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De Divina Proportione. Triennale 1951, con Fulvio Irace (a c. di), Electa, Milano 2007

Date post: 12-May-2023
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Sommario 8 Presentazione di Fulvio Irace James Ackerman, Ricordi della Nona Triennale, De Divina Proportione 34 Il Convegno Rudolf Wittkower, Finalità del Convegno Rudolf Wittkower, Alcuni aspetti delle proporzioni nel Medioevo e nel Rinascimento Matila Ghyka, Simmetria pentagonale e sezione aurea nella morfologia degli organismi viventi James Ackerman, Le proporzioni nell’architettura gotica: Milano, 1400 Charles Funck-Hellet, La divina proporzione nella pittura del Rinascimento italiano Piero Sanpaolesi, Proporzioni del Brunelleschi Giusta Nicco Fasola, Ricorsi della “proporzione” Andreas Speiser, Proporzioni e gruppi Hans Kayser, “Harmonik”, la dottrina del suono nel mondo Gillo Dorfles, Incommensurabilità della scala musicale Adrien Turel, Tesi per la Triennale di Milano del 27-29 settembre Sigfried Giedion, Il tutto e la parte nell’architettura contemporanea Pier Luigi Nervi, Le proporzioni nella tecnica Ernesto N. Rogers, Misura e grandezza Salvatore Caronia Roberti, Fondamento geometrico dei concetti di proporzione, simmetria ed euritmia Bruno Zevi, La quarta dimensione e il problema delle proporzioni nell’architettura moderna Le Corbusier, Proporzioni e tempi moderni Gino Severini, Rapporti armonici antichi e arte moderna Max Bill, L’uomo e lo spazio Georges Vantongerloo, Proporzione e simmetria Lucio Fontana, Concetto spaziale e architettura moderna Ignazio Gardella, La tecnica e le arti Gino Levi Montalcini, Note per uno studio sulla relatività delle proporzioni reali editor Nunzio Giustozzi design Paolo Tassinari, Leonardo Sonnoli (Tassinari/Vetta) impaginazione Showa Pluchinotta coordinamento editoriale Maria Bugli Fra le molte persone che ci hanno aiutato nella redazione di questo volume vorremmo ringraziare particolarmente Gillo Dorfles e Guido Canella, che si sono prestati a condividere i loro ricordi e le loro riflessioni sul convegno; e poi Paolo Campiglio, Roberto Dulio, Caroline Espinal e il personale della Fondation Le Corbusier, Antonella Gioli, Francesco Gnecchi-Ruscone, Flaminio Gualdoni, Michelle Harvey degli archivi del Museum of Modern Art di New York, Giuliano Moreschi, Carla Morogallo, Matteo Noja, Stefano Poli, Umberto Pregliasco, Ettore Sessa, Tommaso Tofanetti e il personale degli archivi della Triennale di Milano. Chiara Pochintesta ha effettuato lo spoglio delle riviste dell’epoca. Il ringraziamento più grande va a Maria Luisa Scalvini, che ha accompagnato lo svolgersi delle ricerche ed è stata preziosissima e generosa nelle osservazioni e nei consigli. © 2007 by Mondadori Electa S.p.A., Milano Tutti i diritti riservati www.electaweb.com
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Sommario

8 Presentazione di Fulvio IraceJames Ackerman, Ricordi della Nona Triennale, De Divina Proportione

34 Il ConvegnoRudolf Wittkower, Finalità del ConvegnoRudolf Wittkower, Alcuni aspetti delle proporzioni nel Medioevo e nel RinascimentoMatila Ghyka, Simmetria pentagonale e sezione aurea nella morfologia degli organismi viventiJames Ackerman, Le proporzioni nell’architettura gotica: Milano, 1400Charles Funck-Hellet, La divina proporzione nella pitturadel Rinascimento italianoPiero Sanpaolesi, Proporzioni del BrunelleschiGiusta Nicco Fasola, Ricorsi della “proporzione”Andreas Speiser, Proporzioni e gruppiHans Kayser, “Harmonik”, la dottrina del suono nel mondoGillo Dorfles, Incommensurabilità della scala musicaleAdrien Turel, Tesi per la Triennale di Milano del 27-29 settembreSigfried Giedion, Il tutto e la parte nell’architettura contemporaneaPier Luigi Nervi, Le proporzioni nella tecnicaErnesto N. Rogers, Misura e grandezzaSalvatore Caronia Roberti, Fondamento geometrico dei concetti di proporzione, simmetria ed euritmiaBruno Zevi, La quarta dimensione e il problema delle proporzioni nell’architettura modernaLe Corbusier, Proporzioni e tempi moderniGino Severini, Rapporti armonici antichi e arte modernaMax Bill, L’uomo e lo spazioGeorges Vantongerloo, Proporzione e simmetriaLucio Fontana, Concetto spaziale e architettura modernaIgnazio Gardella, La tecnica e le artiGino Levi Montalcini, Note per uno studio sulla relatività delle proporzioni reali

editorNunzio Giustozzi

designPaolo Tassinari, Leonardo Sonnoli(Tassinari/Vetta)

impaginazioneShowa Pluchinotta

coordinamento editorialeMaria Bugli

Fra le molte persone che ci hanno aiutato nella redazione di questo volume vorremmoringraziare particolarmente Gillo Dorfles e Guido Canella, che si sono prestati a condividere i loro ricordi e le loro riflessionisul convegno; e poi Paolo Campiglio, RobertoDulio, Caroline Espinal e il personale dellaFondation Le Corbusier, Antonella Gioli,Francesco Gnecchi-Ruscone, FlaminioGualdoni, Michelle Harvey degli archivi delMuseum of Modern Art di New York, GiulianoMoreschi, Carla Morogallo, Matteo Noja,Stefano Poli, Umberto Pregliasco, Ettore Sessa,Tommaso Tofanetti e il personale degli archividella Triennale di Milano. Chiara Pochintestaha effettuato lo spoglio delle riviste dell’epoca. Il ringraziamento più grande va a Maria LuisaScalvini, che ha accompagnato lo svolgersi delle ricerche ed è stata preziosissima e generosa nelle osservazioni e nei consigli.

© 2007 by Mondadori Electa S.p.A., MilanoTutti i diritti riservati

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Luigi Cosenza, Alla ricerca di un linguaggio architettonico modernoSigfried Giedion, Relazione di sintesi

134 TestimonianzeVittorio GregottiGillo DorflesGuido CanellaInserto fotografico: il convegno

Anna Chiara Cimoli, Il Primo Convegno Internazionale sulla Proporzione nelle Arti: una storia interrotta

Inserto fotografico: la Mostra di Studi sulle Proporzioni

Toyo Ito, Realtà e materia nell’architettura contemporanea

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Schede biografiche

Bibliografia

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riosamente levata, si ferma tutta una generazione di architetti, in Italia e nelresto del mondo. Nella necessità di stabilire una vitale continuità – la stessache Ernesto N. Rogers esprimeva su “Casabella” e, in versi, nella mostraArchitettura misura dell’uomo in quella medesima Triennale, estendendo ilconfronto anche a episodi meno usuali come il tempio di Angkor Vat ol’esperienza di Muybridge – ma al tempo stesso di procedere a passo sveltoverso un futuro possibilmente migliore, il Modulor era l’alleato che mancava:colui che abbracciava la tecnologia parlando una lingua colta.

Oltre a questi due capisaldi, tutta una robusta e fondamentale letteraturaanima, alla svolta degli anni Cinquanta, il dibattito sulle proporzioni. Dueallievi di Wittkower vi contribuiscono specialmente: James S. Ackerman conil suo Ars sine Scientia Nihil Est: Gothic Theory of Architecture at theCathedral of Milan4, anch’esso del 1949, che sarebbe stato la traccia primige-nia del suo intervento al convegno di Milano, e Colin Rowe – stranamentenon invitato a partecipare – con The Mathematics of the Ideal Villa (1947) eMannerism in Modern Architecture (1950)5. Il primo scritto, in particolare,ha un impatto fortissimo sull’impianto critico attraverso cui si guarda, inquegli anni, al moderno6.

Questa fioritura eccellente non nasceva dal nulla, ma affondava le proprie

Chissà! Forse è proprio la banalità la cosa che deve esserescoperta, cioè l’associazione armonica “uomo-ambiente” e nonl’uomo interplanetario o l’uomo speculativo. Qui si tratta dicostruire città, case, attrezzature di cui l’uomo è il destinatario,il manipolatore, l’utente. Ora, l’uomo, nel suo corpo, nelladimensione delle sue membra, in tutto ciò che determinal’occupazione dello spazio durante le sue attività quotidiane,deriva dalla funzione F.

Le Corbusier, Modulor 2, 1955

Una rilettura del clima in cui si svolge il Primo Convegno Internazionalesulle Proporzioni nelle Arti non può che prendere le mosse dai due testi-cardine usciti alla sua vigilia, convitati di pietra di quelle memorabili gior-nate di studio: Architectural Principles in the Age of Humanism di RudolfWittkower (1949, tradotto in Italia nel 1964) e Le Modulor di Le Corbusier(1950, tradotto nel 1974)1. Fra questi due pilastri si colloca il dramma delconvegno, con un prologo all’insegna della febbrile organizzazione e delleadesioni eccellenti; un’azione vera e propria in cui si delineano, giorno dopogiorno, posizioni e geometrie, e un epilogo “aperto”: vedremo il perché.

A un’Italia tutta concentrata sull’urgenza della ricostruzione non sfuggela portata contemporanea del messaggio di Wittkower: ovvero quell’idea dirapporto, di misura, di norma che sta alla base della coordinazione modula-re, legittimandola2. La Triennale è il luogo giusto per questa riflessione tuttaproiettata nel futuro ma con lo sguardo rivolto alla storia, in base a quella“nostalgia per il fondamento” di cui ha parlato Manfredo Tafuri3. Nel frat-tempo, Le Corbusier esprimeva da un diverso punto di vista e con un diffe-rente obiettivo un principio di contemporaneità, che a sua volta trovava nellatradizione una costruzione narrativa convincente, capace di normare l’ar-chitettura presente: davanti alla mano di quell’homo geometricus, così impe-

Anna Chiara CimoliIl Primo convegno internazionale sulle proporzioni nelle arti: una storia interrotta

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riunitosi nel 1912 per la mostra Section d’Or alla Galérie de la Boétie. Nel 1921, mentre Paul Valéry pubblica Eupalinos ou l’Architecte, Gino

Severini riassume le istanze e le tensioni di questo momento in Du cubismeau classicisme (1921) – che tanto piacque ai protagonisti dell’“EspritNouveau” e al gruppo milanese del “Milione” – esprimendo un pitagorismo“più strumentale che sostanziale, più razionale che esoterico”, che si traducenella coscienza che l’arte non sia altro che “scienza umanizzata”13.

L’architettura razionalista e la pittura astratta individuano nelle propor-zioni armoniche una forte legittimazione: se la Casa del Fascio di Terragni(1932-36) è impostata sulla sezione aurea, sulle teorie proporzionali e armo-niche – e sulla frequentazione dell’opera di Kandinsky, Klee, Mondrian – sifonda anche la ricerca di Mario Radice, Manlio Rho, Fausto Melotti, in unatensione a una verità moderna lambita dal Mediterraneo14.

Carlo Belli, la cui lettura della classicità, attenta all’armonia compositiva,è influenzata dalla lettura di Ghyka, pubblica Kn nel 1935 (un’anticipazioneesce su “Quadrante” nel 1933), diventando la figura-chiave che più radical-mente orienta il pensiero degli astrattisti del “Milione”, con la sua convin-zione che l’arte non sia “in nessun modo un fatto umano”, e che “tanto piùsi comprende l’arte quanto meno vi è umanità”15.

Gino Ghiringhelli, Oreste Bogliardi e Mauro Reggiani, presentando la lorocollettiva alla Galleria del Milione nel 1934, dichiarano: “È il metro che cioccorre. Quel metro che varia solo con i grandi cicli; che ha dato la Piramidee poi il Partenone; l’ovolo e tutta la statuaria classica; che non è mai statonella rappresentazione perché sappiamo ammirare ad Arezzo e Urbino lagrandezza di Pier della Francesca e di Paolo Uccello senza conoscere la leg-genda della Santa Croce e del Miracolo dell’Ostia. [...] È bello l’Auriga diDelfo come lo è l’ordine del capitello dorico. Entrambi sono creazioni esattedi una medesima sapienza creativa, tutti e due sono indici ugualmenteimportanti della civiltà greca: sono ispirati al medesimo metro”16.

L’ambiente milanese è particolarmente ricettivo a queste suggestioni,attraversato com’è dal poetico nitore che emana dalle opere di Figini ePollini, dalla tensione classica del dettato di Terragni, dall’umanissimo inte-resse per la tecnologia delle pagine di Leonardo Sinisgalli, dall’esperienza di“Campo grafico”, da una cultura politecnica attenta alle radici storiche delprogetto; alimentato, poi, visivamente da episodi di complicità fra arte,architettura e tecnologia quali le mostre industriali e di regime degli anniTrenta17. Diverse anime convivono, entro questa cultura: quella più spiritua-le, innestata su una convinzione religiosa, e quella più neoplatonica e geo-metrica. Tutte sperimentano, in ogni caso, la prima grande stagione di poro-sità dell’Europa e un allargamento dei confini non più appannaggio deglihappy few, che si esprime negli scambi con i gruppi Abstraction-Création e

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radici negli anni fra le due guerre, anni in cui la produzione saggistica sultema delle proporzioni e della misurabilità del cosmo era stata densa di con-tributi importanti, molti dei quali avevano riportato in auge la sezione aureacome chiave attraverso cui interpretare i fenomeni naturali e artistici.Wittkower riassume plasticamente lo stato dell’arte negli anni Venti eTrenta quando afferma che in quel tempo, “assieme alla sezione aurea, laserie di Fibonacci divenne una preziosa reliquia, gelosamente custodita, delpensiero matematico occidentale”7.

Sulla scorta degli studi di Adolf Zeising8, i primi decenni del Novecentorileggono la storia dell’arte e dell’architettura, così come le strutture del-l’universo, attraverso quella lente di ingrandimento: è il caso di FredrikMacody Lund (Ad Quadratum. A Study of the Geometrical Bases of Classicand Medieval Religious Architecture, 1921) e di Charles Funck-Hellet, cheWittkower definisce ironicamente “il più entusiasta paladino della sezioneaurea” (Les oeuvres peintes de la Renaissance italienne et le Nombre d’or,1932)9. Il vero punto di riferimento è Matila Ghyka, autore di Esthétique desProportions dans la Nature et dans les Arts (1927), il cui Le nombre d’or, pub-blicato nel 1931 con una lettera di Paul Valéry, è uno dei libri più amati dagliastrattisti italiani.

Sempre di questi anni sono opere di diversa impostazione, come quelle diHans Kayser, studioso dei rapporti armonici in natura (Orpheus:Morphologische Fragmente einer allgemeinen Harmonik, 1923; Urformen derNatur, 1924), di Miloutine Borissavliévitch (Les théories de l’Architecture,1926)10 e del matematico Andreas Speiser, cui si deve la sistematizzazione della“teoria dei gruppi” (Die Teorie der Gruppen von endlicher Ordnung, 1923).

