PONTIFICIA UNIVERSITAS URBANIANA
Facoltà di Filosofia
I TRATTI DELLA FILOSOFIA
DI PAVEL ALEKSANDROVIČ FLORENSKIJ
Un «idealismo concreto» e le sue radici
Yastrebov Alexey
Extractum ex dissertatione ad Doctoratum in Facultate Philosophiae
Moderatore: Prof. Gaspare Mura
Correlatori:
1. Prof. Leonardo Sileo
2. Prof. Ardian Ndreca
Roma 2007
I TRATTI DELLA FILOSOFIA DI PAVEL ALEKSANDROVIČ FLORENSKIJ
2
Prefazione
L’idea di scrivere un lavoro sulla filosofia di padre Pavel Florenskij
è nata mentre pensavo all’argomento della mia ricerca in Pontificia
Università Urbaniana cercando un tema che sarebbe stato utile e
scientificamente giustificato sia per me che per l’area teologica e filosofica
italiana come un nuovo e importante argomento per gli apporti filosofici
d’oggi.
Una grandissima personalità quale è quella di Florenskij da una parte
non può che affascinare subito un ricercatore della filosofia religiosa russa
con la profondità incredibile delle conoscenze, della saggezza e della
spiritualità, ma dall’altra parte man mano che si approfondisce lo studio, si
capisce che è difficile comprendere la potenza intellettuale di Florenskij
nella sua ampiezza dovuta sia allo studio, che al genio umano, che in
particolare ad una sua capacità spirituale straordinaria innanzitutto
nell’assumere e poi nel riplasmare, nel rifondere tutto ciò che ha ricevuto in
una propria visione filosofica del mondo. Infatti, la sua filosofia non ha
niente a che fare con una delle dottrine filosofiche astratte poco applicabili
alla realtà empirica, ma, viceversa, parte dai dati della realtà stessa, trova il
suo fondamento nelle radici vitali del mondo materiale legata con tutte le
discipline scientifiche che se ne occupano.
La riscoperta del pensiero filosofico russo nell’Occidente ha fatto
conoscere i nomi dei suoi rappresentanti più importanti: oltre ai già
conosciuti Vladimir Solov’ev, Serghey Bulgakov, Nicolaj Berdjaev si viene
a sapere di Pavel Florenskij, Alexey Losev, Michail Novoselov ecc.
Indubbiamente padre Pavel occupa un posto del tutto particolare nella
schiera dei pensatori dell’inizio del Novecento.
Per il suo enciclopedismo veniva chiamato dai contemporanei il
«Leonardo russo», il «Pascal russo». Ha portato il suo destino con la dignità
umana e cristiana e grazie alla sua incrollabile fede ha meritato un titolo più
prezioso per ogni cristiano: «martire di Cristo».
Ho scelto comunque una parte della sua filosofia, quella dove
adopera e elabora il platonismo nonché dedica molte pagine alla persona
stessa di Platone mettendo sotto esame tutto il complesso dei fattori, che
influiscono il pensiero di ogni filosofo, e soprattutto la spiritualità come
l’elemento costitutivo per ogni genere del saper umano ed in particolare
della filosofia.
SIGLE E ABBREVIAZIONI
3
La lettura florenskiana dei pensieri di Platone talvolta discutibile,
talvolta incompiuta, nonostante tutto lascia l’impressione di una nuova
parola nell’interpretazione di uno dei più grandi filosofi dell’umanità.
Vorrei esprimere i miei più sinceri ringraziamenti ai miei vecchi e
nuovi conoscenti, tanti dei quali sono diventati cari amici durante il periodo
del mio studio a Roma.
Il mio grazie particolare innanzitutto al rettore magnifico
dell’Università, mons. Ambrogio Spreafico, che ha inviato al metropolita
Kirill, il presidente del Dipartimento per le relazioni estere della Chiesa
Ortodossa Russa, la lettera in cui ha proposto una borsa di studio che alla
fine l’ho goduta io. Padre Ambrogio mi ha accolto fraternamente e mi ha
subito fatto sentire di essere tra gli amici sia nell’Università che, in
particolare, nell’ambiente della Comunità di Sant’Egidio dove mons.
Spreafico è anche il padre spirituale. Grazie a questa Comunità e in
particolare al prof. Adriano Roccucci, divenuto ormai mio caro amico a cui
rivolgo un sentito ringraziamento, ho vissuto una nuova esperienza
ecumenica ed ho sentito lo spirito di fratellanza e di carità che opera tra i
suoi confratelli e consorelle.
Colgo l’occasione per ringraziare tre le autorità accademiche il
Decano della Facoltà di Filosofia, Mons.Guido Mazzotta per la cordiale
accoglienza presso la Facoltà e il professor Gaspare Mura, moderatore della
tesi, per la pazienza e la disponibilità riservatami in questi anni di ricerca. I
nostri rapporti dopo il periodo del mio studio sono cresciuti passando da una
collaborazione tra studente e professore alle relazioni di reciproca simpatia
ed amicizia la quale, voglio sperare, continuerà.
Il mio sincero grazie, inoltre, ai professori Leonardo Sileo O.F.M. e
Ardian Ndreca, correlatori della tesi, per la preziosa e critica rilettura del
lavoro accompagnata da osservazioni importanti che hanno permesso di
migliorare notevolmente la presente dissertazione.
Ringrazio, infine, la mia famiglia e tutti coloro che mi hanno
sostenuto in questo studio con i suggerimenti e le preghiere.
Mi auguro di contribuire con questo lavoro, sia pur modestamente,
alla riscoperta del pensiero florenskiano in genere e in particolare del suo
platonismo. Spero anche che attraverso la conoscenza dei tesori spirituali,
scientifici e culturali russi, in Italia pian piano si continuerà a creare un
clima sempre più favorevole al dialogo tra i due nostri paesi sia
interculturale che intercristiano.
I TRATTI DELLA FILOSOFIA DI PAVEL ALEKSANDROVIČ FLORENSKIJ
4
Sigle e abbreviazioni
AA. VV. Autori vari
AR P. A. FLORENSKIJ, Avtoreferat, in SČT 1, 37-43.
BT Bogoslovskie Trudy
CC P. A. FLORENSKIJ, Christianstvo i cultura (Cristianesimo
e cultura), in ŽMP 4 (1983).
CIMPCM P. A. FLORENSKIJ, Culturno – istoričeskoe mesto i
predposylki christianskogo mirovozzrenija (La
posizione culturale e storica ed i presupposti della
visione del mondo cristiana) in SČT 3 (2).
DID P. A. FLORENSKIJ, Dogmatizm i dogmatica
(Dogmatismo e dogmatica), in SČT 3, 550-570.
DV P. A. FLORENSKIJ, Detjam moim. Vospominanija
prošlych dnej. Genealogičeskie issledovanija. Iz
soloveckich pisem. Zaveščanie (Ai miei figli. Ricordi di
giorni passati. Ricerche genealogiche. Dalle lettere di
Solovki. Testamento), a cura di A. TRUBAČEV, M. S.
TRUBAČEVA, Moskovskij Rabočij, Moskva 1992.
Edizione italiana intitolata: Ai miei figli. Memorie di
giorni passati (a cura di N. VALENTINI E L. ŽAK, tr. it. di
C. ZONGHETTI), A. Mondadori, Milano 2003.
Nell’edizione italiana non sono presenti scritti
Genealogičeskie issledovanija. Iz soloveckich pisem.
Zaveščanie (Ricerche genealogiche. Dalle lettere di
Solovki. Testamento).
EIE P. A. FLORENSKIJ, Empireja i Empirija (Empiria ed
empirismo), in SČT 1, 146-195.
FK P. A. FLORENSKIJ, Filosofija kulta (Filosofia del culto),
Mysl’, Moskva 2004.
IBN Iz bogoslovskogo nasledija svjaščennika Pavla
Florenskogo (Dall’eredità teologica del sacerdote Pavel
Florenskij), in BT 17 (1977), 85-248.
Ikonostas P. A. FLORENSKIJ, Ikonostas, a cura di A. TRUBAČEV, M.
S. TRUBAČEVA, P. V. FLORENSKIJ, A. G. DUNAEV,
Moskva 1994; Edizione italiana, Le porte regali. Saggio
SIGLE E ABBREVIAZIONI
5
sull’icona, a cura di E. ZOLLA, Adelphi, Milano 1° ed.
1977 – 9° ed. 2004.
KAIK P. A. FLORENSKIJ, Kosmologičeskie antinomii
Immanuila Kanta (Antinomie cosmologiche di I. Kant),
in SČT 2, 3-33.
MS P. A. FLORENSKIJ, Magičnost’ slova, in SČT 3 (1), 230-
249. Edizione italiana, Il valore magico della parola.
Bilanci, traduzione e cura di G. LINGUA, Medusa,
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MIJ P. A. FLORENSKIJ, Mysl’ i jazyk. Dialektica (Il pensiero
e la parola. Dialettica) in SČT 3 (1), 188-141.
MIM P. A. FLORENSKIJ, Makrokosm i mikrokosm
(Macrocosmo e microcosmo), in SČT 3 (1), 440-447.
OKI P. A. FLORENSKIJ, Obščečelovečeskie korni idealizma
(Radici dell’idealismo comuni a tutta l’umanità), SČT 3
(2), 145-169.
Pisma P. A. FLORENSKIJ, Pis’ma s Dal’nego Vostoka i
Solovkov (Le lettere dall’Estremo Oriente e Solovki), in
SČT 4, Mysl’, Moskva 1998. Edizione italiana, Non
dimenticatemi. Dal gulag staliniano le lettere alla
moglie e ai figli del grande matematico, filosofo e
sacerdote russo, a cura di N. VALENTINI e L. ŽAK, tr. it.
di G. GUAITA e L. CHARITONOV, A. Mondadori, Milano
2000.
PFC P. A. FLORENSKIJ, Ponijatije formy. Celoe. (La
concezione di forma. L’intero) in SČT 3 (1), 454-460.
PFS P. A. FLORENSKIJ, Ponijatije formy. Smysl zakona
zolotogo sečenija (La concezione di forma. Il senso
della legge di Aurea sectio), in SČT 3 (1), 482-487.
PRAV P. A. FLORENSKIJ, Pravoslavie (l’Ortodossia), in SČT 1,
638-662.
RD P. A. FLORENSKIJ, Razum i dialektika (Ragione e
dialettica), in SČT 2. Edizione italiana, Ragione e
dialettica, a cura di N. VALENTINI, tr. it CLAUDIA
ZONGHETTI, in N. VALENTINI, P. A. Florenskij (in
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SČT 1 P. A. FLORENSKIJ, Sočinenija v cetyrech tomach (Le
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A. TRUBAČEVA, P. V. FLORENSKIJ, vol. 1, Mysl’,
I TRATTI DELLA FILOSOFIA DI PAVEL ALEKSANDROVIČ FLORENSKIJ
6
Moskva 1994.
SČT 2 P. A. FLORENSKIJ, Sočinenija v cetyrech tomach (Le
opere in quattro volumi), a cura di A. TRUBAČEV, M. S.
A. TRUBAČEVA, P. V. FLORENSKIJ, vol. 2, Mysl’,
Moskva 1996.
SČT 3 (1) P. A. FLORENSKIJ, Sočinenija v cetyrech tomach (Le
opere in quattro volumi), a cura di A. TRUBAČEV, M. S.
A. TRUBAČEVA, P. V. FLORENSKIJ, vol. 3 (1), Mysl’,
Moskva 1999.
SČT 3 (2) P. A. FLORENSKIJ, Sočinenija v cetyrech tomach (Le
opere in quattro volumi), a cura di A. TRUBAČEV, M. S.
A. TRUBAČEVA, P. V. FLORENSKIJ, vol. 3 (2), Mysl’,
Moskva 2000.
SČT 4 P. A. FLORENSKIJ, Sočinenija v cetyrech tomach (Le
opere in quattro volumi), a cura di A. TRUBAČEV, M. S.
A. TRUBAČEVA, P. V. FLORENSKIJ, vol. 3, Mysl’,
Moskva 1998.
SI P. A. FLORENSKIJ, Smysl idealizma (Il significato
dell’idealismo), in SČT 3 (2), 68-136. Edizione italiana,
Il significato dell’idealismo, a cura di N. VALENTINI, tr.
it. R. ZUGAN, Rusconi, Milano 1999.
SA P. A. FLORENSKIJ, Spiritism kak antichristianstvo (Lo
spiritismo come anticristianesimo), in SČT 1, 129-145.
Stolp P. A. FLORENSKIJ, Stolp i utverzhdenie Istiny, in due
volumi, Pravda, Moskva 1990. Edizione italiana, La
colonna e il fondamento della verità, a cura di E.
ZOLLA, tr. it. di P. MODESTO, Rusconi, Milano 1974;
sec. ed. 1998.
UVM P. A. FLORENSKIJ, U vodorazdelov mysli. Čerty
konkretnoj metafisiki (Agli spartiacque del pensiero. I
tratti di una metafisica concreta) in SČT 3 (1) e SČT 3
(2).
ZP P. A. FLORENSKIJ, Zapiska o pravoslavii, in SČT 2, 537-
546. Edizione italiana, P. A. FLORENSKIJ, Note
sull’ortodossia, in L’altra Europa XVI, Milano, Centro
Russia cristiana (1991), 1 (235), 26-31.
ŽMP Žurnal Moskovskoj Patriarchii (Rivista teologica del
Patriarcato di Mosca).
SIGLE E ABBREVIAZIONI
7
I testi vengono citati nel modo seguente: nel caso esiste una traduzione
italiana comunque indicata nella Bibliografia, il testo viene trascritto da
essa, nel caso contrario i testi sono tradotti dall’autore della presente tesi.
I TRATTI DELLA FILOSOFIA DI PAVEL ALEKSANDROVIČ FLORENSKIJ
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Introduzione
1. Origine dello studio
Lo stimolo per questo lavoro sui Tratti della filosofia di Pavel
Aleksandrovič Florenskij nacque al tempo in cui frequentavo le lezioni nella
Pontificia Università Urbaniana. Mi sono accorto della scarsa informazione
sulla filosofia russa che non è quasi mai presente nei manuali di filosofia
contemporanea, mentre almeno la tradizione russa meriterebbe che le fosse
dedicato un corso di lezioni universitarie.
Tale insufficienza di studi sul pensiero religioso e filosofico russo
era dovuta evidentemente alla mancanza dei testi tradotti nelle lingue
europee, ma innanzitutto ad una certa sottovalutazione iniziale della
tradizione spirituale e intellettuale d’Oriente che era presente una volta nel
mondo occidentale. Negli ultimi decenni del Ventesimo secolo abbiamo
visto sempre crescente l’interesse verso le fonti delle tradizioni del pensiero
eurasiatico, africano, latinoamericano il quale ha cominciato a supplire o
addirittura ad alternarsi a quello occidentale sullo sfondo della crisi delle
civiltà europea e nordamericana in genere.
La persona e la filosofia di Florenskij m’interessavano da quel tempo
in cui è stata per la prima volta pubblicata nell’URSS la sua opera La
colonna e il fondamento della Verità (1991). Dall’altra parte, ho visto che in
Italia cresce l’interesse per Florenskij e negli ultimi anni sono state
pubblicate o ristampate sia le traduzioni delle sue opere più importanti che
anche gli studi approfonditi sulla sua filosofia.
Dopo i miei contatti con gli studiosi che si occupano di Florenskij in
Italia sono arrivato alla conclusione che un punto importante del suo
pensiero non è stato ancora esaminato in modo particolare, mentre esso
sembra essere il punto nodale del sistema filosofico florenskiano.
2. Oggetto e scopo dello studio
L’oggetto del presente lavoro diventa la filosofia di Pavel Florenskij
in quella sua parte che ritengo più originale e che indubbiamente permette al
nostro autore di arrivare alle sue conclusioni nell’ambito teologico e
filosofico. In altre parole cerco di dedurre la filosofia florenskiana dalla sua
INTRODUZIONE
9
gnoseologia che diventa la base e lo strumento per la sua ricerca scientifica
e filosofica.
Lo studio della gnoseologia di Florenskij ci porta inevitabilmente
all’origine della sua teoria di conoscenza, la quale la troviamo in Platone e
nel platonismo. È chiaro che portando avanti il discorso sul platonismo
florenskiano bisognerà necessariamente capire come Florenskij
comprendeva il platonismo, di «quale platonismo» o ancor più importante –
di “quale Platone” si tratta quando si parla di questi fenomeni. Si sa che il
pensiero occidentale è cresciuto sulle idee di Platone e del suo discepolo
Aristotele. Queste idee come germi o come lievito hanno dato la luce alle
diverse tradizioni filosofiche, politiche e sociali spesso contrapposte l’una
all’altra malgrado le loro radici comuni.
Dunque bisognerà inquadrare il pensiero florenskiano in una
tradizione filosofica e rilevare come Florenskij sulla base di essa elabora la
sua propria visione filosofica del mondo. L’obiettivo del presente lavoro
quindi è di esaminare l’eredità filosofica di Florenskij, coglierne le radici,
con lo scopo di rintracciare la tradizione e capire l’originalità del suo
sistema. Perciò si farà tutta una serie di analisi e di osservazioni
cominciando dalla vita del filosofo.
L’interpretazione florenskiana di Platone e del platonismo forma in
Florenskij una Weltanschauung del tutto particolare che ci fornisce una
nuova lettura dei rapporti del Creatore con la creazione, dell’uomo con la
natura e degli uomini tra sé stessi. Essa viene costruita sulla base delle
deduzioni del proprio pensiero originale florenskiano, ma comunque sul
fondamento della filosofia platonica riletta e interpretata dal Nostro in modo
originale.
La riscoperta e la valorizzazione dell’eredità filosofica di Florenskij
possono dare una spinta notevole al dialogo interumano e interreligioso
fornendogli una base teorica e costruendo un approccio scientifico e
umanitario ai problemi del mondo d’oggi.
3. Sviluppo dello studio
Per quanto riguarda il procedimento con il quale viene esaminata la
filosofia di Florenskij ho ritenuto giusto, partendo dalle sue radici, giungere
alle conclusioni proprie, mettendo sotto la luce in particolare il metodo
filosofico e scientifico; le origini di tale metodo che Florenskij applicherà
nell’affrontare i problemi della sua filosofia, le trova nel platonismo.
I TRATTI DELLA FILOSOFIA DI PAVEL ALEKSANDROVIČ FLORENSKIJ
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L’analisi del sistema florenskiano inizia con l’esame dell’assunzione
della filosofia platonica nella Russia la quale in modo piuttosto indiretto,
attraverso le idee presenti soprattutto nei testi liturgici e spirituali
dell’Oriente cristiano, è stata assunta nelle scuole teologiche russe nei secoli
prima dell’Ottocento ed ha influito in seguito notevolmente la tradizione
filosofica russa.
Con tale premessa esamino dopo brevemente il pensiero dei
predecessori di Florenskij e così cerco di abbozzare pur in modo schematico
tutto il complesso della tradizione filosofica russa. Questo passaggio aiuta a
capire come Florenskij ha proseguito la strada della filosofia religiosa russa
della fine dell’Ottocento il cui punto di riferimento vero e proprio è
diventato Vladimir Solov’ev con la dottrina di «unitotalità» dell’essere la
quale a sua volta attingeva alla filosofia idealista tedesca e nell’idea di
«sobornost’» (cattolicità) degli «slavofili» – pensatori russi della metà
dell’Ottocento.
C’è da notare inoltre che Florenskij ha subito delle diverse influenze
dalle correnti scientifiche e artistiche del suo tempo ed ha vissuto
contemporaneamente una profonda crisi spirituale.
Poi si mette in luce l’approccio storico e filosofico dello stesso
Florenskij e si sottolineano la sua affinità e le sue diversità con la tradizione
filosofica russa.
Si esamina successivamente la sua lettura dei filosofi dell’antichità e
di Platone in particolare. Ecco la citazione significativa della sua lezione pro
venia legendi Le radici del platonismo comuni a tutta l’umanità, dove egli
afferma:
«Platone dunque non è un frutto della filosofia scolastica – lui è
un fiore dell’anima popolare, e i suoi colori non impallidiranno mai
finché sia viva quest’anima»1.
Da qui si capisce bene che Florenskij ha apprezzato Platone per il
suo vitalismo, per la sua aspirazione alla semplicità dello sguardo sul
mondo.
Dopo una breve analisi della sua critica di ontoteologia origeniana (e
di conseguenza, di qualsiasi altro tipo di ontoteologia2) si è cercato di
accennare in poche parole i punti principali basandosi sui quali Florenskij ha
cominciato a sviluppare la propria filosofia: in questa parte abbiamo un po’
1 OKI, 144.
2 Il termine heideggeriano.
INTRODUZIONE
11
anticipato le idee del suo sistema e della sua Weltanschauung generalmente
parlando.
Esaminate le influenze su Florenskij delle diverse correnti
filosofiche, scientifiche e artistiche si passa dalle valutazioni florenskiane
delle dottrine degli altri al proprio sistema preso nella sua interezza e là
dove era possibile anche confrontandolo con il pensiero di Platone.
Nel Capitolo II sollevo la problematica filosofica florenskiana. Qui
vengono presentati i temi principali della sua filosofia e gli strumenti con i
quali egli intendeva risolvere i problemi posti.
Nella teodicea abbiamo a che fare con la «prima via» della sua
filosofia, quella ascendente. Essa viene descritta nella sua grande opera La
colonna e il fondamento della Verità. Qui oltre alle diverse idee originali
troviamo l’elaborazione del concetto di antinomie che diventa il modo per
riconciliare le controversie di logica e di conseguenza diventa
sostanzialmente il modo di esistenza della Verità che si presenta nella
coincidentia oppositorum. In Florenskij quindi il concetto dell’antinomia
vuol dire sia un mezzo importante nella conoscenza della Verità che una
possibile espressione della Verità, la rivelazione della sua essenza. Nel
metodo dialettico inventato da Socrate e praticato da Platone Florenskij ha
riconosciuto il modo di pensare antinomico che poi ha sviluppato e ha
portato sul livello ontologico (sul quale non l’ha mai portato lo stesso
Platone).
Sempre nel Capitolo II viene presentata la «seconda via» per la
Verità, la quale via consiste nella discesa del divino verso l’umanità e per
questo si chiama antropodicea. Qui si espone il concetto della «metafisica
concreta» di Florenskij.
Con il Capitolo III s’introduce il concetto del simbolo che diventa
centrale per tutta la filosofia florenskiana e per la sua visione del mondo in
genere. L’antinomismo rimane sempre come l’atmosfera o l’ambiente in cui
vengono immerse le realtà supreme, ma dal mondo delle idee passa nel
mondo materiale per apparire nei simboli.
Simbolo è una realtà doppia che collega i mondi naturale e
soprannaturale e in più ha una natura doppia che è composta innanzitutto da
ciò che esprime il simbolo di intelligibile e poi da ciò che diventa in esso la
sua propria natura, dalla sua cioè essenza autonoma. Il simbolo è un ritratto
dell’idea platonica nel mondo esterno, e Florenskij confessa che egli per
I TRATTI DELLA FILOSOFIA DI PAVEL ALEKSANDROVIČ FLORENSKIJ
12
tutta la sua vita ha riflettuto sostanzialmente su un solo problema, il
problema del simbolo3.
Lo sguardo e il nome sono le manifestazioni del simbolo nel mondo
poiché corrispondono alle due principali capacità umane – vista e udito.
