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Estratto tesi del dottorato in Filosofia "I tratti della filosofia di P.A.Florenskij. Un «idealismo...

Date post: 23-Feb-2023
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PONTIFICIA UNIVERSITAS URBANIANA Facoltà di Filosofia I TRATTI DELLA FILOSOFIA DI PAVEL ALEKSANDROVIČ FLORENSKIJ Un «idealismo concreto» e le sue radici Yastrebov Alexey Extractum ex dissertatione ad Doctoratum in Facultate Philosophiae Moderatore: Prof. Gaspare Mura Correlatori: 1. Prof. Leonardo Sileo 2. Prof. Ardian Ndreca Roma 2007
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PONTIFICIA UNIVERSITAS URBANIANA

Facoltà di Filosofia

I TRATTI DELLA FILOSOFIA

DI PAVEL ALEKSANDROVIČ FLORENSKIJ

Un «idealismo concreto» e le sue radici

Yastrebov Alexey

Extractum ex dissertatione ad Doctoratum in Facultate Philosophiae

Moderatore: Prof. Gaspare Mura

Correlatori:

1. Prof. Leonardo Sileo

2. Prof. Ardian Ndreca

Roma 2007

I TRATTI DELLA FILOSOFIA DI PAVEL ALEKSANDROVIČ FLORENSKIJ

2

Prefazione

L’idea di scrivere un lavoro sulla filosofia di padre Pavel Florenskij

è nata mentre pensavo all’argomento della mia ricerca in Pontificia

Università Urbaniana cercando un tema che sarebbe stato utile e

scientificamente giustificato sia per me che per l’area teologica e filosofica

italiana come un nuovo e importante argomento per gli apporti filosofici

d’oggi.

Una grandissima personalità quale è quella di Florenskij da una parte

non può che affascinare subito un ricercatore della filosofia religiosa russa

con la profondità incredibile delle conoscenze, della saggezza e della

spiritualità, ma dall’altra parte man mano che si approfondisce lo studio, si

capisce che è difficile comprendere la potenza intellettuale di Florenskij

nella sua ampiezza dovuta sia allo studio, che al genio umano, che in

particolare ad una sua capacità spirituale straordinaria innanzitutto

nell’assumere e poi nel riplasmare, nel rifondere tutto ciò che ha ricevuto in

una propria visione filosofica del mondo. Infatti, la sua filosofia non ha

niente a che fare con una delle dottrine filosofiche astratte poco applicabili

alla realtà empirica, ma, viceversa, parte dai dati della realtà stessa, trova il

suo fondamento nelle radici vitali del mondo materiale legata con tutte le

discipline scientifiche che se ne occupano.

La riscoperta del pensiero filosofico russo nell’Occidente ha fatto

conoscere i nomi dei suoi rappresentanti più importanti: oltre ai già

conosciuti Vladimir Solov’ev, Serghey Bulgakov, Nicolaj Berdjaev si viene

a sapere di Pavel Florenskij, Alexey Losev, Michail Novoselov ecc.

Indubbiamente padre Pavel occupa un posto del tutto particolare nella

schiera dei pensatori dell’inizio del Novecento.

Per il suo enciclopedismo veniva chiamato dai contemporanei il

«Leonardo russo», il «Pascal russo». Ha portato il suo destino con la dignità

umana e cristiana e grazie alla sua incrollabile fede ha meritato un titolo più

prezioso per ogni cristiano: «martire di Cristo».

Ho scelto comunque una parte della sua filosofia, quella dove

adopera e elabora il platonismo nonché dedica molte pagine alla persona

stessa di Platone mettendo sotto esame tutto il complesso dei fattori, che

influiscono il pensiero di ogni filosofo, e soprattutto la spiritualità come

l’elemento costitutivo per ogni genere del saper umano ed in particolare

della filosofia.

SIGLE E ABBREVIAZIONI

3

La lettura florenskiana dei pensieri di Platone talvolta discutibile,

talvolta incompiuta, nonostante tutto lascia l’impressione di una nuova

parola nell’interpretazione di uno dei più grandi filosofi dell’umanità.

Vorrei esprimere i miei più sinceri ringraziamenti ai miei vecchi e

nuovi conoscenti, tanti dei quali sono diventati cari amici durante il periodo

del mio studio a Roma.

Il mio grazie particolare innanzitutto al rettore magnifico

dell’Università, mons. Ambrogio Spreafico, che ha inviato al metropolita

Kirill, il presidente del Dipartimento per le relazioni estere della Chiesa

Ortodossa Russa, la lettera in cui ha proposto una borsa di studio che alla

fine l’ho goduta io. Padre Ambrogio mi ha accolto fraternamente e mi ha

subito fatto sentire di essere tra gli amici sia nell’Università che, in

particolare, nell’ambiente della Comunità di Sant’Egidio dove mons.

Spreafico è anche il padre spirituale. Grazie a questa Comunità e in

particolare al prof. Adriano Roccucci, divenuto ormai mio caro amico a cui

rivolgo un sentito ringraziamento, ho vissuto una nuova esperienza

ecumenica ed ho sentito lo spirito di fratellanza e di carità che opera tra i

suoi confratelli e consorelle.

Colgo l’occasione per ringraziare tre le autorità accademiche il

Decano della Facoltà di Filosofia, Mons.Guido Mazzotta per la cordiale

accoglienza presso la Facoltà e il professor Gaspare Mura, moderatore della

tesi, per la pazienza e la disponibilità riservatami in questi anni di ricerca. I

nostri rapporti dopo il periodo del mio studio sono cresciuti passando da una

collaborazione tra studente e professore alle relazioni di reciproca simpatia

ed amicizia la quale, voglio sperare, continuerà.

Il mio sincero grazie, inoltre, ai professori Leonardo Sileo O.F.M. e

Ardian Ndreca, correlatori della tesi, per la preziosa e critica rilettura del

lavoro accompagnata da osservazioni importanti che hanno permesso di

migliorare notevolmente la presente dissertazione.

Ringrazio, infine, la mia famiglia e tutti coloro che mi hanno

sostenuto in questo studio con i suggerimenti e le preghiere.

Mi auguro di contribuire con questo lavoro, sia pur modestamente,

alla riscoperta del pensiero florenskiano in genere e in particolare del suo

platonismo. Spero anche che attraverso la conoscenza dei tesori spirituali,

scientifici e culturali russi, in Italia pian piano si continuerà a creare un

clima sempre più favorevole al dialogo tra i due nostri paesi sia

interculturale che intercristiano.

I TRATTI DELLA FILOSOFIA DI PAVEL ALEKSANDROVIČ FLORENSKIJ

4

Sigle e abbreviazioni

AA. VV. Autori vari

AR P. A. FLORENSKIJ, Avtoreferat, in SČT 1, 37-43.

BT Bogoslovskie Trudy

CC P. A. FLORENSKIJ, Christianstvo i cultura (Cristianesimo

e cultura), in ŽMP 4 (1983).

CIMPCM P. A. FLORENSKIJ, Culturno – istoričeskoe mesto i

predposylki christianskogo mirovozzrenija (La

posizione culturale e storica ed i presupposti della

visione del mondo cristiana) in SČT 3 (2).

DID P. A. FLORENSKIJ, Dogmatizm i dogmatica

(Dogmatismo e dogmatica), in SČT 3, 550-570.

DV P. A. FLORENSKIJ, Detjam moim. Vospominanija

prošlych dnej. Genealogičeskie issledovanija. Iz

soloveckich pisem. Zaveščanie (Ai miei figli. Ricordi di

giorni passati. Ricerche genealogiche. Dalle lettere di

Solovki. Testamento), a cura di A. TRUBAČEV, M. S.

TRUBAČEVA, Moskovskij Rabočij, Moskva 1992.

Edizione italiana intitolata: Ai miei figli. Memorie di

giorni passati (a cura di N. VALENTINI E L. ŽAK, tr. it. di

C. ZONGHETTI), A. Mondadori, Milano 2003.

Nell’edizione italiana non sono presenti scritti

Genealogičeskie issledovanija. Iz soloveckich pisem.

Zaveščanie (Ricerche genealogiche. Dalle lettere di

Solovki. Testamento).

EIE P. A. FLORENSKIJ, Empireja i Empirija (Empiria ed

empirismo), in SČT 1, 146-195.

FK P. A. FLORENSKIJ, Filosofija kulta (Filosofia del culto),

Mysl’, Moskva 2004.

IBN Iz bogoslovskogo nasledija svjaščennika Pavla

Florenskogo (Dall’eredità teologica del sacerdote Pavel

Florenskij), in BT 17 (1977), 85-248.

Ikonostas P. A. FLORENSKIJ, Ikonostas, a cura di A. TRUBAČEV, M.

S. TRUBAČEVA, P. V. FLORENSKIJ, A. G. DUNAEV,

Moskva 1994; Edizione italiana, Le porte regali. Saggio

SIGLE E ABBREVIAZIONI

5

sull’icona, a cura di E. ZOLLA, Adelphi, Milano 1° ed.

1977 – 9° ed. 2004.

KAIK P. A. FLORENSKIJ, Kosmologičeskie antinomii

Immanuila Kanta (Antinomie cosmologiche di I. Kant),

in SČT 2, 3-33.

MS P. A. FLORENSKIJ, Magičnost’ slova, in SČT 3 (1), 230-

249. Edizione italiana, Il valore magico della parola.

Bilanci, traduzione e cura di G. LINGUA, Medusa,

Milano 2001, 98.

MIJ P. A. FLORENSKIJ, Mysl’ i jazyk. Dialektica (Il pensiero

e la parola. Dialettica) in SČT 3 (1), 188-141.

MIM P. A. FLORENSKIJ, Makrokosm i mikrokosm

(Macrocosmo e microcosmo), in SČT 3 (1), 440-447.

OKI P. A. FLORENSKIJ, Obščečelovečeskie korni idealizma

(Radici dell’idealismo comuni a tutta l’umanità), SČT 3

(2), 145-169.

Pisma P. A. FLORENSKIJ, Pis’ma s Dal’nego Vostoka i

Solovkov (Le lettere dall’Estremo Oriente e Solovki), in

SČT 4, Mysl’, Moskva 1998. Edizione italiana, Non

dimenticatemi. Dal gulag staliniano le lettere alla

moglie e ai figli del grande matematico, filosofo e

sacerdote russo, a cura di N. VALENTINI e L. ŽAK, tr. it.

di G. GUAITA e L. CHARITONOV, A. Mondadori, Milano

2000.

PFC P. A. FLORENSKIJ, Ponijatije formy. Celoe. (La

concezione di forma. L’intero) in SČT 3 (1), 454-460.

PFS P. A. FLORENSKIJ, Ponijatije formy. Smysl zakona

zolotogo sečenija (La concezione di forma. Il senso

della legge di Aurea sectio), in SČT 3 (1), 482-487.

PRAV P. A. FLORENSKIJ, Pravoslavie (l’Ortodossia), in SČT 1,

638-662.

RD P. A. FLORENSKIJ, Razum i dialektika (Ragione e

dialettica), in SČT 2. Edizione italiana, Ragione e

dialettica, a cura di N. VALENTINI, tr. it CLAUDIA

ZONGHETTI, in N. VALENTINI, P. A. Florenskij (in

appendice), Morcelliana, Brescia 2004.

SČT 1 P. A. FLORENSKIJ, Sočinenija v cetyrech tomach (Le

opere in quattro volumi), a cura di A. TRUBAČEV, M. S.

A. TRUBAČEVA, P. V. FLORENSKIJ, vol. 1, Mysl’,

I TRATTI DELLA FILOSOFIA DI PAVEL ALEKSANDROVIČ FLORENSKIJ

6

Moskva 1994.

SČT 2 P. A. FLORENSKIJ, Sočinenija v cetyrech tomach (Le

opere in quattro volumi), a cura di A. TRUBAČEV, M. S.

A. TRUBAČEVA, P. V. FLORENSKIJ, vol. 2, Mysl’,

Moskva 1996.

SČT 3 (1) P. A. FLORENSKIJ, Sočinenija v cetyrech tomach (Le

opere in quattro volumi), a cura di A. TRUBAČEV, M. S.

A. TRUBAČEVA, P. V. FLORENSKIJ, vol. 3 (1), Mysl’,

Moskva 1999.

SČT 3 (2) P. A. FLORENSKIJ, Sočinenija v cetyrech tomach (Le

opere in quattro volumi), a cura di A. TRUBAČEV, M. S.

A. TRUBAČEVA, P. V. FLORENSKIJ, vol. 3 (2), Mysl’,

Moskva 2000.

SČT 4 P. A. FLORENSKIJ, Sočinenija v cetyrech tomach (Le

opere in quattro volumi), a cura di A. TRUBAČEV, M. S.

A. TRUBAČEVA, P. V. FLORENSKIJ, vol. 3, Mysl’,

Moskva 1998.

SI P. A. FLORENSKIJ, Smysl idealizma (Il significato

dell’idealismo), in SČT 3 (2), 68-136. Edizione italiana,

Il significato dell’idealismo, a cura di N. VALENTINI, tr.

it. R. ZUGAN, Rusconi, Milano 1999.

SA P. A. FLORENSKIJ, Spiritism kak antichristianstvo (Lo

spiritismo come anticristianesimo), in SČT 1, 129-145.

Stolp P. A. FLORENSKIJ, Stolp i utverzhdenie Istiny, in due

volumi, Pravda, Moskva 1990. Edizione italiana, La

colonna e il fondamento della verità, a cura di E.

ZOLLA, tr. it. di P. MODESTO, Rusconi, Milano 1974;

sec. ed. 1998.

UVM P. A. FLORENSKIJ, U vodorazdelov mysli. Čerty

konkretnoj metafisiki (Agli spartiacque del pensiero. I

tratti di una metafisica concreta) in SČT 3 (1) e SČT 3

(2).

ZP P. A. FLORENSKIJ, Zapiska o pravoslavii, in SČT 2, 537-

546. Edizione italiana, P. A. FLORENSKIJ, Note

sull’ortodossia, in L’altra Europa XVI, Milano, Centro

Russia cristiana (1991), 1 (235), 26-31.

ŽMP Žurnal Moskovskoj Patriarchii (Rivista teologica del

Patriarcato di Mosca).

SIGLE E ABBREVIAZIONI

7

I testi vengono citati nel modo seguente: nel caso esiste una traduzione

italiana comunque indicata nella Bibliografia, il testo viene trascritto da

essa, nel caso contrario i testi sono tradotti dall’autore della presente tesi.

I TRATTI DELLA FILOSOFIA DI PAVEL ALEKSANDROVIČ FLORENSKIJ

8

Introduzione

1. Origine dello studio

Lo stimolo per questo lavoro sui Tratti della filosofia di Pavel

Aleksandrovič Florenskij nacque al tempo in cui frequentavo le lezioni nella

Pontificia Università Urbaniana. Mi sono accorto della scarsa informazione

sulla filosofia russa che non è quasi mai presente nei manuali di filosofia

contemporanea, mentre almeno la tradizione russa meriterebbe che le fosse

dedicato un corso di lezioni universitarie.

Tale insufficienza di studi sul pensiero religioso e filosofico russo

era dovuta evidentemente alla mancanza dei testi tradotti nelle lingue

europee, ma innanzitutto ad una certa sottovalutazione iniziale della

tradizione spirituale e intellettuale d’Oriente che era presente una volta nel

mondo occidentale. Negli ultimi decenni del Ventesimo secolo abbiamo

visto sempre crescente l’interesse verso le fonti delle tradizioni del pensiero

eurasiatico, africano, latinoamericano il quale ha cominciato a supplire o

addirittura ad alternarsi a quello occidentale sullo sfondo della crisi delle

civiltà europea e nordamericana in genere.

La persona e la filosofia di Florenskij m’interessavano da quel tempo

in cui è stata per la prima volta pubblicata nell’URSS la sua opera La

colonna e il fondamento della Verità (1991). Dall’altra parte, ho visto che in

Italia cresce l’interesse per Florenskij e negli ultimi anni sono state

pubblicate o ristampate sia le traduzioni delle sue opere più importanti che

anche gli studi approfonditi sulla sua filosofia.

Dopo i miei contatti con gli studiosi che si occupano di Florenskij in

Italia sono arrivato alla conclusione che un punto importante del suo

pensiero non è stato ancora esaminato in modo particolare, mentre esso

sembra essere il punto nodale del sistema filosofico florenskiano.

2. Oggetto e scopo dello studio

L’oggetto del presente lavoro diventa la filosofia di Pavel Florenskij

in quella sua parte che ritengo più originale e che indubbiamente permette al

nostro autore di arrivare alle sue conclusioni nell’ambito teologico e

filosofico. In altre parole cerco di dedurre la filosofia florenskiana dalla sua

INTRODUZIONE

9

gnoseologia che diventa la base e lo strumento per la sua ricerca scientifica

e filosofica.

Lo studio della gnoseologia di Florenskij ci porta inevitabilmente

all’origine della sua teoria di conoscenza, la quale la troviamo in Platone e

nel platonismo. È chiaro che portando avanti il discorso sul platonismo

florenskiano bisognerà necessariamente capire come Florenskij

comprendeva il platonismo, di «quale platonismo» o ancor più importante –

di “quale Platone” si tratta quando si parla di questi fenomeni. Si sa che il

pensiero occidentale è cresciuto sulle idee di Platone e del suo discepolo

Aristotele. Queste idee come germi o come lievito hanno dato la luce alle

diverse tradizioni filosofiche, politiche e sociali spesso contrapposte l’una

all’altra malgrado le loro radici comuni.

Dunque bisognerà inquadrare il pensiero florenskiano in una

tradizione filosofica e rilevare come Florenskij sulla base di essa elabora la

sua propria visione filosofica del mondo. L’obiettivo del presente lavoro

quindi è di esaminare l’eredità filosofica di Florenskij, coglierne le radici,

con lo scopo di rintracciare la tradizione e capire l’originalità del suo

sistema. Perciò si farà tutta una serie di analisi e di osservazioni

cominciando dalla vita del filosofo.

L’interpretazione florenskiana di Platone e del platonismo forma in

Florenskij una Weltanschauung del tutto particolare che ci fornisce una

nuova lettura dei rapporti del Creatore con la creazione, dell’uomo con la

natura e degli uomini tra sé stessi. Essa viene costruita sulla base delle

deduzioni del proprio pensiero originale florenskiano, ma comunque sul

fondamento della filosofia platonica riletta e interpretata dal Nostro in modo

originale.

La riscoperta e la valorizzazione dell’eredità filosofica di Florenskij

possono dare una spinta notevole al dialogo interumano e interreligioso

fornendogli una base teorica e costruendo un approccio scientifico e

umanitario ai problemi del mondo d’oggi.

3. Sviluppo dello studio

Per quanto riguarda il procedimento con il quale viene esaminata la

filosofia di Florenskij ho ritenuto giusto, partendo dalle sue radici, giungere

alle conclusioni proprie, mettendo sotto la luce in particolare il metodo

filosofico e scientifico; le origini di tale metodo che Florenskij applicherà

nell’affrontare i problemi della sua filosofia, le trova nel platonismo.

I TRATTI DELLA FILOSOFIA DI PAVEL ALEKSANDROVIČ FLORENSKIJ

10

L’analisi del sistema florenskiano inizia con l’esame dell’assunzione

della filosofia platonica nella Russia la quale in modo piuttosto indiretto,

attraverso le idee presenti soprattutto nei testi liturgici e spirituali

dell’Oriente cristiano, è stata assunta nelle scuole teologiche russe nei secoli

prima dell’Ottocento ed ha influito in seguito notevolmente la tradizione

filosofica russa.

Con tale premessa esamino dopo brevemente il pensiero dei

predecessori di Florenskij e così cerco di abbozzare pur in modo schematico

tutto il complesso della tradizione filosofica russa. Questo passaggio aiuta a

capire come Florenskij ha proseguito la strada della filosofia religiosa russa

della fine dell’Ottocento il cui punto di riferimento vero e proprio è

diventato Vladimir Solov’ev con la dottrina di «unitotalità» dell’essere la

quale a sua volta attingeva alla filosofia idealista tedesca e nell’idea di

«sobornost’» (cattolicità) degli «slavofili» – pensatori russi della metà

dell’Ottocento.

C’è da notare inoltre che Florenskij ha subito delle diverse influenze

dalle correnti scientifiche e artistiche del suo tempo ed ha vissuto

contemporaneamente una profonda crisi spirituale.

Poi si mette in luce l’approccio storico e filosofico dello stesso

Florenskij e si sottolineano la sua affinità e le sue diversità con la tradizione

filosofica russa.

Si esamina successivamente la sua lettura dei filosofi dell’antichità e

di Platone in particolare. Ecco la citazione significativa della sua lezione pro

venia legendi Le radici del platonismo comuni a tutta l’umanità, dove egli

afferma:

«Platone dunque non è un frutto della filosofia scolastica – lui è

un fiore dell’anima popolare, e i suoi colori non impallidiranno mai

finché sia viva quest’anima»1.

Da qui si capisce bene che Florenskij ha apprezzato Platone per il

suo vitalismo, per la sua aspirazione alla semplicità dello sguardo sul

mondo.

Dopo una breve analisi della sua critica di ontoteologia origeniana (e

di conseguenza, di qualsiasi altro tipo di ontoteologia2) si è cercato di

accennare in poche parole i punti principali basandosi sui quali Florenskij ha

cominciato a sviluppare la propria filosofia: in questa parte abbiamo un po’

1 OKI, 144.

2 Il termine heideggeriano.

INTRODUZIONE

11

anticipato le idee del suo sistema e della sua Weltanschauung generalmente

parlando.

Esaminate le influenze su Florenskij delle diverse correnti

filosofiche, scientifiche e artistiche si passa dalle valutazioni florenskiane

delle dottrine degli altri al proprio sistema preso nella sua interezza e là

dove era possibile anche confrontandolo con il pensiero di Platone.

Nel Capitolo II sollevo la problematica filosofica florenskiana. Qui

vengono presentati i temi principali della sua filosofia e gli strumenti con i

quali egli intendeva risolvere i problemi posti.

Nella teodicea abbiamo a che fare con la «prima via» della sua

filosofia, quella ascendente. Essa viene descritta nella sua grande opera La

colonna e il fondamento della Verità. Qui oltre alle diverse idee originali

troviamo l’elaborazione del concetto di antinomie che diventa il modo per

riconciliare le controversie di logica e di conseguenza diventa

sostanzialmente il modo di esistenza della Verità che si presenta nella

coincidentia oppositorum. In Florenskij quindi il concetto dell’antinomia

vuol dire sia un mezzo importante nella conoscenza della Verità che una

possibile espressione della Verità, la rivelazione della sua essenza. Nel

metodo dialettico inventato da Socrate e praticato da Platone Florenskij ha

riconosciuto il modo di pensare antinomico che poi ha sviluppato e ha

portato sul livello ontologico (sul quale non l’ha mai portato lo stesso

Platone).