Una grande influenza esercita anche la teoria della “simmetria dinamica”di Jay Hambidge, basata sulla lettura geometrica delle forme naturali e diquelle architettoniche (Dynamic Symmetry: the Greek Vase, 1920; DynamicSymmetry in Composition as Used by the Artists, 1923; The Parthenon andOther Greek Temples. Their Dynamic Symmetry, 1924)11. Delle teorie diHambidge risente profondamente quella linea interpretativa che riconoscenell’arte classica un modo di procedere consonante con le leggi di crescitadinamica proprie della natura, per esempio delle conchiglie, sulla base dirapporti incommensurabili: da qui discendono, per esempio, gli studi diGeorges Jouven e di Cesare Bairati12, quest’ultimo invitato a prendere laparola al convegno milanese del 1951.

Gli scambi fra le teorie scientifico-matematiche e il mondo dell’arte sonocontinui e dirompenti. Già dagli anni Dieci, infatti, un’estetica neo-pitagori-ca, venata di spiritualismo, aveva attraversato l’opera di Paul Sérusier, pro-pagandosi in seguito all’opera di pittori vicini al cubismo quali Gleizes,Delaunay, Metzinger, Duchamp, Gris e Villon, ovvero il “gruppo di Puteaux”,

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l’Apocalisse illustrata da Giorgio De Chirico, e l’anno successivo il Viaggiod’Europa di Massimo Bontempelli con litografie di Arturo Martini, entram-bi oggi preziosissimi. La Bibliofila, aperta in via Manzoni 21 nell’immediatodopoguerra, con gli interni progettati da Renzo Mongiardino che coniuga-no eleganza e surrealista capricciosità, si impone fin da subito nella topogra-fia culturale cittadina come esclusivo luogo d’incontro con scrittori e artisti:fra i primi ospiti figurano Jean Starobinski, Jean-Paul Sartre e Simone deBeauvoir21.

La mostra costituisce il primo incarico significativo di FrancescoGnecchi-Ruscone, un giovane architetto che all’indomani del vernissagesarebbe stato chiamato da Adriano Olivetti a dirigere l’Ufficio Tecnicodell’UNRRA-Casas22. L’incarico di occuparsi dell’allestimento era stato pro-posto, in un primo momento, a Franco Albini (membro della Giunta esecu-tiva della IX Triennale insieme a Luciano Baldessari, Elio Palazzo, MarcelloNizzoli e Adriano di Spilimbergo), il quale, oberato dal troppo lavoro, sug-gerisce il nome di Gnecchi-Ruscone che, in nome di una già consolidataconoscenza, aveva chiamato a sovrintendere alle opere di allestimento dellamanifestazione.

Per il giovane architetto si trattava del primo incarico dopo un bienniotrascorso a Londra, dove aveva lavorato come assistente pressol’Architectural Association School of Architecture e collaborato con laArchitects’ Cooperative Partnership, partecipando alla progettazione dialcuni padiglioni per il Festival of Britain del 1951 e studiando da vicino iltema della prefabbricazione. Innamorato del tema delle proporzioni, fre-quentato durante gli anni dell’università, Gnecchi-Ruscone è un perfettoesponente di quella generazione di professionisti scaturiti dal dopoguerrache, muniti di una solida cultura classica, sposano l’orizzonte tecnologicocon raffinata consapevolezza, cogliendone soprattutto le conseguenzesociali.

Gnecchi-Ruscone, una volta definito da parte della Marzoli – con la col-laborazione della storica dell’arte Eva Tea – il piano di massima della mostra,parte per una serie di sopralluoghi finalizzati a visionare in prima persona imateriali da chiedere in prestito: si reca dunque a Bologna, Firenze, Pisa eModena, incontrando anche Francesco Arcangeli e Roberto Longhi23. A suavolta, la curatrice compie alcuni viaggi mirati a chiedere la collaborazionedelle biblioteche e l’appoggio di importanti studiosi. Il primo di questi viaggila porta a Londra:

Qui ho già fatto molto. Ho visto Wittkower, che è rimasto perfettamented’accordo colla nostra impostazione, mi ha dato molte interessanti notizie,ed ha appena finito un corso sul problema. Ho il suo libro che vedrà inte-

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Cercle et Carré, nella circolazione delle riviste, nell’intrecciarsi dei rapportipersonali.

Uno degli ultimi quadri d’insieme prima dello sfascio della guerra è laMostra di Leonardo da Vinci e delle invenzioni italiane, allestita al Palazzodell’Arte dal maggio al settembre 1939. Frutto di un lavoro a più mani, si arti-cola in tableaux affidati ai protagonisti della progettazione di quegli anni:Giuseppe Pagano e Bruno Ravasi, per esempio, firmano la Saladell’Anatomia, con l’alberello che sfuma, in un principio di continuità fracorpo e natura, nel pannello dell’Homo ad circulum et ad quadratum; i BBPRla sala con i dipinti di scuola leonardesca; Agnoldomenico Pica la Sala deiCapolavori18. Già in questa mostra, che accosta, nel nome del genio italico edell’autarchia, le invenzioni di Leonardo con la televisione, l’aeronautica, laradio, la meccanica, l’elettrotecnica, viene risolutamente enunciato il prin-cipio di continuità fra un’idea di misurabilità umanistica e la modernissimatecnologia; uno sfumare non traumatico fra le membra inscritte entro figuregeometriche e quelle che abitano un velivolo o una scocca di automobile.Non si esita ad applicare la parola bellezza ai nuovi materiali, agli impiantiproduttivi, ai congegni meccanici.

Poco dopo, l’Italia entra in guerra. A un decennio di distanza, dunque, saràpoliticamente e moralmente necessario tessere nuovamente i fili di unastoria spezzata: misurare le dimensioni del corpo, confrontarlo con le nuoveforme dell’abitare, armonizzarlo con la natura. Di “bisogno di regola”parlava Tafuri a proposito di un’epoca – il Rinascimento – “seguita agliScismi, alla peste del 1348, ai conflitti politico-sociali del XIV e del XVsecolo”19. Di “bisogno di regola” possiamo a ragione parlare anche noi perl’Italia uscita dalla guerra: ma questa volta, come dimostreranno gli esiti delconvegno, di una regola aperta, flessibile, funzionale al progresso: in unaparola dinamica.

Una mostra che chi ha visto, certo non dimenticaAvamposto fisico e ideale del convegno del 1951 è una piccola e preziosaesposizione, la Mostra di Studi sulle Proporzioni, molto citata nella lettera-tura internazionale e assai meno in quella italiana, curata da Carla Marzoliin occasione della stessa IX Triennale: manifesto, fin dal suo allestimento,di una sofisticata ipotesi di saldatura fra storia e futuro.

Poche sono le tracce documentarie che la Marzoli, proprietaria dellalibreria antiquaria milanese La Bibliofila, ha lasciato dietro di sé: eppure –seria studiosa, grande organizzatrice e donna dalla forte personalità – baste-rebbe la tessitura dei rapporti e delle geometrie culturali sottese al conve-gno per farne una protagonista della cultura del dopoguerra italiano20.

Per i tipi delle sue Edizioni della Chimera erano usciti, nel 1941,

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Maestro,in occasione della Nona Triennale di Milano, io e la signora Carla Marzolisiamo stati incaricati di organizzare la sezione sullo studio dei problemidella proporzione attraverso i trattati antichi e moderni.La signora Marzoli ha sperato di poterLa incontrare a Parigi per metterLaal corrente delle nostre intenzioni e dei nostri progetti, ma con suo grandedispiacere Lei era ancora assente.Ha comunque parlato con l’architetto Wogenscky, che come certamentesaprà si è detto molto interessato alla nostra iniziativa e ci ha assicuratoil vostro prezioso appoggio. La Triennale ha messo a nostra disposizione una sala di circa cento metriquadri, in cui verranno esposti manoscritti originali di Vitruvio, Francescodi Giorgio, Filarete [...].Per quanto riguarda i trattati moderni, vorremmo dare agli studi sulModulor l’importanza che compete loro; vorremmo inoltre esporre unpannello di grandi dimensioni (m 2,26 per m 2,26 o ancora di più, fino aun massimo di 5 metri di altezza). Seguendo il consiglio dell’architettoWogenscky, vorremmo chiederLe se sarebbe così gentile da incaricarsidella progettazione di questo pannello28.

Le Corbusier accetta, e a ridosso dell’inaugurazione invia a Milano unasua collaboratrice, l’architetto srilankese Minnette de Silva, che installa unpannello realizzato secondo le indicazioni ricevute. Nel pannello, il Modulorè affiancato a varie immagini – dimensionate in base a proporzioni rigoro-samente armoniche – fra cui l’Unité d’Habitation di Marsiglia, la cappella diRonchamp e la pianta di Chandigarh29. Il pannello è posto alla fine dellamostra, costituendo il punto più alto di un climax iniziato con la fotografiadella tomba di Senmuth a Luxor, in una logica di continuità che conferisceinconfutabili lettres de noblesse.

La mostra espone nelle vetrine i testi canonici – quando possibile le primeedizioni – divisi in due grandi ripartizioni: “Gli studi e le proporzioni dal-l’antichità al Settecento”, “Gli studi sulle proporzioni nella modernità”. Purnella generale scansione cronologica, si cerca di evitare l’approccio linearee didascalico suggerito da Wittkower: nella prima vetrina, per esempio, aitesti di Erodoto, Diodoro Siculo e Giamblico Calcidense sono affiancatiquelli di Ernst Moessel (Die Proportion in Antike und Mittelalter, 1931) e diJay Hambidge (il già citato Dynamic Symmetry. The Greek Vase, 1948); nellaquindicesima vetrina, dedicata a “Il Rinascimento: costruzione ritmica e bel-lezza del corpo umano”, convivono Vitruvio, Dürer, Vesalio e Le Corbusier.I classici della letteratura proporzionale sono tutti rappresentati, spesso conedizioni rare e preziose (fra cui i manoscritti di De re aedificatoria di Leon

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ressantissimo. Il Ghyka è in Inghilterra, a Londra, ma adesso è assente epare che torni a fine settimana. Spero di vederlo. Qui è molto discusso,così come Hambidge, del quale ho pure i libri. Mi pare che ci mettiamo bene. L’unico appunto di Wittkower, che condi-vide anche Aurel che era pure venuto (anzi è lui che mi ha fissato l’appun-tamento)24, è che dividerebbe la mostra non solo come ordine cronologi-co, ma anche, e soprattutto da un punto di vista dell’ordinamento, comemateria, vale a dire: Studio della figura umana (esempio di figura egizia -greca - Dürer - Leonardo - Vesaglio ecc.); Proporzioni (architettura: pira-mide - tempio greco - città ideali - Vitruvio - Alberti ecc.). Capisce?Questo sempre per cercar di chiarire il più possibile e di fermare maggior-mente l’attenzione del pubblico25.

Al grande storico dell’arte sta a cuore un approccio chiarificatore, lineare,che procede lungo il doppio binario della cronologia e della ripartizionetematica. Il rischio di un’impaginazione un po’ accademica spinge i nostri adeclinare l’offerta di Wittkower di esporre dei pannelli predisposti duranteil corso universitario dai suoi studenti. Scrive Gnecchi-Ruscone:

Non intendiamo organizzare la mostra in senso cronologico, ma evidenzia-re i modi di affrontare il problema nei vari periodi, parallelamente o insequenza (nel campo dell’arte, dell’architettura, dell’astronomia, dellamatematica, della musica, della fisica, della biologia, eccetera). Non vogliamo compiere questa analisi attraverso pannelli didattici maesponendo testi e opere originali [...]. Penso dunque che rinunceremoall’offerta di esporre i pannelli preparati dai Suoi studenti, che Lei ha gen-tilmente fatto alla signora Marzoli26.

Wittkower, forse un po’ sarcastico, risponde:

La ringrazio molto della Sua lettera del 4 aprile. Il programma della mostrasembra interessante, e dal momento che Lei ha il sostegno del nostroamico John Voelcker, e perfino di Le Corbusier, sono sicuro che il mioaiuto o quello dei miei studenti non sarebbe molto utile27.

Nel frattempo, infatti, la Marzoli era andata a Parigi, dove non era riusci-ta a incontrare personalmente Le Corbusier, ma aveva conquistato al proget-to André Wogenscky, stretto collaboratore dell’architetto, strappandoglil’adesione all’iniziativa. Così, dunque, Gnecchi-Ruscone scrive a LeCorbusier:

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Rogers parla di un allestimento “che chi ha visto, certo non dimentica”35.

Strategie, schieramenti, tessiture di rapportiPer Carla Marzoli non sarà stato facile, in anni in cui la corrispondenzadoveva assecondare i tempi lunghi della posta – massimo lusso: il telegram-ma – condurre in porto in tempi brevissimi un bastimento di tale portata,che convoglia a Milano i protagonisti della cultura del dopoguerra, coinvol-ge il Museum of Modern Art di New York, interessa la stampa internaziona-le, convince un riluttante Le Corbusier a trascorrere alcuni giorni in città(“Mio malgrado, fui obbligato a prendervi parte all’ultimo momento, a causadel pressante invito del suo presidente”)36 e, fra critiche e consensi, nonlascia nessuno indifferente.

La corrispondenza conservata negli archivi della Triennale rivela lagrande familiarità della Marzoli con la maggior parte dei suoi interlocutori,da Ernesto N. Rogers a Lucio Fontana, da Bruno Zevi agli altri protagonistidel convegno. Il respiro internazionale delle sue frequentazioni, sostanzia-to dalla conoscenza delle lingue straniere e testimoniato dal prestigio di cuioggi i volumi da lei pubblicati godono presso le maggiori biblioteche inter-nazionali, è uno dei segreti della buona riuscita dell’incontro (è significati-vo il fatto che, quando Carla Marzoli trascorre qualche giorno a Veneziaappena prima del convegno, sia ospite di Peggy Guggenheim).

Concepito in fretta e furia, ma con la vigile e rassicurante supervisione diWittkower, che nel luglio del 1951 è a Milano per discuterne con il direttivodella Triennale37, il convegno – previsto dapprima per il mese di luglio e slit-tato poi a settembre – si struttura giorno dopo giorno grazie a una serie diadesioni importanti, che fungono da traino presso i vari invitati. AncheBruno Zevi viene chiamato a un ruolo di “padrino” dell’iniziativa, ma il suosoggiorno in Argentina – o più probabilmente, come si vedrà in seguito, unacerta diffidenza per il modo in cui il convegno viene impostato – precludeun coinvolgimento attivo lungo le tappe dell’organizzazione38.

Grazie all’interessamento di Francesco Flora, Benedetto Croce accetta disedere nel Comitato d’onore (“La Sua parola sanzionerebbe i titoli di nobiltàdi una istituzione unica al mondo e nella quale si elaborano le tesi modernedelle arti applicate e dell’architettura”)39; danno il proprio patrocinio ancheil Presidente della Repubblica Luigi Einaudi e i ministri Antonio Segni eCarlo Sforza. L’Unesco invia il suo rappresentante nella persona di BertoLardera.

