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F. Manzari, Un trittico eburneo con l’Incoronazione della Vergine e i Santi Giovanni Battista ed...

Date post: 06-Mar-2023
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Francesca Manzari UN TRITTICO EBURNEO CON L’INCORONAZIONE DELLA VERGINE EI SANTI GIOVANNI BATTISTA ED EVANGELISTA Estratto dalla rivista Arte Medievale anno VII - (2008), 2 - pagine 115-120
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Francesca Manzari

UN TRITTICO EBURNEO CON L’INCORONAZIONE DELLA VERGINE

E I SANTI GIOVANNI BATTISTA ED EVANGELISTA

Estratto dalla rivista Arte Medievale anno VII - (2008), 2 - pagine 115-120

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Un trittico eburneo conservato in collezione privata1

costituisce un’interessante aggiunta al corpus di avoridel Trecento conosciuti e permette di indagare la diffu-

sione di tali opere in Europa. Il trittico è composto da tre valve [1]: quella centrale misu-

ra mm 86x49, mentre quelle laterali sono larghe la metà esono meno alte (mm 80x25, a sinistra, e mm 80x24, a destra);per questo motivo, quando sono chiuse, lasciano scoperto ilbordo inferiore di quella centrale. Le due valve laterali, inol-tre, sono piuttosto sottili (mm 6 di spessore), mentre lo scom-parto centrale è spesso più del doppio (mm 14), in particola-re in corrispondenza della sporgenza in rilievo al centro dellato posteriore.

Le terminazioni superiore e inferiore di tutti gli scompartisono rettilinee: le figure sono scolpite in bassorilievo entroarcate trilobate, a loro volta inserite in una cornice piatta, cheinquadra ogni scomparto. In alto, al di sotto di tale fascia, correuna fila di perline; questa è toccata dalle punte delle arcate cheinquadrano le due figure laterali ed è attraversata da quella checirconda la Vergine incoronata, naturalmente più ampia, vistoil maggior numero di figure inquadrate e le maggiori dimen-sioni della tavoletta. Negli spazi risultanti tra gli archi e le cor-nici rettilinee sovrastanti sono inserite sei piccole rose a cinquepetali, una in ognuno dei cantoni. Le arcate, costituite da dop-pie modanature archiacute e da una tracery che forma un’arti-colazione trilobata all’interno dell’arco, poggiano su mensolinedecorate con motivi fogliacei.

La parte inferiore dello scomparto centrale, costituita da unafascia rettilinea e piatta, di altezza maggiore rispetto alle altrecornici, presenta un foro stuccato, che corrisponde a un altrosul retro e a uno sulla parte inferiore; tali fori erano evidente-mente destinati a montare il piccolo trittico su un supportoverticale.

Lo scomparto centrale raffigura la Vergine seduta su unampio trono, con una rosa nella mano destra e il Bambinosostenuto dalla sinistra. Le due figure sono legate da un inten-so gioco di sguardi; il Bambino ha il volto rivolto verso l’alto ele gambe incrociate, benedice con la mano destra e tiene unpomo nella sinistra. Due angeli, di cui si intravedono i busti eun’ala ciascuno, sono rappresentati nell’atto di sostenere unmanto spiegato dietro le spalle della Vergine, mentre posanouna corona sul suo capo.

Nella valva di sinistra è raffigurato San Giovanni Battista,vestito di una tunica, alla quale si sovrappone la veste di pelo,e rivestito di un mantello aperto: il santo mostra un disco con-tenente l’Agnello. Nella valva di destra è rappresentato SanGiovanni Evangelista, in lunga veste, coperta da un mantochiuso al collo e drappeggiato sul davanti; nella mano destratiene il libro dei Vangeli e nella sinistra la palma del martirio.

Per assicurare la chiusura del trittico sul verso dei due spor-telli sono inseriti un gancio e un perno. Le cerniere sono costi-tuite da cardini di metallo, composti da cappi avvitati nell’avo-rio attraverso quattro mostrine attaccate ai battenti.