Sempre nel Capitolo II viene presentata la «seconda via» per la

Verità, la quale via consiste nella discesa del divino verso l’umanità e per

questo si chiama antropodicea. Qui si espone il concetto della «metafisica

concreta» di Florenskij.

Con il Capitolo III s’introduce il concetto del simbolo che diventa

centrale per tutta la filosofia florenskiana e per la sua visione del mondo in

genere. L’antinomismo rimane sempre come l’atmosfera o l’ambiente in cui

vengono immerse le realtà supreme, ma dal mondo delle idee passa nel

mondo materiale per apparire nei simboli.

Simbolo è una realtà doppia che collega i mondi naturale e

soprannaturale e in più ha una natura doppia che è composta innanzitutto da

ciò che esprime il simbolo di intelligibile e poi da ciò che diventa in esso la

sua propria natura, dalla sua cioè essenza autonoma. Il simbolo è un ritratto

dell’idea platonica nel mondo esterno, e Florenskij confessa che egli per

I TRATTI DELLA FILOSOFIA DI PAVEL ALEKSANDROVIČ FLORENSKIJ

12

tutta la sua vita ha riflettuto sostanzialmente su un solo problema, il

problema del simbolo3.

Lo sguardo e il nome sono le manifestazioni del simbolo nel mondo

poiché corrispondono alle due principali capacità umane – vista e udito.

Nel Capitolo IV si passa alla descrizione florenskiana

dell’«incarnazione» del simbolo nel mondo attraverso il culto e in modo

particolare attraverso due «strumenti» simbolici – la parola che si presenta

nel linguaggio sacro della Divina Liturgia e nello sguardo che la sua

espressione massima trova nell’icona ortodossa.

Il modo di pensare simbolico aiuta a creare un approccio nuovo

nell’ambito della scienza, permette di dare origine ad una vera e propria

filosofia della scienza basata sulla visione simbolica del mondo. In modo

particolare si concentra sul rapporto di Florenskij con la matematica e con

due suoi maestri Nikolaj Bugaev e Georg Cantor.

Il culto mediante la teologia della bellezza influisce fortemente su

tutta la vita umana sia personale che sociale. La cultura è una cultura vera

soltanto se essa è «cultocentrica».

Nella sintesi finale si ripercorre e s’analizza l’elaborazione creativa

di Florenskij delle sue fonti inquadrate nel sistema filosofico.

Particolarmente si ferma sul platonismo di Florenskij il quale è stato da lui

elaborato in modo proprio: l’ha cristianizzato avendo introdotto i concetti

del nome e dello sguardo che sono diventati in lui un volto vivo della

filosofia di Platone.

Nelle conclusioni si mette in rilievo l’originalità e l’attualità del

pensiero di Florenskij.

4. Limiti dello studio

L’originalità del pensiero di Padre Pavel Florenskij dà adito a

moltissimi stimoli di ricerca su questo autore sia nell’ambito filosofico,

scientifico, che letterario, mentre la sua straordinaria personalità deve

diventare oggetto della ricerca degli storici della Chiesa i quali sulla base di

tanti documenti scritti rimasti dopo Florenskij, soprattutto dalla sua

corrispondenza, metteranno in evidenza la sua ricca esperienza spirituale e

la fedeltà al Cristo fino all’esilio e al martirio.

Invece, questo studio si limita all’esame del sistema filosofico

florenskiano nel suo aspetto strettamente gnoseologico, la cui radice, a mio

3 DV, 201.

INTRODUZIONE

13

parere, si trova nella filosofia antica ed in particolare in quella di Platone

così come essa viene interpretata dal nostro autore e dalla tradizione russa in

genere.

Questo studio perciò non ha assolutamente la pretesa di essere

esaustivo, né tanto meno definitivo: esso ha la consapevolezza che l’eredità

di Florenskij è enorme non per la quantità dei testi scritti, ma per l’ampiezza

straordinaria delle conoscenze dell’autore, per cui deve essere soggetto di

ricerca da parte degli studiosi dei diversi campi della cultura scientifica e

umanistica.

Purtroppo non tutte le opere di Florenskij sono tuttora pubblicate e

quindi non si ha un quadro completo del suo pensiero. In particolare per il

nostro studio si sente la mancanza delle Lezioni sulla filosofia antica che

sono state pubblicate nell’anno 2004 soltanto parzialmente in una rivista

russa di scarsa diffusione e tiratura e sono pertanto difficilmente reperibili.

Dal canto nostro, il desiderio era quello di poter dare con la presente

ricerca una visione oggettiva sul rapporto di Florenskij con la filosofia

platonica come la comprendeva lui e di come tale rapporto ha influito il suo

pensiero. Le prospettive di questa lettura per i diversi ambiti di conoscenza,

che Florenskij non le ha nemmeno accennate, le propongo in modo

generico, tenendo presente che esse sono soltanto alcune di tante possibili

soluzioni della problematicità della filosofia florenskiana e possono essere

messe sotto la lente critica dai lettori pazienti di questo studio.

I TRATTI DELLA FILOSOFIA DI PAVEL ALEKSANDROVIČ FLORENSKIJ

14

Indice generale

Prefazione

Sigle e abbreviazioni

Nota bio-bibliografica su P. A. Florenskij

1. L’infanzia e la gioventù.

2. La crisi spirituale, le aspirazioni monastiche e il simbolismo.

3. La formazione della Weltanschauung filosofica, La colonna e il

fondamento della Verità e la Chiesa.

4. Gli anni della resistenza e il martirio.

Bibliografia generale

1. Fonti:

1. 1. Opere originali di Florenskij pubblicate in Russia.

1. 2. Opere di Florenskij pubblicate postume.

1. 3. Opere di Florenskij pubblicate negli ultimi anni.

1. 4. Opere di Florenskij tradotte nelle lingue moderne.

2. Opere su Florenskij

3. Ulteriore bibliografia consultata:

3. 1. Scritti sulla tradizione cristiana ortodossa e sulla filosofia russa.

3. 2. Altri studi utilizzati.

Introduzione

1. Origine dello studio

2. Oggetto e scopo dello studio

3. Sviluppo dello studio

4. Limiti dello studio

Capitolo I: La filosofia religiosa russa e la figura di Platone

1. La tradizione platonica nella Russia:

INDICE GENERALE

15

1. 1. Assunzione indiretta della filosofia attraverso la letteratura

bizantina.

1. 2. Le prime edizioni delle opere di Platone nella seconda metà

XVIII secolo e la nascita della scienza storica e filosofica nella Russia del

XIX secolo.

1. 3. La filosofia russa nella metà del XIX secolo.

2. Le idee dei predecessori di Florenskij:

2. 1. Vladimir S. Solov’ev.

2. 2. Sergey N. Trubetskoj.

2. 3. Evghenij N. Trubetskoj.

3. L’analisi florenskiana della filosofia antica: dentro e oltre la tradizione

russa:

3. 1. Socrate e presocratici.

3. 2. Lettura florenskiana di Platone.

3. 3. Critica di ontoteologia.

3. 4. Dall’analisi critica verso la formazione del proprio sistema

filosofico.

Considerazioni conclusive

Capitolo II: Le due vie

1. Teodicea e antropodicea: i temi principali ed i metodi di ricerca filosofica

di Florenskij

2. La Teodicea:

2. 1. : La gnosi della teodicea.

2. 2. Le antinomie.

2. 3. “L’intuizione razionale”.

3. L’antropodicea: I tratti di una metafisica concreta:

3. 1. Il metodo.

3. 2. Le idee.

Considerazioni conclusive

Capitolo III: il Simbolo

1. Il concetto di simbolo in Florenskij

2. I sensi spirituali

3. La Sofia

4. La manifestazione dei simboli nel mondo:

I TRATTI DELLA FILOSOFIA DI PAVEL ALEKSANDROVIČ FLORENSKIJ

16

4. 1. Lo sguardo.

4. 2. Il nome.

Considerazioni conclusive

Capitolo IV: Il Divino nel mondo

1. La filosofia del culto:

1. 1. Il significato del culto.

1. 2. Le porte regali.

1. 3. La teologia della Bellezza.

1. 4. La teofania attraverso l’icona e la parola: immagine e

linguaggio sacri:

1. 4. 1. L’icona.

1. 4. 2. La parola.

2. La filosofia della scienza:

2. 1. La scienza come descrizione simbolica

2. 2. Florenskij e la matematica

3. Il culto e la società: Sacra, Instrumenta, Notiones

Considerazioni conclusive

Sintesi finale

1. Florenskij e l’ambiente russo socioculturale dell’epoca

2. Le idee dei pensatori precedenti e i contemporanei nella filosofia

florenskiana

2. 1. La critica di Kant.

3. Il platonismo di Florenskij

Conclusioni

1. L’originalità del pensiero di Florenskij

2. L’attualità del pensiero di Florenskij

CAPITOLO II: LE DUE VIE

17

Capitolo II: Le due vie

«“L’esperienza religiosa viva è un unico metodo legittimo per

conoscere i dogmi” – ecco l’intento di questo libro (…) Solo attraverso

l’esperienza immediata è possibile scorgere e valutare i tesori spirituali

della Chiesa»4.

Così sono le prime parole del capolavoro di Florenskij La colonna e

il fondamento della Verità (1914), del suo manifesto che è diventato il punto

di partenza per la filosofia florenskiana, la quale negli anni successivi è stata

completata con gli altri scritti di carattere antropologico.

Dunque l’interpretazione di Platone, la lettura – molto specifica –

delle idee del fondatore dell’Accademia hanno condizionato la traiettoria del

pensiero del nostro autore portandolo a formulare il proprio metodo di

ricerca scientifica.

«Non si tratta naturalmente di una difesa incondizionata del

pensiero di Platone assunto nella sua totalità, quanto piuttosto di una più

attenta riabilitazione di quel orizzonte di pensiero, di quel “movimento

spirituale” che va ben al di là della figura storica di Platone»5.

E quindi esaminando il proprio metodo di ricerca di Florenskij più

volte si ritornerà alla sua lettura di Platone sia per dimostrare l’affinità che

aveva con il pensiero platonico che anche per sottolineare alcuni aspetti

propri della filosofia florenskiana, i quali ci aiuteranno a capir meglio il suo

filosofico.

1. Teodicea e antropodicea: i temi principali e i metodi di ricerca filosofica

di Florenskij

Gli scopi ed i temi del pensiero filosofico religioso, Florenskij li ha

suddivisi in due parti: prima bisognava dare l’argomentazione a favore della fede e della Chiesa, la percezione dei loro principi, il ritrovamento della Colonna e fondamento della Verità (Così San Paolo Apostolo nomina la Chiesa nella Prima Lettera a Timoteo: 1 Tim 3,15); dopo, dalle posizioni

4 Stolp, 35.

5 SI, Introduzione, XVI.

I TRATTI DELLA FILOSOFIA DI PAVEL ALEKSANDROVIČ FLORENSKIJ

18

acquisite – affronta e sviluppa la dottrina sul mondo e l’uomo. La prima parte egli l’ha chiamata «teodicea», la seconda – «antropodicea».

Rispetto alla sfera della conoscenza della Verità (soltanto il

conoscere la Verità è infatti lo scopo del nostro autore) egli ha dedotto i due

approcci diversi che così descrive: ci sono i due gradi – «la conoscenza

simbolica e la conoscenza immediata»6. Nella sua teodicea adopera il modo

di conoscere intuitivo, mentre nell’antropodicea usa un altro metodo,

secondo le parole di V. Ivanov, «a realibus ad realiora». Ambedue le strade

le trova in Platone a cui spesso ricorre per dimostrare questo o quell’altro

proprio postulato.

Nella prolusione al dibattimento della tesi Sulla Verità spirituale

pronunciata da Florenskij il 19 maggio 1914 nell’Accademia Teologica di

Mosca descrive la visione del proprio metodo teologico. Innanzitutto dà la

definizione della religione la quale è:

«artefice di salvezza, dunque il suo compito è salvare. Da chi ci

salva la religione? Essa ci salva da noi stessi, salva il nostro mondo

interiore dal caos che in esso si cela. (…) Essa dona pace all’anima e

conseguentemente pacifica anche la società intera e la natura tutta»7.

Poi prosegue:

«Sebbene, dunque, la religione non trascuri il mondo esteriore, il

suo luogo autentico è l’anima. Perciò, se sotto il profilo ontologico la

religione è la nostra vita in Dio e la vita di Dio in noi, dal punto di vista

fenomenologico essa è un sistema di azioni ed emozioni che assicurano

all’anima la salvezza»8.

Distinguendo gradualmente le due vie principali della vita e

conoscenza religiosa egli dice:

«Vien fatto di chiedersi in primo luogo: per quali percorsi

mentali deve inoltrarsi il mio intelletto per riconoscere la forza salvifica

di una determinata religione? E, in secondo luogo: in quale realtà

concreta devo muovermi e in quale legame con essa devo entrare per

accedere alla salvezza?

Questo in termini prettamente fenomenologici. Passando, poi, a

un punto di vista più propriamente ontologico, le nostre domande

andranno rielaborate indicativamente in questo modo, in primo luogo: in

6 Stolp, 63.

7 RD, 93-94.

8 Ibid., 94.

CAPITOLO II: LE DUE VIE

19

quale maniera l’uomo giunge a persuadersi che Dio è Dio, e non un

usurpatore del suo santo nome, cioè Colui al quale di fatto appartiene la

salvezza e che in quanto tale può di fatto farne dono agli uomini? In

secondo luogo: in quale maniera l’uomo accoglie in sé la salvezza divina

e si salva per mezzo del suo Salvatore?

Ovvero, in altri termini: con la prima domanda noi, tramite la

ragione, mettiamo alla prova Dio per scoprire che Egli è davvero Dio, la

vera giustizia, il Salvatore. Con la seconda, mettendo alla prova noi

stessi, ci scopriamo in tutta la nostra “menzogna” e lordura, scorgiamo la

nostra inadeguatezza alla giustizia divina e, di conseguenza, avvertiamo

la necessità di purificarci.

Queste due vie della religione. La prima, la giustificazione di

Dio o teodicea, è possibile solo per grazia Divina, ma anche la seconda,

la giustificazione dell’uomo o antropodicea, è possibile solo per forza

divina. (…) La prima via è una sorta di ascensione della grazia che è in

noi verso Dio, mentre la seconda è una discesa della grazia dentro di

noi»9.

Dunque La colonna e il fondamento della Verità era dedicata

completamente alla teodicea, mentre l’antropodicea sarà l’argomento della

sua ricerca negli anni successivi, in età più matura della sua opera,

coincidendo con lo scoppio della prima guerra mondiale e della rivoluzione

bolševika. È stata proprio l’antropodicea che Florenskij ha chiamato “la

metafisica concreta”, e per essa – così come è stato fatto in La colonna e il

fondamento – ha elaborato il proprio metodo filosofico.

Il suo metodo lo descrive sinteticamente F. J. López Sáez:

«L’opera di Pavel Florenskij si presenta come un dittico a doppio

movimento: all’ascesa del pensiero corrispondono i lavori che

convergono nel capolavoro La colonna e il fondamento della Verità; nella

seconda tappa, discendente, padre Pavel percorre i sentieri che, nella

dinamica dell’Incarnazione, portano la grazia sacramentale fino ai confini

della materia. Il movimento di questa seconda tappa va dal culto alla

cultura in tutte le sue manifestazioni ontologiche e storiche, e poi dalla

cultura alla tecnica e alla materia. A monte dell’antropodicea si situa il

progetto della sua Filosofia del culto, vera chiave teologica e filosofica di

tutti i lavori intorno alla Metafisica concreta»10

.

9 Ibid., 95-96.

10 Francisco José LÓPEZ SÁEZ, Verso la filosofia del culto. Itinerario teologico-spirituale di

padre Florenskij dalla “teodicea” all’“antropodicea, in Humanitas 4 (2003), 715.

I TRATTI DELLA FILOSOFIA DI PAVEL ALEKSANDROVIČ FLORENSKIJ

20

Anche il presente lavoro cerca di esaminare sotto il profilo che

c’interessa il percorso della propria filosofia, seguendo questo piano

tratteggiato e in gran parte realizzato da Florenskij.

2. 1. : La gnosi della teodicea

Prima sarebbe opportuno mettere in luce il metodo che Florenskij ha

adoperato in La colonna e il fondamento che era molto più soggettivistico

rispetto a quello che egli ha usato nella sua antropodicea anni dopo. D’altra

parte questo soggettivismo è molto comprensibile – la ricerca veniva

condotta nell’ambito dei primissimi dogmi della fede, per cui la loro

percezione non può essere data se non nell’esperienza spirituale molto

personale. È naturale quindi che Florenskij propone ogni volta quel metodo

che più corrisponde all’ambito della ricerca.

Come epigrafe per La colonna e il fondamento Florenskij riporta la

frase di San Gregorio di Nissa che si traduce letteralmente: «la gnosi diventa

amore», mentre il significato è: «la conoscenza si realizza nell’amore».

L’amore, come un sentimento estremamente intimo, personale, ma pure

proprio indispensabile alla vita di un cristiano per diventare tale secondo le

parole di Sant’Apostolo (1 Cor 13), diviene il motore di ricerca filosofica di

Florenskij in questo libro.

Prima abbiamo menzionato l’importante corrente artistica di allora –

il simbolismo – che ha influenzato molto Florenskij tanto che da giovane

scriveva dei versi simbolisti e a maggior ragione lui stesso può essere

chiamato simbolista in ambito filosofico. La corrente dei simbolisti ha

influenzato molto la filosofia di Florenskij in età matura, dalla fine degli

anni Dieci e durante gli anni Venti. Del concetto di simbolo e del suo ruolo

nel pensiero florenskiano si parlerà più avanti, mentre adesso si riporta

soltanto una valutazione importante del filosofo russo V. Il’in, il quale così

definisce la costellazione delle personalità creative di quell’epoca:

«Nonostante tutte le grandissime differenze e varietà di questi

titani (i simbolisti – A. Y.) del rinascimento russo li unisce un tratto

comune. Tutti loro sono gnostici. La gnosi dogmatica è un tema

principale nell’opera di Florenskij La colonna e il fondamento della

Verità…»11

.

11

V. N. IL’IN, «Svjaš. P. Florenskij. “Stolp i utverzhdenije Istiny”» in Florenskij: Pro et

Contra, Sankt-Peterburg 2001, 354, traduzione di A. YASTREBOV.

CAPITOLO II: LE DUE VIE

21

Ma come il nostro autore propone di conoscere la Verità? Con quali

mezzi? Florenskij fa tutta l’introduzione alla problematicità della

conoscenza che parte dall’esitazione. Il primo punto che egli mette in luce

nella sua opera è la scala dell’ascensione spirituale: Prima tappa è

Tertulliano con il suo «credo quia absurdum est» – una fede ceca, ma pure

vera e autentica; secondo grado è «credo ut intelligam» di Sant’Anselmo –

io credo e voglio capire quello in ciò che credo; terza: ma l’apice della vera

conoscenza è diversa – essa è laddove si uniscono la fede e la ragione,

coincidentia oppositorum12

. L’avvicinamento di queste due capacità umane

fa nascere in Florenskij il concetto dell’antinomia come mezzo importante

nella conoscenza della Verità, ma prima di tutto come una possibile

espressione della Verità, come la rivelazione della sua essenza.

2. 2. Le antinomie

La Verità anziché negare le contraddizioni e le opinioni sbagliate in

modo paradossale le accoglie tutte. La Verità è antinomia perché essa è

qualcosa che ha dentro di sé già i limiti di tutte le negazioni della propria

esistenza. La Verità è integra, mentre la ragion umana è frazionata ed è in

grado di vedere soltanto una parte di Verità. Ogni ragionamento pur essendo

vero dal punto di vista della logica formale contiene solo una parte di Verità

e viceversa ogni argomento sbagliato contiene sempre qualche parte di

Verità. Un solo Dio è capace di pensare tutto insieme e unire nel Suo

pensiero le contraddizioni, unire quindi ciò che il nostro intelletto non può

conciliare. La Verità è antinomia in tanto, in quanto riesce a racchiudere

tutto.

«L’antinomicità non dice affatto: “O questo o quello non è

vero”; non dice nemmeno: “Né questo né quello è vero; dice soltanto: “E

questo e quello è vero, ma ciascuno a modo suo, mentre l’armonia e

l’unità sono superiori alla ragione”. L’antinomicità proviene dal

frazionamento dell’essere stesso, e il raziocinio fa parte dell’essere»13

.

Dio è la Verità. La Verità è antinomia. E infatti si può credere

solamente in antinomia – perché ogni ragionamento non-antinomico

semplicemente viene assunto oppure negato dalla ragione14

.

12

SI, 89-108. 13

Ibid., 207. 14

Ibid., 200.

I TRATTI DELLA FILOSOFIA DI PAVEL ALEKSANDROVIČ FLORENSKIJ

22

Florenskij fa tutta una serie di ragionamenti per dimostrare la logica

di una tale lettura della verità. Innanzitutto riporta gli sguardi dei filosofi

precedenti sul problema dell’antinomia cominciando da Eraclito d’Efeso

che per primo ha espresso l’idea dell’unità nel mondo dell’armonia e

dell’ostilità. Dopo passa agli eleati i quali, secondo Florenskij, pure sono

ricorsi al metodo antinomico per dimostrare il frazionamento del mondo

esterno, in seguito tocca a Platone il quale Florenskij ha considerato:

«…un grande sostenitore dell’antinomicità della ragione (…). La

maggior parte dei suoi dialoghi non è altro che una gigantesca antinomia,

elaborata con ogni cura e artisticamente drammatizzata. La stessa

preferenza di Platone per la forma dialogica dell’esposizione (cioè per la

contrapposizione di convinzioni) suggerisce la natura antinomica del suo

pensiero»15

.

Si segnala che il proprio metodo antinomico di ricerca, Florenskij

l’attribuisce a Platone vedendolo nella forma dialogica dei suoi scritti.

Infatti, anche le due vie della vita e dell’esperienza religiosa umana

di cui abbiamo parlato prima – teodicea () e antropodicea

() – anch’esse non soltanto non s’escludono l’una con l’altra, ma

secondo Florenskij:

«così come non si possono separare i poli di un magnete,

analogamente non si possono scindere le vie della religione»16

.

I due metodi per raggiungere la Verità si distinguono pertanto

soltanto metodologicamente, ma in realtà sono uniti. L’ascensione e la

discesa spirituali nella loro antinomicità sono un unico cammino verso la

Verità.