Ben settantuno sono gli invitati a tenere una relazione al convegno; ed èun peccato non poter ascoltare la voce dei tanti che declinano l’invito, chiperché impegnato altrove (fra cui Francesco Arcangeli, Giulio Carlo Argan,Giorgio De Chirico, Albert Gleizes, Fernand Léger, Roberto Longhi – a cui

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Battista Alberti, del Trattato di Architettura di Filarete, del De prospectivapingendi di Piero della Francesca).

Inoltrandosi nella contemporaneità, sono esposti molti dei testi degli invi-tati al convegno: Hans Kayser (diverse opere, fra cui Harmonia plantarum,1943, e Ein harmonikaler Teilungskanon, 1946), Andreas Speiser (Die mathe-matische Denkweise, 1932), Salvatore Caronia Roberti (Introduzione allostudio della composizione architettonica, 1949), Rudolf Wittkower(Architectural Principles in the Age of Humanism, 1949), James Ackerman(Gothic Theory of Architecture at the Cathedral of Milan, in “The ArtBulletin”, 1949), Charles Funck-Hellet (Composition et nombre d’or dans lesoeuvres peintes de la Renaissance, 1950, e De la proportion. L’equerre desmaîtres d’oeuvre, 1951), Eva Tea (La proporzione nelle arti figurative, 1945),Matila Ghyka (Esthétique des proportions dans la nature et dans les arts, 1927;Le nombre d’or, 1931 e The Geometry of Art and Life, 1946), GeorgesVantongerloo (Problems of Contemporary Art, 1948).

Nell’ultima parte della mostra, appena prima del Modulor, ecco le parti-ture musicali di Arnold Schönberg, Anton Webern, Alban Berg, LuigiDallapiccola e Riccardo Malipiero e, infine, la scultura “non-obiettiva”Concavo-convesso di Bruno Munari30.

Giustapposte ai volumi sono trenta riproduzioni fotografiche, disposte siaverticalmente che orizzontalmente. Questi “elementi megalografici”31, comeli chiama la Marzoli, dotati di “valore allusivo”, vanno dall’esaedro disegna-to da Luca Pacioli nel De Divina Proportione alla scala a tenaglia di Leonardo,dagli schemi proporzionali dei vasi greci di Hambidge alle proporzioni delcorpo femminile disegnate da Dürer, dalla pianta di Palmanova raffiguratada Scamozzi ne L’idea dell’architettura universale a opere contemporaneecome il Monumento ai Caduti nei Campi di Concentramento di Belgiojoso,Peressutti e Rogers e all’opera Punti nel piano di Kandinsky (1947).

Ai trattati e alle fotografie sono giustapposte alcune opere d’arte (due pan-nelli intarsiati di Cristoforo da Lendinara, la Città ideale del palazzo Ducaledi Urbino, diversi disegni di Baldassarre Peruzzi provenienti dagli Uffizi e ilritratto di Luca Pacioli attribuito a Jacopo de’ Barbari)32 e varie naturalia(cristalli di quarzo e di pirite provenenti dalla collezione dell’Università diRoma, oltre che la serie dei solidi matematici).

L’allestimento è un gioiello di intelligenza poetica: realizzato con tubi diferro neri e giunti bianchi di produzione industriale, è impostato sullasezione aurea (le dimensioni sono di 16, 36, 52, 88, 140 e 228 centimetri)33. Ilpronunciamento non passa inosservato: George E. Kidder Smith, almomento di mandare in stampa Italy builds, si accorge di non aver inseritonessuna immagine della “superb proporzione exhibition”, e sollecitaGnecchi-Ruscone a spedirgliene al più presto una34, mentre Ernesto N.

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Mi sento costretto a motivare le ragioni della mia astensione, le qualipossono riassumersi in una sola cosa e cioè l’irrimediabile anacronismo el’inconsistenza del problema che viene trattato nel Convegno stesso, ilquale, nell’argomento, e anche nei cultori, riporta la mia mente al tempodel razionalismo naturalista, e del positivismo, temo ormai non solo cro-nologicamente ma idealmente lontano dalla presente maturità dei proble-mi estetici, e critici, almeno in Italia.Un mio intervento dovrebbe risolversi in una lezione di storia dell’esteti-ca e della critica artistica, inteso a chiarire appunto l’arretratezza e l’in-concludenza – fuor di un terreno di ricerca storica – di un problema cheviene, invece, trattato come attuale e fecondo. Non sarebbe, nemmeno,cortese per tutte quelle ottime persone che avete invitato e che, almeno,avranno il piacere di stare tre giorni in Italia (e speriamo che studino e sichiariscano le idee).Più in generale, io debbo, se me lo permetti, formulare anche una riservadi carattere diverso. La cultura italiana, almeno nei suoi aspetti non mar-ginali o secondari, ha elaborato ben altri problemi e di metodo e di storia;parrebbe dunque meglio che, invece di trasportare anche in Italia gli abitimentali del positivismo ancora imperante nelle culture straniere, si cer-casse di portare queste al livello della cultura italiana moderna e storica,cogliendo queste occasioni. Che cosa possiamo cavare di utile a discuterela psicologia dell’arte e di teorie matematiche o metafisiche sull’arte,come quelle delle proporzioni? Ne è probante argomento che queste esimili discussioni interessano in cultura o in settori di cultura esteriperché non vi è nessuna legittima giustificazione in queste cose fuorchéil progresso degli studi, questo non si può certo conseguire ricalcandoformule che da oltre cinquant’anni son dimostrate erronee e infeconde.[…] È vero che c’è molta gente, anche in Italia, che sta ancora al livello (esenza averne l’ingegno, conservandone soltanto lo stadio mentale comeresiduo inerte) dei concetti accademici sulle proporzioni: ma è anche veroche si tratta in modo notorio di “inferior cultura”.Scusami dunque la franca obiezione, caro Melino: ma a me seguita aparere che, quando si pigliano iniziative di cultura che vogliono essereutili allo sviluppo del pensiero e degli studi, e queste iniziative si piglianoin Italia, sia opportuno non farsi sgabello di problemi e questioni chehanno magari seguito all’estero, ma che non hanno in sé stesse validità[…], ma di partire dallo stato dei problemi e degli studi quale si è prodot-to in Italia; che è quasi l’unico Paese, del resto, dove si sia avverato unserio pensiero estetico e critico, mentre nei paesi esteri si è rimasti ancora,per grandissima parte, e salvo rare eccezioni, al positivismo tedesco

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era stato proposto di presiedere la sessione dedicata a “Della proporzione edell’intuizione nelle arti” – Marino Marini, Riccardo Malipiero, GiovanniMuzio, Nikolaus Pevsner, Herbert Read, Mies van der Rohe, LeonardoSinisgalli, Pietro Toesca, Lionello Venturi, Fernanda Wittgens, PietroZampetti, Marco Zanuso), chi perché sostiene di non poter dare alcun con-tributo alla discussione, come Ranuccio Bianchi Bandinelli (“A parte l’asso-luta mancanza di tempo, non vedo l’apporto che nel cerchio delle mie com-petenze avrei potuto portare al dibattito”)40 e Costantino Baroni (che con-fessa “di non trovar eccessivo interesse alla cosa, a meno che non vi si parlidel naso di Cleopatra”)41.

La Marzoli chiede a Wittkower di invitare Erwin Panofsky, che non pren-derà parte al convegno perché impegnato negli Stati Uniti42, mentre all’inte-ressamento di Wittkower si deve la partecipazione di Ackerman; SigfriedGiedion scrive personalmente a Le Corbusier43; Max Bill chiede che vengainvitato Gerbrand Dekker e si adopera affinché ad Adrien Turel venga accor-dato un cospicuo rimborso spese. Si creano, insomma, delle cordate virtuo-se che ottengono, per vie amicali, la partecipazione di nomi di grande pre-stigio.

Carla Marzoli lavora alacremente per fare in modo che il convegno abbiala più ampia risonanza sulla stampa straniera: chiede dunque a Wittkowerl’appoggio di John Voelcker (“Purtroppo noi non possiamo sobbarcarcicarichi di spese oltre ai relatori ufficiali, ma chissà mai che un gruppo diquesti interessanti ragazzi inglesi non voglia imbarcarsi in quelle loro stra-ordinarie macchine e fare uno sforzo economico per parteciparvi?”)44; lostesso fa con André Wogenscky, che accetta di assumere in prima persona ilruolo di attaché de presse rispetto alle riviste francesi45. La richiesta di occu-parsi del convegno sulla stampa viene rivolta anche a Gio Ponti (“Corriered’Informazione”), Georges Wildenstein (“Arts”), Walter Herdeg (“Graphis”)e André Bloc (“L’Architecture d’Aujourd’hui”).

Gli inviti al convegno vengono spediti ai direttori delle Accademie stra-niere in Italia, ai rettori delle università, agli intellettuali (fra cui GianAlberto Dell’Acqua, padre Agostino Gemelli, Adriano Olivetti, GiovanniScheiwiller, Lamberto Vitali) e agli architetti (fra cui Luigi CacciaDominioni, Vito Latis, Vico Magistretti, Giulio Minoletti, GiovanniMichelucci, Luigi Piccinato, Piero Portaluppi, Ludovico Quaroni, MarioRidolfi, Carlo Scarpa). In un clima di generale euforia, si pianificano anchei momenti “mondani” del convegno: il ricevimento di benvenuto a VillaReale, il “vermouth” offerto dalla Triennale, la cena conclusiva al Savini.

Mentre giungono le prime adesioni, si alzano anche alcune voci polemi-che. La più argomentata è quella di Carlo Ludovico Ragghianti, che cosìscrive a Mario Melino, consigliere delegato al Centro Studi della Triennale:

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a New York, l’adesione di Croce ha poi sconvolto le menti dei crociani, epiangono in silenzio.S.E. Segni pare decisissimo a intervenire, S.E. Einaudi ha fatto chiederetutte le informazioni, la Prefettura le ha mandate favorevolissime allaPresidenza del Consiglio, la Presidenza del Consiglio ha già comunicatoche ha dato parere favorevolissimo. Attendiamo l’altissima decisione.Glielo comunico nel caso Ella voglia intervenire. Non mi dilungo negli elenchi degli interventi – studiosi, critici, Universitàecc. ecc. Il Corriere ha pubblicato finalmente… Ho fatto tante cose che ledirò a voce49.

Ma quali erano, nella logica degli organizzatori, gli scopi del convegno? Perquali motivi il tema della proporzione diventa tanto importante agli occhi diIvan Matteo Lombardo, presidente della Triennale, che affronta un notevolesforzo economico per assicurarsi la consulenza di Wittkower e per sostene-re le importanti spese dell’iniziativa? Così la Marzoli scrive a Pier Luigi Nervi,tratteggiando sinteticamente gli obiettivi delle giornate di studi50:

Questo convegno, che per quel che ci consta è il primo sulla materia,dovrebbe essere, secondo il Presidente della Triennale, una importanteaffermazione culturale e noi cerchiamo di fare tutto il possibile perchéabbia veramente un significato e sia un apporto a una chiarificazione sualcuni punti di questo argomento. […] Il convegno dovrebbe dare la pos-sibilità di parlare liberamente e tentare che il linguaggio dell’arte e dellascienza, in un concetto assolutamente moderno, trovino un rapporto chesia valido e comprensivo.

Si tratta dunque di far convergere arte e scienza entro il perimetro di unpensiero capace di ricostruire una “unità spirituale” fra saperi diversi, diavvicinare i lembi di poesia e matematica, musica e fisica; di trarre affreschiunitari dalle disiecta membra della specializzazione. Siamo nel vivo di quellacultura fondata sulla ricerca di un nucleo metodologico comune alle diversediscipline che caratterizza la tensione culturale del dopoguerra italiano. Seinfatti, rifletteva Leonardo Sinisgalli, “i nostri scienziati e i nostri tecniciconsiderassero l’esercizio della scrittura alla stregua di un’operazione digni-tosa (un vera e propria lima del pensiero) qual è sempre stata per Leonardoo per Cartesio, per Leon Battista Alberti o per Maxwell, per Linneo o perEinstein, e se viceversa i letterati e i filosofi e i critici [...] accogliessero conrinnovata simpatia le ipotesi e i risultati del calcolo e dell’esperienza, unaconcordia nuova potrebbe sorgere tra le inquietudini e le stanchezze delnostro tempo, non voglio dire un nuovo mito”51. È il sogno di quell’“Eupalino

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dell’Einfühlung e simili46.

A fronte del gran rifiuto di Ragghianti, altri insistono per prendere laparola, anche se per esprimere la linea della rottura con il concetto “storico”di proporzione. Lucio Fontana così manifesta alla Marzoli l’urgenza di unasua comunicazione:

È mia intenzione intervenire (e ne ho fatto richiesta) al Convegno con unabreve conferenza sul tema: l’arte spaziale nella architettura contempora-nea.È per gli spaziali importantissimo, perché è di recente data la formazionedi un movimento “Groupe Espace” uscito con un manifesto simile ai con-cetti dei manifesti del Gruppo Spaziale italiano che editò 2 manifesti nel1947 e 1948 e già documentato con conferenze, riunioni e lavori realizza-ti.Naturalmente non voglio polemizzare coi colleghi francesi, però datemialmeno la possibilità di stabilire l’importanza che può avere l’arte spazia-le nell’architettura del futuro, nel corso della conferenza vi voglio convin-cere che la “divina proporzione” è evasa dal concetto dell’architetturamoderna e futura47.

Carlo Mollino, che pure accetta l’invito “con molto piacere e interesse”,anticipa la propria posizione:

Senza voler fare della “fronda” intenderei precisare che, a qualunque este-tica si faccia riferimento, la “proporzione” non ha nulla di “divino” e che,a priori, tutti i pur pregevolissimi studi in merito, e presunte ricerche di“segreti”, e ancor più pretese “scoperte”, hanno mero valore filologico.Attribuire un qualsiasi valore estetico a schemi e canonizzazioni, scoper-to o da scoprire, equivale implicitamente a negare qualsiasi estetica degnadi tale nome48.