Le pareti di fondo delle tre valve, dietro le figurazioni, e icantoni superiori di quella centrale, mostrano evidenti traccedi policromia. Uno strato di pigmenti verde scuro induce apensare a un fondo originariamente dipinto di blu, con azzur-

rite, trasformatasi in malachite per effetto dell’ossidazione.Tracce di pigmenti sono, inoltre, visibili su alcuni particolaridei rilievi: tocchi di rosso sul fiore tenuto dalla Vergine e stria-ture di un materiale arancione sulle capigliature degli angeli esulla corona di Maria; si tratta verosimilmente di una prepara-zione destinata a permettere l’applicazione della foglia d’oro.2

Lo stato di conservazione del trittico è ottimo, solo i cardi-ni appaiono leggermente allentati.

La destinazione devozionale di questo tipo di oggetti, pro-dotti in gran numero nel corso del XIV secolo, in particolare aParigi, e acquistati da possessori laici come strumenti per lepratiche della devozione privata, in analogia con quanto avve-niva per i libri d’ore e le piccole tavole devozionali, fa sì cheessi fossero talvolta espressamente modellati sulle esigenze del-l’acquirente.3

In questo caso la presenza, accanto all’immagine largamen-te diffusa della Vergine incoronata dagli angeli, dei soli santiGiovanni, Battista ed Evangelista rende sufficientemente certauna destinazione originaria dell’opera a un possessore di nomeGiovanni; non è, tuttavia, necessario ipotizzare un’esecuzioneper una committenza specifica, poiché l’opera può essere statarealizzata nell’ambito una raffinata e differenziata produzioneper la vendita.

Se i confronti che si possono proporre rendono piuttostoconvincente una datazione alla prima metà del XIV secolo, e inparticolare al terzo-quarto decennio, più complesso apparedirimere la questione della sua localizzazione.

Per questa categoria di preziose suppellettili devozionali, ilcui studio è stato avviato fin dalla fine dell’Ottocento e dall’i-nizio del Novecento,4 il repertorio fondamentale rimane quellodi Raymond Koechlin;5 lo studioso, tuttavia, tendeva a riporta-re tutti gli esemplari catalogati alla produzione parigina. AParigi, infatti, la manifattura di oggetti in avorio aveva assun-to, già alla metà del Duecento, i caratteri di una proto-indu-stria, attraverso una produzione di serie i cui processi eranocontrollati dalle autorità cittadine, con il risultato di una fortestandardizzazione delle tipologie iconografiche e delle soluzio-ni stilistiche, riprodotte in centinaia di esemplari, anche trami-te l’uso di modelli in terracotta.6

Un primo tentativo di identificare botteghe collocate inaree diverse si deve, invece, a Charles Rufus Morey, che, nelcatalogo della collezione degli avori del Museo Sacro delVaticano del 1936, schedava numerose opere attribuendoleall’Italia settentrionale e ne individuava altre assegnabili allaGermania meridionale.7 La ricerca di Morey muoveva dall’as-sunto che non si potessero classificare come parigine tutte leimitazioni efficaci di modelli francesi, in particolare per leopere del XIV secolo: in un successivo saggio lo studioso rac-coglieva due gruppi di opere localizzabili in Italia settentrio-nale.8 I due gruppi individuati da Morey, tuttavia, sono pococoerenti e la loro localizzazione in Italia settentrionale apparefondata su motivazioni generalmente poco convincenti.9

Pietro Toesca riteneva che gli avori del primo gruppo nonmostrassero un senso del volume sufficiente per essere italia-ni,10 mentre secondo Louis Grodecki il capostipite dello stes-so gruppo non sarebbe un’opera italiana, bensì parigina, risa-lente all’ultimo quarto del XIII secolo.11

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ARTE MEDIEVALE VII (2008), 2

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Rispetto ai numerosi studi dedicati agli avori parigini, inparticolare da Danielle Gaborit-Chopin,12 le altre aree di pro-duzione in epoca gotica sono tuttora meno indagate, proprioper la oggettiva difficoltà nel distinguere le opere eseguite inInghilterra, Italia e, in Germania, nell’area renana da quelleeffettivamente parigine.13

La produzione di avori italiani del XIV secolo è stata presain esame da Paul Williamson, che ha ristretto il novero deipezzi localizzabili con certezza a soli tre gruppi: le scultureeburnee di Giovanni Pisano, un gruppo di avori venezianiinfluenzati dal Guariento e le opere tardo-trecentesche dellabottega degli Embriachi.14 La produzione di questi ultimi, lega-ta, tuttavia, alla lavorazione dell’osso piuttosto che a quella del-l’avorio, è stata recentemente studiata anche da MicheleTomasi.15