Nel Capitolo IV si passa alla descrizione florenskiana
dell’«incarnazione» del simbolo nel mondo attraverso il culto e in modo
particolare attraverso due «strumenti» simbolici – la parola che si presenta
nel linguaggio sacro della Divina Liturgia e nello sguardo che la sua
espressione massima trova nell’icona ortodossa.
Il modo di pensare simbolico aiuta a creare un approccio nuovo
nell’ambito della scienza, permette di dare origine ad una vera e propria
filosofia della scienza basata sulla visione simbolica del mondo. In modo
particolare si concentra sul rapporto di Florenskij con la matematica e con
due suoi maestri Nikolaj Bugaev e Georg Cantor.
Il culto mediante la teologia della bellezza influisce fortemente su
tutta la vita umana sia personale che sociale. La cultura è una cultura vera
soltanto se essa è «cultocentrica».
Nella sintesi finale si ripercorre e s’analizza l’elaborazione creativa
di Florenskij delle sue fonti inquadrate nel sistema filosofico.
Particolarmente si ferma sul platonismo di Florenskij il quale è stato da lui
elaborato in modo proprio: l’ha cristianizzato avendo introdotto i concetti
del nome e dello sguardo che sono diventati in lui un volto vivo della
filosofia di Platone.
Nelle conclusioni si mette in rilievo l’originalità e l’attualità del
pensiero di Florenskij.
4. Limiti dello studio
L’originalità del pensiero di Padre Pavel Florenskij dà adito a
moltissimi stimoli di ricerca su questo autore sia nell’ambito filosofico,
scientifico, che letterario, mentre la sua straordinaria personalità deve
diventare oggetto della ricerca degli storici della Chiesa i quali sulla base di
tanti documenti scritti rimasti dopo Florenskij, soprattutto dalla sua
corrispondenza, metteranno in evidenza la sua ricca esperienza spirituale e
la fedeltà al Cristo fino all’esilio e al martirio.
Invece, questo studio si limita all’esame del sistema filosofico
florenskiano nel suo aspetto strettamente gnoseologico, la cui radice, a mio
3 DV, 201.
INTRODUZIONE
13
parere, si trova nella filosofia antica ed in particolare in quella di Platone
così come essa viene interpretata dal nostro autore e dalla tradizione russa in
genere.
Questo studio perciò non ha assolutamente la pretesa di essere
esaustivo, né tanto meno definitivo: esso ha la consapevolezza che l’eredità
di Florenskij è enorme non per la quantità dei testi scritti, ma per l’ampiezza
straordinaria delle conoscenze dell’autore, per cui deve essere soggetto di
ricerca da parte degli studiosi dei diversi campi della cultura scientifica e
umanistica.
Purtroppo non tutte le opere di Florenskij sono tuttora pubblicate e
quindi non si ha un quadro completo del suo pensiero. In particolare per il
nostro studio si sente la mancanza delle Lezioni sulla filosofia antica che
sono state pubblicate nell’anno 2004 soltanto parzialmente in una rivista
russa di scarsa diffusione e tiratura e sono pertanto difficilmente reperibili.
Dal canto nostro, il desiderio era quello di poter dare con la presente
ricerca una visione oggettiva sul rapporto di Florenskij con la filosofia
platonica come la comprendeva lui e di come tale rapporto ha influito il suo
pensiero. Le prospettive di questa lettura per i diversi ambiti di conoscenza,
che Florenskij non le ha nemmeno accennate, le propongo in modo
generico, tenendo presente che esse sono soltanto alcune di tante possibili
soluzioni della problematicità della filosofia florenskiana e possono essere
messe sotto la lente critica dai lettori pazienti di questo studio.
I TRATTI DELLA FILOSOFIA DI PAVEL ALEKSANDROVIČ FLORENSKIJ
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Indice generale
Prefazione
Sigle e abbreviazioni
Nota bio-bibliografica su P. A. Florenskij
1. L’infanzia e la gioventù.
2. La crisi spirituale, le aspirazioni monastiche e il simbolismo.
3. La formazione della Weltanschauung filosofica, La colonna e il
fondamento della Verità e la Chiesa.
4. Gli anni della resistenza e il martirio.
Bibliografia generale
1. Fonti:
1. 1. Opere originali di Florenskij pubblicate in Russia.
1. 2. Opere di Florenskij pubblicate postume.
1. 3. Opere di Florenskij pubblicate negli ultimi anni.
1. 4. Opere di Florenskij tradotte nelle lingue moderne.
2. Opere su Florenskij
3. Ulteriore bibliografia consultata:
3. 1. Scritti sulla tradizione cristiana ortodossa e sulla filosofia russa.
3. 2. Altri studi utilizzati.
Introduzione
1. Origine dello studio
2. Oggetto e scopo dello studio
3. Sviluppo dello studio
4. Limiti dello studio
Capitolo I: La filosofia religiosa russa e la figura di Platone
1. La tradizione platonica nella Russia:
INDICE GENERALE
15
1. 1. Assunzione indiretta della filosofia attraverso la letteratura
bizantina.
1. 2. Le prime edizioni delle opere di Platone nella seconda metà
XVIII secolo e la nascita della scienza storica e filosofica nella Russia del
XIX secolo.
1. 3. La filosofia russa nella metà del XIX secolo.
2. Le idee dei predecessori di Florenskij:
2. 1. Vladimir S. Solov’ev.
2. 2. Sergey N. Trubetskoj.
2. 3. Evghenij N. Trubetskoj.
3. L’analisi florenskiana della filosofia antica: dentro e oltre la tradizione
russa:
3. 1. Socrate e presocratici.
3. 2. Lettura florenskiana di Platone.
3. 3. Critica di ontoteologia.
3. 4. Dall’analisi critica verso la formazione del proprio sistema
filosofico.
Considerazioni conclusive
Capitolo II: Le due vie
1. Teodicea e antropodicea: i temi principali ed i metodi di ricerca filosofica
di Florenskij
2. La Teodicea:
2. 1. : La gnosi della teodicea.
2. 2. Le antinomie.
2. 3. “L’intuizione razionale”.
3. L’antropodicea: I tratti di una metafisica concreta:
3. 1. Il metodo.
3. 2. Le idee.
Considerazioni conclusive
Capitolo III: il Simbolo
1. Il concetto di simbolo in Florenskij
2. I sensi spirituali
3. La Sofia
4. La manifestazione dei simboli nel mondo:
I TRATTI DELLA FILOSOFIA DI PAVEL ALEKSANDROVIČ FLORENSKIJ
16
4. 1. Lo sguardo.
4. 2. Il nome.
Considerazioni conclusive
Capitolo IV: Il Divino nel mondo
1. La filosofia del culto:
1. 1. Il significato del culto.
1. 2. Le porte regali.
1. 3. La teologia della Bellezza.
1. 4. La teofania attraverso l’icona e la parola: immagine e
linguaggio sacri:
1. 4. 1. L’icona.
1. 4. 2. La parola.
2. La filosofia della scienza:
2. 1. La scienza come descrizione simbolica
2. 2. Florenskij e la matematica
3. Il culto e la società: Sacra, Instrumenta, Notiones
Considerazioni conclusive
Sintesi finale
1. Florenskij e l’ambiente russo socioculturale dell’epoca
2. Le idee dei pensatori precedenti e i contemporanei nella filosofia
florenskiana
2. 1. La critica di Kant.
3. Il platonismo di Florenskij
Conclusioni
1. L’originalità del pensiero di Florenskij
2. L’attualità del pensiero di Florenskij
CAPITOLO II: LE DUE VIE
17
Capitolo II: Le due vie
«“L’esperienza religiosa viva è un unico metodo legittimo per
conoscere i dogmi” – ecco l’intento di questo libro (…) Solo attraverso
l’esperienza immediata è possibile scorgere e valutare i tesori spirituali
della Chiesa»4.
Così sono le prime parole del capolavoro di Florenskij La colonna e
il fondamento della Verità (1914), del suo manifesto che è diventato il punto
di partenza per la filosofia florenskiana, la quale negli anni successivi è stata
completata con gli altri scritti di carattere antropologico.
Dunque l’interpretazione di Platone, la lettura – molto specifica –
delle idee del fondatore dell’Accademia hanno condizionato la traiettoria del
pensiero del nostro autore portandolo a formulare il proprio metodo di
ricerca scientifica.
«Non si tratta naturalmente di una difesa incondizionata del
pensiero di Platone assunto nella sua totalità, quanto piuttosto di una più
attenta riabilitazione di quel orizzonte di pensiero, di quel “movimento
spirituale” che va ben al di là della figura storica di Platone»5.
E quindi esaminando il proprio metodo di ricerca di Florenskij più
volte si ritornerà alla sua lettura di Platone sia per dimostrare l’affinità che
aveva con il pensiero platonico che anche per sottolineare alcuni aspetti
propri della filosofia florenskiana, i quali ci aiuteranno a capir meglio il suo
filosofico.
1. Teodicea e antropodicea: i temi principali e i metodi di ricerca filosofica
di Florenskij
Gli scopi ed i temi del pensiero filosofico religioso, Florenskij li ha
suddivisi in due parti: prima bisognava dare l’argomentazione a favore della fede e della Chiesa, la percezione dei loro principi, il ritrovamento della Colonna e fondamento della Verità (Così San Paolo Apostolo nomina la Chiesa nella Prima Lettera a Timoteo: 1 Tim 3,15); dopo, dalle posizioni
4 Stolp, 35.
5 SI, Introduzione, XVI.
I TRATTI DELLA FILOSOFIA DI PAVEL ALEKSANDROVIČ FLORENSKIJ
18
acquisite – affronta e sviluppa la dottrina sul mondo e l’uomo. La prima parte egli l’ha chiamata «teodicea», la seconda – «antropodicea».
Rispetto alla sfera della conoscenza della Verità (soltanto il
conoscere la Verità è infatti lo scopo del nostro autore) egli ha dedotto i due
approcci diversi che così descrive: ci sono i due gradi – «la conoscenza
simbolica e la conoscenza immediata»6. Nella sua teodicea adopera il modo
di conoscere intuitivo, mentre nell’antropodicea usa un altro metodo,
secondo le parole di V. Ivanov, «a realibus ad realiora». Ambedue le strade
le trova in Platone a cui spesso ricorre per dimostrare questo o quell’altro
proprio postulato.
Nella prolusione al dibattimento della tesi Sulla Verità spirituale
pronunciata da Florenskij il 19 maggio 1914 nell’Accademia Teologica di
Mosca descrive la visione del proprio metodo teologico. Innanzitutto dà la
definizione della religione la quale è:
«artefice di salvezza, dunque il suo compito è salvare. Da chi ci
salva la religione? Essa ci salva da noi stessi, salva il nostro mondo
interiore dal caos che in esso si cela. (…) Essa dona pace all’anima e
conseguentemente pacifica anche la società intera e la natura tutta»7.
Poi prosegue:
«Sebbene, dunque, la religione non trascuri il mondo esteriore, il
suo luogo autentico è l’anima. Perciò, se sotto il profilo ontologico la
religione è la nostra vita in Dio e la vita di Dio in noi, dal punto di vista
fenomenologico essa è un sistema di azioni ed emozioni che assicurano
all’anima la salvezza»8.
Distinguendo gradualmente le due vie principali della vita e
conoscenza religiosa egli dice:
«Vien fatto di chiedersi in primo luogo: per quali percorsi
mentali deve inoltrarsi il mio intelletto per riconoscere la forza salvifica
di una determinata religione? E, in secondo luogo: in quale realtà
concreta devo muovermi e in quale legame con essa devo entrare per
accedere alla salvezza?
Questo in termini prettamente fenomenologici. Passando, poi, a
un punto di vista più propriamente ontologico, le nostre domande
andranno rielaborate indicativamente in questo modo, in primo luogo: in
6 Stolp, 63.
7 RD, 93-94.
8 Ibid., 94.
CAPITOLO II: LE DUE VIE
19
quale maniera l’uomo giunge a persuadersi che Dio è Dio, e non un
usurpatore del suo santo nome, cioè Colui al quale di fatto appartiene la
salvezza e che in quanto tale può di fatto farne dono agli uomini? In
secondo luogo: in quale maniera l’uomo accoglie in sé la salvezza divina
e si salva per mezzo del suo Salvatore?
Ovvero, in altri termini: con la prima domanda noi, tramite la
ragione, mettiamo alla prova Dio per scoprire che Egli è davvero Dio, la
vera giustizia, il Salvatore. Con la seconda, mettendo alla prova noi
stessi, ci scopriamo in tutta la nostra “menzogna” e lordura, scorgiamo la
nostra inadeguatezza alla giustizia divina e, di conseguenza, avvertiamo
la necessità di purificarci.
Queste due vie della religione. La prima, la giustificazione di
Dio o teodicea, è possibile solo per grazia Divina, ma anche la seconda,
la giustificazione dell’uomo o antropodicea, è possibile solo per forza
divina. (…) La prima via è una sorta di ascensione della grazia che è in
noi verso Dio, mentre la seconda è una discesa della grazia dentro di
noi»9.
Dunque La colonna e il fondamento della Verità era dedicata
completamente alla teodicea, mentre l’antropodicea sarà l’argomento della
sua ricerca negli anni successivi, in età più matura della sua opera,
coincidendo con lo scoppio della prima guerra mondiale e della rivoluzione
bolševika. È stata proprio l’antropodicea che Florenskij ha chiamato “la
metafisica concreta”, e per essa – così come è stato fatto in La colonna e il
fondamento – ha elaborato il proprio metodo filosofico.
Il suo metodo lo descrive sinteticamente F. J. López Sáez:
«L’opera di Pavel Florenskij si presenta come un dittico a doppio
movimento: all’ascesa del pensiero corrispondono i lavori che
convergono nel capolavoro La colonna e il fondamento della Verità; nella
seconda tappa, discendente, padre Pavel percorre i sentieri che, nella
dinamica dell’Incarnazione, portano la grazia sacramentale fino ai confini
della materia. Il movimento di questa seconda tappa va dal culto alla
cultura in tutte le sue manifestazioni ontologiche e storiche, e poi dalla
cultura alla tecnica e alla materia. A monte dell’antropodicea si situa il
progetto della sua Filosofia del culto, vera chiave teologica e filosofica di
tutti i lavori intorno alla Metafisica concreta»10
.
9 Ibid., 95-96.
10 Francisco José LÓPEZ SÁEZ, Verso la filosofia del culto. Itinerario teologico-spirituale di
padre Florenskij dalla “teodicea” all’“antropodicea, in Humanitas 4 (2003), 715.
I TRATTI DELLA FILOSOFIA DI PAVEL ALEKSANDROVIČ FLORENSKIJ
20
Anche il presente lavoro cerca di esaminare sotto il profilo che
c’interessa il percorso della propria filosofia, seguendo questo piano
tratteggiato e in gran parte realizzato da Florenskij.
2. 1. : La gnosi della teodicea
Prima sarebbe opportuno mettere in luce il metodo che Florenskij ha
adoperato in La colonna e il fondamento che era molto più soggettivistico
rispetto a quello che egli ha usato nella sua antropodicea anni dopo. D’altra
parte questo soggettivismo è molto comprensibile – la ricerca veniva
condotta nell’ambito dei primissimi dogmi della fede, per cui la loro
percezione non può essere data se non nell’esperienza spirituale molto
personale. È naturale quindi che Florenskij propone ogni volta quel metodo
che più corrisponde all’ambito della ricerca.
Come epigrafe per La colonna e il fondamento Florenskij riporta la
frase di San Gregorio di Nissa che si traduce letteralmente: «la gnosi diventa
amore», mentre il significato è: «la conoscenza si realizza nell’amore».
L’amore, come un sentimento estremamente intimo, personale, ma pure
proprio indispensabile alla vita di un cristiano per diventare tale secondo le
parole di Sant’Apostolo (1 Cor 13), diviene il motore di ricerca filosofica di
Florenskij in questo libro.
Prima abbiamo menzionato l’importante corrente artistica di allora –
il simbolismo – che ha influenzato molto Florenskij tanto che da giovane
scriveva dei versi simbolisti e a maggior ragione lui stesso può essere
chiamato simbolista in ambito filosofico. La corrente dei simbolisti ha
influenzato molto la filosofia di Florenskij in età matura, dalla fine degli
anni Dieci e durante gli anni Venti. Del concetto di simbolo e del suo ruolo
nel pensiero florenskiano si parlerà più avanti, mentre adesso si riporta
soltanto una valutazione importante del filosofo russo V. Il’in, il quale così
definisce la costellazione delle personalità creative di quell’epoca:
«Nonostante tutte le grandissime differenze e varietà di questi
titani (i simbolisti – A. Y.) del rinascimento russo li unisce un tratto
comune. Tutti loro sono gnostici. La gnosi dogmatica è un tema
principale nell’opera di Florenskij La colonna e il fondamento della
Verità…»11
.
11
V. N. IL’IN, «Svjaš. P. Florenskij. “Stolp i utverzhdenije Istiny”» in Florenskij: Pro et
Contra, Sankt-Peterburg 2001, 354, traduzione di A. YASTREBOV.
CAPITOLO II: LE DUE VIE
21
Ma come il nostro autore propone di conoscere la Verità? Con quali
mezzi? Florenskij fa tutta l’introduzione alla problematicità della
conoscenza che parte dall’esitazione. Il primo punto che egli mette in luce
nella sua opera è la scala dell’ascensione spirituale: Prima tappa è
Tertulliano con il suo «credo quia absurdum est» – una fede ceca, ma pure
vera e autentica; secondo grado è «credo ut intelligam» di Sant’Anselmo –
io credo e voglio capire quello in ciò che credo; terza: ma l’apice della vera
conoscenza è diversa – essa è laddove si uniscono la fede e la ragione,
coincidentia oppositorum12
. L’avvicinamento di queste due capacità umane
fa nascere in Florenskij il concetto dell’antinomia come mezzo importante
nella conoscenza della Verità, ma prima di tutto come una possibile
espressione della Verità, come la rivelazione della sua essenza.
2. 2. Le antinomie
La Verità anziché negare le contraddizioni e le opinioni sbagliate in
modo paradossale le accoglie tutte. La Verità è antinomia perché essa è
qualcosa che ha dentro di sé già i limiti di tutte le negazioni della propria
esistenza. La Verità è integra, mentre la ragion umana è frazionata ed è in
grado di vedere soltanto una parte di Verità. Ogni ragionamento pur essendo
vero dal punto di vista della logica formale contiene solo una parte di Verità
e viceversa ogni argomento sbagliato contiene sempre qualche parte di
Verità. Un solo Dio è capace di pensare tutto insieme e unire nel Suo
pensiero le contraddizioni, unire quindi ciò che il nostro intelletto non può
conciliare. La Verità è antinomia in tanto, in quanto riesce a racchiudere
tutto.
«L’antinomicità non dice affatto: “O questo o quello non è
vero”; non dice nemmeno: “Né questo né quello è vero; dice soltanto: “E
questo e quello è vero, ma ciascuno a modo suo, mentre l’armonia e
l’unità sono superiori alla ragione”. L’antinomicità proviene dal
frazionamento dell’essere stesso, e il raziocinio fa parte dell’essere»13
.
Dio è la Verità. La Verità è antinomia. E infatti si può credere
solamente in antinomia – perché ogni ragionamento non-antinomico
semplicemente viene assunto oppure negato dalla ragione14
.
12
SI, 89-108. 13
Ibid., 207. 14
Ibid., 200.
I TRATTI DELLA FILOSOFIA DI PAVEL ALEKSANDROVIČ FLORENSKIJ
22
Florenskij fa tutta una serie di ragionamenti per dimostrare la logica
di una tale lettura della verità. Innanzitutto riporta gli sguardi dei filosofi
precedenti sul problema dell’antinomia cominciando da Eraclito d’Efeso
che per primo ha espresso l’idea dell’unità nel mondo dell’armonia e
dell’ostilità. Dopo passa agli eleati i quali, secondo Florenskij, pure sono
ricorsi al metodo antinomico per dimostrare il frazionamento del mondo
esterno, in seguito tocca a Platone il quale Florenskij ha considerato:
«…un grande sostenitore dell’antinomicità della ragione (…). La
maggior parte dei suoi dialoghi non è altro che una gigantesca antinomia,
elaborata con ogni cura e artisticamente drammatizzata. La stessa
preferenza di Platone per la forma dialogica dell’esposizione (cioè per la
contrapposizione di convinzioni) suggerisce la natura antinomica del suo
pensiero»15
.
Si segnala che il proprio metodo antinomico di ricerca, Florenskij
l’attribuisce a Platone vedendolo nella forma dialogica dei suoi scritti.
Infatti, anche le due vie della vita e dell’esperienza religiosa umana
di cui abbiamo parlato prima – teodicea () e antropodicea
() – anch’esse non soltanto non s’escludono l’una con l’altra, ma
secondo Florenskij:
«così come non si possono separare i poli di un magnete,
analogamente non si possono scindere le vie della religione»16
.
I due metodi per raggiungere la Verità si distinguono pertanto
soltanto metodologicamente, ma in realtà sono uniti. L’ascensione e la
discesa spirituali nella loro antinomicità sono un unico cammino verso la
Verità.
2. 3. “L’intuizione razionale”
Florenskij si oppone categoricamente al razionalismo teologico e
propone il principio dell’antinomismo nel pensiero. La ragione non è in
grado di superare le difficoltà nel comprendere la Verità. La Verità può
essere compresa soltanto attraverso l’esperienza religiosa viva; dobbiamo,
dice, uscire dal piano dei concetti per entrare nella sfera dell’esperienza
15
Ibid., 203. 16
RD, 97.
CAPITOLO II: LE DUE VIE
23
viva. L’intuizione intellettuale17
è quell’ultimo anello che conclude tutta la
catena delle deduzioni18
, «l’essere della verità non è deducibile, ma solo
mostrabile nell’esperienza»19
.
Allora per comprendere veramente la Divinità (che è la Verità) ci
vuole soltanto la contemplazione diretta ossia l’intuizione. Certamente
questo concetto non era sconosciuto nella teologia cristiana. Cominciato dai
tempi delle religioni antiche pagane e più tardi ripreso dai neoplatonici, esso
è stato riaffermato più volte nel cristianesimo stesso e attraverso tanti
scrittori dell’Oriente e dell’Occidente – Dionigi Areopagita, San Tommaso
D’Aquino, Niccolò Cusano, San Gregorio Palamas e tanti mistici orientali
della tradizione monastica esicasta – è diventato un mezzo indispensabile
per il cammino più alto dell’ascesi cristiana.
Tante pagine de La colonna e il fondamento descrivono le immagini
che sono molto vicine al concetto della «notte oscura» di San Giovanni della
Croce. Non soltanto gli asceti e gli anacoreti, ma pure i pensatori e i filosofi
camminano per la strada oscura della notte spirituale. Ci sono dei brani in
La colonna e il fondamento (sopratutto nei capitoli «il Peccato» e «la
Geenna») che sono dettati da un’esperienza personale molto profonda e
sofferta. Attraversando queste «tenebre» della mancanza dell’amore divino
l’uomo riceve la grazia della contemplazione immediata della Divinità.
Forse in questi brani noi vediamo una specie di dialogo con l’esperienza
mistica di Blaise Pascal20
oppure una visione premonitrice del proprio
destino nella sofferenza e nella «notte oscura» nel GULAG anni dopo.
