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Alessandro Molin Brosa
Evangelizzare i Germani.
Rapporti epistolari tra san Bonifacio e Sede Apostolica.
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Een Boek als schild. *
Verscholen achter een struik
Zag een meisje ‘hoe Bonifatius
Een Bijbel boven zijn hoofd hield
Om de slag met het zwaard op te vangen.
Un libro come scudo.
Nascosta dietro un cespuglio,
una ragazza vide come Bonifacio
tenesse una Bibbia sopra la testa
per parare il colpo di una spada.
*: Poema inciso sul monumento nel luogo del martirio di san Bonifacio, libera traduzione dall’Olandese dell’autore.
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Introduzione. Una straordinaria figura da riscoprire.
«Per opera di san Bonifacio si aprì senza dubbio per il popolo germanico una nuova era: nuova
non solo per quanto riguarda la religione cristiana, ma anche per una vita civile e insieme più
umana»1. Così scrive il venerabile Pio XII – uno dei più grandi pontefici dello scorso secolo, profondo
conoscitore del popolo tedesco e della sua cultura – nel dodicesimo centenario della morte di
Bonifacio, sottolineando come la missione evangelizzatrice promossa da Roma, con l’appoggio del
regno franco, nei territori ancora «barbari» di Sassonia, Assia, Turingia e Frisia, affidata al santo
all’inizio dell’VIII secolo, non sia stata solamente un’espansione del vangelo e della dottrina cristiana,
ma anche un fondamentale apporto di cultura e civiltà occidentale in popolazioni che ne erano appena
state lambite per sporadici contatti commerciali nei secoli precedenti.
Grazie a Bonifacio e alle sue missioni infatti, giunsero tra i Germani centrali e settentrionali
non solo il cristianesimo istituzionalizzato, ma anche la scrittura e la letteratura latina, la legge scritta
su modello franco-romano (più applicabile e meno arbitraria di quella consuetudinaria tribale), il
grande modello delle fondazioni abbaziali benedettine, che nei secoli successivi si svilupperanno sino
a diventare centri di cultura e potere, giungendo a formare la base per grandi città medievali2. Se oggi
la Germania centro-settentrionale e i Paesi Bassi sono regioni cristiane – almeno culturalmente – lo
dobbiamo principalmente all’ardore missionario di Bonifacio e ai suoi discepoli formati nelle sue
numerose fondazioni monastiche in Germania, Frisia e Gallia. Egli fu davvero un uomo europeo e
medievale, nel senso più nobile della parola – non influenzata da certe storiografie fantasiose di età
moderna, negative verso il medioevo, di cui meglio parlerò nel capitolo successivo – ossia
cosmopolita, colto letterato, abile diplomatico, evangelizzatore zelante e saggio monaco3. Bonifacio
fu davvero un ponte tra le culture: britanno di stirpe sassone, viaggiatore in tutta Europa, conoscitore
della corte franca, portatore della Chiesa romana nei territori germanici, riuscì a organizzare una
1 PIO XII, Lett. Enc. Ecclesiae fastos (5 giugno 1954), AAS 46(1954), 337-356. Questa enciclica venne promulgata nel
XII centenario della morte di Bonifacio. Egli fu oggetto anche di un altro documento magisteriale qualche decina d’anni
prima, ossia un’enciclica di Benedetto XV ai vescovi di Germania in occasione del XII secolo dall’inizio della missione
apostolica del santo: BENEDETTO XV, Lett. Enc. In hac tanta (14 maggio 1919), AAS 11(1919), 209-221. 2 «Si costruirono cenobi di monaci e di monache, che divennero sede non solo di culto divino, ma anche di civiltà, di
lettere, di scienze e di arti. Ivi, dopo aver diradate o interamente tagliate e abbattute selve impervie inesplorate e tenebrose,
furono coltivati nuovi campi a comune vantaggio; si cominciarono a costruire qua e là nuove dimore umane, che nel corso
dei secoli sarebbero poi divenute popolose città». PIO XII, Lett. Enc. Ecclesiae Fastos op.cit., 4. 3 La bibliografia in lingua italiana sull’opera di Bonifacio è scarsissima, quasi inesistente quella recente, mentre vi sono
parecchi studi monografici in lingua tedesca e inglese. Cfr. I. GOBRY, Les moines en Occident, Paris, Fayard, 1987; trad.
it. Storia del monachesimo, Roma, Città Nuova, 1991 (vol. II: Il tempo dell’espansione: da san Colombano a san
Bonifacio); A. RAPETTI, Storia del monachesimo medievale, Bologna, Il Mulino, 2013; E. PIAZZA, Re e santi, pagani
e missionari. Itinerari di evangelizzazione nell’Alto Medioevo, Acireale, Bonanno, 2013; W.P. ROMAIN, Saint Boniface
et la naissance de l’Europe, Paris, Laffont, 1990; trad. it. Bonifacio precursore dell’Europa, Torino, SEI, 1991. Quella
che mi sembra essere la monografia più completa e recente è la seguente: J. CLAY, In the shadow of death: Saint Boniface
and the conversion of Hessia, 721-54, Brepols, Turnhout, 2011.
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missione non debole e isolata – come quelle che erano fallite nei decenni precedenti alla sua opera,
per iniziativa dei singoli ordini religiosi, solitamente irlandesi – ma una vera e propria
“romanizzazione” della Germania, ossia un’evangelizzazione sotto l’egida della Sede romana e grazie
all’aiuto pratico del regno franco, intenzionato ad espandersi ad oriente. A caratterizzare la missione
di Bonifacio, oltre allo zelo, fu infatti lo strettissimo legame con i pontefici di Roma, legame che
verrà analizzato in questo breve lavoro per sottolineare come non possa esserci vera missione nel
medioevo se non con l’appoggio della Sede apostolica, garante a quei tempi non solo di dottrina, ma
specialmente unico organismo produttore di cultura e portatore della grande tradizione unificatrice e
civilizzatrice dell’Impero Romano4.
Paradossalmente, i territori conquistati alla fede da Bonifacio quasi tredici secoli fa si trovano
ora in uno stato di elevata scristianizzazione: non solo la Germania centro-settentrionale e l’Olanda
accolsero subito la Riforma protestante, distaccandosi da Roma – la prima nella sua variante luterana,
la seconda in quella calvinista – ma giunsero a diventare, nell’ultimo mezzo secolo, tra i territori
europei con minor numero di cristiani, non a causa di conversioni ad altre fedi, ma per l’avanzata
dell’indifferentismo5. Viene anzi portata avanti, specialmente in Germania, la rinascita di una sorta
di paganesimo che vorrebbe rifarsi alle antiche religioni germaniche, segnale di quella ricerca di
spiritualità che sfocia verso religioni alternative non dogmatiche, tipica degli anni ’70 e ’80 del secolo
scorso6, e che, negli ultimi anni, ha guadagnato consenso anche tra filosofi ed intellettuali europei7.
4 «Le caratteristiche “romane” di queste missioni, continuamente ribadite da Bonifacio, […] ebbero conseguenze
determinanti per la cristianità. L’esportazione del modello istituzionale incentrato sull’episcopato favorì la nascita di una
rete di nuove città che […] conobbero presto una più ampia articolazione economica e sociale e favorirono la completa
assimilazione delle popolazioni germaniche al mondo franco», A. RAPETTI, op.cit., 67. 5 L’ultimo censimento effettuato in Germania, nel 2011, indica come i non affiliati a nessuna religione siano una
percentuale del 38,8%, pari a più di 31 milioni di cittadini. L’indifferentismo è diffuso soprattutto nei lander a nord e a
est del Paese, dove maggiore è l’influenza del luteranesimo (più soggetto ad un abbandono di fedeli) e dove grande
responsabilità nell’avanzata dell’ateismo ebbe la Repubblica Democratica Tedesca. Cfr. Zensus 2011: Fakten zur
Bevölkerung in Deutschland, in: www.destatis.de/DE/PresseService/Presse/Pressekonferenzen/2013/Zensus2011.