Si fanno strada, insomma, i molteplici schieramenti, le diverse voci cheanimeranno il convegno. Ma l’entusiasmo della Marzoli non arretra di frontea nulla, e così scrive a Lombardo, che si trova negli Stati Uniti, a qualchegiorno dall’inizio dei lavori:

È stata una impresa pazzesca, ma il Convegno ha assunto delle … propor-zioni di importanza incredibile. Spero sarà soddisfatto: venga al piùpresto. Le adesioni sono importantissime: l’Unesco invia un rappresen-tante ufficiale, il Museum of Modern Art vorrebbe un secondo Convegno

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e di alto livello, che si rimpalla sfide e problemi da diversi punti di vista.Troppo diversi, forse: di qui la sensazione di una mancanza di conclusività,di un’incomunicabilità che lascia perplessi molti53. Più di tutti sembra esserlolo stesso Wittkower, che qualche anno più tardi, riflettendo sulla mutevo-lezza del concetto di proporzione, scrive: “L’urgenza di un confronto su unproblema vivamente sentito nei primi anni del dopoguerra radunò filosofi,pittori, architetti, storici della musica, storici dell’arte, ingegneri e criticiprovenienti da mille paesi. Tutti costoro si erano riuniti perché d’accordo suun solo punto: che era auspicabile stabilire una qualche forma di controlloo di sistema normativo per le proporzioni. Ma sebbene il congresso diMilano ebbe vaste ripercussioni, fino al Modulor 2 di Le Corbusier, [...], nongiunse tuttavia a conclusioni soddisfacenti e non ebbe un apprezzabileimpatto sulle giovani generazioni”54. Parlando, nella stessa sede, del “falli-mento del congresso di Milano”, Wittkower si riferisce, è chiaro, al suodebole potere propulsivo, al suo scarso seguito, alla crisi del concetto di pro-porzione che lo stesso Le Corbusier sembra suggerire con alcuni progettisuccessivi al convegno. Il nodo sta nel velocissimo e spiazzante mutamentodi tutto un clima, quello che avrebbe condotto, nella seduta del RIBA del1957, alla famosa bocciatura della mozione secondo cui “i sistemi di propor-zionamento agevolano i buoni progetti e rendono più difficili quelli cattivi”55.“Si deve ammettere”, riflette Wittkower, “che la decisione maggioritaria delRIBA rispecchia la posizione corrente di artisti, architetti e critici, e che siè verificato un netto mutamento di posizione sul problema della proporzio-ne tra i convegni di Milano e di Londra. La ragione sembra ovvia: siamo tuttitestimoni della rapida ascesa e della facile vittoria dell’espressionismoastratto, dell’accettazione pressoché universale di un’arte basata sull’even-to accidentale, quasi incontrollato. [...] In una fase così acuta di soggettivi-smo qualunque sistema proporzionale sarebbe fuor di luogo. E, ovviamente,per gran parte dei giovani artisti più seri, la parola ‘proporzione’ suona comeun anatema”56.

Una lettura dell’arte contemporanea forse un po’ semplificata – (“Non c’èda stupirsi se l’objet trouvé assurge ad opera d’arte”)57 – porta Wittkower acantare il de profundis per la proporzione. In verità, il convegno di Milanoteneva conto, con un certo coraggio e una buona dose di consapevolezza, diuno spettro di posizioni molto vasto e diversificato; e il suo obiettivo, di con-seguenza, non poteva tanto essere quello di uscire con un pronunciamentofinale aggressivo e codificato, quanto di ribadire – per affinità o per contra-sto - la funzione della proporzione rispetto al sistema di pensiero e alleurgenze pratiche di quell’oggi.

La complessità è protagonista. Di fronte alle sfide dello spazio-tempo edella quarta dimensione, alcune voci sembrano provenire dal passato: è il

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ripensato” grazie al quale, secondo Adriano Olivetti, l’architetto avrebbesentito “vibrare in sé nuovi e più intensi impulsi, assai più complessimotivi”52; ed è il tentativo che alcune riviste, house organs di grandi industrie,compiono con straordinaria lucidità: è il caso di “Comunità” (fondata nel1946), “Ferrania” (1947), “Pirelli” (1948), “Civiltà delle Macchine” (1953) e“Il gallo selvatico” (1955).

La Triennale è il luogo deputato – allora l’unico in Italia, e forse in Europa– a questa attività di sutura, che proprio in quella memorabile nona edizioneesprimeva dei pronunciamenti definitivi. Dall’unità delle arti, espressa negliambienti di rappresentanza coordinati dalla regia di Luciano Baldessari eMarcello Grisotti – con gli interventi di Lucio Fontana, Roberto Crippa,Gianni Dova, Agenore Fabbri, Mario Radice, Atanasio Soldati e molti altri –alla sintonia di arte e tecnologia, tradotta per esempio nella Mostra interna-zionale dell’architettura in movimento impaginata da Bertolini, Minoletti eZavanella, tutta la manifestazione emana una forte tensione centripeta.

Oltre a questo, è evidente, c’è un più spinoso e meno consolatorio proble-ma di legittimazione del moderno, che riproduce – dal vivo, quasi sottoforma di performance – lo stesso percorso orientato che animava la mostra:da Vitruvio a Le Corbusier.

Le giornate di studio sono organizzate in tre volets, ciascuno dei qualiarticolato in relazioni (interventi più lunghi e approfonditi) e comunicazio-ni (più brevi e agili). La prima giornata, dedicata a “Gli studi sulle propor-zioni nella storia del pensiero e dell’arte”, è presieduta da Sigfried Giedione vede le relazioni di Matila Ghyka, James Ackerman e Charles Funck-Hellete le comunicazioni di Cesare Bairati, Piero Sanpaolesi, Giusta Nicco Fasolae Roberto Papini. La seconda giornata, consacrata ai “Fondamenti matema-tici degli studi sulle proporzioni. Le proporzioni nell’architettura. Le pro-porzioni nella tecnica. Le proporzioni nella musica”, presieduta al mattinoda Rudolf Wittkower e al pomeriggio da Giuseppe Samonà, ospita gli inter-venti di Andreas Speiser, Hans Kayser, Sigfried Giedion, Pier Luigi Nervi,Ernesto N. Rogers, e le relazioni di Gillo Dorfles, Giovanni Ricci, AdrienTurel, Salvatore Caronia Roberti, Alfred Roth, Mario Labò e Bruno Zevi. Lasera si svolge la relazione di Le Corbusier. L’ultima giornata è dedicata a“Della proporzione e dell’intuizione nelle arti”. Le relazioni sono tenute daGino Severini, Max Bill e Georges Vantongerloo; le comunicazioni da LucioFontana, Carlo Mollino, Carola Giedion-Welcker, Eva Tea (che all’ultimomomento non partecipa), Gerbrand Dekker, Ignazio Gardella, Gino Levi-Montalcini e Luigi Cosenza (gli ultimi due, assenti, spediscono un abstractche viene messo agli atti). La sintesi finale, in assenza di Wittkower –tornato a Londra per motivi familiari – è affidata a Giedion.

Storici, critici, matematici, architetti, artisti, filosofi: è un coro variegato

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si sottrae a un’aperta polemica sulle scelte a monte del convegno (“Vi è evi-dentemente una lacuna tra il tema trattato dal Prof. Wittkower, che riguar-da essenzialmente il Medio Evo e il Rinascimento, e il tema della secondagiornata, che suona leggermente astratto e trattatistico, cioè non strettamen-te storico. Questa lacuna riguarda a) il problema delle proporzioni nelperiodo barocco, b) il problema delle proporzioni nell’architetturamoderna”), e incentra la propria analisi sul barocco da un lato, sull’impor-tanza dell’arte neoplastica e delle figure di Aalto e Wright dall’altra.

La discussione finale, giunta a noi purtroppo in modo molto frammenta-rio attraverso la trascrizione della registrazione, condensa le tensioni emersenelle tre giornate. Ascoltiamo Matila Ghyka:

Non prenderò certo qui le difese della divina proporzione, che è stata attac-cata da destra e da sinistra, di fronte e di lato in questo convegno, primadi tutto perché non ce n’è il tempo, e poi perché si difende molto bene dasola da tremila anni, e credo che uscirà da questo congresso fresca e inottima salute.No: quello che mi ha condotto qui è il fatto che fino ad ora, in questoincontro sulla proporzione, la parola “bellezza” non è mai stata pronun-ciata, e vi confesso che questo mi ha stupito e divertito. L’ho sentita pro-nunciare per la prima volta nell’intervento di Nervi. Lo stesso LeCorbusier, parlando dei suoi elementi, dei suoi componenti, delle suecittà, non ha pronunciato la parola “bellezza”. Ha parlato di utilità, di effi-cacia.Cercherò di portare una certa armonia, una certa unità in questo temacitando una frase che ho sentito pronunciare da Sir Walter Armstrong,direttore della biblioteca di Dublino: “Beauty is fitness expressed”.Perifrasando, un oggetto o una macchina sono belli quando sono adatti alloro obiettivo, alla loro funzione, al loro rendimento. Gli esempi sononumerosi: pensate alle barche, alle navi, e poi alle creazioni degli ingegne-ri, le automobili, gli aeroplani, eccetera. Si tratta, evidentemente, di unadefinizione di bellezza molto pragmatica, ma per finire e per tornare a LeCorbusier, sono sicuro che se le sue case sono utili ed efficienti, allorasono anche belle: c’è solo un problema di abitudine estetica dell’occhio,come per la moda femminile. La bellezza è un’invariabile che varia. Per finire, voglio solo ricordare che in latino la parola usata per indicarela bellezza era “forma”61.

È pur vero che lo stesso Le Corbusier aveva cercato, nel corso del conve-gno, di sottolineare le contraddizioni insite del doppio ruolo di teorico e dihomme de mêtier (“Io, che sono sia un teorico che un professionista, spesso

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caso di Gino Severini, che, preoccupato dell’“angelismo” degli artisti con-temporanei, ovvero di uno spontaneismo superficiale e romantico, affermache “il numero potrebbe essere il motore grazie al quale l’arte potrebbe ini-ziare un movimento nuovo tendente a utilizzare tutte le facoltà creatrici del-l’uomo”. È il caso, anche, di critici come Roberto Papini, o di storici comePiero Sanpaolesi e Giovanni Ricci, che, pur nella serietà dell’approccio, fini-scono per ribadire ciascuno le proprie intuizioni e fare un punto sui propristudi, senza tuttavia riuscire a tracciare più ampi affreschi.

Le posizioni più schierate sono quelle degli “uomini di mestiere”. MentrePier Luigi Nervi aggira il problema di fondo e affronta, con ingegneristicalucidità, il concetto di “forma-tipo”, affermando che la moderna proporzio-ne altro non è che l’incarnazione della forma più funzionale per risolvere undato problema, Carlo Mollino prende nettamente le distanze dal tema par-lando di “retoriche” della proporzione58. Quella di Mollino, come già traspa-riva dalla lettera scritta prima del convegno, è una delle posizioni più argo-mentate e più schiette contro l’ossessione della regola: “Costruire un sistemacristallografico che unifichi i più celebrati monumenti dell’età classica, eser-citare della raffinata agrimensura su mappe di famosi agglomerati edilizi,scoprire stelle di neve, a forza di riga e compasso, su piante e facciate diarchitetture gotiche, oppure coprire, e a volte violentare, con gabbie di ret-tangoli e diagonali un quadro, un vaso o addirittura un viso o altri luoghi diuna bellezza muliebre, passando per punti ritenuti più o meno significativie invocando geometria, analisi e quant’altro ai fini di una codificazione gene-rale, mi pare debba presupporre il problema dell’inclusione o meno di queste‘regole’ in quello dell’estetica in generale”59.

Altrettanto, Lucio Fontana, nel pieno della ricerca spazialista – il Cirroluminoso, gigantesco lazo argentino lanciato sul soffitto dello scaloned’onore di quella stessa Triennale, ne era plastica affermazione – senza ten-tennamenti incita: “Abbandoniamo la pratica delle forme di arte conosciutae abbordiamo lo sviluppo di un’arte basata sull’unità del tempo e dellospazio”. Gillo Dorfles con la sua relazione sulla “Incommensurabilità dellascala musicale”, e Georges Vantongerloo, non fanno altro che sottoscriverequesto atteggiamento. Quest’ultimo in particolare, membro “eretico” di DeStijl prima della guerra, insiste sull’incommensurabilità come valore positi-vo: “L’arte è infinita come il tempo e lo spazio, come la vita. Chiamiamo‘energia’ non la vita oggettiva, ma la vita creativa, la trasformazione dellamateria”60.

Se a Ernesto N. Rogers preme soprattutto salutare con concordia la posi-zione lecorbusiana, affermando che “le opere di architettura moderna,piccole o grandi che siano, fanno perno sull’unità ‘uomo’ e ad essa si commi-surano”, la posizione di Zevi, tutta incentrata sulla quarta dimensione, non

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Le Corbusier è fondamentale per il prestigio – e per la funzione critica - delconvegno, e le verrà dato il giusto risalto. Propone dunque a Franco Buzzi diinvitare gli studenti aderenti all’ALSA (Associazione Libera StudentiArchitetti) a partecipare numerosi all’incontro (“Vorremmo che particolar-mente per questa riunione gli studenti di architettura fossero presentiintorno al grande Maestro”)66. La relazione è l’unica a svolgersi di sera, comeun vero e proprio spettacolo67. Il suo intervento da “homme de mêtier”elenca progetti realizzati e in fieri, addita possibilità, traccia sentieri da per-correre, presenta più certezze che dubbi. Le Corbusier non fa polemiche,non si schiera pro o contro gli interventi ascoltati: le fotografie dell’epoca celo restituiscono nell’atto frenetico di tracciare schemi e tracciati regolatori,solo nella luce artificiale, davanti a una platea attenta.

La partecipazione così empatica di Le Corbusier si rivela, a posteriori, stru-mento di autopromozione in un momento in cui, alla viglia del concorso peril palazzo delle Nazioni Unite di Parigi, l’architetto ha bisogno di mostrare ilproprio “volto umano”. Molto esplicitamente, egli chiede a Carla Marzoli diassemblare un dossier, con tanto di rassegna stampa, sulla sua partecipazio-ne al convegno, in cui si dimostri una volta per tutte che non è “un uomo sen-z’anima, senza arte, privo di qualsivoglia sensibilità”68.

Cara signora,sono tornato a casa con un’ottima impressione del mio soggiorno aMilano. Ci tengo a ringraziarla per la sua accoglienza così calorosa.Ripresa l’infaticabile battaglia, eccomi a chiederle di fornirmi una piccolaarma utile ad alcune persone di cui le passo un elenco, inviando loro uncommento “necessario e sufficiente” sul Convegno Internazionale sullaProporzione nelle Arti di Milano.Ecco, allora, a chi e come:M. Marie, Ministro dell’Educazione Nazionale, Parigi, 110 rue de Grenelle;M. Claudius Petit, Ministro della Ricostruzione e dell’Urbanistica, avenuedu Parc de Passy, Parigi;M. Joxe, direttore delle Relazioni Culturali, Ministero degli Affari Esteri,37 quai d’Orsay, Parigi69.Queste tre persone devono prendere delle decisioni fondamentali per

l’architettura moderna. Io sono il candidato più serio e indiscusso, ma dapiù parti (ambienti accademici) vengo dipinto come un uomo senz’anima,senz’arte e privo di qualsivoglia sensibilità.L’accoglienza che mi è stata tributata a Milano da parte dei sostenitori

della Divina Proporzione dimostra il contrario.Potrebbe assemblare tre dossier molto chiari? E qui arriva la parte diffi-cile: questi signori non hanno il tempo di leggere delle lunghe lettere, né

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mi confronto con i miei disegnatori che mi dicono: ‘Ma questo non è fatto inbase al Modulor’, e io rispondo: ‘Il Modulor, me ne infischio!”)62. Rimanemolto difficile, a ogni buon conto, il compito di Sigfried Giedion, ovveroquello di tracciare una sintesi finale del convegno. L’autore di Space, Timeand Architecture (1941) ne ripercorre le tappe tracciando insiemi e sottoin-siemi, registrando le voci discordanti e quelle sintoniche, proponendo infineuno scenario futuro ottimistico, benché prevedibile. La sua risposta a Ghykaè: “Arriveremo alla bellezza, siatene certi, ma ci vuole un po’ di pazienza”.La strada è quella della collaborazione e del dialogo, poiché “dipende da noiabbattere i muri che ci separano”. Questo messaggio ecumenico è rivoltotanto agli storici, cui si chiede di “vedere nel passato i problemi dell’uomod’oggi”, quanto agli studiosi di scienze naturali, invitati a uscire dallo spe-cialismo, quanto, infine, agli artisti. L’urgenza è quella di definire una pro-porzione moderna, ovvero dinamica: che definisca non più l’uomo leonar-desco, inscritto entro le figure del cerchio e del quadrato, ma quello lecor-busiano, in movimento, ora in piedi, ora seduto, ora appoggiato ai balconidell’Unité di Marsiglia. “Il ‘Modulor’, strumento di lavoro, spazza la pista;siete voi che correte, non lui! Tutto il problema è qui. Siete voi che correte!”63.