Degli avori di area tedesca si è occupato Charles Little, cheha sottolineato come l’idea che tutti gli avori gotici siano daricondurre a Parigi sia un mito storiografico: nonostante le dif-ficoltà nella localizzazione, dovuta alla velocità con la qualeviaggiavano i modelli iconografici, compositivi e stilistici, è asuo avviso possibile ricondurre un certo numero di esemplaria Colonia e all’area renana.16 Tali opere, nonostante l’incertez-za della loro collocazione geografica, testimoniano la diffusio-

ne durante la prima metà del XIV secolo di artefici di raffinatacompetenza, operanti anche al di fuori del più noto mercatoparigino di suppellettili devozionali e liturgiche.

Il trittico è un’opera caratterizzata da uno stile francesiz-zante, eseguita riprendendo modelli parigini quali, ad esem-pio, il dittico con l’Incoronazione della Vergine e laCrocifissione di New York (Metropolitan Museum, CloistersCollection) [2].17 Da prototipi come questo sono tratti l’ico-nografia e i modelli figurativi e ornamentali, quali le rosetteche ornano i cantoni, le tipologie facciali della Vergine inco-ronata da angeli che sbucano dal fondo, l’inquadramento dellefigure entro archi trilobati sottolineati da modanature; i carat-teri esecutivi, tuttavia, allontanano il piccolo trittico daimodelli parigini.18 Il confronto con gli avori parigini rende evi-dente che il trittico se ne discosta dal punto di vista stilisticoe deve, quindi, essere esaminato alla luce degli studi effettua-ti sugli avori realizzati in altre aree.

Tra le opere ricondotte da Morey ad ambito italiano, unpolittico con la Vergine incoronata e Storie della sua vita(Bologna, Museo Civico Medievale, inv. 747)19 appare assaiprossimo al prototipo utilizzato dall’autore del trittico: laMadonna, raffigurata in piedi [3], tiene una rosa ed è abbiglia-ta con un corto velo; anche nel volto, dal lungo naso appunti-

1. Collezione privata, Trittico con la Vergine incoronata e i santi Giovanni Battista e Evangelista (foto Addamiano).

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to e dal piccolo mento sfuggente, essa appare vicina a quelladel trittico.

Le pieghe del panneggio della Madonna di Bologna, tutta-via, profonde e incassate, sono segnate da una plasticità e dauna fermezza del tutto diverse dai panneggi realizzati nel trit-tico e questo aspetto contribuisce ad allontanare le due opere;gli elementi comuni potrebbero, dunque, essere solo dovutiall’uso dei medesimi modelli.

Il polittico bolognese è stato, tra l’altro, recentemente riferi-to proprio a una bottega parigina del primo quarto del XIVsecolo.20 Indipendentemente dalla problematica localizzazionedell’opera, si deve rilevare che i confronti che si possono effet-tuare tra i due avori sembrano in effetti derivare dall’uso dimodelli comuni, certamente parigini, da parte di artefici attiviin aree differenti da quella francese.

Il trittico si allontana dagli esemplari francesi per il rilievopiù schiacciato dei panneggi e per l’esecuzione dei dettagli, adesempio le mensoline che reggono gli archetti trilobati, solovelocemente sbozzate; anche la posizione della mano destra diGiovanni Evangelista o quella del braccio sinistro dell’angelo adestra della Vergine – che si basa su un modello con le bracciadegli angeli disposte a chiasmo – inducono a pensare che essonon sia stato realizzato a Parigi.

Nonostante sia stato rilevato che le botteghe parigine, neidecenni centrali del XIV secolo, elaborano una fattura più velo-ce e un rilievo sempre più piatto e schematico,21 un dittico conla Vergine incoronata e con la Crocifissione (Bologna, MuseoCivico Medievale, inv. 748),22 datato al 1330-1340, dimostracome il tipo di panneggio sviluppato a Parigi tenda verso unasempre maggiore nitidezza e plasticità, con pieghe taglienti emetalliche, in direzione del tutto opposta a quella del tritticoqui analizzato.