Nei Paesi Bassi l’indifferentismo è ancora più diffuso: il censimento del Centraal Bureau voor de Statistiek sulla credenza
religiosa del 2013, rivela che il 47% degli olandesi, pari a quasi 8 milioni di cittadini, non è affiliato a nessuna
organizzazione religiosa. La Chiesa Cattolica è il corpo religioso più grande del Paese, con il 26% di aderenti, seguita
dalla Chiesa Protestante che registra solo un 16% di fedeli (La Protestantse Kerk in Nederland nasce nel 2004 proprio
per unire le due principali chiese calviniste olandesi – la Gereformeerde Kerken in Nederland e la Nederlandse Hervormde
Kerk – in seguito all’abbandono in massa dei fedeli negli ultimi 50 anni). Cfr. De religieuze kaart van Nederland, 2013,
in: http://www.cbs.nl/NR/rdonlyres/20EC6E0B-B87A-4CFE-818B-579FB779009F/0/20140209b15art.pdf. 6 L’interesse verso religioni tradizionali si sviluppò nei Paesi mitteleuropei e nordici a partire dal romanticismo,
rimanendo però limitata a gruppi esoterici intellettuali dei ceti alti, come la famosa Thule Gesellschaft. A partire dagli
anni ’70-’80 del XX secolo, col sopraggiungere del New Age, l’interesse per il “neopaganesimo” assunse caratteristiche
di massa. Sono così oggi presenti nei paesi germanofoni gruppi legati all’Odinismo, anche detto Asatru o Etenismo, un
movimento che cerca di rifondare l’antica religione germanica utilizzando le scarse fonti a disposizione, organizzando
veri e propri rituali nei boschi che dovrebbero richiamare, in modo incruento, quelli antichi. Cfr. www.germanische-
glauben-gemeinschaft.de. Per quanto riguarda la religione degli antichi germani, cfr. G. DUMEZIL, Les dieux des
Germains, essai sur la formation de la religion scandinave, Puf, Paris, 1959; trad. it. Gli Dei dei Germani: saggio sulla
formazione della religione scandinava, Adelphi, Milano, 1979; J. DE VRIES, La religione dei Germani, in H.C. PUECH
(edd.), Storia delle religioni, Laterza, Roma-Bari, 1977, 57-91. 7 Basti pensare all’opera di De Benoist, benché eccessivamente politicizzata. Per quanto riguarda un’apologia filosofica
recente del neopaganesimo oggi in lingua italiana, cfr. S. NATOLI, I nuovi pagani, Milano, Saggiatore, 2005 e La salvezza
5
Se è vero che la storia è magistra vitae, si può allora ben sperare che si possa – si debba! – recuperare
l’importanza della grandissima figura di Bonifacio per una vera e propria nuova inculturazione del
cristianesimo nelle regioni che furono la sua terra di missione, e che diventarono così grandi nel corso
dei secoli grazie anche al fondamentale apporto della cultura romana portata da san Bonifacio e dai
monaci cristiani.
senza fede, Milano, Feltrinelli, 2007; M. BETTINI, Elogio del politeismo, Il Mulino, Bologna, 2014; L. FERRY, Imparare
a vivere. La saggezza dei miti, Garzanti, Milano, 2013.
6
I. Vita di Bonifacio. Dalla Britannia al mondo.
La sola trattazione della vita di Bonifacio basterebbe a sfatare quel triste mito popolare di un
Alto Medioevo stereotipato, portatore di una visione di questa era storica come buia, pervasa da
un’ignoranza generale e caratterizzata da società chiuse ed immobili. Bonifacio rappresenta infatti
l’esatto contrario di questa visione – tipica peraltro della storiografia dell’età moderna – ancora restia
a cedere il passo ad una comprensione storica completa: nato in Britannia da stirpe sassone, monaco
(influenzato quindi sia dal monachesimo europeo che da quello irlandese), viaggiatore indefesso,
evangelizzatore, conoscitore della lingua latina e, si suppone, di numerose lingue volgari, autore di
trattati di retorica e di scritti teologici, più volte ospite della corte papale, di quella longobarda e di
quella franca.
Per quanto riguarda la vita di Bonifacio, ci si riferisce qui a più fonti storiografiche
contemporanee. Strumento fondamentale per ricostruire la vita del santo, oltre alle lettere da lui
scritte, sono le sei Vite medievali scritte dai suoi discepoli o da monaci. La prima, cronologicamente,
fonte primaria di tutte le altre, è la Vita Bonifatii auctore Willibaldo, scritta a Magonza dal suo
discepolo Willibald8, poi vescovo di Eichstätt, intorno al 778 (data del più antico documento in cui si
menziona quest’opera). Seguono la Vita altera Bonifatii auctore Radbodo (composta dal vescovo di
Utrecht Radbod all’inizio dell’XI secolo), una Vita di autore anonimo composta sempre ad Utrecht
tra X e XI secolo, la Vita quarta Bonifatii auctore maguntino, scritta a Magonza tra fine del X secolo
e inizio dell’XI, una Vita dell’XI secolo che ricalca pedantemente l’opera di Willibald, ed infine la
Vita scritta dal monaco Othlo di Ratisbona tra il 1062 ed il 1066 su incarico dei monaci di Fulda, che
avevano intenzione di avere una nuova agiografia ufficiale del loro padre fondatore9.
Wynfrith nasce intorno al 680 probabilmente a Crediton, vicino ad Exeter10, nel regno
dell’Essex, da una famiglia di stirpe anglosassone, nobile e cristiana11. Willibald ci narra che sin dalla
8 Questa Vita, per via della sua importanza storica e della sua antichità, oltre che per la diretta conoscenza di Bonifacio
da parte dell’autore, verrà trattata per delineare, in questo breve lavoro, le tappe principali della vita del santo. 9 Per quanto riguarda la storiografia e la critica filologica delle vite di Bonifacio, cfr. E. MASCHERPA, Vita e lettere di
san Bonifacio, La Scala, Noci (Ba) 1991, 33-46. 10 L’Essex era uno dei sette regni in cui era suddivisa l’attuale Gran Bretagna dopo l’arrivo degli Anglosassoni (430 circa),
ad eccezione della Scozia e del Galles, dove erano migrati gli antichi Britanni all’epoca dell’invasione. L’eptarchia
anglosassone era formata da quattro regni maggiori (East Anglia, Mercia, Northumbria e Wessex) e tre minori (Essex,
Kent e Sussex). Questi sette regni collassarono in seguito all’ultima invasione straniera sul suolo britannico, avvenuta nel
1066 da parte dei Normanni. 11 Quando gli anglosassoni penetrarono in Britannia, nel 430 circa, il cristianesimo sopravvisse solamente nella
popolazione autoctona britannica, mentre gli anglosassoni rimasero fedeli ai loro Dei germanici, nonostante i tentativi
missionari dei monaci irlandesi (basti citare Columba e Colombano). Fu solo nel 597 che si diede il via alla
ricristianizzazione dell’Isola ad opera dei missionari guidati da Agostino (poi primo arcivescovo di Canterbury), per
iniziativa di papa Gregorio Magno. Grazie alla conversione del re del Kent Hengest, che aveva una moglie cattolica,
Berta, in meno di un secolo dalla missione di Agostino anche gli altri monarchi dell’eptarchia si convertirono, e con essi
i loro sudditi.
7
tenera età di quattro-cinque anni, Wynfrith sente la spinta alla consacrazione, ed entra nel monastero
benedettino12 di Exeter, retto dall’abate Vulfhard, che diverrà mentore e confidente del giovane. Dopo
l’adolescenza il giovane monaco viene mandato ad approfondire gli studi nel più grande monastero
di Nursling, nel Wessex, dove si applica specialmente nelle lettere: di questa disciplina Bonifacio
scriverà due opere che lo renderanno presto famoso, l’Ars Grammatica e l’Ars Metrica, trattati di
prosa e poesia in cui è chiara l’ispirazione alla cultura classica. Wynfrith rimane stabile a Nursling e
a trent’anni riceve l’ordinazione sacerdotale, mentre la sua fama di erudito e di buon religioso cresce,
tanto che viene nominato legato dell’arcivescovo di Canterbury al sinodo di Brentford, tenutosi nel
705 per volere del re Ine del Wessex: quest’occasione rende il nostro monaco importante anche
nell’ambiente della diplomazia “laica”, ruolo che – come vedremo – giocherà bene più volte nella sua
vita.
