Date post: | 04-Mar-2023 |
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Il cinema di animazione non ha mai ricevuto lo stesso rispetto
riservato ad altri generi e per questo non è mai stato attenta-
mente studiato. In un’arte già sottovalutata, il regista ceco Jan
Švankmajer, specializzato in stop motion, animazione e pixilla-
tion, è ancor meno conosciuto e discusso.1 La natura dei suoi !lm
sempre inquietanti e spesso sgradevoli, porta di frequente i criti-
ci a discuterli esaminandone gli elementi super!ciali ed usando
questi come esempio della stravaganza di Švankmajer. Ancora
più frequentemente sia i critici che gli spettatori scelgono di non
discutere a<atto questi !lm, come se le immagini e le idee che
evocano fossero troppo sgradevoli e crudeli.
L’animazione di Švankmajer è diversa da qualsiasi altro tipo di
animazione ed è soprattutto diversa dall’animazione americana
tradizionale.2 La sua opera mostra varie in+uenze quali quelle del
dadaismo, del surrealismo e del tradizionale teatro ceco delle
marionette ma anche di Lewis Carrol, Edgar Allan Poe, Ějzenštejn,
Buñuel e Fellini. È soprattutto conosciuto per la tecnica della pixil-
lation sugli oggetti più disparati quali carcasse di animali, vetri rot-
ti, carne cruda; come ha osservato Terrence Ra<erty “Švankmajer
va direttamente alla radice del signi!cato dell’animazione: infon-
dere la vita alle cose inanimate”.3 Nella maggior parte dei suoi !lm
evita il dialogo e spesso usa immagini di racconti infantili in visio-
ni violente, mortali e spaventose di un mondo che riconosciamo
come parte del nostro quotidiano. Ra<erty dice:
Le cose che non si comportano normalmente sono più terri!-canti delle parole (che non lo fanno) e quelle cose sono gli oggetti del nostro vivere quotidiano, le cose che manipoliamo felicemente tutti i giorni, i giochi preferiti di cui ci circondiamo per comodità. L’e<etto è agghiacciante e claustrofobico.4
Allo stesso modo Caryn James fa notare che “i giochi e i giocattoli
dell’infanzia sono i veicoli preferiti da Švankmajer per una scher-
* Il presente saggio è apparso su Kinema: a journal for 7lm and audiovisual media, autunno 2006. Un ringraziamento speciale al direttore edi-toriale Jan UHDE. http://www.kinema.uwaterloo.ca/article.php?id=400&feature.
Traduzione a cura di Gemma Lanzo.
1 A tale proposito Jan Uhde osserva: “Questo po-trebbe sembrare sorprendente dato che Švank-majer ha prodotto ventisei cortometraggi e due lungometraggi negli ultimi trent’anni ed è stato premiato in numerosi Festival internazionali, no-nostante i plausi i suoi traguardi sono rimasti par-zialmente in ombra”. Jan Uhde, “The Arcimboldo of Animation” Kinema: A Journal for Film and Au-diovisual Media, n. 4, autunno 1995, p. 89. Peter Hames spiega: “Jan Švankmajer ha solo recente-mente catturato una considerevole attenzione da parte della critica e questo è parzialmente do-vuto alla mancanza di visibilità nella quale gli au-tori di cortometraggi/animazione lavorano so-litamente… e anche se (i suoi) !lm vincono dei premi, potrebbero ancora rimanere nel mondo ‘invisibile’ dei cortometraggi”. Peter Hames, “Cze-choslovakia: After the Spring” in Daniel J. Goul-ding (a cura di), Post New Wave Cinema in the So-viet Union and Eastern Europe, Indiana University Press, Bloomington, 1994, p. 131. La prima e !no ad ora l’unica monogra!a dedicata a Švankmajer in lingua inglese: è Peter Hames (a cura di), Dark Alchemy: The Films of Jan Švankmajer, Greenwood Press, Westport, 1995.
