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Il sacerdotale di Alberto da Castello ILP (Padova 2013)

Date post: 03-Feb-2023
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305
ISTITUTO DI LITURGIA PASTORALE “Abbazia di S. Giustina” – Padova Incorporato alla Facoltà di Sacra Teologia del Pontificio Ateneo Sant’Anselmo in Roma IL «SACERDOTALE» DI ALBERTO DA CASTELLO E LE SUE NUMEROSE EDIZIONI (1523-1603) Analisi delle edizioni e della struttura del «Liber sacerdotalis». Una introduzione allo studio del testo e delle fonti Tesi per il conseguimento della Licenza in Sacra Teologia con specializzazione liturgico-pastorale Relatore: Chiar.ma prof.ssa Anna Maria CALAPAJ Censore: Chiar.mo Prof. P. D. Francesco G. B. TROLESE OSB Licenziando: Davide RIGHI Padova Anno Accademico 2012-2013
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ISTITUTO DI LITURGIA PASTORALE

“Abbazia di S. Giustina” – Padova Incorporato alla Facoltà di Sacra Teologia

del Pontificio Ateneo Sant’Anselmo in Roma

IL «SACERDOTALE» DI ALBERTO DA CASTELLO E LE SUE NUMEROSE EDIZIONI (1523-1603)

Analisi delle edizioni e della struttura del «Liber sacerdotalis». Una introduzione allo studio del testo e delle fonti

Tesi per il conseguimento della Licenza in Sacra Teologia con specializzazione liturgico-pastorale

Relatore: Chiar.ma prof.ssa Anna Maria CALAPAJ

Censore: Chiar.mo Prof. P. D. Francesco G. B. TROLESE OSB

Licenziando: Davide RIGHI

Padova

Anno Accademico 2012-2013

2

Ringrazio:

il Seminario Arcivescovile di Bologna, il rettore e il bibliotecario

il Seminario Vescovile di Fidenza, il rettore e il bibliotecario

la Biblioteca del Comune di Cento (FE)

la provincia dei frati Minori dell’Emilia-Romagna

il convento dell’Osservanza e la bibliotecaria

il convento della basilica di s. Francesco di Bologna e il bibliotecario

la biblioteca dell’Archiginnasio di Bologna

la biblioteca comunale di Carpi

la biblioteca del Seminario di Padova

la biblioteca del convento dei padri cappuccini di Arezzo

la biblioteca del convento dei padri cappuccini di Bologna

Il Museo “Castello del Buonconsiglio” fondo “Laurence K.J. Feininger” di Trento

3

INDICE

ABBREVIAZIONI 7

BIBLIOGRAFIA 8

Circa Alberto da Castello 8 Circa la liturgia e le questioni storico-liturgiche 8 Circa la silografia e la stampa 9

SITOGRAFIA 10

INTRODUZIONE 11

CAPITOLO 1: IL «LIBER SACERDOTALIS» DI ALBERTO DA CASTELLO. LO «STATUS

QUAESTIONIS» CIRCA L’AUTORE E LE MOLTEPLICI EDIZIONI DEL XVI SECOLO 13

1.1. STATO DEGLI STUDI 13 1.2. ALBERTO DA CASTELLO AUTORE DEL «LIBER SACERDOTALIS» 18

1.2.1. Castellani, Castellano, da Castello o de Castello? 18 1.2.2. Le fonti dei dati biografici di Alberto da Castello 21 1.2.3. I dati biografici di Alberto da Castello 25 1.2.4. Le opere attribuitegli e la sua opera di ricerca 36 1.2.5. Lista delle opere stampate a cura di Alberto da Castello 37

1.3. LE VENTIQUATTRO EDIZIONI VENEZIANE DEL «LIBER SACERDOTALIS /

SACERDOTALE» (1523-1603) 45 1.3.1. Il «liber sacerdotalis» nel tumultuoso diffondersi del libro stampato 45 1.3.2. L’accuratezza di Alberto da Castello nella revisione dei testi 46 1.3.3. Alcuni problemi posti dalle ventiquattro edizioni 47

CAPITOLO 2: LA PRIMA EDIZIONE DEL 1523 51

2.1. INFORMAZIONI GENERALI SULL’EDIZIONE E GLI EDITORI 51 2.1.1. Gli editori 51 2.1.2. Le scelte editoriali e la produzione di testi liturgici 52

2.2. CARATTERISTICHE SPECIFICHE 54 2.2.1. I contenuti specifici della prima edizione: una introduzione 54 2.2.2. L’approvazione da parte di Leone X (1513-1521) 55 2.2.3. L’«imprimatur» di Antonio Contarini, Patriarca di Venezia e di Dalmazia (1509-

1524) 59 2.2.4. La breve missiva dell’inquisitore Francesco Pisano 60 2.2.5. La dedica ad Adriano VI (1522-1523) 61 2.2.6 La poesia dedicatagli da Alessandro Gaboardo (1444ca-1517ca) 66

2.3. IL FRONTESPIZIO 70 2.4. LA «TABULA CONTENTORUM» E I CONTENUTI DELL’OPERA 72 2.5. LE PAGINE DELL’«INCIPIT» 72

2.5.1. Il titolo precedente l’«incipit»: richiamo ai sacerdoti della «cura animarum» 73 2.5.2. Le due pagine dell’«incipit» 74 2.5.3. Considerazioni varie sulla struttura delle pagine dell’«incipit» 79

4

2.6. L’IMPAGINAZIONE DEL CONTENUTO DAL PUNTO DI VISTA FORMALE 81 2.6.1. Il carattere tipografico 82 2.6.2. Le silografie e gli altri abbellimenti grafici 83 2.6.3. I capilettera e gli altri accorgimenti tipografici 100

2.7. LA POSTFAZIONE DI ALBERTO DA CASTELLO A CHIUSURA DELL’OPERA 107

CAPITOLO 3: LE EDIZIONI DEL «LIBER SACERDOTALIS» DAL 1537 AL 1603 109

3.1. Il problema delle altre ventitre edizioni 109 3.2. L’edizione del 1537 di Vittore Ravani e soci 110 3.3. L’edizione del 1548 degli eredi di Pietro Ravani e soci 115 3.4. L’edizione del 1554 degli eredi di Pietro Ravani e soci 120 3.5. L’edizione del 1555 di Pietro Boselli 126 3.6. L’edizione del 1559 di Pietro Boselli 131 3.7. L’edizione del 1560 di Giovanni Varisco 133 3.8. L’edizione del 1564 di Giovanni Varisco e soci 137 3.9. L’edizione del 1567 di Pietro Liechtenstein 140 3.10. L’edizione del 1569 di Giovanni Varisco e soci 147 3.11. L’edizione del 1576 dei fratelli Guerra e soci 150 3.12. L’edizione del 1578 di Domenico Nicolini 156 3.13. L’edizione del 1579 di Domenico Nicolini 160 3.14. L’edizione del 1579 di Lucantonio Giunta 162 3.15. L’edizione del 1579 di Giovanni Battista Sessa e fratelli 165 3.16. L’edizione del 1580 di Giovanni Battista Sessa e fratelli 168 3.17. L’edizione del 1585 di Giovanni Battista Sessa e fratelli 170 3.18. L’edizione del 1585 di Giunta 171 3.19. L’edizione del 1585 di Domenico Nicolini 174 3.20. L’edizione del 1587 di Giunta 176 3.21. L’edizione del 1588 di Giovanni Varisco e Paganino de’ Paganini 181 3.22. L’edizione del 1596 di Giovanni Battista e Giovanni Bernardo Sessa 184 3.23. L’edizione del 1597 di Giovanni Battista e Giovanni Bernardo Sessa 186 3.24. L’edizione del 1603 di Nicolò Polo 187 3.25. Sguardo complessivo e confronto tra le silografie della prima edizione e le

successive 191 3.26. Note sintetiche relative all’esame delle ventiquattro edizioni 212 3.27. Conclusioni circa l’esame delle ventiquattro edizioni 217

3.27.1. Da «liber sacerdotalis» a «sacerdotale» / «sacerdotale romanum» 217 3.27.2. Il numero di editori-tipografi che pubblicarono il «liber sacerdotalis» /

«sacerdotale» 218 3.27.3. Interessi in gioco nelle diverse edizioni 218 3.27.4. Risposte alle domande circa le ventiquattro edizioni e alcune linee conclusive 222

CAPITOLO 4: IL «LIBER SACERDOTALIS»: FINALITÀ, STRUTTURA E CONTENUTI 225

4.1. Considerazioni generali sulla struttura unitaria e tripartita dell’opera 225 4.2. I diversi elementi dai quali si evince la struttura unitaria dell’opera 226

4.2.1. Un libro per l’amministrazione dei sacramenti e la cura pastorale 226 4.2.2.: Un libro analogo al Pontificale a servizio dello zelo per le anime 227 4.2.3. I sacerdoti – vescovi e presbiteri – hanno il compito di pascere 230 4.2.4. Una spiritualità confermata dalla tradizione e dal magistero 232 4.2.5. La spiritualità del parroco delineata dai «praembula» 233 4.2.6. Intenzionale fissazione della norma per la celebrazione dei sacramenti 238 4.2.7. Il futuro “rituale” del sacerdote nello svolgimento ordinario del suo ministero 240

4.3. Elementi che evidenziano la struttura tripartita dell’opera 241

5

4.3.1. La postfazione 242 4.3.2. La disposizione della materia assai strutturata 243 4.3.3. La struttura tripartita parallela al Pontificale 245

4.4. Confronto con libri analoghi del XV e XVI secolo 247 4.4.1. Il «tractatus sacerdotalis» di Nicoalus de Blony: un trattato teologico con

attenzione ad alcuni problemi celebrativi 248 4.4.2. L’«obsequiale» di Frisinga (1484): una serie di rituali accostati in un’unico

volume 252 4.4.3. L’«agenda sive exequiale sacramentorum» di Strasburgo (1505): parti

eucologiche con alcune indicazioni rituali 253 4.4.4. L’«Ordinarium de administratione sacramentorum» di Maiorca del 1516 255 4.4.5. Il «liber sacerdotalis» di Alberto da Castello a confronto con alcuni altri rituali:

il rito di «introduzione della donna in chiesa dopo il parto» 258 4.5. Qualche linea conclusiva sul «liber sacerdotalis» 262

4.5.1. Progettato per essere un libro liturgico: il «sacerdotale» 262 4.5.2. Ambizione di esaustività relativamente al ministero sacerdotale 263 4.5.3. Collezione di rituali organica e strutturata 263 4.5.4. Ai diversi rituali sono premesse delle trattazioni teologico-celebrative

sintetiche basate su fonti autorevoli chiaramente espresse 264 4.5.6. Le fonti del «liber sacerdotalis» 265

CONCLUSIONE 267

APPENDICE 271

Allegato 1: Edizione della «tabula contentorum» confrontata con i titoli apposti da

Alberto da Castello all’inizio di ogni sezione e di ogni titolo 271

7

ABBREVIAZIONI

AFP = Archivum Fratrum Praedicatorum

CATTANEO, Il rituale romano (1967) = Enrico CATTANEO, Il rituale romano di Alberto

Castellani, in Miscellanea liturgica in onore di

sua Eminenza il Cardinale Giacomo Lercaro

Arcivescovo di Bologna presidente del

«Consilium» per l’applicazione della

Costituzione sulla sacra liturgia, vol. II, Roma

1967, pp. 629-647.

CREYTENS, Les écrivains (1960) = Raymond CREYTENS, Les écrivains dominicains

dans la Chronique d'Albert de Castello (1516),

AFP, XXX (1960) 227-313.

CURI NICOLARDI, Una società (1984) = Silvia CURI NICOLARDI, Una società tipografico-

editoriale a Venezia nel secolo XVI. Melchiorre

Sessa e Pietro Ravani (1516-1525), Leo S.

Olschki editore, Firenze 1984, 95p.

DBI = Dizionario Biografico degli Italiani, Treccani,

Roma, Istituto dell’enciclopedia italiana, 1960.

HANSSENS, Liber sacerdotalis (1923) = Joannes Michael HANSSENS, De “Liber

sacerdotalis” prima editione et auctore,

«Ephemerides Liturgicae» 37 (1923) 347-353.

JOUNEL, Il Rituale (1984) = Pierre JOUNEL, Il Pontificale e il Rituale, in Aimé

Georges MARTIMORT (ed.), La Chiesa in

preghiera, vol. 3, Queriniana, Brescia 20023, p.

17-26.

Liturgia = Domenico SARTORE – Achille TRIACCA – Carlo

CIBIEN (edd.), Liturgia, Milano 2001, ed. San

Paolo.

MOPH = Monumenta Ordinis Fratrum Praedicatorum

Historica.

NDL = Domenico SARTORE – Achille TRIACCA (edd.),

Nuovo Dizionario di Liturgia, Milano 1984.

PALMA, Castellano (1978) = Marco PALMA, CASTELLANO (da Castello)

Alberto, DBI 21 (1978), 642-644.

8

QUÉTIF – ECHARD, Scriptores (1721) = Jacobus QUÉTIF – Jacobus ECHARD, Scriptores

Ordinis Praedicatorum recensiti etc., Lutetieae

Parisiorum (Parigi), vol. I (1719) e II (1721).

WALZ, Castellano (1949) = Angelo WALZ, Castellano (de Castello) Alberto,

in Enciclopedia Cattolica, vol. III, Roma 1949,

coll. 1018-1019.

BIBLIOGRAFIA

Circa Alberto da Castello CREYTENS Raymond, Les écrivains dominicains dans la Chronique d'Albert de Castello (1516), in

AFP, XXX (1960) 227-313. DE MEYER Albertus OP, Registrum litterarum Fr. Thomae De Vio Caietani O.P. Magistri Ordinis

1508-1513, Romae 1935. HANSSENS Joannes Michael, De “Liber sacerdotalis” prima editione et auctore, «Ephemerides

Liturgicae» 37 (1923) 347-353. HANSSENS Joannes Michael, De libro sacerdotali P. A. Castellani, «Ephemerides Liturgicae» 38

(1924) 60-61. LOUIS R.-M., «Histoire du texte des constitutions dominicaines», in AFP, VI (1936) 334-341. MEERSSERNAN Gilles Gérard OP – PLANZER Dominikus OP, Magistrorum ac procuratorum

generalium O.P. registra litterarum minora (1469-1523), Romae 1947. PALMA Marco, CASTELLANO (da Castello) Alberto, in DBI, 21, 642-644. PLANZER Dominikus OP, Die Tabula Privilegiorum Ordinis Fratrum Praedicatorum des Franciscus

Pipinus O.P., in AFP X (1940) 242-246. QUÉTIF Jacobus - ECHARD Jacobus, Scriptores Ordinis Praedicatorum recensiti notisque historicis

et criticis illustrati (...) Inchoavit R. P. F. Jacobus Quetif S.T.P. absolvit R.P.F.Jacobus Echard, ambo conventus SS. Annunciationis Parisiensis, eiusdem ordinis sodales, J.B.Christophorum Ballard e Nicolaum Simart, Lutetieae Parisiorum, I (1719); II (1721).

REICHERT Benedict Maria OP, Acta capitulorum generalium Ordinis Praedicatorum, vol. IV, in MOPH IX, Romae 1901.

SANSOVINO Francesco, Venetia città nobilissima, et singolare, Venetia 1663. WALZ Angelo, Castellano (de Castello) Alberto, «Enciclopedia Cattolica», vol. III, Roma 1949,

coll. 1018-1019. ZANARDI Zita – RICCI Raffaella, Bibliotheca franciscana. Gli incunaboli e le cinquecentine dei Frati

Minori dell’Emilia-Romagna conservate presso il Convento dell’Osservanza di Bologna, coll. «Biblioteca di bibliografia italiana» CLIX, Leo S. Olschki editore, Firenze 1999.

Circa la liturgia e le questioni storico-liturgiche CABROL Fernand, Les livres de la liturgie latine, Bloud & Gay, Parigi 1930. CATTANEO Enrico, Il culto cristiano in occidente. Note storiche, C.L.V. Edizioni Liturgiche, Roma

1978.

9

CATTANEO Enrico, Il rituale romano di Alberto Castellani, in Miscellanea liturgica in onore di sua Eminenza il Cardinale Giacomo Lercaro Arcivescovo di Bologna presidente del «Consilium» per l’applicazione della Costituzione sulla sacra liturgia, vol. II, Roma 1967, pp. 629-647.

FOLSOM Cassian, I libri liturgici romani, in Scientia Liturgica. Manuale di liturgia 1 (Introduzione alla liturgia) a cura di Anscar J. CHUPUNGCO, p. 263-330.

HUGHES OLIPHANT Old, The Shaping of the Reformed Baptismal Rite in the Sixteenth Century, ed. Wm. B. Eerdmans Publishing Co., Grand Rapids (Michigan, USA).

JOUNEL Pierre, Il Pontificale e il Rituale, in Aimé Georges MARTIMORT (ed.), L’Église en prière. Introduction à la Liturgie, Desclée, Parigi 1984 consultato in traduzione italiana La Chiesa in preghiera, vol. 3, Queriniana, Brescia 20023, p. 17-26.

LARA Jaime, Roman Catholics in Hispanic America, in Geoffrey WAINWRIGHT – Karen BETH – Westerfield TUCHER (EDD.), The Oxford history of Christian worship, Oxford University Press, Oxford-New York 2006, p. 633-650.

NOCENT Adrien, Storia dei libri liturgici romani, in S. MARSILI – J. PINELL – A. M. TRIACCA – T. FEDERICI – A. NOCENT – B. NEUNHEUSER (edd.), Anàmnesis 2 (La Liturgia, panorama storico generale), Marietti, Casale Monferrato 1978, p. 147-183.

PALAZZO Éric, Histoire des livres liturgiques: Le Moyen Age. Des origines au XIIIe siècle, Parigi 1993 consultato nella traduzione inglese A History of liturgical books. Frome the Beginning to the Thirteenth Century, Pueblo Book – The liturgical Press, Collegeville (Minnesota, USA), 1998.

SCICOLONE Ildebrando, Libri Liturgici, in NDL, 653-665. SCICOLONE Ildebrando, Libri Liturgici, in Liturgia, 1011-1024. VOGEL C., Introduction aux sources de l'histoire du culte chrétien au moyen âge, coll. Biblioteca

degli «Studi medievali» 1, ed. Centro italiano di studi sull’alto medioevo, Spoleto 1981 (Riedizione anastatica dell’edizione originale).

WAINWRIGHT Geoffrey – BETH Karen – TUCHER Westerfield (EDD.), The Oxford history of Christian worship, Oxford University Press, Oxford-New York 2006.

WHITE James F., Roman Catholic Worship. Trent to Today, prefazione a cura di Nathan D. MITCHELL, Liturgical Press, Collegeville (Minnesota, USA) 20032.

ZANON Giuseppe, Catalogo dei rituali liturgici italiani dall’inizio della stampa al 1614, «Studia Patavina» 31 (1984) 496-564.

Circa la silografia e la stampa CASTELLANI Carlo, I Privilegi di stampa e la proprietà letteraria in Venezia dall’introduzione della

stampa nella città fin verso la fine del secolo XVIII. Lettura di Castellani prefetto della biblioteca di s. Marco, ed. Stabilimento tipo-litografico fratelli Visentini, Venezia 1888.

CURI NICOLARDI Silvia, Una società tipografico-editoriale a Venezia nel secolo XVI. Melchiorre Sessa e Pietro Ravani (1516-1525), Leo S. Olschki editore, Firenze 1984.

FRATTAROLO Renzo, La stampa in Italia fra Quattro e Cinquecento ed altri saggi, edizioni dell’Ateneo, Roma 1967.

MILANO Ernesto (ed.), Elementi per una storia della Xilografia, ed. Il Bulino, Modena 2001. MILANO Ernesto (ed.), Xilografia dal Quattrocento al Novecento. Percorso storico-artistico sui

fondi della Biblioteca Estense, ed. Il Bulino, Modena 1993 (coll. «Il giardino delle esperidi» vol. 2).

10

SITOGRAFIA

http://books.google.it Google Books

http://bsb-mdz12-spiegel.bsb.lrz.de Munchener DigitalisierungsZentrum

http://edit16.iccu.sbn.it Istituto Centrale per il Catalogo Unico

http://gallica.bnf.fr/ Bibliothèque nationale de France:

bibliothèque numérique

11

INTRODUZIONE

L’esame della situazione liturgica nel periodo contemporaneo e successivo al

concilio di Trento mi indusse a studiare e ad esaminare il Liber sacerdotalis. La

scoperta di alcune delle molteplici edizioni dell’opera che nella seconda metà del XVI

secolo aveva già assunto il titolo di Sacerdotale mi incuriosì, e la notizia – diffusa in

diverse pubblicazioni – circa la sua importanza in riferimento al Rituale romanum del

1614 suscitò in me quel necessario ulteriore interesse che è lo stimolo indispensabile

ad ogni ricerca. Tale curiosità mi ha guidato nell’analisi delle fonti e delle edizioni non

solo durante la stesura dell’elaborato, ma anche durante i numerosi viaggi che ho

dovuto intraprendere per esaminare qualcuna delle ventiquattro edizioni. Parte di esse

invece, pur essendo custodite in diverse biblioteche italiane ed estere, le ho potute

consultare grazie alla tecnologia digitale.

Le conclusioni alle quali sono pervenuto sono in parte conferme e in parte

novità. Le conferme riguardano il rapporto del Liber sacerdotalis con il Rituale

romanum: è stato per me interessante delineare alcune linee che videro la nascita di

tale libro liturgico ufficiale, tra esigenze diffuse nella Chiesa alle quali si sopperiva chi in

un modo e chi in un altro, e il genio di un teologo/pastore guidato dallo zelo per la

salvezza delle anime. Le novità hanno riguardato l’esame più specifico delle peculiarità

del Sacerdotale e il “segreto” della sua fortuna alla quale l’apporto grafico e silografico

non è certo stato estraneo.

Il presente studio potrà essere utile allo studioso di liturgia, anche se ho scritto

nella conclusione che diversi campi di indagine rimangono da esplorare: primo fra tutti

un’edizione rinnovata del testo del 1523, uno studio scientifico e sistematico delle

fonti utilizzate da Alberto da Castello, un confronto con le numerose opere, in

particolare libri liturgici diocesani, che ne rimasero influenzate.

A tali mancanze nel presente studio si è cominciato a sopperire offrendo in

appendice almeno l’edizione della tabula contentorum confrontata con i titoli che

Alberto da Castello aveva apposto all’interno del volume alle singole parti e trattati.

12

Chi non avrà modo di consultare l’edizione del 1523 potrà almeno esaminare quali ne

fossero i contenuti e, grazie ai primi due capitoli, avere le necessarie informazioni sia

riguardo all’autore, sia riguardo alla prima edizione.

Lo studio presente ritengo che potrà essere utile non solo agli studiosi di liturgia,

ma anche agli studiosi di storia della tipografia (poiché nel terzo capitolo mi sono

concentrato talvolta sulle variazioni tipografiche intervenute tra le edizioni), e agli

studiosi di storia della silografia e di storia dell’arte, perché precisamente alla fine del

secondo e alla fine del terzo capitolo ho fatto approfondimenti sia in merito alla

silografie riutilizzate o fatte fare per la prima edizione del 1523, sia confrontando le

sostituzioni di silografie che intervengono nelle successive 23 edizioni e che molto ci

dicono sui cambiamenti di gusti e sull’affinarsi della tecnica raffigurativa a servizio del

libro stampato durante il XVI secolo.

Ringrazio l’Istituto di Liturgia Pastorale presso il quale ho trascorso parte della

mia vita di studio e ricerca teologica e presso il quale mi auguro di potere approfondire

la presente ricerca.

13

CAPITOLO 1:

IL «LIBER SACERDOTALIS» DI ALBERTO DA CASTELLO.

LO «STATUS QUAESTIONIS» CIRCA L’AUTORE

E LE MOLTEPLICI EDIZIONI DEL XVI SECOLO

1.1. STATO DEGLI STUDI

Dopo che nella terza decade del secolo XX J. M. Hanssens esaminò la questione

del Liber sacerdotalis e il problema palesato dalle fonti antiche circa l’identificazione

del suo autore con Alberto da Castello1, fu Cattaneo a studiare in anni recenti il Liber

Sacerdotalis di Alberto da Castello, verso la fine degli anni ’60 del medesimo secolo2.

Egli ne sottolineò l’importanza nell’ambito di quel rinnovamento liturgico che ebbe

luogo già precedentemente al Concilio di Trento ma che si manifestò solo

contemporaneamente e successivamente ad esso con lo sforzo di unificazione liturgica

1 Joannes Michael HANSSENS sj, De “Libri sacerdotalis” prima editione et auctore, in Ephemerides

Liturgicae 37(1923) 347-353 e anche 38(1924) 60-61. Hanssens considera il Liber sacerdotalis quale primo rituale stampato della chiesa romana. L’articolo ha principalmente lo scopo di fugare ogni dubbio circa la prima edizione del volume e il suo autore. Pone l’attenzione sul dato erroneo di Zaccaria che, nella sua Bibliotheca ritualis, riteneva essere la prima edizione quella del 1537 – influenzando così autori più recenti che l’hanno seguito –; segnala di avere rinvenuto l’edizione del 1523 e che la lettera dedicatoria ad Adriano VI defunto il 14 settembre 1523 e ad Andrea Gritti patriarca delle Venezie toglieva ogni dubbio in merito. Estrapola anche i dati biografici di Alberto da Castello contenuti nella lettera di Leone X che anche noi riprenderemo a proposito dell’edizione in oggetto.

2 Cf. Enrico CATTANEO, Il rituale romano di Alberto Castellani, in Miscellanea liturgica in onore di sua

Eminenza il Cardinale Giacomo Lercaro Arcivescovo di Bologna presidente del «Consilium» per l’applicazione della Costituzione sulla sacra liturgia, vol. II, Roma 1967, pp. 629-647.

14

promosso dal Concilio medesimo e in parte già anticipato dall’opera di Alberto «da

Castello» o «Castellano» o «Castellani» o «de Castello».3

Stranamente la voce dell’Enciclopedia cattolica curata da A. Walz nel 1949

«Castellano (de Castello) Alberto», relativa all’autore del Liber sacerdotalis di cui ci

occupiamo, non riportava minimamente tale volume tra le opere di Alberto da Castello

degne di nota4, cosa che invece faceva M. Palma qualche anno dopo nel Dizionario

Biografico degli Italiani, probabilmente grazie alle pubblicazioni di E. Cattaneo5.

Similmente si comportava P. Jounel qualche anno dopo in uno studio sul Pontificale e

sul Rituale romano6.

Anche A. Ward e C. Johnson in anni recenti, ripubblicando il rituale romano nella

sua edizione del 1953, nella loro introduzione si soffermavano sul Liber sacerdotalis.

Essi lo inquadravano nel novero delle raccolte che avevano trovato nello straordinario

sviluppo della stampa un elemento propulsore e anche potenzialmente fuori controllo,

e inoltre lo annoveravano tra quei libri stampati che nelle ristampe avute dopo il

Concilio di Trento avevano cercato di recepire le indicazioni conciliari o per lo meno

dicevano di averlo fatto.7

L’ultimo sostanzioso studio sull’opera di Alberto da Castello rimane tuttavia

quello di Cattaneo. Egli riprendeva nel suo articolo del 1967 in maniera più estesa una

parte delle informazioni che erano già state divulgate nella seconda metà del XIX

secolo da Eugenio Cecconi8 nella rivista per il clero fondata da questi con spiccate

velleità e propensioni storiche.

In essa infatti, in una nota, si affermava:

Il Sacerdotale romano, che è in sostanza l’antico rituale, fu compilato in origine da Alberto Castellani dell’Ordine dei Predicatori, sotto il pontificato di Leone X. Da

3 Per le oscillazioni con le quali l’autore è citato nelle fonti bibliografiche vedi p. 18.

4 Angelo WALZ, Castellano (de Castello) Alberto, in Enciclopedia Cattolica, vol. III, Roma 1949, coll.

1018-1019. 5 PALMA, Castellano (1978), p. 642-644, con una abbondante bibliografia tratta anche e soprattutto

dalle fonti domenicane. 6 Pierre JOUNEL, Il Pontificale e il Rituale, in Aimé Georges MARTIMORT (ed.), La Chiesa in preghiera,

vol. 3, p. 17-26. 7 Antony WARD – Cuthbert JOHNSON (EDD), Rituale romanum. Reimpressio editionis primae post

typicam anno 1953 publici iuris factae, textibus postea approbatis, introductione et tabulis aucta, in Bibliotheca «Ephemerides Liturgicae» - Subsidia. Instrumenta liturgica quarreriensia; supplementa 6, p. X. Faccio notare che non è chiaramente espressa l’edizione del 1585 consultata dai due autori: quell’anno vide infatti tre diverse edizioni dell’opera (Sessa, Niccolino, Giunta) anche se sostanzialmente identiche. Il testo dei due studiosi porta inoltre altre sviste quale il titolo dell’opera pubblicata nel 1523 che, a loro dire, sarebbe stata Sacerdotale, seu liber sacerdotalis collectus, mentre invece fu Liber sacerdotalis nuperrime (...).

8 Cf. Francesco MALGERI, CECCONI, Eugenio, in DBI, vol. 23(1979).

15

questo del Castellani trasse in gran parte il suo Sacerdotale sive sacerdotum thesaurus etc. Francesco Samarini, beneficiato della patriarcale arcibasilica Lateranense nel 1579. Il Sacerdotale del Castellani fu bensì riveduto ed emendato per ordine di Pio IV, ma non espressamente approvato, checchè ne dica il frontespizio di codesto libro. Da questi antichi Sacerdotali, sopra tutto dal rituale del cardinale Santorio detto di s. Severina, fu estratto, sotto il Pontefice Paolo V, il nostro moderno rituale. Possono vedersi su tal proposito, oltre la Costituzione di Paolo V Apostolicæ sedi del 17 giugno 1614, posta in fronte al nostro rituale, il Ciacconio nella vita del cardinale di S. Severina (Tom. III, pag. 1044), Benedetto XIV (De Synodo dioec. lib. VII, cap. XV, num. 6), ed il P. Zaccaria (Biblioth. ritual., tom. I, lib. I, cap. 5, art. 8). Dell'opera del Castellani esistono varie edizioni, con qualche variante nel frontespizio. Quella da noi citata è del 1597, una delle più recenti9.

Si riconosceva perciò in Alberto da Castello l’«inventore» del libro liturgico

specifico per il ministero del sacerdote che dal 1614 in poi fu chiamato Rituale

romanum.

L’opera di Alberto da Castello è stata recentemente oggetto di attenzione anche

in studi liturgici di area anglofona. Ricordo l’opera di O. Hughes Oliphant10, J.F. White11,

e J. Lara nell’opera curata da G. Wainwright, K. Beth e W. Tucher12. Ricordo inoltre altri

studi di area tedesca13.

O. Hughes Oliphant sottolinea che – contrariamente al tardo Medioevo – l’opera

di Alberto da Castello tendeva ad una uniformazione dei riti e inoltre sottolinea la sua

influenza sul Rituale Romano di Paolo V del 1614 lasciando quasi intendere che il

primo sia “transitato” nel secondo o per lo meno che la formulazione finale del rito del

battesimo nel Rituale romano sia pesantemente debitrice nei confronti della sua

opera.

While the spirit of the late Middle Ages cherished the local variety, the spirit of the Renaissance and the new Christian Humanism preferred a more universal approach. In regard to the rite of baptism, the new desire for liturgical uniformity first emerged in the work of the Venetian Dominican Alberto Castellani, who in 1523 published an order for the administration of baptism which aimed at establishing a

9 Eugenio CECCONI (?), Archivio liturgico, in Archivio dell’ecclesiastico, anno I (1864) 449 in nota.

Essendo una raccolta e pubblicazione che desiderava riprendere documenti ufficiali e voleva rispondere a delle domande concrete sulla base di posizioni in merito alle quali la Chiesa si era già ufficialmente espressa, le raccolte di documenti e le trattazioni accluse non portano il nome di alcun autore o curatore, per lo meno nel volume 1 che ho consultato. F. Malgeri ricorda che alla rivista, per espresso invito di Cecconi, collaborarono anche Geremia Bonomelli (1831-1914) e Giovanni Perrone (1794-1876). La rivista cessò cinque anni dopo, nel 1868.

10 Old HUGHES OLIPHANT, The Shaping of the Reformed Baptismal Rite in the Sixteenth Century, ed.

Wm. B. Eerdmans Publishing Co., Grand Rapids (Michigan, USA) 1992, p. 5-6. 11

James F. WHITE, Roman Catholic Worship. Trent to Today, prefazione a cura di Nathan D. MITCHELL,

Liturgical Press, Collegeville (Minnesota, USA) 2003, 2a edizione. 12

Geoffrey WAINWRIGHT – Karen BETH – Westerfield TUCHER (EDD.), The Oxford history of Christian

worship, Oxford University Press, Oxford-New York 2006. 13

Hermann Josef SPITAL, Der Taufritus in den ersten gedruckten Ritualen bis zur Einführung des

Rituale Romanum, Aschendorffsche Verlagsbuchhandlung, Münster 1968.

16

more universal rite. One notices that the work of Castellani first appears in 1523, the same year in which both Martin Luther and Leo Jud published their first German baptismal rite. The work of Castellani was destined for every bit as much success as the work of the Reformers. On his work would be based the final formulation of the Roman baptismal rite which was established by Pope Paul V in 1614, and was used by Roman Catholic Churches until very recently.14

J.F. White, nel primo capitolo del suo studio relativo all’eredità del Concilio di

Trento, nella sezione relativa agli autori e agli eventi liturgici annovera Alberto da

Castello e il Liber sacerdotalis, ma le informazioni da lui riferite15 si basano e

sintetizzano esclusivamente lo studio di P. Jounel il quale a sua volta si basava per

alcune informazioni sull’articolo di Cattaneo del 1967 (come si desume da alcune

imprecisioni del Cattaneo che da White sono fedelmente riportate quali, ad esempio, il

cambiamento del titolo da Liber sacerdotalis a Sacerdotale che il Cattaneo riteneva

essere avvenuta già alla seconda edizione mentre invece intervenne solamente a

partire dalla quarta edizione del 1554), e per altre informazioni si basava sull’analisi

succinta – ma diretta – del volume16.

J. Lara nel suo studio intitolato Roman Catholics in Hispanic America, indica il

volume di Alberto da Castello quale fonte principale dei rituali di battesimo degli adulti

che si diffusero nelle Americhe per le conversioni e i battesimi di massa conseguenti

alla conquista. Lo studioso infatti afferma:

14

Old HUGHES OLIPHANT, The Shaping of the Reformed Baptismal Rite in the Sixteenth Century, ed.

Wm. B. Eerdmans Publishing Co., Grand Rapids (Michigan, USA) 1992, p. 5-6: «Mentre lo spirito del tardo Medioevo accarezzava la varietà locale, lo spirito del Rinascimento e il nuovo umanesimo cristiano preferivano un approccio maggiormente universale. A proposito del rito del battesimo, il nuovo desiderio di uniformità liturgica emerse per la prima volta nell’opera del domenicano Veneziano Alberto Castellani, che nel 1523 pubblicò un rituale per l’amministrazione del battesimo che aveva lo scopo di fissare un rito maggiormente universale. Si nota che l’opera del Castellani appare per la prima volta nel 1523, il medesimo anno nel quale sia Martin Lutero che Leo Jud pubblicano il loro primo rito tedesco del battesimo. L’opera di Castellani era destinata comunque ad avere successo tanto quanto quella dei riformatori. Sul suo lavoro sarebbe stata basata la formulazione finale del rito romano del battesimo che fu stabilito dal papa Paolo V nel 1614, e fu usato dalle chiese cattoliche romane fino all’epoca assai recente» (la traduzione è mia).

15 James F. WHITE, Roman Catholic Worship, p. 8-9: «La maggior parte del Rituale Romano era basato

sull’opera del domenicano Alberto Castellani che aveva pubblicato un libro per i sacerdoti nel 1523, e su un rituale successivo (1601) operato dal Cardinal Giulio Antonio Santori. Papa Paolo V esortò i vescovi e i sacerdoti ad usare il nuovo Rituale, ma non lo prescrisse in via obbligatoria. Risultato di ciò fu che “Al di fuori dell’Italia, il Rituale romano non si imporrà affatto nella sua integralità prima della metà del diciannovesimo secolo, e numerose diocesi conservarono fino al Concilio Vaticano II delle appendici locali”» (Much of the Roman Ritual was based on work by the Dominican Alberto Castellani, who published a book for priests in 1523, and on a subsequent ritual (1601) undertaken by Cardinal Giulio Antonio Santori. Pope Paul V urged bishops and priests to use the new Ritual, but he did not mandate it. As a result, “outside of Italy, the integral Roman Ritual was received hardly anywhere before the middle of the nineteenth century, and down to Vatican II many dioceses had their local appendixes to it).

16 Pierre JOUNEL, Il Pontificale e il Rituale, in Aimé Georges MARTIMORT (ed.), La Chiesa in preghiera,

vol. 3, p. 22-25.

17

An examination of the sources reveals that among the books that the friars had brought with them was the Liber sacerdotalis (Priest’s Handbook) of the Dominican Alberto Castellani (or da Castello). It had been first printed in Venice in 1523 for the conversion of Muslims and Jews in southern Europe, and thus was well suited to be used for similar conversions on the other side of the Atlantic. In his preface, the author states that he did his research in the Vatican Library, where he had found manuscripts of the “ancient and venerable customs and rites of the Western church”. The rites were perfectly adaptable to the new situation of mass conversions of adult Aztecs, Mayas and Incas17.

Non sappiamo, e il testo non è esplicito in questo, da dove J. Lara desuma la

notizia che Alberto da Castello avesse pubblicato il proprio testo a Venezia «per la

conversione dei Musulmani e dei Giudei nel sud dell’Europa». In ogni caso ci tengo a

precisare che lo studio di J. Lara prende in esame solo il rito del battesimo degli adulti

e non tutto il resto dell’opera.

Queste brevi note aiutano comunque a cogliere l’importanza dell’opera di

Alberto da Castello, in particolare la vastità della materia e dei rituali da lui raccolti nel

proprio volume e, soprattutto, l’influsso che la sua opera ebbe direttamente o

indirettamente sullo sviluppo del Rituale romano del 1614.

Prima però di addentrarci in qualsivoglia analisi del contenuto dell’opera è

necessario prendere in considerazione l’autore e le edizioni che veicolarono tale

contenuto il quale, a motivo degli eventi ecclesiali intercorsi in quel secolo – quali il

Concilio di Trento – e a motivo dei vari interessi che si concentrarono su tale opera sia

dal punto di vista editoriale che dal punto di vista del suo utilizzo pastorale, portarono

a delle variazioni non trascurabili nel contenuto dell’opera, o con ritocchi del testo o

con addizioni ai contenuti medesimi.

Tenteremo pertanto di scavare nella realtà storica della Venezia del XVI secolo,

dove furono stampate tutte le copie del Liber sacerdotalis poi diventato Sacerdotale, e

tenteremo di vagliare le diverse scelte editoriali che in tale secolo si avvicendarono per

rispondere a semplici ma fondamentali domande: quali interessi portarono al

moltiplicarsi di tali edizioni? Il fenomeno riscontrabile relativamente al Liber

17

Jaime LARA, Roman Catholics in Hispanic America, in Geoffrey WAINWRIGHT – Karen BETH –

Westerfield TUCHER (EDD.), The Oxford history of Christian worship, Oxford University Press, Oxford-New York 2006, p. 633-650, qui p. 635-637: «Un esame delle fonti rivela che tra i libri che i frati si erano portati appresso era il “Liber sacerdotalis” (manuale dei sacerdoti) del domenicano Alberto Castellani (o da Castello). Era stato pubblicato per la prima volta a Venezia nel 1523 per la conversione dei Musulmani e dei Giudei nel sud dell’Europa, e pertanto era assai adatto per essere usato per le conversioni simili dall’altra parte dell’Atlantico. Nella sua prefazione, l’autore afferma che egli aveva compiuto le proprie ricerche nella biblioteca vaticana dove aveva trovato dei manoscritti delle “antiche e venerabili consuetudini e riti della chiesa occidentale”. I riti erano perfettamente adattabili alla nuova situazione di conversioni di massa degli adulti Aztechi, Maya e Incas» (la traduzione è mia).

18

sacerdotalis fu un fenomeno isolato o si inscrisse dentro un interesse più ampio

relativo alla collazione e stampa di libri liturgici e direttori per sacerdoti analoghi ad

esso? Dato che Alberto da Castello era già defunto al momento della seconda edizione

del 1537, chi sostenne e guidò le successive edizioni? Per quali motivazioni e per quali

finalità?

1.2. ALBERTO DA CASTELLO AUTORE DEL «LIBER SACERDOTALIS»

Diverse sono le notizie relative all’autore del Liber sacerdotalis e le desumiamo

da diverse fonti bibliografiche che andremo citando mano a mano che affronteremo i

singoli dati.18

1.2.1. Castellani, Castellano, da Castello o de Castello?

Sul nome del padre domenicano – Alberto in italiano, Albertus in latino – autore

del testo oggetto del nostro studio non c’è alcun dubbio. Ma su quello che oggigiorno

chiameremmo il «cognome» ci sono parecchie incertezze. Tali incertezze sono il

risultato dell’incertezza con la quale le fonti biografiche o bibliografiche lo hanno

citato.

L’Istituto Centrale per il Catalogo Unico (ICCU) ad esempio, ha effettuato la scelta

di catalogarlo come “Alberto da Castello” citando però diverse fonti e le diverse

denominazioni da esse usate: l’enciclopedia italiana di Scienze lettere ed arti (Treccani)

che lo chiama «Alberto di Castello»); l’Indice Biografico italiano a cura di Nappo lo

chiama «Alberto Castellani»; l’Index biobibliographicus notorum hominum e il

Dizionario Biografico degli Italiani lo chiama «Alberto Castellano»; i cataloghi delle

diverse biblioteche (British Library, Bibliothèque Nationale de France, la Bayerische

Staatsbibliothek e il catalogo approntato a Boston per i libri in italiano delle biblioteche

nordamericane) lo chiamano, analogamente all’ICCU, «Alberto da Castello».

In anni recenti, nel 1978, M. Palma, nel Dizionario Biografico degli italiani (DBI) lo

cita come «CASTELLANO (da Castello)» così come qualche anno prima, nel 1949, A.

18

Cf. Marco PALMA, CASTELLANO (da Castello) Alberto, in DBI vol. 21 (1978), p. 642-644, con una

abbondante bibliografia. Angelo WALZ, «Castellano (de Castello) Alberto», in Enciclopedia Cattolica, vol. III, Roma 1949, coll. 1018-1019. Raymond CREYTENS, «Les écrivains dominicains dans la Chronique d'Albert de Castello (1516)», in AFP XXX (1960), pp. 227-313.

19

Walz, nell’Enciclopedia Cattolica, lo citava come «Castellano (de Castello)»19, in modo

tale che, accanto a «Castello» veniva specificato a volte il “da” italiano e a volte il “de”

latino per la sua provenienza.

Fu negli anni sessanta del XX secolo che il Cattaneo, nelle sue pubblicazioni, lo

citò come «Castellani»20 influenzando così, a mio giudizio, parte della letteratura

successiva quali Nocent,21 Folsom,22 Scicolone,23 Jounel,24 ricordando però in un’altra

pubblicazione25 – la quale riportava in verità il lavoro dei decenni precenti – che

l’autore può essere chiamato anche «da Castello».

L’utilizzazione della forma plurale, «Castellani», che potrebbe sembrare apparsa

di recente, non è affatto recente. La troviamo testimoniata già nel XIX secolo e più

volte. Così lo cita l’Archivio dell’ecclesiastico nel 186426; ancor prima Diclich nel suo

Dizionario sacro liturgico nel 183627, e precedentemente ancora l’Alberghetti nel suo

Compendio della storia civile ed ecclesiastica28 nel 1810.

Certo è che la denominazione al plurale, “Castellani” – salvo mio errore o

abbaglio – non si ritrova antecedentemente al XIX secolo perché nel XVIII, quando

Benedetto XIV lo cita nella sua opera De synodo diocesana lo chiama Albertus

Castellanus29 e la stessa cosa fa Zaccaria nel 1776 nella sua Bibliotheca ritualis

chiamandolo alla stessa maniera30.

19

WALZ, Castellano (1949) 1018-1019. 20

Enrico CATTANEO, Il rituale romano di Alberto Castellani, in Miscellanea liturgica in onore di sua

Eminenza il Cardinale Giacomo Lercaro Arcivescovo di Bologna presidente del «Consilium» per l’applicazione della Costituzione sulla sacra liturgia, vol. II, Roma 1967, pp. 629-647.

21 Nocent ADRIEN, Storia dei libri liturgici romani, in S. MARSILI – J. PINELL – A. M. TRIACCA – T. FEDERICI – A.

NOCENT – B. NEUNHEUSER (edd.), Anàmnesis 2 (La Liturgia, panorama storico generale), Marietti, Casale Monferrato 1978, 147-183, qui p. 170.

22 Cassian FOLSOM, I libri liturgici romani, in Scientia Liturgica. Manuale di liturgia 1 (Introduzione alla

liturgia) a cura di Anscar J. CHUPUNGCO, p. 263-330, qui p. 329. 23

Ildebrando SCICOLONE, Libri Liturgici, in NDL, Roma 1984, pp. 701-713, p. 1015. 24

Pierre JOUNEL, Il Pontificale e il Rituale, in Aimé Georges MARTIMORT (ed.), La Chiesa in preghiera,

vol. 3, Queriniana, Brescia 20023 (edizione originale L’Église en prière. Introduction à la Liturgie,

Desclée, Parigi 1984), p. 17-26, qui p. 23. 25

Enrico CATTANEO, Il culto cristiano in occidente. Note storiche, C.L.V. Edizioni Liturgiche, Roma 1978,

p. 287. 26

Eugenio CECCONI (?), Archivio liturgico, in Archivio dell’ecclesiastico, anno I (1864) 449 in nota. 27

Giovanni DICLICH, Dizionario sacro-liturgico, ed. Bragolin, Venezia 1836, p. 146. 28

Giuseppe ALBERGHETTI, Compendio della storia civile ecclesiastica e letteraria della città d’Imola,

1810, p. 64. 29

BENEDETTO XIV, De synodo diocesana, in Benedicti XIV pont. opt. max. olim Prosperi Cardinalis de

Lambertis operum editio novissima ad postremam remondinianam omnino exacta, tomo XI, Alber Ghettus et soc., Prato 1844.

30 Francesco Antonio ZACCARIA, Bibliotheca ritualis, tomo I, Roma 1776: Libro I, Capitolo V, Articolo III,

1: Primus inter editos Romanae Ecclesiae libros Rituales occurrit qui Romae MDXXXVII prodiit 4. &

20

Ma come «si firmava» lo stesso Alberto da Castello? Nella propria opera Rosario

de la gloriosa Vergine Maria pubblicato nel 1522 egli si definisce «Alberto castellano

Veneto»31. Nella lettera dimissoria, la excusatio authoris ad lectorem che compare già

a partire dalla prima edizione del Liber sacerdotalis (1523) – che ritengo stilata da

Alberto da Castello medesimo anche se in terza persona – si indica l’autore sempre,

anche se in latino, Albertus Castellanus Uenetus.

Appare dunque chiaro che Alberto da Castello medesimo preferisse chiamare se

stesso “Castellanus” nelle missive e nei testi latini e “Castellano” o “castellano” nei

testi italiani. Al contrario il Vicario Generale e viceprocuratore dell’Ordine dei frati

predicatori, fr. Antonio De Ferraria, il 12 maggio 1523 annotava:

Data est commissio Rev. S. Theol. professoribus fr. Gaspari de Perusio et

fr. Benedicto de Foiano, ut examinent causam inter mag. Marcum Antonium

Venetum et fr... et etiam inter ipsum fr. Marcum Antonium Venetum et fr.

Albertum de Castello, 12 Maii 1523.32

Egli utilizzava pertanto la denominazione latina “de Castello”, che sarà poi la

denominazione usata anche in epoca moderna da R. Creytens33, al contrario della

scelta onomastica che avevano operato nei primi decenni del XVIII secolo J.Quetif ed

sequente anno recusus Venetiis fuit in 4 apud heredes Petri Rabanis inscriptus «Sacerdotale» seu «liber sacerdotalis collectus», Leonis X auctoritate approbatus; itemque Venetiis MDLV apud Petrum Rosellvm (sic) 4. MDLXVII ex officina Petri Liechtenstein & MDXCVI apud Ioh. Baptistam & Ioh Bernardum Sessam 4 praenotatus Sacerdotale ad consuetudinem Sacrosanctae Romanae Ecclesiae, aliarumque Ecclesiarum. Auctor operis Albertus Castellanus ordinis Praedicatorum de quo Echardvs T. II. Scriptor ejus ordin. p. 48. Multo illud labore Castellanvs elucubravit, dicavitque Leoni X. P. M. Eo vero demortuo antequam typis traderetur, examinatum fuit jussu Pii IV atque emendatum. Non tamen fuisse a Pio IV adprobatum, sed privati auctoris opus esse, contra quam nonnullis visum est, cum Benedicto XIV in luculenta epistola ad Cardinalem Gvadagni suum in Urbe Vicarium a. MDCCLV perscripta confidenter adesimus. Faccio notare che da tale citazione si arguiscono diversi elementi. Innanzitutto che Zaccaria non era al corrente che l’edizione originale era del 1523 e non del 1537. Ci rende noto che l’anno seguente (1538?) fu edito dagli eredi di Pietro Ravani: probabilmente si confonde con l’edizione del 1548. Ha presente l’edizione del 1555 di Pietro Boselli, del 1567 di Lichtenstein e del 1596 di Sessa, tuttavia il titolo che cita, a motivo del sacrosanctae romanae ecclesiae è chiaramente l’edizione di Lichtenstein del 1567. Dal punto di vista liturgico ed ecclesiale è significativo che contesti l’informazione circa la revisione e l’approvazione del testo da parte di Pio IV (25/12/1559-09/12/1565). Circa tale millantata approvazione vedi note 159 a p. 100 e 160 a p. 100.

31 Alberto CASTELLANO, Rosario de la gloriosa Vergine Maria, Venezia 1522, p. 4r: Ca tutti gli deuoti in

Christo Jesu fratelli e sorelle scritti e che saranno scritti per lauenire nel sacro collegio e fraternita del Psalterio o vero Rosario della gloriosissima vergine Maria madre de Jdio e patrona nostra: Constituiti per tutte le parte del mondo frate Alberto castellano Ueneto nel ordine delli frati predicatori minimo manda la salute e la pace nel signore.

32 Gilles Gérard MEERSSEMAN OP – Dominikus PLANZER OP, Magistrorum ac procuratorum generalium

O.P. registra litterarum minora (1469-1523), Romae 1947, p. 151, n°80 e nota relativa. 33

CREYTENS, Les écrivains (1960), pp. 227-313 in particolare p. 229.

21

J. Echard34 con la denominazione “Albertus Castellanus” che è quella prediletta da

Alberto da Castello stesso per parlare di se stesso.

«Castellano Ueneto» fa riferimento al sestiere di Venezia?

Le fonti biografiche recenti mettono in relazione il suo appellativo/cognome

«Castellanus» «Castellano» con il sestiere Castello di Venezia, uno dei sei sestieri nei

quali era tradizionalmente suddivisa la città.35 Nelle fonti antiche la relazione non è

posta da Quetif-Echard, né azzardata da Walz36, mentre invece viene affermata da

Creytens37 e ripresa da Palma38.

C’è forse da mettere in dubbio tale ipotesi che è andata prendendo piede in

epoca moderna, probabilmente confondendo il fatto che il convento dei santi Pietro e

Paolo di Venezia presso il quale Alberto da Castello trascorse l’ultima parte della sua

vita si trova nel sestiere Castello e ipotizzando perciò quasi un “ritorno a casa” del frate

nell’ultima parte della sua vita, mentre invece sembra strano, se così fosse, che egli

fosse entrato nell’ordine dei frati predicatori a Brescia e non a Venezia.

Se si opera un’indagine sull’onomastica nelle fonti domenicane coeve, la

citazione del sestiere nei nomi veneziani dell’epoca è assolutamente inusuale così

come è inusuale l’uso di venetus per indicare una provenienza dalla città di Venezia. A

prova di ciò possiamo constatare che nello stesso registro del Maestro dei frati

predicatori si parla di fr. Ioanni Francisco de Venetiis, o di fr. Fancisco Salanza de

Venetiis,39 così come per tanti altri frati si indica con il de la città di provenienza o la

regione di provenienza ma mai un quartiere di una città e tantomeno di un sestiere

della città di Venezia. L’ipotesi pertanto assai più probabile che qui avanzo, è che il

“Castello” faccia riferimento non al sestiere della città di Venezia, ma alla zona

adiacente alla città di Castello o alla città di Castello medesima, nota oggigiorno come

“Castelfranco Veneto”, come avrò modo di argomentare più oltre.

1.2.2. Le fonti dei dati biografici di Alberto da Castello

Certamente dobbiamo annoverare tra le fonti più antiche Sansovino (1581),

Superbi, ma soprattutto Quetif-Echard che, per la mole e la sistematicità dei dati

34

QUÉTIF – ECHARD, Scriptores (1721), vol. II, p. 48. 35

Che sono: Dorsoduro, Santa Croce, San Polo, San Marco, Cannaregio e Castello. 36

WALZ, Castellano (1949) 1018: dove lo definisce solamente «oriundo di Venezia». 37

CREYTENS, Les écrivains (1960), p. 229: Albert de Castello, originaire du «sestiere» de Venise

qu’indique son nom... 38

PALMA, Castellano (1978), p. 642: Nacque a Venezia, nel sestiere di Castello da cui prese il nome. 39

Gilles Gérard MEERSSEMAN OP – Dominikus PLANZER OP, Magistrorum ac procuratorum generalium

O.P. registra litterarum minora (1469-1523), Romae 1947, p. 153. p. 155.

22

forniti, tanta influenza ebbero sugli scrittori successivi. Riportiamo qui le suddette fonti

sulla cui autorità discuteremo.

Francesco Sansovino (1521-1583)

Francesco Sansovino scrive nel 1580 a poco più di mezzo secolo dalla morte di

Alberto da Castello. Dalla sua opinione in parte anche Quetif-Echard sembrano

dipendere. Annotava:

Scrittori veneti. In questi anni furono illustri nelle lettere. Alberto Castellano dell’ordine dei Predicatori, e scrisse De virtutibus moralibus, una Cronica dell’ordine dei Predicatori. Vn catalogo de gli huomini illustri del suo ordine, e corresse il Catalogo de Santi di Pietro de Natali40.

Agostino Superbi (†1634)

Il frate minore autore di numerose opere di tenore storico divulgativo arricchite

soprattutto da immagini, annovera anche Alberto da Castello tra i personaggi storici

della città di Venezia ma, come apparirà dal giudizio di Quetif-Echard, con dati molto

approssimativi.41

Quetif-Echard (1719-1721)

Quetif-Echard invece nel 1721 scrivevano nel secondo volume degli Scriptores

ordinis praedicatorum recensiti tutti i dati a loro disposizione desunti sia da fonti

storiche quali il Sansovino e il Superbi, sia dalla documentazione interna all’ordine dei

predicatori, quali il carteggio di Alberto da Castello stesso al Generale dell’ordine.

Dimostrano inoltre di desumere altri dati dalla consultazione diretta delle opere curate

da Alberto da Castello e di potere condurre tale consultazione direttamente sugli

esemplari custoditi nella regia biblioteca di Parigi.

F. Albertus Castellanus

F. Albertus Castellanus Italus patriaque Venetus a nostris et ab extraneis

sæpe memoratus, editis in lucem propriis, aliorumve recensitis operibus,

aliquod sibi nomen apud posteros fecit.

Cœnobii SS. Joannis et Pauli Veneti fuisse alumnum ait Augustinus

Superbi, et ex concinnatis ab eo editionibus, quas e conventu SS. Johannis et

Pauli dicat omnes, videtur constare.

Floruit circa finem XV et sub initia sequentis XVI seculi, ut probant libri

ab eo typis commissi.

40

Francesco SANSOVINO, Venetia città nobilissima et singolare, Venezia 1581, p. 253v. 41

Agostino SUPERBI, Trionfo glorioso d’heroi illustri, et eminenti dell’inclita, & marauigliosa città di

Venetia li quali fiorirono nelle dignità ecclesiastiche, nell’armi, e nelle lettere. Diviso in tre libri, per Euangelista Deuchino, Venezia 1629.

23

Anno MDVII ad Thomam Cajetanum tum ordinis vicarium generalem

scribens, et constitutiones nostras nuncupans, ab annis jam viginti librorum

edendorum accurationi magistrorum ordinis Joachimi Turriani, Vincentiique

Bandelli auctoritate praefectum se testatur, pluraque suis curis et solicitudine,

uti subdit ibidem, præsertim ecclesiastica jam tum e prælo prodierant, qui

proinde tum ætate maturus esse debuerit quinquaginta circiter annorum.

Quibus autem anno et loco e vita migraverit nobis incompertum, quem

facile tamen in patria domoque sua nativa paulo post Loredanum LXXIV

Venetorum ducem, qui rempublicam administravit a MDI ad MDXXI, cum

Sansovino Hist. Venet. fol. 253 obiisse conjectamur: emendandique tum

Augustinus Superbi lib. 3 p. 98 qui Castellanum inter historicos ad annum

1568 pervenisse putat, quod veri speciem excedit, nisi Nestoreos illi tribueris

annos, et sexies septiesve viginti vixisse dixeris.

Haec ejus curis e praelo prodierunt:

Biblia Latina cum pleno apparatu tersissime et nitidissime impressa. Ad

calcem sic legitur Hoc opus per praestantissimum sacrae theologiae

professorem F. Albertum Castellanum Venetum ord. Prædic. emendatum atque

impressum characteribus Venetis, Venetiis apud Juntas 1506 fol. Lugduni

apud Jacobum Sacon 1506 in fol.

Eadem altera editione cum hac nota ad finem: Biblia cum concordantiis

veteris et novi testamenti, nec non et juris canonici, ac diversitatibus textuum,

canonibusque evangeliorum, ac quibusdam temporum incidentibus in margine,

positis etc. per venerabile patrem F. Albertum CAstellanum Venetum ord.

Præd. studiosissime revisa, correcta, emendata, et ad instar correctissimorum

exemplarium tam antiquorum quam novorum incontrata, comparata, et

collata, etc. Venetiis, impensis Lucæ Antonii de Giunta Florentini 1519 die 15

octob. in 8, charact. Goth.

Sermones B. Zenonis Veronensis episcopi.

Homiliæ et admonitiones B. Cæsarii Arelatensis episcopi.

Sermo de laudibus B. V. Mariæ ex authenticis SS. doctorum dictis

compilatus. Quæ uno volumine prodierunt. Ad calcem sic legitur:

Sermones in hoc volumine positi, et nunquam alias impressi, solertissime

recogniti, et studiosissime per ven. F. Albertum Castellanum ord. Præd.

correcti, Venetiis typis Jacobi de Leuco, impensis Benedicti Fontana 1508

januar. 24 in 8.

Alva sermonem illum ex SS. centonibus concinnatum Castellani ipsius

opus esse conjicit, eumque in suam bibliothecam virginalem intulit T. I p. 752

Matriti 1648 fol.

Editionem hanc sermonum B. Zenonis Venetam cur Guarino Veronensi

vulgo tribuant, nescio, nisi forte Guarinus codicem MS invenerit primus, et

Alberto tradiderit typis committendum.

Pontificale secundum ritum Romanae Ecclesiæ emendatum primum a

Jacobo de Lutiis episcopo Cajacensi, et Joanne Burckardo cærimoniarum

papæ magistro Romæ typis Stephani Plannck 1497, cum multis additionibus ex

recognitione F. Alberti Castellani Veneti ord. Prædic. Venetiis, Luc. Ant.

Giunta 1520 in fol. Leoni X Albertus nuncupavit.

24

Extat hæc editio Paris. in Regia E 2934. Hoc opus a Miræo Bibl. parte

altera p. 3 dicitur, Sacerdotale Romanæ Ecclesiæ.

Secutæ sunt aliæ editiones, una Pii IV auctoritate emendata, Venetiis,

Juntarum 1561 fol. quæ etiam in Regia E 2935. Laudatur & altera aucta &

emendata ad concilii Tridentini sanctiones, Venetiis 1579 fol.

Regula B. Augustini episcopi.

Constitutiones ordinis Prædicatorum, una cum adjectis ad singulos textus

opportune declarationibus quod Castellanus primus exequutus est.

Constitutiones monialium ejusdem ordinis.

Regula et privilegia Fratrum et Sororum de pœnitentia B. Dominici.

Liber de instructione officialium venerabilis Humberti magistri ordinis V.

Formularium electionum, confirmationum, et absolutionum priorum,

visitationum conventuum, judiciorum, et litterarum ad omne propositum, et

officii prioris provincialis directorium.

Item modus celebrandi capitula generalia et provincialia, eligendi

magistrum ordinis et priores provinciales.

Quae omnia Castellani curis una prodierunt Venetiis, Lazari de Soardis

1507 in 8, charact. Goth.

Ad finem formularii electionum legitur: R. P. F. Palmerio Botonto

procurante. Quæ indicant hoc formularium a dicto Palmerio concinnatum, et ut

typis daretur Castellano commissum.

Altera est eiusdem collectionis editio, quae curantibus patribus

congregationis Franciæ prodiit Lugduni, Ludovici Martini 1515 in 8. De ista

congregatione Franciæ locus erit agendi, ubi de Raimundo Gosino Tolosano

eius erectore.

Interea monendum in ista editione Lugdunensi titulos privilegiorum a

summis pontificibus concessorum ab editoribus fuisse mutatos, ut

congregationi Franciæ data viderentur, quæ reipsa primitus congregationi

utriusque Lombardiæ concessa sunt, ut ex privilegiorum ipsorum tenore

constat.

Nihil tamen contra veritatem egerunt editores illi, quia congregatio

Franciæ cum iisdem congregationis Lombardiæ privilegiis erecta fuit.

Id verò monendum fuit, ne quem læderet ista titulorum et ipsorum

privilegiorum in hac editione aliqualis dissensus.

Tabula super privilegia papalia ordini Prædicatorum concessa.

Privilegia majora et principaliora eiusdem ordinis.

Formularium electionum etc. idem quod supra.

Defensorium contra impugnantes Fratres Prædicatores, quod non vivant

secundum vitam apostolicam, editum a F. Jacobo de Voragine ord. Præd.

archiepiscopo Januensi.

Tractatus de proprio F. Raphaëlis de Promasio, sed hic mutilus.

Chronica brevis ab initio ordinis usque ad præsens tempus de omnibus

pontificibus Romanis et omnibus hujus Prædicatorum magistris generalibus, et

de viris illustribus tam sanctitate quam scientia præditis ipsius ordinis.

Hæc collectio Alberto Castellano vulgo ascripta prodiit primùm Venetiis,

Lazari de Soardis 1504 in 8.

25

De illa chronica monendum dici ex diversis chronicis ordinis, maxime ex

chronica F. Jacobi de Suzato excerptam. Hinc ejus non est, licet quandeque sub

ejus nomine citetur: at verisimilius est ab Alberto Castellano compilatam, in

qua chronicam Susati contraxerit, et ab anno MCCCCXV ad ann. MDIV

auxerit.

Plures postea secutae sunt editiones fere ad calcem constitutionum unde

Chronicon parvum ordinis dici consuevit, auctae illæ a variis juxta aetates, ac

pro arbitrio correctæ, nec dum tamen in ultima Romana anni 1690, quantum

res postulabat, emendatæ.

Catalogus illustrium ordinis virorum sub Castellani vel Alberti Veneti

nomine passim a Lusitano et aliis citatur, sed si a chronica mox laudata

distinctus, mihi plane incognitus est.

Catalogus sanctorum a Petro de Natalibus Veneto e regione Castellana

episcopo Equilino concinnatus, ab Alberto nostro a mendis expurgatus prodiit

Venetiis 1501 in fol. Sic Sansovinus.

Rosario de la gloriosa Vergine Maria. Opusculum tot prope iconibus

rudioribus ligneis vitam J. C. et B.V. repræsentantibus illustratum quot foliis

adversa pagina, Venetiis 1521 in 8.

Editiones a morte auctoris plures sequutæ sunt, Venetiis, Victoris della

Serena 1534 in 8 pp. 512, Ibid. Joann. de Varisco 1566 in 8, rursus ibid. Joan.

Andreæ Valvassori Guadagnino 1567 in 12 signat. A ad Y, cum similibus

iconibus sed brevioribus. Sunt forte et aliae a me non visae.

Tractatus de virtutibus moralibus. Sic Sansovinus.

Longe plura autem præsertim aliorum opera ejus curis edita quin sint haud

mihi dubium, cum ut supra ex ipso annotatum, annis viginti ante MDVII huic

labori operam daret, in illo nempe nascentis typographiæ fervore, sed quæ

veterum negligentia oblivione jam sunt sepulta42.

1.2.3. I dati biografici di Alberto da Castello

Premessa

Dopo avere esposto nel paragrafo precedente le fonti più antiche che sono alla

base di molte delle nostre conoscenze circa vita ed opere di Alberto da Castello,

tentiamo ora di esaminare i dati biografici essenziali e scarnissimi in nostro possesso e

di esaminarli criticamente.

Si dovrà cioè confrontare i pochissimi dati di quanti alla fine del XVI e nel XVII

secolo hanno scritto di lui – Sansovino e Superbi – con i dati ben più abbondanti forniti

nel XVIII secolo da Quetif-Echard e tralasciando i dati che ci pervengono da Benedetto

XIV e Zaccaria perché essi trattano più della sua opera, il Sacerdotale, che della sua

persona. Essi inoltre dimostrano di dipendere pesantemente, quanto a dati biografici,

42

QUÉTIF – ECHARD, Scriptores (1721), vol. II, p. 48a-49a.

26

da Quetif-Echard. Si dovranno ovviamente tralasciare le altre referenze bibliografiche

del XIX secolo perché, a quanto mi consta, nessuno in quel secolo si occupò di Alberto

da Castello se non per qualcuna delle sue opere.

Cercherò pertanto di esaminare i dati biografici di Alberto da Castello come sono

stati elaborati nel XX secolo da Hanssens nel 192343, da Walz nel 194944, da Creytens

nel 196045, da Cattaneo nel 196746, da Palma nel 197847.

Tentiamo di riordinare i dati in nostro possesso e di fare qualche passo ulteriore.

Anno di nascita

Nessuna delle fonti a noi note è riuscita a precisare l’anno e tantomeno la data

della sua nascita che rimane pertanto sconosciuta e viene calcolata a ritroso in modo

approssimativo a partire dall’informazione che Alberto da Castello stesso ci dà nel

dedicare il Liber sacerdotalis al papa Adriano VI (eletto papa il 9 gennaio 1522 e morto

il 14 settembre 1523) dove parla di cinquant’anni spesi nell’Ordine dei predicatori48:

questo è il dato che peraltro era già stato notato ed utilizzato da Quetif-Echard. Poiché

la dedica non può essere anteriore alla sua elezione a pontefice nel 1522, si colloca

approssivamente la sua data di ingresso nell’ordine attorno al 1470, e la nascita

attorno al 1450 ipotizzando che sia entrato nell’ordine da giovane attorno ai vent’anni.