Intorno al 716 abbiamo una svolta nella vita del dotto monaco di Nursling, ossia la spinta
missionaria: d’ora innanzi tutta la vita di Wynfrith sarà impegnata a viaggiare in tutto il continente
europeo con lo scopo di evangelizzare. Il primo viaggio di Bonifacio è però dettato da una particolare
vocazione particolarmente sentita nelle isole del Nord di quei secoli: si tratta della peregrinatio, «una
vocazione ad un radicale distacco dal proprio ambiente, dalla propria patria, per cercare Dio in una
più autentica povertà interiore»13, viaggiando verso quei luoghi che ancora non erano stati toccati
dalla spinta missionaria della chiesa. Wynfrith si sente attratto dalle terre dei suoi lontani avi, terre
ancora “barbare” dove non erano giunti né il cristianesimo in pianta stabile né una qualche forma di
società che s’ispirasse al modello romano-barbarico, terre come la Sassonia o la Frisia, all’estremo
nord del territorio germanico. Proprio in Frisia14 cerca ora di recarsi Wynfrith, con due o tre
compagni, luogo che era stato terra di missione da parte del monaco anglosassone Willibrord15, grazie
soprattutto all’aiuto armato di Pipino di Herstal, desideroso di estendere il dominio franco su quella
regione. Alla morte di Pipino, nel 714, il capo delle tribù frisoni, Radbod, si ribella al giogo franco,
cacciando anche la debole presenza cristiana: è in questo contesto che Wynfrith giunge in Frisia, con
la volontà di restaurarvi la fede cristiana, ma – in questo primo tempo – senza alcun successo:
nemmeno un anno dopo la sua partenza, il monaco anglosassone sarà infatti già di ritorno a Nursling.
12 Dopo l’evangelizzazione di Agostino di Canterbury, i monasteri benedettini superarono in importanza quelli irlandesi,
portando a compimento la “romanizzazione” della Chiesa in Britannia. 13 E. MASCHERPA, op.cit. 74. 14 La Frisia storica, regione abitata dal popolo germanico dei Frisoni, comprendeva le coste del Mare del Nord, situate
oggi nel nord dei Paesi Bassi, dei lander tedeschi di Bassa Sassonia e Schleswig-Holstein fino al fiume Vidå, in
Danimarca. Il suo apogeo si ebbe proprio col re Radbod, che governò sull’unione delle tribù frisoni unite nel Regno di
Frisia. 15 San Willibrord (657-739), anglosassone del Northumbria, monaco secondo la regola irlandese, penetra in Frisia intorno
al 690 su iniziativa del suo ordine. Qui stabilisce la prima sede episcopale della regione, Utrecht, con l’approvazione di
papa Sergio I. Viaggia anche nel territorio della Sassonia, dove fonda il monastero di Echternach. È patrono dei Paesi
Bassi e del Lussemburgo.
8
Nel 719 Wynfrith si reca il pellegrinaggio, per la prima volta nella sua vita, a Roma, come
legato del vescovo Daniel di Winchester: grazie a quest’occasione diplomatica incontra papa
Gregorio II16, il quale – colpito dalle doti e dallo zelo del monaco – gli affida l’incarico ufficiale di
evangelizzare i popoli della Germania17, mutandogli per l’occasione il nome in Bonifacio. Abbiamo
qui il primo importantissimo incarico ufficiale della Sede Apostolica al monaco anglosassone, che
sarà il perno di tutta la sua opera missionaria: non c’è evangelizzazione che Bonifacio abbia compiuto
se non in nome e sotto l’autorità della Chiesa di Roma e del Pontefice, e questo sarà il segno distintivo
dell’autorevolezza e, allo stesso tempo, dell’umiltà dello zelo missionario del santo.
Bonifacio parte direttamente da Roma per la sua missione, muovendo verso la Baviera e la
Turingia, iniziando a stringere contatti con i capi tribù locali; improvvisamente lascia questa regione
alla volta della Frisia, dal momento che era defunto Radbod e Willibrord era potuto tornare dall’esilio
cui era stato sottoposto. Per tre anni ininterrotti Bonifacio collabora con il vescovo di Utrecht
nell’evangelizzazione in Frisia, distruggendo templi pagani ed edificando chiese, mostrandosi così
valente al punto che Willibrord gli offre la mitria episcopale per essere coadiutore a Utrecht;
Bonifacio però rifiuta, per ossequio alla Santa Sede, da cui ha ricevuto un incarico ben preciso,
sottolineando ancora una volta lo strettissimo legame lo unisce a Roma.
Lasciata la Frisia, Bonifacio muove verso sud. Intorno al 722 è ad Amöneburg, nell’Assia,
dove sottrae «una turba numerosa di popolo alla malvagia superstizione pagana»18 e dove fonda il
suo primo monastero, dedicato a san Michele, dal quale inizia ben preso ad irradiarsi una rete
missionaria che porta al battesimo di molte «migliaia di uomini»19 in breve tempo. Alla fine del
medesimo anno, dopo ripetute richieste da parte della Sede Romana, Bonifacio intraprende un
secondo viaggio verso Roma. Qui papa Gregorio lo insignisce della dignità episcopale20, elevandolo
a vescovo senza sede, con un territorio immenso, alle dirette dipendenze della Santa Sede, sotto la
protezione del regno franco.
Tornato in Assia, Bonifacio per la prima volta amministra le cresime ai nuovi cristiani
convertiti dai suoi missionari, il cui numero aumenta sempre di più benché rimangano ancora
numerosi gruppi di persone che resistono alla penetrazione cristiana. Proprio per dimostrare
16 San Gregorio II (Roma, 669 – 731) ha tra le motivazioni della sua santità proprio l’aver mandato Bonifacio in Germania:
«Nei tempi funesti dell’imperatore Leone Isaurico difese la Chiesa e il culto delle sacre immagini e inviò san Bonifacio
in Germania a predicare il Vangelo» (Martirologio Romano). 17 «In nome perciò della indivisibile Trinità, per la incrollabile autorità del beato Pietro, principe degli apostoli, il cui
magistero dottrinale noi esercitiamo per dono di Dio, stabiliamo e ordiniamo a te modesto religioso che […] tu possa
avvicinarti a qualunque gente che vive nell’errore del paganesimo…» Lettera di Gregorio a Bonifacio del 15 maggio 719,
in E. MASCHERPA, op.cit., 167-169. 18 E. MASCHERPA, op.cit., 90. 19 Ibid. 91. 20 30 novembre 722.
9
l’inconsistenza degli Dei germanici, Bonifacio compie un’azione dimostrativa – tipica dell’età antica
e medievale – che assume presto toni miracolistici, e che ancora oggi è legata alla figura
dell’evangelizzatore anglosassone, ossia il taglio della quercia di Thor, come tramanda Willibald:
«Tentò di tagliare una quercia di straordinaria grandezza, la quale, con un antico vocabolo
pagano, è chiamata quercia di Thor21, nel luogo che è detto Gaesmere22. Era presente una grande
quantità di pagani […] appena l’albero fu colpito, l’immensa mole della quercia, agitata in cima
da un vento divino, rottasi la cima dei rami, crollò. […] A questa vista i pagani benedissero il
Signore e si convertirono»23.
Con il legno dell’albero sacro, Bonifacio dà ordine di costruire una cappella in onore di san Pietro,
che diverrà poi un monastero.
