza-lavoro inun

certomomentostoricoe isuoiconnotatipoliticiesoggettivi.Nell’elaborazionediPanzieriè

ben chiaro l’intreccio di tecnica, scienza e potere così come il passaggio dalla fase del

capitalismoconcorrenzialealneocapitalismopianificatore,perquestoilmarxismovienevisto

comeunascienzapoliticapiù“sociologica”che“economica”.Dettoquesto,èfacileintendere

cheiprincipalibersaglipolemicidiPanzierisonotutteleteoriedella“societàopulenta”che

teorizzano la finedei conflitti sociali, cheprevedono la pacificazionedelle tensioni operaie,

grazieallaterziarizzazioneealladiffusionedellepolitichesulmodellodel“WelfareState”di

keynesianamemoria.Comesièvisto inTronti, anche inPanzieri “sviluppo”e “capitalismo”

sonolastessacosa.Daquilacriticaaogniposizionemarxistachecelebralarazionalitàdello

sviluppocapitalistico–sullabasedellapresuntacontraddizionetrasocializzazionedelleforze

produttiveerapportidiproprietàprivataediscambio–confondendoilcapitalismoconuna

sortadianarchiamercantileodiiniquadistribuzionedellaricchezzaequindigiustificandola

mitologiadello“stadioultimodelcapitalismo”.

La concezione che vede nel progresso delle forze produttive qualcosa di neutrale è un

inganno; il rapporto di produzione capitalistico si nasconde nelle stesse esigenze del

macchinario:

Nellafabbricaautomatica,lapianificazionecapitalisticadelprocessoproduttivoraggiungeilsuogradopiùalto

di sviluppo; la legge del plusvalore qui sembra poter funzionare illimitatamente, dacché, “mediante la sua

trasformazioneinmacchinaautomatica,ilmezzodilavorosicontrapponeall’operaiodurantelostessoprocesso

lavorativo quale capitale, quale lavoro morto che domina e succhia lavoro vivente” e “l’abilità parziale

dell’operaio meccanico individuale svuotato scompare come un ultimo accessorio dinanzi alla scienza, alle

immaniforzenaturalieallavorosocialedimassachesonoincarnatinelsistemadellemacchineecheconesso

costituisconounpoteredelpadrone”102

102R.Panzieri,Lotteoperaienellosviluppocapitalistico,Torino,Einaudi,1976,p.63

36

Losviluppotecnologicononpuòesserescorporatodall’articolazionedeldominiocapitalistico

(sempre) insito nei rapporti di produzione; le stesse forze produttive sono plasmate dal

capitale per cui la stessa organizzazione del lavoro è il luogo del dominio capitalistico.

Dunque, è impossibile analizzare “scienza” e “tecnica” considerandole solo come elementi

neutralinellosviluppodelleforzeproduttiveinsérazionaleeseparatodalsociale.

FanotarePanzieri,seguendoMarx: ‘nelperiodoinizialedellalorointroduzione,lemacchine

produconoplusvalorenonsoltantosvalutandolaforza-lavoromaancheperchétrasformanoil

lavoro impiegato dal loro possessore “in lavoro potenziato”, aumentando il valore sociale

dellamacchinaaldisopradelsuovaloreindividualeemettendointalmodoilcapitalistain

gradodireintegrareilvaloregiornalierodellaforza-lavoroconunaparteminoredivaloredel

prodotto giornaliero’. In questa situazione, si hanno profitti straordinari per i capitalisti

possessori di macchine (e si può dire che è proprio la prospettiva di questi profitti

straordinari che dà il primo e necessario impulso alla macchinofattura). La grandezza del

profitto così realizzato ‘istiga la brama di un profitto anche maggiore; ne consegue un

prolungamento della giornata lavorativa’ 103 . L’aumento della produttività conseguente

all’introduzione delle macchine riesce a estendere il pluslavoro diminuendo il lavoro

necessario,talerisultatoèraggiuntodiminuendoilnumerodeglioperaiimpiegatidaundato

capitale. Tuttavia, l’incremento del plusvalore relativo non riesce a compensare la

diminuzione di plusvalore determinata dalla diminuzione degli operai: la contraddizione

viene risolta dal capitalista aumentando il plusvalore assoluto, cioè allungando la giornata

lavorativa.Alprolungamentopotenzialmenteillimitatodellagiornatalavorativasiopponela

“resistenzaoperaia”chepoièresistenzadellasocietàminacciataalivellovitale,biologico; il

capitale reagisce allora esaltando un altro aspetto dei processi di sfruttamento connessi

all’uso delle macchine: l’intensificazione del lavoro. Il sistema capitalistico, dunque, si

sviluppainsensotecnologicoperconsolidarelearticolazionidelsuodominio:

Siverificanoallora i fenomenitipicidellagrande industriacapitalistica:“lamacchinadiventaalloranellemani

delcapitaleilmezzoobbiettivoesistematicamenteapplicatoperestorcereunaquantitàmaggioredilavoronel

medesimotempo.Equestoavvieneinduplicemaniera;mediantel’aumentodellavelocitàdellemacchine[tempi]

e mediante l’ampliamento del volume di macchinario da sorvegliare da uno stesso operaio [organici]”.

Ovviamente,aquestolivelloilrapportotraperfezionamentidellemacchineeprocessidivalorizzazionediviene

ancora più intimo: esso in parte è necessario per esercitare una pressione maggiore sugli operai, in parte

accompagna “spontaneamente” l’intensificazione del lavoro, dacché il limite posto alla giornata lavorativa

costringe il capitalista all’economia più rigorosa nei costi di produzione. Così si compie il passaggio dalla

103Ivi,p.64

37

sussunzione formale del lavoro sotto il capitale alla sua sussunzione reale. Il tratto distintivo di questa è

precisamentela“necessitàtecnica”.Allorchél’usodellemacchineègeneralizzato,sulargascalaeintuttiirami

dellaproduzione,allivellodiproduzionedirettailcapitalismoèdispotismoesercitatoinnomedellarazionalità;

il vecchio sogno “scientifico” delperpetuummobile, di unmovimento ottenuto senza spese di lavoro, sembra

realizzarsiconilmassimosfruttamentodellaforza-lavoroelamassimasottomissionedell’operaioalcapitalista

(nellaunionediquestidueterminièl’espressionedellaleggedelplusvalore)104

PerPanzierinonsipuòteorizzarealcunlimiteintrinsecoallosviluppocapitalisticodelleforze

produttive in quanto lo sfruttamento non risiede tanto nei rapporti di distribuzione ma

piuttostoèconnessoalcomandocapitalisticodeirapportidiproduzione.Quindi,nonesiste

alcun limite intrinseco allo sviluppo del capitale perché l’unica costante del modo di

produzionecapitalisticoè‘lacrescita(tendenziale)delpoteredelcapitalesullaforza-lavoro’e

l’unico limite al capitale è la ‘resistenza della classe operaia’105. Tanto per ribadire quanto

dettofinora,siriepilogaconleparolediPanzieri:

Di fronte all’intreccio capitalistico di tecnica e potere, la prospettiva di un uso alternativo (operaio) delle

macchinenonpuò, evidentemente, fondarsi sul rovesciamentopuroe semplicedei rapportidiproduzione (di

proprietà), concepiti comeun involucro che a un certo gradodella espansionedelle forze produttive sarebbe

destinatoacaderesemplicementeperchédivenutotropporistretto:irapportidiproduzionesonodentroleforze

produttive,questesonostate“plasmate”dalcapitale.Èciòcheconsenteallosviluppocapitalisticodiperpetuarsi

anchedopochel’espansionedelleforzeproduttiveharaggiuntoilsuomassimolivello.Laregolazionesocialedel

processo lavorativo si presenta allora immediatamente come un tipo di pianificazione contrapposta alla

pianificazionecapitalistica106

Alprocessocapitalisticoèconnaturatoilprogressotecnologico,unasuccessionesemprepiù

rapida di invenzioni e scoperte. In nessun modo, tuttavia, questa successione favorisce

l’operaio, semmaiaumenta ildivario sociale traquest’ultimoe il capitalistanel sensoche il

progresso favorisce l’aumento del capitale e rende sempre più stretta la dipendenza del

lavoro dal capitale. Più rapidamente aumenta il capitale ‘altrettanto migliora la situazione

materialedellaclasseoperaia.Equantopiùilsalarioèlegatoall’aumentodicapitale,tantopiù

direttoèilmutevolerapportodidipendenzadellavorodalcapitale.Ossia,nellamisuraincui

miglioralacondizionedell’operaio,peggioralasuasituazionesociale’107.

104Ivi,p.66105Cfr.C.Corradi,StoriadeimarxismiinItalia,Roma,Manifestolibri,2005,p.139106R.Panzieri,Lotteoperaienellosviluppocapitalistico,Torino,Einaudi,1976,pp.66-67107Ivi,p.16

38

Il rapporto tra salario e capitale è immediato e le condizioni del progresso tecnologico che

determinano il cosiddetto “sviluppo” stringono sempre di più questo rapporto. All’operaio

vieneconcessosoltantodiaccrescerelaricchezzadelcapitalista:piùlaforza-lavoro,percosì

dire, si impegna per aumentare la ricchezza della borghesia, migliori vengono rese le

condizioni in cui essa lavora. Il sistema del lavoro salariato è, insomma, nient’altro che

“schiavitù”;unaschiavitùchediventapiùduratantoquantosisviluppanoleforzeproduttive

sociali e la socializzazione del lavoro. In quest’ottica, rileva Panzieri, non esiste alcuna

tendenza immanente al superamento della divisione del lavoro, al contrario il processo

produttivocapitalisticosisviluppaneisuoivaristadistoricicomeprocessodisviluppodella

divisione del lavoro, e il luogo fondamentale di questo processo è la fabbrica: ‘la

contrapposizionedellepotenzeintellettualidelprocessomaterialediproduzioneaglioperai,

comeproprietànonloroecomepoterechelidomina,èunprodottodelladivisionedellavoro

di tipo manifatturiero. Questo processo di scissione comincia nella cooperazione semplice,

dove il capitalista rappresenta l’unità e la volontà del corpo lavorativo sociale; si completa

nellagrandeindustriacheseparalascienza,facendoneunapotenzaproduttivaindipendente

dal lavoro, e la costringe a entrare al servizio del capitale’108. Lo sviluppo della tecnologia,

lungidall’essereuncaso,diventaunatappafondamentaledellosviluppocapitalistico.Infatti,

per quanto il lavoro sia parcellizzato, a fondamento della manifattura c’è ancora l’abilità

artigiana,lamanifatturahauna“basetecnicaristretta”109;ilsuomeccanismocomplessivonon

possiede una struttura oggettiva indipendente dal lavoratore: per questo il capitalista è

sempreinlottacontrol’insubordinazionedeglioperai.L’introduzionedellemacchinesuvasta

scalasegnailpassaggiodallamanifatturaallagrandeindustria:

La tecnologia incorporata nel sistema capitalistico insieme distrugge “il vecchio sistema della divisione del

lavoro”eloconsolida“sistematicamentequalemezzodisfruttamentodellaforza-lavoroinunaformaancorpiù

schifosa”. Dalla specialità di tutta una vita, consistente nel maneggiare uno strumento parziale, si genera la

specialità di tutta una vita, consistente nel servire una macchina parziale. Così, non solo diminuiscono

notevolmentelespesenecessarieallariproduzionedell’operaio,maallostessotemposicompletalasuaassoluta

dipendenzadall’insiemedellafabbrica,quindidalcapitalista”.Lostessoprogressotecnologicosipresentaquindi

comemododiesistenzadelcapitale,comesuosviluppo110

108Ivi,p.4109Ibidem110Ivi,p.5

39

Il dispotismo capitalistico, allora, nella forma di razionalità tecnologica e nella sfera della

produzione diretta, a livello di “fabbrica”, emerge come tendenza alla pianificazione della

produzionedelplusvalore:

Il processo di industrializzazione, via via che si impadronisce di stadi sempre più avanzati di progresso

tecnologico,coincideconl’incessanteaumentodell’autoritàdelcapitalista.Colcresceredelvolumedeimezzidi

produzione,contrappostiall’operaio,crescelanecessitàdiuncontrolloassolutodapartedelcapitalista.Ilpiano

del capitalistaè la figura ideale concui aglioperai salariati si contrappone “la connessione tra i loro lavori” –

“praticamente, il piano è l’autorità del capitalista, potenza d’una volontà estranea”. Dunque strettamente

connessoallosviluppodell’usocapitalisticodellemacchineèlosviluppodellaprogrammazionecapitalistica.Allo

sviluppo della cooperazione, del processo lavorativo sociale, corrisponde, nella direzione capitalistica, lo

sviluppodelpianocomedispotismo.Nella fabbrica ilcapitaleaffermainmisuraviaviacrescente ilsuopotere

“come privato legislatore”. Il suo dispotismo è la sua pianificazione, “caricatura capitalistica della regolazione

socialedelprocessolavorativo”111

L’appropriazionedellascienzaedellatecnicadapartedelcapitale,allora,deveesserelettain

funzione del piano che, dalla fabbrica, tende a estendersi all’intera società: ‘i processi di

razionalizzazioneaziendale,diintegrazionedellaclasseoperaia,diriconduzionedelcapitale

variabile alle necessità del capitale costante, corrispondono alla sempre maggiore

pianificazionecapitalisticanellasferadelloscambio,delladistribuzione,delconsumo’112.Per

le ideologie neocapitalistiche questo fenomeno di integrazione tra fabbrica, società civile e

StatovienelettoinchiavediformazionediunoStatointerclassistaediscomparsadellostesso

capitalismo (e della conseguente contrapposizione di classe) in virtù della nascita di una

“società del benessere” in cui tocca solo amministrare la ricchezza. Per Panzieri, invece, ‘lo

Stato non si limita più a mediare i conflitti intercapitalistici ma tende a porsi come il

rappresentante diretto del capitalista collettivo; il capitalismo tende a diventare invisibile

perché l’interessedel capitale siponecomecoincidenteconquellodell’intera societàma lo

sviluppodeiservizisignificaanchelageneralizzazionedellacondizioneoperaiaanuovistrati

socialicomeitecniciegliintellettuali’113.DicePanzieri:

Ilmeccanismodelpianocapitalistico(ilsuocaratteredispotico)tendeaestendersieaperfezionarsinelcorso

dellosviluppocapitalistico,siaperl’esigenzadicontrollareunamassasemprecrescentediforza-lavoro,equindi

111Ivi,p.6112C.Corradi,StoriadeimarxismiinItalia,Roma,Manifestolibri,2005,p.140113Ibidem

40

ilcrescentepoterediresistenzadeglioperai,siaperlacrescitadeimezzidiproduzionecherichiede,asuavolta,

unacorrispondentecrescitadelgradodiintegrazionedella“materiaprimavivente”114

Il capitale, ricapitolando,hasemprepiùbisognodigarantirsidall’insubordinazioneoperaia,

cosìcomehabisognodigarantirsiunapossibilitàproduttivanellasferadelladistribuzionee

del consumoa lungoperiodo, ilpiù lungopossibile.Perquestomotivo,nel suoprocessodi

sviluppo, tendea integraresemprepiù i termini cheneiprimi stadieranoscissi tra loro, le

sfereindipendentidifabbrica,societàcivileeStato.Ilcapitaletendeaintegrarequestesfere

tra loro, a farne una sola (purmantenendo i caratteri specifici di ciascuna): estendendo la

legge di produzione del plusvalore, dalla fabbrica all’intera società, il capitalismo sembra

scomparire,inrealtàharaggiuntol’obiettivodellapianificazionegeneralizzata.

Itrattidiquest’analisi,comesonoravvisabiliinTrontieinPanzieri,riemergerannoarricchiti

dinuove istanzeanche inToniNegri.Duranteglianni60,comeabbiamogiàavutomododi

vedere,Negripartecipaall’esperienzadi “Quaderni rossi” epoiaquelladi “Classeoperaia”.

Tuttavia,purmuovendosi,durantequestodecennio,all’internodiunaprospettivaoperaista,

che inqualchemodoèpossibiledefinire “classica”, “tradizionale”, con l’approssimarsi della

contestazionestudentesca,Negrimatureràunapropria“deviazione”.

VII.Ildispositivo“crisi”

Tale deviazione si concretizzerà in una vera e propria presa di distanza nel 1968, quando

Negrilasceràladirezionedellarivista“Contropiano”,cioèl’ultimotentativoditenereinsieme

il nucleo originario dell’operaismo come si era determinato a partire da “Quaderni rossi”,

passando per “Classe operaia”. Tuttavia, nell’ultimo articolo che scrive prima di lasciare

“Contropiano”,intitolato“Marxsulcicloelacrisi”,Negripartecipaaldibattito,comesièvisto

moltosentitogiànell’ambientedei“Quaderni”,sultemadello“sviluppo”.IldistaccodiNegri

dalle posizioni di Tronti, con Panzieri d’altra parte non c’eramai stata una vera e propria

condivisioneteorica,ègiàevidente,anchese,soloapartiredaglianni70, l’elaborazionedel

nostrosirenderàautonomadaquelladegliimportantimaestri115.

In “Marx sul ciclo e la crisi” il concetto fondamentale per comprendere lo “sviluppo” del

capitalismo, ravvisato daNegri, è proprio quello di “crisi”. È in essa che si rivela la natura

fondamentalmentedualisticaeantagonisticadellasocietàcapitalistica:

114R.Panzieri,Lotteoperaienellosviluppocapitalistico,Torino,Einaudi,1976,p.59115G.Totta,F.Milana(acuradi),L’operaismodeglianniSessanta,Roma,DeriveApprodi,2008,p.815

41

Quali sono dunque i punti fondamentali, o almeno i più singolari ed illuminanti, attorno a cui si articola la

coscienzacriticadelcapitaleinriferimentoaltemadellosviluppo?Sembrache,nell’economiapolitica,laprima

caratterizzazionedeltemasiagenetica: il temacioèèessenzialmentecaratterizzatodallecircostanzeentrocui

acquista luogo centrale nel dibattito. Ciò avviene in quel momento cruciale del riorientamento del pensiero

socialeborghesechesiapreneglianniattornoallagrandecrisi.Losviluppoèquiriconosciutocomel’alternativa

alla crisi: meglio, lo sviluppo è, deve essere la nuova forma del ciclo capitalistico. Ora questa linea teorica e

politica nasce dalla esperienza fondamentale che la crisi impone alla coscienza capitalistica: l’esperienza

dell’essenzadualisticadelprocessoeconomicoedelleforzeantagonistichecheinessooperano116

Per il capitalismo la crisi non è solo una situazione “aperta” ma anche e soprattutto uno

strumento che, di volta in volta, viene utilizzato per superare, attraverso una sorta di

aufhebung,l’antagonismocheèpropriodelsistemastesso: inquestosensolo“sviluppo”èil

modo incui il sistemadiproduzionecapitalisticosupera lacrisie ristabilisce i rapportidel

ciclodiproduzioneaunlivellopiùalto.ComescriveNegri:‘l’alternativaallacrisièquindilo

sviluppo inteso come regolamentazione dinamica del processo, come soluzione del suo

movimento dualistico’117. Nello svolgersi di questa “regolamentazione dinamica” emerge il

momentonegativochenonèaltrochelaclasseoperaiaimpegnatanella“lottadiclasse”che,

come insegna Tronti, è il motore del capitalismo: non dunque lo sviluppo come tensione

risolubileversounlimitediequilibriomacomeprocessodeltuttoaperto,sviluppodisoggetti

conflittuali, non armonia posta da una “mano invisibile”. Se lo schemadello sviluppopotrà

porgere un modello di equilibrio, questo sarà allora posto nei termini di un progetto di

scontroesoluzionedelrapportofondamentale,di‘tensionepoliticaattornoall’esistenzaeal

movimentodiclasseoperaia’118.Insomma,losviluppoèlarispostadelcapitalismoallacrisi:

‘ilmodellodellosviluppononèalternativoallacrisicometale,bensì–inquantonuovaforma

delciclo–adessacongruocomeadelementosuoproprio,–crisi,ossiapossibilitàdiriassetto

di quegli elementi liberamente ed indipendentemente agenti nel sistema, che la mera

formalità delmomento aggregativo non può in definitiva riuscire a controllare; crisi come

incentivo fondamentale del processo e condizione produttiva del profitto’ 119 . Lontano

dall’essereunicamenteunriequilibriotecnicodelsistema,lacrisiassumesempreiconnotati

di una risposta politica agli antagonismi di classe: lo sviluppo è lotta, ricostruzione dei

rapporti di forza e in ciò necessariamente vittoria capitalistica sulla forza antagonistica,

attraversounmomentodiscontrodiretto.

116A.Negri,“Marxsulcicloelacrisi”,in“Contropiano”,1968,n.2,p.249117Ivi,p.250118Ivi,p.252119Ivi,p.256

42

È proprio in essa che ‘il capitale mostra che l’elemento quantitativamente nuovo dello

sviluppo, il profitto come incentivo fondamentale dell’azione sociale, non è altro, non può

essere altro che rapporto qualitativamente nuovo fra capitale ed elementi aggregati della

produzione:elacrisièilprogettopoliticodiriqualificazionedelrapporto’120.

Postoquesto,apparenecessarioapprofondireilragionamentoseguendolo“passoperpasso”.

PerNegri è evidente che il capitalismosipresenta come “ciclo”121e, in tal senso,dobbiamo

intendere ilmovimento complessivodel capitale come “ciclico”. Infatti, è solo l’appariredel

ciclo–diràNegriseguendo,allalettera,Marx–checipermettedivedereilcapitalenellasua

“maturità”,cioè lagrande industria. Ilcapitalesociale,allora,avràunasolaregolaovvero la

ciclicità: ‘sviluppo, allargamento della base, perfezionamento del processo lavorativo,

approfondimento della valorizzazione e dello sfruttamento, tutto questo diventa possibile

solodentrolaformaciclica.Conciòèdunqueassuntalarealtàdelprocessodelcapitalenella

suadeterminatezza autoesaltentesi, – apologiadi se stesso come sviluppo’122. All’internodi

quest’architettura teorica la crisi non riveste solo una funzione di passaggio: la crisi

costituiscesempreilpuntodipartenzadiunnuovograndeinvestimentoequindi‘unnuovo

fondamento materiale per il prossimo ciclo di rotazione’123, poiché ‘i singoli elementi del

capitale,infatti,assumononellacircolazioneunmovimentorotatorioentrocui,inparticolare,

ilcapitalefissoperdegradatamente,nellasuaduratamedia,ilsuovalored’usocedendoloal

prodotto’124. Arrivati a questo punto, è chiaro che il capitale si presenta comemovimento

ciclicomasoloinquantoilsuosviluppoèassociatoacrisirovinose.Possiamoancheprecisare

come,soloattraversolostrumentodellacrisi,talemovimentociclicoriescea“periodizzarsi”,

perchélacrisiinsorgeinquantoilterminedisviluppoperiodicodelcapitalefissointerviene

sulle componenti del ciclo complessivo sconvolgendone il meccanismo mediativo e

compensatorio.Unavoltaterminatalarotazionedelcapitalefisso,siinnescalascomposizione

delmeccanismounitariodellecomponentidelciclo;èpropriocosìchesideterminala“crisi”:

essa non è altro che ilmomento in cui imeccanismi di compensazione fra componenti del

ciclostessosiromponoequestoaccadequando,perqualcheragione,lecomponentidelciclo

siseparano, inpratica,allorché ‘aisingolipolidelciclosiaccumulanosproporzionalmente i

suoielementi’125.Tale“inceppamento”impediscealcapitalediassumerenuoveforme:

120Ivi,p.258121Ivi,p.263122Ibidem123Ivi,p.264124Ivi,p.263125Ivi,p.264

43

Qualipossonoessereleformeincuiglielementidelciclodeterminano,conlareciprocasproporzione, lacrisi?

Fondamentalmente due: sproporzioni orizzontali fra settori produttivi e fra settori produttivi e settori

distributivi;sproporzioniverticalifraproduzioneeconsumoingenerale;crisidasproporzioniecrisidarealizzo.

Vediamo le prime. Esse derivano la loro possibilità formale dal fatto che le quantità che ruotano non sono

omogenee. I capitali-merce si contendono reciprocamente il loro posto sul mercato e l’urgenza della

trasformazione del capitale nelle varie forme della sua esistenza si presenta in modo disaggregato e

contraddittorio; allora la contemporaneità delle forme in cui lo sviluppo capitalistico deve darsi si rompe, si

interrompeilprocesso,lasuccessionedelleformenonsimediainunaseriecontinuaedogniarrestoall’interno

diuncicloparticolaresitramutainarrestogeneraledelmeccanismo126

Una volta presi in esame ciclo, crisi e sviluppo nella loro “oggettività”, ovvero dal punto di

vista“capitalista”,bisogneràproseguirelatrattazionedalpuntodivistadellaclasseoperaia,

inpratica,‘dall’analisidellapossibilitàformaledelciclooccorreriportarsiallaleggegenerale

dell’accumulazione capitalistica: il ciclo deve riconoscersi come ciclo dello sfruttamento,

dominatodallasuanecessità’127.La leggedellosviluppo, infatti,nonèaltroche la leggepiù

generale della produzione capitalista: lo sviluppo è trainato dal profitto capitalistico, quale

stimolocomplessivodellaproduzione.Losviluppo,dalpuntodivistadellaclasseoperaia,non

può che mostrarsi percorso da quell’antagonismo che è connaturale alla produzione

capitalistica, ancorameglio, ‘dentro lo sviluppo va dunque letto il rapporto di classe tutto

intero’128. Ricapitolando con le parole di Negri: ‘la crisi è modo e funzione specifica del

processodiproduzionedicapitale,–lasuanecessitàètotale’,insomma,‘lacrisièfunzionale

allo sviluppo’129. Detto questo, non resta chemostrare come la “crisi”, nella sua necessità,

nella sua funzionalità, sia usata come momento generale di verifica dei rapporti di forza

antagonistici interni allo schemadello sviluppo capitalistico. Inquest’ottica, la “crisi” non è

altro che lo ‘strumentodi riassetto violento e decisivodel rapporto fondamentale’130che la

classe “dominante” vuolemantenere inalterato (e inalterabile, seppur inmaniera flessibile,

proporzionale):

La pressione operaia incalza sempre il normale aumento di capacità produttiva del capitale o perché,

presentandosicomemomentomassificatoalivellosociale,obbligailcapitaleadinvestimentiallargatichenonne

approfondiscono la composizione organica o perché, laddove questa per singole unità o globalmente è

intensificata,riesceamettereinmotoun’azionerivendicativachetieneilpassodell’aumentodellaproduttività

del lavoro. Il capitale stesso, d’altra parte, nella sua forma collettiva, è costretto non solo ad accettare la

126Ivi,p.265127Ivi,p.268128Ivi,p.269129Ivi,p.274130Ivi,p.275

44

determinazioneoperaiadellosviluppomaancheasollecitareentrocerti limitiquel tipodi rispostaoperaiaal

controllo dello sviluppo, proprio per assicurarsi le condizioni di regolabilità del ciclo. All’aumento di capacità

produttiva del capitale corrisponde così l’innalzamento del valore della forza lavoro, e si determina una

situazioneincuiilsaggiodiprofittotendeoaunarelativastabilitàoaddiritturaadunabbassamento,indotto–

inunasituazionedistabilità–dall’inerziastessadiun’occupazionevicinaailimitipieni131

Il meccanismo di produzione si trova sempre di fronte a questo genere di precarietà, a

maggiorragionesesiconsideracheil“dispositivo”della“crisi”nonsempreottieneilrisultato

sperato,ilriassestamentodelrapportononsemprerisultaquellopre-scelto:

Il meccanismo della crisi, soprattutto attraverso gli interventi di rivoluzionamento tecnologico, non solo non

porta immediatamente (e spesso neppure mediatamente) conforto al capitalismo come ragione capitalistica

dellosviluppomaproduceunaseriediconseguenzedirettealtrettantodannose.Perchélacrisi,nelmomentoin

cui funge da volano stabilizzatore del rapporto fondamentale, nel momento stesso ne approfondisce le

caratteristicheecoinvolgeinessostratisocialisemprepiùlarghi132

In pratica, l’uso capitalistico della crisi muta, rivoluziona la stratificazione sociale – Negri

direbbela“composizionepoliticadiclasse”;così facendopermetteall’antagonismodiclasse

di approfondirsi ma, soprattutto, di “estendersi”. Tale dialettica di sviluppo e crisi è

indissolubilmente legata al capitale: non solo impedisce che le maglie del rapporto

fondamentaledidominazionesiallarghinomanepermettel’irrigidimento,ilrestringimento.

Bisogna aggiungere allora che, il capitale (inteso come “stato capitalistico”) non può fare a

menodiristrutturarsiinsenso“precario”;bisognagarantirelo“sviluppo”insiemeallaclasse

operaia,quindiinsiemeall’antagonismoealla“contraddizione”daessarappresentata:

Ilsaltocapitalisticoallostatopianificatosocialeattraversolafiguradelcapitalesocialerappresentalasoluzione

diunproblemaormaiinsolubilesulpianodellameraprassieconomica.Quinonsitrattadimettereinattouna

controtendenzaallacadutadelsaggiodiprofitto,quinonsitrattadiguidareunaciclicitàdisviluppogarantita,di

dentroalrivoluzionamentodellacomposizioneorganica,daunpiùcheproporzionaleaumentodelplusvaloree

quindidanuovepossibilitàdicontrollodelprofitto,– quisitrattadisuperarelostessoorizzontedelprofitto,

meglio,dimetterneinluceeinverarnelaformacomemerafunzionepoliticadidominioeviolenza133

131Ivi,p.276132Ibidem133Ivi,p.280

45

Lo sviluppo allora, precisando quanto detto prima, lontano dall’essere unicamente un

“riassettotecnico”delmeccanismodiproduzione,èunarisposta“politica”.Ilcapitalesitrova

a dover sempre, “dialetticamente”, reinventare i rapporti di forza e non può farlo in altro

modoche“cercandoloscontro”.Èproprionello“scontro”chequest’ultimorilancialapropria

periodicità,anchesenonprimadiaverriportatounavittoria,appunto,“politica”:eccoche‘il

meccanismodelcicloètuttorecuperatoalivellopolitico,–equilacrisi,ilmomentodivittoria

sulloscontro,èdeterminante’134:ilcapitaleesigelacrisi,‘loscontrodiretto,organizzatodallo

stato,fracapitaleeclasseoperaia’135.

Daquiinpoi–siprosegueildiscorsoripartendodaCrisidelloStato-Piano,“libello”pubblicato

circa sei anni dopo l’articolo finora discusso – Negri svilupperà la sua analisi economico-

politicapermezzodiun’inversionediparadigmaall’internodell’economiapolitica, laquale

diventaquasi“politico-economica”,o“politicamente”economica;inquest’ottica–sisostiene

qui essere direttamente conseguente (se non già implicitamente contenuta) a quella

sviluppatanell’articolodel1968– lo “Stato” rappresentanient’altrocheun “organo tecnico

deldominio”:

Lo Stato, questa infinita potenza, proprio nella misura in cui si mostra come essenza non dialettica con lo

sviluppo, ha un’esistenza tanto puntualmente efficace quanto complessivamente subordinata alla serie delle

innumerevoli contingenze dello scontro. La sua autonomia e libertà sono in realtà degli strumenti, non dei

fondamenti. Ciò non toglie la specificità del ruolo coperto dallo Stato, ciò non diminuisce la portata della sua

lucidaazione–etantomenodellacompattarepressione–cheessopuòmettereinattosullosviluppo,ciònon

sminuisce la ricchezza della sua articolazione: ciò soprattutto non dimentica la funzione complessiva di

coscienzaeguidacollettivacheloStatopuòesercitareperilcapitale–echeeffettualmenteesercita136

Per spiegare quest’ultimo punto, però, è necessario fare un passo indietro, ritorniamo al

“dispositivo”della“crisi”.PerMarx,lecrisimoderne,sonocrisidisovrapproduzione:l’ambito

della circolazione dovrebbe assorbire l’eccedenza di quello della produzione, se ciò non

avvienesiverificala“crisi”.Lacrisidisovrapproduzioneè,dipersé,endogenaalcapitalismo;

crisidopocrisisisviluppaquelladinamica“catastrofica”cheMarxchiama“leggedellacaduta

tendenzialedelsaggiodiprofitto”:all’utilizzocrescentedelcapitalecostante– imacchinari,

da cui non si ricava profitto – diminuisce l’investimento in capitale variabile – quello

impiegatopercomprarelaforza-lavorooperaiadacui,invece,siproduceprofitto.