2 Ad eccezione dell’animazione dei fratelli Quay chiaramente in+uenzata da Švankmajer.
3 Terrence Ra<erty, “All Sizes” The New Yorker, 8 agosto 1988, p. 77.
4 Op. cit., pp. 77-78.
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Timothy R. WHITE, J. Emmett WINN
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zosa meditazione sulla morte”.5 Questi non sono né le felici imma-
gini di Gumpy e Pokey né i Muppet antropomor!zzati, ma sono
ovviamente degli oggetti inanimati, forzati a muoversi attraver-
so la fenomenologia dello sfarfallio della luce e dell’ombra sullo
schermo. Ra<erty spiega:
Quando le !gure della nostra immaginazione prendono vita propria, siamo in qualche modo limitati, come dei sognatori impo-tenti che non si possono svegliare o dei pazzi messi all’angolo che si divincolano dai fantasmi.6
Attraverso queste immagini i !lm di Švankmajer creano un’atmo-
sfera rituale, come quella pesante e malinconica di un funerale.
La sua opera è a<ascinante e deve essere studiata per numerose
ragioni ma ciò in cui siamo maggiormente interessati è l’abilità di
Švankmajer di appropriarsi di una varietà di motivi narrativi occi-
dentali e renderli unicamente ‘švankmajeriani’ e distintivamente
cechi. Švankmajer ha spesso usato queste opere letterarie (adat-
tate dai lavori di autori quali Poe, Lewis Carroll e Goethe) come
commenti sulla politica della Cecoslovacchia comunista antece-
dente al 1989, ma è interessante il modo in cui Švankmajer rende
queste opere, così importanti, ‘stilisticamente’ ceche.7
In particolare, siamo interessati a Kyvadlo, jáma a naděje (1983, Il
pozzo, il pendolo e la speranza) adattamento di “Il pozzo e il pen-
dolo” di Poe e a Zánik domu Usherů (1980, La caduta della casa
Usher). In questi due cortometraggi Švankmajer trasforma le
parole dell’autore americano del XIX secolo Edgar Allan Poe in
oscure immagini della Cecoslovacchia comunista del XX secolo,
adattando storie americane a racconti che evocano la storia della
Cecoslovacchia e che sono ricche della tradizionale cultura ceca,
della sua arte, dei suoi !lm e specialmente del teatro delle mario-
nette. Come vedremo Švankmajer conserva l’immaginario horror
di Poe ma lo inserisce in un contesto diverso e con il proprio sti-
Timothy R. WHITE ha insegnato presso la Au-burn University e la National University of Singa-pore, al momento insegna alla Missouri State Uni-versity. Ha tenuto conferenze in Europa, Asia ed Australia, è inoltre consulente cinematogra!co del “National Arts Council and Board of Film Cen-sors” di Singapore e dell’ “Association of Southeast Asian Nations”. Ha pubblicato articoli e recensioni su svariate pubblicazioni accademiche ed ha re-centemente pubblicato un libro sull’analisi cine-matogra!ca. Fa parte di svariate associazioni quali “Society for Cinema and Media Studies”, “Associa-tion for Animation Studies”, “University Film and Video Association”, “Association for Asian Studies”. Tra i suoi campi di ricerca anche il cinema dei pa-esi islamici.
J. Emmett WINN è professore presso il Dipar-timento di Comunicazione e Giornalismo alla Auburn University (Alabama). È autore di “The American Dream and Contemporary Hollywood Cinema” e co-curatore di “Transmitting the Past: Historical and Cultural Perspectives on Broadca-sting”. I suoi articoli sono apparsi su Kinema, Criti-cal Studies of Media Communication, The Journal of Broadcasting and Electronic Media, Film and History, ed altre riviste accademiche.
5 Caryn James, “Aggressive Objects Take It Out on Helpless People” The New York Times, 3 maggio 1989.
6 F. Ra<erty, ivi, p. 77.7 I !lm discussi in questo articolo furono prodotti
prima della caduta dell’Unione Sovietica e prima che nel 1993 la Cecoslovacchia si dividesse in Repubblica Ceca e Repubblica Slovacca.
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le e le proprie tecniche crea nuovi signi!cati. A proposito della
sua ‘interpretazione’ di “Alice nel paese delle meraviglie” di Lewis
Carroll, Švankmajer dichiara: “La mia Alice non si può considerare
un adattamento di Carroll ma è una interpretazione fermentata
durante la mia infanzia, con tutte le sue ossessioni ed inquietudi-
ni”.8 Similmente, il !lm di Švankmajer basato sul racconto breve di
Poe si potrebbe considerare una sua interpretazione più che un
adattamento.