Palma, seguendo Creytens, identifica il «fr. Albertus Venetus» citato nel capitolo

generale del 1508 con il nostro Alberto da Castello e interpreta l’appellativo di

«iubilarius» quale titolo onorifico. Ora il termine, più che indicare un titolo onorifico

indicherebbe secondo il lexicon infimae latinitatis «colui che ha perseverato per

cinquant’anni nel medesimo stato»49. In questo senso lo intende Creytens50 dal quale il

Palma sembra dipendere anche se Creytens approfondisce il significato assunto dal

termine all’interno dell’Ordine dei Predicatori e anche chi potesse fregiarsene e a quali

43

HANSSENS, Liber sacerdotalis (1923). 44

WALZ, Castellano (1949). 45

CREYTENS, Les écrivains (1960). 46

CATTANEO, Il rituale romano (1967). 47

PALMA, Castellano (1978). 48

Vedi a p. 78 la lettera di dedica. 49

DU CANGE, Glossarium mediae et infimae latinitatis, vol. 4, p. 432: «JUBILARIUS, qui quinquaginta

annos in eod. statu perseveravit». 50

CREYTENS, Les écrivains (1960), p. 231: C’est sans doute aussi signe de cette bienveillance qu’il faut

voir dans la nomination de Castello comme «jubilaire» au chapitre de Rome de 1508, où Cajetan venait d’être placé à la tête de l’Ordre. A cette époque Castello n’avait pas droit à ce titre, n’ayant pas encore accompli 50 ans dans l’Ordre, condition posée par le chapitre général de 1426.

27

privilegi accedesse51. Pensare ad un suo ingresso nell’Ordine dei frati predicatori

attorno al 1457 sarebbe forse eccessivo e presupporrebbe l’interpretazione di

«iubilarius» nel senso di «50 anni di professione religiosa». Ma forse si può mettere in

discussione il senso di iubilarius dato dal Du Cange e pensare invece al iubilarius quale

funzione liturgico-canora.52 Si potrebbe così capire maggiormente la competenza di

Alberto da Castello in materia musicale visto che appone al proprio testo parecchie

antifone musicate e anche un compendium musicæ, materia che non gli doveva essere

per nulla estranea. Questa è la mia ipotesi che qui formulo.

Quanto all’anno di nascita non penso, salvo rinvenimento di nuovi elementi e

nuovi documenti, che si possa procedere oltre per stabilirlo sulla base dei dati

attualmente noti.

Luogo di nascita

Palma afferma che nacque a Venezia nel sestiere di Castello da cui prese il nome,

verosimilmente intorno alla metà del sec. XV senza specificare da dove tragga tali

informazioni. Ci pare però che la sua fonte sia R. Creytens53 che parla di Venezia come

città natale (sa ville natale) e dice che egli è originaire du «sestiere» de Venise

qu’indique son nom54. Ma tale informazione da dove la deduce? È lui evidentemente

che compie l’identificazione avendo “scoperto” che il convento dei santi Giovanni e

Paolo a Venezia – dove Alberto da Castello vive parecchi anni nell’ultima parte della

sua vita – si trova nel sestiere Castello.

Creytens inoltre dimostra di intendere l’aggettivo uenetus nel senso di

«originario della città di Venezia» e non nel senso lato di «originario del territorio

51

Cita MOPH VIII, 183 dove si afferma: «Fratres iubilarii in nostro ordine existentes in festis

duplicibus et supra ad divina officia possint et debeant in tabula notari, invalidis dumtaxat exceptis, nolentes ut aliquis iubileum facere possit, nisi quinquaginta annis ab ingressu ordinis perseveraverit in eodem». Ricorda poi che il capitolo generale di Strasburgo del 1417 (MOPH VIII, 152) aveva esigito solamente 40 anni di vita religiosa. Continua affermando che «avanziamo questa ipotesi se non sotto una certa riserva, dal momento che è possibile che Castello avesse ottenuto questo privilegio per avere introdotto sei novizi nell’Ordine conformemente alla disposizione del Capitolo generale di Roma del 1484 (MOPH VIII,380): Volumus ut quicumque frater sex novicios ad ordinem introduxerit eosque in predictis instrui curaverit et eos sustentaverit, pro iubilario habeatur et sit de facto» (la traduzione dal francese è nostra). Cf. CREYTENS, Les écrivains (1960), p. 231 nota 19.

52 Cf. l’iscrizione «R[EVERENDUS] D[OMINUS]. IO[HANN]ES BLOCQUERIE. HUIUS. ECCL[ESI]AE.

CAN[ONI]C[US] CANTOR P[RES]B[ITE]R. IUBILARIUS D[ONUM] D[EDIT]. AN[N]O 1654» in Paul Bruyère, La collégiale Saint-Martin & Saint-Hadelin de Visé, Visé 2010.

53 CREYTENS, Les écrivains (1960), p. 229. Cf. nota 59.

54 CREYTENS, Les écrivains (1960), p. 229. Vedi nota 10 dove segnala un altro Alberto da Venezia, ma,

dice celui-ci est à identifier avec Pierre de Castello de Venise.

28

veneto» e perciò parla anche dell’altro Petrus Castellanus Venetus e dimostra di

intenderlo alla stessa maniera55.

Ora sono diversi i domenicani di quel periodo che sono originari di Venezia e la

loro provenienza viene espressa chiaramente con l’aggiunta di de Venetiis: Antonius de

Venetiis, Dominicus Teste de Venetiis, Franciscus de Venetiis, Iacobus de Venetiis,

Hippolytus de Venetiis, ecc. senza mai fare menzione del sestiere di cui sono originari.

Che le fonti domenicane facciano eccezione per alcune persone, e solo per quelle che

si chiamano de Castello, sembra fuorviante.

Diversi altri nominativi invece presentano l’aggiunta del semplice venetus:

Antonius venetus, Archangelus venetus, Damianus venetus, Dionysius venetus, ecc.56

ad indicare la provenienza dalla regione veneta probabilmente da paesi non famosi e

non noti per cui si preferisce indicare genericamente la regione, come avviene per altri

confratelli provenienti da altre regioni.

L’informazione che Venezia fosse sua città natale non può nemmeno essere

assunta da Francesco Sansovino (1521-1583) che scrive a poco più di mezzo secolo

dalla morte di Alberto da Castello dal quale in parte anche Quetif-Echard sembrano

dipendere. Sansovino infatti, che terminava la sua cronaca nel 1580, annovera

«Alberto Castellano» tra gli scrittori veneti:

Scrittori veneti. In questi anni furono illustri nelle lettere. Alberto Castellano dell’ordine dei Predicatori, e scrisse De virtutibus moralibus, una Cronica dell’ordine dei Predicatori. Vn catalogo de gli huomini illustri del suo ordine, e corresse il Catalogo de Santi di Pietro de Natali57.

Anche Quetif-Echard, che citano il Sansovino, si sono posti il problema.

Affermano che «Alberto Castellano è spesso ricordato dai nostri e dagli estranei essere

italiano e di avere il Veneto per patria»58 (F. Albertus Castellanus Italus patriaque

Venetus a nostris & ab extraneis sæpe memoratus). Ma dopo avere parlato dei compiti

affidatigli all’interno dell’ordine formulano una congettura riguardo al luogo di morte,

cioè che Venezia sia stata la sua patria:

Quibus autem anno et loco e vita migraverit nobis incompertum, quem facile tamen in patria domoque sua nativa paulo post Loredanum LXXIV Venetorum ducem,

55

Vedi nota precedente. 56

Ci è stato sufficiente consultare l’Archivum Fratrum Praedicatorum vol. V (1935) che contiene

anche i supplementi agli atti dei capitoli generali degli inizi del XVI secolo ed esaminare l’onomastica di quel periodo.

57 Francesco SANSOVINO, Venetia città nobilissima et singolare, Venezia 1581, p. 253v.

58 QUETIF–ECHARD, Scriptores Ordinis, II, p. 48A: F. Albertus Castellanus Italus patriaque Venetus a

nostris & ab extraneis sæpe memoratus.

29

qui rempublicam administravit a MDI ad MDXXI, cum Sansovino Hist. Venet. fol. 253 obiisse conjectamur.

Dunque le informazioni finora riferite da tutte le fonti sono basate sulla

congettura di Quetif-Echard che Creytens in epoca moderna ha riportato collegando il

Castellanus al sestiere Castello di Venezia, ma, come ho mostrato prima, si tratta di

una conclusione impropria.

Personalmente ritengo più logico formulare un’altra ipotesi, anche questa volta

basata sul Quetif-Echard. Quando i due autori trattano dell’edizione del catalogus

sanctorum di Pietro de Natali affermano: «Catalogus sanctorum a Petro de Natalibus

Veneto e regione Castellana episcopo Equilino concinnatus...» dove si può supporre

che la regione Castellana facesse riferimento alla zona di Castelfranco Veneto.

Anch’egli, come Alberto da Castello, viene talvolta scambiato come “veneziano”, ma

come Quetif-Echard ricordano è della regione Castellana.

Ritengo perciò che l’indicazione più volte ricordata dallo stesso Alberto da

Castello nelle sue opere, Albertus Castellanus Venetus ci indichi il suo luogo di nascita e

l’origine nella città di Castello (oggigiorno Castelfranco Veneto), per il fatto che quasi

mai omette di ribadire di essere castellanus uenetus, che pertanto ritengo più

opportuno significhi «della città di Castello che si trova nella regione veneta» per non

confondere la città di Castello con altre città omonime situate in altre regioni.

L’ingresso nell’Ordine dei frati predicatori

M. Palma afferma, basandosi probabilmente sempre sugli studi di Creytens59:

Verso il 1470 dovette vestire l’abito domenicano, che nel 1523 aveva portato per oltre mezzo secolo, come egli stesso afferma dedicando ad Adriano VI il Liber sacerdotalis.60

Riguardo al suo ingresso nella vita religiosa non possiamo dire di più di quanto

Alberto da Castello stesso afferma nei suoi scritti, in particolare nella sua dedica del

Liber sacerdotalis ad Adriano VI. Tutti coloro che si sono occupati della vita di Alberto

da Castello calcolano il suo ingresso nella vita religiosa a partire da quella

testimonianza di Alberto da Castello medesimo. Così anche Creytens:

Albert de Castello, originaire du sestiere de Venise qu’indique son nom, se fit dominicain, non pas dans sa ville natale mais a Brescia où il prit l’habit pour le couvent de Saint-Dominique vers 1470. Nous déduisons cette date du fait qu’il comptait un peu plus de cinquante ans de vie religieuse en 1522-3 ; il le dit dans son «Liber Sacerdotalis» dédié au pape Adrien VI. La date de sa naissance doit donc se placer dans les premières années de la seconde moitié du XVe siècle, vers 1450-5. L’histore

59

CREYTENS, Les écrivains (1960), p. 229. 60

PALMA, Castellano (1978), p. 643.

30

n’a conservé aucun souvenir de ses premières années de vie religieuse, ni des circonstances et lieux où il fit ses études. La première mention qu’on trouve de lui dans les registres des maîtres généraux date du 28 février 1489. C’est sa transfiliation du couvent de Brescia à celui de S.-Pierre-Martyr de Murano. Fr. Albert y demeura 4 années.61

Fino a nuovi ritrovamenti documentari ritengo che non si possa procedere oltre.

Il periodo bresciano della sua vita religiosa

Gli studi più approfonditi finora rimangono quelli di Creytens il quale dichiara che

quasi nulla possiamo affermare di Alberto da Castello riguardo al periodo bresciano

della sua vita religiosa.

L’histoire n’a conservé aucun souvenir de ses premières années de vie religieuse, ni des circonstances et lieux où il fit ses études. La première mention qu’on trouve de lui dans les registres des maîtres généraux date du 28 février 1489. C’est sa transfiliation du couvent de Brescia à celui de S.-Pierre-Martyr de Murano. Fr. Albert y demeura 4 années. Le 7 février 1493 maître Ioachim Torriani le renvoya dans son couvent de Brescia, annulant, on ne sait pourquoi, la transfiliation susdite.62

In nota Creytens appone i riferimenti alle fonti domenicane di tale spostamento,

sia dal convento di s. Domenico di Brescia al convento di S. Pietro Martire di Murano63,

sia dello spostamento inverso da Murano a Brescia64.

Dalle informazioni di Creytens sembra dipendere Palma65.

A partire da quanto lo stesso Alberto da Castello dichiara, il periodo bresciano fu

quello dei suoi studi e anche del suo avvio all’attività di correttore di testi in vista della

pubblicazione.

Dice Creytens:

A Brescia fr. Albert passa les 15 années suivantes, occupé principalement à l’édition de livres, por la plupart religieux et édifiants, en latin ou en langue vulgaire. Il

61

CREYTENS, Les écrivains (1960), p. 229. 62

CREYTENS, Les écrivains (1960), p. 229. 63

CREYTENS, Les écrivains (1960), p. 230, nota 12: Fr. Albertus de Venetiis transfertur de provincia

Lombardie et conventu Brixiensi ad provinciam S. Dominici et conventum Murrianensem, interveniente assensu vicarii generalis utriusque Lombardie et Maioris partis fratrum prelibati conventus Murrianensis. Venetiis, 28 febr. <1489>. Cita l’archivio generale dell’Ordine dei Predicatori, Reg. Ioach. Torriani IV. 9, f. 58v.

64 CREYTENS, Les écrivains (1960), p. 230, nota 13: Fr. Albertus de Venetiis privatur filiatione conventus

S. Petri Martyris de Muriano et remittitur ad conventum suum originalem S. Dominici Brixie, non obstantibus quibusvis litteris etc. Die septima februarii <1493>, Venetiis. Reg. Ioach. Torriani IV. 10, f. 64r.

65 PALMA, Castellano (1978), p. 642b-643a: «Trascorse il periodo iniziale della sua vita religiosa nel

convento di Brescia, da cui il maestro generale dell’Ordine Gioacchino Torriani lo trasferì il 28 febbr. 1489 a quello, certamente a lui più gradito, di S. Pietro Martire a Muraino. Tuttavia il 7 febbr. 1493 fu rimandato, per motivi rimasti ignoti, al convento bresciano. I registri magistrali dell’Ordine recano ancora il suo nome alla data del 4 maggio del 1505, quando il nuovo generale Vincenzo Bandelli impose al Castellano e ad altri tre frati di restituire entro quindici giorni la somma che dovevano a un fra Giacomo da Milano».

31

avait choisi ce champs d’activité, au moins dès 1487, parce qu’il convenait le mieux à ses goûts et ses talents. Il s’y distinguait d’ailleurs, car les maîtres généraux Joachim Torriani et Vincent Bandello, comme leurs successeurs, lui confièrent l’édition des livres officiels de l’Ordre ou le chargèrent d’en surveiller l’impression. A part cett activité spéciale, les documents contemporains n’ont enregistré aucun fait important de la vie de Castello pendant son séjour à Brescia, lequel se prolongea jusqu’en 1508. La seule chose que rapporte le registre de maître Bandello à son sujet est qu’il fut mêlé, avec d’autres confrères, à un litige avec Jacques de Milan, à propos d’une somme d’argent à restituer à ce dernier66.

Le informazioni che abbiamo sono dunque tratte ancora una volta da quanto

dichiarato dallo stesso Alberto da Castello e non abbiamo nessuna informazione

esterna a conferma di ciò. Ritengo perciò fondamentale, per proseguire la ricerca e

delineare il suo campo di attività di questo periodo, ricercare proprio tali edizioni e

tentare l’individuazione delle opere pubblicate grazie al suo lavoro, e,

conseguentemente, delineare come si sia mosso nell’ambito dell’editoria di questo

periodo. Con quali editori lavorò? In quali città? Quale interscambio ci fu tra le sue

intuizioni, il suo “genio”, e quello degli editori con i quali lavorò?

Stando alle opere di cui possiamo affermare con certezza che furono pubblicate

per le sue cure (vedi sotto nella sezione relativa alle opere), egli lavorò nel periodo

bresciano con l’editore Lazzaro Soardi sia per la pubblicazione della tabula super

privilegia papalia e gli altri testi annessi a questo nell’edizione del 1504 e nella

riedizione del 1506 riveduta e ampliata, sia per l’edizione della Regula beati Augustini

episcopi e gli altri testi annessi a questo pubblicati nel 1507. Nel 1508 lavorò anche con

gli editori Penzio67 e Fontana68 per la pubblicazione dei sermones luculentissimi beati

Zenonis Veronensis episcopi.

Forse cercando nelle pubblicazioni di tali editori, in particolare esaminando i libri

attinenti al mondo ecclesiale, liturgico e conventuale, si potranno trovare altre tracce

delle curatele di Alberto da Castello.

Il suo trasferimento e la sua presenza a Venezia

Scrive Palma rifacendosi con ogni evidenza agli studi di Creytens69:

Una svolta favorevole al Castellano segnò l’avvento alla guida dell'Ordine di Tommaso de Vio, detto il Gaetano. Fu infatti proprio quest’ultimo, dedicatario (ancora

66

CREYTENS, Les écrivains (1960), p. 230. 67

L’ICCU dice di Penzio: «Tipografo attivo a Venezia. Nacque a Lecco alla metà del XV s., lavorò a

Venezia dal 1495. Morì a Venezia probabilmente nel 1527». Cf. Edit16 alla ricerca di «Penzio», letto in data 4 marzo 2012.

68 L’ICCU dice di Benedetto Fontana: «Editore attivo a Venezia, figlio di Franz Renner; si servì delle

tipografie di Filippo Pinzi il vecchio e Giacomo Penzio». Cf. Edit16 alla ricerca di «Fontana, Benedetto», letto in data 4 marzo 2012.

69 CREYTENS, Les écrivains (1960), p. 230-231.

32

in qualità di vicario generale) dell’edizione del 1507 delle Costituzioni domenicane curate dal Castellano, a trasferirlo nuovamente a Venezia, nel convento dei SS. Giovanni e Paolo, il 29 giugno 1508. La decisione fu presa pochi giorni dopo l’elezione dei Gaetano a maestro generale, avvenuta a Roma nella stessa riunione del capitolo dell’Ordine in cui era stato conferito l’onorifico titolo di «iubilarius» ad un «fr. Albertus Venetus», che non poteva essere altri che il Castellano.70

Anche di questo spostamento Creytens annota i riferimenti alle fonti

domenicane.71

Il suo operato nella comunità di Venezia e la sua attività in vista delle pubblicazioni

Scrive Palma sempre rifacendosi a Creytens72:

Il 3 giugno 1510 il consiglio conventuale dei SS. Giovanni e Paolo designò il Castellano alla carica di vicepriore e il giorno seguente la nomina fu convalidata dal priore Matteo da Venezia. La sua presenza in qualità di vicepriore è attestata alle riunioni del consiglio conventuale tenutesi il 20 dic. 1510 e il 10 apr. 1511, mentre la menzione di questa carica non accompagna più il suo nome nella notizia della sua partecipazione alla seduta del 5 dic. 1514 (cf. CREYTENS, Les écrivains (1960), pp. 231 ss.) 73.

Tali informazioni relative ai ruoli e ai compiti assunti nella comunità del convento

dei santi Giovanni e Paolo di Venezia non le ritengo decisive se non al fine di mostrare

che, nonostante gli incarichi avuti all’interno della comunità, Alberto da Castello non

cessò la propria attività di curatore e revisore di nuove opere e nuove edizioni.

Annota Creytens aggiungendo altri dettagli da lui reperiti dopo ricerche di

archivio che riporto in nota:

Soutenu par l’autorité suprême de l’Ordre, Castello se remit au travail, faisant imprimer plusieurs ouvrages74, entre autres la chronique de 1516 dont nous nous occuperons plus loin. Cette activité ne l’empêcha pas de prendre part à la vie du couvent, au moins dans les premières années de son séjour à Venise. Le 3 juin 1510, deux ans après son arrivée, le conseil conventuel le désigna, d’un commun accord, comme sous-prieur du couvent et le jour suivant il reçut l’approbation du prieur.75 A

70

PALMA, Castellano (1978), 643a. CREYTENS, Les écrivains (1960), p. 230, nota 17: Fr. Albertus de

Castello Venetus fit filius SS. Iohannis et Pauli de conventu Brixiensi, cum assensu maioris partis. 29 iun. <1508> Rome (citando MOPH XVII, 74 n°56 bis (Reg. del Caietano).

71 CREYTENS, Les écrivains (1960), p. 230, nota 17: Fr. Albertus de Castello Venetus fit filius SS. Iohannis

et Pauli de conventu Brixiensi, cum assensu maioris partis. 29 iun. <1508> Rome (citando MOPH XVII, 74 n°56 bis (Reg. del Caietano).

72 CREYTENS, Les écrivains (1960), p. 231.

73 PALMA, Castellano (1978), 643a.

74 CREYTENS, Les écrivains (1960), p. 231, nota 20. A proposito delle opere pubblicate per le cure di

Alberto da Castello in questo periodo, Creytens, rimandando alla lista citata da Quetif-Echard, dice che a tale lista si deve aggiungere la Chronica Ordinis perché egli si va occupando dell’edizione della Chronica del 1516, e il Missale dominicanum pubblicato a Venezia nel 1522 che, stando a Creytens, sarebbe stato curato dal Castello stesso.

75 CREYTENS, Les écrivains (1960), p. 231-232, nota 21: anche in questo caso Creytens cita la fonte:

Venezia, ARCHIVIO DI STATO, Fondo ss. Giovanni e Paolo, busta 11, vol. I, Liber consiliorum: «1510, die 3 iunii. Congregato consilio more solito, presentibus magistro Leonardo de Tervisio dignissimo

33

ce titre nous le voyons assister à deux réunions du conseil: la première du 20 décembre 1510 où l’on stipula un contrat avec le chantre Bernardin76, la seconde du 10 april 1511 où l’on permit aux héritiers de Georges Ram, enterré dans le cloître, de renouveler la dalle de la tombe77. Le 2 février de l’année suivante, il n’était plus en fonction ; en tout cas il ne porte plus le titre dans le décret de maître Cajetan, daté de ce jour, qui lui confirme la possession de la chambre qu’il occupe au couvent78. Le 5 décembre 1514 il assiste à un conseil conventuel.79

Non si può individuare con chiarezza quali siano state le opere curate da Alberto

da Castello in questo periodo, se non il Processionarium Ordinis fratrum predicatorum

rursus recognitum et multis orationibus adauctum pubblicato nel 1509 e, qualche anno

più tardi nel 1511, la Biblia cum concordantijs Veteris et Noui Testamenti et sacrorum

canonum. Dopodiché l’interruzione di edizioni che sembra sussistere tra il 1511 e il

1516 sembra corrispondere al maggior carico di lavoro che la carica di priore implicò,

oppure, sulla base del dato che le sue pubblicazioni o riedizioni ripresero a partire dal

1516, questo fu un periodo di revisione e di preparazione di edizioni migliorate e

ancora più precisamente e puntigliosamente corrette ed emendate da errori.

Le poche informazioni delle fonti domenicane circa Alberto da Castello verso la fine

della sua vita

Tra le date 2 febbraio 1512 e il 12 maggio 1523 abbiamo sostanzialmente una

assenza di documentazione a causa della quale solo le testimonianze dirette di Alberto

da Castello circa se stesso nelle prefazioni e nelle postfazioni delle opere da lui date

alle stampe ci può venire in aiuto. Scrive il Palma richiamando, con tutta probabilità,

Creytens:

I registri magistrali lo ricordano ancora alle date del 2 febbr. 1512, quando il Gaetano gli confermò il possesso della stanza da lui occupata nel convento veneziano, e del 12 maggio 1523, quando, il vicario dell’Ordine Antonio da Ferrara incaricò i

provinciali nostre provincie et rev. magistro Matheo de Venetiis, priore conventus, cum aliis rev. magistris et patribus sine balotatione sed vive vocis oraculo, fuit electus in suppriorem huius conventus fr. Albertus de Castello et sequenti die, scilicet quarta iunii, per dictum rev. patrem priorem confirmatus».

76 CREYTENS, Les écrivains (1960), p. 232, nota 22: Liber consiliorum: 20 dic. 1510. Annota Creytens

che il convento stipulò un contratto con il sacerdote Bernardino, chantre. Il contratto fu modificato, d’accordo con Bernardino, «per manu mea scriptis et sigillata sigillo conventus in manibus dicti presbyteri Bernardini ex toto conformis huic decreto, que lecta fuit in consilio coram patribus».

77 CREYTENS, Les écrivains (1960), p. 232, nota 23: Liber consiliorum: 10 aprile 1511. Il consiglio

conventuale permette agli eredi dei Georges Ram, seppellito nel chiostro, di rinnovare la pietra tombale «in quo <consilio> interfuerunt infrascripti rev. magistri et patres, videlicet rev. pater mag. Matheus, prior; mag. Eugenius... et fr. Albertus de Castello, supprior».

78 CREYTENS, Les écrivains (1960), p. 232, nota 24 dove Creytens cita MOPH XVII, 94 n° 193 precisando

che Gerolamo de Sebenico ovvupava già la carica di vicepriore prima del 2 maggio 1512. Cf. Liber consiliorum di quell’anno.

79 CREYTENS, Les écrivains (1960), p. 232, nota 25 dove Creytens cita M.T. CASELLA-G.POZZI, Francesco

Colonna, I, Padova 1959, 131.

34

professori di teologia fra Gaspare da Perugia e fra Benedetto da Foiano di esaminare la controversia tra il Castellano e il confratello Marco Antonio da Venezia.80

In verità, esaminando il fatto che nel 1519 Alberto da Castello pubblica la

seconda edizione ad opera di Giunta della Biblia cum concordantiis e, soprattutto,

l’anno seguente omaggia al pontefice Leone X la revisione del Pontificale (Pontificale

secundum ritum Sacrosancte Romane Ecclesie), intuiamo con facilità a cosa alluda il

nostro autore quando parla di «veglie» e «fatiche» che portavano frutto nei suoi lavori

editoriali.

Il suo operato verso la fine della vita e la mancanza di elementi certi circa la data

della morte

Scrive Palma:

Il 20 luglio 1523, giorno in cui fu finito di stampare il Liber sacerdotalis, è anche l’ultima data in cui il Castellani appare ancora in vita. L’assenza del suo nome nel necrologio del convento dei SS. Giovanni e Paolo rende plausibile l’ipotesi che sia morto altrove.81

Non sappiamo perché si possa affermare con tanta certezza che il giorno in cui si

conclude la stampa del Liber sacerdotalis, o meglio la data appostavi dall’editore, il suo

autore, Alberto da Castello fosse ancora in vita.

Certo è che, una missiva relativa ad un provvedimento disciplinare del

procuratore generale dell’ordine dei predicatori – datato 12 maggio 1523 – che qui

riporto, lo presuppone necessariamente in vita almeno fino a poco tempo prima,

almeno fino al 12 maggio 1523.

Data est commissio Rev. S. Theol. professoribus fr. Gaspari de Perusio et

fr. Benedicto de Foiano, ut examinent causam inter mag. Marcum Antonium

Venetum et fr... et etiam inter ipsum fr. Marcum Antonium Venetum et fr.

Albertum de Castello, 12 Maii 1523.82

Cosa si può ricostruire ancora circa la sua vita? Avendo egli dedicato interamente

le sue energie alle pubblicazioni e soprattutto ai libri “religiosi”, è in questi e negli

indizi dell’operato di Alberto da Castello che va rintracciata la mappa dei dati che ci

possono parlare della sua attività in questi ultimi anni di vita.

Certo è che, se il Gaboardo morì attorno alla metà della seconda decade del XVI

secolo83, fece in tempo a comporre una poesia encomiastica relativa al Liber

80

PALMA, Castellano (1978), 643a. 81

PALMA, Castellano (1978), 643a. 82

Gilles Gérard MEERSSEMAN OP – Dominikus PLANZER OP, Magistrorum ac procuratorum generalium

O.P. registra litterarum minora (1469-1523), Romae 1947, p. 151, n°80 e nota relativa. 83

Non è nota con certezza la data di morte di Gaboardo.

35

sacerdotalis – poesia che Alberto da Castello fa apporre nella pagina finale della tabula

contentorum –. Ciò significa che l’ultima fatica di Alberto da Castello, il Liber

sacerdotalis, doveva essere stata concepita da diversi anni. Inoltre ciò significa che il

frate domenicano doveva avere descritto, se non addirittura mostrato, almeno al

Gaboardo, un abbozzo del lavoro già iniziato di raccolta del materiale e che doveva

avere già chiara la struttura della sua opera se si guadagna il giudizio di “genio” dalla

penna del letterato84.

Caratteristiche delle edizioni curate negli ultimi anni (il «Rosario» e il «Liber

sacerdotalis»)

Una delle caratteristiche degli editori con i quali pubblicò le sue ultime opere, la

società tipografico-editoriale Sessa-Ravani, era quella di prediligere l’uso

dell’immagine accanto al testo. Geniale sarà la sua scelta di apporre una immagine sul

retro del foglio per ciascun foglio. Tale scelta, lo ricordiamo, aveva colpito anche

Quetif-Echard i quali riportano, trattando dell’operetta, scritta in volgare, del Rosario il

dato:

Rosario de la gloriosa Vergine Maria. Opusculum tot prope iconibus rudioribus ligneis

vitam J. C. et B.V. repræsentantibus illustratum quot foliis adversa pagina, Venetiis

1521 in 8.85

Vogliamo però ricordare che ci trovavamo a poco più di 50 anni dall’invenzione

della stampa! Dato che alcune delle silografie usate nell’operetta saranno poi usate

anche nel Liber sacerdotalis penso che si possa ravvisare in questo “tratto” uno degli

aspetti del “genio” di Alberto da Castello, e le molteplici edizioni di alcune delle opere

da lui curate saranno il dato tangibile di riconoscimento di tale suo “genio”.

Altri dati caratteristici delle sue curatele tenteremo di individuarli

successivamente, a partire dall’esame del Liber sacerdotalis / Sacerdotale. Tali dati

penso potranno essere utili a rintracciare le “impronte” di Alberto da Castello nelle

edizioni da lui curate e, conseguentemente, ad ipotizzare il suo stile nella revisione dei

testi.

84

Per il testo e la traduzione della poesia cf. p. 56. 85

QUÉTIF–ECHARD, Scriptores Ordinis, II, p. 49A.

36

1.2.4. Le opere attribuitegli e la sua opera di ricerca

Scrive Palma che sono da attribuire a Castellani numerose edizioni di testi sacri,

storico-ecclesiastici e canonistici 86. Walz specifica che la fonte biografica dell’autore è

una lettera del Castellani stesso. Tale citazione è quella richiamata da Quetif-Echard.

Scrive Walz:

una lettera del 1500 diretta al Gaetano, vicario generale dell’Ordine, dice di esser stato incaricato da vent’anni dai maestri generali Torriani (m. nel 1500) e Bandelli (m. nel 1506) della correzione di libri da stamparsi, e che il Bandelli gli affidò l’edizione delle costituzioni, la quale non ancora pronta alla morte del Bandelli, viene ora dedicata al Gaetano.87

Circa le opere pubblicate per opera e per le cure di Alberto da Castello,

continuava Walz:

Curò l’edizione del Pontificale romano (Roma 1497), della Biblia latina cum pleno apparatu (Venezia 1506), Sermones b. Zenonis Veronensis ep., Homiliae et admonitiones b. Caesarii Arelatensis ep. , Sermo de laudibus B. V. Mariae (ivi 1508), Biblia cum concordantiis (ivi 1519), poi – probabilmente – Tabula super privilegia papalia Ordini Praedicatorum concessa. Chronica brevis (ivi 1504) e certamente la Regula b. Augustini ep. ; Constitutiones Ordinis Praedicatorum (ivi 1507), Rosario de la gloriosa Vergine Maria (con silografie, ivi 1521 e spesso ancora). Nella Tabula privilegiorum Castellano si basa sulla tavola compilata da Francesco Pipino, nella Cronaca su quella di Giacomo di Soest (m. nel 1426[E. Martène, Veterum scriptorum ampl. collectio, VI, Parigi 1729, coll. 344-96]) con aggiunte fino al 1504. Questa cronaca divenne poi il Chronicon Ordinis che si trova con varie rielaborazioni in calce nelle costituzioni domenicane fino al 1690.88

Alcuni anni più tardi sarà Marco Palma a riprendere le informazioni che Walz

aveva tratto in gran parte da Quetif-Echard e che aveva cercato di collocare

temporalmente, per tentare una nuova collocazione temporale per ciascuna delle

opere pubblicate.

Il nome del Castellano è legato alla cura di numerose edizioni di testi sacri, storico-ecclesiastici e canonistici, cui si dedicò dietro invito dei maestri generali Torriani e Bandelli. Per la stampa il Castellano si servì di prestigiose tipografie veneziane, tra cui spiccano quelle di Luca Antonio Giunta e Lazzaro de Soardis. Le edizioni, tutte posteriori al 1500, sicuramente a lui attribuibili comprendono (senza considerare le numerose ristampe): una Bibbia "cum pleno apparatu" (1506), una

86

PALMA, Castellano (1978), 643b. 87

PALMA, Castellano (1978), 643b. In realtà si tratta della dedica delle Costituzioni domenicane al

Caietano che viene citata da Creytens (Les écrivains, p. 230, nota 15): Quumque exiguitatem meam magna et preclara aut mediocria attemptare non posse perspicerem, ne veluti brutum animal et inutilis servus in domo Domini ocio torperem, cogitavi saltem minima ac parva exercitia apprehendere, ut qui vas magnum aut phyala in templo Dei esse non valui, saltem ciatus vel parvulus essem. Ob quam causam, pater Rev.me, iam annis XX decursis duorum Rev.morum patrum generalium, videlicet magistri Ioachini et magistri Vincentii bona venia et commissione, corretioni librorum imprimendorum operam dedi efficacem, et non pauca ex ipsis (ecclesiastica presertim) mea solicitudine in lucem edita sunt.

88 WALZ, Castellano (1949), col. 1019.

37

miscellanea storico-religiosa i cui testi principali sono una raccolta dei privilegi papali concessi ai domenicani e una breve cronaca dell’Ordine (1506), le Costituzioni domenicane con annessi formulari per gli atti dell’Ordine e altri testi minori (1507), una collezione di sermoni e omelie di s. Zeno e di s. Cesario cui è acclusa un’antologia di scritti mariani (1508), il Liber pontificalis della Chiesa romana dedicato a Leone X (1520), un Rosario accompagnato da pregevoli silografie rappresentanti scene della vita di Gesù e Maria (1521) e il Liber sacerdotalis (1523)89

Circa dunque la produzione letteraria curata da Alberto da Castello potremmo

tentare di integrare le fonti biografiche moderne con quelle antiche e di vederne le

discrepanze e, inoltre, di esaminare se tutte le informazioni pervenute in epoca

moderna sono esatte. Tale opera ci costerebbe un soverchio impiego di tempo.

Rimandiamo ad altri o ad una successiva pubblicazione tale verifica. Qui di seguito ci

limitiamo a fornire una prima lista di tali curatele.

1.2.5. Lista delle opere stampate a cura di Alberto da Castello

Poiché la maggior parte delle opere di Alberto da Castello sono state curatele di

edizioni di libri liturgici o di testi storici, oppure raccolte di testi liturgici come il caso

del Liber sacerdotalis, oppure compilazioni, certo geniali, di testi biblici e della

tradizione come il Rosario de la gloriosa Vergine Maria, non faccio distinzioni tra opere

da lui composte e opere da lui curate.

anno # Titolo dell’opera curata editore

???? De virtutibus moralibus

1497 1. Pontificale Romanum

1504 2. Tabula super privilegia papalia Ordini Praedicatorum

concessa (Venezia)

Lazzaro Soardi

3. Privilegia maiora et principaliora eiusdem ordinis

(Venezia)

Lazzaro Soardi

4. Formularium electionum et omnium pertinentium ad

officia prelatorum eiusdem ordinis videlicet

prouincialium visitatorum priorum et formule

litterarum ad omnes casum. (Venezia)

Lazzaro Soardi

5. Defensorium contra impugnantes fratres predicatores

quae non viuant secundum vitam apostolicam editum

a reuerendissimo patre domino fratre Iacobo de

Veragine Ordinis predicatorum archiepiscopo Ianuensi

(...) Herueo Britone totius ordinis nostri generali

magistro (Venezia)

Lazzaro Soardi

6. Tractatus magistri Raphaelis de Parnasio de proprio

non habendo in Ordine predicatorum (Venezia)

Lazzaro Soardi

7. Cronica breuis ab initio Ordinis Lazzaro Soardi

1506 8. Biblia latina cum pleno apparatu (edita a Venezia)

89

PALMA, Castellano (1978), 643b.

38

anno # Titolo dell’opera curata editore

Si edita nuovamente la Tabula super privilegia e le

altre opere ad essa annesse che erano già state

ripubblicate nel 1504 ma aggiungendo la

Lazzaro Soardi

9. Littera domini Petri de Palude quae fratres

predicatores habere possunt possessiones et reditus

Lazzaro Soardi

Catalogus sactorum a Petro de Natalibus Lucantonio Giunta

1507 10. Regula beati Augustini episcopi Lazzaro Soardi

11. Constitutiones fratrum ordinis predicatorum cum suis

declarationibus insertis editis per ... Vincentium de

Castronouo

Lazzaro Soardi

12. Tabula per alphabetum super Constitutiones

copiosissima

Lazzaro Soardi

13. Constitutiones monialium Ordinis predicatorum Lazzaro Soardi

14. Regula et priuilegia fratrum et sororum de penitentia

beati Dominici

Lazzaro Soardi

15. Liber de instructione officialium fratrum ordinis

predicatorum

Lazzaro Soardi

16. Item formularium electionum ... priorum ... Lazzaro Soardi

1508 17. Sermones luculentissimi beati Zenonis Veronensis

episcopi.

Penzio-Fontana

18. Omelie et admonitiones beati Cesarij Arelatensis

episcopi.

Penzio-Fontana

19. Sermo de laudibus beatissime virginis Mariae ex

autenticis sanctorum doctorum dictis compilatus.

Penzio-Fontana

20. Omelia Origenis super euangelio Maria stabat ad

monumentum foris plorans (Venezia)

Penzio-Fontana

1509 21. Processionarium Ordinis fratrum predicatorum rursus

recognitum & multis orationibus adauctum

Lucantonio Giunta

1511 22. Biblia cum concordantijs Veteris et Noui Testamenti &

sacrorum canonum: nec non & additione in

marginibus varietatis diuersorum textuum: ac etiam

canonibus antiquis quatuor euangeliorum insertis: &

accentu omnium vocabulorum difficilium signato

summa cum diligentia reuisa & emendata

Lucantonio Giunta

1516 (si edita nuovamente la Tabula super privilegia e le

altre opere ad essa annesse che erano già state

ripubblicate nel 1506 ma aggiungendo e aggiornando

i dati relativi ai privilegi: Priuilegia maiora &

principaliora eiusdem ordinis: ex quibus praesenti

impressione multa sunt super addita alias non

impressa.

23. (si edita nuovamente con la collaborazione di Alberto

da Castello il Catalogus sanctorum a Petro de

Natalibus

Nikolaus von

Frankfurt

1519 Biblia cum concordantiis (Venezia) (Ristampa

dell’edizione edita nel 1511 sempre a Venezia da

Lucantonio Giunta)

Lucantonio Giunta

1520 24. Pontificale secundum ritum Sacrosancte Romane

Ecclesie

Lucantonio Giunta

39

anno # Titolo dell’opera curata editore

1521 25. Rosario de la gloriosa Vergine Maria (Venezia con

ristampe successive)

Sessa-Ravani

1523 26. Liber sacerdotalis Sessa-Ravani

Di seguito cercherò di dare l’indicazione precisa delle opere pubblicate e censite

dall’Istituto Centrale per il Catalogo Unico, il loro anno di edizione, il luogo, l’editore.

De virtutibus moralibus

Non sono stato in grado di identificare l’opera. Anche Quetif-Echard ne

riprendevano la notizia dal Sansovino ma anch’essi non avevano potuto identificare

l’opera.

1. Pontificale Romanum (1497)

Il Walz scriveva che Alberto da Castello curò l’edizione del Pontificale romano

(Roma 1497)90 tuttavia dimostra di fraintendere la notizia riportata da Quetif-Echard.

Certamente curò l’edizione del Pontificale del 1520 che offrì e dedicò a Leone X. Per

tale edizione vedi oltre a p. 42.

2. Tabula super privilegia papalia Ordini fratrum Praedicatorum concessa (1504)

Il titolo rintracciato nell’achivio dell’ICCU è:

In hoc libello continentur infrascripta tabula super priuilegia papalia Ordini fratrum predicatorum concessa. Priuilegia maiora et principaliora eiusdem ordinis. Formularium electionum et omnium pertinentium ad officia prelatorum eiusdem ordinis videlicet prouincialium visitatorum priorum et formule litterarum ad omnes casum. Defensiorum contra impugnantes fratres predicatores quae non viuant secundum vitam apostolicam editum a reuerendissimo patre domino fratre Iacobo de Veragine Ordinis predicatorum archiepiscopo Ianuensi. Tractatus magistri Raphaelis de Parnasio de proprio non habendo in Ordine predicatorum. Cronica breuis ab initio Ordinis.

L’opera fu edita nel 1504 da Lazzaro Soardi (per Lazarum de Soardis) il 4

dicembre 1504. Altre edizioni comparvero poi, sempre ad opera del medesimo editore,

nel 1506 (idi di ottobre = 15 ottobre) e il 26 luglio 1516.

3. Privilegia maiora et principaliora eiusdem ordinis (1504)

Pubblicato nel volume della Tabula super priuilegia papalia, vedi sopra (p. 39).

4. Formularium electionum et omnium pertinentium ad officia prelatorum eiusdem

ordinis videlicet visitatorum priorum et formule litterarum ad omnes casum (1504)

Pubblicato nel volume della Tabula super priuilegia papalia, vedi sopra (p. 39).

90

WALZ, Castellano (1949), col. 1019.

40

5. Defensorium contra impugnantes fratres predicatores quae non viuant secundum

vitam apostolicam (1504)

Pubblicato nel volume della Tabula super priuilegia papalia, vedi sopra (p. 39).

6. Tractatus magistri Raphaelis de Parnasio de proprio non habendo in Ordine

predicatorum (1504)

Pubblicato nel volume della Tabula super priuilegia papalia, vedi sopra (p. 39).

7. Cronica breuis ab initio Ordinis (1504)

Pubblicato nel volume della Tabula super priuilegia papalia, vedi sopra (p. 39).

8. Biblia latina cum pleno apparatu

È il Walz che afferma che Curò ... Biblia latina cum pleno apparatu (Venezia

1506)91 tuttavia non abbiamo trovato riscontro all’indicazione di Walz. Tutte le opere

che abbiamo rinvenuto ed esaminato Biblia cum pleno apparatu summariorum

concordantiarum et quadruplicis repertorii sine indicii numerique foliorum distinctione

tersissime ac verissime impressa sono pubblicate anch’esse a Venezia (1506) da editori

stranieri ma non ho trovato alcun riferimento di un’eventuale curatela ad opera di

Alberto da Castello.

9. Littera domini Petri de Palude quae fratres predicatores habere possunt

possessiones et reditus (1506)

Pubblicato nella riedizione della Tabula super priuilegia papalia (vedi sopra, p.

39) che però viene arricchito della presente lettera.

10. Regula beati Augustini episcopi (1507)

Il titolo rintracciato nell’achivio dell’ICCU è:

In hoc volumine continentur infrascripta. Regula beati Augustini episcopi. Constitutiones fratrum ordinis predicatorum cum suis declarationibus insertis editis per ... Vincentium de Castronouo ... Tabula per alphabetum super Constitutiones copiosissima. Constitutiones monialium Ordinis predicatorum. Regula et priuilegia fratrum et sororum de penitentia beati Dominici. Liber de instructione officialium fratrum ordinis predicatorum. Item formularium electionum ... priorum

L’opera fu edita da Lazzaro Soardi (per Lazarum de Soardis) il 2 ottobre 1507.

11. Constitutiones fratrum ordinis predicatorum cum suis declarationibus insertis

editis per Vincentium de Castronouo (1507)

Pubblicato nel volume della Regula beati Augustini episcopi, vedi p. 40.

12. Tabula per alphabetum super Constitutiones copiosissima (1507)

Pubblicato nel volume della Regula beati Augustini episcopi, vedi p. 40.

91

WALZ, Castellano (1949), col. 1019.

41

13. Constitutiones monialium Ordinis predicatorum (1507)

Pubblicato nel volume della Regula beati Augustini episcopi, vedi p. 40.

14. Regula et priuilegia fratrum et sororum de penitentia beati Dominici (1507)

Pubblicato nel volume della Regula beati Augustini episcopi, vedi p. 40.

15. Liber de instructione officialium fratrum ordinis predicatorum (1507)

Pubblicato nel volume della Regula beati Augustini episcopi, vedi p. 40.

16. Formularium electionum priorum (1507)

Pubblicato nel volume della Regula beati Augustini episcopi, vedi p. 40.

17. Sermones luculentissimi beati Zenonis Veronensis episcopi (1508)

Il titolo rintracciato nell’achivio dell’ICCU è:

In praesenti opusculo infrascripta continentur. Sermones luculentissimi beati Zenonis Veronensis episcopi. Omelie et admonitiones beati Cesarij Arelatensis episcopi. Sermo de laudibus beatissime virginis Mariae ex autenticis sanctorum doctorum dictis compilatus. Omelia Origenis super euangelio Maria stabat ad monumentum foris plorans

Fu edito da Giacomo Penzio e Benedetto Fontana (per magistrum Iacobum de

Leuco : impensis domini Benedicti Fontana, 1508 die xxiiij Ianuarij) il 24 gennaio 1508.

18. Omelie et admonitiones beati Cesarij Arelatensis episcopi (1508)

Pubblicato nel volume dei Sermones luculentissimi beati Zenonis, vedi p. 41.

19. Sermo de laudibus beatissime virginis Mariae ex autenticis sanctorum doctorum

dictis compilatus (1508)

Pubblicato nel volume dei Sermones luculentissimi beati Zenonis, p. 41.

20. Omelia Origenis super euangelio Maria stabat ad monumentum foris plorans

(1508)

Pubblicato nel volume dei Sermones luculentissimi beati Zenonis, cf. p. 41.

21. Processionarium Ordinis fratrum predicatorum (1509)

Titolo dell’opera secondo la catalogazione ICCU:

Processionarium Ordinis fratrum predicatorum rursus recognitum & multis orationibus adauctum.

Pubblicato a Venezia da Lucantonio Giunta (per Lucamantonium de Giunta

Florentinum) il 21 aprile 1509 (XI calendas Maij).

22. Biblia cum concordantiis (1511)

Il catalogo dell’ICCU porta il seguente titolo:

Biblia cum concordantijs Veteris et Noui Testamenti & sacrorum canonum: nec non & additione in marginibus varietatis diuersorum textuum: ac etiam canonibus

42

antiquis quatuor euangeliorum insertis: & accentu omnium vocabulorum difficilium signato summa cumdiligentia reuisa & emendata.

La pubblicazione dell’opera avvenne a Venezia ad opera di Lucantonio Giunta:

(per nobilem virum dominum Lucamantonium de Giunta Florentinum diligenter, MDXI

V calendas Iunij).

23. Catalogus sanctorum a Petro de Natalibus

Sicuramente l’edizione del 1516 fu curata da Alberto da Castello. Non so se tale

curatela fu la seconda o una terza, cioè fu la successiva rispetto all’edizione del 1506.

Secondo il catalogo dell’ICCU ha il seguente titolo:

Catalogus sanctorum & gestorum eorum ex diuersis voluminibus collectus: editus a reuerendissimo in Christo patre domino Petro de Natalibus de Venetijs Dei gratia episcopo Equilino multis nouis additionibus decoratus.

Fu edito nel 1516 a Venezia il 1 dicembre (per Nicolaum de Franckfordia

solertissime impressus explicit, Calendis decembris MDXVI).

24. Il Pontificale

Dice il Palma:

Il suo Liber pontificalis, più volte edito nel corso del sec. XVI, divenne con l’edizione del 1595 il Pontificale d’uso normale nella Curia romana.92

L’annotazione dello studioso sembra imprecisa in quanto sembra confondere il

liber pontificalis con il Pontificale romanum.

Cattaneo ci dà qualche informazione in più quando afferma:

Alberto Castellani è noto agli studiosi di liturgia per un’edizione del Pontificale romano pubblicata nel 1520. Sappiamo con certezza che dopo la preparazione di tale libro attese a quella del Rituale. Se ne ha prova da un registro del 1519-1520 dove si legge che egli ricevette «ducati 25 per un Libro Pontificale et uno Sacerdotale procurati a Sua Santità»93.

Uno studio sul liber pontificalis o Pontificale da lui curato sarà certamente

necessario al fine di esaminare quali siano le intersezioni con il Liber sacerdotalis di cui

ci stiamo occupando e dal quale Alberto da Castello sembra trarre alcuni dei testi che

va collazionando.

L’edizione censita dall’ICCU e pubblicata a Venezia da Lucantonio Giunta nel

1520 ha il seguente titolo:

92

PALMA, Castellano (1978), 643b. 93

CATTANEO, Il rituale romano (1967), p. 632 dove a proposito dell’apporto dato dal Castellano al

Pontificale cita I. BAUDOT, Le Pontifical, Parigi 1910, p. 58 e P. DE PUNIET, Le Pontifical romain, Parigi 1930, I, 59 ricordando che «l’Alcuin Club riprodusse in un volume gli splendidi disegni».

43

Pontificale secundum ritum Sacrosancte Romane Ecclesie cum multis additionibus opportunis ex apostolica bibliotheca sumptis & alias non impressis ... opus sane laudabile atque diuinum.

L’editore è Lucantonio Giunta il vecchio (per spectabilem virum dominum

Lucamantonium de giunta florentinum) la cui stampa fu terminata il 15 settembre

1520.

25. Rosario de la gloriosa Vergine Maria

Dal momento che quest’operetta fu edita dal medesimo editore del Liber

sacerdotalis – la società Sessa-Ravani – e dal momento che diverse silografie in essa

presenti furono riutilizzate nel Liber sacerdotalis, non ci sembra fuori luogo fermarci su

questa piccola operetta per ricavarne elementi utili alla comprensione del Liber

sacerdotalis.

Dopo il censimento delle cinquecentine ad opera dell’ICCU si può apprezzare la

fortuna della sua operetta. Infatti si annoverano 33 edizioni negli anni compresi tra il

1522 e il 1600 e, di tali edizioni, ne sono stati censiti 122 esemplari.

anno luogo di edizione ed editore # censite

1522 Nella inclita citta de Venetia: studiosissimamente impresso per Marchio

Sessa & Piero di Rauani compagni, 1522 adi xxvij de marzo

11

1524 Nella inclita citta de Venetia: studiosissimamente impresso per Marchio

Sessa & Piero da la Serena compagni, 1524 adi XV Decembrio

13

1534 Nela inclita cita de Venetia: impresso per Vittor della Serena &

compagni, 1534 adi 15 zenero

2

1536 Venetia: per Vittor della Serena et compagni 3

1539 Venetia: per Vittor della Serena et compagni 4

1541 nella inclita citta de Venetia: per Vittor della Serena et compagni, 1541.

del mese di Ottobre

5

1545 Nella inclita citta di Venetia studiosissimamente impresso: per li heredi

de Pietro Rauani e compagni, 1545 del mese di marzo

1

1548 Venetia: per gli heredi di Pietro Rauani e compagni 2

1551 Nella inclita citta di Venetia: per gli heredi di Pietro Rauani & compagni 7

1556 Venetia: per gli heredi di Pietro Rauani e compagni 8

1559 In Vinegia: appresso Giouanni Varisco et compagni 7

1561 In Vinegia: appresso Giouanni Varisco et compagni 3

1564 In Vinegia: appresso Giouanni Varisco & compagni 8

1566 Venegia: appresso Giovanni Varisco & compagni 3

1567 In Venetia: appresso del Liectenstein 2

1569 In Venetia: appresso del Liectenstein 1

1572 In Venetia: appresso Valvassori 1

In Venetia: appresso Dominico de Franceschi, in Frezzaria al segno della

regina

1

1573 In Venetia: appresso Dominico de’ Franceschi 4

(In Venetia: appresso Dominico de' Franceschi in Frezzaria al segno

della Regina

3

44

anno luogo di edizione ed editore # censite

1575 In Venetia: appresso Dominico de Franceschi, in Frezzaria al segno della

Regina

1

1576 In Venetia: appresso Piero de' Franceschi & nepoti 4

In Venetia: presso i Valuassori, & Micheli 1

1578 In Vinegia: appresso Giouanni Varisco, & compagni 4

In Venetia: per li heredi di Luigi Valvassori, et Gio. Domenico Micheli 2

1579 In Venetia: al segno della Regina 3

1583 In Venetia 1

1585 In Venetia: presso la Compagnia degli Uniti 1

In Vinegia: appresso Giouanni Varisco 3

1587 Venetia: presso Gio. Antonio Bertano 3

1591 In Venetia: presso Gio. Antonio Bertano 8

1599 In Venetia: appresso Giorgio Varisco 1

In Venetia: in Frezzaria, al segno della Regina 1

Se si può desumere dal numero delle copie “localizzate” la scelta dell’editore

quanto a copie stampate e soprattutto la sua rete di distribuzione, si può arguire

facilmente da tale tabella che la capacità di distribuzione che la società del Ravani-

Sessa ebbe fu soprattutto per l’operosità del Sessa. Infatti le edizioni ad opera di

Vittore Ravani sono poco diffuse e tornano ad esserlo solo dopo l’intervento del

Varisco. Di ciò se ne deve tener conto anche per l’altra opera pubblicata più volte dal

Varisco, cioè il Sacerdotale. Non è dunque un caso che nella prima parte del XVI secolo

gli editori che tornano a pubblicare il Rosario de la gloriosa Vergine Maria siano anche

i medesimi che tornano a pubblicare il Liber sacerdotalis nella nuova veste e con il

nuovo titolo che aveva assunto di Sacerdotale.

26. Il «Liber sacerdotalis»

Scrive Palma:

Anche il Liber sacerdotalis, diffuso largamente in Italia e Francia, costituì a partire dalla metà del Cinquecento il modello comune per i Rituali diocesani.94

Quanto affermato da Palma presuppone che i rituali diocesani diffusi e stampati

non solo nel XVI secolo ma anche nel XVII, siano venuti a conoscenza e in qualche

modo “ispirati” dell’opera di Alberto da Castello.

Qui tuttavia si devono considerare due problemi.

Il primo è che l’opera di Alberto da Castello fu riprodotta nel XVI secolo con

parecchie edizioni che apportarono, in qualche caso, anche significativi cambiamenti

all’opera originaria. Dunque quale edizione influenzò maggiormente i rituali diocesani

stampati e diffusi nel XVI e XVII secolo?

94

PALMA, Castellano (1978), 643b.

45

In secondo luogo si ravvisa la necessità di uno studio che esamini il tipo di

influsso che il Liber sacerdotalis ebbe nei confronti del Rituale romanum e degli altri

rituali diocesani, pena il permanere una mera affermazione: tenteremo successiva-

mente di dare alcune indicazioni in merito.

È necessario perciò affrontare il problema delle molteplici edizioni, dal 1523 al

1603.

1.3. LE VENTIQUATTRO EDIZIONI VENEZIANE DEL «LIBER SACERDOTALIS / SACERDOTALE» (1523-1603)

1.3.1. Il «liber sacerdotalis» nel tumultuoso diffondersi del libro stampato

Il momento storico nel quale compare la prima edizione del Liber sacerdotalis e

poi, nei decenni successivi, le edizioni che seguirono con il titolo ormai definitivamente

modificato in Sacerdotale, fu un periodo nel quale ebbero luogo fenomeni diversi che

intervennero in tale moltiplicazione.

Le raccolte di testi liturgici di carattere locale ora venivano collazionate appunto

su richiesta o con il concorso inconsapevole, se non sotto la spinta, della stampa. Certo

tali raccolte avvenivano sotto l’iniziativa dei Vescovi o dei padri Provinciali, o per lo

meno sotto il loro controllo, tuttavia non sempre tale controllo fu davvero effettivo o

per lo meno accurato.

Con l’introduzione delle potenzialità che la stampa offriva, cioè la riproduzione di

un testo in tempi brevi e per un numero di copie non comparabile alle potenzialità

riproduttive degli amanuensi, il commercio del libro subì un notevole impulso nel

quale anche le istituzioni ecclesiastiche non furono semplicemente spettatrici.

La scelta che l’ordine dei predicatori effettuò, di dedicare Alberto da Castello e il

suo lavoro alla cura dei testi a stampa, esprimeva sia la lungimiranza rispetto al

fenomeno della stampa e alle sue potenzialità positive, sia la volontà di vigilare per

evitare la diffusione su larga scala degli errori che si sarebbero o sarebbero stati

prontamente riprodotti. Era assolutamente necessario verificare ciò che si andava

stampando perché stampare significava riprodurre su vasta scala: l’ordine dei

predicatori dedicato alla diffusione delle verità cristiane sapeva che la stampa poteva

essere uno strumento utile alla diffusione dell’errore così come della verità, alla

diffusione di un testo più o meno corrotto così come di un testo emendato, alla

46

diffusione di orazioni progressivamente modificatesi da manoscritto a manoscritto così

come alla diffusione di copie conformi agli originali antichi.

Scrivono infatti Ward-Johnson:

Inoltre, le esigenze di praticità fanno sì che tali compilazioni siano fortemente debitrici delle consuetudini e delle circostanze locali, compreso, a volte, il rischio di corruzione dei testi e di infiltrazione di materiale spurio. Intanto, l’entrata in campo delle stamperie introduceva un altro fattore che metteva la committenza, la compilazione e la diffusione delle raccolte rituali nelle mani di una nuova figura che godeva spesso di un ampio grado di autonomia. Si modificò in particolare la logica commerciale della produzione libraria anche nell’ambiente ecclesiastico, dando vita così ad un susseguirsi accelerato di raccolte stampate di vario contenuto e titolo95.

Riguardo poi all’opera di Alberto da Castello, scrivono i due curatori:

Nel 1523, ad esempio, il domenicano Alberto Castellani fa uscire il suo Sacerdotale, seu Liber sacerdotalis collectus che, approvato dal Papa Leone X, ha

conosciuto per parecchi decenni tutta una serie di edizioni, tra le quali di particolare importanza quella tardiva veneziana del 1585, intitolata Sacerdotale Romanum, ad consuetudinem S. Romanae Ecclesiae et aliarum ecclesiarum [...] collectum [...] summa nuper cura iuxta S. Tridentini Concilii sanctiones emendatum et auctum [...]. Si vede nella storia di quest’opera l’esistenza di un pubblico interessato a possederne una copia, il particolare interesse commerciale degli stampatori, e, da quanto emerge dal titolo appena citato, la volontà di adeguarsi ormai a quanto decretato dal Concilio di Trento, o almeno dare l’impressione di conformarsi allo spirito dell’epoca.96

Cambia l’ambiente ecclesiale che diventa un pubblico interessato a possederne

una copia mentre contemporaneamente cambia il mondo produttivo delle stamperie,

il particolare interesse degli stampatori. Inoltre si deve tenere conto degli editori, tutti

protesi non solo a stampare, ma anche a preoccuparsi della diffusione delle proprie

opere. Cosa ci si può e ci si deve chiedere riguardo a tale cambiamento dell’editoria a

partire dalle edizioni del Liber sacerdotalis?

1.3.2. L’accuratezza di Alberto da Castello nella revisione dei testi

Un passo significativo del Liber sacerdotalis palesa che Alberto da Castello era

consapevole di tutto ciò che il fenomeno della stampa comportava così come palesa

anche il suo acume e il suo sforzo per essere, delle edizioni che gli venivano affidate e

in particolare dei testi liturgici, un curatore oltremodo attento.

Dopo avere presentato «l’ordo del battesimo comunemente usato e già da lungo

tempo stampato “secondo l’uso di santa romana Chiesa” » (edizione del 1523, f. 15v, r.

1-2: Ordo baptizandi vulgatus et iam diu impressus secundum usum sancte Romane

ecclesie), alla sua conclusione scrive:

95

Antony WARD – Cuthbert JOHNSON (EDD), Rituale romanum. Reimpressio, p. IX-X. 96

Antony WARD – Cuthbert JOHNSON (EDD), Rituale romanum. Reimpressio, p. IX-X.

47

Ordo prescriptus in diversis libellis baptismalibus impressus fuit et vulgatus cum

titulo «secundum consuetudinem Sancte Romane ecclesie». Verumtamen ego

recensens libros antiquos et novos de hac materia tractantes in sacra bibliotheca

apostolica nusquam inveni talem ordinem secundum dictam ecclesiam, sed in libro

novo quo sanctitas domini nostri pape utitur in divinis repperi sequentem ordinem

inscriptum secundum consuetudinem Sacre Romane ecclesie. Positus igitur hic fuit

vterque modus ut omnibus satisfiat97.

Ecco dunque un esempio delle verifiche che Alberto da Castello operava sui testi

in vista dell’edizione. Un libro si presentava con il titolo secondo la consuetudine di

santa romana Chiesa. Da dove era tratto e da quali esemplari manoscritti era stata

tratta l’edizione stampata? Era effettivamente conforme ai manoscritti più autorevoli?

Tutto questo veniva annotato e dava luogo alla sua ricerca presso gli archivi della

Biblioteca apostolica e anche presso la cerchia della Curia romana per sapere quale

fosse il rito che effettivamente veniva usato dal Papa.

Non è a caso perciò che Alberto da Castello parli di molte vigilie e notti spese

nella verifica di tali rituali e documenti...

L’esempio precedente inoltre diventa significativo. C’è già una consuetudine

della Chiesa che non può essere ignorata e tantomeno combattuta (la diffusione di un

testo secundum usum). Una verifica più attenta mostra l’infondatezza di questa

conformità alla consuetudine romana. La scelta di Alberto da Castello è quella di non

escludere né ciò che si è ormai diffuso come consuetudine – anche se originariamente

non lo era – né il rito conforme alla consuetudine romana tratto dal libro usato dal

Papa medesimo. Nella consapevolezza poi che talvolta vigono anche usanze locali

approvate dai singoli Vescovi, a tale ordo egli aggiungerà anche quello conforme

all’uso del patriarcato.

1.3.3. Alcuni problemi posti dalle ventiquattro edizioni

La domanda, o, meglio, le domande che è imprescindibile porsi dopo una

sommaria analisi di alcune delle edizioni sono le seguenti.

1. Le varie edizioni del Sacerdotale furono realmente edizioni diverse – a

testimonianza che il Sacerdotale, come ormai lo si intitolava nella seconda metà del

XVI secolo, era diventato un successo editoriale sicuro – per gli interessi liturgico

pastorali ai quali offriva un sicuro supporto oppure furono mere e semplici ristampe?

Non c’è la possibilità che le diverse edizioni, per la composizione complessa

97

1523:18v,24-32. È stata riportata tutta l’annotazione perché contrassegnata da Alberto da Castello

con il carattere “C” usato come paraffo, cioè ad indicare un capitolo della sezione.

48

soprattutto per la parte in musica, non siano state altro che la riproposizione sotto

diverse spoglie della medesima edizione migliorata?

2. Con le modifiche progressivamente apportate all’opera di Alberto da Castello

dagli editori, i lettori del Sacerdotale venivano a contatto con l’opera originaria o con

una “corruzione” della medesima?

3. La prima edizione fu curata certamente dallo stesso Alberto da Castello e

porta tutti i segni della sua cura e minuziosità e probabilmente anche delle sue

“battaglie” con gli editori: basti guardare l’indice che nell’edizione del 1523 impiega 5

fogli, ben 10 pagine! Tutti gli editori successivi invece cercheranno sempre

drasticamente di ridurre tale numero con sistemi diversi, o con l’introduzione

dell’italico, o disponendo l’indice su due colonne, o con un carattere tipografico più

ridotto. Ci si chiede: le edizioni successive da chi furono curate? Chi decise la

sostituzione dei praenotanda del Burkardo con quelle del nuovo messale e

l’introduzione delle parti relative al breviario e la loro diversa collocazione all’interno

dell’opera?

4. Chi si incaricò di aggiungere le parti che furono successivamente aggiunte,

anche se non di grande entità, nelle edizioni di Giunta del 1587 e di Varisco e Paganino

de’ Paganini del 1588?

5. C’erano dei diritti su tale opera che, ricordiamo, era pubblicazione di testi che

aspiravano a diventare e ad essere utilizzati nella liturgia sotto l’autorizzazione

dell’autorità ecclesiastica?

A questa serie complessa di domande cercheremo di dare risposta dopo l’esame

di ciascuna delle edizioni nei capitoli successivi e che qui ci limitiamo ad elencare

dandone le coordinate fondamentali.

Ecco l’elenco completo – per quanto mi è stato possibile ricercare98, ma non

escluderei di trovarne altre – delle edizioni apparse nel XVI secolo e agli inizi del XVII99.

Apponendo in un’apposita colonna anche il numero delle copie censite in Europa e nel

98

G. Zanon segnala che presso la Biblioteca apostolica vaticana si conserva una copia di un’edizione

stampata a Lione nel 1542 con variazioni: Un'edizione fu stampata a Lione (Francia) con modifiche nel 1542 (ne esiste una copia presso la Bibl. Vaticana) ma non ho potuto identificare tale copia tramite il catalogo on-line della Biblioteca vaticana. Cf. G. ZANON, Catalogo dei rituali liturgici italiani dall'inizio della stampa al 1614, «Studia Patavina» XXXI (1984) 514.

99 Dopo una prima fase di ricerca nella quale avevo collazionato ben ventitre edizioni, è emersa

un’altra edizione, quella di Domenico Nicolini del 1578 di cui l’ICCU segnala una copia localizzata. In un primo tempo avevo pensato ad un errore di catalogazione dell’unica copia localizzata (conservata al museo Laurence K.J. Feininger di Trento) dell’edizione omonima dell’anno successivo, ma dopo esame della stessa abbiamo dovuto ricrederci ed identificarla come edizione distinta.

49

mondo100 ed Italia (edit16)101, desidero fare comprendere quanto il volume concentrò

in sé gli interessi sia degli editori, sia di un’utenza ecclesiale che si dimostrava

interessata a possedere il volume e ad utilizzarlo.

# anno editore Europa edit16

1 1523 per Melchiorrem Sessam et Petrum de Ravanis 5 18

2 1537 Victor a Rabanis 7 17

3 1548 apud haeredes Petri Rabani 1 13

4 1554 apud haeredes Petri Rabani et socios 8 16

5 1555 apud Petrum Bosellum 4 22

6 1559 apud Petrum Bosellum 1102 –

7 1560 apud Joannem Variscum 4 20

8 1564 apud I. Variscum et socios 5 32

9 1567 in officina Petri Liechtenstein 13 27

10 1569 apud Joannem Uariscum et socios 7 19

11 1576 apud Guerraeos fratres et socios 12 35

12 1578 apud Dominicum Nicolinum - 1

13 1579 apud Dominum (sic) Nicolinum 5 14

14 1579 apud Io. Bap. Sessam et fratres 3 10

15 1579 apud Juntas (Lucantonio Giunta) 4 6

16 1580 apud Io. Bap. Sessam et fratres 2 8

17 1585 apud Io. Bap. Sessam 1 3

18 1585 apud Dominicum Nicolinum 5 34

19 1585 apud Junctas 1 8

20 1587 apud Juntas 12 44

21 1588 apud Joannem Variscum et Paganinum de Paganinis 8 23

22 1596 apud Io. Bap. et Io. Bernardum Sessam - 6

23 1597 apud Io. Bap. et Io. Bernardum Sessam 2 6

24 1603 apud Nicolaum Polum (Niccolò Polo) 1 –

totali 111 382

L’altissimo numero di copie localizzate ci mostra che la diffusione più alta

l’ebbero le edizioni di Lichtenstein (1567), di Guerra (1576) e l’edizione di Giunta del

1587 che però è anche la più problematica perché, come vedremo, si allontana in certi

casi anche in modo non trascurabile dall’edizione di Alberto da Castello con inserzioni

significative che Alberto da Castello aveva volutamente escluso dal suo volume. Valga

come esempio la sezione relativa alla confermazione (inclusa nel volume di Giunta,

assolutamente assente da ventidue delle altre ventitre edizioni), nonché una diversa

100

Mi sono servito del sito www.ubka.uni-karlsruhe.de/kvk_en.html per rintracciare le copie

localizzate in Europa e fuori da essa in data 14 novembre 2012. 101

I dati delle copie localizzate le ho consultate in edit16 il 24 febbraio 2012. 102

Presso la biblioteca Complutense di Madrid. http://cisne.sim.ucm.es/record=b1933106~S4*spi

letto in data 12/11/2012. Stranamente non si trova in Italia nessuna copia localizzata di tale edizione.