134Ivi,p.281135Ivi,p.291136A.Negri,Ilibridelrogo,Roma,DeriveApprodi,1997,p.32

46

Per garantire la sussistenza di tale “sistema” è necessario allora allargare la sfera della

circolazione: ‘lacreazionediplusvaloreassoluto–dipiùlavoromaterializzato–dapartedel

capitale,hacomecondizioneche il cerchiodellacircolazionesiallarghi,epiùprecisamente

che si allarghi di continuo. Il plusvalore creato in un punto richiede la produzione di

plusvaloreinunaltropunto,conilqualepossascambiarsi’137.Ilcerchiodellaproduzionedeve

essere costantemente allargato, o direttamente, o creando più punti di produzione al suo

interno;lacircolazioneèunagrandezzasempreinmovimento:

Diconseguenza lacircolazionesipresentaessastessagiàcomeunmomentodellaproduzione.Sedaun lato il

capitalehaquindi la tendenzaacrearedicontinuopiù lavoroeccedente,dall’altroha la tendenza integrantea

creare più punti di scambio; ossia qui, dal punto di vista del plusvalore o del lavoro eccedente assoluto, la

tendenzaagenerarepiù lavoroeccedentecome integrazionedi sestesso; in fondo la tendenzaapropagare la

produzionebasatasulcapitaleoilmododiproduzioneaessocorrispondente138

Si è visto come l’allargamento della sfera della produzione corrisponde a un cambiamento

della “composizione politica di classe”. La produzione ha ormai invaso, in virtù di tale

“sconfinamento”,anchelasocietà(luogo,ambitodelloscambio).La“produzione”èpresente

adessoanchenell’ambitodellacircolazionedellemerci,delloscambio,delconsumo.La“crisi”,

allora,nonpuòpiùesseregestitasoloinchiaveesclusivamenteeconomicadalcapitale:esso

habisognodiunapiùstrettasorveglianza“politica”sulla“crisi”stessa.Unasorveglianzache

sitraduceinunamaggiorecapacitàdiprodurre“conflitto”.Eccoche,seilcapitalehabisogno

di produrre conflitto, in una “società” ormai parte della “produzione”, non potrà limitarsi

all’antagonismo di classe visto nella “fabbrica”. “Antagonismo” e “conflitto” dovranno

investirel’interasocietà“produttiva”:perchél’interasocietàèdiventata“fabbrica”.Dunque,il

capitale deve conquistare, “occupare”, il luogo di riferimento della società in quanto

corporeità politica cioè, ora appare più chiaro quanto detto precedentemente, lo “Stato”.

Occuparelo“Stato”pergovernarela“crisi”,Trontiègiàlontano.Sela“produzione”haormai

invaso la società, la classe operaia non può più essere collocata esclusivamente all’interno

della “fabbrica”: ‘l’operaiomassa di Tronti esce dalla fabbrica e diventa operaio sociale’139.

L’allargamento della produzione porta alla costituzione del “mercato mondiale”, per

governare quest’ultimo attraverso la “crisi” il capitale ha occupato lo “Stato” che diventa

“piano”, programmaticamente volto ad assicurare al capitale la sorveglianza politica sulla

137K.Marx,Lineamentifondamentalidicriticadell’economiapolitica(“Grundrisse”),Torino,Einaudi,1976,p.374138Ivi,p.275139D.Gentili,Italiantheory,Bologna,IlMulino,2012,p.69

47

crisi,tantocheessostessodiviene“Stato-piano”.Sièanchedetto,però,chela“crisi”portaalla

ri-determinazione degli strati sociali ovvero della “composizione di classe”: in tal senso, il

capitale–datochela“crisi”aumentaledimensionieilcampodel“conflitto”–nonpotràche

trovarsisempredavantiaunanuova“classeantagonista”,nelnostrocasoquelladegli“operai

sociali”. Per Marx, la caduta tendenziale del saggio di profitto, diviene “legge” perché

l’aumentodelcapitaleaccumulatoaccompagnatoall’abbassamentoproporzionaledel lavoro

vivo gli appare come destino ineluttabile del capitale, in altre parole, la sua permanente

tendenza.D’altraparte,aggiungeNegri,inuncertomodosalvandodall’obsolescenzalateoria

marxiana, l’abbassamento proporzionale del lavoro vivo non è (più) esclusivamente

“quantitativo”–anzi,comeanalizzaNegriinProletarieStatodel1976,taleaspettosirivelain

perenne aumento: ‘l’ingigantimento del capitale accumulato, l’urgenza di garantirne la

circolazione e il realizzo, la necessità di accelerarne la rotazione individuale e sociale,

spingono conseguentemente a una socializzazione sempre più ampia sul ritmo della

produzionecapitalistica,socializzanoinformatotalitariailrapportotracapitaleelavorovivo,

determinanoperciòunaumentoquantitativodella forza lavoro impegnata’140–maanchee,

soprattutto,“qualitativo”,cioèabbassamentodi“valore”:

Alcapitalecheperseveranell’accumulazionecorrispondonounasemprepiùcompletasocializzazionedellavoro

vivo e il riconoscimento della sua esclusiva forza produttiva che ora si presenta come forza sociale, in forma

sociale;maquestopresentarsisocialedel lavorovivoè, insieme,suoirrigidimentocomplessivo,abbassamento

della costrizione ad erogare valore per l’accumulazione, riproposta di lotta e di rottura del comando

ogniqualvoltaeovunqueilprocessosisocializzazionesiestenda.Inquestosenso(qualitativamentemodificato)

la ristrutturazionecapitalisticaèoggiprigionieradellacontraddizione fondamentale, ingigantitadall’ampiezza

sulla quale essa si determina. Di contro: nella misura in cui la ristrutturazione non riesce a riportare a

dimensioni“corrette”ilsaggiodiprofitto,acausadell’opposizioneoperaiamaterializzatasiinunfrontedilotte

permanenti,inunanuovafiguradellaforzaproduttiva,inquestastessamisurailcapitaleècomunquecostrettoa

spingereavantilasuasocializzazione;ilchesignificaaumentodelcapitalecostante,attenzioneallacircolazione,

ulterioreprocessodisocializzazione,equindi,dinuovo,massimaesposizioneallalottaoperaia141

Il capitale ha da affrontare un’inevitabile contraddizione: deve spingere il processo di

socializzazione della produzione perché è l’unico modo per mantenere il comando sulla

produzionestessa,maall’internodellasocializzazionesiabbassanosia laproporzionesia il

valoredellavorovivo(lotteoperaieesocializzazione,inpratica,cresconoassieme).

140A.Negri,Ilibridelrogo,Roma,DeriveApprodi,1997,p.148141Ibidem

48

Tale contraddizione si amplia quanto più la socializzazione si estende. Il capitale non più

opporre alcuna mistificazione per nascondere la contraddizione a cui è obbligato quando

attua la propria “ristrutturazione” permezzo della “crisi”; con lamassificazione del lavoro

astratto,cioèdellavorosocialmentediffuso,siapprofondiscel’unitàrivoluzionariadellavoro

vivo,lasuapredisposizioneallalotta:

Ora,questanonèunaconclusione,èbensìl’avvioperun’indaginemarxistaoggi.Sitrattacioèdicapirechecosa

sia oggi la classe operaia davanti e dentro questa ristrutturazione. E tutti gli elementi dell’analisi compiuta

portano a proporre un’ipotesi specifica: cioè che, dinanzi alle imponenti modificazioni provocate, o in via di

essere determinate, dalla ristrutturazione, il corpo di classe operaia si distende ed articola in corpo di classe

sociale,inproletariato.Maquestodistendersiearticolarsinonèinerme.Lanegativitàdellarispostacapitalistica

alla lotta dell’operaio-massa è rovesciata nella sintesi della socializzazione del lavoro vivo, come lotta e

insubordinazione crescenti. È un’ipotesi sconvolgente quella che comincia a configurarsi, la categoria “classe

operaia” va in crisi ma continua a produrre tutti gli effetti che gli sono propri sul terreno sociale intero come

proletariato142

EccochequellacheNegrichiamala“linearossadell’astrazione”143sirealizzasempredipiù:

dopo che il proletario è diventato operaio, si assiste al processo inverso. L’operaio si fa

operaio terziario, operaio sociale, operaio proletario e, infine, proletario. La specificità del

nuovo“proletariato”,d’altrocanto,nonè‘l’esclusionedall’erogazionedilavoro’,alcontrario,è

‘l’inclusionenellatotalitàdelprocessoproduttivosociale’:

Avevamo visto l’operaio-massa (prima concretizzazione massificata dell’astrazione capitalistica del lavoro)

produrrelacrisi.Ora,vediamolaristrutturazionechelungidalsuperarelacrisi,nedistendeeallungal’ombrasu

tutta la società; non esteriormentema dentro, fin nella profondità della composizione di classe, laddove essa

tenta di difendere il comando capitalistico dall’azione dell’operaiomassa e di distruggere la composizione di

questo, e insieme, in generale, di mistificare socialmente origine e funzione del lavoro vivo. Con ben

contraddittorieffetti:perché,aquestolivellodellalottadiclasseladevastazionecapitalisticadell’operaio-massa

ha il solo risultato di allargare le condizioni della riproduzione (ma qui riproduzione capitalistica è anche

riproduzionedicondizionidilotta)all’interolavorovivodiffusonellasocietà144

Ora appare chiaro come, in questa prospettiva, lo Stato non sia nient’altro che un’impresa

capitalistica, forma del dominio del capitale sulla società ormai stretta totalmente nei

meccanismidiproduzione.

142Ibidem143Ivi,p.149144Ibidem

49

D’altra parte, la società stessa diventa il terreno fertile per nuove germinazioni

antagonistiche;fuoridallafabbrica,nellasocietà,nasconolenuove“soggettività”cheanimano

inedite “potenzialità” politiche. Negri –moltissimo investirà su questo punto – non esita a

rivendicare l’autonomiadella classeoperaiadallo Stato:nel senso cheunusooperaiodelle

istituzionipoliticheèimpossibile(aldifuoridella“dittaturadelproletariato”)145.Ladomanda

checisideveporreadessoè:cosacomportailmodificarsidellacomposizionediclassedovuto

allaristrutturazione,successivaallacrisi?

L’operaio sociale sviluppa lepotenzialitàdell’operaiomassa;nell’emergerediquestanuova

forma di conflittualità sociale, lo schema del dominio capitalistico acuisce le proprie

contraddizioni:lerivendicazioniparticolaridell’operaiomassaacquistanogeneralitàsociale.

Se percorriamo il reticolato della composizione di classe, infatti, possiamo scorgere il

processodiricomposizionedelproletariato.Lacrisielaristrutturazione,mentrefavoriscono

unanuovaunitarietàdellaclasseoperaia,neaumentanola“separazione”, l’autonomia.Nella

ristrutturazione si formaun “potenzialeunitario” semprepiùvastodelle lotte chepercorre

perinteroilreticolato(tras)formatosi,ampliatosi,nellaricomposizione:

Manonèsolounprocessoquantitativoquelloche,all’internodellaristrutturazione,nelrovesciamentodialettico

della sua tendenza da parte di classe operaia, viene rivelandosi. Questo processo quantitativo ha aspetti

qualitativi specifici. Perché infatti se l’obiettivo capitalistico nella ristrutturazione è essenzialmente quello di

mistificarelafontedelplusvalore,didisorganizzareipolidiclasse,didistruggerelacapacitàunitariadellalotta

operaia,lariconquistaproletariadell’unitàdell’interessediclassesiponeimmediatamenteinterminipolitici.Un

grossosaltoinavantivienecompiendosi:lalottadevesvolgersicontrol’unitàdiunprogettocapitalisticolacui

tensionee lacuiarticolazionesonoormaisemplicementedidominio. Ilrapportocon ilprofitto–equindicon

l’utopiadiunoStatopianificatosecondoiritmidiproduzioneeaccrescimentodelprofitto–sonocadutidifronte

aquell’armafondamentalecheèstatalaselvaggialottasalarialedell’operaiomassa.Oggilalottasalarialetende

inveceafarsituttapolitica,lottacontroloStatocomeformapoliticadelcomandoperlaproduzione146

Lo“Stato-crisi”vuoleannientare,attraversoil“comando”,ognipossibileunità(insubordinata)

dei bisogni “operai” emersa dall’ampia unificazione sociale del proletariato. Allora la lotta

operaiafaunpassoavanti:‘dalsalarioalvalored’usodelsalario,dallalottasulsalariocome

entità controllabile dello sfruttamento alla lotta contro il comando sulla produzione, dalla

lottanelsistemaallalottaperilpotere’147.

145Ivi,p.171146Ivi,p.169147Ibidem

50

Lacoscienzapoliticadiclassenonnascepiùdallacoscienzadell’antagonismomadall’esigenza

dellaliberazione,diràNegri,‘nondallacoscienzadellamostruositàdellavorosalarialemadal

rifiutodel lavoro,nondall’urgenzadellaproduzionemadall’esigenzadell’invenzione’148. La

lottadiclasseoperaiadiventa,simostracome,lottadiliberazione:

Ogni sistema di bisogni ha un contenuto e un senso. Marx parla, in particolare, di un contenuto “positivo”

(relazione semplice framerce e consumo) e di un contenuto “relazionale” (relazione capitalistica framerce e

denaro):manmanochelaproduzionecapitalisticasisviluppailprimoèriassorbitonelsecondo, finoalpunto

nelqualesipuòparlare diunsolosensodellarelazionesistematica ,quellocapitalistico.Ora,quando–come

nellafaseattualeditotalizzazionedelsistemadeibisognicapitalistici–lasubordinazionedeivalorid’usoèmera

“indifferenza”,divoltainvolta“caos”o“utopia”,quandoilsensodelsistemaelasuapresatotalizzantetolgono

ognipossibilitàdi relazionesemplice inognimomentodellosviluppodeibisogni–bene,aquestopunto,ogni

residuo umano si ribella, ed è il lavoro l’unico terreno di ribellione, l’unico terreno sul quale un valore d’uso

resiste e condensa attorno a sé la possibilità di un sistema diverso, alternativo, rivoluzionario. Perché qui il

lavoroche,neltrionfodelsistemacapitalisticodelvalorediscambio,resta l’unicovalored’uso,puòtogliereal

capitalista il comando su ste stesso, e farsi dunque valore d’uso operaio, che è come dire rifiuto del lavoro e

sviluppodelsuovalorecreativo149

Sipuòdire,allora,cheilpassaggiodallacomposizionedell’operaio-massaallacomposizione

dell’operaiosocialenonsignifica solounperfezionamentodella forzaproduttivadel lavoro,

nonsoloproposizionediunnuovosistemadibisogni: ‘significapiuttostochequiquando la

dialettica della composizione si esaurisce in una totalità di subordinazione al capitale, la

ribellioneproletaria investe l’interotessutodellacomposizioneedelsistemadeibisogni’150.

Insomma,“creatività”rivoluzionariacontroilsistemadeibisogniprodottodalcapitale,contro

l’universalitàdelvaloredi scambioedella suavigenzae,nonultimo, contro loStato inteso

come luogo di determinazione generale del sistema dei bisogni come sistema rigido e

obbligatorio,mostruosoeoppressivo.Alsistemadeibisognisisostituisceilsistemadellelotte

cioèunsistemadiriappropriazionedelleforzeproduttivedapartedelproletario,dellavoro

vivo sociale. Come si procede a questa “riappropriazione”? Negri risponderà a questa

domanda ne Il dominio e il sabotaggio, accompagnando l’opera di destabilizzazione del

“regime capitalistico” a quella di destrutturazione del “sistema del capitale”: ‘la crisi

capitalisticadeveavereunsensoimpostoedominatodalpotereproletario.Destabilizzareil

regimenonpuòesserecosadistintadalprogettodidestrutturareilsistema’151.

148Ibidem149Ivi,p.175150Ibidem151Ivi,p.256

51

Comesièvisto,ilcapitaleristrutturailpropriosistemaperstabilizzareilregime:inpratica,la

soluzionedella“crisi”consisteinunaristrutturazionedel“sistema”che,dopoaverlabattuta,

ricomprenda la totalità antagonistica proletaria nel progetto di stabilizzazione politica del

“regime”. Il capitale deve cancellare il senso agonistico, non la “realtà”, del proletariato: in

qualchemodo,sipuòdireche,perilcapitale,nonesisteristrutturazionesenonapartiredal

movimento proletario. L’indirizzo del proletariato, invece, è del tutto opposto e si esprime

attraverso il nesso destabilizzazione-destrutturazione. Il progetto di destrutturazione del

“sistema”diproduzionecapitalisticononpuòesserescissodaquellodidestabilizzazionedel

“regime” politico a esso corrispondente. Tale progetto si può rappresentare attraverso il

concettodi“autovalorizzazioneoperaia”:

Ilconcetto“autovalorizzazioneoperaia”èl’oppostodelconcetto“forma-Stato”,èlaformacheilpotereassumedal

puntodivistaoperaiosviluppato.L’autovalorizzazioneproletariaèimmediatamentedestrutturazionedelpotere

nemico, è il processo attraverso il quale la lotta di classe operaia investe oggi, direttamente, il sistema dello

sfruttamento e il suo regime politico. La socializzazione dello sviluppo capitalistico ha permesso alla classe

operaia di trasformare in processo e di unificare in progetto i momenti diversi della strategia comunista,

l’insurrezione e l’estinzione dello Stato. L’autovalorizzazione proletaria è la figura complessiva, di massa,

produttiva di questo progetto. La sua dialettica è potente in quanto complessiva, complessiva in quanto

potente152

L’autovalorizzazione proletaria è, innanzitutto, destrutturazione della totalità nemica;

attraverso di essa la totalità antagonistica si riconosce nella propria “esclusione” ed

esclusività di “tutto”, di collettività indipendente – è il radicamento intensivo della

“separatezza”,dellaconsapevolezzadiessere“altro”.Questaistanzaètantopiùforte,quanto

piùilmovimentoproletarioriescenell’operadi“sabotaggio”complessivodelcapitale:

Non posso leggere la storia del capitale se non come storia di una continuità di operazioni di riassetto che il

capitale e il suo statomettono in atto di contro a una continua rottura, a una permanente provocazione alla

separazione che il movimento reale del proletariato determina. Lo stato delle cose presenti si forma sulla

continuità di una distruzione, di un’abolizione, di un superamento che il movimento reale determina. Mi

definisco separandomi a fronte della totalità come altro da me, come rete che si stende sulla continuità del

sabotaggiostoricochelaclasseopera153

152Ivi,p.258153Ivi,p.262

52

Nonc’èconsonanzamaneanche“comunicazione”traclassedominanteeclasseantagonista,

nessuna omologia, nessuna immediata traducibilità di linguaggi, di segni, di logiche tra il

movimento proletario reale e il quadro complessivo dei contenuti e delle finalità dello

sviluppocapitalistico. Inquestosenso ‘l’autovalorizzazioneèsabotaggio’154, inquestosenso

“autovalorizzazione”e“destrutturazione”sonoterminireversibili,sinonimicamentereciproci

nell’esprimerelapotenzapositivadelnegativorappresentatadalproletariato:

Autovalorizzazioneproletariaèsabotaggio.Comesiconcretailprogetto?Ilsaltodalrilevamentofenomenologico

dellanostraesistenzaseparataall’espansionedella forzadelprocessodiautovalorizzazionesiorganizzasuun

metododellatrasformazionesocialecheèimmediatamentemetododiconoscenza.L’obiettivodeterminatodel

processo è l’esaltazione del valore d’uso del lavoro contro la sua sussunzione capitalistica, contro la sua

mercificazione,controlasuariduzioneavalored’usodelcapitale.Macomeavvienelasussunzionecapitalistica

oggi?Essaavvieneattraversoilcomando,lagerarchia,larendita.L’unitàdellavorosocialechelaclasseoperaia

conlasualottahatendenzialmentedeterminato,ilcapitaletentadidominarlaecontrollarlanelladivisione155

La “forza produttiva” sempre più si sta concentrando nellemani del “lavoro vivo”: tutte le

categorieche,soggettivamenteooggettivamente,sicolleganoaquelladel lavoroproduttivo

sono sulla via della socializzazione. Per questo diventa centrale il “rifiuto del lavoro” nelle

strategie di riappropriazione della forza produttiva attraverso l’autovalorizzazione: lo

sfruttamentodellavorofondal’interasocietàdelcapitale,dunque,il“rifiutodellavoro”nonè

solonegareunlegametrasocietàecapitale,unaspettoditaleconnessione;rifiutareillavoro

significa negare l’intera società del capitale. Il rifiuto del lavoro è funzione fondamentale

dell’operadidestrutturazionedel“sistema”attraverso l’autovalorizzazionedella“creatività”

operaia:‘ilrifiutodellavoroè,infatti,primaditutto,rifiutodellavoropiùalienato,quindipiù

produttivo. È in secondo luogo rifiuto del lavoro capitalistico, come tale, cioè dello

sfruttamento in generale. È in terzo luogo tensione al rinnovamentodelmododi produrre,

alloscatenamentodellaforza-invenzione.Nell’intrecciodiquestimotivil’intensitàdinamicadel

rifiutodellavoroinvestelaglobalitàdelmododiproduzionecapitalistico’156.Alloraèpossibile

direchel’unitàfondamentaledellavoroproduttivohadaesprimersicome“rifiutodellavoro”,

financointesocome“sabotaggio”,perriannodareifilideldiscorsosulladestrutturazionedel

sistema, sulla destabilizzazione del regime, sulla vera e propria riappropriazione delle

ricchezzeesullaconquistadelpotere(“l’assaltoalcielo”):

154Ivi,p.278155Ivi,p.285156Ivi,p.297

53

Ilsabotaggioèdunquelafondamentalechiavedirazionalitàchepossediamoaquestolivellodicomposizionedi

classe.Unachiavechepermettedisvelareiprocessiattraversoiqualilacrisidellaleggedelvaloreèvenutaman

mano investendo l’interastrutturadelpoterecapitalistico togliendoleogni internarazionalitàe spingendolaa

essereefficacespettacolodidominioedidistruzione.Unachiavechepermetted’altrapartedi identificare,sui

ritmi stessi della produzione capitalistica (ma non in maniera omologa), la capacità della lotta proletaria di

rendersi indipendente,diprocederenelprocessodellapropriaautovalorizzazione,di trasformare il rifiutodel

lavoro inmisuradelprocessodi liberazione. La formadeldominio capitalistico sidisarticoladavanti anoi, la

macchinadelpoteredispanna.Ilsabotaggioinseguequest’irrazionalitàdelcapitaleimponendoleritmieforme

dell’ulterioresuadisorganizzazione.Ilmondocapitalisticocisirivelaperquellocheè:unaretegettataabloccare

ilsabotaggiooperaiodopoesserestataunamacinadiplusvalore157

VIII.L’operaiosociale

Per comprendere l’importanza, soprattutto teorica, a differenza di quanto ci si potrebbe

aspettare, della svolta effettuata da Negri, sarà necessario riprendere il discorsomettendo

sotto la lente d’ingrandimento il concetto di “operaio sociale”: la nuova soggettività

antagonista chiamata in causa al tramonto della “fabbrica”, del rapporto di produzione

fordistae,dunque,dellafiguradell’operaio“massa”.

Quandosiparladi“operaiosociale”,èbenespecificarlo,siparlacomunquediunsoggettoda

cui si estrae plusvalore, si parla di un soggetto produttivo, un soggetto ‘produttivo di

plusvalore,mediatamente e immediatamente’158. Esso, come si è già avutomododi vedere,

assume un posto rilevante nella composizione di classe posteriore alla “crisi” venuta

determinandosi in seguito all’estensione dei rapporti di fabbrica sul terreno della socialità.

Dettociò,dovrebbeormaiesserechiarochenonbisognapiùconsiderarelanaturadellavoro

come una funzione strettamente legata a dei processi di produzione in cui il rapporto tra

lavoro e valore sia immediato, bensì dovrà essere evidenziato il rapporto tra modo di

lavorazioneevaloreprodottocomeprocessomediatodalpuntodivistasociale.Infondo,dice

Negri, il riconoscimento della natura produttiva del lavoro mediatamente sociale è la tesi

fondamentale dell’operaismo, anche di quello degli anni 60. Esso si basa sulla teoria

dell’astrazionesuccessivadellavorochecorreparallelaallasuasocializzazione:‘l’astrazione

successiva del lavoro, la costruzione del lavoro astratto come soggetto dello sfruttamento

capitalistico è la sola base a partire dalla quale le categorie del capitale possono essere

costituite ed intese. Da un certo punto di vista, dire operaio sociale è in realtà dire una157Ivi,p.308158A.Negri,Dall’operaiomassaall’operaiosociale,Milano,Multhipla,1979,p.9

54

tautologia,perchénonsipuòparlaredioperaiosenoncomeoperaiosociale.Iovorreisapere

che cosa significa operaio di fabbrica, se non appunto il fatto che il capitale è egemone e

comandasututtelecondizionidiproduzionechesiestendonosocialmente’159.Nonstupisceil

compiacimentocheemergedaquesteparolediNegri,d’altraparte,allafinedeglianni70,la

figuradell’operaio sociale – con tutte le ripercussioni chepoteva avere a livello “pratico” –

stavaassumendounacertarilevanzaneldibattitosulleformedilottadiclasse.Tuttavia,egli

conoscebenissimolecritichecheglivengonomosse.PerTronti,traglialtri,quelladioperaio

socialeèsolounacategoria“ideologica”e“sociologistica”chenonhanienteachefareconil

processoproduttivo in senso stretto,dove, invece, ilprotagonistaè l’operaiodella fabbrica,

l’operaio collettivo reale interno al processo di valorizzazione che sopporta i costi della

riproduzioneallargatadellaforzalavorosociale.Negri,dapartesua,risponderàaquelliche

criticano il progetto rivoluzionario da lui esposto, affermando le ragioni della “centralità

operaia”,didifenderegli interessiproduttividellaclasseoperaiadi fabbricaesclusivamente

nell’interesseburocraticodiuncetopolitico‘asostenereunasuapartecipazionecorporativa

allaproduzione’160.Inquestitermini“centralitàoperaia”significa,‘partecipazionedelPCIalla

produzione e allo sviluppo capitalistici’; diversamente, la centralità operaia “effettiva” è da

intendersi come ‘processo di ricomposizione nel quale il lavoro produttivo si estende

socialmente,riconoscelesuecaratteristichedilavoroastratto,quindidilavorodotatodiuna

essenziale mobilità sociale e con ciò della sua capacità di rappresentare la generalità del

lavoro sfruttato’161. NonostanteNegri non possa evitare dimarcare le differenze tra la sua

teorizzazione, culminata nella figura dell’operaio sociale, e la riflessione a lui precedente,

quella incentrata sull’operaio massa, egli comunque non disconosce i meriti delle lotte di

fabbrica, anzitutto, per la loro capacità di incidere sulla ristrutturazione del processo

lavorativoe,quindi,sulprocessodivalorizzazione:

Nonèquicisiscontrisull’importanzadell’operaiomassanellasocietàcapitalisticaevoluta,cisiscontrasucose

moltodiverse.Edinparticolaresulfattochepertaluniteoricisembrachelacrisinonsiaesistita,sembracheil

meccanismo: attacco operaio, ristrutturazione capitalistica, riconfigurazione della composizione di classe, sia

una sequenza chenon si è data. In realtà è avvenuto cheproprio a fronte dell’attaccodell’operaiomassa si è

messoinattountipodiristrutturazionecapitalisticacheha,dalsuolato,contribuitoariconfigurareinteramente

la composizione di classe in quanto tale. Ma dire questo non è sufficiente. Perché? Perché elementi di

ricomposizionechepartivanonondall’iniziativacapitalisticamadallasoggettivitàoperaia,cioèdallasoggettività

dell’operaiomassa in quanto tale, hannopermesso che forseper la prima volta (per quantonoi ne sappiamo159Ivi,p.11160Ivi,p.12161Ivi.p.13

55

dellastoriadellecrisicapitalisticheedeiprocessidi ricomposizioneoperaia) ilprocessodi ristrutturazionesi

scontrasse con una rigidità operaia fortissima e quindi che la ricomposizione fosse in buona parte in mano

operaia. Ecco perché l’operaio sociale si presenta come figura aggressiva: esso mantiene cioè in sé non

semplicemente la continuità dialettica dell’azione sociale dell’operaio massa, ma mantiene in sé anche

l’aggressività, il tono di lotta dell’operaio massa. Quindi l’operaio sociale verifica due volte l’operaio massa.

Primo:inquantoneèilprodottodalpuntodivistadelrapportodialetticoconlaproduzionecapitalistica,conla

ristrutturazionecapitalistica. Insecondoluogoinquantonemantiene intatta,eanzinepotenzia, lacapacità, il

tonodilotta,appuntolaforzaaggressiva162

Per Negri, allora, “operaio sociale” e “operaio massa” non solo sono momenti della stessa

dialettica ma, in più, il passaggio da un momento all’altro è da intendersi in modo

tendenzialmente“ricompositivo”,quandoperTronti, invece, talepassaggiorappresentauna

disgregazionedelladomandasociale,quasiindipendentedaunalogicadiclasse,cheesigeuna

ricomposizionepoliticadall’alto,peroperadel“partito”:

Denunciare questa disgregazione come effetto deteriore; come effetto puramente disgregativo èmancanza di

marxismo;vuoldirenoncapirequalèlaqualitàdiquestorapporto,ecioèilfattocheoggiladisgregazionesìè

disgregazione della vecchia figura in quanto figura di capitale variabile, soggetto compreso nella struttura

capitalistapreesistente,madall’altrapartequestastessadisgregazionedaunpuntodivistapoliticooperaiosi

presenta come assoluta innovazione di quelli che sono i bisogni e i comportamenti di classe. Comportamenti

adeguati,anzicertevolteanticipatori,rispettoaquellacheè laristrutturazionecheilcapitalevieneoperando.

Unrapportodicomandosarebbecertoauspicabile.Lacosachenoineghiamononèmicacheunfattodiquesto

generenonpossaessere comandatodall’internodella classe!NeghiamosemplicementealPCI lapossibilitàdi

farlo.D’altraparteleaffermazionidiTrontisonol’esattaprovadiquestaincapacitàgeneralepoliticadelPCIdi

portareavantidall’internodellaclasseuntipodicontrollochenonsiapuramenteconservativo163

Per precisare la posizione di Negri: il processo rivoluzionario deve procedere per

disgregazioni continue che, infine, permettanoalla classeoperaiadi ricomprendere in sé la

socialitàinteradelmododiproduzione.Inquestosconvolgimento,ilcomandopoliticohada

manifestarsicome“previsione”,azionecontinua,estensionedellaconsapevolezzaall’interno

dellaclasseoperaia,determinazionediformetransitoriediorganizzazione,perchélanascita

dinuovesoggettivitàantagonistichenonèmaiindolore.Quellafornitafinoravorrebbeessere

una sortadi sintesi definitoriadi ciò che si intendeper “operaio sociale”; sicuramente sarà

necessario approfondire tale definizione in seguito, prendendo in considerazione le

dinamichechedaessatraggonoorigine.

162Ivi,p.14163Ivi,p.16

56

Tuttavia,nonsipuòcontinuarenellaspiegazionedelconcettoelaboratodaToniNegrisenza

prima entrare nello specifico del suo dialogo a distanza con Mario Tronti (“maestro”

dichiaratodiNegri,almenodalpuntodivistadelmetodo)dicui,tral’altro,siègiàmostratolo

spessoreteoricoinunprecedenteparagrafo,nonchél’importanza–piùomenopariaquella

diRanieroPanzieri–nellevicendedel“primo”operaismo.

