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Esperimento, Esperienza
Educazione
Tracce convergenti per un percorso di valorizzazione dell’Archeologia A cura di Cinzia Loi e Vittorio Brizzi
ARCHEOSPERIMENTARE V
S’Irighintzu, Ardauli 24 - 26 Maggio 2013
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Il presente materiale è pubblicato dal Comune di Ardauli, in collaborazione con Paleoworking
Sardegna A.P.S. grazie al contributo della Regione Sardegna tramite il POR FESR - Asse IV,
Linea di attività 4.1.2b “Realizzazione di azioni innovative e sperimentali del Piano di Azione
Ambientale Regionale scelte in base al loro carattere dimostrativo” – Intervento 3:
ECOMANIFESTAZIONI.”
© 2013 COMUNE DI ARDAULI Piazza Matteotti 4, Ardauli (Or)
[email protected] – www.comune.ardauli.or.it
© 2013 PALEOWORKING SARDEGNA A.P.S. Via E.Zaru 5, Ardauli (Or)
[email protected] - www.paleoworkingsardegna.org
Foto di: Paleoworking Sardegna, Vittorio Brizzi, Giuseppe Scarpa, Antonio di Maria, Liliana
Spanedda.
Proprietà letteraria riservata – Printed in Italy
Stampa: ADDV COMUNICAZIONE - Via Dante 46, 09127 Cagliari
Tel./Fax +39 070.66.37.46 +39 070.66.29.33
Finito di stampare nel mese di Ottobre 2013
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perseguibile (art.17 della Legge 22 Aprile 1941, n. 633). Quest’opera è protetta ai sensi della legge sul
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ecc.) senza l’autorizzazione scritta dall’Editore. In ogni caso di riproduzione abusiva si procederà d’ufficio
a norma di legge.
In copertina: nucleo prismatico in ossidiana del Monte Arci
rinvenuto nelle campagne di Ardauli (Or)
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Esperimento, Esperienza, Educazione Tracce convergenti per un percorso di valorizzazione dell’Archeologia
ARCHEOSPERIMENTARE IN SARDEGNA
QUINTA EDIZIONE
S’Irighintzu, Ardauli (Or)
24 - 26 Maggio 2013
PALEOWORKING SARDEGNA A.P.S.
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Donato Sansone per Paleoworking Sardegna
Diplomato all’Accademia di Belle Arti di Napoli e poi al Dipartimento di Animazione del SNC- Centro Sperimentale di Cinematografia, Donato Sansone è oggi uno dei più originali autori d’animazione italiani
(http://donatosansone.tumblr.com).
Cultura non è possedere un magazzino ben fornito di notizie, ma è la
capacità che la nostra mente ha di comprendere la vita, il posto che vi
teniamo, i nostri rapporti con gli altri uomini. Ha cultura chi ha coscien-
za di sé e del tutto, chi sente la relazione con tutti gli altri esseri (...)
Cosicché essere colto, essere filosofo lo può chiunque voglia.
(A. Gramsci)
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Indice
Pag.6 - Archeosperimentare 2013, un evento culturale “sostenibile” di Roberto Putzolu, Sindaco di Ardauli Pag.8 - Prefazione di Piero Pruneti, Direttore di Archeologia Viva
Pag.9 - Prefazione di Giacomo Mameli, Direttore di Sardinews
Pag.10 - Introduzione di Cinzia Loi, Presidente di Paleoworking Sardegna
Pag.12 - Esperimento, Esperienza, Educazione: tracce convergenti in un percorso di valorizzazione dell’Archeologia di Vittorio Brizzi, Cinzia Loi
Pag.16 - Sperimentare, educare, valorizzare di Alfonso Stiglitz
Pag.18 - Las diversas dimensiones en la enseñanza de la prehistoria: entre el proceso histórico y el método arqueológico di Liliana Spanedda e Juan Antonio Càmara Serrano Pag.20 - Esperimento, esperienza, educazione: tracce convergenti per un percorso di valorizzazione dell’Archeologia di Angela Antona Pag.22 - Archeologia sperimentale, esperimento, esperienza. Note sulla fruizione dei beni culturali di Alessandro Usai Pag.24 - Esperimento, esperienza ed educazione: un percorso di studio e apprendimento di Anna Depalmas Pag.26 - Nuove indagini sull’arte preistorica del Barigadu di Cinzia Loi, Liliana Spanedda, Marcos Fernández Ruiz Pag.30 - Conoscenza tacita e processo sperimentale di Vittorio Brizzi Pag.32 - Lo Sportpertutti come strumento di sviluppo locale di Tore Farina Pag.34 - A S’Irighintzu, la scuola fuori dalla scuola di Giuseppe Scarpa Pag.36 - Paleoworking Junior: per una didattica dell’Archeologia di M.G. Ibba, C. Loi, A. Miscali Pag.39 - Il Mestiere dell’Archeologo Tavole di Enzo Marciante
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Archeosperimentare 2013, un evento culturale “sostenibile”
Roberto Putzolu Sindaco di Ardauli
Il percorso di “Archeosperimentare in Sardegna” nasce nel 2009 ad Ardauli, su
iniziativa dell’Associazione Paleoworking - delegazione Sardegna. Nel corso degli anni, la
manifestazione ha tracciato una linea concettuale che ha costituito, e costituisce tutt’oggi, una
delle direttrici delle politiche socio-culturali del Comune di Ardauli: la sensibilizzazione verso un
maggiore rispetto dell’ambiente naturale. Il concetto di sostenibilità si lega non soltanto all’area
del patrimonio naturale/culturale, ma all’intera vita della comunità. Il patrimonio, inteso come
miglioramento della competitività locale, come capacità di essere innovativi, di investire nel
capitale naturale e sociale, di potenziare le risorse locali per migliorare la capacità di
investimento e di valorizzazione ed integrazione tra risorse pubbliche e private.
La manifestazione “Archeosperimentare in Sardegna” giunge nel 2013 alla sua V edizione. In
questi anni è cresciuta e maturata sia negli approfondimenti scientifici che nelle pratiche di
organizzazione e programmazione, mantenendo costanti nel tempo i principi guida e gli obiettivi:
la promozione e la conoscenza del territorio di Ardauli e del Barigadu, la valorizzazione delle
radici culturali attraverso la promozione culturale, la crescita della consapevolezza sulle
possibilità di valorizzazione del territorio attraverso l’archeologia sperimentale, strettamente
collegate ai concetti dello sviluppo sostenibile, l’attivazione di un turismo sostenibile,
proponendo percorsi culturali e laboratori pratici nella cornice del lago Omodeo. Nell’anno 2013
la manifestazione è finanziata dalla Regione Sardegna, nell’ambito del POR FESR - Asse IV, Linea
di attività 4.1.2b “Realizzazione di azioni innovative e sperimentali del Piano di Azione
Ambientale Regionale scelte in base al loro carattere dimostrativo” – Intervento 3 :
ECOMANIFESTAZIONI. Il progetto si propone l’obiettivo di promuovere e diffondere buone
pratiche di raccolta differenziata e riciclaggio nell’ambito delle manifestazioni gastronomiche,
ricreative, sportive, culturali, di animazione sociale e valorizzazione territoriale che si svolgono
ad Ardauli. Tali “impatti” possono essere fortemente ridotti attraverso l’adozione di opportune
misure gestionali e la scelta di materiali riutilizzabili e biodegradabili, e le feste stesse possono
diventare, per il pubblico, occasione per “imparare la sostenibilità divertendosi”. I risultati imme-
diati derivanti dalla trasformazione di “Archeosperimentare” in ECOMANIFESTAZIONE è osserva-
bile, per esempio, negli acquisti effettuati a partire dai servizi per la somministrazione di alimenti
e bevande di origine biologica ed interamente biodegradabile, per ridurre la quantità di rifiuto
indifferenziato e limitare i danni della dispersione delle stoviglie nell’ambiente, alla realizzazione
di brocche e pirofile in ceramica per la somministrazione di cibi e bevande, per riscoprire l’impor-
tanza delle arti manuali, all’acquisto di carta riciclata, fino all’acquisto di prodotti locali prove-
nienti dalla filiera corta.
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Notevole, in tal senso, per la grande partecipazione è stata la “passeggiata” dal centro del
paese di Ardauli al luogo della manifestazione (S’Irighintzu), che ha consentito non solo la
riduzione dell’uso dell’auto per raggiungere S’Irighintzu, ma ha anche permesso ai
partecipanti di poter ammirare alcuni tesori naturali e culturali sconosciuti anche a molti citta-
dini di Ardauli.
Con “Archeosperimentare in Sardegna – V edizione”, il Comune di Ardauli inaugura così il per-
corso di sostenibilità dell’azione della Pubblica Amministrazione e diverse sono le azioni già
attivate, quali l’approvazione del Disciplinare Ecofeste che costituirà una linea guida per gli
organizzatori di manifestazioni pubbliche e conviviali, l’approvazione con la Delibera GC n.
34/2013 delle Politiche GPP dell’Ente, la stesura del Piano di Azione comunale (attualmente in
corso) per il GPP; tutti elementi che concorrono alla richiesta del marchio di qualità “La Sarde-
gna Compra verde”. Preziosa in tal senso è la collaborazione dell’Ecosportello della provincia
di Oristano, che ha fornito e fornisce ancora l’adeguato supporto al nostro Ente per l’adozione
delle strategie ambientali corrette, nella realizzazione della manifestazione ed in tutte le azio-
ni successive, tuttora in corso.