2. 3. “L’intuizione razionale”

Florenskij si oppone categoricamente al razionalismo teologico e

propone il principio dell’antinomismo nel pensiero. La ragione non è in

grado di superare le difficoltà nel comprendere la Verità. La Verità può

essere compresa soltanto attraverso l’esperienza religiosa viva; dobbiamo,

dice, uscire dal piano dei concetti per entrare nella sfera dell’esperienza

15

Ibid., 203. 16

RD, 97.

CAPITOLO II: LE DUE VIE

23

viva. L’intuizione intellettuale17

è quell’ultimo anello che conclude tutta la

catena delle deduzioni18

, «l’essere della verità non è deducibile, ma solo

mostrabile nell’esperienza»19

.

Allora per comprendere veramente la Divinità (che è la Verità) ci

vuole soltanto la contemplazione diretta ossia l’intuizione. Certamente

questo concetto non era sconosciuto nella teologia cristiana. Cominciato dai

tempi delle religioni antiche pagane e più tardi ripreso dai neoplatonici, esso

è stato riaffermato più volte nel cristianesimo stesso e attraverso tanti

scrittori dell’Oriente e dell’Occidente – Dionigi Areopagita, San Tommaso

D’Aquino, Niccolò Cusano, San Gregorio Palamas e tanti mistici orientali

della tradizione monastica esicasta – è diventato un mezzo indispensabile

per il cammino più alto dell’ascesi cristiana.

Tante pagine de La colonna e il fondamento descrivono le immagini

che sono molto vicine al concetto della «notte oscura» di San Giovanni della

Croce. Non soltanto gli asceti e gli anacoreti, ma pure i pensatori e i filosofi

camminano per la strada oscura della notte spirituale. Ci sono dei brani in

La colonna e il fondamento (sopratutto nei capitoli «il Peccato» e «la

Geenna») che sono dettati da un’esperienza personale molto profonda e

sofferta. Attraversando queste «tenebre» della mancanza dell’amore divino

l’uomo riceve la grazia della contemplazione immediata della Divinità.

Forse in questi brani noi vediamo una specie di dialogo con l’esperienza

mistica di Blaise Pascal20

oppure una visione premonitrice del proprio

destino nella sofferenza e nella «notte oscura» nel GULAG anni dopo.

Questa immediatezza nella contemplazione ci fa ricordare anche

Karl Rahner con il suo lavoro Uditori della Parola dove, in modo

certamente diverso, basandosi sulla teologia di San Tommaso d’Aquino,

egli ha descritto la capacità umana più alta di tutte – potentia oboedientialis

– quella che dà all’uomo la possibilità di essere aperto direttamente a Dio

senza mediazioni.

17

Stolp, 80. 18

Ibid., 101. 19

Ibid., 192. 20

Nel secondo volume de La colonna e il fondamento (638-642) Florenskij dedica un

capitolo intero a questa singolare personalità della filosofia e della scienza europea. Il

capitolo si chiama L’amuleto di Pascal e comincia con le seguenti parole: «Alla morte di

Blaise Pascal, uno degli uomini più sinceri vissuti sulla terra, fu trovato nella fodera della

sua giacca un bigliettino…» e poi racconta tutta la storia del cosiddetto «amuleto di

Pascal», in cui Florenskij percepisce una visione divina che è diventata il fondamento del

suo sistema teologico, il quale, però, non è stato da lui completamente realizzato.

I TRATTI DELLA FILOSOFIA DI PAVEL ALEKSANDROVIČ FLORENSKIJ

24

Proprio questo metodo, metodo di contemplazione, Florenskij lo

definisce altrove come «la dialettica». Lui chiede a sé stesso:

«Qual è il significato della dialettica? L’integrità. Non vi sono

definizioni singole come non vi sono dimostrazioni singole. Che cosa c’è,

invece? C’è il groviglio sempre crescente dei fili della contemplazione, il

grumo sempre più denso dei sentimenti che vieppiù si innestano nel

profondo dell’oggetto preso in esame.

(…) Definire significa tracciare un limite attorno all’oggetto

della ricerca, confinarlo, isolarlo. Ma a che serve il limite? Che cosa va

limitato? Il pensiero, certo. (…) La dialettica, invece, in quanto pensiero

che si accumula, è tutta nel suo movimento verso conquiste di valore via

via crescente, su per la scala della comprensione… (…) Il pensiero vivo è

dialettico per necessità: in questo sta la sua vita»21

.

La dialettica quindi è un pensiero integro al contrario del pensiero

didattico che Florenskij chiama «congelato», «morto», mentre quello sotto il

nome di dialettica, contemplazione, intuizione vuol dire sempre pensiero

vivo e immediato. Questo è l’unica possibile strada per accedere alla Verità.

Evidentemente il metodo dialettico ci fa ricordare Platone, il quale

diventa per Florenskij il miglior esponente del pensiero integro, del pensiero

che nello scontro degli oppositorum riesce a raggiungere la meta del dialogo

– la Verità22

.

Questo metodo, più tardi Florenskij l’elabora e l’applica anche nella

sua epistemologia, completando così la parte gnoseologica della propria

filosofia con un solo mezzo universale – la conoscenza integrale a cui si

ricorre a tutti i livelli del saper umano.

Quali conseguenze dunque porta quella gnosi per l’uomo che la

viene a possedere? E come agisce nella persona umana questa conoscenza

mistica?

L’autore risponde con la frase di San Gregorio Nisseno: «La

conoscenza si realizza nell’amore»23

. Dunque l’amore è il vero motore della

ricerca, che spinge verso la Verità, mentre il relativismo e lo scetticismo non

conducono a nessun tipo di conoscenza, ma, viceversa, portano la persona al

nichilismo assoluto.

21

RD, 104. 22

Certo che il metodo dialettico di Platone è soltanto una parte della sua metodologia,

mentre Florenskij lo eleva alla stessa ontologia. La dialettica, le antinomie in lui diventano

il principio ontologico – questo non c’era in Platone. 23

GREGORIO DI NISSA, Dell’anima e della risurrezione, PG 46, 96.

CAPITOLO II: LE DUE VIE

25

Allora dice:

«L’unico modo di uscire da questo pantano del relativismo è

riconoscere che la ragione partecipa dell’essere e l’essere della

razionalità. Se è così, l’atto del conoscere è non solo gnoseologico, ma

anche ontologico, non solo ideale, ma anche reale. La conoscenza è

un’uscita reale del conoscente da se stesso, oppure (le due cose si

equivalgono) un reale ingresso del conoscente nel conosciuto, un’unione

reale del conoscente e del conosciuto»24

.

Dunque la conoscenza non è un atto violento rispetto all’oggetto, che

subisce, compiuto dal soggetto gnoseologico rapace, ma uno scambio vivo e

morale delle persone, dove l’una per l’altra vale come soggetto e oggetto

insieme. Nel senso proprio della parola può essere conosciuta soltanto la

persona mediante lo scambio conoscitivo con un’altra persona.

L’uscita vera da sé stesso è la fede cristiana, nella quale si realizza la

conoscenza vera.

«Perciò la vera conoscenza è conoscenza della verità ed è

possibile solo attraverso la transustanziazione dell’uomo, la sua

divinizzazione, l’acquisto dell’amore quale sostanza divina: chi non è con

Dio non conosce Dio»25

.

Ecco perché Florenskij si oppone alla conoscenza «congelata» dei

manuali e delle somme. La Verità non può essere conosciuta al di fuori di

essa e nessuna scienza è in grado di portarci.

Ma forse oltre a una esperienza religiosa immediata e quindi

irrazionale non c’è nessun altra via per venire a conoscere la Verità?

Nell’ambito dell’uomo e della sua vita quotidiana forse non c’è più spazio

per la Divinità? In questo caso tutte le osservazioni di Florenskij verrebbero

ridotte a uno spiritualismo puro, il quale, tra l’altro, non ci comunicherebbe

nessuna originalità nell’impostazione del problema dato che i dibattiti sulla

questione sono stati svolti nell’ambito della teologia ai tempi della Riforma

e nell’ambito filosofico ancor prima, nel Medioevo, nelle discussioni tra «i

realisti» e «i nominalisti».

Sarebbe stato proprio così, se Florenskij avesse limitato la ricerca

con la sua teodicea e in campo gnoseologico – con l’intuizione razionale.

Ma lui non per caso diceva sin dall’inizio che i modi per conoscere la Verità

24

Stolp, 114. Ecco qui si espone la base della filosofia della scienza florenskiana, il

fondamento del suo concetto sulla natura profondamente umanistico. 25

Ibid., 115.

I TRATTI DELLA FILOSOFIA DI PAVEL ALEKSANDROVIČ FLORENSKIJ

26

erano diversi, e l’uno non escludeva l’altro. Sin dai primi anni della sua vita

scientifica ha preparato un piano completo del lavoro per il futuro e ha

incluso il metodo “discendente” nella ricerca per tempi successivi.

3. Antropodicea: I tratti di una metafisica concreta26

3. 1. Il metodo

Florenskij risponde così ad un interlocutore immaginario che gli

chiede sul contenuto dell’antropodicea:

«Il suo argomento fondamentale dovrà essere costituito dai

diversi aspetti e gradi della Discesa di Dio”. In altre parole, vi si dovrà

trattare delle categorie della persuasione religiosa e della rivelazione di

Dio nelle Sacre Scritture; dei riti liturgici e dei santi misteri; della Chiesa

e della sua natura; dell’arte sacra e della sacra scienza ecc. Tutto ciò, ad

ogni modo, dovrà fungere solo da cornice al fulcro dell’antropodicea: la

cristologia»27

.

Di solito nella letteratura teologica e ascetica vediamo un altro

ordine dell’esposizione della materia: si cerca di portare il lettore sempre dal

basso, dalla conoscenza elementare per poi passare più in alto per la strada

dell’ascensione spirituale. Questo si nota in tanti autori occidentali ed

orientali, i più conosciuti dei quali tra gli ascetici in Occidente sono San

Bonaventura con il suo Itinerario e in Oriente San Giovanni il Climaco con

la sua Scala.

Il nostro caso, però, è particolare perché qui seguiamo l’ordine dello

stesso Florenskij che ha cominciato proprio dalla sua teodicea e, poi, da essa

è passato all’antropodicea. Quest’ultima c’interessa in quanto è oggetto del

presente lavoro più della sua filosofia intuitivistica e personalistica pur

essendo interessante da sottoporre allo studio anche quella soprattutto nei

confronti con gli intuitivisti a lui contemporanei e con gli esistenzialisti,

specialmente con M. Heidegger.

In buona sostanza il nostro autore ha espresso i pensieri che erano

già ben noti e in questo senso è stato molto fedele alla tradizione dei Padri

(come lui stesso sempre dichiarava più volte nell’opera de La colonna e il

26

Con questo sottotitolo è stata pubblicata la serie degli scritti di Florenskij intitolata U

vodorazdelov mysli (Agli spartiacque del pensiero). 27

RD, 98.

CAPITOLO II: LE DUE VIE

27

fondamento) argomentando sia con gli strumenti forti delle sue conoscenze

ampissime che anche con la testimonianza della propria esperienza

spirituale profonda pur essendo in quegli anni ancora molto giovane.

Importante anche ricordare che lo stesso Florenskij non considerava

una delle vie teologiche più meritevole rispetto ad un’altra e sempre

sottolineava nella sua opera che questi due cammini non vanno sottoposti o

tanto meno contrapposti uno all’altro, ma uniti antinomicamente nella prassi

spirituale cristiana.

In ogni caso, per passare al suo idealismo concreto era necessario

che noi sapessimo tutti i presupposti e le fonti della sua filosofia

antropologica o dell’idealismo concreto. Per cui si è fatto un breve esame

della sua filosofia contenuta in La colonna e il fondamento.

Del resto lo stesso Florenskij non ritiene come un vero e proprio

«mutamento» quel cammino verso l’idealismo concreto che intraprende nei

suoi scritti successivi. La sua gnoseologia una volta formulata nella teodicea

non subisce, infatti, alcun cambiamento. In realtà, cambia l’aspetto

fenomenologico, sotto il quale viene fatta la ricerca: se nella teodicea tratta

dell’esperienza strettamente personale, così ugualmente con tale esperienza

viene affrontata l’antropodicea, a differenza che l’esperienza questa volta

viene dimostrata, pur sempre mediante conoscenza individuale, attraverso i

dati del mondo materiale.

Florenskij scrive:

«Che cosa significa, tuttavia, sviluppare un pensiero religioso

concreto? Non rischia esso di scadere nel soggettivismo e nello

psicologismo? (…) Non rischia l’osservazione della realtà di scadere in

uno spoglio resoconto delle illusioni della ?»28

Così pone una domanda molto attuale tenendo presente che era facile

accusarlo di un soggettivismo puro. Lo sente bene e dà una risposta

altrettanto esauriente. Egli è contro un sistema scolastico nell’ambito della

spiritualità, ma afferma che l’esperienza individuale non vuol dire

necessariamente quella psicologistica e soggettivistica:

«L’individualità concreta, soggetto tipico della dialettica, non è

una serie lineare di processi spirituali di qualunque sorta, e la sua vita

interiore non è affatto strutturata come le perle sul filo di una collana.

(…) La vita dello spirito, e in particolare una vita scandita dalla fede, è un

intero incomparabilmente più correlato, che ricorda piuttosto un tessuto o

28

Ibid., 107.

I TRATTI DELLA FILOSOFIA DI PAVEL ALEKSANDROVIČ FLORENSKIJ

28

un merletto, in cui i fili si intrecciano in arabeschi variegati e complessi.

(…) E come nella vita solo la varietà delle funzioni, e non i singoli

princìpi astratti, forma un uno intero, allo stesso modo nella dialettica

solo un’elaborazione contrappuntistica delle melodie principali permette

di penetrare in modo vitale nell’oggetto dello studio»29

.

Non si tratta quindi di un approccio completamente privo di un

qualsiasi sistema, ma lo stesso sistema da lui visto è molto più complesso

rispetto ad uno sguardo schematico e privo di vita. Dopo, nella sua

epistemologia, anche nelle lettere dal lager, applica questo metodo nella

progettazione di filosofia della scienza che toccheremo più avanti.

Certamente in questo concetto organico della conoscenza si sente

acutamente l’influenza solov’eviana: Florenskij qui continua ad elaborare la

concezione di integrità dell’essere espressa da Vladimir Solov’ev.

Infatti, Florenskij propone un approccio sul sapere umano molto

originale: nel contesto di tale Weltanshauung perdono senso le distinzioni

tradizionali per la cultura occidentale tra la scienza e la filosofia, l’arte e la

religione. Le diversità principali tra di loro, tra i loro metodi e gli scopi

rimangono prive di attualità. In tutti i campi dell’attività umana traspare –

anche se in modo diverso – la stessa Verità.

Lo scopo del pensatore è dunque di raccogliere queste

manifestazioni, sintetizzarle in un quadro unico e integrale, mentre il mezzo

principale per la soluzione del problema posto è, secondo Florenskij, la

percezione simbolica del mondo. Cosa che sarà l’argomento trattato in

seguito.

Dunque, dopo la teologia Florenskij si prepara all’esame

dell’antropologia, e cioè vuole riflettere sull’uomo sotto i diversi aspetti

della sua esistenza: uomo come tale, il culto e l’uomo, Dio e l’uomo, ma la

salvezza, l’essere cioè con Dio rimane sempre il filo rosso della sua ricerca.

29

Ibid., 110. Parlando del modo di pensare di Florenskij S. Tagliagambe infatti scrive: «Se

si vuole trovare un termine, capace in qualche modo di cogliere ed esprimere questa sua

natura (del pensiero florenskiano – A. Y.), ci si può, a mio parere, riferire alla stessa

definizione di cui Bachtin si valse per caratterizzare l’opera di un altro grande esponente

della cultura, Fëdor Dostoevskij, quella di composizione polifonica, capace di orchestrare

tutti i suoi temi, tutto il mondo oggettuale dotato di senso che esso esprime e raffigura.

“Soltanto un grande polifonista come Dostoevskij», scrive appunto Bachtin, “riesce a

cogliere nella lotta delle opinioni e delle ideologie (delle varie epoche) un dialogo sugli

ultimi problemi (nel tempo grande). Gli altri si occupano dei problemi risolubili nell’ambito

di un’epoca” (S. TAGLIAGAMBE, Come leggere Florenskij, Bompiani, Milano 2006, 12).

CAPITOLO II: LE DUE VIE

29

Le opere di Florenskij nelle quali il Nostro mette sotto esame i

problemi antropologici sono: U vodorazdelov mysli (Agli spartiacque del

pensiero, 1918-1922) e Filosofija kulta (La filosofia del culto, opera iniziata

nel 1918 e rimasta incompiuta). Sostanzialmente queste non sono le opere

complete, ma rappresentano i due cicli degli scritti di diverso genere:

lezioni, recensioni, bozze di articoli, brevi pensieri dedicati ad un’unico

tema che li unisce.

Per la metafisica concreta e per la gnoseologia florenskiana sono

importanti gli scritti: Obščelovečeskije korni idealisma (Le radici

dell’idealismo comuni a tutta l’umanità (con il sottotitolo: Filosofia dei

popoli), 1909) e Smysl idealisma (Il significato dell’idealismo, 1914).

3. 2. Le idee

Prima di entrare nell’ambito propriamente antropologico bisogna

esaminare in modo più attento quella parte della filosofia florenskiana che

tratta delle idee platoniche, le quali indubbiamente sono la pietra angolare

di tutta la costruzione platonica.

È parzialmente esaminata La lettura florenskiana di Platone nel

capitolo I della dissertazione ed è stata fatta un’introduzione al platonismo

di Florenskij visto che prima si doveva scoprire come l’autore si è evoluto

ed è cresciuto nella tradizione filosofica russa e quale era la sua posizione

storica e filosofica rispetto ai filosofi a lui contemporanei. Ci si è soffermati

pure nella sua analisi del concetto platonico d’idee e si è scoperto che il

Nostro aveva un interesse proprio sul problema. Ora, dopo tale introduzione

della sua filosofia, si continuerà ad approfondire l’esame del suo

platonismo.

Quando Florenskij comincia ad introdurci nel suo idealismo

concreto la prima domanda da porsi è: che cosa intende per idea? Nel suo

lavoro Il significato dell’idealismo per rispondere alla domanda: “che cosa

significano le parole e ?” fa tutta una serie di ricerche linguistiche

per trovare l’etimologia della parola idea, e trova che l’ossia i termini

comparativi di tutte le lingue, sia moderne che antiche portano al

significato: apparenza, apparizione ed anche immagine. L’idea è perciò:

I TRATTI DELLA FILOSOFIA DI PAVEL ALEKSANDROVIČ FLORENSKIJ

30

«l’aspetto, la forma, la specie, non per se stessa, ma in quanto

fornisce la conoscenza di ciò di cui è proprio la forma e la specie. L’idea

è il volto della realtà…»30

Le idee platoniche di certo non vengono comprese da Florenskij in

modo esclusivamente mistico-religioso: è chiaro che Platone nei suoi

dialoghi dà parecchio spazio all’interpretazione ed al commento di questo

concetto. In definitiva, lui stesso non ha mai espresso un giudizio

conclusivo, lasciando la sistematizzazione e l’approfondimento ai suoi

seguaci31

.

30

SI, 138. Florenskij era convinto che Platone per non intendeva soltanto qualcosa che

unisce un certo genere di certi esseri o di cose, come affermano, invece, i nominalisti, ma

qualcosa di diverso, qualcosa che costituisce «l’anima» del fenomeno. 31

In realtà Florenskij comprende le idee platoniche in modo doppio: esse sono i mezzi per

conoscere la realtà suprema e quindi sono importanti per la gnoseologia florenskiana e,

d’altronde, esse sono gli stessi oggetti di conoscenza e in questo senso sono le stesse realtà

del mondo intelligibile. Secondo Florenskij questo non è un paradosso, ma è l’essenza

antinomica – gnoseologica e ontologica – delle idee.

Dal punto di vista, invece, della simbiosi o dei rapporti tra i due mondi esistono tre

approcci formulati dallo stesso Platone: 1. La somiglianza e, più tardi, l’imitazione

() tra il fenomeno e l’idea; 2. La partecipazione () – in questo caso soltanto

l’idea è reale mentre il fenomeno è reale solamente in quanto partecipa nell’idea; 3. La

presenza (): l’idea è presente nel fenomeno, essa costituisce la sua causa di essere

() e in quanto tale è un principio ontologico. Per Florenskij ovviamente è più vicino

l’ultimo approccio ai rapporti “idea-fenomeno”. Cf., per esempio: Solov’ev, «Platone», in

Enciclopedia Brokhaus i Efron, Sankt-Peterburg 1890 – 1907, vol. XXXIIIa (46): «L’idea è

un ente intelligibile o un modo assoluto dell’essere che coincide con una forma mentis

assoluta».

Florenskij si rendeva ben conto che non era facile riconciliare diversi modi

concettuali sulle idee, sia nell’ambito dell’opera di Platone stesso che tanto più dentro la

sua scuola, e cercava di ritrovare le radici e la storia di tale problema e risolverlo:

«L’antinomia tra l’individuo e il mondo, (l’uno e il tutto), tormentò il pensiero

greco fino a Platone. (…) Nei dialoghi platonici, soprattutto gli ultimi, ci si imbatte in

alcune considerazioni contrapposte, rivolte contro l’una o l’altra argomentazione della

teoria delle idee (…) Verrebbe da pensare che esse riflettano quel fermento che stava

scuotendo la scuola di Platone. I disaccordi teoretici spinsero addirittura Aristotele ad

abbandonare del tutto la cerchia dei docenti dell’Accademia e a fondare una propria scuola

(…) Il disaccordo, proprio a proposito della questione sulla natura delle idee, è evidente,

ma non è poi così marcato da non consentire di chiamare Aristotele un idealista (…) In

seguito i disaccordi tra le diverse scuole, proprio in merito alla questione delle idee, si

acuirono. Plotino, l’unificatore della filosofia antica, fece un grandioso tentativo di sintesi

tra le diverse teorie sulle idee; egli tuttavia fu un degno rappresentante non solo della

filosofia antica che si stava esaurendo, ma anche della filosofia medievale che stava

iniziando» (SI, 51-52). Attraversando tutta la filosofia antica, il tema delle idee si protrae

nel Medioevo, nel problema degli universali. In questa discussione tra i nominalisti ed i

CAPITOLO II: LE DUE VIE

31

Secondo Florenskij, Platone cercando di risolvere il problema di

singolarità e di molteplicità del mondo considerava idea come «la

molteplicità nell’unità e l’unità nella molteplicità»32

oppure come un punto

d’incontro «tra l’illimitato e ciò che possiede il limite»33

.

