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Domenico Cavalca da Vicopisano OP († dicembre 1341 = dicembre 1342 in stile pisano). Note...

Date post: 28-Mar-2023
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Domenico Cavalca da Vicopisano OP († dic. 1341 = dic. 1342 in stile pisano) - note documentarie in corso - Cronica conventus antiqua Sancte Katerine de Pisis, Pisa, Biblioteca Cateriniana (Seminario Santa Caterina) 78, ff. 22v-23r: «Frater Dominicus Cavalca de Vico. Hic fuit reputationis ut sanctus, nec immerito quia vitam religiosam indefectibiliter egit. Non otiosus, multos libros ad vulgare reduxit, multa opera in vulgari composuit pro personis Deo devotis que aduch | 23r| cum magna devotione leguntur, ut est libellus de Patientia, utilis valde. Item Disciplina spiritualium super epistolam Si spiritu vivimus. Item Stolti(tie) spiritualium, prosa et metro composite. Item Speculum crucis, et plura alia. Omnes infirmos, tam pauperes quam alios, infatigabiliter visitando confortabat. Omnibus indigentibus civitatis necessaria procurabat ferventissime, et sepissime predicabat. Captivis et hospitalium pauperibus omni die dominico verbum Domini proponebat. Monasterium de Misericordia ipse sua industria et sollicitudine redegit ad locum ubi modo morantur; eis et conventui multa bona temporalia procurabat, nam omni anno quest<u>am frumenti pro
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  Domenico Cavalca da Vicopisano OP(† dic. 1341 = dic. 1342 in stile pisano)

-  note documentarie in corso  -

  Cronica conventus antiqua Sancte Katerine de Pisis, Pisa, BibliotecaCateriniana (Seminario Santa Caterina) 78, ff. 22v-23r: «Frater Dominicus Cavalca de Vico. Hic fuit reputationis ut sanctus, nec immerito quia vitam religiosam indefectibiliter egit. Non otiosus, multos libros ad vulgare reduxit, multa opera in vulgari composuit pro personis Deo devotis que aduch |23r| cum magna devotione leguntur, ut est libellus de Patientia, utilis valde. Item Disciplina spiritualium super epistolam Si spiritu vivimus. Item Stolti(tie) spiritualium, prosa et metro composite. Item Speculum crucis, et plura alia. Omnes infirmos, tam pauperes quam alios, infatigabiliter visitando confortabat. Omnibus indigentibus civitatis necessaria procurabat ferventissime, et sepissime predicabat. Captivis et hospitalium pauperibus omni die dominico verbum Domini proponebat. Monasterium de Misericordia ipse sua industria et sollicitudine redegit ad locum ubi modo morantur; eis et conventui multa bona temporalia procurabat, nam omni anno quest<u>am frumenti pro

conventu faciebat. Et post multos labores odore refertos,carne solutus vultum divine maiestatis eternaliter contemplatur; in cuius sepultura convenerunt populi pisanecivitatis, et pauperes et afflicti abmissionem sui patris inconsolabiliter lamentantes, 1342 de mense decembris».

 

█ Elisabetta SALVADORI, Fra Domenico Cavalca nelle fonti documentarie pisane del secolo XIV, «Memorie domenicane» 35 (2004) 101-35, con appendice documentaria.

Sistematica indagine archivistica delle testimonianze biografiche.In pg 125 lista capitolare del convento OP di Pisa, 4.XI.1323/2, tot. 28 capitolari, + 2 nominati procuratori, "due partes et ultra de tribus"; da datare non 3, ma 4 novembre 1322: "pridie nonas novembris". Cionis florentini Niccolay Abbatis (pg 125, tra i frati della lista capitolare in caso genitivo) va riscritto Cionis Florentini, Niccolay Abbatis, ...: si tratta di due distinti antroponimi, il primo è frate fiorentino di SMN (Cr SMN n° 317, † 1346), il secondo è frate pisano. Si noti che gli Annales (pg 135-36) sono tardiva redazione del 1550.Aggiungi ASF, Notar. antecos. 7987, f. 203r: bifolio di bozze notarili, aggiunto al registro, dall'intestazione «Scede mei Francisci notarii <condam ser Iacobi> de Vicodominice incarnationis anno Mccclxxv» (Pisa 1375, stile cronologico pisano): «fr. Tomasus condam Vannis de Vico ordinis fratrum Predicatorum», procuratore del convento Santa Caterina di Pisa, come da procura del 10.I.1374, riscuote legati «pro missis dicendis» a suo tempo disposti da donna Tedda del fu messer Giovanni da Vico nel testamento 20.VII.1341/0 a favore di: «per fr. Iohannem de Canneto [Cr Ps n° 220] lib. 3, et per fr. Dominichum Cavalcam [Cr Ps n° 168, † dic. 1342/1] libr. sold. 30 den. pisan., et per fr. Oddonem Gallorum sold. 10, et per fr. Bartholomeum Ciaffum [Cr Ps n° 162, †