50

organizzazione della materia e una scelta editoriale certamente e volutamente

innovativa.

In questo mio studio tento pertanto – utilizzando il Censimento nazionale delle

edizioni italiane del XVI secolo (EDIT16) – di ricostruire anche la storia delle edizioni del

Sacerdotale in quel secolo.

Cercherò di incrociare i dati provenienti dall’Istituto Centrale per il Catalogo

Unico103 con i dati relativi agli editori (1° dato) e confrontando la presenza e il

cambiamento nelle diverse edizioni delle silografie (2° dato) e cercando di esaminare

quali siano state le correzioni tipografiche degli editori successivi relativamente al

contenuto complessivo dell’opera (3° dato) o alla tavola dei contenuti (4° dato).

Procedendo con ordine dobbiamo innanzitutto prendere in esame l’edizione del

1523.

103

http://edit16.iccu.sbn.it/web_iccu/imain.htm letto in data 12 dicembre 2011 dove si specifica che

il progetto EDIT16 ha lo scopo di documentare la produzione italiana a stampa del XVI secolo e di effettuare la ricognizione degli esemplari a livello nazionale. La base dati descrive edizioni stampate tra il 1501 e il 1600 in Italia, in qualsiasi lingua, e all’estero in lingua italiana. Contiene inoltre notizie di authority inerenti autori, titoli uniformi, editori e marche tipografiche consultabili autonomamente e l’archivio delle fonti bibliografiche connesse. Al Censimento partecipano circa 1.500 biblioteche tra statali, di enti locali, universitarie, ecclesiastiche e private che in stretta collaborazione con l'ICCU, responsabile del progetto, contribuiscono in vario modo alla sua realizzazione.

51

Capitolo 2: LA PRIMA EDIZIONE DEL 1523

2.1. INFORMAZIONI GENERALI SULL’EDIZIONE E GLI EDITORI

La prima edizione, da me consultata presso la biblioteca del Seminario Vescovile di Fidenza nel dicembre 2011, porta la data del 19 luglio 1523 (XIII cal. Augusti) e fu opera della società tipografica fondata pochi anni prima da Melchior Sessa e Pietro Ravani. Come ricorda il catalogo dell’ICCU, la società tra Melchior Sessa e Pietro Ravani fu una

Società tipografico-editoriale fondata a Venezia nel 1516 e sciolta nel 1525. Da tale data sia Sessa che Ravani continuarono

a lavorare ciascuno per proprio conto. Le marche usate dalla società erano quelle di Sessa.104

Per un esame approfondito della società tipografico-editoriale – come viene

definita dalla Nicolardi – della sua attività, della produzione libraria da essa promossa e

delle caratteristiche dei volumi editi, non mi posso qui soffermare a lungo e rimando

ad uno studio specifico ad essa dedicato105. Qui me ne occuperò solamente quel tanto

che basta per comprendere le dinamiche sottese alla pubblicazione del volume che a

noi interessa.

2.1.1. Gli editori

Dei due tipografi il Ravani era originario di Brescia106 e morì tra il 1528 e il 1531.

(...) gli successero la vedova Luchina e il figlio Vittore. Secondo un documento del 1525 era libraio all'insegna della Gatta, cioè nella stessa bottega di Melchiorre

104

http://edit16.iccu.sbn.it/web_iccu/imain.htm alla voce dell’Editore “Melchior Sessa e Pietro

Ravani”, letto in data 22 dicembre 2011. 105

Silvia CURI NICOLARDI, Una società tipografico-editoriale a Venezia nel secolo XVI. Melchiorre Sessa e

Pietro Ravani (1516-1525), Leo S. Olschki editore, Firenze 1984, 95p. 106

Vedi però quanto affermato da CURI NICOLARDI, Una società (1984), p. 9 dove l’origine bresciana del

Ravani è desunta dalla sua firma ma non da altre fonti storiografiche.

Marca tipografica di Melchior Sessa e indicazioni della

data di edizione: 19 luglio 1523 (f. 367v)

52

Sessa il vecchio, allora suo socio; in un altro documento del 1527 risulta libraio "in Merzeria" dove aveva come insegna la Sirena (che però compare già nelle sottoscrizioni della società con Sessa nel 1524 e nel 1525).107

Le informazioni che ci vengono date sia della sua paternità rispetto al figlio

Vittore (che sarà l’editore dell’edizione del 1937) sia relative alla sua marca tipografica,

la sirena bicaudata, sono molto importanti. Infatti la Sirena bicaudata fu

successivamente non solo la marca tipografica usata dal figlio di Pietro Ravani, Vittore,

per la seconda edizione del Liber sacerdotalis del 1537, ma fu anche la marca

tipografica utilizzata negli anni seguenti dagli eredi di Pietro Ravani e soci – che del

Liber sacerdotalis editeranno la terza edizione nel 1548 e la quarta nel 1554 – ma

soprattutto divenne la marca tipografica usata da uno di questi soci, Giovanni Varisco,

che diventerà anche «l’erede» del Sacerdotale: egli infatti pubblicherà più edizioni da

solo e in società con altri negli anni 1560, 1564, 1569, 1588.

Melchiorre Sessa invece fu

Editore, tipografo e libraio attivo a Venezia, figlio di Giovanni Battista il vecchio. Stampò da solo dal 1506 al 1516, poi fu in società con Pietro Ravani, e dal 1526 riprese a lavorare da solo. Sposò Veronica Barone ed ebbe 6 figli: Giovanni Battista, Giovanni Bernardo, Melchiorre, Bernardino, Isabetta e Faustina. Come editore, si servì di molte tipografie, tra cui quelle dei Nicolini da Sabbio, dei Giglio, di Bernardino Bindoni e di Francesco Rampazetto. Vianello ipotizza che abbia usato sia l'insegna della gatta che quella della nave. La sua bottega si trovava a San Giuliano, vicino al campo San Lio. Morì probabilmente nella seconda metà del 1565 o nel 1566; la firma Melchiorre Sessa dal 1555 al 1565 potrebbe riferirsi sia al padre che al figlio omonimo.108

Se davvero la bottega dei Sessa, anche attorno al 1520, data presunta dei

contatti del Castellani con gli editori, si trovava a «San Giuliano vicino al campo San

Lio», costatiamo la vicinanza del convento dei santi Giovanni e Paolo – convento nel

quale risiedette Alberto da Castello fino al termine della sua vita – alla tipografia che

egli incaricò per la stampa delle sue ultime fatiche, cioè il Rosario e il Liber sacerdotalis.

Anche la stirpe dei Sessa, dopo la prima società con Pietro Ravani, tornerà ad

occuparsi dell’edizione del Sacerdotale promuovendo svariate altre edizioni (1579,

1580, 1585, 1596, 1597).

2.1.2. Le scelte editoriali e la produzione di testi liturgici

Negli anni in cui fu attiva, tra il 1516 e il 1525, la società di Melchior Sessa e

Pietro Ravani pubblicò diversi testi di diversi generi. Per la produzione editoriale della

107

http://edit16.iccu.sbn.it/web_iccu/imain.htm alla voce dell’Editore “Pietro Ravani”, letto in data

22 dicembre 2011. 108

http://edit16.iccu.sbn.it/web_iccu/imain.htm alla voce dell’Editore “Melchior Sessa”, letto in data

22 dicembre 2011.

53

società Sessa-Ravani, le scelte dei tipi a seconda delle edizioni, le silografie usate

abbondantemente nelle edizioni da loro curate e altre informazioni rimando a studi

specifici sia sulla società editrice109, sia sulla silografia nella stampa del Cinquecento110

e presento qui sinteticamente i risultati dello studio della Nicolardi.

Le responsabilità all’interno della società

A partire da ipotesi che erano state formulate da Vianello, cioè che ci fosse stato

un impegno maggiormente editoriale per Melchiorre Sessa e un impegno più sul

versante della realizzazione tipografica per il Ravani, ricorda Curi Nicolardi, che

le uniche prove a favore di un’attività prevalentemente tipografica da parte di Pietro di Ravani derivano dal documento citato, in cui si fa riferimento alla stamperia che donna Luchina aveva ereditato111.

Suggerisce inoltre, dopo esame di documenti d’archivio, esame della produzione

libraria della società ed esame della produzione editoriale dei due soci dopo il 1525,

anno di scioglimento della società, che

(...) non vi sia stata una divisione vera e propria dei compiti fra i due soci, cioè solo un impegno editoriale per Melchiorre e tutto il lavoro di impostazione e di realizzazione tipografica per il Ravani, nel senso che probabilmente entrambi hanno scelto i testi da stampare, ne hanno curato l’esecuzione tipografica e hanno provveduto alla loro vendita. Pietro di Ravani potrebbe aver seguito prevalentemente la pubblicazione dei testi religiosi e dei classici latini in folio (continuerà infatti questo tipo di produzione anche dopo aver sciolto la società), Melchiorre aver controllato soprattutto la stampa dei testi di astronomia e di scienza già impresse da Giovan Battista suo padre e le opere di letteratura contemporanea in volgare, che seguiterà a produrre con sempre maggiore impegno negli anni in cui stamperà da solo. Entrambi i soci, inoltre, possono essersi giovati per far funzionare l’officina tipografica di caratteri acquistati o ceduti da altri stampatori, secondo l’uso ormai invalso in quegli anni.112

I generi pubblicati dalla società Sessa-Ravani

Oltre ad opere di carattere profano113, di classici latini114 e altre di astronomia115,

Melchior Sessa e Pietro Ravani pubblicarono diverse opere di carattere religioso, quali

109

Silvia CURI NICOLARDI, Una società tipografico-editoriale a Venezia nel secolo XVI. Melchiorre Sessa e

Pietro di Ravani (1516-1525), Leo S. Olschki editore, Firenze 1984. 110

Ernesto MILANO, Xilografia dal Quattrocento al Novecento. Percorso storico-artistico sui fondi della

Biblioteca Estense, coll. “Il giardino delle esperidi” 2, ed. Il Bulino, Modena 1993. 111

CURI NICOLARDI, Una società (1984), p. 35. 112

CURI NICOLARDI, Una società (1984), p. 37. 113

Quali, ad esempio, la Gloria damore composta per Baldasarre Olympo de li Alexandri da Sasso

ferrato. Strambotti de laude, mattinate, littere damore, prosa, sonetti, capitoli, egloghe. Et con vno capitolo agionto pubblicato nel 1522;

114 Quali, ad esempio, testi di Severino Boezio, Marco Tullio Cicerone, Giovenale, Tito Livio, Plauto,

Plinio, Plutarco, Sallustio, Virgilio, Terenzio. 115

Quali, di Alchabitius, Praeclarum opus ad scrutanda stellarum magisteria isagogicum pristino

candori nuperrime restitutum ab excellentissimo doctore Antonio de Fantis Taruisino, qui notabilem eiusdem auctoris libellum de planetarum coniunctionibus nusquam antea impressum

54

il De imitatione Christi et de contemptu mundi in vulgari sermone nel 1516; e alcuni

testi liturgici, quali il Psalmista secundum consuetudinem Romane Curie nel 1518, il

Martyrologium secundum morem Romane Curie nel 1520, il Psalterium secundum

consuetudinem Romane Curie nel 1520, il Rosario della gloriosa Vergine Maria dello

stesso Castellani nel 1522 – ristampato a breve distanza di tempo nel 1524 –, il Liber

sacerdotalis di cui ci stiamo occupando nel 1523 e il Psalterion nel 1525.

Il formato usato

Il formato usato dai due editori, per la maggior parte delle edizioni, è l’8° che, a

detta della Nicolardi, in quegli anni si era ormai ampiamente affermato e che appare

ormai associato al termine enchiridion ad indicare la maneggevolezza di tale

formato116. I due editori stamperanno anche in folio prevalentemente testi di classici

latini, così come stamperanno in 4° testi di scienza grammatica e religione117, ma il

formato da essi maggiormente usato rimane l’8°.

2.2. CARATTERISTICHE SPECIFICHE

Il Liber sacerdotalis della prima edizione del 1523 si andava così ad inscrivere in una lista di opere di carattere religioso che la tipografia di Sessa-Ravani pubblicava accanto ad altri, e soprattutto avendo già edito dello stesso Alberto da Castello il Rosario de la gloriosa vergine Maria. Tale parentela tra le due opere non è data soltanto dal medesimo autore e dal medesimo editore, ma, come vedremo, anche dall’uso di alcune silografie del Rosario nell’edizione oggetto del nostro studio.118

Il Liber sacerdotalis di questa prima edizione consta di 367 fogli per un totale di 734 pagine. L’indicazione che viene data al foglio 367v, subito prima della marca tipografica, è che la stampa si concluse il 13° giorno delle calende di agosto, dunque il 19 luglio del 1523.

2.2.1. I contenuti specifici della prima edizione: una introduzione È necessario notare che, subito dopo il frontespizio, questa prima edizione – e

solo questa prima edizione – riporta la lettera del pontefice Leone X, datata 2 novembre 1520, con la quale si approvava l’opera e se ne riservava la stampa al

addidit & pleraque scitu dignissima cum castigatissimo Ioannis de Saxonia commentario pubblicato nel 1521.

116 CURI NICOLARDI, Una società (1984), p. 19.

117 CURI NICOLARDI, Una società (1984), p. 19.

118 Per il confronto tra le silografie vedi più avanti nel capitolo.

55

Castellani per un decennio119. Inoltre compaiono una lettera redatta dal notaio del palazzo patriarcale con l’approvazione accordata da Antonio Contarini patriarca di Venezia e della Dalmazia datata 16 aprile 1520120 e inoltre la lettera dell’inquisitore frate Francesco Pisano, datata 24 aprile 1520121. Ad esse veniva posposto dall’autore la sua dedica a papa Adriano VI122 il quale tuttavia non dovette avere avuto modo di esaminare l’opera, o per lo meno di esaminarla a lungo, perché morì proprio nel 1523 – anno di pubblicazione del sacerdotale – nel mese di settembre, a due mesi dalla conclusione della stampa.

Riproduco qui il testo di questi documenti, similmente a quanto aveva fatto Cattaneo, che però aveva omesso sia la dichiarazione dell’inquisitore sia l’informazione da dove avesse tratto i documenti che pubblicava in calce al suo articolo. Aveva inoltre omesso di pubblicare la post-fazione che è quasi sicuramente opera di Alberto da Castello stesso.123

2.2.2. L’approvazione da parte di Leone X (1513-1521)

Circa l’approvazione da parte di Leone X – che fu papa dal 9 marzo 1513 al 1

dicembre 1521 – ecco il testo124 che porta la data del 2 novembre 1520125.

LEO PAPA DECIMUS

Ad futuram rei memoriam.

1. Exponi nobis nup[er] fecit dilectus filius Albertus de Castello Venetus

ordinis praedicator[um] professor, q[uod] ipse q[ui] summis uigiliis ac

laboribus p[ro] utilitate Rector[um], praesertim parrochialium ecclesiar[um]

curam animar[um] earundem habentium, ut officium eis com[m]issum recte

explere possint, libr[um] sacerdotalem appellatu[m] ex sacra Bibliotheca

apostolica et s[an]ctor[um] doctor[um] catholicor[um] et sacror[um] canonum

scriptis et institutionibus a se excerptu[m] et collectum co[m]posuerit:

2. que[m] per dilectum filiu[m] Silvestru[m] de Prierio præfati ordinis

p[ro]fessorem et Mag[ist]r[u]m sacri palatii nostri apostolici inspici et

terminari fecimus, inprimi facere intendat/cupiatq[ue] ei concedi q[uod] per

aliu[m] sine eius expressa licentia ad decenniu[m] imprimi non possit.

119

Per il testo vedi pag. 44. 120

Per il testo vedi pag. 45. 121

Per il testo vedi pag. 47. 122

Per il testo vedi pag. 48. 123

CATTANEO, Il rituale romano (1967). 124

Per la leggibilità del testo latino ho sciolto le abbreviazioni senza segnalarle. Chiedo venia al lettore

se riscontra qualche errore o incoerenza in esse. 125

A comodità della consultazione ho apposto una numerazione all’inizio dei paragrafi e talvolta ho

spezzato con la numerazione alcuni periodi latini molto lunghi. Ho preferito, per la scientificità della trascrizione latina, apporre tra parentesi quadre “[“ e “]” il testo che ricostruisco “sciogliendo” le abbreviazioni – talvolta di non immediata lettura – in modo tale che lo studioso, in caso di mio errore, potrà correggere il testo.

56

3. Nos itaq[ue] eius honesto desiderio annue[n]tes, / omnibus et singulis

cuiuscumq[ue] status, / gradus ordinis et conditionis existant sub

exco[mun]icationis latæ sente[n]tiæ a qua non nisi a nobis et successoribus

nostris Romanis pontificibus praeterq[uam] in mortis articulo absolvi

nequeant, / ac mille ducatoru[m] auri de Camera quos pro una Camerae

apostolicæ, / p[ro] alia uero partibus dicto Alberto applicamus pœnis eo ipso

incurrendis districtius inhibemus ne librum ipsum absq[ue] ipsius Alberti

licentia in scriptis tradita usque ad decennium imprimere aut imprimi facere

audea[n]t vel præsumant.

4. Manda[n]tes omnibus personis ecclesiasticis in uirtute sanctae

obedientiae ut eundem librum postq[uam] ille impressus fuerit sequi, / et

ecclesiastica sacramenta iuxta formam in eo traditam ministrare et exercere

teneantur.

5. Ac universos et singulos patriarchas, Archiepiscopos, episcopos et alias

p[er]sonas in dignitate ecclesiastica constitutas eorumq[ue] vicarios et

officiales necnon canonicos quarumcumq[ue] Metropolitar[um] vel aliar[um]

Cathedralium ecclesiar[um] et executores ac defensores qui assistant et

praemissa observari faciant deputamus per praesentes, cum potestate

contradictores per censura[m] ecclesiasticam et alia iuris opportuna remedia

appellatione postposita compescendi, et auxilium brachii secularis implorandi.

6. Non obstan. fe[licis] re[cordationis] Bonifatii papae VIII praedecessoris

nostris de una et Concilii generalis de duabus dietis, dummodo non ultra dietas

tres, ac aliis apostolicis constitutionibus, et ordinationibus, ac quibusvis statutis

et consuetudinibus etiam iuramento confirmatione apostolica vel quavis

firmitate alia roboratis, ac privilegiis indultis et litteris apostolicis quibusvis

personis forsan concessis, quibus quo ad hoc specialiter et expresse derogamus

contrariis Quibuscu[m]q[ue].

7. Datu[m] Romae apud Sanctum Petrum Sub Annulo Piscatoris.

Die II Novembris MDXX Pontificatus nostri Anno octavo.

Diversi sono gli elementi della lettera di Leone X da mettere in luce. Vediamoli.

Tenore contraddittorio: iniziativa di un privato con autorevolezza apostolica?

Innanzitutto il testo è stato presentato a Leone X per iniziativa di Alberto da

Castello: dunque non c’è stato nessun incarico ufficiale assunto da quest’ultimo che

perviene ad una sua conclusione. L’iniziativa è privata. Pur tuttavia Leone X ne ha

promosso una revisione definitiva (inspici et terminari), fatta compiere da una

personalità dell’ordine di cui aveva piena fiducia e che uno dei suoi predecessori,

Giulio II, aveva eletto nella carica di maestro del sacro palazzo, P. Silvestro de

Prierio126.

126

Silvestro Mazzolini da Prierio (1456–1527) svolse un ruolo chiave nella curia romana agli inizi del

XVI secolo. Egli in particolare fu incaricato a rispondere alle 95 tesi che Lutero aveva pubblicato nel 1517.

57

Benché Alberto da Castello premetta al testo e sottoponga all’attenzione del

lettore «l’approvazione» di Leone X, il testo della lettera papale lascia intendere che il

Liber sacerdotalis rimane iniziativa di un privato. Certo gli viene concesso di stampare il

testo a proprie spese, dandogli il privilegio di stamparlo per dieci anni, concedendogli

quindi sicuramente anche un beneficio economico; traspare tuttavia dalla lettera

papale che esiste anche la possibilità che il testo medesimo non venga dato alle

stampe o possa anche non diventare un libro stampato (imprimi facere intendat,

cupiatque).

Ancora. Si commina un pesantissima scomunica per coloro che contravverranno

a tale ingiunzione, si impone una pesantissima ammenda a beneficio della Sede

apostolica e dell’interessato, si tutela la “proprietà letteraria” di Alberto da Castello

concedendogli di potere essere solo lui, per dieci anni, a dare licenza scritta di

stampare il volume. Dunque non c’è sostanzialmente un’assunzione autorevole

dell’opera da parte della Sede apostolica. Non si prospetta ancora la possibilità che

un’opera di questo tenore sia fatta stampare per iniziativa e per responsabilità diretta

della Sede Apostolica. Ciononostante, c’è già la volontà di pervenire a una decisione in

tal senso. Infatti, pur rimanendo iniziativa di un privato, se pur lodevole, se pur

revisionata dal punto di vista dottrinale e liturgico, con l’autorizzazione, se lui la farà

stampare, per diventare un libro stampato, si arriva ad un’affermazione quasi

contraddittoria, cioè a ingiungere che tutte le persone ecclesiastiche dovranno

servirsene in virtù di santa obbedienza, e che siano tenuti ad amministrare e ad

esercitare i sacramenti della chiesa secondo la forma trasmessa in esso. Dunque si

prescrive di usarlo e di amministrare i sacramenti secondo le modalità in esso

descritte, ma non solo, ci si spinge ben oltre, perché alla fine si impone a tutti i singoli

patriarchi, arcivescovi, vescovi e altre persone costituite nella dignità ecclesiastica, e i

loro vicari e ufficiali e i canonici di qualsiasi Metropolitana o di altre chiese cattedrali, li

incarichiamo con la presente ad esserne esecutori e difensori e a farla osservare, come

Entrato nell’ordine domenicano all’età di quindici anni e svolti gli studi con successo, insegnò

teologia a Bologna, Pavia e a Roma dove fu chiamato nel 1511 da papa Giulio II. Nel 1515 fu nominato maestro del sacro palazzo, carica che egli ricoprì fino alla morte.

Le sue opere più importanti sono Ephitoma responsionis ad Lutherum (Perugia, 1519); Errata et argumenta M. Lutheris recitata, detecta, repulsa et copiosissime trita (Roma, 1520); Summa Summarum, quæ Sylvestrina dicitur (Bologna, 1514) che ebbe ben quaranta ristampe; Aurea Rosa idest preclarissima expositio super evangelia totius anni de tempore et de sanctis tum secundum Ordinem predicatorum quam secundum Curia (Bologna, 1503); In theoricas planetarum (Venezia, 1513). Per un profilo completo circa la sua vita e le sue opere cf. Michael M. TAVUZZI, Prierias: The Life and Works of Silvestro Mazzolini Da Prierio, 1456-1527, Duke university Press, Durham e Londra 1997, 189p.; Franz MICHALCKI, De Sylvestri Prieratis vita et scriptis, Münster, 1892; Cf. anche http://en.wikipedia.org/wiki/Sylvester_Mazzolini.

58

dire che si minaccia tutti volendo imporre l’uso di tale libro stampato e anche di farlo

usare e di imporne l’uso.

Si è ancora nella fase in cui l’autorità Pontificia cerca di controllare quanto però

sa bene che ricade sotto l’autorità dei Vescovi o dei Provinciali. Non sussiste ancora la

Congregatio pro sacris Ritibus et Caeremoniis che verrà istituita da Sisto V solo il 22

gennaio 1587 con la bolla Immensa Aeterni Dei con competenze sulla materia liturgica,

sull’amministrazione dei sacramenti e sul culto dei santi. Solo dopo l’istituzione di tale

Congregazione sussisterà quell’autorità centrale alla quale tutte le chiese e tutti i

singoli «patriarchi, arcivescovi, vescovi, dignitari ecclesiastici, vicari, ufficiali, canonici di

qualsiasi metropolitana e di qualsiasi cattedrale» sono sottoposti in materia liturgica.

La stampa come mezzo per giungere ad una uniformazione liturgica

Si intravede già nelle parole di Leone X che la stampa è stata individuata quale

mezzo attraverso il quale pervenire a tale uniformazione: mandantes (...) ut eundem

librum postquam ille impressus fuerit sequi et ecclesiastica sacramenta iuxta formam in

eo traditam ministrare et exercere teneantur. Si vuole sottrarre l’amministrazione dei

sacramenti e delle azioni liturgiche agli arbitrî individuali o ad eventuali tradizioni locali

più ispirate al devozionalismo, o all’arbitrio dei singoli, o all’imperizia dei pastori

piuttosto che alla sana tradizione; ma si vuole sottrarre l’amministrazione dei

sacramenti anche alle diverse consuetudini diocesane talvolta diverse da regione a

regione, da diocesi a diocesi per non dire da parrocchia a parrocchia, come dopo si

vedrà a proposito del trattato di Nicola de Blony.

Che tale fosse uno scopo che Leone X intendeva perseguire lo si ricava anche dal

fatto che richiede di essere esecutori di tale suo comando a tutti «i patriarchi, gli

arcivescovi, i vescovi e tutti i dignitari ecclesiastici, i loro vicari e i loro ufficiali nonché i

canonici» e non solo i canonici «delle metropolitane» ma anche di tutte le altre chiese

cattedrali: insomma tutti coloro che in qualsiasi grado avessero avuto possibilità di

incidere sulla prassi liturgica in qualsiasi chiesa si trovassero, dovevano sentirsi

destinatari della sua ingiunzione e “obbligati in virtù di santa obbedienza” ad esserne

esecutori.

I mezzi previsti potevano anche essere coercitivi tramite censura o «altri rimedi

giuridici opportuni» fino anche ad arrivare a ricorrere al «braccio secolare».

Non c’è che dire: in tutte le ristampe del Liber sacerdotalis tale bolla di Leone X

verrà omessa, già a partire dalla seconda edizione! L’abbondanza delle riedizioni che

videro la luce nei decenni successivi testimoniano che buona parte del clero si era già

cominciata ad uniformare nella celebrazione dei sacramenti già prima delle

59

disposizioni del concilio di Trento, proprio con l’utilizzo diffuso del Liber sacerdotalis

che era ormai diventato, a partire dal 1554, il Sacerdotale.

2.2.3. L’«imprimatur» di Antonio Contarini, Patriarca di Venezia e di Dalmazia

(1509-1524)

L’«imprimatur» viene richiesto e concesso dal patriarca di Venezia Antonio

Contarini (1450-1524) che rivestì la carica di Patriarca a partire dal 5 febbraio 1509,

dunque poco dopo l’arrivo di Alberto da Castello a Venezia e che ivi morì il 7 novembre

1524.

Anche questo testo l’ho diviso in paragrafi per potere citarlo con più precisione.

1. Antonius Contareno miseratione divina patriarcha Venetiarum

dalmatiaeq[ue] primas dilecto nobis i[n] christo fratri Alberto de Castello

Veneto ordinis praedicator[um] salute[m] in domino sempiternam:

laudabilibus studiis et laboribus quibus pro animar[um] salute a multis annis

citra diligenti sollicitudine inservitis considerationis nostrae i[n]tuitum

dirigentes cogimur vestris piis et honestis supplicationibus condescendere.

2. Hinc est q[uod] vos dum anno praesenti Romae essetis multa praeclara

ex antiquis libris apostolicae bibliothecae excerpsistis quae curatis sacerdotibus

valde oportuna esse iudicantur, eaq[ue] vestro studio et diligentia in unu[m]

volumen quibusdam valde necessariis permaxime circa ecclesiae sacramenta

superadditis congregastis velletisq[ue] dictum opus i[m]pressoribus tradere ut

omnibus possit esse communis.

3. Quod quide[m], ad instar pontificalis episcopor[um], tribus partibus

distinctum a sacerdotibus curatis pro quibus illud composuistis librum

Sacerdotalem appellastis.

4. Extetq[ue] inhibitio sacri laterane[n]sis co[n]cilii q[uod] nullus possit

aliquem librum imprimere vel imprimi facere sine lice[n]tia dyocesani et

inquisitoris hereticae pravitatis, humiliter a nobis huiusmodi licentiam vobis et

impressoribus dari petistis.

5. Quare nos dictu[m] opus examinantes et toti ecclesiae proficuum fore

arbitrantes, tenore presentium co[n]cedimus vobis liberam facultatem illud

imprimendi, modo accedat assensus Reverendi inquisitoris.

6. In quor[um] fidem praesentes fieri fecimus et nostri sigilli parvi

impressione muniri mandavimus. In contrariu[m] facientibus non obstantibus

quibuscu[m]q[ue].

7. Datum Venetiis in nostro patriarchali palatio. Die XVI aprilis MDXX.

Pontificatus Sanctissimi d[omini] D[omi]ni nostri Leonis papae X Anno VIII.

Joannes Franciscus Zentilinus

Curiae patriarcalis notarius

mandato scripsit.

Diversi sono gli elementi da non lasciarsi sfuggire. Li individuiamo brevemente.

60

Intento pastorale dell’opera di Alberto da Castello

Il Patriarca, o meglio il notaio della curia Patriarcale, riesce a rilevare prima di

tutto l’orientamento pastorale dell’opera di Alberto da Castello e inoltre dà

testimonianza che a tali studi si stava dedicando da molti anni (§1: pro animarum

salute a multis annis).

Inoltre dimostra di essere consapevole che la raccolta di rituali operata da

Alberto da Castello è stata principalmente motivata e condotta proprio dall’intento

pastorale, cioè dall’intento di fornire, a partire da un congerie di testi quasi

indominabile consegnati dalla tradizione, uno strumento unico nelle mani dei pastori

d’anime (§2: multa praeclara ex antiquis libris apostolicae bibliothecae excerpsistis

quae curatis sacerdotibus valde oportuna esse iudicantur). Tale finalità è ribadita più

volte (§2: vestro studio et diligentia in unum volumen quibusdam valde necessariis

permaxime circa ecclesiae sacramenta supradditis congregastis).

Tale raccolta riguarda innanzitutto i sacramenti della Chiesa (§2: permaxime circa

ecclesiae sacramenta), e la denominazione di tale volume è Liber sacerdotalis del quale

si coglie l’analogia con il Pontificale dei vescovi (§3).

Qualche dato biografico di Alberto da Castello

Oltre al dato che Alberto da Castello si stesse dedicando all’opera da molti anni,

il documento ci offre l’informazione relativa al suo spostamento a Roma (§2: dum anno

praesenti Romae essetis): il suo soggiorno a Roma (probabilmente non l’unico e forse

l’ultimo) e il suo scavo d’archivio nella Biblioteca apostolica vaticana sembra datare nei

primi mesi del 1520, alcuni mesi o settimane prima del documento del notaio della

curia patriarcale.

2.2.4. La breve missiva dell’inquisitore Francesco Pisano

Il testo l’ho diviso in paragrafi per suddividere gli argomenti trattati e potere

citarlo con più precisione.

1. Nos frater Franciscus Pisanus ordinis minor[um] et sacrae theologiae

p[ro]fessor in ciuitate Venetiar[um] etc. hereticae prauitatis i[n]quisitor a sede

apostolica deputatus omnibus praesentes litteras inspecturis significam[us]

qualiter librum Sacerdotalem per uenerabilem patrem fratrem Albertum de

castello Venetum ordinis praedicator[um] compositum et ordinatum diligenter

perspeximus examinavimus et percurrimus: ipsumq[ue] per omnia sacris

canonibus et doctoribus theologis conuenire comperimus: speramusq[ue]

ipsum ualde utilem fore ecclesiae sanctae dei et Reuerendis Sacerdotibus

curam animarum gerentibus.

2. Idcirco iuxta formam sacri lateranensis co[n]cilii auctoritate officii

nostri concedimus ei quatenus libru[m] ipsum imprimi faciat et publicari.

In contrarium facientibus non obstantibus quibuscunq[ue].

61

In quoru[m] fidem praesentes manu propria roboravimus et sigillo nostro

minori munivimus.

3. Datum Venetiis. In co[n]ventu nostro domus magnae appellato. Die

xxiiii mensis aprilis MDXX Pontificatus sanctissimi domini nostri D[omi]ni

Leonis Papae Decimi Anno viii.

Frater Franciscus Pisanus hereticae prauitatis inquisitor manu propria

subscripsimus

Non ci sembra molto utile il «biglietto» dell’inquisitore per quanto da lui

affermato che sembra semplicemente riprendere i titoli del volume, il frontespizio e il

titolo interno (§1: Reuerendis Sacerdotibus curam animarum gerentibus).

Certo l’inquisitore formula un auspicio circa l’utilizzazione del volume nella prassi

ecclesiale (speramusque ipsum ualde utilem fore ecclesiae sanctae dei) affermando di

averlo «osservato, esaminato, scorso» (perspeximus examinavimus et percurrimus).

Si deve notare tuttavia che l’imprimatur dato dall’inquisitore è datato 24 aprile

1520 e, quindi, solo nemmeno 8 giorni dopo l’imprimatur del Patriarca: quindi il tempo

che l’inquisitore, p. Francesco Pisano dei frati minori, ebbe a disposizione per

esaminare il volume dovette essere ben poco. Dei tre verbi da lui utilizzati perspeximus

examinavimus et percurrimus si deve presumere che il suo fu più uno «scorrere»

(percurrere), mentre dovette fermarsi ad «osservare» ed «esaminare» qualche

elemento della prima parte del volume, quella dedicata ai sacramenti, a mo’ di

campionatura, dato che è la parte più cospicua dell’opera (più della metà).

2.2.5. La dedica ad Adriano VI (1522-1523)

Dopo la lettera di Leone X che veniva a confermare con la sua benedizione e

ingiunzione apostolica quanto concesso dal Patriarca (facultas imprimendi) e

confermato dottrinalmente dall’inquisitore, Alberto da Castello appone stretta in due

facciate la sua dedica ad Adriano VI (eletto al soglio pontificio il 9 gennaio 1522 e

deceduto il 14 settembre 1523) che diventa per noi una miniera di informazioni

storiche, soprattutto in riferimento all’autore.

Anche questo testo l’ho diviso in paragrafi per avere più comodità nel citarlo.

Eccone il testo.

1. S[an]ctissimo ac beatissimo p[at]ri et d[omi]no d[omi]no Adriano VI

divina electio[n]e et p[ro]vide[n]tia s[an]c[t]e Romanae et uniuersalis

eccl[es]iae Po[n]tifici maxi[m]o.

2. Albertus Castellan[us] Venet[us] ord[inis] p[re]dicator[um] p[ro]fessor

humile[m] et debita[m] servitute[m], et pedu[m] oscula b[ea]tor[um].

62

3. Inter o[mn]ia quae in hac mortali vita verus dei cultor et minister agere

pot[est], P[ate]r Beatissime, nil puto Deo acceptius gratiusq[ue] esse, q[uam]

Zelus, et fervens salutis a[n]i[m]ar[um] p[ro]curatio, et ipsar[um] ad

aeterna[m] beatitudine[m] caritativa p[ro]motio.

4. Si eni[m] laudatur ho[mo] q[ui] proximu[m] sibi a corruptibilis

corp[or]is p[er]iculis salvaverit, si talis e[s]t praeclaris laudib[us] extollit[ur];

atq[ue] (apud priscos romanos) e[s]t coronis i[n]signibus q[ui] civem servasset,

donabat[ur], tanq[uam] qui re[m] piam optima[m]q[ue] fecisset, cur no[n]

magis Chr[ist]ianus religiosus, p[rae]sertim p[ro] a[n]i[m]abus ad Imagine[m]

dei creatis, et in aeternum ma[n]suris, q[uan]tum cu[m] dei adiutorio op[er]ari

potest, ut ad aeternam salute[m] perveniant, et enixe laborare et o[mn]i suo

conatu eniti debet?

5. Nullu[m] eni[m] sacrificiu[m] est Deo acceptius, q[uam] Zelus salutis

a[n]i[m]ar[um]. In hoc enim uno et dei o[mn]ipote[n]tis ma[n]data, et caritatis

praecepta servantur.

6. Mandavit enim Deus (inq[ui]t sapiens) unicuiq[ue] de proximo suo. Et

apostolus Jacobus. Qui converterit, i[n]quit, peccatorem ab errore viae suae,

salvabit anima eius a morte.

7. Et ut multa quae ad hoc adduci possent missa faciam: zelus iste

salvatorem nostrum d[omi]n[u]m Iesum christum de coelo ad terra[m] adduxit:

et homo factus, animas q[uae] peccatis perierant, innumeris oppressas

erroribus reperiens, purgavit, docuit, instruxit, multiplicibusq[ue] laboribus,

p[re]ssuris ta[n]de[m]q[ue] praeciosissimo sanguine rede[m]ptas, ad coelestia

pascua, tanq[uam] Optimus pastor humeris suis i[m]positas reduxit.

8. Qui peractis humanae salutis operibus, ad coelos asce[n]ssurus (sic!)

beatissimum Petr[um] apostolor[um] principem pro se unicu[m] vicarium et

Ecclesiae suae moderatore[m] in terris reliq[ui]t, cuius tu, Pater B[ea]tissime,

divina dispositio[n]e, id bonitate, s[an]c[t]itate, excellenti doctrina, singulari

sapie[n]tia, p[er]vigili prude[n]tia, fama praeclarissima, mor[um] integritate,

q[ui]bus insignita est S[anctitas] T[ua] p[ro]mere[n]tibus, et locu[m] et

cathedra[m] et auctoritate[m] dignissime es consecutus.

9. Caeteros vero ap[osto]los discipulos coadiutores, et in parte[m]

sollicitudinis ministros, p[ro] earunde[m] animar[um] p[ro]curanda salute

instituit ordinavitq[ue] XXI di[ebus] decretis, divina sacr[ament]a in ear[um]

salute co[n]stituens: q[ui]bus sauciatae p[ec]c[a]tor[um] vulneribus

sanarent[ur], roborare[n]turq[ue] et ad optatu[m] fine[m] aeternae vitae

p[er]ducere[n]t[ur].

10. Hic e[s]t a[n]i[m]aru[m] zel[us] (divina id inspira[n]te virtute)

egregiu[m] Eccl[es]iae pugile[m] b[ea]t[u]m d[omi]nicu[m] p[at]rem meu[m],

ut ordine[m] fratr[um] p[rae]dicator[um] ad a[n]i[m]ar[um] salute[m]

indefesse p[ro]curandam salubriter i[n]stitueret, p[ro]vocavit.

63

11. Ex quor[um] numero (no[n] aut[em] p[er]fectio[n]e et fervore) cum

ego in eade[m] militia supra an[n]os L i[n]sudassem, e[ss]etq[ue]

i[n]tent[i]o[n]is meae qu[or]um magna atte[m]ptare no[n] possem, ut

pleriq[ue] viri eiusde[m] p[ro]fessio[n]is p[rae]clarissimi, in o[mn]i s[an]ctitate

virtutis et doctrinar[um] genere p[rae]stantissimi sum[m]a cu[m] laude

p[er]fecissent: ne o[mn]ino i[n]fructuosus i[n]venirer, et occiosus, minora

salte[m] attingere iuxta mihi desup[er] concessam gr[ati]am te[m]ptavi: ut

alicui vel parvo usui in dei eccl[es]ia veluti p[ar]vulus cyathus, in te[m]plo

d[omi]ni ad a[n]i[m]ar[um] salute[m] reponerer.

12. Cu[m]q[ue] decurrente aetate, plurima ad a[n]i[m]ar[um] salute[m]

p[er]tine[n]tia, ta[m] latina q[uam] vernacula lingua, diversis t[em]p[or]ibus

edidisse[m], et novissime po[n]tificale[m] libr[um] in multis diminutu[m] et

detru[n]catu[m], pluriu[m] praelator[um] et p[rae]stantissimor[um] viror[um]

co[n]silio, suasu i[m]pulsuq[ue], pristinae integritati restituisse[m],

ip[su]mq[ue] s[an]c[ta]e memoriae Leoni X s[anctitatis] tuae p[re]decessori

dedicasse[m], et p[ro]priis s[an]c[t]i[|p. iii|]tatis suae manibus obtulisse[m]

atq[ue] a s[an]c[t]itate sua gratissime fuisset exceptus et approbat[us].

13. Subiit a[n]i[m]o et[iam] sacerdotale[m] libr[um] colligere, ut

q[ua]n[do]quide[m] Ep[iscop]is re[m] grata[m] et accom[m]oda[tam]

fecera[m] ita et[iam] sacerdotib[us] p[a]rochialib[us] cura[m]q[ue]

a[n]i[m]ar[um] gere[n]tib[us] re[m] necessaria[m] et opportuna[m]

p[er]agere[m], preserti[m] cu[m] in talib[us] plerosq[ue] no[n] par[um]

deficere meis oculis multotie[n]s co[n]spexisse[m].

14. Roma[m] igit[ur] p[ro]fect[us] ad sacrae bibliothecae ap[osto]licae

fo[n]te[m] p[er]enne[m] et thesaur[um] i[n]deficie[n]te[m] me co[n]tuli et

o[mn]imoda co[m]moditate q[uam] optaba[m] p[er]q[ui]rendi mihi

p[re]sta[n]tibus optimis uiris Hieronimo alea[n]dro viro o[mn]i s[cient]iar[um]

genere p[re]sta[n]tissimo ac multar[um] li[n]guar[um] p[er]itissimo.

Ap[osto]lico bibliothecario, ite[m]q[ue] Romulo Ma[m]macino archidiacono

areti[n]o o[mn]is bo[n]itatis virtutis ac bo[n]ar[um] l[itte]rar[um] alu[m]no;

necno[n] L. p[ar]menio piceno poeta i[n]signi, a[m]bob[us] ap[osto]licis

cubiculariis, et eiusde[m] bibliothecae fidis custodib[us]

15. ex antiq[ui]s s[an]cte romanae eccl[es]iae libris q[uos] inibi vigila[n]ti

custodia serva[n]t[ur], ite[m]q[ue] ex sacror[um] theologor[um] et doctor[um]

canonicor[um] scriptis, libru[m] hu[n]c sacerdotale[m] magnis cu[m]

laborib[us], vigiliis et lucubratio[n]ib[us], co[n]cede[n]te d[omi]no, post

pluriu[m] an[n]or[um] decursu[m] ad optatu[m] fine[m] p[er]duxi: Thoma

et[iam] Diplovatatio i[m]periali co[n]sta[n]tinopolitana linea p[ro]genito ac

utriusq[ue] iuris doctor[e] egregio huic op[er]i n[on] par[um] favoris, et

non[n]ullos libros a[n]tiquos ad hoc idoneos co[n]cede[n]te.

16. Que[m] Sacerdotale[m] libr[um] an[te] ei[us] i[m]p[re]ssione[m]

p[re]fato S[ancto] d[omino] Leoni corrige[n]du[m] p[rese]ntavi. Et cum

S[anctitas] S[ua] ip[su]m examinari fecisset no[n] mo[do] eu[m] imprimi

iussit, ver[um] et[iam] p[er] l[itte]ras suas in forma brevis o[mn]ibus p[er]sonis

eccl[es]iasticis in virtute s[an]c[ta]e obedie[n]tiae ma[n]davit q[ua]ten[us]

libru[m] ip[su]m seq[ui] debere[n]t et eccl[es]iastica sacr[ament]a s[ecundu]m

forma[m] in eo tradita[m] ministrare tenerent[ur].

64

17. Ver[um] d[omini]co Po[n]tifice an[te] eiusde[m] libri i[m]pressione[m]

via[m] universae carnis i[n]gresso et s[an]c[t]itate tua ad hoc sup[re]mu[m]

dignitatis culme[n] (ut p[re]dixi) divinit[us] assumpta dignissimu[m] fore

iudicavi S[anctitatis] T[uae] q[uae] et auctoritate et doctrina et sapi[enti]a et

bonitate pollet, libr[um] ip[su]m nu[n]c pri[m]o i[m]press[um] humil[ite]r

dedicare eiusq[ue] examini sapie[n]tissimo subdere, co[n]fide[n]s q[uod]

grat[us] erit S[anctitati] T[uae] utilis eccl[es]iae s[an]c[ta]e dei, sacerdotib[us]

acco[m]modat[us] ac a[n]i[m]ar[um] saluti p[ro]ficu[us].

18. Nec q[ui]sq[uam] me ita temerariu[m] aut arroga[n]te[m] iudicet

q[ua]si velim d[omi]nos meos ac pr[aesul]es sacerdotes curatos i[n]struere,

cu[m] ab ipsis ego i[n]strui debea[m], q[ui]a id feci no[n] appete[n]s eos

docere sed ut ipsi i[n] pro[m]ptu h[ab]erent et sine labore colligere[n]t q[uae]

ego maximis laborib[us] sudorib[us] et vigiliis a[n]nis plurib[us] hinc inde

dispersa ad a[n]i[m]ar[um] salute[m] in unu[m] co[n]gregasse[m].

19. Accipiat igit[ur] S[anctitas] T[ua] sapie[n]tissima libellu[m] hu[n]c

su[m]ma cu[m] dilige[n]tia collectu[m] ta[m] ritui s[anctae] Romanae et

ap[osto]licae eccl[es]iae q[uam] aliar[um] eccl[es]iar[um]

acco[m]mod[at]u[m], clara dilige[n]tia ordinatu[m], stylo humili ad o[mn]ium

i[n]tellige[n]tia[m] digestu[m], sacror[um] Ro[manorum] Po[n]tificu[m] et

universalium co[n]cilior[um] iuriu[m]q[ue] auctoritate firmatu[m],

Theologor[um] et canonistar[um] s[ente]n[t]iis munitu[m], b[ea]tissimi

p[re]decessoris tui auctoritate approbatu[m],

20. in quo sacerdotes qual[ite]r vivere, q[ui]d docere, qual[ite]r eccl[es]iastica

sacr[ament]a co[n]ficere, ministrare et cu[m] suis a[n]nexis dispe[n]sare

de[be]ant, q[ua]s res et qual[ite]r b[e]n[e]dicere, q[ua]s et q[ua]les

p[ro]cessio[n]es ta[m] ordinarias q[uam] extraordinarias facere:

eccl[es]iasticu[m] co[m]putu[m] qual[ite]r p[er]scrutari de[be]ant, modula-

tione[m] eccl[es]iastici ca[n]tus qual[ite]r discere: et postremo malignos

sp[irit]us ab energuminis qual[ite]r expellere valea[n]t plenissime i[n]forman-

t[ur].

21. Si q[ui]d aut[em] in eo laudabil[ite]r scriptu[m] benignissima

S[anctitas] T[ua] i[n]venerit, id totu[m] deo o[mn]ipote[n]ti bonor[um]

o[mn]ium largitori deputet, si vero q[ui]d min[us] b[o]n[um] appositu[m] fuerit

s[an]c[t]itatis tue sapi[enti]ae et s[an]c[ta]e Ro[manae] eccl[es]ie cui

S[anctitas] T[ua] dignissime p[re]sidet ce[n]surae et correctio[n]i humil[ite]r

co[m]mitto.

Cui[us] sapie[n]tissimo iuditio, et illius s[an]c[t]issimae sedis me et mea

humil[ite]r subicio et suppono. +

Gli elementi autobiografici sono stati già considerati nel capitolo precedente127 e

perciò ne tralascio la considerazione.

Richiamo tuttavia, tra i dati autobiografici da noi non esaminati, quanto riportato

ai §14-15 riguardanti i suoi contatti con alcuni studiosi di spicco dell’epoca che egli

127

Cf. nel capitolo precedente il paragrafo “1.2.3. I dati biografici di Alberto da Castello” a p. 22 e

seguenti.

65

dichiara di avere conosciuto a Roma proprio in occasione della consultazione della

Biblioteca Apostolica vaticana e che devono essergli stati in qualche modo d’aiuto:

Girolamo Aleandro, Romolo Mammacini, Lorenzo Parmenio, Tommaso Diplovatazio.

Innanzitutto nomina il bibliotecario della biblioteca apostolica vaticana, Girolamo

Aleandro128 che egli dichiara essere vir omni scientiarum genere prestantissimus ac

multarum linguarum peritissimus Apostolicus bibliothecarius.

Dichiara inoltre di avere ricevuto il consiglio o l’aiuto di Romolo Mammacini129

che egli definisce archidiaconus aretinus omnis bonitatis virtutis ac bonarum litterarum

alumnus e menziona nondimeno anche Lorenzo Parmenio definendolo picenus poeta

insignis: entrambi furono custodi della Biblioteca Apostolica che Alberto da Castello

incontrò personalmente ricevendone un prezioso aiuto.

Importante è anche ciò che afferma di Tommaso Diplovatazio130 huic operi non

parum favoris, et nonnullos libros antiquos ad hoc idoneos concedente, per il fatto che

ci dovette essere consonanza tra il tipo di lavoro critico che Alberto da Castello

intendeva effettuare e il metodo di lavoro usato dal rinomato giurisperito per le fonti

giuridiche medievali. Inoltre ci dovette essere anche una completa fiducia nei riguardi

128

Girolamo Aleandro (1480-1542) – segnala l’enciclopedia Treccani – fu umanista, prelato e

diplomatico (...) Studiò a Padova; dotto in greco e lingue orientali, fece parte del circolo di Aldo Manuzio a Venezia, ove conobbe Erasmo; insegnò latino e greco nell'università di Parigi (1508-13). Divenuto poi segretario di Erardo de la Marck, vescovo di Liegi, e da lui mandato a Roma (1516), fu nominato da Leone X bibliotecario della Palatina (1519). Inviato nunzio in Germania (1520) con l'incarico di pubblicare e far eseguire la bolla «Exsurge Domine», ottenne, nella dieta di Worms (1521), la messa al bando di Lutero. Nei confronti della Riforma assunse subito un atteggiamento rigidamente negativo. Da Clemente VII fu inviato nunzio a Francesco I, col quale venne preso prigioniero nella battaglia di Pavia (1525). Di nuovo nunzio in Germania (1531-32) e a Venezia (1533-35), assisté Paolo III e fece parte della commissione incaricata di redigere il «Consilium de emendanda Ecclesia». Creato cardinale (1538), fu inviato a Vienna per sorvegliare e impedire i tentativi imperiali di pacificazione con i protestanti (1538-1539). Lasciò numerosi manoscritti e una copiosa corrispondenza. Larga diffusione ebbe il suo Lexicon graeco-latinum (1512). Cf. http://www.treccani.it/enciclopedia/girolamo-aleandro/ e anche DBI vol. 2, alla voce «ALEANDRO, Girolamo» curata da G. Alberigo.

129 Romolo Mammacini, originario di Arezzo, fu uno dei custodi della Biblioteca apostolica vaticana.

Della sua presenza presso la medesima resta un riferimento all’anno 1512. Cf. Repertorium Officiorum Romanae Curiae in Th. FRENZ, Die Kanzlei der Päpste der Hochrenaissance (1471-1527), coll. “Bibliothek Des Deutschen Historischen Instituts in ROM”, ed. M. Niemeyer, 1986.

130 Tommaso Diplovatazio (1468-1541), figlio di nobili greci, frequentò l’università di Padova, poi

Perugia e conseguì il dottorato a Ferrara ricoprendo poi diversi incarichi e mansioni nel Ducato di Pesaro, poi per un anno come governatore a Perugia. Esperto di diritto, le sue edizioni sono state oggetto di studio in epoca moderna perché

«rivestono grande importanza sia per la tradizione dei testi, sia per la storia letteraria della giurisprudenza medievale. Le numerose additiones fornivano infatti elementi di attribuzione e notizie criticamente vagliate sulla produzione dei commentatori, spesso più precise e sicure che nel Liber de claris iurisconsultis. Considerate a lungo per buona parte perdute, solo la storiografia recente ha potuto rintracciarne gli esemplari rarissimi ed avviarne lo studio diretto (...)». Cf. la voce «DIPLOVATAZIO (Diplovataccio), Tommaso» in DBI 40 (1991).

66

di Alberto da Castello se arrivò a prestargli dei volumi di quella preziosa biblioteca

personale per cui tanto si adoperò perché non andasse dispersa, cosa poi che avvenne.

2.2.6 La poesia dedicatagli da Alessandro Gaboardo (1444ca-1517ca)

Già Cattaneo aveva riportato al termine del proprio articolo la poesia dedicata ad

Alberto da Castello da parte di Alessandro Gaboardo di Parma (1444c-1517c)131 che

Alberto da Castello dovette avere conosciuto prima della di lui morte collocata

approssimativamente attorno al 1517.

È dunque sicuramente antecedentemente a tale data che Alberto da Castello

doveva avere già esposto al Gaboardo non solo le proprie intenzioni circa la

composizione dell’opera, ma anche alcuni specimen del proprio lavoro che è

magistralmente ritratto dalla poesia dedicatagli dal Gaboardo che doveva averla fatta

pervenire all’amico perché la potesse premettere all’opera.

Inclita perpetuo reboabunt templa fauore

Extollent sacri nomen ad astra chori

Gli incliti sacrari risuoneranno in perpetuo di plauso

e i sacri cori ne solleveranno fino agli astri il nome;

Albertus varias mundi spaciatus ad oras

Protulit in medium que latuere diu

Alberto, dopo aver cercato in varie parti del mondo,

offrì ciò che da lungo tempo era nascosto.

Candidus accipiat diuini dogmata lector

Pontificum varijs condita concilijs

Il lettor accolga con candore i divini dogmi

dei Pontefici fondati sopra i vari concili.

Sacra sacerdotum conscribit munia solers

Presulis officium nec minus ille canit

Solerte i sacri obblighi dei sacerdoti redige

né decanta in modo inferior del Presule l’ufficio

Indoctus doctusque simul confessor et omnis

Presbiter hoc poterit munere ferre modum

l’ignorante e il dotto, il confessor e ogni Presbitero

potrà portare questo al suo servizio.

Inveniet tandem Ritus quos rite sacerdos

Pertractare potest: quos fugiatque simul

Vi troverà i riti che secondo la norma il sacerdote

può trattare: e insieme quant’è da rifuggire;

Alberto meritos igitur reddamus honores

Nobilis est patria: nobilis ingenio.

rendiamo onori e meriti ad Alberto

nobile per la patria e nobile per l’ingegno.

Alcuni dati biografici di Alberto da Castello desumibili dalla lettera di Leone X

La lettera del pontefice Leone X così come la lettera del Patriarca Antonio

Contarini e gli altri documenti che furono stampati solamente nella prima edizione del

1523 sono ricchi di elementi autobiografici e dati cronologici che devono essere

131

Alessandro Gaboardo fu di origine parmense, nato attorno al 1444 nella frazione di Torricella di

Sissa. Studiò lettere a Mantova dove ebbe per maestro il bolognese Giambattista Pio che lo ricorda con le seguenti parole Alexandri Gabuardi Parmensis auditoris mei cum publice Mantuae docerem, juvenis antiquitatis studiosissimi (Alessandro Gabuardi di parma, mio uditore mentre insegnavo pubblicamente a Mantova, giovane studiosissimo dell’antichità). Insegnò poi a Pesaro e successivamente, nel 1513, a Gubbio dove fu docente di grammatica e dove si trasferì per l’insolvenza del Comune di Pesaro relativa alla propria docenza. Cf. http://www.parmaelasuastoria.it/ita/Gabba-Gastelli.aspx?idMostra=38&idNode=252#gaboardi%20alessandro letto in data 2 gen 2012.

67

raccolti e composti per la ricostruzione della biografia e anche dell’opera del nostro

autore.

Il 16 aprile 1520 Alberto da Castello ottiene dal Patriarca di Venezia Antonio

Contarini la licenza di stampa che è condizionata dall’assenso dell’inquisitore. Tale

assenso verrà ottenuto dopo esame dell’opera pochi giorni dopo, il 24 aprile 1520,

nella persona di Francesco Pisano dell’Ordine dei Frati minori. Dopo tali consensi

Alberto da Castello si muove alla volta di Roma per ottenere la benedizione e il

privilegio di stampa da parte di Leone X che gli verrà rilasciato in data 2 novembre

1520.

La sua lettera dedicatoria ad Adriano VI contiene il riferimento ad un soggiorno

romano con un intenso periodo di studio presso la Biblioteca apostolica vaticana che

dovrebbe essere avvenuto nel 1519 o, al più tardi,nei primissimi mesi del 1520

partendo dal presupposto implicito nella lettera di Leone X che il testo da lui fatto

esaminare era ormai già «definitivo».

Dunque l’ultimo mese e mezzo del 1520 e i due anni seguenti dovettero essere

dedicati alla stampa e alla correzione delle bozze del Liber sacerdotalis, anche se

sappiamo che l’anno seguente e precedentemente alla pubblicazione del Liber

sacerdotalis ci fu la pubblicazione del Rosario della gloriosa vergine Maria che dovette

sicuramente assorbire le forze e il tempo del padre domenicano.

Finalità pastorale ed ecclesiale dell’opera

La finalità precipua di Alberto da Castello, di offrire cioè uno strumento per tutti

coloro che si trovavano in situazione di cura pastorale, è la finalità che è stata colta da

Leone X, anche se forse nella sinteticità della lettera del pontefice tale finalità è

desunta più dal titolo che dall’esame del contenuto (§1: pro utilitate Rectorum,

praesertim parrochialium ecclesiarum curam animarum earundem habentium).

Di altro tenore invece è l’«imprimi potest» del patriarca di Venezia. La sua

valutazione sembra proceda da un esame più dettagliato dell’opera. Innanzitutto il suo

notaio, che è materialmente colui che redige l’atto e probabilmente anche colui che ha

esaminato il volume, coglie immediatamente il valore dell’opera di Alberto da

Castello. Comprende e riconosce che l’opera è divisa in tre parti e comprende essere il

frutto di ardua e lunga ricerca (§2: laudabilibus studiis et laboribus). Nel documento

egli lascia trapelare che è solo al termine di lunga ed ardua ricerca che Alberto da

Castello ha operato un vaglio critico per offrire ai pastori quanto era giudicato

opportuno (§2: excerpsistis quae curatis sacerdotibus valde oportuna esse iudicantur),

anzi, coglie che la massima utilità e la maggior parte del volume (§2: permaxime) è

68

dedicato ai sacramenti ed è consapevole che il punto di forza dell’opera sta proprio

nell’offrire raccolto in un unico libro quanto fino ad allora era sparso in molti (§2: in

unum volumen quibusdam valde necessariis permaxime circa ecclesiae sacramenta

supradditis congregastis).

Si intuisce chiaramente che i destinatari “naturali” di tale volume sono proprio i sacerdoti (§3: sacerdotibus curatis pro quibus illud composuistis) e che proprio per questo tale opera sarà utilissima alla vita della Chiesa (§4: toti ecclesiae proficuum fore arbitrantes). Stessa valutazione è esternata dall’inquisitore, anzi, dando l’impressione di ricalcare semplicemente per la prima parte la valutazione del Notaio del Patriarca (§1: speramusque ipsum ualde utilem fore ecclesiae sanctae dei), mentre per la seconda sembra semplicemente ricalcare le parole del titolo (§1: Reuerendis Sacerdotibus curam animarum gerentibus).

La genialità dell’opera: fare una sintesi ponderata e soppesata dei rituali, e non solo,

conformi alla tradizione autorevole della Chiesa

La poesia dedicata dal Gaboardo ad Alberto da Castello potrebbe sembrare senza

grande valore storico, in quanto probabilmente fu redatta prima della redazione finale

del lavoro, quando il da Castello aveva cominciato il proprio lavoro ma sicuramente

non ne era ancora arrivato alla conclusione: ricordo tuttavia che non essendo edotti in

modo preciso circa la data di morte del Gaboardo non possiamo affermare con

certezza che non abbia avuto modo di esaminare l’opera di Alberto da Castello alla sua

conclusione. Mi sembra tuttavia che la questione storica non possa essere ridotta al

problema della data di morte del Gaboardo e alla data di conclusione della revisione

dell’opera da parte del domenicano.

Gaboardo con il suo giudizio di valore dimostra più del “si stampi” del Patriarca e

anche forse più della lettera di Leone X di avere colto la preziosità dell’opera.

Egli probabilmente non aveva presente solo quanto appariva evidente ad una

analisi anche frettolosa del testo, come sembra abbia fatto l’inquisitore, e come tutti

hanno intuito: il testo una volta stampato si sarebbe offerto come un libro

indispensabile e utilissimo per l’esercizio del ministero pastorale e ogni sacerdote se lo

sarebbe potuto portare appresso (Indoctus doctusque simul confessor et omnis

presbiter hoc poterit munere ferre modum) perché nel testo sono compresi i riti

necessari all’esercizio del ministero e gli obblighi legati al proprio ufficio (Sacra

sacerdotum conscribit munia solers presulis officium nec minus ille canit).

Il Gaboardo sembra avere colto maggiormente lo sforzo di Alberto da Castello

costituito dalle premesse all’intero volume e da quelle premesse alle singole sezioni

circa i sacramenti, le benedizioni, le processioni che sono frutto del suo studio e della

sua ricerca: gli atti dei concili e dei sinodi dell’antichità e del periodo medievale, con

69

quanto da essi prescritto in merito alle diverse celebrazioni, le decisioni dei concili, le

decisioni approvate dai papi erano la garanzia dell’autorevolezza del testo (Candidus

accipiat diuini dogmata lector pontificum variis condita conciliis). Alberto da Castello

non andava affermando nella propria opera a partire dalla propria autorità e dal

proprio genio cosa il sacerdote dovesse fare, ma si era ingegnato a raccogliere nella

sua opera ciò che l’autorità della Chiesa, i concili, i sinodi con relative disposizioni

papali dirette o indirette, erano andati stabilendo nel corso dei secoli e che, quindi,

dovevano essere considerate decisioni valevoli e obbliganti in coscienza tutti i

sacerdoti, proprio in ragione dell’autorità della Chiesa e dei documenti quivi raccolti.

Questo aspetto dell’opera mi sembra sia stata colta solamente dal Gaboardo.

Alberto da Castello nel titolo del Liber sacerdotalis cita i libri di alcune chiese

(quarundam aliarum ecclesiarum), ma prima di tutto quelli della curia romana (ex libris

sancte Romane ecclesie) facendo riferimento agli antichi codici della Biblioteca

vaticana quali testimoni della norma di preghiera della chiesa antica (ex antiquis

codicibus apostolice bibliothece); richiama le sanzioni che il diritto ecclesiastico era

andato elaborando a partire dai canoni e dalle diverse altre fonti del diritto

ecclesiastico (ex iurium santionibus) e cita inoltre gli scritti dei dottori della Chiesa (ex

doctorum ecclesiasticorum scriptis).

Se si esamina anche solo l’inizio del suo trattatello riguardante ciò che i sacerdoti

devono sapere, predicare, ecc... basta esaminare le fonti citate: lettera di Celestino I

papa, concilio di Arles, scritti di s. Agostino, concilio di Rouen, concilio di Reims,

concilio di Braga, concilio di Augusta, concilio di Valentia, concilio di Antiochia, sinodo

africano, concilio di Tours, ecc...

Insomma, solo chi aveva potuto, come il Gaboardo, essere edotto e «saggiare»

nel colloquio con Alberto da Castello la preziosità dell’opera poteva essersi reso conto

della genialità dell’impresa e della sua importanza (Alberto meritos igitur reddamus

honores nobilis est patria: nobilis ingenio). La sua silloge non era solo silloge di rituali,

ma anche di documenti autorevoli della Chiesa e del magistero ecclesiastico che

sarebbero stati così utilissimi per una formazione teologica, giuridica e pastorale del

clero.

Molto probabilmente Alberto da Castello si rifaceva a raccolte di atti conciliari e

documenti papali circolanti nella sua epoca. Ciò che vogliamo fare notare è il suo

spirito metodico di selezionare, catalogare e ordinare tutto ciò e solo ciò che riguarda

l’esercizio del ministero pastorale e, in particolare, l’amministrazione dei sacramenti e

di riversarlo, ben ordinato e strutturato, nella propria opera.

70

2.3. IL FRONTESPIZIO

Il frontespizio illustra – sotto forma di

immagine – come aveva già suggerito il Cattaneo132, lo

stesso Alberto da Castello che riceve da parte di Leone

X l’approvazione ufficiale della sua opera anche se, di

fatto, Leone X, morto nel 1521, non arrivò mai a

vederne l’opera stampata per i ritardi che si ebbero

nella pubblicazione.

Il titolo esatto e completo del frontespizio è, in

questa edizione, completamente in rosso, ed è il

seguente:

Liber Sacerdotalis | nuperrime ex libris s[an]c[t]e Romane eccl[es]ie & q[ua]rundam aliar[um] | ecclesiar[um]: & ex antiq[ui]s codicib[us] apostolice bibliothe|ce: & ex iuriu[m] sanctionibus & ex doctor[um] eccl[es]ia|sticor[um] scriptis ad Reuere[n]dor[um] patr[um] sacer|dotu[m] parrochialium & a[l]iar[um] cura[m] ha|bentiu[m] co[m]modum collet[us] atq[ue] | composit[us]: ac auctoritate | S[an]ctissimi D. D[omi]ni n[ost]ri | Leonis decimi appro|bat[us]. In q[uo] c[on]tinent[ur] & officia o[mn]ium | sacr[ament]or[um] & resolut[i]o[n]es o[mn]ium dubior[um] ad | ea p[er]tine[n]tium: Et o[mn]ia alia q[ue] a sacerdotib[us] fieri | possunt: q[ue] q[ua]m sint pulchra & utilia ex i[n]dice collige.

Rispetto a tutti gli altri frontespizi delle edizioni che seguiranno questo è l’unico

che è scritto completamente in inchiostro rosso ed è l’unico ad avere il titolo «Liber

sacerdotalis» su una sola riga, la prima, e due capitali per la “L” di Liber e “S” di

Sacerdotalis. Il seguito del titolo viene disposto “ad imbuto” con il tentativo e la

velleità di dare una dimensione artistica al frontespizio non solo con la silografia che

sovrasta il titolo, ma anche mediante la disposizione centrata delle righe che si vanno

riaprendo e riallargando nella parte bassa.

La silografia del frontespizio rimarrà invariata fino alla 5ª edizione del 1555,

quando Pietro Boselli provvederà a sostituirla.

Il Cattaneo ipotizza che possa essere stato il medesimo Alberto da Castello

l’autore dell’incisione del frontespizio e delle altre ventitrè silografie presenti nella

prima edizione motivando tale ipotesi sulla base di un articolo di Menegazzo133.

132

Cf. Enrico CATTANEO, Il culto cristiano in Occidente. Note storiche, p. 288. 133

Così afferma il Cattaneo (CATTANEO, Il rituale romano (1967), p. 641: Già la prima edizione è

arricchita da ventuno silografie: se il Castellani fu davvero anche miniatore, potrebbero essere opera sua) citando E. MENEGAZZO, Per la biografia di Francesco Colonna, in Italia medievale e umanistica 5 (1962), p. 232-272 (soprattutto p. 251-255).

Il frontespizio della prima edizione del

1523

71

Per un approfondimento circa le silografie vedi oltre nel presente capitolo e nel

capitolo successivo.

2.3.1. Il titolo «Liber sacerdotalis»

Nelle prime pagine del libro emerge chiaramente che il Liber sacerdotalis era

l’analogato del pontificale.

Il parallelo con il pontificale è stabilito dallo stesso Alberto da Castello quando

afferma:

Et quare in libro Pontificali sufficienter de his, quae ad officium pontificum spectant, diffusius tractatur; operae pretium visum fuit in hoc libro, que Sacerdotale nuncupatur, ea, quae ad officium curatorum pertinent, quae tum deus dederit, inserere; quatenus quilibet sacerdos in promptu habeat: qualiter ministerium suum ad animarum sibi comissarum salutem salubriter valeat exercere134.

D’altronde lo stesso patriarca di Venezia nel suo decreto circa il “si stampi” aveva

affermato quod quidem, ad instar pontificalis episcoporum (...) librum Sacerdotalem

appellastis (§3).