Questa immediatezza nella contemplazione ci fa ricordare anche
Karl Rahner con il suo lavoro Uditori della Parola dove, in modo
certamente diverso, basandosi sulla teologia di San Tommaso d’Aquino,
egli ha descritto la capacità umana più alta di tutte – potentia oboedientialis
– quella che dà all’uomo la possibilità di essere aperto direttamente a Dio
senza mediazioni.
17
Stolp, 80. 18
Ibid., 101. 19
Ibid., 192. 20
Nel secondo volume de La colonna e il fondamento (638-642) Florenskij dedica un
capitolo intero a questa singolare personalità della filosofia e della scienza europea. Il
capitolo si chiama L’amuleto di Pascal e comincia con le seguenti parole: «Alla morte di
Blaise Pascal, uno degli uomini più sinceri vissuti sulla terra, fu trovato nella fodera della
sua giacca un bigliettino…» e poi racconta tutta la storia del cosiddetto «amuleto di
Pascal», in cui Florenskij percepisce una visione divina che è diventata il fondamento del
suo sistema teologico, il quale, però, non è stato da lui completamente realizzato.
I TRATTI DELLA FILOSOFIA DI PAVEL ALEKSANDROVIČ FLORENSKIJ
24
Proprio questo metodo, metodo di contemplazione, Florenskij lo
definisce altrove come «la dialettica». Lui chiede a sé stesso:
«Qual è il significato della dialettica? L’integrità. Non vi sono
definizioni singole come non vi sono dimostrazioni singole. Che cosa c’è,
invece? C’è il groviglio sempre crescente dei fili della contemplazione, il
grumo sempre più denso dei sentimenti che vieppiù si innestano nel
profondo dell’oggetto preso in esame.
(…) Definire significa tracciare un limite attorno all’oggetto
della ricerca, confinarlo, isolarlo. Ma a che serve il limite? Che cosa va
limitato? Il pensiero, certo. (…) La dialettica, invece, in quanto pensiero
che si accumula, è tutta nel suo movimento verso conquiste di valore via
via crescente, su per la scala della comprensione… (…) Il pensiero vivo è
dialettico per necessità: in questo sta la sua vita»21
.
La dialettica quindi è un pensiero integro al contrario del pensiero
didattico che Florenskij chiama «congelato», «morto», mentre quello sotto il
nome di dialettica, contemplazione, intuizione vuol dire sempre pensiero
vivo e immediato. Questo è l’unica possibile strada per accedere alla Verità.
Evidentemente il metodo dialettico ci fa ricordare Platone, il quale
diventa per Florenskij il miglior esponente del pensiero integro, del pensiero
che nello scontro degli oppositorum riesce a raggiungere la meta del dialogo
– la Verità22
.
Questo metodo, più tardi Florenskij l’elabora e l’applica anche nella
sua epistemologia, completando così la parte gnoseologica della propria
filosofia con un solo mezzo universale – la conoscenza integrale a cui si
ricorre a tutti i livelli del saper umano.
Quali conseguenze dunque porta quella gnosi per l’uomo che la
viene a possedere? E come agisce nella persona umana questa conoscenza
mistica?
L’autore risponde con la frase di San Gregorio Nisseno: «La
conoscenza si realizza nell’amore»23
. Dunque l’amore è il vero motore della
ricerca, che spinge verso la Verità, mentre il relativismo e lo scetticismo non
conducono a nessun tipo di conoscenza, ma, viceversa, portano la persona al
nichilismo assoluto.
21
RD, 104. 22
Certo che il metodo dialettico di Platone è soltanto una parte della sua metodologia,
mentre Florenskij lo eleva alla stessa ontologia. La dialettica, le antinomie in lui diventano
il principio ontologico – questo non c’era in Platone. 23
GREGORIO DI NISSA, Dell’anima e della risurrezione, PG 46, 96.
CAPITOLO II: LE DUE VIE
25
Allora dice:
«L’unico modo di uscire da questo pantano del relativismo è
riconoscere che la ragione partecipa dell’essere e l’essere della
razionalità. Se è così, l’atto del conoscere è non solo gnoseologico, ma
anche ontologico, non solo ideale, ma anche reale. La conoscenza è
un’uscita reale del conoscente da se stesso, oppure (le due cose si
equivalgono) un reale ingresso del conoscente nel conosciuto, un’unione
reale del conoscente e del conosciuto»24
.
Dunque la conoscenza non è un atto violento rispetto all’oggetto, che
subisce, compiuto dal soggetto gnoseologico rapace, ma uno scambio vivo e
morale delle persone, dove l’una per l’altra vale come soggetto e oggetto
insieme. Nel senso proprio della parola può essere conosciuta soltanto la
persona mediante lo scambio conoscitivo con un’altra persona.
L’uscita vera da sé stesso è la fede cristiana, nella quale si realizza la
conoscenza vera.
«Perciò la vera conoscenza è conoscenza della verità ed è
possibile solo attraverso la transustanziazione dell’uomo, la sua
divinizzazione, l’acquisto dell’amore quale sostanza divina: chi non è con
Dio non conosce Dio»25
.
Ecco perché Florenskij si oppone alla conoscenza «congelata» dei
manuali e delle somme. La Verità non può essere conosciuta al di fuori di
essa e nessuna scienza è in grado di portarci.
Ma forse oltre a una esperienza religiosa immediata e quindi
irrazionale non c’è nessun altra via per venire a conoscere la Verità?
Nell’ambito dell’uomo e della sua vita quotidiana forse non c’è più spazio
per la Divinità? In questo caso tutte le osservazioni di Florenskij verrebbero
ridotte a uno spiritualismo puro, il quale, tra l’altro, non ci comunicherebbe
nessuna originalità nell’impostazione del problema dato che i dibattiti sulla
questione sono stati svolti nell’ambito della teologia ai tempi della Riforma
e nell’ambito filosofico ancor prima, nel Medioevo, nelle discussioni tra «i
realisti» e «i nominalisti».
Sarebbe stato proprio così, se Florenskij avesse limitato la ricerca
con la sua teodicea e in campo gnoseologico – con l’intuizione razionale.
Ma lui non per caso diceva sin dall’inizio che i modi per conoscere la Verità
24
Stolp, 114. Ecco qui si espone la base della filosofia della scienza florenskiana, il
fondamento del suo concetto sulla natura profondamente umanistico. 25
Ibid., 115.
I TRATTI DELLA FILOSOFIA DI PAVEL ALEKSANDROVIČ FLORENSKIJ
26
erano diversi, e l’uno non escludeva l’altro. Sin dai primi anni della sua vita
scientifica ha preparato un piano completo del lavoro per il futuro e ha
incluso il metodo “discendente” nella ricerca per tempi successivi.
3. Antropodicea: I tratti di una metafisica concreta26
3. 1. Il metodo
Florenskij risponde così ad un interlocutore immaginario che gli
chiede sul contenuto dell’antropodicea:
«Il suo argomento fondamentale dovrà essere costituito dai
diversi aspetti e gradi della Discesa di Dio”. In altre parole, vi si dovrà
trattare delle categorie della persuasione religiosa e della rivelazione di
Dio nelle Sacre Scritture; dei riti liturgici e dei santi misteri; della Chiesa
e della sua natura; dell’arte sacra e della sacra scienza ecc. Tutto ciò, ad
ogni modo, dovrà fungere solo da cornice al fulcro dell’antropodicea: la
cristologia»27
.
Di solito nella letteratura teologica e ascetica vediamo un altro
ordine dell’esposizione della materia: si cerca di portare il lettore sempre dal
basso, dalla conoscenza elementare per poi passare più in alto per la strada
dell’ascensione spirituale. Questo si nota in tanti autori occidentali ed
orientali, i più conosciuti dei quali tra gli ascetici in Occidente sono San
Bonaventura con il suo Itinerario e in Oriente San Giovanni il Climaco con
la sua Scala.
Il nostro caso, però, è particolare perché qui seguiamo l’ordine dello
stesso Florenskij che ha cominciato proprio dalla sua teodicea e, poi, da essa
è passato all’antropodicea. Quest’ultima c’interessa in quanto è oggetto del
presente lavoro più della sua filosofia intuitivistica e personalistica pur
essendo interessante da sottoporre allo studio anche quella soprattutto nei
confronti con gli intuitivisti a lui contemporanei e con gli esistenzialisti,
specialmente con M. Heidegger.
In buona sostanza il nostro autore ha espresso i pensieri che erano
già ben noti e in questo senso è stato molto fedele alla tradizione dei Padri
(come lui stesso sempre dichiarava più volte nell’opera de La colonna e il
26
Con questo sottotitolo è stata pubblicata la serie degli scritti di Florenskij intitolata U
vodorazdelov mysli (Agli spartiacque del pensiero). 27
RD, 98.
CAPITOLO II: LE DUE VIE
27
fondamento) argomentando sia con gli strumenti forti delle sue conoscenze
ampissime che anche con la testimonianza della propria esperienza
spirituale profonda pur essendo in quegli anni ancora molto giovane.
Importante anche ricordare che lo stesso Florenskij non considerava
una delle vie teologiche più meritevole rispetto ad un’altra e sempre
sottolineava nella sua opera che questi due cammini non vanno sottoposti o
tanto meno contrapposti uno all’altro, ma uniti antinomicamente nella prassi
spirituale cristiana.
In ogni caso, per passare al suo idealismo concreto era necessario
che noi sapessimo tutti i presupposti e le fonti della sua filosofia
antropologica o dell’idealismo concreto. Per cui si è fatto un breve esame
della sua filosofia contenuta in La colonna e il fondamento.
Del resto lo stesso Florenskij non ritiene come un vero e proprio
«mutamento» quel cammino verso l’idealismo concreto che intraprende nei
suoi scritti successivi. La sua gnoseologia una volta formulata nella teodicea
non subisce, infatti, alcun cambiamento. In realtà, cambia l’aspetto
fenomenologico, sotto il quale viene fatta la ricerca: se nella teodicea tratta
dell’esperienza strettamente personale, così ugualmente con tale esperienza
viene affrontata l’antropodicea, a differenza che l’esperienza questa volta
viene dimostrata, pur sempre mediante conoscenza individuale, attraverso i
dati del mondo materiale.
Florenskij scrive:
«Che cosa significa, tuttavia, sviluppare un pensiero religioso
concreto? Non rischia esso di scadere nel soggettivismo e nello
psicologismo? (…) Non rischia l’osservazione della realtà di scadere in
uno spoglio resoconto delle illusioni della ?»28
Così pone una domanda molto attuale tenendo presente che era facile
accusarlo di un soggettivismo puro. Lo sente bene e dà una risposta
altrettanto esauriente. Egli è contro un sistema scolastico nell’ambito della
spiritualità, ma afferma che l’esperienza individuale non vuol dire
necessariamente quella psicologistica e soggettivistica:
«L’individualità concreta, soggetto tipico della dialettica, non è
una serie lineare di processi spirituali di qualunque sorta, e la sua vita
interiore non è affatto strutturata come le perle sul filo di una collana.
(…) La vita dello spirito, e in particolare una vita scandita dalla fede, è un
intero incomparabilmente più correlato, che ricorda piuttosto un tessuto o
28
Ibid., 107.
I TRATTI DELLA FILOSOFIA DI PAVEL ALEKSANDROVIČ FLORENSKIJ
28
un merletto, in cui i fili si intrecciano in arabeschi variegati e complessi.
(…) E come nella vita solo la varietà delle funzioni, e non i singoli
princìpi astratti, forma un uno intero, allo stesso modo nella dialettica
solo un’elaborazione contrappuntistica delle melodie principali permette
di penetrare in modo vitale nell’oggetto dello studio»29
.
Non si tratta quindi di un approccio completamente privo di un
qualsiasi sistema, ma lo stesso sistema da lui visto è molto più complesso
rispetto ad uno sguardo schematico e privo di vita. Dopo, nella sua
epistemologia, anche nelle lettere dal lager, applica questo metodo nella
progettazione di filosofia della scienza che toccheremo più avanti.
Certamente in questo concetto organico della conoscenza si sente
acutamente l’influenza solov’eviana: Florenskij qui continua ad elaborare la
concezione di integrità dell’essere espressa da Vladimir Solov’ev.
Infatti, Florenskij propone un approccio sul sapere umano molto
originale: nel contesto di tale Weltanshauung perdono senso le distinzioni
tradizionali per la cultura occidentale tra la scienza e la filosofia, l’arte e la
religione. Le diversità principali tra di loro, tra i loro metodi e gli scopi
rimangono prive di attualità. In tutti i campi dell’attività umana traspare –
anche se in modo diverso – la stessa Verità.
Lo scopo del pensatore è dunque di raccogliere queste
manifestazioni, sintetizzarle in un quadro unico e integrale, mentre il mezzo
principale per la soluzione del problema posto è, secondo Florenskij, la
percezione simbolica del mondo. Cosa che sarà l’argomento trattato in
seguito.
Dunque, dopo la teologia Florenskij si prepara all’esame
dell’antropologia, e cioè vuole riflettere sull’uomo sotto i diversi aspetti
della sua esistenza: uomo come tale, il culto e l’uomo, Dio e l’uomo, ma la
salvezza, l’essere cioè con Dio rimane sempre il filo rosso della sua ricerca.
29
Ibid., 110. Parlando del modo di pensare di Florenskij S. Tagliagambe infatti scrive: «Se
si vuole trovare un termine, capace in qualche modo di cogliere ed esprimere questa sua
natura (del pensiero florenskiano – A. Y.), ci si può, a mio parere, riferire alla stessa
definizione di cui Bachtin si valse per caratterizzare l’opera di un altro grande esponente
della cultura, Fëdor Dostoevskij, quella di composizione polifonica, capace di orchestrare
tutti i suoi temi, tutto il mondo oggettuale dotato di senso che esso esprime e raffigura.
“Soltanto un grande polifonista come Dostoevskij», scrive appunto Bachtin, “riesce a
cogliere nella lotta delle opinioni e delle ideologie (delle varie epoche) un dialogo sugli
ultimi problemi (nel tempo grande). Gli altri si occupano dei problemi risolubili nell’ambito
di un’epoca” (S. TAGLIAGAMBE, Come leggere Florenskij, Bompiani, Milano 2006, 12).
CAPITOLO II: LE DUE VIE
29
Le opere di Florenskij nelle quali il Nostro mette sotto esame i
problemi antropologici sono: U vodorazdelov mysli (Agli spartiacque del
pensiero, 1918-1922) e Filosofija kulta (La filosofia del culto, opera iniziata
nel 1918 e rimasta incompiuta). Sostanzialmente queste non sono le opere
complete, ma rappresentano i due cicli degli scritti di diverso genere:
lezioni, recensioni, bozze di articoli, brevi pensieri dedicati ad un’unico
tema che li unisce.
Per la metafisica concreta e per la gnoseologia florenskiana sono
importanti gli scritti: Obščelovečeskije korni idealisma (Le radici
dell’idealismo comuni a tutta l’umanità (con il sottotitolo: Filosofia dei
popoli), 1909) e Smysl idealisma (Il significato dell’idealismo, 1914).
3. 2. Le idee
Prima di entrare nell’ambito propriamente antropologico bisogna
esaminare in modo più attento quella parte della filosofia florenskiana che
tratta delle idee platoniche, le quali indubbiamente sono la pietra angolare
di tutta la costruzione platonica.
È parzialmente esaminata La lettura florenskiana di Platone nel
capitolo I della dissertazione ed è stata fatta un’introduzione al platonismo
di Florenskij visto che prima si doveva scoprire come l’autore si è evoluto
ed è cresciuto nella tradizione filosofica russa e quale era la sua posizione
storica e filosofica rispetto ai filosofi a lui contemporanei. Ci si è soffermati
pure nella sua analisi del concetto platonico d’idee e si è scoperto che il
Nostro aveva un interesse proprio sul problema. Ora, dopo tale introduzione
della sua filosofia, si continuerà ad approfondire l’esame del suo
platonismo.
Quando Florenskij comincia ad introdurci nel suo idealismo
concreto la prima domanda da porsi è: che cosa intende per idea? Nel suo
lavoro Il significato dell’idealismo per rispondere alla domanda: “che cosa
significano le parole e ?” fa tutta una serie di ricerche linguistiche
per trovare l’etimologia della parola idea, e trova che l’ossia i termini
comparativi di tutte le lingue, sia moderne che antiche portano al
significato: apparenza, apparizione ed anche immagine. L’idea è perciò:
I TRATTI DELLA FILOSOFIA DI PAVEL ALEKSANDROVIČ FLORENSKIJ
30
«l’aspetto, la forma, la specie, non per se stessa, ma in quanto
fornisce la conoscenza di ciò di cui è proprio la forma e la specie. L’idea
è il volto della realtà…»30
Le idee platoniche di certo non vengono comprese da Florenskij in
modo esclusivamente mistico-religioso: è chiaro che Platone nei suoi
dialoghi dà parecchio spazio all’interpretazione ed al commento di questo
concetto. In definitiva, lui stesso non ha mai espresso un giudizio
conclusivo, lasciando la sistematizzazione e l’approfondimento ai suoi
seguaci31
.
30
SI, 138. Florenskij era convinto che Platone per non intendeva soltanto qualcosa che
unisce un certo genere di certi esseri o di cose, come affermano, invece, i nominalisti, ma
qualcosa di diverso, qualcosa che costituisce «l’anima» del fenomeno. 31
In realtà Florenskij comprende le idee platoniche in modo doppio: esse sono i mezzi per
conoscere la realtà suprema e quindi sono importanti per la gnoseologia florenskiana e,
d’altronde, esse sono gli stessi oggetti di conoscenza e in questo senso sono le stesse realtà
del mondo intelligibile. Secondo Florenskij questo non è un paradosso, ma è l’essenza
antinomica – gnoseologica e ontologica – delle idee.
Dal punto di vista, invece, della simbiosi o dei rapporti tra i due mondi esistono tre
approcci formulati dallo stesso Platone: 1. La somiglianza e, più tardi, l’imitazione
() tra il fenomeno e l’idea; 2. La partecipazione () – in questo caso soltanto
l’idea è reale mentre il fenomeno è reale solamente in quanto partecipa nell’idea; 3. La
presenza (): l’idea è presente nel fenomeno, essa costituisce la sua causa di essere
() e in quanto tale è un principio ontologico. Per Florenskij ovviamente è più vicino
l’ultimo approccio ai rapporti “idea-fenomeno”. Cf., per esempio: Solov’ev, «Platone», in
Enciclopedia Brokhaus i Efron, Sankt-Peterburg 1890 – 1907, vol. XXXIIIa (46): «L’idea è
un ente intelligibile o un modo assoluto dell’essere che coincide con una forma mentis
assoluta».
Florenskij si rendeva ben conto che non era facile riconciliare diversi modi
concettuali sulle idee, sia nell’ambito dell’opera di Platone stesso che tanto più dentro la
sua scuola, e cercava di ritrovare le radici e la storia di tale problema e risolverlo:
«L’antinomia tra l’individuo e il mondo, (l’uno e il tutto), tormentò il pensiero
greco fino a Platone. (…) Nei dialoghi platonici, soprattutto gli ultimi, ci si imbatte in
alcune considerazioni contrapposte, rivolte contro l’una o l’altra argomentazione della
teoria delle idee (…) Verrebbe da pensare che esse riflettano quel fermento che stava
scuotendo la scuola di Platone. I disaccordi teoretici spinsero addirittura Aristotele ad
abbandonare del tutto la cerchia dei docenti dell’Accademia e a fondare una propria scuola
(…) Il disaccordo, proprio a proposito della questione sulla natura delle idee, è evidente,
ma non è poi così marcato da non consentire di chiamare Aristotele un idealista (…) In
seguito i disaccordi tra le diverse scuole, proprio in merito alla questione delle idee, si
acuirono. Plotino, l’unificatore della filosofia antica, fece un grandioso tentativo di sintesi
tra le diverse teorie sulle idee; egli tuttavia fu un degno rappresentante non solo della
filosofia antica che si stava esaurendo, ma anche della filosofia medievale che stava
iniziando» (SI, 51-52). Attraversando tutta la filosofia antica, il tema delle idee si protrae
nel Medioevo, nel problema degli universali. In questa discussione tra i nominalisti ed i
CAPITOLO II: LE DUE VIE
31
Secondo Florenskij, Platone cercando di risolvere il problema di
singolarità e di molteplicità del mondo considerava idea come «la
molteplicità nell’unità e l’unità nella molteplicità»32
oppure come un punto
d’incontro «tra l’illimitato e ciò che possiede il limite»33
.
Florenskij è fedele a questa comprensione delle idee e la sostiene nel
suo opuscolo Divina sive aurea sectio:
«L’unità nella molteplicità si chiama idea. I poli che manifestano
l’idea, essendo indissolubili, sono allo stesso tempo reciprocamente
opposti. L’idea è unita in sé ed insieme è coniugazione dei poli
antinomicamente opposti l’uno all’altro, - come l’antinomia. (…)
L’antinomicità è la garanzia dell’integrità. (…) I poli sono l’inizio e la
fine dell’apparizione del trascendentale nell’ambito dei sensi, i punti
dell’entrata e dell’uscita dell’IDEA nel mondo empirico»34
.
L’antinomismo dunque rimane come la sfera o l’ambiente in cui
vengono immerse le realtà supreme e dal mondo delle idee passa nel mondo
materiale per poi apparire improvvisamente nei simboli.
Per Florenskij è naturale che questo punto d’incontro dei mondi non
poteva non portare dentro di sé gli elementi religiosi, e lui è convinto che
Platone intendeva idea come una realtà mistica. Secondo lui, le «» e le
«» non sono altro che le apparizioni degli dei e dei demoni che si
presentavano durante i riti estatici ed i misteri35
. Il platonismo quindi è una
realisti Florenskij, come sappiamo, prende la parte di questi ultimi diventando un
sostenitore del realismo radicale, ma sempre con la sua propria visione del rapporto tra le
idee e la realtà, mantenendo il proprio punto di vista sulla natura antinomica dell’essere. 32
PLATONE, Filebe 14 e: «». 33
Ibid., 24 a; 25 b; 16 d-e: «». 34
P. A. FLORENSKIJ, Divina sive aurea sectio, SČT 3 (2), 462, traduzione di A.
YASTREBOV. Proprio in questa frase egli subito ci fa capire che non è d’accordo con la
comprensione dell’idea come nei suoi tempi essa veniva definita dai nominalisti d’allora,
vale a dire dai positivisti. Essa non è una semplice classe, non è una specie di fenomeno del
mondo esterno – essa è il mistico punto d’incontro dei due mondi. 35
Per esempio, in Il significato dell’idealismo scrive: “Che cosa dobbiamo intendere
dunque con quei e di cui parla Polluce? Da parte mia ritengo che non si tratti di
una sorta di immagini delle divinità, ma degli sguardi o dei volti stessi delle divinità o dei
demoni che si manifestano agli iniziati nei misteri. In questo modo ci siamo accostati al
santuario della filosofia platonica ed i termini .e acquisiscono concretezza e
consistenza e, nello stesso tempo, diventano trascendenti. Il fine segreto del platonismo
sono i culti misterici. In effetti il compito dell’iniziazione era proprio quello che si era posta
anche la filosofia, e precisamente consisteva nello sviluppo della capacità della
contemplazione mistica, della visione immediata, faccia a faccia con i “
(spettacoli misterici)”. “ (le sacre visioni)” di indicibile bellezza, le
I TRATTI DELLA FILOSOFIA DI PAVEL ALEKSANDROVIČ FLORENSKIJ
32
dottrina mistica, una «religione» nella quale vengono contemplate le realtà
divine che si manifestano attraverso le idee.