1340] sold. 10,… olim fratres ordinis fratrum Predicatorum dicti conventus». Già segnalato in Cronica diSanta Caterina in Pisa. Copisti autori modelli, «Memorie domenicane» 27 (1996) p. 260 n. 245; contributo ignoto alla SALVADORI, eppure pertinente alle sue ricerche.http://www.e-theca.net/emiliopanella/pisa/8500.htmhttp://www.e-theca.net/emiliopanella/pisa/9600.htmhttp://www.e-theca.net/emiliopanella/pisa/cronica.htm

■ Denominazioni alternative e complementari, da tener presenti per sfruttare tutte le possibili testimonianze: Dominicus Cavalca; Dominicus de Vico; Dominicus Pisanus (così può apparire in documenti esterni a Pisa). Se Cavalca specifica la provenzienza consortile, de Vico quella toponimica, Pisanus indica il convento d'origine, di cui Domenico era filius. Nessuna contraddizione. Diversità notarile e topica di documenti, daranno prevalenza all'una o all'altra dizione, secondo il caso e la necessità di distinzione personale.

■ Importante assenza. Il nome del nostro Domenico mai compare in MOPH XX (in pp. 365-99 indice onomastico dei frati), atti dei capitoli provinciali della prov. Romana, 1243-1344; neppure tra i lettori designati ad insegnare nelconvento pisano. Si scorra sistematicamente il testo, specie del primo Trecento, per convincersi del valore dell'omissione! Più intento, fra Domenico, alla pastorale spirituale e più incline al volgarizzamento destinato ai laici, anziché alla didattica scolastica? Sua produzione letteraria: tutta e soltanto in volgare!

█ Alfredo TROIANO, Un contributo alla tradizione manoscritta dello"Specchio di croce" di Domenico Cavalca, «Lettere Italiane» 60 (2008) 226-35. Idem, Per un censimento dei codici dello "Specchio di croce" di Domenico Cavalca (Bibl. di Roma e Città del Vaticano), AA.VV., Studi e problemi di critica testuale 7 (2009) 13-28; "Specchio di croce" di Domenico Cavalca e i codici delle biblioteche toscane, «Studi

di filologia italiana» 68 (2010) 5-50; Per l'edizione critica dello"Specchio di croce" di Domenico Cavalca. La tradizione manoscritta: i codicidi Emilia-Romagna, Lombardia, Marche, Oxford, «Letteratura italianaantica» 12 (2011) 349-77.

Dall'A., 30 genn. 2010; febbr., maggio, ott. 2012. Grazie! ID., Specchio di croce..., «Letteratura italiana antica»13 (2012) 319-32: dall'A., luglio 2013.

■ Specchio di croce: dall'enorme diffusione, se ci sono pervenuti un centinaio di manoscritti (Un contributo p. 226).■ Manoscritto Casanatense 1481: «Florentinus adest qui scripsit Bartholomeus predicatorum frater et ille fuit» (Per un censimento pp. 22, 16; vedi riproduzione di talune carte, in cartella "Domenico Cavalca"). Il copista del codice è attendibilmente da identificare con fra Bartolomeo da Monterappoli (in Valdelsa, contado fiorentino, oggi comune d’Empoli) OP († 6.VII.1449), figlio del convento fiorentino e dunque Bartholomeus Florentinus, «optimus scriptor» ovvero copista professionale di qualità:«Frater Bartholomeus Leonardi de Monte Rappoli. Hic fuitvenerabilis pater etate antiqus. Fuit prior in conventu,optimus arismetricus, optimus scriptor et in omnibus virtuosus. Qui obiit de peste 1449 die 6a iulii» (Cr SMN  n° 640; cf. testo di ed. Necr. I, 157-58, che correggo dall'originale). Cf. Libri di ricordanze di Santa Maria Novella in Firenze (xiv-xv sec.), «Memorie domenicane» 26 (1995) pp. 346-352: non c'è che fare una collazione grafologica tra Casanatense 1481 e testimonianze autografe di fra Bartolomeo qui citate (p. 350).■ Il possessore d'un codice cavalchiano «missere Angilo della magna cita de Bressa» = "Brescia", intende l'autore (Per un censimento p. 17). Altra pista intepretativa? = «missere Angilo della Magna, cità de Bressa» = "messer Angelo della Magna, Burg-en-Bresse" (Frankfurt), suggerita da "la Magna", che allora designava la geografia germanica. «Guido da

Monteforte... uccise in una chiesa di Viterbo Arrigo della Magna, figliuolo del re Ricciardo della Magna» (Tolomeo dei Fiadoni da Lucca OP, Annales, ed. B. Schmeidler, Berlin 1955, p. 272). L"azzurro della Magna"(CENNINO CENNINI, Il libro dell’arte, ed. a c. di F. Brunello, Vicenza 1993, 62-63). A. SCHIAFFINI, Testi fiorentini del Dugento e dei primi del Trecento, Firenze 1954, 128-29, ecc.