Probabilmente Alberto da Castello era consapevole e forse si auspicava che il

frutto del proprio lavoro avrebbe dato origine ad un nuovo libro liturgico, alla pari del

Pontificale. Egli inoltre si auspicava che acquisisse analogamente al Pontificale il nome

di Sacerdotale, cosa che avvenne ben presto a partire dalla quarta edizione del 1554.

Dunque la sua previsione e il suo auspicio fu confermato dai fatti.

2.3.2. L’approvazione di Leone X alla quale allude il frontespizio

Il frontespizio dichiara esplicitamente l’approvazione di Leone X che, in effetti, il

lettore poteva trovare immediatamente dopo, girando la pagina del frontespizio sotto

una grande scritta in lettere capitali maiuscole: LEO PAPA DECIMUS.

Tale era dunque la collocazione più opportuna che Alberto da Castello aveva

voluto per la lettera papale che così tanta autorità e autorevolezza dava al suo libro,

quantunque ne lasciasse la stampa alla sua iniziativa di privato. La lettera di Leone X

tuttavia sarà fatta sparire già dalla seconda edizione, anche se il riferimento a Leone X

rimarrà nel frontespizio sia della seconda edizione del 1537 che della terza del 1548

per diventare nella quarta edizione del 1554 un generico summorum pontificum

authoritate multoties adprobatum sulla cui veridicità si soffermerà Benedetto XIV

stesso circa due secoli dopo135.

134

Foglio 2r:2-8. 135

Cf. quanto detto sul multoties adprobatum a p. 92.

72

Sul valore dell’approvazione di Leone X vedi il testo dell’approvazione e le

osservazioni al privilegio da lui concesso136.

2.4. LA «TABULA CONTENTORUM» E I CONTENUTI DELL’OPERA

Per quanto riguarda la tabula contentorum rimando all’appendice che ho

completamente dedicato a tale scopo.

2.5. LE PAGINE DELL’«INCIPIT»

Parlo di «incipit» dell’opera perché il volume inizia con l’indice locupletissimus, a

cui segue la poesia dedicatagli da Gaboardo, la lettera di Leone X, il «si stampi» del

Patriarca, la lettera dell’inquisitore. Si devono dunque aspettare diverse pagine per

giungere all’inizio vero e proprio dell’opera, quello che ho chiamato «incipit». Anche

qui tuttavia l’autore, per avvisare che ora si procede proprio a cominciare l’oera,

riprende brevemente il titolo del frontespizio ma in modo più sintetico e realistico,

omettendo l’accenno ai contenuti (in quo continentur) a cui si riferiva il frontespizio

medesimo.

136

Vedi sopra a p. 47.

73

La pagina dell’«incipit» e la pagina prospicente in una curatissima veste grafica

2.5.1. Il titolo precedente l’«incipit»: richiamo ai sacerdoti della «cura

animarum»

(in rosso) Libri sacerdotalis de officio sacerdotis curati et omnibus ad animarum curam pertinentibus et sacramentorum exhibitionibus cum eorum annexis secundum ritum Sancte Romane et apostolice ecclesiae et aliarum ecclesiarum usibus accomodati prohemium.

Con tale titolo Alberto da Castello desidera introdurre il sacerdote lettore ad una

considerazione generale su quello che la tradizione occidentale da quasi un millennio

ormai indicava come «ufficio», il suo «ministero» diremmo oggi, ricordando

esplicitamente che tale ufficio è relativo alla cura animarum e specificando subito che

tale cura è data non solo dalla exibitio sacramentorum, ma anche da tutto ciò che non

è direttamente implicato con i sacramenti, gli annexa: le vedremo trattate sia nella

recita di quello che da secoli veniva ormai chiamato «ufficio», sia negli uffici funebri

della prima parte, ma non è escluso che non si accenni anche alle benedizioni della

seconda parte e alle processioni della terza.

Che Alberto da Castello operasse la distinzione tra curatus e il sacerdote gerens

cura animarum mi sembra una indicazione esplicita ad una realtà della Chiesa che va al

di là di quel momento storico. Quanto da lui è qui offerto non si intendeva solo per il

clero diocesano e quanti avevano la cura pastorale di una parrocchia, ma anche per

74

tutti quei religiosi (come lo stesso Alberto) che si trovavano al servizio di chiese

cittadine assai frequentate dai semplici fedeli o che nei propri viaggi avevano

occasione di celebrare nei medesimi luoghi e nelle medesime chiese in cui prestavano

servizio i sacerdoti curati. Nella sua dedica ad Adriano VI fa accenno a tale esperienza

diretta.

Il titolo che precede l’incipit fa inoltre riferimento non solo al ritus sanctae

romanae et apostolice ecclesiae, ma anche agli usus aliarum ecclesiarum, come quello

patriarchino che è esplicitamente citato nei riti del battesimo.

2.5.2. Le due pagine dell’«incipit»

L’incipit dell’opera è interessantissimo perché i due fogli interessati– sia il foglio

verso precedente l’«incipit», sia il foglio 1 recto dell’«incipit», vedi la foto riprodotta

sopra – sono corredati sui lati da una lunga serie di immagini di busti umani e da

altrettante citazioni bibliche, in tutto diciotto citazioni, quasi a volere rappresentare

l’autorità delle sacre Scritture con la raccolta di diverse profezie relative ai pastori e al

compito pastorale.

Questo fatto rivela un tratto della personalità di Alberto da Castello. Dopo avere

corretto la redazione latina della vulgata, conoscendo così approfonditamente la sacra

scrittura e avendone redatto anche degli indici assai esaustivi, la pietà del padre

domenicano doveva avere prodotto una silloge di citazioni tutte inerenti l’ufficio del

buon pastore e, al contrario, ciò che Dio minaccia ai cattivi pastori. La pubblicazione

del Liber sacerdotalis diventa perciò l’occasione nella quale sottoporre alla lettura del

clero che si servirà del suo volume, tutte quelle citazioni scritturistiche che richiamano

i pastori al proprio dovere di fronte a Dio.

Le citazioni presenti sul «verso» del foglio precedente l’«incipit»

Queste le citazioni bibliche che si trovano sul verso del foglio precedente l’incipit

dell’unica edizione del 1523. Per comodità le ho numerate progressivamente.

N°1 - 1ª immagine a sinistra a partire dall’alto: pascite qui in vobis est gregem Dei

providentes non coacte sed spontanee secundum Deum. j Petri V («pascete il gregge di

Dio che è tra di voi, provvedendo non forzatamente, ma spontaneamente, secondo

Dio» 1Pt 5,2);

N°2 - 2ª immagine a sinistra a partire dall’alto: suscitabo mihi sacerdotem fidelem

qui iuxta cor meum et animam meam faciet. j Regum ij («farò sorgere al mio servizio

un sacerdote fedele che agirà secondo il mio cuore e il mio desiderio » 1 Sam 2,35);

75

N°3 - 3ª immagine a sinistra a partire dall’alto: labia enim sacerdotis custodient

scientiam et legem requirent ex ore eius quia angelus Domini exercituum est Mal II («le

labbra del sacerdote devono custodire la scienza e dalla sua bocca si ricerca

l’istruzione, perché egli è messaggero del Signore degli eserciti» Mal 2,7);

N°4 - 4ª immagine a sinistra a partire dall’alto: Vae pastoribus qui disperdunt

gregem pascuae meae. Ecce ego visitabo super vos. Hie. 23 («Guai ai pastori che

disperdono il gregge del mio pascolo (...) Ecco io li visiterò» Ger 23,1.2);

N°5 - 1ª immagine a destra a partire dall’alto: Elegit iudas sacerdotes sine macula

voluntatem habentes in lege Dei et mundaverunt. j Mc 4 («Giuda scelse dei sacerdoti

senza macchia osservanti della legge di Dio che purificarono» 1Mac 4,42);

N°6 - 2ª immagine a destra a partire dall’alto: non enim peribit lex a sacerdote

neque consilium a sapiente nec sermo a propheta. Ie. 18 («non verrà meno la legge al

sacerdote, né il consiglio al sapiente, né l’oracolo al profeta» Ger 18, 18);

N°7 - 3ª immagine a destra a partire dall’alto: Sicut pastor gregem suum pascet:

in brachio suo congregabit agnos. Esa. xl («Come un pastore pasce il suo gregge; con il

suo braccio radunerà gli agnelli» Is. 40,11);

N°8 - 4ª immagine a destra a partire dall’alto: qui ad iustitiam erudiunt multos

quasi stellae in perpetuas aeternitates. Dan xij («coloro che avranno indotto molti alla

giustizia risplenderanno come le stelle per sempre» Dan 12,3);

N°9 - Lunga citazione nella parte bassa del foglio con una immagine a sinistra

della lunga citazione:

76

haec dicit Dominus Deus meus. Pasce

pecora occisionis: quae qui possederant

occidebant: et non dolebant: et vendebant

ea dicentes. Benedictus Dominus: divites

facti sumus: et pastores non parcebant

eis. «et infra» Adhuc sume tibi vasa

pastoris stulti. Quia ecce ego suscitabo

pastorem in terra: qui derelicta non

visitabit: dispersum non quaeret: et

contritum non sanabit: et id quod stat non

enutriet: et carnes pinguium comedet: et

ungulas eorum dissolvet: O pastor et

idolum derelinquens gregem. Gladius

super brachium eius: et super oculum

dextrum eius. Brachium eius ariditate

siccabitur: et oculus eius dexter

tenebrescens obscurabitur. Zacharie. xj.

«Così parla il Signore mio Dio: «Pasci

quelle pecore da macello che i compratori

sgozzano impunemente, e i venditori

dicono: Sia benedetto il Signore, mi sono

arricchito, e i pastori non se ne curano

affatto. ecc. Prenditi gli attrezzi di un

pastore insensato, poiché ecco, io

susciterò nel paese un pastore, che non

avrà cura di quelle che si perdono, non

cercherà le disperse, non curerà le malate,

non nutrirà le affamate; mangerà invece

le carni delle più grasse e strapperà loro

perfino le unghie. Guai al pastore stolto

che abbandona il gregge! Una spada sta

sopra il suo braccio e sul suo occhio

destro. Tutto il suo braccio si inaridisca e

tutto il suo occhio destro resti accecato»

Zac 11,3-6.15-17

Le citazioni presenti sul «recto» del foglio dell’«incipit»

Queste di seguito invece sono le citazioni bibliche che costellano l’incipit delle

edizioni del 1523, 1537, 1548, 1554, 1560, 1564, 1567137 e 1569:

N°10 - 1ª immagine a sinistra a partire dall’alto: Mea est omnis terra et vos eritis

mihi in regnum sacerdotale gens sancta. Exodi XIX («Mia è tutta la terra e voi sarete

per me un regno sacerdotale, una gente santa. Es 19,6»);

N°11 - 2ª immagine a sinistra a partire dall’alto: Dabo vobis pastores iuxta cor

meum, et pascent vos scientia et doctrina, Jerem III («Vi darò pastori secondo il mio

cuore che vi pasceranno con la scienza e con la dottrina Ger 3,15»);

N°12 - 3ª immagine a sinistra a partire dall’alto: Bonus pastor animam suam dat

pro ovibus suis, Joh X («Il buon pastore dà la vita per le proprie pecore, Gv 10,11»);

N°13 - 4ª immagine a sinistra a partire dall’alto: Paravit cor suum, ut investigaret

legem Domini, et faceret et doceret præceptum, Esd VII («si era dedicato con tutto il

137

Da verificare perché l’edizione da me consultata era mutila del foglio dell’incipit.

77

cuore a studiare la legge del Signore e a praticarla e ad insegnare la legge e il diritto»,

Esd 7,10);

N°14 - 1ª immagine a destra a partire dall’alto: Vos estis gens sanctum, regale

sacerdotium: gens sancta, populus acquisitionis («Voi sarete una gente santa, un

sacerdozio regale: gente santa popolo di acquisizione, Es 19,6»);

N°15 - 2ª immagine a destra a partire dall’alto: Qui misericordias habet, docet et

erudit sicut pastor gregem suum. Ecclesiasti XVIII («Chi ha compassione insegna e

istruisce come un pastore il proprio gregge, Eccl 18,12-13»);

N°16 - 3ª immagine a destra a partire dall’alto: Inebriabo animas sacerdotum

pinguedine, et populus meus bonis adimplebitur. Iere. XXXI («Inebrierò le anime dei

sacerdoti con il grasso e il mio popolo sarà ricolmo di beni, Ger 31,14»)

N°17 - 4ª immagine a destra a partire dall’alto: Sacerdotes populum meum

docebunt quid sit inter sanctum et pollutum etc. Ezechie. XLIIII («I sacerdoti

insegneranno al mio popolo la differenza tra ciò che è santo e ciò che è impuro, Ez

44,23»).

N°18 - C’è inoltre la lunga citazione di Ezechiele 34 sulla parte bassa della pagina

dell’incipit:

78

Haec dicit Dominus Deus pastoribus Israel:

qui pascebant semetipsos: Nonne greges a

pastoribus pascuntur? Lac comedebatis, et

lanis operiebamini: et quod crassum erta

occidebatis: gregem autem meum non

pascebatis: quod infirmum fuit non

consolidastis: et quod aegrotum non

sanastis: quod confractum est non

alligastis: et quod abiectum est non

reduxistis, et quod perierat non quaesistis:

sed cum austeritate imperabatis eis et

cum potentia. Et dispersae sunt oves meae

eo quod non est pastor: et factae sunt in

devorationem. Propterea pastores audite

verbum domini. Haec dicit dominus deus:

Ego ipse super pastores requiram gregem

meum de manu eorum, et cessare faciam

ut ultra non pascant gregem meum nec

pascant amplius pastores semetipsos.

Ezech. XXIIII (sic !!!)138

«Questo dice il Signore ai pastori d'Israele

che pascono se stessi! I pastori non

dovrebbero forse pascere il gregge? Vi

nutrivate di latte, vi rivestivate di lana,

ammazzavate le pecore più grasse, ma

non pascolavate il gregge. Non avete reso

la forza alle pecore deboli, non avete

curato le inferme, non avete fasciato

quelle ferite, non avete riportato le

disperse. Non siete andati in cerca delle

smarrite, ma le avete guidate con crudeltà

e violenza. Si sono disperse le mie pecore

perché non c’è il pastore e sono diventate

preda. (...) Perciò, pastori, ascoltate la

parola del Signore (...) Dice il Signore Dio:

Eccomi contro i pastori: chiederò loro

conto del mio gregge e non li lascerò più

pascolare il mio gregge, così i pastori non

pasceranno più se stessi, Ez 24 (sic),2-10»

Se si considera che le citazioni neotestamentarie sono solo due su diciotto (1Pt

5,2 e Gv 10,11) mentre le altre sedici sono tutte tratte dall’antico testamento (Es 19,6

due volte; 1Sam 2,35; Esd 7,10; Sir 18,12-13; Is 40,11; Ger 3,5; 18,18; 23,1-2; 31,14;

Dan 12,3; Ez 34,2-10; 44,23; 1Mac 4,42; Zac 11,3-6.15-17; Mal 2,7) si deve parlare di

una familiarità fuori dal comune che l’autore doveva avere con le Sacre Scritture e in

particolare con l’Antico Testamento.

La silloge delle citazioni e l’impianto iconografico presente nel foglio precedente

il foglio 1r assommato all’impianto iconografico del foglio prospiciente dove c’è

appunto l’incipit mi induce inoltre a parlare non di «pagina» dell’incipit, ma di

«pagine». L’inizio dell’opera deve essere stato meditato e studiato da Alberto da

138

Faccio notare che la citazione sarà corretta da «XXIIII» a «XXXIIII» solo a partire dall’ottava

edizione ad opera di Giovanni Varisco nel 1564. L’errore commesso probabilmente dal primo editore (Sessa-Ravani) rimarrà non corretto fino alla settima edizione che è opera di Giovanni Varisco e che, pur avendo avvisato, all’inizio della sesta edizione del 1560, di avere compiuto una accurata correzione degli errori, non si era avveduto di tale errore.

79

Castello in tutti i suoi dettagli: nelle citazioni bibliche con le quali “coronare” le due

pagine dell’incipit, le silografie dei busti umani dei profeti e degli apostoli per

accompagnare tali citazioni, la silografia della Trinità e del Cristo salvatore: nulla è

lasciato al caso ma tutto è compaginato perché il lettore sacerdote possa subito essere

favorevolmente impressionato e richiamato al proprio dovere sacerdotale e pastorale.

Che poi Alberto da Castello avesse in mente il sacerdote come lettore sono

molteplici gli indizi che lo indicano al punto che diventa superfluo soffermarmi: non

solo viene dichiarato nel frontespizio (ad Reuerendorum patrum sacerdotum

parrochialium et aliarum curam habentium commodum colletus atque compositus), nel

titolo (de officio sacerdotis curati et omnibus ad animarum curam pertinentibus), nella

postfazione chiedendo ai sacerdoti di ricordarlo nelle preghiere e nelle messe (Alberti

Castellani Ueneti ordinis predicatorum filii vestri qui tantum laborem subiit in vestris

missis et orationibus rogo memores estote), ma anche nella lettera di Leone X, nella

dedica ad Adriano VI, lo testimonia il Gaboardo con la sua poesia, e tantissimi altri

elementi.

Tale destinazione «sacerdotale» potrebbe apparire scontata, ma così non è se si

considera che quello che doveva essere intenzionalmente il primo Rituale romanum, il

thesaurus sacerdotalis di Francesco Samarino del 1580 – edito con una data antergata

nei primi anni del XVII secolo – era indirizzato quibuscunque sacerdotibus episcopis et

praelatis necnon cunctis Christifidelibus.

Era lo zelo per la salvezza delle anime che lo aveva condotto a passare dalla

revisione della Biblia vulgata al libretto del Rosario in lingua vulgare. Ora, con il suo

sacerdotale, continuava ad adoperarsi con il medesimo zelo, non prendendosi cura

direttamente delle anime, ma di coloro che della salvezza delle anime si devono

prendere cura: i sacerdoti.

2.5.3. Considerazioni varie sulla struttura delle pagine dell’«incipit»

Come ho precedentemente affermato si deve dunque parlare non di «pagina»

dell’incipit, ma di «pagine». Faccio notare poi che ciascuna delle citazioni presenti nelle

pagine dell’incipit è accompagnata dall’immagine di busto umano che sembra volere

rappresentare figurativamente gli apostoli e i profeti dai cui libri sacri tali citazioni sono

tratte.

Un modo, questo, che doveva essere stato frutto di un desiderio di Alberto da

Castello e che il Ravani – come vedremo tra i due editori forse il più attento

all’impianto figurativo– dovette accogliere con benevolenza. Il busto dei diversi

personaggi, tutti corredati da copricapi di fattezze ispirate a culture per la maggior

80

parte vagamente orientali, era un artifizio figurativo per avvalorare l’autorità e

l’autorevolezza delle sacre scritture sulla base delle quali si vuole appoggiare questa

insistenza nei confronti dei pastori circa il loro compito e la loro missione pastorale.

Effigi poste sopra o accanto alle citazioni bibliche nelle pagine dell’incipit

Alcune delle figure sono ripetute, segno che l’editore non poteva disporre di

diciotto busti diversi e, dunque, opta per riprodurre in modo duplice alcune delle

silografie.

L’orientamento di questi personaggi poi non è casuale. Tutte le figure sono

rivolte verso la parte interna del foglio e, dunque, indicano in ciascuna pagina un

centro.

Ora nel verso della pagina antistante la

pagina dell’incipit e che si viene a trovare

esattamente a sinistra del folio recto dell’incipit, il

centro di tutte le profezie (si tratta di una

citazione neotestamentaria, 1Pt, e di otto

citazioni veterotestamentarie) rimane la

«contemplazione della gloria di Dio Trinità» che

risplende e si manifesta quale sorgente di grazia

comunicata nel calice dell’eucaristia, sacramento

specifico del ministero pastorale dei sacerdoti

(per la spiegazione di tale silografia che era già stata utilizzata nel Rosario vedi oltre a

p. 84).

La gloria della Trinità adorata dai profeti

81

La pagina dell’incipit invece ha come centro ideale la silografia del Cristo, la “S”

del Saluator noster dominus Jesus Cristus tamquam verus samaritanus che vuole

dunque richiamare il mistero dell’incarnazione nella

persona del Verbo quale manifestazione suprema della

cura di Dio per il suo popolo colpito dagli humani generi

defectus et miseriae (f. 1r).

Richiamo l’importanza di tale impianto iconografico

che dovette essere ideato e fortemente voluto proprio

da Alberto da Castello, dopo che con gli editori Sessa e

Ravani aveva pubblicato due anni prima il volume del

Rosario che – con il suo abbondantissimo impianto

iconografico – così grande successo doveva avere già riscosso, nonostante non si fosse

ancora proceduto alla sua riedizione. Infatti nella postfazione che Alberto da Castello

volle apporre al termine del volume, e che rimase in tutte le successive edizioni139,

dopo il titolo excusatio authoris ad lectorem che fu introdotto da Vittore Ravani

nell’edizione del 1537, Alberto da Castello parla del Liber sacerdotalis come se fosse

stato “rifinito” perché nulla rimanesse al caso: ad finem peroptatum perductum et

consumatum (postfazione §1).

Se poi si tiene conto che Vittore Ravani nel 1537, per risparmiare sulla carta,

decise di “abbreviare” l’opera in diverse maniere, una delle quali fu quella di omettere

la pagina frontaliera rispetto a quella dell’incipit, capiamo bene quanto doveva essere

stato voluto dall’autore questo incipit così solenne, non solo dal punto di vista

letterario ma anche grafico e anche a costo di fare lievitare il costo del volume.

2.6. L’IMPAGINAZIONE DEL CONTENUTO DAL PUNTO DI VISTA FORMALE

Nell’impaginazione “fisica” dell’opera, laddove ci sono righe dall’altezza normale

e non necessariamente variate per grandezza del carattere, si tiene in una media di 35

righe per pagina.

139

Per il testo e la traduzione della postfazione vedi p. 82.

Il Cristo benedicente dell’incipit

82

Nell’ultima parte dell’opera invece, dopo i riti di esorcismo e probabilmente per

ragioni di spazio, a partire dal foglio 363v, si comincia ad usare un carattere tipografico

più piccolo, ma sempre con carattere tipografico gotico. Il risultato è che si ottengono

fogli con 54 righe e più.

2.6.1. Il carattere tipografico

Mi sembra di potere affermare,

dopo avere esaminato svariati testi di

questo periodo, che il carattere

tipografico gotico usato da Sessa-

Ravani nell’edizione del Liber sacerdotalis era assai comune nelle tipografie dell’epoca

ed a quel tempo era definito «carattere veneto» come nella Biblia cum pleno apparatu

summariorum stampato nel 1506 viene definito: impressum est characteribus

venetis140 (vedi immagine qui a fianco).

La stessa Curi Nicolardi ricorda che in questo momento dell’evoluzione della

stampa si è già verificata una sempre maggiore unificazione dei tipi dovuta all’impiego

da parte dei tipografi non più di caratteri propri da loro disegnati incisi e fusi, ma di

quelli forniti loro da fonditori e fonderie141.

Il carattere tipografico maggiormente usato per la stampa del sacerdotale, non

solo nell’edizione del 1523 ma anche in quelle successive, è quello classificato in epoca

moderna con il nome di gotica rotunda.

Le maiuscole

Registro dei 46 fascicoli che compongono il volume.

Da esso si evince in forma sintetica anche la forma dei caratteri tipografici maiuscoli e di alcuni minuscoli (f. 367v)

Ci viene in aiuto il registrum, annotazione utile al rilegatore per la composizione

dei quaderni (omnes sunt quaterniores «sono tutti quaderni»), per avere una visione

complessiva dell’alfabeto completo.

140

Biblia cum pleno apparatu summariorum, 1506, foglio 347v, B. 141

CURI NICOLARDI, Una società (1984), p. 19 dove parzialmente cita S. SAMEK LUDOVICI, Arte del libro, p.

140.

Biblia cum pleno apparatu (1506): riferimento al carattere gotico veneto

83

Significativo è che non venga percepita nessuna distinzione tra la “I”

e la “J” e tra la “U” e la “V”: per gli editori sono la medesima lettera che,

quando viene stampata in minuscolo, può avere sia una forma che l’altra.

Non ho rinvenuto la forma maiuscola per le lettere “x”, e “z”, mentre invece ho

rinvenuto la forma della “y” maiuscola, anche se non è usata di frequente, all’inizio

della parola “Immo” scritta “Ymmo” (f. 13r:1).

Le minuscole

La forma delle lettere minuscole invece presenta notevoli variazioni soprattutto

per alcune lettere.

a b c d d e f g h i-j

La lettera “d” ha una duplice forma: una di stile gotico e una già simile alla lettera

dell’italico e dell’alfabeto occidentale attuale.

i-j k l m m (finale)

n o p q r

r s s s (finale) t u-v u-v x y z

La lettera “i” viene scritta talvolta come “i” e talvolta come “j”.

La lettera m finale assume talvolta la forma identica alla lettera “z”.

La “r” si ritrova in una duplice forma entrambe usate senza una logica evidente.

La lettera “s” ha una triplice forma una delle quali specifica per la finale di parola,

mentre invece le altre due vengono scambiate senza una apparente logica.

Le lettere “u” e “v” sono anch’esse scambiate senza logica apparente.

2.6.2. Le silografie e gli altri abbellimenti grafici

A proposito di un certo gruppo di opere di carattere religioso, circa il loro

apparato decorativo, così scrive la Nicolardi:

Alcune di queste edizioni, in 4° e in 8°, sono particolarmente curate nella decorazione e nell’esecuzione tipografica, come il Martyrologium e lo Psalterium romanum entrambi del 1520, il Rosario di Alberto da Castello del 1522, ristampato nel 1524, e il Liber sacerdotalis sempre dello stesso autore del 20 luglio 1523.

y maiuscola

84

Quest’ultima edizione, in 4°, molto rara, è da segnalare non solo per le belle incisioni e le grandi iniziali su fondo bianco una delle quali, una S, contiene la figura del Cristo benedicente, ma anche per i pentagrammi e le note musicali presenti in numerose carte. Inoltre sono di particolare interesse due xilografie che si trovano a c. 334r e v., la prima delle quali raffigura le dita di una mano in cui sono schematicamente indicati i tasti dell’organo, la seconda rappresenta sinteticamente le canne di un organo cinquecentesco insieme alle relative notazioni musicali142.

Ci proponiamo dunque nella prossima sezione di presentare sinteticamente le

silografie presenti nel volume cercando di evidenziarne le caratteristiche e gli “stili” e

vedere gli eventuali paralleli soprattutto con l’altra opera di Alberto da Castello

particolarmente ricca di silografie: il Rosario.

Secondo Curi-Nicolardi gli studi sulle silografie utilizzate da Sessa e Ravani

parlano di diversi artisti che lavorarono per le edizioni della società tipografico

editoriale veneziana, quali Luc’Antonio degli Uberti, sull’opera e il tratto artistico del

quale però non ci sono giudizi concordi143, ma anche Zoan Andrea da Venezia144,

Eustachio Celebrino da Udine145 e altri che lavorarono per la società di Sessa-Ravani.

In nessuna delle più di venti silografie utilizzate nell’opera sono riuscito a

scorgere le iniziali dell’incisore, anche se le fattezze delle figure umane così come

alcuni elementi iconografici sono sicuro che potranno portare altri studiosi ad

identificare con certezza tali incisori o almeno le loro botteghe.

La contemplazione della gloria della santissima Trinità

Solamente nell’edizione del 1523, al centro

della pagina prospicente la pagina dell’incipit, nel

verso del foglio precedente, possiamo vedere una

silografia che rappresenta la gloria di Dio.

Sappiamo che essa rappresenta la gloria di Dio

perché è la riutilizzazione della silografia già usata

nel Rosario146 al foglio 190v-191r che aveva per

titolo contemplazione della gloria della santissima

Trinità e che veniva spiegata al foglio 191r con le

parole: contempla anima fidele la gloria del

paradiso e massimamente della santissima trinitade. In essa Padre Figlio e Spirito santo

142

CURI NICOLARDI, Una società (1984), p. 23-24. 143

CURI NICOLARDI, Una società (1984), p. 25-28. 144

CURI NICOLARDI, Una società (1984), p. 28-29. 145

CURI NICOLARDI, Una società (1984), p. 28-29. 146

Così indicherò in modo abbreviato l’altra opera di Alberto da Castello che ho consultato nella

seconda edizione del 1524 e non nell’edizione originaria del 1521.

Incipit - La gloria della santissima Trinità

85

sono collocati sotto un grande copricapo che richiama il triregno papale. Essi stanno

attorno ad una piccola croce infissa sulla sommità di una fontana dalla quale sgorgano

attraverso tre cannelli, tre fiotti d’acqua che alimentano un unica vasca d’acqua dalla

quale, attraverso un unico cannello, viene versato in un grande calice, il contenuto

della vasca.

Attorno alla trinità, nella parte alta dell’immagine, sono disposte le immagini di

numerosi angeli rappresentati solo con volto ed ali, mentre nella parte soggiacente

sono raffigurati sei fedeli uomini, due dei quali hanno in mano una corona del rosario

con una decina di grani e sono tutti in atteggiamento di preghiera a mani giunte e

rivolti al grande calice che campeggia nella parte centrale inferiore della silografia.

d) Il battesimo: Il battesimo dei bambini (f. 10v: de triplici baptismo et eius efficacia;

19r: ordo ad cathecumenum faciendum)

Al foglio 10v e, ripetuta, al foglio 19r, viene

apposta una silografia che ritrae il battesimo di un

infante. Al foglio 10v è apposta all’inizio della

sezione riguardante il battesimo, mentre al foglio

19r è apposta alla sezione dove si presenta il rito

del battesimo secondo i libri utilizzati dal papa.

Le caratteristiche di tale impostazione

silografica mi sembra possano essere:

1. la presenza di una finestrella con volta a botte e con profilo rimarcato da un

secondo tratto che la incornicia;

2. le figure umane tratte di profilo, con un accenno di chierca molto ridotta e

arcate sopracciliari ricurve e naso tendente al piatto; gli adulti vengono ritratti con una

certa marcatura degli zigomi;

3. il pavimento tenta di presentare un lastricato a lastre quadrate e abbozza una

prospettiva, ma senza riuscirvi;

4. Una specie di catino absidale nel muro di sfondo con cornici fino alle colonne

presenti sul muro esterno con tanto di base a forma tonda;

5. Gli ampi drappi che le vesti liturgiche del celebrante e del ministrante

presentano;

6. L’estrema semplicità della vasca battesimale di forma quadrata;

7. I chiari scuri ottenuti con una zigrinatura del legno sovente uniforme.

f. 10v e 19r Il battesimo dei bambini

86

Gesù battezzato nel Giordano da Giovanni battista (f. 15v)

Al foglio 15v si trova una silografia che per stile e

composizione è assai diversa da quella precedente ed

è di mano evidentemente diversa. È la riutilizzazione

della silografia già comparsa nel Rosario al foglio 80v e

che porta il titolo Christo Iesu fu battizato.

È chiaramente segno della volontà di abbellire in

modo grafico il testo anche con il riutilizzo di silografie

che non hanno immediata inerenza con il contesto se

non perché richiamano la scena del battesimo per

eccellenza, cioè il battesimo di Cristo.

Da notare il tentativo di raffigurazione della Trinità con il Padre a braccia aperte

in segno di accoglienza del Figlio, lo spirito santo che discende a capofitto sul Cristo sul

quale Giovanni battista sta versando, per infusione, l’acqua. I tratti fisiognomici delle

figure umane, la raffigurazione dei drappeggi delle due figure umane che assistono al

battesimo di Cristo, suggeriscono immediatamente una mano diversa quanto

all’autore, rispetto alla silografia del battesimo.

Il sacramento del matrimonio (f. 30r)

All’inizio della sezione relativa al sacramento del

matrimonio al foglio 30r viene apposta un’altra

silografia.

Dal punto di vista artistico, al fine di individuare

ed identificare l’incisore autore della silografia, ci

sembra di potere affermare che le caratteristiche sono

assai simili alla tipologia della silografia relativa al

battesimo dei bambini. Le figure, a parte quella del

celebrante, sono tutte ritratte di profilo con la consueta caratteristica di sopracciglia

arquate e nasi non sporgenti. Le vesti presentano ampi drappeggi soprattutto il

celebrante, il ministrante, il nubendo e il testimone del nubendo. Nella parte sinistra è

presente una finestra questa volta raffigurata come una vetrata colorata con vetri

tondi piombati; al centro, dietro alle figure dei tre celebranti, in una raffigurazione che

ha tutta l’aria di essere più teologica che figurativa, la rappresentazione di un trittico

con tre figure esattamente dietro alle figure di celebrante, nubendo e nubenda:

appare dunque raffigurato il luogo del matrimonio: non la chiesa ma la sacrestia o

comunque un altro vano distinto dalla chiesa con pavimenti non lastricati, pareti senza

f. 15v Il battesimo di Gesù

f. 30r Il matrimonio

87

absidi ma solo con quadri e raffigurazioni sacre, finestre non alte e con volte a tutto

tondo, ma ad altezza d’uomo e con vetri (cf la raffigurazione simile di una finestra in

Rosario f. 51v-52r dove si raffigura l’Exercitio sancto de Maria in la casa de Elisabeth).

L’esortazione allo sposo e alla sposa: lo sposalizio della vergine (f. 33v)

Al foglio 33v nella sezione relativa al matrimonio,

all’inizio del capitolo dove si presenta «l’esortazione e

l’ammonizione da tenersi allo sposo e alla sposa da

parte del sacerdote e la forma secondo cui contrarre il

matrimonio e benedirlo» (De exhortatione et

admonitione facienda sponso et sponse per

sacerdotem et de forma contrahendi matrimonium et

eius benedictione) viene apposta la silografia che

ritengo rappresenti lo sposalizio della vergine Maria

con Giuseppe.

Intuiamo trattarsi del riutilizzo di una silografia a

motivo della forma che è sviluppata più in altezza che in larghezza, come le silografie

del libro del Rosario; tuttavia nell’esame dell’edizione del Rosario del 1524 non

abbiamo trovato tale silografia.

Certo è che nella disposizione dei soggetti appare chiara una certa relazione della

silografia con la pittura dell’epoca. Il soggetto con Giuseppe a destra del celebrante

(nella parte sinistra) non era usuale nella pittura precedente, come appare dallo

sposalizio della vergine opera del Ghirlandaio a s. Maria Novella di Firenze, dove

Giuseppe è posto nella parte destra della raffigurazione. Appare più in relazione con lo

stile del Perugino (1450-1523) nel suo lo sposalizio della Vergine del (1501-1504) sia

per la posa di Giuseppe che ha in mano un giglio, sia per l’atteggiamento di Maria sul

punto di farsi mettere l’anello al dito, sia per la raffigurazione sacerdotale centrale

contraddistinta da un copricapo simile ad una mitria episcopale.

La raffigurazione di una nicchia absidata sullo sfondo l’abbiamo già trovata nella

raffigurazione del battesimo dei bambini ed è di stile decisamente rinascimentale

anche se appare di fattezza ed esecuzione diversa da quella.

f. 33v Lo sposalizio della Vergine Maria

88

La benedizione della sposa: le nozze di Cana (f. 36r)

Sempre nel capitolo relativo al sacramento del

matrimonio al foglio 36r, in corrispondenza della

benedizione della sposa (Benedictio sponse) laddove,

dopo il Padre nostro e l’eventuale velazione dove è di

consuetudine (ubi consuevit) il sacerdote recita

l’orazione Propitiare domine supplicationibus nostris e,

subito dopo, il dominus vobiscum in canto con la

benedizione della sposa tutta musicata, troviamo una

silografia che rappresenta le nozze di Cana. Tale

identificazione è piuttosto agevole essendo

rappresentato Gesù ad un banchetto ed essendo bene

evidenti in primo piano sei anfore da una delle quali un inserviente sta versando il

liquore contenuto in essa in una coppa.

Anche in questo caso, nonostante la finestra sia rappresentata da una presa di

luce bifora con volte a tutto tondo e stipiti a colonnina, la rappresentazione della

collocazione familiare è data sempre delle vetrate nella parte superiore delle finestre,

rappresentate con vetri tondi piombati. Nella parete ad altezza d’uomo viene

raffigurato un fregio ornamentale.

La silografia si ritrova anche nel Rosario al f. 82v dove campeggia il titolo primo

miracolo de Jesu fatto nelle noce de chana de Galilea.

«Ordo» della benedizione della donna dopo il parto: la natività di Giovanni Battista

(f. 41r)

Al foglio 41r subito dopo il titolo Ordo

benedictionis mulieris post partum in domo, c’è la

silografia che identifichiamo con quella presente al

foglio 52v del Rosario che porta il titolo nati[vità] del

gl[or]ioso p[ro]pheta San Giouanni battista.

La figura femminile in primo piano con l’aureola

che stringe tra le sue braccia il bambino mentre

defilata alle sue spalle si trova una inserviente, la

Identifichiamo così con la Vergine Maria, mentre la

donna reclinata sul giaciglio e assistita da un’altra

serva è chiaramente Elisabetta. Questo è dunque un

f. 36r Le nozze di Cana

f. 41r La natività di Giovanni battista

89

esempio riuscito di riutilizzo all’interno di un’opera di una silografia concepita per

un’altra opera.

L’impianto iconografico della silografia ci sembra possa vagamente assomigliare

all’affresco del Ghirlandaio presente a S. Maria Novella a Firenze sul medesimo

soggetto. Mi sembra tuttavia che il tratto caratteristico della presente silografia e sulla

base del quale si possano cercare paralleli pittorici nel periodo della fine del

Quattrocento o agli inizi del Cinquecento (quale potrebbe sembrare l’opera del

Pinturicchio custodita in un affresco della cattedrale di s. Maria Assunta di Siena) sia

non solo la disposizione dei personaggi, ma anche il drappeggio nella parte superiore

del letto e nella parte sovrastante il capo di Elisabetta. Esaminate alcune miniature

medievali si potrebbe arguire che il parallelo e il modello ispiratore dell’incisore

potrebbe risiedere non nella pittura precedente e coeva, ma nelle rappresentazioni

iconografiche della miniatura.

Il sacramento della penitenza: la confessione auricolare dei peccati (f. 42v)

Al foglio 42v accanto all’inizio del terzo trattato

del libro sacerdotale esattamente sotto al titolo De

sac[ramen]to penitentie quid sit et de partibus eius si

trova una silografia che raffigura il sacramento della

confessione. Il confessore, rivestito di abiti sacerdotali

con una stola evidente sulle spalle ma anche un

copricapo non liturgico sulla testa, accoglie un

penitente che sta di fronte a lui in ginocchio.

L’autore sembra il medesimo della silografia del battesimo dei bambini per le

caratteristiche figure umane rappresentate di profilo con naso non pronunciato e

arcate sopraccigliari un po’ arcuate, il panneggio dei vestiti molto abbondante. Il

sacerdote è seduto ma su uno scranno leggermente rialzato da una sottilissima

predella così come nel battesimo dei bambini il battistero era collocato non

direttamente sul pavimento ma rappresentato anche là sopra una sottile predella.

Entrambe le figure si trovano davanti ad una non ben identificata cassapanca o

sarcofago. Il muro è raffigurato con l’intessitura dei mattoni ben evidenziata. La

finestra rappresentata questa volta in modo quadrato, ben incorniciata, con le

inferriate e con un profilo che ne indichi la profondità del muro. Il pavimento è

delineato con lastroni quadrati ad abbozzare una prospettiva come nella scena di

battesimo. sullo sfondo nella parte destra una nicchia trilobata contenente la statua di

un santo o una raffigurazione di un’opera pittorica di un santo.

f. 42v Il sacramento della penitenza

90

I canoni penitenziali antichi: il Cristo intercede presso il Padre (f. 58r)

Al foglio 58r Alberto da Castello accanto all’inizio

dei canones penitentiales antiqui, dove raccoglieva e

riportava i canoni antichi raccolti dall’opera di

Guglielmo Durando, colloca una silografia raffigurante

Dio Padre che, avvolto nelle nubi, brandisce tre strali

rivolti verso l’umanità collocata nella parte bassa

dell’incisione e raffigurata solo dal busto in su con otto

tra uomini e donne con copricapi diversi. Accanto a Dio

Padre sulla parte destra ed in posizione laterale e più

bassa, in ginocchio e con le mani alzate, rivolto verso

Dio Padre, è rappresentato il Cristo avvolto anch’egli di nubi, che porta sulle sue mani i

segni evidenti della sua passione nell’atto di intercedere presso il Padre.

La silografia era anch’essa già stata utilizzata nell’edizione del Rosario, al foglio

167v, dove appare con il titolo Jesu quanto alla humanita pregaua el padre per nostri

peccati. E spiegava così la silografia:

Contempla qui anima deuota: come Christo iesu nostro saluatore secondo la humanita sua prega Dio padre che non punisca noi secondo gli nostri peccati. Et accioche inclina la maiesta sua a misericordia gli mostra el suo lato trapassato dalla lanza et le piaghe delle mane e de gli piedi dicendo quel ditto de Zacharia propheta al decimotertio capitolo...147

Forma di assoluzione dalla scomunica: la conversione di Maria Maddalena (f. 61v)

Al foglio 61v invece, là dove si comincia il

capitolo dal titolo de forma absoluendi ab

excomunicatione maiori Alberto da Castello colloca

la silografia della peccatrice che piange ai piedi di

Gesù ispirata al vangelo di Lc 7,36-50.

Come per altre silografie le figure umane

sono rappresentate prevalentemente ma non

esclusivamente di profilo e la raffigurazione dei

nasi e delle arcate sopracciliari arquate suggerisce

come autore il medesimo incisore autore di altre

incisioni del Rosario e probabilmente, per la composizione di luogo, il medesimo

dell’incisione delle nozze di Cana. La forma delle due finestre – una monofora e una

bifora – è rappresentata con arcate a tutto tondo e stipiti a colonnina e richiama altre

147

Alberto DA CASTELLO, Rosario de la gloriosa vergine Maria, f. 168r.

f. 58r Il Cristo intercede presso il Padre

f. 61v La conversione di Maria Maddalena

91

raffigurazioni del medesimo elemento architettonico (vedi la monofora e la bifora della

silografia delle nozze di Cana). Qui si deve notare la raffigurazione del soffitto che

lascia intravvedere un abbozzo di travatura.

Nel Rosario l’incisione è usata al f. 86v e ha per titolo la conuersatione mirabile

de Maria magdalena. L’incisione viene illustrata nel modo seguente:

Contempla qui anima deuota el frutto mirabile della predicatione de Christo: imperoche conuertiua peccatori grandissimi con le sue dolcissime e feruentissime parole. E tra gli altri conuertì Maria magdalena. La quale come dice san Luca al settimo capitolo: era una famosa peccatrice nella città. La quale udita la predica di Christo e in essa compuntta (sic): odendo che christo mangiaua con Simone chera stato leproso porto un bussolo de unguento e stando da drieto appresso a li piedi di Christo comincio con le lachrime sue a lauare li piedi al saluatore: con li capelli suoi sugaua et li basiaua et vngeuali col unguento. E dapoi vn poco recita lo euangelista che Christo gli disse. Te sono perdonati gli tuoi peccati.

È chiaro che è la frase del vangelo analogato della formula assolutoria che guida

Alberto da Castello a collocare tale silografia in questo punto della parte del Liber

sacerdotalis relativa alla penitenza.

La Vergine intercede presso il Cristo glorioso (f. 63r)

Al foglio 63r troviamo invece una curiosa

silografia rappresentante il Cristo glorioso. Questa

volta è lui stesso assiso sulle nubi dalle quali è

circondato a brandire tre strali rivolti verso sette

figure umane (tre donne sulla sinistra e quattro

uomini al centro e sulla destra) tutti genuflessi e

con il volto e lo sguardo rivolto verso l’alto

nell’atteggiamento di invocare pietà.

Accanto al Cristo sulla parte destra ed in

posizione laterale e più bassa, in ginocchio e con le

mani aperte, una abbassata e l’altra invece sollevata a stringere qualcosa, rivolta verso

il Cristo è rappresentata la Vergine Maria. Non è chiaro cosa stringa la seconda mano

della vergine fino a che non leggiamo nel Rosario la spiegazione della silografia che

troviamo al foglio 189v. Il titolo della silografia è Maria vergine sempre prega el figliolo

per gli peccatori. Nella spiegazione comprendiamo che la Vergine mostra al proprio

figlio il proprio seno e la mammella dalla quale ha preso il latte implorando così la

misericordia per i peccatori. Questa la spiegazione che là ne dà Alberto da Castello.

Contempla qui anima deuota come la beatissima vergine Maria sempre sta apresso al suo dilettissimo figliolo Christo Jesu benedetto et prega per gli peccatori et con sue sacratissime pregiere (sic) lieua via la ira sua da loro. Et come piatosamente se può pensare et secondo che san Bernardo suo deuotissimo scriue cosi come el figliolo

f. 63r La Vergine intercede presso Il Cristo

92

suo quanto alla humanita mostra al padre suo el costato impiagato elle altre piaghe delle mane et degli piedi cosi lei dinanci al suo figliolo mostra el petto suo santissimo et le mamelle purissime che la lattado. Et a questo modo troua la gratia per gli peccatori altramente molti perirano che per le sue prehiere sono saluati.148

È difficile dire se l’autore della silografia si sia ispirato a qualche esempio

pittorico coevo o precedente. Certo è che la rappresentazione della Vergine Maria che

mostra un seno nell’atto di allattare il Cristo bambino è frequente anche

nell’iconografia (galactotrofusa) e la si ritrova fin dal tardo medioevo. Non mi sembra

comune invece la Vergine che mostra il seno di fronte al figlio giudice.

Tale silografia viene collocata al foglio 63r dove ci sono i riti e le orazioni per la

visita agli infermi. Nella parte alta della pagina c’è la formula di assoluzione dalle

censure e dalle pene, mentre nella parte bassa, accanto alla silografia, c’è l’ordo

qualiter se habere debet sacerdos in suscipienda confessione infirmi. Non

comprendiamo pienamente quale logica abbia seguito Alberto da Castello nel

collocare tale silografia in questa pagina fino a quando non leggiamo l’inizio del salmo,

nell’ultima riga, che il sacerdote recitava dopo il saluto all’infermo il salmo 6: Domine

ne in furore tuo arguas me neque in ira tua corripias me («Signore non punirmi nel tuo

furore e non castigarmi nella tua ira»).

L’autore della silografia sembra essere il medesimo che ha inciso la silografia del

Cristo che intercede presso il Padre e descritta poco sopra per la tecnica di

rappresentazione delle nubi che sono rappresentate con una frastagliatura esterna e

anche per la medesima tipologia e disposizione del soggetto e degli strali che brandisce

nella mano destra.

La comunione eucaristica (f. 68v)

Al foglio 68v in corrispondenza con l’inizio

del tractatus (...) de sacramento eucharistie

viene posta una silografia che ritrae un

sacerdote che sta amministrando la comunione

eucaristica ad un gruppo di cinque fedeli.

Il Sacerdote è assistito da un un

ministrante sulla parte sinistra dell’immagine

caratterizzato da un abito liturgico con ampi

drappeggi e larghe maniche. Il sacerdote volge le

spalle, amministrando la comunione, all’altare a muro che si trova alle sue spalle. Sullo

148

Alberto DA CASTELLO, Rosario de la gloriosa vergine Maria, f. 190r.

f. 68v La comunione eucaristica

93

sfondo appare un fregio ornamentale. Il ministrante regge uno stilo sulla cima del

quale sembra sia posto un cero acceso. Il ministrante è ritratto di profilo così come vari

dei fedeli che si accostano alla comunione che sono anch’essi caratterizzati dal naso

senza profilo pronunciato e le solite arcate sopracciliari arcuate. Sembra perciò che

l’autore della silografia sia l’autore della silografia del battesimo e della penitenza che,

in effetti, hanno il medesimo sviluppo longitudinale.

Non mi sembra di potere ravvisare un parallelismo dell’incisione con altri modelli

iconografici o pittorici dell’epoca.

L’ultima cena (f. 73v)

Al foglio 73v, sempre all’interno del trattato

relativo all’eucaristia, viene posta l’incisione del Cristo

circondato dagli apostoli mentre stanno celebrando

l’ultima cena attorno ad un tavolo sul quale sono poste

coppe, cibo e soprattutto un agnello pasquale sopra un

piatto di portata.

Alcune delle figure umane sono ritratte di profilo

ma diverse di esse sono ritratte in posizione frontale e

con una tipologia iconografica un po’ diversa da quella

delle altre silografie presenti nel volume.

Sono segni caratteristici ai fini dell’identificazione dell’incisore la raffigurazione di

parte del soffitto con travature e, soprattutto, le due finestre monofore con volte a

tutto tondo caratterizzate sia nella parte superiore come anche nelle ante, da vetri

tondi piombati: simile raffigurazione si trova nella silografia delle nozze di Cana al

foglio 36r. Inoltre le finestre sono caratterizzate dallo spessore del muro che appare

dalla visione prospettica. Mi sembra di poter cogliere anche l’elemento architettonico

della predella sopra la quale è collocata sia la mensa che i commensali.

Al foglio 93v-94r del Rosario la medesima silografia ha il seguente titolo: Jesu

mangiò lagnello paschale institui el sacramento dell’altare. Nella pagina accanto alla

silografia si dice:

Contempla qui anima fedele et deuota come el saluatore nostro sapendo che era propinqua la sua passione volle mangiare l’ultima cena con gli suoi apostoli. E mandò doi de loro apparecchiare nella città de Hierusalem. Et mangiorno lo agnello legale. E mangiando disse: Io ve dico discipoli miei: che vno de voi me tradirà (...)

f. 73v L’ultima cena

94

L’estrema unzione (f. 114v)

Al foglio 114v laddove si tratta del

sacramento dell’estrema unzione et ei annexis

et consequentibus viene presentata l’unzione

di un infermo. Il malato è disteso sul letto e ai

piedi del letto in posizione eretta sta il

ministrante, questa volta non in abiti liturgici,

nell’atto di reggere un cero. Il sacerdote che si

trova nella parte opposta del letto è

ritrattonell’atto di ungere la mano

dell’infermo o dell’inferma. La parete di fondo è scura. Il sacerdote al quale un

ministrante sta reggendo il libro liturgico per l’unzione, è reclino verso il malato e

intento a leggere nel libro. La soluzione iconografica adottata per indicare che si tratta

del sacerdote è il disegno della stola collocata sulle sue spalle sulla quale appare

chiaramente disegnata una croce nella fattezza assai simile alla stola del sacerdote che

amministra la comunione eucaristica (f. 68v), del sacerdote che amministra la

penitenza (f. 42v) e del sacerdote che amministra il battesimo dei bambini (f. 10v e

19r).

Anche in questa silografia alcune figure sono ritratte di profilo con le medesime

caratteristiche incisorie della silografia del battesimo dei bambini.

La collocazione è all’inizio del trattato dell’estrema unzione dove si afferma:

extreme vncionis sacramentum debet dari laborantibus in extremis. Et istud

sacramentum inducit mundationem a peccatis.

L’ufficio funebre (f. 155v)

Al foglio 155v laddove si tratta

dell’ufficio funebre cioè de officio sepolture

sacerdotis vel clerici defunctis, si appone una

silografia un po’ particolare.

Dal punto di vista iconografico si

rappresenta la medesima figura raffigurata

precedentemente nell’unzione degli infermi al

foglio 114v ora già defunta e distesa sul

catafalco. Al capezzale diversi ministranti che

f. 114v L’estrema unzione

f. 155v L’ufficio funebre

95

portano dei ceri sulla sommità di candelieri molto affusolati e alti, una croce astile e un

cero. Il ministrante che porta il cero è caratterizzato da un lungo mantello, segno che si

pensa alle esequie di un chierico.

Dalla parte opposta e di profilo il sacerdote nell’atto di benedire la salma e

assistito alle spalle da qualche ministrante. Il sacerdote indossa il piviale.

Caratteristiche che spiccano immediatamente sono il pavimento che accenna, nella

disposizione dei lastroni del pavimento, ad una prospettiva come in altre raffigurazioni.

Ma sono soprattutto le finestre che raffigurano delle finestre con vetri tondi e

piombati che ci fa comprendere una tipologia e uno stile silografico già ravvisato

all’incisione delle nozze di Cana e dell’ultima cena. Similitudini si ravvisano nella

silografia del battesimo dei bambini e nella confessione quanto a prospettiva del

pavimento.

La sua collocazione nel Liber sacerdotalis è esattamente dopo una rubrica che

spiega come procedere al termine della messa per i defunti: il sacerdote senza casula

né piviale e con i ministri e il suddiacono con la croce, con i ceri e l’incenso e l’acqua

benedetta stent in circuitu feretri in modum rote et sacerdos a capite incipiat absolute

hanc orationem fine. Il sacerdote a questo punto recita, dopo l’oremus, l’orazione Non

intres in iudicium cum seruo/a tuo/a domine...

La dormizione della Vergine (f. 189v)

Al foglio 189v si ritrova una silografia che, dato

il suo sviluppo verticale, fa pensare al riutilizzo di una

silografia del Rosario. Non escludo che non si trovi

nell’edizione originale del Rosario del 1521. Nella

seconda edizione da me consultata (quella del 1524)

la raffigurazione del transito della vergine è del tutto

diversa.

Nell’immagine qui accanto la composizione è

piuttosto articolata con l’effetto di volere collocare in

poco spazio molti personaggi che quindi hanno

contorni e tratti fisiognomici poco rifiniti. I drappeggi,

i chiaro scuri ottenuti con una zigrinatura piuttosto

complessa e più raffinata più giocata sulle sfumature degli scuri e dei tratti più o meno

scuri, le figure più prevalentemente ritratte di fronte piuttosto che di profilo, la forma

della finestra bifora sullo sfondo sormontata da un arco chiuso a tutto sesto nella parte

alta del quale campeggia una apertura circolare – figura del tutto diversa da quelle

f. 189v La dormizione della Vergine

96

esaminate in precedenza – lasciano intendere la mano di un incisore diverso da quelli

autori delle silografie precedenti.

La sua collocazione all’interno del Liber sacerdotalis è esattamente all’inizio della

parte che porta il titolo missa in agenda pro mortuis e si trova esattamente accanto

alla parte in canto gregoriano del requiem eternam dona eis domine.

Le benedizioni e la benedizione dell’acqua (f. 201r e 203r)

Al foglio 201r e 203r si ritrova una

silografia che per composizione artistica appare

molto simile alla silografia del battesimo dei

bambini e opera del medesimo autore anche se

cambiano alcuni soggetti iconografici in essa

presenti.

I soggetti iconografici paralleli a quella

silografia sono le due figure umane in essa presenti, il ministro e il ministrante che

sono tratte anch’esse di profilo, con un accenno di chierca ridotta. Le arcate

sopracciliari ricurve sono più ridotte rispetto a quella e il naso tendente al piatto come

in quella. Di entrambe, come in quella, sono caratteristici gli ampi drappeggi delle

vesti.

Il pavimento tenta di presentare un lastricato a lastre quadrate e abbozza una

prospettiva. Alcune finestre sia nella parte alta a sinistra che sul retro della grande

vasca lustrale posta quasi al centro della silografia cercano di dare un ulteriore senso di

prospettiva anche se lo sfondo è completamente nero. Sullo sfondo nella parte destra

viene accennato e abbozzato un dipinto o un affresco del quale è difficile cogliere il

soggetto: vi appaiono due personaggi che sembrano reciprocamente interloquire e,

nella parte bassa, sembra apparire la metà di una croce con crocifisso collocata però in

una posizione incredibilmente bassa. Al centro il grande bacile questa volta non di

forma quadrata ma più di fattezze rinascimentali con una vasca circolare alquanto

sollevata da terra ad altezza d’uomo e sorretta da un evidente tripode similmarmoreo

lavorato del quale appaiono solo due piedi.

Al foglio 201r la silografia che è piuttosto grande ed occupa tutta la larghezza del

foglio, è collocata all’inizio della seconda sezione del liber sacerdotalis dove

innanzitutto si tratta delle benedizioni in generale: benedicere seu benedictio

multipliciter accipitur in diuina scriptura. Faccio notare che la disquisizione di Alberto

da Castello trae le mosse sempre dalla sua solida conoscenza scritturistica derivatagli

dalla sua revisione della bibbia vulgata operata già diversi anni prima.

f. 201r e 203r Le benedizioni

97

Al foglio 203r invece la figura è collocata subito dopo la rubrica sacerdos incipit

absolute exorcismus salis dopo la quale si dà il titolo della sezione successiva

exorcismus salis.

Il catino con l’acqua (f. 209v e 273v)

A distanza piuttosto accentuata (quasi 60 fogli)

compare in due posizioni diverse la medesima

silografia, un catino/bacile ligneo pieno d’acqua

caratterizzato dalla presenza di quattro elementi

disposti sui suoi bordi verso i quattro punti cardinali. Il

bacile appare colmo d’acqua.

Al foglio 209r appare evidente la significazione

della raffigurazione. Il contesto è l’exorcismus super aquam sale conspersam dove il

sacerdote recita l’orazione: Exorcizo te creatura aque sale conspersa per deum viuum,

per deum verum per deum totius creature... aggiungendo immediatamente dopo una

nuova orazione Te autem creatura aque adiuro per deum viuum per deum verum per

deum sanctum per eum te adiuro... e una rubrica spiega nel bel mezzo di questa

seconda orazione «qui divida l’acqua in quattro parti secondo questa figura» (Hic

diuidat aquam in quattuor ad hanc figuram) facendo comprendere che era necessario

segnarla con un segno di croce tracciato sopra il contenitore dell’acqua secondo i

quattro punti cardinali anche se successivamente vuole indicare la necessità, dopo la

benedizione, di versare l’acqua verso i quattro punti cardinali.

Al foglio 273v invece la figura è collocata nel

bel mezzo del prefazio da cantare per la

benedizione del fonte il sabato santo e nella vigilia

di pentecoste (f. 271r Sequens prefatio cum suo

cantu dicitur ad benedictionem fontium die sabbati

sancti et in vigilia pentecostes). Al foglio 272r una

rubrica suggerisce di toccare l’acqua e dividerla a

mo’ di croce (Hic manu tangat et diuidat aquam in modum crucis); di nuovo in modo

simile viene suggerito al f. 273r e poi, al 273v proprio accanto alla figura hic diuidat et

effundat aquam in quatuor partes dove si lascia intendere che si dovesse versare un

po’ dell’acqua su ciascuno dei quattro punti cardinali ideali del bacile.

f. 209v – bacile ligneo

f. 273v – bacile ligneo

98

Le processioni (f. 244r)

Al foglio 244r, è collocata una

silografia caratteristica di questa terza

parte del Liber sacerdotalis che è

dedicato alle processioni. Essa è collocata

esattamente in corrispondenza con

l’inizio di questa terza parte de

processionibus faciendis.

E infatti la prima affermazione

riguarda proprio il fatto che le processioni si fanno e si devono fare per diverse cause e

diverse necessità e che furono istituite dalla Chiesa cattolica fin dall’antichità.

Nella silografia sono rappresentati in un corteo processionale ben otto persone:

due nella parte destra sorreggenti due candelieri; uno dietro di loro sorreggente una

croce astile; quattro dietro di loro in atteggiamento orante e l’ultimo, evidentemente il

sacerdote celebrante, come ultimo e alla conclusione della processione. Tutte le vesti

liturgiche sono caratterizzate da ampi drappeggi e rassomigliano ad abiti monastici per

l’abbondanza delle aperture delle maniche. Il celebrante e i quattro chierici antistanti

hanno tutti un copricapo sul capo a differenza dei tre ministranti candelieri e

cruciferario che mostrano una chierica evidente. La maggior parte di essi è ritratta di

profilo con la solita caratteristica del naso longilineo mentre solo due dei quattro

religiosi sono ritratti con il volto rivolto a chi osserva la silografia. Le mani sono per la

maggior parte nascoste negli ampi drappeggi e sembra che vogliano stringere altri

indumenti. Il religioso che pare chiudere la processione sembra che indossi un piviale.

Sullo sfondo un abile gioco di chiaroscuri ottiene un effetto prospettico con la

rappresentazione di sei finestre collocate ad una certa altezza di un muro a pietra viva

del quale si raffigurano in modo piuttosto accentuato le pietre che lo costituiscono. Le

finestre sono tutte monofore con arco a tutto tondo e presentano in modo evidente lo

spessore del muro essendo raffigurate in modo prospettico, almeno le quattro più

vicine, e in esse si ottiene un effetto di luminosità e di ombra raffigurando le due più

grandi e più prossime alla processione con zigrinature scure, quelle mediane come se

fossero colpite dalla luce che trapela dallo spessore del muro tutto bianco. Quelle sullo

sfondo rappresentate nuovamente in scuro. Sulla parte destra, sullo sfondo della

processione, una scena agreste e un accennato orizzonte montagnoso suggeriscono

una collocazione esterna a qualsiasi ambiente o struttura architettonica.

f. 244r Le processioni

99

La fattura della silografia con sviluppo longitudinale, lascia pensare ad una

silografia commissionata appositamente per quest’opera e non riutilizzata a partire da

altre opere.

La mano musicale (f. 334r) e la scala musicale (f. 334v)

Al foglio 334r è collocata, in

corrispondenza con l’inizio del

compendium musice una curiosa silografia

che ha attirato l’attenzione dei bibliotecari

che spesso hanno segnalato, nella

schedatura dell’opera presente, tale

silografia insieme a quella

immediatamente seguente.

Non essendo io un esperto non mi

azzardo ad avanzare particolari ipotesi ed

analisi in proposito rimandando a studi di

storia della musica149.

Da ciò che capisco il sistema era già in uso precedentemente ad Alberto da

Castello che riproduce questa mano musicale ma, contrariamente a quanto fa per altre

fonti, senza spiegare all’inizio del trattato da dove tragga le proprie informazioni,

iniziando il compendium musice entrando direttamente nel merito: Proprietas in

musica est deriuatio plurium vocum ab vno eodemque principio.

149

Si veda in proposito Giuseppe MASSERA, Historiae musicae cultores ; La "mano musicale perfetta" di

Francesco de Brugis dalle prefazioni ai corali di L. A. Giunta: Venezia, 1499-1504, L.S. Olschki, Firenze 1963. Inoltre vedi http://www.geocities.ws/tokyo/temple/8529/musica/scrittura/scrittura.html letto in data 15 marzo 2011.

f. 334r – la mano musicale

100

Indubbiamente si dovrebbe, in uno

studio di storia della musica, identificare la

fonte del trattato di Alberto da Castello.

Al foglio 334v appare nel verso del

foglio immediatamente successivo a quello

dove troviamo la mano musicale la

silografia qui accanto e che ho chiamato “la

scala musicale”.

È posta accanto ad un titolo che

torna a riprodurre il titolo della pagina

precedente: compendium musice che inizia con le parole: Quisquis ad canendi

scientiam erudiendus accedis dispositionem vim et ordinem litterarum per quos omnis

cantus habet discretionem cordi... e prosegue dicendo quod ponuntur et sunt in ordine

manus seu palme viginti littere que diuiduntur in subgrauibus grauibus acutis et

superacutis.

Non ho le competenze per esaminare quanto qui riportato. Lascio agli storici

della musica l’esame delle suddette silografie.

2.6.3. I capilettera e gli altri accorgimenti tipografici

Informazioni generali sull’uso dei capilettera da parte di Sessa-Ravani

Curi Nicolardi ricorda alcune caratteristiche proprie della produzione letteraria di

Sessa-Ravani relativa all’uso dei capilettera, in particolare delle grandi iniziali

testimoniandone un uso variegato. Scrive:

Numerose altre iniziali sia ornate che istoriate su fondo bianco o nero, di varia misura, decorano le edizioni stampate dal Sessa insieme al Ravani, mentre, dopo lo scioglimento della società, raramente le opere stampate da Melchiorre sono arricchite da grandi iniziali ornate e istoriate; più spesso vengono usate solo piccole iniziali ornate su fondo nero di tipo piuttosto comune, o vengono lasciati gli spazi bianchi con letterina guida, reando nel testo «“finestre” bianche per iniziali mai eseguite».150

Si lascia dunque intendere che fosse il Ravani a curare questo aspetto grafico

ornamentale. Oltre alle suddette grandi iniziali, la studiosa aveva presentato poco

prima altre due tipologie di capilettera, uno cosiddetta criblé e un’altra serie con

animali e figure umane. Scriveva:

A questo proposito è opportuno ricordare che si trova in queste edizioni un’interessate serie di iniziali che presentano graziosi e bizzarri arabeschi su di uno sfondo nero che viene alleggerito e schiarito da puntini bianchi (si tratta del tipico

150

CURI NICOLARDI, Una società (1984), p. 23.

f. 334v – La scala musicale

101

fondo criblé) con un ottimo effetto di eleganza e di leggerezza. Secondo il Boffito, questa fusione di arabeschi e di fondo criblé compare per la prima volta nell’edizione delle Vitae di Plutarco stampata dai due soci il 26 novembre 1516; per la verità già l’edizione della Storia naturale di Plinio del 14 agosto 1516 è decorata da quattro grandi iniziali arabescate su fondo criblé e l’edizione dello Speculum lapidum del Leonardi del 20 novembre 1516 è arricchita da da cinque iniziali dello stesso tipo (...) ma almeo una o due iniziali su fondo criblé ornano quasi tutte le opere stampate dai due soci.151

I capilettera «criblé»

A conferma di quanto

affermato da Curi Nicolardi circa

l’uso di questi capilettera criblé,

nella nostra opera viene usata una

lettera, la “P” di tale tipo, ai fogli

253r e 258r.

I capilettera usati nel resto dell’opera sono di vario tipo e di diversa grandezza

oltre che di diverso colore, e non mi sembra che si possa individuare un criterio che lo

stampatore abbia seguito nel loro uso.

La grandezza dei capilettera: 2, 3, 4, 8 righe di testo

I capilettera sono generalmente di forma quadrata e hanno diverse misure:

variano da un’altezza di due, tre, quattro, per passare direttamente ai capilettera alti

otto righe.

Esempio di capolettera alto 2 righe (f. 69r)

Esempio di capolettera alto 3 righe (f. 344v)

Esempio di capolettera alto 4 righe (f. 344v)

151

CURI NICOLARDI, Una società (1984), p. 22.

Iniziale criblé

102

Esempio di capolettera alto 8 righe (f. 357v)

Una caratteristica significativa è che la seconda lettera della parola che è stata

cominciata con un capolettera, è sempre maiuscola. Tale artificio doveva essere

diventato ormai usuale per aiutare l’occhio del lettore, nel caso di capolettera che si

trovano davanti a parecchie righe di testo, ad individuare la parola interessata dal

capolettera.

Il colore: rosso o nero

Sono attestati

capilettera di colore

rosso e nero. L’uso

del colore tuttavia

non è generalizzato, ma è limitato solo ai capilettera alti due righe, cioè i capilettera

ricavati da lettere di stile vagamente gotico.

Il criterio dell’uso del colore del capolettera mi sembra sia il seguente: quando il

testo è scritto prevalentemente in nero e si deve porre un capolettera, allora si pone

un capolettera rosso. Quando ci si trova in una pagina di rubriche, si opta per la scelta

contraria.

I vari tipi di capilettera: ornamentali e dimensionali

Possiamo distinguere due tipologie: i capilettera di tipo ornamentale e i

capilettera di tipo dimensionale. Questi ultimi variano, rispetto al carattere tipografico

consueto, per il semplice fatto di essere di dimensioni diverse rispetto al carattere

tipografico, i primi invece per essere caratterizzati da ornamenti di diverso tipo con

raffigurazioni floreali, umane e di fantasia.

I capilettera ornamentali sono di diverse dimensioni. Comincio considerando i

capilettera ornamentali alti 8 righe di testo.