Nel 724 il missionario benedettino ritorna in Turingia per verificare l’andamento delle
conversioni, fondandovi il monastero di san Michele di Ohrdruf per accogliere i convertiti Germani
che sentivano in loro la spinta alla vita consacrata, ma anche numerosi britanni di stirpe anglosassone
che giungono in questi anni in Germania per unirsi a Bonifacio24.
Nel 731 papa Gregorio III25, succeduto a Gregorio II, conferisce tramite legati la dignità
arcivescovile a Bonifacio26, dimostrando di essere in continuità con la volontà evangelizzatrice del
suo predecessore; nello stesso anno, Bonifacio erige un altro monastero in Assia, a Fritzlar. Oltre
all’evangelizzazione diretta, il missionario inizia ora ad impegnarsi in attività di riorganizzazione di
regioni già cristianizzate ma che necessitavano di seria ristrutturazione, come nel caso della Baviera27,
convertita da secoli, sottoposta al dominio franco, ma con tracce di sincretismo tra il popolo e di
corruzione e illiceità sacramentale tra il clero. Per meglio gestire la predicazione, Bonifacio suddivide
la Baviera in quattro diocesi: Salisburgo, Frisinga, Ratisbona e Passau. Durante gli anni trascorsi in
21 Thor, o Donar, è uno degli undici Æsir, i signori assoluti del cielo, secondo la religione degli antichi Germani. È una
divinità personale e legata al fedele, il suo nome significa infatti Amico del quale ci si fida ciecamente. È caratterizzato
da un martello che usa come arma e viaggia su un carro trainato da due capri, che simboleggia la tempesta e l’evento
atmosferico, di cui è il Dio. Protegge particolarmente i boschi, motivo per cui probabilmente a lui era consacrata la grande
quercia all’interno di un bosco sacro, nel quale i Germani veneravano la fertilità della natura. Per quanto riguarda la
religione dei Germani cfr. G. DUMEZIL, Les dieux des Germains, essai sur la formation de la religion scandinave, Puf,
Paris, 1959; trad. it. Gli Dei dei Germani: saggio sulla formazione della religione scandinava, Adelphi, Milano, 1979; J.
DE VRIES, La religione dei Germani, in H.C. PUECH (edd.), Storia delle religioni, Laterza, Roma-Bari, 1977, 57-91. 22 Oggi Geismar, in Assia. 23 E. MASCHERPA, op.cit. 96. 24 I più noti, spesso nobili, uomini e donne, sono Lul, Eoban, Burcard, Witta, Lioba e Walburga. Diventeranno abati,
vescovi o badesse per volere di Bonifacio. 25 San Gregorio III (Siria, 690-Roma, 741) come il predecessore ha, tra le motivazioni di santità, l’aver prestato aiuto a
Bonifacio: «si adoperò per la predicazione del Vangelo ai Germani» (Martirologio Romano). La sua spinta missionaria
verso il nord Europa è contrassegnata dal conferimento del pallio a Bonifacio e a Willibald, missionario in Boemia. 26 18 marzo 731. 27 La Baviera dell’epoca comprendeva non solo l’attuale land bavarese, ma anche il Salisburghese, il Tirolo e la Stiria.
10
Germania meridionale, l’arcivescovo si reca una terza volta a Roma per incontrare il pontefice e
rinnovare la sua fedeltà assoluta alla Sede Apostolica, nel 738.
Nel 745 viene assegnata a Bonifacio una sede arcivescovile fissa, a Magonza, dalla quale poter
controllare sia le suffraganee in Germania, ma anche – idealmente – le diocesi della Chiesa franca.
Nel 731 infatti muoiono sia Gregorio III che Carlo Martello; i loro successori, papa Zaccaria28 e
Carlomanno con Pipino, decidono di riorganizzare la Chiesa nei territori dei Franchi, dal momento
che essa versava ormai in una situazione drammatica, sia dal punto di vista della predicazione che
della condotta del Clero. A Bonifacio viene affidato il compito di presiedere sinodi (in Francia non
se ne tenevano da circa cent’anni) e attuare riforme a nome della Santa Sede, sotto l’egida dei duchi
franchi29.
Dopo la grande riorganizzazione della Chiesa franca, Bonifacio – provato dalla salute – inizia
ad affidare ai suoi fedeli discepoli le sue diocesi suffraganee, ordinandoli egli stesso vescovi, come
concesso dalla dignità arcivescovile e come consigliato a suo tempo da papa Gregorio III. Willibald,
autore della Vita, viene ordinato vescovo di Eichstätt, Burchard di Würzburg, una delle tre nuove
diocesi che Bonifacio aveva eretto – con l’approvazione del papa – in Turingia nel 742, assieme con
Bürger ed Erfurt. Nel 744 Bonifacio incomincia la costruzione della sua fondazione più importante,
nota ancora oggi, l’abbazia di Fulda, costruita nei luoghi solitari della Buchonia, posta esattamente a
metà tra Turingia ed Assia, perfetta come luogo di irradiamento per una più profonda
evangelizzazione, ma anche abbastanza isolata da costituire un sano rifugio spirituale30.
A causa dell’età avanzata e provato da una vita densa di impegni pastorali e diplomatici,
Bonifacio affida al discepolo Lul l’arcidiocesi di Magonza e decide di partire una terza volta, alla fine
del 753, per la Frisia, la terra che da sempre è stata nel suo cuore missionario, come enfaticamente ci
tramanda Willibald: «Andando per tutta la Frisia, predicava, sopprimeva i riti pagani e fabbricava
con immenso zelo delle chiese, dopo aver infranto gli idoli dei templi pagani. Battezzò molte migliaia
di uomini, di donne e anche di fanciulli…»31. Dopo aver affidato a un suo discepolo la diocesi di
28 San Zaccaria (Santa Severina, 679-Roma, 752) ha anch’egli, tra i motivi di canonizzazione, l’appoggio dato a Bonifacio:
«indicò ai Franchi quale fosse il giusto governo, dotò di chiese i popoli germanici» (Martirologio Romano). 29 Tra il 742 e il 745 si tennero 5 concili della Chiesa Franca sotto la regia di Bonifacio, i più famosi dei quali furono
quello di Estinnes e di Soissons. In generale vennero attuati provvedimenti di radicale riforma: obbligo di riunire un
sinodo annuale, obbligo di residenza per i vescovi, divieto per i religiosi di portare armi e dedicarsi alla caccia, obbligo
dell’abito per i religiosi, divieto assoluto di concubinato, obbligo di controllo dei presbiteri da parte dei loro vescovi,
allontanamento di tutte le pratiche pagane o sincretistiche. A capo delle diocesi franche venne posto Bonifacio, titolare di
Magonza, legato pontificio. 30 Il territorio selvaggio dove viene costruita l’abbazia di Fulda venne donato da Carlomanno a Bonifacio, il quale ottenne
da papa Zaccaria il privilegio della dipendenza diretta dalla Santa Sede, senza alcuna altra forma di giurisdizione. Presto
l’abbazia divenne, per il suo fondatore, un luogo di riposo spirituale dove si recava ogni anno per ritemprare le forze,
passando ore in preghiera nel suo luogo preferito, un’altura poi chiamata Bischofsberg (la collina del vescovo). Sotto il
suo primo abate, il discepolo Sturmi, il monastero prosperò e divenne un centro importante di vita spirituale e intellettuale,
specialmente sotto il suo abate Rabano Mauro (VIII-IX sec.). 31 E. MASCHERPA, op.cit. 123.
11
Utrecht, Bonifacio decide di spingersi al nord, sulla costa, dove l’avanzata del cristianesimo è resa
più difficile a causa della forte volontà d’indipendenza frisone, che vede – probabilmente non a torto
– i missionari come longa manus del Regno Franco. Nel giorno stabilito per la celebrazione delle
cresime ai convertiti, il 5 giugno 754, nella zona di Dokkum, all’estremo nord della Frisia, avviene il
martirio di Bonifacio: prima dell’amministrazione del sacramento, giunge una gran quantità di
pagani, probabilmente guerrieri abitanti delle isole frisoni, che attacca cristiani e missionari: il
vescovo cade a terra massacrato a colpi di spada, avendo prima cercato di parare i colpi mortali con
un evangeliario32.