Ecco perché l’idea dell’uomo è il suo demonio e in altre parole essa
è il divino in lui, così come pure si può dire di qualsiasi cosa creata che essa
avesse in sé un’apparizione di un’altra realtà. Ed ecco perché Talete, tanto
stimato da Florenskij, ha detto: «tutto è pieno degli dei» – l’ha detto nel
senso che tutte le cose del mondo hanno la loro finestra aperta verso il
divino.
Alla fine, approfondendo la comprensione cristiana dell’idea, il
discorso di Florenskij risale alla concezione di Filone d’Alessandria
dell’idea delle idee ()36
. Secondo Filone, tutte le idee tendono
verso il vertice, verso la Sostanza di tutte le sostanze – verso Dio perché
soltanto in Lui possiedono la loro ragione e la loro realtà. Completando il
pensiero filoniano vediamo che la concezione dell’idealismo
inevitabilmente va a finire nella teodicea: la risoluzione definitiva del
problema di singolarità e di molteplicità e cioè di tutta la questione delle
idee e del loro luogo in filosofia si trova nel dogma della Santissima Trinità.
Soltanto Essa è «», soltanto in Essa si
realizza pienamente la “conciliazione” delle estremità di antinomia.
Florenskij scrive:
«…Soltanto la Trinità è in senso proprio e
definitivo, cioè in Essa soltanto trova una risposta la questione
fondamentale di tutta la filosofia. Ed inoltre, proprio nel dogma della
Trinità i temi fondamentali dell’idealismo (…) si intrecciano in un
unicum e risuonano in tutta la loro estrema chiarezza»37
.
Considerazioni riassuntive
Come si è visto, le due vie di ricerca filosofica di Florenskiji sono
diverse: esse, però, non negano l’una all’altra, ma si completano in questa
immagini () luminose che passano davanti a colui che, entusiasta, contempla l’altro
mondo: sono questi gli sguardi celesti o le idee soprasensibili di Platone. Facciamo
attenzione al fatto che è il diminutivo di ed indica la stessa cosa di e di
”. SI, 144. 36
Si veda: FILONE D’ALESSANDRIA, De opific. mundi, 6; De mutat. nom., 23. 37
SI, 161.
CAPITOLO II: LE DUE VIE
33
diversità. La completezza nella diversità è il punto nodale della teodicea
florenskiana38
. In tal modo le vie ed i metodi di ricerca differenti non sono
più in antitesi tra loro: il concetto solov’eviano di unitotalità dell’essere
aiuta Florenskij a formulare la propria visione del mondo. A differenza,
però, di Vladimir Solov’ev, che ricorre soprattutto alle fonti filosofiche,
Florenskij nell’ambito della teodicea si rivolge alla tradizione dei Padri della
Chiesa. È la frase di San Gregorio di Nissa che viene scelto come il punto di
partenza di tutta la catena dei suoi ragionamenti -
- ecco in che cosa consiste una vera e propria gnosi con cui va affrontato
qualsiasi tema della teodicea. L’amore, a sua volta, come una sorgente
d’ispirazione religiosa spinge il sentimento di carattere spirituale che
chiamiamo l’intuizione attraverso la quale veniamo a conoscere le realtà
intelligibili.
Mentre la via discendente, che entra propriamente nel campo della
creazione e diventa oggetto di ricerca dopo la teodicea, se pur brevemente,
ma sufficientemente: innanzitutto abbiamo visto che Florenskij sempre
rimane fedele all’idea di unitotalità dell’essere e seguendo quella anche
nell’ambito dell’antropodicea insiste che il sapere umano non è lineare, ma
è «pluridimensionale e multiforme» cosicché l’attività spirituale umana
assomiglia a un merletto che nonostante abbia un sistema molto preciso non
può essere sempre semplicemente descritta ed esaminata.
Le idee fanno parte della via antropologica, entrano nel mondo
fisico, ma sempre hanno una loro propria natura mistica e antinomica. Esse
sono i principi ontologici del mondo materiale, esse sono le «finestre aperte
38
Florenskij scrive: «Nella vita religiosa l’e l’ si compenetrano e
possono essere analizzati separatamente solo da un punto di vista metodologico, pur se fino
a un determinato stadio. Tale scissione, tuttavia, è resa possibile dal fatto che a determinati
stadi dello sviluppo individuale e dello sviluppo della coscienza sociale si confanno ora
l’una, ora l’altra via.
La via a salire è essenzialmente la via che conduce all’atto ascetico dello spirito,
mentre la via a discendere è la via che a esso ci avvicina. Questa la ragione per la quale, in
questo scritto (Ragione e dialettica – A. Y.), ho ritenuto opportuno dare risalto alla teodicea,
lasciando la più complessa antropodicea per anni più maturi e per un’esperienza più salda.
A un’eventuale domanda sul contenuto dell’antropodicea, però, va forse risposto così: “Il
suo argomento fondamentale dovrà essere costituito dai diversi aspetti e gradi della Discesa
di Dio”. In altre parole, vi si dovrà trattare delle categorie della persuasione religiosa e della
rivelazione di Dio nelle Sacre Scritture; dei riti liturgici e dei santi misteri; della Chiesa e
della sua natura; dell’arte sacra e della sacra scienza ecc. Tutto ciò, ad ogni modo dovrà
fungere solo da cornice al fulcro dell’antropodicea: la cristologia». RD, 97-98. Ecco la
descrizione semplice delle due vie e dei loro rapporti ed anche un programma filosofico
preciso che, infatti, è stata realizzata da Florenskij più tardi, negli anni Venti.
I TRATTI DELLA FILOSOFIA DI PAVEL ALEKSANDROVIČ FLORENSKIJ
34
nella nostra soggettività»39
, esse sono i mezzi della conoscenza e sono al
tempo stesso gli oggetti di conoscenza.
Questa antimonicità delle idee e la lettura dell’
filoniana l’hanno portato alla conclusione che l’e dell’antinomismo si
trova nel dogma della Santissima Trinità:
«L’intera opera filosofica di padre Florenskij, a partire dalla sua
teodicea ortodossa e da Il significato dell’idealismo, fino alle successive
elaborazioni di antropodicea, ha nel dogma della Trinità il principio
fondativo di un “nuovo pensare” e di una “nuova ragione”, che abbraccia
le diverse forme della conoscenza»40
.
Sul suo piano ontologico, quindi, il tema delle idee – in quanto esse
sono le realtà antinomiche – è piuttosto l’argomento della metafisica o della
teodicea come noi chiamiamo metodologicamente questo ambito per
sottolineare quell’aspetto sotto il quale lo indaghiamo. Se, invece, passiamo
nell’ambito della gnoseologia, le idee diventano le realtà al confine dei
mondi dalle quali noi cominciamo a sviluppare il nostro discorso
sull’antropodicea. Ecco perché nel presente lavoro quasi tutto ciò che
riguarda le idee è stato messo nella parte dell’antropodicea tanto che dalle
idee passiamo al simbolo – ad un «ritratto» d’idea nel mondo esterno.
Ora si passerà ad esaminare i concetti florenskiani fondamentali
dello sguardo e del nome, ma prima si rifletterà su ciò che Florenskij
intendeva per simbolo in generale, quale cioè era la sua simbologia. Questo
c’introdurrà direttamente nell’antropodicea e spiegherà meglio l’importanza
dello sguardo e del nome nel pensiero florenskiano.
Il concetto sostanziale di tutta la filosofia florenskiana o meglio di
tutta la sua attività intellettuale e spirituale – il concetto del simbolo – è
indissolubilmente legato con il concetto platonico dell’idea. Com’è stato già
detto Florenskij assume la concezione platonica delle idee, ma la elabora in
modo proprio. Essa viene da lui riconosciuta e assunta in misura per la quale
è importante e utile per la filosofia cristiana. Non per caso lui chiama la sua
filosofia l’idealismo concreto.
39
MS, 98. 40
SI, Introduzione XXIV.
CAPITOLO III: IL SIMBOLO
35
Capitolo III: il Simbolo
1. Il concetto di simbolo in Florenskij
Per quello che ha vissuto e pensato, Florenskij così scrive ai figli:
«Per tutta la vita ho pensato, in sostanza, a una sola cosa: al
rapporto tra fenomeno e noumeno, al rinvenimento del noumeno nei
fenomeni, alla sua manifestazione, alla sua incarnazione. Sto parlando del
simbolo. E per tutta la vita ho riflettuto su un solo problema, il problema
del SIMBOLO»41
.
Florenskij nelle sue opere dà una serie di definizioni del simbolo, ed
in ciascuna lo descrive sempre in modo molto artistico e pittoresco:
«L’essere che supera sé stesso – ecco la definizione principale
del simbolo. Simbolo è un qualcosa che rappresenta ciò che esso stesso
non è, qualcosa superiore ad esso, ma che mediante di esso traluce al di
fuori in modo sostanziale»42
.
Il simbolo quindi porta un’essenza superiore di sé stesso, nella sua
esistenza esso fa parte della realtà superiore e in un certo senso riceve la sua
energia e il suo nome.
Portando avanti il suo pensiero Florenskij viene a conclusione che:
«il simbolo non è tale perché ha una o altra proprietà, ma perché
in una certa realtà43
sta l’energia di un’altra realtà e cioè perché c’è la
sinergia delle due – almeno due – realtà»44
.
Dunque Florenskij interpreta sempre il suo «maestro», Platone,
prendendo alcuni suoi pensieri e aggiungendone di propri. Qui vediamo che,
secondo lui, il simbolo partecipa alla realtà suprema – e in questo pensiero
Florenskij segue Platone – e in secondo luogo il nostro autore afferma la
41
DV, 201. 42
SČT 3 (1), 257. 43
Cioè nel simbolo. 44
Ibid., 424. Su una conseguenza rilevante della concezione florenskiana del simbolo
nell’ambiente cristologico si veda la sezione Originalità del pensiero di Florenskij nelle
Conclusioni, punto 8.
I TRATTI DELLA FILOSOFIA DI PAVEL ALEKSANDROVIČ FLORENSKIJ
36
doppia potenzialità energetica del simbolo – in esso, infatti, agisce sia la sua
propria energia che anche l’energia di un’altra realtà – questo aspetto non
c’è in Platone. Così Florenskij comprendeva il simbolo.
Esso è diventato uno strumento universale ed è applicabile in ogni
campo dell’attività umana – dalle scienze naturali alla religione. Noi non
inventiamo i simboli, ma li scopriamo per mezzo dell’intuizione.
Il mondo occidentale ha distrutto il simbolo che era il passaggio tra il
mondo materiale e quello spirituale. Lo stesso concetto di simbolo in
Occidente è stato ridotto a «segno», così come idea significa ormai
semplicemente «pensiero», mentre Florenskij seguendo il realismo
medievale insiste sul fatto che le idee sono esseri reali come pure il simbolo
è una realtà vera e propria.
Florenskij scrive:
«Non ho mai cercato di contemplare quest’unità (di fenomeno e
noumeno – A. Y.) al di fuori e indipendentemente dalla sua
manifestazione. Respingevo con tutto me stesso la scissione kantiana di
noumeni e fenomeni, persino quando ancora nemmeno sospettavo
dell’esistenza di ognuno di quei quattro termini: “scissione”, “kantiana”,
“noumeni”, “fenomeni”. Al contrario, in questo senso sono sempre stato
un platonico (corsivo – A. Y.), un onomatodosso45
: il fenomeno era per
me un fenomeno del mondo spirituale. (…) Il fenomeno (nel suo
manifestarsi, è sottinteso) è l’essere stesso, il nome è il denominato (nella
misura in cui esso può penetrare nella coscienza e diventarne oggetto).
Ma il fenomeno – bi-unitario, spirituale-materiale –, il simbolo, mi è
sempre stato caro nella sua immediatezza, nella sua concretezza, con la
sua carne e la sua anima»46
.
45
«Onomatodossia» fu una corrente nella prassi spirituale ortodossa nata alla fine
dell’Ottocento sul monte Atos. Aveva le radici nella tradizione monastica esicasta
bizantina. È stata promulgata in Russia all’inizio del Novecento grazie ad alcuni monaci-
atoniti ed è diventata molto influente in alcuni monasteri russi. I monaci credevano che
recitando incessantemente la preghiera di Gesù: Il Signore, Gesù Cristo abbia pietà di me,
peccatore – loro come se avessero lo stesso Gesù presente, perché «il nome - affermavano
loro - è la stessa persona». Sul piano filosofico qui abbiamo a che fare con una sorte di
realismo radicale. L’onomatodossia è stata condannata dal Santo Sinodo della Chiesa
Ortodossa Russa come eresia, ed i monaci-sostenitori di questa prassi hanno subito delle
repressioni, tanti furono espulsi dai loro monasteri. Florenskij ha sostenuto subito gli
onomatodossi ed ha scritto su questo tema un articolo Imeslavie kak filosofskaja
predposylka (Onomatodossia come presupposto filosofico), Moskva 1922. Anche in questo
passo egli chiaramente mostra la sua posizione: «il nome è il denominato». 46
DV, 202.
CAPITOLO III: IL SIMBOLO
37
Queste citazioni fanno capire quanto per Florenskij era importante il
concetto di simbolo – esso è diventato per lui un vero e proprio mistero di
vita, un sostegno della sua Weltanshauung fliosofica e scientifica. Nella
stessa serie di lettere, nella parte intitolata Il Particolare, in seguito lo stesso
Florenskij ricorda:
«mio padre mi fece notare che la mia forza non era nell’indagine
del particolare né nella riflessione sul generale, bensì nella loro
combinazione, al confine tra generale e particolare, tra astratto e
concreto»47
.
Florenskij dunque pretende addirittura di fondare una gnoseologia
nuova incentrata sul simbolo, sul simbolismo ontologico48
. Lui dice:
«Il simbolo mostra come sia possibile l’unità dell’esistenza
umana nella distinzione e nella tensione oppositoria tra il finito e
l’infinito, tra l’uno e il molteplice, l’uno e il tutto»49
.
Portando avanti il discorso sulle espressioni della realtà nel mondo
lui formula una definizione importante e dice:
«i simboli sono gli organi del nostro contatto con la realtà, e
attraverso di loro veniamo a contatto con ciò che finora era stato tagliato
dalla nostra coscienza. Nell’immagine, noi vediamo la realtà, e nel nome
– la sentiamo (corsivo – A. Y.). I simboli sono fori, aperture nella nostra
soggettività»50
.
A questo punto, prima di intraprendere il discorso sullo sguardo e sul
nome, bisogna fare due interruzioni e introdurre i concetti dei sensi
spirituali e della Sofia visto che essi sono importanti per capire il
simbolismo filosofico florenskiano. Essi si trovano ai lati opposti sia dal
punto di vista della dottrina della Chiesa che nell’ambito dell’uso filosofico.
Il primo concetto è esclusivamente antropologico, nato nella profondità
dell’esperienza spirituale della Chiesa, mentre il secondo è un concetto
piuttosto astratto e speculativo, che è stato chiamato a spiegare il posto della
creazione nel mondo ed è servito da principio armonizzante, costituiva
lievito divino nella materia.
47
DV, 204. 48
Cf. SI, Introduzione, XIII. 49
RD, Introduzione, XIII. 50
MS, 98.
I TRATTI DELLA FILOSOFIA DI PAVEL ALEKSANDROVIČ FLORENSKIJ
38
2. I sensi spirituali
fanno parte importante della gnoseologia mistica cristiana e quella
ortodossa in particolare. L’esame del concetto dei sensi spirituali sarà
importante anche perché Florenskij ha elaborato poco sull’argomento,
mentre ci sembra che sia necessario mettere sotto la lente quest’aspetto
rilevante della prassi spirituale ortodossa, tanto che lo stesso Florenskij
l’apprezzava molto e nella controversia onomatodossa ha preso la difesa dei
monaci-atoniti51
.
Secondo i Santi Padri della Chiesa, i sentimenti con i quali si
percepisce il mondo spirituale non sono uguali a quelli con i quali si
conosce il mondo materiale. Nell’uomo sono presenti due sistemi di sensi,
naturale e soprannaturale (soprannaturale perché il suo oggetto di
conoscenza sono le realtà soprannaturali), ma tante volte quest’ultimo viene
oscurato e si pensa che sia presente solo quello esterno, sensitivo.
Dunque oltre al normale sistema dei sensi, nell’uomo esiste anche un
altro, interno, soprasensibile, il quale in un certo modo rispecchia nella
51
Va considerato che Florenskij nella sua opera filosofica aveva scopi diversi da quelli
riguardanti la prassi spirituale dell’ascesi ortodossa orientale. Lui comunque condivideva la
tradizione dei Padri bizantini ed atoniti dell’Ottocento.
Per la gnoseologia florenskiana il punto di partenza è la definizione dell’atto
conoscitivo come atto di unione interiore del conoscente con il conosciuto. Sotto questa
luce, la conoscenza diventa un atto ontologico, un atto di cambiamento della propria natura
da parte dell’uomo. Qui si può parlare di transustanziazione dell’uomo o della sua
divinizzazione: «La vera conoscenza è conoscenza della verità ed è possibile soltanto
attraverso la transustanziazione dell’uomo, la sua divinizzazione, l’acquisto dell’amore, e,
viceversa la conoscenza della verità si manifesta attraverso l’amore: chi è con l’amore non
può non amare. Qui è impossibile dire che cosa sia la causa e che cosa l’effetto, perché
l’una e l’altro sono soltanto aspetti di un’unica realtà: l’ingresso di Dio in me come
soggetto filosofante e di me in Dio come verità oggettiva» (Stolp, 115). A questo punto,
entrando nell’unità conoscitiva con un’altra realtà, l’uomo incontra la Verità che, secondo
la tradizione ortodossa, si svela come la luce. Non è per caso che la Quarta lettera de La
Colonna e il fondamento si chiama La luce della Verità riferendosi così alla
contemplazione della luce taborica praticata negli ambiti monastici e dogmatizzata nei
concili costantinopolitani nella metà del XIV secolo. Illuminato da tale luce l’uomo
«gioisce con trepidazione inspiegabile, scorgendo all’interno del proprio cuore la luce
intellettuale, la luce del Tabor; ed egli stesso diventa spirituale e bello» (Stolp, 137), e qui
si può costatare che Florenskij adopera il concetto della visione spirituale in quanto di un
sentimento mistico pur non approfondendolo appositamente.
CAPITOLO III: IL SIMBOLO
39
nostra mente quello sensibile (per esempio, «l’uomo interno» di cui parlava
San Paolo (Ef 3,40).
Il contenuto della coscienza interna è il mondo pluridimensionale e
multiforme il quale non si riduce solo all’attività del nostro pensiero
discreto. C’è il «pensiero diverso» ossia la vista interna con cui
contempliamo le immagini che vengono percepite dalla coscienza. C’è
«l’udìto interno» che sente i suoni interni. Ci sono, pur non essendo così
sviluppati, gli altri sensi interni che sono analoghi agli altri tre sensi.
Questo sistema di percezione interno ha le sue proprietà e le sue
leggi, le quali soltanto parzialmente coincidono con le proprietà del sistema
fisico52
. San Paolo Apostolo nelle sue lettere sviluppa particolarmente
l’aspetto escatologico di questo tema (cioè del tema dei sensi
soprannaturali): dopo la risurrezione la natura umana assumerà in sé dei
sensi diversi con i quali sarà possibile vedere il volto Dio «faccia a faccia»
(1 Cor 13,12).
Questo discorso viene ripreso da San Ireneo di Lione, Clemente
d’Alessandria e in modo più profondo da Origene che ha elaborato ed ha
adoperato una serie di termini: «i sensi spirituali», «i sensi dell’uomo
interno», «i sensi divini», «i sensi dell’anima» e così via53
.
I sensi spirituali però non si presentano sotto forma di «secondo
sistema dei mezzi di percezione» nascente indipendentemente dal primo
52
Ovviamente queste leggi sono molto importanti per ogni arte che pretende di entrare
nell’ambito “dell’uomo interno” ed, in particolare, necessariamente sono tenute presenti,
per esempio, nell’iconografia. 53
Сf, ORIGENE, De principiis I. 1, 9; II. 3, 6. «Car qu’est-ce que voir Dieu avec le cœur,
sinon, comme nous l’avons exposé plus haut, le comprendre et le connaître par
l’intelligence? Fréquemment, en effet, les appellations des organes sensibles sont rapportés
à l’âme. On dit qu’elle voit avec les yeux du cœur, c’est à dire qu’elle devine par la force de
l’intelligence quelque réalité intellectuelle; on dit qu’elle entend avec oreilles, lorsqu’elle
perçoit un sens d’une compréhension plus profonde; on dit qu’elle se sert de dents,
lorsqu’elle mâche et mange le pain de vie descendu du ciel; on dit pareillement qu’elle use
du ministère des autres organes qui, sous une appellation corporelle, sont attribués aux
facultés de l’âme, selon ce que dit Salomon: Tu trouveras une sensibilité divin. Il savait en
effet qu’il y a en nous deux genres de sensibilité, l’un qui est mortal, corruptible, humain, et
l’autre immortel et intellectuel qu’il appelle ici divin. C’est par cette sensibilité divine, non
des yeux, mais du cœur pur qui est l’intelligence, que Dieu peut être vu de ceux qui en sont
dignes» (ORIGENE, Traité des principes, introduzione, testo, traduzione a cura di Henri
CROUZEL e Manlio SIMONETTI, in SC 252, Les éditions du cerf, Paris 1978, 109-111. Si
veda anche: J. MOUROUX, Le sentir spirituel, in L'expérience chrétienne, Aubier, Paris
1954; H.U. BALTHASAR, von, La percezione della forma, Jaca Book, Milano 1975; K.
RAHNER, I sensi spirituali secondo Origene, in Teologia dell'esperienza dello spirito, Roma
1978.
I TRATTI DELLA FILOSOFIA DI PAVEL ALEKSANDROVIČ FLORENSKIJ
40
cioè dai sensi naturali. Pur essendo le modalità principalmente diverse, i
sensi spirituali nello stesso tempo nella loro origine e formazione, sono
legati strettamente con i sensi naturali. Dato che il corpo «si deifica insieme
all’anima»54
anche i suoi sistemi di percezione vengono coinvolti nel
processo spirituale e si trasformano subendo un certo cambiamento mistico
– allargamento, rafforzamento, assottigliamento…- e il risultato di tutto ciò
nella tradizione ascetica orientale viene chiamato «apertura dei sensi»: la
formazione delle percezioni soprannaturali.
Quei mezzi con i quali si realizza il dialogo «Dio-uomo» sono
diversi e particolari e l’uomo deve ancora acquisirli. In questo processo non
esiste la conseguenza causale. L’esperienza mistica ortodossa li chiama
sensi «razionali» () o «spirituali» ed ha testimonianza che essi
appaiono oppure «si aprono» nell’uomo sotto l’influsso della grazia.