Florenskij è fedele a questa comprensione delle idee e la sostiene nel

suo opuscolo Divina sive aurea sectio:

«L’unità nella molteplicità si chiama idea. I poli che manifestano

l’idea, essendo indissolubili, sono allo stesso tempo reciprocamente

opposti. L’idea è unita in sé ed insieme è coniugazione dei poli

antinomicamente opposti l’uno all’altro, - come l’antinomia. (…)

L’antinomicità è la garanzia dell’integrità. (…) I poli sono l’inizio e la

fine dell’apparizione del trascendentale nell’ambito dei sensi, i punti

dell’entrata e dell’uscita dell’IDEA nel mondo empirico»34

.

L’antinomismo dunque rimane come la sfera o l’ambiente in cui

vengono immerse le realtà supreme e dal mondo delle idee passa nel mondo

materiale per poi apparire improvvisamente nei simboli.

Per Florenskij è naturale che questo punto d’incontro dei mondi non

poteva non portare dentro di sé gli elementi religiosi, e lui è convinto che

Platone intendeva idea come una realtà mistica. Secondo lui, le «» e le

«» non sono altro che le apparizioni degli dei e dei demoni che si

presentavano durante i riti estatici ed i misteri35

. Il platonismo quindi è una

realisti Florenskij, come sappiamo, prende la parte di questi ultimi diventando un

sostenitore del realismo radicale, ma sempre con la sua propria visione del rapporto tra le

idee e la realtà, mantenendo il proprio punto di vista sulla natura antinomica dell’essere. 32

PLATONE, Filebe 14 e: «». 33

Ibid., 24 a; 25 b; 16 d-e: «». 34

P. A. FLORENSKIJ, Divina sive aurea sectio, SČT 3 (2), 462, traduzione di A.

YASTREBOV. Proprio in questa frase egli subito ci fa capire che non è d’accordo con la

comprensione dell’idea come nei suoi tempi essa veniva definita dai nominalisti d’allora,

vale a dire dai positivisti. Essa non è una semplice classe, non è una specie di fenomeno del

mondo esterno – essa è il mistico punto d’incontro dei due mondi. 35

Per esempio, in Il significato dell’idealismo scrive: “Che cosa dobbiamo intendere

dunque con quei e di cui parla Polluce? Da parte mia ritengo che non si tratti di

una sorta di immagini delle divinità, ma degli sguardi o dei volti stessi delle divinità o dei

demoni che si manifestano agli iniziati nei misteri. In questo modo ci siamo accostati al

santuario della filosofia platonica ed i termini .e acquisiscono concretezza e

consistenza e, nello stesso tempo, diventano trascendenti. Il fine segreto del platonismo

sono i culti misterici. In effetti il compito dell’iniziazione era proprio quello che si era posta

anche la filosofia, e precisamente consisteva nello sviluppo della capacità della

contemplazione mistica, della visione immediata, faccia a faccia con i “

(spettacoli misterici)”. “ (le sacre visioni)” di indicibile bellezza, le

I TRATTI DELLA FILOSOFIA DI PAVEL ALEKSANDROVIČ FLORENSKIJ

32

dottrina mistica, una «religione» nella quale vengono contemplate le realtà

divine che si manifestano attraverso le idee.

Ecco perché l’idea dell’uomo è il suo demonio e in altre parole essa

è il divino in lui, così come pure si può dire di qualsiasi cosa creata che essa

avesse in sé un’apparizione di un’altra realtà. Ed ecco perché Talete, tanto

stimato da Florenskij, ha detto: «tutto è pieno degli dei» – l’ha detto nel

senso che tutte le cose del mondo hanno la loro finestra aperta verso il

divino.

Alla fine, approfondendo la comprensione cristiana dell’idea, il

discorso di Florenskij risale alla concezione di Filone d’Alessandria

dell’idea delle idee ()36

. Secondo Filone, tutte le idee tendono

verso il vertice, verso la Sostanza di tutte le sostanze – verso Dio perché

soltanto in Lui possiedono la loro ragione e la loro realtà. Completando il

pensiero filoniano vediamo che la concezione dell’idealismo

inevitabilmente va a finire nella teodicea: la risoluzione definitiva del

problema di singolarità e di molteplicità e cioè di tutta la questione delle

idee e del loro luogo in filosofia si trova nel dogma della Santissima Trinità.

Soltanto Essa è «», soltanto in Essa si

realizza pienamente la “conciliazione” delle estremità di antinomia.

Florenskij scrive:

«…Soltanto la Trinità è in senso proprio e

definitivo, cioè in Essa soltanto trova una risposta la questione

fondamentale di tutta la filosofia. Ed inoltre, proprio nel dogma della

Trinità i temi fondamentali dell’idealismo (…) si intrecciano in un

unicum e risuonano in tutta la loro estrema chiarezza»37

.

Considerazioni riassuntive

Come si è visto, le due vie di ricerca filosofica di Florenskiji sono

diverse: esse, però, non negano l’una all’altra, ma si completano in questa

immagini () luminose che passano davanti a colui che, entusiasta, contempla l’altro

mondo: sono questi gli sguardi celesti o le idee soprasensibili di Platone. Facciamo

attenzione al fatto che è il diminutivo di ed indica la stessa cosa di e di

”. SI, 144. 36

Si veda: FILONE D’ALESSANDRIA, De opific. mundi, 6; De mutat. nom., 23. 37

SI, 161.

CAPITOLO II: LE DUE VIE

33

diversità. La completezza nella diversità è il punto nodale della teodicea

florenskiana38

. In tal modo le vie ed i metodi di ricerca differenti non sono

più in antitesi tra loro: il concetto solov’eviano di unitotalità dell’essere

aiuta Florenskij a formulare la propria visione del mondo. A differenza,

però, di Vladimir Solov’ev, che ricorre soprattutto alle fonti filosofiche,

Florenskij nell’ambito della teodicea si rivolge alla tradizione dei Padri della

Chiesa. È la frase di San Gregorio di Nissa che viene scelto come il punto di

partenza di tutta la catena dei suoi ragionamenti -

- ecco in che cosa consiste una vera e propria gnosi con cui va affrontato

qualsiasi tema della teodicea. L’amore, a sua volta, come una sorgente

d’ispirazione religiosa spinge il sentimento di carattere spirituale che

chiamiamo l’intuizione attraverso la quale veniamo a conoscere le realtà

intelligibili.

Mentre la via discendente, che entra propriamente nel campo della

creazione e diventa oggetto di ricerca dopo la teodicea, se pur brevemente,

ma sufficientemente: innanzitutto abbiamo visto che Florenskij sempre

rimane fedele all’idea di unitotalità dell’essere e seguendo quella anche

nell’ambito dell’antropodicea insiste che il sapere umano non è lineare, ma

è «pluridimensionale e multiforme» cosicché l’attività spirituale umana

assomiglia a un merletto che nonostante abbia un sistema molto preciso non

può essere sempre semplicemente descritta ed esaminata.

Le idee fanno parte della via antropologica, entrano nel mondo

fisico, ma sempre hanno una loro propria natura mistica e antinomica. Esse

sono i principi ontologici del mondo materiale, esse sono le «finestre aperte

38

Florenskij scrive: «Nella vita religiosa l’e l’ si compenetrano e

possono essere analizzati separatamente solo da un punto di vista metodologico, pur se fino

a un determinato stadio. Tale scissione, tuttavia, è resa possibile dal fatto che a determinati

stadi dello sviluppo individuale e dello sviluppo della coscienza sociale si confanno ora

l’una, ora l’altra via.

La via a salire è essenzialmente la via che conduce all’atto ascetico dello spirito,

mentre la via a discendere è la via che a esso ci avvicina. Questa la ragione per la quale, in

questo scritto (Ragione e dialettica – A. Y.), ho ritenuto opportuno dare risalto alla teodicea,

lasciando la più complessa antropodicea per anni più maturi e per un’esperienza più salda.

A un’eventuale domanda sul contenuto dell’antropodicea, però, va forse risposto così: “Il

suo argomento fondamentale dovrà essere costituito dai diversi aspetti e gradi della Discesa

di Dio”. In altre parole, vi si dovrà trattare delle categorie della persuasione religiosa e della

rivelazione di Dio nelle Sacre Scritture; dei riti liturgici e dei santi misteri; della Chiesa e

della sua natura; dell’arte sacra e della sacra scienza ecc. Tutto ciò, ad ogni modo dovrà

fungere solo da cornice al fulcro dell’antropodicea: la cristologia». RD, 97-98. Ecco la

descrizione semplice delle due vie e dei loro rapporti ed anche un programma filosofico

preciso che, infatti, è stata realizzata da Florenskij più tardi, negli anni Venti.

I TRATTI DELLA FILOSOFIA DI PAVEL ALEKSANDROVIČ FLORENSKIJ

34

nella nostra soggettività»39

, esse sono i mezzi della conoscenza e sono al

tempo stesso gli oggetti di conoscenza.

Questa antimonicità delle idee e la lettura dell’

filoniana l’hanno portato alla conclusione che l’e dell’antinomismo si

trova nel dogma della Santissima Trinità:

«L’intera opera filosofica di padre Florenskij, a partire dalla sua

teodicea ortodossa e da Il significato dell’idealismo, fino alle successive

elaborazioni di antropodicea, ha nel dogma della Trinità il principio

fondativo di un “nuovo pensare” e di una “nuova ragione”, che abbraccia

le diverse forme della conoscenza»40

.

Sul suo piano ontologico, quindi, il tema delle idee – in quanto esse

sono le realtà antinomiche – è piuttosto l’argomento della metafisica o della

teodicea come noi chiamiamo metodologicamente questo ambito per

sottolineare quell’aspetto sotto il quale lo indaghiamo. Se, invece, passiamo

nell’ambito della gnoseologia, le idee diventano le realtà al confine dei

mondi dalle quali noi cominciamo a sviluppare il nostro discorso

sull’antropodicea. Ecco perché nel presente lavoro quasi tutto ciò che

riguarda le idee è stato messo nella parte dell’antropodicea tanto che dalle

idee passiamo al simbolo – ad un «ritratto» d’idea nel mondo esterno.

Ora si passerà ad esaminare i concetti florenskiani fondamentali

dello sguardo e del nome, ma prima si rifletterà su ciò che Florenskij

intendeva per simbolo in generale, quale cioè era la sua simbologia. Questo

c’introdurrà direttamente nell’antropodicea e spiegherà meglio l’importanza

dello sguardo e del nome nel pensiero florenskiano.

Il concetto sostanziale di tutta la filosofia florenskiana o meglio di

tutta la sua attività intellettuale e spirituale – il concetto del simbolo – è

indissolubilmente legato con il concetto platonico dell’idea. Com’è stato già

detto Florenskij assume la concezione platonica delle idee, ma la elabora in

modo proprio. Essa viene da lui riconosciuta e assunta in misura per la quale

è importante e utile per la filosofia cristiana. Non per caso lui chiama la sua

filosofia l’idealismo concreto.

39

MS, 98. 40

SI, Introduzione XXIV.

CAPITOLO III: IL SIMBOLO

35

Capitolo III: il Simbolo

1. Il concetto di simbolo in Florenskij

Per quello che ha vissuto e pensato, Florenskij così scrive ai figli:

«Per tutta la vita ho pensato, in sostanza, a una sola cosa: al

rapporto tra fenomeno e noumeno, al rinvenimento del noumeno nei

fenomeni, alla sua manifestazione, alla sua incarnazione. Sto parlando del

simbolo. E per tutta la vita ho riflettuto su un solo problema, il problema

del SIMBOLO»41

.

Florenskij nelle sue opere dà una serie di definizioni del simbolo, ed

in ciascuna lo descrive sempre in modo molto artistico e pittoresco:

«L’essere che supera sé stesso – ecco la definizione principale

del simbolo. Simbolo è un qualcosa che rappresenta ciò che esso stesso

non è, qualcosa superiore ad esso, ma che mediante di esso traluce al di

fuori in modo sostanziale»42

.

Il simbolo quindi porta un’essenza superiore di sé stesso, nella sua

esistenza esso fa parte della realtà superiore e in un certo senso riceve la sua

energia e il suo nome.

Portando avanti il suo pensiero Florenskij viene a conclusione che:

«il simbolo non è tale perché ha una o altra proprietà, ma perché

in una certa realtà43

sta l’energia di un’altra realtà e cioè perché c’è la

sinergia delle due – almeno due – realtà»44

.

Dunque Florenskij interpreta sempre il suo «maestro», Platone,

prendendo alcuni suoi pensieri e aggiungendone di propri. Qui vediamo che,

secondo lui, il simbolo partecipa alla realtà suprema – e in questo pensiero

Florenskij segue Platone – e in secondo luogo il nostro autore afferma la

41

DV, 201. 42

SČT 3 (1), 257. 43

Cioè nel simbolo. 44

Ibid., 424. Su una conseguenza rilevante della concezione florenskiana del simbolo

nell’ambiente cristologico si veda la sezione Originalità del pensiero di Florenskij nelle

Conclusioni, punto 8.

I TRATTI DELLA FILOSOFIA DI PAVEL ALEKSANDROVIČ FLORENSKIJ

36

doppia potenzialità energetica del simbolo – in esso, infatti, agisce sia la sua

propria energia che anche l’energia di un’altra realtà – questo aspetto non

c’è in Platone. Così Florenskij comprendeva il simbolo.

Esso è diventato uno strumento universale ed è applicabile in ogni

campo dell’attività umana – dalle scienze naturali alla religione. Noi non

inventiamo i simboli, ma li scopriamo per mezzo dell’intuizione.

Il mondo occidentale ha distrutto il simbolo che era il passaggio tra il

mondo materiale e quello spirituale. Lo stesso concetto di simbolo in

Occidente è stato ridotto a «segno», così come idea significa ormai

semplicemente «pensiero», mentre Florenskij seguendo il realismo

medievale insiste sul fatto che le idee sono esseri reali come pure il simbolo

è una realtà vera e propria.

Florenskij scrive:

«Non ho mai cercato di contemplare quest’unità (di fenomeno e

noumeno – A. Y.) al di fuori e indipendentemente dalla sua

manifestazione. Respingevo con tutto me stesso la scissione kantiana di

noumeni e fenomeni, persino quando ancora nemmeno sospettavo

dell’esistenza di ognuno di quei quattro termini: “scissione”, “kantiana”,

“noumeni”, “fenomeni”. Al contrario, in questo senso sono sempre stato

un platonico (corsivo – A. Y.), un onomatodosso45

: il fenomeno era per

me un fenomeno del mondo spirituale. (…) Il fenomeno (nel suo

manifestarsi, è sottinteso) è l’essere stesso, il nome è il denominato (nella

misura in cui esso può penetrare nella coscienza e diventarne oggetto).

Ma il fenomeno – bi-unitario, spirituale-materiale –, il simbolo, mi è

sempre stato caro nella sua immediatezza, nella sua concretezza, con la

sua carne e la sua anima»46

.

45

«Onomatodossia» fu una corrente nella prassi spirituale ortodossa nata alla fine

dell’Ottocento sul monte Atos. Aveva le radici nella tradizione monastica esicasta

bizantina. È stata promulgata in Russia all’inizio del Novecento grazie ad alcuni monaci-

atoniti ed è diventata molto influente in alcuni monasteri russi. I monaci credevano che

recitando incessantemente la preghiera di Gesù: Il Signore, Gesù Cristo abbia pietà di me,

peccatore – loro come se avessero lo stesso Gesù presente, perché «il nome - affermavano

loro - è la stessa persona». Sul piano filosofico qui abbiamo a che fare con una sorte di

realismo radicale. L’onomatodossia è stata condannata dal Santo Sinodo della Chiesa

Ortodossa Russa come eresia, ed i monaci-sostenitori di questa prassi hanno subito delle

repressioni, tanti furono espulsi dai loro monasteri. Florenskij ha sostenuto subito gli

onomatodossi ed ha scritto su questo tema un articolo Imeslavie kak filosofskaja

predposylka (Onomatodossia come presupposto filosofico), Moskva 1922. Anche in questo

passo egli chiaramente mostra la sua posizione: «il nome è il denominato». 46

DV, 202.

CAPITOLO III: IL SIMBOLO

37

Queste citazioni fanno capire quanto per Florenskij era importante il

concetto di simbolo – esso è diventato per lui un vero e proprio mistero di

vita, un sostegno della sua Weltanshauung fliosofica e scientifica. Nella

stessa serie di lettere, nella parte intitolata Il Particolare, in seguito lo stesso

Florenskij ricorda:

«mio padre mi fece notare che la mia forza non era nell’indagine

del particolare né nella riflessione sul generale, bensì nella loro

combinazione, al confine tra generale e particolare, tra astratto e

concreto»47

.

Florenskij dunque pretende addirittura di fondare una gnoseologia

nuova incentrata sul simbolo, sul simbolismo ontologico48

. Lui dice:

«Il simbolo mostra come sia possibile l’unità dell’esistenza

umana nella distinzione e nella tensione oppositoria tra il finito e

l’infinito, tra l’uno e il molteplice, l’uno e il tutto»49

.

Portando avanti il discorso sulle espressioni della realtà nel mondo

lui formula una definizione importante e dice:

«i simboli sono gli organi del nostro contatto con la realtà, e

attraverso di loro veniamo a contatto con ciò che finora era stato tagliato

dalla nostra coscienza. Nell’immagine, noi vediamo la realtà, e nel nome

– la sentiamo (corsivo – A. Y.). I simboli sono fori, aperture nella nostra

soggettività»50

.

A questo punto, prima di intraprendere il discorso sullo sguardo e sul

nome, bisogna fare due interruzioni e introdurre i concetti dei sensi

spirituali e della Sofia visto che essi sono importanti per capire il

simbolismo filosofico florenskiano. Essi si trovano ai lati opposti sia dal

punto di vista della dottrina della Chiesa che nell’ambito dell’uso filosofico.

Il primo concetto è esclusivamente antropologico, nato nella profondità

dell’esperienza spirituale della Chiesa, mentre il secondo è un concetto

piuttosto astratto e speculativo, che è stato chiamato a spiegare il posto della

creazione nel mondo ed è servito da principio armonizzante, costituiva

lievito divino nella materia.

47

DV, 204. 48

Cf. SI, Introduzione, XIII. 49

RD, Introduzione, XIII. 50

MS, 98.

I TRATTI DELLA FILOSOFIA DI PAVEL ALEKSANDROVIČ FLORENSKIJ

38

2. I sensi spirituali

fanno parte importante della gnoseologia mistica cristiana e quella

ortodossa in particolare. L’esame del concetto dei sensi spirituali sarà

importante anche perché Florenskij ha elaborato poco sull’argomento,

mentre ci sembra che sia necessario mettere sotto la lente quest’aspetto

rilevante della prassi spirituale ortodossa, tanto che lo stesso Florenskij

l’apprezzava molto e nella controversia onomatodossa ha preso la difesa dei

monaci-atoniti51

.

Secondo i Santi Padri della Chiesa, i sentimenti con i quali si

percepisce il mondo spirituale non sono uguali a quelli con i quali si

conosce il mondo materiale. Nell’uomo sono presenti due sistemi di sensi,

naturale e soprannaturale (soprannaturale perché il suo oggetto di

conoscenza sono le realtà soprannaturali), ma tante volte quest’ultimo viene

oscurato e si pensa che sia presente solo quello esterno, sensitivo.

Dunque oltre al normale sistema dei sensi, nell’uomo esiste anche un

altro, interno, soprasensibile, il quale in un certo modo rispecchia nella

51

Va considerato che Florenskij nella sua opera filosofica aveva scopi diversi da quelli

riguardanti la prassi spirituale dell’ascesi ortodossa orientale. Lui comunque condivideva la

tradizione dei Padri bizantini ed atoniti dell’Ottocento.

Per la gnoseologia florenskiana il punto di partenza è la definizione dell’atto

conoscitivo come atto di unione interiore del conoscente con il conosciuto. Sotto questa

luce, la conoscenza diventa un atto ontologico, un atto di cambiamento della propria natura

da parte dell’uomo. Qui si può parlare di transustanziazione dell’uomo o della sua

divinizzazione: «La vera conoscenza è conoscenza della verità ed è possibile soltanto

attraverso la transustanziazione dell’uomo, la sua divinizzazione, l’acquisto dell’amore, e,

viceversa la conoscenza della verità si manifesta attraverso l’amore: chi è con l’amore non

può non amare. Qui è impossibile dire che cosa sia la causa e che cosa l’effetto, perché

l’una e l’altro sono soltanto aspetti di un’unica realtà: l’ingresso di Dio in me come

soggetto filosofante e di me in Dio come verità oggettiva» (Stolp, 115). A questo punto,

entrando nell’unità conoscitiva con un’altra realtà, l’uomo incontra la Verità che, secondo

la tradizione ortodossa, si svela come la luce. Non è per caso che la Quarta lettera de La

Colonna e il fondamento si chiama La luce della Verità riferendosi così alla

contemplazione della luce taborica praticata negli ambiti monastici e dogmatizzata nei

concili costantinopolitani nella metà del XIV secolo. Illuminato da tale luce l’uomo

«gioisce con trepidazione inspiegabile, scorgendo all’interno del proprio cuore la luce

intellettuale, la luce del Tabor; ed egli stesso diventa spirituale e bello» (Stolp, 137), e qui

si può costatare che Florenskij adopera il concetto della visione spirituale in quanto di un

sentimento mistico pur non approfondendolo appositamente.

CAPITOLO III: IL SIMBOLO

39

nostra mente quello sensibile (per esempio, «l’uomo interno» di cui parlava

San Paolo (Ef 3,40).

Il contenuto della coscienza interna è il mondo pluridimensionale e

multiforme il quale non si riduce solo all’attività del nostro pensiero

discreto. C’è il «pensiero diverso» ossia la vista interna con cui

contempliamo le immagini che vengono percepite dalla coscienza. C’è

«l’udìto interno» che sente i suoni interni. Ci sono, pur non essendo così

sviluppati, gli altri sensi interni che sono analoghi agli altri tre sensi.

Questo sistema di percezione interno ha le sue proprietà e le sue

leggi, le quali soltanto parzialmente coincidono con le proprietà del sistema

fisico52

. San Paolo Apostolo nelle sue lettere sviluppa particolarmente

l’aspetto escatologico di questo tema (cioè del tema dei sensi

soprannaturali): dopo la risurrezione la natura umana assumerà in sé dei

sensi diversi con i quali sarà possibile vedere il volto Dio «faccia a faccia»

(1 Cor 13,12).

Questo discorso viene ripreso da San Ireneo di Lione, Clemente

d’Alessandria e in modo più profondo da Origene che ha elaborato ed ha

adoperato una serie di termini: «i sensi spirituali», «i sensi dell’uomo

interno», «i sensi divini», «i sensi dell’anima» e così via53

.