In conclusione, dunque, è importante osservare la ricchezza e l’innovatività di
“Archeosperimentare”, una manifestazione che guarda alle origini, ma che ha consentito di
sperimentare (appunto) la forza delle reti di collaborazione. La trasformazione di
“Archeosperimentare” in “evento sostenibile” ha richiesto a tutti gli attori di tenere insieme
criteri ambientali, criteri sociali, criteri economici, istanze pubbliche e private, nuove
concezioni di economia e soluzioni organizzative tradizionali. Tali elementi ed istanze, per
quanto possano risultare spesso contraddittorie, critiche, difficili da sostenere e da conciliare,
non sono mai sprecate perché generano RELAZIONI, energie positive, soluzioni innovative,
buone idee e soprattutto partecipazione, impegno, entusiasmo e dedizione ai principi in cui si
crede.
Ci auguriamo e ci impegneremo affinché l’esperienza maturata in questi anni e nell’edizione
appena trascorsa possa essere il motore per un nuovo percorso di sviluppo culturale,
ambientale, economico e sociale.
L’impegno è arduo e complesso, ma i presupposti sono buoni.
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Prefazione
C'era una volta una torre d'avorio dove risie-
deva la casta degli archeologi, sacerdoti di
una cultura di élite riservata a pochi eletti per
cultura ed estrazione sociale. Persone intelli-
genti e coltissime ma quasi sempre incapaci
di comunicare con la società che le esprime-
va, chiuse in una sorta di autismo o, nel mi-
gliore dei casi, in un aristocratico distacco. Tanto profonda era quella loro disciplina che con-
sentiva il "tu per tu" con i millenni, ben oltre la misera soglia del presente! Nel giro di qualche
decennio quella torre si è svuotata. Ne sono usciti quasi tutti e l'archeologo, visti anche i
miseri stipendi e la disoccupazione che riguardano la categoria, ha imparato a rapportarsi
con la società civile, vera detentrice dei "diritti di conoscenza". La rivista che ho fondato or-
mai trentatré anni fa ha seguito tutto questo percorso incoraggiando la formazione di una
nuova mentalità fra i protagonisti della ricerca. Paleoworking si inserisce perfettamente in
questo processo di "democrazia culturale" abbattendo ogni barriera possibile fra l'oggi e il
passato, fra la gente e questa disciplina, l'archeologia, che ora non fa più paura. Un passato
che attraverso le attività proposte, viene rivissuto a livello intellettuale, emozionale e anche
fisico (è importante!), ripercorrendo i processi mentali e la stessa manualità di lontani proge-
nitori, la cui vita quotidiana può sembrarci miserabile, ma che invece ha costituito la struttura
di esperienze che ci ha portati fino all'era informatica. Paleoworking è questa bella idea di
ripercorrere la vicenda dell'Uomo dalla pietra al computer, per capire cosa siamo stati e cosa
saremo.
Piero Pruneti
Direttore di Archeologia Viva
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Prefazione
Non è consueto, nelle città e
nei paesi dell'Isola, trovare
un centinaio di persone che
una domenica mattina passa-
no un bel po' di ore a parlare di archeologia pensando a quale impatto potrebbe avere in
Sardegna una vera economia del paesaggio. Discutere, cioè, di quanto una natura decisa-
mente di pregio, ricca di monumenti storici e artistici, potrebbe far crescere la ricchezza
soprattutto nelle zone interne dell'Isola. E' ovvio che questo percorso e il traguardo siano
decisamente faticosi, patiti, lenti. Ma questa è la strada, soprattutto per combattere lo
spopolamento prossimo venturo. Ed è una strada che da Ardauli, con Paleworking Sardegna,
si sta tracciando da diversi anni in modo quasi eroico, con la buona volontà e la competenza
di pochi e poche capitane coraggiose. Si tratta di innescare una metamorfosi del pensare,
dell'agire pubblico e privato. Si tratta di far capire, anche nei piccoli villaggi così come nelle
grandi città, che la cultura diventando prassi quotidiana e diffusa - deve calamitare visitatori
intelligenti, deve modificare anche la struttura produttiva e urbanistica della Sardegna. La
valorizzazione del patrimonio non è facile. Vanno create professionalità, competenze. Questi
messaggi, anno dopo anno, vengono lanciati da Ardauli con una insistenza e un metodo
ammirevoli.
La Sardegna ha bisogno di 377 Ardauli.
Giacomo Mameli
Direttore di Sardinews
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Introduzione
Il Progetto “Archeosperimentare in Sardegna”
Cinzia Loi
Presidente Associazione Paleoworking Sardegna A.P.S.
Scuola di Dottorato in Storia, Letterature e Culture del Mediterraneo
XXVIII ciclo - Università degli Studi di Sassari
L'idea e il disegno del meeting internazionale “Archeosperimentare in Sardegna” sono
dell’associazione Paleoworking Sardegna, referente per l’isola del network Paleoworking.
Scopo dell’evento, giunto oramai alla
quinta edizione, è quello di promuovere
una nuova forma di turismo culturale
attraverso l’archeologia sperimentale,
disciplina praticata dall’associazione se-
condo i dettami contenuti nel manifesto
sotto riportato. In esso vengono descritti il
compito dell’archeologo sperimentale e
quelli dell’archeotecnico, di colui cioè che
svolge presentazioni spettacolari di fronte
al pubblico.
Nelle diverse edizioni del meeting si è cercato di fare il punto su alcuni precisi obiettivi che
vedono le materie prime del nostro territorio - siano esse animali, vegetali o minerali - quali
elementi permeanti e unificanti di un discorso sul nostro passato. Studi sperimentali sono
stati rivolti, tra gli altri, al materiale litico rinvenuto sul monte S. Vittoria - situato all’interno
dell’Oasi Naturalistica di Assai - di pertinenza dell’Ente Foreste della Sardegna.
Nell’edizione di quest’anno, nella giornata conclusiva dell’evento, durante una tavola roton-
da caratterizzata da una forte interazione tra oratori e pubblico, si è riflettuto sul tema
“Esperimento, esperienza, educazione: tracce convergenti per un percorso di valorizzazione
dell’archeologia”. Nell’ambito della attività esperienziali, invece, particolare importanza è
stata riservata alla fusione dei metalli e alla lavorazione della selce e dell’ossidiana. Durante
questi laboratori sono stati presentati i risultati degli studi sperimentali effettuati finora
dalla nostra associazione e dal team dell’Università di Sassari coordinato dalla prof.ssa Anna
Depalmas.
Lezioni di botanica nell’ambito del III meeting
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Negli stessi giorni, sempre in località S’Iri-
ghintzu, è stato allestito anche uno spazio nel
quale il pubblico ha potuto scagliare frecce e
zagaglie con repliche filologiche di archi prei-
storici. Non una normale esibizione di tiro
con l’arco dunque, ma una verifica dell’entità
della forza di penetrazione dei proiettili pri-
mitivi, riprodotti al fine di comprendere - attraverso la simulazione - la loro efficacia
in una situazione di “caccia preistorica” e nel combattimento.
Il meeting Archeosperimentare però, oltre agli intenti scientifici e divulgativi, in que-
sta edizione come già nelle precedenti, ha voluto portare all’attenzioni delle istitu-
zioni - ancora troppo scettiche nei riguardi
del turismo culturale - le possibilità offerte
dall’interesse crescente per le tematiche
legate alle tecnologie primitive e alla loro
spettacolarizzazione.
Siamo fermamente convinti che la valorizza-
zione di questa forma di turismo possa
rappresentare - se supportata da una serie di
azioni sinergiche - anche una possibilità per l'occupazione giovanile, uno strumento
concreto - e non demagogico - per contrastare lo spopolamento delle aree interne
dell’isola. Sappiamo tuttavia che l’azione di convincimento dei nostri amministratori
e politici è ancora lunga, ma l’obiettivo è così importante che ogni fatica compiuta
fino ad oggi è ben ripagata già solo dal fatto di essere riusciti a coinvolgere negli
anni tante persone, esperti e non, che condividono con noi l’amore per l’archeolo-
gia e per il territorio. A tutti loro va il nostro più sentito ringraziamento!
Le “Magliette Rosse” del Paleoworking
Sardegna nella IV edizione 2012
Repliche di arnesi da pesca
Laboratorio della creta
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Esperimento, Esperienza, Educazione: tracce convergenti in un percorso di valorizzazione
Vittorio Brizzi, Cinzia Loi
Presentato a Cagliari il 28 novembre 2009 LA PREISTORIA E LA PROTOSTORIA DELLA SARDEGNA in:
Atti XLV R.S. IIPP Sessione Poster
L’Archeologia sperimentale è una disciplina sussidiaria della scienza archeologica tradizionale. John Coles (Coles 1979) l’ha definita: “Il tentativo di riprodurre attraverso gli esperimenti, nelle condizioni materiali e organizzative più vicine possibili a quelle antiche, strumenti, oggetti, edifici, e di riprodurre anche le circostanze nelle quali gli stessi beni si sono degradati o distrutti”.