Può sembrare strano che un animatore di marionette, ed ancor
più un animatore di marionette ceco, pensi di adattare un’opera
come quella di Poe. Ma a parte la di=coltà nel trasporre un lavoro
così personale i due artisti hanno almeno una cosa in comune,
entrambi conoscono eccezionalmente bene l’horror. Come il cri-
tico cinematogra!co Antony Lane ha rilevato:
Ci sono sempre dei momenti, nei !lm di Švankmajer, nei quali il desiderio di distogliere lo sguardo è sopra<atto dal bisogno orrori!-co di vedere quello che accade successivamente.9
Persino il più innocente dei lavori di Švankmajer può provocare
un certo disagio ma quando le sue visioni sono unite alla prosa di
Poe possono diventare sconvolgenti.
Švankmajer usa diverse strategie nell’adattare questi due lavori
per diversi motivi. Dei due l’adattamento de “Il pozzo e il pendo-
lo” è il più fedele all’originale. Anche se Švankmajer, a cominciare
dal titolo che ha cambiato in Il pozzo, il pendolo e la speranza, si
prende diverse libertà. Il titolo stesso è un commento ironico
sulla vita in Cecoslovacchia. Il !lm è in realtà una ‘combinazione’
tra il romanzo breve di Poe e “La torture par l’espérance”, raccon-
to breve dello scrittore simbolista Villiers de l’Isle-Adam10 che
in+uenzerà il !nale del !lm.
La prima evidente di<erenza è l’omissione della prima parte del-
la storia. La versione di Švankmajer comincia con il protagoni-
8 Jan Švankmajer citato in “Švankmajer on Alice” (intervista) http://www.illumin.co.uk/svank/biog /inter/svank.html Questa intervista è apparsa ori-ginariamente su Afterimage, n. 13, autunno 1987.
9 Anthony Lane, “Kafka’s Heir” The New Yorker, 31 ottobre 1994, p. 50.
10 “La torture par l’espérance” è apparsa origina-riamente su Nouveaux Contes Cruels, una raccolta di racconti brevi di Villiers de l’Isle-Adam, pubblicata nel 1888. Si può trovare su Internet http://gaslight. mtroyal.ab.ca/gaslight/tortshil.htm “Villiers de l’Isle- Adam: A Chacun son In!ni” un articolo di Arthur Symons su Villiers de l’Isle-Adam, apparso origina-riamente nel suo libro del 1908 The Symbolist Mo-vement in Literature, si può trovare su http://ga-slight.mtroyal.ca/isleadam.htm
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sta legato che viene condotto via da alcuni preti. Il !lm esclude
l’esplorazione della prigione e va direttamente sul protagonista
legato ad un tavolo con un pendolo sovrastante che oscilla dol-
cemente. Al contrario dell’originale, nel quale il protagonista non
ha controllo sul pendolo e spera, infatti, di poterne accelerare
l’abbassamento, l’eroe di Švankmajer impara subito con sommo
raccapriccio che con la sua mano può far scivolare la lama più
velocemente. Attraverso un elaborato sistema di carrucole e di
lame può far sì che la sabbia si versi più velocemente da un’ampia
busta. Questa busta di sabbia che sta lentamente perdendo il suo
contenuto è collegata al pendolo e come la sabbia scivola via la
lama si abbassa. Nonostante sia data al protagonista la possibilità
di controllare la situazione, sfortunatamente per lui può solo farla
peggiorare.
Non è di=cile vedere come questa situazione sia legata al vive-
re in un regime oppressivo come quello cecoslovacco dell’epo-
ca. Sicuramente i cittadini non erano impotenti ma le azioni che
potevano intraprendere tendevano a peggiorare la situazione, e
poco poteva essere fatto per migliorare le cose (come ad esem-
pio durante la primavera di Praga nel 1968 e la successiva inva-
sione della Cecoslovacchia da parte dell’Unione Sovietica e degli
alleati del Patto di Varsavia). Questo tema è presente anche in altri
!lm di Švankmajer. Dopo essersi liberato mettendo del cibo (che
assomiglia più a materia fecale che a qualcosa di commestibile)
sulle corde che lo legano al tavolo in modo che i topi le rosic-
chino, il protagonista non si trova di fronte a delle mura che si
chiudono davanti a lui, come nel racconto breve di Poe, ma ad
un complesso macchinario infernale di marionette sputafuoco.