Anche il rilevante spessore dello scomparto centrale e lediverse dimensioni longitudinali delle tre valve sono elementiche allontanano l’avorio dalla produzione parigina, come sipuò rilevare nel dittico di New York [2], nella sottigliezza degliintagli, nella maggiore tridimensionalità nel modellato dellefigure. Anche il trittico di Saint-Sulpice du Tarn (Paris Muséede Cluny, n. 13101)23 presenta analoghe rosette, nella cornicerettilinea che divide i due registri dell’opera, e una Vergine dalvolto incorniciato da un corto velo, che potrebbe costituire unprototipo per quella del trittico in esame; le figure, tuttavia,emergono solidamente dal fondo, pur in uno spessore com-plessivo molto sottile e sono avvolte in vesti drappeggiate dapanneggi condotti con grande pulizia e precisione di linee, bendiverse dalle morbide e schiacciate pieghe della trittico. Allaproduzione parigina del primo quarto del secolo appartienesenz’altro anche il dittico recentemente esposto nella mostraantiquaria di Maastricht,24 correttamente assegnato a Parigi,come mostrano le teste rotonde e ben delineate degli angeli, daivolti scolpiti con minuzia e sottile precisione nei dettagli, bendiversa dal trattamento più morbido dei volti degli angeli cheincoronano la Vergine nel trittico.

Più che a una produzione francese o dell’Italia settentriona-le, appare interessante prendere in considerazione la possibili-tà che l’opera sia da riferire ad area germanica.

A indicare l’area renana, infatti, è, in particolare, l’esecuzio-ne dei panneggi, che cadono in morbide e cadenzate pieghegeometriche, più schiacciate e meno volumetriche di quelledelle opere parigine, ma eseguite con una tecnica raffinata, checonferisce loro una superficie liscia e lucente, quasi mimetica.Gli avori collocati in area renana da Little e Gaborit-Chopinsono affini al trittico per il trattamento piatto e ondulato deipanneggi e per gli occhi a mandorla delle figure, come ad esem-pio nel dittico con la Crocifissione e San Martino (Parigi,Louvre); nei pochi esempi finora ricondotti con certezza a tale

area, tuttavia, la resa delle pieghe appare più mossa e articola-ta, come in quello con la Crocifissione e l’Adorazione dei Magi(Parigi, Louvre).25

L’assegnazione di tali avori alla produzione della Germaniameridionale è, d’altra parte, anch’essa spesso controversa,come nel caso del dittico con l’Adorazione dei Magi del MuseoSacro Vaticano [4], riferito da Morey alla Germania meridiona-le e da Marciano alla Francia orientale, sulla base del confron-to con un dittico con la Vergine incoronata e la Crocifissione(Bologna, Museo Civico Medievale, inv. 749).26 Quest’ultima

2. New York, Metropolitan Museum, Cloisters Collection, Dittico conl’Incoronazione della Vergine e il Giudizio Universale (da Prayers andPortraits, fig. 20).

3. Bologna, Museo Civico Medievale, Polittico con la Vergine incorona-ta, inv. 747 (da Giotto e le arti a Bologna).

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opera, datata agli anni venti, presenta, infatti, un tipo di pan-neggio più schiacciato e meno plastico, affine a quello di unaltro dittico con la Vergine e la Crocifissione (Chalons-sur-Marne, Musée Municipal), assegnato alla Francia orientale gra-zie a confronti con la plastica monumentale lorenese.27 Tuttequeste opere mostrano interessanti punti di contatto con l’avo-rio in esame, ma in nessuna di esse si può rintracciare un rife-rimento puntuale per la bottega che ha eseguito il trittico.

Il trattamento dei panneggi nell’avorio qui esaminato èestremamente morbido e reso con un rilievo poco sporgente,lucidato fino a ottenere una lucentezza che lo rende quasi eva-nescente e piuttosto simile all’effetto materico della scultura inalabastro. La ricerca di confronti per contestualizzare quest’o-pera va, dunque, estesa anche a opere scultoree realizzate conaltri materiali.