Innanzitutto, bisogna precisare che Tronti, alla fine degli anni 70, da diverso tempo scrive

dellaperditadi“centralità”dellaclasseoperaiadifabbricacomesoggettoantagonista.D’altra

parte, se Negri teorizza l’operaio sociale come classe antagonista “fuori” dalla fabbrica e

“dentro” la società, per Tronti proprio la società rimarrà sempre il luogo dell’ideologia

borghese. Insomma, la classe operaia e la fabbrica non possono essere assorbiti da essa,

poichéèproprionellasocietàcheilcapitaleneutralizzailconflitto, l’antagonismotraledue

classi“mortalmentenemiche”,perdirlaconMarx.ÈverocheancheTrontihariconosciutoil

dissolversi della “fabbrica” nella societàma, a differenza delle nuove potenzialità politiche

intraviste daNegri, in ciò ha riconosciuto esclusivamente la “de-composizione” della classe

operaia.Dunque,mentreNegri“organizza”lanuovasoggettivitàantagonistainbaseallasua

“autovalorizzazione”,cioè inbaseallasua“separazione”dalloStato(strumentodidominio),

data come “politica” la “potenza immanente” alla dimensione sociale, Tronti continua nella

suaricercadiuna“politica”operaia(progettolasciatoinsospesosindaitempidel“Poscritto”

adOperaiecapitale).Sesiconsiderachel’unicopresuppostoditalericercaèche“politica”si

dàunicamentenellemodalitàenei luoghidella “politicamoderna” si riescea comprendere

perchéTrontiritengachel’unicomodochelaclasseoperaiahadiritagliarsiuncertogradodi

“autonomiapolitica”siaquellodislegarsidall’aporiaincuieracostrettadallavorodifabbrica

(essere“dentroecontro”ilcapitale,avevadettoinOperaiecapitale)econquistareil“potere”,

quindi,conquistareloStato, farsi“Stato”.AdifferenzadiquantosostieneNegri: loscontroè

recuperato, non a “livello politico”,ma al livello del “Politico”, di “Autonomia del Politico”;

Tronti, allora, non potrà accettare una soggettività antagonista “plurale”, “differenziale”,

“multilaterale”: d’altronde, sono queste le caratteristiche che distinguono il “sociale” dal

“Politico”,difatto,inbaseadessestesse,idueaspettisitrovanocontrapposti.

Per comprendere questo punto ci si riferirà a Tronti e alle sue analisi sulla nascita

dell’AutonomiaOperaia;non tarderannoaemergere le criticheall’assetto impostodaNegri

all’operaismo:

57

Lacrisihacomeconseguenzaoggiunfortemomentodidisgregazionedeltessutosociale,dimancatocontrollo

politico, non tanto del meccanismo economico ma proprio della crescita sociale. Quanto più analizziamo i

caratteridiquestacrisitantopiùvediamocheilmeccanismoeconomico,nonèsfuggitoalcontrollopolitico,né

delgovernonédelloStato,nédeipartiti,tantoèverocheoggivediamounforterecuperodelcontrollopolitico

sul meccanismo economico. Quello che invece è scappato di mano è il controllo politico del sociale. Il che

appuntorendepossibileancheesperienzedimovimentotutteschieratesulcampodelladisgregazionesociale.La

scelta della violenza parte da qui, ed è qui che bisogna tagliare il filo, per evitare che arrivi a sbocchi politici

pericolosi164

DalleparoleriportatesicapiscecheTrontigiudicatuttoil“movimentodel ’77”quantomeno

“immaturo”, innanzitutto, dal punto di vista teorico strettamente marxista. In esso, infatti,

Tronti rileva forti componenti di natura “ideologica”, nel senso di una teoria che stravolge

obiettivipratici in richiestedi immediatorivolgimento totale: ‘nonriescoavederemoltodi

più che un ritorno all’ideologia in questa cosiddetta “teoria dei bisogni”, con al suo centro

nientemeno che il bisognodi comunismo’165. Un’ideologia, dunque, cheper di più ha il suo

pernonel‘rapportodisfiduciaconglioperai’.D’altraparte,comeabbiamogiàdetto,Trontiè

pienamentecoscientedelfattochelacomposizionediclasse,nelmomentoincuistaparlando,

è cambiata dai tempi dell’operaio massa, ‘cioè dell’operaio in linea della grande industria

post-taylorista,chepotevaesserealcentrodiungrossobloccostorico-socialefattoanchedi

alleanze politiche’. L’operaio-massa, dopo il cambiamento della composizione sociale, ha

ormaipersoimportanza‘edèvenutafuori,proprionellaesperienzadelcapitalismomaturoe

soprattuttoinalcunegrosseesperienzedilottaoperaiaeuropeaoinpartequellaamericana,

unanuova figura sociale, che è quella che loro chiamano appuntodell’operaio sociale’. Che

cosaèl’operaiosocialesenon‘laforzalavorochenonhapiùcomepuntodiriferimento,come

punto di lotta la fabbrica, ma ha come punto di riferimento diretto appunto il livello

cosiddetto del sociale’ 166 . Da Tronti viene vista con sospetto, in particolare, la

“proletarizzazione” della classe operaia, un punto fondamentale dell’elaborazione di Negri,

l’operaio chediventaproletarionella società e chedal sociale fa ripartire la lottadi classe:

‘l’operaio socializzato deve trovare, secondo loro, anche a livello di organizzazione, il suo

livelloprivilegiatocon le frangeemarginatedellasocietà,conquellechevengonoespulse,o

chenonvenganoaccoltenelprocessoproduttivo,enonsolo,maancheconlaforza-lavorodei

servizi’167.

164M.Tronti,SoggettiCrisiPotere,Bologna,Cappelli,1980,p.22165Ivi,p.23166Ibidem167Ivi.p.24

58

Allora, sì, l’Autonomia Operaia contienemolti elementi di novità, però, nello stesso tempo

propugnaunpericolosoritornoalpassato:

Rispunta fuori l’ortodossia marxista nel senso vecchio della parola. Basta il fatto che venga riproposta la

categoriadelproletarionelcapitalismomaturo;giàquestodicequalèlalorocollocazioneteorica.Nonsolo,ma

si rivelano anche grandi difensori della lettera addirittura di alcuni passaggi direttamentemarxiani; nei casi

migliori siprendonodirettamente i “Grundrisse”, alcunepartidel “Capitale”etc.Tuttociòvienericollegatoad

un’esasperazione della tematica politica, perché dietro la lotta di classe nel sociale si cerca di stabilire un

rapporto diretto di scontro con il livello statale. Ecco, proprio quando arriviamo alla concezione che“l’autonomia”hadelterrenopolitico,dellivellostatale,scopriamocheanchedietroquesteformeideologichec’è

lariscopertadelvecchio.Perlorolostatoèveramentesoloesempreilvecchiostato,ilvecchioapparatopuroe

semplice di repressione, di coercizione, dall’alto del quale non è possibile nessun tipo di controllo né della

societànédelmeccanismoeconomico,equindihannodellostatoancoraquestavisionecomunarda,diqualcosa

chefaviolenzaeacuibisognarispondereappuntoconlaviolenza168

PerTronti,iprocessididisgregazionedellasocietàdevonoesserefermati:bisognaelaborare

unprogettodi ricomposizionedei rapporti sociali, di riaggregazionedella società intornoa

certe “realtà” di classe. Insomma, è necessario neutralizzare la figura dell’operaio sociale

saltata fuori ‘dal cappello dell’illusionista della rivoluzione’169 . L’operaio sociale è nato

“vecchio”,replicauna“concezionecatastrofica”delsistemacapitalistico.Prima,diceTronti,si

dicevacheilcapitalismomaturoproducevaunpiùaltolivellodilottadiclasse,invece,adesso

seilcicloeconomicocrolla,siproducedisgregazione,emarginazione,destabilizzazione: ‘non

viene inmentechesiamopiùavanti,cheabbiamoforza,organizzazione,conoscenza, talida

poter tentare di piegare e integrare questo sistema, piuttosto che arrenderci alla disperata

paura di esserne integrati e piegati. Viene solo in mente – si vuole venga in mente – che

grande è il disordine sotto il cielo, e che questo è bene, così i rotocalchi potranno

documentare, con foto e servizi, come dalle periferie urbane, ad accerchiare il centro della

città,avanzil’ultimostranosoldato,ilproletariodelterziario’170.

Qual è la colpa dell’Autonomia? Accusare la classe operaia di aver tradito la “causa”:

‘gliel’avevano detto: bisogna assalire il Palazzo d’Inverno! E quella, niente, continuava a

picconareilmurodeibassisalari’.Ora,il“vero”proletariatostaaltrove:‘daquandoillavoro

produttivohastrettoquestopattoconildiavolodellaproduzionecapitalistica,ilproletariato

non sta più in fabbrica,ma nel “sociale”, cioè nei quartieri, nelle università, negli ospedali,

168Ibidem169Ivi,p.30170Ibidem

59

nelle cabine telefoniche, nei collettivi di quelli che ti vengono a leggere la luce a casa’171.

“Confusione”,questoilmaledell’autonomia:confusione,vuoldire“sovrapposizione”equindi

mancanza di coordinamento, incapacità di organizzazione. Unico risultato per la lotta di

classe:rivendicazioni“cieche”,utiligiustoperesserestrumentalizzate.Allaclasseoperaia–al

“lavoro vivo” – con in testa un “partito” che ne garantisca l’unità politica, deve ritornare il

ruolodiforzamotricedelprocessorivoluzionario.Iltonoironicodellaparolediprima,inogni

caso, non nasconde il punto centrale dell’argomentazione trontiana: la categoria di

“antagonismo sociale”, può al massimo correggere e integrare la categoria di “conflitto di

classe”,mamaidovràsostituirla.Siècosìarrivaticosìalpuntopiùestremodicollisionetra

NegrieTronti:perquest’ultimo,infatti,ilterrenoultimodel“conflittodiclasse”èil“potere”–

nonper forza “statuale” – imeccanismi di funzionamento delle forme istituzionali: proprio

questi hannopermessoal capitaledi svilupparsi edimaturare, non il contrario. SeNegri e

Trontisieranogiàalacrementescontratisualtrifronti,suquello“politico”,sicombattesenza

esclusionedicolpi.Lariaggregazionealivellodi“operaiosociale”–diceNegri–èpienamente

in grado di portare al suo interno il problema del “politico”, ancor di più in seguito alla

‘definitiva caduta dello stato di diritto come stato che media poteri, laddove invece è una

concezione nuova che emerge ed è la concezione del contropotere diretto’172. Inoltre, per

quanto riguarda le critiche alla “teoria dei bisogni” (storici), basterà dire che, appunto, i

“bisognistorici”corrispondonoa‘unanuovaformadellacooperazionesocialeproduttiva,sia

sul livello della produzione che sul livello della riproduzione, quindi a una nuova forma di

comunità operaia, e questa nonpuò essere interpretata che comepotere essa stessa, come

potereirresolubile’173.Laforzadel“movimento”èproprioquelladistabilire“livellidianalisi”

corrispondentia“livellidiattivitàpolitica”:disgregazione,confusione,caos?‘Restatuttaviail

fatto che questomovimento è indomabile e capace di rinnovare non solo se stesso,ma di

rinnovare continuamente le formeconcettualinellequali si esprime la lotta. Il rapporto fra

nuovi bisogni e potere è a questo proposito fondamentale’174 . A Tronti e al PCI, che

considerano l’operaio sociale unicamente comemomento di disaggregazione, viene rivolta

un’accusanetta.DietroallaconcezionedellaclasseoperaiachesifaStato,edel“partito”che

guidaloStato,sicelaunavisionestalinistadellarivoluzione,percuiaognicontraddizioneche

puònascerenellasocietàcivilesirispondeconla“repressione”.

171Ibidem172A.Negri,Dall’operaiomassaall’operaiosociale,Milano,Multhipla,1979,p.18173Ibidem174Ivi,p.19

60

Secondotalevisione, l’operaiosocialesarebbeunafiguraemersadall’accerchiamentoche la

“vera” autonomia operaia ha operato nei confronti di una “minoranza”, identificabile nel

“partitodell’emarginazione”.Semmai,èpropriopernasconderela“verità”dell’operaiosociale

cheilpartitocomunistaèarretratosuposizioni“staliniste”,controbatteNegri:

Quandodicostalinismo,dicosolamenteautonomiadelpoliticointerminirepressivi,dicolaformadirepressione

chelostatodeipartiti,valeadirequellaformadiStatonellaqualeimeccanismitradizionalicheconfiguravanoil

partitosonocompletamentestravolti,(ilpartitocioènonfunzionapiùcomeelementodiconsenso,mafunziona

semplicementecomeelementodimediazione),nelquale,dunqueilpartito,edilpartitocomunistainparticolare,

funzionacomeelementodimediazionerepressiva.Questoè lostalinismoattuale(travirgolette), lostalinismo

attuale del partito comunista. Cioè di un partito che a questo punto decide la sua partecipazione al potere, e

gestisce questa partecipazione mediando interessi conflittuali, negando l’autonomia dell’interesse di classe o

riconoscendola semplicemente nella figura di una centralità operaia, esasperata fino a diventare elemento

ideologicodidominio175

Negri,diversianniprimadipronunciarequesteparole,avevagiàespostolalineaindicata;è

interessantenotarecomeinquelcasosisiaricollegatodirettamenteallariflessionediRaniero

Panzieri.LacaratteristicafondamentaledelpensierodiPanzieri–standoallaricostruzionedi

Negri–èquelladi‘tentaredicombinarecriticamenteilradicalismo–presuppostooalluso–

della sua concezione dell’autonomia operaia con la tematica del riformismo e

dell’integrazioneoperaiacheveniva inquella faseemergendo’176.È soprattuttoPlusvaloree

Pianificazione ad attirare l’attenzione di Negri, almeno fintantoché in esso ‘viene portata

avantiessenzialmentel’ideachel’allargamentodellapianificazionecapitalisticaelaconquista

capitalisticadellasocietàapprofondisconoilcarattereantagonisticodelrapportodicapitale;

nellamisuraincuiilprocessodivalorizzazionetendeacoprireognispaziosociale,equindia

comprendereogniforzasocialeunificandolaall’internodisestesso,questorapportodiventa

semprepiùantagonisticoel’antagonismodifabbricavieneriportatosullasocietà;l’anarchia

della società capitalistica vienedissoltadalla regoladel dominiodispoticodel capitale, così

come si pone in fabbrica; l’unificazione della fabbrica e della società diviene la tendenza

(antagonistica)dellosviluppocapitalistico’177.AdaffascinareancoradipiùNegriilmomento

incuiPanzieriarriva“allasoglia”–poichénonvienemaiinteramenterecuperatosecondolui

– del concetto di “composizione politica di classe” in Sull’uso capitalistico delle macchine:

specifico della “ricomposizione unitaria” è il rapporto tra l’elemento tecnologico e quello

175Ivi,p.20176A.Negri,“AmbiguitàdiPanzieri?”,in“Aut-Aut”,1975,149/150,p.144177Ibidem

61

organizzativo-politicoall’internodelprocessodiproduzionecapitalistico,percui‘illivellodi

classe si esprimenoncomeprogressomacomerottura,noncome “rivelazione”dell’occulta

razionalità insita nelmodernoprocessoproduttivoma come costruzionedi una razionalità

radicalmente nuova e contrapposta alla razionalità praticata dal capitalismo’178. Tuttavia,

evidenzia Negri, ‘in Panzieri non è presente l’idea di un’autonomia di classe che riesca a

rappresentarsicomenoncapitale,asvilupparenellelotteeneicomportamentimaterialiuna

razionalitàcontrappostaeadareaquestarazionalitàcontrappostaeaquesticomportamenti

antagonistici una continuità che abbia il suo completamento nel processo organizzativo’179.

Insomma, laclasseoperaia,anchenel suopiùaltomomentodi lotta, restaunacomponente

delcapitale:‘siasulpianodelprocessodivalorizzazionecomplessivachesisvolgeall’interno

dell’interasocietà,siasulpianodiunaconnessionecomplessivasocialedellavoroproduttivo,

laclasseoperaiarestacapitalevariabile’180.Rilevatociò,NegrisisentediperdonareaPanzieri

quelle ambiguità evidenziate da molti per via dell’originalità con la quale ha delineato lo

“Stato capitalistico contemporaneo”. La “pianificazione”per luinonè razionalità socialema

‘controllopianificato,apiùdimensioni,dellalottadiclasseedell’esistenzasociale,semprepiù

sociale,delproletariato’, inpratica, loStato-pianoè ‘controllosul funzionamentodi tuttigli

elementi della riproduzione sociale del capitale, e soprattutto controllo e dispotismo sulle

variabili indipendenti del processo’181. Lo Stato capitalistico contemporaneo, in pratica, è

costrettodall’intensitàquantitativaequalitativadellelotteoperaieeproletarie,aesaltarela

“razionalità” del comando e della crisi come momento della lotta di classe. Tale scontro

precedeilcontrollodelcapitalesullasocietàcivileattraverso loStato: ‘eglihavistocomela

lottaper lariappropriazionedelle forzeproduttive, fraclasseoperaiaestato,cominciassea

divenire il problema fondamentale’ 182 . Negri, infine, sottolinea come Panzieri abbia

correttamente ordinato i termini “classe operaia” – “Stato-piano”/società capitalistica e

“movimentooperaio”,individuandol’indipendenzadel“soggettoproletario”come“elemento

stabile” ma “dialetticamente agente”. Per potersi ricollegare all’aspra polemica con Tronti:

Negri, già nella riflessione di Panzieri, trovava conferma al fatto che ‘per l’integrazione

comprensivadelcomandosullaproduzione(esullacrisi),loStatovafacendosidirettamente

potenzaeconomica’einquestosenso‘lacriticaalpartitodiventafondamentale’183:

178Ivi,p.146179Ibidem180Ibidem181Ivi,p.150182Ivi,p.152183Ivi,p.155

62

Ilrapportofrateoriadellacomposizionepoliticadellaclasseeteoriadellarivoluzioneèprioritarioe fondante

rispetto alla teoria del partito. L’antistalinismo radicale – non radicale e imbroglione – del pensieromarxista

esige che sideterminiquesta cesura: cesura conoscitivamaanchepratica eprogettuale, nella consapevolezza

che, comunque, la teoriadelpartitodeveessere–nelprocessorivoluzionario,nelprocessodi transizione,nel

processo del comunismo – subordinata all’autonomia di classe. In Panzieri l’anticipazione di questi temi, per

quantoambigua,ènondimenoreale184

Finora si è visto come, anche diversi anni dopo aver scritto su Panzieri, la prima

preoccupazionediNegrièancoraquelladiriportareildiscorsosulprocessorivoluzionarioal

livello dell’autonomia della classe operaia che si realizza come “separazione” dallo “Stato-

impresa”capitalistico,formadeldominioedelcontrollodelcapitalesullasocietà.Tuttavia,ai

tempidell’accesapolemicaconTronti,ilpensierodiNegrihagiàsubitouna“svolta”decisiva,

influenzata in particolare dalla riscoperta deiGrundrissemarxiani che – come anticipato in

precedenza–luiconsiderabenpiùdisempliciscrittipreparatorialCapitale.Siritorniperun

momentoal concettodi “operaio sociale”.Tronti e altri ex-operaistidi areaPCI sostengono

chel’operaiosocialesia‘unapraticabelletristicaattornoaquellocheinrealtàèunfenomeno

di emarginazione’185. In effetti, alcune frangedell’autonomia rivendicano il ruolodi “partito

delghetto”edi “secondasocietà”manonpotrebberoessereperquestomotivopiùdistanti

dalpensierodiNegri.Sipongacomepresuppostoall’approfondimentocheseguirà: laclasse

degli“operaisociali”èlanuovaformachela“classeoperaia”haassuntoperaffrontarelalotta

diclasseinseguitoalletrasformazioniimpostealcapitale.

L’accusa mossa all’operaio sociale – in cui riecheggiano, per certi versi, le immagini che

descrivevano il lumpenproletariat -nonsolovienenegatadaNegrimaancheribaltata inun

marchiod’infamiaper chi lamuove.Ammesso chequesta cosiddetta “seconda società” e la

figuradell’operaiosocialesianomoltovicine,talmentevicinedafarconfondereidueoggetti

teorici, d’altraparte,non sipuò ignorare chequesta società ‘soffredel lavoro salariato, che

soffre del lavoro, che soffre di tutte quelle che sono le condizioni, le orride condizioni di

svalutazionedella forza-lavoro che il capitaleha imposto’186.Ora, ènecessario capire seun

partito che si nomina “comunista” considera la svalutazione della forza-lavoro come una

condizione che esclude dalla classe operaia, si chiede ironico Negri. Per lui è chiaro quali

interessisicelinodietrolalineadelPCIinquestocaso:

184Ibidem185A.Negri,Dall’operaiomassaall’operaiosociale,Milano,Multhipla,1979,p.21186Ibidem

63

Citroviamodifronteaunamassadiforza-lavoroilcuisaggiodisfruttamentoèaltissimoeilcuisaggiosalariale

èbassissimo.Questosignificachelasvalutazionedellaforzalavoro,delsuocosto,chenonèstatapossibilenei

confrontidicertisettoriavanzatidellaclasseoperaia,èrovesciatasualtrisettoridellaclasseoperaia.Ilpartito

comunistainItaliaaccettaquestadivisionecometrampolinoperunsuoinserimentoattivoall’internodelpotere.

Il partito comunista accetta questa divisione della classe operaia come elemento fondamentale per poter

garantiretalunisettoridellaclasseafrontedialtri.Ilpartitocomunistaintroduceunaconcorrenzasfrenatafra

settori, tramassediclasseoperaia.La funzioneantioperaiadellapoliticadelPCIdaquestopuntodivistanon

puòesserepiùchiara.Tutteleideologiedellasecondasocietànonsonoaltrecheideologiecheservonoquesto

progetto di divisione della classe operaia e da questo punto di vista vanno battute esattamente come vanno

battutetutteleideologiefascistedirotturadellaclasseoperaia187

Per smontare le “vecchie” posizioni operaiste e denunciarne sistematicamente le

mistificazionidinatura ideologica,allora,aNegrinonrestacheribadire la “naturaoperaia”

dell’operaio sociale: essa non solo permette a quest’ultimo di abbracciare ampiamente le

sfaccettature di una classe composita ma ne garantisce anche la dimensione politica

all’interno del processo di ricomposizione, oltre ad avere il merito di rendere il concetto

stesso di “operaio sociale” politicamente “efficace” in un preciso contesto storico, in una

nuovafasedellaproduzionecapitalistica.Allora,sipuòdirechelateorizzazionedell’operaio

socialesvoltadaNegriha l’obiettivodi individuareunasoggettivitàantagonisticachesia in

gradodiaffrontareunlivellodiastrazionesuperiorenonsolosulpianodellavorodifabbrica

maanchesuquellodiunadeterminatasocietànazionale.Inultimaanalisi,l’operaiosocialeè

la soggettività antagonistica al livello dell’astrazione determinata identificata nel “mercato

mondiale”, l’orizzonte ultimo dello sviluppo capitalistico che, nello sforzo di astrazione

compiuto per globalizzare il mercato, determina un aumento dell’astrazione del lavoro

“produttivo”. Questa è, in sintesi, l’inizio della “svolta” che, sull’asse Dalla Volpe-Panzieri-

Tronti,sicompieconl’apportofondamentaledellaletturadeiGrundrisse,perpoiconvergere

nella scrittura diMarxoltreMarx, pubblicato nel 1979ma scaturito dalle lezioni tenute un

annoprimaaParigi,All’EcoleNormaleSupérieursuinvitodiAlthusser.

Come si accennava, per Negri i Grundrisse ‘non sono solo un testo solo filologicamente

utilizzabile per studiare la costituzione delCapitale: sono un testopolitico, la congiunzione

dell’apprezzamentodellapossibilitàrivoluzionariapresentatadalla“crisiimminente”edella

volontà teorica di una sintesi adeguata dell’azione comunista di classe operaia a fronte di

ciò’188.

187Ibidem188A.Negri,MarxoltreMarx,Milano,Feltrinelli,1979,p.19

64

Maperunacosa, inparticolare,sono importanti, ladefinizionedel lavoro inessicontenuta:

‘neiGrundrisseillavoroapparecomelavoroimmediatamenteastratto.Lasuacomprensionee

lasuaassunzioneallateoriasidannosoloaquestolivello.Illavorodivieneastrattoinquanto

immediatamente percepibile solo a livello dei rapporti sociali di produzione. Il lavoro è

dunquesolodefinibilesullabasedeirapportidiscambioedellastrutturacapitalisticadella

produzione’189.Atalproposito,èil“frammento(ocapitolo,NdA)sullemacchine”arivestire

unaparticolare importanzanella teorizzazionediNegri–giàai tempidelquartonumerodi

“Quaderni rossi”, quando fu tradotto da Renato Solmi, esso entrò a far parte del “canone”

operaista. In esso, Marx descrive il momento in cui le macchine arrivano ad occupare il

“luogo”(intesonelsuosignificato“spazio-temporale”)del lavorodi fabbrica,determinando,

quindi, come principale forza produttiva di plusvalore il “lavoro astratto”, il lavoro di

conoscenza, il lavoro immateriale. Il soggetto di quest’ultimo non potrà più essere

riconosciuto in una classe di natura principalmente ”economica” – l’operaio massa di

trontiana memoria, in questo caso – ma in quello che Marx chiama “general intellect”

(sintetizzando:capacitàscientificaoggettivatanel“sistemadellemacchine”)eche,inqualche

modo, Negri aveva già ravvisato nelle sue forme fenomeniche di “fabbrica diffusa” e

“terziarizzazione”.

Inconclusione,quandoil“sistemaautomaticodellamacchine”siappropriadella“fabbrica”,e

ilcapitalesussumeillavoroe,dunque,estendendosisuognialtrasferadeirapportieconomici

(dove vienemessa a lavoro la “conoscenza”) sussume anche l’intera società, la soggettività

antagonisticadeveandare“oltre”la“classeoperaia”–riunendosiinunanuovacomposizione

di classe: non più dentro e contro il capitale, ma “contro e fuori”, sfruttando la “crisi” per

“sottrarsi”, per uscire dal sistema di produzione capitalistico e dirigersi verso un “altrove”,

postoinvirtùdiunarazionalitàantagonistaautonoma,diunproprio“poterecostituente”.A

questo punto della riflessione, in realtà, anche il concetto stesso di “operaio sociale” è

divenuto ormai obsoleto, insieme all’intero impianto “operaista”. Negri provvederà ad

aggiornarevistosamenteentrambi.

189Ivi,p.23

65

SecondoCapitoloI.MarxcapovoltoPerproseguiresidovràadessofornireunadefinizioneperquantopossibileapprofonditadel

concettomarxiano di “general intellect”. Tra gli obiettivi che si propone questa trattazione

nonc’èquellodientrarenellospecificodeldibattito–almenononoltreiterminichefinorasi

sono esposti, in particolar modo quando si è parlato dei Grundrisse – che verte sul

riconoscimentodelconcettosottoesamecomepienamente“marxista”(nelsensodicoerente

rispetto a un certo apparato critico-scientifico che si vuole in qualchemodo “codificato”) o

meno. Infatti, non pochi hanno sottolineato che quello che Marx definisce come “general

intellect” – seppurparticolarmente interessantedal puntodi vista analitico, pur rivestendo

una notevole importanza nelle piùmoderne posizioni che appaiono in linea colmarxismo,

comequelladiNegri–apparecomebenpoco“marxista”.

Per esempio, Paolo Virno, riferendosi a quello che d’ora in avanti chiameremo unicamente

“Frammento sulle macchine” (riprendendo così la prima traduzione italiana del brano dei

Grundrisseapparsasu“QuaderniRossi”nel1962),hanotatoche:

Inquellepagine,scrittequasi inapneanel1858sotto l’incalzaredi impellenti impegnipolitici, sonoracchiuse

riflessioni sulle tendenze di fondo dello sviluppo capitalistico che non è possibile rintracciare in altri luoghi

dell’operamarxianaeche,anzi,suonanoalternativealle formuleconsuete.Marxsostiene, lì,unatesibenpoco

“marxista”: ilsapereastratto–quelloscientifico inprimoluogo,manonsolo–siavviaadiventare,proprio in

virtùdellasuaautonomiadallaproduzione,nientedimenochelaprincipaleforzaproduttiva,relegandoillavoro

parcellizzatoeripetitivoinunaposizioneresiduale.Sitrattadelsapereoggettivatonelcapitalefisso,incarnatosi

(meglio: inferratosi) nel sistema automatico dellemacchine.Marx ricorre a un’immagine assai suggestiva per

indicare l’insiemediconoscenzechecostituiscono l’epicentrodellaproduzionesocialee, insieme,preordinano

tuttigliambitivitali:egliparladigeneralintellect,diunintellettogenerale.“Losviluppodelcapitalefissomostra

fino a quale grado il sapere sociale generale, knowledge, è diventato forza produttiva immediata, e quindi le

condizioni del processo vitale stesso sono passate sotto il controllo del general intellect, e rimodellate in

conformitàaesso.”190

Daquesteultimeparolesembraemergereunaconcezionedellaclasseoperaiamoltodiversa

daquellaespressainaltritestimarxiani.Ancorameglio,sipuòdirechela“classica”visionedi

Marxsipresentacapovolta:almenofinoaquandositienepresenteche,seguendoquestatesi,

l’operaio collettivo non può più essere considerato come l’agente principale del processo

190A.Zanini,U.Fadini(acuradi),LessicoPostfordista,Milano,Feltrinelli,2001,pp.146-147

66

produttivo, anzi, l’operaio non è più collocabile nemmeno all’interno di questo stesso

processo.L’operaiooccupaunruololateralerispettoallaproduzione,sipone“accanto”aessa.

L’ipotesi diMarx, inquesto caso, è che il “sapere” si dimostra tendenzialmentepreminente

rispetto al “tempo di lavoro” via via che lo sviluppo capitalistico procede nel suo corso,

andando così a mettere in discussione il fondamento stesso di quella che lo stesso Marx

ritieneesserel’architravedeirapportisociali,ossiala“leggedelvalore”,perlaquale,appunto,

ilvalorediunamerceèdeterminatodaltempodilavoroincorporatoinessa.Nonostanteciò,

ilcapitalecontinuaaconsiderareleforzesocialiinbaseal“tempodilavoro”eilmovimento

operaiocontinuaadaverecomeragiond’essereil“lavorosalariato”:

ÈaquestopuntocheMarxprospettaun’ipotesiemancipativamoltodiversadaquelle,piùnote,daluiespostein

altri testi.Nel “Frammento” la crisi del capitalismonon èpiù imputata alle sproporzioni insite inunmododi

produzionerealmentebasatosultempodilavoroerogatodaisingoli(nonèpiùimputata,dunque,aglisquilibri

connessiallapienavigenzadellaleggedelvalore,peresempioallacadutadelsaggiodiprofitto).Vieneinprimo

piano, piuttosto, la contraddizione lacerante tra un processo produttivo, che ormai fa leva direttamente e

esclusivamentesulla scienza, eun’unitàdimisuradella ricchezzaancoracoincidentecon laquantitàdi lavoro

incorporata nei prodotti. Il progressivo allargarsi di questa forbice conduce, secondo Marx, al “crollo della

produzionebasatasulvalorediscambio”e,quindi,alcomunismo191

A tal proposito, come rileva sempre Paolo Virno, è interessante notare che, a parte

rivolgimenti rivoluzionari ‘o anche solo conflittuali’, l’analisi di Marx si è rivelata quasi

totalmente esatta nell’attuale epoca post-fordista: ‘anziché focolaio di crisi, la sproporzione

tra il ruolo assolto dal sapere oggettivato nelle macchine e la decrescente importanza del

tempodilavorohadatoluogoanuoveestabiliformedidominio.Iltempoineccesso,cioèuna

potenziale ricchezza, si è manifestato comemiseria: cassa integrazione, prepensionamenti,

disoccupazione strutturale (provocata dagli investimenti non dalla loro mancanza),

proliferazionedigerarchie’192.