Questo implacabile macchinario si muove verso il protagonista
su di un binario, forzandolo a tornare indietro verso la fossa, quan-
do egli prova a toccarlo emergono delle lame che gli tagliano le
mani. Il protagonista è capace nuovamente di cambiare il proprio
Come vedremo Švankmajer conserva l’immaginario horror di Poe ma lo
inserisce in un contesto diverso e con il proprio stile e le proprie tecniche crea
nuovi signi7cati !
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destino con l’azione, prende il piatto con il cibo, lo incastra tra il
binario e il macchinario fermandolo prima che questo lo spinga
oltre il bordo.
Abbiamo ora una nuova diramazione dalla storia di Poe con l’in-
serimento nel !lm del !nale di Villiers de l’Isle-Adam “La torture
par l’espérance” (identi!cato nel !lm semplicemente con ‘speran-
za’). L’eroe si fa strada attraverso dei tunnel e delle caverne passan-
do vicino ad altre vittime torturate da preti vestiti di nero. Senza
farsi notare riesce !nalmente ad uscire alla luce del sole. È impor-
tante notare come nuovamente il protagonista riesca a salvarsi.
Non c’è nessun ‘salvatore’ né deus ex machina come nella storia
di Poe, nella quale il protagonista è salvato all’ultimo secondo da
un soccorritore. In Švankmajer il protagonista si salva da sé ma
solo per essere nuovamente catturato da un prete senza volto
vestito di nero che gli dà il benvenuto dicendo: “Ma !glio mio,
domani ti potresti salvare… e tu vuoi andare via?” Švankmajer ter-
mina questo !lm con le statistiche del numero di morti causate
dall’Inquisizione.
Contrariamente alla storia di Poe il !lm di Švankmajer conferisce
il senso dell’horror attraverso le immagini e non attraverso la pro-
sa. Mantenendo il punto di vista soggettivo dell’originale, la storia
ci mostra cosa il protagonista vede ma non ci dice cosa pensa
o sente (da qui l’omissione dell’esplorazione della prigione). Per
aumentare l’impatto visivo, Švankmajer include dei dettagli che
mancano nella storia, come ad esempio il topo a<ettato in due
dalla lama del pendolo, i dettagli infernali del macchinario e le
scene di tortura con strumenti diabolici. Inoltre, anche se la tec-
nica della pixillation è poco presente nel !lm (a paragone di molti
altri !lm di Švankmajer), aumenta anche se di poco la qualità sur-
reale della mise en scène (specialmente nei topi) e il senso dell’hor-
ror. Come nel lungometraggio successivo, la presenza della pixil-
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lation nel contesto di una ripresa dal vivo crea un miscuglio che