█ Alfredo TROIANO, Lo "Specchio di croce" di Domenico Cavalca. Latradizione manoscritta, Aracne Editrice, Canterano (RM) 2018, pp. 352. Dono dell'Autore, 6.III.2019: «Gentilissimo padre Panella, di passaggio per Firenze mi pregio di farle dono del mio libro, di cui spesso con lei ho parlato. Suo Alfredo Troiano». Grazie di cuore! Il libro mi perviene a San Domenico di Fiesole, 15.III.2019.

Dalla seconda pagina di copertina: «Il volume illustra la tradizione manoscritta dello Specchio di Croce, un trattato che svela il nucleo cristocentrico della spiritualità di Domenico Cavalca. Composto nel terzo decennio del Trecento, per quanti "devoti secolari" ignorano il latino, lo Specchio ha sin da subito goduto di un'ampia diffusione: i 127 testimoni fin qui censiti registrano una varietà di lettori, religiosi e laici, uomini e donne, confermando lo Specchio il trattato più originale e più letto degli otto composti dal frate pisano. Le prime linee di indagine sulla trasmissione dell'opera evidenziano come il processo di riscrittura fiorentina dell'originale pisano sia avvenuto agli stadipiù alti, e Cavalca vivente. La Vulgata fiorentina si è quindi imposta, e per secoli, all'attenzione di lettori e studiosi della lingua, a cominciare dai compilatori del Vocabolario della Crusca».Ai manoscritti censiti da Scriptores Ordinis Praedicatorum

Medii Aevi, Romae 1970-80 (I-III), 1993 (IV), il Troiani ne aggiunge altri 32; ora dunque ben 127 il totale (cf. p. 16). Enorme diffusione dello Specchio di croce, se si tien

conto che i manoscritti a noi pervenuti sono una minuscola parte rispetto a quelli che realmente circolavano prima della stampa (ben 28 edizioni). Minuziosa descrizione codicologica dei singoli manoscritti, pp. 75-278; e loro indice, pp. 283-289.

Infinite congratulazioni per un lavoro tanto intenso quanto rigoroso. Non c'è che augurare ora e attendere l'integrale edizione critica del testo. Buon lavoro!

█ DOMENICO CAVALCA, Vite dei Santi Padri [1330 ca.], ed. critica a c. di Carlo Delcorno, Firenze (Ed. del Galluzzo) 2009, vol. I, pp. XX-888; vol. II, pp. VIII.889-1676. BiblDom, sett. 2010. Natale 2010, me ne fa dono personale p.Luciano Cinelli, grazie!

Gran bel lavoro! Di primaria importanza per seguire l'attività divulgativa di fra Domenico Cavalca da Vicopisano OP († dic. 1341) e del convento domenicano diPisa nel primo Trecento.«Tra la fine del secondo e l'inizio del terzo decennio del secolo XIV è databile il volgarizzamento compiuto daDomenico Cavalca e dai suoi collaboratori nel convento di Santa Caterina in Pisa. A quella data il «movimento oceanico» dei volgarizzamenti rappresenta l'aspetto più originale e quantitativamente più significativo delle scritture di religione: in particolare i Domenicani e gli eremiti di S. Agostino lanciano un programma di traduzioni che mira al ricupero dei testi fondamentali della patristica, con una predilezione spiccata per la

spiritualità orientale o ad essa ispirata...» (vol. I, p. IX).«Nel più volte citato convento domenicano di S. Caterinasi svolge un'intensa attività di copisti e di volgarizzatori, di incalcolabile importanza per l'acquisizione di opere della letteratura latina e francese. Tra i suoi frati si annoverano fra Giordano  [† 1310], Bartolomeo da San Concordio [† 1346], DomenicoCavalca [† 1341]: tutti in un loro inconfondibile modo grandi mediatori della cultura latina» (vol. I, pp. X-XI).«Per quanto riguarda il Cavalca, la pubblicazione di nuovi documenti dell'Archivio di Stato pisano, le ricerche fondamentali dedicate alla storia della costruzione e della decorazione del Camposanto hanno precisato e messo a fuoco i tratti di una personalità singolarmente legata alla storia della società pisana nel primo Trecento [cf. «Memorie domenicane» 2004, pp. 101-35]. Proveniente da una famiglia di Vico, che tradizionalmente praticava il notariato, il Cavalca compare in una serie di documenti (dal 1317 al 1339), dai quali risulta il suo impegno nel favorire il monachesimo femminile e la sua vivacissima presenza nelle vicende della chiesa e del comune di Pisa. È collaboratore e talvolta consigliere di personalità eminenti, come Bonaggiunta da Calcinaia, vicario dell'arcivescovo Simone Saltarelli, l'arcivescovo Oddonedella Sala, il priore domenicano Iacopo Donati. Egli godette della stima del Saltarelli e fu legato da una vera amicizia a Bonaggiunta, che dal 1331 resse di fattola chiesa pisana, proprio negli anni ai quali si datano i lavori per la decorazione pittorica del Camposanto, realizzata da Buffalmacco (1333-1336). Domenico, che giàdoveva avere compiuto il suo volgarizzamento delle Vite, è l'ispiratore del programma iconografico della galleriameridionale, dove era rappresentata (di seguito al Trionfo della Morte e al Giudizio Universale) la vita degli Anacoreti» (vol. I, p. XI).