Esempio di capolettera nero Esempio di capolettera rosso

103

Capilettera ornamentali fioriti alti otto righe di testo

Vi sono un certo numero

di capilettera, usati con

frequenza non eccessiva, che

sono di altezza otto volte

superiore al carattere

tipografico normale. Misurano

qualche centimetro di

larghezza, sempre di forma

quadrata. Per un certo numero di lettere (A, C, D, E) ne vengono usati due tipi, per le

altre un tipo solo; di due lettere (B e Z) non ne è presente nessuno. Tali capilettera li

definirei «capilettera ornamentali fioriti» perché i motivi sono sempre o floreali o

comunque attinti al mondo vegetale.

Qui sotto presento la lista di tali capilettera e la loro collocazione nell’opera.

Come emerge chiaramente non sono usati in modo eccessivamente frequente 1a tipologia 2a tipologia lettera foglio

A 190v, 193v (2x), 202v, 248r, 254v, 351v, 363v

manca manca B

C 179v, 201r, 250r, 253v, 254r, 255v, 260v (2x), 291r, 293r, 294r, 295r, 296v, 297r, 298r, 310v, 313r

D 109r, 180v, 186r, 191r, 192v, 275r, 276v, 346v, 348r

E 203r, 258r, 280v

– F 257v, 263r, 288r

– G 256r, 285v

104

1a tipologia 2a tipologia lettera foglio

– H 183r, 205r, 365v

– I J 148v, 249r, 257r, 289v, 357v

– L 157r, 186v, 193v

– M 162v, 182v

– N 156v, 170r

– O 202v, 249v, 255r, 281r

– P 185v, 244r, 244v, 253r, 261r, 263v, 278v, 279v, 313r

– Q 180r, 259r, 317r

– R 190r, 248v

– S 155v, 193r, 269v, 275v

– T 255v

– U – V 177r

manca manca Z

105

Capilettera ornamentali alti quattro righe di testo: ornamentali fiorite e figurative

Accanto alle sopramenzionate capilettera ornamentali fiorite alte quanto otto

righe di testo ce ne sono un certo numero di dimensioni più ridotte, alte circa tre o

quattro righe di testo e che sono di stile talvolta decisamente diverso e che

distinguiamo per duplice tipologia: una ornamentale fiorita e una ornamentale

figurativa.

Anche questa tipologia è stampata solo ed esclusivamente in inchiostro nero ed

è usata abbastanza spesso nella seconda e nella terza sezione del Liber sacerdotalis, in

particolare laddove ci sono antifone e melodie con notazione gregoriana, come

capilettera delle antifone, mentre sono assai più rari nella prima parte.

Anche di questi dò la lista e li presento perché se ne possa apprezzare

l’esecuzione artistica. fiorita 1 fiorita 2 lettera foglio

A 116r, 247v, 285r, 285v, 300v, 301r, 304v, 305v, 315r, 326v

B 295r, 298v, 302v

C 24r

D

274r (alla rovescia), 282v, 307v, 339r (2x), 340r, 341r, 344r

E 2r, 247v, 259r, 265r, 267r, 281v, 286r, 301v, 307r

manca – F

manca – G

H 266r, 343v

I J 285v, 286r, 290r, 290v(2x), 301v, 304v, 307r, 308v, 309v

manca – L

M 283r, 307v, 336r

106

fiorita 1 fiorita 2 lettera foglio

– N 344v

O 118r, 249r, 289v, 304r, 306r

manca – P

Q 265r, 265v, 306r, 334v, 343v

R 278r, 279v, 288r, 295r, 308r

S 28v, 123r, 264r, 285r, 287r, 296v, 303r, 308r, 316r, 339r

manca – T

U – V 287r, 294r, 298v, 302r, 303v

manca – Z

Faccio notare che la “D” è ottenuta rovesciando la “C”. Similmente la “O” è

ottenuta rovesciando la “M” e la “U” rovesciando la “N”.

Oltre ai capilettera ornamentali fioriti che abbiamo visto or ora ce ne sono

alcune, poche in tutto, che ho definito capilettera ornamentali figurativi. Si tratta

fondamentalmente di due lettere, la “L” e la “C” che vedono, soprattutto per la “C”,

una notevole varietà.

266v, 297v, 312r, 338v

278v, 306v, 364v 282v 302r, 306v, 247r, 300r, 305r

Tali capilettera erano già stati utilizzati nel Rosario, come alla pagina 191r.

Capilettera gotici alti due righe di testo

Sono usate assai spesso i capilettera gotici stampati con inchiostro nero o rosso a

seconda del contesto per una maggiore visibilità dell’inizio della frase.

A B C D E F

107

G H I L M

O P Q R S T

U

Gli esempi da noi presentati sono tutti di colore rosso, ma nelle sezioni dove

sono riportate abbondanti rubriche ci sono anche esempi di tali capilettera neri.

Non ho riportato le occorrenze di tali capilettera perché sono innumerevoli e non

lo ritengo decisivo ai fini della mia ricerca e delle ricerche che altri volessero compiere

anche a partire dall’edizione oggetto del nostro studio.

Indicazioni di paraffi

Per aiutare il lettore a scorrere e trovare

quanto nell’abbondantissimo indice era andato

elencando, Alberto da Castello si serve del carattere

“C” gotico maiuscolo, ben marcato, come paraffo,

cioè come segno che mette in evidenza la divisione

del proprio testo in paragrafi o sezioni. Sono così

poste delle evidenti “C” rosse accanto ai testi scritti

in nero, e delle ancor più evidenti “C” nere accanto ai

testi scritti in rosso.

Con esse non indica rigorosamente solo l’inizio del capitolo o un titolo di sezione

o di capitolo, ma anche l’inizio stesso del paragrafo con un passaggio a nuova

trattazione, oppure a delimitare i vari elementi di una lista.

2.7. LA POSTFAZIONE DI ALBERTO DA CASTELLO A CHIUSURA DELL’OPERA

Al termine del volume, nell’edizione del 1523 e in tutte le edizioni successive

tranne quella di Giunta del 1587 (devo ancora verificare quella di Giunta del 1585), c’è

Le “C” che indicano un titolo

108

la postfazione di Alberto da Castello che parla di se stesso in terza persona. Nelle

edizioni successive alla prima, essendo state omesse le missive di Leone X, del

Patriarca, dell’inquisitore e la dedica ad Adriano VI, tale postfazione rimarrà come

l’unico passo in cui compare il nome del curatore dell’opera.

Oltre al proprio nome ci vengono date parecchie altre informazioni, sulla

compilazione dell’opera e la sua struttura.

1. Accipite Reuerendi patres & domini sacerdotes tandem post longam

expectationem et plura tempor[um] spatia Sacerdotalem librum tripertitum: per

venerabilem patrem fratrem Albertum castellanum Uenetum ordinis predicator[um]

professorem summis laboribus vigilijs & expensis collectum elaboratum ad finem

peroptatum perductum & c[on]sumatu[m]: in quo sine labore & multor[um] libror[um]

reuolutione c[on]clusiue summatim clare & dilucide que ad officium vestrum spectare

& c[on]uenire dignoscuntur collecta digesta probata & approbata esse noscuntur: vt nil

sacerdoti curam animar[um] gerenti aliunde perquirere sit necesse.

2. In prima siquidem parte sacerdos quilibet qualiter viuere, quid discere, quidve

docere debeat: ecclasiastica [sic!] sacramenta & illis annexa & accessoria qualiter

c[on]ficienda ministranda exercenda & c[on]seruanda sint luce clarius inueniet: ita vt nil

necessarium opportunumq[u]e eius ministerio sit pretermissum.

3. In secunda benedictiones diuerse ad sacerdotem non episcopum pertine[n]tes in

magno numero assignantur.

4. In tertia & vltima parte ritus processionum tam ordinariar[um] q[ua]m

extraordinariar[um] plenissime exarantur.

5. Adiunguntur insuper tractatus computi ecclesiastici & compendium regular[um]

musicalium: cum exorcismis & c[on]iurationibus demoniacor[um] & c[on]tra

tempestates ingruentes.

6. Nouissime ad aliquor[um] instantiam quidam breues Sermones per sacerdotem ad

populum habendi in aliquibus solennitatibus & tempore c[on]tractus nuptiar[um] &

electionis plebani vernacula & vulgari lingua pronuntiandi positi sunt.

7. Que o[mn]ia clarius in repertorio libri ante eius principium posito patebunt.

8. Hec omnia patres Reuerendi in hoc volumine c[on]gesta & aggregata inuenietis:

non modo s[ecundu]m sacrasancta[m] Romanam ecclesiam sed etiam aliar[um]

ecclesiar[um] ritum ordinata.

9. Que si vestris Reuerendis p[ersonibus] grata & accepta erunt deo bonorum

omnium largitori i[m]mortales reddite & exhibete gratias: & Alberti Castellani Ueneti

ordinis predicator[um] filij vestri qui tantum laborem subijt in vestris missis &

orationibus rogo memores estote. Ualete patres optimi.

In questa postfazione che ritengo non possa essere stata scritta altri che dal

Castellano, egli richiama nuovamente la struttura della propria opera. Per tale

struttura tripartita si veda oltre il capitolo IV a p. 225.

109

Capitolo 3: LE EDIZIONI DEL «LIBER SACERDOTALIS»

DAL 1537 AL 1603

3.1. Il problema delle altre ventitre edizioni

Ho già posto precedentemente una serie di domande che ci si pone e ci si deve

porre di fronte alle ventiquattro edizioni del testo.

Giunti a questo punto del nostro studio ci chiediamo: su quali elementi si può

basare il confronto sulle diverse edizioni per capire il rapporto che le edizioni più

tardive ebbero con quelle precedenti?

Inoltre faccio notare che ci sono diverse edizioni che furono pubblicate nel

medesimo anno. Nel 1579 Nicolini, Giunta e Sessa pubblicano il Sacerdotale e, nel

1585 lo pubblicano nuovamente tutti e tre. Che rapporto di “parentela” sussiste tra

queste tre edizioni?

Il confronto tra le edizioni deve essere condotto certamente sulla base del

contenuto, il testo, ma ritengo che non ci si possa limitare ad esso quasi che il

«contentente» sia ininfluente sul contenuto e sull’utilizzo di tale contenuto nei riti

della Chiesa, soprattutto quando, in certi casi, sembra che sia stata la medesima

tipografia, a partire dalla composizione dei medesimi tipi e del medesimo testo, ad

averla data nuovamente alle stampe in anni più tardivi.

Prima di ogni esame dei criteri di confronto è necessario però chiarire i termini

del confronto, cioè a considerare ciascuna edizione in se stessa. Solo al termine di tale

presentazione si potrà procedere ai confronti e ai loro criteri.

Ecco pertanto la presentazione delle ventitre edizioni che seguirono la prima del

1523.

Al termine del capitolo tenteremo su una base di criteri esterni di individuare la

parentela tra le ventiquattro edizioni.

110

3.2. L’edizione del 1537 di Vittore Ravani e soci

Informazioni generali sull’edizione del 1537 e il titolo

L’edizione del 1537 fu stampata a Venezia per i tipi di Vittore Ravani e soci. Vittore Ravani, come attestato dall’Istituto centrale per il Catalogo unico, era figlio di Pietro e si trova su diverse edizioni con diverse denominazioni152 e con i soci non sempre chiaramente specificati. L’ICCU attesta che edizioni pubblicate da Vittore Ravani e soci sono testimoniate tra il 1531 e il 1541. Tali soci si presume possano essere la madre Luchina, Giovanni Varisco figlio di Martino e altri, secondo un documento

del 1540 riguardante Luchina Ravani153. Sotto tale indicazione editoriale pur se con alcune variazioni154, si possono

annoverare diversi filoni di edizioni. Il primo filone è di opere di carattere profano (Ariosto, di Boccaccio, di Baldassarre Castiglione, di Girolamo Benivieni). Il secondo è di classici latini o greci (Cicerone, Terenzio, Tito Livio, Valerio Massimo, Ovidio, Plutarco, Giuseppe Flavio, Isocrate). Il terzo filone è di opere di carattere religioso con un’opera dello stesso Castellani quali il Rosario de la gloriosa vergine Maria con ben quattro ristampe (1534, 1536, 1539, 1541), oppure altre opere di carattere liturgico il Breviarium Romanae curiae cum apostillis (1541), il Cathecuminorum liber iuxta ritum sanctae romanae ecclesiae (1534), il Familiaris clericorum liber (1535, 1540), un Missale Romanum (1538).

Il volume dell’edizione del 1537 consta di 351 pagine per un totale di 702 fogli.

Lo specchio di stampa misura cm 17,7x11,8.

Il libro è stato da me consultato nell’archivio della Biblioteca del Capitolo

metropolitano della Cattedrale di Modena.

152

I nomi attestati dalle diverse edizioni sono: «Victor a Rabanis et socii»; «Vettor q. Piero Ravano

della Serena et compagni»; «Vittore della Serena e compagni»; «Vettore de Ravani e compagni»; «Victor filius q. Petri de Ravanis et socii»; «Vettor de Ravaniani e compagni»; «Vettor de Rabani e compagni». Cf. http://edit16.iccu.sbn.it/scripts/iccu_ext.dll?fn=13&i=2928 letto in data 21 nov 2011.

153 http://edit16.iccu.sbn.it/scripts/iccu_ext.dll?fn=13&i=2928 letto in data 21 nov 2011.

154 Cf. http://edit16.iccu.sbn.it: Victor a Rabanis et socii; Vettor q. Piero Ravano della Serena et

compagni; Vittore della Serena e compagni; Vettore de Ravani e compagni; Victor filius q. Petri de Ravanis et socii; Vettor de Ravaniani e compagni; Vettor de Rabani e compagni.

Marca di Vittore Ravani

111

Il frontespizio

È sempre presente l’immagine dell’edizione del 1523

dove si rappresenta lo stesso Castellani che riceve da parte di

Leone X l’approvazione ufficiale della sua opera.

Contrariamente a tale edizione tuttavia che vedeva l’intero

titolo in frontespizio scritto in inchiostro rosso, le prime due

righe del titolo soggiacenti all’immagine sono in inchiostro

rosso mentre le righe sottostanti che vanno progressivamente

a decrescere creando un effetto “a imbuto”, sono in nero

eccetto la parola “addito” che è in risalto e con inchiostro rosso. Il titolo esatto è:

[in rosso] Liber Sacerdotalis nuperrime ex libris | Sancte Romane ecclesie: & quarundam aliar[um] ecclesiar[um]: & ex | [in nero] antiquis codicibus apostolice bibliothece: & ex iurium sanctionibus: & ex doctor[um] eccle|siasticor[um] scriptis: ad Reuerendor[um] patrum sacerdotum parrochialium: & animarum | curam habentium commodum: collectus atque compositus: ac auctoritate San|ctissimi domini domini nostri Leonis decimi approbatus. In quo co[n]tinentur | officia omnium sacramentor[um]: & resolutiones omnium dubior[um] ad ea per|tinentium: & omnia alia que a sacerdotibus fieri possunt: que q[ua]m sint pul|chra & utilia: ex indice collige. [in rosso] Addito [in nero] utili enchyridiolo ad age[n]dum | de feria tempore adue[n]tus: quadragesime: tempore paschali: & de | mense septembris: necnon infra annum: s[ecundu]m curiam Ro|manam. Et declaratione rubricarum generalium: & | ad inueninedum pascha: & alia festa mobilia: | que in alijs hactenus impressis mi|nime reperiuntur.

Dunque Vittore Ravani, mediante la scritta «addito» in inchiostro rosso, voleva

mettere in rilievo che erano stati aggiunti diversi contenuti alla prima edizione:

indicazioni circa le ferie di avvento, di quaresima, del tempo pasquale, del mese di

settembre; parla di «dichiarazione delle rubriche generali» (relative a cosa?). Parla

inoltre di sistema per trovare la data di pasqua e altre feste mobili, ecc... Si voleva

evidentemente “attirare” anche i vecchi possessori del sacerdotale ad acquistare la

nuova edizione per avvantaggiarsi di tutto quanto era stato aggiunto. Le addizioni

però, fatti i debiti confronti con il resto del testo e la sua voluminosità, ammontano

solamente alle sette pagine che vanno dal foglio 347v al foglio 350r.

La «Tabula» o indice dell’opera

Vittore Ravani, per tentare di ridurre la lunghezza del volume della prima

edizione (367 fogli!), comincia ad omettere nella propria edizione la lettera di Leone X,

la lettera del Patriarca, la lettera dell’inquisitore e la dedica di Castellani ad Adriano VI

(già 2 fogli!) e comincia a ricomporre l’abbondantissimo indice dell’edizione del 1523

(5 fogli per 10 pagine di testo!) con il medesimo carattere tipografico gotico ma con

frontespizio del 1537

112

un’altezza del carattere più ridotta in modo che possa stare in un numero inferiore di

fogli: dieci fogli occupava la «tabula» dell’edizione del 1523, sette fogli arriva a coprire

la tabula dell’edizione del 1537.

Con caratteri tipografici più piccoli decide di «sciogliere» parecchie abbreviazioni

che costellavano la tabula dell’edizione del 1523: «vn» diventa unde, «offm» diventa

officium, «ei9» diventa eius, «pdicare» diventa predicare e così via, ottenendo così una

maggiore leggibilità dell’indice del volume. Nonostante ciò egli decide di abbellire la

prima voce della tabula – quello che noi oggi chiameremmo indice – apponendo una

“P” capitale più elaborata e più bella rispetto alla “P” capilettera della parola

Prohemium «proemio».

Le voci dell’indice sono esattamente le medesime dell’edizione del 1523 con

l’unica aggiunta del De ordine celebrandi officii tempore adventus, cioè l’«Ordo per la

celebrazione dell’ufficio nel tempo di avvento» fatta alla fine dell’indice, l’unica vera

addizione da lui apportata.

Si sbarazza inoltre della poesia di 14 versi composta da Alessandro Gaboardo che

nell’edizione del 1523 seguiva alla conclusione della tabula. Inoltre si sbarazza della

pagina verso che stava di fronte al frontespizio con le nove citazioni bibliche (N°1-9) e

la relativa silografia.

Il tentativo di ridurre il numero dei fogli operato nella «tabula» tenta di

applicarlo anche al resto del testo, decidendo di cercare di restringere il più possibile il

testo in modo da potere risparmiare quanti più fogli possibili: in tal modo la prima

delle tre parti del Liber sacerdotalis, quanto nell’edizione del 1523 stava in 200 fogli,

riesce a contenerla in 188.

La pagina dell’«incipit»

L’aver tolto la pagina sinistra

dell’incipit, quella per la quale parlavo

nel capitolo precedente di «pagine»

dell’incipit al plurale più che di «pagina»,

sembra essere l’unica vera operazione di

Vittore Ravani, dal momento che lascia

la medesima silografia del Cristo

benedicente che emerge dalla lettera

“S” capilettera di Salvator noster «il

nostro Salvatore» che caratterizzerà l’«incipit» di diverse altre edizioni successive

(1548, 1554, 1555, 1559, 1560, 1564, 1567?, 1569) e la medesima serie di busti umani

Confronto tra la pagina destra dell’incipit del 1523 e

l’incipit del 1537

113

a corredo delle rimanenti 9 citazioni bibliche di tema e di «sprono» ai pastori apparse

anche nell’edizione del 1523155.

Appare però chiaro che c’è stato qualche intervento dell’editore: due delle

silografia raffiguranti i busti si sono scambiate di posto, qualche ritorno a capo sia del

testo che delle citazioni che accompagnano i busti sono cambiati. Inoltre è stata

cambiata la silografia del motivo ornamentale verso il fondo alla pagina mantenendo il

medesimo motivo ornamentale (quasi una cornice) in fondo alla pagina.

Il titolo precedente l’«incipit»

È il medesimo dell’edizione del 1523:

(in rosso) Libri sacerdotalis de officio sacerdotis curati et omnibus ad animarum curam pertinentibus et sacramentorum exhibitionibus cum eorum annexis secundum ritum Sancte Romane et apostolice ecclesie et aliarum etiam ecclesiarum usibus accomodati.

L’impaginazione del contenuto

Righe per pagina

Nell’impaginazione, laddove ci sono righe dall’altezza normale e non

necessariamente variate per grandezza del carattere, si tiene una media di 36 righe per

pagina e, dunque, rispetto all’edizione precedente si preferisce reimpaginare il tutto

per guadagnare una riga per ogni pagina, cioè circa 2 righe per foglio.

Vittore Ravani, oltre alla necessaria reimpaginazione del testo dovuta alle sue

scelte in ordine ad un risparmio economico sulle pagine complessive del volume, mi

sembra che operi alcuni altri particolari cambiamenti che vado ad esaminare.

Le abbreviazioni «sciolte» per migliore leggibilità

Innanzitutto, come per la tabula contentorum, per la leggibilità del testo cerca di

sciogliere diverse abbreviazioni: fres diventa fratres, csacerdotes dicenta

consacerdotes, coopatores diventa cooperatores e così via (cf. f. 7v, riga 27).

Capilettera collocati in corrispondenza superiore con il testo di cui sono capilettera

Inoltre, rispetto all’edizione

del padre, cerca una collocazione

più regolare dei capilettera. Il

padre talvolta aveva collocato i

capilettera con la base in

corrispondenza della riga della

155

Per il testo delle citazioni bibliche vedi p. 27 nella sezione relativa all’incipit dell’edizione del 1523.

Sistemazione diversa dei capilettera con diverso allineamento

114

parola interessata dal capolettera, con l’inconveniente che il capolettera alto due righe

si trovava così per metà in corrispondenza della fine del periodo precedente, in

corrispondenza dell’ultima riga, e per metà in corrispondenza della nuova. Laddove

riscontra questo brutto effetto visivo di partecipazione, Vittore cerca soluzioni diverse

dimostrando un suo proprio stile nell’impaginazione e anche un proprio gusto che si

discosta talvolta da quelle operate dal padre. L’esempio accanto mostra l’inizio

dell’orazione Famula dei accipe (1523: f. 24v; 1537: f. 23v) con l’esito dei due stili di

collocazione del capolettera.

Diverso gusto artistico per i capolettera gotica “S” e “B” alte due righe di testo

Vittore Ravani dimostra, nel Liber

sacerdotalis, di non apprezzare alcune scelte

ornamentali del Padre. Un esempio di tale

diverso gusto sono i capilettera gotici “S”,

“B” e “G”.

Nel testo del 1523 si presentano in una

forma che definisco “riccioluta” e che, in

effetti, è di pessimo gusto se la si confronta con il resto dei capilettera gotici alti due

righe di testo (cf. pag. 106).

Nell’edizione del 1537 sia la “S” riccioluta che la “B” e talvolta anche la “G”, sono

state sistematicamente rimpiazzate da un’altra “S”, un’altra “B” e un’altra “G” di

sapore anch’esse gotiche ma certamente meno ricercate e capricciosamente involute.

Vedremo poi come il Varisco tenterà un ripristino di tali capilettera.

Diverso gusto estetico per la disposizione del testo stampato

Non solo la scritta del frontespizio viene disposta

diversamente nello spazio della pagina, ma anche altri

testi vengono collocati “ad imbuto”, come ad esempio a

pag. 17v dove Sessa e Ravani avevano lasciato il testo

disposto con allineamento a destra, mentre vittore Ravani

lo va disponendo “ad imbuto” come il frontespizio e

aggiungendo al suo punto inferiore un piccolo disegno

floreale. Sono segni, questi, che l’editore va “cesellando”

la sua edizione non solo dal punto di vista testuale con la composizione del testo e la

correzione degli errori, la risoluzione delle abbreviazioni e quant’altro, ma anche dal

punto di vista estetico.

Capilettera “S” a confronto

Il diverso stile di impaginazione

115

Le silografie

Le silografie che Alberto da Castello probabilmente insieme al padre di Vittore

Ravani, Pietro, aveva sapientemente scelto di riutilizzare oppure che aveva

commissionato ex novo rimangono le medesime e non vengono né rimpiazzate né

spostate rispetto al testo accanto al quale erano state collocate.

Contenuti specifici dell’edizione di Vittore Ravani

Consistono solo nell’addizione che egli compie a partire dal foglio 348r, del de

ordine celebrandi officii tempore aduentus, al foglio 348v l’ordo ad agendum de feria

tempore quadragesime, al foglio 350r l’ordo ad agendum de feria infra annum, al f.

351r la regula ad inueniendum pascha resurrectionis et alia festa mobilia breuis et

infallibilis.

Valutazione complessiva dell’edizione di Vittore Ravani 1537

Si tratta di una edizione che opera la soppressione quasi sistematica dei

documenti fondamentali per la ricostruzione della genesi del Liber sacerdotalis e per i

dati biografici riguardanti l’autore. Compie risistemazioni grafiche nella disposizione

del testo e, in fondo all’opera, opera alcune aggiunte non particolarmente corpose o

significative che però sono richiamate in modo altisonante nel frontespizio del volume

per invogliarne l’acquisto.

3.3. L’edizione del 1548 degli eredi di Pietro Ravani e soci

Informazioni generali sull’edizione del 1548 e il titolo

L’edizione del 1548 veniva stampata sempre a Venezia

dagli «eredi di Pietro Ravani e soci», anche questa volta non

chiaramente specificati. Sembra tuttavia che dietro a questa

denominazione ci siano i soci di Vittore Ravani che, in tal data,

doveva già essere defunto e, stando alle edizioni del 1560 e 1564

che in gran parte riprendono le edizioni del 1537 e del 1548, tra tali soci ci doveva

essere Giovanni Varisco sotto il cui nome appariranno le edizioni del 1560 e del 1564 e

del 1569 sempre con la marca tipografica caratterizzata dalla sirena bicaudata che

aveva già contraddistinto l’edizione di Vittore Ravani del 1537.

Il volume consta di 352 pagine per un totale di 704 fogli.

116

Il volume è stato da me consultato parte presso l’Archiginnasio di Bologna

(frontespizio, incipit e colofone con marca tipografica dei Ravani) e parte presso la

Biblioteca dell’Osservanza di Bologna (tutto il resto del volume) dove è stato schedato

per errore come se si trattasse dell’edizione del 1537 essendo mutilo dell’ultimo foglio,

ma la verifica attenta del frontespizio lascia capire senza ombra di dubbio che si tratta

dell’edizione del 1548.

Il frontespizio

L’abbiamo consultato nella Biblioteca dell’Archiginnasio di

Bologna e inoltre nella biblioteca dell’Osservanza di Bologna,

dove però è stato censito erroneamente come se fosse l’edizione

del 1537156. Il frontespizio, avendo la medesima silografia e una

titolatura molto simile e disposta “ad imbuto” come nell’edizione

del 1537 può trarre in inganno, ma l’osservazione attenta dei

salti riga del frontespizio mostra che non può essere l’edizione

del 1537, bensì quella del 1548.

L’«addito» che nell’edizione precedente era messa in risalto dal colore rosso per

fare risaltare ciò che era stato aggiunto, è ora in inchiostro nero.

Il titolo del volume è:

[in rosso] Liber Sacerdotalis nuperrime ex libris | Sancte Romane ecclesie: & quarundam aliar[um] ecclesia|[in nero]r[um]: & ex antiquis codicibus apostolice bibliothece: & ex iurium sanctionibus: & | ex doctor[um] ecclesiasticor[um] scriptis: ad Reuerendor[um] patrum sacerdotum paro|chialiu[m]: & animarum curam habentiu[m] commodu[m]: collectus atque compositus: | ac auctoritate Sanctissimi d[omi]ni domini nostri Leonis decimi approba|tus. In quo continentur officia omnium sacramentorum: & resolutio|nes omnium dubiorum ad ea pertinentium: & omnia alia que a sa|cerdotibus fieri possunt: que q[ua]m sint pulchra & utilia: ex indice | collige. Addito vtili enchyridiolo ad agendum de feria | tempore aduentus: quadragesime: tempore paschali: | & de mense septembris: necnon infra annum: s[ecundu]m | curiam Romanam. Et declaratione rubri|carum generalium: & ad inueninedum | pascha: & alia festa mobilia: que | in alijs hactenus impres|sis minime repe|riuntur.

Per la leggibilità molte abbreviazioni tipografiche nel titolo del frontespizio sono

state sciolte, soprattutto la “um” finale e la “n” mediana (sacramentorum al posto di

«sacramentorum» (con um finale abbreviato); aduentus invece di «aduentus» (con la

“n” contraddistinta dalla «macron» soprascritta, e così via).

156

Zita ZANARDI – Raffaella RICCI, Bibliotheca franciscana. Gli incunaboli e le cinquecentine dei Frati

Minori dell’Emilia-Romagna conservate presso il Convento dell’Osservanza di Bologna, in «Biblioteca di bibliografia italiana» CLIX, Leo S. Olschki editore, Firenze 1999.

117

La «Tabula» o indice dell’opera

L’impaginatore ha assunto l’impaginazione del 1537 risistemandola. Si desume

ciò da diversi elementi dei quali ne indico solo alcuni che consistono soprattutto nella

risoluzione di alcune abbreviazioni.

Il titolo della tabula è: Tabula seu repertorium omnium contentorum in hoc

opere. Nell’edizione del 1537 la parola contentorum è abbreviata in contentor(um)

mentre nell’edizione del 1548 l’abbreviazione è sciolta.

Altre soluzioni di abbreviazioni: ba(n)nis faciendis nel testo del 1537, bannis

faciendis nel testo del 1548 (prima pagina della tabula). Sempre nel medesimo foglio:

co(n)trahe(n)di nel 1537, contrahendi 1548, e così via.

La pagina dell’«incipit»

Assomiglia molto a quello dell’edizione del 1537 e tuttavia si devono notare

almeno tre variazioni che riteniamo degne di nota.

Come nell’edizione precedente il

fregio sovrastante la citazione di Ezechiele

34 messa in calce di pagina torna

nuovamente ad essere cambiata con

un’altro nuovo motivo ornamentale un po’

più raffinato nel tratto. Il busto che si

trovava accanto alla citazione di Ezechiele

viene spostato di posizione al posto del

busto sulla sinistra (il terzo dall’alto) che viene così estromesso. Accanto alla citazione

di Ezechiele viene posta l’immagine di un sacerdote che tiene in mano un drappo sul

quale è scritta presumibilmente la propria identità: Iosue «Giosuè».

Il titolo precedente l’«incipit»

È il medesimo dell’edizione del 1523 e del 1537:

Libri sacerdotalis de officio sacerdotis curati et omnibus ad animarum curam pertinentibus et sacramentorum exhibitionibus cum eorum annexis secundum ritum Sancte Romane et apostolice ecclesie et aliarum etiam ecclesiarum usibus accomodati.

L’impaginazione del contenuto

Sguardo complessivo all’impaginazione

Il testo del 1537 e del 1548 sembrano identici perché un volume rispetto all’altro

sembra identico almeno per diverse decine di pagine, salto pagina per salto pagina, ma

ad uno sguardo più attento appaiono una serie di differenze.

118

Ad esempio al foglio 8v dell’edizione del 1537, in fondo alla pagina, è anticipata

la parola «anno» per l’impaginazione del quaderno. Nell’edizione del 1548 la parola è

stata scomposta o è caduta ed è stata maldestramente ricomposta in «nona».

Capilettera

Al foglio 23r il capolettera “C” del

cum venerit infantula «quando la fanciulla

arriva» è stata cambiata con una

capolettera diversa che porta al suo

interno un busto di uomo. Inoltre la parola

cathecuminus dell’edizione del 1537 vede

sparire la “h” e diventare catecuminus.

La sostituzione di capolettera sopra accennata è ravvisabile ai fogli 27r (“S”i

infans graviter), 36v (“S”i vero fuerint; “S”i autem fuerint); 37v, 38r, 39v (“S”acerdos),

42v “S”ecundum, e sembra riguardare sistematicamente la sostituzione solo della

lettera capolettera “S” con un’altra “S” di fattezze assai più brutte che abbiamo

chiamato convenzionalmente “S riccioluta” per i due riccioli interni che mostra.

Anzi, a proposito di tale “S” riccioluta si deve fare

notare che tale sostituzione non sembra tanto una

evoluzione nell’impaginazione, quanto piuttosto un

ritorno alle scelte originarie, quasi che l’impaginatore

abbia voluto contestare la scelta di Vittore Ravani, di

sostituire tale “S” riccioluta con un’altra “S” gotica

senza meno fronzoli.

Che si tratti della reimpaginazione del medesimo impaginato e non di due

impaginazioni diverse operate da tipografi diversi mi sembra indiscutibile a partire

dall’utilizzazione non solo della medesima marca tipografica del vecchio Pietro Ravani,

ma anche dalle silografie e dal confronto di tantissimi altri elementi tipici dell’edizione.

Tale sostituzione di capolettera, oltre al sistematico rimpiazzamento della “S”,

“B” e “G” di cui si è appena parlato, si denota anche ai fogli 101v (“D”ictum est supra),

103r (“D”icto superius) e in svariati altri passi del testo come ai fogli 169v (“A”bsolue

Domine animas), o al 170r (“D”ies ire dies illa).

Scelte di capilettera a confronto

119

Tale sostituzione quasi sistematica

dimostra però di andare all’eccesso fino al

fraintendimento del testo e ad

introduzione di errori. Al foglio 50v ad

esempio, dove si comincia la frase

Accessurus igitur sacerdos ad audiendas

con il capolettera “A”, la prima delle due “c” che la seguono è scritta in modo

maiuscolo ma facilmente confondibile con una “E”. Nell’abbellimento dei capilettera

dell’edizione del 1548 viene fraintesa la A iniziale e viene sostituita con una “S”

diventando così il testo SCcessurus facilmente comprensibile come Secessurus invece

che Accessurus. Qui accanto l’immagine che testimonia il confronto.

Alcune parole come cathecuminus vengono semplificate in catecuminus e altre

semplificazioni del testo analoghe a questa sono ravvisabili.

In altri foglio come all’85v-86r, alcune liste dei beati apostoli e martiri che erano

spaziati e disposti su due colonne nell’edizione del 1537 diventano non spaziati e

separati da soli due punti nell’edizione del 1548 con un pessimo risultato grafico.

Sperimentazione di soluzione sistematica delle abbreviazioni

Nella presente edizione a cura degli eredi di Pietro Ravani si deve segnalare

anche un tentativo di risoluzione quasi sistematica delle abbreviazioni al foglio 83r.

Sembra che lo stampatore abbia tentato di rendere maggiormente leggibile il testo per

rendersi conto quanto spazio e quante righe andava a perdere a fronte dell’acquisto di

una migliore leggibilità.

Lo squilbrio perduto con questa nuova impaginazione al foglio 83r viene

recuperato al foglio 85v-86r dove nell’edizione del 1937 c’era la lista degli apostoli e

dei martiri disposta su due colonne con capilettera in rosso, mentre nell’edizione del

1937 viene scritta non incolonnata e tutta in nero.

120

Diversi altri tentativi di reimpaginazione avvengono in altri punti al foglio 103r

con titoli che vengono centrati.

In conclusione si deve affermare che nell’edizione del 1548 si è partiti dallo

stesso impaginato del 1537 che vedeva una media di 36 righe per pagina e che rimane

sostanzialmente invariato.

Si lasciano le medesime silografie risistemando il testo quanto ad alcuni ritorni a-

capo, risoluzione di alcune abbreviazioni, qualche cambio di capilettera, diversa

impaginazione di piccoli tratti di testo.

Valutazione complessiva dell’edizione degli eredi di Pietro Ravani e soci del 1548

È evidente che tutto viene fatto con l’intento di non reimpostare il lavoro di

impaginazione, ma solo di risistemarlo e di renderlo più leggibile con qualche scelta

diversa dall’edizione del 1537 quanto a gusto estetico.

3.4. L’edizione del 1554 degli eredi di Pietro Ravani e soci

Informazioni generali sull’edizione del 1554 e il titolo

L’edizione del 1554 veniva stampata sempre a Venezia e

anche questa volta dagli «eredi di Pietro Ravani e soci», soci anche

questa volta non chiaramente specificati e sempre con la marca

tipografica usata da Vittore Ravani nel 1537 e successivamente

utilizzata nella terza edizione del 1548.

Il volume consta di 346 fogli per complessive 792 pagine e,

almeno apparentemente, non sembra discostarsi dal volume pubblicato poco meno di

dieci anni prima nel 1548.

L’edizione da me consultata è stata reperita in formato elettronico in google

books157.

157

http://books.google.it/books?id=74s8AAAAcAAJ

121

Il frontespizio

Il titolo del volume è:

[in rosso] Sacerdotale iuxta s. Romane ecclesie & alia|rum ecclesiarum, ex apostolice bibliothece, ac sanctorum pa|[in nero]trum iurium sanctionibus, & ecclesiasticorum doctorum scriptis ad optatum com|modum quorumcunq[u]e sacerdotum collectus, & omni nuper diligentia castigatus | ac summorum Pontificum authoritate multoties approbatum. In quo | co[n]tinentur officia omnium sacramentorum: & resolutiones omnium du|biorum ad ea pertinentium: & omnia alia, que a sacerdotibus fieri | possunt: que q[ua]m sint pulchra & utilia, ex

indice collige. Addi|to vtili enchyridiolo ad agendum de feria tempore ad|uentus, quadragesime, tempore paschali: & de mense | septembris: necnon infra annum: s[ecundu]m ecclesiam | Romanam. Et declaratione rubricarum | generalium: & ad inueninedum pa|scha: & alia festa mobilia: que | in alijs hactenus impres|sis minime repe|riuntur.

Da «Liber sacerdotalis» a «Sacerdotale»

L’innovazione o le “innovazioni” più significative nel frontespizio sono diverse e

non riguardano ovviamente la silografia, che è sempre la medesima, quanto piuttosto i

contenuti indicati dal titolo. Innanzitutto c’è la sostituzione del titolo del volume che

«slitta» da «liber sacerdotalis» a «sacerdotale»: evidentemente quanto era stato

auspicato da Alberto da Castello stesso già nella prima edizione viene ottenuto grazie

ad una denominazione ottenuta probabilmente “sul campo” nel gergo comune.

Dal riferimento all’approvazione di Leone X al «multoties approbatum»

Ancor più significativa è la sostituzione del riferimento puntuale all’approvazione

di Leone X delle precedenti edizioni (domini nostri Leonis decimi approbatus) con

summorum pontificum authoritate multoties approbatum. Sappiamo dagli scritti del

papa Benedetto XIV, card. De Lambertis, che tale molteplice approvazione era solo

millantata. Il papa aveva ben presente che dell’opera c’erano state diverse edizioni e,

dunque, parlava probabilmente facendo riferimento alle edizioni successive a Pio IV

che egli nomina espressamente158. Comunque, egli mette in dubbio tale approvazione

pontificia159. Su tale affermazione già disquisiva pochi anni dopo Zaccaria nel 1776

nella sua Bibliotheca ritualis dicendo che aderiva a quanto affermato dal papa160.

158

Poiché Benedetto XIV cita l’opera di Alberto da Castello con la denominazione Sacerdotale

Romanum fa probabilmente riferimento ad una delle edizioni della fine del XVI secolo perché tale denominazione si riscontra solo a partire dal 1585, con le edizioni di Sessa e Nicolini.

159 Prospero DE LAMBERTINIS (BENEDETTO XIV), De synodo diocesana, in Benedicti pont. opt. max. olim

Prosperi Cardinalis De Lambertis operum editio novissima, ed. Tipografia aldina, Prato 1844, tomo XI, lib. VII, cap. XV, VI, p. 232-233: Albertus duntaxat Castellanus «in suo Sacerdotali Romano», quod a summis Pontificibus approbatum fuisse asseritur (...) Verum egregius hic Ordinis Praedicat. Profes. qui exeunte seculo XV ac ineunte XVI floruit, eximiis quidem dotibus conspicuus fuit, idemque «Sacerdotale Romanum» concinnavit, quod ab ipso dicatum Leoni X. Pont. Max., deinde

122

In ogni caso il riferimento a Pio IV è sicuramente erroneo perché Pio IV fu

pontefice tra il 1559 e il 1565, mentre la presente edizione è del 1554! I papi che

potrebbero avere approvato il Liber sacerdotalis nel momento in cui gli eredi di Pietro

Ravani e soci cambiano il riferimento all’approvazione di Leone X con il summorum

pontificum authoritate multoties approbatum sono soltanto Clemente VII (1523-1534),

Paolo III (1534-1549) o Giulio III (1550-1555).

L’attribuzione di un’approvazione a Paolo IV (card. Pietro Carafa pontefice dal

1555 al 1559) è comprensibile solo se il cardinale procedette a tale approvazione,

peraltro da dimostrare, negli anni precedenti il proprio pontificato quando svolse la

mansione di Prefetto della congregazione del sant’Uffizio.

La «Tabula» o indice dell’opera

L’impaginatore non solo ha assunto l’impaginazione dell’edizione del 1548, ma

ha proceduto a correzioni degne di nota.

La prima parola è proemium che nell’edizione del 1548 era nella forma

prohemium mentre nell’edizione del 1554 attesta la forma proemium. È stata

introdotta subito dopo l’espressione preambula libri al primo contenuto: unde dicatur

sacerdos etc.

Il contenuto del foglio 4v che nella tabula del 1548 vedeva ancora la voce:

Sacerdos instruere debet subditos in fide catholica et ad superstitiones vitandas

admonere, nell’edizione del 1554 vede un cambiamento significativo che riflette

maggiormente il titolo di 4v-5r che è evidentemente stato riletto per una maggiore

sinteticità e contemporaneamente completezza della voce presente nella tabula:

Pii IV Pontificis jussu emendatum fuisse dicitur, juxta ea, quae leguntur «tom. 2. Scriptor. Ord. Praedicat.» P. Jacobi Echard pag. 48. Sed huiusmodi Opus legis auctoritatem et vim obtinere, admisso etiam, quod Pii IV auctoritate correctum fuerit, admodum ad probandum difficile judicatur.

160 Francesco Antonio ZACCARIA, Bibliotheca ritualis, tomo I, Roma 1776: Libro I, Capitolo V, Articolo III,

1: ... apud heredes Petri Rabanis inscriptus «Sacerdotale» seu «liber sacerdotalis collectus», Leonis X auctoritate approbatus (...) Eo vero demortuo antequam typis traderetur, examinatum fuit jussu Pii IV atque emendatum. Non tamen fuisse a Pio IV adprobatum, sed privati auctoris opus esse, contra quam nonnullis visum est, cum Benedicto XIV in luculenta epistola ad Cardinalem Gvadagni suum in Urbe Vicarium a. MDCCLV perscripta confidenter adesimus. Da tale citazione si arguiscono diversi elementi. Innanzitutto che Zaccaria non era al corrente che l’edizione originale era del 1523 e non del 1537. Ci rende noto che l’anno seguente (1538?) fu edito dagli eredi di Pietro Ravani: probabilmente si confonde con l’edizione del 1548. Ha presente l’edizione del 1555 di Pietro Boselli, del 1567 di Lichtenstein e del 1596 di Sessa, tuttavia il titolo che cita, a motivo del sacrosanctae romanae ecclesiae è chiaramente l’edizione di Lichtenstein del 1567. Dal punto di vista liturgico ed ecclesiale è significativo che contesti l’informazione circa la revisione e l’approvazione del testo da parte di Pio IV (25/12/1559-09/12/1565). Stando dunque a Zaccaria che cita Benedetto XIV, ci sarebbe stata una revisione ad opera di Pio IV (1555-1559), tuttavia circa questo dato quanto da noi affermato sopra.

123

Sacerdos populum instruere debet quod varia superstitionum genera vitet et de illarum

penis.

La pagina dell’«incipit»

Nessun cambiamento significativo rispetto all’edizione del 1548: le silografie

sono le medesime, fatta eccezione per il fregio separatore sopra la citazione di

Ezechiele 34 di fondo pagina che riporta fedelmente l’errore delle edizioni precedenti,

cioè la referenza erronea a Ezech. XXIIII.

Il titolo precedente l’«incipit»

Il titolo che precede l’incipit è sensibilmente modificato rispetto alle tre edizioni

precedenti del 1523, 1537 e 1548 con una notevole perdita di senso. Vediamolo in

parallelo:

edizioni del 1523, 1537 e 1548 edizione del 1554

Libri sacerdotalis de officio sacerdotis curati et omnibus ad animarum curam pertinentibus et sacramentorum exhibitionibus cum eorum annexis secundum ritum Sancte Romane et apostolice ecclesie et aliarum etiam ecclesiarum usibus accomodati.

Sacerdotale. De sacerdotis curati munere, ad animarum curam, et sacramentorum exhibitionem, atque aliarum ecclesiarum usus accommodatum.

La perdita del senso si ha nel riferimento alle aliae ecclesiae, ma essendo stato

omesso il riferimento alla Chiesa cattolica apostolica romana, o forse più

frettolosamente o superficialmente dato per presupposto, il nuovo titolo risulta

certamente meno complicato del precedente, ma anche più incomprensibile.

Il titolo delle prime edizioni infatti con il libri sacerdotalis, cioè un genitivo con

l’aggettivo concordato accomodati al termine del titolo, vedeva una costruzione

sintattica certamente usuale alla lingua latina, ma anche per il suo genere complessa

nella struttura e difficile anche da tradurre:

1523 1537 e 1548 1554

Il libro sacerdotale risistemato: l’ufficio del sacerdote curato e tutto ciò che attiene alla cura delle anime e all’amministrazione dei sacramenti insieme alle loro particolarità secondo il rito della chiesa santa e romana e apostolica e anche gli usi delle altre chiese.

Sacerdotale: il compito del sacerdote curato, risistemato per la cura delle anime e l’amministrazione dei sacramenti e all’uso delle altre chiese.

L’impaginazione del contenuto

Il contenuto invariato

Sulla base di un esame non puntuale di tutta l’edizione mi sembra di potere

affermare che l’editore non ha proceduto, come aveva fatto Vittore Ravani, ad

124

aggiungere qualche contenuto per rendere maggiormente appetibile il volume. Si

rimane esattamente al contenuto del 1548 con alcune piccole modifiche o novità che

qui sotto presento.

Qualche testo tradotto in volgare

Segnalo che è stata introdotta qualche traduzione. Infatti nella parte dell’Ordo

celebrandi missam al foglio 80r, dopo la formula latina faciatis vobis signum sancte

crucis cum contritione peccatorum vestrorum et dicatis sicut ego dixero c’è specificato

et dicat in vulgari sermone Ego confiteor deo omnipotenti... ora proprio nell’edizione

presente del 1554 viene introdotta, subito dopo la lunga formula latina, la medesima

in lingua volgare introdotta da questa e vna breue confessione volgare cauata da

questa latina. Fatevi il segno della santa croce con dolore e pentimento de i vostri

peccati e dite come dirò io così, Io mi confesso all’onnipotente Dio...

Stesso fenomeno è riscontrabile poco più oltre al foglio 81r:10 quando, dopo la

formula misereatur vestri omnipotens deus et dimissis omnibus peccatis vestris

perducat vos cum omnibus sanctis suis... si aggiunge, alla riga 15: La indulgenza e

perdonanza che voi hauete acquistata per venire alla chiesa e deuotamente vdire la

messa e il diuino officio e ogni altra buona operatione, così come io ve l’annuncio in

terra Dio ve le rapresenti in cielo ne beni di vita eterna.

Non so se in altre parti ci siano traduzioni analoghe a questa subito dopo i testi

latini. L’esame del contenuto in uno studio successivo permetterà di sciogliere il

dubbio.

Abbreviazioni risolte per una maggiore leggibilità

Le numerose abbreviazioni presenti nell’edizioni del 1523, 1537 e 1548 si tenta

di risolverle a partire dall’incipit per una immediata e migliore leggibilità, tuttavia la

particolarità di maggior rilievo è che si tenta di impaginare il testo aggiungendo circa 1-

2 righe a foglio: al foglio 2r l’edizione del 1548 ha 36 righe mentre quella del 1548 ne

ha 38. Anche nel prosieguo dell’impaginato l’edizione del 1554 cerca di introdurre

sempre tendenzialmente 37 righe per foglio, cioè una in più dell’altra edizione.

Nonostante ciò e nonostante gli errori nelle numerazioni delle pagine, la lunghezza del

volume è, rispetto all’edizione precedente (352 fogli), leggermente contratta (346

fogli).

La presente edizione condivide con l’edizione del 1523 e del 1548 la preferenza

per il capolettera “S riccioluta” di cui abbiamo parlato a pag. 118.

125

Passaggio al carattere tipografico romano per qualche sezione

Segnalo che a partire dal foglio 339v si decide di impaginare tutto il resto del

testo abbandonando il gotico veneto e adottando il carattere romano, probabilmente

per rimanere in un numero contratto di fogli e risparmiare un eventuale quaderno

quasi vuoto.

Inversioni di silografie

Si elimina qualche silografia riutilizzandone altre. La silografia dell’intercessione

della vergine Maria che mostra il seno al Figlio viene utilizzata anche laddove le

edizioni precedenti (1523-1548) vedevano la silografia del Cristo che intercede presso

il Padre (cf. f. 53v e riutilizzata in 58v). Altro esempio di scostamento nell’uso delle

silografie dalle edizioni precedenti è l’uso della silografia della sepoltura di Cristo che

viene usata al posto della silografia della dormitio virginis accanto all’antifona del

requiem eternam (f. 174v). Per il confronto tra le silografie tra le diverse edizioni vedi

l’apposita sezione a fine capitolo.

Valutazione complessiva dell’edizione degli eredi di Pietro Ravani e soci del 1554

A parte il dilemma di chi sia il responsabile o chi siano i responsabili della

presente edizione, visto che sono indicati come «eredi di Pietro Ravani e soci», e a

parte il dilemma se veramente tale edizione abbia ricevuto una ulteriore approvazione

papale o meno, l’edizione costituisce un punto di svolta rispetto alle precedenti per

alcune scelte che ci inducono a classificarla come un’evoluzione significativa. Ciò si

denota dal cambiamento del titolo in frontespizio – da Liber sacerdotalis a Sacerdotale

– dalla semplificazione del titolo all’interno prima dell’«incipit», dai tentativi di

introduzione di traduzioni in lingua volgare laddove le rubriche latine lo prevedevano,

dai tentativi di introdurre alcune parti in carattere tipografico romano, da una diversa

scelta di abbinamento silografie/testo con la sostituzione di alcune di esse.

126

3.5. L’edizione del 1555 di Pietro Boselli

Informazioni generali sull’edizione del 1555 e il titolo

L’edizione del 1555 venne stampata sempre a Venezia,

questa volta da Pietro Boselli. Pietro Boselli, – come si desume

dal ICCU – fu attivo tra il 1549 e il 1561. Egli era un

Libraio, editore e forse tipografo di origine bergamasca attivo a Venezia. Nel 1546 lavorava probabilmente per Antonio Gardane nella bottega di questi, all'insegna del Leone e Orso.

Insieme con Matteo, di cui era parente, aveva bottega all'insegna del Bo in Merceria.161

La sua marca tipografica è un guerriero con elmo piumato e con spada che

cavalca un toro e che era condivisa anche dal suo parente Matteo Boselli sul quale

però ci sono delle incertezze. Infatti di Matteo Boselli si sa che fu

Editore, libraio, e forse tipografo di origine bergamasca attivo a Venezia. Subì un processo per detenzione di libri proibiti nel 1571. Morì probabilmente nel 1572, anche se vi sono edizioni posteriori a questa data che recano il suo nome e che sono da attribuire ai suoi eredi. Non si sa quali fossero i suoi legami di parentela con Pietro Boselli, con cui aveva bottega all'insegna del Bo. Secondo il Dizionario dei tipografi, il Matteo Boselli attivo negli anni '50 era persona diversa da quello attivo fra il 1565 e il 1572.

Il volume consta di 331 fogli per un totale di 662 pagine. Tale numero ridotto di

fogli a fronto di contenuti non modificati è stato ottenuto con una impaginazione

leggermente più larga (ma non abbiamo potuto consultare dal vivo nessuna edizione

ma solo edizioni elettroniche) e certamente più lunga, cioè una impaginazione che usa

in modo quasi sistematico 39 righe per pagina. È con questo stratagemma che l’editore

riduce sensibilmente il numero dei fogli rispetto alle edizioni precedenti. Infatti il

passaggio dal carattere tipografico gotico a quello romano a partire dal foglio 325r si

trova già nell’edizione precedente del 1554 (all’inizio del foglio 339v: Oratio

devotissima ad remouendam tempestatem) e solo in quella perché nelle edizioni

precedenti del 1523, 1537 e 1548 il testo era impaginato sì da quel punto in poi con un

carattere tipografico più piccolo, ma sempre in stile gotico. Tale impaginazione

esattamente identica al carattere tipografico del contenuto precedente permetteva

una impaginazione con 55-56 righe per foglio.

L’edizione da me consultata è stata reperita in formato elettronico in google

books162.

161

http://edit16.iccu.sbn.it/web_iccu/imain.htm alla voce dell’Editore “Pietro Boselli”, letto in data

24 dicembre 2011.

127

Il frontespizio

Viene reimpaginato, con diverse variazioni nei cambi e nei salti riga, ma il

contenuto è pressoché identico al testo del frontespizio dell’edizione dell’anno

precedente, il 1554.

Il titolo del volume riportato nel frontespizio è:

[in rosso] Sacerdotale iuxta s. Romane ecclesie & aliarum | ecclesiarum, ex apostolice bibliothece, ac sanctorum patrum iurium | [in nero] sanctionibus, & ecclesiasticorum doctorum scriptis ad optatum commodum quorumcunq[u]e sacerdotum | collectum, & omni nuper diligentia castigatum ac summorum Pontificum authoritate multoties | approbatum. In quo continentur officia omnium sacramentorum: & resolutiones o|mnium dubiorum ad ea pertinentium: & omnia alia, que a sacerdotibus fie|ri possunt, que quam sint pulchra & utilia, ex indice collige. Addi|to vtili enchyridiolo ad agendum de feria tempore aduentus, qua|dragesime, tempore paschali: & de mense septembris: | necnon infra annum: s[ecundu]m ecclesiam Romanam. | Et

declaratione rubricarum generalium: | & ad inueniendum pascha: & alia | festa mobilia: que in alijs | hactenus impressis | minime repe|riuntur

La silografia del frontespizio che era rimasta identica dall’edizione del 1523

all’edizione del 1554 è ora stata sostituita con una che tenta di introdurre maggiori

effetti di prospettiva, ombreggiature e altri abbellimenti e rifiniture grafiche. Tale

nuova silografia si riscontrerà nelle edizioni successive del 1559, 1560, 1564, 1567,

1569 e 1588. Di fronte a tali dati, in una prima fase della ricerca, avevo ipotizzato che

l’impaginato utilizzato dal Boselli fosse quello degli eredi di Pietro Ravani, ma mi

sbagliavo.

La «Tabula» o indice dell’opera

Rispetto a tutte le edizioni precedenti, il presente editore ha compiuto diverse scelte innovative per il carattere tipografico, il capolettera e l’impaginazione.

Si abbandona il carattere tipografico gotico per assumere un carattere

tipografico di stile Romano, ma ciò solo nella tabula.

Il

capolettera

“P” del

proemium

viene

cambiato dopo essere rimasto invariato nelle edizioni del 1537, 1548 e 1554.

162

http://books.google.it/books?id=GYw8AAAAcAAJ.

Differenze del capolettera “P” di Proemium tra le prime edizioni

128

Si distribuisce l’indice su due colonne in modo sistematico e non solo in modo

saltuario come negli indici precedenti per alcuni gruppi di voci.

Dalla prima parola, proemium, e dall’omissione dell’espressione preambula libri

presente nelle edizioni del 1523, 1537, 1548 – e da altre voci dell’indice appare

chiaramente che l’edizione di riferimento è stata, almeno per l’indice, l’edizione del

1554.

Il titolo precedente l’«incipit»

È identico all’edizione del 1554 che aveva già effettuato dei cambiamenti

rispetto alle edizioni precedenti e che abbiamo già considerato precedentemente163.

Sacerdotale. De sacerdotis curati munere, ad animarum curam, et sacramentorum exhibitionem, atque aliarum ecclesiarum vsus accommodatum. Prohemium.

L’incipit

L’elemento che vogliamo fare notare dell’edizione

del 1555 a cura di Giovanni Boselli, è la meticolosa

sostituzione non solo dei busti umani, ma soprattutto della

collezione di citazioni bibliche tutte concernenti la

necessità che i pastori attendano alla cura pastorale.

Rimane soltanto la lunga citazione di Ezechiele 34 (sempre

con la citazione errata di Ez. 24) sui cattivi pastori che

pascono se stessi con una diversa silografia e reimpaginata

con il medesimo carattere tipografico di tipo romano della

tabula che è andato a sostituire il tipo gotico usato nelle

precedenti edizioni.

I busti sono stati sostituiti meticolosamente da immagini della vita di Cristo senza

alcuna citazione. A partire dalla sinistra dall’alto e verso il basso sono raffigurate: 1) la

cattura del Cristo nel giardino degli ulivi; 2) la presentazione davanti a Caifa; 3) la

presentazione davanti a Pilato; 4) la flagellazione; 5) Gesù legato alla colonna; da

destra dall’alto verso il basso: 6) Cristo sulla croce trafitto dalla lancia; 7) Cristo

deposto dalla croce; 8) Cristo nelle braccia della Madre; 9) Cristo deposto nel sepolcro;

10) Cristo risorto dal sepolcro. In basso a partire da sinistra nella pagina ci sono due

scene del vangelo relative all’infanzia di Cristo: 11) la nascita di Cristo nella mangiatoia

con asino e bue; 12) la presentazione di Cristo al tempio con il riscatto del primogenito.

163

Vedi quanto abbiamo considerato circa il titolo precedente l’incipit della 4ª edizione a p. 98.

Nuove silografie dell’incipit

129

La lettera “S” di Salvator,

inscritta nella silografia iniziale con la

relativa immagine di Cristo sembra la

medesima delle edizioni precedenti,

ma ad un confronto attento e

puntiglioso di una serie di particolari

appare una imitazione ben riuscita.

La base in basso a sinistra e le

fattezze stesse delle sopracciglia del

volto del Cristo, alcuni tratti della

barba, più altri piccoli particolari

dell’intera silografia ci hanno indotto

a pensare che non è la medesima e che, quindi, l’edizione esce da una tipografia che

ha tentato di riprodurre il più fedelmente possibile l’impaginato degli eredi Ravani.

Anche noi abbiamo faticato a capire che si trattava di una imitazione.

L’altra immagine a corredo della citazione di Ezechiele 34 relativa ai cattivi

pastori ritrae un pastore in atteggiamento genuflesso davanti ad un angelo intento a

parlargli. È stata perciò cambiata anche la silografia ritraente un sacerdote con un

panneggio contenente il nome Josue.

L’impaginazione del contenuto

Impaginazione e capilettera

Il testo del 1555, come già accennato, tenta una

reimpostazione dell’impaginato con un allargamento ed un

allungamento dello specchio tipografico della pagina

passando dalle 36-37 righe per pagina delle edizioni

precedenti a 39 righe.

Si tenta di sostituire i capilettera con altri più belli e

figurativi. In alcuni casi ci si limita a sostituire il capolettera con uno di stile gotico

molto grande, come nel caso qui accanto dell’inizio del Pange lingua (1554:f. 269v;

1555: f. 268r).

Non manca però nell’abbondantissimo lavoro di abbellimento del testo operato

dal Bosello, un uso talvolta spregiudicato dei capilettera, talvolta non sostituendo il

medesimo capolettera, ma mettendo lettere con immagini solamente più belle, come

al foglio 311r dove il capolettera “D” di Deus qui per vnigenitum tuum è stato sostituito

Confronto tra le silografie del Cristo benedicente dell’incipit

Capilettera a confronto

in Pange lingua

130

da un capolettera “O”. Di tali sviste, certamente volute per privilegiare l’aspetto

grafico-artistico ne sono riscontrabili parecchie.

Tutte le silografie sostituite

Tutte le silografie sono sostituite con nuove

silografie e un riutilizzo interno dei soggetti. La

silografia che nell’edizione originaria rappresentava il

Cristo che intercede presso il Padre è stata sostituita

da un’altra che ritrae la vergine che intercede presso il

Cristo che viene così utilizzata due volte. Per tale

operazione sulle silografie vedi alla fine del capitolo164. Devo tuttavia confermare

quanto dal confronto della silografia del Cristo benedicente andavo sospettando e che

dal confronto con la silografia del bacile d’acqua trova ulteriore conferma. Bosello ha

sostituito tutte le silografie e ha commissionato a qualche bottega l’imitazione di

alcune altre, come quella del bacile d’acqua qui accanto o, per il compendio di musica,

quella della mano musicale e della scala musicale. Dunque non ha stampato nella

medesima tipografia dei Ravani, ma la sua è un’impaginazione del tutto nuova del

testo.

L’edizione che Boselli ha preso come riferimento è certamente l’edizione del

1554 perché nella copia delle silografie e nella collocazione delle silografie rispetta

l’edizione del 1554 che al foglio 53v in corrispondenza dei canones penitentiales

antiqui non aveva posto una silografia con il Cristo che intercede presso Dio Padre

giudice, bensì aveva posto la vergine Maria che intercede presso il figlio. Così fa Boselli

che in corrispondenza dei canones penitentiales antiqui pone anch’egli una silografia

con la Vergine che intercede presso il Figlio.

Cambio di notazione gregoriana

Si comprende pertanto perché ci sia stato un cambiamento anche quanto alla

notazione gregoriana. Bosello va scegliendo, come si evince dall’immagine poco sopra

apposta e relativa all’antifona Pange lingua, una notazione gregoriana con forma

sempre quadrata ma più piccola di grandezza che ne diminuisce la leggibilità.

Valutazione complessiva dell’edizione di Boselli del 1555

L’edizione di Boselli del 1555 è l’ingresso nell’arena del mercato del libro di un

nuovo competitore che non solo cerca di copiare e imitare quanto può dell’edizione

del 1554, ma soprattutto cerca di migliorare il prodotto soprattutto dal punto di vista

164

Cf. la relativa sezione in fondo al capitolo a p. 129.

imitazione delle silografie delle

edizioni precedenti

131

grafico mediante scelte anche spregiudicate. Delle silografie che contorniavano

l’«incipit» con il richiamo al dovere dei pastori di pascere il popolo di Dio loro affidato

non rimane che la lunga citazione di Ezechiele: non si coglie tale elemento come

importante, non si riesce a «leggere» l’intenzione dell’autore, Alberto da Castello, ma

si vuole offrire ai sacerdoti che ormai vanno richiedendo e utilizzando il Sacerdotale un

prodotto più gradevole alla vista, con nuove silografie nel frontespizio, nuovi

capilettera, impaginazione più larga e più lunga. Talvolta però, come nel caso della

notazione gregoriana, il tentativo di miglioramento diventa un peggioramento con una

minore fruibilità del testo musicale.

3.6. L’edizione del 1559 di Pietro Boselli

Informazioni generali sull’edizione del 1559 e il titolo

L’edizione del 1559 venne stampata a Venezia da

Pietro Boselli. Per la sua presentazione vedi le informazioni

da noi sopra già anticipate per l’edizione del 1555 a p. 126.

Il volume consta di 331 fogli per un totale di 662

pagine.

Il titolo del volume è il medesimo e diviso nei salti riga in modo esattamente

identico al volume del 1555.

L’edizione da me consultata è stata reperita inizialmente presso l’Università

Complutense di Madrid e successivamente in formato elettronico in google books165.

Il frontespizio

Il frontespizio porta la medesima silografia – raffigurante il

papa contorniato da quattro cardinali e benedicente alcune

persone inginocchiate davanti a lui nell’atto di presentargli un

volume – già apparsa nell’edizione del 1555 e che apparirà

nell’edizione del 1560 a cura di Giovanni Varisco e in altre

successive.

Appare anche, in grande mostra, la marca tipografica

165

http://books.google.it/books?id=YKuPo-TGVPgC.

Marca di Pietro Boselli

132

dell’editore Pietro Boselli con il motto a furore rusticorum libera nos domine («dal

furore degli ignoranti liberaci o Signore») e, sotto la marca, l’anno di edizione.

La «Tabula» o indice dell’opera

Rimane identica, anche nei salti pagina e nei numeri di pagina, all’edizione del

1555.

L’incipit

È del tutto identico a quello dell’edizione del 1555. Per i

fregi superiore e inferiore, per le silografie, per la silografia del

Cristo benedicente che, come ho scritto sopra a proposito

dell’edizione del 1555, costituiva un’imitazione della silografia

delle edizioni di Sessa-Ravani utilizzata poi dagli eredi Ravani.

Anche per il titolo sovrastante l’incipit, per i salti riga, per i

diversi tipi usati per il testo (gotico veneto) e per la citazione di

Ezechiele a fondo pagina (romano) rimane tutto identico

all’edizione del 1555.

L’impaginazione del contenuto

L’esame dell’impaginato mostra che non si è toccata l’impaginazione, cercando

di correggere alcuni errori dei quali alcuni tuttavia sono sfuggiti. Ad esempio, i numeri

dei fogli 210-212 che nell’edizione del 1555 vedono il foglio 211, cioè successivo al

foglio 210 e precedente il foglio 212 con la benedizione Domine deus op(timu)s qui in

huius putei etc., numerato con il numero 210 invece che 211, rimane numerato 210 in

modo erroneo anche nell’edizione presente.

L’edizione rimane esattamente identica all’edizione del 1555 e con l’esatto ed

identico numero di fogli e con i medesimi e identici salti pagina. L’impaginato, come ho

scritto sopra, conta 39 righe per pagina.

Valutazione complessiva dell’edizione di Boselli del 1559

L’edizione del 1559 appare semplicemente una ristampa dell’edizione del 1555.

133

3.7. L’edizione del 1560 di Giovanni Varisco

Informazioni generali sull’edizione del 1560 e il titolo

L’edizione del 1560 venne stampata sempre a Venezia,

questa volta per i tipi di Giovanni Varisco che fu attivo tra il 1557

e il 1590.

Giovanni Varisco fu

Tipografo, editore e libraio bresciano attivo a Venezia, figlio di Giacomo. Sposò Marta Paganini, figlia di Alessandro e sorella di Gaspare, Paganino, Orazio, Camillo e Scipione, ed ebbe due figli, Giorgio e Marco, e una figlia, Cornelia. Marciani però cita un

documento del 1567 da cui risulterebbe che Varisco allora era sposato con Paola Soncino, figlia di Giacomo. Ebbe bottega al segno della Sirena a S. Giuliano. Lavorò per lo più in società con altri, fra cui gli eredi Ravani, i Paganini e gli eredi Faletti, con i quali ebbe anche delle controversie per la stampa del Messale. Aveva casa e bottega anche a Napoli e a Lanciano. Fece parte della società dell'Aquila che si rinnova. Morì nel 1590 o nel 1591. Secondo Curi Nicolardi un Giovanni Varisco, figlio di Martino, risulta socio nel 1540 di Luchina, vedova Ravani.166

Egli era stato tra i soci di Vittore Ravani, figlio di Pietro Ravani, il primo editore

del sacerdotale. Se gli elementi da noi raccolti presso l’Istituto centrale per il catalogo

unico sono esatti, allora sarebbe spiegabile il transito a Giovanni Varisco dei tipi, delle

silografie, delle paginazioni tipografiche e soprattutto della marca tipografica dei

Ravani. Inoltre, avendo sposato la sorella di Paganino de’ Paganini si comprende anche

la collaborazione con quest’ultimo per la pubblicazione del Sacerdotale del 1588.

Il volume consta di 346 fogli per un totale di 692 pagine.

L’edizione da me consultata è quella custodita presso la biblioteca comunale di

Cento di Ferrara.

166

http://edit16.iccu.sbn.it/web_iccu/imain.htm alla voce dell’Editore “Giovanni Varisco”, letto in

data 24 dicembre 2011.