Definire perciò “archeologia sperimentale” il radersi con una scheggia di ossidiana piuttosto che con una replica di un rasoio romano di bronzo è assurdo. Allo stesso tempo, parlare di “esperimento” invece che di “esperienza” o “esplorazione” genera oggi confusione. Tali am-biguità di fondo fanno si che il mondo accademico, soprattutto italiano, non riconosca a que-sta disciplina la considerazione che meriterebbe. L’assenza nei dipartimenti universitari, di percorsi formativi specifici in grado di fornire un’adeguata preparazione, ne è la prova.
Da quanto esposto finora risulta chiaramente che tale situazione di stallo possa essere supe-rata solamente attraverso la codificazione di norme cui attenersi, di un disciplinare deontolo-gico cui fare riferimento. Oggetto di questo manifesto è quello di proporre una terminologia di base, definendone poi il significato. Innanzi tutto, chi è l’archeologo sperimentale? L’Ar-cheologo sperimentale è colui che programma, partecipa e compie la sperimentazione. Egli, oltre a possedere solide competenze in campo archeologico, deve avere specifiche conoscen-ze relative ai campi che indaga. Inoltre, deve saper comprendere quando la sua azione neces-sita di essere coadiuvata da un tecnico esperto in quell’ambito, l’operatore. Difficilmente l’archeologo sperimentale è un unico individuo! Di solito si tratta di un’equipe le cui compe-tenze sono interdisciplinari.
L’Esperimento
Il lavoro dell’archeologo sperimentale si basa perciò, prevalentemente, sull’esperimento. L’esperimento è il metodo che ci permette di giungere a conclusioni ragionate partendo da ipotesi iniziali, attraverso prove o test. Non ci sono dubbi che il termine “esperimento” coin-volga le scienze esatte e applicate come la matematica, la fisica, la biologia, la chimica. Viene da sé che senza un lungo training applicativo il suo studio non possa essere svolto in modo corretto. Questo è un argomento che rende poco popolare tale processo di indagine, per via di un pregiudizio diffuso (la complessità della scienza in generale), dovuto ad un sistema educativo scientifico carente, comune a quasi tutti i paesi ma più fortemente sentito in Italia. In realtà, il concetto di esperimento è molto semplice e la metodologia ben comprensibile.
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La sua esecuzione richiede, invece, molta attenzione e rigore. L’esperimento non è un esercizio di immaginazione dello sperimentatore costruito su basi arbitrarie, è un processo di indagine che deve tener conto delle ipotesi iniziali e dei dati di partenza; dovrebbe tendere a demolire (falsificare) le ipotesi, per trovarne i punti deboli (Brizzi 2005). E’ neces-sario che esso sia replicabile ed inoltre bisogna sempre tener conto della specializzazione richiesta dalla disciplina concernente il campo di indagine. Un esperimento deve essere condotto in modo da fornire dati statisticamente significativi. In assenza di questi postulati, i risultati rimangono poco più che ipotesi soggettive e parziali. In questo processo di indagine esistono numerosi punti critici, primo fra tutti la componente umana. E’ estremamente importante riuscire a “spersonalizzare” l’esperimento.
L’Esperienza e l’atto educativo
Essa, intesa invece come “atto esperienziale”, è la realizzazione di un’opera in cui i gesti co-municano attraverso il modificarsi della materia prima grezza. L’esperienza è cosa ben diver-sa dall’esperimento; è propria di persone che fanno “cose” e che scoprono (esplorano) per loro stessi, la natura e l’applicazione di un insieme di tecnologie che, talvolta, mostrano ad altri. Realizzare una punta di freccia, un vaso in argilla è un lavoro che coinvolge il fisico e la mente, significa avere un approccio alla materia grezza a cui non si è abituati, significa porsi come obiettivo l’esperienza di compiere un gesto inusuale. Il suo valore è alto, perché ciò genera simpatia, se non empatia, con il mondo delle cose antiche. Ma la forbice tra i concetti di “sperimentale” ed “esperienziale” è molto ampia. Attraverso l’esperimento e l’esperienza si arriva all’Atto educativo. Questo è un momento molto importante, poiché i risultati della sperimentazione se non vengono comunicati, perdono di valore. Allo stesso tempo, la metodologia della ricerca in sé stessa, cioè il metodo sperimentale, è argomento fortemente educativo. L’esperienza è la miglior tecnica di insegnamento. L’esperimento è a monte l’ultimo arbitro tra esperienza e atto educativo.
Lame e punte di freccia in selce e ossidiana
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Il ruolo dell’operatore
L’Operatore è colui che, grazie alla sua esperienza - desunta dallo studio dei risultati della ricerca e dalla sua passione -, può far parte dell’equipe sperimentale. Egli deve essere in grado di comunicare correttamente a diversi gradi di ascoltatori, avere ben chiaro il ruolo dell’esperimento nel contesto del processo di indagine (processo sperimen-tale) e sottolinearne con onestà intellettuale ogni elemento critico. Qualora alcuni suoi atti non appartengano con ragionevole sicurezza alla catena operativa esplicata, deve sempre farlo presente. Nell’ambito della didattica delle tecnologie, deve agire con cautela sottolineando, ad esempio, la preziosità della materia prima e della necessità di non spre-carla, utilizzando, se possibile, materie succedanee.
L’attenzione, il fascino e il coinvolgimento che crea un esperto di tecnologie antiche (operatore) mentre mostra al pubblico una sequenza operativa è notevole; la didattica dell’antico è avvantaggiata dall’applicazione dell’esperienza (Stone e Planel 1999). Ma chi ripropone in pubblico tecniche arcaiche di lavorazione, deve aver ben chiaro ciò che sta a monte, deve saper giustificare ciò che fa rifacendosi a studi precedentemente con-dotti e validati, dichiarare il contesto spazio temporale in cui si sta esibendo, esporre i suoi dubbi e i limiti, essere pronto a far comprendere a chi assiste i passi che sono stati compiuti dalla ricerca sperimentale per poter giungere a tali risultati…evidenti. Egli deve, in altre parole, mostrare la più totale onestà intellettuale.
Parchi tematici, Re-enactment e Living History
La fioritura di iniziative legate ai parchi tematici sulla storia antica e la preistoria si rivela, in certi casi, un’ottima via per valorizzare il patrimonio culturale attraverso la sua spettacola-rizzazione. L’operatore, il più delle volte, agisce in questi luoghi. Il ricreare scenari del pas-sato attraverso installazioni fisiche sicuramente è più difficile e costoso rispetto a quelle pittografiche o virtuali. Certo è che il meccanismo di comunicazione che esse propongono è molto efficace, e spesso si trasforma in potente motore economico. Sono strutture che oggi richiedono risorse umane (operatori) formate e professionalizzate, non improvvisate. Tuttavia le sempre più frequenti “manifestazioni”, “spettacolarizzazioni” e iniziative che il mercato dell’intrattenimento culturale propone sotto il nome di “archeologia sperimenta-le”, generano spesso quella confusione che impedisce l’avvio di un percorso “virtuoso”, ove la preparazione accademica favorisca la nascita di una professionalità dedicata alla didatti-ca e alla corretta esposizione dei risultati che la sperimentazione è in grado di fornire.
Processo di sperimentazione archeologica
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Infine, con le espressioni Re-enactment e Living History – si indicano tutte quelle attività ricreative e culturali che prevedono installazioni fisiche e umane in costume, tese a rievocare supposti momenti di storia antica. La complessità insita nel riproporre all’interno di questi scenari artificiali ricostruzioni “attendibili” è evidente; non vi è nulla però che possa essere assimilato all’archeologia sperimentale. Ciò può verificarsi in determinati scenari circoscritti, ricostruiti con estrema attenzione a seguito di studi approfonditi. Gli elementi della cultura materiale che compaiono devono essere “giustificati” in modo preciso, non lasciati in balia dell’improvvisazione o di esemplificazioni fuorvianti.
Riferimenti bibliografici
Brizzi, V. 2005, La sperimentazione più difficile, Arcosophia, Greentime Ed, N.3 pp.12-16 Coles, J. 1979, Experimental archaeology. London: Academic Press. Stone, P. G., Planel, P. G. 1999, The Constructed Past: Experimental Archaeology, Education and the Pub-lic. London: Routledge, One World Archaeology 36.
Fissaggio di una punta di freccia
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Sperimentare, educare, valorizzare
Alfonso Stiglitz Museo Civico di San Vero Milis
Il tema proposto può essere declinato secondo le tre parole chiave contenute nel titolo dell’incontro.
Sperimentare
Antonio Gramsci, nelle sue riflessioni sull’importanza della filologia osservava che “nel passa-to si può trovare tutto quello che si vuole, manipolando le prospettive e l’ordine delle gran-dezze e dei valori” ed esprimeva fastidio verso le improvvisazioni: “Penso che la genialità debba essere mandata nel <<fosso>> e debba invece essere applicato il metodo delle espe-rienze più minuziose e dell’autocritica più spassionata e obiettiva”. Il concetto ci torna utile nel caso della sperimentazione, che non può che essere filologica, come ci insegna Paleowor-king, contrapposta alle improvvisazioni, di sperimentatori dotati di buona manualità ma privi di competenza scientifica. Non bisogna, peraltro, dimenticare che la sperimentazione non è uguale alla realtà: è, nei fatti, una realtà virtuale, uno strumento utile per capire i percorsi fatti dall'artigiano antico, ma non per riprodurli realmente. La nostra sperimentazione ha dentro di sé migliaia d'anni di conoscenze ed di esperienze posteriori a quell'artigiano e di questo non possiamo spogliarci.