provoca disagio. Parlando di Alice, Maureen Furniss dice: “È di=cile
dire cosa renda l’immagine nel !lm inquietante ma l’unione tra
‘mondo reale’ e le immagini animate tende chiaramente a favori-
re questo e<etto”.11 Ad ogni modo la di<erenza più importante è
senza dubbio l’aggiunta del !nale di “La torture par l’espérance”di
Villiers de l’Isle Adam. Mentre Poe crea un senso d’ironia con l’im-
probabile salvataggio del protagonista, Švankmajer attraverso la
sua nuova cattura crea un senso d’impotenza e di disperazione
tutta cecoslovacca. Per Švankmajer l’ironia sta nel titolo Il pozzo, il
pendolo e la speranza perché in questo mondo non c’è speranza e
anche lottando le cose possono solo peggiorare.12
Per comprendere appieno il contesto nel quale Švankmajer rea-
lizza i propri !lm dobbiamo considerare l’importanza del teatro
delle marionette nella storia del cinema ceco ed in Švankmajer in
particolare. Le rappresentazioni delle marionette in terra cecoslo-
vacca (allora parte dell’Impero Austro-ungarico) risalgono al XVII
secolo e tradizionalmente si occupavano di questioni politiche
ed erano spesso critiche nei confronti del governo.13 La gente di
quella che un tempo era la Cecoslovacchia ha vissuto ed intera-
gito con queste rappresentazioni artistiche pubbliche per secoli
e molte delle loro !abe e dei loro racconti popolari si muovono
attorno a questa tradizione popolare. Ronald Holloway fa notare
come le rappresentazioni delle marionette dal signi!cato politi-
co fossero spesso un’espressione di protesta e di rivolta.14 Questa
forma è stata usata per centinaia di anni per manifestare dissenso
al governo e per esprimere e formare consenso senza rischi mag-
giori per la libertà. Il teatro delle marionette come protesta socia-
le si maschera facilmente di ‘scherzosità’ e non viene considerato
una forma pericolosa di rivolta. Per un artista quale Švankmajer il
!lm con le marionette è una scelta ovvia ed in Il pozzo, il pendolo
e la speranza ha l’e<etto desiderato. Si noti inoltre che la !ne del
11 Maureen Furniss, Art in Motion: Animation Aesthetics, John Libbey, London, 1998, p. 173.
12 È interessante notare che l’ironia della storia di Villiers de l’Isle-Adam è molto più ambigua sia di quella di Poe che del !lm di Švankmajer. Il protagonista della storia di Villiers de l’Isle-Adam è un rabbino imprigionato per “usura e crudele disprezzo per il povero” e torturato dal terzo Grande Inquisitore di Spagna per la redenzione ebraica. Le parole del Grande Inquisitore alla !ne della storia “Che cosa !glio mio, alla vigilia della tua possibile salvezza desidereresti abbandonarci?” sembrano sincere quanto sinistre, come anche le scuse per la tortura del rabbino e la spiegazione del “batte-simo del fuoco” !ssato per il giorno seguente. Il fatto che l’Isle-Adam fosse un devoto cattolico (nelle parole di James Huneker, un “feroce, mili-tante, cattolico romano” [in “Villiers de l’Isle Adam”, apparso originariamente su Iconoclasts: A Book of Dramatists di Huneker del 1918 si può trovare su http://www.io.com/~larrybob/villiers.html]) ha infatti dedicato uno dei suoi libri al Papa, e si è scagliato contro il ‘materialismo’ (un’accusa spesso diretta agli Ebrei era l’usura) facendo credere che Villiers de l’Isle-Adam simpatizzasse con il Grande Inquisitore tanto quanto o per!no di più che con il rabbino. Symonds, http://gaslight.mtroyal.ca/isleadam.htm
13 Questo è stato vero soprattutto durante la Prima Guerra Mondiale.
14 Ronald Holloway citato in Michael O’Pray, “Jan Švankmajer: A Mannerist Surrealist” in Hames, Dark Alchemy, op. cit., p. 26.
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!lm, criticando l’Inquisizione spagnola e non lo Stato cecoslovac-
co, lo distanzia da una critica diretta al governo comunista ma
dubitiamo che qualcuno possa pensare che Švankmajer abbia
rivolto il suo disdegno all’Inquisizione spagnola.
Švankmajer ha vissuto sotto un governo oppressivo !n dall’inizio
della sua carriera. Spiega Uhde:
La maggior parte della carriera artistica di Švankmajer ha coin-ciso con i precetti del regime totalitario in Cecoslovacchia. Il regi-me comunista non era a<atto interessato ad incoraggiare né a pro-muovere un artista la cui opera rappresentava una visione opposta all’ideologia ed alla pratica culturale del governo ed è per questo che era a malapena tollerato dalle autorità.15
I !lm di Švankmajer, secondo la tradizione del teatro delle mario-
nette, sono quindi l’espressione della protesta e della rivolta con-
tro il governo, in più sono un campo di battaglia per gli ‘inquilini’
del Surrealismo. In questo contesto O’Pray riporta e commenta
una ri+essione fatta da Švankmajer in un programma della BBC “a
proposito del totalitarismo che ‘fa appello agli istinti più bassi’…
è una intuizione che si trova al centro del surrealismo stesso, e
solleva la questione del rapporto tra questi istinti con certe forme
artistiche del XX secolo e le maligne ideologie politiche”.16 In al-
tre parole Švankmajer vede espressa in questi !lm la sua visione
surrealista del mondo ovvero una rappresentazione culturale che
mette in discussione l’e<etto dell’ideologia totalitaria.