Alla luce di questa constatazione, si può dire che il “Frammento sulle macchine”, più che

alludereaunsuperamentodell’esistente, èuna “cassettadegli attrezzi”nellepossibilitàdel

sociologochesi trovia studiare la “storianaturale”della società. Infatti,notaancoraVirno,

nell’ultimapartedelbrano,Marxscrivechenellasocietàcomunistaentrerànellaproduzione

l’individuointero,senzaamputazioni:‘ebbene,nonc’èchinonvedacheilprocessolavorativo

postfordistasigiova,asuomodo,propriodiquestatrasformazione,privandolaperòdiogni

191Ivi,p.147192Ivi,p.148

67

auraliberatoria.Ciòchesiapprendeesiesperisceesiconsumaneltempodinon-lavoroviene

poiutilizzatonellaproduzionedimerci,entraafarpartedelvalored’usodellaforzalavoro,è

computatocomeunaprofittevolerisorsa’193.Tuttavia,il“Frammento”hasuperatoinattualità

ilsuostessoautore.Infatti,comesiègiàevidenziato,Marxhaidentificatodeltuttoil“general

intellect” (il sapere come principale forza produttiva) con il capitale fisso, la capacità

scientificaoggettivatanelsistemadellemacchine,cosìfacendo‘hatrascuratoillatopercuiil

general intellect si presenta come lavoro vivo’. Nel sistema post-fordista, d’altra parte, la

connessionetrasapereeproduzionenonsiesauriscenelsistemadellemacchinemasiattiva,

si svolge e si articola nelle strutture linguistiche e nel concreto agire cooperativo di una

comunitàdi“parlanti”,omeglio,di“viventi”:

Inambitopostfordistagiocanounruolodecisivocostellazioniconcettualieschemi logicichenonpossonomai

rapprendersi in capitale fisso, essendo bensì inscindibili dall’interazione di una pluralità di soggetti viventi.

L’”intellettogenerale” comprende,dunque, conoscenze formali e informali, immaginazione, inclinazionietiche,

mentalità,“giochilinguistici”.Neiprocessilavorativicontemporanei,cisonopensieriediscorsichefunzionanodi

persécome“macchine”produttive,senzadoveradottareuncorpomeccanicoeneppureun’animellaelettronica.

Edèprecisamente inquestarottura trageneralintellect e capitale fisso, inquestaparzialeredistribuzionedel

primoall’internodel lavorovivo,chebisognascorgere lamatricedeiconflitti, lacondizionedipiccoliegrandi

“disordinisottoilcielo”194

Nell’attuale fase dello sviluppo capitalistico, il “general intellect” è declinabile come

“intellettualità di massa”, cioè l’insieme di tutto il lavoro vivo ‘in quanto depositario di

competenzecognitivenonoggettivabilinelsistemadellemacchine’195.Contaleespressionesi

vuolerenderechiaroche,nonsoloquellochedaquestevieneprodotto,malastessafacoltàdi

linguaggio, coma la disposizione all’apprendimento, lamemoria, la capacità di astrarre e di

correlare, l’inclinazioneall’autoriflessione, tutte leattitudinigenerichedell’essereumano, in

epocapostfordista,ricopronoesclusivamenteilruolodirisorsaproduttiva.Allora,sipuòdire

che il “general intellect” organizza il processo produttivo così come “il mondo della vita”;

rimanendopursempreun’astrazione,essoècomunque“reale”,“concreto”,ossiadotatodiuna

materialeoperatività: il“general intellect”stabilisce lepremesseanaliticheperognisortadi

prassi.

193Ibidem194Ivi,pp.148-149195Ivi,p.149

68

Imodellidelsaperesocialenonequiparanolevarieattivitàlavorative,masipresentanoessi

stessi come “forza produttiva immediata”. Non sono unità di misura, ma costituiscono lo

smisuratopresuppostopereterogeneepossibilitàoperative196.

Detto questo, si può notare che la nozionemarxiana di “general intellect” contraddice una

lunga tradizione filosofica che vede nel pensiero un’attività solitaria, infatti, quando dice

“intelletto generale”, ancor più che “intellettualità di massa”, Marx intende “intelletto

pubblico”. Considerando che ‘nel postfordismo, la “vita della mente” diventa estrinseca,

condivisa, comune’, tale pubblicità dell’intelletto ha almeno due conseguenze. La prima

riguarda la natura del potere politico per cui la pubblicità dell’intelletto simanifesta come

crescita ipertrofica degli apparati amministrativi: ‘l’amministrazione, non più il sistema

politico parlamentare, è il cuore della statualità:ma lo è, appunto perché rappresenta una

concezione autoritaria del general intellect, il punto di fusione tra sapere e comando,

l’immaginecapovoltadellacooperazionesociale’197.Ilpassaggiodalla“razionalizzazionedello

stato”alla“statualizzazionedell’intelletto”èormaicompleto.D’altrocanto,c’èancheun’altra

conseguenza,cheriguardadirettamentelanaturastessadelpostfordismo:

Mentre il tradizionaleprocessoproduttivo si basava sulladivisionetecnicadellemansioni (chi fa la capocchia

dello spillononsioccupadel corpodello spillo, eviceversa), l’agire lavorativo imperniatosulgeneralintellect

muove dalla comune partecipazione alla “vita della mente”, ossia dalla preliminare condivisionedi generiche

competenzecomunicativeecognitive.Lacondivisionedell’”intellettogenerale”divental’effettivofondamentodi

ogni tipo di prassi. Rattrappiscono, quindi, tutte le forme di azione concertata che si basano sulla divisione

tecnicadellavoro198

Ora, per approfondire ulteriormente i caratteri dell’attuale sistema produttivo basato sul

“generalintellect”bisogneràaggiungereall’equazioneil“salto”tecnologicochehariguardato

ilpassaggiodall’etàfordistaaquellapost-fordista.Daunaparte,c’èla“catenadimontaggio”,

la “macchina” simboloper eccellenzadel fordismo, che chiedeun adattamentodei bioritmi

dellaforza-lavoroallapropriadinamicadifunzionamento,finoaquandolaforzalavoronon

nediventaunafunzione,unacomponente;dall’altraparte,èil“computer”aesseresimbolico

dell’etàpost-fordista,cioèuna“macchina”chepretendeunaforza-lavoroingrado,attraverso

competenze e “saperi”, di interagire con essa: ‘la potenza tecnologica che si esprime nel

fordismodisciplina–subordinaallalogicadellavalorizzazionechelainveste,chelainforma–

196Cfr.Ibidem197Ivi,p.151198Ibidem

69

laforza-lavoro;lapotenzatecnologicachesiesprimeinvecenelpostfordismo“dialoga”conla

forza-lavoro,ne“stimola”lefacoltà,innanzituttoquellecognitive’199.

Compresociò,èsemplicecapirechesela“liberazione”,lariacquisizionedelladignitàumana,

lacapacitàdiassumere la formadisoggettopolitico,nell’ambitodella fase fordista,passava

del rovesciamento dei rapporti con la “macchina”, in epoca post-fordista i rapporti con la

“macchina”diventanomoltopiùcomplessi,senonaltroperchéil“computer”potrebbeessere

persinoconsideratostrumentodi“liberazione”.Tuttavia,il“salto”tecnologicotrafordismoe

post-fordismoassumeuncarattereprettamentequalitativo,soprattutto,perunaltromotivo:

l’uomosiconfondeconlamacchina,il lororapportocominciaaevidenziarecorrispondenze,

prolungamenti, sostituzionidell’unocon l’altra.L’uomononsolocomunicacon lamacchina,

non solo diventa un suo ingranaggio: in certe condizioni diventa chiaro il fare-macchina

dell’uomo. Si potrebbe concludere che è lo stesso percorso evolutivo della specie umana a

richiedereilpassaggiodall’utensile–proiezionedellefunzionidel“vivente”edesonerodallo

“sforzo”-alfare-macchina,inbaseaunaprogressivacomplessitàdelquadroincuiilsoggetto

umanoprocedenella sua “vita”, in rapportoaidiversigradiorganicienonorganicidiessa.

Allalucediquantodetto,però,èevidentechelacombinazionediuomoetecnica,culminato

nell’ibridouomo-macchina,siaandatamaturandoinsiemeallosviluppodellegamedisapere

eproduzione, alla sovrapposizione traprocessoproduttivoemodalitàdi comunicazione: ‘il

corpo-“soggetto”ibridosiqualificaquindisempredipiùcomeinterfacciacomunicativa,come

integrato nel processo di valorizzazione del capitale (segnato linguisticamente), proprio

perchérisultaconfusoconunatecnologiachepenetrailsuo“interno”’200.

Questa è quella che è stata brillantemente denominata la “svolta linguistica dell’economia”

chedisegnaiprocessidivalorizzazionedelnewcapitalism201,caratterizzati,comesièdetto,

dallasovrapposizionediprocessocomunicativoeprocessoproduttivo.Fadiniharibattezzato

questomodellocomeessenzialmente«tecno-antropogenetico»,poichésisottendeadesso‘la

capacità che il corpo della forza-lavoro possiede di fungere da contenitore, oltre che della

facoltà di lavoro, delle funzioni proprie del capitale fisso’202, ossia deimezzi di produzione

come accumulo di codici, conoscenze sedimentate, serie produttive. Solo così è possibile

analizzarelanatura“artificiale”dell’uomo:raffigurando‘lacrisidelfordismonelsensodella

ridefinizione del rapporto tra il capitale e il lavoro, indicando la necessità di conservare la

distinzionetracapitale fissoecapitalevariabile,vedendoperòquestedue formedicapitale

199U.Fadini,Lavitaeccentrica,Bari,DedaloEdizioni,2009,p.13200Ivi,p.29201Cfr.Ivi,p.71202Ibidem

70

all’internodel vivente,nel corpopropriodella forza lavoro’. Chiariti questi termini, diventa

visibilelametamorfosidelcapitalismo,delmododiproduzionecapitalistico.Ilcapitalefisso,

in senso tradizionale, la macchina “fisica”, propriamente “materiale”, perde la propria

importanzacomefattorediricchezza,mentreinmanieraprogressivasiaffermaunmododi

produzionechepassaattraversol’uomo,attraversoil“capitaleumano”:

Si può dire che al ridimensionamento dellamodalità tradizionale di articolazione del capitale fisso, nella sua

forma appuntomateriale e fissata, corrisponde un suo riaffermarsi vigoroso nella forma “fluida emobile del

vivente”.Qui il corpoviventedella forza-lavorovalecomecorporeitàdelle facoltà-capacitàedelsapere(come

“cervellosociale”),chenonperdeilsuovalored’uso(adifferenzadelmacchinario)nonappenacessadilavorare

perilcapitale:ilcorpo-macchina,l’ibridazionetecno-umana(daintendersianchecomesedimentazionedilavoro

passato),èsemprevivoeperciòeccedelasuamessaallavoroall’internodelcircuitodellaproduzione203

È interessante notare che la ricostituzione del capitale fisso all’interno del capitale umano

poggi su quella che Marx aveva chiamato la “dote” naturale della forza-lavoro, appunto,

un’eccedenza invariantedelvivente, chenonsiesauriscenel rapporto tra lavoroecapitale,

che permane nonostante l’erosione a cui la forza-lavoro viene esposta lavorando per il

capitaleechepuòesserelachiavedellasualiberazione,dellarivendicazionedell’autonomia

del“vivente”.Atalproposito,siricordicomeMarxabbiaspesomolteenergienelsottolineare

l’importanzadiquestaeccedenza-differenzadellavorovivo,anzi,ladifferenzarappresentata

dallavoro-vivocome“vivente”:

Ladifferenzaèillavorovivo,chesimanifestanello“scambio”trailcapitaleequellaforza-lavorocheconilsuo

valored’uso(capacitàpotenziale)produceappuntounadifferenzacheesprimelavalorizzazionedellavorocome

soggettività. Non bisogna quindi considerare lo scambio tra capitale e forza-lavoro nei termini propri di

qualunque scambio:Marx scrive, ad esempio neiGrundrisse, che il rapporto tra il capitale e la forza-lavoro si

articola come un “processo qualitativamente differente dallo scambio”, inmisura tale da risultare afferrabile

soltanto nella sua contrapposizione diretta allo scambio stesso, dato che si tratta di “una categoria

essenzialmentediversa”,diuno “scambioapparente”,proprioperchépresupponeche ildetentoredella forza-

lavorosipresenti insiemecome “liberoproprietario”della suacapacitàdi lavoro, ingradodivenderlaperun

tempocomunquedeterminato,equindigiuridicamenteegualealpossessoredidenaro,eancheperòcostrettoa

vendere la sua forza lavoro,data comemercee identificatanel suo “corpovivente”. Lo scambio tra capitale e

forza-lavoro ha dunque come sua premessa (legge) essenziale la separazione della proprietà dal lavoro, che

esiste sotto la vestedel “non” (“ènon-materiaprima, non-strumentodi lavoro, non-prodotto grezzo”, “il non-

203Ivi,p.73

71

oggettivo in forma oggettiva”), il che vuol dire poi che la sua “oggettività” coincide “con la sua immediata

esistenzacorporea”204

AnchePierreLevyhariconosciutoilvaloredelparadigmatecno-antropogenetico,valutando,

altresì, che i cambiamentidelmododiproduzionecapitalistico fordistanonpossonoessere

descrittisemplicementecomeuno‘spostamentodelleeconomieoccidentaliversoilterziario’,

bensìcomedeirivolgimentipiùprofondi,dicarattere“antropologico”;infatti,‘apartiredagli

anni70,per l’operaio, l’impiegato, l’ingegnerediventavasempremenopossibileereditare la

tradizionediun“mestiere”,farlapropriaetrasmetterlaquasiintatta,stabilirsidurevolmente

inun’identitàprofessionale.Nonsololetecnichesitrasformavanoaunritmoaccelerato,ma

diventava indispensabile imparare a confrontare, regolare, comunicare e riorganizzare la

propria attività. Bisognava esercitare costantemente tutte le proprie potenzialità

intellettuali’205. A questa ‘mobilitazione costante di capacità cognitive e sociali’, dice Levy,

corrispondenecessariamenteun‘fortecoinvolgimentosoggettivo’.Nelmomentoincuiviene

richiestountalecoinvolgimentosoggettivoagli“attoriumani”,lefinalitàeconomiche‘devono

rinviareallasferadelpolitico,nelsensopiùampio,ovveroall’eticaeallavitadellacittà’206.

Perriepilogare:

Inunregimedilavorosalariato,l’individuovendelapropriaforza-lavoroeilpropriotempodilavoroinbasea

un principio quantitativo facilmentemisurabile. Ora, questo regime potrebbe ben presto cedere il passo alla

valorizzazione diretta delle attività degli individui, o meglio delle loro competenze qualitativamente

differenziate,dapartediproduttoriindipendentiodipiccoligruppi.Inrealtàindividuiemicroimpresesonopiù

adatti delle grandi società alla riorganizzazione permanente e alla valorizzazione ottimale delle singole

competenze, che rappresentano oggi le condizioni del successo. La vita economica allora non sarebbe più

essenzialmente animata dalla competizione tra grandi compagnie, che arruolano sotto le proprie bandiere un

lavoro quantitativamente misurabile e anonimo. Si assisterebbe piuttosto allo sviluppo di forme di

interdipendenza conflittuale tra ambiti di competenze fluidi, decentrati, che traggono vantaggio dall’insieme

dellelorosingolarità,percorsedamovimentimolecolaricostantidiassociazione,scambioerivalità207

Quandoil“sapere”diventailprimomotoredell’economia,siassisteaunaridefinizionetotale

deiruoliedelleidentitàsociali.Inpratica,vieneacrearsiuno“spazioantropologico”,cioè‘un

sistema di prossimità (spazio) proprio del mondo umano (antropologico) e dunque

dipendentedalletecniche,daisignificati,dallinguaggio,dallacultura,dalleconvinzioni,dalle

204Ivi,p.83205P.Levy,L’intelligenzacollettiva,Milano,Feltrinelli,1999,p.25206Ivi,p.26207Ibidem

72

rappresentazioni e dalle emozioni umane’208. Lo “spaziodel sapere”, i suoi nuovi strumenti

tecnologici, ma soprattutto le sue inedite figure storico-sociali, con le loro competenze,

capacitàeconoscenze,diventanolenuove“fontidiricchezza”.

II.Il“corpo”delGeneralIntellect

Dunque,ilsapereastratto,il“generalintellect”,haunruolopreminenterispettoaqualunque

mododioperareeatuttigliambitivitali,nelsensochelecondizionidelprocessovitalestesso

sonopassatesottoilcontrollopropriodelGeneralIntellect,chelerimodellaasuomodo. In

talequadrosisvolge“l’esodo”dallavorosalariatoverso“l’attività”:ungestochenonsideve

considerare “negativo”; al contrario, ‘poiché la defezionemodifica le condizioni entro cui il

conflittosisvolge,invecedisubirle,essaesigeungradoassaialtodiintraprendenza,impone

un “fare” affermativo’209. Negri, come si è visto, è stato uno dei primi studiosi italiani a

concentrarsisull’«intellettogenerale»210.Apartiredaiprimianni2000, il concettoespresso

da Marx nei Grundrisse verrà inteso come elemento dominante del post-fordismo e snodo

fondamentale nell’elaborazione, tenuto conto dello sviluppo del modo di produzione

capitalisticochehadeterminato,dellemodalitàpiùefficacidi“lotta”(operaia):

Consideriamodaunaltropuntodivistaancoralavicendadelcapitaleparassitarioecioènellaprospettivadella

socializzazionedellavoro.Quiilcapitalediventaproduttivosolonellamisuraincuicaptavaloriprecostituitidal

lavoro sociale.Qui allora la funzionedi comando si organizza comeminacciadibloccare l’affermazione, come

interruzione dei processi cognitivi, insomma, il capitale parassitario è quello che trae valore soprattutto

dall’arrestodeimovimentidiconoscenza,dicooperazione,dilinguaggio.Pervivereeriprodursiilcapitalismoè

costrettoaricattarelasocietàeabloccareiprocessisocialidiproduzioneognivoltachepresentinoeccedenza

rispetto al suo comando. Potremmo naturalmente continuare a sviluppare considerazioni attorno al capitale

come funzione parassitaria.Ma qui vorremmo farlo d’ora in poi solo in positivo, ricordando l’importanza del

GeneralIntellectnelladeterminazionedell’eccedenzadellaproduzionesociale.Laforzaproduttiva,infatti,nasce

daisoggettiesiorganizzanellacooperazione.Nell’epocadelGeneralIntellectlacooperazioneproduttivanonè

dunque impostadal capitalemaè, invece,unacapacitàdella forza lavoro immateriale,del lavoromentale che

nonpuòcheesserecooperativo,ecosìdiquellolinguisticochenonpuòcheesprimersiinformacooperativa.Lo

sviluppo capitalistico ci ha, per così dire, portato fino a un punto nel quale si è determinata una nuova

accumulazioneoriginaria, un’accumulazione della quale diventa la chiave ilGeneral Intellect stesso. Ciò che è

caratteristico in questo caso è il fatto che la forza lavoro, intellettualizzata o comunque immaterializzata, si

208Ibidem209P.Virno,EsercizidiEsodo,Verona,OmbreCorte,2002,p.55210A.Negri,MarxoltreMarx,Milano,Feltrinelli,1979,pp.148-159

73

espande (nell’accumulazione originaria) come un’epidemia, includendo nello sviluppo anche coloro che

formalmenteglisonoesterni211

L’obiettivodella“lotta”,ancheinepocapost-fordista,èsemprela“conquistadelpotere”:per

questo motivo, Negri si propone di portare Lenin oltre se stesso, “Lenin oltre Lenin”. Il

problemahagiàsolcatolepaginedeisuoiscritti:sipuòsovvertireloStatoecreareunmondo

di libertà e uguaglianza? Lo Stato è il principio vivente di ogni “metafisica” politica

occidentale,percertiversi,èlastessabasedelmondooccidentale:al“principiodiautorità”,

cheloinforma,corrispondeunastrutturasociale,chefunzionadadispositivodisfruttamento;

l’unoel’altrasiarticolanoattraversouna“gerarchiapolitica”cheesercitailpropriocomando

sullaproduzione.Ecco,larivoluzione,seautenticamentecomunista,siproponedidistruggere

il “potere” capitalistico, intesocome indistinguibileunitàdi “comandostatuale”e “struttura

socialedisfruttamento”.ÈaquestopuntocheLenin, lacuioperaèriuscitasoloametà(ha

conquistatoilpoteremanonhaestintoloStato),resuscita:

PerLenin(comeingeneraleperilmarxismorivoluzionario)lalottacomunistaèbiopolitica.Loèperchéinveste

ogniaspettodellavitama,soprattutto,perchélavolontàpoliticarivoluzionariadeicomunistisiattaccaalbios,lo

critica,locostruisce,lotrasforma.Leninportalascienzapoliticafuoridaognisemplificazioneidealista,daogni

ideadi“ragiondiStato”,daogniillusionedidefinizionedelpoliticointerminiburocraticiodecisionisti.Maancor

più radicalmente: da ogni separazione del politico dal sociale e dall’umano. Sul terreno del pensiero politico,

Lenincominciacolliberarel’analisidelloStatodallateoriadelleformedigoverno(quellaantica,sempreripetuta

e sempre mistificatoria); propone poi l’analisi del politico fuori da ingenue ipotesi di rispecchiamento delle

forme economiche, e fa questo liberandosi delle pulsioni chiliastiche come dalle utopie laiche che, attorno a

un’ipotesi di rivoluzione, potrebbero confondere lo sguardo. Di contro, egli mescola, ibrida, sconvolge,

rivoluzionaleuneelealtreteorie:ciòchesempredevevincereèlavolontàpoliticaproletaria,nellaqualecorpie

ragione, vita e passioni, ribellione e progetto possono costituirsi in soggetto biopolitico – il soggetto “classe

operaia”,lasua“avanguardia”,l’animadelproletariatonelsuocorpo”212

L’interrogativo,adesso, riguarda lanaturadello sfruttamentoedella lottaallo sfruttamento

dopo le avventure rivoluzionarie del XX secolo. In cosa deve consistere la “nuova” lotta

comunista?Iterminidelproblemasonolarealtàproduttiva(lesuetrasformazioni),irapporti

dipoterechelacaratterizzanoelemutazionideisoggetti.

211A.Negri,DallaFabbricaallaMetropoli,Roma,Datanews,2008,p73212Ivi,pp.158-159

74

Sarà“LeninoltreLenin”arisponderealladomandasu ‘comesianopossibili laconquistadel

potere e l’estinzione dello Stato in un periodo storico che vede l’egemonia del capitale sul

GeneralIntellect’213.Negri,dunque,èpienamentecoscientedelfattoche,icambiamentisubiti

daimodi di produzione così come dalla composizione tecnica e politica della forza lavoro,

hannodeterminatounradicalerivolgimentodell’esperienzadellosfruttamento-nonsolose

siguardaalperiodoeffettivamentevissutodaLeninmaanchealcontestodellelotteoperaie

chesisonoavvicendatedaglianni60inpoi.Loscontro–èancorapossibileusareilconcetto

di“lottadiclasse”–sièormaitotalmenterivoltonellasferadel“sociale”:

La natura del lavoro è infatti oggi fondamentalmente immateriale, mentre la cooperazione produttiva è

interamentesociale:nevienecheillavoroècoestensivoallavitaelacooperazioneloèallamoltitudine.Èquindi

nellasocietà(enonsolopiùnellefabbriche)cheillavorotenderetiproduttive,capacidiinnovareilmondodelle

merci,mettendoall’operal’insiemedeidesiderirazionalieaffettividell’uomo.Losfruttamentosideterminasulla

medesimaestensione.Finquiperquelcheriguardalacomposizionetecnica.Malaquestionesiriproponeperla

composizione politica della forza-lavoro poiché essa (qualificata dall’incorporazione dell’utensile: nel lavoro

immaterialel’utensileèilcervello)sipresentasulmercatonellapiùaltamobilità(cheèancheesododalleforme

disciplinari del potere capitalistico) e nella più alta flessibilità – che è anche autonomia politica, ricerca di

autovalorizzazione,rifiutodirappresentanza214

Lanuovacondizionedella forza-lavorometteaduraprova ilprogettostrategicocomunista,

rileva Negri, tuttavia, è possibile rinnovare “l’esodo dal lavoro salariato” e l’auto-

valorizzazione(operaia)dellavoratore“immateriale”trasformandolainuna“lottadiclasse”,

cioè in “desiderio” organizzato di appropriazione di ricchezza sociale e di liberazione della

soggettività.

Se da una parte, Marx ‘era legato ad una fenomenologia “manifatturiera” del lavoro

industriale: ne conseguiva una concezione fondamentalmente autogestionaria del partito e

della dittatura sociale del proletariato’, dall’altra, Lenin ‘è fin dal principio legato ad una

prospettiva avanguardista del partito che – prima della Rivoluzione – anticipa in Russia il

passaggio dalla manifattura alla “grande industria”, poi pone come compito strategico il

governodiquesta’; insomma,siaperMarxcheperLenin,chesichiami“Comune”o“Partito

Comunista”, spetta a una “Guida” operare il “riconoscimento del reale” e, quindi, proporre

‘unapienacircolazionefrastrategiapolitica(sovversiva)eorganizzazione(biopolitica)delle

masse’.

213Ivi,p.160214Ivi,p.161

75

Dicerto, inLenin, ‘ilpartitoèmotorediproduzionedellasoggettività’,nelsensocheessoè

‘utensilenellaproduzionedisoggettivitàsovversiva’215.Aquestopunto,unavoltaricordato

cherispettoaquantovissutoeteorizzatodaLenin,laproduzioneeilcomandoinvestonouna

forza-lavorocompletamentediversadalpuntodivistadellacomposizionetecnicaepolitica,

‘quale produzione di soggettività per la presa del potere, oggi, da parte del proletariato

immateriale?’ diventa ladomandapiùpressante.Ancorameglio, il discorsopuòessere così

formulato: ‘se, oggi, il contesto della produzione è costituito dalla cooperazione sociale del

lavoro immateriale, e tutto questo noi chiamiamo General Intellect – come sarà possibile

costruireilcorposovversivodell’intellettogenerale,facendodell’organizzazionecomunistala

leva,ilpuntodigenerazionedinuovecorporeitàrivoluzionarie,labasepotentediproduzione

di soggettività?’216 . Per rispondere a questo interrogativo, Negri non può esimersi dal

riprendereinconsiderazioneil“Frammentosullemacchine”contenutoneiGrundrisse.Inesso

Marx,comesièvisto,sembratracciareuna“storianaturale”dell’evoluzionedelcapitaleverso

l’intelletto generale. Una conclusione “ambigua” non solo ai giorni nostri, rileva Negri, ma

anche ai tempi di Lenin che – senza conoscere gli “appunti”marxiani – invece esaltava gli

aspetti di “rottura” appartenenti al pensiero dell’autore del Capitale, cioè quelle che

escludevanoognicontinuità“naturale”dellosviluppocapitalistico.

Allora,ancheseseguendoallaletterail“Frammento”,ilGeneralIntellectnonpuòcheessereil

prodotto dello sviluppo capitalistico, d’altra parte, ‘al di là dell’illusione oggettivista che

spessosi insinuanella criticadell’economiapolitica, ancheperMarx le coseandavanocosì:

quello sviluppo che genera il General Intellect è infatti per lui un processo tutt’altro che

naturale: è da un lato, pieno di vita (le forze vitali – tutte – della produzione e della

riproduzione, il contestobiopoliticodella società capitalistica); dall’altro,questoprocessoè

potentemente contraddittorio (il General Intellect, infatti, non è solo il prodotto delle lotte

controillavorosalariato,maanchelarappresentazionediquellatendenzaantropologicache

si rappresenta nel rifiuto del lavoro: è infine il risultato – rivoluzionato – della caduta

tendenzialedelsaggiocapitalisticodelprofitto)’217.

Dettoquesto,nell’«epocadelGeneralIntellect»,tuttigliattoridelmondoincuilaproduzione

costituiscela“vita”sonola“carne”dellosviluppocapitalistico:‘èquestocheaccomunailMarx

delGeneralIntellectaLenineanoi’218.

215Ivi,pp.161-162216Ivi,p.162217Ivi,p.163218Ivi,p.164

76

La “carne”nellaquale ‘lepotenzedel sapere simischiano inmaniera in separabileaquelle

dellaproduzione’è la“carne”delGeneral Intellect.Questa“carne”nonpotrà identificareda

solalapropriacondizione,comenonpotràscegliereinautonomialaviadaseguireerendersi

avanguardia esterna al “discorso” del General Intellect. Solo un movimento di lotta che

riconosca“l’urgenzadell’organizzazione”,ancoraunavolta,potràmostrarelecontraddizioni

insolubili dello sviluppo capitalistico, inmodo che ‘la genealogia del General Intellect sarà

costituita come forza sovversiva’ 219 capace di definire il “corpo” del General Intellect,

affermandocosì‘lapotenzadeisoggetticheloabitano,laviolenzadellacrisichescuotelesue

ambiguità,loscontroditeleologiecheloattraversano’220.SoloseguendoLenin,il“corpo”del

General Intellect può diventare il soggetto dell’organizzazione della nuova vita. A questo

puntoènecessariodomandarsiconNegri:‘qualisonolospazioeiltempodell’organizzazione

sovversiva e della rivoluzione possibili per un proletariato immateriale, esodante e

autonomo?’221.Anchesesononotevoliledifficoltà,ilterrenodellanuovalottaleninistasipuò

identificarecon“l’Imperodelcapitalecollettivo”:unarappresentazionepolitica“tangibile”ma

inrealtàde-localizzata,integratainmanieracomplessaalivellomultinazionale–riconosciuto

questoreticolatodipotere,il“dispositivorivoluzionario”diproduzionedinuovesoggettività,

unicostrumentoperaffermareilpoterecostituentedelnuovoproletariato,dovràmuoversial

livello “dell’Internazionale”. D’altra parte, per la lotta della soggettività sovversiva,

‘concretamente, politicamente, materialmente, non ci sta, uno spazioma un luogo, non un

orizzonte ma un punto, quello sul quale l’evento è possibile’222. Dunque, l’unica freccia

temporale sulla quale il “corpo” del General Intellect avrà la possibilità di muoversi sarà

quelladella‘potenzaintempestivadiunevento’223.

Con ciò che si è appena espresso, sono stati anticipati alcuni dei principali risultati teorici

della fase “post-operaista”delpensierodiToniNegri.Bisognaprecisare,adesso, chequeste

conclusioni, la centralità del lavoro immateriale, con relative formedi esodo e nomadismo,

l’affermazionediunanuova“figura”(dicerto,nonun“partitoleninista”,masicuramenteun

“movimento di lotta” formato dagli uomini “costruiti nel lavoro immateriale e cooperativo

decisi a vivere in associazione”224) che guarda alla “conquista del potere” e costituisce la

libertàconunadecisione“assoluta”, ilriconoscimentodelGeneralIntellect,alqualesivorrà

dare“corpo”nelquadrodiunprogettosovversivo(‘conLenindecidiamodifaredelcorpodel219Ivi,p.164220Ivipp.164-165221Ivi,p.165222Ivi,p.166223Ivi,p.167224Ivi,p.165

77

GeneralIntellectilsoggettodell’organizzazionediunanuovavita’225),sonoilrisultatodeisuoi

studi sulle “contraddizioni” insite nel processo di globalizzazione, nei suoi dispositivi, nelle

sue“tecnologiedipotere”,nelleformefisiche,materialimaancheprecarie,flessibiliemobili

chelocontraddistinguono.

III.Dinuovolalottadiclasse

Se Ildominioe il sabotaggio, di cui si sono esaminati gli aspetti fondamentali nel corso del

precedentecapitolo,èstatouniversalmentericonosciutocomel’operapiùrappresentativadel

pensiero diNegri in qualità di esponente del “secondo operaismo” – il testo tra l’altro può

essereconsiderato,senzatimoredismentita,unveroepropriolivredechevetdell’Autonomia

Operaiadifineanni70–dicertospettaaImperoilruolodicapostipitedel“post-operaismo”,

meglio “post-socialismo”, di Negri, oltre a quello di primo importante tentativo di fornire

un’architettura teorica convincente alle iniziative deimovimenti No Global: ‘l’Impero si sta

materializzando proprio sotto i nostri occhi. Nel corso degli ultimi decenni, con la fine dei

regimi coloniali e, ancor più rapidamente, in seguito al crollo dell’Unione Sovietica e delle

barrieredaessaoppostealmercatomondialecapitalistico,abbiamoassistitoaun’irresistibile

e irreversibile globalizzazione degli scambi economici e culturali. Assieme al mercato

mondialeeicircuitiglobalidellaproduzionesonoemersiunnuovoordineglobale,unanuova

logica e una nuova struttura di potere: in breve, una nuova forma di sovranità. Di fatto,

l’Impero è il nuovo soggetto politico che regola gli scambimondiali, il potere sovrano che

governailmondo’226.