134

Il frontespizio

Il titolo del volume è:

[in rosso] Sacerdotale iuxta s. Romane ecclesie & alia|[in nero]rum ecclesiarum, ex apostolice bibliothece, ac sa[n]ctorum pa|trum iurium sanctionibus, & ecclesiasticorum doctorum scriptis ad optatum | co[m]modum quorumcunq[u]e sacerdotum collectum, & omni nuper diligentia | castigatum ac summorum Pontificum authoritate multoties appro|batum. In quo continentur officia omnium sacramentorum: & re|solutiones omnium dubiorum ad ea pertinentium: & omnia | alia, quae a sacerdotibus fieri possunt, quae quam sint pulchra & | utilia, ex indice collige. [in rosso] Addito [in nero] vtili enchiridiolo ad | agendum de feria tempore aduentus, quadra|gesimae, tempore paschali, & de mense se|ptembri, necnon infra annum: | s[ecundu]m ecclesiam Romanam. | Canones etiam omnium excommunicationum additi sunt cum breui illarum & |

absoluta declaratione ex sacris doctoribus collecta. Lamentationes Hie|remiae prophetae inhebdomada sancta ab vno vel duobus decantan|dae. Interrogatorium breue super decem praeceptis decalogi. | Et declarationes rubricarum generalium, & ad inue|niendum pascha, & alia festa mobilia: quae in alijs | hactenus impressis minime reperiuntur.

La considerazione precipua, riguardo al frontespizio della pubblicazione di

Giovanni Varisco, è l’addizione e l’esplicazione di diversi contenuti. Nel titolo aggiunge

da Canones etiam omnium excommunicationum fino a praeceptis decalogi. In tale

addizione egli esplicita in gran parte contenuto già presente in tutte le edizioni

precedenti, quali le lamentazioni di Geremia da eseguire in canto con melodia per

solista o da eseguire con un duetto. L’interrogatorio circa i dieci precetti del decalogo

erano già nelle precedenti edizioni, così come le rubriche, il calcolo della Pasqua e

altro. Insomma l’operazione del Varisco, anche se termina con la frase «che in altri libri

finora stampati non si trovano minimamente» sembra essere più una frase

pubblicitaria che il reale apporto di addizioni e modificazioni al testo di quello che

ormai veniva chiamato «Sacerdotale».

135

La silografia rappresentante Alberto Castello ai piedi di Leone X

Abbiam

o già visto

come il Boselli

avesse

proceduto a

rimpiazzare

tutte le

silografie e, in

qualche caso, a sostituirle con delle copie ben fatte come abbiamo visto essere

accaduto con la silografia del Cristo benedicente. Quello che non mi spiego è come

abbia potuto il Varisco utilizzare la silografia del frontespizio che era stata introdotta

da Boselli nel 1555 ed era stata utilizzata nuovamente sempre da Boselli nella sua

edizione del 1559. Un confronto tra le silografie mi sembra non possa portare altro che

al giudizio di identità: la nuova silografia che rappresentava Alberto da Castello

inginocchiato ai piedi di Leone X mentre riceve il Liber sacerdotalis con la sua

benedizione è la medesima sia nell’edizione di Boselli che nell’edizione di Varisco.

Ora, se consideriamo il fatto che qualche altra silografia utilizzata da Boselli sarà

utilizzata da Varisco nell’edizione del 1564 dobbiamo ammettere che ci debba essere

stato un accordo commerciale tra i due: Varisco avrebbe acquistato o comunque deve

avere avuto nella propria disponibilità tali silografie. Un’altra ipotesi è che il Varisco

abbia ottenuto copia della silografia dalla medesima bottega dove fu prodotta, ma è

assai improbabile: infatti qualsiasi copia non è mai perfettamente identica all’originale

e le due immagini dei due frontespizi invece, a meno che non abbia commesso errori

di valutazione, escono invece da presse nelle quali è stata utilizzata la medesima

incisione.

La «Tabula» o indice dell’opera

Viene cambiato il capolettera della “P” di Proemium all’inizio della tabula

contentorum, senza riprendere nessuno dei capilettera usati precedentemente, né

quella dell’edizione del 1523, né quella usata per le edizioni 1537-1548, 1554, né

quella usata da Boselli per le edizioni del 1555 e 1559: semplicemente si usa un

capolettera nuovo.

Confronto tra la silografia del frontespizio introdotta da Boselli nel 1555

con quella dell’edizione di Varisco del 1560

136

L’incipit

L’incipit rimane esattamente tal quale l’incipit del 1554

curato dagli eredi di Pietro Ravani e soci, con una leggerissima

variazione in un motivo ornamentale che separa il testo vero e

proprio e la citazione di Ezechiele 34 a pie’ di pagina. Anzi, Se si

considera il titolo precedente il Proemio e il testo stesso, la

silografia di Cristo salvatore e i salti di riga dell’incipit, non si

troveranno grandi differenze con le edizioni precedenti degli

eredi di Pietro Ravani.

L’impaginazione del contenuto

Rispetto all’edizione precedente del Boselli si rimane alle vecchie silografie delle

edizioni curate dagli eredi Ravani. Non ne vengono introdotte delle nuove, ma si usano

le silografie delle edizioni precedenti a quelle del Boselli, cioè con le silografie del

1523-1554.

Circa lo specchio di pagina Varisco sceglie di continuare a stampare con 37-38

righe per pagina. L’effetto di tale impaginazione è che il numero di pagine da 331 al

quale era arrivato il Boselli, passa a 346, cioè 15 pagine in più, esattamente come

l’edizione del 1554.

L’edizione presente

condivide con l’edizione

del 1548 e del 1554 la

preferenza per i capilettera

“S”, “B” e “G” “riccioluti” di

cui abbiamo parlato a pag.

118. Tale preferenza può

essere un indice delle

preferenze e dei gusti tipici dell’editore che sappiamo essere stato tra i soci

collaboratori degli eredi di Pietro Ravani. Mi sembra però di potere affermare che ci si

trova davanti ad una ulteriore conferma che il Boselli avesse impaginato il testo

indipendentemente dall’impaginato degli eredi Ravani e soci. A partire dall’immagine

qui accanto appare evidente escludere che il Varisco nella propria edizione del 1560

abbia proceduto a risistemare l’impaginato del Boselli quanto a capilettera,

abbreviazioni, silografie, ecc... Quasi certamente per la sua edizione prese come base

l’impaginato degli eredi Ravani dell’edizione del 1554.

137

Il contenuto è il medesimo delle edizioni precedenti e non ci sono variazioni

degne di nota.

Valutazione complessiva dell’edizione di Varisco del 1560

I cambiamenti e le novità toccano quasi esclusivamente il frontespizio sia per

l’incisione – dal momento che utilizza, non si sa come, quella delle edizioni di Boselli –,

sia per l’anticipazione e l’esplicitazione di contenuti fatti passare per nuovi che però

erano già presenti nelle edizioni precedenti. Dunque, rispetto all’edizione del 1554 è

un’edizione con alcuni leggeri cambiamenti e innovazioni. L’introduzione di nuovo

materiale è più millantata che reale.

3.8. L’edizione del 1564 di Giovanni Varisco e soci

Informazioni generali sull’edizione del 1564 e il titolo

L’edizione del 1564 venne stampata sempre a Venezia da Giovanni Varisco e soci.

Per le informazioni inerenti l’editore e la possibile identificazione di tali soci vedi p.

133.

Il volume consta di 342 fogli per un totale di 684 pagine.

Il volume è stato da me consultato nella biblioteca del Seminario Arcivescovile di

Bologna.

Il frontespizio

Il titolo del volume presente sul frontespizio è:

[in rosso] Sacerdotale ad consuetudinem s. Romane | [in nero] Ecclesie aliarumque ecclesiarum, ex apostolicae bibliothecae, ac sanctorum | patrum iurium sanctionibus, & ecclesiasticorum doctorum scriptis, ad | optatum commodum quorumcunq(u)e sacerdotum, collectum: | atque summorum pontificum authoritate multoties appro|batum: omni nuper diligentia emendatum & auctum. | In quo non solum omnium Sacramentorum, quae a sacerdotibus fieri | possunt officia: verumtamen Resolutiones omnium dubiorum | ad ea pertinentium: & excommunicationum Canones: | cum breui illarum & absoluta declaratione ex sacris | doctoribus collecta, continentur. Quibus | etiam multa alia

sacerdotibus valde | vtilia ac necessaria sunt addita: quae | in alijs hactenus impressis | minime reperiuntur.

La prima variazione degna di nota è l’abbandono dell’espressione iuxta e

l’adozione dell’espressione ad consuetudinem.

138

Un’altra variazione degna di nota è lo spostamento dell’espressione omni nuper

diligentia castigatum e la sostituzione dell’espressione con emendatum & auctum.

Verificheremo in cosa consistono tali aggiunte che però non sono di molto conto.

Segnalo inoltre l’abbandono delle aggiunte che egli stesso aveva apportato al

titolo nell’edizione del 1560 per ritornare al titolo più breve e più vicino al titolo delle

edizioni precedenti.

Porta la medesima silografia dell’edizione delle edizioni del 1555, 1559 e 1560 e,

in basso, la marca tipografica di Giovanni Varisco e soci. Il luogo di edizione, l’editore e

l’anno di edizione viene specificato al foglio 342v.

La «Tabula» o indice dell’opera

Viene cambiato il capolettera della “P” di Proemium all’inizio della tabula

contentorum, senza riprendere neppure quello da lui stesso usato nell’edizione del

1560.

L’incipit

Conserva un certo numero di

quelle immagini che avevano

caratterizzato le prime edizioni, in

particolare le immagini di busti di

persone (profeti e scrittori sacri)

che sovrastavano le citazioni

bibliche tutte scritte in rosso. Si

devono notare però un certo

numero di variazioni. I quattro busti

della colonna di destra sono stati tutti spostati (frecce rosse). Nella fila di sinistra i tre

busti inferiori rimangono i medesimi e nella medesima posizione, tuttavia l’immagine

in alto a sinistra viene espunta e viene introdotta la silografia di un busto che avevamo

già visto nell’edizione del 1523, nella pagina a sinistra del frontespizio, proprio in alto a

sinistra del foglio, esattamente nella posizione in cui viene reintrodotto; era presente

anche nell’edizione del 1537, la seconda immagine a sinistra dal basso, immagine che

era stata espunta nell’edizione del 1548.

Si deve inoltre notare che l’edizione del 1564 deve avere visto un tentativo di

reimpaginazione anche delle citazioni bibliche presenti sotto i busti perché la seconda

immagine a sinistra a partire dall’alto, vede introdotto un evidente errore di

impaginazione. L’incipit del 1560 porta la scritta – sotto l’immagine in questione –

senza errori nel salto riga Dabo vobis pasto|res iuxta cor me|um. Nell’edizione del

139

1564 (e anche del 1569) c’è il seguente errore: Dabo vobis pasto|stores iuxta cor

meum. Anche questo errore diventa utile per rintracciare le “parentele” delle diverse

edizioni.

Il contenuto

Silografie

Emerge un cambiamento quasi sistematico delle silografie rispetto all’edizione

precedente che pure essa era opera di Varisco. Abbiamo già visto quanto alla silografia

del frontespizio, che ci doveva essere un certo accordo commerciale con il Boselli se

Varisco usa la medesima silografia raffigurante Leone X che benedice Alberto da

Castello che “ritira” il Liber sacerdotalis e che era stata introdotta dal Boselli

medesimo. L’uso delle silografie introdotte da Boselli diviene preponderante nella

presente edizione. Per i confronti sulle silografie vedi l’ultima parte del capitolo.

C’è però un cambiamento introdotto da Varisco nella presente edizione.

Precedentemente nella parte relativa alla penitenza sia da parte degli eredi Ravani a

partire dall’edizione del 1554, sia da parte del Boselli nel 1555 e 1559, sia da parte

dello stesso Varisco nel 1560, c’era stato l’utilizzo in corrispondenza dei canones

penitentiales antiqui di una silografia raffigurante l’intercessione della Vergine Maria,

poi una silografia raffigurante la conversione della Maddalena in corrispondenza del de

forma absoluendi ab excommunicatione maiori e poi nuovamente la silografia

dell’intercessione della Vergine Maria all’inizio dell’ordo qualiter se habere debet

sacerdos in suscipienda confessione infirmi.

Nella presente edizione Varisco usa la silografia

del Boselli dell’intercessione della Vergine in

corrispondenza della de forma absoluendi laddove

c’era una silografia del pianto della Maddalena ai

piedi di Gesù. In corrispondenza invece dei canones

penitentiales e dell’ordo qualiter se habere debet

sacerdos pone una nuova silografia del Padreterno

giudice.

Il foglio contiene tendenzialmente 37 righe per foglio, come nell’edizione

precedente. Ci sono piccole variazioni o estensioni di contenuto rispetto all’edizione

precedente che mi riservo di approfondire nella prosecuzione della mia ricerca.

La presente edizione condivide con l’edizione del 1548, del 1554 e con l’edizione

del medesimo Varisco del 1560 la preferenza per il capolettera “S riccioluto” di cui

abbiamo parlato e che abbiamo mostrato a pag. 118.

1564 – f. 58v Il Padreterno giudice

140

Il «compendium musice»

L’inizio del compendium musice è diverso rispetto a tutte le edizioni precedenti

che iniziavano nel modo seguente:

Proprietas in musica est deriuatio plurium vocum ab vno eodemque principio. Existentibus igitur modis siue proprietatibus tribus totius cantus.

L’inizio del compendium invece, dell’edizione di Varisco del 1564 inizia nel modo

seguente:

Quisquis ad canendi scientiam erudiendus accedis, dispositionem, vim, et ordinem literarum (per quas omnis cantus habet discretionem) cordi memoriter imprimas.

C’è stata l’evidente omissione di una pagina e mezzo di testo. Si deve desumere

quindi che ci sia stato un rimaneggiamento da parte di qualcuno esperto di musica o

probabilmente la dimenticanza dell’editore. Un’esame più puntuale e attento del

compendium è pertanto necessario per qualificare la portata di tale rimaneggiamento.

Valutazione complessiva dell’edizione di Varisco del 1564

È la testimonianza di evoluzioni ulteriori dell’edizione del 1560 costituite da

nuove scelte editoriali: nel frontespizio con il ridimensionamento della pubblicità

relativa ai contenuti «aggiunti»; nella pagina dell’«incipit», spostamenti di diverse

silografie che sono ancora le medesime dell’edizione del 1523; nel testo una

sostituzione sistematica delle silografie con quelle dell’edizioni di Boselli che, di fatto,

sono ora nella disponibilità di Varisco e l’introduzione di una nuova silografia; nel

compendium musicae appare o un’omissione di un brano iniziale o una revisione del

compendio.

3.9. L’edizione del 1567 di Pietro Liechtenstein

Informazioni generali sull’edizione del 1567 e il titolo

L’edizione del 1567 venne edita sempre a Venezia

nell’officina di Pietro Liechtenstein come scritto in frontespizio

sotto l’indicazione della Città (vedi foto accanto).

Pietro Lichtenstein fu

Tipografo, editore e libraio originario di Colonia, attivo a Venezia. Fu inizialmente in società con Johann Hamann. Secondo Borsa morì tra il

Marca tipografica di Pietro Liechtenstein

141

1528 e il 1530; gli eredi continuarono a usare la sua sottoscrizione (o forse l'erede era uno solo, suo omonimo).167

Pubblicate sotto suo nome si ritrovano già dai primi anni del XVI secolo, parecchi

volumi liturgici quali l’Antiphonarium Romanum integrum et completum continens

omnia que communiter cantantur in Ecclesia (edizioni del 1548, 1550) e

l’Antiphonarium Sacrosancte Romane Ecclesie integrum et completum (1554, 1579,

1585), il Missale Romanum (edizioni 1501, 1535, 1537, 1541, 1544, 1548, 1549), un

Missale Romanum ordine absolutissimo consummatum (1558 e 1566), nonché il

Missale Aquileyensis Ecclesiae (1517), il Missale monasticum secundum Ordinem

Camaldulensem (1567) nonché l’immancabile Rosario della gloriosa Vergine Maria di

Alberto da Castello pubblicato nel 1567 e nel 1569.

Il volume del Sacerdotale consta di 326 fogli per un totale di 652 pagine, ma il

volume da me consultato non è ben rilegato e probabilmente sono state smarrite delle

pagine e anche la pagina dell’Incipit risulta strappata. Termina con l’ordo celebrandi

officii per annum ma sicuramente mancano delle pagine perché l’indice prevedeva la

pagina 338. Lo specchio di stampa misura cm 19,2x12,4.

L’edizione da me consultata è quella custodita presso la biblioteca

dell’Osservanza di Bologna.

Il Frontespizio

Il titolo del volume è:

[in rosso] Sacerdotale ad consuetudinem Sacro Sancte | Romane Ecclesie: aliarumque ecclesiarum: | [in nero] Ex apostolicae bibliothecae, ac sanctorum patrum iurium sanctionibus, & ec|clesiasticorum doctorum scriptis, ad optatum commodum quorum|cunque sacerdotum, collectum: atque summorum pontificum | authoritate moltoties approbatum: omni nuper | diligentia emendatum & auctum. [in rosso] In quo, non solum omnium Sacramentorum, quae a sacerdo|tibus fieri possunt, officia: verumetiam Resolutiones omnium | dubiorum ad ea pertinentium: & excommu|nicationum Canones: | [in nero] Cum brevi illarum & absoluta declaratione ex sacris doctoribus collecta, con|tinentur. Quibus etiam multa alia sacerdotibus valde utilia ac | necessaria sunt addita: quae in alijs hactenus | impressis minime reperiuntur.

Porta la medesima silografia dell’edizione di Giovanni Varisco del 1564 che è

anche la medesima dell’edizione di Boselli del 1555 e del 1559.

167

http://edit16.iccu.sbn.it/web_iccu/imain.htm alla voce dell’Editore “Liechtenstein, Peter”, letto in

data 5 gennaio 2012.

Frontespizio dell’edizione di Pietro

Lichtenstein

142

È l’unica delle edizioni che premette l’aggettivo “Sacro” a Sancte Romane

ecclesie. Tale uso è riscontrabile anche in altri testi pubblicati sempre dallo stesso

editore168.

La marca dell’editore Pietro Liechtenstein porta l’immagine dell’agnello

vittorioso dell’apocalisse e la scritta AGNUS DEI QUI TOLLIS PECCATA MUNDI MISERERE

NOBIS.

La «Tabula» o indice dell’opera

Viene cambiato il capolettera della “P” di Proemium all’inizio della tabula

contentorum, introducendone uno assolutamente nuovo e caratterizzato da un volto

presente nel capolettera all’interno della lettera stessa.

L’incipit

Non l’ho ancora potuto consultare in quanto il volume da me consultato presso

la biblioteca del convento dell’Osservanza di Bologna dei frati minori dell’Emilia-

Romagna, è mutilo dell’incipit (f.1) e dell’ultimo foglio.

L’impaginazione del contenuto

Interventi diversi sui capilettera

Pietro Liechtenstein torna a

compiere l’impaginazione a 39

righe, ma dopo un esame preciso

della sua edizione emerge con

chiarezza che tale passaggio non

avviene a partire dall’impaginato

del Varisco, bensì a partire dall’impaginato del Boselli che viene seguito per gran parte

del volume pagina per pagina, salto pagina per salto pagina (almeno fino al foglio 133r

dove c’è una piccola differenza).

Ci sono piccoli abbellimenti e variazioni tipografiche, come la sostituzione di

alcuni capolettera con piccole silografie nel caso dei racconti della passione secondo i

quattro evangelisti (vedi esempio qui apposto), ma sostanzialmente l’edizione di

Lichtenstein è partita dall’impaginato del Boselli e, quindi, riflette le due edizioni del

Boselli del 1555 e la sua ristampa del 1559.

168

Quali l’Officum hebdomade sancte, secundum consuetudinem sacro Sancte Ecclesie Romane. A

domnica in ramis palmarum (Venezia 1565 e stessa cosa anche nell’edizione del 1566); Psalmista iuxta sacro Sancte Romane Ecclesie consuetudinem, una cum hymnario nouissime impressum, & ab erroribus plurimis vndique scatentibus diligentiori studio fideliter emendatum (Venezia 1566).

Variazioni di Lichtenstein su alcuni capilettera

143

Interventi alla notazione gregoriana e alle antifone

Altre variazioni

vengono apportate sia ai

capilettera con silografie che

il Boselli aveva apposto in

modo particolare alle

antifone gregoriane, sia alla

stessa notazione gregoriana

che, ricordiamo, nell’edizione

del Boselli è caratterizzata da

note quadrate ma sensibilmente più piccole e minute con un effetto di difficile lettura.

Sia le chiavi che le notazioni gregoriane vengono notevolmente ingrandite

mantenendo la forma quadrata delle note.

Per avere chiaro il quadro delle edizioni apparse fino alla presente edizione di

Lichtestein si deve aprire una parentesi su uno scenario assai complesso al centro del

quale ci sono le silografie.

Le silografie di Lichtestein: copie ben fatte dalla mano di un artista di discreta levatura

Ad una prima analisi la presente edizione di Lichtenstein non sembrava altro che

la riedizione del Varisco del 1564, lasciando pensare che Lichtenstein fosse stato

collaboratore di Varisco, o che Lichtestein fosse l’editore presso il quale Varisco aveva

stampato la propria edizione. In un momento successivo, come abbiamo fatto notare,

è apparso chiaro che Lichtestein ha utilizzato l’impaginato di Boselli. Ma a complicare il

quadro avevamo già visto esaminando la seconda edizione di Varisco del 1564 che tale

edizione aveva già assunto, oltre che la silografia del frontespizio introdotta da Boselli,

anche le altre silografie: come il Varisco sia venuto nella disponibilità di tali silografie

non ci è dato saperlo, tuttavia rileviamo il dato perché le silografie di Varisco del 1564

mi sembrano esattamente le medesime di Boselli del 1555 e del 1559. Invece la

presente edizione di Lichtenstein, pur utilizzando l’impaginato di Boselli ha

evidentemente prodotto per tutte le altre silografie delle imitazioni, copiate con abilità

e precisione da una mano meno felice rispetto all’autore degli originali.

Basta esaminarne alcune per rendersene conto. A titolo esemplificativo ne

presento tre oltre al frontespizio. Per mostrare che c’è continuità nell’uso delle

silografie tra l’edizione di Boselli e quelle di Varisco faccio un raffronto delle silografie

del frontespizio.

Variazioni di Lichtenstein ai capilettera e alla notazione gregoriana

144

Appare ben chiaro – e un esame più attento e puntiglioso mi sembra di averlo

condotto – che le edizioni di Boselli (1555, 1559) e di Varisco (1560, 1564) usino la

medesima silografia nel frontespizio. Appare invece evidente che non è la medesima

per l’edizione di Lichtenstein (1567).

Appare evidente dalla

mancanza di finiture del

pavimento nel primo piano, così

come i tratti del volto: l’artista

che ha imitato la silografia era in

evidente difficoltà nella

riproduzione dei volti, così come

gli sfugge qualche altro

particolare. Tenta di riprodurre

le ombreggiature in modo assai

simile, ma non gli riesce. Le

stesse dita del pontefice così come il volto di colui che impersona Alberto da Castello

sono assai differenti.

Nella riproduzione dei cappelli cardinalizi, così come nelle barbe dei medesimi

cardinali, nei panneggi degli abiti monastici e papali si notano una serie di piccole

differenze che non lasciano spazio a dubbi e non possono essere giustificate sulla base

di una inchiostratura differente del foglio o di difetto del supporto dal quale abbiamo

tratto l’immagine.

Raffronto tra le silografie del frontespizio di Boselli (1555-15559), Varisco (1560-1564) e Lichtenstein (1567)

Particolari del frontespizio

di Boselli-Varisco (1555-1564) e Lichtenstein (1567)

145

Non presento il

raffronto con le silografie

dell’edizione di Varisco del

1564 perché, come ho già

detto, egli usa le medesime

silografie del Boselli.

Dopo i primi sospetti mi

è apparso evidente che

Lichtenstein, pur servendosi

dell’impaginato di Boselli, ha

commissionato a qualche

incisore o a qualche bottega la

riproduzione delle silografie

che, ribadisco, se vengono

guardate sfogliando il volume

distintamente dall’altro

traggono in inganno perché in

un certo numero di rifiniture,

nella gestualità dei personaggi, in una serie di particolari quali drappeggi, espressioni

del volto, ombreggiature, sfondi e paesaggi, sono una buona imitazione dell’originale,

anche se non perfetta.

Se prendiamo come esempio lo sposalizio della vergine, osserviamo che

l’ombreggiatura della colonna alle spalle della vergine viene effettuata con una

striatura orizzontale invece che verticale come nell’originale. Tuttavia ciò che più

“distrae” l’attenzione di chi osserva è la forma del copricapo del sacerdote nell’atto

dell’operare l’immixtio manuum: i due “corni” che tanto rassomigliano alla forma delle

mitrie medievali nonché i personaggi quali la vergine a destra e san Giuseppe con il

giglio in mano a sinistra, entrambi aureolati, diventano già elementi sufficienti per fare

emettere al lettore un giudizio di “identità” della silografia, traendolo in inganno.

Tutto ciò ci ha quindi condotto alla convinzione che fino a Lichtenstein le

tipografie che si sono interessate alla stampa del Sacerdotale sono state almeno due e

che inoltre a partire dall’ingresso dell’edizione di Boselli ci deve essere stata una certa

“guerra” di silografie e di imitazioni. Come Boselli aveva innovato tutto l’impianto

silografico ad eccezione di alcune incisioni che erano state abilmente imitate (il bacile

d’acqua, la mano musicale e la scala musicale) a partire dal modello delle immagini

Particolari a confronto delle silografie

di Boselli-Varisco (1555, 1559, 1564) e Lichtenstein (1567)

146

dell’edizione degli eredi di Pietro Ravani dell’anno precedente, così Lichtentein copia le

silografie di Boselli che ora sono nel possesso e nella disponibilità di Varisco.

Che cosa abbia condotto a ciò non lo sappiamo anche se lo intuiamo e

formuliamo una ipotesi: la produzione di un volume già affermato sul mercato, che

godeva già di una discreta fama acquisita sul campo nell’amministrazione dei

sacramenti e nella prassi del clero, con una richiesta mai esaurita per una progressiva

diffusione del volume, se fatta con identico contenuto ad un prezzo concorrenziale

poteva essere davvero un vero affare per un editore intraprendente non solo nella

stampa, ma anche nella commercializzazione del proprio prodotto.

Il compendio di musica

Ulteriore prova di quanto fin qui affermato lo si può trovare nel compendio di

musica che, nell’edizione di Lichtenstein inizia al foglio 295r. L’inizio del compendio è

esattamente identico a tutte le edizioni precedenti ad eccezione dell’edizione di

Varisco del 1564. Infatti il compendio inizia con:

Proprietas in musica est deriuatio plurium vocum ab vno eodemque principio. Existentibus igitur modis siue proprietatibus tribus totius cantus.

L’inizio del compendium invece, dell’edizione di Varisco del 1564 iniziava invece

nel modo seguente:

Quisquis ad canendi scientiam erudiendus accedis, dispositionem, vim, et ordinem literarum (per quas omnis cantus habet discretionem) cordi memoriter imprimas.

omettendo l’introduzione al compendio (Proprietas in musica).

Valutazione complessiva dell’edizione di Lichtenstein del 1567

È la ripresa dell’impaginato di Boselli con l’inserimento di silografie abilmente

imitate a partire dalle silografie che erano di Boselli ma che nel frattempo sono entrate

nella disponibilità di Varisco. Emerge dunque che la competizione editoriale nei

confronti di Varisco, «erede» del sacerdotale quale socio degli eredi Ravani, è ora

Lichtenstein.

147

3.10. L’edizione del 1569 di Giovanni Varisco e soci

Informazioni generali sull’edizione del 1569 e il titolo

L’edizione del 1569 venne stampata a Venezia da Giovanni Varisco e soci. La

marca tipografica è la medesima delle edizioni di Varisco del 1560 e di Varisco e soci

del 1564. Ricordo inoltre che l’immagine al centro della marca di Varisco, la sirena

bicaudata, è l’immagine usata nelle edizioni di Vittore Ravani del 1537 e degli eredi di

Pietro Ravani del 1548 e del 1554.

Per le informazioni inerenti l’editore e la possibile identificazione dei soci vedi p.

133.

Il volume consta di 340 fogli per un totale di 680 pagine.

L’edizione da me consultata è stata reperita in formato elettronico in google

books169

Il frontespizio

Il titolo del volume nel frontespizio è:

[in rosso] Sacerdotale secundum usum sanctae Romanae | [in nero] Ecclesie aliarumque ecclesiarum, ex apostolicae bibliothecae, ac sanctorum | patrum iurium sanctionibus & ecclesiasticorum doctorum scriptis ad | optatum commodum quorumcunq[u]e sacerdotum collectum atque | summorum pontificum auctoritate multoties approbatum, | omni nuper diligentia emendatum & auctum: | In quo non solum omnium Sacramentorum, quae a sacerdotibus fieri | possunt, officia: verum etiam Resolutiones omnium dubiorum | ad ea pertinentium, & excommunicationum Canones | cum breui illarum & absoluta declaratione ex sacris | doctoribus collecta continentur. Quibus |

etiam multa alia sacerdotibus valde | vtilia ac necessaria sunt addita: quae | in alijs antea impressis | minime reperiuntur.

A parte il cambiamento di ad consuetudinem dell’edizione del 1564 con la

formulazione secundum usum, tutto il contenuto del frontespizio e anche i salti di riga

rimangono i medesimi. Anche alcune virgole e alcuni altri segni di interpunzione (alcuni

punti) sono stati tolti, ma per il resto rimane molto di invariato rispetto all’edizione del

1564.

Un leggerissimo cambiamento si ha nell’avvicendamento di hactenus impressis

con antea impressis, ma nella sostanza Varisco ricalca già a partire dal frontespizio la

propria edizione del 1564.

169

http://books.google.it/books?id=fK94Y425MdEC.

148

La «Tabula» o indice dell’opera

Viene cambiato il capolettera “P” di Proemium all’inizio della tabula

contentorum, introducendone una che riprende i motivi floreali delle fattezze dei

capilettera del 1564 proprii dell’edizione curata sempre dallo stesso Varisco, ma

trattasi con ogni evidenza di un capilettera nuovo.

La tabula viene distribuita diversamente rispetto all’edizione del 1564 perché in

tale edizione era disposta su 49 righe mentre in quella presente è disposta su 48. Non

si è cambiata molto l’impostazione perché l’esito finale è un numero identico di pagine

(7) per la tabula che però ora è meglio distribuita.

L’incipit

Può sembrare del tutto analogo a quello delle precedenti

edizioni, invece notiamo alcune variazioni, qualcuna più evidente

e qualche altra difficilmente percettibile ad un primo sguardo.

Se la silografia del Cristo che campeggia nella “S” capitale

del Salvator con cui inizia il testo è la medesima delle precedenti

edizioni (cioè quella dei Ravani e poi del Varisco), e anche il titolo

precedente il Proemium è il medesimo, cioè Sacerdotale ad vsum

Sacerdotis animarum curam gerentis, ad varios ecclesiae ritus

accommodatum, a un primo sguardo si nota subito che è stata fatta sparire la citazione

di Ezechiele 34 che nell’edizione del 1564 Varisco aveva lasciato correggendo peraltro

la citazione biblica di tutte le edizioni precedenti che la riportavano con “Ezech. xxiiij”,

cioè come Ezechiele 24. Solo l’edizione di Varisco del 1564 era stata corretta. Inoltre

appare il medesimo errore di impaginazione della seconda citazione a partire dall’alto

a sinistra, cioè la citazione Dabo vobis pastores iuxta cor meum che evidentemente

non è stata controllata e perciò rimane l’errore di impaginazione che era stato

introdotto dall’edizione dello stesso Varisco del 1564, cioè Dabo vobis pasto|stores

iuxta cor meum ecc... Questo errore ripetuto ci fa comprendere che siamo alle prese

con il medesimo impaginato dell’edizione del 1564 che è stato risistemato per una

nuova edizione.

Il contenuto

L’impaginazione

L’omissione della citazione di Ez. 34 in frontespizio altera l’impaginazione

rispetto all’impaginato del 1564, ma solo fino al foglio 9r dove si riprende l’impaginato

del 1564. Successivamente poi, per una diversa disposizione del testo, pur

mantenendo tendenzialmente entrambe le edizioni circa 37 righe per pagina, a partire

1569 - Incipit

149

dal foglio 17r si altera l’esatta corrispondenza dei salti pagina rispetto all’edizione del

1564.

Capilettera

Per quanto riguarda i capilettera, cerca di

introdurre qua e là dei capilettera fioriti e più

definiti (cf. ad esempio, al foglio 2r, 25r, 98v, 100r,

).

Nella presente edizione il Varisco sembra

avere scelto di ritornare ad alcune caratteristiche

da lui predilette quale il capolettera “S” riccioluto

di cui abbiamo parlato a pag. 118.

Nell’ultima parte del volume, laddove dopo

gli esorcismi il testo era stato impaginato già a

partire da Boselli con un carattere tipografico

Romano, Varisco e soci si mantengono fedeli alle

scelte operate cinque anni prima con l’edizione del

1564, con capilettera fioriti ma di stile romano e non richiamantesi allo stile gotico.

D’altronde lo stesso “antagonista” Lichtenstein due anni prima aveva preferito

non enfatizzare questa parte del testo con capilettera grandi e fioriti come i suoi

predecessori, ma rimanere al carattere tipografico romano con capilettera più

contenuti e di colore rosso.

Varisco invece riproduce anche in questo le scelte già operate nell’edizione del

1564.

Silografie

Sorprende al foglio 183r l’uso della silografia del

battesimo dei bambini già usata due volte nei riti

battesimali ai fogli 9v e 17r. In tutte le edizioni

precedenti, all’inizio della sezione relativa alle

benedizioni c’era una silografia raffigurante un

sacerdote che benedice un fonte battesimale e poi

successivamente, nella parte relativa alla benedizione dell’acqua e all’esorcismo del

sale era stata apposta la medesima silografia. Qui invece la silografia usata due volte

anche da Varisco stesso nell’edizione del 1564 ai fogli 183v e 185v è usata solo al foglio

184v in corrispondenza dell’exorcismus salis, mentre al foglio 183r è usata la silografia

del battesimo dei bambini.

edizioni 1555-1569, capilettera a confronto

1569, f. 184v exorcismus salis

150

Compendium musice

Sembra identico a quello dell’edizione del 1564 che era difforme dalle edizioni

precedenti dal momento che ometteva il cappello iniziale del compendio (Proprietas in

musica est deriuatio plurium vocum ab vno eodemque principio ecc...), quindi circa una

pagina di testo.

Valutazione complessiva dell’edizione di Varisco del 1569

Pur essendo terminato il concilio di Trento da poco più di cinque anni e con il

libro liturgico del breviario romano appena pubblicato l’anno precedente (1568),

Varisco non è nelle condizioni di potere «recepire» le indicazioni del nuovo breviario

per la celebrazione delle horae canonicae. La sua è una ristampa riaggiustata e

risistemata sotto vari aspetti (abbreviazioni, capilettera, salti pagina) dell’edizione del

1564 di Varisco e soci, ma senza scostarsi minimamente dalle scelte editoriali operate

alcuni anni prima.

3.11. L’edizione del 1576 dei fratelli Guerra e soci

Informazioni generali sull’edizione del 1576 e il titolo

L’edizione del 1576 venne stampata a Venezia dai fratelli Domenico e Giovanni

Battista Guerra e soci.

Stando all’ICCU sotto il nome dei due fratelli Guerra congiuntamente ai non ben

specificati soci sarebbero apparsi nel periodo di tale attività tipografica tra il 1571 e il

1582 – circa quattordici volumi tra i quali anche il nostro Sacerdotale170.

170

Data la novità di impostazione data dai due fratelli Guerra e soci al Sacerdotale vale la pena

annotare le scelte editoriali dei due fratelli e soci. Si devono notare innanzitutto alcuni filoni: quello giuridico con la pubblicazione del Dictionarium iuris tam ciuilis quam canonici di un certo Alberico da Rosate nell’anno 1572 e ristamparono il seguente; il Consiliorum siue responsorum iuris di Giovanni Cefali pubblicato nel 1575 e nel 1582; il Consiliorum siue malis responsorum Mariani Socini (...) di Mariano Soccini edito con due titoli simili (trattasi della medesima opera?) nel 1581; il Consiliorum siue Responsorum iuris d. Petri Rebuffi Montispessulani di Pietro Rebuffi e pubblicato nel 1588 e anche, di Niccolò Tedeschi, il Abbatis Panormitani Commentaria primae partis in secundum Decretalium librum pubblicato nel 1578 e ci sembra rientrare in tale filone anche il Io. Antonii Cannetii, Siculi (...) in extrauag. Volentes, Frederici (...) pubblicato nel 1576. Accanto al filone giuridico (9 volumi editi su 14!) si nota un filone filosofico (2 titoli) con il Dominici Soto Segobiensis praedicatoriae familiae theologi ac philosophi praestantissimi. In Porphirii Isagogen. Aristotelis categorias (...) pubblicato nel 1573 e l’introductio in dialecticam Aristotelis di Francisco Toledo pubblicato nel 1574. Gli altri tre volumi si dividono tra campo liturgico (2 volumi) con il Sacerdotale e, inoltre, con il Breuiarium monasticum secundum ritum monachorum Ordinis

151

L’attività tipografica dei due fratelli tuttavia si colloca nell’arco di un

quarantennio, tra il 1560 e il 1600. Dice il catalogo dell’ICCU che i fratelli Guerra furono

tipografi friulani attivi a Venezia, figli di Pietro da Valvasone presso Udine; lavorarono

sempre insieme, anche in società con Francesco Ziletti e con Bolognino Zaltieri171. La

loro bottega doveva essere in Calle Longa presso Santa Maria Formosa, anch’essa

come la bottega dei Ravani, situata nel sestiere Castello.

L’edizione da me consultata è stata reperita in formato elettronico in google

books172.

Il frontespizio

Il titolo del volume riportato nel frontespizio fa

subito emergere la volontà degli editori di offrire un

volume che ha recepito le disposizioni conciliari

tridentine. Infatti il titolo è:

[in rosso] SACERDOTALE | [in nero] Ad consuetudinem S. Romanæ Ecclesiæ aliarumque | eccle-siarum ex apostolicæ bibliothecæ ac Sanctorum | Patrum iurium sanctionibus, & ecclesiastico|rum doctorum scriptis, ad optatum quo|rumcunque sacerdotum commo|dum, collectum: | ATQUE SUMMORUM PONTIFICUM | authoritate multoties approbatum: | Summa nuper cura iuxta S. TRIDENTINI Concilij | Sanctiones emendatum, & auctum: | In quo omnium sacramentorum officia, resolutionesque omnium

dubiorum ad ea | pertinentium, excommunicationum Canones, cum breui illarum et abso|luta declaratione ex sacris Doctoribus collecta, continentur. [in rosso] Quibus etiam Rubricæ generales tum Missalis tum Breuiarij noui, mul|taque alia sacerdotibus ualde utilia ac necessaria, sunt addita: quæ | in alijs hactenus impressis desiderabantur.

Emerge a prima vista una serie di annotazioni da farsi, le prime di carattere

formale, altre di carattere contenutistico.

Innanzitutto appare chiaro un balzo in avanti che l’editore vuole fare rispetto alle

edizioni precedenti: si usa per la prima volta nel frontespizio un carattere tipografico

non gotico, di stile Romano classico e, inoltre, si introduce nelle varie parti del titolo il

carattere tipografico italico fatto creare da Aldo Manuzio all’inizio del secolo.

sancti Benedicti nel 1575. Il volume rimanente è un volume di area dogmatica apologetica di Capitone Feliciano, le Explicationes catholicae locorum fere omnium Veteris ac Noui Testamenti, quibus ad stabiliendas haereses nostra tempestate abutuntur haeretici pubblicato nel 1579.

171 http://edit16.iccu.sbn.it/web_iccu/imain.htm alla voce degli editori “Guerra, Domenico & Guerra,

Giovanni Battista & C.”, letto in data 1 febbraio 2012. 172

http://books.google.it/books?id=UIw8AAAAcAAJ.

1576 - frontespizio

152

Si usa scrivere in maiuscolo ciò che si intende mettere in forte evidenza:

innanzitutto il titolo dell’opera che ormai d’ora in poi non spartirà con nessun’altra

parola la prima riga del titolo e prenderà il titolo semplicemente di Sacerdotale. Inoltre

si vuole mettere in evidenza l’approvazione pontificia all’opera e, in inchiostro rosso, la

conformità e le correzioni apportate secondo i dettami del concilio tridentino.

Ultima considerazione deve essere fatta dalla silografia completamente nuova.

Sia la prima silografia che aveva caratterizzato le edizioni del 1523, 1537, 1548 e 1554,

che la seconda silografia che aveva caratterizzato le edizioni del 1555, 1559, 1560,

1564, 1567 (copia), 1569, rappresentavano Alberto da Castello che riceveva il volume

dal Papa Leone X. Tale esame era stato fatto da lui eseguire e a tale esame fa

riferimento la lettera stessa di Leone X pubblicata all’inizio dell’edizione del 1523. La

nuova silografia vuole rappresentare invece un papa, con addosso le vesti liturgiche

per la celebrazione eucaristica, inginocchiato davanti all’altare apparecchiato per la

celebrazione e inginocchiato davanti al crocifisso che sovrasta l’altare, in un atto di

profonda pietà che gli ha fatto deporre la tiara a terra, alla base dell’altare.

Dal punto di vista contenutistico c’è una evidente reimpostazione del

frontespizio: ciò che Alberto da Castello auspicava, cioè che la propria opera acquisisse

il nome di «sacerdotale», è ora una solida realtà che viene recepita e riflessa nel

volume.

La molteplice approvazione pontificia già precedentemente discussa173 è

ostentata e sono messe in luce le vere novità delle rubriche del nuovo messale e del

nuovo breviario e da molte altre cose utili... Significativo è lo stacco con tutte le

edizioni precedenti. Fin dalla seconda edizione di Vittore Ravani il frontespizio si

concludeva con la frase quae in aliis hactenus impressis minime reperiuntur («che in

libri stampati fino ad oggi non si trovano minimamente) e in tutti i cambiamenti

intervenuti questa frase è forse una delle cose che non è stata mai cambiata (solo

l’edizione di Varisco del 1569 aveva sostituito l’hactenus con antea). I fratelli Guerra

invece preferiscono non riprendere la variante antea di Varisco del 1569 ma

l’espressione delle edizioni precedenti sostituendo al minime reperiuntur il

desiderabantur. Solo l’esame più stringente del contenuto del volume potrà mostrare

se quanto dichiarato dai fratelli Guerra era mera pubblicità pari alla pubblicità di

Varisco nell’edizione del 1560 o meno.

173

Cf. nota 159 a p. 98 e nota 160 a p. 98.

153

La «Tabula» o indice dell’opera

Viene cambiato il capolettera della “P” di Proemium all’inizio della tabula

contentorum, introducendone uno che segue sempre motivi floreali ma è di fattezze

del tutto nuove.

Tutta la tabula è impaginata su due colonne ed è tutta in stile tipografico aldino

o italico e tutta contenuta in 3 fogli e mezzo, cioè sette pagine.

A parte le osservazioni di carattere tipografico editoriale, l’indice organizzato dai

fratelli Guerra e soci è completamente innovativo. Innanzitutto prevede l’inserimento,

nella voce dell’indice, del numero del capitolo che Alberto da Castello aveva apposto,

all’interno dell’opera, accanto ad ogni titolo. L’editore si accorge di alcune sviste di

numerazione commesse dal da Castello, come quella di avere scritto due capitoli

numerandoli entrambi con il numero 2: il De triplici confessione & quod confessio

sacramentalis est a Deo instituta (f. 43r) ma anche poco oltre il qui teneantur ad

confessionem (f. 44r). Provvede perciò ad ordinare la numerazione ma, per non

cambiare la numerazione di tutte le parti successive procede a mettere un duplice

numero 4.

Si provvede a riformulare alcune voci dell’indice sulla base dei titoli dei diversi

capitoli.

L’incipit

Riporta il titolo Sacerdotale ad vsum Sacerdotis

animarum curam gerentis, ad varios ecclesiae ritus

accommodatum. Prooemium come le edizioni

precedenti, ma stavolta scritto in carattere romano. La

parola prooemium scioglie quello che nelle edizioni del

1554, 1560, 1564 e 1569, probabilmente sempre ad

opera di Varisco, era stato indicato con la lettera “e”

«uncinata», cioè la lettera «ȩ» riminiscenza della

caduta della h di prohemium testimoniata dalle prime

tre edizioni.

Il capolettera “S” della parola Salvator azzarda

per la prima volta a non usare la silografia di Cristo salvatore benedicente, ma ad usare

un normalissimo e comunissimo capolettera “S” assai fiorito. Il testo invece è sempre

impaginato con lo stesso carattere tipografico gotico veneto di tutte le edizioni

precedenti.

ediz. Guerra 1576: il frontespizio

154

L’impaginazione del contenuto

Il volume consta di 376 fogli per un totale di 752 pagine ed è impaginato con 37

righe per pagina.

Errori nella numerazione delle pagine

Si fanno notare errori di numerazioni e salti pagina che aiutano ad imparentare la

presente edizione a quella di Nicolini e di Giunta del 1579.

Il foglio 72 è numerato 71 e di conseguenza esistono due fogli numerati 71 e

nessun foglio con numerazione 72. Il foglio 94 è numerato 92 perciò esistono due fogli

con il numero 92 e nessuno con il numero 94. Il foglio 256 è numerato 253 e di

conseguenza ci sono due fogli numerati 253 e nessuno numerato 256. Il foglio che

dovrebbe essere numerato 301 è numerato 302 e di conseguenza ci sono due fogli

numerati 302 e nessuno porta il numero 301.

Dopo il foglio 306 si salta indietro nella numerazione dei fogli successivi – che

dovrebbero portare i numeri 307 e 308 e numeri successivi – mentre invece si

ricomincia con i numeri 305 e 306 e successivi fino al foglio 308 dopo il quale si salta al

foglio 311 per recuperare evidentemente l’errore compiuto e con la conseguenza che

ci sono due fogli 305, due fogli 306 e nessun foglio porta il numero 309 e 310. Come se

non bastasse dopo il foglio 312 si torna a commettere l’errore e si prosegue con il

numero 311 e poi 312 e successivi, con la conseguenza che ci sono due fogli numerati

con i numeri 311 e 312.

foglio reale 305 306 307 308 309 310 311 312 313 314 315 (...)

foglio

stamp.

305 306 305 306 307 308 311 312 311 312 313 (...)

Inoltre, evidentemente per recuperare il numero reale del foglio, dopo il foglio

367 si salta subito al foglio 370 per recuperare i due numeri di scarto che sussistevano

tra il numero reale del foglio e quello stampigliato. Il foglio con il numero 368 finisce

per non esistere.

foglio reale 369 370 371 372 373 374 375 376

foglio stamp. 367 370 369 370 371 372 - -

Le nuove rubriche del «Missale romanum»

Vengono inserite al foglio 68v le rubriche del messale romano tridentino

pubblicate pochi anni prima nel 1570.

155

Faccio notare tuttavia che l’editore non sostituisce completamente quanto era

stato opera di Alberto da Castello, anzi, ne mantiene intatta l’opera. Dunque

l’introduzione riguardante la materia del sacramento, la forma, il ministro, l’effetto, il

luogo, il tempo opportuno e il quante volte si potesse celebrare l’eucaristia,

esattamente l’introduzione che potremmo definire “teologico-pastorale” escogitata

dal genio “sintetico” e “sunteggiatore” di Alberto da Castello viene conservato174.

Questo inserimento tuttavia si configura non come una semplice sostituzione,

ma come frutto di una considerazione che andava ad operare su una sezione

dell’opera del da Castello piuttosto complessa. Si sostituisce cioè quello che

nell’edizione del 1523 corrisponde ai fogli 73v-107r e che si concludeva con il de nova

specie apparente, alla quale seguiva una sezione riguardante le ore canoniche che

viene mantenuta, e una ulteriore sezione che riprende altri elementi relativi

all’eucaristia.

Le rubriche del nuovo breviario romano

Le rubriche del breviario vengono inserite verso la fine del volume, lasciando la

parte con il titolo de horis canonicis voluta da Alberto da Castello e posta nell’edizione

originaria successivamente alle rubriche del Burcardo che non viene pertanto

rimpiazzata. Verso la fine del volume, dopo l’oratio contra tempestates ingruentes (f.

346) vengono inserite le nuove rubriche che coprono circa una ventina di fogli (f. 346-

365). In tal modo si hanno sia le indicazioni che Alberto da Castello aveva tratto

dall’edizione di Armando di Aumeria Via salutis, sia le nuove rubriche del breviario.

Il compendium musice

Poiché il compendium musice al foglio 319v inizia alla stregua delle edizioni di

Varisco del 1564 e 1569 (Quisquis ad canendi scientiam erudiendus accedis...)

omettendo una serie di paragrafi introduttivi al compendium ravvisabili in tutte le altre

edizioni (Proprietas in musica est deriuatio ecc...) appare chiaro che il modello assunto

dagli editori Guerra sia stato l’edizione di Varisco del 1564 o quella del 1569. Poiché

l’edizione dei Guerra sarà la base delle edizioni di Nicolini, Giunta, Sessa nei decenni

successivi, tale omissione si ripercuote anche in tali edizioni.

Valutazione complessiva dell’edizione di Guerra del 1576

È un’edizione con un numero notevole di innovazioni sotto diversi punti di vista:

tipografico, silografico, concettuale – per la nuova strutturazione che si dà all’indice –

174

Quello che nell’edizione del 1523 si estende dal f. 67v al 73v e che nella presente edizione di

Guerra è ai fogli 63v-68r.

156

e, per le scelte relative all’inserzione dei praenotanda dei libri liturgici tridentini,

pastorale.

3.12. L’edizione del 1578 di Domenico Nicolini

Informazioni generali sull’edizione del 1578 a cura di Domenico Nicolini e il titolo

L’edizione del 1578 venne

stampata sempre a Venezia da

Domenico Nicolini.

Stando all’ICCU, l’attività di Domenico Nicolini dovette iniziare nel 1557. Egli fu

un

tipografo attivo a Venezia almeno fino al 1605, figlio di Giacomo, fratello di Cornelio, nipote di Pietro, Giovanni Antonio e Giovanni Maria, suocero di Giovanni Guerigli. Era domiciliato in contrada S. Giuliano. Nel 1585 aveva una libreria all'insegna della Vittoria. Lavorò da solo, con il fratello Cornelio e con Giovanni Guerigli. Fu anche in società con Andrea Muschio, gli eredi di Francesco Rampazetto e Altobello Salicato per stampare testi giuridici175.

Gli errori di numerazione riscontrabili alle pagine 306 e seguenti – che sono per

la prima volta riscontrabili nell’edizione di Guerra (1576) – sono presenti anche nella

presente edizione di Domenico Nicolini, cosicché possiamo stabilire una sicura

parentela tra le due edizioni affermando che sono uscite dalle medesime presse e dal

medesimo impaginato che, evidentemente, non era stato sufficientemente controllato

e corretto prima dell’edizione.

Inizialmente, quando non ero ancora in possesso della riproduzione

dell’edizione, a motivo dell’esiguità delle copie censite e localizzate della presente

edizione (una soltanto), ritenevo che si trattasse delle prove di stampa o dell’inizio

della stampa dell’edizione del 1579. Tuttavia, poiché nell’edizione del 1579 si

riscontrano alcuni cambiamenti già dal frontespizio, come la scelta di sostituire la

silografia con la marca tipografica, comprendiamo che l’edizione del 1578 non è l’inizio

della stampa dell’edizione che vide la luce l’anno successivo, ma è un’edizione distinta

anche se quasi del tutto identica a quella dell’anno successivo. Perciò l’edizione del

175

http://edit16.iccu.sbn.it/web_iccu/imain.htm alla voce dell’editore “Nicolini da Sabbio,

Domenico”, letto in data 1 febbraio 2012.

Indicazione della data dell’edizione di Nicolini del 1578

157

1578 e 1579 curate da Nicolini sono due edizioni, anche se la prima fu la base della

seconda.

Il volume consta di 374 fogli per un totale di 748 pagine.

L’unica edizione censita e localizzata dall’ICCU (edit16) è quella della Biblioteca

del Castello del Buon Consiglio di Trento, Fondo Laurence K. J. Feininger, che ho

consultato attraverso una riproduzione digitale gentilmente fornita dalla

Soprintendenza per i Beni librari archivistici e archeologici della Provincia Autonoma di

Trento.

Il frontespizio

Il titolo del volume è:

[in rosso] SACERDOTALE | [in nero] Ad

consuetudinem S. Romanæ Ecclesiæ aliarumque |

ecclesiarum ex Apostolicȩ bibliothecȩ ac Sanctorum |

Patrum iurium sanctionibus, & ecclesiastico|rum

doctorum scriptis, ad optatum quo|rumcunque

sacerdotum commo|dum, collectum: | ATQUE

SUMMORUM PONTIFICUM | authoritate multoties

approbatum: | [in rosso] Summa nuper cura iuxta S.

TRIDENTINI Concilii | Sanctiones emendatum, & auctum: |

[in nero] In quo omnium sacramentorum officia,

resolutionesque omnium dubiorum ad ea | pertinentium, excommunicationum

Canones, cum brevi illarum & absoluta | declaratione ex sacris Doctoribus collecta,

continentur. [in rosso] Quibus etiam Rubricae generales tum Missalis tum Breuiarij

Noui, multaque | alia sacerdotibus valde vtilia ac necessaria sunt addita: quae in aliis |

hactenus impressis desiderabantur.

L’elemento precipuo della presente edizione è la silografia del Cristo che tiene in

mano la croce e circondato da diverse persone recanti palme. Si è cioè seguito lo stile

dei Guerra, cercando però una nuova silografia, questa volta non rappresentante un

sacerdote e nemmeno un papa, ma che rappresentasse “il” sacerdote per eccellenza,

Gesù Cristo.

La «Tabula» o indice dell’opera

Viene cambiato il capolettera della “P” di Proemium all’inizio della tabula

contentorum, anche in questa edizione introducendone uno che segue sempre motivi

floreali ma di fattezze diverse da quello usato dai Guerra.

ediz. Nicolini 1578: il frontespizio

158

Come l’indice impostato dai Guerra, la tabula è impaginata su due colonne ed è

tutta in stile tipografico aldino o italico e tutta contenuta in 3 fogli e mezzo, cioè sette

facciate, a tal punto che si penserebbe a fogli usciti dalle medesime presse, invece si

nota qualche leggera variazione, sia nei salti colonna, sia per la sostituzione di qualche

carattere tipografico con qualche altro più elegante, come la sostituzione di “et” con

“&” in corrispondenza della voce alla p. 282.

Si segue l’indice organizzato dai fratelli Guerra con l’inserimento, nella voce

dell’indice, del numero del capitolo che Alberto da Castello aveva apposto, all’interno

dell’opera, accanto ad ogni titolo.

L’incipit

Comincia con la presente edizione l’introduzione di

una nuova silografia con cui inizia l’opera, la “S”

capilettera della parola Salvator con un Cristo orante in

secondo piano. Dunque si va a sostituire la silografia del

Cristo benedicente che aveva caratterizzato sia le

edizioni di Sessa-Ravani (1523, 1537, 1548, 1554) sia di

Varisco (1560, 1564, 1569) sia la copia della medesima

silografia riprodotta nelle edizioni di Boselli (1555, 1559)

e probabilmente di Lichtenstein, e che aveva visto già un

tentativo di innovazione con l’edizione dei Guerra che

aveva sostituito al Cristo benedicente un capolettera “S” assai fiorito.

La nuova silografia ha anch’essa una grande “S” ma questa volta viene

rappresentato sullo sfondo il Cristo inginocchiato e orante dove appaiono sullo sfondo

alcuni segni (una corona, una città stilizzata) che farebbero pensare forse alla sua

preghiera nel deserto durante le tentazioni (la tentazione del potere rappresentato

dalla corona?).

L’impaginazione del contenuto

Si nota che, per quanto riguarda gli errori nella numerazione dei fogli, rispetto

all’edizione dei Guerra c’è stato il tentativo di correggere tali errori.

Infatti questo è lo schema del confronto tra gli errori di numerazione dei fogli

dell’edizione dei Guerra e quella di Nicolini del 1578:

Nella prima parte dell’opera:

edizione foglio reale 54 (...) 72 (...) 94 (...) 101 (...) 134 (...) 256

ediz. Guerra 1576 foglio stamp. - (...) 71 (...) 92 (...) 201 (...) 234 (...) 253

ediz. Nicolini 1578 foglio stamp. 54 (...) 72 (...) 94 (...) 101 (...) 134 (...) 253

159

Si nota che Nicolini ha corretto la maggior parte degli errori di numerazione,

dalle omissioni dei numeri di pagina alle numerazioni erronee, ma al suo lavoro di

correzione qualcosa è sfuggito, come il foglio 256 anche da lui erroneamente

numerato 253.

Verso la parte finale, dopo pagina 300, si vede chiaramente che il lavoro di

Nicolini si è in un certo senso arrestato, non accorgendosi degli svariati errori di

sequenza della numerazione successivi a pag. 306 oppure di numerazione incompleta

come la pagina 315 che vede omessa la cifra delle centinaia!

edizione foglio reale 306 307 308 309 310 311 312 313 314 315 316 317

ed. Guerra 1576 stampato 306 305 306 307 308 311 312 311 312 313 314 15 (sic)

ed. Nicolini 1578 stampato 306 305 306 307 308 311 312 311 312 313 314 15 (sic)

Nella parte finale si riflettono gli errori dell’edizione dei Guerra aggiungendo un

numero di pagina là dove mancava, ma non nell’ultimo foglio, probabilmente per non

ingenerare confusione nella tabella.

edizione foglio reale 368 369 370 371 372 373 374 375 376

ediz. Guerra 1576 foglio stamp. 366 369 370 369 370 371 372 - -

ediz. Nicolini 1578 foglio stamp. 366 369 370 369 370 371 372 375 -

Troppi gli errori comuni all’una e all’altra edizione per potere sostenere che si sia

trattato di edizioni uscite da tipografie distinte.

Questa di Nicolini sembra un’impaginato che ha certamente, a motivo degli

errori di numerazione delle pagina, una stretta relazione con l’edizione dei Guerra,

tuttavia segnalo che alcune abbreviazioni che troviamo “sciolte” nell’edizione dei

Guerra le ritroviamo nuovamente qui (descendēs per descendens) o altro.

Valutazione complessiva dell’edizione di Nicolini del 1578

È sostanzialmente l’edizione di Guerra ereditata da un nuovo editore che tenta

qualche nuova scelta soprattutto dal punto di vista grafico con silografie particolari nel

frontespizio, e nell’interno del volume.

160

3.13. L’edizione del 1579 di Domenico Nicolini

Informazioni generali sull’edizione del 1579 a cura di Domenico Nicolini e il titolo

Una delle edizioni che apparvero nel 1579 venne stampata sempre a Venezia da Domenico Nicolini.

Il volume consta di 376 fogli per un totale di 752

pagine.

Stando all’ICCU, l’attività di Domenico Nicolini dovette

iniziare nel 1557.

Per le notizie relative all’editore vedi quanto scritto a proposito dell’edizione di

Nicolini del 1578 a p. 156.

Gli errori di numerazione riscontrabili alle pagine 306 e seguenti –che sono per la

prima volta riscontrabili nell’edizione di Guerra176– sono presenti anche nella presente

edizione di Domenico Nicolini, cosicché possiamo stabilire una certa parentela tra le

due edizioni.

L’errore di numerazione ha finito per trarre in inganno anche i tecnici di google

books o della Bayerische Bibliotek che così hanno finito per omettere – nel file

scaricabile dal sito – un numero di foglio, il 313r.

Lo specchio di stampa misura cm 17,7x11,8.

L’edizione è stata da me consultata parte sull’esemplare conservato presso la

biblioteca del convento dell’Osservanza di Bologna, e parte sull’edizione reperita in

formato elettronico presso la Bayerische Staatsbibliotek177.

Il frontespizio

Il titolo del volume riportato dal frontespizio è:

(in rosso) SACERDOTALE | (in nero) Ad consuetudinem S. Romanæ Ecclesiæ aliarumque | ecclesiarum ex Apostolicȩ bibliothecȩ ac Sanctorum | Patrum iurium sanctionibus, & ecclesiastico|rum doctorum scriptis, ad optatum quo|rumcunque sacerdotum commo|dum, collectum: | ATQUE SUMMORUM PONTIFICUM | authoritate multoties approbatum: | (in rosso) Summa nuper cura iuxta S. TRIDENTINI Concilii | Sanctiones emendatum, & auctum: | (in nero) In quo omnium sacramentorum officia, resolutionesque omnium dubiorum ad ea | pertinentium, excommunicationum Canones, cum brevi illarum & absoluta | declaratione ex sacris Doctoribus collecta,

continentur. (in rosso) Quibus etiam Rubricae generales tum Missalis tum Breuiarij

176

Vedi p. 48. 177

http://reader.digitale-sammlungen.de/de/fs1/object/display/bsb10164345_00005.html letto in

data 15 aprile 2012.

161

Noui, multaque | alia sacerdotibus valde vtilia ac necessaria sunt addita: quae in aliis | hactenus impressis desiderabantur.

A parte piccolissime variazioni (come Concilii rispetto al Concilij dei fratelli

Guerra), è in tutto e per tutto identico al frontespizio dell’edizione dei Guerra di

qualche anno prima. Si nota tuttavia il tentativo di abbellire ulteriormente il

frontespizio impaginato con un carattere tipografico di stile romano, già di per sé

elegante: per alcuni “&” ed alcune lettere finali si scelgono esemplari con “svolazzi” e

altri elementi analoghi.

Contrariamente a quanto fatto dai fratelli Guerra nella loro edizione e

contrariamente a quanto aveva fatto egli stesso l’anno precedente, al posto

dell’immagine che desiderava ispirare la pietà sacerdotale, viene apposta nel

frontespizio la marca tipografica, che è una delle dieci che l’editore usò durante il suo

lungo periodo di attività, cioè la donna alata che tiene nelle mani una corona d'alloro e

un ramo di palma (sigla Z1209 dell’ICCU)178.

La «Tabula» o indice dell’opera

Viene cambiato il capolettera della “P” di Proemium all’inizio della tabula

contentorum, introducendone uno che segue sempre motivi floreali ma è di fattezze

leggermente diverse da quello dell’edizione dei Guerra.

Tutta la tabula è impaginata su due colonne, tuttavia si abbandona lo stile

tipografico aldino o italico per ritornare ad una tavola in stile romanco e tutta

contenuta in soli 3 fogli, cioè sei facciate avendo così ridotto l’indice, rispetto

all’edizione dei Guerra, di un foglio. Si nota qualche errore introdotto (es. Quis sit

idoneos minister baptismi).

L’incipit

L’inizio dell’opera porta come titolo (in rosso)

SACERDOTALE | AD VSVM SACERDOTIS | ANIMARVM CVRAM GERENTIS | ad varios Ecclesiæ ritus accommodatum.

Come nell’edizione del 1578, Nicolini conferma

l’utilizzo della silografia del Cristo orante come capolettera

della parola “Salvator” dimostrando così di volere

mantenere un proprio stile nell’edizione.

L’impaginazione del contenuto

Avendo rimpiazzato il capolettera con una silografia

178

Vedi http://edit16.iccu.sbn.it/scripts/iccu_ext.dll?fn=12&i=289 consultato in data 15 aprile 2012.

162

leggermente più grande deve giostrarsi con alcune abbreviazioni che va

reintroducendo nelle prime parole e all’interno del testo e che i fratelli Guerra avevano

già “sciolto” nella propria edizione.

Il resto dell’impaginato rimane a 37 righe per foglio, come l’impaginato dei

fratelli Guerra.

Non sembra che ci siano state omissioni, soppressioni o addizioni rispetto

all’edizione precedente.

Valutazione complessiva dell’edizione di Nicolini del 1579

Sembra in tutto identica all’edizione dell’anno precedente con scelta di nuova

silografia nel frontespizio e nuova impostazione grafica della tabula contentorum.

3.14. L’edizione del 1579 di Lucantonio Giunta

Informazioni generali sull’edizione del 1579 di L. Giunta e il titolo

L’edizione del 1579 venne stampata a Venezia oltre che

da Domenico Nicolini e Giovanni Battista Sessa, anche da

Lucantonio Giunta.

Come riferito dall’ICCU, Lucantonio Giunta, attivo come

tipografo dal 1556 al 1601, era

Editore e tipografo, nato a Venezia nel 1540, figlio di Giovanni Maria. Fu spesso in società con altri tipografi, soprattutto per la stampa di edizioni giuridiche; a questo scopo fondò, con molti altri, la Società dell'aquila che si rinnova. A Roma aveva in affitto una libreria all'insegna del Liocorno in via del Pellegrino. Sposò Bianca Verdi ed ebbe due figli, Tommaso e Giovanni Maria. Morì il 6.3.1602; gli successero i figli.179

Il volume consta, come i volumi di Nicolini, di 375 fogli per un totale di 750

pagine.

L’edizione da me consultata è stata reperita nella Biblioteca del Seminario di

Padova.

Dato che sono constatabili diversi titoli stampati da Nicolini per conto

dell’editore Sessa180 tra il 1570 e il 1600 desumo che l’editore che procedette alla

179

http://edit16.iccu.sbn.it/web_iccu/imain.htm alla voce dell’editore “Giunta, Lucantonio <2.>”,

letto in data 8 febbraio 2012. 180

Per i Sessa, Domenico Nicolini da Sabbio stampò svariate opere e anche seconde e terze edizioni

delle medesime. Diamo qui un elenco: nel 1570: AURELIUS AUGUSTINUS, Diui Aurelii Augustinii

Marca tipografica di Giunta

ediz. 1579

163

composizione del Sacerdotale sia stato Nicolini e che abbia proceduto a stampare nella

propria tipografia il Sacerdotale con il marchio di Sessa ma avvalendosi del proprio

impaginato. Consultando l’ICCU rilevo che un certo numero di testi pubblicati sia da

Nicolini che da Sessa – attraverso la tipografia di Nicolini – sono editi nei medesimi

anni anche da Giunta. Ne deduco perciò che Giunta si sia servito della tipografia di

Nicolini anche per detti testi; sono tuttavia consapevole che tale conclusione si basa

esclusivamente sull’esame del solo Sacerdotale.181

Il frontespizio

Il titolo del volume è:

(in rosso) SACERDOTALE | (in nero) Ad consuetudinem S. Romanae Ecclesiae aliarumque | ecclesiarum, ex Apostolicȩ bibliothecȩ ac Sanctorum | Patrum iurium sanctionibus, & ecclesiastico|rum doctorum scriptis, ad optatum quo|rumcunque sacerdotum commo|dum, collectum: | ATQUE SUMMORUM

PONTIFICUM | authoritate multoties approbatum: (in rosso) Summa nuper cura iuxta S. TRIDENTINI Concilii | Sanctiones emendatum, & auctum: (in nero) In quo omnium Sacramentorum officia, resolutionesque omnium dubiorum ad ea | pertinentium,

excommunicationum Canones, cum breui illarum & absoluta | declaratione ex sacris Doctoribus collecta, continentur. | (in rosso) Quibus etiam Rubricae generales tum Missalis cum Breviarij Noui, multaque | alia sacerdotibus valde vtilia ac necessaria, sunt addita: quae in aliis | hactenus impressis desiderabantur.

È quasi del tutto identico al frontespizio di Nicolini del medesimo anno, salvo

ovviamente la marca tipografica: per il resto si faticherebbe a credere che si tratti di

due edizioni diverse perché le scritte del frontespizio sembrano uscite dalla medesima

tipografia, soprattutto se si nota la “e commerciale” dell’ “et ecclesiasticorum” oppure

la “Q” dell’ “ATQUE” o le lettere “m” ed “n” finali come nella scritta “commodum

collectum”.