“Alla lontana dai tabù”. Le Corbusier, guest-star del convegnoLa presenza del Modulor alla Mostra di Studi sulle Proporzioni è l’argomen-to su cui Ivan Matteo Lombardo fa leva per convincere Le Corbusier a par-tecipare al convegno:

Il Suo Modulor è il perno attorno al quale ruotano tutti i problemi dellaproporzione nell’ambito dell’architettura moderna. Poiché Lei ci ha fattol’onore di spedirci il pannello del Modulor per la nostra mostra, è neces-sario che ci onori anche della Sua partecipazione a questo incontro. Mipermetto di dire ‘è necessario’ perché davvero non riesco a immaginarela giornata dedicata all’architettura senza la Sua presenza64.

È evidente che la presenza di Le Corbusier, agli occhi degli organizzato-ri, non è solo un prestigioso fiore all’occhiello del convegno, ma è ciò che dàsignificato al convegno stesso: parlare di architettura senza di lui nonavrebbe alcun senso.

Rudolf Wittkower, tuttavia, non è affatto elettrizzato dalla presenza del-l’architetto: “Penso che la sua presenza abbia solo valore propagandistico”,scrive alla Marzoli; “detto fra noi, è un oratore debole e non ha molto da dire.Con tante relazioni di rilievo nel programma, possiamo tranquillamente farea meno di lui”65.

Ma la combattiva organizzatrice non si fa demoralizzare: la presenza di

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ria munita di una diramazione verso territori illimitati e di un’altra verso unbinario morto”71. E sotto il titolo Alla lontana dai tabù, ripercorre i momentiper lui più significativi: Wittkower e la sua sottolineatura della mutevolez-za del concetto di proporzioni (“Oggi, nell’epoca della geometria non eucli-dea e della quarta dimensione, la concezione del tempo e dello spazio è perforza di cose differente da quella dei secoli scorsi”); Giedion e la sua letturain chiave dinamica e tecnologica del problema proporzionale (“Se la nostraepoca si rivela incapace di concretare il processo di standardizzazione inmodo tale che le dimensioni dei vari elementi siano in relazione con l’uomoe capaci di adattarsi tra loro e nel tutto, il caos sarà inevitabile”); Ghyka e lesue “parole tabù” (“Pentagono, fiore pentagonale, sezione aurea, simmetriapentagonale, il giglio, l’asfodelo...”), e infine Hans Kayser e la sua dottrinaarmonica: “Nel caos che permea ogni cosa, Kayser offre all’uomo un santua-rio. In questa direzione e su questo terreno, eccoci lontani dai tabù e ancorauna volta fortunatamente ritornati a essere uomini”.

A convegno concluso, i pareri sono discordanti: a fronte di chi si compli-menta per i buoni risultati (Sanpaolesi parla di “una felicissima occasioned’incontri e di scambi d’idee” e si augura che la Marzoli non si lasci “sfuggi-re di mano” una seconda edizione dell’iniziativa72; Mollino si congratula “perla riuscita del Convegno condotto a termine con singolare tatto e caloreintorno”)73, altri rilevano una certa debolezza di contenuti (Luigi Moretti,per esempio, scrive di non essere “rimasto convinto del convegno nei riguar-di diciamo così culturali. Me ne è sembrata incertissima l’impostazione cosìcome, di conseguenza, il piano culturale sul quale si è svolto”)74.

Carla Marzoli stessa nutre alcune perplessità, che in questi terminiconfida a Le Corbusier:

Mi piacerebbe rivolgerle una domanda. Mi interesserebbe conoscere la suaopinione, e soprattutto se, secondo lei, ho torto o ragione. Se prendo lei aesempio non è per parlarle di lei, ma solo per essere più chiara. Eccoquello che penso: con il Modulor, lei ha dato a tutti una reale possibilità,a partire dalla quale ciascuno [...] può costruire liberamente. Peggio pergli architetti se non hanno una propria immaginazione, la colpa non è sua:lei passa la sua invenzione agli altri. Ecco il punto: lei crede che il nostroComitato, forse non ora ma dopo il secondo convegno con un obiettivo piùchiaro, potrebbe sostenere la tesi che non è solo l’invenzione a sorregge-re la creazione, ma che anche la critica dovrebbe trovare una nuovaformula adatta a quello scopo? Ho fra le mani la maggior parte delle rela-zioni del convegno, e – lo dico senza alcuna presunzione – mi sembra cheè inutile, se non triste, continuare a parlare dei greci e dei latini, o del pen-tagono, o di Vitruvio, con una lingua morta o teorica. Le chiedo allora: non

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di leggere testi a stampa o, men che meno, delle brochures o dei prospet-ti che servono solo a riempire i loro cestini della spazzatura. La mia ideaè questa: una lettera da parte della segreteria centrale dell’IncontroInternazionale sulla Proporzione nelle Arti indirizzata al Ministrodell’Educazione Nazionale, per esempio (e lo stesso per gli altri) in cui sidice che l’Incontro Internazionale sulla Proporzione nelle Arti, alla IXTriennale di Milano, dopo tre giorni di lavoro, ha istituito un ComitatoInternazionale di Studi composto dalle personalità più atte a continuarea livello internazionale lo studio e l’applicazione della proporzione negliedifici e nelle opere d’arte, e ha prescelto Le Corbusier come presidentedel Comitato Internazionale. Le personalità più importanti del Convegno sulla Divina Proporzione diMilano erano …. (faccia una lista breve, ma eloquente) … “Il Comitatodella Divina Proporzione ha pensato, signor Ministro, che le facciapiacere venire a conoscere l’onore che è stato fatto a un francese ed è perquesto che abbiamo preso la libertà di segnalarglielo, nella speranza cheLe Corbusier, nostro nuovo presidente, possa trovare presso le istituzio-ni francesi tutte quelle facilitazioni che gli permetteranno di condurre abuon fine gli scopi del nuovo Comitato…” ecc.Cara signora Marzoli, lei capisce di che cosa si tratta, e mi scuserà di com-portarmi in modo così libero con voi.Sarebbe utile, inoltre, segnalare attraverso una documentazione stringa-ta lo spazio riservato al Modulor di fianco agli artisti dell’antichità, delMedioevo e del Rinascimento. Ciò potrebbe essere fatto attraverso ritaglidi stampa ben scelti, in cui la parte utile venga sottolineata a matita rossa.Oso solo aggiungere che tutto ciò è estremamente urgente.Mi permetta di ringraziarla vivamente ancora una volta.La prego di credere, gentile signora, ai miei sentimenti più devoti.Le Corbusier

p.s. De Clementis, delegato italiano all’Unesco, non era favorevole alla miacandidatura al progetto del palazzo dell’Unesco a Parigi. Ha cambiato opi-nione dopo un pranzo fatto insieme, e credo che lo stesso dossier di cuisopra possa essere utile.

Carla Marzoli, factotum del convegno, sua abile organizzatrice, diventadunque ago della bilancia di una complessa vicenda concorsuale, il cui esitonon sarà, tuttavia, quello sperato da Le Corbusier70.

Che cosa Le Corbusier abbia pensato del convegno emerge da Modulor 2,quando, dopo aver ricordato la data del convegno, dice: “Citare questa dataequivarrebbe, ad esempio, a menzionare l’esistenza di una stazione ferrovia-

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e siamo tutti concordi sul fatto che è un’ottima occasione il fatto che ilconvegno che ora si chiude [...] non muoia qui, ma che, al contrario, abbiaun futuro assicurato grazie a una trasmissione di conoscenze qui neces-sariamente espresse con un margine di improvvisazione, proprio di tuttigli inizi, e tuttavia con un grado di ordine notevole, segno che gli organiz-zatori hanno svolto un ottimo lavoro78.

Il Comité International d’Études sur les Proportions dans les Arts si costi-tuisce ufficialmente il 29 settembre 1951 e riunisce Bill, Giedion, Rogers,Speiser, Zevi, Mario Melino per il Centro Studi Triennale e Berto Larderaper l’UNESCO, sotto la presidenza di Le Corbusier, il quale, nel verbale dellaprima riunione, “esprime all’assemblea la sua volontà di partecipare in viaeccezionale a questo comitato, poiché ritiene che la continuità degli studi,l’affinamento e l’approfondimento delle idee presentate al congresso siano,nel momento attuale, di estrema importanza per lo sviluppo dell’architettu-ra e delle arti”79.

Philip Johnson, José Luís Sert e Rudolf Wittkower, non presenti all’attofondativo, accettano di far parte del comitato80, che su suggerimento di LeCorbusier riceve ora l’impegnativo nome di Comité International pourl’Étude et l’Application des Proportions dans les Arts et l’IndustrieContemporains, ovvero CIEAPAIC (Carla Marzoli, donna pragmatica, pregal’architetto di pensare a un nome “più aereo” mentre è in volo perChandigarh)81.

Prima necessità, come esplicitato nel verbale della riunione, è “assicura-re l’esistenza del Comitato stesso e fissarne quanto prima, con l’aiuto di tuttii suoi membri, le esatte ragioni di vita”82. La Marzoli viene incaricata ditessere i rapporti con il Museum of Modern Art in vista del secondo conve-gno, e tutti sono invitati a fornire suggerimenti sui suoi possibili contenuti.Di fatto non ci sarà un vero e proprio secondo convegno: l’11 marzo 1952, tut-tavia, nell’auditorium del museo si svolge la tavola rotonda intitolata Dedivina proportione. A discussion of the Theories of Proportion in Art83.Moderato da Sert, il simposio vede la partecipazione di Eero Saarinen,George Howe, William Bell Dinsmoor ed Enrico Peressutti84.

Il seguito della vicenda va cercato nelle carte di Le Corbusier, con cui laMarzoli continua a corrispondere nel tentativo appassionato e caparbio didare una seconda chance alla proporzione: di fatto sempre più isolata,rimane solo la coppia Le Corbusier-Marzoli a lottare – con obiettivi diversi– per un secondo atto del dramma. Fioccano lettere a Sert e a Johnson coninviti a incontrarsi, in Italia o negli Stati Uniti, e reciproche rassicurazionisull’importanza del tema in questione.

Quella del convegno è una “storia interrotta” anche perché la pubblica-

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crede che si dovrebbe far capire a questi signori che bisognerebbe abban-donare questa posizione così fredda, affinché la loro cultura divenga unostrumento vivo e operativo al servizio dell’artista75?.

Questa la risposta:

Cara signora, è questione “di uomini”. Ci sono quelli vivi e quelli morti, glispecialisti incapaci di una visione d’insieme. Lei non potrà farci niente.Ha convocato a questa Triennale i due tipi di individui. […] Ora abbiamodormito, ora siamo stati risvegliati. Lei è riuscita nell’obiettivo, non dipoco conto, di mettere i tempi moderni nella stessa pentola di Vitruvio,Leonardo e Alberti, e dunque ha proclamato il seguito di una tradizione eha dichiarato, attraverso la creazione del nuovo comitato internazionale,che voleva partire alla scoperta dei tempi moderni. Brava! Riunisca coloroche spontaneamente chiedono di stare con lei e lasci dormire e russaretranquillamente i signori della “Divina Proportione”76.

“Armonia di una civiltà macchinista”Con largo anticipo sull’apertura dei lavori Carla Marzoli, attraverso EnricoPeressutti, aveva proposto a José Luís Sert e Philip Johnson di partecipareal congresso. Non potendo accettare l’invito, nonostante insistenti e quasiimploranti richieste da parte della Marzoli, quest’ultima prospetta loro lapossibilità di realizzare una seconda edizione negli Stati Uniti con il suppor-to delle Nazioni Unite, dei CIAM e del Museum of Modern Art. La Marzolicaldeggia anche l’ipotesi di una tappa americana della mostra, già avanzatada Walter Teague, membro della Society of Industrial Designers, e ottieneche l’annuncio di questo progetto avvenga, per bocca di Le Corbusier,proprio durante i giorni del convegno, con tutti i partecipanti riuniti e lamassima attenzione da parte della stampa77:

Sono incaricato dagli organizzatori del convegno di farvi una proposta. Sitratta di questo: allo scopo di dare un seguito all’iniziativa, affinché possain futuro dare buoni frutti, si propone di costituire un comitato che con-tinui a lavorare sui temi del convegno di Milano. Si tratta di un comitatodi natura simbolica, o forse attiva, incaricato di assicurare la continuitàfra il congresso che termina oggi e il secondo sullo stesso tema, annuncia-to per il mese di aprile o di maggio dell’anno prossimo a New York e orga-nizzato da Philip Johnson, direttore del Dipartimento di Architettura delMuseum of Modern Art, con l’aiuto di José Luís Sert, che alcuni di voiconoscono, uomo di grandi ideali ma anche dotato di senso pratico e direalismo. Questo secondo convegno riprenderà gli stessi temi di Milano,

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Nella prima riunione del Comité International si torna a discutere delvolume: Rogers afferma che “se il libro conterrà una parte critica, questacritica dovrà essere assolutamente oggettiva e senza presa di posizione daparte dell’autore”; Giedion suggerisce di nominare un curatore per ognisezione (Wittkower per la storia, Speiser per la matematica…), ma Zevi nonè d’accordo: nella collana da lui diretta non si pubblicano volumi in collabo-razione; l’unico autore avrà “completa libertà di posizione critica”. Fra i pos-sibili candidati il critico segnala, oltre a se stesso, Rogers, Roth eWittkower88. Non si giunge tuttavia a un accordo con Einaudi, forse ancheper le perplessità di Zevi circa gli esiti del convegno (“Non so cosa dirle delconvegno. È riuscito bene per ragioni esteriori, ma, come prevedibile, nonha concluso niente. Questo – in forma diplomatica – si dovrebbe comunica-re al Museum of Modern Art”)89.