Cosìcomincial’operainquestione,conunforterichiamoalriconoscimentodiun“reale”che,

in virtùdella globalizzazionedellaproduzioneedegli scambi, si vorrebbe inqualchemodo

“libero” da controlli politici e, ancor di più, dalla stessa “sovranità” politica. In effetti, il

processo di progressiva delegazione, cessione, di poteri degli stati-nazione nei confronti di

ampieistituzionisovranazionali,cominciatonelsecondodopoguerra,potrebbefarpensarea

un inesorabiledeclinodella “sovranità”, tuttavia, sottolineaNegri, ‘il declinodella sovranità

dellostato-nazionenonsignificachelasovranità,inquantotale,siaindeclino’227.

225Ibidem226M.Hardt,A.Negri,Impero,Milano,Bur,2003,p.13227Ibidem

78

Le funzioni statali, i meccanismi politici di regolazione hanno continuato a mantenere il

propriocontrollosulprocessoproduttivoesugliscambieconomico-sociali, ipotizzaNegriin

Impero: ‘la tesi di fondo che sosteniamo in questo libro è che la sovranità ha assunto una

formanuova,compostadaunaseriediorganisminazionaliesovranazionaliunitidaun’unica

logicadipotere.QuestanuovaformadisovranitàglobaleèciòchechiamiamoImpero’228. Il

concetto che si sta delineando non ha a che vedere minimamente con quello di

“imperialismo”. Quest’ultimo era la perfetta rappresentazione “all’esterno” del sistema di

sovranitàeuropeo,laproiezionedellostato-nazionealdifuorideipropri“confini”.Invece:

L’impero nasce al crepuscolo della sovranità europea. Al contrario dell’Imperialismo, l’impero non stabilisce

alcun centrodipotere enonpoggia su confini ebarriere fisse. Si trattadiunapparatodipoteredecentratoe

deterritorializzante che progressivamente incorpora l’intero spazio mondiale all’interno delle sue frontiere

aperte e in continua espansione. L’impero amministra delle identità ibride, delle gerarchie flessibili e degli

scambipluralimodulandoretidicomando229

Nell’Impero,ledivisionispazialideterminatedalsistemadellesovranitànazionalinonhanno

piùsenso, lageografiadellebarriere,dei confini,ècollassata inseguitoall’affermazionedel

mercatomondiale: ‘ilcapitalesembratrovarsidi fronteaunmondolevigato,omeglio,aun

mondo definito da nuovi e complessi regimi di differenziazione e omogeneizzazione,

deterritorializzazioneeriterritorializzazione’230.Ancheladimensionetemporaledell’Impero

replica la mancanza di limiti “fisici”, infatti, il suo tempo è ‘la cristallizzazione dell’ordine

attuale per l’eternità’ 231 . Ai nuovi itinerari spazio-temporali del modo di produzione

capitalistico,comesiègiàavutomododianticipare,corrispondeunaradicaletrasformazione

dell’economia che si vuole basata sempre più sulla “produzione biopolitica”, cioè la

produzione sociale, ‘in cui l’elemento economico, quello politico e quello culturale si

sovrappongonosistematicamenteesiinvestonoreciprocamente’232.

Per ricapitolare: ‘ilpoteredell’Imperoagisce su tutti i livellidell’ordine sociale,penetrando

nellesueprofondità.L’Imperononsoloamministraunterritorioeunapopolazione,mavuole

creareilmondorealeincuiabita.Nonsi limitaaregolarele interazioniumane,macercadi

dominare direttamente la natura umana. L’oggetto del suo potere è la totalità della vita

sociale;intalmodol’Imperocostituiscelaformaparadigmaticadelbiopotere.

228Ivi,p.14229Ibidem230Ivi,p.15231Ivi,p.16232Ivi,p.15

79

Infine, benché l’agire effettivo dell’Impero sia continuamente immerso nel sangue, il suo

concettoèconsacratoallapace–unapaceperpetuaeuniversale fuoridallastoria’233.Detto

questo,nonostantel’enormedifferenzatrailconcettodi“Impero”equellodi“imperialismo”,

Negrinonescludecheildibattitosviluppatosiinambitomarxistaintornoaquest’ultimonon

possa fornire un valido punto di partenza per comprendere cosa è “Impero” e, quindi,

attraversoqualipassaggil’Imperialismosisiatrasformato,appunto,in“Impero”.Innanzitutto,

cisiègiàsoffermatipercertiversisuquestopunto,latradizionemarxistahasemprerilevato

una forte corrispondenza tra capitalismo ed “espansione”. In pratica, l’Imperialismo è una

condizione necessaria dell’espansione capitalistica: ‘Marx spiega molto chiaramente che il

capitaleagiscericonfigurandosenzaposaiconfinicheseparanoildentrodalfuori.Se,difatto,

ilcapitalenonpuòesisteresenzachevisianodeiconfinichedelimitanounterritorioeuna

popolazione,essotuttavialioltrepassasempreintegrandocontinuamenteinuovispazi’234.Si

ègiàpreso inconsiderazione,a talproposito,comeNegrisi siaparticolarmente interessato

allatendenzacapitalisticaacreareun“mercatomondiale”,l’estremaespressionedella“crisi”

inquantostrumentoditrasformazione,meglio,“sopravvivenza”delcapitalecomestrumento

politicodidominio.InImperosiricordache:‘Marxanalizzalanecessitàdiespandersidaparte

delcapitalefocalizzandoilprocessodellarealizzazione,inprimoluogodalpuntodivistadella

relazione tra il lavoratore in quanto produttore e il lavoratore in quanto consumatore di

merci. Il problema della realizzazione è uno dei fattori che spingono il capitale oltre i suoi

confinieloorientanoversoilmercatomondiale’235.

Sipuòriassumeretalemeccanismoattraversounaseriedipassaggichesiripeteinmaniera

costante:ilcapitalecostringeglioperaiaerogarepluslavoro,valorizzandosicosìattraversola

creazionedi plusvalore. Il salario (deve essere inferiore al valore complessivoprodottodal

lavoratore)risulteràquindicorrispondenteal lavoronecessariopercreareplusvaloreche,a

sua volta, per essere realizzato deve trovare sempre un mercato “adeguato”. Dato che il

lavoratoredeveprodurrepiùvalorediquantoneconsuma,è chiaroche il lavoratorecome

consumatorenonoffreunadomandaadeguataperilplusvalore.Vieneacrearsi,intalmodo,

unsistemachiusocheponeilcapitaledifronteadiversi“limiti”traiqualiilpiùimportanteè,

appunto, la relazione irriducibilmente ineguale tra il lavoratore in quanto produttore e il

lavoratoreinquantoconsumatore.

233Ivi,p.16234Ivi,p.211235Ivi,p.212

80

D’altro canto, se ci deve essere profitto, la classe capitalistica non può consumare tutto il

plusvalore:allora,seclasseoperaiaeclassedeicapitalistinonpossonogarantireunmercato

adeguato,cioèacquistaretuttelemerciprodotte,anchesesièrealizzatolosfruttamentoesiè

estrattoplusvalore,inbreve,questovalorenonpuòesserepienamenterealizzato.Èaquesto

punto che il capitale deve aumentare il proprio raggio d’azione per realizzare il plusvalore

generato nel corso del processo produttivo e, dunque, evitare la svalutazione che segue la

sovrapproduzione. Lasuaunicapossibilitàè,inpratica,scopriremercatinoncapitalisticiin

cuiscambiare lemercierealizzare ilvalore,ossiaespandere lasferadellacircolazionealdi

fuoridelquadroeffettivamentedominato.Ilcapitale,però,nonsiespandesolopersoddisfare

leesigenzedellarealizzazionemaancheperrispondereaibisognidellacapitalizzazione.Nel

momentoincuidivengonocapitalisticiqueimercaticheprimanonloerano,infatti,sirende

necessario investire il plusvalore nella produzione per poi trasformarlo in capitale, sia

costante che variabile, allargando ulteriormente la sfera della realizzazione. Attraverso il

processo di capitalizzazione, dunque, si realizza la progressiva proletarizzazione degli

ambienti non capitalistici, detto altrimenti, la capitalizzazione permette di “interiorizzare il

fuori”.Acquisendonuovocapitalevariabile,reclutandonuovaforza-lavoro,proletarizzandola,

il capitalismo porta necessariamente all’imperialismo: ‘il capitale non deve limitarsi a

mantenere aperti gli scambi con le società non capitalistiche o ad appropriarsi della loro

ricchezza:deve,contemporaneamente,trasformarleinsocietàcapitalistiche’,parallelamente,

‘in termini economici, la civilizzazione e lamodernizzazione implicano la capitalizzazione e

cioè l’incorporazionenelcicloespansivodell’accumulazioneedellaproduzionecapitalistica.

In questo modo, l’ambiente non capitalistico (territori, forme sociali, culture, processi

produttivi,forzalavoroecc.)vieneformalmentesussuntosottoilcapitale’236.

Per capire il passaggio dall’imperialismo all’Impero, però, non basta esaminare

esclusivamentelefasidellosviluppocapitalistico,bisognaprendereinconsiderazioneanche

l’otticadella lottadiclasse,delmovimentostorico-reale. Infatti,prendendoinesamesolo le

dinamichedelmododiproduzione,nonsipuòvedereilruoloricopertodalproletariato,ossia

l’unico vero motore del capitalismo; è la soggettività della lotta di classe che trasforma

l’imperialismo in Impero, è la natura globale della lotta di classe proletaria ad avere la

capacità di anticipare e prefigurare la direzione dello sviluppo capitalistico verso la

realizzazionedelmercatomondiale:

236Ivi,pp.215-216

81

Aquestostadiodellosviluppo,infatti,rispettoall’organizzazionecomplessivadelpotere,losviluppodellalotta

diclassenonhalimite.Unavoltaraggiuntoillivelloglobale,losviluppocapitalisticohaachefaredirettamente

conlamoltitudine,senzachesiinterpongapiùalcunamediazione.Aquestopunto,ladialettica,inquantoscienza

del limite e della sua organizzazione, si dissolve completamente. La lotta di classe, determinando l’abolizione

dellostato-nazioneesuperandoneiconfini,poneall’ordinedelgiornolacostituzionedell’Imperocomepuntodi

riferimentodell’analisiedelconflitto.Senzaqueiconfini,ilcontestodellalottadiclasseècompletamenteaperto.

Capitaleelavorosifronteggianoinunaformadirettamenteantagonistica.Questaèlapremessaimprescindibile

diqualsiasiteoriapoliticadelcomunismo237

IV.Impero

Nonpochihannoriconosciuto l’importanzadiImperonontantoper lecertezzeteoricheche

trasmette–nonostanteil linguaggioassertivoeprescrittivochelacontraddistingueinmolti

casi,infatti,nonèdifficilenotarelastrutturaaperta,perforzadicose“transitoria”,dell’opera

– ma piuttosto per l’ampiezza tematica e, ancor di più, per l’originale sintassi filosofica e

teorico-politica che lo percorre. Per esempio,Danilo Zolo ha evidenziato come tale sintassi

trasfigurilecategoriemarxisteinterpolandoleconunagrandevarietàdiletteraturafilosofica

occidentale, anche se ‘in questa trasfigurazione un ruolo di primo piano svolge il post-

strutturalismo di autori come Gilles Deleuze, Jacques Derrida e soprattutto Michel

Foucault’238. Negri in prima persona ha tenuto a confermare le impressioni sulla natura

dell’opera appena riportate: ‘con ImperoMicheal Hardt e io non abbiamo voluto in nessun

caso arrivare a delle conclusioni: d’altra parte il processo costitutivo dell’Impero è ancora

largamenteaperto.Quellocheciinteressavasottolineareeralanecessitàdicambiareregistro:

la filosofia politica della modernità (e, ovviamente, le istituzioni politiche con cui essa

interagiva)èfinita.LateoriachevadaMarsilioaHobbesedaAlthusiusaSchmittèterminata.

Imperoè la nuova soglia teorica’239. Allo stessomodo, Negri non ha esitato almomento di

esplicitare uno degli aspetti che, in questa sede, si ritengono fondamentali per leggere

correttamente Impero, ossia il tentativo dimettere in comunicazione la filosofiamarxista –

conlasuaaspirazioneacreareunasocietàorganica,solidale,egualitariaedisciplinata–conil

pensiero di Foucault – fine critico del potere disciplinare e sostenitore di un’antropologia

libertaria.Dettociò,anchesespessosivoglionoMarxeFoucaultsuposizionidivergenti:

237Ivi,p.224238A.Negri,Guide.CinquelezionisuImperoedintorni,Milano,RaffaeleCortinaEditore,2003,p.12239Ibidem

82

Noiabbiamotenuto insiemeFoucaulteMarx.Meglio,perquantomiriguarda,possodirediaver “sciacquato i

mieipanni”nellaSenna,cioèdiaveribridatoilmiomarxismooperaistaconleprospettivedelpoststrutturalismo

francese.Avevocominciatoafarequestonegliannidigalera(trail1979eil1983)lavorandosuSpinoza,ottimo

terrenodiincontroontologicoperquestaoperazione.ConHardtaParigi,poi,abbiamoapprofonditol’analisieci

siamoimmersiinquell’”aura”comuneche,findaglianniSessanta,perquantodisconosciuta,legavaoperaismo,

poststrutturalismo, ma anche molte tendenze nell’ampio quadro dei Subaltern Studies e altri approcci

postcoloniali. Questo è stato sicuramente un punto centrale, per me almeno, quando mi sono accorto che

l’operaismoitalianoeraunfenomenotutt’altrocheprovinciale.[…]InquestoquadrolaletturacheFoucaultfadi

Marx,estendendolagenealogiadeiprocessidisfruttamentodallafabbricaalsociale,vienedanoiassuntacome

fondamentale. Nella nostra interpretazione, Foucault è autore di un’antropologia libertaria ma non

individualistica, costruttorediunabiopoliticadentro laqualenonpiù l’individuomaun soggetto (conquanta

singolarità!) veniva plasmato. Per quanto ci riguarda, a Parigi, tra gli anni Ottanta e Novanta, avevamo già

interamente costruito la consapevolezzadi esserenel postmoderno: in unanuova epocadunque, ed eravamo

convinti (e lo restiamo) che Marx possa essere interamente integrato nelle metodologie analitiche del

postmoderno.C’èsempreunpuntonelqualeladecisionedelnuovoedelforteinterrompe:qualepiacerepoterla

smetterecon lepallide filiazionidelmoderno,con iRawlsogliHabermas…Qualeentusiasmoriconoscerecon

Machiavelli(etuttiglialtri),chelalottadiclasse,mutatismutandis,comandavailpensiero240

È possibile esplicitare la forte convergenza instaurata tra Marx e Foucault, rivendicata da

Negri, riprendendo la disamina su Impero nel punto in cui si richiede ‘una maggiore

attenzioneallerelazionitraquestatendenzaversolarealizzazionedelmercatomondialeeil

paradigmadellaproduzioneedel governodisciplinare’ edomandandosi, nello specifico, ‘in

che senso la diffusione del regime disciplinare nel mondo ha rappresentato un momento

fondamentale nella nascita dell’Impero?’241 . Si può partire dicendo che la sussunzione

capitalistica della società si conclude con la creazione del mercato mondiale: alle pratiche

dell’imperialismo,infatti,corrisponde–siègiàvisto–l’interiorizzazionedelfuori,quindi,la

sussunzione formale del lavoro sotto il comando del capitale (la sussunzione formale è da

intendere come l’incorporazione da parte dei rapporti di produzione del capitale delle

pratichelavorativesviluppatesiall’esternodelsuoambito).Dunque,lasussunzioneformaleè

strettamentecorrelataall’estensionedeldominiocapitalisticosullaproduzioneesuimercati.

D’altra parte, quando l’espansione capitalistica raggiunge dei “limiti”, essa non svolge più

alcunruolo:

240Ivi,pp.13-14241M.Hardt,A.Negri,Impero,Milano,Bur,2003,p.240

83

Lasussunzionerealedel lavorosottoilcomandodelcapitalenonècorrelataaciòchesitrovaaldi fuorienon

esigeilmedesimogenerediespansione.Nellasussunzionereale,l’integrazionedellavorodapartedelcapitaleè

infattipiùintensivacheestensivaelasocietàvienesemprepiùsistematicamentemodellatadalcapitale.Visono

certamente forme di sussunzione reale che non prevedono un mercato mondiale, ma non vi può essere un

mercatomondialerealmentecompiutosenzasussunzionereale. Inaltri termini, ilcompletamentodelmercato

mondialeeunageneraleperequazione–o,per lomeno,unaqualcheformadigestionedeisaggidiprofittosu

scala mondiale – non possono esclusivamente dipendere da fattori monetari e finanziari, ma devono essere

realizzatiattraversounavastatrasformazionedeirapportisocialieproduttivi242

Ildispositivofondamentalediquestatrasformazioneèla“disciplina”,nelsensofoucaultiano

del termine: ‘nelmomento incui si formaunanuovarealtàsocialechevede il concatenarsi

dellosviluppodelcapitaleedellaproletarizzazionedellapopolazioneall’internodiununico

processo,anchelaformapoliticadelcomandodeveesseremodificataearticolatainformee

dimensioni appropriate: deve essere edificato un quasi-stato globale del regime

disciplinare’243.SonopropriolericostruzionidiMarx,sottolineaNegri,achiarireilpassaggio

dasussunzioneformaleasussunzionerealeattraversole“pratichedisoggettività”.Infatti,la

taylorizzazione globale dei processi lavorativi per realizzarsi aveva bisogno di un forte

disciplinamentodellasocietà,aessononpotevacheseguireuncambiamentonellaformadi

comandoadeguataalle reazionidei soggetti sociali. Sulla stessa linea, laglobalizzazionedei

mercati:

Lungi dall’essere semplicemente il frutto avvelenato dell’imprenditoria capitalistica, era piuttosto l’esito

necessariodeidesideriedelleistanzediunaforzalavoromondialedisciplinatainsensofordistaetaylorista.La

sussunzioneformaleanticipavaecontribuivaquindiallamaturazionedellasussunzionereale,nonnelsensodi

una relazione di causa ed effetto (come Marx stesso sembrava credere), quanto perché, nella sussunzione

formale, erano state predeterminate le condizioni di una lotta e di un desiderio di liberazione che potevano

essere controllati solo dalla sussunzione reale. I desideri delle soggettività avevano assunto la direzione del

processo,fissandocosìunpuntodinonritorno;larispostaful’allestimentodiunanuovaformadicontrolloche–

sianeipaesidominanticheinquellisubalterni–dovevaristabilireilcomandosututtociòchenonrisultavapiù

controllabileinterminidisciplinari244

Allora, per poter organizzare il “mercato mondiale” – a sua volta qualificabile come una

reazioneall’antagonismoproletario(espressosiinparticolarmodoneiterminidi“rifiutodel

lavoro”)–iregimicapitalisticidevonosubireunprocessodiristrutturazione:simanifestail

242Ivi,p.241243Ibidem244Ibidem

84

bisognopressantediundispositivogeneraledicontrollodeiprocessiglobalichepermettadi

monitorare e coordinare politicamente le dinamiche di unificazione del capitale e la

soggettivazionedelproletariato–ormaidiventato la figurauniversaledel lavoro–cheneè

protagonista inmodo sempre piùmobile e trasversale. Date l’intensità e la coerenza delle

lottedegli anni60e70,diceNegri, il capitaleha sceltodi seguiredue stradeper sedarle e

ristrutturare il comando; la prima era costituita da un’opzione repressiva: ‘la strategia

repressivadel capitaleeravoltaal rovesciamentocompletodeiprocessi socialimediante la

separazione,ladisarticolazioneeladisgregazionedelmercatodellavoro,alfinediristabilire

ilcontrollosull’interoprocessoproduttivo’,inoltre,prevedeva‘laricostruzionediunsistema

di compartimentazioni gerarchiche, sia all’interno di ogni paese sia a livello mondiale’

accompagnata da ‘un irrigidimento del controllo sullamobilità e la fluidità sociale’245. Tale

strategia puntava, in particolar modo, sull’uso repressivo della tecnologia,

sull’informatizzazioneesull’automazionedellaproduzione:

Leprecedentitrasformazionitecnologichenellastoriadellaproduzionecapitalistica(l’introduzionedellacatena

dimontaggioeilregimedellagrandefabbricamassificata)avevanorapidamenteprovocatomutamenticruciali

deiprocessiproduttivi(iltaylorismo)edenormiavanzamentinellaregolazionedeiciclisocialidellaproduzione

(il fordismo). Le trasformazioni tecnologiche degli anni Settanta, con il sostegno della fede nell’automazione,

portaronoquei regimi tecnici e organizzativi sino agli estremi limiti, al puntodi rotturadella loro efficacia. Il

taylorismoe il fordismononeranopiù in gradodi controllare ledinamichedelle forzeproduttive e sociali. Il

massimo che poteva fare la repressione, esercitata nel quadro della precedente struttura di controllo, era

mettere il coperchio sui poteri distruttivi della crisi e sulla furia dell’attacco operaio; ma, alla lunga, questa

rischiavadirivelarsiunasceltasuicida,cheminacciavadisoffocarelastessaproduzionecapitalistica246

A rivelarsimoltopiù efficace e conveniente sarà sicuramente la seconda strada, ‘quella che

applicava la trasformazione tecnologica non solo alla repressione ma, soprattutto, al

mutamento della stessa composizione del proletariato, integrandolo e dominandolo con la

capitalizzazionedellesue formeedellesuepratiche’247.Fu, inparticolare,questarispostaa

determinare un vero e proprio cambiamento di paradigma nella forma stessa delmodo di

produzione capitalistico: le nuove produzioni di soggettività del proletariato, infatti, si

trovaronoadaffrontare ilcapitaleal livellodiuna lotta“ecologica”,ossia ‘la lotta intornoai

modidiviverechesiesprimeva,soprattutto,nell’evoluzionedellavoroimmateriale’248.

245Ivi,p.251246Ibidem247Ivi,p.252248Ivi,p.253

85

Ilcapitaleaffronta,aquestopunto,unafaseincuilasussunzione“formale”–cheharaggiunto

il suo “limite”, nient’altro che l’antagonismo proletario – è ormai stata completamente

sopravanzatadaquella “reale”: esso continua imperterrito ad accumularema ciò che viene

inglobato non è più un “esterno” ma lo stesso terreno dominato. Con questa totale

concentrazioneversol’interno,enonpiùsul“fuori”,lemodalitàdisfruttamentoabbandonano

l’aspetto estensivo e mostrano esclusivamente caratteristiche intensive. Tale passaggio è

caratterizzato dall’elemento “tecnologico”, da un salto qualitativo nell’organizzazione

tecnologicadelcapitalechepermettealcapitalediassoggettarelanatura,o,ancormeglio,di

rendere tutta lanatura “capitale”: ‘gli stati precedenti della rivoluzione industriale avevano

introdottomacchineproduttricidibenidiconsumoe,inseguito,macchineproduttricidibeni

strumentaliedialtremacchine;oraabbiamoinveceachefareconmacchinecheproduconola

naturaeconaltritipidimacchinecheproduconolacultura’249.

Ritornando alle analisi di Negri, si può dire che ‘nel corso della crisi degli anni Sessanta e

Settanta,l’espansionedelWelfareel’universalizzarsidelladisciplinaintuttiipaesidelmondo

avevanocreatonuovimarginidilibertàperlamoltitudinedeilavoratori.Ilavoratoridituttoil

mondo approfittarono dell’epoca disciplinare, oltre il dissenso e i momenti di più grave

destabilizzazionepolitica (comedurante la crisidelVietnam)perespandere ipoteri sociali

dellavoro,perfarcrescereilvaloredellaforzalavoroeconsolidarel’insiemedeibisogniedei

desideri che il Welfare avrebbe dovuto soddisfare’250. Il valore del lavoro necessario, dal

punto di vistamarxiano, è sempre socialmente determinato e, dunque, indicativo del peso

complessivodelle lotte sociali: ‘lapuntualizzazionedi insiemedibisogni sociali, laquantità

del tempodinon-lavoro, l’organizzazionedellerelazioni familiari, le legittimeaspettativedi

vita, sono tutti elementi che si trovano in gioco nella rappresentazione dei costi della

riproduzionedella forza lavoro. L’enormeaumentodel salario sociale (in terminidi salario

lavorativo e di servizi pubblici e sociali) durante la crisi degli anni Sessanta e Settanta era

l’effettoimmediatodell’accumulazionedellelottesulterrenodellariproduzione,nellospazio

del non-lavoro, nel mondo della vita’251 . Allora, le contestazioni sociali, pur nelle loro

multiformisperimentazioniemodalitàespressive,ebberounpuntod’incontronelprendere

dimira larigidaprogrammazionedellaproduzionemateriale, tipicadelregimedisciplinare,

assaltandolesueduerappresentazionepiùconcrete:fabbricamassificataefamiglianucleare;

249Ivi,p.255250Ivi,p.256251Ibidem

86

intalecontestofuronoglistessimovimentidilottaaprivilegiarel’attocreativoeformedivita

piùdinamicheeflessibili,oltreagliaspettipiùimmaterialidellaproduzione:

Le lotte sociali non soloprovocavanounaumentodei costi di riproduzioneedel salario sociale (facendo così

diminuireilsaggiodiprofitto)ma,soprattutto,determinavanounmutamentoforzatonellaqualitàenellanatura

del lavoro stesso. Nei paesi capitalistici dominanti – in cui ilmargine di libertà a disposizione dei lavoratori,

conquistato con le loro lotte, era assai grande – il rifiuto del regime disciplinare della fabbrica sociale era

accompagnatodaunarivalutazionedelvaloresocialediuncomplessodiattivitàproduttive.Intalsenso,divenne

evidentecheilregimedisciplinarenonriuscivapiùacontenereidesiderieibisognideigiovani.Laprospettiva

diunimpiegoregolareestabilecheprevedevaottooredilavorolagiornopercinquantasettimaneall’annoper

tuttaunavitalavorativa,laprospettivacioèdiintegrarsinelregimenormalizzatodellafabbricasociale–cheera

statoilsognodimoltitrailorogenitori–significavaaccettareunasortadimortesociale.Ilrifiutodimassadel

regimedisciplinare,intuttelesueforme,nonfusoltantounareazionenegativa;fusoprattuttounattocreativo,

qualcosadisimileaunanietzscheanatrasvalutazionedeivalori252

Quindi, nell’ultima fase dell’organizzazione disciplinare della società, in corrispondenza ai

cambiamentidelvaloredellaforzalavorosisonomessiinmotonuovicircuitidiproduzione

della soggettività. È stato l’antagonismo proletario, con la sua azione di elemento positivo

della progressione storicamente determinata, a dettare i tempi alla coscienza capitalistica,

anticipandolanecessitàdiuncambiamentodiparadigmaproduttivo.Senzalelotte“operaie”,

verrebbedadire“le lottedell’operaiosociale”, il capitale–comehasempre fatto–avrebbe

mantenutolasuaorganizzazionedidominiopolitico:‘ilcapitalesarebbestatobencontentodi

evitare i limiti naturali dello sviluppo, la minaccia rappresentata dallo sviluppo del lavoro

immateriale, la mobilità trasversale e l’ibridazione della forza lavoro, che costituivano

altrettantipotenzialidicrisiediconflittidiclassedidimensionimaiviste.Laristrutturazione

dellaproduzione,dallamodernizzazioneallapostmodernizzazione, fuanticipatadalsorgere

di una nuova soggettività. La transizione tra il perfezionamento del regime disciplinare e

l’apparizione del nuovo paradigma fu sospinta dal basso, da un proletariato la cui

composizioneeraprofondamentecambiata.Ilcapitalenonavevanecessitàdicreareunnuovo

paradigma (se fosse stato capace di farlo da solo), in quanto ilmomentocreativoavevagià

avuto luogo. Il problema del capitale era piuttosto quello di dominare una nuova

composizione che si era costituita autonomamente nel quadro di un complesso di nuove

relazioniconlanaturaeconillavoro’253.

252Ivi,pp.256-257253Ivi,pp.258-259

87

Nelle condizioni appena descritte, insomma, il sistema disciplinare si rivelava totalmente

obsoleto: per esercitare il “potere”, allora, il capitale non poteva fare altro che ricollocarsi,

quantomeno, riammodernando il sistema disciplinare inmodo tecnologicamente inteso: ‘le

soleconfigurazionidelcapitalecapacidifareilloroingressonelnuovomondosarannoquelle

che dimostreranno di essere in grado di adattarsi a governare la nuova composizione

immateriale, cooperativa, comunicativa e affettiva della forza lavoro’254. Anche la stessa

definizione di “capitale variabile” – forza funzionalmente attivata solo dal capitale – è

diventata discutibile in tale contesto di crescente informatizzazione, dislocazione, de-

localizzazionedel“produttivo”.D’altraparte,aunasempremaggioreomogeneitàdeiprocessi

lavorativi–inquantoimmateriali,astratti,simbolicielontanidalpropriooggettomateriale–

corrispondeunanuovacentralizzazionedel“controllo”(sullaproduzione,quindi,sullavita).

V.Dalla“disciplina”al“controllo”

QuantofinorasièriportatodovrebbemostrarechiaramenteildebitocontrattodaNegriconil

pensierodiMichelFoucault:d’altronde,èlostessoautorediImperoadammetterediavere,in

qualchemodo,esplicitato,approfonditoeaggiornatoleancoraattualissimeanalisidelfilosofo

francese: ‘permolti aspetti, l’operadiMichelFoucaulthapreparato il terrenoall’analisidel

funzionamento del comando imperiale. In primo luogo, essa ci permette di individuare un

passaggiostoricofondamentalenelleformesociali,eprecisamente,ilpassaggiodallasocietà

disciplinare alla societàdel controllo’255. La prima, di cui per certi versi si sono già presi in

esame i tratti particolari, può essere facilmente definita come quel tipo di società in cui il

dominiovieneesercitatoattraversounafittaretedi“dispositivi”eapparaticheproduconoe

regolano sia la cultura sia la produzione: ‘la messa in funzione di questa società e la

produzione dell’obbedienza ai suoi comandi e ai suoi meccanismi di inclusione/esclusione

sono compiti che vengono assolti da una serie di istituzioni disciplinari (la prigione, la

fabbrica,ilmanicomio,l’ospedale,lascuola,l’universitàecosìvia)chestrutturanoilterreno

sociale e fanno valere delle logiche adeguate alla “ragione” della disciplina’256. È con tutta

probabilitàSorvegliareePunireiltestomaggiormenteincisivodiFoucaultinquestosenso,se

non altro perché – oltre alle note ricostruzioni del paradigma giuridico e repressivo

dell’ancienrégimefrancese– l’operacontieneunribaltamentodellatradizionaleconcezione

254Ivi,p.259255Ivi,p.38256Ibidem

88

del “potere” come qualcosa che viene “posseduto” da un’autorità: ‘il potere sarebbe la

“proprietà”diunaclasseche l’avrebbeconquistato.Foucaultmostrachenonèné inquesto

modo, né di qui, che il potere procede: più che unaproprietà esso è una strategia, e i suoi

effetti non sono attribuibili a un’appropriazione “ma a disposizioni, manovre, tattiche,

tecniche, funzionamenti”; lo si esercita più che possederlo, non è privilegio acquisito o

conservatodallaclassedominante,maeffettod’insiemedellesueposizionistrategiche”’257.Il

“potere” riguarda classi e lotte ma non appartiene a nessuna di esse: non è un’entità

omogenea e univoca, piuttosto ‘si definisce in base alle singolarità, ai punti singolari

attraversocuipassa’258.Taleaspetto,necessariamente,determinauncambiamentoancheper

quantoriguardalaposizionedel“potere”chesivorrebbe,inmanieraevidente,localizzatoin

unapparatostatale,atalproposito,invece,‘FoucaultmostraalcontrariocomeloStatostesso

sia un effetto d’insieme o la risultante di unamolteplicità di ingranaggi e di focolai che si

situanoaunlivellocompletamentediversoechecostituisconodiperséuna“microfisicadel

potere”.Nonsoloisistemiprivati,maanchealcunepartivereepropriedell’apparatodiStato

hanno origini, procedure e funzioni che lo Stato più che istituire, rispettivamente ratifica,

controllao si limita semplicementea ricoprire’259.La “disciplina” checaratterizza le società

moderne, quindi, non può essere collegata indissolubilmente a una particolare istituzione

perché essa è una “tecnologia” che attraversa le istituzioni, gli apparati e che, in estrema

analisi,lifaconvergere.Il“potere”nonpuòpiùessererintracciatoinun'unicasede:anchese

siesercitalocalmente,singolarmente,essorimanecomunque“diffuso”.