I sensi spirituali però non si presentano sotto forma di «secondo

sistema dei mezzi di percezione» nascente indipendentemente dal primo

52

Ovviamente queste leggi sono molto importanti per ogni arte che pretende di entrare

nell’ambito “dell’uomo interno” ed, in particolare, necessariamente sono tenute presenti,

per esempio, nell’iconografia. 53

Сf, ORIGENE, De principiis I. 1, 9; II. 3, 6. «Car qu’est-ce que voir Dieu avec le cœur,

sinon, comme nous l’avons exposé plus haut, le comprendre et le connaître par

l’intelligence? Fréquemment, en effet, les appellations des organes sensibles sont rapportés

à l’âme. On dit qu’elle voit avec les yeux du cœur, c’est à dire qu’elle devine par la force de

l’intelligence quelque réalité intellectuelle; on dit qu’elle entend avec oreilles, lorsqu’elle

perçoit un sens d’une compréhension plus profonde; on dit qu’elle se sert de dents,

lorsqu’elle mâche et mange le pain de vie descendu du ciel; on dit pareillement qu’elle use

du ministère des autres organes qui, sous une appellation corporelle, sont attribués aux

facultés de l’âme, selon ce que dit Salomon: Tu trouveras une sensibilité divin. Il savait en

effet qu’il y a en nous deux genres de sensibilité, l’un qui est mortal, corruptible, humain, et

l’autre immortel et intellectuel qu’il appelle ici divin. C’est par cette sensibilité divine, non

des yeux, mais du cœur pur qui est l’intelligence, que Dieu peut être vu de ceux qui en sont

dignes» (ORIGENE, Traité des principes, introduzione, testo, traduzione a cura di Henri

CROUZEL e Manlio SIMONETTI, in SC 252, Les éditions du cerf, Paris 1978, 109-111. Si

veda anche: J. MOUROUX, Le sentir spirituel, in L'expérience chrétienne, Aubier, Paris

1954; H.U. BALTHASAR, von, La percezione della forma, Jaca Book, Milano 1975; K.

RAHNER, I sensi spirituali secondo Origene, in Teologia dell'esperienza dello spirito, Roma

1978.

I TRATTI DELLA FILOSOFIA DI PAVEL ALEKSANDROVIČ FLORENSKIJ

40

cioè dai sensi naturali. Pur essendo le modalità principalmente diverse, i

sensi spirituali nello stesso tempo nella loro origine e formazione, sono

legati strettamente con i sensi naturali. Dato che il corpo «si deifica insieme

all’anima»54

anche i suoi sistemi di percezione vengono coinvolti nel

processo spirituale e si trasformano subendo un certo cambiamento mistico

– allargamento, rafforzamento, assottigliamento…- e il risultato di tutto ciò

nella tradizione ascetica orientale viene chiamato «apertura dei sensi»: la

formazione delle percezioni soprannaturali.

Quei mezzi con i quali si realizza il dialogo «Dio-uomo» sono

diversi e particolari e l’uomo deve ancora acquisirli. In questo processo non

esiste la conseguenza causale. L’esperienza mistica ortodossa li chiama

sensi «razionali» () o «spirituali» ed ha testimonianza che essi

appaiono oppure «si aprono» nell’uomo sotto l’influsso della grazia.

Testimonianze di questo genere attraversano come un filo rosso tutta la

tradizione ortodossa esicasta. Così scrive l’autore di un testo fondamentale –

I discorsi spirituali attribuito fin dall’antichità a San Macario d’Egitto:

«Ci sono gli occhi che sono l’interno di questi occhi fisici, c’è

l’udito che è l’interno di questo udito. E come questi occhi materialmente

vedono e riconoscono la faccia dell’amico o dell’amante, così gli occhi

illuminati dalla luce divina spiritualmente vedono e riconoscono il

Signore»55

.

A sua volta Sant’Andrea vescovo di Creta (VII-VIII secolo) nella

sua Omelia sulla Trasfigurazione dice che gli apostoli contemplavano la

luce taborica «avendo acquisito il senso soprannaturale». Poi, nella mistica

di San Simeone il Nuovo Teologo (X-XI secolo) il tema dei sensi spirituali

riceve una continuazione considerevole soprattutto nelle sue descrizioni

delle contemplazioni della luce divina per mezzo «dell’occhio depurato

dell’anima». Anche dopo di lui il tema rimane e si sviluppa.

L’argomento centrale della cosiddetta «polemica esicasta» di XIV

secolo – la provenienza delle contemplazioni di luce nell’esperienza degli

esicasti atoniti – sta in connessione diretta con il problema dei sensi

spirituali. Questo episodio della storia ecclesiastica aggiunge una nuova

importante pagina a questo tema.

54

Gregorio PALAMAS, Discorsi in difesa dei santi esicasti, I, 3, 37. Si veda: Gregorio

PALAMAS, Atto e luce divina. Scritti filosofici e teologici, a cura di Ettore PERRELLA,

Bompiani, Milano 2003. 55

PSEUDO-MACARIO, I discorsi spirituali, Hom. 28, 5. Si veda: PSEUDO-MACARIUS, The

fifty spiritual homilies and the great letter, Paulist Press, NY 1992.

CAPITOLO III: IL SIMBOLO

41

Il contributo decisivo è stato proposto e spiegato, in primo luogo,

nelle Tre triadi in difesa dei santi esicasti () di

San Gregorio Palamas. Nell’analisi delle visioni esicaste della luce divina

troviamo per la prima volta la chiara distinzione tra i tipi o livelli di

conoscenza: quello sensitivo, fisico e quello mistico, soprannaturale.

«La visione non è sensazione perché la luce non si percepisce

per mezzo degli organi dei sensi, non è neanche il pensiero perché non la

si trova attraverso i ragionamenti e la conoscenza logica (I. 3, 18). Questo

è ciò che noi chiamiamo il conoscere oltre la conoscenza intendendo

mostrare che questa visione la prova chi possiede sia la mente che i sensi,

ma vede ciò che è oltre queste due facoltà: cioè – l’uomo»56

.

«In quel caso l’uomo vede con lo spirito, ma non con la mente o

con i sensi; grazie ad una certa conoscenza soprannaturale egli sa

esattamente che vede la luce la quale è al di sopra della luce naturale, ma

non sa per mezzo di che cosa la vede e non può venire a sapere la natura

della sua visione. Ne ha parlato S. Paolo, quando sentiva ciò che è

inesprimibile e vedeva ciò che è invisibile: “se nel suo corpo o fuori del

corpo, non lo so, Dio lo sa” (2 Corinzi: 12, 2), cioè egli non sapeva se la

sua mente oppure il corpo fossero stati organo della sua visione.

L’Apostolo non vede con l’occhio carnale, ma con la stessa chiarezza e

perfino in modo molto più chiaro»57

.

Importante è che, nonostante il distacco dei sensi spirituali da quelli

naturali, i Padri della Chiesa esprimono l’idea che i primi non sono

completamente separati dai secondi, ma li adoperano in qualche modo, li

mettono a servizio.

Questa sembra un’osservazione necessaria per capire di che cosa sta

parlando Florenskij: la purificazione è indispensabile per poter vedere e

sentire le realtà divine. L’uomo insieme all’autoperfezionamento non

sviluppa soltanto i suoi sensi soprasensibili (i quali servono per la

conoscenza intuitiva e quindi ci interessano come i mezzi della teodicea

florenskiana), ma anche i sensi naturali, con i quali entriamo già nel campo

dell’antropodicea, vengono acuiti per meglio percepire le realtà manifestate

nei simboli:

«qual è il criterio di verità di questa vita (vita spirituale – A. Y.)?

La bellezza. Perché esiste una particolare bellezza spirituale, inafferrabile

con le formule logiche, ma allo stesso tempo, unico metodo giusto per

definire che cosa è ortodosso e che cosa non lo è. Gli specialisti di questa

56

Gregorio PALAMAS, Discorsi in difesa dei santi esicasti, III, 1, 36. 57

Ibid. I, 3, 20-21.

I TRATTI DELLA FILOSOFIA DI PAVEL ALEKSANDROVIČ FLORENSKIJ

42

bellezza sono starcy spirituali: i maestri dell’“arte delle arti” che è

l’ascetica, secondo le parole dei santi padri. Gli starcy “hanno fatto la

mano”, per così dire, nello scoprire la qualità della vita spirituale. Il gusto

ortodosso, il volto ortodosso si sente e non sottostà al calcolo aritmetico;

l’ortodossia si mostra, non si dimostra. Ecco perché c’è un solo metodo

per chi desidera capire l’ortodossia: l’esperienza ortodossa diretta»58

.

La contemplazione di questa bellezza che si raggiunge attraverso la

divinizzazione dell’uomo diventa il punto nodale in tutta l’estetica ortodossa

la quale è oggetto principale dell’esame di Florenskij in tarda età. Lui però

cerca di avvicinarsi al problema dei sensi spirituali rimanendo sempre nel

campo filosofico, lasciando un filone importante a parte: se noi ci troviamo

nel campo se pur filosofico, ma filosofico religioso, è necessario tener

presente quel momento principale che è legato con la prassi spirituale, la

quale insegna che le realtà intelligibili possono essere percepite per mezzo

solo della purificazione personale dell’uomo e non soltanto nel caso

dell’intuizione diretta soprasensibile, ma pure nell’ambito dei sensi

naturali59

.

Se si parla dunque di un tipo di conoscenza «ascendente» – sia

attraverso il mito, vale a dire la parola, che anche attraverso lo sguardo, si

58

Stolp, 40. Nell’ottica di quanto sopraccitato diventa chiara l’importanza della percezione

immediata il cui scopo è di vedere la bellezza interna che diventa il criterio della vita

spirituale. Toccando l’aspetto estetico del problema si nota che Florenskij non era

assolutamente estraneo alla problematicità dei sensi spirituali, anche se non ha elaborato

quest’argomento dettagliatamente. 59

Florenskij stesso parla soprattutto dell’immediatezza del conoscere nell’ambito spirituale,

senza sottolineare l’aspetto ascetico-pratico pur accettando pienamente la tradizione dei

Padri. Anche nel difendere gli onomatodossi lui rimane sempre sulla posizione

esclusivamente filosofica, giustificando la prassi atonita. Il Nostro nell’opporsi alla

conoscenza scolastica morta cerca di fare sempre la distinzione tra la conoscenza del

raziocinio e la conoscenza di fede, la quale è la prima condizione necessaria per

raggiungere quest’immediatezza. Con tale scopo lui fa ricordare tre stadi della fede che

rappresentano tre gradi dell’ascesi della ragione: credo quia absurdum di Tertulliano, credo

ut intelligam di Sant’Agostino e di Sant’Anselmo ed, infine, intelligo ut credam che diventa

il punto in cui: “i confini della fede e del sapere si fondono, crollano le mura di cinta del

raziocinio, tutto il raziocinio si trasforma in una sostanza nuova”. (Stolp, 100).

La fede è fondamentale per la vera conoscenza di Dio, mentre è l’amore che

diventa il principio ontologico di tale conoscenza: oltre ad essere uno strumento

gnoseologico indispensabile () esso costituisce la stessa esistenza

divina secondo la definizione giovannea: (1 Gv 4,8). «La conoscenza

effettiva della Verità è pensabile nell’amore e soltanto nell’amore, e, viceversa, la

conoscenza della Verità si manifesta attraverso l’amore: chi è con l’Amore non può non

amare» (Ibid., 115).

CAPITOLO III: IL SIMBOLO

43

tratterà sempre di una preliminare purificazione dell’uomo prima che

affronti questa strada. Tutto ciò mostra chiaramente che la gnoseologia

dell’antropodicea florenskiana dipende molto dalla dottrina antropologica

patristica.

È interessante sottolineare anche un altro aspetto della prassi ascetica

che è importante per il nostro esame sia nel contesto della compenetrazione

dei due mondi in generale e che nel contesto dei rapporti tra i sistemi degli

organi dei sensi – quello fisico e quello spirituale in particolare:

«gli asceti, nel cammino di divinizzazione che riempie di luce

taborica i loro occhi, mostrano al mondo che è possibile accedere alla

radice eterna di tutte le cose e lasciarsi illuminare dalla luce della verità

che vi abita. Questo non sarebbe ammissibile se non ci fosse uno stretto

legame tra mondo creaturale e mondo divino (corsivo – A. Y.), se non ci

fosse un’originaria forza manifestante che ha il proprio fondamento

nell’eterno amore di Dio. L’uomo spirituale non solo è modello del

cammino verso questa radice; esso diventa anche la forma di questa

radice, subendo una trasfigurazione, quasi fosse assunto nel grembo del

più originario rapporto che Dio ha con se stesso»60

.

Dunque l’unità della coscienza umana nei diversi livelli dei suoi

sensi e la loro compenetrazione garantisce all’uomo la possibilità di

accedere alla Divinità nella deificazione umana, la quale è venuta con

l’incarnazione del Logos, mentre per il nostro lavoro è importante accertarsi

che la gnoseologia florenskiana, trattando della vicinanza e della

penetrazione reciproca dei due mondi, segue fedelmente la tradizione

millenaria dei Padri della Chiesa.

3. La Sofia

Lo sguardo di Florenskij sulle espressioni esterne delle realtà

intelligibili ha fatto sorgere tutta la sua concezione del mondo materiale il

qual è diventato per lui sin dall’infanzia particolarmente prezioso61

.

60

G. LINGUA, Oltre l’illusione dell’Occidente. P. A. Florenskij e i fondamenti della

filosofia russa, Zamorani, Torino 1999, 191. 61

Florenskij da piccolo ammirava la natura, la vedeva come una realtà viva e vicina a lui.

Nelle sue lettere ai figli ricorda l’infanzia e il suo atteggiamento verso la natura: «Il mondo

viveva e io comprendevo quel suo vivere. (…) La percezione infantile – scrive – supera la

frammentazione del mondo dal di dentro. È dal di dentro che si afferma l’unità sostanziale

del mondo, dovuta non al tale o al tal altro segno generico, ma percepibile senza mediazioni

I TRATTI DELLA FILOSOFIA DI PAVEL ALEKSANDROVIČ FLORENSKIJ

44

La sua posizione si è espressa in particolare nel concetto di Sofia, la

quale era «un’icona collettiva» di tutto il creato, un modello della creatura

universale che partecipava addirittura nella vita trinitaria diventando la

«quarta ipostasi».

Il suo concetto di Sofia, Florenskij l’ha espresso nella lettera decima

de La colonna e il fondamento, ed esso costituisce un elemento importante

della sua visione filosofica per capire il modo con cui s’instaurano i rapporti

tra Dio e il mondo e, cioè per capire meglio la stessa sua gnoseologia.

La sofiologia ha inizio con Vladimir Solov’ev, il quale nei vari

periodi della sua vita l’ha concepita diversamente: da quasi anima mundi

platonica ad «Angelo custode del creato»62

, ma il concetto di Sofia non è

stato da lui elaborato in modo esauriente.

La filosofia di Florenskij ha subito un’influenza sia della filosofia di

Solov’ev che del pensiero dell’epoca del simbolismo nell’arte negli inizi del

Novecento che entrambe hanno fatto il concetto di Sofia molto noto e

utilizzato negli ambienti filosofico e artistico. Tra i suoi sostenitori più

conosciuti va ricordato padre Serghey Bulgakov, il quale, però, aveva un

concetto diverso da quello florenskiano – egli sviluppava la componente

cosmologica della sofiologia, mentre Florenskij si concentrava sull’aspetto

antropologico del problema, trattava dell’unità di Sofia come un’umanità

collettiva (anche se essa comprendeva tutta la creatura).

«La Sofia è la Grande Radice della creatura totale (cf. Romani:

8, 22: , cioè il creato tutto integrale e non semplicemente il

tutto). Per lei il creato penetra nell’intimo della vita triadica e ottiene la

vita eterna dall’unica Fonte della vita»63

.

– ессо соme Florenskij caratterizza la sua Sofia.

quando l’anima si fonde con i fenomeni percepiti. Si tratta di una percezione mistica del

mondo. (…) La natura, lo credevo e lo sentivo, si nascondeva agli uomini; io, però, ero il

suo prediletto, ed essa desiderava mostrarsi a me nella sua essenza autentica senza risultare

visibile agli altri. E allora mi mandava dei segnali, mi parlava in forme cui solo io avevo

accesso, perché sapessi dove dirigere la mia attenzione. I cuccioli, alcuni uccellini, le

lucertole dai begli occhi scuri, talvolta le piccole ranocchie verdi, oltre che i fiori, mi

parlavano a quel modo. I minerali, diversi fenomeni della natura, colori, odori e sapori

soprattutto, erano intrisi dell’energia profondissima della natura di gran lunga più degli

animali e degli uccelli, e finanche dei fiori, ma in essi quella potenza intensa e gorgogliante

rimaneva muta, privata dell’organo dell’espressione» (DV, 126-128). 62

G. LINGUA, op .cit., 190. 63

Stolp, 338.

CAPITOLO III: IL SIMBOLO

45

Certamente sotto quest’aspetto appare più chiara anche la sua

gnoseologia: se la creatura nella sua espressione sofianica partecipa nella

vita della Santissima Trinità allora diventano possibili i rapporti diretti tra il

Creatore e la creazione – la molteplicità si realizza nell’Uno, L’Uno

partecipa nella vita della molteplicità.

Si vede subito che i tratti della Sofia hanno molto in comune con il

concetto florenskiano del simbolo e dell’idea. Notiamo, infatti, che dopo La

colonna e il fondamento della Verità Florenskij non menziona più Sofia che

viene sostituita dal simbolo il quale diventa a sua volta quella mediazione

gnoseologica che egli introduce nella propria filosofia. In parte questo si

spiega con il fatto che lo stesso concetto, come veniva esposto da lui,

assomigliava molto a un insegnamento nuovo e persino discordante con la

dottrina della Chiesa. Difatti, più tardi le sofiologie bulgakoviana e

florenskiana sono state condannate dal Sinodo della Chiesa Ortodossa Russa

all’Estero64

.

D’altra parte Florenskij non poteva non capire che il concetto di

Sofia era troppo vicino al panteismo e al paganesimo (nella lettura

dell’anima mundi platonica) e così ha sostituito un’unica Sofia con i tanti

simboli e idee.

4. La manifestazione del simbolo nel mondo: lo sguardo e il nome

Dopo l’esame del concetto di simbolo in Florenskij bisogna dunque

osservare come appaiono i simboli nel mondo. L’espressione esterna di una

realtà suprema può essere rivelata in diversi modi, e ogni organo dei sensi

umani è capace di percepire la propria parte (tornando a quanto detto nel

capitolo precedente: tanto più può percepire quanto più spiritualmente è

puro). Ci sono, però, come abbiamo già accennato prima, i due sensi umani

più sviluppati (e non soltanto quelli naturali, ma anche soprannaturali) e

perciò – più capaci di comprendere i segni del mondo esterno: essi sono la

64

Il concetto florenskiano di Sofia è stato più volte criticato sia da parte della Chiesa

ufficiale che da parte di alcuni illustri filosofi russi a lui contemporanei. Per esempio, G.

Florovskij nella sua opera Puti russkogo bogoslovia (Le vie della teologia russa) VII, 6,

Pariž 1937, 496) punta molto sul tema di assenza in La colonna e il fondamento della verità

dei capitoli cristologici. Il Cristo viene nascosto dietro la Sofia la quale diventa per umanità

un ponte lanciato nella vita trinitaria. Nella sua suprema rivelazione essa si manifesta nella

figura della Madre di Dio la quale, secondo Florovskij, quasi sostituisce in Florenskij la

persona del Redentore.

I TRATTI DELLA FILOSOFIA DI PAVEL ALEKSANDROVIČ FLORENSKIJ

46

vista e l’udito. Attraverso queste capacità vengono percepite due forme di

manifestazione delle realtà trascendentali: lo sguardo e il nome.

Il filosofo russo Alexey Fedorovič Losev (1893 – 1988)65

nella sua

opera Studio sul simbolismo antico e la mitologia scrive:

«Il nuovo che Florenskij apporta alla comprensione del

platonismo è il concetto dello sguardo e del nome magico. Secondo

Florenskij l’Idea di Platone è esprimibile ed ha un preciso sguardo vivo.

Come nell’elaborazione di un ritratto o di una statua l’artista suscita in

noi – attraverso la diversa raffigurazione di certe parti del volto o del

tronco – la sensazione di un loro movimento vivo, così anche l’Idea

platonica ha lo sguardo vivo che rispecchia – nel gioco dei raggi di luce

che escono da esso – la sua arcana vita interiore»66

.

Le parole di Losev, che gran parte della sua vita ha dedicato allo

studio del simbolo nella filosofia antica ed alla sua ricezione nel

cristianesimo, ci convincono che l’analisi florenskiana del significato del

simbolo è veramente una nuova comprensione del platonismo nella quale il

mondo delle idee diventa più vicino al mondo empirico e nella quale i

rapporti tra due mondi diventano vivi.

Per la gnoseologia dell’antropodicea il punto di partenza è quello di

trovare dove s’incontrano la singolarità e la molteplicità, l’uno e il

molteplice - Abbiamo riportato sopra, nella sezione Le Idee,

la sua definizione: «L’unità nella molteplicità si chiama idea». Allora idea è

un punto d’incontro mistico tra l’unità dell’intelligibile e la molteplicità del

mondo empirico. Dal punto di vista ontologico l’idea platonica, come la

comprende Florenskij, è una specie di ponte che collega le due realtà, ma

65

A. F. Losev era molto vicino a Florenskij nella comprensione del nome e dell’immagine.

Egli apparteneva alla scuola fenomenologica russa e, secondo Zen’kovskij, la sua

straordinaria erudizione faceva ricordare Florenskij (V. ZEN’KOVSKIJ, op. cit., 137.). Morto

nel 1988 egli fortunatamente è sopravvissuto agli anni del lager sovietico ed ha lasciato

un’eredità filosofica e filologica enorme dedicandosi nello studio soprattutto al mondo

antico.

Egli ha scritto un articolo importante Termin “magia” v ponimanii P. A.

Florenskogo (Termine “magia” nella concezione di P. A. Florenskij) dove spiega la visione

florenskiana di questo fenomeno. Losev aveva molti punti in comune con Florenskij: la

stessa idea di “integrità” del sapere presa nel suo aspetto epistemologico, la stessa

importanza dell’espressione esterna di un’idea, lo stesso metodo dialettico che avvicina

ambedue i filosofi a Platone. 66

A. F. LOSEV, Očerki antičnogo simvolizma i mifoloii (Studio sul simbolismo antico e la

mitologia), Moskva 1993, 692-693.

CAPITOLO III: IL SIMBOLO

47

materialmente essa viene «vestita in simbolo» il quale a sua volta appare

come lo sguardo e come il nome.