Questo è il clima in cui Jan Švankmajer ha lavorato. I suoi !lm,
sia per la tradizione del teatro delle marionette che per la forma
surrealista, crearono problemi di interpretazione ai censori comu-
nisti.17 Švankmajer ha inserito ‘la propria voce’ nei dialoghi con-
trollati dallo Stato sotto forma di teatro delle marionette e spesso
sotto forma di racconti per l’infanzia. Qualcosa però deve essere
sembrato ideologicamente errato perché la sua ‘devianza’ politica
15 Uhde, op. cit., p. 89.16 O’Pray, op. cit., p. 64.17 Hames spiega che Švankmajer “non è sola-
mente una personalità eccezionale del cinema di animazione della Repubblica Ceca ma anche l’unico autore il cui lavoro appare non limitato dalla situazione politica. Senza dubbio questo è parzialmente dovuto al fatto che faccia cortome-traggi e anche al fatto che le opere sperimentali siano più accettate se contenute all’interno di un termine generico quale il trick 7lm (che non sia dal vivo)…”, Hames, “Czechoslovakia: After the Spring”, op. cit., p. 131.
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è stata coperta solo in parte dalle !abe. Lo studioso di cinema
Antony Lane in modo ironico simpatizza con i censori:
È di=cile concepire un lavoro più frustrante… (il !lm) si può cer-tamente considerare o<ensivo specialmente perché non ha nulla a che fare con l’ideologia ma se si provasse a capire dov’ è il pericolo politico ci si strapperebbe i capelli, che sarebbe poi il tributo idea-le al !lm. Nel 1973 i censori ne ebbero abbastanza e proibirono a Švankmajer di lavorare… dal 1973 al 1980 Švankmajer ‘si è riposato’ o meglio ‘è stato messo a riposo’.18
I censori hanno fornito una vaga spiegazione descrivendo
Švankmajer come “ideologicamente confuso”. Questa è sicura-
mente la prova della loro incapacità di capire la sua arte. Dunque
inizialmente la carriera di Švankmajer fu tenuta sotto costante
osservazione dai censori dello Stato. Lavorare all’interno di que-
sto sistema politico totalitario ha contribuito forse alla sensazio-
ne di ‘attenzione’ percepita nei suoi !lm. Come suggerisce Lane:
“deriva da qui la fonte di intensa vigilanza che prevale nei !lm di
Švankmajer, una sorta di rassegnato terrore che va oltre la politi-
ca”.19 Questa sensazione era sicuramente condivisa da una par-
te del suo pubblico. Questo modo perverso e paternalistico del
governo di trattare i cittadini esalta l’ironia dell’uso di storie per
bambini per attaccare lo Stato ‘paterno’.
Anche se non è basata su storie per bambini questo vale senz’al-
tro per Il pozzo, il pendolo e la speranza mentre l’adattamento di
Švankmajer de “La caduta della casa Usher” di Poe ha una natura
completamente diversa ed è più dichiaratamente surreale che
politica. Questo adattamento non è in+uenzato direttamente da
Villiers de l’Isle-Adam come Il pozzo, il pendolo e la speranza ma la
sua !loso!a surrealista (come poi del resto di moltissimi !lm di
Švankmajer) ricorda la !loso!a simbolista come si trova nel se-
guente scambio di battute tratto da “Axël” di Villiers de l’Isle-Adam:
"In altre parole Švankmajer vede espressa in questi 7lm la sua visione surrealista
del mondo ovvero una rappresentazione culturale che mette in discussione
l’e=etto dell’ideologia totalitaria !
18 Lane, op. cit., p. 54.19 Lane, ivi, p. 63.
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Samuel: La scienza non può bastare, prima o poi !nirai con l’in-
ginocchiarti.
Goetze: Prima di cosa?