«Le Vite dei santi Padri sono un capolavoro della letteraturapisana, subito diffuso in Toscana, e saldamente annesso alla ormai egemone cultura fiorentina. Già nel quarto decennio del secolo XIV dalla bottega di Francesco di ser Nardo è prodotto un lussuoso codice miniato, che presenta l'opera in revisione fiorentina, come dichiara il titolo del Prologo («Incomincia lo prolago del Vitapatrum traslatato in nostro volgare fiorentino»). Siripeteva per le Vite ciò che era avvenuto e si sarebbe ancora ripetuto, come s'è accennato, per altre scrittureprovenienti dall'area culturale pisana, senza risparmiare i trattati dottrinali dello stesso Cavalca, in gran parte «ammodernati» e riscritti in fiorentino? La «Vulgata» fiorentina fece dimenticare l'originaria forma pisana, e si impose per secoli all'attenzione dei lettori e degli studiosi della lingua...» (vol. I, pp. XI-XII).«La traduzione, scriveva Gianfranco Folena, «vive di varianti». La moderna edizione della riscrittura fiorentina postula la preliminare restituzione dell'originale volgarizzamento pisano. Questi due momenti della trasmissione delle Vite trovano riscontro nella netta bipartizione della tradizione manoscritta: all'esiguo gruppo dei codici derivanti dalla famiglia «pisana» (ramo β) si contrappone il grosso della tradizione manoscritta derivata dall'adattamento fiorentino (ramo α), che può essere considerato come una«vulgata». La presente edizione si propone di restituireil testo alla sua forma originaria, sul fondamento di tutti i testimoni di copista pisano, o comunque riconducibili a quella forma» (vol. I, p. XIII).■ Manoscritti in vol. I, pp. 3-4, concisamente elencati.

Loro descrizione convoca i precedenti studi dell'editore Delcorno (vol. I, p. 459).

■ In I, pp. 273-310, importante "Nota linguistica", che elenca le caratteristiche del toscano occidentale, a distinzione dal prevalente fiorentino; base il cod.

Casanatense 422 (Rc), «sul quale è fondata la presente edizione, caratterizzato dalle più spiccate forme del volgare toscano occidentale, oscillando tra lucchese e pisano».

■ In II, 1563-1618 "Fonti e annotazioni", relative all'intera opera (non dunque in calce alla singola pagina, dove invece ha luogo solo l'apparato critico); II, 1619-58 "Glossario", selezionato e specifico del Cavalca; II, 1659-73 "Indice dei nomi"; II, 1675 "Errata corrige".

■ La sigla Cs rinvia al testo latino delle Vite con indicazione di carta (cf. I, 6, 71, ecc.): lo scioglimento lo ritrovo (dopo lunga fatica!) in I, 464. Qui fa seguito lasigla SC, che ritorna anche in I, 452 (medesima fonte?).

■ Molti estratti delle pubblicazioni di C. Delcorno (perlo più inviatemi dall'A., spesso con dedica, grazie!): vedi tra le mie cartelle, sub nomine.

 ■ Curiosità: ancora nel convento di Napoli, Giordano Bruno consiglia a un novizio di leggere non la Historia delle sette allegrezze in versi bensì le Vite de' santi Padri (L. FIRPO, Il processo di Giordano Bruno, Roma 1993, 157).

█ ALESSANDRA MALQUORI, Storie dei Padri del deserto nel convento di Santa Maria Novella a Firenze, «Annali della Scuola normale superiore di Pisa», Classe Lett. e Filos., ser. IV, Quad. 1-2 (1996) 79-93 + tavv.

 Id., La Tebaide degli Uffizi. Tradizioni letterarie e figurative per l'interpretazione di un tema iconografico, «I Tatti Studies» 9 (2001) 119-37. Estratti nella cartella "MALQUORI", dono dell'Autrice. Grazie!

■ Tema iconografico dei Padri del deserto studiato nelle produzioni artistiche in Toscana, periodo tardomedioevale erinascimento. Nel 2009 mi aveva donato molte riproduzioni di"Luoghi e immagini nelle Storie degli Anacoreti di Pisa"; riprendo queste immagini mentre scorro il testo volgare delle Vite dei Santi Padri del Cavalca: inscindibili qui il

racconto e le immagini. E la MALQUORI aiuta a inseguire l'usoreale e vasto delle Vite dei Santi Padri (anche quando non le si... cita!) nell'attività pittorica di molti secoli.

■ Non si trattava, verosimilmente, di rilanciare la realevita eremitica; ma rilanciarne le "virtù" nella vita della città, anzi la "contemplazione" o "meditazione" o "solitudine" quale momento di interiore consapevolezza dellavita urbana.