La parola e l’immagine assurgono così a spazi privilegiati di

manifestazione energetica perché sono le forme principali dove l’attività

conoscitiva dell’uomo incontra il rivelarsi degli stati profondi della realtà67

.

Secondo le parole di Graziano Lingua:

«La parola e l’immagine, nella loro forma densa di “nome” e

“icona”, sono, infatti, contemporaneamente spazi di rivelazione

dell’invisibile nel visibile e dell’inaudibile nell’ascoltabile e strumenti

dinamici attraverso cui l’uomo costruisce il suo mondo culturale, o se

vogliamo il suo spirito oggettivo»68

.

4. 1. Lo sguardo

Nell’opera Il significato dell’idealismo Florenskij, ricercando il

passaggio dall’«universale» al «concreto», ha esaminato il problema di

che, secondo lui, sta alla base di tutto il sapere, la cui soluzione

lo ha condotto al problema di vita e quella, a sua volta, l’ha portato

all’ulteriore problema dell’uomo e del corpo umano. Quest’ultimo tema si

concentra nel problema del volto, e più precisamente nello sguardo umano.

Quando nella sezione Lettura florenskiana di Platone abbiamo

esaminato l’etimologia del termine idea ( < Fidein < Fid = «вид»

(slavo), «», «vista»), abbiamo già detto che Florenskij avvicinava

molto il concetto di idea all’immagine e al volto. Infatti, idea è volto o

sguardo di una realtà diversa che osserva questo mondo e appare in esso. E

quindi proprio lo sguardo è un’espressione più autentica e precisa di idea.

Essa stessa, secondo le parole di Florenskij, è lo sguardo:

67

Nel suo Agli spartiacque del pensiero, Florenskij fa ricordare che: «sin dall’antichità le

due capacità conoscitive furono ritenute nobilissime: l’udito e la vista» (SČT 3 (1), 364,

traduzione di A. YASTREBOV). Probabilmente padre Pavel aveva in mente anche Aristotele

che metteva in rilievo l’udito e la vista e li chiamava: “i sensi metafisici.” 68

G. LINGUA, La parole e le cose. La filosofia del nome di P.A. Florenskij in Dialegesthai.

Rivista telematica di filosofia [in linea], anno 4 (2002) [inserito il 26 luglio 2002],

disponibile su World Wide Web: <http://mondodomani.org/dialegesthai/>, [34 KB], ISSN

1128-5478.

I TRATTI DELLA FILOSOFIA DI PAVEL ALEKSANDROVIČ FLORENSKIJ

48

«Sì, l’idea è il volto del volto, ossia lo sguardo»69

.

E rispetto alla persona umana –

69

SI, 136. La specie (lo sguardo) è tale «non per se stessa, ma in quanto fornisce la

conoscenza di ciò di cui è proprio la forma e la specie» – questa sua posizione diventa

molto importante dopo, quando si tratterà della filosofia del culto, soprattutto, delle icone.

I concetti del volto e dello sguardo, Florenskij così li spiega: «Il volto è ciò che

vediamo nell’esperienza diurna, ciò che ci svela la realtà del mondo terreno; e la parola

“volto”, senza sforzature di lingua, può applicarsi non soltanto all’uomo, ma anche agli altri

esseri e realtà, quando è chiaro il rapporto con essi, e così, parliamo per esempio del volto

della natura ecc. Si può dire che volto è quasi sinonimo della parola manifestazione, è la

manifestazione appunto della coscienza diurna. Il volto non è privo di realtà e di

oggettività, ma il confine della soggettività e dell’oggettività nel volto non è chiara alla

nostra coscienza e pertanto per questa sua evanescenza, anche se pienamente convinti della

realtà di ciò che abbiamo percepito, non sappiamo o comunque non sappiamo chiaramente

ciò che appunto nel percepito è reale. In altre parole, la realtà è presente nella percezione

del volto, ma in modo vitale, organicamente impregnando la conoscenza e formando la base

inconscia dei successivi processi conoscitivi. Si può inoltre dire che il volto è il modello

grezzo su cui lavora il ritrattista, che ancora non è stato artisticamente elaborato (…)

Viceversa lo sguardo è appunto la manifestazione dell’ontologia. Nella Bibbia si distingue

l’immagine di Dio dalla somiglianza di Dio; e la tradizione eccelsiastica spiegò che la

prima si doveva intendere come qualcosa di attuale – un dono ontologico di Dio, come il

fondamento spirituale d’ogni uomo in quanto tale, mentre la seconda come potenza,

possibilità di perfezione spirituale, forza di conformare tutta la personalità empirica, nella

totalità del suo fondamento, in immagine di Dio, cioè la possibilità che l’immagine di Dio,

nostro intimo patrimonio, s’incarni nella vita, nella personalità e in tal modo si mostri in

volto. Allora il volto assume la dignità della sua struttura spirituale a differenza di un mero

volto e anche a differenza del ritratto artistico, perché non lo fa in forza di motivi esteriori a

se medesimo, come quelli compositivi, architettonici, caratterologici ecc., e non in una

raffigurazione, ma nella propria realtà sostanziale e secondo le leggi profonde del suo

essere particolare. Ogni cosa casuale, condizionata da cause esteriori al proprio essere, in

genere tutto ciò che nel volto non è il volto stesso, ora è scartato, respinto dalla sorgiva,

erompente attraverso la spessa scorza materiale, dell’energia dell’immagine di Dio: il volto

è diventato sguardo. Lo sguardo è la somiglianza a Dio resa presente sul volto. Allorché

vicino a noi c’è una somiglianza a Dio, ci è dato di dire: ecco l’immagine di Dio, ma

immagine di Dio significa che c’è il Raffigurato da quell’immagine, il suo Archetipo. Lo

sguardo di per sé, in quanto contemplato, essendo testimonianza di questo Archetipo e

trasfigurando il suo volto in sguardo annuncia i misteri del mondo invisibile senza parole,

con il suo stesso aspetto. Se pensiamo che in greco sguardo si dice idea - - che

appunto in questa accezione di sguardo, di esistenza spirituale rivelata, di significato eterno

contemplato, di celeste bellezza d’una realtà, suo Archetipo celeste, raggio della Fonte di

tutte le immagini, fu usata la parola idea da Platone e che da lui essa si estese alla filosofia,

alla teologia e perfino alla lingua corrente…» Ikonostas, 42-43.

CAPITOLO III: IL SIMBOLO

49

«Che cos’è lo sguardo di un uomo se non un trasparire nel suo

viso della sua idea?»

– scrive in Il significato dell’idealismo70

.

Florenskij riscopre quest’elemento molto caratterizzante non solo per

la filosofia di Platone, ma per tutta la cultura greca, la quale è

completamente costituita sulla percezione della luce; tutta la psicologia

greca è formulata in categorie di impressioni visive:

«È evidente che il principio supremo della conoscenza e

dell’esistenza – l’idea – nell’esperienza concreta non avrebbe potuto

essere collegata a nulla se non alla vista ed al visibile»71

.

La testimonianza dello stesso Platone segue subito dopo:

«Capisci – esclama Platone in un altro punto

72 - quale forza

preziosa è stata donata dall’Artefice dei sensi quando ha creato la

possibilità di vedere e di essere visti?»

In tal modo diventa chiaro come la vista umana e l’apparizione del

fenomeno sono importanti per Florenskij-platonico73

. Ecco perché la

filosofia della bellezza, la filosofia dell’arte, diventa uno dei temi principali

del pensiero florenskiano. Ad essa egli ha dedicato l’ultimo periodo della

sua vita, ed essa è stata in seguito sviluppata molto nelle opere di Alexey

Losev74

.

Florenskij scrive alcune opere dedicate al tema della bellezza e dello

spazio nell’arte, tra le quali le più importanti per la comprensione del

70

SI, 130. 71

Ibid., 139-140. 72

PLATONE, La Repubblica, VI, 507, cit. in P. A. FLORENSKIJ, Il significato dell’idealismo,

139. 73

«Per quanto riguarda la Bellezza – qui Platone innalza una lode alla luce e alla visione –

essa splendeva () fra le realtà di lassù come Essere. E noi, venuti quaggiù l’abbiamo

colta con la più chiara delle nostre sensazioni, in quanto risplende in modo luminosissimo.

Infatti, la vista per noi, è la più acuta delle sensazioni che riceviamo mediante il corpo

(PLATONE, Fedro 250 D)». P. A. FLORENSKIJ, op. cit., 138. 74

Losev a proposito del concetto dello sguardo così scrive: «Florenskij parla di sguardo.

Questo sguardo è pieno delle intimissime energie interiori. Lo sguardo (lik) presuppone

l’esistenza di una persona (ličnost’) a cui esso appartiene, l’individualità spirituale, la

libertà intrinseca dello spirito anche se incatenato, anche se sofferente (infatti, è possibile

privare l’uomo della libertà?)» A. F. LOSEV, Studio sul simbolismo e la mitologia antica,

Mysl’, Moskva 1993, 705, traduzione di A. YASTREBOV.

I TRATTI DELLA FILOSOFIA DI PAVEL ALEKSANDROVIČ FLORENSKIJ

50

significato dello sguardo nella cultura cristiana sono Ikonostas (Le porte

regali), Obratnaja perspektiva (La prospettiva rovesciata)75

; negli anni

Venti egli non poteva più esprimersi liberamente, ma continuava a scrivere

sull’analisi dello spazio nell’arte: le lezioni tenute dal 1923 al 1924 poi sono

state pubblicate sotto il titolo Prostranstvo i vremja v iskusstve (Lo spazio e

il tempo nell’arte)76

.

4. 2. Il Nome

Nella sezione Lettura florenskiana di Platone si è cominciato a

parlare del suo simbolismo mistico, il quale attinge alle tradizioni mistiche

dei tempi primitivi.

Sono state inoltre ricordate le parole di Florenskij:

«Platone dunque non è un frutto della filosofia scolastica – è un

fiore dell’anima popolare, e i suoi colori non impallidiranno mai finché

sia viva quest’anima. (…) – Dai quali dati della coscienza (proviene il

platonismo – A. Y.)?»77

.

Rispondendo a questa domanda il Nostro giunge alla persuasione che

la capacità di sentire, insieme alla vista, è più importante nel percepire ciò

che trascende la comprensione umana. L’udito è viene per primo in quanto

più vicino alla natura. Lo segue la capacità della percezione estetica – la

visione. Di conseguenza la parola – e più particolarmente il concetto del

nome – appare importante che sia messa in luce come il punto di partenza

nello stabilire i rapporti con il mondo intelligibile.

Ripetiamo che la filosofia del nome di Florenskij è strettamente

legata con il suo concetto di magia, il quale ha un ruolo particolare nella

spiegazione florenskiana dei rapporti tra i mondi – quello spirituale e quello

materiale – ed era per lui un mezzo importante per capire il pensiero di

Platone. Padre Pavel espone la sua visione del problema nella lezione Le

radici dell’idealismo comuni a tutta l’umanità (Obščečelovečeskie korni

75

Si veda in particolare la sezione Porte regali e le successive del Capitolo IV del presente

lavoro. 76

Alla filosofia florenskiana sulla bellezza e alla sua comprensione del ruolo dell’immagine

nell’arte ecclesiastica si tornerà nel Capitolo IV del presente studio quando si parlerà della

filosofia del culto. 77

OKI, 147.

CAPITOLO III: IL SIMBOLO

51

idealizma)78

, nella quale cerca di avvicinare la spiritualità primitiva

popolare e l’idealismo platonico.

Ad ogni modo, prima di parlare del nome in Florenskij bisogna

capire che cosa lui intendeva per magia, cioè l’ambito in cui viene applicato

il nome. Qual è l’idea principale di una tale identificazione un po’

provocatoria delle radici del platonismo con la magia? È certo che

Florenskij voleva rilevare quel fatto che la filosofia di Platone tra tutte le

dottrine religiose e le concezioni del mondo filosofiche era la più vicina alla

contemplazione diretta della Divinità. Con lo scopo di sottolineare la sua

immediatezza nei rapporti con il mondo spirituale Florenskij ha preso la

magia come esempio del “contatto diretto” con l’atro mondo.

Lo stesso concetto della magia, lo intendeva come mistero

dell’incontro dell’uomo vivo con la natura viva79

. La vita, la realtà del

rapporto – ecco che cosa per Florenskij era importante evidenziare. La

religione vuol dire la connessione, e in questo caso, secondo lui, essa ha

tanto in comune con la magia.

Alla fine, la «magia» significa in Florenskij la natura viva e

simbolica della mitologia antica dalla quale è pervenuta la stessa filosofia e

con la quale quest’ultima è rimasta indissolubilmente legata80

.

Del senso ontologico del nome, Florenskij ne parla particolarmente

in Obščelovečeskie korni idealizza (Le radici dell’idealismo comuni a tutta

l’umanità) e più tardi nel lavoro intitolato Magičnost’ slova (Il valore

magico della parola) (1920) che fa parte del ciclo Mysl’ i jazyk (Il pensiero e

il linguaggio) (1918-1922), mentre la dimostrazione storica della sua

dottrina si trova nei cicli: Imena (I nomi) che lui ha finito nel 1926 e

Filosofija kulta (La filosofia del culto).

Nel libro Il valore magico della parola dimostra la sostanzialità della

parola, la sua corporeità contro i nominalisti medievali che cercavano di

dimostrare che la parola fosse un suono vuoto, un flatus vocis, un nihil

audibile. Cominciando dallo studio della fisica egli ha riportato tutta una

serie d’esempi basandosi sulla seconda legge termodinamica e ha dimostrato

che la voce, la parola, può produrre un’energia molto potente

qualitativamente anche se non quantitativamente. Passando poi all’aspetto

78

Presentata nell’Accademia Teologica di Mosca 17 settembre 1908. 79

Secondo le parole di A. F. Losev in Termin “magia” v ponimanii P. A. Florenskogo

(Termine “magia” nella concezione di P. A. Florenskij), in SČT 3 (1), 249-251. 80

Sostanzialmente la magia è un luogo di contatto tra le realtà – quella fisica e quella

spirituale, ed evidentemente in quest’ambito che trova posto anche la magia nera,

demoniaca.

I TRATTI DELLA FILOSOFIA DI PAVEL ALEKSANDROVIČ FLORENSKIJ

52

filosofico del problema insiste che le parole – e innanzitutto i nomi – sono

gli organismi che hanno una loro propria struttura e addirittura il corpo così

come lo ha, per esempio, la fiamma. La parola è il «seme», la sua attività nel

mondo è quella di «inseminare» l’udito. Non per caso nella parabola del

seminatore Gesù spiega il seme come la parola (Mt 13,3; Mc 4,14; Lc 8,5).

Seguendo Platone (Cratilo), Florenskij è convinto che le parole non

sono semplice invenzione umana, ma vengono date alle cose secondo la loro

natura, , e portano in sé il seme che fa ogni cosa ciò che essa è81

.

Secondo gli antichi il nome è la sostanza della cosa, il suo

.

Padre Pavel scrive in Le radici dell’idealismo comuni a tutta

l’umanità:

«Il nome della cosa è un’idea-potenza-sostanza-parola che

stabilisce per questa cosa l’unità della sostanza nella molteplicità delle

sue espressioni; essa è il principio che trattiene e plasma la stessa essenza

della cosa»82

.

E qui ancor una volta è possibile accorgersi che il sistema filosofico

di Platone – prima di tutto nella sua dottrina del nome espressa nel Cratilo –

è molto vicino alle credenze popolari. C’è, però, secondo il Nostro, una

differenza – il filosofo è più astratto del popolo; ciò che il popolo dimostra

con le percezioni e i sentimenti diretti, il filosofo cerca di dimostrare con la

logica.

Florenskij paragona le idee di Platone con i nomi delle cose nelle

credenze popolari – sia le prime che i secondi hanno i due fulcri di leva nel

81

Florenskij aggiunge allo sguardo platonico la dimostrazione per assurdo nella prospettiva

storica: i nomi umani programmano in un certo senso il comportamento delle persone e

l’atteggiamento degli altri verso di loro. Se un bambino, per esempio, verrà chiamato

Napoleone, in esso di sicuro ci sarà qualcosa di napoleonico. 82

OKI, 164, traduzione di A. YASTREBOV. Il nome è un «grumo» delle energie mistiche.

Sia nelle religioni antiche che anche per Platone, il nome era un segno dell’individualità

mistica dell’uomo o della cosa. Da qui proviene l’interesse di Florenskij per la filologia

classica, per la poesia romantica tedesca dell’Ottocento, per le correnti a lui contemporanee

nella letteratura russa – cosiddetto Simbolismo, e generalmente parlando il suo

atteggiamento particolare alla parola. Non c’è dubbio che l’interesse di padre Pavel verso la

filosofia del linguaggio in gran parte è stato suscitato sia dall’ambiente dei simbolisti che

pure dalla polemica sull’onomatodossia, nella quale, come abbiamo già detto, è intervenuto

sostenendo i monaci-onomatodossi. Egli stesso non soltanto partecipava alle riunioni dei

«simbolisti», ma scriveva le poesie: da giovane ha pubblicato un libro in versi, mentre il

suo poema Oro, dedicato al figlio, è stato scritto da lui nel lager poco prima della sua

morte.

CAPITOLO III: IL SIMBOLO

53

dimostrare la loro natura antinomica: le idee per la ragione sono gli

strumenti per conoscere ciò che veramente esiste, ma d’altra parte esse

stesse sono la realtà da conoscere. Allo stesso tempo nella percezione

magica del mondo i nomi sono i mezzi per entrare nelle realtà diverse:

conoscendo il nome è possibile conoscere la cosa. D’altra parte essi stessi

sono le realtà mistiche da essere conosciute.

Florenskij affermava che nell’ambito gnoseologico la questione dei

nomi era un vero e proprio spartiacque tra due visioni del mondo principali:

da una parte, Heraclito, Platone, i realisti del Medioevo, gli onomatodossi

del Tempo Moderno, dall’altra parte – i sofisti, gli scettici, i nominalisti del

Medioevo ed i positivisti del Tempo Moderno.

La filosofia del nome magico e dello sguardo è stata poi sviluppata e

adoperata da Florenskij in: Filosofia kulta (La filosofia del culto), Ikonostas

(Le porte regali) e negli altri scritti dedicati alla tradizione liturgica cristiana

ortodossa.

Per quanto riguarda la filosofia del linguaggio di Florenskij ci

sarebbe ancor tanto da esaminare. Egli ha dedicato intere parti delle sue

opere all’analisi filologica dei diversi concetti e ha dato importanza

particolare all’uso del nome e del mito in genere.

Considerazioni conclusive

Tutto ciò di cui è stato parlato in questa parte dello studio, ci rileva

che il simbolismo filosofico di Florenskij deve essere esaminato in modo

particolare e necessariamente nel suo contesto storico perché esso è stato

influenzato tanto durante la sua formazione dalle diverse correnti della

filosofia e della letteratura di allora. Basti ricordare Vjacheslav Ivanov, il

fondatore del realismo simbolico, al quale Florenskij ha dedicato una copia

del suo Significato dell’idealismo con le parole: «Con le scuse di aver evaso

il Suo campo di ricerca»83

. Fu infatti Ivanov che pronunciò la frase che

potrebbe diventare un vero e proprio slogan della metafisica concreta

florenskiana: «a realibus ad realiora».

Quanto alla comprensione florenskiana del modo di percepire le

realtà soprasensibili, cosa che acquisisce maggior importanza quando si

parlerà della filosofia del culto, va detto che il Nostro, anche se non ha

elaborato dettagliatamente tale argomento, rimane fedele alla dottrina

83

S. S. CHORUZHIJ, Miroošuščenije Florenskogo (La percezione del mondo di Florenskij),

Vodolej, Tomsk 1999, 28, traduzione di A. YASTREBOV.

I TRATTI DELLA FILOSOFIA DI PAVEL ALEKSANDROVIČ FLORENSKIJ

54

patristica dei sensi spirituali e la intende ulteriormente quando sviluppa la

propria filosofia del culto.

Insieme all’accettazione della tradizione monastica della

contemplazione della luce taborica accetta anche le capacità con le quali

questa realtà può essere percepita quali sono i sensi spirituali84

.

Mentre il concetto di Sofia, molto artificiale e con forte influenza

gnostica, adoperato nel primo Florenskij, viene abbandonato senza poi

apparire più nella sua filosofia, il simbolo (attraverso le capacità che l’uomo

riceve nella sua transustanziazione e che si può definire come i sensi

spirituali) diventa il punto d’incontro delle realtà – quella fisica e quella

soprasensibile.

Il simbolismo di Florenskij ha due punti d’appoggio fondamentali –

il nome e lo sguardo (con le varianti dei termini rispetto all’ambito di

ricerca). Il nome è il simbolo dell’essere nella sua dimensione sonora, di

tutta la realtà che risuona, ovvero esso stesso è un simbolo sonoro (ma

insieme uditivo) fondamentale. Esso include tutta l’attività umana che

adopera la parola (il linguaggio, la filosofia, la letteratura).

Lo sguardo invece è il simbolo dell’essere nella sua dimensione

visibile, per la realtà contemplabile, questo è un simbolo luminoso, visivo.

Esso abbraccia tutte le sfere dell’attività che si basano sulle immagini (l’arte

plastica, l’architettura, la pittura ecc.).

Il nome e lo sguardo rispecchiano un’unica stessa realtà, ambedue

sono i fenomeni di un unico stesso essere. Presi nel suo contenuto religioso

essi sono le testimonianze e le espressioni essenziali del nostro rapporto con

la realtà intelligibile. Per cui l’ambito del simbolismo dei riti e dell’arte

sacra cristiana diventa per Florenskij il campo particolare della ricerca, e ad

esso dedica alcuni suoi scritti tra i quali il più importante è il ciclo La

filosofia del culto.

84

Avendo la teologia trinitaria sempre nel centro del suo filosofare e di tutta la sua

Weltanschauung Florenskij scrive: «Quando davanti al nostro sguardo spirituale è

sintetizzata la Trinità nell’Unità, noi vediamo effettivamente in modo immediato

l’omoùsios» (Stolp, 147).

CONCLUSIONI

55

Conclusioni

1. L’originalità del pensiero di Florenskij

Il presente studio vuole lanciare uno sguardo sul sistema

florenskiano e chiedersi: «qual’è il contributo del suo pensiero per la storia

della filosofia?»

1) Innanzitutto il platonismo che è il «sì» alla vita85

, platonismo

popolare, religioso, diverso da quello accademico e scolastico, questa è la

novità del «platonismo florenskiano». In Florenskij esso è completamente

libero dal dualismo della filosofia pagana. Anzi, quest’interpretazione di

Platone permette di riconciliare il pensiero antico con il cristianesimo.