Hipponensis episcopi Operum; nel 1572: GEOR EDER, Oeconomia Bibliorum siue Partitionum theologicarum libri quinque quibus Sacrae scripturae dispositio...; nel 1573, nel 1574 e poi nel 1583: IOANNES CHRISOSTOMUS, Diui Ioannis Chrysostomi archiepiscopi Constantinopolitani Opera (pubblicate da Nicolini lo stesso anno oppure un anno o due prima); nel 1578, nel 1582, nel 1587 di BARTOLOMEO FUMO, Summa aurea armilla nuncupata, casus omnes ad animarum curam attinentes...; nel 1584 di REGINALDO SPADONI, Mistico tempio del rosario con fiori & frutti alla gloriosa Vergine Maria madre di Dio; nel 1596 di DANTE ALIGHIERI, Dante con l’espositioni di Christoforo Landino; nel 1600 di HUGUES DE SAINT-CHER, Vgonis de S. Charo, S. Romanae Eccl. tit. S. Sabinae cardinalis primi Ordinis praedicatorum Opera omnia.

181 Opere pubblicate da Giunta in concomitanza con le edizioni di Sessa e contemporanee o

successive a quelle di Domenico Nicolini da Sabbio: nel 1570: AURELIUS AUGUSTINUS, Diui Aurelii Augustinii Hipponensis episcopi Operum; nel 1573 e nel 1583: IOANNES CHRISOSTOMUS, Diui Ioannis Chrysostomi archiepiscopi Constantinopolitani Opera.

164

La «Tabula» o indice dell’opera

È esattamente identica per il capolettera e per tutto il resto del contenuto, sia

dal punto di vista formale che contenutistico alla tabula dell’edizione di Nicolini del

medesimo anno, tanto che si può ipotizzare che sia frutto di un’unica e medesima

edizione della medesima tipografia.

L’incipit

Il titolo scritto a caratteri cubitali e in inchiostro rosso è:

(in rosso) SACERDOTALE | AD VSVM SACERDOTIS | ANIMARVM CVRAM GERENTIS | ad varios Ecclesiæ ritus accommodatum. (in nero) Prooemium

È anch’esso esattamente identico all’incipit dell’edizione

di Nicolini, con la medesima silografia del Cristo in preghiera

nell’orto degli ulivi.

Il testo è impaginato con i medesimi salti di riga e

un’identico salto pagina.

L’impaginazione del contenuto

È impaginato, come l’edizione di Nicolini, su 37 righe per pagina. I salti pagina e i

salti riga sono esattamente identici a quelli dell’edizione di Nicolini.

Anche per la presente edizione un errore evidente nella numerazione dei fogli ci

permette di individuare con certezza una parentela con quelle di Nicolini del

medesimo anno e con quella dei Guerra del 1576. Come nell’edizione di Guerra e di

Nicolini dopo il foglio 306 si commettono errori nella numerazione dei fogli seguenti,

ma per questo tipo di errore di numerazione dei fogli vedi sopra a p. 154.

Ecco dove le edizioni si avvicinano negli errori di numerazione e dove Giunta

concorda con tali errori.

edizione foglio reale 368 369 370 371 372 373 374 375 376

ediz. Guerra 1576 foglio stamp. 366 367 370 369 370 371 372 - -

ediz. Nicolini 1578 foglio stamp. 366 369 370 369 370 371 372 375 -

ediz. Nicolini 1579 foglio stamp. 366 369 370 371 372 373 374 375 -

ediz. Giunta 1579 foglio stamp. 366 369 370 371 372 373 374 375 -

ediz. Sessa 1579 foglio stamp. 366 369 370 371 372 373 374 375 -

Dunque, a partire da questi elementi esterni, l’edizione di Giunta del 1579

sembra essere stata stampata dalla medesima tipografia che aveva stampato

l’edizione di Nicolini con l’unico cambiamento della silografia nel frontespizio e i

165

riferimenti dell’editore, probabilmente una edizione commissionata all’editore-

stampatore Nicolini.

Valutazione complessiva dell’edizione di Giunta del 1579

È la stampa in tutto e per tutto identica a quella di Nicolini del medesimo anno e

probabilmente a lui commissionata. Per questo motivo abbiamo preferito ordinare le

edizioni classificando prima l’edizione di Nicolini e poi rispettivamente quelle di Giunta

e di Sessa.

3.15. L’edizione del 1579 di Giovanni Battista Sessa e fratelli

Informazioni generali sull’edizione del 1579 a cura di G.B. Sessa e fratelli e il titolo

Un’altra delle edizione che videro la luce nel 1579

venne stampata, come tutte le altre, sempre a Venezia, da

Giovanni Battista Sessa e fratelli.

Il volume consta di 376 fogli per un totale di 752

pagine.

L’edizione è stata da me consultata presso la Biblioteca

dei frati Cappuccini di Arezzo.

L’ICCU circa la stirpe dei Sessa, in particolare Giovanni

Battista e i fratelli, afferma che furono

Editori e tipografi attivi a Venezia, figli di Melchiorre il vecchio. I fratelli di Giovanni Battista il giovane erano Giovanni Bernardo, Melchiorre Sessa il giovane e Bernardino. Come editori si servirono di molte tipografie, tra cui quelle di Alessandro Griffio, Girolamo Polo, Egidio Regazzola, Pietro Dusinelli, e dei Rampazetto182

Il frontespizio

[in rosso] SACERDOTALE | [in nero] Ad consuetudinem S. Romanae Ecclesiae aliarumque | ecclesiarum, ex Apostolicȩ bibliothecȩ ac Sanctorum | Patrum iurium sanctionibus, & ecclesiastico|rum doctorum scriptis, ad optatum quo|rumcunque sacerdotum commo|dum, collectum: | ATQUE SUMMORUM PONTIFICUM | authoritate multoties approbatum: [in rosso] Summa nuper cura iuxta S. TRIDENTINI Concilii | Sanctiones emendatum, & auctum: | [in nero] In quo omnium Sacramentorum officia, resolutionesque omnium dubiorum ad ea | pertinentium, excommunicationum Canones, cum breui illarum & absoluta | declaratione ex sacris Doctoribus collecta, continentur. | [in rosso] Quibus etiam Rubricae generales tum

182

http://edit16.iccu.sbn.it/web_iccu/imain.htm alla voce dell’editore “Sessa, Giovanni Battista <2.>

& fratelli”, letto in data 9 febbraio 2012.

Frontespizio ed. Sessa (1579)

166

Missalis cum Breviarij Noui, multaque | alia sacerdotibus valde vtilia ac necessaria, sunt addita: quae in aliis | hactenus impressis desiderabantur.

È in tutto identico al titolo del frontespizio delle edizioni di Nicolini e Giunta,

salvo che Sessa non azzarda la sostituzione della silografia dell’edizione dei Guerra con

la propria marca tipografica, soluzione adottata da Nicolini e Giunta nella propria

edizione del medesimo anno, ma la sostituisce con una silografia che indica il Cristo in

preghiera nell’orto degli ulivi, con il calice della passione che gli viene porto. Tale

immagine rimarrà anche nell’edizione da lui pubblicata l’anno successivo, poi Sessa si

adeguerà allo stile degli altri editori, abbandonando l’idea di apporre una silografia

adatta al contenuto del volume e finendo per apporre come silografia del frontespizio

la propria marca tipografica.

La «Tabula» o indice dell’opera

È esattamente identica per il capolettera e per tutto il resto del contenuto, sia

dal punto di vista formale che contenutistico alla tabula dell’edizione di Nicolini e di

Giunta del medesimo anno. Anche per essa si può ipotizzare che sia frutto di un’unica

e medesima stampa effettuata dalla medesima tipografia. Per il momento ipotizziamo

che sia stato Nicolini ad essere stato commissionato da Giunta e da Sessa per produrre

un’edizione sotto il loro marchio tipografico.

L’«incipit»

In tutto e per tutto identico all’incipit di Nicolini e di

Giunta del medesimo anno.

Porta il titolo:

(in rosso) SACERDOTALE | AD VSVM SACERDOTIS | ANIMARVM CVRAM GERENTIS | ad varios Ecclesiæ ritus accommodatum. (in nero) Prooemium.

La lettera capitale “S” del “Salvator” è costituita

sempre dalla medesima silografia delle edizioni dell’anno

medesimo di Nicolini e Giunta, raffigurante il Cristo in

preghiera nell’orto degli ulivi.

L’impaginazione del contenuto

È impaginato, come l’altra edizione di Nicolini e di Giunta, su 37 righe per pagina.

I salti pagina e i salti riga sono esattamente identici a quelli dell’edizione di Nicolini.

Sessa 1579: incipit

167

Un errore evidente nella numerazione dei

fogli 305-313 più il salto foglio dopo il foglio

366 direttamente al foglio 369, ci permette di

individuare con certezza una parentela della

presente edizione con quelle di Nicolini e di

Giunta del medesimo anno e con quella dei

Guerra del 1576, tuttavia segnalo che la

presente edizione è stata certamente stampata

per ultima rispetto alle altre due edizioni del

medesimo anno, in quanto al foglio 327 si

commette un errore di numerazione

stampandolo con il numero 329. È difficile

pensare che ci fosse stata l’introduzione di un

errore e che ci sia stata successivamente la sua

correzione. Oltretutto la copia a mia

disposizione dell’edizione di Sessa del 1580 è manchevole di un quaderno, dal foglio

319 al foglio 327 compreso, e pertanto non ho potuto verificare se anche l’edizione di

Sessa del 1580 attesta il medesimo errore.

Quindi, a meno che non abbiamo preso un abbaglio, vennero stampate le tre

edizioni del 1579 presso la tipografia di Nicolini innanzitutto per il medesimo

editore/stampatore con una risistemazione dell’edizione che egli aveva edito l’anno

precedente; successivamente si stampò la medesima opera con la marca tipografica di

Giunta e, infine, per l’editore Sessa con la sua marca tipografica.

Valutazione complessiva dell’edizione di Sessa del 1579

È la stampa in tutto e per tutto identica a quella di Nicolini del medesimo anno e

probabilmente a questi commissionata. A motivo di alcuni errori di numerazione che si

riscontrano non presenti nelle edizioni di Nicolini e Giunta, ritengo che quella di Sessa

sia stata l’ultima stampata delle tre edizioni che probabilmente, al momento della

stampa, ha comportato l’introduzione di alcuni errori di numerazione dei foglio assai

frequenti all’epoca.

Edizioni 1578-1579 a confronto: errore di numerazione di p. 327

introdotto nell’edizione di Sessa 1579

168

3.16. L’edizione del 1580 di Giovanni Battista Sessa e fratelli

Informazioni generali sull’edizione del 1580 e il titolo

L’edizione del 1580 venne stampata a Venezia da

Giovanni Battista Sessa e fratelli.

Circa Giovanni Battista Sessa e i fratelli vedi le notizie

riguardanti i fratelli Sessa riportate a proposito

dell’edizione del 1579183.

L’editore, a meno che la copia da noi consultata non abbia subito menomazioni

nella parte finale, non porta la marca tipografica nella parte finale del volume e

nemmeno nel frontespizio dove, sopra l’indicazione degli editori, viene apposta una

silografia “a tema” con il testo che viene pubblicato, quindi la preghiera di Gesù nel

Getzemani in atto di bere il calice della passione che gli viene porto da un angelo.

Il volume consta di 376 fogli per un totale di 732 pagine: la numerazione infatti

presenta parecchi errori, soprattutto dopo il foglio 306.

La copia da noi consultata custodita presso la biblioteca del Convento di s.

Francesco a Bologna manca infatti delle pagine 319-327 e pensiamo trattarsi di copia

fallata o di un errore da parte dei rilegatori in uno dei diversi passaggi di rilegatura.

Verso la fine della ricerca siamo riusciti a rintracciarne una copia digitale in Google

books184.

Il frontespizio

Il titolo del volume è:

[in rosso] Sacerdotale | [in nero] Ad consuetudinem S. Romanæ Ecclesiæ aliarumque | ecclesiarum ex Apostolice bibliothece ac Sanctorum | Patrum iurium sanctionibus, & ecclesiastico|rum doctorum scriptis, ad optatum quo|rumcunque sacerdotum commo|dum, collectum: | ATQUE SUMMORUM PONTIFICUM | authoritate multoties approbatum: | [in rosso] Summa nuper cura iuxta S. TRIDENTINI Concilii | Sanctiones emendatum, & auctum: | [in nero] In quo omnium sacramentorum

officia, resolutionesque omnium dubiorum ad ea | pertinentium, excommunicationum Canones, cum breui illarum [et] absoluta | declaratione ex sacris Doctoribus collecta, continentur. | [in rosso] Quibus etiam Rubricæ generales tum Missalis tum Breuiarij Noui, multaque | alia sacerdotibus valde utilia ac necessaria, sunt addita: quæ in aliis | hactenus impressis desiderabantur.

183

Cf. nota 182 p. 56. 184

http://books.google.it/books?id=3Npees3k6xAC.

169

Mantiene la denominazione acquisita a partire dal 1554, cioè Sacerdotale, ma con la specifica ad consuetudinem sanctae romanae ecclesiae che è la denominazione più diffusa acquisita a partire dall’edizione di Giovanni Varisco e soci del 1564. Come nelle edizioni dell’anno precedente, si avvisa che è stato corretto e sono state apportate delle addizioni a partire dalle sanzioni del concilio di Trento e che sono state aggiunte le rubriche sia del Messale (1570) sia del Breviario (1568) e molte altre cose che nelle edizioni precedenti non si troverebbero minimamente. Lo studio più specifico dei contenuti rivelerà se è semplicemente rimasto il vecchio frontespizio con la promessa di nuovi desiderata.

L’incipit

Porta il titolo:

(in rosso) SACERDOTALE | AD VSVM SACERDOTIS | ANIMARVM CVRAM GERENTIS | ad varios Ecclesiæ ritus accommodatum. (in nero) Prooemium.

La lettera capitale “S” del “Salvator” è costituita sempre

dalla medesima silografia delle edizioni dell’anno precedente

di Nicolini, Giunta e degli stessi Sessa, raffigurante il Cristo in

preghiera nell’orto degli ulivi.

L’impaginazione del contenuto

È impaginato, come l’edizione di Nicolini del 1579, su 37 righe per pagina. I salti

pagina e i salti riga sono esattamente identici a quelli dell’edizione di Nicolini.

Un errore evidente nella numerazione dei fogli 305-313 ci permette di

individuare con certezza una parentela della presente edizione con quelle di Nicolini e

di Giunta dell’anno precedente.

Valutazione complessiva dell’edizione di Sessa del 1580

Salve novità che possono emergere dall’esame più puntuale dell’opera, a parte la

correzione della numerazione dei fogli, si tratta di una riedizione o ristampa

dell’edizione dell’anno precedente.

Edizione del 1580, incipit

170

3.17. L’edizione del 1585 di Giovanni Battista Sessa e fratelli

Informazioni generali sull’edizione del 1585 e il titolo

Una delle edizioni comparse nel 1585 venne stampata a

Venezia sempre per i tipi di Giovanni Battista Sessa e fratelli.

Circa Giovanni Battista Sessa e i fratelli vedi le notizie

riguardanti i fratelli Sessa riportate a proposito dell’edizione del

1579185.

L’edizione da me consultata è stata reperita presso la biblioteca provinciale dei

padri Cappuccini di Bologna.

Il frontespizio

Il titolo del volume è:

[in Rosso] SACERDOTALE | [in nero] ROMANUM | Ad consuetudinem S. Romanæ Ecclesiæ aliarumq[ue] Ec|clesiarum, ex Apostolicæ Bibliothecæ, ac Sanctorum | Patrum iurium sanctionibus, & Ecclesiastico|rum Doctorum scriptis, ad optatum | quorumcunq[ue]; Sacerdotum com|modum, collectum: | ATQUE SUMMORUM PONTIFICUM | authoritate multoties approbatum: | [in rosso] Summa nuper cura iuxta S. TRIDENTINI Concilij | Sanctiones emendatum, & auctum: | [in nero] In quo omnium Sacramentorum officia, resolutionesq[ue] omnium dubiorum ad ea | pertinentium, excommunicationum Canones: cum breui illarum [et] absoluta |

declaratione ex sacris Doctoribus collecta, continentur. [in rosso] Quibus etiam Rubricae generales tum Missalis tum Breuiarij Noui, multaq[ue] | alia sacerdotibus valde utilia, ac necessaria, sunt addita: quae in | aliis hactenus impressis desiderabantur.

Rispetto all’edizione del 1779 e del 1780 spicca l’introduzione di Romanum dopo

il Sacerdotale. Questo significa che l’ordo dei riti della chiesa romana che erano

talvolta riportati accanto agli ordines di altri riti prendono il sopravvento su questi

ultimi. Anche se la dicitura immediatamente precedente l’incipit che vede un ad varios

ecclesiae ritus accomodatum è assai chiaro, la maggior parte dell’utenza doveva essere

di rito romano latino e perciò sono i rituali della chiesa romana che interessa ora

offrire con questa nuova edizione.

185

Cf. nota 182 p. 56.

marca di Sessa del 1885

171

L’incipit

L’incipit è

(in rosso) SACERDOTALE | AD VSVM SACERDOTIS | ANIMARVM CVRAM GERENTIS | ad varios Ecclesiæ ritus accommodatum. (in nero) Prooemium.

L’impaginazione del contenuto

L’impaginazione e i salti pagina sono esattamente

identici a quelli del 1580 ma ci sono alcuni errori nella

numerazione delle pagine che ci fanno comprendere come il

lavoro sia stato compiuto in un tempo diverso con correzione

di errori o introduzione di essi nella numerazione delle

pagine.

Ad esempio la pag. 208, contrariamente all’edizione di Nicolini del medesimo

anno, è esattamente numerata. Tuttavia un errore evidente nella numerazione dei

fogli 305-313 ci permette di individuare con certezza una parentela della presente

edizione con quella di Guerra del 1576, di Nicolini del 1578, di Nicolini, Giunta e Sessa

del 1579, di Sessa del 1580 e di Nicolini, Giunta e Sessa del 1585.

Per tali errori di numerazione vedi p. 154 e anche le informazioni relative alle

singole edizioni.

Valutazione complessiva dell’edizione di Sessa del 1585

Si tratta di una riedizione della pubblicazione del medesimo editore del 1580 con

il passaggio da Sacerdotale a Sacerdotale romanum.

3.18. L’edizione del 1585 di Giunta

Informazioni generali sull’edizione del 1585 a cura di Giunta

Una delle edizioni apparse nel 1585 venne

stampata a Venezia dall’editore Giunta.

Circa le informazioni relative all’editore vedi

quanto riportato precedentemente a proposito

dell’edizione di Giunta del 1579 a p. 162.

Il volume consta di 375 fogli per un totale di 750 pagine. Lo specchio di stampa

misura cm 17,5x11,5.

incipit dell’edizione di Sessa e

fratelli del 1585

edizione di Giunta del 1585: marca

172

La copia localizzata dell’edizione da me consultata è quella della Biblioteca del

Castello del Buon Consiglio di Trento, Fondo Laurence K. J. Feininger, che ho consultato

attraverso una riproduzione digitale gentilmente fornita dalla Soprintendenza per i

Beni librari archivistici e archeologici della Provincia Autonoma di Trento.

Il frontespizio

Il titolo del volume è:

(in rosso) SACERDOTALE | (in nero) ROMANUM | Ad consuetudinem S. Romanæ Ecclesiæ aliarumq[ue] Ec|clesiarum ex Apostolicæ Bibliothecæ, ac Sanctorum | Patrum iurium sanctionibus, & Ecclesiastico|rum Doctorum scriptis, ad optatum | quorumcunq[ue] Sacerdotum com|modum, collectum: | ATQUE SUMMORUM PONTIFICUM | authoritate multoties approbatum: (in rosso) Summa nuper cura iuxta S. TRIDENTINI Concilii | Sanctiones emendatum, & auctum: (in nero italico) In quo omnium Sacramentorum Officia, resolutionesq[ue] omnium dubiorum ad ea | pertinentium, excommunicationum Canones, cum breui illarum & absoluta | declaratione ex sacris Doctoribus collecta, continentur. | (in rosso) Quibus etiam Rubricae generales tum Missalis cum Breviarij Noui, multaq[ue] | alia Sacerdotibus valde vtilia, ac necessaria, sunt addita:

quae in | alijs hactenus impressis desiderabantur.

Non è molto distante dagli altri frontespizi del medesimo anno di edizione con la

riconferma del “Romanum” accanto al “Sacerdotale” a riconferma che l’opera non era

più nota solamente come “sacerdotale”, ma come “sacerdotale romanum”.

La «Tabula» o indice dell’opera

Anche per la tavola dei contenuti Giunta vuole rompere con la tradizione

tipografica precedente e impostare delle nuove, più efficienti e chiare regole anche per

la tavola dei contenuti.

Sacerdotale del 1585 (Giunta):

frontespizio

173

L’incipit

Rispetto all’edizione di Sessa del medesimo anno

emerge l’evoluzione del carattere tipografico con il

quale si è scritto “PROŒMIUM”, più grande e più in

vista.

La “us” finale del sostantivo “Dominus” è

abbreviata, contrariamente a quanto fatto nelle

edizioni precedenti sia di Sessa che di Nicolini e perciò

mi sembra di ravvisare una risistemazione e ri-

impaginazione del testo rispetto alle edizioni

precedenti.

L’impaginazione del contenuto

Emerge il tentativo di affrancarsi dalle impostazioni tipografiche delle edizioni

che aveva condiviso con Nicolini e Sessa nel 1579. Questa tendenza emerge dai

capilettera, che riprendono talvolta modelli precedenti.

Da un esame il più possibile attento mi sembra di potere affermare che Nicolini,

lo stampatore, al momento in cui esegue per Giunta la stampa del 1585, era arrivato a

revisionare il testo con la sostituzione dei capilettera gotici a capilettera in stile

romano e con la risistemazione della notazione gregoriana da stile curvo a stile

quadrato grande fino al foglio 184v. Tale revisione si presenterà nell’edizione di

Nicolini del medesimo anno anche nei fogli successivi. Anche per tale motivo e per

alcuni altri errori di numerazione (ad esempio l’introduzione dell’errore di

numerazione della pagina 128 segnata come 120 che si trascinerà nelle edizioni di

Nicolini del medesimo anno e anche nell’edizione di Sessa del 1996) affermo che

l’esatta successione cronologica delle edizioni del 1585 fu: Sessa, Giunta e infine

Nicolini.

Le innovazioni che sembrano dipendere dal nuovo fascino esercitato

dall’eleganza del carattere tipografico romano troveranno spazio solo nell’edizione del

1587, che sarà l’edizione di Giunta veramente innovativa sia dal punto di vista grafico,

con il passaggio al solo carattere tipografico romano, sia dal punto di vista

contenutistico con l’introduzione di parti estranee all’opera originaria di Alberto da

Castello.

Valutazione complessiva dell’edizione di Giunta del 1585

Salvo sorprese derivanti da un esame più puntuale dell’edizione, si tratta di un

tentativo di risistemazione tipografica dell’edizione di Sessa del medesimo anno.

edizione di Giunta 1585: incipit

174

3.19. L’edizione del 1585 di Domenico Nicolini

Informazioni generali sull’edizione del 1585 a cura di

Domenico Nicolini e il titolo

Una delle edizioni apparse nel 1585 venne

stampata sempre a Venezia da Domenico Nicolini.

Circa Domenico Nicolini vedi le notizie riportate

per l’edizione del 1579186.

Il volume consta di 375 fogli per un totale di 750 pagine. Lo specchio di stampa

misura cm 17,5x11,5.

Abbiamo consultato il volume in parte presso la biblioteca del convento

dell’Osservanza di Bologna dei frati minori dell’Emilia-Romagna e in parte in google

books187.

Il frontespizio

Il titolo del volume è:

[in Rosso] SACERDOTALE | [in nero] ROMANUM | Ad consuetudinem S. Romanæ Ecclesiæ aliarumq[ue] Ec|clesiarum, ex Apostolicæ Bibliothecæ, ac Sanctorum | Patrum iurium sanctionibus, & Ecclesiastico|rum Doctorum scriptis, ad optatum | quorumcunq[ue]; Sacerdotum com|modum, collectum: | ATQUE SUMMORUM PONTIFICUM | authoritate multoties approbatum: | [in rosso] Summa nuper cura iuxta S. TRIDENTINI Concilij | Sanctiones emendatum, & auctum: | [in nero] In quo omnium Sacramentorum officia, resolutionesq[ue] omnium dubiorum ad ea | pertinentium, excommunicationum Canones: cum breui illarum [et] absoluta | declaratione ex sacris Doctoribus collecta, continentur. [in rosso] Quibus etiam Rubricae

generales tum Missalis tum Breuiarij Noui, multaq[ue] | alia sacerdotibus valde utilia, ac necessaria, sunt addita: quae in | alijs hactenus impressis desiderabantur.

La «Tabula» o indice dell’opera

È esattamente identica per il capolettera e per tutto il resto del contenuto, sia

dal punto di vista formale che contenutistico alla tabula dell’edizione di Sessa e di

Giunta del medesimo anno, tanto che si può ipotizzare, anche per questa edizione, che

sia frutto di un’unica e medesima edizione della medesima tipografia.

È anch’essa impaginata in sei facciate come nell’edizione di Sessa e nelle

precedenti.

186

Cf. nota 175 p. 54. 187

http://books.google.it/books?id=x4w8AAAAcAAJ letto in data 2 giugno 2012.

Marca tipografica di Nicolini del 1585

Edizione di Nicolini del 1585,

frontespizio

175

L’incipit

L’incipit è

(in rosso) SACERDOTALE | AD VSVM

SACERDOTIS | ANIMARVM CVRAM GERENTIS | ad

varios Ecclesiæ ritus accommodatum. (in nero)

Prooemium.

L’impaginazione del contenuto

Ad un esame attento e puntuale appare

evidente che lo specchio di pagina e l’impaginato

sono il medesimo dell’edizione di Sessa, tuttavia a

quell’edizione sono state apportate alcune variazioni

che, in un primo tempo e ad una vista frettolosa, possono risultare impercettibili.

I Capilettera sono stati talvolta variati, come al foglio 2 recto, dove la “E” fiorita

dell’«Et quia (ut praehabitum est)» è stata sostituita con un’altra “E” fiorita, ma con

fioriture differenti, oppure come la “E” dell’«Et quia etiam bona vita» del foglio 2 verso

dove nell’edizione del Nicolini del 1579 e nell’edizione di Sessa del 1585 è una “E”

gotica mentre nell’edizione di Nicolini del 1585 è stata sostituita con una “E” in stile

romano.

La presente edizione rappresenta il completamento della revisione dell’edizione

di Sessa del medesimo anno che, al momento della stampa per l’editore Giunta era

arrivata al foglio 184v, mentre nella presente edizione è stata portata a compimento

anche nel resto dell’opera la sostituzione dei capilettera gotici con capilettera in stile

romano e con la risistemazione della notazione gregoriana da stile curvo a stile

quadrato grande.

Anche la numerazione delle pagine registra delle differenze. Ad esempio il foglio

n° 208 non è esattamente numerato e porta invece il numero 200. Si può pensare ad

una edizione successiva a quella di Sessa e di Giunta che tenta un miglioramento

dell’impaginato e della resa grafica ma che, in tale abbellimento del testo tramite il

cambiamento dei capilettera e la necessaria risistemazione dell’impaginato per fare sì

che il contenuto di ogni pagina rimanga tale e quale e non debba essere collocato nella

pagina successiva inducendo quindi ad una più profonda e laboriosa ricomposizione

del testo: nel fare questo, ovviamente, si incorre in errori di numerazione pagina.

Tuttavia, nonostante la rimpaginazione del testo, rimangono gli errori evidenti nella

numerazione dei fogli 305-313 che ci permettono di individuare con certezza una

Incipit dell’edizione di Nicolini del 1585

176

parentela della presente edizione con quella di Sessa del medesimo anno, con quella di

Sessa del 1580 e di Nicolini del 1579.

Valutazione complessiva dell’edizione di Nicolini del 1585

È la risistemazione tipografica dell’edizione approntata nel medesimo anno, a

mio giudizio da Nicolini stesso, prima per Sessa con una ristampa dell’edizione del

1580, poi, dopo cambiamento di frontespizio e inizio di risistemazione e abbellimento

testuale, per Giunta, quindi, dopo la conclusione dell’abbellimento testuale e della

notazione gregoriana, per se medesimo.

3.20. L’edizione del 1587 di Giunta

Informazioni generali sull’edizione di Giunta del 1587 e il titolo

L’edizione del 1587 venne stampata a Venezia

da Lucantonio Giunta.

Circa Lucantonio Giunta vedi le notizie

riportate nell’edizione del 1579188.

La presente edizione costituisce forse la prima vera e propria edizione originale e

indipendente nella scelta tipi di stampa, silografie, disposizione del contenuto, da tutte

le edizioni precedenti con una ricomposizione di tutto il contenuto fatta da cima a

fondo.189

Il volume consta di 376 fogli per un totale di 752 pagine. Lo specchio di stampa

misura cm 21x12,8.

Abbiamo consultato il volume presso la biblioteca del convento dell’Osservanza

di Bologna dei frati minori dell’Emilia-Romagna.

188

Cf. nota 179 p. 55. 189

Per alcune osservazioni circa i cambiamenti significativi vedi a p. 64 l’«impaginazione del

contenuto».

177

Il frontespizio

Il titolo del volume è:

(in rosso) SACERDOTALE | AD S. R. ECCLESIAM (sic) | CONSUETUDINEM | (in nero) Sacri Concilij Tridentini sanctionibus, summorum | Pontificum constitutionibus, sanctorumq(ue) ; Pa|trum ac doctorum scriptis collectum. | (in rosso) NUPER EMENDATIORIBUS TYPIS | (in nero) de Superiorum licentia excussum: | (in italico) Cui, quæ ad commodiorem Sacerdotum usum addita, emen|data, atq(ue) perspicuè immutata fuerint, versum folium | INDICAT.

L’immagine della silografia che sovrasta il titolo è

nuova ed indica il signore Gesù Cristo con la sua croce al

centro della scena e attorno delle figure umane disposte

nell’atto di celebrare i sacramenti. Sotto l’immagine la scritta septem sacramenta (i

sette sacramenti).

Nel titolo sembra campeggi un errore quasi che ecclesiam sia assunto come

ecclesiasticam e aggettivo di consuetudinem.

Un tratto distintivo di Giunta rispetto a tutte le altre edizioni precedenti è la

scelta di apporre anche la marca tipografica in inchiostro rosso e non solo le parti più

importanti del titolo oltre che di sottolineare che la presente edizione è fornita di

emendatiora typa.

Si sceglie di non mettere tutte le informazioni relative all’edizione sul solo

frontespizio, ma si sceglie, nelle ultime tre parole del frontespizio (versum folium

indicat), di far riferimento al verso del folio per indicare i diversi altri contenuti aggiunti

nel volume: (sul retro del foglio)

Præter sacramentorum omnium officia, dubiorumque ad ea pertinentium explicationem, Canones excommunicationum, cum breui, et absoluta ex sacris doctoribus, et canonum interpretibus collecta declaratione (qua duce Sacerdos in sua vocatione non facile errabit) antea concinne compilata; hæc adiecimus præcipua. In primis, Tractatum illum, qui de confirmationis sacramento agit: De Computis item, Exorcismis, maleficijque varijs. Sermones etiam quinque, qui varijs anni temporibus recitandi latine legebantur, ad facilius Curatorum commodum, vulgarem in sermonem transferri curauimus. Nec Rubricas omnes tum Missae, tum diuini Officij prætermisimus. Quorum omnium capita, materiasque distinctas, sequens, copiosus quidem, & perspicuus Index ostendit.

La «Tabula» o indice dell’opera

Anche per la tavola dei contenuti Giunta vuole rompere con la tradizione

tipografica precedente e impostare delle nuove, più efficienti e chiare regole anche per

la tavola dei contenuti.

Nuova è la “P” di “Proemium” capolettera, ma soprattutto, rispetto alle edizioni

che la precedono, fa un nuovo passo avanti per una presentazione più sistematica e

178

organica del contenuto. Soprattutto vengono ripensate le voci della tabula come si può

vedere dal confronto delle prime cinque voci che qui, per chiarezza di esposizione,

appongo. Tale ripensamento porta ad ingenerare degli errori nel testo latino della

tabula. Ad esempio è evidente che alla quinta voce qui apposta ci si è dimenticati la “a”

in Quæ sacerdotibus sunt suis subditis prædicanda.

edizioni 1579N, 1585S, 1585N, Giunta (1587)

Proœmium. Prœmium in quo exponuntur ea, quæ

duplicis ordinis sacerdotes scire & docere

subditum sibi populum debeant, & quae

cauere teneantur. car. 12

Vnde dicatur sacerdos, origo sacerdotij, et

officium sacerdotis. cap. 1

Cap. 1. Vnde dicatur sacerdos, & à quo

habuerunt origine(m), quodq(ue); illorum

sit officiu(m).

Doctrina et bona vita necessariæ sunt

sacerdoti. ca. 2

Cap. 2. Quam maximè sacerdotes decent,

& sana doctrina, & uitae integritas.

Quæ necessario scienda sunt a sacerdote.

c. 3

Cap. 3. Quæ nam scire oporteat

sacerdotes

Sacerdos parochialis debet suis subditis

prædicare. cap. 4

Cap. 4. Sacerdos parrochialis subditis suis

prædicare debet.

Quae sint prædicanda a sacerdotibus

plebibus suis. cap. 5

Cap. 5. Quæ sacerdotibus sunt suis

subditis prædicanda.

A partire dall’edizione di Guerra (1576) infatti, gli editori avavano cominciato ad

apporre, al termine di ogni voce dell’indice, il numero del capitolo che Alberto da

Castello aveva espresso, non nell’indice, ma all’interno del volume, accanto ad ogni

capitolo di ciascuna sezione o sottosezione in cui aveva suddiviso il testo

commettendo talvolta palesi errori di numerazione (o l’autore o l’editore). Giunta

anticipa l’indicazione del capitolo all’inizio della voce dell’indice. L’effetto diventa

quello di maggiore chiarezza che mette in evidenza ancor più la sistematicità

dell’opera.

È anch’essa impaginata in sei facciate come nell’edizione di Sessa e nelle edizioni

degli anni precedenti di Nicolini e Sessa e nelle edizioni precedenti di Giunta stesso.

179

L’incipit

L’inizio dell’opera porta come titolo

(in rosso) SACERDOTALE | (in nero) AD QVORVMCVNQVE | Sacerdotum vsum, animarum præcipue curam | gerentium, & ad varios Ecclesiæ ritus | nuper accommodatum. | (in rosso) In quo ea exponuntur quæ duplicis ordinis Sacerdotes scire, | et docere subditum sibi populum debeant, | et quæ cauere teneantur.

La «S» di «Salvator» quale capolettera è sostituita da

una «S» con motivi assai fioriti e rifiniti.

Tutto il testo comincia ad essere impaginato con un

carattere tipografico di stile romano, mostrando la

preferenza di Giunta per tale carattere con l’abbandono definitivo da parte sua del

carattere tipografico gotico.

L’impaginazione del contenuto

Oltre ad alcuni elementi formali circa l’impaginazione del foglio per un

reperimento più veloce dei contenuti l’edizione vede qualche novità significativa.

Circa l’impaginazione il testo del foglio (non della pagina) viene diviso idealmente

in sei parti con l’apposizione delle lettere A-B-C nel foglio recto e delle lettere D-E-F al

foglio verso.

Per quanto riguarda invece il

contenuto, nella prima parte

relativa ai sacramenti fa capolino

una serie di capitoli in una nuova

sezione dal titolo De confirmandis,

seu Chrismandis in fronte.

I capitoli relativi all’eucaristia

che Alberto da Castello aveva

intitolato tractatus eiusdem

particula secunda e che aveva giustapposto al termine dei capitoli relativi all’ufficio

divino (ed. 1523, ff. 109-113), ritornando così su questioni relative all’eucaristia,

vengono da Giunta scorporati e posti in una sezione a parte, successiva alle indicazioni

relative al breviario e al messale e intitolate Capita quædam de communione (Giunta

1587, ff. 126-133).

Confermazione: silografia introdotta da Giunta (1587) (f. 26v)

180

Le silografie che in tutte le

edizioni precedenti erano state poste

in corrispondenza degli inizi di una

certa serie di capitoli, sono quasi

generalmente omesse, salvo che

alcune eccezioni.

Spicca pertanto una nuova

silografia relativa al matrimonio in una

sezione relativa agli impedimenti

matrimoniali dove, rappresentando

come un albero con i suoi rami i rami

della parentela si vuole dare una

rappresentazione grafica a tali gradi di

parentela e ai relativi impedimenti.

Tale silografia deve avere

certamente colpito il vecchio Varisco il

quale, non pago delle proprie imprese di gioventù, si deve essere sentito quasi punto

sul vivo se, proprio l’anno successivo, tenterà di presentare la sua versione migliorata

del Sacerdotale facendo riprodurre un’imitazione della silografia introdotta da Giunta

nella presente edizione.

La silografia invece relativa alle esequie che vuole rappresentare graficamente le

esequie di un pontefice è stata riprodotta e confrontata con altre immagini analoghe

nella parte del capitolo dove si procede ad un confronto puntuale sulle singole

silografie relative ai riti delle esequie.

Le Rubriche del messale e quelle del breviario inerenti l’ufficio appaiono essere

quelle del concilio tridentino e sono riprese nella tabula per ben due volte.

L’esame e l’edizione del Liber sacerdotalis potrà identificare più precisamente le

addizioni di Giunta del 1587 già specificate nel retro del frontespizio, così come

quantificarne la mole.

Valutazione complessiva dell’edizione di Giunta del 1587

Potremmo intitolare l’edizione di Giunta del 1587 “anche i migliori possono

sbagliare”. Se infatti l’edizione intendeva essere fortemente innovativa,

nell’impostazione sobria del frontespizio, nella trasparenza circa i nuovi contenuti

introdotti e con innovazioni sia dal punto di vista tipografico e grafico sia dal punto di

vista contenutistico, l’errore di latino nel frontespizio sembra quasi imperdonabile.

Vincoli di parentela impedienti il matrimonio (f. 29v)

181

3.21. L’edizione del 1588 di Giovanni Varisco e Paganino de’ Paganini

Informazioni generali sull’edizione del 1588 e il titolo

L’edizione del 1588 venne stampata a Venezia da

Giovanni Varisco e Paganino de’ Paganini. Dalle

informazioni raccolte dall’Istituto Centrale per il Catalogo

Unico (Edit16),

Paganino Paganini il giovane, figlio di Alessandro e fratello di Gaspare, Orazio, Camillo e Scipione, era cognato di Giovanni Varisco, che aveva sposato sua sorella Marta. Fu in società anche con gli eredi di Varisco, i figli Giorgio e Marco.190

Il volume consta di 296 fogli per un totale di 592 pagine!

Abbiamo consultato il volume in google books191.

Il frontespizio

Il titolo del volume è (l’ho potuto consultare per il

momento solo in una edizione monocromatica e non posso

quindi stabilire quali sono i passaggi dal rosso al nero):

SACERDOTALE | SECUNDUM VSVM | S.R. ECCLESIÆ | Aliarumque Ecclesiarum, ex Apostolicæ bibliothecæ, Concilii Tridentini, ac | sanctorum patrum iurium sanctionibus, & Ecclesiasticorum Doctorum | scriptis, ad optatum commodum quorumcunque sacerdotum col|lectum: atque summorum Pont. auctoritate moltoties appro|batu(m), omni nuper diligentia emendatum & auctum | In quo, non solum omnium Sacramentorum, quæ a sacerdotibus fieri possunt, | officia: verum

etiam Resolutiones omnium dubiorum ad ea pertinentium, | & excommunicationum Canones, cum breui illarum & absoluta | declaratione ex sacris doctoribus collecta, multaque alia sa|cerdotibus valde vtilia ac necessaria continentur. | In computo autem Ecclesiastico permulta sunt addita, ex kalendario Gregoriano | desumpta. Vt patet intuenti indicem proxime sequentem.

L’uso della silografia già utilizzata da Varisco e soci nelle edizioni degli anni 1560

e seguenti conferma che ci si trova di fronte ad un’edizione di Varisco che vuole

ricomparire sulla scena editoriale del Sacerdotale che però egli vuole continuare a

chiamare semplicemente Sacerdotale secundum usum s.r. ecclesiae e non Sacerdotale

romanum.

190

http://edit16.iccu.sbn.it/scripts/iccu_ext2.dll?fn=13&i=285 consultato in data 19 dicembre 2011. 191

http://books.google.it/books?id=34w8AAAAcAAJ letto in data 16 giugno 2012.

Frontespizio dell’edizione di Varisco e de’ Paganini

182

La «Tabula» o indice dell’opera

Quasi spronato dall’edizione del Giunta dell’anno precedente il Varisco vuole

superarlo quanto a stile e sostituisce la “P” del “proemio” con una silografia

ricercatissima e rifinitissima.

Per il resto tiene l’impaginato sui tipi gotici tradizionali disponendolo però su

duplice colonna.

L’incipit

Presenta una decorazione ricchissima ed assai

elaborata fatta per colpire l’occhio del lettore. Si

discosta assai da tutte le edizioni precedenti, anche

del Varisco stesso.

L’inizio dell’opera porta come titolo

(in rosso) SACERDOTALE | (in nero) AD

QVORVMCVNQVE | (in rosso) Sacerdotum vsum,

animarum præci|pue curam gerentium, & ad

va|rios Ecclesiæ ritus nuper | accommodatum. | (in

nero) IN QUO EA EXPONUNTUR | quæ duplicis

ordinis Sacerdotes sci|re, et docere subditum sibi

po|pulum debeant, | et quæ ca|uere teneantur.

L’impaginazione del contenuto

Il testo viene impaginato in uno specchio di pagina apparentemente più largo

(anche se non sono riuscito a prendere le misure avendolo consultato in edizione

elettronica) e sicuramente più lungo dove il Varisco e il Paganini cercano di impaginare

con 42 righe per pagina.

L’effetto diventa una sensibile diminuzione delle pagine.

183

Diversi elementi ci

inducono a considerare la

presente edizione di Varisco

e di de’ Paganini un’edizione

di risposta all’edizione di

Giunta. Ciò si può notare

dalla sezione relativa al

sacramento della

confermazione che era stata

introdotta da Giunta nel

1587 e che non c’è nelle

edizioni precedenti. Varisco e

de’ Paganini procedono

inoltre a fare realizzare

l’imitazione della silografia

relativa agli impedimenti di

matrimonio e che vanno

esplicando con la scritta arbor consanguinitatis e la introducono in corrispondenza al

testo accanto al quale Giunta aveva introdotto la propria.

La presente edizione ha tenuto conto di una certa serie di scelte editoriali e

iconografiche dell’edizione di Giunta del 1587 anche se, per i soggetti iconografici e le

silografie, si colloca in continuità con l’edizione di Varisco e soci del 1564 e 1569.

Valutazione complessiva dell’edizione di Varisco e di de’ Paganini del 1588

L’edizione di Varisco e del cognato de’ Paganini si può quasi classificare quale

«edizione di risposta» all’edizione di Giunta dell’anno precedente. Le novità grafiche e

silografiche di Giunta hanno certamente fatto «risentire» Varisco e lo hanno stimolato

a volere offrire la propria edizione cercando di migliorarla graficamente nel modo più

esagerato possibile per potere mostrare di essere un maestro al quale non si possono

dare lezioni di tipografia. L’estrema suscettibilità di Varisco dimostrata già nelle

edizioni del 1560 e del 1569 dimostra chiaramente che l’ormai vecchio editore aveva

accusato il colpo.

Albero della consanguineità (f. 23v)

184

3.22. L’edizione del 1596 di Giovanni Battista e Giovanni Bernardo Sessa

Informazioni generali sull’edizione del 1596 e il titolo

L’edizione del 1596 venne stampata a Venezia da Giovanni

Battista e Giovanni Bernardo Sessa.

Circa Giovanni Battista Sessa e i fratelli vedi le notizie

riguardanti i fratelli Sessa riportate a proposito dell’edizione del

1579192.

Il volume, che abbiamo consultato presso la biblioteca del convento

dell’Osservanza di Bologna dei frati minori dell’Emilia-Romagna, consta di 376 fogli per

un totale di 752 pagine. Lo specchio di stampa misura cm 17,7-18,0x11,5-11,7.

Il frontespizio

Il titolo del volume è:

SACERDOTALE | ROMANUM | AD CONSUETUDINEM S. R. ECCLESIÆ | aliarumq(ue); Ecclesiarum ex Apostolicæ bibliothecæ, ac Sancto|rum Patrum iurium sanctionibus, & Ecclesiasticorum | Doctorum scriptis, ad optatum quorumcunq(ue) | Sacerdotum commodum, collectum: | ATQUE SUMMORUM PONTIFICUM | authoritate moltoties approbatum. | Summa nuper cura iuxta S. TRIDENTINI CONCILII | Sanctiones emendatum, & auctum. | In quo

omnium Sacramentorum officia, resolutionesq(ue) omnium dubiorum ad ea | pertinentium, excommunicationum Canones, cum breui illarum et abso|luta declaratione ex sacris Doctoribus collecta, continentur. | Quibus etiam Rubricae generales tum Missalis, tum Breuiarij Noui, multaque alia | Sacerdotibus valde utilia, ac necessaria, sunt addita: quæ in alijs | hactenus impressis desiderabantur.

La «Tabula» o indice dell’opera

Sia salti pagina che numeri di pagina sono identici all’edizione del 1585 tuttavia si

notano dei ritocchi sia per quanto riguarda il capolettera, sia con l’introduzione di

qualche dittongo quasi per rimanere in uno specchio di pagina leggermente più

ristretto senza dovere procedere alla reimpaginazione di tutto l’indice.

192

Cf. nota 182 p. 56.

185

L’incipit

Il titolo è il seguente

(in rosso) SACERDOTALE | (in nero) AD VSVM SACERDOTIS | (in rosso) ANIMARVM CVRAM GERENTIS, | ad varios Ecclesiæ ritus accommodatum. (in nero) PROOEMIUM

L’impaginazione del contenuto

L’impaginato soprattutto per numero di pagina e salti

pagina sembra riflettere l’edizione del 1585 alla quale sono

stati cambiati tutti i capilettera in stile gotico apponendo dei

capilettera in stile romano.

Anche altri capilettera fioriti in stile romano che erano

presenti nell’edizione del 1585 vengono cambiati.

Alcuni errori di numerazione delle pagine ci permettono di stabilire la parentela

delle edizioni. Innanzitutto gli errori di numerazione delle pagine 305-313 ci

permettono di individuare con certezza una parentela della presente edizione con

quella di Sessa e Nicolini del 1585, con Sessa del 1580, di Nicolini del 1579.

L’errore di numerazione della pagina 128 (segnata come 120) e similmente

l’errore di numerazione della pagina 191 (segnata come 185) compaiono nell’edizione

di Giunta e Nicolini del 1585. Invece gli errori di numerazione delle pagine 193 (segnata

come 393), 231 (che al posto dell’1 lascia intravvedere uno sgorbio), 282 (segnata

come 228), 327 (segnata come 329) sono cominciati a comparire solamente

nell’edizione di Nicolini del 1585.

Similmente il riallineamento della numerazione delle pagine che avviene a

partire dalla pagina 369 (che fino all’edizione di Giunta del 1585 era numerata 367)

riflette la correzione apportata già nell’edizione di Nicolini del 1585.

Valutazione complessiva dell’edizione di Sessa del 1596

È un’edizione che riflette in modo preponderante l’edizione di Nicolini del 1585

con tutti i suoi errori.

186

3.23. L’edizione del 1597 di Giovanni Battista e Giovanni Bernardo Sessa

Informazioni generali sull’edizione del 1597 e il titolo

L’edizione del 1597 venne stampata a Venezia da Giovanni

Battista e Giovanni Bernardo Sessa.

Circa Giovanni Battista Sessa e i fratelli vedi le notizie

riguardanti i fratelli Sessa riportate a proposito dell’edizione del

1579193.

Il volume consta di 376 fogli per un totale di 750 pagine.

Abbiamo consultato il volume custodito presso la Bayerische StaatsBibliothek di

Monaco nella versione digitale.

Il frontespizio

Il titolo del volume del frontespizio è:

(in rosso) SACERDOTALE | (in nero) ROMANUM | (in rosso) AD CONSUETUDINEM S. R. ECCLESIÆ | aliarumq(ue) Ecclesiarum ex Apostolicæ Bibliothecæ, ac Sancto|rum Patrum iurium sanctionibus, & Ecclesiasticorum | Doctorum scriptis, ad optatum quorumcunq(ue) | Sacerdotum commodum, collectum: | (in rosso) ATQUE SUMMORUM PONTIFICUM | authoritate moltoties approbatum: | (in nero) Summa nuper cura iuxta S. TRIDENTINI CONCILII | Sanctiones emendatum & auctum. | (in rosso) In quo omnium Sacramentorum officia, resolutionesq(ue) omnium

dubiorum ad ea | pertinentium, exommunicationum Canones, cum breui illarum et abso|luta declaratione ex sacris Doctoribus collecta, continentur. | (in nero) Quibus etiam Rubricae generales tum Missalis, tum Breuiarij Noui, multaq(ue) alia | Sacerdotibus valde utilia, ac necessaria, sunt addita: quæ in alijs | hactenus impressis desiderabantur.

La «Tabula» o indice dell’opera

Sia salti pagina che numeri di pagina sono identici all’edizione del 1596 al punto

che si potrebbe pensare alla medesima stampa.

193

Cf. nota 182 p. 56.

187

L’incipit

Il titolo è il seguente (i passaggi dal rosso al nero li

ipotizzo a partire dalla consultazione della copia in scala di grigi

che ho consultata).

(in rosso) SACERDOTALE | (in nero) AD VSVM SACERDOTIS | (in rosso) ANIMARVM CVRAM GERENTIS, | ad varios Ecclesiæ ritus accommodatum. (in nero) PROOEMIUM

Come si vede, nulla di modificato rispetto all’edizione

dell’anno precedente e ad altre alle quali il volume si

avvicinava.

L’impaginazione del contenuto

L’impaginato soprattutto per numero di pagina e salti pagina sembra riflettere

l’edizione del 1596 in tutto e per tutto al punto da fare pensare ad una medesima

stampa.

Un errore evidente nella numerazione dei fogli 305-313 ci permette di

individuare con certezza una parentela della presente edizione con quella di Sessa del

1596, di Sessa e di Nicolini del 1585, con quella di Sessa del 1580, di Nicolini del 1579.

Valutazione complessiva dell’edizione di Sessa del 1597

È un’edizione che riflette in tutto e per tutto l’edizione di Sessa dell’anno

precedente.

3.24. L’edizione del 1603 di Nicolò Polo

Informazioni generali sull’edizione del 1603 e il titolo

L’edizione del 1603 venne stampata a Venezia per i tipi di

Nicolò Polo.

Stando all’ICCU Nicolò Polo fu

Tipografo attivo a Venezia, fratello di Girolamo. Lavorò anche in società con il fratello e nel 1610 con Francesco Rampazetto il giovane.194

L’ICCU indica come date della sua attività gli anni 1590-1614.

194

http://edit16.iccu.sbn.it/web_iccu/imain.htm alla voce dell’editore “Polo, Niccolò” letto in data 16

feb 2012.

188

Il volume del Sacerdotale da lui edito consta di 372 fogli per un totale di 744

pagine.

Abbiamo reperito il volume in google books195.

Il Frontespizio

Il titolo del volume è:

SACERDOTALE | ROMANUM | AD CONSUETUDINEM S. R. ECCLESIÆ | aliarumq(ue) Ecclesiarum ex Apostolicæ Bibliothecæ, ac Sancto|rum Patrum iurium sanctionibus, & Ecclesiasticorum Do|ctorum scriptis, ad optatum quorumcunq(ue) Sacer|dotum commodum, collectum: | ATQUE SUMMORUM PONTIFICUM | Authoritate moltoties approbatum: | Summa nuper cura iuxta S. TRIDENTINI CONCILII | Sanctiones emendatum & auctum. | In quo omnium Sacramentorum officia, resolutionesq(ue) omnium

dubiorum ad ea | pertinentium, exommunicationum Canones, cum breui illarum et abso|luta declaratione ex sacris Doctoribus collecta, continentur. | Quibus etiam Rubricae Generales tum Missalis, tum Breuiarij Noui, multaq(ue) alia | Sacerdotibus valde utilia, ac necessaria, sunt addita: quæ in alijs | hactenus impressis desiderabantur.

Un piccolo salto a capo (nel Sanctorum) del titolo mostra che, rispetto all’edizione di Sessa del 1596-1597, anche se sembra che nulla sia cambiato, c’è stata una leggerissima modifica.

La «Tabula» o indice dell’opera

Viene reimpostata già dalla seconda pagina la tabula, con diverse piccole

modifiche.

Si omette qualche lettera nell’abbreviazione “c.” al posto di “cap.” e si cambia

immancabilmente il capolettera “P” del “Prooemium” nel primo foglio.

I titoli delle diverse sezioni vengono posti in italico, staccati dal resto del testo

prima e dopo per una migliore leggibilità.

Non viene toccata la scelta ormai consueta di disporre la tabula in 6 pagine (3

fogli) ma l’introduzione dei titoli in italico, più spaziati, porta a non avere spazio bianco

alla fine della tavola.

195

http://books.google.it/books?id=M49IAAAAcAAJ.

189

L’incipit

L’impaginazione del contenuto

Sembra che non si sia voluto variare il numero di righe per

ogni pagina, e che però si sia voluto allargare lo specchio di

pagina di qualche millimetro con l’effetto di potere spaziare

meglio alcune righe che risultavano nelle precedenti edizioni un

po’ compresse.

Un errore evidente nella numerazione dei fogli 305-313 ci

permette di individuare con certezza una parentela della

presente edizione con quella di Sessa del 1597, 1596, 1585, 1580; di Nicolini del 1585 e

1579; con quella dei Guerra del 1576.

Come nell’edizione di Guerra del 1576 per recuperare il numero reale del foglio,

dopo il foglio 367 si salta subito al foglio 370 per recuperare i due numeri di scarto che

sussistevano tra i numero reale del foglio e quello stampigliato. Si omettono perciò i

numeri di foglio 368 e 369 che così finiscono per non esistere.

foglio reale 305 306 307 308 309 310 311 312 313 314 315 (...) 369 370

stampato 305 306 305 306 307 308 311 312 311 312 313 (...) 367 370

Le note gregoriane sono di forma curva e sembrano identiche alla notazione

gregoriana usata da Sessa nell’impaginato del 1585 e del 1580, da Giunta e Niccolino

nel 1579 e Guerra nel 1576.

L’errore di numerazione del foglio 315 (cioè il foglio successivo a quello

numerato 314 ma che è evidentemente numerato erroneamente per i motivi

suesposti) che è numerato erroneamente con il numero 15, ci rimanda direttamente

all’edizione di Guerra del 1576.

Per la presente edizione di Polo il quadro sembra non tornare. Infatti i dati

riguardanti l’esame del contenuto, dalla pagina dell’«incipit» fino all’ultima pagina

sembrano usciti dalle stesse presse, con i medesimi errori di numerazione, e, per ciò

che riguarda le silografie, le stesse scelte di Guerra (1576). Sembra quasi che dopo i

diversi cambiamenti di abbinamento silografia/testo effettuati da Nicolini, Sessa,

Giunta e ai quali Guerra ha «trasmesso» e quasi «fatto ereditare» gli errori di

numerazione pagina nelle pagine 305-312 e successive, Polo voglia riprodurre il

Sacerdotale esattamente come quello di Guerra, con i medesimi errori nella

numerazione delle pagine!!!196

196

Circa il confronto tra le edizioni fatto su diversi criteri: tabula contentorum, silografie, notazione

gregoriana, errori di numerazione delle pagine, ecc... vedi oltre nel capitolo.

190

Se i due file in formato digitale che ho reperito in google books non sono

ingannevoli e non riflettono parzialmente le medesime immagini (essendo stati

digitalizzati da copie conservate presso la Bayerische Staatsbibliotek), l’unica

spiegazione che mi dò pertanto è la seguente. Nicolò Polo che ha a disposizione un

certo numero di copie del Sacerdotale stampate anni prima da Guerra, dal momento

che l’«incipit» dell’opera iniziava esattamente all’inizio del secondo quaderno,

provvede a stampare esclusivamente il primo quaderno con nuovo frontespizio con

annessa la propria marca tipografica, nuova tabula contentorum e fa rilegare il tutto.

Solo così è spiegabile l’edizione di Polo nella versione digitale di Google books.

Valutazione complessiva dell’edizione di Polo del 1603

È la composizione di una nuova edizione a partire dall’edizione di Guerra. Si

produce un nuovo primo quaderno – contentente un nuovo frontespizio e una nuova

tabula contentorum – che viene sostituito al primo quaderno dell’edizione di Guerra

del 1576.

191

3.25. Sguardo complessivo e confronto tra le silografie della prima edizione e le successive

Edizioni

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cale

1.1523 Sessa-Ravani Aa Ax Ab Ac Ad Ae Ad Ag Ah Ai Aj Ak Am An Ao Ap Aq Ar As At Au Au Av Aw Av Ay Az

2.1537 V. Ravani Aa – Ab Ac Ad Ae Ad Ag Ah Ai Aj Ak Am An Ao Ap Aq Ar As At Au Au Av Aw Av Ay Az

3.1548 eredi Ravani Aa – Ab Ac Ad Ae Ad Ag Ah Ai Aj Ak Am An Ao Ap Aq Ar As At Au Au Av Aw Av Ay Az

4.1554 eredi Ravani Aa – Ab Ac Ad Ae Ad Ag Ah Ai Aj Ak Bo An Ao Ap Aq Ar As Bl Au Au Av Aw Av Ay Az

5.1555 Bosello Ba – Bf Ac2 Bd Be Bd Bg Bh Bi Bj Bk Co Bn Bo Bp Bq Br Bs Ct Bu Bu Bv Bw Bv By Bz

6.1559 Bosello Ba – Bf Ac2 Bd Be Bd Bg Bh Bi Bj Bk Co Bn Bo Bp Bq Br Bs Ct Bu Bu Bv Bw Bv By Bz

7.1560 Varisco Ba – Ab Ac Ad Ae Ad Ag Ah Ai Aj Ak Bo An Ao Ap Aq Ar As Bl Au Au Av Aw Av Ay Az

8.1564 Varisco e soci Ba – Ab Ac Bd Be Bd Bg Bh Bi Bj Bk Dm Cn Co Bp Bq Br Bs Ct Bu Bu Bv Bw Bv By Bz

9.1567 Lichtenstein Ba2 – – A? Bd2 Be2 Bd2 Bg2 Bh2 Bi2 Bj2 Bk2 Co2 Bn2 Bo2 Bp2 Bq2 Br2 Bs2 Ct2 Bu2 Bu2 Bv2 Bw2 Bv2 Cy Cz

10.1569 Varisco &soci

Ba – Ab Ac Bd Be Bd Bg Bh Bi Bj Bk Dm Cn Co Bp Bq Br Bs Ct Cd Bu Av Bw Av By Bz

11.1576 Guerra C – – B Cd Ce Cd Cg Ch Cq Cr Ck Er Dk Do Cp – Cr Cs Dr Dd Cd – Cw – Dy Dz

12.1578 Nicolini D – – Cc Cd Dd Cd Dg Ch Cq Cr Dk Er Ek Do Dp – Cr Cs Dr Dd Cd – Cw – Dy Dz

13.1579 Nicolini M – – Cc Cd Dd Cd Dg Ch Cq Cr Dk Er Ek Do Dp – Cr Cs Dr Ed Dd – Cw – Dy Dz

14.1579 Giunta M – – Cc Cd Dd Cd Dg Ch Cq Cr Dk Er Ek Do Dp – Cr Cs Dr Ed Dd – Cw – Dy Dz

15.1579 Sessa E – – Cc Cd Dd Cd Dg Ch Cq Cr Dk Er Ek Do Dp – Cr Cs Dr Ed Dd – Cw – Dy Dz

16.1580 Sessa E – – Cc Cd Dd Cd Dg Ch Cq Cr Dk Er Ek Do Dp – Cr Cs Dr Ed Dd – Cw – Dy Dz

17.1585 Sessa M – – Cc Cd Dd Cd Dg Ch Cq Cr Dk Er Ek Do Dp – Cr Cs Dr Ed Dd – Cw – Dy Dz

18.1585 Giunta M – – Cc Dd Ed Dd Dg Dh Dq Cr Dk Er Ek Do Dp – Cr Cs Dr Dd Cd – Cw – Dy Dz

19.1585 Nicolini M – – Cc Dd Ed Dd Dg Dh Dq Cr Dk Er Ek Do Dp – Cr Cs Dr Ed E – D – Dy Dz

20.1587 Giunta F – – D – – – – – – – – – – – Ep – – Ds – – – – – – Ey Ez

21.1588 Varisco Paganini

M – – E Bd Be Bd Bg Bh – Bj Bk Co Fk Eo F Cp Br Bs Ct Cd – – Bw – By Bz

22.1596 Sessa M – – Cc Dd Ed Dd Dg Dh Dq Cr Dk Er Ek Do Dp – Cr Cs Dr Ed E – D – Dy Dz

23.1597 Sessa M – – Cc Dd Ed Dd Dg Dh Dq Cr Dk Er Ek Do Dp – Cr Cs Dr Ed E – D – Dy Dz

24.1603 Polo M – – B Cd Ce Cd Cg Ch Cq Cr Ck Er Dk Do Cp – Cr Cs Dr Dd Cd – Cw – Dy Dz

Esplicazioni

Con la lettera maiuscola abbiamo voluto indicare la tipologia dell’immagine per

potere apprezzare le differenze da edizione a edizione. Per questo le lettere maiuscole

aiutano ad una lettura dall’alto verso il basso per rendersi conto, in uno sguardo

diacronico, quali sono innovative dal punto di vista artistico e silografico e quali invece

si limitano a riutilizzare le silografie di una precedente edizione. Ad esempio si può

192

apprezzare il fatto che l’edizione di Bosello del 1555 è fortemente innovativa nella

maggior parte delle silografie.

Con la lettera minuscola invece si può apprezzare l’utilizzo della silografia

all’interno della medesima edizione dal momento che abbiamo indicato ciascuna

silografia con una lettera minuscola. Diventa evidente pertanto la scelta dell'editore di

riutilizzare una silografia rimpiazzandone un’altra. Ad esempio Boselli invece di fare

riprodurre una silografia con il soggetto del Cristo che intercede presso il Padre

riutilizza due volte la medesima silografia della vergine che intercede presso il Cristo.

Con il “2” in esponente abbiamo indicato se si tratta di imitazione.

Ecco la lista delle silografie:

a) silografia del frontespizio

b) profeti e apostoli;

c) Salvator noster;

d) de triplici baptismo et eius efficacia il battesimo dei bambini;

e) ordo baptizandi vulgatus;

f) ordo ad cathecumenum faciendum;

g) qui sit matrimonium;

h) de exhortatione facienda sponso;

i) benedictio sponsae;

j) ordo benedictionis mulieris post partum;

k) paenitentia quid sit et quotuplex sit;

l) la sepoltura di Cristo (nelle edizioni del 1554 e 1560)

m) canones paenitentiales antiqui;

n) de forma absolvendi ab excommunicatione maiori;

o) qualiter se habere debet sacerdos in suscipienda confessionem infirmi;

p) de sacramento eucharistiae;

q) ordo missae Johannis Brocardi;

r) de sacramento extremae unctionis;

s) clerici defuncti officium sepolturae;

t) missa in agenda pro mortuis;

u) benedicere seu benedictio; exorcismum salis;

v) hic dividat aquam in quatuor;

w) de processionibus faciendis;

x) la gloria della Trinità (è solo nell’edizione del 1523 nelle pagine dell’incipit);

y) Compendium musice. Proprietas in musica: la mano musicale;

193

z) Compendium musice. Quisquis ad canendi scientia erudiendus: la scala

musicale.

a) Silografia del frontespizio

La silografia del frontespizio certamente non è significativa ai fini della

comparazione di un’edizione con le altre se non perché la presenza della medesima

silografia stabilisce una certa continuità tra una impressione tipografica e l’altra,

almeno una continuità materiale della disponibilità delle medesime silografie da parte

dell’editore o dello stampatore.

La prima silografia ci dice la continuità della bottega Ravani (1523 Pietro Ravani;

1537 Vittore Ravani; 1548 e 1554 eredi di Pietro Ravani e soci; abbiamo indicato tale

silografia nella tabella di comparazione con la lettera “A”).

La seconda silografia (tipo B) ci informa di una certa continuità tra la bottega di

Bosello (1555, 1559) e quella di Varisco (1560, 1564, 1569) e di Lichtenstein (1567).

Successivamente all’edizione di Lichtenstein solo qualche altro editore metterà

qualche silografia diversa (1576 Guerra “C”; Nicolini 1578 “D”; 1580 Sessa “E”, 1587

Giunta “F”).

Gli altri editori preferiscono lasciare in grandi caratteri tipografici generalmente

rossi la scritta SACERDOTALE e introducono spesso nel frontespizio, in posizione bassa,

la silografia della marca tipografica.

b) Profeti e apostoli

Caratterizza le edizioni di Sessa-Ravani e successivamente quelle attribuibili al

Varisco, ma va progressivamente perdendosi già con Boselli (1555 e 1559) e

definitivamente con Guerra (1576). Anche quando Varisco tornerà ad editare il testo

sostituirà tali silografie che dovevano essere figurativamente e qualitativamente

parlando già superate.

Confronto tra le silografie utilizzate nei frontespizi del Sacerdotale

194

c) «Salvator noster»: silografia di Cristo nell’«incipit»197

Un altro importante elemento di raffronto è dato dalla silografia dell’incipit.

Si può notare che la silografia del Cristo benedicente dell’edizione originaria (A),

“resiste” non solo nelle edizioni riconducibili ai Ravani, ma anche nelle edizioni di

Bosello (con copie ben fatte) e di Varisco.

L’edizione dei Guerra nel 1576 sembra indicare una scelta diversa o, ipotizzo, il

tentativo di stampare il testo indipendentemente dai Ravani e dal Varisco che dei

Ravani aveva ereditato anche la marca tipografica, cioè la sirena bicaudata. La

presenza del medesimo capolettera (B) ci aiuta a stabilire un certo rapporto tra

l’edizione dei Guerra e l’edizione di Polo di poco meno di trent’anni successiva.

La scelta successiva (C) che si impone con l’edizione di Niccolino del 1578 è

quella del Cristo in orazione. L’uso di tale silografia/capolettera così ci permette,

insieme ad altri elementi dell’impaginato, di stabilire un rapporto tra tale edizione e

quella di Giunta del medesimo anno, poi con quella di Sessa del 1580, di Giunta e

Nicolini del 1585, di Sessa del 1596 e 1597.

Del tutto fuori dalle scelte consuete le scelte editoriali di Giunta del 1587 (D) e di

Varisco e Paganino de’ Paganini nel 1588 (E).

d) «De triplici baptismo et eius efficacia»: silografia del battesimo198

Il capitolo delle silografie richiederebbe un capitolo a parte che mi riservo di

approfondire in uno studio ulteriore. Qui procedo per una semplice comparazione tra

le edizioni senza alcun esame stilistico né tantomeno in rapporto allo sviluppo della

silografia nella stampa, particolarmente nel secolo XVI.

La silografia relativa al battesimo dei bambini fin dalle prime edizioni viene

utilizzata almeno due volte: la prima all’inizio del trattato sul battesimo («de triplici

197

In tutte le edizioni tale silografia si trova al foglio 1r. 198

1523: 10v; 1537: 10r; 1548: 10r; 1554: 9v; 1555: 9r; 1559: 9r; 1560: 9v; 1564: 9v; 1567: 9r; 1569:

9v; 1576: 9v; 1578: 9v; 1579N: 9v; 1579G: 9v; 1579S: 9v; 1580: 9v; 1585S: 9v; 1585G: 9v; 1585N: 9v; 1587: –; 1588: 7v; 1596: 9v; 1597: 9v; 1603: 9v.

195

baptismo et eius efficacia») e successivamente relativamente al battesimo dei bambini

(«Ordo ad cathecumenum faciendum»).

Dunque, nelle ventiquattro edizioni da me consultate, all’inizio del trattato

riguardante il de triplici baptismo et eius efficacia vengono utilizzate quattro silografie

in tutto che ho definito con lettere dell’alfabeto: A, B, C, D.