■ Riprendo in mano FRANCESCO PETRARCA, De vita solitaria [1346-66], a c. di M. Noce, Milano 1992; soprattutto libro II, ripieno di Padri del deserto, uomini e donne! La gloriosa solitudine della Tebaide: «Felix ergo et, quanquam minus adusta, minus horrida, non minus forte gloriosa quam Thebaidis solitudo, que tales duos accolas uno tempore meruisti!» (II, 4, ed. p. 178). Quali fonti dirette usava il Petrarca nella sue letture sul tema?

■ Una pista per individuare elementi identificativi dellafonte. "Pesi e misure", "sistema monetario": il volgarizzatore Cavalca traslittera l'originale latino o li riconverte nei sistemi toscani in vigore al suo tempo?

Emilio Panella OPFirenze, genn. 2011

■ A. MALQUORI, Il giardino dell'anima. Ascesi e propaganda nelle "Tebaidi" fiorentine del Quattrocento (Gli Uffizi, Studi e Ricerche23), Firenze (Centro Di, Edifimi srl) 2012, pp. 256. Dono dell'A., 7.XII.2012, grazie!

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17.VI.2014. DHN 20 (2011) pp. 193-94.

■ Pungilingua28.I.2011. «Gentile padre Panella, sono Mauro Zanchetta,

l'allievo della professoressa Auzzas che lavora al Cavalca;forse si ricorderà di me perché ci siamo scambiati un paio di email negli ultimi due anni... La mia tesi di dottorato sul "Pungilingua" del Cavalca è completa. (...)».

E il giorno 3 marzo ne ricevo copia. Moltissime grazie! Ne faccio una prima lettura corsiva. Gran bel lavoro, e ammirevole tesi di dottorato - per quanto posso giudicare. Rigorosa analisi filologica e ricerca delle fonti utilizzate dal Cavalca. A quando una (meritatissima) edizione a stampa?

Emilio Panella OPFirenze, marzo 2011

MAURO ZANCHETTA

IL PUNGILINGUA DI DOMENICO CAVALCA  (EDIZIONE)

UNIVERSITA' DEGLI STUDI DI PADOVADipartimento di Italianistica

Scuola di dottorato in Scienze linguistiche, filologichee letterarie

Indirizzo di ItalianisticaXXIII ciclo

[2010-2011, pp. CXXVIII-338]

■ ABSTRACT, p. 338:La presente tesi offre l'edizione del Pungilingua, un trattatello dedicato ai "cosiddetti peccati della lingua", composto da Domenico Cavalca nel quarto decenniodel XIV secolo. L'edizione è accompagnata, oltre che da un'introduzione di carattere filologico, da uno spoglio linguistico del testo, da un repertorio delle fonti e da un'appendice [pp. 313-35] nella quale si presentano alcuni dati significativi in merito al rapporto tra l'opera e la sua fonte principale, il De peccato linguae, sezione della fortunatissima Summa vitiorum et virtutum [ante1250: SOMPAE III, 133-42] di Guglielmo Peraldo.This thesis provides an edition of the Pungilingua, a treatise about the so-called "sins of the tongue", written by Domenico Cavalca in the fourth decade of XIV century. The edition is accompanied by a philological introduction, by a linguistic study of the text, by a list of the sources and by an appendix where some significant results about the relations between the treatise and its main source, the De peccato linguae, a part

of the widespread Summa vitiorum et virtutum by William Peraldus, are presented.

■ INDICE GENERALE, pp. 336-37:Introduzione, pp. i-cxxviii:

PremessaLa tradizione del PungilinguaDescrizione dei testimoni utilizzatiClassificazione dei testimoni utilizzatiFondamenti e criteri della presente edizioneNota linguisticaAbbreviazioni

Il Pungilingua, pp. 3-311.Appendice (speciale ruolo della Summa vitiorum di Guglielmo Peyaut OP nel lavoro del Cavalca), pp. 313-35.

■ PUNGILINGUA, testo pp. 3-311.

Qui di seguito, riproduco (col presunto consenso dell'autore!) prologo e indice dei capitoli, pp. 3-5:

Incomincia uno bellissimo e utile trattato contra 'lmaladetto peccato della lingua.