L’andamento morbido e piatto dei panneggi del trittico può,infatti, indurre a pensare alla scultura monumentale di arearenana:28 si possono, in particolare, trovare confronti nella pro-duzione lignea coloniese, e in particolare nelle opere degli anniventi-trenta, il momento di apice toccato da tale produzione,che si specializza nei busti reliquiario e nelle Madonne sedu-te.29 Un modo analogo di far cadere le pieghe dal braccio stesosi ritrova, ad esempio, nella statua con San Dionisio (Colonia,Schnütgen-Museum, A 894), del 1320 circa,30 già simile alsistema di pieghe del manto della Madonna del trittico. I pan-neggi trasversali sono, inoltre, prossimi al piccolo tritticoanche nelle Madonne lignee dello Schnütgen-Museum;31 tutta-via, in genere queste sculture hanno volti più rigidi, come sivede dai numerosi busti reliquiario eseguiti nel XIV secolo.Figure più allungate e dall’inflessione decisamente francesecompongono, invece, il gruppo con tre sante dello stessomuseo, in cui i panneggi sono di nuovo molto simili a quellieseguiti nell’avorio.32

In una Madonna con il Bambino (Colonia, Schnütgen-

Museum, A 51), datata al 1340-1350, troviamo un sistema dipanneggi [6], che costituiscono un riferimento puntuale perquelli del trittico: sia le morbide e schiacciate pieghe delmanto della Vergine stante, sia il manto dell’Evangelista, sia laricaduta del panneggio sul dorso della Vergine appaiono affiniai moduli utilizzati per il manto di Giovanni Battista e per ilricadere del manto dal braccio destro della Vergine; assai simi-le è anche lo scarto delle gambe del Gesù Bambino, in entram-be le opere ispirato agli stessi modelli francesi.33 Sebbene ilvolto della Vergine del trittico sia in effetti modellato seguen-do più da vicino i prototipi francesi, una certa dolcezza e pie-nezza del volto, rendono verosimile in quest’opera un’inter-pretazione coloniese di un modello parigino, seguito con unacerta aderenza.

La scultura monumentale dell’area renana è, dunque, l’ambi-to nel quale, in assenza di più ampi materiali identificati nel set-tore della scultura eburnea, si possono trovare i più puntualiconfronti. Un andamento dei panneggi simile si può cogliereanche nell’altare conservato nel Duomo di Colonia, datato al1322.34 Il fronte dell’altare presenta una teoria di statue di apo-stoli inseriti entro archi trilobati e, al centro, una nicchia piùampia, con il gruppo di Cristo che incorona la Vergine. Nellafinissima resa delle vesti, disegnate tutte in superficie e svolte inmorbidi panneggi, che ricadono in pieghe e volute schiacciate,sotto le quali i corpi sembrano sparire, è raggiunto un effettosimile a quello visibile nel trittico, con ricadute e motivi didrappeggio estremamente vicini, in particolare nella Madonnaannunciata [5], ma anche nelle singole figure degli apostoli,inclinati e atteggiati in modo analogo [7].35 Nell’altare, tuttavia,un’opera monumentale destinata al duomo, il risultato raggiun-to dagli artefici è di maggiore complessità, in particolare neipanneggi della Vergine dell’Adorazione dei Magi.36

L’esecuzione da parte di una bottega di ivoiriers coloniesipotrebbe, dunque, spiegare sia il particolare trattamento dei

4. Città del Vaticano, Museo Sacro, Dittico con l’Adorazionedei Magi e la Crocifissione, particolare (da MOREY, Gli ogget-ti in avorio, tav. XXVI).

5. Colonia, Duomo, Altare, Madonna annunciata (da Rhein und Maas).

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panneggi, sia il modo differente di lavorare la materia, resatraslucida ed evanescente quasi come alabastro, sia le differen-ze rilevate nei dettagli organizzativi dell’opera rispetto ai pro-totipi parigini, quali le diverse dimensioni degli sportelli late-rali, l’angolo estremamente acuto formato in essi dalle nicchietrilobate e l’accentuato spessore dello scomparto centrale.

Le fluttuazioni nelle assegnazioni alle differenti aree geogra-fiche anche delle opere più note della produzione eburnea tre-centesca rendono, comunque, difficile una localizzazione certadelle opere di questo tipo. Nonostante, anche in anni recenti,si sia spesso tentato di affermare un sostanziale monopoliodella produzione artistica parigina in questo settore, per tuttol’arco cronologico che va dalla seconda metà del Duecento alla

seconda metà del Trecento, non è possibile, anche ipotizzandoche di monopolio si trattasse, cancellare l’esistenza di altre areeproduttive, seppure difficili da ricostruire proprio a causa ditale massiccia prevalenza, che portò effettivamente a un signi-ficativo adeguamento stilistico e a una produzione di sorpren-dente uniformità iconografica.