Samuel: Prima del buio.20
L’idea che nella nostra esistenza ci sia di più della mera scienza
può persino spiegare il fatto che il regista creda nella coscienza
degli oggetti inanimati. Švankmajer sente inoltre che la scienza
e la razionalità (almeno quella praticata nel mondo contempo-
raneo) sono la fonte delle assurdità di oggi: “Il sogno, quel pozzo
naturale per l’immaginazione, viene sistematicamente riempito e
l’assurdità a<erma la propria autorità, una assurdità prodotta in
quantità dai nostri sistemi ‘scienti!ci’ e ‘razionali’”.21
In La caduta della casa Usher, come ne Il pozzo, il pendolo e la spe-
ranza, Švankmajer non rimane strettamente legato all’originale
di Poe. In questo !lm l’allontanamento più signi!cativo da Poe
sta nel fatto che non ci siano personaggi umani. C’è la voce fuori
campo di un narratore che legge il racconto breve (in ceco), ve-
diamo degli oggetti inanimati (naturali e non) che ‘reagiscono’ ed
integrano la prosa. Sebbene ‘l’attore’ principale sia la casa, anche
il fango ha una sua importanza, plasmandosi in forme e modelli
che si muovono nella melma come se fossero vivi. Ciò corrispon-
de al poema di Poe “Il Palazzo degli Spiriti”, nel quale la decadenza
del palazzo è un’allegoria della decadenza della mente e del cor-
po del protagonista.22 Vediamo crescere delle radici di albero che
si attorcigliano, spingono nel terreno ed escono fuori come alla
ricerca di qualcosa. L’acqua putrida gorgoglia, si muove, ribolle ed
inghiottisce tutto quello che trova. Una bara irrompe muovendo-
si silenziosamente attraverso la casa, alla ricerca di qualcosa che
non troverà.
La casa stessa è fatta di mura che sono in uno stato di costante
degrado e di mutevolezza dando allo spettatore la sensazione
non tanto diversa da quella di stare a guardare della carne avaria-
ta con dei vermi brulicanti. Sulle pietre si formano dei buchi, delle
20 Questo passaggio tratto da “Axël” di Villiers de l’Isle-Adam si può trovare in Symonds, cit.
21 Švankmajer citato in “Švankmajer on Alice”.22 Il poema di Poe “Il Palazzo degli Spiriti”, pubbli-
cato per la prima volta nel 1839, è citato intera-mente nel racconto breve “La caduta della casa Usher” (pubblicato anch’esso nel 1839), sul quale si basa il !lm di Švankmajer.
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crepe e delle fessure che si aprono come delle ferite o delle pia-
ghe sanguinanti. Alla !ne quando il !lm raggiunge il suo apice, la
casa non prende fuoco ma erutta il proprio contenuto, sputando
il mobilio fuori dalle !nestre e dentro il torbido acquitrinio.
Roger Cardinal sostiene argutamente che Švankmajer: “ha elimina-
to i personaggi dalla storia originale di Poe e ha permesso alla ma-
terialità stessa degli oggetti, ed alla materia naturale, di esprimere il
tormento e l’orrore di Roderick Usher”.23 Švankmajer crede che “luo-
ghi, stanze ed oggetti abbiano ‘esistenze’ passive, e che abbiano at-
tinto dalle situazioni in cui si trovavano e da quelle persone che li
hanno vissuti, lavorati e toccati”.24 Lo stesso Švankmajer ha dichiara-
to che l’animazione dovrebbe “lasciare che gli oggetti si commen-
tassero da soli” e che il suo adattamento de “La caduta della casa
Usher” tratta di “un acquitrino in movimento e della vita delle pietre”
e naturalmente di orrore, orrore immotivato.25 Come si potrebbe
meglio spiegare la credenza di Roderick Usher nella “sensibilità del
regno vegetale” e la sua paura della casa che dà vita all’inanimato,
che dà vita a ciò che è senza vita, in un mondo privo di esseri uma-
ni… un mondo creato dall’uomo fatto solo di natura? Vediamo i
risultati delle azioni umane, le impronte ed il suono degli zoccoli di
un cavallo, ad esempio, ma né il cavallo né gli zoccoli, né ciò che li
causa (infatti, questo descrive la pixillation stessa, dove vediamo il
risultato delle azioni umane, il movimento degli oggetti inanimati
ma non le azioni stesse). Naturalmente un ‘agente umano’ c’è ed è
lo spettatore. Švankmajer in questo !lm usa spesso riprese in sog-
gettiva e la macchina a mano, portando lo spettatore attraverso
l’acquitrino intorno alle mura di pietra delle casa decadente, coin-
volgendo lo spettatore nella mise en scène, ponendo l’esperienza
della paura non nel narratore né in Roderick Usher, ma nello spetta-
tore, dove questa dovrebbe stare.