Quindi, Foucault non solo sembra escludere una diretta corrispondenza tra società

disciplinare e modo di produzione ma, andando così a mettere in discussione ancora più

profondamentela“piramidemarxista”,rifiutaancheunanettaseparazionetra“dominanti”e

“dominati”, in quanto il “potere”, appunto, non è “attributo”ma “rapporto”: ‘la relazione di

potereèl’insiemedeirapportidiforze,chepassatantoattraversoleforzedominatequanto

attraverso quelle dominanti, dal momento che entrambe costituiscono delle singolarità’260.

Ciò comporta che il “potere” per esprimersi e affermarsi non abbia la necessità di usare la

legge, l’ideologia, financo, la violenza: ancora prima di reprimere, esso “produce realtà”;

ripartendo,serializzando,normalizzandocreadelle“forme”(peresempio, la“delinquenza”),

ancormeglio,comesièprecedentementedetto,dei“dispositivi”.

257G.Deleuze,Foucault,Napoli,Cronopio,2009,p.41258Ibidem259Ivi,p.42260Ivi,p.44

89

Queste sono le coordinate dell’indagine foucaultiana sull’”economia politica” di cui il corpo

diviene oggetto nelle società disciplinari; le nuove “strategie”, le nuove pratiche di lotta

elaboratedaFoucaulttroveranno,quindi,lapropriaoriginenellaconsiderazionedel“corpo”

come“terrenodiscontro”sempreimmersoinun“campopolitico”enonsolo“biologico”:

I rapporti di potere operano su di lui una presa immediata, l’investono, lo marchiano, lo addestrano, lo

suppliziano,locostringonoacertilavori,l’obbliganoadellecerimonie,esigonodaluisegni.Questoinvestimento

politicodelcorpoèlegato,secondorelazionicomplesseereciprocheallasuautilizzazioneeconomica.Èingran

partecomeforzadiproduzionecheilcorpovieneinvestitodarapportidipotereedidominio,ma,incambio,il

suocostituirsicomeforzadilavoroèpossibilesoloseessovienepresoinunsistemadiassoggettamento(incui

ilbisognoèanchestrumentopoliticoaccuratamente preordinato,calcolatoeutilizzato): ilcorpodivieneforza

utilesoloquandoècontemporaneamentecorpoproduttivoecorpoassoggettato.Questoassoggettamentononè

ottenutocoisolistrumentisiadellaviolenzachedell’ideologia;essopuòassaibeneesserediretto,fisico,giocare

della forza contro la forza, fissarsi su elementimateriali, e tuttavia non essere violento; può essere calcolato,

organizzato, indirizzato tecnicamente, può essere sottile, non fare uso né di armi né del terrore, e tuttavia

rimanerediordinefisico.Ciòvuoldirechepuòessercieun“sapere”delcorpochenonèesattamentelascienza

delsuofunzionamentoeunasignoriasullesueforzecheèpiùfortedellacapacitàdivincerle:questosaperee

questasignoriacostituisconoquellochepotremmochiamarelatecnologiapoliticadelcorpo261

Si può dire, dunque, che il “potere” implica il “sapere” (inteso come ciò che è visibile ed

enunciabile):‘ilpotereneèlacausapresupposta;ma,inversamente,ilpotereimplicailsapere

comequellabiforcazione,differenziazione,senza laqualenonpasserebbeall’atto’262.Nonci

sono possibilità di “enunciazione” al di fuori dei reticoli di “potere”, non ci può essere

“scienza” senza costituire o presupporre relazioni di potere, tuttavia, non esiste tra i due

campialcunacorrispondenzabiunivocamasolounrapportotraforzeche,divoltainvolta,si

rivelanopiùomenoco-adattabili.Atalproposito,scriveFoucault,sipuòammettereche:

Ilpotereproducesapere(enonsemplicementefavorendoloperchéloserve,o,applicandoloperchéèutile);che

potere e sapere si implicano direttamente l’un l’altro; che non esiste relazione di potere senza correlativa

costituzionediuncampodisapere,nédisaperechenonsuppongaenoncostituiscanellostessotemporelazioni

di potere. Questi rapporti “potere-sapere” non devono dunque essere analizzati a partire da un soggetto di

conoscenza che sia libero o no in rapporto al sistema di potere, ma bisogna al contrario considerare che il

soggetto che conosce, gli oggetti da conoscere e lemodalitàdella conoscenza sonoaltrettanti effetti diqueste

implicazionifondamentalidelpotere-sapereedellelorotrasformazionistoriche.Inbreve,nonsarebbel’attività

delsoggettodiconoscenzaaprodurreunsapereutileoostilealpotere,ma,adeterminareleformeedipossibili

261M.Foucault,Sorvegliareepunire,Torino,Einaudi,1976,p.29262G.Deleuze,Foucault,Napoli,Cronopio,2009,p.58

90

campi della conoscenza sarebbero il potere-sapere, e i processi e le lotte che lo attraversano e da cui è

costituito263

Inconcreto,sono i “dispositivi”–un intrecciodi“potere”esaperi,conoscenze,competenze,

tecniche, strategiee condotte–a far funzionare la societàdisciplinare.Dellevereeproprie

“macchine”,perdirla conDeleuze (macchina-prigione,macchina-scuola,macchina-ospedale,

etc…), che prendono in carico ogni aspetto dell’individuo, il suo “addestramento” e la sua

attitudineallavoro,lavitaquotidiana,lamoralecomeledisposizionipiùpersonali:

Lemacchinesonosocialiancoraprimadiesseretecniche.Omeglio,c’èunatecnologiaumanacheprecedeuna

tecnologiamateriale.Senzadubbioquest’ultimadispiegaisuoieffettinell’interocamposociale;maaffinchéasua

volta essa sia possibile, è necessario che gli utensili, le macchine materiali siano già state selezionate da un

diagramma, assunte da dei concatenamenti. Gli storici si sono spesso trovati di fronte a questa esigenza: le

cosiddette armi oplitiche sono prese nel concatenamento della falange; la staffa è selezionata dal diagramma

feudalesimo;ilbadile,lazappa,l’aratrononformanounprogressolineare,marinvianorispettivamenteadelle

macchinecollettivechevarianoconladensitàdellapopolazioneeiltempodelmaggese264

PerFoucaultteoricodellasocietàdisciplinare,dunque,latecnologiaèsociale,ancorprimadi

essere materiale, “tecnica”, in senso stretto. Un esempio, a tal proposito, potrebbe essere

l’«invenzionedelfucile».Ilfilosofofrancesesiriferisceaicambiamentiche,inquellacheluiha

denominato“etàclassica”e,inparticolare,allafinedelXVIIsecolo,portarono,all’internodegli

apparati e delle tattichemilitari, prima all’affrancamento dal ‘modello fisico dellamassa’ e,

successivamente, all’affermarsi di un ‘gioco di articolazioni sottili’. Alcune delle ragioni di

questo passaggio sono di certo economiche, tuttavia, ‘le ragioni economiche non poterono

diveniredeterminantisenondopounatrasformazionetecnica; l’invenzionedelfucile’,ossia

‘unapparatodicuiilprincipiononfossepiùlamassa,mobileoimmobile,maunageometria

disegmentidivisibili,dicui l’unitàdibaseè ilsoldato,mobilecolsuofucile;ealdisottodel

soldatostesso,senzadubbio,ancheigestiminimali,itempidiazioneelementari,iframmenti

dispaziooccupatiopercorsi’265.

Appare una nuova esigenza alla quale la disciplina deve rispondere, scrive Foucault,

ricollegandosiesplicitamentealCapitalediMarx266:‘costruireunamacchinailcuieffettosarà

massimizzato dall’articolazione concertata delle parti elementari di cui è composta. La

263M.Foucault,Sorvegliareepunire,Torino,Einaudi,1976,p.29264G.Deleuze,Foucault,Napoli,Cronopio,2009,p.59265M.Foucault,Sorvegliareepunire,Torino,Einaudi,1976,p.178266Cfr.K.Marx,IlCapitale,Milano,Mondadori,2009,pp.540-580

91

disciplinanonèpiùsolamentel’artediripartireicorpi,diestrarneecumularneiltempo,ma

dicomporredelleforzeperottenereunapparatoefficace’267.Dettociò,alterminediquesta

breve ricognizione sulla società disciplinare, dovrebbe essere chiaro come, per Foucault,

intendere il “potere” esclusivamente come forza repressiva, “censura”, sia a dir poco

insoddisfacente.Inoltre,ilfilosofofrancesesièsemprescagliatocontroquelle“ideologie”che

suppongono un soggetto umano (è possibile dire il “Soggetto” di Cartesio ed Hegel) in

possesso di una “coscienza” di cui, sempre il “potere”, s’impadronirebbe con l’ausilio di

costrizionipiùomenoviolente:‘seilpoterenonavessealtrafunzionechequelladireprimere,

senon lavorassechecomecensura,esclusione,sbarramento,rimozione,comeunaspeciedi

grossoSuperio,senonsiesercitassecheinmodonegativo,sarebbemoltofragile.Seèforte,è

perchéproduceeffettipositivialivellodeldesiderio–comecominciaaesserenoto–edanche

alivellodelsapere.Ilpotere,lungidall’impedireilsapere,loproduce.Sesièpotutocostituire

unsaperesulcorpo,èstatoattraversouninsiemedidisciplinemilitariescolastiche.Èsoloa

partiredaunpoteresulcorpocheunsaperefisiologico,organicoerapossibile’268.Perquesto

motivounanuovastrategiarivoluzionariaconobiettivola“presadelpotere”,nonpotràche

averecomepernounanuovadefinizionedi«politicadelcorpo»,d’altronde,ègiustappuntosu

questa linea che Foucault si è sempre proposto di studiare l’evoluzione del “rapporto al

corpo”chelegale“masse”alleistituzioni,alloStato,eviceversa:‘qualèiltipod’investimento

delcorpocheènecessarioesufficienteal funzionamentod’unasocietàcapitalisticacomela

nostra?Pensoche,dalXVIIIsecoloagliinizidelXX,siècredutochel’investimentodelcorpo

da parte del potere dovesse essere pesante, massiccio, costante, meticoloso. Di qui i

formidabiliregimidisciplinarichesitrovanonellescuole,negliospedali,nellecaserme,nelle

fabbriche,nellecittà,negliedifici,nellefamiglie…epoi,apartiredaglianni60,cisièresiconto

che questo potere tanto gravoso non era più così indispensabile come si credeva, che le

società industriali potevano accontentarsi d’un potere sul corpo molto meno serrato […]

Rimanedastudiarediqualecorpolasocietàhabisognooggi…’269.

267Ivi,p.179268M.Foucault,Microfisicadelpotere,Torino,Einaudi,1977,p.141269Ivi,p.140

92

VI.Ilpoteresullavita

Èpossibileaffermare,conNegri,che ilpoteredisciplinaresia ilparadigmadi tutta laprima

fasedell’accumulazionecapitalisticaalivellomondiale.Sarà,invece,la“societàdelcontrollo”

a contraddistinguere la fine dell’«età moderna», per dir così, del modo di produzione

capitalistico e a inaugurarne poi la fase post-moderna. In essa, al contrario della società

disciplinare, ‘i meccanismi di comando divengono sempre più «democratici», sempre più

immanentialsociale,evengonodistribuitiattraversoicervellieicorpidegliindividui.

I comportamenti che producono integrazione ed esclusione sociale vengono quindi sempre

piùinteriorizzatidaisoggettistessi.Inquestasocietà,ilpoteresiesercitaconlemacchineche

colonizzanodirettamente i cervelli (nei sistemidella comunicazione,nelle reti informatiche

ecc.)e i corpi (nei sistemidelWelfare,nelmonitoraggiodelleattivitàecc.), versounostato

semprepiùgravedialienazionedalsensodellavitaedaldesideriodicreatività.Lasocietàdel

controllo può quindi essere definita come una intensificazione e generalizzazione dei

dispositivinormalizzatoridelladisciplina,però,questocontrollosiestendebenoltreiluoghi

strutturatidalleistituzionisociali,medianteunareteflessibileefluttuante’270.

Traitantimeritidelpensierofoucaultiano,rilevaNegri,emergequellodiaverriconosciutola

natura“biopolitica”dellasocietàdelcontrollo;percapirecosasiintendaconquestotermine,

inizialmente,basteràdirechel’interessecentraledel“biopotere”èquellodiregolareilsociale

“dall’interno”:d’altraparte,il“potere”puòimporreuncomandoeffettivosull’interavitadella

popolazione ‘solo nel momento in cui diviene una funzione vitale e integrale che ogni

individuo comprende in sé e riattiva volontariamente’271 . Foucault si concentrerà sulla

tematicadel“biopotere”innumerosiluoghidellasuaproduzione;tuttavia,pereffettuareuna

correttadisaminadeisuoistudisull’argomento,èimprescindibilel’analisidelfamoso,quanto

breve, ultimo capitolo de La volontà di sapere, primo volume dell’incompleta Storia della

sessualità,intitolato«Dirittodimorteepoteresullavita».Inquest’ultimo,ilfilosofofrancese

fanotarechepermoltotempounadellemaggioriprerogativediunostatosovranoèstatail

cosiddetto “diritto di vita e di morte” sui propri sudditi: di tale privilegio non si poteva

disporre inmodo incondizionatoeassoluto, tuttavia,diventava inesorabilenei casi in cui il

“sovrano”sitrovassedirettamenteminacciatoeinpericolocifosselasuapropriaesistenza:

‘seèminacciatodanemiciesterni chevoglionorovesciarloo contestare i suoidiritti, allora

puòlegittimamentefarelaguerraechiedereaisuoisudditidiprenderpartealladifesadello

270M.Hardt,A.Negri,Impero,Milano,Bur,2003,p.39271Ibidem

93

Stato:senza“proporsidirettamentelaloromorte”,glièlecito“esporrelalorovita”:inquesto

senso,esercitasudiessiundiritto“indiretto”divitaodimorte.Maseunodiessisisolleva

controdi luiedinfrangelesueleggi,allorapuòesercitaresullasuavitaunpoterediretto:a

titolodipunizione, loucciderà’272. Insomma,nellasua formamoderna, taleprivilegiosipuò

facilmenteesplicarenell’espressione:‘dirittodifarmorireodilasciarvivere’273;d’altronde,a

una formagiuridicadiquesto tipocorrispondevaunapolitica,una formadi “potere”, chesi

basava, innanzitutto, sul “diritto di prendere” cose, tempo, corpi, oltre alla vita stessa,

sopprimendola o meno. Poi, ecco che si assiste a un profondo mutamento di questo

meccanismo:

Il “prelievo” tende a non esserne più la forma principale, ma solo un elemento fra altri che hanno funzioni

d’incitazione,dirafforzamento,dicontrollo,disorveglianza,dimaggiorazioneediorganizzazionedelleforzeche

sottomette:unpoteredestinatoaprodurredelleforze,afarlecrescereeadordinarlepiuttostocheabloccarle,a

piegarle o a distruggerle. Il diritto di morte tenderà da questo momento in poi a spostarsi, o almeno ad

appoggiarsisulleesigenzediunpoterechegestiscelavitaedafinalizzarsiaciòchequestedomandano.Questa

morte,chesi fondavasuldirittodelsovranodidifendersiodichiedereche losidifenda,appariràcomel’altra

facciadeldirittochehailcorposocialediassicurarelasuavita,dimantenerlaodisvilupparla274

Sipotrebbedire,seguendoFoucault,cheal«dirittodifarmorireolasciarvivere»subentrail

«potere di far vivere o respingere nella morte». Tale “potere sulla vita” si è sviluppato

principalmenteindueforme:apartiredalXVIIsecolo,laprima,il“corpo-macchina”legatoal

modello disciplinare e anatomo-politico del corpo umano (estensione delle forze,

potenziamento delle attitudini e, quindi, della sua utilità), invece, la seconda, formatasi

intorno allametà del XVIII secolo, è il “corpo-specie”, ovvero il corpo che fa da supporto a

processi biologico-meccanici (nascita, morte, proliferazione, durata della vita) assunti per

mezzodiinterventiecontrolliregolatorichenelloroinsiemeformanouna“biopolitica”della

popolazione:‘ledisciplinedelcorpoeleregolazionidellapopolazionecostituisconoiduepoli

intornoaiqualisièsviluppata l’organizzazionedelpoteresullavita.Lacreazione,nelcorso

dell’età classica, di questa grande tecnologia a due facce – anatomica e biologica, agente

sull’individuo e sulla specie, volta verso le attività del corpo e verso i processi della vita –

caratterizzaunpotere la cui funzionepiù importanteormainonè forsepiùdiucciderema

d’investireinteramentelavita.Lavecchiapotenzadellamorteincuisisimbolizzavailpotere

sovrano è ora ricoperta accuratamente dall’amministrazione dei corpi e dalla gestione272M.Foucault,Lavolontàdisapere,Milano,Feltrinelli,2009,p.119273Ibidem274Ivi,p.120

94

calcolatrice della vita’275. In tal modo, quindi, si apre l’età del “biopotere”, fondamentale –

megliosarebbedire: indispensabile–per losviluppodelcapitalismo, infatti, ‘questononha

potuto consolidarsi che a prezzo dell’inserimento controllato dei corpi nell’apparato di

produzione,egrazieadunadattamentodei fenomenidipopolazioneaiprocessieconomici.

Ma ha richiesto di più; gli è stata necessaria la crescita degli uni e degli altri, il loro

rafforzamentocosìcomelaloroutilizzabilitàelalorodocilitàglisonostatinecessarimetodi

dipotere suscettibilidimaggiorare le forze, leattitudini, lavita ingenerale, senzapertanto

renderle più difficili da assoggettare; se lo sviluppo dei grandi apparati di Stato, come

istituzionidipotere,haassicuratoilmantenimentodeirapportidiproduzione,irudimentidi

anatomo-edibio-politica,inventatinelXVIIIsecolocometecnichedipoterepresentiatuttii

livelli del corpo sociale ed usati da istituzionimolto diverse (la famiglia come l’esercito, la

scuolaolapolizia,lamedicinaindividualeol’amministrazionedellecollettività),hannoagito

a livello dei processi economici, del loro sviluppo, delle forze che vi sono all’opera e li

sostengono;hannooperatoanchecomefattoridisegregazioneedigerarchizzazionesociale,

agendo sulle forze rispettive degli uni e degli altri, garantendo rapporti di dominazione ed

effetti di egemonia; l’adeguarsi dell’accumulazione degli uomini a quella del capitale,

l’articolazione della crescita dei gruppi umani con l’espansione delle forze produttive e la

ripartizionedifferenzialedelprofitto, sonostati resipossibili inpartedall’eserciziodelbio-

potere,nellesueformeeconisuoiprocedimentisvariati.L’investimentodelcorpovivente,la

sua valorizzazione e la gestione distributiva delle sue forze sono stati in quel momento

indispensabili’276. Foucault, insomma, elimina ogni possibilità di rappresentare il “potere”

come un “trascendentale” rispetto ai contesti e alle pratiche da spiegare: ne La volontà di

sapere, esso emerge come ‘dinamica instabile di condizionamenti e di soggettivazioni, nei

puntidiconvergenzadeidispositiviconiloroenunciativeritativi’277.

Perchiarire:idiscorsisullavita,tantodalpuntodivistadelledisciplinescientifiche(biologia,

genetica,etc…)quantodaquellodeisaperitecnicidigoverno(scienzadell’amministrazione,

statistica, diritto penale, psichiatria, etc..) e delle loro cornici teoriche (evoluzionismo,

funzionalismo,etc..),nonpossonoessereconsideratinéverinéfalsidipersémaunicamente

come “funzionali” alle forze che se ne appropriano per lottare, per metabolizzare, per

giustificare: ‘sono gli effetti di questi discorsi che contano, che sono positivi e “visibili” e

dannoformaaglioggetticlassificandoli(malattie,deviazioni,rischi),aisoggetti(popolazione,

275Ivi,p.123276Ivi,pp.124-125277L.Bazzicalupo,Biopolitica,Roma,Carocci,2010,p.41

95

malati, utenti, delinquenti, consumatori, ma anche funzionari, medici, legali, ingegneri,

manager)eallestrutture’278.PerFoucault, ilpotereèuna“situazionestrategicacomplessa”

presente in ogni dove, non tanto perché unifica l’esistente assegnandogli un centro di

controllo,mainquanto‘siproduceinogniistante,inognipunto’279.Gliindividuicircolanoal

suointerno,subendoloedesercitandolo‘acatena’280;maisoltantobersagliodel“potere”,essi

fungonoda“puntodiraccordo”:sipuòdirecheil“potere”–lungidall’essereesclusivamente

unostrumentodisottomissione,comesiègiàaccennato–transitaattraversogliindividui,li

attraversa.Unaconseguenzadiquestoapproccioèlasottrazionedellostatutoontologicoalla

“vita” stessa. Infatti, essa emerge quando deve essere oggettivata o descritta (per esempio,

dallascienza):inqualchemodo,nonèmaiinunaposizionediesterioritàrispettoalpotere,è

sempre “dentro” l’organizzazione reticolare del “potere”, dunque, è in questo senso che

‘l’individuononèilvis-à-visdelpotere,macredonesiaunodeglieffettiprincipali’281.

Risulta particolarmente interessante, anche nel tentativo di fornire un resoconto di quanto

riportato finora, quanto detto dallo stesso Foucault durante una conferenza, intitolata “Le

magliedelpotere”,tenutaall’UniversitàdiBahianel1981:‘guardatecomestatesedutiinfila,

difronteame.Forsevisembraunaposizionenaturale,maricordatevichenellastoriadella

civiltà è abbastanza recente e che, ancora all’inizio del secolo XIX, è possibile trovare delle

scuoleincuigliallievistannoinpiedi,ingruppo,intornoall’insegnante.Questoimplica,com’è

evidente, che il professore non può sorvegliarli realmente e individualmente: c’è il gruppo

degli allievi e il professore. Oggi siete allineati, al professore basta uno sguardo per

individualizzaregliallievi,puòfare l’appellopersaperesesonopresenti,checosa fanno,se

stanno sognando, se sbadigliano… Si tratta di quisquilie, ma sono quisquilie importanti,

perché i nuovi meccanismi di potere hanno potuto funzionare proprio grazie a queste

tecnicheminime.Quellocheèavvenutonell’esercitoeneicollegièavvenutonelleofficine,nel

corsodelsecoloXIX.Lachiamereitecnologiaindividualizzantedelpotere,unatecnologiache

investegliindividuianchenelcorpo,nelcomportamento;èunasortadianatomiapolitica,di

anatomo-politica, un’anatomia che investe gli individui fino al punto di anatomizzarli’282.

Relativamente più tardi, nel corso del XVIII secolo, invece, è apparsa un’altra famiglia di

tecnologie di potere, dice sempre Foucault, che non riguardava più gli individui in quanto

individuimainquantofacentipartediuna“popolazione”: ‘inaltritermini, ilsecoloXVIIIha

278Ibidem279Cfr.M.Foucault,Lavolontàdisapere,Milano,Feltrinelli,2009,pp.82-83280M.Foucault,“Bisognadifenderelasocietà”,Milano,Feltrinelli,2010,p.33281Ibidem282M.Foucault,ArchivioFoucault3.Interventi,colloqui,interviste1978-1985,Milano,Feltrinelli,1998,p.163

96

scoperto una cosa capitale: che il potere non si esercita semplicemente sui soggetti, come

presupponeva la tesi fondamentale della monarchia, secondo cui esistono il sovrano e i

soggetti.Siscoprecheilpoteresiesercitasullapopolazione.Checosavuoldirepopolazione?

Nonsignificasoltantoungruppoumanonumeroso,maesseriviventiattraversati,comandati

erettida leggieprocessibiologici.Unapopolazionehauntassodinatalità,dimortalità,ha

una curva e una piramide d’età, una morbilità, uno stato di salute; una popolazione può

estinguersio,alcontrario,svilupparsi’283.

Daquestomomentoinpoilarelazionetrapotereeindividuocambiaradicalmente:essanon

può consistere più nella “soggezione” e nel “prelevamento”. Ora, l’individuo viene raccolto

dalle“magliedelpotere”comeappartenenteaunaspeciebiologica‘chedeveesserepresain

considerazionese sivuoleutilizzare lapopolazionecomemacchinaperprodurre ricchezze,

beni o altri individui’284 . Ecco palesarsi, dopo quello rappresentato dalla fabbricazione

dell’individuo e dal suo “addestramento”, un altro grande “nucleo tecnologico” dei processi

politicioccidentali:‘èstatainventataquellachechiamerei,inopposizioneall’anatomo-politica

dicuiparlavoprima,labio-politica.Èinquestoperiodocheemergeilproblemadell’habitat,

dellecondizionidivitaurbane,dell’igienepubblica,delmodificarsidelrapportotranatalitàe

mortalità.Èinquestoperiodochecisiiniziaaporreilproblemadicomeinvogliarelagentea

farepiùfigli,o,inognicaso,dicomeregolareilflussodipopolazione,iltassodicrescitadiuna

popolazioneelemigrazioni’285.

Leduefondamentali“tecnologiedipotere”–ladisciplinaelaregolazione,l’anatomo-politicae

labio-politica–apartiredalXVIIIsecolocomincianoafunzionareall’unisono:primaerasolo

il corpo, dopo, anche la “vita” diverrà oggetto del potere. Nel punto di articolazione tra le

discipline individuali del corpo e le regolazioni della popolazione è situato il “sesso” che

diventerà un “dispositivo” fondamentale per garantire, da un lato, la sorveglianza degli

individui, dall’altro, la “politica sessuale” più adatta per fare della società unamacchina di

produzione.

283Ivi,p.164284Ibidem285Ibidem

97

VII.BiopoliticacontroBiopotere

Nel quadro della regolazione del modo di produzione capitalistico, allora, se la disciplina,

l’«anatomo-politica», si occupa dell’individuazione e della normalizzazione del corpo

individuale, la “biopolitica” è il dispositivo che ne affina e radicalizza il compito, ossia non

governapiùesclusivamenteilcorpomalavitabiologicainquantotale.Inbrevitermini,ilbio-

potereriproduceeamministralavita:

L’espansionedelsistemabiopoliticocorrispondeallacrescitademograficadelXVIIIsecolopercui,persostenere

ilprogrammadirazionalizzazioneemedicalizzazionedelreale,risultainefficacefrantumareinmanieradualela

società in individui normali e anormali. Risponde, in sostanza, alla necessità di integrare demografia e

produzione, di normare dal punto di vista economico-politico, una popolazione disordinata e una condizione

urbana,di fatto confusa.Con il dispositivobiopolitico,una societànormalizzatrice riordina ipropriparametri

pergovernare“unapopolazionefluttuante,dispersa,taledaentrareinfrizioneconleesigenzedellaeconomiae

dello Stato. Ci si preoccupa, dunque, di controllare l’esplosione demografica, regolando i fenomeni di

urbanizzazionedimassa.Lameccanicabiopolitica,inglobandoquelladisciplinare,crearicchezzaefenomenidi

regolamentazione sociale mediante il potenziamento (la protezione) della vita, attraverso, quindi, la

valorizzazionediquellestesserelazionisocialichecostituisconoilbio-potere286

Comesiègiàpuntualizzato,èla“popolazione”adiventareilcampod’azionedelpotere,cioè

una‘tangibilitàcalcolabiledellaspecie’287enonpiùil“popolo”,uncomplessodiindividuiche

mal si presta ai conteggi statistici e alle misurazioni: ‘il bio-potere, estendendo a livello

biologico la sorveglianza, coinvolge la totalità dei viventi nelmeccanismo disciplinare. Non

vengono più analizzati meticolosamente soltanto determinati comportamenti fuori dalla

norma, piuttosto qualsiasi espressione della specie è fatta oggetto di calcolo, in modo da

armonizzarelaqualitàdellapopolazioneconleambizionidell’economia-politica’288.

Insomma,la“biopolitica”trasformalavitanelsuoinsiemenell’oggettodeicalcoliesplicitidel

potere-sapere che, a sua volta, indirizza le trasformazioni dei meccanismi che le

appartengono:‘quandolerelazionieicomportamenti“microfisici”formanolatessituraperla

produzionedella ricchezza, per cui l’esistenza animaledell’individuodivieneunaquestione

squisitamente economico-politica, la definizione delle natura dell’uomo anima il fondo del

conflitto’289.

286P.Amato(acuradi),Labiopolitica,Milano,Mimesis,2004,p.27287Ibidem288Ivi,p.30289Ivi,p.31

98

L’operadiFoucault–unaltromeritoriconosciutodaNegrialfilosofofrancese–permettedi

‘riconoscerelanaturabiopoliticadelnuovoparadigmadipotere’nelsensochesolo‘lasocietà

delcontrolloèingradodiassumereilcontestobiopoliticocomesuoreferenteesclusivo’290.Il

paradigmadelpotere che caratterizza l’Imperoè caratterizzato, infatti, dalle tecnologie che

individuano la società come ambito del biopotere; per usare le parole diMichael Hardt: ‘il

dominio dell’Impero influisce su tutti i registri dell’ordine sociale e si estende sino nel

profondodelmondosociale.L’Imperononsologovernaunterritorioeunapopolazione,ma

creaanchelostessomondoincuièinsediato.Nonsoloregolaleinterazioniumane,macerca

anche di estendere il suo dominio direttamente sulla natura umana.Nelmomento in cui il

dominio imperiale è esteso alla totalità spaziale, la distinzione tra sfera pubblica e sfera

privata tende a venire meno. Si giunge al punto in cui non c’è ambito sociale che risulti

“esterno” al potere imperiale – né nella sfera delle relazioni personali, né in quella dei

rapporti familiari. L’obiettivo del dominio imperiale è la vita sociale nella sua interezza; e

l’Imperopresentalaformaparadigmaticadelbiopotere’291.Nell’epocadell’Impero,il“potere-

sapere” ha permeato completamente i corpi e le coscienze degli individui al punto da

organizzareogniaspettodella loroattività. Insomma,quandoirapportidipoterediventano

completamentebiopolitici,l’interocorposocialevienecompresonellamacchinadel“potere”

e, dunque, viene fatto sviluppare in modo funzionale a essa. Se la società viene sussunta

completamentedaunaformadipoterecheneassorbetotalmentelestruttureelosviluppo,

diceNegri,neconseguecheessacominceràa reagirecomeunsoloorganismo: ‘sipotrebbe

affermarechelasemprepiùintensarelazionedimutuaimplicazionetratutteleforzesociali–

cheilcapitalismo,nelsuosviluppo,hasemprericercato–sièinfinerealizzatanelpassaggio

dallasocietàdisciplinareallasocietàdelcontrollo’292.Comesiègiàvisto,secondoNegri,Marx

avevateorizzatoqualcosadisimilenelpassaggiodallasussunzioneformaleallasussunzione

realedellavorodapartedelcapitale,successivamentefulaScuoladiFrancoforteatentaredi

analizzare in questi termini la sussunzione della cultura da parte dello stato totalitario.