Dopo la morte del missionario, subito acclamato santo a causa dei numerosi prodigi che le
cronache ci raccontano avvenire nel luogo del suo martirio33, il suo corpo viene traslato prima a
Utrecht, poi e Magonza, e infine a Fulda, come suo desiderio, dove ancora oggi riposa, nell’abbazia
prediletta da lui edificata, che subito diviene meta di pellegrinaggi da tutta la Germania e dal Regno
Franco.
32 Nel museo del duomo di Fulda si conserva ancora oggi un libro che porta visibili colpi di spada. La Vita dell’anonimo
di Utrecht ci tramanda: «Cum gladio feriendo esset, sacrum evangelium codicem capiti suo imposuerit», in E.
MASCHERPA, op.cit, 126. 33 Willibaldo ci tramanda di guarigioni miracolose e della nascita di una fonte zampillante nel luogo esatto in cui Bonifacio
venne mertirizzato.
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II. Evangelizzazione dei Germani e questioni pastorali.
II.1 Questioni istituzionali.
Il 15 maggio 719 papa Gregorio II, con una missiva ufficiale, affida a Bonifacio la missione
di «far conoscere con forza incessante il mistero della fede alle genti pagane»34. L’ufficialità della
missione è sancita dalla formula solenne ‒ «In nome della indivisibile Trinità, per la incrollabile
autorità del beato Pietro, principe degli apostoli, il cui magistero dottrinale noi esercitiamo…»35 ‒
con la quale il pontefice approva l’evangelizzazione dei popoli germanici e ne sottolinea lo stretto
legame con Roma: «Vogliamo che nell’amministrazione del sacramento […] ti attenga alla formula
degli Uffici della nostra santa Sede apostolica»36. È interessante notare che questa lettera ufficiale è
il primo documento in cui Wynfrith è chiamato Bonifacio37.
Questo stretto legame con Roma è solennemente attestato nella lettera di giuramento che
Bonifacio invia al papa dopo la sua nomina episcopale, nel 722: «Io Bonifacio, vescovo per grazia di
Dio, prometto a voi, beato Pietro principe degli apostoli e al suo vicario papa Gregorio e ai suoi
successori […] che conserverò integra la santa fede cattolica»38. All’ordinazione di Bonifacio,
seguono ben cinque lettere di raccomandazione del pontefice verso principi e popoli che il
missionario avrebbe incontrato durante i suoi viaggi, ossia:
1) Ai vescovi e laici della Germania per la debita accoglienza del nuovo vescovo39.
2) Al clero e al popolo del territorio affidato a Bonifacio40.
3) Ai nobili della Turingia41.
4) A Carlo Martello, come protettore42.
5) Al popolo dell’Antica Sassonia, esortato alla conversione43.
34 Lettera di Gregorio II a Bonifacio del 15 maggio 719, in E. MASCHERPA, op.cit., 167-169. 35 Ibid. 36 Ibid. 37 È anche opportuno notare che tutte le lettere formali inviate dalla Santa Sede si chiudono con la datazione che fa
riferimento all’Imperatore d’Oriente in carica: Nell’VIII secolo – almeno formalmente – Roma si ritiene ancora facente
parte di un aleatorio impero. Es. «Dato nelle idi di maggio sotto l’impero del piissimo augusto Leone, incoronato da Dio
grande imperatore, nel III dopo il suo consolato, nella II indizione». 38 Giuramento del vescovo Bonifacio del 30 novembre 722, in E. MASCHERPA, op. cit., 183-184. 39 Prima lettera di Gregorio II al popolo residente in Germania del 1 dicembre 722. In E. MASCHERPA, op.cit., 185-
187. 40 Qui sono elencati i doveri di Bonifacio nel suo territorio: non fare mai ordinazioni illecite, battezzare solo a Pasqua e
Pentecoste, dividere in quattro parti i proventi: una parte per sé, l’altra al clero, l’altra ai poveri e la quarta per gli edifici
di culto. Cfr. Seconda Lettera di Gregorio II al popolo residente in Germania del 1 dicembre 722, in E. MASCHERPA,
op.cit., 188-190. 41 Lettera di Gregorio II ai nobili Asulf, Godolaw, Wilar, Gundhar, Alvold e ai fedeli della Turingia del dicembre 722, in
E. MASCHERPA, op.cit., 191-192. 42 Lettera di Gregorio II a Carlo Martello del dicembre 722, in E. MASCHERPA, op.cit., 193-194. 43 Lettera di Gregorio II al popolo dell’Antica Sassonia del dicembre 722, in E. MASCHERPA, op.cit., 195-198.
13
Nel 732 Gregorio III invia a Bonifacio il pallio, elevandolo alla dignità arcivescovile:
«Veniamo a sapere che hai convertito moltissimi dall’errore del paganesimo […] Ti abbiamo quindi
giustamente inviato il dono il sacro pallio, che tu devi indossare: disponiamo di annoverarti fra gli
arcivescovi […] Ordiniamo che, dove è cresciuto il numero dei fedeli, per autorità della Sede
apostolica tu debba ordinare dei vescovi»44.
Mentre possediamo un buon numero di lettere indirizzate da Roma a Bonifacio, ce ne
rimangono solo quattro scritte dal santo a un pontefice: due indirizzate a Stefano II e due a Zaccaria,
papi che il vescovo non incontrò mai personalmente. Appena eletto Stefano II, Bonifacio si premura
di inviargli per iscritto la sua obbedienza e lo informa di aver ordinato tre nuovi vescovi in Germania:
«Come fummo servi devoti e discepoli docili dei vostri predecessori per ossequi all’autorità di
san Pietro, così meritiamo di diventare servi obbedienti anche della vostra pietà […] Abbiamo
ordinato tre vescovi per i popoli della Germania, abbiamo diviso la provincia in tre diocesi45 e
desideriamo e chiediamo che le diocesi di quelle località siano rese abili per mezzo di qualche
vostro autorevole scritto»46.
Qualche anno dopo, nel 748, papa Zaccaria esorta Bonifacio a rimanere nella sede di Magonza, ma
gli concede – per motivi di anzianità – di ordinare in futuro un degno successore di ritirarsi, quando
sarà giunto il momento. Il luogo scelto da Bonifacio per trascorrere gli ultimi anni della sua vita tra
preghiera e studio – come accennato nel capitolo precedente – è l’abbazia di Fulda, la sua fondazione
prediletta, della quale lo stesso vescovo scrive al papa in una lettera del 751:
«Vi è un luogo selvaggio, in un deserto di vastissima solitudine, in mezzo ai popoli a cui noi
predichiamo, nel quale abbiamo disposto che i monaci costruiscano un monastero vivendovi
sotto la regola del santo padre Benedetto. […] Cercai di ottenere il sopraddetto luogo per mezzo
di uomini religiosi e timorati di Dio, soprattutto per mezzo di Carlomanno, e dedicai il
monastero a onore del santo Salvatore. In questo luogo mi sono ripromesso di dimorare per
qualche tempo il mio corpo stanco per la vecchiaia e che questo mio corpo vi sia deposto dopo
44 Lettera di Gregorio III a Bonifacio del 732, in E. MASCHERPA, op.cit., 219-222. In questa lettera vengono dati anche
consigli pastorali, come battezzare nuovamente nel nome della Trinità «coloro che hanno ricevuto il battesimo dai pagani»
(si tratta probabilmente di cristiani eretici vaganti oppure di rituali di iniziazione pagani) oppure chi è stato battezzato da
«un presbitero che sacrificava a Giove» (forse un sacerdote cristiano sincretista, dal momento che Thor viene confuso,
dai missionari, con il Giove romano) , come – questione assai singolare – vietare che venga mangiata carne di cavallo,
come vietare la vendita di schiavi per essere vittima di sacrifici umani. 45 Le nuove diocesi sono Würzburg e Erfurt in Turingia, e Bürger in Assia. 46 Lettera di Bonifacio a Stefano II del 742, in E. MASCHERPA, op.cit., 264-271.