Uscito di scena Zevi, l’editore Hoepli accetta di pubblicare il volume, il cuinuovo comitato di redazione risulta composto dallo stesso Rogers, da MaxBill e da Carla Marzoli90. Il libro, secondo quanto la Marzoli scrive a CarloMollino, si intitolerebbe Proportions et temps modernes e risulterebbe divisoin tre sezioni: “La vision historique des proportions” (con i testi diWittkower, Ghyka, Ackerman, Funck-Hellet, Ricci, Bairati, Sanpaolesi, NiccoFasola); “Des notions contemporaines de la proportion” (Speiser, Kayser,Giedion, Turel, Dekker, Caronia Roberti, Papini, Labò, Rogers, Zevi,Giedion-Welcker) e “Proportions et création” (Nervi, Le Corbusier, Mollino,Severini, Bill, Vantongerloo, Fontana). Così la Marzoli scrive a Mollino:

Poiché nel prossimo gennaio andrò in America per quattro mesi (lo StateDepartment di Washington mi ha invitata… a titolo delle mie benemeren-ze culturali!!!! Non rida, ma è proprio così, e se per caso avesse qualcheidea da propormi… in questo momento, me ne vergogno assai, ma sono la“femme du jour”!!!) ho fatto di tutto per mettere finalmente a punto laquestione del nostro libro. […] L’organizzazione del volume è a buonpunto, ma ci manca ancora una parte per finire la maquette che è attesanon solo da uno, ma da più editori. Noi vedremo in seguito se converràmaggiormente di pubblicarlo innanzi tutto in Italia o addirittura in fran-cese e poi in inglese. Il numero di copie che si potrà vendere in Italia saràprobabilmente vendibile sia che il libro sia in italiano o in francese e conquesto si eviterebbe per l’editore la spesa di una traduzione, nuova com-posizione, ecc.. Però vedremo colla maquette in mano e colla possibilitàdi fare i conti esattissimi.Quello che le chiedo, e so che con lei parlare di urgenza è sempre una tra-gedia, sarebbe di vedere se il suo scritto comporterebbe, come mi pare,alcune illustrazioni. Vuole mandarmele al più presto? Il libro sarà interes-

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zione degli atti, data ormai per sicura alla vigilia del convegno grazie all’in-teressamento di Bruno Zevi presso Einaudi, non avrà luogo. Nell’accettaredi avviare l’impresa, Giulio Einaudi parla di una pubblicazione “del massimointeresse”, e detta la linea editoriale: “Innanzitutto quella di fare un librotutto di valore e tutto usufruibile, con esclusione (entro i limiti posti dall’oc-casione) di quanto è meramente accessorio; intendo dire un volume di ‘Atti’che non sia tale nel senso accademico e stenografico del termine, ma cherenda conto soltanto della sostanza più vera e valida del Congresso”85. BrunoZevi, a cui la Marzoli aveva proposto anche di pubblicare il catalogo dellaMostra di Studi sulla Proporzione86, qualche giorno prima del convegnosembra però titubante. Le condizioni sono chiare: si assumerà l’incarico soloa fronte di un compenso che giustifichi il fatto di rinunciare a uno dei mol-teplici impegni già assunti. Zevi, insomma, prende tempo, e ancora una voltaribadisce la necessità di colmare la lacuna del periodo barocco:

Ho capito da Einaudi che egli mi lascia completamente libero di pubblica-re o meno gli Atti del Congresso nella collezione da me diretta. Si trattaperciò di perfezionare le condizioni e, in attesa di vederla a Milano, pensoche sia utile impostare adesso il problema in modo che Lei possa consi-derarlo e sottoporlo eventualmente all’amministrazione della Triennale.Come Lei dice giustamente è impossibile pubblicare gli Atti meccanica-mente. Io non potrei permettere che una pubblicazione del genere appa-risse nella collana Einaudi, e la Triennale stessa non ne avrebbe alcunvantaggio poiché nulla è più ostile e ingrato degli atti di un convegno;restano tutti i difetti di inorganicità e manca invece la vivezza delladiscussione e del discorso.Perciò si tratta di redigere un libro che includa (correggendolo dimensio-nandolo e ampliandolo eventualmente) ciò che si dice al Convegno. […] Civuole di scrivere una prefazione, di inquadrare le relazioni, di scriveredelle piccole biografie, di riempire in un modo o nell’altro le lacune (peresempio, il problema delle proporzioni durante il periodo barocco), didimensionare i vari contributi in modo che le parti abbiano un certo equi-librio ecc.. Se a questo si deve aggiungere un catalogo più o meno ragio-nato della mostra, come mi pare opportuno per dare al volume anche uninteresse documentario e filologico, il lavoro da fare è notevole.Lei mi domanda se sono disposto a fare questo lavoro. Ritornato ora dalcorso universitario a Buenos Aires, in procinto di ricominciare qui i duenormali corsi universitari, e con tre impegni editoriali, dovrei risponderedi no. Ma non nascondo che il tema è attraente e che questa pubblicazio-ne, se è redatta organicamente, potrebbe essere veramente utile87.

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1953 Le Corbusier, speranzoso che l’editore italiano torni sui suoi passi, cosìriassume la situazione: “Hoepli farebbe l’italiano, Stichnote il tedesco,Humphries Lund potrebbe fare l’inglese, Wittemberg [...] potrebbe farel’americano, Poseidon lo spagnolo a Buenos Aires e Gallimard potrebbe fareil francese”95.

Nel frattempo, la Marzoli riceve dal soprintendente di Siena, Enzo Carli,la proposta di organizzare una seconda tappa del convegno proprio in quellacittà. Ecco, allora, che dopo un incontro milanese fra Marzoli, Speiser, Bill,Rogers e Le Corbusier, quest’ultimo scrive una lunga e dettagliata memoriain cui tratteggia due possibili linee d’azione per il gruppo, ribattezzato oraGroupe Symétrie:

Proseguire lungo la strada aperta dal primo congresso sulla DivinaProporzione e indirizzarsi verso verità matematiche sempre più scienti-fiche, allontanandosi dalle applicazioni immediate nel campo delle arti,oppure abbandonare l’idea di seguire esclusivamente l’esegesi scientificadella Divina Proporzione e dirigersi verso gli obiettivi che questo tipo diricerca deve raggiungere, ovvero portare armonia ai tempi moderni, cosìrinunciando a concentrarsi sullo studio del passato. Se il comitato conser-va il nome di “Divina Proporzione” rischia di essere troppo esclusivamen-te legato all’epoca rinascimentale. I presenti hanno ammesso, dopo discussione, che è meglio rinunciare unavolta per tutte alla dicitura “Divina Proporzione”, termine che designadelle preoccupazioni ormai superate e la cui stessa natura potrebbe risul-tare in contraddizione con le ambizioni contemporanee. Volendo megliospecificare “di che cosa si tratta”, il comitato ammette che la domandaposta alla società moderna riguarda innanzitutto un problema d’armonia.La società moderna possiede delle ricchezze inimmaginabili che possonoarricchirsi e crescere senza limiti; di contro, ciò che un progressomoderno non governato, o addirittura disordinato, ha provocato nellasocietà moderna è un immenso disordine, frutto avvelenato della disar-monia delle cose le une rispetto alle altre: disarmonia dell’uomo rispettoalle sue stesse invenzioni, rispetto al suo lavoro, rispetto alla vita privatao collettiva quotidiana. Il Comitato si è dunque dato un nome che puòsostituire la “Divina Proporzione”. Questo nome è: “SIMMETRIA”. Laparola simmetria, usata oggi dall’avanguardia del pensiero moderno, per-mette di raggiungere un duplice obiettivo: denunciare l’erronea accezio-ne alimentata dagli adepti di un accademismo ancora vivace, ricollocareil termine di “simmetria” sul suo piano originario, che è quello dell’equi-librio, che è anche l’essenza della proporzione. “Proporzione” sembra al Comitato un termine troppo intrinsecamente

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sante, mi pare, ma vorremmo anche corredarlo di una ricca documenta-zione fotografica, il che sarebbe interessante tanto per lo studioso com-petente che per il pubblico medio, e soprattutto migliorerebbe le condi-zioni estetiche del volume.[…] Credo che dovrò venire a Torino ben presto per i miei affari e cerche-rò di avvertirla in tempo onde poterla incontrare: ma è possibile che aMilano non venga mai e soprattutto se viene non passi mai da viaManzoni 21? Si ricordi, libreria La Bibliofila, e si ricordi: Carla Marzoli. Epoi se ha appetito e (modestia a parte) vuol mangiare bene, anche dipremura se è tanto occupato, si ricordi: via Cerva 44, casa di CarlaMarzoli. E poi non so più cosa dirle altro che la saluto molto cordialmen-te e che la lascio colla viva speranza che non mi faccia diventar matta acorrerle dietro per avere queste dannate fotografie che se ha voglia diinviarcele saranno bellissime!!!!91.

Una lettera-disegno di Gio Ponti, in cui la poesia del tratto compensa l’in-sistenza della richiesta, recita: “Caro Mollino, eccoti la tua relazione, man-dacene il riassunto così la signora Marzoli si tranquillizza. Con affetto,Ponti”92.

Nell’autunno del 1952 Max Bill ha ancora in mano tutto il materiale e nonsi decide a elaborarlo per consegnarlo all’editore. La Marzoli, affranta, cosìscrive a Le Corbusier:

Penso che il Comitato debba riunirsi per esaminare la possibilità della suastessa esistenza e fare una sorta di programma. Noi tutti, e soprattutto leiin quanto Presidente, abbiamo preso un impegno non indifferente neiconfronti del mondo degli artisti e degli uomini di scienza. Da un puntodi vista morale, mi sembrerebbe ridicolo che nomi importanti come quellidei protagonisti coinvolti un bel giorno dicano: abbiamo scherzato, siamotutti molto occupati, abbiamo altro da fare, o peggio ancora tenere in vitaun comitato che non ha nessuno scopo o ragion d’essere. Il libro? Ebbene,per quello che mi riguarda ho fatto quello che dovevo fare, ho passatotutto il materiale a Max Bill. Si è addormentato, e l’editore è molto irrita-to dell’attesa… Ho scritto, ho telefonato, ma niente da fare. Bisognadunque mettere a punto tutti questi aspetti per non avere un domani deirimproveri da parte di tutti quelli che aspettano questa pubblicazione93.

Anche Hoepli abbandona l’impresa, forse scoraggiato dalla lentezza nellalavorazione del libro94. Le Corbusier sonda altre possibilità: HelenaStrassova, la sua agente letteraria, cerca contatti in Germania, mentre laMarzoli percorre la pista Hachette. In una crescente entropia, nel marzo

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tanto da esprimersi apertamente contro il Comité International d’Etudes surles Proportions dans les Arts101, qui non esita a innalzare un canto funebre:“Nel rigettare, a maggioranza di 3/5, la mozione sull’utilità dei sistemi pro-porzionali, in un momento in cui essi sono particolarmente in voga negliStati Uniti, gli architetti inglesi hanno dimostrato saggezza e coraggio. Senzadubbio, le giustificazioni interiori delle ‘poetiche’ sono infinite e tutte legit-time: l’efficacia dei sistemi proporzionali dipende dal grado di convinzionecon cui un architetto li adotta [...]. Bocciando la mozione, gli architetti delR.I.B.A. sapevano benissimo di non possedere formule semplicistiche dasostituire a quella dei sistemi proporzionali. E qui è la loro dignità: per arri-vare ad una chiarificazione del linguaggio architettonico contemporaneo, ilprimo compito consiste nel rifiutare le evasioni tradizionaliste, nell’avere ilcoraggio di vivere i problemi anche con la coscienza di non aver ancora ela-borato soluzioni logiche conformi”102.

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legato a problemi di misure, di dimensioni, di rapporti squisitamentemateriali. “Armonia” sembra al Comitato un termine capace di aprire allediscussioni di quegli orizzonti che sono proprio quelli che dobbiamo rag-giungere. Abbiamo considerato che le discipline attuali sono, purtroppo,isolate le une dalle altre; affinché provochino un progresso per effetto delloro stesso sviluppo, è necessario che co-esistano. Nel lavoro contempo-raneo una categoria di individui sembra capace di cogliere l’insieme dellediversità per condurle verso l’unità; questa qualità è presente nel mondodell’architettura, poiché lo specifico dell’architettura è quello di apporta-re, attraverso l’ordine, i benefici dell’armonia. Il Comitato ha dunque rite-nuto utile dirigersi verso questa nuova linea espressa con la parola“armonia”, e proporre per il suo prossimo congresso il titolo “Armonia”.E ha pensato che fosse bene convocare a Siena, città storica italiana, suinvito delle sue autorità, il suo secondo convegno sotto questa denomina-zione: “Groupe Symétrie”96.

Con il sottotitolo-proclama Armonia di una civiltà macchinista, il pro-gramma si prefigge di rispondere alle domande “Dove?”, “Quando?” e“Come?” attraverso un’articolazione in quattro sezioni: arte, teatro, cinemae musica. Tuttavia, con il passare dei mesi, fra passeggeri entusiasmi esempre più profondo disincanto, e in assenza della tanto sperata collabora-zione da parte dei suoi compagni di avventura, la Marzoli si rende conto cheil comitato non ha più ragion d’essere. Amareggiata dalla constatazione che,forse, agli altri membri del gruppo ha fatto comodo sedere in un comitatopresieduto da Le Corbusier, conclude che a spingere lei è stato soprattuttoil “desiderio di evasione dalla vita imbecille che sono obbligata a condurre”97.Nulla più si sa della maquette impostata da Max Huber sulla scorta del pro-getto di Bill (il quale, nel 1954, si era deciso a rimandare a Milano i materia-li) se non che, spedita a Le Corbusier, viene da lui valutata positivamente98.

Nell’estate di quel 1954 la Marzoli è impegnata in un lungo soggiorno distudio e lavoro negli Stati Uniti: dopo aver partecipato, in compagnia diJohnson, all’inaugurazione della mostra di Vuillard al MoMa scrive unalettera frizzante al suo amico francese, in cui gli annuncia che i due sareb-bero andati a trovarlo a Chandigarh, e in cui non fa che un fugace accennoagli atti del convegno99.