Lo spettatore, inoltre, non ha bisogno di conoscere la storia origi-
nale, né di capire la narrazione ceca per apprezzare il !lm. L’opera
di Švankmajer può essere vista come un tour de force cinematico
23 Roger Cardinal, “Thinking Through Things: The Presence of Objects in the Early Films of Jan Švankmajer” in Hames, Dark Alchemy, cit., p. 66.
24 Jan Švankmajer citato in Geo< Andrew, “Malice in Wonderland” http://www.illumin.co.uk/svank/biog /inter/andrew1.html Questo articolo è apparso ori-ginariamente su Time Out, 19-26 ottobre 1988, pp. 16-17.
25 Švankmajer citato in Cardinal, op. cit., p. 66.
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che celebra sia la forma del movimento che il mondo degli og-
getti e della natura. Come dice Roger Cardinal a proposito de La
caduta della casa Usher:
Gli squarci nel terreno arido, la formazione delle radici di un al-bero ed il disegno delle luci nel cielo possono celebrare una mo-mentanea coincidenza di forme, una sintesi meno evidente come momento gotico del !lm piuttosto che come una ferma dichiara-zione di intenti.26
Ed è nella formazione surrealista di Švankmajer che vediamo il
legame tra i suoi interessi estetici e politici. Švankmajer usa un
approccio surrealista nel tentativo di liberare il pubblico sia psi-
cologicamente che politicamente. L’oppressione a<rontata quo-
tidianamente si univa alla repressione politica. Kristin Thompson
e David Bordwell spiegano come le immagini surrealiste di
Švankmajer siano impregnate di humour nero e come queste
vengano respinte ed accolte perché acquisiscono signi!cato solo
tramite degli oscuri collegamenti dell’inconscio:
Nei !lm di Švankmajer le immagini di paura, di crudeltà e di fru-strazione emanano humour nero. Ogni oggetto ha una ricca strut-tura e un fascino tattile ma gli eventi seguono l’illogicità dei sogni. Lastre di metallo scivolano, bambole antiche vengono buttate a bol-lire nel brodo, volti di vecchie stampe !ssano in modo enigmatico, mentre delle adirate marionette si colpiscono con dei grossi mar-telli.27
In La caduta della casa Usher Švankmajer porta alla luce il surrea-
lismo implicito di Poe conducendo sia le suggestioni dell’autore
che le vite nascoste degli oggetti, alle proprie logiche conclusioni.
Ironicamente fu proprio il regime comunista cecoslovacco ad es-
sere in parte responsabile della decisione di Švankmajer di adat-
tare i racconti brevi di Poe. Durante gli anni ’80 gli fu permesso di
realizzare unicamente !lm tratti da “classici della letteratura”,28 solo
26 Cardinal, cit., p. 93.27 Kristin Thompson e David Bordwell, Film
History: An Introduction, McGraw-Hill, New York, 1994, p. 676.
28 Peter Hames, “Interview with Jan Švankmajer” in Hames, Dark Alchemy, cit., p. 100.
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i burocrati potevano credere che i classici della letteratura potes-
sero essere ‘sicuri’ e la prova lo sono questi due lavori. Il pozzo, il
pendolo e la speranza fu censurato29 e Švankmajer fu messo su una
lista nera.30 Il fatto che la prosa di Poe e le immagini di Švankmajer
siano conciliabili dice molto sulla universalità dell’oppressione,
della paura, della so<erenza e dell’orrore.
La carriera di Jan Švankmajer è nata dal voler esprimere la propria
rabbia contro la stupidità e la mancanza di umanità tipici della
burocrazia e di tutti i totalitarismi. Per far ciò ha unito l’inanimato
all’animato, ha reso vivo ciò che non viveva e ha reso ciò che vive
qualcosa di infernale. Cosa poteva ispirarlo meglio se non la scrit-
tura di Edgar Allan Poe?
29 Ivi.30 Idem, p. 116.
Ha unito l’inanimato all’animato, ha reso vivo ciò che non viveva e ha reso ciò
che vive qualcosa di infernale. Cosa poteva ispirarlo meglio se non la scrittura
di Edgar Allan Poe? !