Testimonianze di questo genere attraversano come un filo rosso tutta la
tradizione ortodossa esicasta. Così scrive l’autore di un testo fondamentale –
I discorsi spirituali attribuito fin dall’antichità a San Macario d’Egitto:
«Ci sono gli occhi che sono l’interno di questi occhi fisici, c’è
l’udito che è l’interno di questo udito. E come questi occhi materialmente
vedono e riconoscono la faccia dell’amico o dell’amante, così gli occhi
illuminati dalla luce divina spiritualmente vedono e riconoscono il
Signore»55
.
A sua volta Sant’Andrea vescovo di Creta (VII-VIII secolo) nella
sua Omelia sulla Trasfigurazione dice che gli apostoli contemplavano la
luce taborica «avendo acquisito il senso soprannaturale». Poi, nella mistica
di San Simeone il Nuovo Teologo (X-XI secolo) il tema dei sensi spirituali
riceve una continuazione considerevole soprattutto nelle sue descrizioni
delle contemplazioni della luce divina per mezzo «dell’occhio depurato
dell’anima». Anche dopo di lui il tema rimane e si sviluppa.
L’argomento centrale della cosiddetta «polemica esicasta» di XIV
secolo – la provenienza delle contemplazioni di luce nell’esperienza degli
esicasti atoniti – sta in connessione diretta con il problema dei sensi
spirituali. Questo episodio della storia ecclesiastica aggiunge una nuova
importante pagina a questo tema.
54
Gregorio PALAMAS, Discorsi in difesa dei santi esicasti, I, 3, 37. Si veda: Gregorio
PALAMAS, Atto e luce divina. Scritti filosofici e teologici, a cura di Ettore PERRELLA,
Bompiani, Milano 2003. 55
PSEUDO-MACARIO, I discorsi spirituali, Hom. 28, 5. Si veda: PSEUDO-MACARIUS, The
fifty spiritual homilies and the great letter, Paulist Press, NY 1992.
CAPITOLO III: IL SIMBOLO
41
Il contributo decisivo è stato proposto e spiegato, in primo luogo,
nelle Tre triadi in difesa dei santi esicasti () di
San Gregorio Palamas. Nell’analisi delle visioni esicaste della luce divina
troviamo per la prima volta la chiara distinzione tra i tipi o livelli di
conoscenza: quello sensitivo, fisico e quello mistico, soprannaturale.
«La visione non è sensazione perché la luce non si percepisce
per mezzo degli organi dei sensi, non è neanche il pensiero perché non la
si trova attraverso i ragionamenti e la conoscenza logica (I. 3, 18). Questo
è ciò che noi chiamiamo il conoscere oltre la conoscenza intendendo
mostrare che questa visione la prova chi possiede sia la mente che i sensi,
ma vede ciò che è oltre queste due facoltà: cioè – l’uomo»56
.
«In quel caso l’uomo vede con lo spirito, ma non con la mente o
con i sensi; grazie ad una certa conoscenza soprannaturale egli sa
esattamente che vede la luce la quale è al di sopra della luce naturale, ma
non sa per mezzo di che cosa la vede e non può venire a sapere la natura
della sua visione. Ne ha parlato S. Paolo, quando sentiva ciò che è
inesprimibile e vedeva ciò che è invisibile: “se nel suo corpo o fuori del
corpo, non lo so, Dio lo sa” (2 Corinzi: 12, 2), cioè egli non sapeva se la
sua mente oppure il corpo fossero stati organo della sua visione.
L’Apostolo non vede con l’occhio carnale, ma con la stessa chiarezza e
perfino in modo molto più chiaro»57
.
Importante è che, nonostante il distacco dei sensi spirituali da quelli
naturali, i Padri della Chiesa esprimono l’idea che i primi non sono
completamente separati dai secondi, ma li adoperano in qualche modo, li
mettono a servizio.
Questa sembra un’osservazione necessaria per capire di che cosa sta
parlando Florenskij: la purificazione è indispensabile per poter vedere e
sentire le realtà divine. L’uomo insieme all’autoperfezionamento non
sviluppa soltanto i suoi sensi soprasensibili (i quali servono per la
conoscenza intuitiva e quindi ci interessano come i mezzi della teodicea
florenskiana), ma anche i sensi naturali, con i quali entriamo già nel campo
dell’antropodicea, vengono acuiti per meglio percepire le realtà manifestate
nei simboli:
«qual è il criterio di verità di questa vita (vita spirituale – A. Y.)?
La bellezza. Perché esiste una particolare bellezza spirituale, inafferrabile
con le formule logiche, ma allo stesso tempo, unico metodo giusto per
definire che cosa è ortodosso e che cosa non lo è. Gli specialisti di questa
56
Gregorio PALAMAS, Discorsi in difesa dei santi esicasti, III, 1, 36. 57
Ibid. I, 3, 20-21.
I TRATTI DELLA FILOSOFIA DI PAVEL ALEKSANDROVIČ FLORENSKIJ
42
bellezza sono starcy spirituali: i maestri dell’“arte delle arti” che è
l’ascetica, secondo le parole dei santi padri. Gli starcy “hanno fatto la
mano”, per così dire, nello scoprire la qualità della vita spirituale. Il gusto
ortodosso, il volto ortodosso si sente e non sottostà al calcolo aritmetico;
l’ortodossia si mostra, non si dimostra. Ecco perché c’è un solo metodo
per chi desidera capire l’ortodossia: l’esperienza ortodossa diretta»58
.
La contemplazione di questa bellezza che si raggiunge attraverso la
divinizzazione dell’uomo diventa il punto nodale in tutta l’estetica ortodossa
la quale è oggetto principale dell’esame di Florenskij in tarda età. Lui però
cerca di avvicinarsi al problema dei sensi spirituali rimanendo sempre nel
campo filosofico, lasciando un filone importante a parte: se noi ci troviamo
nel campo se pur filosofico, ma filosofico religioso, è necessario tener
presente quel momento principale che è legato con la prassi spirituale, la
quale insegna che le realtà intelligibili possono essere percepite per mezzo
solo della purificazione personale dell’uomo e non soltanto nel caso
dell’intuizione diretta soprasensibile, ma pure nell’ambito dei sensi
naturali59
.
Se si parla dunque di un tipo di conoscenza «ascendente» – sia
attraverso il mito, vale a dire la parola, che anche attraverso lo sguardo, si
58
Stolp, 40. Nell’ottica di quanto sopraccitato diventa chiara l’importanza della percezione
immediata il cui scopo è di vedere la bellezza interna che diventa il criterio della vita
spirituale. Toccando l’aspetto estetico del problema si nota che Florenskij non era
assolutamente estraneo alla problematicità dei sensi spirituali, anche se non ha elaborato
quest’argomento dettagliatamente. 59
Florenskij stesso parla soprattutto dell’immediatezza del conoscere nell’ambito spirituale,
senza sottolineare l’aspetto ascetico-pratico pur accettando pienamente la tradizione dei
Padri. Anche nel difendere gli onomatodossi lui rimane sempre sulla posizione
esclusivamente filosofica, giustificando la prassi atonita. Il Nostro nell’opporsi alla
conoscenza scolastica morta cerca di fare sempre la distinzione tra la conoscenza del
raziocinio e la conoscenza di fede, la quale è la prima condizione necessaria per
raggiungere quest’immediatezza. Con tale scopo lui fa ricordare tre stadi della fede che
rappresentano tre gradi dell’ascesi della ragione: credo quia absurdum di Tertulliano, credo
ut intelligam di Sant’Agostino e di Sant’Anselmo ed, infine, intelligo ut credam che diventa
il punto in cui: “i confini della fede e del sapere si fondono, crollano le mura di cinta del
raziocinio, tutto il raziocinio si trasforma in una sostanza nuova”. (Stolp, 100).
La fede è fondamentale per la vera conoscenza di Dio, mentre è l’amore che
diventa il principio ontologico di tale conoscenza: oltre ad essere uno strumento
gnoseologico indispensabile () esso costituisce la stessa esistenza
divina secondo la definizione giovannea: (1 Gv 4,8). «La conoscenza
effettiva della Verità è pensabile nell’amore e soltanto nell’amore, e, viceversa, la
conoscenza della Verità si manifesta attraverso l’amore: chi è con l’Amore non può non
amare» (Ibid., 115).
CAPITOLO III: IL SIMBOLO
43
tratterà sempre di una preliminare purificazione dell’uomo prima che
affronti questa strada. Tutto ciò mostra chiaramente che la gnoseologia
dell’antropodicea florenskiana dipende molto dalla dottrina antropologica
patristica.
È interessante sottolineare anche un altro aspetto della prassi ascetica
che è importante per il nostro esame sia nel contesto della compenetrazione
dei due mondi in generale e che nel contesto dei rapporti tra i sistemi degli
organi dei sensi – quello fisico e quello spirituale in particolare:
«gli asceti, nel cammino di divinizzazione che riempie di luce
taborica i loro occhi, mostrano al mondo che è possibile accedere alla
radice eterna di tutte le cose e lasciarsi illuminare dalla luce della verità
che vi abita. Questo non sarebbe ammissibile se non ci fosse uno stretto
legame tra mondo creaturale e mondo divino (corsivo – A. Y.), se non ci
fosse un’originaria forza manifestante che ha il proprio fondamento
nell’eterno amore di Dio. L’uomo spirituale non solo è modello del
cammino verso questa radice; esso diventa anche la forma di questa
radice, subendo una trasfigurazione, quasi fosse assunto nel grembo del
più originario rapporto che Dio ha con se stesso»60
.
Dunque l’unità della coscienza umana nei diversi livelli dei suoi
sensi e la loro compenetrazione garantisce all’uomo la possibilità di
accedere alla Divinità nella deificazione umana, la quale è venuta con
l’incarnazione del Logos, mentre per il nostro lavoro è importante accertarsi
che la gnoseologia florenskiana, trattando della vicinanza e della
penetrazione reciproca dei due mondi, segue fedelmente la tradizione
millenaria dei Padri della Chiesa.
3. La Sofia
Lo sguardo di Florenskij sulle espressioni esterne delle realtà
intelligibili ha fatto sorgere tutta la sua concezione del mondo materiale il
qual è diventato per lui sin dall’infanzia particolarmente prezioso61
.
60
G. LINGUA, Oltre l’illusione dell’Occidente. P. A. Florenskij e i fondamenti della
filosofia russa, Zamorani, Torino 1999, 191. 61
Florenskij da piccolo ammirava la natura, la vedeva come una realtà viva e vicina a lui.
Nelle sue lettere ai figli ricorda l’infanzia e il suo atteggiamento verso la natura: «Il mondo
viveva e io comprendevo quel suo vivere. (…) La percezione infantile – scrive – supera la
frammentazione del mondo dal di dentro. È dal di dentro che si afferma l’unità sostanziale
del mondo, dovuta non al tale o al tal altro segno generico, ma percepibile senza mediazioni
I TRATTI DELLA FILOSOFIA DI PAVEL ALEKSANDROVIČ FLORENSKIJ
44
La sua posizione si è espressa in particolare nel concetto di Sofia, la
quale era «un’icona collettiva» di tutto il creato, un modello della creatura
universale che partecipava addirittura nella vita trinitaria diventando la
«quarta ipostasi».
Il suo concetto di Sofia, Florenskij l’ha espresso nella lettera decima
de La colonna e il fondamento, ed esso costituisce un elemento importante
della sua visione filosofica per capire il modo con cui s’instaurano i rapporti
tra Dio e il mondo e, cioè per capire meglio la stessa sua gnoseologia.
La sofiologia ha inizio con Vladimir Solov’ev, il quale nei vari
periodi della sua vita l’ha concepita diversamente: da quasi anima mundi
platonica ad «Angelo custode del creato»62
, ma il concetto di Sofia non è
stato da lui elaborato in modo esauriente.
La filosofia di Florenskij ha subito un’influenza sia della filosofia di
Solov’ev che del pensiero dell’epoca del simbolismo nell’arte negli inizi del
Novecento che entrambe hanno fatto il concetto di Sofia molto noto e
utilizzato negli ambienti filosofico e artistico. Tra i suoi sostenitori più
conosciuti va ricordato padre Serghey Bulgakov, il quale, però, aveva un
concetto diverso da quello florenskiano – egli sviluppava la componente
cosmologica della sofiologia, mentre Florenskij si concentrava sull’aspetto
antropologico del problema, trattava dell’unità di Sofia come un’umanità
collettiva (anche se essa comprendeva tutta la creatura).
«La Sofia è la Grande Radice della creatura totale (cf. Romani:
8, 22: , cioè il creato tutto integrale e non semplicemente il
tutto). Per lei il creato penetra nell’intimo della vita triadica e ottiene la
vita eterna dall’unica Fonte della vita»63
.
– ессо соme Florenskij caratterizza la sua Sofia.
quando l’anima si fonde con i fenomeni percepiti. Si tratta di una percezione mistica del
mondo. (…) La natura, lo credevo e lo sentivo, si nascondeva agli uomini; io, però, ero il
suo prediletto, ed essa desiderava mostrarsi a me nella sua essenza autentica senza risultare
visibile agli altri. E allora mi mandava dei segnali, mi parlava in forme cui solo io avevo
accesso, perché sapessi dove dirigere la mia attenzione. I cuccioli, alcuni uccellini, le
lucertole dai begli occhi scuri, talvolta le piccole ranocchie verdi, oltre che i fiori, mi
parlavano a quel modo. I minerali, diversi fenomeni della natura, colori, odori e sapori
soprattutto, erano intrisi dell’energia profondissima della natura di gran lunga più degli
animali e degli uccelli, e finanche dei fiori, ma in essi quella potenza intensa e gorgogliante
rimaneva muta, privata dell’organo dell’espressione» (DV, 126-128). 62
G. LINGUA, op .cit., 190. 63
Stolp, 338.
CAPITOLO III: IL SIMBOLO
45
Certamente sotto quest’aspetto appare più chiara anche la sua
gnoseologia: se la creatura nella sua espressione sofianica partecipa nella
vita della Santissima Trinità allora diventano possibili i rapporti diretti tra il
Creatore e la creazione – la molteplicità si realizza nell’Uno, L’Uno
partecipa nella vita della molteplicità.
Si vede subito che i tratti della Sofia hanno molto in comune con il
concetto florenskiano del simbolo e dell’idea. Notiamo, infatti, che dopo La
colonna e il fondamento della Verità Florenskij non menziona più Sofia che
viene sostituita dal simbolo il quale diventa a sua volta quella mediazione
gnoseologica che egli introduce nella propria filosofia. In parte questo si
spiega con il fatto che lo stesso concetto, come veniva esposto da lui,
assomigliava molto a un insegnamento nuovo e persino discordante con la
dottrina della Chiesa. Difatti, più tardi le sofiologie bulgakoviana e
florenskiana sono state condannate dal Sinodo della Chiesa Ortodossa Russa
all’Estero64
.
D’altra parte Florenskij non poteva non capire che il concetto di
Sofia era troppo vicino al panteismo e al paganesimo (nella lettura
dell’anima mundi platonica) e così ha sostituito un’unica Sofia con i tanti
simboli e idee.
4. La manifestazione del simbolo nel mondo: lo sguardo e il nome
Dopo l’esame del concetto di simbolo in Florenskij bisogna dunque
osservare come appaiono i simboli nel mondo. L’espressione esterna di una
realtà suprema può essere rivelata in diversi modi, e ogni organo dei sensi
umani è capace di percepire la propria parte (tornando a quanto detto nel
capitolo precedente: tanto più può percepire quanto più spiritualmente è
puro). Ci sono, però, come abbiamo già accennato prima, i due sensi umani
più sviluppati (e non soltanto quelli naturali, ma anche soprannaturali) e
perciò – più capaci di comprendere i segni del mondo esterno: essi sono la
64
Il concetto florenskiano di Sofia è stato più volte criticato sia da parte della Chiesa
ufficiale che da parte di alcuni illustri filosofi russi a lui contemporanei. Per esempio, G.
Florovskij nella sua opera Puti russkogo bogoslovia (Le vie della teologia russa) VII, 6,
Pariž 1937, 496) punta molto sul tema di assenza in La colonna e il fondamento della verità
dei capitoli cristologici. Il Cristo viene nascosto dietro la Sofia la quale diventa per umanità
un ponte lanciato nella vita trinitaria. Nella sua suprema rivelazione essa si manifesta nella
figura della Madre di Dio la quale, secondo Florovskij, quasi sostituisce in Florenskij la
persona del Redentore.
I TRATTI DELLA FILOSOFIA DI PAVEL ALEKSANDROVIČ FLORENSKIJ
46
vista e l’udito. Attraverso queste capacità vengono percepite due forme di
manifestazione delle realtà trascendentali: lo sguardo e il nome.
Il filosofo russo Alexey Fedorovič Losev (1893 – 1988)65
nella sua
opera Studio sul simbolismo antico e la mitologia scrive:
«Il nuovo che Florenskij apporta alla comprensione del
platonismo è il concetto dello sguardo e del nome magico. Secondo
Florenskij l’Idea di Platone è esprimibile ed ha un preciso sguardo vivo.
Come nell’elaborazione di un ritratto o di una statua l’artista suscita in
noi – attraverso la diversa raffigurazione di certe parti del volto o del
tronco – la sensazione di un loro movimento vivo, così anche l’Idea
platonica ha lo sguardo vivo che rispecchia – nel gioco dei raggi di luce
che escono da esso – la sua arcana vita interiore»66
.
Le parole di Losev, che gran parte della sua vita ha dedicato allo
studio del simbolo nella filosofia antica ed alla sua ricezione nel
cristianesimo, ci convincono che l’analisi florenskiana del significato del
simbolo è veramente una nuova comprensione del platonismo nella quale il
mondo delle idee diventa più vicino al mondo empirico e nella quale i
rapporti tra due mondi diventano vivi.
Per la gnoseologia dell’antropodicea il punto di partenza è quello di
trovare dove s’incontrano la singolarità e la molteplicità, l’uno e il
molteplice - Abbiamo riportato sopra, nella sezione Le Idee,
la sua definizione: «L’unità nella molteplicità si chiama idea». Allora idea è
un punto d’incontro mistico tra l’unità dell’intelligibile e la molteplicità del
mondo empirico. Dal punto di vista ontologico l’idea platonica, come la
comprende Florenskij, è una specie di ponte che collega le due realtà, ma
65
A. F. Losev era molto vicino a Florenskij nella comprensione del nome e dell’immagine.
Egli apparteneva alla scuola fenomenologica russa e, secondo Zen’kovskij, la sua
straordinaria erudizione faceva ricordare Florenskij (V. ZEN’KOVSKIJ, op. cit., 137.). Morto
nel 1988 egli fortunatamente è sopravvissuto agli anni del lager sovietico ed ha lasciato
un’eredità filosofica e filologica enorme dedicandosi nello studio soprattutto al mondo
antico.
Egli ha scritto un articolo importante Termin “magia” v ponimanii P. A.
Florenskogo (Termine “magia” nella concezione di P. A. Florenskij) dove spiega la visione
florenskiana di questo fenomeno. Losev aveva molti punti in comune con Florenskij: la
stessa idea di “integrità” del sapere presa nel suo aspetto epistemologico, la stessa
importanza dell’espressione esterna di un’idea, lo stesso metodo dialettico che avvicina
ambedue i filosofi a Platone. 66
A. F. LOSEV, Očerki antičnogo simvolizma i mifoloii (Studio sul simbolismo antico e la
mitologia), Moskva 1993, 692-693.
CAPITOLO III: IL SIMBOLO
47
materialmente essa viene «vestita in simbolo» il quale a sua volta appare
come lo sguardo e come il nome.
La parola e l’immagine assurgono così a spazi privilegiati di
manifestazione energetica perché sono le forme principali dove l’attività
conoscitiva dell’uomo incontra il rivelarsi degli stati profondi della realtà67
.
Secondo le parole di Graziano Lingua:
«La parola e l’immagine, nella loro forma densa di “nome” e
“icona”, sono, infatti, contemporaneamente spazi di rivelazione
dell’invisibile nel visibile e dell’inaudibile nell’ascoltabile e strumenti
dinamici attraverso cui l’uomo costruisce il suo mondo culturale, o se
vogliamo il suo spirito oggettivo»68
.
4. 1. Lo sguardo
Nell’opera Il significato dell’idealismo Florenskij, ricercando il
passaggio dall’«universale» al «concreto», ha esaminato il problema di
che, secondo lui, sta alla base di tutto il sapere, la cui soluzione
lo ha condotto al problema di vita e quella, a sua volta, l’ha portato
all’ulteriore problema dell’uomo e del corpo umano. Quest’ultimo tema si
concentra nel problema del volto, e più precisamente nello sguardo umano.
Quando nella sezione Lettura florenskiana di Platone abbiamo
esaminato l’etimologia del termine idea ( < Fidein < Fid = «вид»
(slavo), «», «vista»), abbiamo già detto che Florenskij avvicinava
molto il concetto di idea all’immagine e al volto. Infatti, idea è volto o
sguardo di una realtà diversa che osserva questo mondo e appare in esso. E
quindi proprio lo sguardo è un’espressione più autentica e precisa di idea.
Essa stessa, secondo le parole di Florenskij, è lo sguardo:
67
Nel suo Agli spartiacque del pensiero, Florenskij fa ricordare che: «sin dall’antichità le
due capacità conoscitive furono ritenute nobilissime: l’udito e la vista» (SČT 3 (1), 364,
traduzione di A. YASTREBOV). Probabilmente padre Pavel aveva in mente anche Aristotele
che metteva in rilievo l’udito e la vista e li chiamava: “i sensi metafisici.” 68
G. LINGUA, La parole e le cose. La filosofia del nome di P.A. Florenskij in Dialegesthai.
Rivista telematica di filosofia [in linea], anno 4 (2002) [inserito il 26 luglio 2002],
disponibile su World Wide Web: <http://mondodomani.org/dialegesthai/>, [34 KB], ISSN
1128-5478.
I TRATTI DELLA FILOSOFIA DI PAVEL ALEKSANDROVIČ FLORENSKIJ
48
«Sì, l’idea è il volto del volto, ossia lo sguardo»69
.
E rispetto alla persona umana –
69
SI, 136. La specie (lo sguardo) è tale «non per se stessa, ma in quanto fornisce la
conoscenza di ciò di cui è proprio la forma e la specie» – questa sua posizione diventa
molto importante dopo, quando si tratterà della filosofia del culto, soprattutto, delle icone.