Il trittico esaminato, con i suoi caratteri stilistici peculiari,costituisce dunque un inedito e importante tassello per rico-struire il panorama della produzione di piccoli oggetti devo-zionali in avorio in altre aree europee rispetto a quella fran-cese, che segna l’avvio di tale manifattura nel XIII e ne detie-ne il primato, ma certamente non l’esclusiva, lungo il corsodel XIV secolo.

7. Colonia, Duomo, Altare, Apostolo (da Rhein und Maas). 6. Colonia, Schnütgen-Museum, A 51, Madonna con il Bambino (da Schnütgen-Museum).

NOTE

1 Colonia (?), prima metà del XIV secolo (1320-1340 ca). Avorio, contracce di policromia; mm 86x98 (con gli sportelli laterali aperti). Sonograta ai professori Fernanda de’ Maffei e Antonio Cadei che mi hannoproposto di studiare l’opera. Ad Antonio Cadei, che desidero ricorda-re con affetto e riconoscenza, devo, inoltre, fondamentali consigli perl’avvio della ricerca. Ringrazio infine Michele Tomasi e PatriciaStirnemann per numerosi riferimenti bibliografici.

2 Per la colorazione policroma degli avori medievali: D. GABORIT-CHOPIN, The polychrome decoration of Gothic Ivories, in Images in ivory:precious objects of the Gothic age (cat. della mostra, Detroit, Institute ofArts, March-May 1997; Baltimore, Walters Art Gallery, June-August1997), a cura di Peter Barnet, Princeton 1997, pp. 47-61.3 The Art of Devotion in the Late Middle Ages in Europe. 1300-1500 (cat.della mostra, Amsterdam, Rijksmuseum, 26 novembre 1994-26 feb-braio 1995), London 1994.4 Ad esempio con gli studi di Hans Semper e Wolfgang Fritz Volbach:

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H. SEMPER, Elfenbeinerne Klappaltaerchen, «Zeitschrift der ChristlichenKunst», XI (1898), pp. 123-130; W.F. VOLBACH, Die Elfenbeinbildwerke,Berlin-Leipzig 1923.5 R. KOECHLIN, Les ivoires gothiques français, 3 voll., Paris 1924.6 Ibid., I, pp. 11; 531.7 C.R. MOREY, Gli oggetti in avorio e di osso del Museo sacro Vaticano,Roma 1936.8 ID., Italian Gothic ivories, in Medieval Studies in Memory of ArthurKingsley Porter, a cura di W.R.W. Koehler, Cambridge (Mass.) 1939,pp. 181-203: 181.9 Come è spesso stato sottolineato successivamente, ad esempio, daPaul Williamson: P. WILLIAMSON, Avori italiani e avori francesi, in IlGotico europeo in Italia, a cura di V. Pace e M. Bagnoli, Milano 1994,pp. 293-298: 296.10 P. TOESCA, Storia dell’arte italiana. II. Il Trecento, Torino 1951, p. 914,nota 167.11 L. GRODECKI, Ivoires Français, Paris 1947, pp. 90-91.12 D. GABORIT-CHOPIN, Les ivoires du Moyen Age, Fribourg 1978; EAD.,Les ivoires, in Les fastes du gothique: le siècle de Charles V, (cat. dellamostra, Parigi, 9 ottobre 1981-1 febbraio 1982), Paris 1981, pp. 167-203; EAD., Arts précieux. Les ivoires, in L’art au temps des rois maudits:Philippe le Bel et ses fils. 1285-1328 (cat. della mostra, Paris, 17 marzo-29 giugno 1998), Paris 1998, pp. 138-140.13 Nel suo volume più recente, tuttavia, la studiosa dedica un certo spa-zio anche alle altre aree europee: GABORIT-CHOPIN, Ivoires médiévaux.Ve-XVe siècle, Paris 2003.14 WILLIAMSON, Avori italiani, pp. 293-298.15 M. TOMASI, Baldassarre Ubriachi, le maître, le public, «Revue de l’art»,CXXXIV (2001), pp. 47-62. Dello studioso si veda anche la voce Avori, inArti e storia nel Medioevo, a cura di E. Castelnuovo e G. Sergi, II. Delcostruire: tecniche, artisti, artigiani, committenti, Torino 2003, pp. 453-467.16 C.T. LITTLE, Gothic Ivory Carving in Germany, in Images in ivory: pre-cious objects of the Gothic age (cat. della mostra, Detroit, Institute ofArts, March-May 1997; Baltimore, Walters Art Gallery, June-August