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la morte. Infatti i quattro popoli ai quali abbiamo predicato […] abitano intorno a questo
luogo»47.
Papa Zaccaria concede a Fulda un importantissimo privilegio, ossia di essere direttamente dipendente
dalla Santa Sede: «il monastero del Salvatore non sia sottomesso alla giurisdizione di nessun’altra
chiesa, per nostra autorità».48 Questo privilegio rimarrà in vigore a lungo, tanto che dopo che Fulda
divenne uno dei centri della cultura religiosa tedesca, i suoi abati vennero elevati al rango di principi
del Sacro Romano Impero, e il territorio abbaziale divenne un principato autonomo vescovile sino al
186649.
L’ultima lettera che possediamo scritta da Bonifacio è una missiva del 753 indirizzata a papa
Stefano II, nella quale informa il pontefice dell’evangelizzazione in Frisia e lo prega di intervenire
contro le mire di un vescovo franco sulla diocesi di Utrecht:
«Papa Sergio ordinò lo [Willibrord, NdR] vescovo e lo mandò a predicare alla gente pagana dei
frisoni, abitanti sulle coste occidentali dell’oceano. Egli per cinquant’anni convertì la maggior
parte di quella gente, distrusse templi e santuari pagani e costruì delle chiese, costituendo una
sede episcopale nella località fortificata di Utrecht. […] Il principe dei Franchi Carlomanno
affidò poi a me quella sede perché vi costituissi e ordinassi un vescovo, il che io feci. Ma ora il
vescovo di Colonia50 pretende che sia sua quella sede […] afferma che la rocca di Utrecht fu
donata dall’antico re dei Franchi Dagoberto alla chiesa di Colonia, a condizione che il vescovo
di Colonia convertisse la gente dei Frisoni, il che egli non fece»51.
Notiamo quindi come, anche nella vecchiaia, immerso ancora in quegli sforzi missionari che lo
porteranno di lì a breve al martirio a Dokkum, Bonifacio debba scontrarsi non solo con nemici pagani,
ma anche con più astuti rivali appartenenti all’alto clero della chiesa franca, ancora assetato di benefici
e cariche, nonostante la grande opera di ristrutturazione portata avanti da Bonifacio con l’appoggio
dei Carolingi, come vedremo nel capitolo seguente.
47 Lettera di Bonifacio a papa Zaccaria dell’estate 751, in E. MASCHERPA, op.cit., 403-406. 48 Lettera di papa Zaccaria a Bonifacio del novembre 751, in E. MASCHERPA, op.cit., 419-419. 49 Cfr. B. KÖTTING (edd.), Kleine Deutsche Kirchengeschichte, Herder, Freiburg, 1980 e E. GATZ, Chiesa e
cattolicesimo in Germania, EDB, Bologna, 2000. 50 Il nome di questo vescovo non è menzionato, ma nel 753 sulla cattedra di Colonia siede Ildegar. Cfr. cronotassi dei
vescovi in: www.erzbistum-koeln.de 51 Lettera di Bonifacio a papa Stefano II del 753, in E. MASCHERPA, op.cit., 457-460.
15
II.2 Questioni pastorali.
Mentre iniziamo ad incontrare, nella corrispondenza tra Bonifacio e Sede Apostolica,
resoconti sul progresso dell’evangelizzazione52, emergono questioni pastorali, che Bonifacio
sottopone sempre attentamente al vaglio di Roma e che ottengono pronta risposta dal pontefice o dai
suoi legati. Ricaviamo allora che Gregorio II dà consigli su questioni pratiche, come il matrimonio,
il divorzio, i presbiteri indegni, gli arredi sacri da usare nella Messa, le carni sacrificate agli idoli, il
battesimo53.
I problemi pastorali sono invece, in un’altra missiva di vent’anni successiva, “invertiti”:
Bonifacio parla infatti di alcuni Germani convertiti che, recatisi in pellegrinaggio a Roma, hanno
visto nella basilica di san Pietro «donne danzare, secondo la consuetudine dei pagani per le piazze,
innalzare gridi e canti sacrileghi con amuleti e nastri»54, e che questi fatti hanno provocato non sono
un rimprovero, ma anche «ostacolo nella predicazione della dottrina cristiana»55 nelle terre di
missione. È interessante notare come la predicazione di Bonifacio abbia avuto così tanto successo da
far sì che alcuni Germani fossero più dottrinalmente edotti rispetto ad alcuni abitanti di Roma. Papa
Zaccaria risponde prontamente a questa lettera del vescovo missionario, congratulandosi per la sua
opera e confermando autorevolmente le tre nuove diocesi create da Bonifacio56, ammonendolo però
a non creare nuove diocesi in luoghi troppo piccoli. Preoccupato della denuncia di paganesimo nella
città di Roma, il papa dichiara di voler abolire tutte quelle usanze popolari romane che sono in
contraddizione col cristianesimo.
Tra i vari dilemmi di natura pastorale che Bonifacio sottopone a Roma, vi sono anche casi di
illiceità sacramentale, come quello di un sacerdote bavarese che – ignorando il latino – battezza «in
nomine patria et filia et Spiritus Sancti»57, oppure casi in cui Bonifacio vorrebbe imporre un secondo
battesimo: in entrambe le questioni, Zaccaria suggerisce di non eseguire un secondo battesimo, ma di
purificare il battezzato con l’imposizione della mano, confermando così la legge ecclesiastica della
Tradizione che vieta di battezzare più volte.
Bonifacio scrive talvolta anche di eresie che serpeggiano non solo tra i missionari, ma anche
tra abati e vescovi del territorio della Germania, come nel caso del presbitero Sanpson, che nega il
52 Nel 724 Gregorio II loda Bonifacio: «vediamo che, grazie all’obbedienza con cui assolvi il tuo compito, il ministero
della parola cresce e il popolo infedele si converte […] hai convertito molti dall’errore». Lettera di Gregorio II a Bonifacio
del 4 dicembre 724, in E. MASCHERPA, op.cit, 206-208. 53 Lettera di Gregorio II a Bonifacio del 22 novembre 726, in E. MASCHERPA, op.cit., 211-215. 54 Lettera di Bonifacio a Stefano II del 742, in E. MASCHERPA, op. cit., 264-271. 55 Ibid. 56 Zaccaria invia anche tre lettere ufficiali ai nuovi vescovi: «per autorità del beato Pietro principe degli apostoli […]
confermiamo le vostre sedi episcopali e decretiamo che permangano fisse», Lettera di papa Zaccaria a Witta, vescovo di
Bürger, del 742, in E. MASCHERPA, op.cit., 281-283. 57 Lettera di papa Zaccaria a Bonifacio del 1° luglio 746, in E. MASCHERPA, op.cit., 332-333.
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battesimo e ritiene sufficiente l’imposizione delle mani da parte di un vescovo58, o come l’abate
bavarese Vigilio, il quale sostiene che esiste un universo parallelo sotto terra, mostrando come
dottrine fantasiose di natura pagana persistano anche in elementi dell’alto clero.
Nella stessa missiva del 751 in cui concede autonomia a Fulda, papa Zaccaria risponde a
numerose questioni pastorali sugli usi dei Germani, sollevate da Bonifacio tramite il suo discepolo
Lul59. Ai nostri occhi queste possono sembrare assai particolari, ma notiamo come il santo cerchi
sempre con umiltà il consiglio della Santa Sede su cose grandi e piccole: si parla di prescrizioni
alimentari (divieto di cibarsi di cornacchie, cicogne, castori, lepri e cavalli, divieto di mangiare lardo
crudo), liturgiche (come allestire il fuoco pasquale del giovedì santo, liceità di accenderlo tramite
cristalli, quanti segni di croce tracciare durante la proclamazione del canone della Messa), sanitarie
(come trattare i fedeli lebbrosi e come gestire le malattie degli animali idrofobi), disciplinari (ordinare
sacerdoti con almeno venticinque anni d’età, ridurre allo stato laicale presbiteri che si sono macchiati
di crimini prima dell’ordinazione) e politiche (liceità di esigere un tributo dalle tribù slave che
dimorano in territori cristianizzati)60.