In però che, come dice santo Iacopo appostolo nella sua Epistola, la lingua nostra è inquieto male, piena, sicché versa, di veleno mortifero e, infiamata di fuoco infernale,ordina, attizza, semina e nutrica tutti li mali e macula e disordina la ruota della nostra vita, cioè tutto 'l tempo ecorso della nostra vita, però che tosto incomincia e persevera infino alla fine, parmi molto utile di scrivere alcune cose a biasimo de' vizii della lingua e di mostrare

la loro gravezza e le specie e' gradi e li rimedii, sicché ciascuno li possa ben vedere, conoscere, odiare e confessare. E però che di questa materia e di questi peccati molto bene e singularmente parlò lo divoto e sapientissimo frate Guglielmo di Francia dell'ordine de' Frati predicatori in della sua Somma de' vizii, nella quale discrive e pone ventiquatro peccati mortali li quali della lingua procedono, intendo di principalmente recare a comunevolgare la detta opera e alcune altre poche cose, ragioni oessempli che parlino di simil materia, sicché, come ogni uomo e litterà' e idiota in questo vizio della lingua offende, così ciascuno in questo volgare trattato possa questi vizii cognoscere e confessare. E perché questa operaho fatta a reprimere e vituperare i peccati della lingua, voglio che si chiami Pungilingua, sicché, com'ella mal punge,così sia punta.

E per più ordinatamente procedere, distingo quest'opera per li 'nfrascritti capitoli; e in prima finisce lo prolagoe incominciano li capitoli cioè le rubriche.

Di quelle cose le quali c'inducono a ben guardar la lingua e mostranci la gravezza de' suoi peccati generalmente, RUBRICA I.

Del peccato del bestemiare Iddio, RUBRICA II.Del peccato del mormorare e in prima di quelle cose che

demostrano la sua gravezza, RUBRICA III.Di diverse spetie di mormorazioni e de' remedii con'

esse, e in prima della buona mormorazione e poi della ria, la qual procede da invidia, RUBRICA IIII.

Di due altre mormorazioni ree, cioè per superbia e avarizia, RUBRICA V.

Della mormorazione per impazienzia, massimamente per la prosperità de' rei e per la avversità de' buoni, RUBRICA VI.

Del terzo peccato della lingua, cioè del difendere o scusare il peccato suo o l'altrui, RUBRICA VII.

Del peccato dello spergiuro, RUBRICA VIII.Della bugia e del mentire, RUBRICA VIIII.Della detrazione, e in prima come si mostra detestabile

per tre ragioni, RUBRICA X.Di molte altre cose che regravano questo peccato, e

massimamente quando è contra i prelati, RUBRICA XI.Del peccato di quelli i quali volentieri odono li

detrattori e di quelli li quali impazientemente li portano,RUBRICA XII.

Del peccato de' lusinghieri e di quelli che volentieri li odono e de rimedii contra ad esso, RUBRICA XIII.

Del peccato del maladire e bestemmiare, RUBRICA XIIII.Del peccato del convizio, cioè di dir villania e

oltraggio, RUBRICA XV.Del peccato della contenzione e del garrire, RUBRICA

XVI.Del peccato della derisione, cioè di far beffe d'altrui,

RUBRICA XVII.Del peccato di quelli che deridono li servi di Dio e

della stoltizia di quelli che però li lasciano di servire, RUBRICA XVIII.

Del peccato de' mali consiglieri e confortatori a male, RUBRICA XVIIII.

Del peccato di quelli che seminano la discordia, RUBRICAXX.

Del peccato de' bilingui e novellieri, RUBRICA XXI.Del peccato della iattanzia, ciò di lodarsi e di

vantarsi, RUBRICA XXII.Del peccato del rivelare i segreti, RUBRICA XXIII.Del peccato dello stolto promettere e minacciare,

RUBRICA XXIIII.Del peccato del parlare ozioso e <del> multiloquio,

RUBRICA XXV.

Del peccato <del parlare> disonesto e giulleresco, RUBRICA XXVI.

De' vani e dissoluti balli e canti, RUBRICA XXVII.Di molte ragioni che anco ci biasimano questo peccato, e

come queste ballatrici fanno contra tutti e sette li sacramenti della Chiesa, RUBRICA XXVIII.

Del peccato delli 'ndivini e incantatori e malefici, RUBRICA XXVIIII.

Anco come l'arte della negromanzia è falsa e ria e dellaperversità de' malefici e incantatori, RUBRICA XXX.

■ EPILOGO, dall'ultimo capitolo, p. 306:

Insomma dunqua questo libro comprende vintiquattro peccati della lingua, cioè del bestemmiare Dio, del mormorare, del difendere ed escusar lo peccato, del pergiurio, del bugiare, ditrarre, lusingare, maladire, direvilania e obbrobrio, garrire, schernire, mal consigliare, siminare díscordie, d'essere bilingue e doppio in parlare, essere noveglieri, di vantarsi, di revelare li secreti, stolto minacciare, inconsiderato promettere, parlare ozioso, multiloquio, turpiloquio, scurrilità, cioè detti e canzoni di giullari e di persone vane, e delli 'ndivini e incantatori. E questi tutti, come in parte è detto, hanno molte spezie e molte altre se ne tirano dietro, sì che, come infin al pricipio dicemo, come santo lacopo dice, la lingua è università d'iniquità, cioè che per lei e da lei si fa e viene e forniscesi ogni male. Sì che per verità nullo può bene al tutto innomerare li peccati della lingua ed è certa cosa ch'ogni parola che procede dal cuore corrotto di peccato mortale e intende di corrompere l'altrui cuore in qualunque vizio o d'amore o d'odio o

d'altra passione è peccato mortale, come in parte di sopra è detto.