I concetti del volto e dello sguardo, Florenskij così li spiega: «Il volto è ciò che
vediamo nell’esperienza diurna, ciò che ci svela la realtà del mondo terreno; e la parola
“volto”, senza sforzature di lingua, può applicarsi non soltanto all’uomo, ma anche agli altri
esseri e realtà, quando è chiaro il rapporto con essi, e così, parliamo per esempio del volto
della natura ecc. Si può dire che volto è quasi sinonimo della parola manifestazione, è la
manifestazione appunto della coscienza diurna. Il volto non è privo di realtà e di
oggettività, ma il confine della soggettività e dell’oggettività nel volto non è chiara alla
nostra coscienza e pertanto per questa sua evanescenza, anche se pienamente convinti della
realtà di ciò che abbiamo percepito, non sappiamo o comunque non sappiamo chiaramente
ciò che appunto nel percepito è reale. In altre parole, la realtà è presente nella percezione
del volto, ma in modo vitale, organicamente impregnando la conoscenza e formando la base
inconscia dei successivi processi conoscitivi. Si può inoltre dire che il volto è il modello
grezzo su cui lavora il ritrattista, che ancora non è stato artisticamente elaborato (…)
Viceversa lo sguardo è appunto la manifestazione dell’ontologia. Nella Bibbia si distingue
l’immagine di Dio dalla somiglianza di Dio; e la tradizione eccelsiastica spiegò che la
prima si doveva intendere come qualcosa di attuale – un dono ontologico di Dio, come il
fondamento spirituale d’ogni uomo in quanto tale, mentre la seconda come potenza,
possibilità di perfezione spirituale, forza di conformare tutta la personalità empirica, nella
totalità del suo fondamento, in immagine di Dio, cioè la possibilità che l’immagine di Dio,
nostro intimo patrimonio, s’incarni nella vita, nella personalità e in tal modo si mostri in
volto. Allora il volto assume la dignità della sua struttura spirituale a differenza di un mero
volto e anche a differenza del ritratto artistico, perché non lo fa in forza di motivi esteriori a
se medesimo, come quelli compositivi, architettonici, caratterologici ecc., e non in una
raffigurazione, ma nella propria realtà sostanziale e secondo le leggi profonde del suo
essere particolare. Ogni cosa casuale, condizionata da cause esteriori al proprio essere, in
genere tutto ciò che nel volto non è il volto stesso, ora è scartato, respinto dalla sorgiva,
erompente attraverso la spessa scorza materiale, dell’energia dell’immagine di Dio: il volto
è diventato sguardo. Lo sguardo è la somiglianza a Dio resa presente sul volto. Allorché
vicino a noi c’è una somiglianza a Dio, ci è dato di dire: ecco l’immagine di Dio, ma
immagine di Dio significa che c’è il Raffigurato da quell’immagine, il suo Archetipo. Lo
sguardo di per sé, in quanto contemplato, essendo testimonianza di questo Archetipo e
trasfigurando il suo volto in sguardo annuncia i misteri del mondo invisibile senza parole,
con il suo stesso aspetto. Se pensiamo che in greco sguardo si dice idea - - che
appunto in questa accezione di sguardo, di esistenza spirituale rivelata, di significato eterno
contemplato, di celeste bellezza d’una realtà, suo Archetipo celeste, raggio della Fonte di
tutte le immagini, fu usata la parola idea da Platone e che da lui essa si estese alla filosofia,
alla teologia e perfino alla lingua corrente…» Ikonostas, 42-43.
CAPITOLO III: IL SIMBOLO
49
«Che cos’è lo sguardo di un uomo se non un trasparire nel suo
viso della sua idea?»
– scrive in Il significato dell’idealismo70
.
Florenskij riscopre quest’elemento molto caratterizzante non solo per
la filosofia di Platone, ma per tutta la cultura greca, la quale è
completamente costituita sulla percezione della luce; tutta la psicologia
greca è formulata in categorie di impressioni visive:
«È evidente che il principio supremo della conoscenza e
dell’esistenza – l’idea – nell’esperienza concreta non avrebbe potuto
essere collegata a nulla se non alla vista ed al visibile»71
.
La testimonianza dello stesso Platone segue subito dopo:
«Capisci – esclama Platone in un altro punto
72 - quale forza
preziosa è stata donata dall’Artefice dei sensi quando ha creato la
possibilità di vedere e di essere visti?»
In tal modo diventa chiaro come la vista umana e l’apparizione del
fenomeno sono importanti per Florenskij-platonico73
. Ecco perché la
filosofia della bellezza, la filosofia dell’arte, diventa uno dei temi principali
del pensiero florenskiano. Ad essa egli ha dedicato l’ultimo periodo della
sua vita, ed essa è stata in seguito sviluppata molto nelle opere di Alexey
Losev74
.
Florenskij scrive alcune opere dedicate al tema della bellezza e dello
spazio nell’arte, tra le quali le più importanti per la comprensione del
70
SI, 130. 71
Ibid., 139-140. 72
PLATONE, La Repubblica, VI, 507, cit. in P. A. FLORENSKIJ, Il significato dell’idealismo,
139. 73
«Per quanto riguarda la Bellezza – qui Platone innalza una lode alla luce e alla visione –
essa splendeva () fra le realtà di lassù come Essere. E noi, venuti quaggiù l’abbiamo
colta con la più chiara delle nostre sensazioni, in quanto risplende in modo luminosissimo.
Infatti, la vista per noi, è la più acuta delle sensazioni che riceviamo mediante il corpo
(PLATONE, Fedro 250 D)». P. A. FLORENSKIJ, op. cit., 138. 74
Losev a proposito del concetto dello sguardo così scrive: «Florenskij parla di sguardo.
Questo sguardo è pieno delle intimissime energie interiori. Lo sguardo (lik) presuppone
l’esistenza di una persona (ličnost’) a cui esso appartiene, l’individualità spirituale, la
libertà intrinseca dello spirito anche se incatenato, anche se sofferente (infatti, è possibile
privare l’uomo della libertà?)» A. F. LOSEV, Studio sul simbolismo e la mitologia antica,
Mysl’, Moskva 1993, 705, traduzione di A. YASTREBOV.
I TRATTI DELLA FILOSOFIA DI PAVEL ALEKSANDROVIČ FLORENSKIJ
50
significato dello sguardo nella cultura cristiana sono Ikonostas (Le porte
regali), Obratnaja perspektiva (La prospettiva rovesciata)75
; negli anni
Venti egli non poteva più esprimersi liberamente, ma continuava a scrivere
sull’analisi dello spazio nell’arte: le lezioni tenute dal 1923 al 1924 poi sono
state pubblicate sotto il titolo Prostranstvo i vremja v iskusstve (Lo spazio e
il tempo nell’arte)76
.
4. 2. Il Nome
Nella sezione Lettura florenskiana di Platone si è cominciato a
parlare del suo simbolismo mistico, il quale attinge alle tradizioni mistiche
dei tempi primitivi.
Sono state inoltre ricordate le parole di Florenskij:
«Platone dunque non è un frutto della filosofia scolastica – è un
fiore dell’anima popolare, e i suoi colori non impallidiranno mai finché
sia viva quest’anima. (…) – Dai quali dati della coscienza (proviene il
platonismo – A. Y.)?»77
.
Rispondendo a questa domanda il Nostro giunge alla persuasione che
la capacità di sentire, insieme alla vista, è più importante nel percepire ciò
che trascende la comprensione umana. L’udito è viene per primo in quanto
più vicino alla natura. Lo segue la capacità della percezione estetica – la
visione. Di conseguenza la parola – e più particolarmente il concetto del
nome – appare importante che sia messa in luce come il punto di partenza
nello stabilire i rapporti con il mondo intelligibile.
Ripetiamo che la filosofia del nome di Florenskij è strettamente
legata con il suo concetto di magia, il quale ha un ruolo particolare nella
spiegazione florenskiana dei rapporti tra i mondi – quello spirituale e quello
materiale – ed era per lui un mezzo importante per capire il pensiero di
Platone. Padre Pavel espone la sua visione del problema nella lezione Le
radici dell’idealismo comuni a tutta l’umanità (Obščečelovečeskie korni
75
Si veda in particolare la sezione Porte regali e le successive del Capitolo IV del presente
lavoro. 76
Alla filosofia florenskiana sulla bellezza e alla sua comprensione del ruolo dell’immagine
nell’arte ecclesiastica si tornerà nel Capitolo IV del presente studio quando si parlerà della
filosofia del culto. 77
OKI, 147.
CAPITOLO III: IL SIMBOLO
51
idealizma)78
, nella quale cerca di avvicinare la spiritualità primitiva
popolare e l’idealismo platonico.
Ad ogni modo, prima di parlare del nome in Florenskij bisogna
capire che cosa lui intendeva per magia, cioè l’ambito in cui viene applicato
il nome. Qual è l’idea principale di una tale identificazione un po’
provocatoria delle radici del platonismo con la magia? È certo che
Florenskij voleva rilevare quel fatto che la filosofia di Platone tra tutte le
dottrine religiose e le concezioni del mondo filosofiche era la più vicina alla
contemplazione diretta della Divinità. Con lo scopo di sottolineare la sua
immediatezza nei rapporti con il mondo spirituale Florenskij ha preso la
magia come esempio del “contatto diretto” con l’atro mondo.
Lo stesso concetto della magia, lo intendeva come mistero
dell’incontro dell’uomo vivo con la natura viva79
. La vita, la realtà del
rapporto – ecco che cosa per Florenskij era importante evidenziare. La
religione vuol dire la connessione, e in questo caso, secondo lui, essa ha
tanto in comune con la magia.
Alla fine, la «magia» significa in Florenskij la natura viva e
simbolica della mitologia antica dalla quale è pervenuta la stessa filosofia e
con la quale quest’ultima è rimasta indissolubilmente legata80
.
Del senso ontologico del nome, Florenskij ne parla particolarmente
in Obščelovečeskie korni idealizza (Le radici dell’idealismo comuni a tutta
l’umanità) e più tardi nel lavoro intitolato Magičnost’ slova (Il valore
magico della parola) (1920) che fa parte del ciclo Mysl’ i jazyk (Il pensiero e
il linguaggio) (1918-1922), mentre la dimostrazione storica della sua
dottrina si trova nei cicli: Imena (I nomi) che lui ha finito nel 1926 e
Filosofija kulta (La filosofia del culto).
Nel libro Il valore magico della parola dimostra la sostanzialità della
parola, la sua corporeità contro i nominalisti medievali che cercavano di
dimostrare che la parola fosse un suono vuoto, un flatus vocis, un nihil
audibile. Cominciando dallo studio della fisica egli ha riportato tutta una
serie d’esempi basandosi sulla seconda legge termodinamica e ha dimostrato
che la voce, la parola, può produrre un’energia molto potente
qualitativamente anche se non quantitativamente. Passando poi all’aspetto
78
Presentata nell’Accademia Teologica di Mosca 17 settembre 1908. 79
Secondo le parole di A. F. Losev in Termin “magia” v ponimanii P. A. Florenskogo
(Termine “magia” nella concezione di P. A. Florenskij), in SČT 3 (1), 249-251. 80
Sostanzialmente la magia è un luogo di contatto tra le realtà – quella fisica e quella
spirituale, ed evidentemente in quest’ambito che trova posto anche la magia nera,
demoniaca.
I TRATTI DELLA FILOSOFIA DI PAVEL ALEKSANDROVIČ FLORENSKIJ
52
filosofico del problema insiste che le parole – e innanzitutto i nomi – sono
gli organismi che hanno una loro propria struttura e addirittura il corpo così
come lo ha, per esempio, la fiamma. La parola è il «seme», la sua attività nel
mondo è quella di «inseminare» l’udito. Non per caso nella parabola del
seminatore Gesù spiega il seme come la parola (Mt 13,3; Mc 4,14; Lc 8,5).
Seguendo Platone (Cratilo), Florenskij è convinto che le parole non
sono semplice invenzione umana, ma vengono date alle cose secondo la loro
natura, , e portano in sé il seme che fa ogni cosa ciò che essa è81
.
Secondo gli antichi il nome è la sostanza della cosa, il suo
.
Padre Pavel scrive in Le radici dell’idealismo comuni a tutta
l’umanità:
«Il nome della cosa è un’idea-potenza-sostanza-parola che
stabilisce per questa cosa l’unità della sostanza nella molteplicità delle
sue espressioni; essa è il principio che trattiene e plasma la stessa essenza
della cosa»82
.
E qui ancor una volta è possibile accorgersi che il sistema filosofico
di Platone – prima di tutto nella sua dottrina del nome espressa nel Cratilo –
è molto vicino alle credenze popolari. C’è, però, secondo il Nostro, una
differenza – il filosofo è più astratto del popolo; ciò che il popolo dimostra
con le percezioni e i sentimenti diretti, il filosofo cerca di dimostrare con la
logica.
Florenskij paragona le idee di Platone con i nomi delle cose nelle
credenze popolari – sia le prime che i secondi hanno i due fulcri di leva nel
81
Florenskij aggiunge allo sguardo platonico la dimostrazione per assurdo nella prospettiva
storica: i nomi umani programmano in un certo senso il comportamento delle persone e
l’atteggiamento degli altri verso di loro. Se un bambino, per esempio, verrà chiamato
Napoleone, in esso di sicuro ci sarà qualcosa di napoleonico. 82
OKI, 164, traduzione di A. YASTREBOV. Il nome è un «grumo» delle energie mistiche.
Sia nelle religioni antiche che anche per Platone, il nome era un segno dell’individualità
mistica dell’uomo o della cosa. Da qui proviene l’interesse di Florenskij per la filologia
classica, per la poesia romantica tedesca dell’Ottocento, per le correnti a lui contemporanee
nella letteratura russa – cosiddetto Simbolismo, e generalmente parlando il suo
atteggiamento particolare alla parola. Non c’è dubbio che l’interesse di padre Pavel verso la
filosofia del linguaggio in gran parte è stato suscitato sia dall’ambiente dei simbolisti che
pure dalla polemica sull’onomatodossia, nella quale, come abbiamo già detto, è intervenuto
sostenendo i monaci-onomatodossi. Egli stesso non soltanto partecipava alle riunioni dei
«simbolisti», ma scriveva le poesie: da giovane ha pubblicato un libro in versi, mentre il
suo poema Oro, dedicato al figlio, è stato scritto da lui nel lager poco prima della sua
morte.
CAPITOLO III: IL SIMBOLO
53
dimostrare la loro natura antinomica: le idee per la ragione sono gli
strumenti per conoscere ciò che veramente esiste, ma d’altra parte esse
stesse sono la realtà da conoscere. Allo stesso tempo nella percezione
magica del mondo i nomi sono i mezzi per entrare nelle realtà diverse:
conoscendo il nome è possibile conoscere la cosa. D’altra parte essi stessi
sono le realtà mistiche da essere conosciute.
Florenskij affermava che nell’ambito gnoseologico la questione dei
nomi era un vero e proprio spartiacque tra due visioni del mondo principali:
da una parte, Heraclito, Platone, i realisti del Medioevo, gli onomatodossi
del Tempo Moderno, dall’altra parte – i sofisti, gli scettici, i nominalisti del
Medioevo ed i positivisti del Tempo Moderno.
La filosofia del nome magico e dello sguardo è stata poi sviluppata e
adoperata da Florenskij in: Filosofia kulta (La filosofia del culto), Ikonostas
(Le porte regali) e negli altri scritti dedicati alla tradizione liturgica cristiana
ortodossa.
Per quanto riguarda la filosofia del linguaggio di Florenskij ci
sarebbe ancor tanto da esaminare. Egli ha dedicato intere parti delle sue
opere all’analisi filologica dei diversi concetti e ha dato importanza
particolare all’uso del nome e del mito in genere.
Considerazioni conclusive
Tutto ciò di cui è stato parlato in questa parte dello studio, ci rileva
che il simbolismo filosofico di Florenskij deve essere esaminato in modo
particolare e necessariamente nel suo contesto storico perché esso è stato
influenzato tanto durante la sua formazione dalle diverse correnti della
filosofia e della letteratura di allora. Basti ricordare Vjacheslav Ivanov, il
fondatore del realismo simbolico, al quale Florenskij ha dedicato una copia
del suo Significato dell’idealismo con le parole: «Con le scuse di aver evaso
il Suo campo di ricerca»83
. Fu infatti Ivanov che pronunciò la frase che
potrebbe diventare un vero e proprio slogan della metafisica concreta
florenskiana: «a realibus ad realiora».
Quanto alla comprensione florenskiana del modo di percepire le
realtà soprasensibili, cosa che acquisisce maggior importanza quando si
parlerà della filosofia del culto, va detto che il Nostro, anche se non ha
elaborato dettagliatamente tale argomento, rimane fedele alla dottrina
83
S. S. CHORUZHIJ, Miroošuščenije Florenskogo (La percezione del mondo di Florenskij),
Vodolej, Tomsk 1999, 28, traduzione di A. YASTREBOV.
I TRATTI DELLA FILOSOFIA DI PAVEL ALEKSANDROVIČ FLORENSKIJ
54
patristica dei sensi spirituali e la intende ulteriormente quando sviluppa la
propria filosofia del culto.
Insieme all’accettazione della tradizione monastica della
contemplazione della luce taborica accetta anche le capacità con le quali
questa realtà può essere percepita quali sono i sensi spirituali84
.
Mentre il concetto di Sofia, molto artificiale e con forte influenza
gnostica, adoperato nel primo Florenskij, viene abbandonato senza poi
apparire più nella sua filosofia, il simbolo (attraverso le capacità che l’uomo
riceve nella sua transustanziazione e che si può definire come i sensi
spirituali) diventa il punto d’incontro delle realtà – quella fisica e quella
soprasensibile.
Il simbolismo di Florenskij ha due punti d’appoggio fondamentali –
il nome e lo sguardo (con le varianti dei termini rispetto all’ambito di
ricerca). Il nome è il simbolo dell’essere nella sua dimensione sonora, di
tutta la realtà che risuona, ovvero esso stesso è un simbolo sonoro (ma
insieme uditivo) fondamentale. Esso include tutta l’attività umana che
adopera la parola (il linguaggio, la filosofia, la letteratura).
Lo sguardo invece è il simbolo dell’essere nella sua dimensione
visibile, per la realtà contemplabile, questo è un simbolo luminoso, visivo.
Esso abbraccia tutte le sfere dell’attività che si basano sulle immagini (l’arte
plastica, l’architettura, la pittura ecc.).
Il nome e lo sguardo rispecchiano un’unica stessa realtà, ambedue
sono i fenomeni di un unico stesso essere. Presi nel suo contenuto religioso
essi sono le testimonianze e le espressioni essenziali del nostro rapporto con
la realtà intelligibile. Per cui l’ambito del simbolismo dei riti e dell’arte
sacra cristiana diventa per Florenskij il campo particolare della ricerca, e ad
esso dedica alcuni suoi scritti tra i quali il più importante è il ciclo La
filosofia del culto.
84
Avendo la teologia trinitaria sempre nel centro del suo filosofare e di tutta la sua
Weltanschauung Florenskij scrive: «Quando davanti al nostro sguardo spirituale è
sintetizzata la Trinità nell’Unità, noi vediamo effettivamente in modo immediato
l’omoùsios» (Stolp, 147).
CONCLUSIONI
55
Conclusioni
1. L’originalità del pensiero di Florenskij
Il presente studio vuole lanciare uno sguardo sul sistema
florenskiano e chiedersi: «qual’è il contributo del suo pensiero per la storia
della filosofia?»
1) Innanzitutto il platonismo che è il «sì» alla vita85
, platonismo
popolare, religioso, diverso da quello accademico e scolastico, questa è la
novità del «platonismo florenskiano». In Florenskij esso è completamente
libero dal dualismo della filosofia pagana. Anzi, quest’interpretazione di
Platone permette di riconciliare il pensiero antico con il cristianesimo.
Là dove non è riuscito il neoplatonismo cristiano, tenta di riuscire
Florenskij. Infatti, mediante la propria concezione delle antinomie, trova la
soluzione della contrapposizione tra il naturale e il soprannaturale.
2) Florenskij continua non soltanto la tradizione della filosofia russa
del XIX secolo, ma anche quella di tutto il pensiero russo cominciando dal
XI secolo perché dimostra l’inseparabilità tra la religione e la filosofia. «Il
platonismo religioso» come lo interpreta Florenskij è per lui un forte
sostegno alla sua dimostrazione dell’unità della fede e della ragione86
.
85
Florenskij dice: «L’idealismo è un sì alla vita, poiché la vita è un’incessante realizzazione
dell’. E se ci si chiedesse: “Da che cosa si è potuta originare la teoria delle
idee?” sarebbe difficile trovare una risposta più adatta di questa: “Dall’essere vivente”.
L’essere vivente è la manifestazione più evidente dell’idea» (SI, 79).86
C’è da notare che Florenskij, insieme ai teologi ed i filosofi russi del Novecento, non
soltanto riscopre Platone come un filosofo nella storia ma fa tutta una riabilitazione del suo
genio umano. La filosofia di Platone che ha tanto influito sulla tradizione patristica fu
comunque diffidata da parte della Chiesa Ortodossa essendo diventata causa delle false
dottrine lungo la storia del cristianesimo.
P. J. Meyendorff giustamente osserva (Vvedenie v svjatootecheskoe bogoslovie
(L’introduzione alla teologia patristica), III, 9, Moskva 2001) che cominciando dal secolo
XI nel Synodicon nella Domenica dell’Ortodossia tra le varie eresie e eresiarchi viene
menzionato anche Platone: sebbene una vera e propria condanna della filosofia anticha e di
Platone non fosse mai stata pronunciata esplicitamente tuttavia fu consigliata una certa
cautela nella lettura. L’epoca del medioevo bizantino perciò è stata caratterizzata da una
diffidenza e addirittura da una contrapposizione tra la dottrina cristiana e il pensiero
filosofico le quali nel frattempo sono state portate nella Rus’, dove a causa dell’assenza
delle fonti filosofiche alternative Platone fu quasi sconosciuto fino alla seconda metà del
Settecento.
I TRATTI DELLA FILOSOFIA DI PAVEL ALEKSANDROVIČ FLORENSKIJ
56
3) Il concetto solov’eviano di «unitotalità» (che sul piano
ecclesiologico corrisponde alla nozione di cattolicità – «sobornost’» degli
«slavofili») ha aiutato Florenskij a costruire il suo sistema, e lui ha saputo
sviluppare questo concetto ed applicarlo alla propria filosofia.
Nella parte teologica, ad esempio, Florenskij ha ripreso ed ha
elaborato il principio dell’unisostanzialità. Egli fa ricordare la differenza
patristica tra l’ e l’, e afferma che tutte le dottrine
filosofiche, scientifiche e sociali vengono divise in quelle homousiane e
homiusiane. La concezione dell’unisostanzialità () introdotta dai
Padri Niceni una volta per tutte, ha definito l’atteggiamento umano alla
realtà.
La vera conoscenza basata sull’unisostanzialità presuppone un’unità
conoscitiva ed essenziale, una comunione con la verità. In un tale rapporto
non c’è più il soggetto e l’oggetto, ma una reciprocità nell’amore. Non è per
caso che Florenskij ha preso come epigrafe a La colonna e il fondamento
della Verità le parole di San Gregorio di Nissa: -
una conoscenza vera è possibile soltanto attraverso l’amore.
Mentre la concezione dell’ divide il mondo nei soggetti e
oggetti e il principio conoscitivo diventa aggressivo: esso non è più rapporto
d’amore e d’amicizia, ma di conquista87
.
4) L’antinomismo è indubbiamente una delle più significative
scoperte di Florenskij. Posto all’interno del pensiero filosofico esso
riconcilia l’ intelligibile con il fisico, mentre al livello teologico
spiega il mistero della Santissima Trinità88
.
Come è già detto nella sezione Il platonismo di Florenskij, questa
applicazione dei termini platonici nella propria interpretazione, dimostra che
Florenskij elaborava creativamente ciò che trovava utile in Platone anche in
forma di allusioni.
Questo ancora una volta ci fa capire come Florenskij, rimanendo
nelle posizioni del platonismo, costruiva il proprio sistema filosofico.
La novità di Florenskij e dei pensatori russi a lui contemporanei consiste perciò
anche nella creazione di un’immagine positiva di Platone davanti alle autorità ecclesiastiche
ed alla cerchia dell’intellighenzia. 87
Una tale posizione è vicina alla concezione rispetto alle relazioni umane di J.-P. Sartre.