La proporzione, insomma, appare ormai lontana. Se già alla metà deldecennio Reyner Banham ne aveva decretato la crisi100, con la fine degli anniCinquanta sono sempre meno i teorici e gli architetti interessati a difender-ne la causa. In un’epoca visiva di brutalismo da un lato, di art brut dall’altro,Bruno Zevi recensisce la famosa riunione al RIBA del 1957, cui si è già accen-nato. Zevi, le cui posizioni erano chiare fin dai tempi del convegno del 1951,

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10 Dello stesso autore è molto importante, peril dibattito critico del dopoguerra, Le Nombred’Or et l’ésthétique scientifique del’architecture, Imprimerie des Orphelinsapprentis d’Auteuil, Paris 1952.11 È evidentemente impossibile, in questasede, dar conto della ricchezza degli studisulle proporzioni nel Novecento: si rimanda aititoli segnalati da Rudolf Wittkower nelleNote bibliografiche sulla teoria dellaproporzione, in Principi architettonici, cit., pp.154-157 (aggiornato al 1960). 12 Georges Jouven, Rythme et architecture. Lestracés armoniques, Vincent, Fréal & C., 1951;Cesare Bairati, La simmetria dinamica.Scienza ed arte nell’architettura classica,Tamburini, Milano 1952.13 Vedi Giorgio Mascherpa, Gli anni Venti:Severini religioso, in Daniela Fonti (a cura di),Gino Severini. Catalogo ragionato, ArnoldoMondadori Editore-Edizioni PhilippeDaverio, Milano 1988, pp. 347-351, ed ElenaPontiggia, Classicità e pitagorismo in GinoSeverini, in Dal cubismo al classicismo.Estetica del compasso e del numero, SE, Milano1997, pp. 113-130.14 Vedi Luciano Caramel, Gli astratti. Tra ideae prassi, in Gli Annitrenta. Arte e cultura inItalia, catalogo della mostra, Palazzo Reale,Milano, 27 gennaio - 30 aprile 1982, Mazzotta,Milano 1982, in particolare p. 154.15 Ibid., p. 70. Molti anni dopo, nel 1988, Bellidefinirà il Modulor “una trappola diabolica,menzogna satanica, generatrice della piùbrutta architettura di ogni tempo”. Cfr. CarloBelli, Il volto del secolo. La prima celluladell’architettura razionalista italiana, Lubrina,Bergamo 1988, p. 138. Per il rapporto di Bellicon la classicità, si veda anche ElenaPontiggia, Tra la Grecia e l’Europa. Carlo Belliteorico dell’astrattismo, in Giuseppe Appella,Gabriella Belli, Mercedes Garberi (a cura di),Il mondo di Carlo Belli. Italia anni Trenta: lacultura artistica, catalogo della mostra,Archivio del ’900, Rovereto, 28 novembre 1991- 1 marzo 1992, Electa, Milano 1991, pp. 99-116.16 Dichiarazione degli Espositori, in“Bollettino della Galleria del Milione”, n. 32,novembre 1934, riportata in Luciano Caramel,Carlo Belli e gli astrattisti italiani degli anniTrenta, in Il mondo di Carlo Belli, cit., p. 76.17 Si vedano in particolare Elena Pontiggia,Una stagione neoromantica. Pittura e sculturaa Milano negli anni trenta, in Elena Pontiggiae Nicoletta Colombo (a cura di), Milano annitrenta. L’arte e la città, catalogo della mostra,Spazio Oberdan, Milano, 2 dicembre 2004 -27 febbraio 2005, Mazzotta, Milano 2004, pp.

9-37, e Fulvio Irace, Confronti: il laboratoriomilanese negli sviluppi dell’architetturarazionale, in Vittorio Gregotti e GianniMarzari (a cura di), Luigi Figini Gino Pollini.Opera completa, catalogo della mostra, MARTdi Rovereto e Palazzo delle Albere di Trento,11 gennaio - 13 aprile 1997, Electa, Milano1996, pp. 33-53.18 Si veda Mostra di Leonardo da Vinci e delleinvenzioni italiane. Catalogo ufficiale dellaMostra delle Invenzioni, Arti Grafiche Ponti &C., Milano 1939. Alcune immagini sonopubblicate in Sergio Polano, Mostrare.L’allestimento in Italia dagli anni Venti aglianni Ottanta, Edizioni Lybra Immagine,Milano 1988, pp. 200-203. Alla Triennale del1940, a un passo dalla guerra, AgnoldomenicoPica allestiva la Mostra del Libro Italiano diArchitettura, divisa in due ambienti, laGalleria del Rinascimento e la Saletta diVitruvio. 19 Tafuri, op. cit., p. 9.20 Fra gli scritti di Carla Marzoli si ricordaBiblioteche e pubblicazioni, negli Atti delConvegno di Museologia organizzato incollaborazione con la Accademia Americana inRoma, Perugia, 18-20 marzo 1955,Stabilimento Tipografico Carlo Colombo, s.l.1955, pp. 37-43. Le edizioni La Bibliofilapubblicano anche, nel 1953, un volume suBerto Lardera con testo di Michel Seuphor enel 1962 l’importante Calligraphy 1535-1885. ACollection of seventy-two writing-books andspecimens from the Italian, French, LowCountries, curato dalla stessa Marzoli, conintroduzione di Stanley Morison e grafica diMax Huber. La Marzoli è stata anchecuratrice di diverse mostre o sezioni dimostre, fra cui quella dedicata alle edizioni diAmbrois Vollard al Centre Culturel Françaisdi Roma (1949) e la sezione bibliografica dellamostra di Picasso allestita nel Palazzo Reale diMilano (1953).21 Si veda La Bibliofila de Carla Marzoli, in“L’Illustré”, n. 45, 7 novembre 1946, p. 11, conalcune belle immagini della libreria.22 La mostra dura dal 12 maggio al 4novembre 1951. Cfr., di chi scrive, L’archiviodell’architetto Francesco Gnecchi-Rusconepresso il C.A.S.V.A., serie “Quaderni delC.A.S.V.A.”, n. 2, Milano 2004, in particolarepp. 7-9, e Id., Francesco Gnecchi-Ruscone. Dieciedifici e una torre di controllo, in “AL. Mensiledi informazione degli Architetti Lombardi”, n.5, maggio 2005, pp. 42-45.23 “Relazione del viaggio a Firenze, Pisa,Bologna e Modena”, 4 aprile 1951, in ArchivioFrancesco Gnecchi-Ruscone, C.A.S.V.A.,

1 Rudolf Wittkower, Architectural Principles inthe Age of Humanism, Studies of the WarburgInstitute, University of London, London 1949(trad. it.: Principi architettonici nell’etàdell’Umanesimo, Einaudi, Torino 1964); LeCorbusier, Le Modulor, essai sur une mesureharmonique à l’échelle humaine, applicableuniversellement à l’architecture et à lamécanique, Éditions de “l’Architectured’aujourd’hui”, Boulogne 1950, cui fa seguitoLe Modulor II. 1955 (la parole est aux usagers),suite de “Le Modulor” “1948”, Éditions de“l’Architecture d’aujourd’hui”, Boulogne 1955(trad. it. di entrambi, rispettivamente con iltitolo Il Modulor. Saggio su una misuraarmonica su scala umana universalmenteapplicabile all’architettura e alla meccanica e IlModulor 2, 1955 (la parola agli utenti), seguitode “Il Modulor” “1948”: Mazzotta, Milano1974).2 La letteratura sulla ricezione del saggio diWittkower è molto vasta; ci limitiamo aricordare Henry A. Millon, Rudolf Wittkower,“Architectural Principles in the Age ofHumanism”: Its Influence on the Developmentand Interpretation of Modern Architecture, in“The Journal of the Society of ArchitecturalHistorians”, n. 2, maggio 1972, pp. 83-91, el’introduzione di Paolo Berdini ai saggi diColin Rowe raccolti con il titolo Lamatematica della villa ideale e altri scritti,Zanichelli, Bologna 1990, pp. VII-XXXII.3 Ricerca del Rinascimento. Principi, città,architetti, Einaudi, Torino 1992, p. 5. 4 In “The Art Bullettin”, n. 31, 1949, pp. 84-111,ripubblicato in Punti di distanza. Saggisull’architettura e l’arte d’Occidente, a cura diPiera Giovanna Tordella, Electa, Milano 2001,pp. 150-182.5 Entrambe pubblicate dapprima su “TheArchitectural Review”, rispettivamente n. 101,1947, pp. 101-104 e n. 107, 1950, pp. 289-299;pubblicati in Italia in La matematica dellavilla ideale, cit. 6 Cfr. Berdini, op. cit., p. IX.7 Il mutevole concetto di proporzione, in Idea eimmagine. Studi sul Rinascimento italiano,Einaudi, Torino 1992, p. 207.8 Neue Lehre von Proportionen desmenschlichen Körpers aus einem bisherunerkannt Gebliebenen, R. Weigel, Leipzig1854, e Aesthetische forschungen, MeidingerSohn & Comp, Frankfurt am Mein 1855. Unaltro testo ottocentesco destinato a esercitareuna larga influenza è quello di David RamsayHay, The Science of Beauty, as Developed inNature and Applied in Art, London 1856.9 Il mutevole concetto..., cit., p. 209.

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Peressutti; fra gli artisti Massimo Campigli,Carlo Carrà, Felice Casorati e Mario Sironi.42 “Panofsky è in America e non c’è la benchéminima chance di farlo tornare per ilConvegno”, scrive Wittkower il 28 agosto1951. ASFTM, serie “IX Triennale”, busta“Convegno De divina proportione”, fald. 1,fasc. “Copie lettere e telegrammi” [T.d.A.].43 Cfr. lettera di Carla Marzoli a RudolfWittkower, 9 agosto 1951, in ASFTM, serie “IXTriennale”, busta “Convegno De divinaproportione”, fald. 2, fasc. “ComitéInternational d’Études sur les Proportionsdans les Arts”, e lettera di Giedion a Marzoli,7 settembre 1951, ivi, fasc. “Originali di letteree telegrammi”.44 Lettera della Marzoli a Wittkower, inASFTM, serie “IX Triennale”, busta“Convegno De divina proportione”, fald. 2,fasc. senza titolo.45 Cfr. la lettera di Wogenscky datata 11settembre 1951, in ASFTM, serie “IXTriennale”, busta “Convegno De divinaproportione”, fald. 1, fasc. “Copie di lettere etelegrammi”.46 Lettera del 29 agosto 1951, in ASFTM, serie“IX Triennale”, busta “Convegno De divinaproportione”, fald. 1, fasc. “Copie lettere etelegrammi”.47 Lettera a Marzoli del 12 settembre 1951, inASFTM, serie “IX Triennale”, busta“Convegno De divina proportione”, fald. 1,fasc. “Copie lettere e telegrammi”. Il GroupeEspace, creato da André Bloc e Félix DelMarle, era fondato sul principio della sintesidelle arti e trovava in “Art d’Aujourd’hui” ilproprio organo pubblicistico. Lo statuto delGroupe Espace viene firmato nell’AssembleaNazionale del 17 ottobre 1951 (cfr. Le GroupeEspace, in “L’Architecture d’Aujourd’hui”, n.37, ottobre 1951, p. V). Il gruppo si fonde, nel1955, con il Movimento Arte Concreta (Mac),nato nel 1948 su iniziativa di Munari, Soldati,Monnet e Dorfles, divenendo “Mac/Espace”.La prima mostra viene organizzata allaGalleria del Fiore di Milano nel 1955. La firmadell’atto costitutivo avviene il 20 dicembre1956; gli architetti coinvolti sono Albini,Viganò, De Carli, Zanuso, Monnet; fra gliartisti Reggiani, Radice, Fontana, Munari,Dorazio, Conte. Il nuovo presidente, MauroReggiani, incarica ufficialmente inquest’occasione Prampolini di mantenere irapporti con il gruppo romano (cui accettanodi partecipare Colla, Dorazio, Perilli, Conte,Guerrieri, Franchina – mentre rifiutano Afroe Santomaso – e gli architetti Gualdieri,Luccichenti, Nervi e Sissa). Il Primo

manifesto dello Spazialismo viene pubblicatonel 1947 ed è frutto della collaborazione conGiorgio Kasserlian, Beniamino Joppolo eMilena Milani; il secondo manifesto escel’anno successivo anche con il contributo diGianni Dova e Antonio Tullier. Sullapreoccupazione di precisare la fisionomia delmovimento spaziale italiano rispetto a quelladel Groupe Espace, cfr. la lettera che Fontanascrive a Mario Ballocco, fondatore dellarivista “AZ”, nel 1951, dopo aver visto imanifesti del Groupe Espace esposti allaGalleria Il Salto di Milano: “Tu ben conosciche nel 1946 a B. Aires e nel 1947 e 48 in Italiasono usciti due manifesti del MovimentoSpaziale con lo stesso programma e intenzionidel manifesto francese – Vi sono stateconferenze e riunioni di carattere polemico aMilano. Alla Galleria del Naviglio nel 1949 èstato presentato il I° Ambiente spaziale –artisti hanno realizzato colla collaborazionedi architetti ambienti privati e pubblici, e perdi più alla IX Triennale di Milano vi sonoopere importantissime Spaziali – la soladifferenza sta nel fatto che il manifestofrancese porta le firme degli aderenti osimpatizzanti, gli spaziali italiani escono conmanifesti anonimi”. Lettera pubblicata inPaolo Campiglio (a cura di), Lucio Fontana.Lettere 1919-1968, Skira, Milano 1999, pp. 219 e221. 48 Lettera a Mario Melino del 13 settembre1951, ASFTM, serie “IX Triennale”, busta“Convegno De divina proportione”, fald. 1,fasc. “Copie lettere e telegrammi”. Il titolodella relazione di Mollino, in un primo tempocomunicato come Valori della proporzione nellinguaggio estetico, diventa poi Retoriche epoetiche della proporzione.49 Lettera del 23 settembre 1951, in fald. 1,fasc. “Da protocollare”.50 Lettera del 27 agosto 1951, in ASFTM, serie“IX Triennale”, busta “Convegno De divinaproportione”, fasc. “Corrispondenza 2”.51 Leonardo Sinisgalli, 1948-1952, in “Pirelli”,n. 6, dicembre 1952, p. 9. Sinisgalli vieneinvitato a esporre una relazione al convegno, acui però non prenderà parte. Il suo Furormathematicus, Mondadori, Milano 1950, vieneesposto in mostra.52 Adriano Olivetti, Una nuova rivistad’architettura, in “Zodiac”, n. 1, 1957, p. 6.53 Interessante la proposta di Luigi Cosenza,che suggerisce di svolgere un “esamecomparativo tra le varie relazioni critiche deipartecipanti al convegno su un temadeterminato, es. il Fabbricato Viaggiatori dellastazione di Roma, oppure le realizzazioni INA