58 Cfr. Lettera di papa Zaccaria a Bonifacio del maggio 748, in E. MASCHERPA, op.cit., 374-385. 59 San Lul (Wessex, 710-Hersfeld, 786), monaco benedettino anglosassone, fu tra i primi discepoli di Bonifacio e visse
nei nuovi monasteri di Ohrdruf e Fritzlar, dove fu suo stretto collaboratore nell’opera di evangelizzazione e in quella
diplomatica. Alla morte di Bonifacio divenne per sua designazione vescovo di Magonza, portando a termine
l’evangelizzazione di Assia e Turingia iniziata dal suo maestro. 60 Cfr. Lettera di papa Zaccaria a Bonifacio del 4 novembre 751, in E. MASCHERPA, op.cit., 407-415.
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III. La grande riforma della Chiesa franca.
Come abbiamo ricordato nel primo capitolo, una delle opere fondamentali di Bonifacio fu,
connessa con l’evangelizzazione, la sua attività di riorganizzazione della Chiesa nel regno franco e in
Baviera, Stato vassallo dei Franchi. La prima notizia della riforma portata avanti la Bonifacio in
Baviera ci è testimoniata in una lettera di Gregorio III, il quale loda il santo per la creazione di tre
nuove diocesi: «Mi hai comunicato che sei andato presso il popolo dei bavaresi e hai trovato che
vivono fuori dell’ordine ecclesiastico, non avendo vescovi tranne uno61 […] Hai ordinato altri tre
vescovi e hai diviso in quattro diocesi quella provincia»62. Il pontefice consiglia di riconsacrare quei
presbiteri la cui ordinazione da vescovi con valida successione sia incerta.
La riorganizzazione del territorio bavarese, unita all’ardore missionario di Bonifacio, al suo
legame col pontefice e alle sue doti diplomatiche, furono i motivi che spinsero Roma e i Pipinidi ad
affidare al santo la grande e gravosa opera di riformare la chiesa franca, nella quale non si convocava
un sinodo da più di ottant’anni e dove urgeva stabilire norme disciplinari per un cambiamento di
costumi, specialmente di quelli dell’alto clero, spesso ignorante e macchiatosi di simonia63. Bonifacio
stesso, nel 742, anno di inizio del processo di riforma, scrive a tal proposito:
«Il duca dei franchi Carlomanno mi chiamò a sé e mi pregò di riunire un sinodo. […] Egli si
riprometteva di portare qualche correzione ed emendamento nella regola ecclesiastica, che
ormai da lungo tempo, era stata rovinata. […] Infatti i franchi, come dicono gli anziani, non
hanno tenuto un sinodo da più di ottant’anni […] Ora nelle città episcopali le sedi sono state
affidate a laici cupidi di possedere o a chierici adulteri, donnaioli, dediti ai piaceri mondani.
[…] Si trovano tra quei vescovi alcuni che, benché dicono di non essere fornicatori, sono
tuttavia ubriaconi, appassionati alla caccia, combattono armati dell’esercito e di propria mano
spargono sangue di uomini»64.
61 Ossia il vescovo di Lorch (l’antica Laureacum latina). Bonifacio istituisce qui la diocesi di Passau, mentre crea ex novo
altre tre sedi episcopali: Salisburgo, Frisinga e Ratisbona. 62 Lettera di Gregorio III a Bonifacio, post 738, in E. MASCHERPA, op.cit., 254-257. 63 «Più che di riforma vera e propria, si trattò piuttosto di un tentativo di disciplinamento e di correzione di comportamenti
e costumi, anzitutto del clero […], attuato attraverso l’emanazione di capitolari solenni da parte dei sovrani franchi […]
il cui scopo era disciplinare la condotta morale del clero e innalzarne il livello culturale attraverso lo studio delle Scritture
e la conoscenza dei canoni, cercando di renderlo consapevole delle natura dei sacramenti che amministrava», A.
RAPETTI, op.cit., 67-68. 64 Lettera di Bonifacio a papa Zaccaria del 742, in E. MASCHERPA, op.cit., 264-271.
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Come si evince, la situazione del clero franco è disperata e papa Zaccaria acconsente immediatamente
alla convocazione di un sinodo franco65, che ordina dover essere presieduto da Bonifacio stesso,
raccomandando di essere inflessibile contro i chierici che hanno contravvenuto ai sacri canoni, benché
applichi la prassi orientale della liceità del matrimonio per i sacerdoti, se celebrato prima
dell’ordinazione66.
Qualche anno dopo, nel 744, il pontefice risponde ai dubbi di Bonifacio circa alcuni problemi
sorti tra i Franchi, mostrano come la riorganizzazione stia portando i suoi frutti. Zaccaria conferma i
tre metropoliti67 scelti dal missionario per le province franche e manda loro i palli, mentre esorta a
condannare in modo inflessibile due “pseudoprofeti”, Adebert e Clemente, che esercitano
illecitamente il sacerdozio e insegnano dottrine non ortodosse68. Sulla questione dei palli si viene a
generare un contrasto tra Roma e Bonifacio, l’unico di cui siamo a conoscenza, benché difficile da
ricostruire per mancanza di fonti: nel novembre del 744 papa Zaccaria scrive un’accesa missiva al
missionario chiedendo chiarimento sull’invio dei palli, dal momento che Bonifacio ne aveva chiesti
alla Santa Sede inizialmente tre, quanti i nuovi metropoliti, e poi solo uno; purtroppo non possiamo
saperne di più dal momento che entrambe le lettere inviate da Bonifacio a Roma nel 744 sono andate
perdute. Sembra però che Bonifacio si sia spinto sino ad accusare Zaccaria di simonia, fatto che
manda il pontefice su tutte le furie, come possiamo ben comprendere dai toni della lettera:
«Abbiamo anche trovato nella tua lettera una cosa che ha contristato molto i nostri animi: da
quanto tu dici sembra che noi siamo corruttori dei canoni […] cadendo nell’eresia simoniaca,
ricevendo e sollecitando una ricompensa da quelli a cui abbiamo dato i palli. Esortiamo la tua
santità perché d’ora in poi la tua fraternità non ci scriva più minimamente cose del genere, che
sono da noi accolte come una fastidiosa ingiuria […] Concedendo quei tre palli dietro tua
preghiera nessuno ha ricavato da quelli alcun vantaggio»69.
65 Tra il 742 e il 745 si tennero 5 concili della Chiesa Franca sotto la regia di Bonifacio, i più famosi dei quali furono
quello di Estinnes e di Soissons. In generale vennero attuati provvedimenti di radicale riforma: obbligo di riunire un
sinodo annuale, obbligo di residenza per i vescovi, divieto per i religiosi di portare armi e dedicarsi alla caccia, obbligo
dell’abito clericale, divieto assoluto di concubinato, obbligo di controllo dei presbiteri da parte dei loro vescovi,
allontanamento di tutte le pratiche pagane o sincretistiche. A capo delle diocesi franche venne posto Bonifacio, titolare di
Magonza, legato pontificio. 66 Cfr. Lettera di papa Zaccaria a Bonifacio del 1 aprile 742, in E. MASCHERPA, op.cit., 272-280. 67 Si tratta degli arcivescovi di Rouen, di Reims e di Sens. 68 Adelbert, gallico, affermava di essere stato dotato da un angelo di un’incredibile santità, e per questo si faceva adorare
in vita, giungendo sino a distribuire sue reliquie tra il popolino e a erigere croci e piloni votivi in suo onore. Clemente
invece proveniva dalla Scozia e proponeva una dottrina predestinazionista. Le notizie su questi due eretici ci sono riportate
in una lettera di Bonifacio andata perduta, ma letta e conservata in parte negli atti del Sinodo Romano del 27 ottobre 745,
dove Adelbert e Clemente vennero formalmente condannati da Roma. Cfr. Lettera di papa Zaccaria a Bonifacio del 22
giugno 744, in E. MASCHERPA, op.cit., 287-291. 65 Lettera di papa Zaccaria a Bonifacio del 5 novembre 744, in E. MASCHERPA, op.cit., 292-295.