Foucault tenta di superare entrambi questi approcci, in parte riuscendo a terminare il suo

progetto, anche se lascerà in eredità alcune contraddizioni che a sua volta Negri vorrà

superare, incerticasi,allontanandosinettamentedal filosofofrancese.Ènotocomeunodei

punti maggiormente controversi dell’analisi genealogica del potere foucaultiana sia il

rapporto tra vita ed economia: ‘Foucault oltre a considerare il potere in una sfera extra-

290M.Hardt,A.Negri,Impero,Milano,Bur,2003,p.39291A.Zanini,U.Fadini,Lessicopostfordista,Milano,Feltrinelli,2001,p.169292M.Hardt,A.Negri,Impero,Milano,Bur,2003,p.40

99

giuridica, ribadisce, ripetutamente, che la sua osservazione dell’evoluzione storica delle

strategie di governo presuppone un’indipendenza tra il potere e i sistemi produttivi. Il

riferimento all’economico per cogliere la fisionomia del potere avrebbe di fatto camuffato

l’effettiva specificità di quest’ultimo mascherandone i reali meccanismi, frustrando una

comprensionepuntualedellesuedinamiche’293.Dunque,percomprenderelatramamateriale

delpotere,bisognasottrarloaquelleteoriecheloconsideranouneffettodiparticolarisistemi

produttivi: tra queste il marxismo riveste una particolare importanza. D’altronde, se nella

lezione del 7 gennaio 1976 del corso al Collège de France intitolato “Bisogna difendere la

società”Foucault ammette la difficoltà di pensare l’analisi del potere come sganciata dalle

ragioni di tipo economico294, nella lezione successiva, quella del 14 gennaio, il filosofo

francese sostiene che senza il dispositivo disciplinare a dare la spinta fondamentale il

capitalismonon si sarebbepotutoaffermare295. Insomma,pare che sia stato il costituirsidi

una forma di potere stabile, puntuale, efficace e di una società ordinata e controllabile ad

assicurarelosviluppodiunmododiproduzioneingradodigenerarericchezzaattraversoun

ampioprocessodiaccumulazione:

La ricostruzionedi Foucault genera, in effetti, delle perplessità innanzituttodi ordine storico-economico: ci si

potrebbe, infatti, domandare, rammentando le politiche legislative europee a metà del XVII secolo a favore

dell’aumentoquantitativodellapopolazione,selacrescitademograficadelXVIIIsecolononsialimentiinquanto

il capitalismo esige forza lavoro disponibile. Ed ancora, se lamaturazione del regime biopolitico a partire da

quello disciplinare non si sviluppi per non escludere dalla produzione di ricchezza un numero eccessivo di

braccia che tornerebbero comode.Molti elementi, in realtà, proprionell’operadi Foucault, rendono incerta la

possibilità di un’indagine del bio-potere autonoma nei confronti dei processi di accumulazione e progresso

tecnologicodelcapitalismo296

PurevidenziandoquestorapportocontroversotraMarxeFoucault,nonsipuònegarecomela

comprensione del potere disciplinare e di quello biopolitico passi per la conoscenza delle

esigenze storico-politiche della produzione. D’altra parte, è necessario rilevare anche

l’importanzaper losviluppodelmodernosistemacapitalisticodellemisurebiopolitichecon

oggettola“popolazione”.

293P.Amato(acuradi),Labiopolitica,Roma,Mimesis,2004,p.35294Cfr.M.Foucault,“Bisognadifenderelasocietà”,Milano,Feltrinelli,2010,pp.21-22295Cfr.Ivi,pp.36-41296P.Amato(acuradi),Labiopolitica,Roma,Mimesis,2004,p.35

100

Senza dubbio Foucault esclude una corrispondenza rigidamente biunivoca tra “struttura” e

“sovrastruttura”(d’altronde,taleaspettononècontroversonellostessoMarx?),d’altrocanto,

èfacilericonoscerecomelabiopolitica,nelpensierodelfilosofofrancese,‘èlostatoincuinon

si distingue più la difformità dei meccanismi delle relazioni socio-politiche da quelle

economiche, dal momento che le alimenta la medesima potenza: la vita’297. Insomma, la

sopravvivenzabiologica,lasoddisfazionedeibisognispeciespecifici,lasalvaguardiadellavita

stessa,sonoglielementicostitutividelcampoeconomico-politicomoderno(epost-moderno).

Percertiversi,ècontroversoancheilrapportotraFoucaultelaScuoladiFrancoforte.Seda

unaparte ilpensatore francesenon lacriticamaiesplicitamente,dall’altra,sembrabocciare

nettamente alcune teorizzazioni riconducibili a essa, per esempio quei “paramarxismi” che

parteggianoperl’«ipotesirepressiva»–posizioneriassumibileall’incircacontaleassunto:nel

corso della storia europea, si è passati da un periodo di relativa apertura nei confronti del

corpoaunperiodocaratterizzatodaunarepressionesempremaggiore–traiqualispiccail

pensiero di Herbert Marcuse298 : ‘per coloro che concordano con questa visione della

repressione, la grande attrazione è costituita dal fatto che essa è facilmente collegabile al

sorgeredelcapitalismo’299;inpratica,ilsessovenivarepressoperchéeraincompatibileconil

lavoro etico richiesto dal capitalismo, tutte le energie dovevano essere investite nella

produzione. Tale visione, vede contrapporsi “verità” e “potere”: un’ipotesi inaccettabile per

Foucault che, invece, cercadidimostrare la forte implicazionedeidue termini.Mase il suo

tentativo fosse quello di attaccare una “teoria del potere” in virtù dell’imposizione di una

nuova“formadiragione”,ilfilosofofrancesenonsidistaccherebbepoimoltodalpensierodi

Adorno300.Tuttavia,Foucaultsisforzadinonesprimereun“tipoideale”di“ragione”:nellasua

attività di genealogista cercherà sempre di rimanere ancorato alla superficie delle cose e,

quindi,dievitareilricorsoasignificazionigeneralieaognisortadi“essenza”.Larazionalità

perFoucaultèsempreuna“questionestorica”enonmetafisica.Aquestopunto,ilproblemaè

che,traglialtri,ancheAdornosarebbed’accordosutaleaspetto.Ilpassoavanticompiutodal

filosofo francese, però, consiste nell’aver prodotto ‘analisi concrete riguardo a quelle

specifiche pratiche storiche di cui la verità e il potere costituiscono i problemi principali’

isolando e identificando i meccanismi del potere di razionalizzazione in modo “sottile”.297Ivi,p.36298Cfr.M.Foucault,Microfisicadelpotere,Torino,Einaudi,1977,p.141299H.L.Dreyfus,P.Rabinow,LaricercadiMichelFoucault,Firenze,LacasaUscher,2010,p.186300IlrapportotraFoucaulteAdornoinrealtàpotrebbeesseremoltopiùcomplicatoeandrebbeulteriormenteapprofondito, nonostante gli studi che confermano quella distanza tra le due teorizzazioni in questa sederilevata.D’altraparte,bisognaprecisarecheNegriarrivaaddiritturaadaffermareche,finoaglianni70,Foucaultèstato“unaspeciediteoricopariginodellaScuoladiFrancoforte”(Cfr.A.Negri,Fabbricadiporcellana,Milano,Feltrinelli,2008,p.87)

101

Insomma, Foucault non vuole attaccare la ragionema piuttosto si prefigge di ‘mostrare in

qualemodo una forma storica di razionalità abbia operato’, evitando così ‘la tentazione di

ricorrereall’irrazionalismooalladisperazione(senonaddiritturaall’arte),chenonfumaidel

tutto estranea alla Scuola di Francoforte’. In breve, la posizione del filosofo francese gli ha

consentitodiincentrareilpropriolavoro‘sulfunzionamento«pratico»dellaveritàall’interno

deinostrimoderniregimidipotere’301.RitornandoaImpero,quantoappenaprecisatoaiuterà

acomprendereilmodoincuiNegrileggeladistanzadiFoucaultedaMarxedallaScuoladi

Francoforte:‘invecedimettereinevidenzal’unidimensionalitàdelprocessodescrittodaMarx

e,inseguito,riformulatoedestesodallaScuoladiFrancoforte,latransizioneconcettualizzata

daFoucaultè soprattuttocaratterizzatadalparadossodellapluralitàemolteplicità’302.Tale

prospettiva, precisa Negri, è stata sviluppata in particolar modo da Gilles Deleuze e Felix

Guattari:

Se la sussunzione realeviene intesa comeun investimento chenon riguarda solo ledimensioni economichee

culturalidellasocietà,mapiuttostoilbiossocialeinquantotale,esesiprestaladovutaattenzioneallemodalità

della disciplina e/o del controllo, ne scaturisce una perturbazione dell’immagine totalitaria e lineare dello

sviluppo capitalistico. La società civile è assorbita nello stato, ma da questo consegue un’esplosione degli

elementichevenivanoprecedentementecoordinatiemediatinellasocietàcivile.Leresistenzenonsonopiùsolo

marginali,maagisconoalcentrodellasocietàchesidistendenellereti;gli individuivengonosingolarizzati su

millepiani.CiòcheneldiscorsodiFoucaultrimanevaimplicito(echeDeleuzeeGuattarihannoesplicitato)èil

paradossodiunaformadipotereche,mentreunificaeinglobaognielementodelsociale(perdendo,intalmodo,

lacapacitàeffettivadimediareforzesocialidifferenti),nellostessomomentosvelaunnuovocontesto,unnuovo

ambientecostituitodallamassimapluralitàedaunaincontenibilesingolarizzazione–ilpianodell’evento303

SeFoucaultparlavadi“microfisicadelpotere”,DeleuzeeGuattari,nelloroMillePiani,parlano

di“micropolitica”: ‘siamosegmentatidaogniparteeinognidirezione.L’uomoèunanimale

segmentario. La segmentarietà appartiene a tutti gli strati che ci compongono. Abitare,

circolare, lavorare, giocare: il vissuto è segmentato spazialmente e socialmente. La casa è

segmentata secondo la destinazionedelle sue stanze, le strade in funzionedell’ordinedella

città, la fabbrica secondo la natura delle mansioni e delle operazioni. Siamo segmentati

binariamente, secondo grandi opposizioni duali: le classi sociali, ma anche gli uomini e le

donne,gliadultieibambini,ecc.Siamosegmentaticircolarmenteincerchisemprepiùvasti,in

dischiocoronesemprepiùlarghi,allamanieradella«lettera»diJoyce:imieiaffari,quellidel

301Ivi,p.192302M.Hardt,A.Negri,Impero,Milano,Bur,2003,p.40303Ibidem

102

mioquartiere, dellamia città, delmioPaese, delmondo…Siamo segmentati linearmente, su

unalinearetta,sulineerette,doveognisegmentorappresentaunepisodiooun«processo»:

nonappenaabbiamofinitounprocessonecominciamounaltro,eternamenteproceduristio

procedurati,famiglia,scuola,Esercito,lavoro,eascuolacidicono:«Nonseipiùinfamiglia»,e

nell’Esercitocidicono:«Nonseipiùascuola…».Avolteidiversisegmentirinvianoaindividui

o a gruppi differenti, altre volte è lo stesso individuo o lo stesso gruppo a passare da un

segmentoall’altro.Maquestefiguredisegmentarietà,labinaria,lacircolare,lalineare,sono

semprepresel’unanell’altra,sitrasformanoasecondadelpuntodivista’304.

Taleaspettodellasocietàdelcontrolloedelbiopoterequalifica inmaniera fondamentale la

realtà dell’Impero: l’obiettivo del nuovo paradigma di potere è quella di com-prendere

l’onniversalitàdeisoggettichesirapportanoaesso,postoche‘sitrattadiunatrasformazione

radicalecheevidenzialarelazionenonmediatatrapotereesoggettivitàechedimostrachele

mediazioni non sono più dei presupposti e che la variabilità temporale dell’evento è

incontenibile’305.Unavoltaappuratoquesto,cisipuòfocalizzare‘sulladimensioneproduttiva

delbiopotere’306,ossiail“puntodebole”,almenostandoaNegri,dellavorosvoltodaFoucault

(e,inparte,anchedelleanalisidiDeleuzeeGuattari).Nelmomentoincuitentadispiegareil

passaggio dallo Stato dell’ancien régime al moderno Stato disciplinare, Foucault pone in

evidenza la fondamentale importanza avuta dal contesto biopolitico per l’accumulazione

capitalistica.Tuttavia:

Inquestafase,unodegliobiettivifondamentalidellastrategiadiricercadiFoucaulteraquellodioltrepassarele

versionidelmaterialismostorico,incluselenumerosevariantidelmarxismoincuiilproblemadelpotereedella

riproduzione sociale veniva inscritto al livellodella sovrastruttura separatadalla base realedellaproduzione.

Foucault cercava di ricondurre il problema della riproduzione sociale e della cosiddetta sovrastruttura a una

fondamentalestrutturamateriale,equindidi caratterizzarequesto terreno in termininonsoloeconomici,ma

ancheculturali,corporeiesoggettivi.Sipuòcosìcomprendere inchemisura laconcezionecheFoucaultaveva

dellatotalitàsocialefossegiàdefinitaeperfezionatanelmomentoincui,inunafasesuccessivadellasuaricerca,

egliscoprivaiprimilineamentidellasocietàdelcontrolloinquantoconfigurazionedelpotereattivaattraverso

l’intera biopolitica della società. Non ci sembra, tuttavia che Foucault – anche quando copriva efficacemente

l’orizzontebiopoliticodellasocietàelocaratterizzavacomepianodell’immanenza–siamairiuscitoaportareil

suo pensiero al di fuori dell’epistemologia strutturalista che ha orientato la sua ricerca sin dall’inizio. Con

epistemologia strutturalista intendiamo la reinvenzione di un’analisi funzionalista nel quadro delle scienze

umane,unmetodoche,difatto,sacrificaladinamicadelsistema,latemporalitàcreativadeisuoimovimentiela

sostanzaontologicadellariproduzionesocialeeculturale.SeaquestopuntopotessimochiedereaFoucaultchio304G.Deleuze,F.Guattari,MillePiani,Roma,Castelvecchi,2006,p.313305M.Hardt,A.Negri,Impero,Milano,Bur,2003,p.41306Ibidem

103

checosaguidailsistemao,piuttosto,checosaèil«bios»,lasuarispostasarebbeineffabileosarebbeilsilenzio.

Ciò che in definitiva Foucault non è riuscito a cogliere sono le dinamiche reali della produzione nella società

biopolitica307

PerquantoFoucaultavesseaccuratamentetratteggiatolapropriariflessionesullabiopolitica

nell’ultimocapitolodellaVolontàdisapere,manifestòpertuttoilrestodellasuavital’esigenza

diperfezionareesistematizzareirisultatiraggiuntiinunostudiopiùampioeorganico.Allora,

lagrandemoledilavorichegradualmentesonostatipubblicatietradottiapartiredaglianni

90 – ci si riferisce ai corsi tenuti al Collège de France – da una parte attesta l’impegnodel

pensatorefrancesenelportareaterminetaleprogetto,dall’altra,oltreamettereinevidenza

l’eterogeneitàdiunaproduzionecherimanetutt’altrocheagevolecristallizzare,testimoniale

difficoltàteoricheincontratesuccessivamenteallastesuradelprimovolumedellaStoriadella

sessualità:

Il significativoeprolungatosilenziodiFoucault successivoallapubblicazionedellaVolontàdisapere riguarda,

probabilmente, la questione del bio-potere e l’impossibilità di definire delle pratiche di diserzione dalla sua

presa totale. Senza discutere il problema complesso dell’ultimo Foucault e, dunque, del valore di un’«estetica

dell’esistenza» tesa a sperimentare, a partire dallo studio delle pratiche classiche di «cura di sè», un’etica

adeguata all’avvento del bio-potere per immaginare un nuovo stile di soggettivazione, basti dire qui che il

“passaggio”dallapoliticadell’eticanellasuaoperasideve,comenotaDeleuze,proprioaltentativodipensareun

«al di là del potere». L’inattuabile declinazione storica dell’esperienza politica della libertà sarebbe, più

specificatamente, da individuare come la causa della crisi foucaultiana. Il sostanziale naufragio del progetto

iniziale della storia della sessualità si spiegherebbe, allora, con la difficoltà di individuaremodelli di relazioni

sociali non imbastite dalla cristallizzazione di una fasulla de-soggettivazione post-moderna (ovvero quando

l’assolutareificazionedelladifferenzareplica,difatto,l’identità),cioèdaquellafasepost-disciplinaredicarattere

tendenzialmente immaterialedellaproduzionediricchezza immancabilmenteassociata,anchenellesue forme

radicalmente reticolari, adun sistema integratodi controllodella vita e al profitto dellepotenzialità creative

della natura umana. Foucault in sostanza, infine, sospetterebbe che l’evento dell’altro(come ogni processo di

soggettivazione)nonavrebbealcunafisionomiasociale,politica,maesclusivamenteetica308

Queste criticità non hanno comunque impedito alla cultura filosofico-politica italiana di

riconoscere,traleprime,ilvaloredelpensierodiFoucault.Traiprimiautoriasvilupparnei

temiperarricchire lapropria riflessione sipuò situareancheAntonioNegri. Inparticolare,

come ha notato Ottavio Marzocca, in un piccolo saggio che da qui in avanti fornirà

un’utilissima chiave di lettura, quest’ultimo riprende e riutilizza il tema foucaultiano della

307Ivi,p.43308P.Amato(acuradi),Labiopolitica,Roma,Mimesis,2004,p.39

104

biopoliticanell’analisidelle trasformazionidel capitalismopostmodernoedelle formedella

suacontestazione:‘egliinsisteinnanzituttosull’ideacheilbiopoterecostituiscastoricamente

ilrisultatodiun“passaggio”dalladisciplinadegli individuialcontrollodellepopolazioni. In

un cambiamento del genere consisterebbe anche la transizione attuale “dal fordismo al

postfordismo”’309.Siègiàvisto,d’altronde,comeperNegriil“biopolitico”siestendabenoltre

ilsempliceambitopoliziescoedemografico:‘riprendendoFoucault,ènecessariosottolineare

ilpassaggiodell’artedigovernaredalladisciplinadelcontrollo. Per disciplina si intende una

formadigovernosugliodegli individui inmanierasingolareoripetitiva.Perattualizzare la

definizionepotremmodirecheèdisciplinaquellachecopreinepocacontemporaneal’intero

tessutosocialeattraversolataylorizzazionedellavoro,leformefordistedisollecitazioneale

di controllo salariale del consumo, fino a organizzarsi nelle formemacroeconomiche delle

politichekeynesiane.Percontrollo,invece,siintendeilgovernodellepopolazioniattraversoi

dispositivi che investono collettivamente il lavoro, l’immaginario, la vita. Anche a questo

proposito,dicendolo,interminiattuali,possiamoaffermarecheilpassaggiodalladisciplinaal

controllo è oggi rappresentato dal passaggio dal fordismo al postfordismo. In termini

foucaultianisipotràdunquedirechenellafasepostfordistailcontrollopassapiùattraversola

televisione che attraverso la disciplina di fabbrica, attraverso l’immaginario e la mente,

piuttosto che attraverso la disciplina diretta dei corpi. Definita in questi termini, come

opposizioneall’anatomo-politica(tecnologiediaddestramentodell’individuoedelcorpo), la

biopoliticasegnadunqueilpassaggiodalladisciplina,cioèilcontrollodeicorpidegliindividui,

al controllo come tecnologia di potere rivolta alle popolazioni.Mentre la disciplina si dava

come anatomo-politica del corpo e si applicava essenzialmente agli individui, la biopolitica

rappresenta, invece, una grandemedicina sociale che si applica alla popolazione, al fine di

governare la vita’310. Secondo tale lettura,Negri tentaperquantopossibile di “allargare” la

portata del concetto elaborato da Foucault. Uno “stiramento”, quello tentato dall’autore di

Impero, dettato dalla volontà di superare i “limiti” ravvisati nel paradigma del filosofo

francese, tra i quali assume una certa rilevanza, come si è visto, l’indecisionemostrata dal

filosofofrancesenelsuperare“l’epistemologiastrutturalista”:

Questadenunciadelpresuntocripto-strutturalismo foucaultianoviene formulatadaNegri in terminipiuttosto

sintetici,macomunquenonèprivodisignificatoilfattocheperavvalorarlailfilosofoitalianorinviiadegliautori

(Lefebvre,Jameson,Deleuze)chehannoespressovalutazionipiùomenosimiliquandoFoucaulteraancoraagli

309O.Marzocca,“Biopolitica,sovranità,lavoro.Foucaulttravitanudaevitacreativa”,inM.Galzigna,(acuradi),Foucault,oggi,Milano,Feltrinelli,2008,p.234310A.Negri,Guide.CinquelezionisuImperoedintorni,Milano,RaffaelloCortinaEditore,2003,p.78

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inizi del percorso decisamente post-strutturalista che lo ha portato a svolgere la sua genealogia del governo

biopolitico degli uomini. D’altra parte, Negri coglie certamente un tratto essenziale del pensiero di Foucault

quando evidenzia la sua refrattarietà a riconoscere una “sostanza ontologica della riproduzione sociale e

culturale”.Ineffetti,èdeltuttoattendibilecheilfilosofofrancesenonavrebbeaccettatovolentieril’ideadiuna

sostanza ontologica, poiché, se si dà un’ontologia foucaultiana, essa si dà come eventuale e storica non come

sostanziale311

Dettoquesto, èbene ritornareai “limiti”di Foucault; si diceva come la sua “colpa” sarebbe

quella di non aver compreso le reali dinamiche di produzione nella società biopolitica. Lo

sforzo di Negri, allora, sarà quello di ristabilire il rilievo della produzione nei processi

biopolitici ‘nell’ambito di una riaffermazione della centralità del lavoro produttivo’ 312 .

Marzocca, a tal proposito, suppone che Negri voglia superare l’esitazione di Foucault nel

concepire la “biopolitica” come “economia politica della vita in generale”, poiché ciò

significherebbelegareilbiopotereallelogichedirafforzamentodellostatoeall’esigenzadel

mantenimentodell’ordineattraversole“scienzedipolizia”;secondotaleinterpretazione,solo

in un secondo momento, Foucault avrebbe tentato di collegare la biopolitica alle logiche

economico-sociali. Tuttavia, è semplice riscontrare, in particolare tenendo presenti i Corsi

tenuti tra il 1977 e il 1979313, ‘come il temadella biopolitica si innesti subito in quello più

generaledellagovernamentalitàecomeinquest’ambitoilsapereeconomicorappresentiuno

deglistrumentipiùimportantiedefficaciprimadellagovernamentalizzazionedellostato(con

il dirigismo mercantilista) e poi della relativa destatalizzazione del governo (con il

liberoscambiodell’economiapolitica)’314.Comesiègiàaccennato,nonsembragiustoparlare

diun’esitazionediFoucaultsuquestopunto:semmai,ilfilosofofrancesetentainognimodo

possibiledidescrivereilcomplessorapportotrabiopoliticizzazioneedeconomicizzazionedel

“comando”,tragovernamentalizzazionebio-economicaestatalizzazionedelpotere.Precisato

ciò,rilevaMarzocca:

ÈmoltoprobabilechelaragionedifondochespingeNegriadavanzarelesueosservazionisiaquelladievitare

giustamente di concepire la biopolitica come destinata a tramontare con la crisi dello stato nazione e con

l’avventodellaglobalizzazione.Ma,intalsenso,eglinonsembrarendersicontochepropriol’eterogeneitàmessa

inlucedaFoucaulttralasferadellagovernamentalità,incuisicollocalabiopolitica,el’ambitodelpoterestatale

311O.Marzocca,“Biopolitica,sovranità,lavoro.Foucaulttravitanudaevitacreativa”,inM.Galzigna,(acuradi),Foucault,oggi,Milano,Feltrinelli,2008,p.235312Ibidem313Cfr.M.Foucault,Nascitadellabiopolitica,Milano,Feltrinelli,2012,pp.35-53314O.Marzocca,“Biopolitica,sovranità,lavoro.Foucaulttravitanudaevitacreativa”,inM.Galzigna,(acuradi),Foucault,oggi,Milano,Feltrinelli,2008,p.235

106

al quale la prima si rende storicamente funzionale mantenendo la propria specificità, gli consentirebbe di

riconoscereleragioninoncontingentidell’indipendenzadallelogichestatualichelabiopoliticaoggiconquista315

Nonaccorgendosidiquestoaspetto,Negrisenteilbisognodidistinguereun“biopotere”chesi

affermainmodototalitarioeglobalizzatoeuna“biopolitica”,luogodiemergenzadiunasorta

dicontropotere316,segnatadallaproliferazionedilibertàinsorgenti;piùprecisamente:‘Negri

propone di distinguere chiaramente i concetti di biopotere e biopolitica, intendendo con il

primole“tecnologie”,i“dispositivi”, le“strutture”ele“funzioni” delpoteresullavita,conil

secondo“ilcomplessodelleresistenze”edelle“esperienzedisoggettivazioneedilibertà”che

si danno sulpianodell’”ontologia sociale”’317. Per ricapitolare:daunaparte, il biopotere, la

caratterizzazione più alta dellamodernizzazione capitalistica dei rapporti sociali, le grandi

struttureefunzionidelpotere,dall’altra,labiopolitica,l’emergenzadellasoggettività,glispazi

neiqualisisviluppanorelazioni,lotteeproduzionidipotere.Taledistinzione,inprimoluogo,

serve a Negri per ribadire la centralità del “lavoro”, ma anche per ricondurre il proprio

discorso verso il riconoscimento di un’«ontologia sociale», cioè di un’ontologia della

produzione nel contesto di un processo lavorativo sempre più immateriale. Tali aspetti

immaterialidellaproduzione,secondoNegri,nonsoloesprimonolaqualitàimmediatamente

sociale e relazionale del lavoro, ma ‘lo proiettano altrettanto immediatamente verso la

possibilericonquistacollettivadellasuapotenzaproduttivacontrollatadalcapitale’318.

A talproposito,ènecessarioprecisareche: ‘rilevandoquesteconnotazioni“immateriali”del

lavoro postmoderno si rischia facilmente di non far emergere la sua natura biopolitica, a

menochenonsi colgaanche ilnesso immediatoche lega tali connotazioniallaproduttività

“corporea e somatica” e all’espressione degli “affetti”. Se il linguaggio, la comunicazione, la

relazionalitàe lasocialitàsonoelementiessenzialidel lavoropostmoderno,èperchéessosi

incarna immediatamenteneicorpidella “moltitudine”,mette ingiococostantemente la loro

affettività, “produce e manipola affetti”’319. Si è già accennato a come, in virtù di quanto

appenaspiegato,NegriabbiaavviatounripensamentodelGeneralIntellect,fintantocheper

quest’ultimo si intendaun concettomarxianoma cheMarx effettivamentenonhadel tutto

esplicitato:ilprogressotecnologicohaportatoallacostituzionediunsaperesocialechenonè

più incorporato nellemacchine (e contrapposto al “lavoro”), l’«intellettualità di massa» ha

315Ivi,p.236316Cfr.A.Negri,Guide.CinquelezionisuImperoedintorni,Milano,RaffaelloCortinaEditore,2003,p.80317O.Marzocca,“Biopolitica,sovranità,lavoro.Foucaulttravitanudaevitacreativa”,inM.Galzigna,(acuradi),Foucault,oggi,Milano,Feltrinelli,2008,p.236318Ivi,p.237319Ibidem

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ormai dissolto questo rapporto per via del fatto che il cervello, in quanto strumento, si è

riappropriatodel lavoro.Ècosìche il corpoe lavitaentranoa farpartedellacooperazione

produttiva:

Perciò,per“intellettogenerale”ormaisideveintendere“ilcorpolinguisticochesièfattomacchinabiopolitica”.

Nella sua multiforme attività non è più possibile distinguere la produzione materiale e immateriale della

riproduzionedellavitaedallesuemoltepliciespressionirelazionali,affettive,corporee.Èrielaborandoinquesti

termini il temadellabiopoliticacheNegripuòsostenerecheessacostituiscaormai lacondizionedipossibilità

“di un contropotere, di una potenza, di una produzione di soggettività”, la quale si libera dal biopotere,

scaturendodallavitastessa,nonsolonel lavoroenel linguaggio,maancheneicorpi,negliaffetti,neidesideri,

nellasessualità.CiòchevarimarcatoinquestosboccodellariflessionediNegrièappuntol’ideachelabiopolitica

nonsiasoltantounterrenodiscontroconilbiopotere,maancheesoprattuttounprocessodisoggettivazione.

Conquestatesil’autoreportaalleestremeconseguenzelasuariaffermazionedellacentralitàdellavoro:poiché

laforzaproduttivadiquest’ultimononèpiùsemplicementeeconomica,masoprattuttobiopolitica,l’immediata

implicazione produttiva della vita costituisce per il lavoro anche un’immediata possibilità di produrre

soggettivitàautonomeelibere,capacidiresistereesottrarsialdominiodelcapitale320

Marzoccacollegaladefinizione,interminiontologici,dell’autonomiadalbiopoteredel“lavoro

biopolitico” espressa da Negri alla peculiare formazione spinoziana dell’autore: sarebbe

quest’ultimaafarglipensareilnessotra“moltitudine”e“biopolitica”comeun“trionfodelle

potenzedell’immanenza”,unosviluppospontaneoesenzamediazionidellapotentiacontrola

potestas321.Suquestalinea,Negrihagiocofacilenell’inserirelefoucaultianepratiche(etiche)

disoggettivazioneall’internodelnuovoparadigmadiproduzionebiopolitica,individuandola

loro origine nel “lavoro moltitudinario” (attraverso cui il lavoro riesce a riscattarsi

politicamente rispetto al capitale): ‘così, l’intreccio biopolitico tra vita e lavoro trova la

confermadelsuovaloredisostanzaontologicaelasanzionedefinitivadellasuapotenzanella

produzione eticopolitica di nuove soggettività’ 322 . Probabilmente, cedendo a questa

“tentazione ontologica”, Negri disperde buona parte dei risultati raggiunti dalla genealogia

foucaultiana, ‘in base ai quali il lavoro, nell’ambito della nostra società, deve essere

considerato un’attitudine forzosa prodotta storicamente dall’imposizione politica di una

determinata etica sociale’323. Negri, infatti, asserendo che ‘il lavoro è diventato ovunque la

sostanza comune’, che ‘il mondo è lavoro’, che ‘quando Marx riconobbe il lavoro come

320Ivi,p.238321Cfr.A.Negri,Spinoza,Roma,DeriveApprodi,2006,pp.6-18322O.Marzocca,“Biopolitica,sovranità,lavoro.Foucaulttravitanudaevitacreativa”,inM.Galzigna,(acuradi),Foucault,oggi,Milano,Feltrinelli,2008,p.238323Ibidem

108

sostanzadellastoriaumana,forsecommiseunerrore,nonperessereandatotroppooltre,ma

piuttosto per non essere andato abbastanza lontano’324, contraddice e si pone a una netta

distanza da Michel Foucault che, invece, si è espresso molto chiaramente su tale aspetto

(negandoqualsivoglia“sostanza”allepropriericostruzioni):

Nel materialismo storico, si tratta di porre alla base del sistema le forze produttive, e poi i rapporti di

produzione, per arrivare alla sovrastruttura giuridica ed ideologica, e infine a ciò che dà profondità tanto al

nostro pensiero che alla coscienza dei proletari. Secondome, i rapporti di potere sono, al tempo stesso, più

sempliciemoltopiùcomplicati.Semplicinellamisuraincuinonnecessitanodiquestecostruzionipiramidali;e

molto più complicati poiché esiste unamolteplicità di rapporti, ad esempio, tra la tecnologia del potere e lo

sviluppo delle forze produttive. Lo sviluppo delle forze produttive non può essere compreso se non

rintracciando, nell’industria e nella società, un tipo particolare o parecchi tipi di potere all’opera – all’opera

all’internodelle forzeproduttive. Il corpoumano, comesappiamo,èuna forzadiproduzione,ma il corponon

esisteinquantotale,comeunoggettobiologicoocomeunmateriale.Ilcorpoumanoesistedentroeattraverso

un sistema politico. Il potere politico assegna un certo spazio all’individuo: uno spazio in cui assumere un

comportamento, adottare una postura particolare, sedersi in un certo modo, lavorare continuamente. Marx

pensava–elohascritto–cheillavorocostituiscal’essenzaconcretadell’uomo.Iopensochequestasiaun’idea

tipicamentehegeliana. Il lavorononè l’essenzaconcretadell’uomo.Se l’uomo lavora, se il corpoumanoèuna

forzaproduttiva,èperché l’uomoèobbligatoa lavorare.Edèobbligatoperchéè investitodaforzepolitiche,è

presoall’internodimeccanismidipotere325

Èa tale rifiuto foucaultianodipensare il “lavoro”comedotatodiuncertorilevoontologico

chesegueilrimproverodinonriuscireateorizzareunconcretomododiandare“oltre”inessi

dipotere-saperedominanti.Eppure,esaminandolaproduzionepostumadelfilosofofrancese,

è facilenotare che la riflessionedi Foucault su tale aspetto è tutt’altro che risolta.Dunque,

andràprecisatocheperilfilosofofrancese‘lepratichedisoggettivazione,lungidalcostituire

unasferaeticaavulsadalleattivitàproduttiveedairapportidipotere,rappresentanotuttavia

deimodidiautoregolazionechel’uomochesiprendecuradisédevetenderecostantemente

adattivareperdareunaformaeticaalpropriocoinvolgimentosiainquelleattivitàcheinquei

rapporti’326. Allora, le pratiche di sé non sono tanto il riscatto da un potere eteronomoma

piuttosto un modo di auto-dimostrazione della propria dignità, che si articola attraverso

“conoscenza vera” e “azione retta”, in quanto ‘l’uomo che si prende cura di sé lo fa

innanzituttocercandoedicendolaveritàsull’imprevedibileproblematicitàdellasituazionein

cui vive, ovvero denunciando ogni pretesa, propria o altrui, di “produrre” o “comandare”324M.Hardt,A.Negri,IllavorodiDioniso,Roma,Manifestolibri,1995,pp.14-24325M.Foucault,Biopoliticaeliberalismo,Milano,Medusa,2001,p.51326O.Marzocca,“Biopolitica,sovranità,lavoro.Foucaulttravitanudaevitacreativa”,inM.Galzigna,(acuradi),Foucault,oggi,Milano,Feltrinelli,2008,p.238

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unilateralmente gli eventi e i rapporti politici che si danno in una simile situazione’327.