N. O. Losskij considera la riscoperta filosofica della concezione dell’unisostanzialità
() il più grande merito di Florenskij (N. O. LOSSKIJ, Istoria russkoj filosofii (La
storia della filosofia russa), capitolo XIV). 88
«Dopo un accurato studio della teodicea, risulta che soltanto la Triunità è in
senso proprio e definitivo, cioè in essa soltanto trova una risposta la questione
fondamentale di tutta la filosofia» (SI, 161).
CONCLUSIONI
57
5) L’immediatezza dei rapporti tra i mondi si realizza nella «magia»
– l’abbiamo appena ricordata, ed essa indubbiamente è uno dei tratti
originali della lettura florenskiana di Platone, come di tutta la sua
concezione della conoscenza, percepita come un rapporto vivo tra le realtà
vive. Ne consegue:
6) L’importanza della materia attraverso la quale nell’antinomicità
dell’ viene realizzata l’incarnazione dei simboli delle realtà
sopramateriali. Tale concezione non era una novità, essa si era già radicata
nella tradizione patristica, mentre Florenskij, essendo un realista, eleva il
significato della materia ad un’importanza mai compresa prima. Lo sguardo
magico e il mito incarnati nelle icone e nella liturgia cristiana ci portano
verso il suo concetto di bellezza.
7) La concezione del simbolo e di conseguenza la teologia della
bellezza trovano la loro fonte nella comprensione florenskiana della materia:
la sua dignità una volta formulata da Florenskij permette di parlare delle
espressioni materiali delle sostanze supreme.
Ricordiamo che secondo Florenskij ogni cosa è bella in quanto essa
realizza il progetto del Creatore. Il mondo creato è bello, pur essendo
materiale: così viene superato il problema della materia che esisteva nella
filosofia pagana.
8) La visione florenskiana del simbolo come ente che possiede una
natura doppia: in primis rappresenta una realtà che lo trascende e nello
stesso tempo ha una sua propria natura.
Questa visione diventa interessante sotto l’aspetto cristologico,
perché trova la sua conferma nella persona divinumana del Cristo. Egli,
infatti, ha una natura doppia: quella umana, la quale è la sua propria natura
in quanto uomo, e quella divina – e in questo caso rappresenta una realtà
suprema, cioè quella di Dio-Logos, ma anche quest’ultima la possiede lo
stesso.
Questa vicinanza e simbiosi delle due nature, il cui modo d’esistenza
è stato formulato in brevi parole dai Padri del IV Concilio Ecumenico89
, fa
Gesù di Nazareth il Figlio di Dio, Salvatore del mondo. Se è così, si può
concludere che il simbolo è in qualche modo un ideale nella coesistenza
delle realtà, e allora il Cristo, essendo il Simbolo per eccellenza, è la sua
migliore espressione.
89
Secondo l’ dogmatico del Concilio in cui rispetto al modo della coesistenza delle
nature in Cristo si dice: «
».
I TRATTI DELLA FILOSOFIA DI PAVEL ALEKSANDROVIČ FLORENSKIJ
58
9) La creazione della Weltanshauung integrale basata sulla religione
nella quale c’è posto per tutto: dalle realtà spirituali fino alla semplicità
della vita umana. Tutto ha il suo senso e tutto serve all’autoperfezione
interna dell’uomo.
10) Se il simbolo sta nel centro dell’antropologia filosofica
florenskiana, il culto e la religione stanno nel centro della vita umana. La
filosofia del culto di Florenskij e la sua gerarchia delle società rispetto al
culto sono i ritrovamenti nell’ambito della filosofia della società.
11) La sua filosofia della scienza e la percezione del mondo nella
sua interezza formano un approccio assolutamente nuovo alla ricerca
scientifica e al suo significato nella vita della persona e della società, mentre
il linguaggio matematico aiuta a creare il quadro scientifico del mondo.
Florenskij afferma:
«l’idea principale della scienza contemporanea è idea di
unitotalità. La vita si manifesta e non si compone dalle parti… Nel corpo
vivente non ci sono parti ma organi…»90
Vanno ricordate le sue parole sopraccitate:
«“Che cosa è l’universale? È un caso particolare” (Goethe).
Lavoro sempre nell’ambito dei casi particolari, ma vedendo in essi una
manifestazione, un fenomeno concreto dell’universale, cioè esaminando
l’ platonico-aristotelico. Mio padre mi diceva della mia non
predisposizione al pensiero astratto e alla ricerca particolare in quanto
tale: “la tua forza è lì dove il concreto si concilia con il generale”. È vero
(corsivo - A. Y.)»91
.
Si può dedurre da tutti i punti sopraelencati la seguente
affermazione: Florenskij ha scoperto il modo in cui interagiscono l’unità e
la molteplicità nel mondo e l’ha applicato nei diversi campi della filosofia e
delle scienze naturali.
Ogni suo passo in ogni campo della conoscenza era originale persino
quando era discutibile o addirittura sbagliato. Indubbiamente nella persona
di Pavel Florenskij noi abbiamo a che fare con un pensatore di grandissima
erudizione, di enorme talento e di profonda spiritualità.
90
SI, 87. 91
Pisma, 380.
CONCLUSIONI
59
2. L’attualità del pensiero di Florenskij
Nel corso del presente lavoro è stato più volte accennato che i
concetti e le idee qui ricordati non sono le pure teorie astratte, ma hanno
molto a che fare con la vita quotidiana dell’uomo.
Tutta la filosofia di padre Pavel è «filosofia di vita», essa serve per
collegare la Fonte di vita con l’umanità. L’aspirazione all’attuazione
dell’elemento spirituale nella prassi religiosa, nel campo della scienza, nella
vita sociale era pure il punto di partenza per la sua critica delle dottrine
positiviste e spiritualiste – il mondo intelligibile esiste e non c’è il distacco
tra i due mondi.
L’idea di «unitotalità» è diventata la pietra angolare del suo pensiero,
e attraverso di essa, Florenskij è riuscito a dimostrare il valore vero della
materia come incrocio delle realtà. La natura è animata, legata
indistinguibilmente ed esprime esplicitamente la presenza della sua anima.
1) La provenienza divina della natura e dell’uomo si realizza in
Florenskij nel concetto della bellezza. Questa idea viene diffusa nella
tradizione culturale e artistica russa ed è stata espressa da F. Dostoevskij
nella sua famosa frase de L’Idiota: «la bellezza salverà il mondo». Nel
pensiero dostoevskiano ovviamente si trattava di una bellezza spirituale che
traluceva la sostanza materiale della persona umana. È bello () ciò che
buono (): il - una formula-standard per una persona
dell’Antica Grecia per definire la sua ottima formazione sia scolastica che
fisica e umana.
La bellezza quindi non era mai staccata dalla bontà, dalle virtù della
persona. Sia l’uomo, nella sua bontà, che la natura nella sua vita vegetale e
animale, realizzando il progetto del Creatore, ottengono la bellezza che in
Florenskij, come nella tradizione russa dell’Ottocento, legata con F. M.
Dostoevskij e L. N. Tolstoj in letteratura e con I. V. Kireevskij e Vl. S.
Solov’ev in filosofia, ottiene un ruolo importante come il principio
ontologico92
.
Dunque nel mondo odierno sarebbe importante arrivare alla
rivalutazione del senso di ciò che è bello, e capire meglio in che cosa
92
Passando dalla comprensione antica al senso della bellezza cristiano va detto che nel
cristianesimo l’autorealizzazione dell’uomo, l’acquisizione della bellezza spirituale si
effettua nella santità che è uno stato più naturale e più adeguato per la persona umana e
quindi più bello.
I TRATTI DELLA FILOSOFIA DI PAVEL ALEKSANDROVIČ FLORENSKIJ
60
veramente consiste la bellezza, e quindi dalla superficialità poi passare
all’interiorità nella comprensione di sé stessi e del prossimo.
2) Parlando della natura, inevitabilmente si affronta il problema della
scienza ovvero il problema dell’atteggiamento di quest’ultima rispetto alla
natura. Florenskij propone una concezione «magica» della scienza,
intendendo con questo termine la maggior intimità nei rapporti con il mondo
materiale, perché sta ragionando sempre sotto la luce dell’
«unisostanzialità».
Il materiale è l’icona-riflesso dello spirituale, è il suo simbolo – così
dobbiamo guardare a tutto il creato che porta in sé le impronte della
Divinità. Ecco perché Florenskij non si adegua ai Tempi Moderni e al
positivismo con la scienza devastante e aggressiva, mentre idealizza l’amore
popolare per la natura – è qui che essa viene conosciuta veramente. Egli era
convinto che la conoscenza non era l’afferrare un oggetto passivo, ma era
una comunione morale e viva fra persone, tra quali ciascuna era soggetto e
oggetto allo stesso tempo, ed era convinto pure che sacrificare a favore del
solo profitto la natura, l’uomo sacrifica sé stesso.
Egli scriveva:
«La civiltà rapace è tré volte criminale. Essa non sa né di pietà,
né di amore per la creazione, ma sta cercando da essa soltanto il proprio
interesse. Essa non è mossa dalla volontà di aiutare la natura a scoprire la
cultura nascosta dentro di essa, ma cerca di imporle violentemente le
forme e gli scopi ad essa estranei»93
.
C’è da dire che nelle sue lettere dall’Estremo Oriente e dalle isole di
Solovki egli spesso lasciava dei disegni di minerali e di piante fatte non in
modo professionale, ma eseguite con grande amore.
I suoi primi ricordi d’infanzia danno proprio l’impressione della sua
unità con la natura, e Florenskij l’ha portata attraverso tutta la sua vita e il
93
MIM, 440, traduzione di A. YASTREBOV.
CONCLUSIONI
61
pensiero94
. Ecco perché la percezione popolare della natura così gli è vicina
– essa proviene dalla percezione immediata come quella che ne ricevono i
bambini.
Il mondo è un tutt’uno indissolubile e ogni sua parte è un organo di
un unico stesso corpo: la logica florenskiana nei nostri giorni è come mai
attuale: gli uomini sono responsabili per il mondo, per la natura, per tutta
l’umanità in quanto sono ontologicamente una parte integrale di questo
mondo.
L’aspetto ecologico di tale pensiero di Florenskij è di grande
rilevanza, così come la sua concezione della scienza in genere, la quale,
basandosi sempre sull’idea di «unitotalità», proclama un approccio
rispettoso nei confronti della natura che insieme all’umanità è stata creata da
Dio.
3) Ciò che è stato detto rispetto alla natura e all’etica della scienza va
applicato alla società odierna. L’idea dell’ dell’umanità con tutta la
creazione tanto più dà responsabilità agli uomini nei rapporti tra di loro
dentro la stessa società umana.
Florenskij non si occupava della morale e dello stato ideale come
invece lo fece Platone, ma nella sua Filosofia del culto ha descritto molto
bene quali valori garantiscono il benessere dei cittadini e dello stato: il culto
religioso radicato nella fede cristiana deve essere posto al centro della vita
della società – esso determina lo sviluppo della cultura e, di conseguenza,
porta alla crescita della vita politica e sociale.
Questa unità umana è particolarmente importante da comprendere
nelle condizioni del nostro mondo d’oggi: è unito fisicamente (perché grazie
94
«Mi pare strano pensare – scrive Florenskij ai figli –, e tanto più scrivere, che in una
famiglia satura di affetto reciproco e di reciproco amore com’era la nostra, un bambino
sensibile e affettuoso (…) qual ero io, quasi non volesse bene a nessuno, o meglio ne
volesse, ma solo a Una. E questa sua unica innamorata era la Natura». Più avanti continua:
«Il mondo viveva e io comprendevo quel suo vivere. (…) La comprensione scientifica del
mondo fiacca la differenza esteriore tra i fenomeni, rendendoli estranei l’uno all’altro
persino quando essi sono qualitativamente identici, così che il mondo, privato di una vivace
varietà, non solo non si unifica, ma al contrario si disperde. La percezione infantile supera
la frammentazione del mondo dal di dentro. È dal di dentro che si afferma l’unità
sostanziale dal mondo, dovuta non al tale o al tal altro segno generico, ma percepibile senza
mediazioni quando l’anima si fonde con i fenomeni percepiti. Si tratta di una percezione
mistica del mondo». DV, 101-101 e 127. Su questo punto sarebbe utile, come fa notare G.
Mura nel articolo L’icona e la bellezza (pubblicato nella rassegna Etica contemporanea e
santità. Edizioni Rosminiane, Stresa- Edizioni SPES, Milazzo, 2006), fare il confronto tra
la percezione della natura florenskiana e la dottrina della natura in Antonio Rosmini che
viene esposta nel suo trattato Del divino nella natura.
I TRATTI DELLA FILOSOFIA DI PAVEL ALEKSANDROVIČ FLORENSKIJ
62
al progresso tecnico in esso non ci sono più barriere insuperabili), ma è
diviso più che mai a causa della perdita totale dei valori religiosi e morali.
Tutto ciò riguarda innanzitutto la nostra Europa, dove la gran parte
delle popolazioni nega le proprie radici cristiane le quali sono un vero
fondamento della cultura europea e un forte sostegno allo sviluppo ulteriore
della società, e senza di esse tutto l’organismo politico-sociale europeo
rischia un inevitabile crollo.
4) La formazione educativa di Florenskij era molto profonda e
ampia, egli stesso ha studiato presso i migliori rappresentanti della scienza e
della teologia del suo tempo ed essa sempre era la sua preoccupazione per i
suoi figli. Le sue lettere dal lager pur essendo piene di tenerezza verso i suoi
cari mantengono sempre il tono fermo nel convincere i bambini allo studio.
Questo era tanto più difficile in quanto erano ritenuti nello stato sovietico i
figli di un criminale e sicuramente si trovavano in un’atmosfera ostile,
sentivano le accuse ingiuste nei riguardi del padre e provavano profonde
sofferenze.
Tornando al concetto antico della Florenskij scrive
alla figlia:
«Tu non puoi capire cosa prova un padre che desidera che i suoi
figli siano non solo irreprensibili, ma rappresentino come l’immagine
stessa del valore. Non per gli altri, ma per se stessi bisogna essere così, e
non importa cosa gli altri penseranno di voi: essere, e non apparire
(corsivo – A. Y.). Avere una disposizione d’animo chiara e trasparente,
una percezione del mondo integrale e portare avanti un’idea
disinteressata: vivere così da poter dire nella vecchiaia di aver preso il
meglio della vita, di aver fatto proprie le cose più nobili e più belle del
mondo e di non aver macchiato la coscienza con le sozzure di cui si
sporca la gente e che, una volta esaurita la passione, lasciano un profondo
disprezzo»95
.
Questo è il suo programma sulla formazione completa della persona
che include sia lo studio che la morale. È questa universalità che manca
all’istruzione scolastica e anche a quella privata dei nostri giorni, mentre
nell’Ottocento una formazione così era normale per la Russia: tutto il
fenomeno dell’intellighenzia russa è stato basato su questa educazione,
mentre oggi lo specialismo (termine di Florenskij) è penetrato naturalmente
non soltanto nel campo scientifico, ma anche nel processo della formazione
umanistica dei giovani – le persone non si formano più come le personalità,
95
Pisma, 400-401.
CONCLUSIONI
63
ma come stretti specialisti. E qui Florenskij ci richiama a ritornare
all’universalismo educativo.
5) I pensieri di padre Pavel sono attuali anche nella prospettiva
ecumenica. Infatti, l’idea dell'unità dell'essere nella sua attuazione nel
mondo non è un concetto che riguarda soltanto i problemi dell’etica
ecologica, politica, sociale o educativa, esso è applicabile anche nell’ambito
religioso ed è attuale come non mai.
Ciò che lui dice rispetto alla scienza e alla società è ancor più vero
per la religione: qui non devono essere ricercati degli oggetti della critica,
ma deve essere formata una visione secondo la quale tutte le religioni e le
confessioni fossero reciprocamente legate tra di loro come le parti di
un’unica stessa realtà spirituale.
Florenskij dice:
«Per quanto le differenze tra le varie confessioni di una stessa
religione possono essere sostanziali, esse non distruggono però la
comunanza di fondo che esiste tra queste confessioni. Allo stesso modo,
anche i fossati più profondi tra le religioni non possono creare fra di loro
divisioni tali da rompere definitivamente la loro radicale unità [...]. Il
cielo, da cui tutti ricevono la luce, non appare omogeneo sulle teste degli
uomini, e tuttavia è un unico cielo (...) Questo cielo è Dio. Avere una fede
qualsiasi è meglio che non averne nessuna, poiché la fede dà un autentico
contatto con il mondo spirituale (...). Il mondo religioso è frantumato
soprattutto perché le religioni non si conoscono reciprocamente. Anche il
mondo cristiano è frantumato per lo stesso motivo, perché le varie
confessioni non si conoscono reciprocamente. Tutte occupate in una
polemica che esaurisce, non hanno la forza di vivere per se stesse (...). Se
anche una minima parte dell’energia che si disperde nell’ ostilità verso gli
altri, fosse usata per amare se stessi, l’umanità potrebbe riposarsi e
prosperare»96
.
Dal postulato gregoriano usato da
Florenskij come epigrafe al suo capolavoro La colonna e il fondamento
della Verità diventa molto più chiara l’idea dell’unità cristiana. Il cardinale
Tomáš Špidlik citando Florenskij scrive:
«La vera conoscenza della verità è pensabile soltanto nell’amore
e anche al contrario la conoscenza della verità appare come amore”. La
verità è dialogale, si manifesta nel dialogo continuo con altre persone e
personalizza tutto il cosmo, utilizzandolo come parola di comunicazione
96
ZP, 26 e 31.
I TRATTI DELLA FILOSOFIA DI PAVEL ALEKSANDROVIČ FLORENSKIJ
64
fra gli esseri vivi. Con la forza di questo amore tutta la realtà appare come
unificata, come una “tuttunità” (vseejdinstvo)»97
.
Queste parole del grande teologo e scienziato dei nostri tempi
possono fungere da conclusione per tutti i punti sopraesposti.
6) E nella prospettiva umana – con la propria personalità, lui invoca
la modernità al ritorno all’unità della fede. La sua grandissima personalità è
stata capace di comprendere tutto: la fede e la filosofia, la scienza e il
sacerdozio, amore per la famiglia e per il prossimo fino al martirio.
Il suo enciclopedismo era davvero stupendo. Natalino Valentini così
scrive nel Dizionario interdisciplinare di scienza e fede:
«…diversi pensatori russi hanno parlato di lui come di un
“Pascal russo”, la cui opera andrebbe posta a fianco a quella di Agostino;
più frequentemente è stato definito il “Leonardo da Vinci della Russia”
(S. Bulgakov, N. Losskij), che brilla per la sua “genialità” (P.
Evdokimov) e “originalità” (A. Losev). In effetti, ciò che più sorprende
dell'approccio scientifico di Florenskij è “la piena assimilazione
dell’oggetto di ricerca, lontana da ogni dilettantismo, unitamente
all’ampiezza dei suoi interessi scientifici, la sua rara ed eccezionale
personalità enciclopedica la cui grandezza non possiamo nemmeno
stabilire per mancanza di capacità equivalenti” (Bulgakov). Lo stupore
non è suscitato soltanto dall'incontro con la sua opera, che attraversa le
molteplici forme dello scibile con singolare competenza e padronanza dei
più svariati registri formali, ma soprattutto dalla sua vita, dall'integrità
umana e spirituale della sua persona»98
.
97
T. ŠPIDLIK, L’unità spirituale dell’Europa, atti di conferenza annuale interconfessionale
organizzata dall’associazione “Mitteleuropa”, Rosazzo 2004, testo dattilografato, 6. 98
N. VALENTINI, Florenskij Pavel Aleksandrovič, voce per il Dizionario Interdisciplinare
di Scienza e Fede, a cura di G. Tanzaella NITTI e A. STRUMIA, Città Nuova e Urbaniana
University Press, Roma 2002, vol. II, 1750-1764. Lo stesso Florenskij nella lettera al figlio
Kirill dà un elenco di tutti i campi di filosofia e di scienza in cui egli lavorava che
veramente stupisce: «In matematica: 1) I concetti matematici come elementi costitutivi
della filosofia (discontinuità, funzioni ecc). 2) Le teoria degli insiemi e la teoria delle
funzioni delle variabili reali. 3) Gli immaginari geometrici. 4) L’individualità dei numeri
(numero-forma). 5) Lo studio delle curve in concreto. 6) I metodi di analisi della forma. In
filosofia e storia della filosofia: 1) Le radici cultuali delle origini della filosofia. 2) La base
cultuale e artistica delle categorie. 3) Le antinomie della ragione. 4) Lo studio storico-
filologico-linguistico della terminologia. 5) Le basi materiali dell’antropodicea. 6) La realtà
dello spazio e del tempo. In critica d’arte: 1) I metodi di descrizione e datazione degli
oggetti d’arte antica russa (intaglio, articoli di gioielleria, pittura). 2) La spazialità nelle
opere d’arte, in specie nelle arti figurative. In elettrotecnica: 1) Lo studio dei campi
elettrici. 2) I metodi dell’analisi dei materiali elettrici: la base della scienza dei materiali
CONCLUSIONI
65
Il suo amore per la famiglia e per il prossimo commuove:
«Mi pesa vivere in modo tranquillo e sereno, mentre voi, miei
cari, soffrite99
. In questo tempo ho sempre sopportato i colpi per voi: così
volevo e di questo pregavo la Somma Volontà. (…) Mangio non solo
sufficientemente, ma troppo, tanto che ogni giorno do parte della mia
razione a qualcuno. Anche alla Lubjanka100
era così: distribuivo il mio
cibo. Per me era gioia particolare darlo ai ragazzi che erano affamati e
che mi ricordavano i miei propri figli (corsivo – A. Y.)»101
.
Egli ha dimostrato nel modo migliore l’idea di «unitotalità» col
proprio esempio: è rimasto una personalità integra, un nel senso
vero e proprio della parola: una «piccola bellezza», fragile e graziosa, ma
allo stesso tempo in quanto -universum egli ha rappresentato un’unità
dell’individuo conoscente e del mondo conosciuto, mentre in quanto un
cristiano ha dimostrato una fermezza straordinaria nella professione della
fede in Cristo.
Siccome si parla dell’attualità del pensiero e della personalità di
Florenskij il suo esempio personale è forse più attuale di tutti i punti
precedenti del suo pensiero, perché egli ha sottoscritto i suoi pensieri con il
proprio sangue e così ha fatto evidente l’onestà del suo filosofare.
E quanto all’attualità: il martirio (ossia testimonianza) o la
professione della fede o ancor più generale – la santità come la massima
espressione della bellezza umana, oggi, davanti alle sfide di questo mondo,
sono più attuale di tutto ciò che può essere detto, scritto e fatto. Non per
caso è stato proprio Platone che ha affascinato Florenskij: lo affascinava con
elettrici. 3) Il significato delle strutture dei materiali elettrici. 4) La diffusione delle resine
sintetiche. 5) La diffusione e l’elaborazione degli elementi della depolarizzazione aerea. 7)
Le classificazioni e la standardizzazione di materiali, elementi ecc. 8) Lo studio dei
minerali di carbonio come gruppo. 9) Lo studio di una serie di rocce. 10) Lo studio
sistematico della mica e la scoperta della sua struttura. 11) Lo studio di suoli e terreni. E
così via. Sono poi a parte: la fisica del gelo; l’uso delle alghe (gli ultimi studi Florenskij
faceva già nel lager – A. Y.)» Pisma, 399. C’è da aggiungere che Florenskij non ha elencato
qui i suoi studi in biologia e chimica. L’assenza della parte teologia e filosofica religiosa è
anche ovvia e dovuta naturalmente a una censura dura del lager. 99
Queste parole le scrive nel lager di Solovki dove di certo non poteva mangiare
sufficientemente. 100
Lubjanka è la prigione segreta del NKVD. È nota per la crudeltà con cui venivano
trattati i detenuti. 101
Pisma, 103.