Ben è vero che per un altro respetto possiamo giugnare lo vigesimoquinto peccato mortale della lingua, cioè del mal tacere, però che, come l'uomo offende dicendo quello che non dee, così offende tacendo quel che dire si dee, onde non è sanza peccato lo non predicare e correggere e riprendere e consigliare, massimamente a chi l'hae per uffizio. Ma, perché in alcun modo di sopra è ripreso lo nonriprendere e 'l non predicare, non mi stendo a qui più altro dirne, massimamente perché intendo tosto fare un altro trattato de' frutti della buona lingua, dove più pienamente mosterremo che grande peccato è questo frutto non fare e tacere indiscretamente.

Preghiamo dunque Dio che ci dia grazia di sì la lingua guardare che con essa siamo degni di sempre in etterno colli santi angeli lui lodare e ringraziare. Amen amen amen.

18/03/2011. «Gentile padre Panella, la segnalazione del mio lavoro di tesi sul suo sito è assai lusinghiera, e pertanto la ringrazio molto per essa; anche la mia professoressa [prof. Ginetta Auzzas] ha apprezzato molto. La saluto caramente e le auguro un buon fine settimana. Mauro Zanchetta».

DOMENICO CAVALCA, Specchio de' peccati, edizione critica a cura di Mauro Zanchetta, Firenze (Cesati editore) 2015, pp.384. Ne ricevo copia per posta dall'A., 28.XII.2015, con sua dedica autografa. Grazie di cuore, e congratulazioni!

Premessa, pp. 9-10.A proposito della data di composizione 1333 [= 1332-1333 ca.] trasmessa nel Prologo: «Esso è l'unico lavoro cavalchiano di cui la tradizione manoscritta ci offra una datazione 'precisa'» (p. 9 n. 2). «Pare invece impossibile, dai dati in nostro possesso, stabilire se la data del 1333 vada intesa secondo lo stile pisano (il quale dall'Annunciazione a fine dicembre anticipava di un'unità lo stile comune) e possa dunque riferirsiall'anno precedente» (p. 179 n. 1).

Descrizione dei testimoni, pp. 11-31. Dieci sono i manoscritti a noi pervenuti e qui descritti.Classificazione dei testimoni, pp. 33-87.Fondamenti e criteri di edizione, pp. 89-113.

Criteri di trascrizione, p. 105: «Il testimone sulquale ci baseremo per stabilire forme e grafie dello Specchio de' peccati sarà A [= Firenze, Biblioteca Nazionale Centale, ms. Palatino 90: descrizione in pp. 15-17]. Esso è stato scelto perché coniuga, a una datazione piuttosto alta, una veste grafico-formale particolare, di spiccata caratterizzazione toscano-occidentale, anzi molto spesso pisana, come si mostrerà nella sezione dedicata all'analisi fonomorfologica: il colorito linguistico del manoscritto si può dunque presupporre piuttosto vicino a quello del testo che uscì dalla penna di Cavalca, nato a Vicopisanoe vissuto sempre a Pisa, mentre gli altri manoscritti non presentano, o presentano solo sporadicamente, fenomeni fonomorfologici riconducibili a un'origine toscano-occidentale».

Nota linguistica, pp. 115-150.Conclusioni, p. 149: «Il grande numero di dati cheè stato possibile addurre nei precedenti paragrafici permette di poter avanzare alcune ipotesi

conclusive sul colorito linguistico del testo deloSpecchio de' peccati, per come esso ci è conservato nel manoscritto A.La sua affinità cogli antichi dialetti toscano-occidentali sembrerebbe fuori discussione, grazie alla cospicua quantità di fenomeni fonetici tipicidi quest'area che si riscontrano anche nel nostro codice. Si può specificare ulteriormente la collocazione e parlare di colorito linguistico pisano, non genericamente toscano-occidentale, analizzando in particolar modo la morfologia verbale, che pare caratterizzata in senso pisano, oltre che priva di quasi tutte le particolarità che distinguevano l'antico lucchese.E presente certamente, nel nostro testo, una piccola schiera di elementi di derivazione diversa, apparentemente toscano-orientale, o quanto meno non tipici degli antichi dialetti toscano-occidentali; ma la loro estrema rarità - eaddirittura, a volte, la loro riconducibilità a usi attestati, pur se minoritari, degli antichi dialetti toscano-occidentali - renderebbe a nostroavviso azzardato parlare di screziature toscano-orientali in un testo che sembra avere, oltre ogniragionevole dubbio, una piuttosto compatta tessitura linguistica di marca pisana».

Abbreviazioni, pp. 151-173. In pp. 168-169 lista delleopere, e loro edizioni, di fra Domenico Cavalca.Specchio de' peccati, testo pp. 177-312.Prologo, pp. 179-183:«PROLAGO della 'nfrascritta opera, la quale si chiama Specchio de' peccati, corupilato per frate Domenico Cavalca da Pisa de l'ordine de' frati Predicatori intorno agli anni Domini MCCCXXXIII.