Là dove non è riuscito il neoplatonismo cristiano, tenta di riuscire

Florenskij. Infatti, mediante la propria concezione delle antinomie, trova la

soluzione della contrapposizione tra il naturale e il soprannaturale.

2) Florenskij continua non soltanto la tradizione della filosofia russa

del XIX secolo, ma anche quella di tutto il pensiero russo cominciando dal

XI secolo perché dimostra l’inseparabilità tra la religione e la filosofia. «Il

platonismo religioso» come lo interpreta Florenskij è per lui un forte

sostegno alla sua dimostrazione dell’unità della fede e della ragione86

.

85

Florenskij dice: «L’idealismo è un sì alla vita, poiché la vita è un’incessante realizzazione

dell’. E se ci si chiedesse: “Da che cosa si è potuta originare la teoria delle

idee?” sarebbe difficile trovare una risposta più adatta di questa: “Dall’essere vivente”.

L’essere vivente è la manifestazione più evidente dell’idea» (SI, 79).86

C’è da notare che Florenskij, insieme ai teologi ed i filosofi russi del Novecento, non

soltanto riscopre Platone come un filosofo nella storia ma fa tutta una riabilitazione del suo

genio umano. La filosofia di Platone che ha tanto influito sulla tradizione patristica fu

comunque diffidata da parte della Chiesa Ortodossa essendo diventata causa delle false

dottrine lungo la storia del cristianesimo.

P. J. Meyendorff giustamente osserva (Vvedenie v svjatootecheskoe bogoslovie

(L’introduzione alla teologia patristica), III, 9, Moskva 2001) che cominciando dal secolo

XI nel Synodicon nella Domenica dell’Ortodossia tra le varie eresie e eresiarchi viene

menzionato anche Platone: sebbene una vera e propria condanna della filosofia anticha e di

Platone non fosse mai stata pronunciata esplicitamente tuttavia fu consigliata una certa

cautela nella lettura. L’epoca del medioevo bizantino perciò è stata caratterizzata da una

diffidenza e addirittura da una contrapposizione tra la dottrina cristiana e il pensiero

filosofico le quali nel frattempo sono state portate nella Rus’, dove a causa dell’assenza

delle fonti filosofiche alternative Platone fu quasi sconosciuto fino alla seconda metà del

Settecento.

I TRATTI DELLA FILOSOFIA DI PAVEL ALEKSANDROVIČ FLORENSKIJ

56

3) Il concetto solov’eviano di «unitotalità» (che sul piano

ecclesiologico corrisponde alla nozione di cattolicità – «sobornost’» degli

«slavofili») ha aiutato Florenskij a costruire il suo sistema, e lui ha saputo

sviluppare questo concetto ed applicarlo alla propria filosofia.

Nella parte teologica, ad esempio, Florenskij ha ripreso ed ha

elaborato il principio dell’unisostanzialità. Egli fa ricordare la differenza

patristica tra l’ e l’, e afferma che tutte le dottrine

filosofiche, scientifiche e sociali vengono divise in quelle homousiane e

homiusiane. La concezione dell’unisostanzialità () introdotta dai

Padri Niceni una volta per tutte, ha definito l’atteggiamento umano alla

realtà.

La vera conoscenza basata sull’unisostanzialità presuppone un’unità

conoscitiva ed essenziale, una comunione con la verità. In un tale rapporto

non c’è più il soggetto e l’oggetto, ma una reciprocità nell’amore. Non è per

caso che Florenskij ha preso come epigrafe a La colonna e il fondamento

della Verità le parole di San Gregorio di Nissa: -

una conoscenza vera è possibile soltanto attraverso l’amore.

Mentre la concezione dell’ divide il mondo nei soggetti e

oggetti e il principio conoscitivo diventa aggressivo: esso non è più rapporto

d’amore e d’amicizia, ma di conquista87

.

4) L’antinomismo è indubbiamente una delle più significative

scoperte di Florenskij. Posto all’interno del pensiero filosofico esso

riconcilia l’ intelligibile con il fisico, mentre al livello teologico

spiega il mistero della Santissima Trinità88

.

Come è già detto nella sezione Il platonismo di Florenskij, questa

applicazione dei termini platonici nella propria interpretazione, dimostra che

Florenskij elaborava creativamente ciò che trovava utile in Platone anche in

forma di allusioni.

Questo ancora una volta ci fa capire come Florenskij, rimanendo

nelle posizioni del platonismo, costruiva il proprio sistema filosofico.

La novità di Florenskij e dei pensatori russi a lui contemporanei consiste perciò

anche nella creazione di un’immagine positiva di Platone davanti alle autorità ecclesiastiche

ed alla cerchia dell’intellighenzia. 87

Una tale posizione è vicina alla concezione rispetto alle relazioni umane di J.-P. Sartre.

N. O. Losskij considera la riscoperta filosofica della concezione dell’unisostanzialità

() il più grande merito di Florenskij (N. O. LOSSKIJ, Istoria russkoj filosofii (La

storia della filosofia russa), capitolo XIV). 88

«Dopo un accurato studio della teodicea, risulta che soltanto la Triunità è in

senso proprio e definitivo, cioè in essa soltanto trova una risposta la questione

fondamentale di tutta la filosofia» (SI, 161).

CONCLUSIONI

57

5) L’immediatezza dei rapporti tra i mondi si realizza nella «magia»

– l’abbiamo appena ricordata, ed essa indubbiamente è uno dei tratti

originali della lettura florenskiana di Platone, come di tutta la sua

concezione della conoscenza, percepita come un rapporto vivo tra le realtà

vive. Ne consegue:

6) L’importanza della materia attraverso la quale nell’antinomicità

dell’ viene realizzata l’incarnazione dei simboli delle realtà

sopramateriali. Tale concezione non era una novità, essa si era già radicata

nella tradizione patristica, mentre Florenskij, essendo un realista, eleva il

significato della materia ad un’importanza mai compresa prima. Lo sguardo

magico e il mito incarnati nelle icone e nella liturgia cristiana ci portano

verso il suo concetto di bellezza.

7) La concezione del simbolo e di conseguenza la teologia della

bellezza trovano la loro fonte nella comprensione florenskiana della materia:

la sua dignità una volta formulata da Florenskij permette di parlare delle

espressioni materiali delle sostanze supreme.

Ricordiamo che secondo Florenskij ogni cosa è bella in quanto essa

realizza il progetto del Creatore. Il mondo creato è bello, pur essendo

materiale: così viene superato il problema della materia che esisteva nella

filosofia pagana.

8) La visione florenskiana del simbolo come ente che possiede una

natura doppia: in primis rappresenta una realtà che lo trascende e nello

stesso tempo ha una sua propria natura.

Questa visione diventa interessante sotto l’aspetto cristologico,

perché trova la sua conferma nella persona divinumana del Cristo. Egli,

infatti, ha una natura doppia: quella umana, la quale è la sua propria natura

in quanto uomo, e quella divina – e in questo caso rappresenta una realtà

suprema, cioè quella di Dio-Logos, ma anche quest’ultima la possiede lo

stesso.

Questa vicinanza e simbiosi delle due nature, il cui modo d’esistenza

è stato formulato in brevi parole dai Padri del IV Concilio Ecumenico89

, fa

Gesù di Nazareth il Figlio di Dio, Salvatore del mondo. Se è così, si può

concludere che il simbolo è in qualche modo un ideale nella coesistenza

delle realtà, e allora il Cristo, essendo il Simbolo per eccellenza, è la sua

migliore espressione.

89

Secondo l’ dogmatico del Concilio in cui rispetto al modo della coesistenza delle

nature in Cristo si dice: «

».

I TRATTI DELLA FILOSOFIA DI PAVEL ALEKSANDROVIČ FLORENSKIJ

58

9) La creazione della Weltanshauung integrale basata sulla religione

nella quale c’è posto per tutto: dalle realtà spirituali fino alla semplicità

della vita umana. Tutto ha il suo senso e tutto serve all’autoperfezione

interna dell’uomo.

10) Se il simbolo sta nel centro dell’antropologia filosofica

florenskiana, il culto e la religione stanno nel centro della vita umana. La

filosofia del culto di Florenskij e la sua gerarchia delle società rispetto al

culto sono i ritrovamenti nell’ambito della filosofia della società.

11) La sua filosofia della scienza e la percezione del mondo nella

sua interezza formano un approccio assolutamente nuovo alla ricerca

scientifica e al suo significato nella vita della persona e della società, mentre

il linguaggio matematico aiuta a creare il quadro scientifico del mondo.

Florenskij afferma:

«l’idea principale della scienza contemporanea è idea di

unitotalità. La vita si manifesta e non si compone dalle parti… Nel corpo

vivente non ci sono parti ma organi…»90

Vanno ricordate le sue parole sopraccitate:

«“Che cosa è l’universale? È un caso particolare” (Goethe).

Lavoro sempre nell’ambito dei casi particolari, ma vedendo in essi una

manifestazione, un fenomeno concreto dell’universale, cioè esaminando

l’ platonico-aristotelico. Mio padre mi diceva della mia non

predisposizione al pensiero astratto e alla ricerca particolare in quanto

tale: “la tua forza è lì dove il concreto si concilia con il generale”. È vero

(corsivo - A. Y.)»91

.

Si può dedurre da tutti i punti sopraelencati la seguente

affermazione: Florenskij ha scoperto il modo in cui interagiscono l’unità e

la molteplicità nel mondo e l’ha applicato nei diversi campi della filosofia e

delle scienze naturali.

Ogni suo passo in ogni campo della conoscenza era originale persino

quando era discutibile o addirittura sbagliato. Indubbiamente nella persona

di Pavel Florenskij noi abbiamo a che fare con un pensatore di grandissima

erudizione, di enorme talento e di profonda spiritualità.

90

SI, 87. 91

Pisma, 380.

CONCLUSIONI

59

2. L’attualità del pensiero di Florenskij

Nel corso del presente lavoro è stato più volte accennato che i

concetti e le idee qui ricordati non sono le pure teorie astratte, ma hanno

molto a che fare con la vita quotidiana dell’uomo.

Tutta la filosofia di padre Pavel è «filosofia di vita», essa serve per

collegare la Fonte di vita con l’umanità. L’aspirazione all’attuazione

dell’elemento spirituale nella prassi religiosa, nel campo della scienza, nella

vita sociale era pure il punto di partenza per la sua critica delle dottrine

positiviste e spiritualiste – il mondo intelligibile esiste e non c’è il distacco

tra i due mondi.

L’idea di «unitotalità» è diventata la pietra angolare del suo pensiero,

e attraverso di essa, Florenskij è riuscito a dimostrare il valore vero della

materia come incrocio delle realtà. La natura è animata, legata

indistinguibilmente ed esprime esplicitamente la presenza della sua anima.

1) La provenienza divina della natura e dell’uomo si realizza in

Florenskij nel concetto della bellezza. Questa idea viene diffusa nella

tradizione culturale e artistica russa ed è stata espressa da F. Dostoevskij

nella sua famosa frase de L’Idiota: «la bellezza salverà il mondo». Nel

pensiero dostoevskiano ovviamente si trattava di una bellezza spirituale che

traluceva la sostanza materiale della persona umana. È bello () ciò che

buono (): il - una formula-standard per una persona

dell’Antica Grecia per definire la sua ottima formazione sia scolastica che

fisica e umana.

La bellezza quindi non era mai staccata dalla bontà, dalle virtù della

persona. Sia l’uomo, nella sua bontà, che la natura nella sua vita vegetale e

animale, realizzando il progetto del Creatore, ottengono la bellezza che in

Florenskij, come nella tradizione russa dell’Ottocento, legata con F. M.

Dostoevskij e L. N. Tolstoj in letteratura e con I. V. Kireevskij e Vl. S.

Solov’ev in filosofia, ottiene un ruolo importante come il principio

ontologico92

.

Dunque nel mondo odierno sarebbe importante arrivare alla

rivalutazione del senso di ciò che è bello, e capire meglio in che cosa

92

Passando dalla comprensione antica al senso della bellezza cristiano va detto che nel

cristianesimo l’autorealizzazione dell’uomo, l’acquisizione della bellezza spirituale si

effettua nella santità che è uno stato più naturale e più adeguato per la persona umana e

quindi più bello.

I TRATTI DELLA FILOSOFIA DI PAVEL ALEKSANDROVIČ FLORENSKIJ

60

veramente consiste la bellezza, e quindi dalla superficialità poi passare

all’interiorità nella comprensione di sé stessi e del prossimo.

2) Parlando della natura, inevitabilmente si affronta il problema della

scienza ovvero il problema dell’atteggiamento di quest’ultima rispetto alla

natura. Florenskij propone una concezione «magica» della scienza,

intendendo con questo termine la maggior intimità nei rapporti con il mondo

materiale, perché sta ragionando sempre sotto la luce dell’

«unisostanzialità».

Il materiale è l’icona-riflesso dello spirituale, è il suo simbolo – così

dobbiamo guardare a tutto il creato che porta in sé le impronte della

Divinità. Ecco perché Florenskij non si adegua ai Tempi Moderni e al

positivismo con la scienza devastante e aggressiva, mentre idealizza l’amore

popolare per la natura – è qui che essa viene conosciuta veramente. Egli era

convinto che la conoscenza non era l’afferrare un oggetto passivo, ma era

una comunione morale e viva fra persone, tra quali ciascuna era soggetto e

oggetto allo stesso tempo, ed era convinto pure che sacrificare a favore del

solo profitto la natura, l’uomo sacrifica sé stesso.

Egli scriveva:

«La civiltà rapace è tré volte criminale. Essa non sa né di pietà,

né di amore per la creazione, ma sta cercando da essa soltanto il proprio

interesse. Essa non è mossa dalla volontà di aiutare la natura a scoprire la

cultura nascosta dentro di essa, ma cerca di imporle violentemente le

forme e gli scopi ad essa estranei»93

.

C’è da dire che nelle sue lettere dall’Estremo Oriente e dalle isole di

Solovki egli spesso lasciava dei disegni di minerali e di piante fatte non in

modo professionale, ma eseguite con grande amore.

I suoi primi ricordi d’infanzia danno proprio l’impressione della sua

unità con la natura, e Florenskij l’ha portata attraverso tutta la sua vita e il

93

MIM, 440, traduzione di A. YASTREBOV.

CONCLUSIONI

61

pensiero94

. Ecco perché la percezione popolare della natura così gli è vicina

– essa proviene dalla percezione immediata come quella che ne ricevono i

bambini.

Il mondo è un tutt’uno indissolubile e ogni sua parte è un organo di

un unico stesso corpo: la logica florenskiana nei nostri giorni è come mai

attuale: gli uomini sono responsabili per il mondo, per la natura, per tutta

l’umanità in quanto sono ontologicamente una parte integrale di questo

mondo.

L’aspetto ecologico di tale pensiero di Florenskij è di grande

rilevanza, così come la sua concezione della scienza in genere, la quale,

basandosi sempre sull’idea di «unitotalità», proclama un approccio

rispettoso nei confronti della natura che insieme all’umanità è stata creata da

Dio.

3) Ciò che è stato detto rispetto alla natura e all’etica della scienza va

applicato alla società odierna. L’idea dell’ dell’umanità con tutta la

creazione tanto più dà responsabilità agli uomini nei rapporti tra di loro

dentro la stessa società umana.

Florenskij non si occupava della morale e dello stato ideale come

invece lo fece Platone, ma nella sua Filosofia del culto ha descritto molto

bene quali valori garantiscono il benessere dei cittadini e dello stato: il culto

religioso radicato nella fede cristiana deve essere posto al centro della vita

della società – esso determina lo sviluppo della cultura e, di conseguenza,

porta alla crescita della vita politica e sociale.

Questa unità umana è particolarmente importante da comprendere

nelle condizioni del nostro mondo d’oggi: è unito fisicamente (perché grazie

94

«Mi pare strano pensare – scrive Florenskij ai figli –, e tanto più scrivere, che in una

famiglia satura di affetto reciproco e di reciproco amore com’era la nostra, un bambino

sensibile e affettuoso (…) qual ero io, quasi non volesse bene a nessuno, o meglio ne

volesse, ma solo a Una. E questa sua unica innamorata era la Natura». Più avanti continua:

«Il mondo viveva e io comprendevo quel suo vivere. (…) La comprensione scientifica del

mondo fiacca la differenza esteriore tra i fenomeni, rendendoli estranei l’uno all’altro

persino quando essi sono qualitativamente identici, così che il mondo, privato di una vivace

varietà, non solo non si unifica, ma al contrario si disperde. La percezione infantile supera

la frammentazione del mondo dal di dentro. È dal di dentro che si afferma l’unità

sostanziale dal mondo, dovuta non al tale o al tal altro segno generico, ma percepibile senza

mediazioni quando l’anima si fonde con i fenomeni percepiti. Si tratta di una percezione

mistica del mondo». DV, 101-101 e 127. Su questo punto sarebbe utile, come fa notare G.

Mura nel articolo L’icona e la bellezza (pubblicato nella rassegna Etica contemporanea e

santità. Edizioni Rosminiane, Stresa- Edizioni SPES, Milazzo, 2006), fare il confronto tra

la percezione della natura florenskiana e la dottrina della natura in Antonio Rosmini che

viene esposta nel suo trattato Del divino nella natura.

I TRATTI DELLA FILOSOFIA DI PAVEL ALEKSANDROVIČ FLORENSKIJ

62

al progresso tecnico in esso non ci sono più barriere insuperabili), ma è

diviso più che mai a causa della perdita totale dei valori religiosi e morali.

Tutto ciò riguarda innanzitutto la nostra Europa, dove la gran parte

delle popolazioni nega le proprie radici cristiane le quali sono un vero

fondamento della cultura europea e un forte sostegno allo sviluppo ulteriore

della società, e senza di esse tutto l’organismo politico-sociale europeo

rischia un inevitabile crollo.

4) La formazione educativa di Florenskij era molto profonda e

ampia, egli stesso ha studiato presso i migliori rappresentanti della scienza e

della teologia del suo tempo ed essa sempre era la sua preoccupazione per i

suoi figli. Le sue lettere dal lager pur essendo piene di tenerezza verso i suoi

cari mantengono sempre il tono fermo nel convincere i bambini allo studio.

Questo era tanto più difficile in quanto erano ritenuti nello stato sovietico i

figli di un criminale e sicuramente si trovavano in un’atmosfera ostile,

sentivano le accuse ingiuste nei riguardi del padre e provavano profonde

sofferenze.

Tornando al concetto antico della Florenskij scrive

alla figlia:

«Tu non puoi capire cosa prova un padre che desidera che i suoi

figli siano non solo irreprensibili, ma rappresentino come l’immagine

stessa del valore. Non per gli altri, ma per se stessi bisogna essere così, e

non importa cosa gli altri penseranno di voi: essere, e non apparire

(corsivo – A. Y.). Avere una disposizione d’animo chiara e trasparente,

una percezione del mondo integrale e portare avanti un’idea

disinteressata: vivere così da poter dire nella vecchiaia di aver preso il

meglio della vita, di aver fatto proprie le cose più nobili e più belle del

mondo e di non aver macchiato la coscienza con le sozzure di cui si

sporca la gente e che, una volta esaurita la passione, lasciano un profondo

disprezzo»95

.

Questo è il suo programma sulla formazione completa della persona

che include sia lo studio che la morale. È questa universalità che manca

all’istruzione scolastica e anche a quella privata dei nostri giorni, mentre

nell’Ottocento una formazione così era normale per la Russia: tutto il

fenomeno dell’intellighenzia russa è stato basato su questa educazione,

mentre oggi lo specialismo (termine di Florenskij) è penetrato naturalmente

non soltanto nel campo scientifico, ma anche nel processo della formazione

umanistica dei giovani – le persone non si formano più come le personalità,

95

Pisma, 400-401.

CONCLUSIONI

63

ma come stretti specialisti. E qui Florenskij ci richiama a ritornare

all’universalismo educativo.

5) I pensieri di padre Pavel sono attuali anche nella prospettiva

ecumenica. Infatti, l’idea dell'unità dell'essere nella sua attuazione nel

mondo non è un concetto che riguarda soltanto i problemi dell’etica

ecologica, politica, sociale o educativa, esso è applicabile anche nell’ambito

religioso ed è attuale come non mai.

Ciò che lui dice rispetto alla scienza e alla società è ancor più vero

per la religione: qui non devono essere ricercati degli oggetti della critica,

ma deve essere formata una visione secondo la quale tutte le religioni e le

confessioni fossero reciprocamente legate tra di loro come le parti di

un’unica stessa realtà spirituale.

Florenskij dice:

«Per quanto le differenze tra le varie confessioni di una stessa

religione possono essere sostanziali, esse non distruggono però la

comunanza di fondo che esiste tra queste confessioni. Allo stesso modo,

anche i fossati più profondi tra le religioni non possono creare fra di loro

divisioni tali da rompere definitivamente la loro radicale unità [...]. Il

cielo, da cui tutti ricevono la luce, non appare omogeneo sulle teste degli

uomini, e tuttavia è un unico cielo (...) Questo cielo è Dio. Avere una fede

qualsiasi è meglio che non averne nessuna, poiché la fede dà un autentico

contatto con il mondo spirituale (...). Il mondo religioso è frantumato

soprattutto perché le religioni non si conoscono reciprocamente. Anche il

mondo cristiano è frantumato per lo stesso motivo, perché le varie

confessioni non si conoscono reciprocamente. Tutte occupate in una

polemica che esaurisce, non hanno la forza di vivere per se stesse (...). Se

anche una minima parte dell’energia che si disperde nell’ ostilità verso gli

altri, fosse usata per amare se stessi, l’umanità potrebbe riposarsi e

prosperare»96

.

Dal postulato gregoriano usato da

Florenskij come epigrafe al suo capolavoro La colonna e il fondamento

della Verità diventa molto più chiara l’idea dell’unità cristiana. Il cardinale

Tomáš Špidlik citando Florenskij scrive:

«La vera conoscenza della verità è pensabile soltanto nell’amore

e anche al contrario la conoscenza della verità appare come amore”. La

verità è dialogale, si manifesta nel dialogo continuo con altre persone e

personalizza tutto il cosmo, utilizzandolo come parola di comunicazione

96

ZP, 26 e 31.

I TRATTI DELLA FILOSOFIA DI PAVEL ALEKSANDROVIČ FLORENSKIJ

64

fra gli esseri vivi. Con la forza di questo amore tutta la realtà appare come

unificata, come una “tuttunità” (vseejdinstvo)»97

.

Queste parole del grande teologo e scienziato dei nostri tempi

possono fungere da conclusione per tutti i punti sopraesposti.

6) E nella prospettiva umana – con la propria personalità, lui invoca

la modernità al ritorno all’unità della fede. La sua grandissima personalità è

stata capace di comprendere tutto: la fede e la filosofia, la scienza e il

sacerdozio, amore per la famiglia e per il prossimo fino al martirio.