Comune di Milano (d’ora in poi AFGR), fasc.“Mostra sulla Proporzione, IX Triennale -Milano - 1951”.24 Aurel è il soprannome di Peressutti.25 Lettera del 12 marzo 1951 a FrancescoGnecchi-Ruscone, in AFGR, fasc. “Mostrasulla Proporzione, IX Triennale - Milano -1951”. 26 Lettera del 4 aprile 1951, in ArchivioStorico Fondazione La Triennale di Milano(d’ora in poi ASFTM), serie “IX Triennale”,sezione “Veline azzurre”, prot. n. 09422.27 Lettera del 9 aprile 1951, in AFGR, fasc.“Mostra sulla Proporzione, IX Triennale -Milano - 1951”. Dai documenti non risulta ilperché del riferimento a John Voelcker,architetto inglese allievo di Wittkower emolto attivo nei CIAM, e probabilmente perquesto amico di Gnecchi-Ruscone, il quale alVII Congresso CIAM di Bergamo (1949), suinvito dell’amico Ernesto N. Rogers, ricopre ilruolo di segretario della sessionesull’Industrializzazione dell’Architettura.28 Lettera del 4 aprile 1951, in ASFTM, serie“IX Triennale”, sezione “Veline azzurre”,prot. n. 09396.29 Cfr. Rosa Tamborrino (a cura di), LeCorbusier. Scritti, Einaudi, Torino 2003, p.LXV.30 Le partiture erano: Pierrot lunaire diSchönberg (1914); Passacaglia di Webern(1922); Lulu di Berg (1935); Il prigioniero diDallapiccola (1948); Sinfonia di Malipiero(1949).31 Estratto dal Catalogo della Nona Triennaledi Milano a cura della Libreria “La Bibliofila”,via Manzoni, 21 – Milano in occasione delPrimo Convegno internazionale su LeProporzioni nelle Arti, S.A.M.E., Milano 1951,p. 7.32 In realtà il ritratto di Luca Pacioli, checompare nel catalogo, viene prestato da BrunoMolajoli, soprintendente alle Gallerie dellaCampania, solo il giorno 8 settembre, dietrogrande insistenza da parte di Ivan MatteoLombardo. Molajoli, infatti, aveva chiestoun’assicurazione tre volte superiore a quellafissata dal soprintendente di Urbino, PietroZampetti, per il prestito della Città ideale: laTriennale, pertanto, aveva dovuto rinunciare.La nuova richiesta è motivata dal desiderio diesporre l’opera durante il Convegno di Studisulla Proporzione. Vedi “Verbale n. 8” dell’8settembre 1951, in ASFTM, serie “IXTriennale”, busta “Convegno De divinaproportione”, fasc. “Inviti”.33 Per un’analisi architettonica

dell’allestimento, vedi Anna Chiara Cimoli,“Eupalino alla Triennale”, in Musei effimeri.Allestimenti di mostre in Italia 1949-1961, ilSaggiatore, Milano (in corso dipubblicazione).34 “Nell’atto di ultimare l’impaginato perITALY BUILDS scopro, con mia grandesorpresa, di non avere alcun disegno dellastupenda mostra sulla proporzione che haallestito alla Triennale l’anno scorso. Lesarebbe possibile spedirmi in tutta fretta unapianta, una sezione e alcuni dettagli? Ho fattoalcune fotografie, ma se lei ne avesse due o trela prego di spedirmele insieme all’altromateriale. Vorrei dare a questa mostra il piùampio spazio” [T.d.A.]. La lettera di KidderSmith, datata 31 ottobre 1952, si trova inAFGR, fasc. “Offerta di insegnamento aBerkeley - 1951-52”. La mostra vienepubblicata su George E. Kidder Smith, L’Italiacostruisce. Sua architettura moderna e suaeredità indigena, Edizioni di Comunità,Milano 1954, pp. 196-197. 35 La lettera di Ernesto N. Rogers, datata 28luglio 1965, si trova in AFGR, fasc. “Incaricodi assistente di E.N. Rogers e di P.G.Castiglioni al Politecnico - Milano - 1964-65”.L’allestimento della mostra viene pubblicatoanche in Richard P. Lohse, NeueAusstellungsgestaltung. Nouvelles conceptionsde l’exposition. New Design in Exhibitions,Verlag für Architektur, Zürich 1953, pp. 199-203, e in Klaus Franck, Ausstellungen –Exhibitions, Verlag Arthur Niggli, Teufen 1961,pp. 92-93. 36 Il Modulor 2, cit., p. 141.37 Cfr. la lettera della Marzoli a Zevi datata 18luglio 1951, in ASFTM, serie “IX Triennale”,busta “Convegno De divina proportione”, fald.2, fasc. “Comité International d’Etudes sur lesProportions dans les Arts”.38 Nel 1951 Zevi riceve la laurea honoris causadall’Università di Buenos Aires e divieneMembro onorario della Società Centrale degliArchitetti Argentini.39 Lettera di Lombardo a Segni, 21 agosto1951, in ASFTM, serie “IX Triennale”, busta“Convegno De divina proportione”, fald. 2,fasc. senza titolo.40 Lettera del 21 settembre 1951 a Marzoli, infald. 1, fasc. “Copie lettere e telegrammi”.41 Lettera del 26 settembre 1951, in fald. 1,fasc. “Copie lettere e telegrammi”. Fra glistorici, declinano l’invito a tenere unarelazione anche Germain Bazin, Enzo Carli,Ugo Monneret de Villard, AgnoldomenicoPica; fra i progettisti Franco Albini, LodovicoBarbiano di Belgiojoso, Piero Bottoni, Enrico

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sufficientemente rappresentati nel nostrocomitato da Johnson e da Sert”. Lettere del 7novembre e del 6 dicembre 1951, Fondation LeCorbusier, rispettivamente U3-10-98 e U3-10-101.81 Lettera del 24 ottobre 1951, Fondation LeCorbusier, 03-10-82.82 ASFTM, serie “IX Triennale”, busta“Convegno De divina proportione”, fasc.“Comité International d’études sur lesproportions dans les arts”.83 Ringrazio Michelle Harvey dell’archiviodel Museum of Modern Art per l’aiuto nelreperire queste informazioni.84 George Howe, architetto formatosi aParigi, è Fellow dell’American Academy diRoma dal 1947 al 1949 e direttore delDipartimento di Architettura di Yale dal 1950al 1954. Dinsmoor (1886-1973) è stato uno deiprincipali studiosi di architettura classicastatunitensi. Curatore della riedizione di TheArchitecture of Ancient Greece di WilliamAnderson e Phené Spiers (1927), dal 1936 al1946 è presidente dell’Archeological Instituteof America. Durante la guerra è responsabiledel Committee for the Protection of CulturalTreasures in War Areas. Dal 1934 al 1955 èdirettore del Dipartimento di Arte eArcheologia della Columbia University.85 Lettera a Lombardo, 17 settembre 1951,fald. 1, fasc. “Unesco e Marzoli”.86 Cfr. lettera del 6 settembre 1951, in fald. 2,senza titolo. 87 Lettera del 24 settembre 1951, in serie“Corrispondenza”, fald. 1, fasc. “Copie letteree telegrammi”.88 Verbale della prima riunione del ComitéInternational d’Études sur les Proportionsdans les Arts, ASFTM, serie “IX Triennale”,busta “Convegno De divina proportione”, fasc.“Comité International d’études sur lesproportions dans les arts”.89 Lettera dell’1 ottobre 1951, in ASFTM, serie“IX Triennale”, fald. 1, fasc. “Copie lettere etelegrammi”.90 Lettera del 6 dicembre 1951, Fondation LeCorbusier, U3-10-101. Nella lettera di accordopreliminare, Carlo Hoepli parla di un volumedi circa cento pagine, formato 23 × 28 cm, conprefazione di Wittkower, in cui sarebberostati pubblicati solo gli “interventi piùimportanti”. Cfr. Fondation Le Corbusier, U3-10-103.91 Archivio Carlo Mollino, Politecnico diTorino, cartella C.3.2. (Corrispondenza 1951).92 Lettera datata 19 dicembre 1951, ibid.

93 Lettera del 14 settembre 1952, FondationLe Corbusier, U3-10-126 [T.d.A.]. 94 Lettera di Max Bill a Le Corbusier del 26febbraio 1953, Fondation Le Corbusier, U3-10-157. In questa lettera Bill scrive: “Il fatto dinon aver ricevuto tutto il materiale dallasignora Marzoli, e che poi Giedion mi abbiadetto che Hoepli si rifiuta di fare il libro, miha impedito di continuare. Dunque, la cosamigliore è che io spedisca tutto il materialealla Marzoli e che lei faccia il libro conRogers”. Ancora nel mese di novembre, però,Bill non ha reso i materiali: cfr. la lettera dellaMarzoli a Le Corbusier del 24 novembre 1953,Fondation Le Corbusier, U3-10-164.95 Lettera alla Marzoli del 4 marzo 1953,Fondation Le Corbusier, U3-10-158. Nellalettera del 22 aprile l’architetto dice cheinvece sarà Vincent, Fréal & Co a pubblicarel’edizione francese.96 Documento del 21 ottobre 1952, FondationLe Corbusier, U3-10-144 [T.d.A.].97 Lettera dell’11 settembre 1953, FondationLe Corbusier, U3-10-163 [T.d.A.].98 Lettera di Le Corbusier del 29 marzo 1954,Fondation Le Corbusier, U3-10-171.99 La lettera è datata 5 aprile 1954,Fondazione Le Corbusier, U3-10-172. In unaprecedente lettera, datata 24 novembre 1953,la Marzoli scriveva a Le Corbusier chel’Università di Harvard le aveva proposto diallestire nella propria sede la Mostra di Studisulla Proporzione (Fondation Le Corbusier,U3-10-164).100 The New Brutalism, in “The ArchitecturalReview”, n. 708, dicembre 1955, pp. 355-361.101 ASFTM, serie “IX Triennale”, busta“Convegno De divina proportione”, fasc. 1(trascrizione degli interventi, p. 229).102 Bruno Zevi, I sistemi proporzionalisconfitti a Londra, cit. La letteratura recentesulla “crisi della proporzione”, ovvero, inparticolare, sulla fallacia della sezione aurea, èmolto vasta. Ci limitiamo a citare MargueriteNeveux e H.E. Huntley, Le nombre d’or.Radiographie d’un mythe, Éditions du Seuil,Paris 1995, e il saggio di Marco Frascari eLivio Volpi Ghirardini, Contra DivinamProportionem, in Kim Williams (a cura di),Nexus II: Architecture and Mathematics, attidel convegno di Firenze, Edizioni dell’Erba,Fucecchio 1998, pp. 65-74. Per unapprofondimento del dibattito si rimanda allarivista on-line “Nexus Network Journal” (sucui si trova anche l’interessante articolo diMichael J. Ostwald Under Siege: The GoldenMean in Architecture).

in una data provincia. Le conclusioni delconvegno, con questo mezzo, sarebberoconcrete e di facile comprensione per tutti”.54 Il mutevole concetto..., cit., p. 214.55 Ibid., pp. 214-215; cfr. anche la cronaca diBruno Zevi, I sistemi proporzionali sconfitti aLondra, in “L’architettura cronache e storia”,n. 26, dicembre 1957, pp. 508-509. Il titolodella mozione riecheggia il giudizio dato daAlbert Einstein sul Modulor: “È una scala diproporzioni che rende il male difficile e ilbene facile”. Cfr. Il Modulor, cit., p. 56; ilgiudizio è riportato anche nell’intervento diLe Corbusier al convegno, qui pubblicato.56 Il mutevole concetto..., cit., p. 215.57 Ibid.58 Cfr. Michela Comba, De humanasproportione, in Carlo Mollino. Architettura diparole. Scritti 1933-1965, Bollati Boringhieri,Torino 2007, pp. XXI-CXIX.59 Retoriche e poetiche della proporzione, in“Domus”, n. 269 (aprile), 1952, p. 33.60 La citazione è tratta dall’abstractdell’intervento. Il testo completo è statopubblicato con il titolo Symetrie et proportion,in “Leonardo”, n. 3, luglio 1968, pp. 313-317. 61 ASFTM, serie “IX Triennale”, busta“Convegno De divina proportione”, fasc. 1(trascrizione degli interventi, p. 213). Ghykaaveva seguito molto attentamente il dibattitosuscitato dalle prime apparizioni delModulor: cfr. il suo articolo Le Corbusier’sModulor and the Concept of the Golden Mean,in “The Architectural Review”, 1948, vol,CIII, pp. 39-42. 62 ASFTM, serie “IX Triennale”, busta“Convegno De divina proportione”, fasc. 1(trascrizione degli interventi, p. 59).63 Il Modulor, cit., p. 179.64 Lettera del 20 agosto 1951, in ASFTM,serie “IX Triennale”, busta “Convegno Dedivina proportione”, fasc. non titolato [T.d.A.].La lettera è pubblicata, in qualità diimmagine, in Il Modulor 2, cit., p. 143.65 Lettera a Marzoli, 19 settembre 1951, fald.1, fasc. “Copie lettere e telegrammi”.66 Lettera del 23 settembre 1951, in fald. 1,fasc. “Da protocollare”.67 Vedi telegramma di Carla Marzoli a LeCorbusier del 23 settembre 1951: “Enormeinteresse verso suo intervento, consigliatocambiamento, dia conferma se d’accordo solosua conferenza sera 26 a seguire discussionestop”. Fondazione Le Corbusier, U3-10-51[T.d.A.].

68 Lettera del 4 ottobre 1951, ASFTM, serie“IX Triennale”, fald. 1, fasc. “Copie lettere etelegrammi”.69 André Marie, Claudius Petit e Louis Joxe.70 La Marzoli fa effettivamente tutto quantorichiesto dall’architetto, come documentatodalle copie dei dossiers conservati presso laFondation Le Corbusier. 71 Il Modulor 2, cit., p. 141.72 Lettera del 6 ottobre 1951, in fald. 1, fasc.“Copie lettere e telegrammi”.73 Lettera del 7 ottobre 1951, ibid. In questastessa lettera Mollino suggerisce alla Marzolidi chiedere un testo a Croce per il volume diEinaudi: “Qualunque siano gli ‘spiriti’ delConvegno, non credo controproducente unireanche il pensiero di chi, volenti o nolenti,rappresenta il massimo esponente degli studidi estetica in Italia”.74 Lettera del 30 settembre 1951, in fald. 1,fasc. “Copie lettere e telegrammi”.75 Lettera del 10 ottobre 1951, Fondation LeCorbusier, U3-10-58.76 Lettera del 16 ottobre 1951, Fondation LeCorbusier, U3-10-64.77 Nella lettera del 16 settembre 1951 a Sert laMarzoli scrive: “La prego di considerare dispedire una proposta ufficiale al convegno:credo che questo non rappresenti un impegnoma un gesto di partecipazione; il nostroincontro è il primo, potremmo proporre diorganizzare il secondo a New York, lei, sepossibile in quanto CIAM, il Museum ofModern Art e la Triennale assieme”. InASFTM, serie “IX Triennale”, busta“Convegno De divina proportione”, fald. 2,fasc. non titolato [T.d.A.]. Il telegramma,firmato da Philip Johnson e datato 27settembre 1951, recita: “Congratulazioni per ilvostro congresso internazionale. Il Museumof Modern Art organizzerà un Convegno Dedivina Proportione aprile New York.Spiacente non essere oggi con voi”. Fald. 1,fasc. “Copie lettere e telegrammi”. 78 ASFTM, serie “IX Triennale”, busta“Convegno De divina proportione”, fasc. 1(trascrizione degli interventi, pp. 215-216).79 ASFTM, serie “IX Triennale”, busta“Convegno De divina proportione”, fasc.“Comité International d’études sur lesproportions dans les arts” [T.d.A.].80 Johnson chiede a Le Corbusier di invitarea farne parte George Howe, direttore delDipartimento di Architettura a Yale;l’architetto dice però alla Marzoli che,secondo lui, “gli Stati Uniti sono

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La Mostra di Studi sulleProporzioni, a cura di CarlaMarzoli, allestimento diFrancesco Gnecchi-Ruscone.

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