Educare
Oggi è disponibile per tutti un'enorme quantità di informazioni archeologiche a differenza di ieri quando, invece, erano solo per chi aveva accesso ai libri.
Dice Michelangelo Pira: “Una grande quantità di messaggi si ribalta in rumore perché i rice-venti non conoscono o hanno una conoscenza eccessivamente tenue dei codici".
A.Stigliz
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Se questi codici non vengono forniti difficilmente un non archeologo è in grado di valutare la qualità dell'informazione: ciò è amplificato dal fiorire della fanta-archeologia, che si nutre di quelle informazioni. Normalmente si ritiene che i codici debbano essere forniti dalla scuola ma Michelangelo Pira ci mette in guardia dal rinchiuderci in essa: "Occorre guardarsi bene dal pensare che le ricerche e le iniziative da promuovere debbano esaurirsi in una migliore cono-scenza scolastica dei codici.
Le lingue e/o codici valgono nella misura in cui si abbia comunicazione effettiva, cioè nella misura in cui ci siano emittenti, riceventi, atti di parola (o messaggi) e canali o strumenti del comunicare". E ci segnala l’importanza della scuola impropria, come l'ovile o la bottega arti-giana; il termine "improprio", non è usato in modo negativo ma come definizione tipologica. Quello che distingue la scuola "impropria" da quella ufficiale sono le forme di trasmissione del sapere, non per semplice accumulo di informazioni ma per la capacità di coinvolgere il docente e il discente nella creazione e nel vivere quelle informazioni.
È lo schema del Paleoworking, nel quale il fare è parte integrante del sapere e del trasmette-re. C'è anche un terzo luogo di trasmissione, i mass media che, attualmente in Sardegna, svolgono un ruolo di grande impatto, generalmente negativo, basato sul sensazionalismo e sulla poca competenza scientifica di chi scrive. Ne sono un esempio l'Unione Sarda che sta mandando in edicola una "Storia della Sardegna a fumetti", assolutamente priva di basi scien-tifiche o il Quotidiano di Sardegna che ha una rubrica settimanale di fanta-archeologia.
Valorizzare
Il terzo termine presuppone che il bene culturale non abbia un valore in sé, ma necessiti di essere riempito e venduto al visitatore, secondo una visione economicistica. Personalmente preferisco pensare al Bene culturale come Bene comune una sorta di "uso civico" con il quale la comunità è cresciuta e ha formato la sua storia e il suo costume. L’esistenza della comunità è legata a quei beni civici e il loro legame va tutelato. I Beni Culturali appartengono alla Na-zione intesa come comunità di cittadini (art. 9 della Costituzione), non sono proprietà privata dello Stato, così come i beni di proprietà privata hanno anch'essi un interesse pubblico: tutti rappresentano un patrimonio condiviso di cultura e di memoria. Infine, bisogna riflettere sul rapporto tra conservazione e fruizione: in realtà, non tutti i beni culturali possono essere fruiti, ma tutti devono essere conservati. In altre parole la fruizione deve essere guidata dalla conservazione e non viceversa.
Per questo sono molto importanti le campagne di opinione per la conservazione di un bene (come nel caso della domu de janas di Mandras), meno quelle che pongono al primo posto la fruizione e la valorizzazione, spesso a discapito della conservazione.
Le letture suggerite nel testo sono:
A. Gramsci,1975, I quaderni del Carcere, a cura di V. Gerratana, Torino, Einaudi. M. Pira,1973, Codici e strumenti del comunicare e autonomia, in M. Brigaglia (a cura di), L'informazione in Sardegna, Sassari, Dessì, pp. 45-65. M. Pira,1978, La rivolta dell'oggetto, Milano, Giuffrè. S. Settis,2012, Azione popolare: cittadini per il bene comune, Torino, Einaudi.
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Las diversas dimensiones en la enseñanza de la prehistoria: entre el proceso histórico y el método arqueológico
Liliana Spanedda e Juan Antonio Càmara Serrano
Dpto. Prehistoria y Arqueologia Facultad de Filosofia y Letras Campus Universitario "Cartuja"
s/n Universidad de Granada
La Prehistoria, como todas las etapas de la Historia, ha
sido tradicionalmente enseñada como una sucesión de
eventos. En los mejores casos se realizaba un intento de
explicar a los alumnos las relaciones socio-económicas
que condujeron a una determinada situación.
Aquello que casi nunca se enseñaba, sobre todo en los
ámbitos preuniversitarios, era cómo el arqueólogo había
llegado a generar el conocimiento que se quería
transmitir. La imagen que, por ello, el público tenía de
arqueólogo era la de un buscador de tesoros en el peor de
los casos o la de un coleccionista y clasificador de objetos
antiguos en el mejor de los casos. Esta forma de enseñan-
za contrastaba con la utilizada en disciplinas como las matemáticas o la física donde se ponía
el énfasis en la explicación de los procesos de adquisición de conocimiento.
En este sentido la denominada Arqueología Experimental no sólo tiene el mérito de llamar la
atención sobre la vinculación de muchos desarrollos arqueológicos con los procesos científi-
cos experimentales, sino que en su vertiente de experiencia/replicación ha demostrado ser
un instrumento útil para explicar a un público no especialista cómo podían realizarse deter-
minadas actividades en el pasado.
Evidentemente el proceso técnico no puede deslindarse del contexto social en el que tuvo
lugar y, por tanto, en este proceso didáctico, y en la investigación que originariamente, lo ha
originado, no se puede perder de vista el análisis crítico de las relaciones sociales en el marco
de las transformaciones sociales constantes que, en última instancia, han dado lugar a la
situación actual.
L. Spanedda
19
Por ello, debemos evitar el riesgo de sustituir en la enseñanza una narración de eventos con
la exposición, y replicación, de una serie de gestos técnicos.
En cualquier caso, en nuestra opinión, la cuestión de base es las dudas que
legítimamente nos surgen sobre si realmente estamos explicando, a partir de estas experien-
cias, la labor científica del arqueólogo. Pensamos que no sólo debemos comunicar resulta-
dos sino que debemos ser capaces de enseñar los sistemas por los que los obtenemos, algo
que se escapa incluso, a menudo, de la enseñanza reglada universitaria. Nuestra opinión es
que las reuniones abiertas dedicadas a la Arqueología Experimental deberían incluir una
familiarización con la complejidad del proceso de investigación arqueológica y, en este senti-
do, las reuniones anuales que se han celebrado en Ardauli claramente han apostado también
por este enfoque con colaboraciones con especialistas en diferentes materias y especialmen-
te botánicos que han mostrado no sólo cómo se implican en la reconstrucción del ambiente y
la subsistencia del pasado sino cómo a partir de los métodos de éstas y otras ciencias pode-
mos argumentar sobre lo que está presente y lo que está ausente en el contexto arqueológi-
co y por qué.
Sin embargo, creemos que se puede ir más allá y que la di-
dáctica en estas reuniones debería atender también a una
familiarización con los métodos usados por los
arqueólogos. Esto puede tener lugar por ej. mostrando al
microscopio las semejanzas y diferencias entre los
originales y los objetos reproducidos y explicando el
objetivo de tal proceso, recreando una excavación
arqueológica prestando especial énfasis a las técnicas de
documentación empleadas y recogiendo propuestas sea
sobre las mejores formas de comunicar nuestros
resultados sea sobre aquellos aspectos en los que aprecien
discrepancias entre la apariencia de los datos disponibles y
las propuestas con las que se han familiarizado (a través de la
bibliografía más o menos especializada u otros medios de comunicación). Solo de esta forma
la gente comprenderá que la arqueología prehistórica es una disciplina científica seria y cada
persona, por sí misma, será capaz de reconocer las manipulaciones pseudocientíficas tanto
de matiz nacionalista como esotérico.
J. A. Camara Serrano
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Esperimento, esperienza, educazione: tracce convergenti
per un percorso di valorizzazione dell’Archeologia
Angela Antona
Soprintendenza per i Beni Archeologici
per le province di Sassari e Nuoro
Le ormai consolidate ed annualmente attese giornate di
Ardauli rappresentano un momento di crescita culturale
per chi vi partecipa e, nel contempo, un’occasione di
diffusione della conoscenza che accresce il valore del
patrimonio comune. La sperimentazionedi azioni e tec-
niche legate alla quotidianità dell’uomo del passato
costituiscono infatti una coinvolgente via di fruibilità
attraverso la quale gli esiti della ricerca archeologica
raggiungono un variegato target di comunicazione.
Passa per questa strada la valorizzazione del patrimonio culturale, vera ed efficace quando
quest’ultimo è inteso come proprio dalle comunità di un territorio, rese più consapevoli
anche nella necessità e nella conseguente volontà di cooperare alla sua conservazione. Da
questa considerazione emerge l’importanza del coinvolgimento delle scuole, esempio entu-
siasmante nelle giornate ad Ardauli: da un lato, per la metodologia dell’apprendere nel
gioioso contesto avvolgente della natura; dall’altro, per gli stimoli alla valorizzazione del
bene culturale che si insinuano nei giovani, primo passo verso un domani che può presen-
tarsi arricchito di nuovi possibili sbocchi lavorativi. Infatti, l’impegno ormai annoso del Mini-
stero per i Beni e le Attività Culturali, dell’Unione Europea, della Regione Sardegna, teso alla
valorizzazione della risorsa archeologica, deve trovare nei giovani i nuovi attori, capaci di
consolidare ed incrementare quanto, soprattutto negli ultimi due decenni, si è costruito.