Il suo enciclopedismo era davvero stupendo. Natalino Valentini così

scrive nel Dizionario interdisciplinare di scienza e fede:

«…diversi pensatori russi hanno parlato di lui come di un

“Pascal russo”, la cui opera andrebbe posta a fianco a quella di Agostino;

più frequentemente è stato definito il “Leonardo da Vinci della Russia”

(S. Bulgakov, N. Losskij), che brilla per la sua “genialità” (P.

Evdokimov) e “originalità” (A. Losev). In effetti, ciò che più sorprende

dell'approccio scientifico di Florenskij è “la piena assimilazione

dell’oggetto di ricerca, lontana da ogni dilettantismo, unitamente

all’ampiezza dei suoi interessi scientifici, la sua rara ed eccezionale

personalità enciclopedica la cui grandezza non possiamo nemmeno

stabilire per mancanza di capacità equivalenti” (Bulgakov). Lo stupore

non è suscitato soltanto dall'incontro con la sua opera, che attraversa le

molteplici forme dello scibile con singolare competenza e padronanza dei

più svariati registri formali, ma soprattutto dalla sua vita, dall'integrità

umana e spirituale della sua persona»98

.

97

T. ŠPIDLIK, L’unità spirituale dell’Europa, atti di conferenza annuale interconfessionale

organizzata dall’associazione “Mitteleuropa”, Rosazzo 2004, testo dattilografato, 6. 98

N. VALENTINI, Florenskij Pavel Aleksandrovič, voce per il Dizionario Interdisciplinare

di Scienza e Fede, a cura di G. Tanzaella NITTI e A. STRUMIA, Città Nuova e Urbaniana

University Press, Roma 2002, vol. II, 1750-1764. Lo stesso Florenskij nella lettera al figlio

Kirill dà un elenco di tutti i campi di filosofia e di scienza in cui egli lavorava che

veramente stupisce: «In matematica: 1) I concetti matematici come elementi costitutivi

della filosofia (discontinuità, funzioni ecc). 2) Le teoria degli insiemi e la teoria delle

funzioni delle variabili reali. 3) Gli immaginari geometrici. 4) L’individualità dei numeri

(numero-forma). 5) Lo studio delle curve in concreto. 6) I metodi di analisi della forma. In

filosofia e storia della filosofia: 1) Le radici cultuali delle origini della filosofia. 2) La base

cultuale e artistica delle categorie. 3) Le antinomie della ragione. 4) Lo studio storico-

filologico-linguistico della terminologia. 5) Le basi materiali dell’antropodicea. 6) La realtà

dello spazio e del tempo. In critica d’arte: 1) I metodi di descrizione e datazione degli

oggetti d’arte antica russa (intaglio, articoli di gioielleria, pittura). 2) La spazialità nelle

opere d’arte, in specie nelle arti figurative. In elettrotecnica: 1) Lo studio dei campi

elettrici. 2) I metodi dell’analisi dei materiali elettrici: la base della scienza dei materiali

CONCLUSIONI

65

Il suo amore per la famiglia e per il prossimo commuove:

«Mi pesa vivere in modo tranquillo e sereno, mentre voi, miei

cari, soffrite99

. In questo tempo ho sempre sopportato i colpi per voi: così

volevo e di questo pregavo la Somma Volontà. (…) Mangio non solo

sufficientemente, ma troppo, tanto che ogni giorno do parte della mia

razione a qualcuno. Anche alla Lubjanka100

era così: distribuivo il mio

cibo. Per me era gioia particolare darlo ai ragazzi che erano affamati e

che mi ricordavano i miei propri figli (corsivo – A. Y.)»101

.

Egli ha dimostrato nel modo migliore l’idea di «unitotalità» col

proprio esempio: è rimasto una personalità integra, un nel senso

vero e proprio della parola: una «piccola bellezza», fragile e graziosa, ma

allo stesso tempo in quanto -universum egli ha rappresentato un’unità

dell’individuo conoscente e del mondo conosciuto, mentre in quanto un

cristiano ha dimostrato una fermezza straordinaria nella professione della

fede in Cristo.

Siccome si parla dell’attualità del pensiero e della personalità di

Florenskij il suo esempio personale è forse più attuale di tutti i punti

precedenti del suo pensiero, perché egli ha sottoscritto i suoi pensieri con il

proprio sangue e così ha fatto evidente l’onestà del suo filosofare.

E quanto all’attualità: il martirio (ossia testimonianza) o la

professione della fede o ancor più generale – la santità come la massima

espressione della bellezza umana, oggi, davanti alle sfide di questo mondo,

sono più attuale di tutto ciò che può essere detto, scritto e fatto. Non per

caso è stato proprio Platone che ha affascinato Florenskij: lo affascinava con

elettrici. 3) Il significato delle strutture dei materiali elettrici. 4) La diffusione delle resine

sintetiche. 5) La diffusione e l’elaborazione degli elementi della depolarizzazione aerea. 7)

Le classificazioni e la standardizzazione di materiali, elementi ecc. 8) Lo studio dei

minerali di carbonio come gruppo. 9) Lo studio di una serie di rocce. 10) Lo studio

sistematico della mica e la scoperta della sua struttura. 11) Lo studio di suoli e terreni. E

così via. Sono poi a parte: la fisica del gelo; l’uso delle alghe (gli ultimi studi Florenskij

faceva già nel lager – A. Y.)» Pisma, 399. C’è da aggiungere che Florenskij non ha elencato

qui i suoi studi in biologia e chimica. L’assenza della parte teologia e filosofica religiosa è

anche ovvia e dovuta naturalmente a una censura dura del lager. 99

Queste parole le scrive nel lager di Solovki dove di certo non poteva mangiare

sufficientemente. 100

Lubjanka è la prigione segreta del NKVD. È nota per la crudeltà con cui venivano

trattati i detenuti. 101

Pisma, 103.

I TRATTI DELLA FILOSOFIA DI PAVEL ALEKSANDROVIČ FLORENSKIJ

66

la propria personalità armonica, cioè in lui le parole non erano in disaccordo

con le azioni.

Padre Pavel ha avuto modo di dimostrare che egli era un discepolo

fedele del suo maestro: l’ha dimostrato con la sua vita e con il suo martirio,

rendendo conto della necessità del suo sacrificio. Così scrive padre Pavel in

una delle ultime lettere alla famiglia:

«…retaggio della grandezza è la sofferenza, –, sofferenza che

viene dal mondo esterno, e sofferenza interiore, che viene da noi stessi.

Così è stato, è e sarà. Perché sia così, è del tutto chiaro: è una sfasatura;

sfasatura della società rispetto alla grandezza, e sfasatura della persona

rispetto alla propria grandezza (…) Sì, la vita è fatta in modo che si può

dare qualcosa al mondo solo pagandone poi il fio con sofferenze e

persecuzioni. E più il dono è disinteressato, più crudeli sono le

persecuzioni, e dure le sofferenze. Tale è la legge della vita, il suo

assioma di base. (…) Per il proprio dono, la grandezza, bisogna pagare

con il sangue»102

.

Ricordiamo le parole con le quali padre Florenskij comincia il suo

capolavoro La colonna e il fondamento della Verità:

«L’esperienza religiosa viva è un unico metodo autentico per

comprendere i dogmi” – così io vorrei descrivere la tendenza generale del

mio libro. (…) E’ possibile osservare e apprezzare i tesori spirituali della

Chiesa soltanto attraverso l’esperienza immediata»103

.

Questo è l’incipit della sua opera maggiore e con questo si finisce il

presente lavoro. Durante la sua evoluzione filosofica e teologica lui non ha

mai tradito le sue convinzioni. La vita che si realizza nell’amore, ecco la

sua filosofia, la sua percezione del mondo.

Le idee di grande originalità, i pensieri profondamente umanistici e

la stessa personalità del filosofo, la sua confessione di fede e il martirio

hanno spinto Papa Giovanni Paolo II di menzionarlo nel documento

ufficiale della Chiesa Cattolica, Enciclica Fides et Ratio, dove padre Pavel a

buon diritto viene nominato tra i più importanti filosofi religiosi del mondo

insieme a Henry Newman, Antonio Rosmini, Edith Stein, Vladimir

Solov’ev e Vladimir Losskij.

102

Pisma, pp. 374-375. 103

Stolp, p. 35.

CONCLUSIONI

67

Il Papa così scrive:

«c’è da sperare che questa grande tradizione filosofico-teologica

trovi oggi e nel futuro i suoi continuatori e i suoi cultori per il bene della

Chiesa e dell’umanità»104

.

104

GIOVANNI PAOLO II, Lettera enciclica Fides et ratio (14 settembre 1998), n. 74.

I TRATTI DELLA FILOSOFIA DI PAVEL ALEKSANDROVIČ FLORENSKIJ

68

Bibliografia

La presente bibliografia non pretende di essere del tutto esauriente.

L’indice è composto da due parti principali: dall’elenco delle opere di

Florenskij (in lingua originale e in traduzione) e dall’elenco degli scritti più

importati su Florenskij in russo.

Le opere di Florenskij sono presentate in ordine cronologico, mentre

gli scritti su Florenskij – in ordine alfabetico.

1. FONTI

1. 1. Opere originali di Florenskij pubblicate in russo:

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- U vodorazdelov mysli (Agli spartiacque del pensiero), Mysl’, Moskva

1990; volume comprende i seguenti scritti: Na Macovtse (Sulla collina di

Macovec); puti i sredotocija; Obratnaja perspektiva (La prospettiva

rovesciata); Itoghi (Bilanci); Mysl’ i jazyk (Il pensiero e la lingua); Nauka

kak simvoliceskoe opisanie (La scienza come la descrizione simbolica);

Dialektika (Dialettica); Antinomija jazyka (L’antinomia di lingua); Termin

(Il termine); Stroenie slova (La struttura della parola); Maghičnost’ slova (Il

magismo della parola); Imeslavie kak filosofskaja predposylka (La

venerazione del nome come presupposto antropologico).

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- Obščeceloveceskie korni idealisma (Le radici dell’idealismo comuni a tutta

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- U vodorazdelov mysli. Sbornik statej (Agli spartiacque del pensiero.

Articoli), Il volume comprende i seguenti opuscoli: Rannee detstvo (La

prima infanzia); Pristan’ i bulvar (Il molo e il viale); Priroda (La natura);

Nauka (La scienza); Troitse-Serghieva lavra i Rossia (La Laura della

Trinità e di San Sergio e la Russia); Makrocosm i microcosm (Il

macrocosmo e il microcosmo). Novosibirsk 1991 (184 pp.)

- Detjam moim. Vospominanija proshlych dnej. Ghenealoghiceskie

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1996; vol. III/1, 1999; vol. III/2, 2000; vol. IV, 1998; Mysl’, Moskva. I tre

volumi (I, II, III/1 e III/2) raccolgono i scritti filosofici, teologici e

scientifici di Florenskij dal 1904 al 1932, mentre il quarto contiene le lettere

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1. 2. Opere di Florenskij tradotte nelle lingue moderne:

In Italiano:

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MODESTO), Rusconi, Milano 1974; 1998.

- Le porte regali. Saggio sull’icona, (a cura di E. ZOLLA), Adelphi, Milano

1° ed. 1977 – 9° ed. 2004.

- La Laura della Trinità e di San Sergio e la Russia, in “Russia Cristiana”,

154, 4 (1977), 3-19.

- La prospettiva rovesciata e altri scritti, (tr. it. di C. MUSCHIO e N. MISLER;

a cura e con Introduzione di N. MISLER), Casa del libro, Roma 1983.

- Cristianesimo e cultura, in «L’Altra Europa», 235, 1 (1987), 25-33.

- Attualità della parola. La lingua tra scienza e mito, (tr. it. di E. TREU, con

Presentazione di N. KAUCHTSCHISCHWILI e Introduzione di V. V. IVANOV),

Guerini e Associati, Milano 1989.

- Note sull’ortodossia, in «L’Altra Europa», 235, 1 (1991), 25-33.

- Il sale della terra. Vita dello Starec Isidoro, tr. it. a cura di E. TREU, con

Introduzione di N. KAUCHTSCHISCHWILI, Qiqajon, Comunità di Bose,

Magnano (BI) 1992.

- Lo spazio e il tempo nell’arte (a cura e con Postfazione di N. MISLER),

Adelphi, Milano 1995, 2° ed. 2001.

- Proposta di una futura struttura dello Stato, in «Letture», 518, 50 (1995),

28-32.

I TRATTI DELLA FILOSOFIA DI PAVEL ALEKSANDROVIČ FLORENSKIJ

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- Il cuore cerubico. Scritti teologici e mistici (a cura di N. VALENTINI e L.

ŽAK, tr. it. di R. ZUGAN), Casale Monferrato, Piemme 1999.

- Il significato dell’idealismo (a cura di N. VALENTINI, tr. it. R. ZUGAN),

Rusconi, Milano 1999.

- La struttura della parola e la natura magica della parola, in D. FERRARI

BRAVO, «Slovo». Geometrie della parola nel pensiero russo tra ‘800 e ‘900

(tr. it. e note di E. TREU), ETS, Pisa 2000.

- Il valore magico della parola (tr. it. a cura di G. LINGUA), Medusa, Milano

2001.

- Non dimenticatemi. Dal gulag staliniano le lettere alla moglie e ai figli del

grande matematico, filosofo e sacerdote russo (a cura di N. VALENTINI e L.

ŽAK, tr. it. di G. GUAITA e L. CHARITONOV), A. Mondadori, Milano 2000.

- Amore e bellezza, in AA. VV., Cristianesimo e bellezza, tra Oriente e

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- Ai miei figli. Memorie di giorni passati (a cura di N. Valentini e L. Žak, tr.

it. di C. Zonghetti), A. Mondadori, Milano 2003.

- Sul realismo, in «Humanitas», LVIII, 4 (2003), 733-736.

- Ragione e dialettica, a cura di N. VALENTINI, tr. it C. ZONGHETTI, in N.

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- Amleto (a cura dell'igumeno ANDRONIK (A. S. TRUBAČEV), edizione

italiana a cura di A. DELL’ASTA, tr. S. ZILIO, Milano 2004.

In Inglese:

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- Salt of the Earth. An Encounter with a Holy Russian Elder Isidore of

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- Eternal Joy: A Sermon, in Sourozh (Oxford) 34 (1988), 30-35.

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- Psychologische Einführung in den 126. Psalm. Nach Johannes

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- Fürst des Lebens im Reiche göttlicher Harmonie, Eine Betrachtung zum

Hohenlied, in Stimme der Orthodoxie 7 (1988), 21 f.

- Der Kultakt als Synthese, in Stimme der Orthodoxie 9 (1988), 36-42.

- Makrokosmos und Mikrokosmos. Eine Studie über die Wechselbeziehung

von Mensch und Natur, in Stimme der Orthodoxie 11 (1988), 42-55, /12, 40-

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- Die umgekehrte Perspektive, Texte zur Kunst. Übers. u. hrsg. v. A.

SIKOJEV, Mattheus u. Seitz, München 1989.

I TRATTI DELLA FILOSOFIA DI PAVEL ALEKSANDROVIČ FLORENSKIJ

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- Biosphäre und Pneumatosphäre. Briefwechsel zwischen Priester Pawel

Florenski und Professor Wladimir I. Wernadski, in Stimme der Orthodoxie

11 (1989), 18-24.

- Das Salz der Erde. Bericht über das Leben des Starez Isidor,

Priestermönch im Gethsemane-Skit. Übers. u. hrsg. v. A. SIKOJEV, Kyrill

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- Die allgemeinmenschlichen Wurzeln des Idealismus, in W. GOERDT,

Russische Philosophie. Texte, Freiburg/Breisgau, München 1989, 705-715.

- Empyrie und Empirie, von der Möglichkeit einer ganzheitlichen

Weltanschauung, in Stimme der Orthodoxie 2 (1989), 36-46, 3 (1989), 42-

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- Wege und Mittelpunkte, in Individualität (Stuttgart) 22 (1989), 32-39.

- Сhristentum und Kultur, in Stimme der Orthodoxie 11 (1990), 11-18.

- Freude in alle Ewigkeit, in Stimme der Orthodoxie, 2 (1990), 18-21.

- Gedanken zur Orthodoxie, in Stimme der Orthodoxie, 3 (1990), 35-39.

- Himmlische Erscheinungen, in Individualität, (Stuttgart) 26 (1990).

- Wahrheit wird Liebe. Texte und Briefe. München 1991.

- Meinen Kindern. Erinnerungen an eine Jugend im Kaukasus, Übers. v.

Fritz u. Sieglinde MIERAU, Urachhaus, Stuttgart 1993.

- An den Wasserscheiden des Denkens, hrsg. v. Sieglinde u. Fritz MIERAU,

Kontext, Berlin 1991, Berlin 1994.

- Werke in zehn Lieferungen: Lief. III: Denken und Sprache. Übers. v. Fritz

u. Sieglinde MIERAU, Kontext, Berlin 1993 in Lief. IV: Namen. Berlin 1994.

- Raum und Zeit. Hrsg. u. übers. v. Olga Radetzkaja u. Ulrich Werner,

Kontext, Berlin 1997.

- Die den Tod in Ewigkeit nicht sehen. Reflexionen über ein Abschiedswort

von Vater Alexi Metschow († 1923), in Stimme der Orthodoxie 1994/3, 14-

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- Leben und Denken. Texte und Selbstzeugnisse. 2 Bde. Hrsg. v. Fritz u.

Sieglinde MIERAU, Tertium, Ostfildern 1995-1996.

- Eis und algen: Briefe aus dem Lager 1933-1937, Herausgegeben von Fritz

und Sieglinde MIERAU, Pforte, Dornach 2001.

2. LE OPERE MONOGRAFICHE

E SAGGI PIÙ IMPORTANTI SU P. A. FLORENSKIJ IN RUSSO.

- AA. VV., P. A. Florenskij e la cultura della sua epoca. Atti del Convegno

internazionale, Universitа degli Studi di Bergamo, 10-14 gennaio 1988, a

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internazionale svoltosi il 19-23 aprile 1990 presso l’Istituto di lingua russa

dell’Università degli studi di Bergamo, a cura di N. KAUCHTSCHISCHWILI e

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Florenskij: pro et contra. La persona e l’opera di Pavel Florenskij nelle

valutazioni dei pensatori e ricercatori russi. Antologia), a cura di K. ISUPOV,

RChGI, Il volume contiene gli scritti di: A. B. ELCHANINOV, Iz vstreč s

Florenskim (dagli incontri con Florenskij); N. A. BERDJAEV, Stilizovannoe

pravoslavie (L’ortodossia stilizzata) e Chomjakov i svjašč. Florenskij

(Chomjakov e sac.Florenskij); B. B. ROSANOV, P. A. Florenskij o A. S.

Chomjakove (P. A. Florenskij su A.S. Chomjakov); Bulgakov S. N.,

Svjaščennik padre Pavel Florenskij (Sacerdote padre Pavel Florenskij); A.

S. TRUBAČEV (lo ieodiacono ANDRONIK), Osnovnye čerty ličnosti zizni i

tvorčestva sv. Pavla Florenskogo (Caratteristiche fondamentali della

personalità, della vita e dell’opera del sacerdote Pavel Florenskij) ed altri

scritti, Sankt-Peterburg 1996 (seconda ed. 2001).

- AA. VV., Entelechia, (2) 2000, Kostroma (Numero dedicato a Florenskij.

Contiene gli articoli di A. Trubachev, S. Polovinkin, R. Semenov).

- AA. VV., Pavel Florenskij – Tradition und Moderne, a cura di N. Franz,

M. Hagemeister, F. Haney (Atti del Convegno Internazionale svoltosi

all’Università di Potsdam nell’aprile del 2000), Peter Lang, Frankfurt am

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- AA. VV., Pamjati Pavla Florenskogo. Filosofia. Musica. (la raccolta degli

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- BACHTIJAROV K. I., Mnogomernost’ istiny (La multiritmicità della verità),

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- BYČKOV V. V., Estetičeskij lik bytija. Umozrenija Pavla Florenskogo

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- CHORUŽIJ S. S., O filosofii svjaščennika Pavla Florenskogo (Sulla filosofia

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tvorčestve svjaščennika Pavla Florenskogo (Teodicea e antropodicea

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integrale del mondo (La visione religiosa del mondo di P. A. Florenskij)),

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charakteristike “religiosnogo estetisma”) (Il simbolo nell’ “ontologia della

creazione artistica” di P. A. Florenskij), dattiloscritto, Moskva 1991 (tesi di

laurea all’Università di Mosca).

I TRATTI DELLA FILOSOFIA DI PAVEL ALEKSANDROVIČ FLORENSKIJ

80

Indice dell’estratto

Pagine

Prefazione e ringraziamenti ……………………......................................

Sigle e abbreviazioni ……………………………………………………

INTRODUZIONE ………………………………………………………

1. Origine dello studio …………………………………………………..

2. Oggetto e scopo dello studio …………………………………………

3. Sviluppo dello studio ………………………………………………...

4. Limiti dello studio ……………………………………………………

Schema della tesi ……………………………………………………......

CAPITOLO II: LE DUE VIE ………………………………………......

1. Teodicea e antropodicea: i temi principali ed i metodi di ricerca

filosofica di Florenskij ………………………………………………….

2. La Teodicea ………………………………………………………......

2. 1. : La gnosi della teodicea ………..

2. 2. Le antinomie ………………………………………………..

2. 3. «L’intuizione razionale» …………………………………….

3. L’antropodicea: I tratti di una metafisica concreta ………………….

3. 1. Il metodo ……………………………………………………

3. 2. Le idee ………………………………………………………

Considerazioni conclusive ……………………………………………...

CAPITOLO III: Il SIMBOLO ………………………………………….

1. Il concetto di simbolo in Florenskij ………………………………….

2. I sensi spirituali ………………………………………………………

3. La Sofia ………………………………………………………………

4. La manifestazione dei simboli nel mondo …………………………...

4. 1. Lo sguardo …………………………………………………..

4. 2. Il nome ……………………………………………………...

Considerazioni conclusive ……………………………………………...

CONCLUSIONI …..…………………………………………………….

INDICE DELL’ESTRATTO

81

1. L’originalità del pensiero di Florenskij ………………………………

2. L’attualità del pensiero di Florenskij ………………………………...

BIBLIOGRAFIA ……………………………………………………….

1. Fonti

1. 1. Opere originali di Florenskij pubblicate in russo……………...

1. 2. Opere di Florenskij tradotte nelle lingue moderne…………….

2. Le opere monografiche e saggi più importanti su Florenskij in russo….

INDICE DELL’ESTRATTO …………………………………………...


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