1997), a cura di Peter Barnet, Princeton 1997, pp. 81-93.17 Prayers and Portraits. Unfolding the Netherlandish Diptych (cat. dellamostra, Washington, Antwerp, Cambridge, 2006-2007), a cura di J.Oliver Hand, C.A. Metzger, R. Spronk, Yale 2006, fig. 20.18 Per numerosi esempi parigini si vedano le opere riprodotte nellesezioni dedicate agli avori delle mostre Les Fastes du Gothique, pp. 167-203, e L’art au temps des rois maudits, pp. 138-140, entrambe a cura diD. Gaborit-Chopin.19 MOREY Italian Gothic ivories, passim; Gli avori e le steatiti medievalidel Museo Civico di Bologna, Casalecchio 1992, p. 187.20 A. MARCIANO, Schede 18-20, in Giotto e le arti a Bologna al tempo diBertrando del Poggetto, a cura di M. Medica, Cinisello Balsamo 2005,pp. 158-165: 158. 21 MARCIANO, Schede, p 162.22 Ibid., pp. 164-165.23 Les Rois Maudits, pp. 146-147, n. 85.24 Maastricht, Tefaf, catalogo on-line.25 Per queste due opere: LITTLE, Gothic Ivory Carving, pp. 83-85, 199;GABORIT-CHOPIN, Les Ivoires gothiques, pp. 434-437. 26 MARCIANO, Schede, pp. 162-163.27 Ibid.28 Devo questo suggerimento ad Antonio Cadei.29 Schnütgen-Museum. Die Holzskulpturen des Mittelalters (1000-1400),a cura di U. Bergmann, Köln 1989, pp. 27ss.30 Ibid., p. 249.31 Ibid., p. 269, n. 65.32 Schnütgen-Museum 1989, pp. 27, 31-33, 35-41.33 Ibid., p. 299, n. 80.34 Rhein und Maas: Kunst und Kultur. 800-1400, catalogo della mostra(Köln, Schnütgen-Museum, 14 maggio-23 luglio 1972), a cura di A.Legner, Köln 1972, pp. 371-375. Devo ad Antonio Cadei anche questosuggerimento.35 Ibid., p. 374.36 Ibid., p. 373.

AN IVORY TRIPTYCH REPRESENTING THE CORONATIONOF THE VIRGIN AND THE SAINTS JOHN THE BAPTIST

AND THE EVANGELIST

Francesca Manzari

An unpublished ivory triptych in a private collection is herepresented as a new addition to the corpus of known 14th centu-ry ivories, opening interesting possibilities of investigation onthe spreading of the production of this type of object through-out Europe.

The central panel represents the seated Virgin, holding aflower in one hand and the Child with the other; two angelsappear above her, holding a drape behind her back and layinga crown on her head. Saint John the Baptist is represented onthe left, holding a disc with the Holy lamb, and Saint John theEvangelist is on the right, holding up the Gospels and the palmof martyrdom.

The triptych, datable to the first half of the 14th century, ishere discussed in relation to its area of production. Althoughmost gothic ivories from the 13th and 14th centuries have beenassociated with the Paris market of luxury devotional and

litugical objects, researches on the provincial areas of produc-tion have recently increased.

The localization of the objects hypothetically assigned toNorthern Italy or to Southern Germany is generally much dis-puted, nonetheless it is possible to point out various elementsthat show that, as in these cases, the Parisian productionshould be the source of the main typological, iconographic andstylistic components of this object, but only in the function ofmodels, actually copied elsewhere.

In consideration of the general prevalence of these features,that link all the ivories produced in the different areas usingFrench models, it appears more effective to consider the pro-duction of monumental sculpture. In order to find adequatecomparisons to explain the subtle softness of the object underexam, very different from the solid and clear-cut volumes ofthe Parisian products, the closest comparisons can be found inthe Rhenish area, in Germany. The triptych’s translucent treat-ment of the surfaces makes it almost look like alabaster and, inparticular, the stone and wooden sculpture of Cologne fromthe second quarter of the 14th century is the milieu in whichthe closest comparisons can be found, accounting for the flatand soft draperies and folds, characteristic of the artists respon-sible for the ivory carving.


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