Foucault si occupadi questi argomenti conparticolare riferimento all’antichità classica,ma

nonesitaneltrasferireilbisognodipraticheugualmente‘aldiquadell’eserciziodelpoteree

aldilàdelledinamichediliberazione’anchenellacontemporaneità:

Secondolui,oggilepratichedisoggettivazioneeticadevonoessereformadiproblematizzazioneattivasiadelle

relazioniedeisistemivigentidipoteresiadegliesitiliberatoridell’evoluzionesocialeodellelottepolitiche.In

questosenso,leanticheartidell’esistenzavannoriattualizzatecomepratichedilibertàedistintenettamentedai

processi di liberazione, poiché oltrepassare i limiti di questi processi non è meno importante che resistere o

sottrarsiall’eserciziodelpotere.SecondoFoucault,“lapraticadi liberazionenonbastaadefinire lepratichedi

libertàchesarannosuccessivamentenecessarieaffinchéquelpopolo,quellasocietàequegli individuipossano

definirepersestessileformeammissibilieaccettabilidellaloroesistenzaodellasocietàpolitica”.Ciòchenon

puòessereignorato,insomma,ècheanche“laliberazioneapreuncampoperdeinuovirapportidipotere,che

vanno controllati con le pratiche di libertà”. Ma questo genere di problemi si pone anche prima che un

movimentoounprocessodiliberazionesisianoattivatichiaramente,poiché–secondoilfilosofofrancese–nella

nostrasocietàgeneralmentesigodesemprediuncertogradodilibertà,siaessail“margine”diautonomiacheci

vieneconcessodalpotere,siaesso il fruttodelsuccessodiuna lotta: “se lerelazionidipotereattraversano il

campo sociale, è perché la libertà è dappertutto”. Perciò – egli dice – è la libertà relativa di cui comunque si

disponeacostituire“lacondizioneontologicadell’etica”edèinnanzituttotalelibertàchedeveesserepraticata

eticamente.L’etica,insomma,è–secondolui–“lapraticariflessadellalibertà”,“laformariflessacheassumela

libertà”mediante la suapratica.Dunque, le pratiche foucaultianedi soggettivazione, nénell’antichità nénella

contemporaneità, sembrano trovare la loro risorsaprincipale in una “sostanza” ontologica o in una “potenza”

produttiva,malaincontranopiuttostoinunacondizioneontologicamenteinstabileedeticamenteproblematica

direlativalibertà,cheoccorresaperriconoscere,criticare,trasformare,praticare328

L’intento di Foucault, si potrà allora affermare, non è quello di negare la portata della

“repressione”madinonesaltare troppo i tentatividi “liberazione”,vistochequest’ultimaè

fortementecontemplatanelle,ormaiprevalenti, formedipotere “non-repressive”esercitate

su ogni campo del “vivente”. Detto questo, il filosofo francese non manca di giudicare

positivamente le lottecheavvengonosulpianobiopolitico,soloche,diversamentedaNegri,

non considera tale piano un luogo dove “immediatamente” la vita si presenta come

“contropotere”,producendosoggettivitàinsorgenti:

Sipuòdirepiùprecisamenteche–secondoFoucault–lelottebiopolitiche,malgradolalorocaricadirompente,

rappresentinoancheunasortadiriflessocondizionatorispettoall’assunzionedapartedelpoteredellavitacome

propriooggettoprivilegiato: inesse“lavitacomeoggettopoliticoèstata inuncertosensopresaalla letterae

327Ibidem328Ivi,pp.240-241

110

capovolta contro il sistema che cominciava a controllarla”. Il che significa tra l’altro che, sottovalutando o

ignorandoilfattocheilbiopoterestessosirapportaallavitaconapprocciopositivo,iprotagonistidiquestelotte

siispiranoaunacertavisione“mitologica”eimpropriamenteontologicadellavitastessa,percuiessasarebbeil

luogodel“diritto”aritrovare,aldilàditutteleoppressionio“alienazioni”quelchesièetuttoquelchesipuò

essere329

Insomma,una lottachenonprendeinconsiderazione ilrapportoche il “biopotere”cercadi

instaurarecon la“verità”deldesiderioedelcorpo,dellanaturaedellavita–siricordiche,

producendo“sapere”, il “potere”determinadeglieffettidi “piacere”, senza iqualinonsene

potrebbespiegare il radicamentoe la capillarità–nonpotràmai innovare ilproprioraggio

d’azioneetico-politico,paresuggerireFoucault.Suquesta linea, il filosofo francesemette in

discussione la capacità di pensarci come “soggetti di desiderio”, come detentori di una

potenza “produttiva”. È in particolare su questo punto che si consuma buona parte della

distanzachecorretraFoucaulteDeleuzee,quindi, traFoucaulteNegri: il filosofofrancese,

infatti,‘nonhamaiassegnatoalla“forzaproduttiva”deldesideriounafunzioneeticamenteo

politicamentecostitutiva’330.TornandoallaprospettivacaraaNegri, inultimaanalisi,sipuò

direcheperFoucault‘nonc’èalcunagaranziachel’accresciutapotenzaintellettuale,socialee

“biopolitica”dellavoropostmoderno,unavolta“riappropriata”nondialuogoanuovisistemi

e rapporti di potere resi eventualmente più cogenti da questa stessa potenza. Insomma, la

liberazione produttiva di tale potenza non si traduce necessariamente in una possibilità

accresciutadiautonomiapolitica,senzal’elaborazionedipraticheadeguatedilibertà’331.

PiùsullascortadiSpinoza(Deleuze),comesièaccennato,chedellecorrentifreudo-marxiane

tantoapprezzatedallalottasessantottina(ipotesirepressiva),perNegri,una“resistenza”che

possa dirsi realmente tale deve essere in grado di non farsi assorbire e razionalizzare dal

biopotere, che ha ormai completamente investito la società: essa, per riuscirci, non potrà

avereleproprieradicinelbiopotere,piuttostodovràessereincontattoconilcuorepulsante

dellavita,un“qualcosa”diontologicamenteprecedenteal“potere”stesso:

La vita comunquedevepassare attraverso l’assoggettamento al biopotere, al suomeccanismoproduttivo, per

accedere ad una condizione di piena soggettività, che ne libera le forze vitali immanenti. Attenzione: fino a

questopuntoladialetticadellapiegaimpostaalviventeperlasuasoggettivazioneeracertamenteimplicitanel

discorso foucaultiano, ma, mentre in Foucault si procede verso una liberazione/soggettivazione di ciò che il

biopoterehaprodotto,quiilgiocovirtuale/attualeevidenziaunquidprecedentealladeviazionedelpoteresulla

329Ivi,p.242330Ivi,p.243331Ivi,p.244

111

vita,chepuòliberarsinellasuaoriginaria,pienapotenzadivita.Se,insomma,ilpotere“investe”lavita,allorala

vita esisteva in sé,nella suapotenzialitàdi intensificazione cheproprio il biopotere rendeevidente.La critica

politica di Negri e Hardt non solo rigetta l’ipotesi repressiva sul potere, ma ne riconosce compiutamente la

produttività–concettochiavedelbiopoterefoucaultiano-;pone,però,l’accentosuquelquidontologicovirtuale

cheilpoteresuscitaeintensifica:lavita,pensataquicomeforza,piuttostochecomeforma332

Negri,riscontratoil“silenzio”diFoucault(sièvistocome,inrealtà,ilfilosofofranceseabbia

piùdiqualcosadadireinproposito),sirivolgeall’operadiDeleuzeeGuattaripertrovareuna

risposta“post-strutturalista”alladomandariguardanteilbios.D’altraparte,anchenell’opera

degliautoridiMillePianivienerintracciataunacolpevolemancanzadiapprofondimento: ‘il

loro lavoro demistifica lo strutturalismo e tutte le concezioni filosofiche, sociologiche e

politiche che fanno della rigidità del quadro epistemologico un ineluttabile punto di

riferimento. Essi richiamano la nostra attenzione alla sostanza ontologica della produzione

sociale. Le macchine producono. Il costante funzionamento delle macchine sociali nei loro

differentidispositivieassemblaggiproduceilmondo,unitamenteaisoggettieaglioggettiche

lo costituiscono. Tuttavia, Deleuze e Guattari sembrano capaci di concepire positivamente

solo i movimenti continui e i flussi assoluti in questo modo, anche nel loro pensiero, gli

elementicreativiel’ontologiaradicaledellaproduzionenelsocialerisultanoprividisostanza

e, in definitiva, impotenti. Deleuze e Guattari scoprono la produttività della riproduzione

sociale (produzione creatrice di valori, di relazioni sociali, di affetti, di divenire), ma la

articolano in maniera superficiale ed effimera, come un orizzonte caotico e indeterminato

segnatodall’ineffabilitàdell’evento’333.

Dopoquantodetto, è possibile affermare che c’è una vera e propria “euforica affermatività

ontologica”dietrolecritichemossedaNegriaFoucaulteDeleuze;lariproduzionebiopolitica

èriversatatuttaall’internodellaproduzioneontologicadelsoggetto:

Ilnostrocompitosaràalloraquellodiprocederesullebasidiquestitentativiparzialmenteriuscitidiriconoscere

ilpotenzialedellaproduzionebiopolitica.Percollegarecoerentementelediversecaratteristichechequalificano

il contestobiopolitico cheabbiamoanalizzato sinoaquestopuntoe ricondurleall’ontologiadellaproduzione,

dovremoessere in gradodi identificare la nuova figuradel corpo collettivobiopolitico, cosa che appare, a un

tempo, contraddittoria e paradossale. Questo corpo diviene una struttura non negando l’originaria forza

produttiva che lo anima, ma restituendogliela; esso diviene linguaggio (scientifico e sociale) in quanto

moltitudinedi corpi singolari edeterminati in relazione tradi loro. Si puòdunqueparlarediproduzioneedi

riproduzione,distrutturaesovrastruttura,inquantosonoingiocolavita,nelsensopiùampiodellaparola,ela

332L.Bazzicalupo,Biopolitica,Roma,Carocci,2010,p.93333M.Hardt,A.Negri,Impero,Milano,Bur,2003,p.43

112

politica in senso proprio. La nostra analisi deve inoltrarsi nella giungla delle determinazioni produttive e

conflittuali espressedal corpocollettivobiopolitico. Il contestodellanostraanalisidevedunqueesserequello

dellemanifestazionidellavitastessa,ilprocessocostitutivodelmondoedellastoria.L’analisinondevemuoversi

attraversoformeideali,maneldensocomplessodell’esperienza334

Percompierequestoprogetto,chenonsipuònondefinire“politico”,aNegrirestapursempre

lapossibilitàdi far levasul livelloontologicopropostodaSpinoza,dovepotenzacorporeae

veritàsitrovanofermamentesaldate:affrontareilbiopotere,allentarnelamorsa, invirtùdi

una “forza ontologica” che è lontanissima dalla resistenza condizionata di Foucault e

dall’impotenza (consapevole) alla quale approderebbeDeleuze. Dissolta ogni differenza tra

naturale e artificiale, tra umano e macchina, rimangono da oltrepassare le mutazioni, le

mescolanzeeleibridazionichetaledissoluzionehalasciatoinereditàeinventareun“luogo

nuovonelnonluogo”eun“desideriocheformauncorponuovo”:

C’èbisognodiuncorpochesiaincapacediadattamentofamiliare,chesiarefrattarioalladisciplinadifabbrica,ai

regolamentidellavitasessualestandardecosìvia.(Setrovatecheilvostrocorporifiutale«normali»formedi

vita, non disperate: rallegratevi per il vostro talento!) Oltre che essere radicalmente impreparato per la

normalizzazione, comunque, un nuovo corpo deve essere in grado di creare nuova vita. Occorre, dunque,

procedere nella definizione di questo nuovo luogo del non-luogo, ben oltre le esperienze di mescolanza e

ibridazione e oltre gli esperimenti che avvengono intorno a esse. Si deve giungere a un artificio politico, un

divenire artificiale, nel senso umanistico dell’homohomo prodotto dall’arte e dalla conoscenza, e, in senso

spinoziano,diuncorpopotenteprodottodallapiùaltaformadicoscienzamossadall’amore.Gliinfinitipercorsi

deibarbaridevonocreareunnuovomododivita335

Daprecisarecheinquesteparolenonc’è“vitalismo”,unafilosofia“reazionaria”,diràNegri:‘la

nozionediBios,nelmodoincuièpresentenelleanalisibiopolitichediFoucaulteDeleuze,è

tutt’altracosa:hasceltodirompereconquellagrigliadipensiero.Pernoi,chepensiamosulla

loro scia, la biopolitica non è un ritorno alle origini, unamaniera di ri-radicare il pensiero

nellanatura;alcontrario,è iltentativodicostruirepensieroapartiredaimodidivita–che

siano individuali e collettivi -, di fare partire il pensiero (e la riflessione sul mondo)

dall’artificialità – intesa come rifiuto di ogni fondamento naturale – e dalla potenza della

soggettivazione.Labiopoliticanonèunenigma,oppureuninsiemedirelazioniimbrogliatein

maniera così inestricabile che la sola possibilità di uscirne sembrerebbe essere

334Ivi,p.45335Ivi,p.206

113

l’immunizzazione della vita: essa è al contrario il terreno ritrovato di ogni pensiero politico,

nellamisuraincuièattraversatadallapotenzadeiprocessidisoggettivazione’336.

Ènellaproduzionedisoggettivitàchesiesprime,nonostante ilbiopotere, l’«eccedenza»che

rendeil“vivente”tale,ènellabiopoliticachel’«eccedenza»halapossibilitàdiautovalorizzarsi

e liberarsidall’assoggettamento: sarà la sua “natura rivoluzionaria”apermetterle, infine,di

riappropriarsi di se stessa (sottraendola al ruolo in cui è attualmente costretta, quella di

mezzodiproduzionedelcapitalismoimmateriale)edellasuacapacitàdiauto-prodursi.

336A.Negri,Fabbricadiporcellana,Milano,Feltrinelli,2008,p.30

114

Conclusione

‘Lamoltitudineèilnomediuna«immanenza».Lamoltitudineèuninsiemedisingolarità’337,

infatti,daunaparteessaèunatracciaontologica,larealtàcheresta,unavoltacheilconcetto

di“popolo”,figuraegemonenelpensieromoderno,siliberadalriferimentoauna“sovranità”

trascendente, dall’altra, rappresenta non tanto “individui” quanto singolarità «non

rappresentabili». Questa “moltitudine” è una figura “biopolitica”, fin tanto che per

quest’ultima si intende un’«estensione della lotta di classe», perché “moltitudine” è,

innanzitutto,un“concettodiclasse”.Anchesedeveessereconsideratoinmanieradiversada

quello di “classe operaia”, in quanto ‘limitato sia dal punto di vista della produzione (esso

include essenzialmente i lavoratori dell’industria) sia dal punto di vista della cooperazione

sociale (esso comprende infatti solo una piccola quantità dei lavoratori che operano nel

complesso della cooperazione sociale)’338. La “moltitudine” è, invece, sempre produttiva e

sempreinmovimento–diceNegri–‘dalpuntodivistatemporalesincronico,lamoltitudineè

sfruttata nella produzione; e anche quando sia riguardata dal punto di vista spaziale

diacronico, lamoltitudine è sfruttata in quanto costituisce società produttiva, cooperazione

sociale per la produzione’ 339 . Allora, per la “moltitudine”, intesa come “classe”, lo

“sfruttamento”nonriguardagliindividuimalacooperazionedell’insiemedellesingolarità:

Sinotichelaconcezione“moderna”dellosfruttamento(quelladescrittadaMarx)èfunzionaleaunaconcezione

dellaproduzionedicuivengonofattiattorigliindividui.Soloperchécisonodegliindividuicheoperano,soloper

questoillavoroèmisurabiledallaleggedelvalore.Ancheilconcettodimassa(inquantomultiploindefinitodi

individui)èunconcettodimisura,meglio,èstatocostruitonell’economiapoliticadel lavoroaquestoscopo.In

questosensolamassaèilcorrispettivodelcapitalequantoilpopololoèdellasovranità340

Alcontrario,losfruttamentodellamoltitudineè“incommensurabile”.Icriteridimisurazione

validi per altrimomenti storici, nel suo caso, sono damettere radicalmente in discussione

perché essa è una potenza che produce oltre misura. In questo senso, la “carne” della

moltitudine ha la necessità di espandersi fino alla definitiva trasformazione in “corpo” del

GeneralIntellect:

337A.Negri,Guide.CinquelezionisuImperoedintorni,Milano,RaffaelloCortinaEditore,2003,p.129338Ivi,p.130339Ibidem340Ibidem

115

Quandoconsideriamoquestopassaggio,meglio,questoesprimersidellapotenza,possiamo farlo seguendo tre

linee:a)lagenealogiadellamoltitudinenelpassaggiodalmodernoalpostmoderno(o,sevolete,dalfordismoal

postfordismo). Questa genealogia è costituita dalle lotte della classe operaia che hanno dissolto le forme di

disciplina sociale del “moderno”; b) la tendenza verso il General Intellect. La tendenza, costitutiva della

moltitudine, verso modi di espressione produttiva sempre più immateriali e intellettuali, vuole configurarsi

comeassolutorecuperodelGeneralIntellectnellavorovivo;c)lalibertàelagioia(nonchélacrisielafatica)di

questopassaggio innovativo, che comprendeal suo interno continuità ediscontinuità; insomma,qualcosa che

puòesseredefinitocomesistoleediastolenellaricomposizionedellesingolarità341

Dettociò,sostieneNegri,èpossibiletentareladefinizionediun’«ontologiadellamoltitudine».

Tale “potenza” rende evidente come la “relazione di comando” alla base del lavoro

immaterialesia,inrealtà,insussistente.Come“corpo”delGeneralIntellect,“soggettosociale

attivo”essamostracome‘ilsapereèsempreeccedenterispettoaivalori(mercantili)neiquali

si intende racchiuderlo’342. Il terreno ontologico dellamoltitudine è, allora, l’esperienza del

“comune”,ovverociòchenonesigenécomandonésfruttamento.Questopiano,presupposto

all’attività umana nella sua interezza (produzione e riproduzione), si costituisce grazie al

«linguaggio»: ‘è quando il lavoro vivo e il linguaggio s’incrociano, e si definiscono come

macchinaontologica–èallorachel’esperienzafondatricedelcomunesiinvera’343.Tirandole

somme:

Lamoltitudineècompostadauncomplessodisingolarità,ovepersingolaritàintendiamosoggettisocialilecui

differenzenonpossonoessere ridotte ad alcuna identità: differenze che restanodifferenti. Le componenti del

popolosonodiperséindifferentineiriguardidellapropriaunità:confluisconoinun’unitànegandoomettendo

dapartelelorodifferenze.Lesingolaritàpluralidellamoltitudinesicontrappongonopuntoperpuntoall’unità

indifferenziatadelpopolo.Malamoltitudine,benchémolteplice,nonèun’unitàframmentata,nonèanarchicané

incoerente. Il concettodimoltitudineè antiteticoanchenei confrontidiuna seriedinozioni chedesignano le

collettivitàplurali,comelafolla,lemasseelaplebe.Datocheidifferentiindividuiogruppicheformanolafolla

non sono legati da una qualche forma di coerenza e non condividono nessun elemento comune, la collezione

delledifferenzedacuiessaècostituitaapparecomequalcosadiinerteocomeunmeroaggregatoindifferente.I

componenti dellemasse, della plebe e della folla non sono singolarità, e ciò emerge chiaramente osservando

comelelorodifferenzeinternevenganofacilmenteassorbitenell’indifferenzadell’intero.Inoltre,questisoggetti

sociali sono fondamentalmente passivi – non possono cioè agire autonomamente – e dunque devono essere

guidati in qualche modo. La folla, la plebe e la massa possono produrre effetti sociali – spesso orribilmente

distruttivi–manonpossonoagireaccordandosidi loro iniziativa,equestaè laragioneper laqualesonocosì

facilmentemanipolabili. Il terminemoltitudine,alcontrario,designaunsoggettosocialeattivocheagiscesulla

341Ivi,p.131342Ivi,p.138343Ibidem

116

basediciòchelesingolaritàhannoincomune.Lamoltitudineèintrinsecamentedifferente,unsoggettosociale

molteplice, la cui costituzione e le cui azioni non sono deducibili da alcuna unità o identità (più o meno

indifferente),madaquellocheisoggettichelacompongonohannoincomune344

Nellasocietàpostmoderna,dissoltosi(quasicompletamente)ilmododiproduzionetaylorista

e il modello di consumo fordista, non si possono più comprendere le relazioni di classe

analizzandolevecchie“identità”(peresempio,gli“operaidifabbrica”).Perquestomotivo,si

fa sempre più pressante l’emergenza della “moltitudine”: essa non solo è “classe”

postmoderna e postfordista perché si costituisce in base a un concetto biopolitico, cioè

politico-economico, ma anche in quanto permette di riaffermare la possibilità di “agire in

comune”dellesingolarità.D’altraparte,suquestalineasipuòaffermarechela“moltitudine”

permettedirecuperarelamarxiana“lottadiclasse”,unavoltaprecisato,però,comeessa‘non

è riducibile all’esistenza empirica della classe, ma è fondata sulle sue condizioni di

possibilità’345 . D’altronde, per Negri, il concetto di “classe operaia” e sempre stato più

esclusivo che inclusivo: si riferisce solo ai lavoratori dell’industria, ai lavoratori salariati, in

pratica,la“classeoperaia”èlaclasseproduttivasottoilcomandodirettodelcapitale,percui

solo essa può lottare efficacemente contro quest’ultimo (se le altre “classi subalterne”

voglionolottarecontroilcapitale,possonofarlosolosottoladirezionedellaclasseoperaia).

Tuttavia,sesiritiene,comeilfilosofoitaliano,chetutteleformedellavorosono“socialmente

produttive” – nonostante la “classe” degli operai di fabbrica non abbia perso la sua

importanza (ma soltanto la sua “priorità”, la sua “centralità”) – bisognerà costruire un

progetto politico quanto più aperto e ampio possibile. Infatti, considerando che ‘il lavoro

immateriale occupa attualmente la stessa posizione che il lavoro industriale occupava

centocinquanta anni fa’346, il concetto di “moltitudine” ha il grande vantaggio di riuscire a

com-prendere all’internodella lottadi classe tutti coloro che lavoranoeproducono sotto il

comandodelcapitale.

Di fronte a un biopotere capitalistico che sempre più colonizza e occupa ogni aspetto del

tessuto biopolitico, ancora una volta, Negri afferma la “liberazione della vita” grazie a una

“categoria” che sembra rinviare all’«essere» stesso. La “potenza” contro l’egemonia del

“potere”: se il lavoro immateriale, ormai forma precipua del modo di produzione e del

processodivalorizzazione, investe la “vita”,significachenella“vita”èpossibilerintracciare

un’«eccedenza»dallaqualefaremergereun“contropotere”,ossiaunluogo(localizzabilenello

344M.Hardt,A.Negri,Moltitudine.Guerraedemocrazianelnuovoordineimperiale,Milano,Rizzoli,2004,p.233345Ivi,p.243346Ivi,p.252

117

stretto rapporto che unisce lavoro e linguaggio) di produzione di soggettività e quindi dis-

assoggettamento.Ecco,allora,l’importanzadi«Fare-moltitudine»,cioè“produrresoggettività

politica”, facendoperno sulla considerazione cheattraverso il “desiderio”e la sua tendenza

generativa, dunque la sua “produttività”, la prospettiva ontologica e quella antropologica si

trovano a coincidere347. Insomma, il “dominio politico” è, nel progetto politico negriano,

destinato a cedere sotto la forza “desiderante” della “potenza” biopolitica. Tale percorso di

sovversione è poggiato, per stessa ammissione di Negri, sull’analisi foucaultiana delle

relazioni di potere, fintantoché si ammette che Foucault non esclude il darsi

dell’«antagonismo»tradominantiedominati:

Dicontro,quellasuaconcezionenonèmaistatacircolare,emai ledeterminazionidelpoteresonostate,nelle

sueanalisi,preseinungiocodineutralizzazione.Nonèverocheilrapportofraimicropoterisisviluppiatuttii

livelli della società senza rottura istituzionale fra dominanti e dominati. In Foucault si danno sempre

determinazionimateriali,sensiconcreti:nonc’èunosviluppochesiappiattiscainequilibrio,quindinonc’èuno

schemaidealisticodellosviluppostorico.Seogniconcettoèfissatoinun’archeologiaspecifica,essoèpoiapertoa

unagenealogiadicuinonconosciamoilfuturo.Laproduzionedisoggettività,inparticolare,perquantoprodotta

edeterminatadalpoteresviluppasempreresistenzechesiapronoattraversodispositivi incontenibili.Le lotte

determinano davvero l’essere, lo costituiscono – e sono sempre aperte: solo il biopotere cerca una loro

totalizzazione.Inrealtà,lateoriasipresentacomeanalisidiunsistemaregionalediistituzioni,dilotte,discontri

edi intrecci, equeste lotteantagonisticheapronosuorizzontionnilaterali.Questovale sia sulla superficiedei

rapportidiforzasianell’ontologiadisestessi.Quindi,nonsitrattainnessuncasosiritornareaun’opposizione

(nella forma della pura esteriorità) fra il potere e la moltitudine, ma di permettere alla moltitudine, nelle

smisurateretichelacostituisconoenelleindefinitedeterminazionistrategichecheessaproduce,diliberarsidal

potere.Foucaultnegalatotalizzazionedelpoteremanoncertolapossibilitàdapartedeisoggettiinsubordinati

dimoltiplicaresenzafinei“foyersdilotta”ediproduzionedell’essere348

Sihal’impressionecheNegri,almenofinoaImpero,purriconoscendol’influssoesercitatoda

Foucault sul suo pensiero, in generale, abbia voluto mostrare i “limiti” teorici del filosofo

francese, ponendosi come continuatore del suo metodo, ma pur sempre in virtù di quelle

precisazioni, di quelle “correzioni”, che si sono esposte nel precedente capitolo. Nelle sue

operesuccessive,invece,èpossibileriscontrareunasortadi“inversione”daquestopuntodi

vista: nel pensiero del filosofo francese, Negri rintraccia delle “analisi” che non solo

confermanolalegittimitàdeldiscorso“politico”portatoavanti,macheinveranoanchelasua

«ontologia».

347Cfr.M.Hardt,A.Negri,Impero,Milano,Bur,2003,pp.258-261348A.Negri,Guide.CinquelezionisuImperoedintorni,Milano,RaffaelloCortinaEditore,2003,p.139

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Presuppostociò,inNegri–lacuioperapiùrecenteèinteramentecentratasul“salvataggio”di

unaprospettiva“rivoluzionaria”–èimpellentelanecessitàditrovareunfilorossochemetta

inconnessioneirisultatiemersidall’analisi“genealogica”diFoucaulteunprogettopoliticodi

sovversionedell’esistentecheforsesarebberiduttivo,manoninesatto,ritenere“marxista”.In

tal senso, dicendo che quando il potere si estende, diffondendosi in tutti i rapporti sociali,

diametralmente,provoca l’estensionedell’antagonismo ‘nellospaziocheprendepostotra la

potenzaeilpotere,nellemagliepiùfinideltessutosocialeenellatotalitàdellearticolazioni

del potere politico’349, Foucault ricondurrebbe il “desiderio”, la “libido”, all’interno stesso

dell’antagonismo sociale e della lotta politica. A questo punto, suggerisce Negri (operando

l’ennesimaevidente “forzatura”),Foucaultavrebbereinserito l’«ontologiadellaproduzione»

all’interno del tessuto biopolitico. Allora, mentre il biopotere cerca di imporre con forza

l’omologazionedellasocietà,quest’ultima–che“ontologicamente”siesprimenei terminidi

“differenza”e“creatività”–attua(spontaneamente)lapropria“resistenza”.L’ipotesidiNegri

èchesiapropriola“resistenza”apermetterealla“differenza”ealla“creatività”dirapportarsi

tralorosulpianodell’«essere».Lostatutoontologicodiquestiduetermini,dunque,nonpuò

cheessereassegnatoanchealla“resistenza”:

Quandosiparladidifferenza,siparladunquediresistenza.Ladifferenzanonpuòesserericonosciutaall’interno

dell’omologazionecheilbiopotereesercitasullasocietà.Quandosiparladelladifferenza,sidiceprecisamentela

maniera in cui la resistenza emerge contro la massa compatta del biopotere, per affermare la consistenza

comunedeltessutobiopolitico.Èsolorinnovandocontinuamentequestotessutointerminidicreatività,dimodo

divita,didistruzioneditutteleformediessenzaodiidentità,cheladifferenzapotràessereaffermataecheil

comunepotràesserecostruito350

Anche se Negri ritorna più volte su questo punto351, come si è visto, pare riproporre,

nonostantele“metamorfosibiopolitiche”(eantropologiche)chel’hannoriguardatael’inedito

terrenodilotteeformediproduzionesulqualesitrovaadagire,propriola«classeoperaia»

intesaperò,inmodo“inclusivo”,come‘unaforzalavoroimmaterialeeintellettuale,linguistica

e cooperativa, che corrisponde a una nuova fase dello sviluppo produttivo fondato

sull’eccedenzadellavoro,cioèsullacreativitàdellavorovivo’352.Sipuòsostenere,allora,che

ciò che più interessa Negri è, ancora una volta, innanzitutto, l’individuazione del nuovo

349A.Negri,Fabbricadiporcellana,Milano,Feltrinelli,2008,p.88350Ivi,p.90351Cfr.A.Negri,Guide.CinquelezionisuImperoedintorni,Milano,RaffaelloCortinaEditore,2003,p.29352A.Negri,Fabbricadiporcellana,Milano,Feltrinelli,2008,p.94

119

“proletariato” originatosi a partire dalle forme di depoliticizzazione imperiale, e poi,

l’organizzazionepoliticadiquest’ultimo(ladomandaè:“comesiorganizzailcomune?”).

Lo“slittamento”dellaquestionesulpianodell’ontologico,inquestosenso,èfondamentale.Se

nell’Imperolospazioeiltempodellalottadiventano“nonluogo”ed“evento”,la“resistenza”e

la capacità di “organizzazione” della stessa dovranno trovarsi nella stessa costituzione

essenziale degli “sfruttati” e di “ciò che è sfruttato”. Se l’ordine imperiale è l’estrema

rappresentazione della violenza fatta sulla “potenza”, nondimeno esso spalanca tutte le

possibilitàdella“biopolitica”:neconseguechela“vita”deveessereperforzadicose“altro”da

quel “potere” che vuole imporre il proprio controllo su di essa, in maniera sempre più

stringente(e“all’infinito”).Ilprogettopoliticochevorràinaugurareun“contro-Impero”,una

“democraziaassoluta”,quindi,nonpotràchepoggiaresullaconsiderazionediun“essere”che

solo la costruzione cooperativa di strumenti di comunanza potrà “ri-conoscere”. Inoltre, è

esclusivamente una “lotta per il potere” che preveda la destrutturazione del “comando”,

ovvero l’estrema affermazione della produttività “desiderante” della “moltitudine”, a poter

pienamente,consapevolmente,realizzareunatrasformazionepolitica,eticaeantropologicain

questosenso.

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Bibliografia

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