Essendo preato da multe devote persone di scriveree fare in volgare una generale forma di confessione, rispusi e rispondo che questa mi pare sconvenevile

cosa e difficele, sì perché troppo sarrebbe prolissa opera a scrivere ogni peccato che fare si può, e sì massimamente perché non pecca |180| ogni omo parimente e tal peccato puote dire una persona che un'altra mai pió no lo uditte, e anco perché vituperosa e vergognosa cosa pare a scrivere in volgare certi peccati carnali co le loro circumstanzie. Volendo niente di meno in alcuno modo sodisfare a queste persone, pensai di scrivere, non per modo di confessione ma quasi per modo di predicazione, le spezie e le circumstanzie dei peccati in dei quali comunemente si cade, sì che ciascuno in questo picciulo trattato, quasi in uno specchio mirandosi, possa vedere lo suo difetto, sì che 'l sapia confessare. Or dico dunqua, lasciando molte altre distinzioni e divisioni di peccati, che comunalmente l'omo pecca o col cuore pensando e volendo, o co la lingua parlando, o coll'opera mal facendo, o per negligenzia lo bene che dovea fare nonfacendo. E per questo modo fa lo prete la commune confessione a l'autare [sic] quando dice: "Peccavi cogitatione, locutione, opere et omissione" etc. Ma perché principalmente dal cuore procede ogni male, come disse |181| Cristo, e «per l'abondanzia del cuore parlala lingua» e ogni altro male si commette e bene si lassa (in tanto che, come dice santo Agostino, «lopeccato in tanto è peccato in quanto è volontario, ché, se volontario non è, peccato non è»), in prima sono da vedere e da considerare li peccati del cuore,e consequentemente come lo cuore disordinato disordina la lingua e l'opere e guasta e lassa ogni bene. E troviamo che 'l cuore nostro ha communemente sei movimenti in dei quali può consistere lo peccato mortale, cioè amore, odio, dolore, gaudio, timore e speransa. E de questi veggiamo per singulo, secundo l'ordene de li infrascritti capituli:

Dei peccati che procedeno da l'amore in cuore e inlingua, CAPITULO I.

Dei peccati che si commetteno per opere e per negligenzia |182| secondo lo ditto affetto d'amore, CAPITULO II.

Dei peccati che si commetteno per odio, anco in dei preditti quatro modi, cioè di cuore e di lingua etc., CAPITULO III.

Dei peccati che si commetteno per lo disordinato dolore, CAPITULO IV.

Delle male condizioni dell'ira e delle utilità delle tribulazione e di quatro spezie de tristizia ria, CAPITULO V.

Come la tristizia induce a disperazione e li remedii contra essa a confortarsi, CAPITULO VI.

De' peccati che si commettono per vana e ria allegrezza, <CAPITULO VII.>

Dei peccati che si commetteno per timore, CAPITULOVIII.

|183| Dei peccati che si commetteno per vana speransa <di Dio o> di sé u d'autri beni di mondo, CAPITULO VIIII.

Della stolta e mala speransa che hae l'omo in dei sogni e in delle indivinazioni e stolte osservanzie eremedii e maleficii, CAPITULO X.

Delle condizioni le quale de' avere la confessionedei peccati, <CAPITULO XI.>

Anco di certe condizioni che de' avere la confessione, massimamente delle circumstanzie dei peccati, <CAPITULO XII.>

D'una breve forma de confessione secondo la preditta distinzione dei peccati, CAPITULO XIII».

Fonti, pp. 313-362.

Glossario, pp. 363-380. Prezioso e simpatico censimento linguistico. Eccone la premessa:

«Il glossario è limitato a un certo numero di voci, scelte perché rare o assenti in italiano moderno, o perché di significato diverso rispetto a quello della lingua attuale. Non si tratta dunque di un vocabolario completo dello Specchio de' peccati, ma di una selezione finalizzata a un'immediata comprensione del testo.Si indicano l'infinito presente dei verbi e la forma maschile singolare dei sostantivi e degli aggettivi ma, qualora l'attestazione plurale o femminile sia unica, si conserva la forma attestata. Per ciascuna voce, all'indicazione dell'accezione, o delle accezioni, segue la segnalazione delle occorrenze nel testo. In alcunicasi, quando essa risultasse utile a precisare il significato, si offre anche la sua etimologia. Peri termini di colorito linguistico toscano-occidentale si è rinviato ad altri testi, lessici e studi specifici che ne documentassero l'uso. In qualche caso, in relazione a lemmi non attestati in italiano anteriormente al nostro autore, si sono enumerate altre occorrenze nelle opere del Cavalca» (p. 363).

■  Vicopisano  ■

finis!

http://www.e-theca.net/emiliopanella/nomen2/cavalca.htmhttp://archivio.smn.it/emiliopanella/nomen2/cavalca.htm


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