A. Antona
21
La crescente richiesta di cultura che si riscontra nella fruizione delle aree archeologiche isola-
ne gestite e dotate di visite guidate, purtroppo ancora molto limitate, ha infatti evidenziato
l’importanza della qualità del servizio svolto. Alla guida non si richiede l’esclusiva informazio-
ne superficiale dei luoghi, ma un consapevole ed approfondito “racconto” dei medesimi, le
attività di vita che vi si sono svolte, le connessioni fra i diversi aspetti del territorio del quale
fanno parte; il tutto ricondotto ad un ambito più generale che non consente spazi grigi nella
conoscenza.
In Gallura, l’esperienza di siti archeologici quali quelli del “parco a rete” di Arzachena, ubicati
in zona nella quale il mare costituisce la principale risorsa, insieme ad altri più interni quali il
nuraghe Majori di Tempio, o i dolmen e gli olivastri millenari e di Luras, sta evidenziando il
nuovo profilo della richiesta turistica: non più solo balneare, ma mossa anche da una maggio-
re attrazione verso valori duraturi che rappresentano il modo di essere di un territorio e del
suo popolo. La qualità della risposta e dell’accoglienza diventa, a questo punto, un dovere
civico affidato a professionali operatori culturali, pronti a ricevere e guidare, nelle diverse
lingue, visitatori dalle provenienze più svariate.
Conoscenza, consapevolezza appropriata del territorio e della sua cultura costituiscono i
principali elementi sui quali si fonda un altro atteggiamento basilare dell’accoglienza: la gioia
del comunicare i valori profondi che appartengono alle comunità locali, espressa col coinvol-
gente e sereno sorriso di chi quel patrimonio ha nel cuore.
Nuraghe Mont’e Pìscamu
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Archeologia sperimentale, esperimento, esperienza. Note sulla fruizione dei beni culturali
Alessandro Usai Soprintendenza per i Beni Archeologici per le province di Cagliari e Oristano
I colleghi che mi hanno preceduto hanno esposto alla perfezione i temi del lavoro che insieme svolgiamo negli uffici, nei musei, nei cantieri e sul territorio. Condivido pienamente i contenuti e i toni dei loro interventi meditati e convinti.
Tuttavia la manifestazione di Ardauli si è svolta di domenica, e questo mi ha spinto a pormi dalla parte delle famiglie venute a trascorrere una giornata diversa, curiosa e stimolante. E mi ha spinto a pormi, come purtroppo sempre più di rado accade per l’inesorabile stritolamento del lavoro amministrativo, dalla parte dei visitatori dei nostri musei e monumenti, ai quali dedichiamo intensi sforzi senza tuttavia soddisfare veramente le richieste del pubblico.
Giunto dunque a metà mattina del mio giorno di riposo nel bosco di S’Irighinzu, sulle sponde del lago Omodeo, mi sono predisposto a vivere una giornata di esperienze da ricordare; non ho però smesso di riflettere su questa frustrante contraddizione.
L’essenza dell’archeologia sperimentale è l’esperimento, cioè il tentativo sistematico di ripro-durre gli strumenti, i manufatti e dunque le attività delle antiche popolazioni. Senza sminuire l’aspetto scientifico dell’esperimento, è però importante mettere in risalto l’aspetto creativo, dunque non solo ricreativo ma pienamente conoscitivo, dell’esperienza vissuta, che lo speri-mentatore trasmette al visitatore che si avvicina e vuole a sua volta sperimentare.
La mia esperienza domenicale è iniziata davanti alla postazione del tiro con l’arco. Non avendo mai tenuto in mano un arco, ho cominciato a osservare gli esperti istruttori e i volenterosi apprendisti di ogni età. In me è riaffiorata una lontana memoria sepolta: la scena dell’Odissea televisiva a puntate degli anni ’60, che io stesso seguivo con passione da bambino, in cui Ulisse giunto nel suo palazzo invaso dai Proci tende l’arco, poi pianta le scuri una dietro l’altra e scoc-ca la prima freccia con eroica precisione. Ho indossato le protezioni di cuoio, odoranti di mani preistoriche, e per un paio di minuti ho vissuto un’esperienza estraniante fatta di gesti e pen-sieri inusitati. L’esperienza vissuta ha compiuto il miracolo di far rivivere una parvenza tangibi-le del passato.
23
Il passato archeologico è irraggiungibile senza strumenti. Lasciati i miti di giganti ed eroi ai ricordi della società agropastorale e a frange di dilettanti pasticcioni, la scienza archeologica stenta tuttavia a penetrare nella consapevolezza della società contemporanea. Il nostro pas-sato sembra a portata di mano ma ha bisogno di interpreti e di strumenti di comunicazione. Come il nuraghe Mont’e Pìscamu, vicino e visibile ma irraggiungibile ai margini del lago Omo-deo, così tutto il mondo dei nostri antenati si allontana inesorabilmente, eroso e sgretolato dal progresso tecnologico e dalla trasformazione della cultura.
Possono l’archeologia sperimentale e la formazione di guide veramente professionali gettare un ponte tra presente e passato, per mezzo del quale tutta la società inquieta del nostro tempo possa gustare il sapore del patrimonio culturale?
Lezione di archeologia presso il nuraghe Mont’e Pìscamu
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Esperimento, esperienza, educazione: un percorso di studio e apprendimento
Anna Depalmas Dipartimento di Storia, Scienze dell’Uomo e della Formazione Università di Sassari
L’esperienza dei Meeting Internazionali “Archeosperimentare in Sardegna” costituisce un ormai collaudato momento di confronto e apertura tra mondo universitario e un variegato consesso di curiosi, di appassionati e di cultori di preistoria e archeologia. Anche quest’an-no la riunione ha coinciso con i momenti finali di un percorso didattico svolto all’interno dell’anno accademico dell’ateneo di Sassari che ha visto studenti e giovani ricercatori im-pegnati nella ricerca e nella sperimentazione. In particolare il tema è quello complesso dell’archeometallurgia, un campo in cui la ricostruzione delle tecniche e dei meccanismi di produzione esige l’acquisizione di competenze specifiche e di elevate capacità manuali. Nel campo dell’archeologia sperimentale non è però sufficiente avere il dono di un’eccellente manualità ma occorre essere inseriti in un circuito cognitivo che prende le mosse da precisi
problemi connessi alla comprensione e conoscenza degli antichi processi produttivi e che vuole arrivare a fornire una o più soluzioni possibili ai quesiti di partenza. La pratica della simulazione sperimentale si identifica con una forma di ragionamento analogico che si basa so-prattutto sulle difformità che emergono dal confronto tra i manufatti antichi e quelli ottenuti mediante replica sperimentale. Per gli studenti l’incontro pubblico di pre-sentazione della propria attività sperimentale è senz’al-tro un banco di prova importante e uno stimolo a orga-nizzare il proprio esperimento secondo una catena ope-rativa che deve essere compresa anche dai non addetti ai lavori.
Laboratorio di fusione
Laboratorio di fusione
A. Depalmas
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Per il docente è l’occasione per raccogliere le fila del lavoro svolto, verificare gli elementi di criticità e monitorare i progressi nella soluzione dei problemi tecnico-pratici. Per tutti è un momento di confronto con realtà diverse in un’atmosfera serena di interrelazione animata dalla grande curiosità e dal fermento che caratterizza la partecipazione delle scolaresche, delle associazioni culturali e della gente del territorio.
Di fronte al lago, circondati dalla macchia, si toccano con lievità argomenti importanti nell’ambito dell’archeologia preistorica, attraverso un approccio che cerca di sintetizzare aspetti teorici e pratici dell’archeologia sperimentale, dell’archeologia tradizionale e dell’et-
noarcheologia. E’ così che tali ambiti distinti si incontrano, incro-ciando esperienze e dati che costituiscono gli strumenti di cre-scita del sapere in un’ottica globa-le della disciplina archeologica.
E’ con questo spirito che gli stu-denti del corso di Protostoria Europea, in una delle scorse edi-zioni del Meeting, si sono cimen-tati nella preparazione del for-maggio e della ricotta, nello sforzo di fare propri meccanismi pro-duttivi non più attinenti al loro quotidiano, ma di fondamentale
importanza per giungere alla comprensione della funzione e dell’uso dei manufatti preistori-ci. Anche in questo caso l’incontro con la comunità locale si è rivelato stimolante e ricco di spunti utili per l’approfondimento della ricerca etnoarcheologica.
Nel percorso didattico formativo, lo studente che fa propri i procedimenti di realizzazione e le modalità di funzionamento dei manufatti, capitalizza un bagaglio prezioso di conoscenze che gli consentirà di affrontare con strumenti incomparabilmente efficaci un futuro percorso di ricerca in campo archeologico.
In questo percorso il Meeting costituisce un momento importante e concreto per favorire l’inserimento della di-dattica universitaria nelle politiche locali di atten-zione per il territorio e i suoi beni culturali.