I TRATTI DELLA FILOSOFIA DI PAVEL ALEKSANDROVIČ FLORENSKIJ
66
la propria personalità armonica, cioè in lui le parole non erano in disaccordo
con le azioni.
Padre Pavel ha avuto modo di dimostrare che egli era un discepolo
fedele del suo maestro: l’ha dimostrato con la sua vita e con il suo martirio,
rendendo conto della necessità del suo sacrificio. Così scrive padre Pavel in
una delle ultime lettere alla famiglia:
«…retaggio della grandezza è la sofferenza, –, sofferenza che
viene dal mondo esterno, e sofferenza interiore, che viene da noi stessi.
Così è stato, è e sarà. Perché sia così, è del tutto chiaro: è una sfasatura;
sfasatura della società rispetto alla grandezza, e sfasatura della persona
rispetto alla propria grandezza (…) Sì, la vita è fatta in modo che si può
dare qualcosa al mondo solo pagandone poi il fio con sofferenze e
persecuzioni. E più il dono è disinteressato, più crudeli sono le
persecuzioni, e dure le sofferenze. Tale è la legge della vita, il suo
assioma di base. (…) Per il proprio dono, la grandezza, bisogna pagare
con il sangue»102
.
Ricordiamo le parole con le quali padre Florenskij comincia il suo
capolavoro La colonna e il fondamento della Verità:
«L’esperienza religiosa viva è un unico metodo autentico per
comprendere i dogmi” – così io vorrei descrivere la tendenza generale del
mio libro. (…) E’ possibile osservare e apprezzare i tesori spirituali della
Chiesa soltanto attraverso l’esperienza immediata»103
.
Questo è l’incipit della sua opera maggiore e con questo si finisce il
presente lavoro. Durante la sua evoluzione filosofica e teologica lui non ha
mai tradito le sue convinzioni. La vita che si realizza nell’amore, ecco la
sua filosofia, la sua percezione del mondo.
Le idee di grande originalità, i pensieri profondamente umanistici e
la stessa personalità del filosofo, la sua confessione di fede e il martirio
hanno spinto Papa Giovanni Paolo II di menzionarlo nel documento
ufficiale della Chiesa Cattolica, Enciclica Fides et Ratio, dove padre Pavel a
buon diritto viene nominato tra i più importanti filosofi religiosi del mondo
insieme a Henry Newman, Antonio Rosmini, Edith Stein, Vladimir
Solov’ev e Vladimir Losskij.
102
Pisma, pp. 374-375. 103
Stolp, p. 35.
CONCLUSIONI
67
Il Papa così scrive:
«c’è da sperare che questa grande tradizione filosofico-teologica
trovi oggi e nel futuro i suoi continuatori e i suoi cultori per il bene della
Chiesa e dell’umanità»104
.
104
GIOVANNI PAOLO II, Lettera enciclica Fides et ratio (14 settembre 1998), n. 74.
I TRATTI DELLA FILOSOFIA DI PAVEL ALEKSANDROVIČ FLORENSKIJ
68
Bibliografia
La presente bibliografia non pretende di essere del tutto esauriente.
L’indice è composto da due parti principali: dall’elenco delle opere di
Florenskij (in lingua originale e in traduzione) e dall’elenco degli scritti più
importati su Florenskij in russo.
Le opere di Florenskij sono presentate in ordine cronologico, mentre
gli scritti su Florenskij – in ordine alfabetico.
1. FONTI
1. 1. Opere originali di Florenskij pubblicate in russo:
- O sueverii i o čude (Sulla superstizione e sul miracolo), in Novy Put’
(Nuova Via) 8 (1903), 91-121.
- Spiritizm, kak antichristianstvo (Lo spiritismo come anticristianesimo), in
Novy Put’ 3 (1904), 149-167.
- O Simvolach bezkonečnosti (Sui simboli dell’eternità), in Novy Put’ 9
(1904), 173-235.
- Ob odnoj predposylke mirovozzrenija (Su un presupposto della visione del
mondo), in Vesy (La Bilancia) 9 (1904), 24-35.
- Immanuil Kant. Fisičeskaja monadologhija (Immanuel Kant. Monadologia
fisica), in Bogoslovkij Vestnik (La Gazzetta teologica) 9, III (1905), pp. 95-
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- Voprosy relighiosnago samopoznanija (Questioni di autoconoscenza
religiosa), in Christianin (Il Cristiano) I (1907), 248-257. Ristampato in
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- Dogmatizm i dogmatica (Dogmatismo e dogmatica), in Christianskaja
mysl’ (Il Pensiero Cristiano) 1907, 160-168 e 252-257.
- Stolp i utverždenie Istiny. Pis’ma k Drugu (La colonna e il fondamento
della Verità. Lettere all’amico), in Voprosy religii II (1908), 223-348.
- Obščečelovečeskie korni idealisma (Origini dell’idealismo comuni a tutta
l’umanità), in Bogoslovskij Vestnik 2-3 (1909), 191-204, 122-149.
BIBLIOGRAFIA
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Kant), in Bogoslovkij Vestnik 4, I (1909), 596-625.
- Vmesto predislovija k kursu lektsij (Premessa ad un corso di lezioni), in
Bogoslovskij Vestnik I, 4 (1910), 607-613.
- Lektsija i Lectio (Lezione e Lectio), in Bogoslovskij Vestnik I, 4 (1910),
614-644.
- Praščury ljubomudrija (Precursori della filosofia), in Bogoslovskij Vestnik
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rektoru Astrachanskoj seminarii Archimandritu Veniaminu (Chiesa e
teologia. Frammenti dalla lettera di N. P. Ghiljarov-Platonov al rettore del
seminario di Astrakhan, l’Archimandrita Beniamino), in Bogoslovskij
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divulgatore di «eresia»), in Materialy k sporu o počitanii Imeni Božija (I
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I TRATTI DELLA FILOSOFIA DI PAVEL ALEKSANDROVIČ FLORENSKIJ
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stimò una rapina» (Fil 2,6-8). Del giudizio sulla mistica), in Bogoslovskij
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riduzione dei numeri. Secondo l’istituzione matematica della simbologia
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Sergio e la Russia), in Troice-Serghieva Lavra, Serghiev Posad 1919, 3-29.
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Il volume contiene i testi sull’arte raccolti sotto titolo Stat’i po iskusstvu.
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Duchovnoj Akademii. Iz istorii filosofskoj terminologhii. Termin (Il corso
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presupposto filosofico), in Studia Slavica Hung. 34 (1988), 1-4, 40-68.
- Vremja i prostranstvo (Tempo e spazio), in Sociologičeskie issledovanija,
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Studio sul simbolismo dei colori) in Filosofskaja i sociologhičeskaja mysl’,
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- Stolp i utverždenie Istiny (La colonna e il fondamento della Verità) 2
volumi, Mysl’, Moskva 1990.
- U vodorazdelov mysli (Agli spartiacque del pensiero), Mysl’, Moskva
1990; volume comprende i seguenti scritti: Na Macovtse (Sulla collina di
Macovec); puti i sredotocija; Obratnaja perspektiva (La prospettiva
rovesciata); Itoghi (Bilanci); Mysl’ i jazyk (Il pensiero e la lingua); Nauka
kak simvoliceskoe opisanie (La scienza come la descrizione simbolica);
Dialektika (Dialettica); Antinomija jazyka (L’antinomia di lingua); Termin
(Il termine); Stroenie slova (La struttura della parola); Maghičnost’ slova (Il
magismo della parola); Imeslavie kak filosofskaja predposylka (La
venerazione del nome come presupposto antropologico).
- Dogmatizm i dogmatica (Il dogmatismo e la dogmatica), in Istoriko-
filosofskie issledovanija, Ežegodnik’91, Minsk 1991, 167-186.
- Eschatologhičeskaja mozaika (Mosaico escatologico), in Kontekst 1991,
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- Obščeceloveceskie korni idealisma (Le radici dell’idealismo comuni a tutta
l’umanità), in Filosofskie nauki 1 (1991), 106-119.
- U vodorazdelov mysli. Sbornik statej (Agli spartiacque del pensiero.
Articoli), Il volume comprende i seguenti opuscoli: Rannee detstvo (La
prima infanzia); Pristan’ i bulvar (Il molo e il viale); Priroda (La natura);
Nauka (La scienza); Troitse-Serghieva lavra i Rossia (La Laura della
Trinità e di San Sergio e la Russia); Makrocosm i microcosm (Il
macrocosmo e il microcosmo). Novosibirsk 1991 (184 pp.)
- Detjam moim. Vospominanija proshlych dnej. Ghenealoghiceskie
issledovanija. Iz solovetskich pisem. Zaveshanije (Ai miei figli, Memorie di
giorni passati, Ricerche genealogiche, Dalle lettere da Solovki, Il
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TRUBAČEV, M. S. A. TRUBAČEVA, P. V. FLORENSKIJ, vol. I, 1994; vol. II,
1996; vol. III/1, 1999; vol. III/2, 2000; vol. IV, 1998; Mysl’, Moskva. I tre
volumi (I, II, III/1 e III/2) raccolgono i scritti filosofici, teologici e
scientifici di Florenskij dal 1904 al 1932, mentre il quarto contiene le lettere
di padre Pavel alla famiglia dal lager.
- Filosofia kulta. Opyt pravoslavnoj antropoditsei. (La filosofia del culto.
L’esperienza dell’antropodicea ortodossa), Mysl’, Moskva 2004.
1. 2. Opere di Florenskij tradotte nelle lingue moderne:
In Italiano:
- La colonna e il fondamento della verità, (a cura di E. ZOLLA, tr. it. di P.
MODESTO), Rusconi, Milano 1974; 1998.
- Le porte regali. Saggio sull’icona, (a cura di E. ZOLLA), Adelphi, Milano
1° ed. 1977 – 9° ed. 2004.
- La Laura della Trinità e di San Sergio e la Russia, in “Russia Cristiana”,
154, 4 (1977), 3-19.
- La prospettiva rovesciata e altri scritti, (tr. it. di C. MUSCHIO e N. MISLER;
a cura e con Introduzione di N. MISLER), Casa del libro, Roma 1983.
- Cristianesimo e cultura, in «L’Altra Europa», 235, 1 (1987), 25-33.
- Attualità della parola. La lingua tra scienza e mito, (tr. it. di E. TREU, con
Presentazione di N. KAUCHTSCHISCHWILI e Introduzione di V. V. IVANOV),
Guerini e Associati, Milano 1989.
- Note sull’ortodossia, in «L’Altra Europa», 235, 1 (1991), 25-33.
- Il sale della terra. Vita dello Starec Isidoro, tr. it. a cura di E. TREU, con
Introduzione di N. KAUCHTSCHISCHWILI, Qiqajon, Comunità di Bose,
Magnano (BI) 1992.
- Lo spazio e il tempo nell’arte (a cura e con Postfazione di N. MISLER),
Adelphi, Milano 1995, 2° ed. 2001.
- Proposta di una futura struttura dello Stato, in «Letture», 518, 50 (1995),
28-32.
I TRATTI DELLA FILOSOFIA DI PAVEL ALEKSANDROVIČ FLORENSKIJ
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ŽAK, tr. it. di R. ZUGAN), Casale Monferrato, Piemme 1999.
- Il significato dell’idealismo (a cura di N. VALENTINI, tr. it. R. ZUGAN),
Rusconi, Milano 1999.
- La struttura della parola e la natura magica della parola, in D. FERRARI
BRAVO, «Slovo». Geometrie della parola nel pensiero russo tra ‘800 e ‘900
(tr. it. e note di E. TREU), ETS, Pisa 2000.
- Il valore magico della parola (tr. it. a cura di G. LINGUA), Medusa, Milano
2001.
- Non dimenticatemi. Dal gulag staliniano le lettere alla moglie e ai figli del
grande matematico, filosofo e sacerdote russo (a cura di N. VALENTINI e L.
ŽAK, tr. it. di G. GUAITA e L. CHARITONOV), A. Mondadori, Milano 2000.
- Amore e bellezza, in AA. VV., Cristianesimo e bellezza, tra Oriente e
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- Ai miei figli. Memorie di giorni passati (a cura di N. Valentini e L. Žak, tr.
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- Sul realismo, in «Humanitas», LVIII, 4 (2003), 733-736.
- Ragione e dialettica, a cura di N. VALENTINI, tr. it C. ZONGHETTI, in N.
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- Amleto (a cura dell'igumeno ANDRONIK (A. S. TRUBAČEV), edizione
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- Eternal Joy: A Sermon, in Sourozh (Oxford) 34 (1988), 30-35.
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Chrysostomos' Gespräche über den Psalm 126, in Stimme der Orthodoxie 4
(1988), 10-15.
- Fürst des Lebens im Reiche göttlicher Harmonie, Eine Betrachtung zum
Hohenlied, in Stimme der Orthodoxie 7 (1988), 21 f.
- Der Kultakt als Synthese, in Stimme der Orthodoxie 9 (1988), 36-42.
- Makrokosmos und Mikrokosmos. Eine Studie über die Wechselbeziehung
von Mensch und Natur, in Stimme der Orthodoxie 11 (1988), 42-55, /12, 40-
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- Die umgekehrte Perspektive, Texte zur Kunst. Übers. u. hrsg. v. A.
SIKOJEV, Mattheus u. Seitz, München 1989.
I TRATTI DELLA FILOSOFIA DI PAVEL ALEKSANDROVIČ FLORENSKIJ
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- Biosphäre und Pneumatosphäre. Briefwechsel zwischen Priester Pawel
Florenski und Professor Wladimir I. Wernadski, in Stimme der Orthodoxie
11 (1989), 18-24.
- Das Salz der Erde. Bericht über das Leben des Starez Isidor,
Priestermönch im Gethsemane-Skit. Übers. u. hrsg. v. A. SIKOJEV, Kyrill
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- Die allgemeinmenschlichen Wurzeln des Idealismus, in W. GOERDT,
Russische Philosophie. Texte, Freiburg/Breisgau, München 1989, 705-715.
- Empyrie und Empirie, von der Möglichkeit einer ganzheitlichen
Weltanschauung, in Stimme der Orthodoxie 2 (1989), 36-46, 3 (1989), 42-
47, 4 (1989), 34-45.
- Wege und Mittelpunkte, in Individualität (Stuttgart) 22 (1989), 32-39.
- Сhristentum und Kultur, in Stimme der Orthodoxie 11 (1990), 11-18.
- Freude in alle Ewigkeit, in Stimme der Orthodoxie, 2 (1990), 18-21.
- Gedanken zur Orthodoxie, in Stimme der Orthodoxie, 3 (1990), 35-39.
- Himmlische Erscheinungen, in Individualität, (Stuttgart) 26 (1990).
- Wahrheit wird Liebe. Texte und Briefe. München 1991.
- Meinen Kindern. Erinnerungen an eine Jugend im Kaukasus, Übers. v.
Fritz u. Sieglinde MIERAU, Urachhaus, Stuttgart 1993.
- An den Wasserscheiden des Denkens, hrsg. v. Sieglinde u. Fritz MIERAU,
Kontext, Berlin 1991, Berlin 1994.
- Werke in zehn Lieferungen: Lief. III: Denken und Sprache. Übers. v. Fritz
u. Sieglinde MIERAU, Kontext, Berlin 1993 in Lief. IV: Namen. Berlin 1994.
- Raum und Zeit. Hrsg. u. übers. v. Olga Radetzkaja u. Ulrich Werner,
Kontext, Berlin 1997.
- Die den Tod in Ewigkeit nicht sehen. Reflexionen über ein Abschiedswort
von Vater Alexi Metschow († 1923), in Stimme der Orthodoxie 1994/3, 14-
24.
- Leben und Denken. Texte und Selbstzeugnisse. 2 Bde. Hrsg. v. Fritz u.
Sieglinde MIERAU, Tertium, Ostfildern 1995-1996.
- Eis und algen: Briefe aus dem Lager 1933-1937, Herausgegeben von Fritz
und Sieglinde MIERAU, Pforte, Dornach 2001.
2. LE OPERE MONOGRAFICHE
E SAGGI PIÙ IMPORTANTI SU P. A. FLORENSKIJ IN RUSSO.
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internazionale, Universitа degli Studi di Bergamo, 10-14 gennaio 1988, a
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Marburg 1995.
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Pavel Florenskij: assunzione dell’eredità), materiali del Convegno
internazionale svoltosi il 19-23 aprile 1990 presso l’Istituto di lingua russa
dell’Università degli studi di Bergamo, a cura di N. KAUCHTSCHISCHWILI e
N. K. BONECKAJA, Pomovskij i partnery, Moskva 1994.
- AA. VV., P. A. Florenskij: pro et contra. Ličnost’ i tvorčestvo Pavla
Florenskogo v ocenke russkich myslitelej i issledovatelej. Antologia (P. A.
Florenskij: pro et contra. La persona e l’opera di Pavel Florenskij nelle
valutazioni dei pensatori e ricercatori russi. Antologia), a cura di K. ISUPOV,
RChGI, Il volume contiene gli scritti di: A. B. ELCHANINOV, Iz vstreč s
Florenskim (dagli incontri con Florenskij); N. A. BERDJAEV, Stilizovannoe
pravoslavie (L’ortodossia stilizzata) e Chomjakov i svjašč. Florenskij
(Chomjakov e sac.Florenskij); B. B. ROSANOV, P. A. Florenskij o A. S.
Chomjakove (P. A. Florenskij su A.S. Chomjakov); Bulgakov S. N.,
Svjaščennik padre Pavel Florenskij (Sacerdote padre Pavel Florenskij); A.
S. TRUBAČEV (lo ieodiacono ANDRONIK), Osnovnye čerty ličnosti zizni i
tvorčestva sv. Pavla Florenskogo (Caratteristiche fondamentali della
personalità, della vita e dell’opera del sacerdote Pavel Florenskij) ed altri
scritti, Sankt-Peterburg 1996 (seconda ed. 2001).
- AA. VV., Entelechia, (2) 2000, Kostroma (Numero dedicato a Florenskij.
Contiene gli articoli di A. Trubachev, S. Polovinkin, R. Semenov).
- AA. VV., Pavel Florenskij – Tradition und Moderne, a cura di N. Franz,
M. Hagemeister, F. Haney (Atti del Convegno Internazionale svoltosi
all’Università di Potsdam nell’aprile del 2000), Peter Lang, Frankfurt am
Main 2001.
- AA. VV., Pamjati Pavla Florenskogo. Filosofia. Musica. (la raccolta degli
articoli in onore di 120 anniversario della nascita di Florenskij (1882-
2002)), Casa editrice «Dmitrij Bulanin», Sankt-Peterburg 2002.
- BACHTIJAROV K. I., Mnogomernost’ istiny (La multiritmicità della verità),
in Filosofskie nauki 4 (1991), 96-102.
- BYČKOV V. V., Estetičeskij lik bytija. Umozrenija Pavla Florenskogo
(L’immagine estetica dell’essere. Speculazioni di Pavel Florenskij), Znanie,
Moskva 1990.
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del sacerdote Pavel Florenskij), in Stolp i utverzhdenie Istiny (I), Pravda,
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- FUDEL S. J., Ob o. Pavle Florenskom (Sul padre Pavel Florenskij), Ymca-
Press, Paris 1972 (1998).
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Convegno internazionale, Universitа degli Studi di Bergamo, 10-14 gennaio
1988, a cura di HAGEMEISTER M. e KAUCHTSCHISCHWILI N., Blaue Hörner
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svjaščennika Pavla Florenskogo (Indice delle opere pubblicate del sac.
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tvorčestve svjaščennika Pavla Florenskogo (Teodicea e antropodicea
nell’opera del sacerdote Pavel Florenskij), Vodolej, Tomsk 1998.
- TRUBAČEV A. S. (Igumeno ANDRONIK), Žizn’ i sud’ba (La vita e il
destino), SČT 1, 3-36.
- UPRAVITEL’ A. F., K buduščemu cel’nomu mirovozzreniju (Religioznoe
mirosozercanie P. A. Florenskogo) (Riguardo alla futura concezione
integrale del mondo (La visione religiosa del mondo di P. A. Florenskij)),
Altaj. Univers., Barnaul 1997.
- ZEN’KOVSKIJ V. V., Istoria russkoj filosofii, vol. II (2), cap. 6: Metafizika
vseedinstva. O. P. Florenskij i o. S. Bulgakov (La metafisica dell’unitotalità.
P. P. Florenskij e p. S. Bulgakov), Leningrad 1991, 182-198.
- ZOTKINA O. Ja., Simvol v «ontologii tvorčestva» P. A. Florenskogo (k
charakteristike “religiosnogo estetisma”) (Il simbolo nell’ “ontologia della
creazione artistica” di P. A. Florenskij), dattiloscritto, Moskva 1991 (tesi di
laurea all’Università di Mosca).
I TRATTI DELLA FILOSOFIA DI PAVEL ALEKSANDROVIČ FLORENSKIJ
80
Indice dell’estratto
Pagine
Prefazione e ringraziamenti ……………………......................................
Sigle e abbreviazioni ……………………………………………………
INTRODUZIONE ………………………………………………………
1. Origine dello studio …………………………………………………..
2. Oggetto e scopo dello studio …………………………………………
3. Sviluppo dello studio ………………………………………………...
4. Limiti dello studio ……………………………………………………
Schema della tesi ……………………………………………………......
CAPITOLO II: LE DUE VIE ………………………………………......
1. Teodicea e antropodicea: i temi principali ed i metodi di ricerca
filosofica di Florenskij ………………………………………………….
2. La Teodicea ………………………………………………………......
2. 1. : La gnosi della teodicea ………..
2. 2. Le antinomie ………………………………………………..
2. 3. «L’intuizione razionale» …………………………………….
3. L’antropodicea: I tratti di una metafisica concreta ………………….
3. 1. Il metodo ……………………………………………………
3. 2. Le idee ………………………………………………………
Considerazioni conclusive ……………………………………………...
CAPITOLO III: Il SIMBOLO ………………………………………….
1. Il concetto di simbolo in Florenskij ………………………………….
2. I sensi spirituali ………………………………………………………
3. La Sofia ………………………………………………………………
4. La manifestazione dei simboli nel mondo …………………………...
4. 1. Lo sguardo …………………………………………………..
4. 2. Il nome ……………………………………………………...
Considerazioni conclusive ……………………………………………...
CONCLUSIONI …..…………………………………………………….
INDICE DELL’ESTRATTO
81
1. L’originalità del pensiero di Florenskij ………………………………
2. L’attualità del pensiero di Florenskij ………………………………...
BIBLIOGRAFIA ……………………………………………………….
1. Fonti
1. 1. Opere originali di Florenskij pubblicate in russo……………...
1. 2. Opere di Florenskij tradotte nelle lingue moderne…………….
2. Le opere monografiche e saggi più importanti su Florenskij in russo….
INDICE DELL’ESTRATTO …………………………………………...