19
In questa stessa lettera, Zaccaria conferma ed estende il mandato riformatore di Bonifacio su tutta la
Baviera e in tutte le Gallie70.
Nello stesso anno, i duchi dei Franchi scelgono per Bonifacio un’arcidiocesi da elevare a
metropolia, che si trovi a cavallo tra territori franchi e sassoni, dove egli possa risiedere stabilmente
come arcivescovo, dal momento che il suo mandato missionario aveva come “macro-diocesi” tutto il
territorio abitato dai Germani71. Per esigenze pratiche, ossia continuare l’attività missionaria e al
tempo stesso proseguire la riorganizzazione della chiesa franca, Pipino propone che Bonifacio risieda
a Colonia, ma, per problemi di liti tra vescovi e signori locali che non vogliono cedere i benefici della
ricca Colonia, nel 745 l’arcidiocesi di Bonifacio e dei suoi successori diviene Magonza, come
abbiamo visto nei capitoli precedenti: «Decretiamo quindi, con l’autorità del beato apostolo Pietro,
che la sopraddetta chiesa di Magonza sia per sempre confermata come chiesa metropolitana e abbia
anche cinque città alle sue dipendenze, cioè Tongres, Colonia, Worms, Spira, Utrecht e tutte le genti
della Germania»72.
Dalla sua nuova arcidiocesi, Bonifacio – ormai sessantacinquenne – chiede al pontefice che
gli venga mandato un aiuto almeno per dirimere le questioni pastorali e organizzative nelle Gallie,
per potersi così dedicare appieno al suo più grande desiderio missionario, ossia l’evangelizzazione
dei Frisoni. Papa Zaccaria non sembra però favorevole, sembrando quasi più interessato alla solidità
della potente e influente Chiesa franca che alla nascita di piccole missioni in stato embrionale in
territorio ostile: «Ci hai chiesto inoltre di inviarti un sacerdote nelle regioni della Francia e della
Gallia per tenervi concili. Ma finché, col favore di Dio, è in vita la tua santità […], non è necessario
mandare nessun altro»73. Inoltre Zaccaria esorta Bonifacio a «riunire i vescovi delle province dove
sembra bene e di tenere così dei concili»74, denotando in tal modo come il suo lavoro riformatore
stesse iniziando a dare i suoi frutti75, benché permangano ancora notevoli difficoltà nella ricezione
della grande opera di riorganizzazione, tanto che lo stesso Bonifacio afferma con amarezza,
utilizzando un bellissimo paragone evocativo: «Oh dolore, la mia faticosa opera sembra molto simile
70 «Cerca di riformare secondo la retta norma spirituale le usanze che sono contro la religione cristiana o contro i canoni
per mezzo della predicazione a te affidata in nostra vece, non solo nella Baviera ma anche in tutta la provincia delle
Gallie». Ibid. 71 Scrive papa Zaccaria: «I principi dei franchi hanno scelto una città che servisse da legame fra il territorio dei pagani e
le regioni delle genti germaniche […] perché tu possa avere lì per sempre una sede metropolitana, e di lì tu possa
indirizzare gli altri vescovi sulla retta via e i tuoi successori la posseggano per sempre», Lettera di papa Zaccaria a
Bonifacio del 31 ottobre 745, in E. MASCHERPA, op.cit., 296-304. 72 Lettera di papa Zaccaria a Bonifacio del 4 novembre 751, in E. MASCHERPA, op.cit., 416-417. 73 Lettera di papa Zaccaria a Bonifacio del maggio 748, in E. MASCHERPA, op.cit., 374-385. 74 Ibid. 75 A questo proposito, Zaccaria plaude la professione di fede cattolica inviatagli dai vescovi franchi in seguito alle riforme
di Bonifacio. Scrive il missionario al suo amico Cutbert, vescovo di Canterbury: «Abbiamo stabilito nel nostro concilio
sinodale e abbiamo dichiarato di voler conservare, fino alla fine della nostra vita, la fede, l’unità cattolica e l’obbedienza
alla Chiesa Romana» (Lettera di Bonifacio a Cutbert di Canterbury del 747, in E. MASCHERPA, op.cit., 358-372).
20
[…] a quella di un cane che latra mentre vede ladri e predoni scassinare e devastare la casa del suo
padrone: poiché non ha chi lo aiuti a difendersi, ringhiando geme e si lamenta»76.
Nonostante tutto, con enormi sforzi spirituali, culturali e materiali, l’opera di riforma nelle
Gallie promossa da Bonifacio darà presto i suoi frutti, rinnovando a poco a poco la Chiesa franca,
aiutandola ad uscire dallo stato di letargia spirituale e di mondanità in cui era precipitata nel secolo
precedente, e contribuendo specialmente a rinsaldare quei forti legami tra duchi franchi e Chiesa
romana che contribuiranno a dare il via allo splendore del cattolicesimo d’oltralpe, creando
quell’altissima e nobile cultura cristiana che caratterizzerà la Francia – “figlia prediletta della Chiesa”
– sino alla seconda età moderna.
76 Lettera di Bonifacio a Cutbert di Canterbury del 747, in E. MASCHERPA, op.cit., 358-372.
21
Conclusione.
Nel corso di questa breve dissertazione, ho cercato di dimostrare come la figura di san
Bonifacio sia stata importantissima, come uomo, letterato, missionario e vescovo, e abbia contribuito,
con la sua fondamentale opera, a fondare quel più vasto concetto, duraturo nei secoli, che va sotto il
nome di Europa cristiana. Ma, dal momento che la storia non può essere cristallizzata nel passato,
quasi come fosse in un antico e polveroso museo chiuso al pubblico, Bonifacio è in grado, se letto
attentamente, di parlare anche all’uomo del XXI secolo.
Innanzitutto, la sua vita ci parla di un mondo intellettuale e colto cha travalica i confini di
popoli e nazioni, portatore di una weltanschauung globale, cristiana e romana al tempo stesso, basata
su un’unica koinè culturale, erede del glorioso mondo classico. L’avventura missionaria di Bonifacio
ci dice come sia possibile una giusta alleanza tra potere secolare e potere spirituale, che oggi
potremmo tradurre con un tentativo di avvicinare Stati ed etica, per un giusto confronto tra modi
diversi di concepire le legislazioni e gli orientamenti politici, al fine di gestire le problematiche
nascenti dalla globalizzazione e dal conseguente incontro-scontro tra culture e fedi talora
profondamente diverse. Sul piano teologico, l’opera di Bonifacio ci dà una lezione importante: il
missionario non specula, non fa “aria fritta”, non discute di problematiche spirituali ai limiti
dell’esercizio sofistico, ma traduce la fede nel qui ed ora, agendo in modo pervicace e tenace, avendo
sempre come punto fermo la sua obbedienza e fedeltà alla Sede Romana. La fede in azione di
Bonifacio è una fede produttiva, portando in frutto non solo immediate conversioni, ma anche
importantissime fondazioni, da cui si diramano cultura e altre missioni: è grazie al santo missionario
– come ho ricordato nei capitoli precedenti – se molte regioni europee ancora oggi sono cristiane
dopo ben più di mille e trecento anni.
L’opera di Bonifacio può allora essere giustamente riassunta nell’efficacissimo “Verbum
autem Domini manet in aeternum”77, che troviamo inciso sul piedistallo del monumento al santo,
nella sua amatissima abbazia di Fulda, dove il corpo di Bonifacio ancora oggi riposa.
77 1Pt 1, 25.
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