Laboratorio di fusione
Laboratorio di fusione
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Nuove indagini sull’arte preistorica del Barigadu
Cinzia Loi, Liliana Spanedda, Marcos Fernández Ruiz
Paleoworking Sardegna;
Dpto. Prehistoria y Arqueologia Facultad de Filosofia y Letras Campus Universitario "Cartuja"
s/n Universidad de Granada
L’associazione Paleoworking Sardegna, nell’ambito del “Progetto Sos Mandras” - sostenuto
da Archeologia Viva e finalizzato non solo a raccogliere fondi utili al restauro della Tomba
Dipinta di Mandras, ma anche ad approfondire lo studio del fenomeno ipogeico nel Barigadu
(Sardegna centrale) - con il permesso della Soprintendenza Archeologica di Cagliari e Orista-
no ed in collaborazione con il Departamento de Prehistoria y Arqueología dell’Università di
Granada, ha avviato una campagna di rilievo fotografico delle domus de janas censite finora
in questo territorio.
Tali indagini, grazie all’ausilio del program-
ma DStretch, estensione del software Ima-
geJ che prevede l’utilizzo delle sole immagi-
ni fotografiche digitali, consentiranno di
individuare eventuali elementi pittorici -
non più visibili a occhio nudo - presenti al
loro interno.
Il programma DStretch è stato impiegato
fin dal 2005 dal suo creatore J. Harman, sia
negli USA che nell’America latina, mentre in
Europa le uniche ricerche condotte fino ad oggi hanno interessato alcune rappresentazioni
rupestri della Spagna (Quesada Martinez 2010; Bea, Royo 2013). In tutti i casi di studio citati,
i ricercatori hanno ottenuto ottimi risultati riuscendo ad evidenziare parti di pittura invisibili
a occhio nudo e pertanto impossibili da riprodurre con il ricalco da contatto (Medina Ruiz, et
Al, 2012; Fernández Ruiz, Spanedda, 2013, pp. 73-81). L'obiettivo principale del Progetto è lo
studio delle manifestazioni di arte pittorica presenti all’interno delle domus de janas del
Barigadu, territorio ricchissimo di tali testimonianze e che, ne siamo certi, riserva ancora
inaspettate scoperte in questo ambito.
In primo luogo sarà importante verificare l’articolazione dei motivi pittorici che caratterizza-
no la Tomba Dipinta di Mandras (Loi 2006, pp. 153-160; Loi 2012, pp. 62-69), resi simbolica-
mente tramite pittura rossa - probabilmente ocra - colore del sangue e quindi simbolo di vita
e rigenerazione.
Ingresso alla Tomba Dipinta di Mandras
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Ricordiamo infatti che al suo interno coesistono, oltre a quelle che richiamano semipilastri e
finte nicchie, le rappresentazioni dipinte di due tipologie di soffitti: ellittica nell’anticella; ad
uno oppure a due spioventi con lati brevi arrotondati nella cella principale. Il soffitto dell’an-
ticella è segnato da sei travetti dipinti di rosso - tre per lato - che convergono verso una ban-
da circolare appena visibile, interpretabile, forse, come il sistema di legatura dei travetti. Il
soffitto della cella principale mostra invece la rappresentazione del tetto ad uno oppure a
due spioventi con lati brevi arrotondati, reso da fasce di colore rosso. Ma l’impatto più emo-
zionante viene dal motivo dipinto “a reticolato” presente sulla parete d’ingresso e in parte
su quelle laterali della cella principale, ottenuto con fasce orizzontali e verticali di colore
rosso. Il motivo a “reticolato”, allo stato attuale delle ricerche, per le dimensioni eccezionali
e soprattutto per il fatto di essere reso tramite pittura, costituisce un unicum. Questo motivo
riprodurrebbe, pur con le riserve che si
impongono in assenza di confronti sicu-
ri, l’intelaiatura della pareti laterali della
capanna preistorica costituita da pali
sistemati sia in senso verticale che oriz-
zontale. In Sardegna il motivo a reticola-
to si trova inciso sulle pareti della t. XI di
Sos Furrighesos-Anela e sui ciottoli di
Ozieri e di Puisteris-Mogoro (Tanda
1984, p. 82). G. Tanda riprendendo la
comparazione unanimemente accettata
fra i ciottoli incisi o dipinti con tale moti-
vo ed i churinga dell’Australia, avanza
l’ipotesi che esso - anche quando non è
inciso su un oggetto ma su una parete -
sia almeno in qualche caso un attributo
figurativo divino, espressione quindi, di
per sé, di una entità soprannaturale
(Tanda 1984, pp. 110-111).
Non è escluso che sulle superfici della domus di Mandras possano essere presenti altri ele-
menti simbolici non più visibili a occhio nudo, soprattutto nella cella principale.
Altrettanto interessante sarà analizzare le raffigurazioni pittoriche della t. XII di Campu Maio-
re di Busachi, all’interno della quale - nella cella maggiore, sulla parte mediana della parete
di fondo - si osservano una serie di piccoli triangoli equilateri resi tramite pittura rossa, che si
uniscono a comporre una banda orizzontale (Bacco 2000, p. 973).
Tomba Dipinta di Mandras: planimetria
28
Lo stesso dicasi per le tt. II di Sas Arzolas de Goi (Tanda 1992, p. 76) e I di S’Angrone (Tanda
1997, pp. 57-61) di Nughedu S. Vittoria, che mostrano entrambe le pareti dipinte di colore
rosso suddivise da semipilastri e finte nicchie.
Nell’ambito delle nostre indagini si cercherà anche di comprendere se l’arte della decorazio-
ne pittorica fosse presente pure in quelle domus de janas che oggi, almeno all’apparenza,
non conservano tracce di colore, se tale artifizio venisse utilizzato unicamente in determinati
ambienti o in maniera indistinta in tutti i vani della sepoltura, oppure ancora se con essa si
ponessero in evidenza soltanto alcuni dettagli architettonici della tomba come gli elementi
legati alla sfera magico-religiosa e/o le riproduzioni di parti strutturali della casa dei vivi.
Al patrimonio di valori e credenze relative all’ideologia funeraria si collega la presenza in
alcuni degli ipogei oggetto di questa indagine, della cosiddetta “falsa porta” interpretata
quale porta inferi. In altre domus compaiono, scolpiti sulle pareti d’ingresso protomi taurine,
raffigurazioni, forse, di una divinità maschile, il Dio-Toro, posta a protezione del sepolcro e
simbolo di forza riproduttrice. In alcuni casi queste raffigurazioni magico-religiose compaiono
sulle facce di un pilastro. Nel Barigadu il fenomeno ipogeico si presenta con manifestazioni
interessanti soprattutto per quanto concerne le rappresentazioni di partiture architettoniche
(soffitti decorati, pilastri, lesene, zoccoli, etc.), incise, scolpite o dipinte sulle pareti delle se-
polture. Si ritiene comunemente che tali decorazioni traessero esempio dalle principali
strutture dell’architettura civile, quasi a sottolineare il rapporto ideale fra l’abitazione e la
tomba nelle concezioni religiose del mondo prenuragico.
Da quanto esposto finora, appare evidente quanto uno studio come quello proposto possa
aiutare a comprendere alcuni importanti aspetti inerenti l’utilizzo e, di conseguenza, la fun-
zione dell’elemento pittorico all’interno delle domus de janas.
Tomba Dipinta di Mandras: sezione C-D
29
Riferimenti bibliografici
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terraneo, Atti del Congresso Internazionale (Sassari - Oristano 23-28 Maggio 1994), vol. II, Muros,
Stampacolor, pp. 971-978, figg. 1-4.
Bea M., Royo J.I. 2013, Noticiario. ¿También un arte ‘macro-levantino’? El arquero de grandes dimen-
siones de Val del Charco del Agua Amarga (Alcañiz, Teruel), in "Trabajos de Prehistoria", 70:1, pp. 166-
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Loi C. 2012, La Tomba Dipinta di Mandras, in Archeologia Viva, n. 153 Maggio-Giugno 2012, pp. 62-69.
Loi C. 2006, Ardauli (Sardegna, Italia) – Domus de janas dipinta di Mandras, in Arqueologia y territorio –
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Departimento de Prehistoria y Arqueologia, n. 3, 2006, pp. 153-160.
Medina Ruiz A.J., Martinez Collado F.J., Hernandez Carrion E., Lopez Campuzano M., San Nicolas del
Toro M.2012, Las pinturas rupestres esquemáticas del abrigo Riquelme (Jumilla, Murcia), Monografías
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Quesada Martinez E. 2010, Extensión DStretch del software Image-J. Avance de resultados en el Arte
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Tanda G. 1984, Arte e religione della Sardegna preistorica nella necropoli di Sos Furrighesos - Anela (SS),
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Tanda G. 1992, La tomba n. 2 di Sas Arzolas de Goi a Nughedu S. Vittoria (Oristano), Sardinia Antiqua,
Studi in onore di Piero Meloni in occasione del suo settantesimo compleanno, Cagliari, pp. 75-95.
Tomba Dipinta di Mandras: motivo a reticolato
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Conoscenza tacita e processo sperimentale
Vittorio Brizzi
Presidente Paleoworking Network - Università degli Studi di Ferrara
La tecnologia litica è direttamente connessa alle strategie di sussistenza: “tagliare”,
“penetrare”, “forare” sono azioni primarie e gli utensìli necessari a compiere queste attività
sono pochi e facilmente ricavabili da materiali presenti in natura.
Tra le tecnologie primitive quella relativa alla lavorazione della pietra è sicuramente la più
studiata; migliaia di ricercatori in tutto il mondo hanno indagato le materie prime pseudocri-
stalline, esaminato i processi tecnologici che stanno alla base della fabbricazione di uno
strumento litico, replicato manufatti provenienti da vari contesti archeologici, ottenendo
ottimi risultati.
La tecnologia litica ha sempre avuto un ruolo di primo piano nell’ambito del meeting di S’Iri-
ghinzu! Anche quest’anno si è lavorato il vetro vulcanico del Monte Arci gentilmente fornito
dal Museo dell’Ossidiana di Pau, e i numerosi visitatori non sono stati certo “spettatori passi-
vi”. Allo stesso modo, durante le prime due giornate dell’evento, alcuni studenti universitari
hanno partecipato ad un workshop sulla tecnologia dei foliati.
La prima giornata è stata dedicata all’Esperienza; in altre parole si sono ripetuti migliaia di
volte quei gesti utili a sviluppare la cosiddetta “conoscenza tacita” necessaria all’ottenimen-
to meccanico di distacchi da un nucleo. Le tecnologie impiegate sono state la percussione
dura e il ritocco a pressione su schegge e lame eseguito mediante l’utilizzo di strumenti in
rame o palco immanicati. Ogni distacco dal nucleo deve essere prevedibile sia nella forma e
sia nelle dimensioni; questa capacità di previsione è acquisibile soltanto mediante l’esperien-
za diretta, l’unica in grado di formare la “conoscenza” di ogni scheggiatore. Le componenti
della tecnica risiedono nella dinamica del gesto, nella precisione nel colpire un punto di im-
patto ben definito, nella scelta corretta degli utensìli. Gli studenti, attraverso la ripetizione
dell’esercizio, hanno dimostrato di aver raggiunto un discreto livello tecnico, soprattutto nel
campo della percussione. L’acquisizione di questa pratica di base ha reso bene il senso del
concetto di esperienza: la capacità di ottenere il maggior numero di elementi da un nucleo,
da impiegare poi come punto di partenza per produrre un utensìle, è l’indicatore dell’espe-
rienza/abilità acquisita. La lama o la scheggia vengono poi modellate “a foglia” attraverso il
ritocco a pressione, che conduce progressivamente alla punta di freccia, di lancia o di coltel-
lo. Piace qui ricordare che nei nostri laborotori, al fine di evitare lo spreco della preziosa
materia prima, è stato utilizzato prevalentemente il vetro in pasta. Infatti, il comportamento
fisico di questo materiale è paragonabile a quello dell’ossidiana.
31
Durante la seconda giornata sono state introdotte le nozioni base di interpretazione delle
macro-fratture riscontrabili sulle punte di proiettile litiche, elencati i principi fondamentali di
assemblaggio delle punte al proiettile (la punta di freccia immanicata nell’asta di legno) e le
caratteristiche delle materie prime utilizzate: colla animale, tendine per le legature, etc..
Queste premesse ci hanno
permesso di illustrare una Case
history ben specifica: si è infatti
descritto lo “scenario” del
Monte di Santa Vittoria. In
questo sito, frequentato fin
dall’epoca preistorica, sono
stati rinvenute centinaia di
punte di freccia in ossidiana
recanti macro-fratture da im-
patto e un intero atelier di
strumenti per la macellazione.
Lo studio sperimentale eseguito su questo materiale ha dimostrato come alcune fratture -
ritenute accidentali in letteratura (o comunque non propriamente diagnostiche dell’impatto)
- siano in realtà conseguenza di tiri effettuati a brevissima distanza caratterizzati da fortissi-
me oscillazioni del proiettile in uscita dall’arco. La lettura delle macro-fratture del record
archeologico è stata comparata con esemplari riprodotti sperimentalmente. Inoltre, sono
state ricreate in laboratorio le medesime condizioni dinamiche dell’impatto. Il caso S. Vitto-
ria è servito per spiegare anche l’importanza di un protocollo sperimentale di riferimento,
tale da permettere la confutazione dei risultati da parte di altri ricercatori.
La terza giornata del meeting è stata dedicata alla
comunicazione. Gli allievi del workshop, di fronte ai
visitatori incuriositi, hanno effettuato dimostrazioni
pratiche illustrando la materia prima, gli utensìli e le
fasi della tecnica di distacco e ritocco. Ai partecipan-
ti al corso si sono aggiunti, in qualità di
“archeotecnici”, i bambini e i ragazzi del Paleowor-
king Junior! Alcuni di loro hanno realizzato dei veri e
propri capolavori, tanto da far impallidire gli studen-
ti del Workshop...
Laboratorio litico con i bambini di Paleoworking Junior
Lama di pugnale in ossidiana
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Lo “Sportpertutti” come strumento di sviluppo locale
Tore Farina Presidente Regionale UISP Sardegna
Quest’anno, per la prima volta, ho partecipato al meeeting “Archeosperimentare ” organiz-
zato dall’Associazione di Promozione Sociale - Paleoworking Sardegna - affiliata alla UISP
(Unione Italiana Sport per Tutti) per la disciplina “Tiro Dinamico con l’Arco”.
Con orgoglio qualche tempo fa lessi la bellissima intervista che il giornalista della “Nuova
Sardegna” Giacomo Mameli fece a Cinzia Loi; in quel preciso istante ebbi la conferma che la
UISP non è solo sport! Infatti, lo sportpertutti, così come lo intendiamo noi, interpreta un
nuovo diritto di cittadinanza, riguarda le politiche della vita. Può sembrare ambizioso, ma
sono fermamente convinto che il concetto di sport proprio della UISP, al di là degli aspetti
sportivi e dei risvolti umani, riguardi anche lo sviluppo locale, la promozione delle peculiarità
e delle eccellenze di un territorio, così da restituire valore aggiunto al nostro patrimonio
culturale.
In quest’ottica, ecco che allora il “Tiro Dinamico con l’Arco” diventa un’occasione per riper-
correre la nostra storia e per valorizzare l'ambiente, un momento di conoscenza e, conse-
guentemente, di rispetto di quest’ultimo.
Lavorare con questo metodo permette anche di far emergere le risorse umane di un territo-
rio, di avviare un processo educativo e formativo verso i cittadini di oggi e di domani, aiutan-
doli a diventare più consapevoli.
Progetti articolati come questo, dopo una attenta verifica dei risultati, possono anche servire
da modello per altre iniziative simili che si svolgono in tutto il territorio nazionale.
A tal proposito piace ricordare che l'Area Giochi e Sport Tradizionali dell'UISP Nazionale,
guarda con molta attenzione a quello che succede ad Ardauli, e considera il meeting
“Archeosperimentare” una delle migliori manifestazioni fra quelle svoltesi in Italia. Valoriz-
zandone le competenze ed avviando uno scambio di esperienze e dei saperi maturati in
questi anni, il meeting potrebbe diventare un evento “matrice”.
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Senza voler abusare del
termine ecomanifestazio-
ne”, credo sia giunto il
momento per noi della
Uisp Sardegna di costruire
un vero e proprio circuito
di manifestazioni sportive
all'aria aperta che - parten-
do da questa e da quella di
Monteleone Roccadoria,
che si caratterizza per le
attività di arrampicata,
escursionismo e mountan bike - abbinino l’attività sportiva alla valorizzazione delle risorse
culturali ed ambientali, nonché agroalimentari di un Territorio.
Iniziative come questa distinguono la UISP dagli altri, da chi considera la pratica dell’attività
sportiva come mera selezione del talento. Per noi lo sport deve essere a misura di ciascuno,
al servizio di tutti! Questo è quello ch’è accaduto a S’Irighintzu, dove bambini e ragazzi han-
no potuto tirare con l'arco senza avere l’assillo del giudice che controlla i punti nel paglione,
immaginando di essere uomini preistorici che si devono cimentare in un’attività usando solo
le mani e semplici oggetti di legno e pietra…
Laboratorio di tiro con l’arco
T. Farina, A. Usai, C. Loi
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A S’Irighintzu, la scuola fuori dalla scuola
Giuseppe Scarpa
Dirigente dell’Istituto Comprensivo di Santu Lussurgiu
Partecipare alla Va edizione di “Archeosperimentare in Sardegna” è stato davvero importan-
te per la nostra scuola, quanto…. casuale. Casuale perché non era tra i programmi didattici
predisposti per l’anno scolastico, importante perché ha rivelato interesse e fascino che in
altro modo non avremmo conosciuto. L’incontro con la Prof.ssa Cinzia Loi è stato galeotto; la
sua passione per l’insegnamento, in particolare
per la storia, la “nostra” storia, si è incontrata
con l’esigenza di guidare un gruppo di ragazzi in
una esperienza laboratoriale, di farli uscire dalla
povertà della scuola trasmissiva, per sollecitare il
loro interesse verso la conoscenza piuttosto che
obbligarli ad essa.
Si voleva rafforzare il valore del gruppo-classe
condividendo l’esperienza formativa come base
per la motivazione allo studio; indurre e condur-
re, piuttosto che dedurre e attendere l’arrivo.
E così è stato! L’archeologia ha rappresentato lo
sfondo integratore, il tappeto culturale sul qua-
le i ragazzi hanno camminato “costruendo” la
loro giornata di scuola (…era pure domenica!!!)
con grande entusiasmo. Hanno preso in mano il
loro passato soffiando sulla fornace per fondere
il metallo, manipolando l’ossidiana, immaginan-
dosi cacciatori e arcieri, in un mondo primitivo che S’Irighintzu è riuscito a ricostruire facen-
do dimenticare banchi e cattedre. E professori! Il tutto in una condizione, come abbiamo
ricercato, di gruppo, di squadra. Genitori compresi. E’ stata un’esperienza sorprendente e,
forse anche per questo, gratificante, dagli esiti non scontati, che ha davvero arricchito ogni
componente della spedizione.
La fusione dei metalli
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Al termine nessuno ha avuto un voto. Tutti sono stati promossi. Alcuni sentono ancora la
corda vibrante dell’arco teso, altri si curano le piccole ferite procurate col vetro e con l’ossi-
diana, altri ancora respirano l’odore acre del fumo di quel fuoco così semplice e così impor-
tante.
Tutti hanno in mente cos’è l’archeologia, di cosa si occupa e che cosa ci può insegnare. Tutti
hanno nel cuore una splendida giornata in un mondo tanto lontano, così vicino a casa. Cia-
scuno torna a casa segnato da una traccia “personale”, un germoglio che, se curato, cresce-
rà. Forse tra questi ragazzi ci sarà un futuro archeologo; ma è sicuro che nessuno di loro
dimenticherà ciò che ha “personalmente vissuto”. Ecco, questa è la scuola che vogliamo;
quella che si mette al servizio dei ragazzi, che traccia per loro dei sentieri da percorrere, che
stimola la curiosità, l’interesse, che da risposte alle loro domande; che propone esperienze
reali dove è possibile trovare le conoscenze, la cultura. Dove è possibile sperimentare la
propria abilità, dove si impara “il fare”. Grazie ad Archeosperimentare in Sardegna per averci
dimostrato che una scuola viva, una scuola che promuove le competenze (..e non boccia gli
alunni!), non è nei trattati di metodologia dell’insegnamento, ma si trova proprio a S’Irighin-
tzu.
A medas annos!
La classe II A di Santu Lussurgiu
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Paleoworking Junior:
per una didattica dell’ Archeologia
di M.G. Ibba, C. Loi, A. Miscali.
Paleoworking Sardegna
Nel corso degli anni l'Associazione Paleoworking Sardegna ha portato avanti diversi progetti
dedicati ai piccoli: essi sono nati per favorire - attraverso l’archeologia e l’etnografia - mo-
menti di aggregazione in un contesto povero di occasioni di incontro e di stimolo, e rappre-
sentano il continuum e l’adattamento ad una realtà “altra” del progetto “I Piccoli Primitivi”,
realizzato - tra gli anni 1999-2002 - nella
Scuola Primaria Longhena di Bologna
dagli operatori del network Paleowor-
king. Nelle varie attività sono stati coin-
volti finora un centinaio tra bambini e
ragazzi. I percorsi si esplicano attraverso
laboratori tematici basati sulle conquiste
tecnologiche dell’uomo a partire dalla
preistoria, e successivi raffronti con
quelle testimoniate dagli anziani di Ar-
dauli. La logica di questi laboratori è
improntata verso il “problem solving”.
Non si tratta dunque di lezioni con
“dimostrazione” e conseguente imitazio-
ne da parte dei ragazzi, ma stimoli rivolti
alla soluzione di un “problema”. La crea-
tività del gruppo viene lasciata fluire
liberamente e, a mano a mano che
emergono piccole conquiste, condotta
verso problemi di ordine superiore. I
laboratori hanno riguardato fino ad oggi
la lavorazione del lino, dalla semina alla filatura, il trattamento del tendine, la scheggiatura
della selce e dell’ossidiana, la preparazione dei collanti naturali, tutte attività finalizzate alla
produzione di fibre per realizzare cordami.
Laboratorio litico
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Il laboratorio di avvio al Tiro con l’Arco e propulsore fa parte della serie di attività all’aperto
dedicate ad una delle tecnologie più antiche e importanti della Preistoria. Colpire a distanza
durante quest’epoca remota fu uno dei principali stimoli funzionali all’evoluzione del cervello
umano. Le aree cerebrali coinvolte nel processo del lancio, infatti, sono le medesime che oggi
vengono stimolate nel processo del linguaggio articolato. Il Propulsore (nel Mesolitico) e
l’arco (nelle epoche successive) furono innovazioni tecnologiche formidabili che segnarono
una importantissima svolta nella Storia dell’uomo. In Sardegna l’arco, e forse anche il propul-
sore, sono ampiamente documentati nei bronzetti nuragici.
Il laboratorio si basa sui dettami didattici del “Tiro dinamico”, ovvero su quella disciplina che
tende idealmente alla forma di tiro dell’antichità, epoca in cui l’arciere impugnava l’arco non
come un attrezzo sportivo, ma come uno strumento di caccia o di guerra. Con questa forma
di tiro i cacciatori preistorici esprimevano al
meglio velocità e abilità, erano agevolati nel
colpire bersagli in movimento, nell’eseguire
tiri in situazioni inusuali e conseguire in essi
massima efficacia e “potenza”. Tutte queste
predisposizioni risultano oggi dimenticate, o
comunque eclissate, nell’ottica delle specializ-
zazioni “sportive” dominanti, che puntano
esclusivamente ad un agonismo fondato sulla
sola precisione e sullo sviluppo tecnologico
dell’arma.
Solo durante i primi incontri con il gruppo di
piccoli arcieri sono state impartite alcune fon-
damentali indicazioni circa le elementari rego-
le di sicurezza. Da lì in poi si è soltanto osser-
vato e registrato l’approccio di ognuno al tiro.
Nello svolgersi degli allenamenti, i piccoli ar-
cieri “organizzano” la loro attività, stabiliscono
un ordine di tiro, che varia di volta in volta,
attendendo con pazienza (strano ma vero!) il proprio turno. La scelta dell’attrezzatura, sia di
archi che di frecce, viene operata in modo oculato e giustificata sulla base di considerazioni
connesse non solo alla forza fisica, ma anche alla risposta ricevuta dagli strumenti nei tiri
effettuati in precedenza. Ciascuno ha sviluppato posture di tiro “personali”, adottate poi nel
tempo perché considerate “vincenti”. In questo modo ognuno di loro segue un proprio per-
corso personale, senza costrizioni, così da evitare eventuali frustrazioni.
Laboratorio di tiro con l’arco
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A tal proposito, piace sottolineare che anche il non aver posto come unico obiettivo la preci-
sione nel tiro, permette a ciascun membro del gruppo, di avere la libertà di esprimersi al
meglio all’interno dello stesso, divertendosi e familiarizzando sempre più. Agli allenamenti
veri e propri si alternano attività pratiche connesse, come sopra accennato, alla costruzione
e manutenzione dell’attrezzatura. I piccoli arcieri hanno acquisito oramai una buona manua-
lità e notevoli capacità progettuali.
Oltre alla tecnologia di lavorazione del legno per fabbricare arco e aste, i ragazzi si cimenta-
no continuamente perfino in quella relativa ai collanti e leganti naturali; innumerevoli le
piccole scoperte effettuate finora, scaturite anche dall’interazione con i nonni e gli anziani
del paese, depositari delle conoscenze antecedenti “l’Età dello Spreco”. A ciò si aggiunga la
tecnica di scheggiatura dell’ossidiana, rivelatasi anch’essa di grande interesse per loro.
Da ricordare, infine, i laboratori di simu-
lazione di scavo archeologico! In questa,
come nelle altre attività targate Paleo-
working Junior, un importante contribu-
to è stato offerto dal Cartoonist genove-
se Enzo Marciante. Grazie ai suoi bellissi-
mi disegni, riportati di seguito e raccolti
così da costituire una sorta di manuale
didattico, è stato più facile far compren-
dere ai bambini il lavoro dell’archeologo
e i concetti fondanti della stratigrafia
archeologica. Le osservazioni sopra espo-
ste, unitamente a quelle che verranno
dal prosieguo delle nostre attività, al di là
dei risvolti pedagogici e didattici, credia-
mo possano apportare nuovi spunti di
riflessione sui benefici derivanti dal prati-
care, fin dalla più tenera età, una discipli-
na innovativa come quella del tiro dina-
mico con l’arco, che antepone l’individuo
ai risultati meramente agonistici. Laboratorio di tiro con l’arco
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Archeosperimentare in Sardegna, giunto alla sua
quinta edizione, è un meeting internazionale
dedicato alla valorizzazione e allo studio del
patrimonio archeologico tramite la didattica delle
Tecnologie primitive e dell’Archeologia
sperimentale.
La manifestazione 2013 fa parte del ciclo
“eco-manifestazioni” organizzate dal Comune di
Ardauli, in collaborazione con l’Associazione
Paleoworking Sardegna A.P.S., dell’Area Giochi e
Sport Tradizionali UISP e del Network Paleoworking.
Archeosperimentare V gode del patrocinio
scientifico dell’Università degli Studi di Sassari,
dell’Università di Granada, del Ministero dei Beni e
delle Attività Culturali, dell’Ente Foreste della
Sardegna e di Archeologia Viva.
Ha il patrocinio della Regione Sardegna, della
Provincia di Oristano, dell’Unione dei Comuni del
Barigadu.
Hanno collaborato:
Comitato Regionale UISP Sardegna, Comitato
Territoriale UISP di Oristano, Cooperativa Malokis,
Associazione Tramudas (Lega Montagna UISP), CEAS
Guilcier - Barigadu, Arcieri dell’Airone A.S.D. (Area
Giochi e Sport Tradizionali UISP), Paleoworking
Junior.
Area Nazionale Sport e Giochi
Tradizionali