La silografia di tipo “A” ha forti somiglianze con alcune altre silografie del volume

del 1523 e con qualche pubblicazione coeva dello stesso editore, ma non ho qui né il

tempo né le piene competenze per addentrarmi in tale analisi.

Faccio notare che il Varisco, dopo l’utilizzo della silografia di tipo “B” da parte di

Bosello, ritorna alla vecchia silografia di tipo “A” nella sua edizione del 1560 per

tornare sui suoi passi nell’edizione del 1564, essendo venuto nella disponibilità delle

silografie del Boselli, come abbiamo visto a proposito della sua edizione del 1564,

anche se non sappiamo come. Continuerà perciò la medesima scelta, quella del

cambiamento con l’utilizzo della silografia di tipo “B”, nell’edizione del 1569 e anche in

quella del 1588. Questo elemento è uno degli elementi che conferma una continuità,

pur se nella discontinuità, tra le edizioni di Bosello e Varisco del 1564. L’uso della

silografia “B” da parte di Lichtestein abbiamo già visto trattarsi di imitazione.

Faccio notare poi che, a parte l’edizione di Giunta del 1587 che fa capitolo a sé,

gran parte delle altre edizioni riconducibili all’edizione dei Guerra del 1576 utilizzano

una nuova silografia che ho chiamato “C” con una composizione molto più “plastica”

della scena di battesimo. Nicolini e Giunta nel 1585 e Sessa nelle edizioni del 1596 e

1597 variano ulteriormente con un’altra silografia ancora.

e) «Ordo baptizandi vulgatus et iam diu impressus»: battesimo di Cristo al Giordano 199

Nella sezione che riporta Ordo baptizandi vulgatus et iam diu impressus

secundum usum sanctae Romanae Ecclesiae il da Castello aveva collocato una

199

1523: 15v; 1537: 14v; 1548: 14v; 1554: 14r; 1555: 13r; 1559: 13r; 1560: 14r; 1564: 14r; 1567: 13r;

1569: 14r; 1576: 14r; 1578: 14r; 1579N: 14r; 1579G: 14r; 1579S: 14r; 1580: 14r; 1585S: 14r; 1585G: 14r; 1585N: 14r; 1587: –; 1588: 11r; 1596: 14r; 1597: 14r; 1603: 14r.

Silografie del battesimo a confronto

196

silografia del battesimo di Cristo al Giordano. Silografie con il medesimo soggetto si

manterranno fino all’edizione dei Guerra che decideranno di utilizzare la medesima

silografia usata precedentemente e di seguito a proposito del battesimo dei bambini.

La discontinuità nel soggetto iconografico è stabilita da Nicolini con l’edizione del

1578. Le tre edizioni del 1579 di Nicolini, Giunta e Sessa che erano pressoché

identiche, vedono invece nel 1585 una serie di differenze anche iconografiche scelte

da Giunta e Nicolini, con la decisione di utilizzare una nuova silografia al posto della

vecchia usata da Sessa. Lo stesso Sessa si adeguerà a tale scelta con le sue due edizioni

del 1596 e 1597.

f) «Ordo ad cathecvmenvm faciendvm»: il battesimo dei bambini200

Nella sezione nella quale il da Castello riportava l’Ordo ad cathecuminum

faciendum et baptizandum puerum masculum secundum consuetudinem Sacre

Romane ecclesie habitus ex libro quo utitur Sanctissimus dominus noster papa in divinis

si riutilizzava la silografia del battesimo dei bambini già utilizzata precedentemente.

La scelta degli editori non si discosta da quella fatta precedentemente.

200

1523: 19r; 1537: 18r; 1548: 18r; 1554: 17r; 1555: 16r; 1559: 16r; 1560: 17r; 1564: 17r; 1567: 16r;

1569: 17r; 1576: 17r; 1578: 17r; 1579N: 17r; 1579G: 17r; 1579S: 17r; 1580: 17r; 1585S: 17r; 1585G: 17r; 1585N: 17r; 1587: 17r –; 1588: 13v; 1596: 17r; 1597: 17r; 1603: 17r.

Silografie del battesimo di Cristo a confronto

197

g) «Quid sit Matrimonium et qualiter contrahatur legitime»: il matrimonio 201

Nella sezione relativa al matrimonio, quid sit matrimonium et qualiter

contrahatur legitime, viene collocata da tutti gli editori una silografia rappresentante la

celebrazione di un matrimonio. Fa eccezione il Giunta che, nella sua edizione del 1587,

opta per editare un testo con poche silografie ma con grande eleganza compositiva.

In tutte le silografie emerge un sacerdote al centro della scena, segno che ben

prima del Concilio di Trento ci si orientava a celebrare il matrimonio davanti al

sacerdote in via ordinaria.

Viene confermato il legame tra l’edizione dei fratelli Guerra (1576) e quella di

Polo (1603), così come il legame tra le edizioni di Nicolini, Giunta e Sessa che usano la

medesima silografia.

h) «De exhortatione et admonitione facienda sponso et sponsae per sacerdotem»:

sposalizio della vergine202

In occasione della sezione relativa al De exhortatione et admonitione facienda

sponso et sponsae per sacerdotem viene raffigurato lo sposalizio della Vergine, per lo

meno dalle edizioni di Sessa-Ravani (A) fino alle edizioni di Bosello e Varisco del 1569 e

del 1588 con una nuova tipologia nella quale tuttavia è sempre messo in evidenza un

201

1523: 30r; 1537: 28v; 1548: 28v; 1554: 27r; 1555: 25v; 1559: 25v; 1560: 27r; 1564: 27r; 1567: 25v2;

1569: 26v; 1576: 26v; 1578: 26v; 1579N: 26v; 1579G: 26v; 1579S: 26v; 1580: 26v; 1585S: 26v; 1585G: 26v; 1585N: 26v; 1587: –; 1588: 22r; 1596: 26v; 1597: 26v; 1603: 26v.

202 1523: 33v; 1537: 31v; 1548: 31v; 1554: 30r; 1555: 28v; 1559: 28v; 1560: 30r; 1564: 30r; 1567: 28v;

1569: 30r; 1576: 30r; 1578: 30r; 1579N: 30r; 1579G: 30r; 1579S: 30r; 1580: 30r; 1585S: 30r; 1585G: 30r; 1585N: 30r; 1587: –; 1588: 25r; 1596: 30r; 1597: 30r; 1603: 30r.

198

pontefice con il suo caratteristico copricapo (B). Nelle altre edizioni si predilige

riutilizzare la silografia del matrimonio già precedentemente usata e ancor più

attinente alla materia all’inizio della quale è collocata (C e D).

i) «Benedictio sponsae»: le nozze di Cana 203

In occasione della sezione relativa alla benedictio sponsae sono raffigurate

nell’edizione originaria di Sessa-Ravani le nozze di Cana (A). Similmente anche Bosello

che rinnova l’apparato silografico e ugualmente il Varisco del 1569 e del 1588 (B)

mantengono tale soggetto.

Nelle altre edizioni invece si predilige riutilizzare la silografia dell’ultima cena,

optando per un’immagine nella quale Gesù è sì a mensa, ma non alla mensa di un

matrimonio (C e D) o, forse, considerando il banchetto dell’ultima cena quale vero

banchetto nuziale.

j) «Ordo benedictionis mulieris post partum»: natività di Giovanni Battista 204

203

1523: 36r; 1537: 34r; 1548: 34r (stampato erroneamente con n° 24); 1554: 32v; 1555: 30v; 1559:

30v; 1560: 32v; 1564: 32v; 1567: 30v; 1569: 32v; 1576: 32v; 1578: 32v; 1579N: 32v; 1579G: 32v; 1579S: 32v; 1580: 32v; 1585S: 32v; 1585G: 32v; 1585N: 32v; 1587: 34r –; 1588: 27r –; 1596: 32v; 1597: 32v; 1603: 32v.

204 1523: 41r; 1537: 39r; 1548: 39r; 1554: 37r; 1555: 35r; 1559: 35r; 1560: 37r; 1564: 37r; 1567: 35r;

1569: 37r; 1576: 37v; 1578: 37v; 1579N: 37v; 1579G: 37v; 1579S: 37v; 1580: 37v; 1585S: 37v; 1585G: 37v; 1585N: 37v; 1587: 38v –; 1588: 30v; 1596: 37v; 1597: 37v; 1603: 37v.

199

In occasione della sezione relativa all’ordo benedictionis mulieris post partum in

domo è raffigurata nell’edizione originaria di Sessa-Ravani la natività del Battista che il

da Castello aveva riutilizzato dal suo Rosario (A). Similmente anche Boselli che rinnova

l’apparato silografico e ugualmente il Varisco del 1569 e del 1588 (B) mantengono tale

soggetto.

Il Guerra invece e, sorprendentemente, anche le edizioni di Giunta e Nicolini del

1585 mantengono la silografia che rappresenta un sacerdote in visita all’ammalato/a

dove è raffigurato un sacerdote presso il letto di un malato (C). L’idea di una donna

dopo il parto è dato dalla donna in primo piano sulla parte sinistra che tiene in braccio

un fanciullo in fasce e per mano un bambino già svezzato nonché dalla donna che

assiste il sacerdote presso il letto dell’ammalato.

k) «paenitentia quid sit et quotuplex sit»: la confessione auricolare 205

All’inizio della sezione relativa alla sezione de sacramento paenitentiae subito

dopo o accanto al titolo paenitentia quid sit et quotuplex sit è raffigurata in tutte le

edizioni a partire dall’edizione originaria di Sessa-Ravani, una confessione auricolare

con un confessore in atto di ascoltare un penitente inginocchiato davanti a lui.

Si conferma il legame tra l’edizione dei Guerra e l’edizione di Polo anche per

quanto riguarda la scelta della tipologia di silografia.

205

1523: 42v; 1537: 40v; 1548: 40v; 1554: 38v; 1555: 36v; 1559: 36v; 1560: 38v; 1564: 38v; 1567: 36v;

1569: 39r; 1576: 39v; 1578: 39v; 1579N: 39v; 1579G: 39v; 1579S: 39v; 1580: 39v; 1585S: 39v; 1585G: 39v; 1585N: 39v; 1587: 41r –; 1588: 32r; 1596: 39v; 1597: 39v; 1603: 39v.

La natività di Giovanni il Battista – ordo benedictionis mulieris post partum

Confronto tra le silografie relative alla penitenza

200

m) «canones paenitentiales antiqui»: il Cristo intercede presso il Padre 206

Nel passo in cui, a partire dal repertorio citato da Guglielmo Durando, il da

Castello aveva riportato i canones penitentiales antiqui, si alterneranno nelle diverse

edizioni una ridda di immagini associate a tali canoni penitenziali.

Si va dalle edizioni Ravani (1523, 1537 e 1548) con il Cristo che intercede presso il

padre (A) alle edizioni nelle quali più opera il Varisco, prima come collaboratore degli

eredi Ravani poi da solo (1560) o in collaborazione con altri (1588) e similmente nelle

copie di Boselli e Lichtenstein, nelle quali emerge chiaramente come si prediligesse la

Vergine Maria e la sua intercessione a proposito di tali canoni penitenziali (B e C). Il

Varisco va cambiando tale silografia anche con l’immagine del Padreterno giudice

(1564 e 1569)

Successivamente Io stesso Varisco predilige un’immagine del Padreterno adirato

verso gli uomini peccatori che lo supplicano (D).

Totalmente diversa la scelta dei Guerra e, a cascata, di Nicolini, Giunta e Sessa e

infine Polo che preferiscono l’immagine della visita di un sacerdote ad un ammalato o

ad un morente, silografia usata anche per altri contesti quali la benedizione dopo il

parto (E).

206

1523: 58r; 1537: 55v; 1548: 55v; 1554: 53v; 1555: 50v; 1559: 50v; 1560: 53v; 1564: 53v; 1567: 50v;

1569: 54r; 1576: 54r; 1578: 54r; 1579N: 54r; 1579G: 54r; 1579S: 54r; 1580: 54r; 1585S: 54r (erroneamente stampato come 27); 1585G: 54r; 1585N: 54r; 1587: 55v –; 1588: 44r; 1596: 54r; 1597: 54r; 1603: 54r.

201

n) «De forma absolvendi ab excomunicatione maiori»: conversione della Maddalena 207

Veramente singolare è invece la scelta degli editori circa la silografia da apporre

al passo nel quale il da Castello tratta del De forma absolvendi ab excomunicatione

maiori nel quale l’intenzione originaria dell’autore è di profonda ispirazione biblica e in

particolare evangelica. La silografia delle edizioni riconducibili ai Ravani e alla prima

edizione di Varisco (1560) rappresenta il brano di Lc 7,36-50, la peccatrice che piange

sui piedi di Gesù asciugandoli con i propri capelli (A). Il Boselli rinnova l’impianto

silografico e il Lichtenstein ne produce una copia ma rimanendo sul medesimo tema

(B). Varisco invece nelle sue edizioni del 1564 e 1569 preferisce rappresentare il Cristo

giudice con la Vergine nell’atto di intercedere per i peccatori (C). Tutti gli altri editori a

partire dai Guerra, preferiscono invece utilizzare la silografia che rappresenta un

sacerdote nell’atto di accogliere la confessione del penitente (D, E ed F) anche lo

stesso Varisco nell’edizione curata con Paganino de’ Paganini.

207

1523: 61v; 1537: 58v; 1548: 58v; 1554: 56v; 1555: 53v; 1559: 53v; 1560: 56v; 1564: 56v; 1567: 53v;

1569: 57r; 1576: 57r; 1578: 57r; 1579N: 57r; 1579G: 57r; 1579S: 57r; 1580: 57r; 1585S: 57r; 1585G: 57; 1585N: 57r; 1587: 58v –; 1588: 46v; 1596: 57r; 1597: 57r; 1603: 57r.

Confronto tra le silografie apposte al de forma absolvendi ab excomunicatione maiori

202

o) «Ordo qualiter se habere debet sacerdos in suscipiendo confessionem infirmi»: la

vergine Maria intercede presso il Figlio 208

Similmente singolare è la scelta degli editori circa la silografia da apporre al passo

nel quale il da Castello tratta del Ordo qualiter se habere debet sacerdos in suscipienda

confessionem infirmi nel quale l’intenzione originaria dell’autore è di ispirazione

tradizionale e riflettente il pensiero di san Bernardo209. La silografia delle edizioni

riconducibili ai Ravani e alla prima edizione di Varisco (1560) rappresenta la Vergine

che mostra il proprio seno al Figlio (A). Il Boselli rinnova l’impianto silografico con una

silografia che rappresenta l’intercessione della Vergine e similmente fa il Lichtenstein

che copia le silografie (B), mentre il Varisco appone una silografia del Padreterno

nell’atto di sferrare i dardi della sua ira sugli uomini peccatori (C).

208

1523: 63r; 1537: 60v; 1548: 60v; 1554: 58v; 1555: 55v; 1559: 55v; 1560: 58v; 1564: 58v; 1567: 55v;

1569: 58v; 1576: 58v; 1578: 58v; 1579N: 58v; 1579G: 58v; 1579S: 58v; 1580: 58v; 1585S: 58v; 1585G: 58v; 1585N: 58v; 1587: 60v –; 1588: 48r; 1596: 58v; 1597: 58v; 1603: 58v.

209 Circa il soggetto della silografia del 1523 cf. il capitolo 2° nella sezione riguardante tale silografia.

203

A partire dall’edizione dei Guerra si finisce per riutilizzare la silografia relativa alla

visita agli infermi e all’unzione degli infermi che era poi già stata utilizzata per la

benedizione della donna dopo il parto (D) e lo stesso fanno Varisco e Paganini con una

silografia similare (E).

p) «Tractatus quartus primae partis Sacerdotalis de sacramento eucharistiae»: la

comunione eucaristica 210

All’inizio del trattato riguardante il sacramento dell’Eucaristia, in corrispondenza

del tractatus quartus primae partis Sacerdotalis de sacramento eucharistiae il da

Castello o gli editori Sessa Ravani o entrambi, optano per una silografia che raffigura

un sacerdote nell’atto di amministrare la comunione eucaristica ai fedeli (A). Non

sembra raffigurare una celebrazione eucaristica, cosa invece che appare più evidente

nella silografia del Boselli poi riutilizzata dal Varisco (B), dove sembra raffigurarsi più

l’ostensione del Sacramento che la comunione eucaristica. Nell’edizione dei Guerra poi

ripresa dal Polo si raffigura un sacerdote nell’atto di celebrare a muro e, anche questa

volta, con i fedeli inginocchiati non però nell’atto dell’ostensione, quanto piuttosto

nell’atto dell’elevazione (C). Le edizioni di Nicolini, Giunta, Sessa a partire dal 1578

prediligono una silografia raffigurante la celebrazione privata dell’eucaristia con un

210

1523: 68v; 1537: 65v; 1548: 65v; 1554: 63v; 1555: 60v; 1559: 60v; 1560: 63v; 1564: 63v; 1567: 60v;

1569: 63v; 1576: 63v; 1578: 63v; 1579N: 63v; 1579G: 63v; 1579S: 63v; 1580: 63v; 1585S: 63v; 1585G: 63v; 1585N: 63v; 1587: 65v; 1588: 52r; 1596: 63v; 1597: 63v; 1603: 63v.

silografie collocate all’inizio del trattato sull’Eucaristia

204

sacerdote e un chierico assistente (D) anch’egli inginocchiato come nelle silografie

precedenti. Stranamente l’edizione di Giunta, che è fuori dalle righe rispetto a tutte le

altre, presenta una silografia relativa all’esposizione del santissimo sacramento che

appare esposto sia nella specie del pane che del calice con i sacerdoti assistenti

stranamente in posizione eretta e non inginocchiati (E). Per segnare ulteriormente la

discontinuità sulla falsariga di Giunta (1587), Varisco sceglie una raffigurazione di tema

neotestamentario con una silografia riguardante l’istituzione: Gesù a mensa con

Giovanni accanto a lui e Giuda, secondo un’iconografia ormai classica nella pittura,

dall’altra parte del tavolo (F).

q) «Ordo misse compositus per Reverendum patrem dominum Joannem brocardum»:

l’ultima cena 211

Dopo l’introduzione teologico-liturgica riguardante l’eucaristia, il da Castello

inglobava nella sua opera l’ordo misse compositus per Reverendum patrem dominum

Joannem brocardum e, in concomitanza con il suo inizio, una silografia raffigurante la

cena pasquale di Gesù con i suoi discepoli nel momento di istituire il sacramento

eucaristico (A). Il Boselli (1555, 1559) e il Varisco seconda maniera (1564 e 1569)

nonché il Lichtenstein (1567) rimangono sul medesimo soggetto (B), mentre invece il

Varisco, memore delle sue antiche edizioni, opta in occasione della sua ultima edizione

pubblicata in collaborazione con Paganino de’ Paganini, con la raffigurazione di un

sacerdote nell’atto di celebrare l’eucaristia e precisamente nell’atto dell’elevazione (C).

Le altre edizioni invece, a partire da quella dei Guerra (1576) optano per non mettere

211

1523: 73v; 1537: 70r; 1548: 70r; 1554: 68r; 1555: 65r; 1559: 65r; 1560: 68r; 1564: 68r; 1567: 65r;

1569: 68v. A partire dall’edizione del 1576 il riferimento è all’inizio della sezione con le rubriche generali del Messale romano che hanno sostituito le rubriche del Burcardo. 1576: 68v – ; 1578: 68v –; 1579N: 68v –; 1579G: 68v –; 1579S: 68v –; 1580: 68v –; 1585S: 68v –; 1585G: 68v –; 1585N: 68v –; 1587: 70v –; 1588: 55v; 1596: 68v –; 1597: 68v –; 1603: 68v –.

205

alcuna silografia in concomitanza con le rubriche del Messale Romano che erano

sopravvenute a sostituire l’ordo missae di Giovanni Burcardo.

r) «De sacramento extreme unctionis et ei annexis et consequentibus»: l’estrema

unzione 212

Sempre nella prima parte del volume, in concomitanza con l’inizio della sezione

de sacramento extreme unctionis et ei annexis et consequentibus, nelle prime edizioni

viene apposta una silografia indicante chiaramente un sacerdote che assiste un

moribondo assistito da un ministrante e da un altro fedele nell’atto di reggergli il

recipiente dell’olio degli infermi (A).

A tale raffigurazione si ispira anche il Boselli con la sua silografia poi ripresa dal

Varisco e copiata dal Lichtenstein (B), con una rappresentazione iconografica che cerca

quale elemento prospettico di novità e qualche ricercatezza raffigurativa nei

drappeggi.

Ancora più prospettica risulta la silografia utilizzata da Guerra in poi da Nicolini,

Giunta e Sessa fino anche a Polo (C), che diventerà una silografia dai molteplici usi: per

l’unzione degli infermi, per la benedizione della donna dopo il parto, per i canoni

penitenziali antichi, ecc...

Emerge perciò con chiarezza che Polo si trova in continuità con le scelte

iconografiche operate dai Guerra e talvolta seguite dai loro succedanei (Nicolini,

Giunta, Sessa).

212

1523: 114v; 1537: 108r; 1548: 108r; 1554: 105v; 1555: 100v; 1559: 100v; 1560: 105v; 1564: 105v;

1567: 100v; 1569: 105r; 1576: 107r; 1578: 107r; 1579N: 107r; 1579G: 107r; 1579S: 107r; 1580: 107r; 1585S: 107r; 1585G: 107r; 1585N: 107r; 1587: 134v –; 1588: 84v; 1596: 107r; 1597: 107r; 1603: 107r.

Confronto delle silografie apposte all’inizio della sezione riguardante l’unzione degli infermi

206

s) «Sacerdotis vel clerici defuncti officium sepolturae»: l’ufficio funebre dei prelati 213

L’ufficio della sepoltura di un chierico defunto vede avvicendarsi diverse scelte

iconografiche con una situazione che abbiamo già constatato per diverse altre

silografie: una prima serie di edizioni mantiene la silografia dell’edizione originaria (A),

una seconda serie inaugurata da Boselli opta per un soggetto identico ma secondo una

nuova e più moderna raffigurazione iconografica (B). Una terza serie di edizioni

inaugurata dai Guerra opera un altro cambiamento (C) e, sorprendentemente, anche

Giunta con la sua edizione innovativa (1587) opta per l’introduzione di una silografia

raffigurante, con ogni probabilità, la morte di un papa o di un vescovo (D).

t) «Missa in agenda pro mortuis»: la dormizione della vergine 214

Sempre nella prima parte del libro sacerdotale c’è la missa in agenda pro mortuis

dove il da Castello scelse di apporre la dormizione della vergine circondata dagli

apostoli (A).

Ci sono poi sostanziali anomalie. Il fatto che l’edizione degli eredi Ravani del 1554

abbia cambiato soggetto rispetto all’edizione del 1548 proponendo una deposizione di

213

1523: 155v; 1537: 145v; 1548: 145v; 1554: 142r; 1555: 134r; 1559: 134r; 1560: 142r; 1564: 142r;

1567: 135r; 1569: 141v; 1576: 144v; 1578: 144v; 1579N: 144v; 1579G: 144v; 1579S: 144v; 1580: 144v; 1585S: 144v; 1585G: 144v; 1585N: 144v; 1587: 170v; 1588: 112r; 1596: 144v; 1597: 144v; 1603: 144v.

214 1523: 189v; 1537: 178v; 1548: 178v; 1554: 174v; 1555: 166v; 1559: 166v; 1560: 174v; 1564: 173v;

1567: 166r; 1569: 173r; 1576: 178v; 1578: 178v; 1579N: 178v; 1579G: 178v; 1579S: 178v; 1580: 178v; 1585S: 178v; 1585G: 178v; 1585N: 178v; 1587: 203v –; 1588: 136v; 1596: 178v; 1597: 178v; 1603: 178v.

Confronto tra le silografie apposte all’inizio della missa in agenda pro mortuis nelle diverse edizioni

207

Cristo (B) è inusuale e il fatto che Varisco nel 1560 scelga di mantenere tale silografia

mostra una certa continuità tra l’ultima edizione riconducibile ai Ravani (1554) e la

prima del Varisco (1560), forse opera del Varisco prima di mettersi in proprio dal

momento che sembra fosse un collaboratore degli eredi Ravani.

Riprendono invece l’antico soggetto della dormitio virginis sia le edizioni

riconducibili al Boselli, sia le ultime edizioni di Varisco e la copia di Lichtenstein (C).

Del tutto fuori tema e classificabile come “riciclaggio” è la scelta dei Guerra,

Nicolini, Giunta, Sessa fino a Polo che arrivano ad utilizzare la medesima silografia

usata già per parecche altre materie: unzione degli infermi, benedizione della donna

dopo il parto, canoni penitenziali antichi e ora per la messa per i defunti.

u1) «Benedicere seu benedictio multipliciter accipitur in divina scriptura» la

benedizione dell’acqua 215

;

Singolari sono le scelte operate all’inizio della seconda parte del Sacerdotale:

prima le edizioni riconducibili ai Ravani e la prima di Varisco (A) mostrano un sacerdote

di fronte ad una vasca battesimale coadiuvato da un ministrante; medesimo soggetto è

ripreso, con una silografia più innovativa e rifinita, nelle edizioni riconducibili al Boselli,

nella seconda di Varisco e nell’imitazione di Lichtenstein (B). A partire invece

215

1523: 201r; 1537: 189v; 1548: 189v; 1554: 185v; 1555: 177r; 1559: 177r; 1560: 187v; 1564: 183v;

1567: 176r; 1569: 183r; 1576: 189v; 1578: 189v; 1579N: 189v; 1579G: 189v; 1579S: 189v; 1580: 189v; 1585S: 189v; 1585G: 189v; 1585N: 189v; 1587: 214v –; 1588: 145r; 1596: 189v; 1597: 189v; 1603: 189v.

208

dall’edizione del 1569, lo stesso Varisco opera un cambiamento rispetto alle proprie

edizioni precedenti che egli ripeterà nell’edizione più innovativa del 1588,

profondamente influenzata dall’edizione di Giunta del 1587 (C). Infatti i Guerra e le

edizioni ad essi riconducibili (D) adottano il medesimo soggetto, cioè il battesimo dei

bambini, che nulla ha a che vedere con il tema in oggetto (il benedire e le benedizioni).

Stranamente le edizioni di Nicolini Giunta e Sessa (E) si differenziano in modo strano

rispetto all’edizione di Giunta del 1585.

u2) «exorcismum/s salis»216

)

Le medesime scelte “strane” nella scelta dei soggetti solografici le possiamo

trovare poche pagine oltre, in occasione dell’exorcismus/m salis.

Infatti le edizioni dei Ravani e la prima di Varisco ripetevano il medesimo

soggetto silografico dell’inizio della seconda parte a proposito del “benedire” e delle

“benedizioni”, e così faceva il Boselli, il Varisco nella sua seconda e terza edizione e il

Lichtenstein con le sue silografie imitazioni delle silografie del Boselli poi passate a

Varisco (B).

I Guerra e subito dopo il Nicolini nella sua prima edizione (1578) scelgono di

riutilizzare la silografia del battesimo dei bambini probabilmente per la presenza, in

216

1523: 203r; 1537: 191v; 1548: 191v; 1554: 187v; 1555: 179r; 1559: 179r; 1560: 187v; 1564: 185v;

1567: 177v; 1569: 184v; 1576: 191r; 1578: 191r; 1579N: 191r; 1579G: 191r; 1579S: 191r; 1580: 191r; 1585S: 191r; 1585G: 191r; 1585N: 191r (erroneamente 185r); 1587: 216r –; 1588: 146r –; 1596: 191r (erroneamente 185r); 1597: 191r (erroneamente 185r); 1603: 191r.

209

tale rito, del rito del sale (C). Medesimo soggetto e silografia viene mantenuto dal

Giunta nel 1585 e da Polo nel 1603, mentre invece Nicolini Giunta Sessa nel 1579 e

1580 e poi Sessa nel 1585 propendono per un medesimo soggetto ma con una nuova

silografia non apparsa precedentemente (D). Del tutto inusuale e inappropriato è il

riutilizzo della silografia usata per la sezione relativa al de sacramento eucharistiae (E)

che ben poco ha a che vedere con l’esorcismo del sale operato da Nicolini nel 1585, e

dalle due edizioni di Sessa più tardive (1596 e 1597).

v1) «Hic dividat aquam in quatuor ad hanc figuram»: benedizione dell’acqua la

vigilia dell’Epifania217

;

v2) «hic dividat et effundat aquam in quatuor partes»218

: benedizione del fonte il

sabato santo

Una figura singolare ma

significativa è la rappresentazione di

un bacile che nell’edizione del 1523 e

in quelle ancora da essa influenzate

ricorre in due passi: la prima nel rito

di benedizione dell’acqua nella vigilia

dell’Epifania, la seconda invece nella

liturgia del sabato santo, in occasione

della benedizione del fonte

battesimale.

Il da Castello aveva probabilmente voluto tale silografia come rappresentazione

figurativa della benedizione che doveva essere impartita sul bacile e su come dovesse

essere versata l’acqua, cioè versandola verso i quattro punti cardinali ma facendola

cadere da punti diametralmente opposti del bacile. Per tale motivo anche la rubrica –

almeno per un certo numero di edizioni– suppone la presenza di tale silografia

esplicativa, almeno in occasione della benedizione dell’acqua la vigilia dell’Epifania

dove la rubrica accenna alla hanc figuram che, a partire dall’edizione dei Guerra

sparirà come sparirà la silografia.

217

1523: 209v; 1537: 197v; 1548: 197v; 1554: 193v; 1555: 184v; 1559: 184v; 1560: 193v; 1564: 191v;

1567: 183r; 1569: 190v; 1576: 197v –; 1578: 197v –; 1579N: 197v –; 1579G: 197v –; 1579S: 197v –; 1580: 197v –; 1585S: 197v –; 1585G: 197v –; 1585N: 197v –; 1587: 197v –; 1588: 151r –; 1596: 197v –; 1597: 197v –; 1603: 197v –.

218 1523: 273v; 1537: 259r; 1548: 259r; 1554: 254r; 1555: 243r; 1559: 243r; 1560: 245r; 1564: 251r

(erroneamente 241); 1567: 240r; 1569: 249v; 1576: 260v –; 1578: 260v –; 1579N: 260v –; 1579G: 260v –; 1579S: 260v –; 1580: 260v –; 1585S: 260v –; 1585G: 260v –; 1585N: 260v –; 1587: 284r –; 1588: 199r –; 1596: 260v –; 1597: 260v –; 1603: 260v –.

confronto della silografia del bacile con l’acqua

210

w) «De processionibus faciendis»: le processioni219

All’inizio della terza parte del Liber sacerdotalis viene posta dai Sessa-Ravani a

partire dalla prima edizione una silografia significativa con la rappresentazione di una

processione (A).

Il Boselli rimane sullo stesso soggetto rinnovando lo stile della nuova silografia

(B) e influenzando il Varisco seconda maniera e il Lichtenstein.

I fratelli Guerra, gli altri rinnovatori dell’apparato silografico del Liber sacerdotalis

insieme al Boselli, introducono una nuova silografia (C) che ritroviamo in numerose

altre edizioni successive.

Ancora fuori dall’immaginabile è la silografia di Nicolini nel 1585 e delle ultime

due edizioni di Sessa del 1596 e 1597 che continuano a rappresentare, anche a questo

proposito, un sacerdote nell’atto di celebrare la messa privata assistito da un

ministrante (D).

y) «Compendium musice. Proprietas in musica est derivatio plurium vocum ab uno

eodemque principio»: la mano musicale 220

Per ciò che riguarda le due silografie relative al compendium musicae, si deve

fare una premessa. Abbiamo qui catalogato con un’unica lettera le silografie identiche.

Vale a dire che le edizioni sottoscritte ad una tipologia di silografia fanno uso della

medesima silografia, non solo del medesimo soggetto. È chiaro che il soggetto

silografico è il medesimo, ma diversa ne è la silografia e l’esecuzione.

219

1523: 244r; 1537: 230r; 1548: 230r; 1554: 225r; 1555: 215r; 1559: 215r; 1560: 225r; 1564: 222v;

1567: 215r; 1569: 221v; 1576: 228r; 1578: 228r; 1579N: 228r; 1579G: 228r; 1579S: 228r; 1580: 228r; 1585S: 228r; 1585G: 228r; 1585N: 228r; 1587: 253v –; 1588: 175r; 1596: 228r; 1597: 228r; 1603: 228r.

220 1523: 334r; 1537: 317r; 1548: 317r; 1554: 312r; 1555: 299r; 1559: 299r; 1560: 312r; 1564: 308v;

1567: 295r; 1569: 307r; 1576: 319v; 1578: 319v; 1579N: 319v; 1579G: 319v; 1579S: 319v; 1580: 319v; 1585S: 319v; 1585G: 319v; 1585N: 319v; 1587: 348v; 1588: 257r; 1596: 319v; 1597: 319v; 1603: 319v.

211

Per un certo numero di edizioni tale silografia è apposta al testo con il quale

inizia il compendio, e cioè: proprietas in musica est derivatio plurium vocum ab uno

eodemque principio.

z) «Compendium musice. Quisquis ad canendi scientia erudiendus»: la scala musicale 221

Accanto al passo che inizia con quisquis ad canendi scientia erudiendus viene

apposta quella che ho chiamato «scala musicale», raffigurante le canne di un’organo

stilizzate e con diverse indicazioni poste nella quadrettatura relative alle note e ai toni.

Appare chiaro che cinque sono state le silografie prodotte alla base delle 24

edizioni. Le silografie (A) furono utilizzatate dai Sessa-Ravani e poi dal Varisco nella sua

prima edizione. Le silografie (B) furono utilizzate da Boselli e da Varisco a partire dalla

sua seconda edizione del 1564. Le silografie usate da Lichtenstein (C) sono

chiaramente diverse da quella del Boselli-Varisco e dimostrano che l’autore non ha

avuto la preoccupazione di imitare fedelmente la silografia di Boselli e Varisco come

era avvenuto per molte altre silografie della propria edizione.

221

1523: 334v; 1537: 317v; 1548: 317v; 1554: 312v; 1555: 299v; 1559: 299v; 1560: 312v; 1564: 309r;

1567: 295v; 1569: 307v; 1576: 320r; 1578: 320r; 1579N: 320r; 1579G: 320r; 1579S: 320r; 1580: 320r; 1585S: 320r; 1585G: 320r; 1585N: 320r; 1587: 349r; 1588: 257v; 1596: 320r; 1597: 320r; 1603: 320r.

212

Tutte le edizioni successive a partire dai Guerra usano le medesime altre

silografie (D) e, quindi, ci fanno capire che le opere sono state stampate dalla

medesima tipografia. Le silografie di Giunta del 1587 (E) mostrano che l’editore

fiorentino si era deciso ad affrancarsi dalla tipografia probabilmente di Nicolini e a

tentare un’edizione del Sacerdotale tutta propria.

3.26. Note sintetiche relative all’esame delle ventiquattro edizioni

Considerando e confrontando le caratteristiche delle ventiquattro edizioni si

prenderanno in esame diversi criteri di confronto che ritengo possano essere

innanzitutto la disponibilità delle medesime silografie e, in secondo luogo, un esame

complessivo che «incrocia» dati diversi quali tabula contentorum, dati di

impaginazione, carattere tipografico, notazione gregoriana.

Innanzitutto la silografia del frontespizio (colonna 1), quindi le modalità

espositive dell’indice dei contenuti, la tabula contentorum (colonna 2). Si è presa in

considerazione la silografia del Cristo benedicente o comunque che accompagna

l’incipit vero e proprio del testo (colonna 3).

Esamino anche la presenza delle altre silografie che caratterizzano il testo delle

prime edizioni (colonna 4) nonché il carattere tipografico usato – gotico o romano –

(colonna 5), il numero medio di righe per pagina (colonna 6), il numero totale di pagine

(colonna 7), la presenza o meno dell’errore di impaginazione delle pagine 305-315 che

caratterizzano un certo numero di edizioni a partire dall’edizione di Guerra del 1576

(colonna 8) e la notazione gregoriana (colonna 9).

213

«Tabula contentorum»

Nella comparazione

della tavola dei contenuti

preferiamo considerare

diversi elementi: il carattere

tipografico (G per gotico e R

per romano tondetto e R

per romano italico) di cui ci

si avvale. Inoltre la

disposizione del testo in 1 o

2 colonne (1 o 2) oppure

con andamento misto (m) e,

in più, il numero di pagine in

apice. Inoltre, con la lettera

“c” indichiamo quando

l’editore ha riportato nella

tabula il numero del

capitolo e se l’ha disposta

dopo la voce dell’indice (Rc

= voce dell’indice in romano

“R” seguito dal capitolo “c”)

oppure prima (cR =

indicazione del capitolo “c”

e poi il titolo in stile romano

“R”). Solo per Guerra

indichiamo anche il

carattere tipografico del carattere romano della tabula “i”, cioè che è completamente

in italico.

La tabula che abbiamo siglato «Gm» cioè che usa il carattere gotico (G) e che ha

un andamento alternativamente, a seconda della lunghezza delle voci dell’indice e a

discrezione dell’editore, su una o su due colonne (“m” sta per “mista”), è stata usata

non solo dalle quattro edizioni riconducibili ai Ravani (1523, 1537, 1548, 1554), ma

anche da tutte le prime edizioni riconducibili al Varisco (1560, 1564, 1569) e a

Lichtenstein (1567) (Gm).

214

È stato Bosello che, volendo essere fortemente innovativo, ha introdotto lo stile

romano nell’indice (R) e ha impaginato su due colonne (2) ma senza introdurre alcun

segno di capitolo (R2).

Invece Guerra introduce il romano in stile italico (Ri) e introduce l’indicazione del

capitolo (c) impaginando su due colonne (Ric2).

Nicolini nel 1579 e 1585, Giunta nel 1579, Sessa nel 1580, 1585, 1596 e 1597

nonché Polo nel 1603 utilizzano invece il romano (R) con l’indicazione del capitolo (c)

con la tabula disposta su due colonne (Rc2).

È Giunta che nella sua edizione del 1587 fa fare un salto di qualità ulteriore

all’edizione della tabula apponendo innanzitutto l’indicazione del capitolo e poi

facendolo seguire dalla voce dell’indice in stile romano (R) disposta su due colonne

(cR2).

Varisco invece nel 1588 dimostra di non riuscire a staccarsi dal Gotico (G)

nemmeno nella tabula che però impagina su due colonne (G2).

Carattere tipografico

Ho distinto solamente tra tipo

gotico (G) e romano (R). Da un esame del

carattere tipografico fatto in modo

assolutamente superficiale emerge che le

edizioni possibili potrebbero essere

solamente due.

Il carattere tipografico gotico veneziano è usato nel periodo coevo in altre

edizioni, soprattutto, come viene sottolineato a proposito delle scelte tipografiche di

Sessa-Ravani da Curi Leonardi,

Nella maggior parte delle edizioni Melchiorre e il Ravani usano il carattere romano per i testi, quello gotico per i titoli; soltanto nei libri di religione e in quelli di scienza usano il gotico per tutta l’opera.222

Comunque il carattere tipografico gotico veneziano è usato in tutte le edizioni

del Sacerdotale eccezion fatta per l’edizione di Giunta del 1587.

222

CURI NICOLARDI, Una società (1984), p. 20.

215

Notazione gregoriana

Sulla base della notazione gregoriana, cioè delle forme delle note gregoriane, si

possono individuare tre tipologie che ho indicato con «quadrata grande» (Qg),

«quadrata piccola» (Qp), «curva grande» (Cg). La notazione quadrata piccola è

caratteristica della prima edizione e delle successive fino all’edizione di Boselli del 1555

che, tra i cambiamenti tipografici che cerca di introdurre, azzarda anche il

cambiamento tipografico della notazione gregoriana e che sarà caratteristica

solamente delle sue due edizioni (1555 e 1559).

La notazione Quadrata grande invece rimane caratteristica dei Ravani (1523 e

1537) ed eredi (1548 e 1554) comprese le edizioni riconducibili a Varisco (1560, 1564,

1569, 1588), Lichtenstein (1567), Niccolò del 1585, Giunta del 1587; Sessa del 1596 e

1597.

La notazione che ho soprannominato curva grande, per la grande dimensione

delle note, invece, compare per la prima volta con l’edizione dei Guerra del 1576 e sarà

caratteristica di Niccolò e Giunta nel 1579, di Sessa nelle edizioni del 1580 e 1585; di

Polo nel 1603.

Edizioni silo

graf

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ron

tesp

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tab

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. 30

5-3

15

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216

1. 1523

M.Sessa-P. Ravani

A Gm10 O A G 35 367 Qg

2. 1537 V.

Ravani

A Gm7 O A G 36 351 Qg

3. 1548 eredi

Ravani

A Gm7 O A G 36 352 Qg

4. 1554 eredi

Ravani

A Gm7 O A G 37 346 Qg

5. 1555

Bosello

B R27 O B G 39 331 Qp

6. 1559

Bosello

B R27 O B G 39 331 Qp

7. 1560

Varisco

B Gm7 O A G 37 346 Qg

8. 1564

Varisco

B Gm7 O B G 37 342 Qg

9. 1567

Lichtenstein

B Gm7 O? B G 39 328 Qg

10. 1569

Varisco

B Gm7 O B G 37 340 Qg

11. 1576

Guerra

C Ric27 C1 C G 37 376 S Cg

12. 1578

Niccolò

13. 1579

Niccolò

M Rc26 V C G 37 376 S Cg

14. 1579

Giunta

M Rc26 V C G 37 376 S Cg

15. 1579 Sessa

16. 1580 Sessa D Rc26 V C G 37 376 S Cg

17. 1585 Sessa M Rc26 V C G 37 376 S Cg

18. 1585

Niccolò

M Rc26 V C G 37 376 S Qg

19. 1585

Giunta

20. 1587

Giunta

E cR26 C2 – R 36 376 N Qg

21. 1588

Varisco, Paganini

M G26 C3 B G 42 295 N Qg

22. 1596 Sessa M Rc26 V C G 37 376 S Qg

23. 1597 Sessa M Rc26 V C G 37 376 S Qg

24. 1603 Polo M Rc26 C1 C G 37 376 S Cg

217

3.27. Conclusioni circa l’esame delle ventiquattro edizioni

3.27.1. Da «liber sacerdotalis» a «sacerdotale» / «sacerdotale romanum»

Abbiamo già visto nella presentazione della prima edizione così come nella

presentazione dei vari documenti che la accompagnano e che abbiamo esposto nel

precedente capitolo, la finalità di Alberto da Castello: offrire un libro liturgico analogo

al Pontificale dei vescovi che avrebbe potuto diventare per i sacerdoti un libro liturgico

che li potesse accompagnare e sostenere nell’amministrazione corretta e ordinata e il

più possibile uniforme dei sacramenti. Anche se Alberto da Castello non si azzardò a

dare al proprio volume il titolo di Sacerdotale, costatiamo che quanto lui si auspicava e

la denominazione – quella di Sacerdotale – che già lui stesso utilizzava nella prima

edizione all’interno del volume finì ben presto per soppiantare la primigenia

denominazione di Liber sacerdotalis guadagnandosi talvolta anche l’aggettivo di

«romanum» alla pari del Pontificale o del Missale.

Il passaggio da Liber sacerdotalis a Sacerdotale non deve farci sfuggire il secondo

termine che ben presto acquisì, quello di «romanum», dal momento che riportava il

rito per l’amministrazione dei sacramenti, delle benedizioni e delle processioni proprie

del rito romano ma anche alcune consuetudini diffuse presso le popolazioni che

celebravano secondo il rito romano.

Quanto poi all’elemento che maggiormente poteva essere invocato per

denominarlo romanum, vale a dire l’approvazione dei romani pontefici, abbiamo visto

che solo nella prima edizione era effettiva (essendo accompagnata dalla lettera di

Leone X), nella seconda e terza edizione (1537 e 1548) era richiamata solo nel titolo,

nella quarta edizione (1554) era solo millantata: si vantava un’approvazione pontificia

ulteriore – che gli storici successivi identificano con un’approvazione ad opera di Paolo

IV (1555-1559) – della quale tuttavia non rimane alcun riferimento, fatti salvi nuovi

ritrovamenti documentarî.

218

3.27.2. Il numero di editori-tipografi che pubblicarono il «liber sacerdotalis» /

«sacerdotale»

Sulla base di tutte le analisi esterne e sommariamente interne alle 24 edizioni si

può affermare che esistettero non più di quattro “impaginati”, cioè composizioni

tipografiche, alla base delle 24 edizioni.

Il primo impaginato caratterizza le pubblicazioni di Sessa-Ravani (1523) e poi dei

soli Ravani ed eredi (1537, 1548, 1554) nonché le pubblicazioni di Varisco (1560, 1564,

1569, 1588).

Il secondo è rappresentato dall’edizione che mirava e riuscì ad essere una

innovazione del Sacerdotale dal punto di vista iconografico, con i tentativi di

reimpaginazione radicale del testo e delle silografie eseguita da Bosello (1555 e 1559),

il cui impaginato, a tale ipotesi alcuni indizi mi fanno propendere, fu ereditato o

acquistato da Lichtenstein (1567) con il tentativo, ben riuscito, di imitare le silografie

che erano state di Boselli e che nel frattempo erano passate ad abbellire le edizioni di

Varisco (1564, 1569) anche se l’ultima edizione di Varisco, quella del 1588, risente

fortemente dell’influenza dell’edizione di Giunta dell’anno precedente.

Il terzo impaginato è quello di Guerra (1576) che sta alla base di gran parte delle

edizioni successive: Nicolini (1579 e 1585), Giunta (1579 e 1585), Sessa (1580 e 1585,

1596, 1597), e che è «riciclato» anche da Polo (1603) che ne sostituisce il primo

quaderno.

Il quarto impaginato è quello di Giunta del 1587, assolutamente distante da tutte

le altre edizioni per carattere tipografico e composizione tipografica.

Questi quattro impaginati, o perché detenuti dalle medesime quattro tipografie,

o perché passati o venduti da tipografia a tipografia con tipi e silografie annesse, o

perché un editore-stampatore si offrì per editare dietro compenso il testo del

sacerdotale per qualche editore in cerca di un investimento sicuro apportandovi solo

gli aggiustamenti di gradimento all’editore e apponendovi soltanto la sua marca, sono

stati la base delle ventiquattro edizioni del Liber sacerdotalis poi diventato

Sacerdotale.

3.27.3. Interessi in gioco nelle diverse edizioni

Interessi economici

Nel moltiplicarsi delle edizioni – non dovrebbe destare meraviglia – appare

evidente che uno degli interessi maggiori fu quello economico.

219

Già dalla seconda edizione diventa palese l’interesse dell’editore di risparmiare

sul numero di pagine con la conseguente scelta di omettere tutto ciò che non era

indispensabile, fino ad omettere proprio la missiva di Leone X che dimostrava

l’approvazione papale del Liber sacerdotalis e ingiungeva di servirsi della forma in esso

descritta nell’amministrazione dei sacramenti. Non dimentichiamo che anche le due

pagine dell’«incipit» così a lungo studiate da Alberto da Castello vengono brutalmente

mutilate della loro metà! Le preoccupazioni teologiche e spirituali riguardanti la

spiritualità del pastore che avevano «dato un’anima» alle pagine dell’«incipit» della

prima edizione passano in secondo piano rispetto alla preoccupazione dell’editore di

vedere lievitare i costi, oltretutto davanti alla possibilità di risparmiare – con

soppressioni e stratagemmi tipografici – un intero quaderno!

Collaborazioni o competizioni editoriali

Ma emerge chiaramente che dietro il moltiplicarsi delle edizioni ci sono interessi

di dominio editoriale finalizzate con tutta evidenza a guadagnarsi fette di mercato con

un libro che doveva essere ormai assai richiesto.

Gli eventi soggiacenti ad alcune edizioni rimangono a noi oscure e le possiamo

solo intuire ma, almeno per il primo tentativo di Boselli (1555, 1559), il tentativo di un

nuovo editore «rampante» e innovativo che tenta di fare concorrenza agli eredi di

Pietro Ravani e soci, deve essere stato risolto da parte del Varisco – uno di questi soci –

con la sua aperta discesa in campo nell’impresa tipografica ed editoriale con

l’acquisizione del materiale silografico del competitore, come appare nelle sue

successive edizioni (1560, 1564).

Si costata tuttavia che subito dopo tali edizioni con le quali Varisco vuole

probabilmente affermare un proprio diritto esclusivo nell’edizione del Sacerdotale, si

affaccia un nuovo competitore, Lichtenstein (1567), che rileva il materiale di Boselli

ancora sul mercato e tenta anch’egli, essendo editore affermato già da mezzo secolo,

una nuova edizione-imitazione probabilmente per poterla diffondere a prezzo

inferiore.

La vicenda del Sacerdotale tuttavia non presenta solo competizioni, ma anche

collaborazioni editoriali come dimostrano le edizioni del 1579 e del 1585 – tre per

ciascuno degli anni – stampate probabilmente da Nicolini quella del 1579 anche per gli

altri due editori, Giunta e Sessa, che si limitano a fornire allo stampatore-editore la

propria marca tipografica o la silografia con la quale si intende connotare, oltre al

proprio nome, il frontespizio della propria edizione. Similmente nel 1585 Nicolini

sembra fornire prima a Sessa una ristampa dell’edizione già per lui stampata cinque

220

anni prima (1580) poi, in fase di revisione e abbellimento del testo, procede a

stampare per Giunta e, una volta terminato il lavoro di revisione, stampa e pubblica

anche per sé. Non c’era ancora il print on demand del giorno d’oggi, ma certamente in

tali edizioni (1579 e 1585) emerge qualcosa del genere.

Addizioni all’edizione originaria per fini commerciali

Si è inoltre notato in qualche caso la scelta dell’editore di arricchire il testo della

nuova edizione di materiale nuovo per «attrarre» la nuova clientela. In alcuni casi,

come abbiamo mostrato, si è trattato di aggiunte limitate quantitativamente e forse

più di millantata altisonanza del frontespizio che di reale incidenza nella consistenza

del volume (1537, 1560, 1564) con espressioni quali multa alia sacerdotibus valde

utilia ac necessaria sunt addita quae in aliis hactenus impressis minime reperiuntur

(1564, 1567, 1569) che testimoniano come la pubblicità «aggressiva» e un po’ bugiarda

non è certo una novità del nostro tempo.

Le aggiunte, anche se molto tenui e talvolta sempre le medesime delle

precedenti edizioni e continuamente sbandierate, hanno talvolta una pubblicità in

frontespizio meno aggressiva di quella di Varisco: quae in aliis hactenus impressis

desiderabantur (1576, 1578, 1579N, 1579G, 1579S, 1580, 1585S, 1585G, 1585N, 1596,

1597).

Di tutt’altro stile è Giunta (1587). Egli avvisa in dettaglio il lettore sul retro del

frontespizio in che cosa consistano le aggiunte nella propria edizione; dimostra così per

la prima volta una puntualità e una trasparenza nei confronti del lettore che non è

comune negli editori dell’epoca.

Addizioni di carattere teologico e pastorale

Talvolta però le addizioni sono state certamente motivate da motivi teologici o

pastorali, come l’addizione nell’edizione di Giunta del 1587 del sacramento della

confermazione, aggiunta ripresa dallo stesso Varisco nel 1588. Il motivo era

probabilmente già incluso nel fatto che nelle premesse relative allo stile di vita del

sacerdote veniva suggerito di prendere sempre con sé il crisma per l’amministrazione

della confermazione. Il concilio di Firenze e poi Trento avevano ribadito che il ministro

ordinario del sacramento era il Vescovo e perciò, la scelta di Alberto da Castello, era

stata chiara: il sacramento della confermazione doveva essere annoverato nel

Pontificale, non nel sacerdotale.

Si nota tuttavia che talvolta, quando il testo suggeriva che il sacerdote aiutasse i

fedeli a pregare vulgari sermone – essendo i testi sempre editi a Venezia innanzitutto

per un pubblico italiano – si sono introdotte delle traduzioni italiane di alcuni testi che i

221

sacerdoti dovevano fare recitare ai fedeli in lingua volgare (1554). Tali edizioni perciò

lasciano trapelare la preoccupazione pastorale di qualche editore o per lo meno si

deduce che o l’editore ha accolto il suggerimento di qualche sacerdote che gli chiedeva

per tali testi un maggior aiuto oppure l’editore stesso ha pensato di potere aggiungere

al libro tale ausilio per l’esercizio del ministero senza il timore di intaccare l’integrità

dell’opera, anzi, pensando di facilitare l’uso del libro.

Introduzioni di una certa importanza sono state anche quelle operate a partire

dall’edizione di Guerra (1576) dove sono state inserite le prenotanda del Messale e del

Breviario riformate dopo il concilio di Trento. Significativo è che le premesse di

carattere teologico-pastorale all’eucaristia e all’ufficio non vengono soppresse, ma

lasciate come introduzione alle rubriche dei nuovi libri liturgici.

Abbellimenti grafici e silografici del testo

L’arte silografica si era ormai messa a disposizione del libro stampato e si nota in

diverse edizioni la volontà di sorpassare la concorrenza (1555) o la volontà dell’editore

di migliorare la propria precedente edizione (1564) talvolta sulla base delle scelte di

altri editori competitori (1560, 1588), oppure per presentare dei capilettera

comprensivi di icone più appropriate al testo secondo la sensibilità dell’epoca.

I tentativi di miglioramento relativi agli elementi grafici consistettero spesso nella

scelta di una nuova silografia o nella sostituzione di qualcuna di esse con altre più

appropriate, oppure una diversa disposizione delle silografie nella pagina o in

riferimento al testo (1560), oppure la sostituzione di una silografia con un capolettera

piuttosto artistico (1576).

Abbellimenti tipografici del testo

Ci sono dietro ad ogni editore/tipografo gusti diversi ed attenzioni diverse per il

libro stampato: gusti diversi per i capilettera, talvolta esagerati (1555) si alternano con

gusti diversi per la disposizione delle righe nelle pagine (1537).

Anche la radicale decisione di Giunta (1587) di tagliare il cordone ombelicale con

il carattere tipografico gotico – ormai classico nei testi liturgici – per utilizzare per

l’intero testo il carattere tipografico romano fu una scelta coraggiosa che tuttavia la

storia dei secoli successivi ha sicuramente premiato e riconosciuto giusta. D’altronde

tale scelta era già stata anticipata da qualche edizione precedente almeno da Guerra

(1576) che avea osato introdurre nel frontespizio l’uso di un carattere Romano così

come l’uso dell’italico, e non solo. Guerra aprirà la strada ad un nuovo modo di

concepire l’indice non solo dal punto di vista tipografico, con un indice disposto

222

sistematicamente su due colonne, ma anche concettuale inserendo accanto ad ogni

voce l’indicazione del capitolo per fare emergere la struttura complessiva dell’opera.

Modifiche finalizzate ad una migliore fruibilità del testo in vista della celebrazione

Si constata già nella seconda edizione (1537), ma anche nelle edizioni degli eredi

Ravani (1548 e 1554) così come nella nitidezza dell’ultima edizione di Giunta (1587), la

volontà di offrire un testo più fruibile alla lettura in sede di celebrazione, con la scelta

talvolta sistematica e talvolta quasi sperimentale, di «sciogliere» le abbreviazioni del

testo che ci si rendeva ben conto potevano essere di non poco impedimento alla

lettura, soprattutto per il clero meno colto, o meno avezzo alla lettura del latino, o

semplicemente più in difficoltà con la vista. Abbreviazioni quali «per», «pro», «um»,

«rum», «mnium», ecc... da comprendersi solo in base ad una piccola stanghetta nella

gamba di una lettera, o per un piccolo svolazzo sopra essa – tutte abbreviazioni che

riproducevano tipograficamente le abbreviazioni della calligrafia dei manoscritti –

continuarono per decenni per tutto il XVI secolo e anche oltre, ma dovettero cedere il

passo già in diverse edizioni del Sacerdotale ad una forma più leggibile e non

abbreviata.

3.27.4. Risposte alle domande circa le ventiquattro edizioni e alcune linee

conclusive

Possiamo soltanto ora, dopo questo approccio che può essere sembrato anche

eccessivamente minuzioso, dare risposta alle domande che ci eravamo posti

precedentemente alla fine del primo capitolo223.

Al di là dei nomi dei singoli editori o stampatori che compaiono nelle edizioni,

non abbiamo alcuna informazione di personalità o chierici che «abbiano messo mano»

all’opera di Alberto da Castello nelle edizioni successive alla prima (1537-1603) anche

quando le manomissioni sono state più pesanti per adattare l’opera ai nuovi libri

liturgici post-tridentini.

Una di tali edizioni, quella di Giunta del 1587, è stata forse una delle più diffuse.

Coloro che si accostavano a tale edizione si trovavano tra le mani sostanzialmente

l’opera di Alberto da Castello, ma anche alcuni rimaneggiamenti del Liber sacerdotalis

originario. L’editore, che generalmente ha sempre sotto gli occhi almeno una edizione

precedente ma quasi mai quella originaria, si comporta generalmente con trasparenza

e con puntuale avviso al lettore, soprattutto nel momento in cui si aggiunge nuovo

materiale di potenziale interesse per il lettore/sacerdote.

223

Cf. p. 39.

223

Le generazioni successive, non solo Quetif-Echard o il Card. Prospero Lambertini

o Zaccaria nel XVIII secolo, ma anche altri autori nel XX secolo, assumono

generalmente l’edizione da essi consultata come un’edizione che riflette quella

originaria e abbiamo notato che talvolta la scambiano per essa.

È fuori di dubbio che mentre in alcuni casi si trattò di ristampe o poco più, in altri

casi si trattò di veri e propri tentativi di miglioramento del testo, per lo meno dal punto

di vista estetico, grafico e silografico. Tale miglioramento toccò anche la notazione

gregoriana che accompagna tanta parte del nostro testo, soprattutto la parte relativa

agli uffici funebri, con il risultato che talvolta si trattò di un miglioramento del testo e

talvolta di un peggioramento. Ci sembra di poter dire anche che in tali tentativi di

miglioramento, anche con la risoluzione delle abbreviazioni, furono certamente

introdotte varianti ed errori.

Trascorsi i dieci anni dalla sua prima edizione il testo divenne di dominio pubblico

e i diversi editori che lo hanno scelto per le proprie fortune editoriali, abbiamo

compreso che si sono serviti di tutti gli stratagemmi possibili per il proprio fine, fino a

«ricopertinare» le edizioni altrui.

Dopo tale esame «esterno» delle ventiquattro edizioni suggeriamo la necessità di

procedere ad un’edizione «critica» del testo con lo studio delle singole varianti. Dal

momento infatti che oltralpe fiorirono manuali per il clero sui quali il Liber sacerdotalis

/ Sacerdotale ebbe un certo ascendente, diventa senza dubbio necessaria un’edizione

con la quale identificare l’edizione di riferimento alla quale tali libri per il clero

attinsero.

Diventa perciò necessario mettere in evidenza quali furono gli elementi specifici

dell’opera di Alberto da Castello che tanta influenza ebbero nella formazione del

Rituale romano del 1614 e tentare un primo paragone con alcuni manuali analoghi in

circolazione alla fine del XV e agli inizi del XVI secolo.

225

CAPITOLO 4: IL «LIBER SACERDOTALIS»:

FINALITÀ, STRUTTURA E CONTENUTI

4.1. Considerazioni generali sulla struttura unitaria e tripartita dell’opera

Il 16 aprile 1520, nel dare il suo imprimatur al Liber sacerdotalis il patriarca di

Venezia, nella persona del notaio patriarcale, tra le altre cose, scriveva rivolgendosi ad

Alberto da Castello, autore del Liber sacerdotalis:

2. Hinc est q[uod] vos dum anno praesenti Romae essetis multa praeclara

ex antiquis libris apostolicae bibliothecae excerpsistis quae curatis sacerdotibus

valde oportuna esse iudicantur, eaq[ue] vestro studio et diligentia in unu[m]

volumen quibusdam valde necessariis permaxime circa ecclesiae sacramenta

superadditis congregastis velletisq[ue] dictum opus i[m]pressoribus tradere ut

omnibus possit esse communis.

3. Quod quide[m], ad instar pontificalis episcopor[um], tribus partibus

distinctum a sacerdotibus curatis pro quibus illud composuistis librum

Sacerdotalem appellastis.

Da quanto lì affermato emerge chiaramente e in modo sintetico la

consapevolezza del Patriarca circa due punti fondamentali.

Innanzitutto l’unitarietà dell’opera e la sua chiara finalità: era destinata all’uso

dei sacerdoti «curati» o che fossero «in cura d’anime» in particolare per la

celebrazione dei sacramenti per un duplice beneficio, ai sacerdoti per lo svolgimento

del loro ufficio, ai fedeli per la grazia dei sacramenti e dei sacramentali che avrebbero

ricevuto dai pastori dediti al proprio ministero.

Contemporaneamente, appariva chiara la mens che ne guidava la struttura, cioè

che aspirasse ad essere l’esatto analogo del Liber pontificalis o Pontificale, il libro

226

liturgico destinato ai Vescovi con il desiderio di riprodurne la tripartizione (ad instar

pontificalis episcoporum tribus partibus distinctum)224.

Procediamo ora ad evidenziare questi due caratteri che considero costitutivi del

Liber sacerdotalis: la struttura unitaria (nel senso che si presentano come un tutt’uno

elementi prima concepiti separatamente) e la struttura tripartita.

4.2. I diversi elementi dai quali si evince la struttura unitaria dell’opera

Che l’unitarietà dell’opera e in particolare la finalità “sacerdotale” non fosse solo

un elemento che traspariva agli occhi del Patriarca o del notaio della sua Curia, ma che

corrispondesse all’esatto progetto e finalità dell’opera concepita da Alberto da Castello

lo si evince da molti elementi, alcuni riconducibili direttamente ad Alberto da Castello

(la postfazione dell’autore, la dedica ad Adriano VI, la prefazione all’opera stessa), altri

riconducibili a coloro che avevano ricevuto le sue confidenze o avevano avuto modo o

l’onere di vagliare e valutare la sua opera (il sopracitato imprimatur del Patriarca, la

lettera apostolica di Leone X, l’imprimatur dell’inquisitore, la poesia del Gaboardo), e

altri elementi ancora desumibili dall’esame della produzione liturgica precedente e

coeva al Liber sacerdotalis.

4.2.1. Un libro per l’amministrazione dei sacramenti e la cura pastorale

Affermava l’autore della postfazione (che non possiamo identificare altri che con

Alberto da Castello) rivolgendosi direttamente ai sacerdoti:

1. Accipite Reuerendi patres et domini sacerdotes (...) Sacerdotalem librum tripertitum (...) in quo sine labore et multor[um] libror[um] reuolutione c[on]clusiue summatim clare et dilucide que ad officium vestrum spectare et c[on]uenire

224

Quello che oggi chiamiamo Pontificale Romano e che ai tempi di Alberto da Castello era

conosciuto come liber pontificalis, era diviso in tre parti: 1) la santificazione delle persone (la confermazione; ), 2) la consacrazione dei luoghi (posa della prima pietra, dedicazione e consacrazione della Chiesa, delle tovaglie e dei vasi sacri; dell’altare senza la consacrazione della chiesa, delle vesti sacerdotali, del turibolo, delle armi); 3) altri riti (espulsione dei penitenti all’inizio della quaresima; riconciliazione dei penitenti il giovedì santo; la consacrazione degli olii sempre il giovedì santo e l’ufficio del venerdì e sabato santo; la celebrazione dei sinodi, ecc...). Si veda il Pontificale romano curato da Alberto da Castello e la premessa da lui apposta alla revisione di tale libro liturgico.

227

dignoscuntur collecta digesta probata et approbata esse noscuntur: vt nil sacerdoti curam animar[um] gerenti aliunde perquirere sit necesse.225

Dunque sono i sacerdoti i destinatari della postfazione del Liber sacerdotalis: un

volume concepito già nel titolo per essere acquistato, letto, consultato e utilizzato nel

ministero da parte dei sacerdoti.

Ma che cosa assicurava ad Alberto da Castello che i sacerdoti avrebbero

utilizzato il Liber sacerdotalis nel loro ministero e che tale utilizzo si sarebbe diffuso?

Sicuramente la consapevolezza di avere racchiuso in un unico libro tutto ciò che il

sacerdote in precedenza doveva e poteva trovare in molti libri (§1: in quo sine labore

et multorum librorum reuolutione conclusiue summatim) e, quindi, ciò che in

precedenza si poteva avere solo con fatica (e dispendio), e dopo avere a lungo cercato

i libri necessari per la cura dei fedeli (§1: ut nil sacerdoti curam animarum gerenti

aliunde perquirere sit necesse).

Conferma di ciò la troviamo anche nella sua dedica ad Adriano VI.

4.2.2.: Un libro analogo al Pontificale a servizio dello zelo per le anime

Circa l’intento di Alberto da Castello nessun documento è esplicito più della

dedica ad Adriano VI che l’autore premette al volume se si eccettua la sua dedica a

Leone X premessa al Pontificale. Vediamone gli elementi precipui.

L’occasione e, se vogliamo, l’idea di comporre il liber sacerdoalis, è stata

maturata dopo la cura che egli mise nel rivedere il liber Pontificalis da lui stesso

consegnato al papa Leone X (§12). Come dice Alberto da Castello stesso, dal momento

che per i vescovi aveva fatto cosa gradita e opportuna (§13: quandoquidem Episcopis

rem gratam et accommodatam feceram) gli venne in mente di compiere un’opera

simile, per compiere proprio per i sacerdoti e la loro cura d’anime (§13: ita etiam

sacerdotibus parochialibus curamque animarum gerentibus) quella che Alberto

definisce «una cosa necessaria e opportuna» (§13: rem necessariam et opportunam

peragerem).

Quale il motivo e la finalità di quest’opera giudicata da Alberto da Castello

«necessaria e opportuna»? Il motivo, la causa, di tale opera, spiega Alberto, è che

aveva visto molte volte che i sacerdoti hanno lacune non piccole (§13: presertim cum

in talibus plerosque non parum deficere meis oculis multotiens conspexissem). Certo

egli non si vuole ergere a giudice o maestro nei confronti dei sacerdoti in genere, e così

previene tale possibile critica (§18: quasi velim dominos meos ac praesules sacerdotes

225

Per l’intero testo della postfazione, cf. capitolo 2, p. .

228

curatos instruere). Spiega però la finalità del proprio lavoro e perciò diviene più chiaro

il suo intento: desidera che i sacerdoti abbiano disponibile in un unico libro tutti i

rituali che, fino a quel momento, si trovano dispersi in molte pubblicazioni (§18: ut ipsi

in promptu haberent et sine labore colligerent quae ego maximis laboribus sudoribus et

vigiliis annis pluribus hinc inde dispersa ad animarum salutem in unum congregassem).

Alberto da Castello tuttavia, essendo un pastore e per avere curato l’edizione di

decine e decine di libri di ambito ecclesiastico e liturgico, sa che un libro liturgico non

può cambiare una prassi liturgica. Noto e sottolineo perciò che non è soltanto una

finalità pratica quello che lo anima (il comporre un libro, silloge di altri libri liturgici),

bensì anche l’intento di contribuire a formare e a diffondere, tramite il suo libro, una

spiritualità sacerdotale che tenga in alta considerazione il ministero, quello cioè che

precedentemente ha chiamato «zelo delle anime». Infatti egli precisa subito che in tale

pubblicazione ha raccolto quello che si trova ordinato da pontefici, concili, teologi e

canonisti (§19). È da tali fonti autorevoli che ne ha tratto il contenuto. Tale contenuto

si presenta pertanto autorevolmente non per ciò che si afferma, ma per

l’autorevolezza delle fonti dalle quali è tratto e per l’autorevolezza con la quale le fonti

si esprimono non solo sulla modalità di celebrare i sacramenti, bensì anche sul tenore

di vita, l’insegnamento e la cura pastorale che devono accompagnare il ministero dei

sacerdoti.

Scriveva dunque nella sua dedica ad Adriano VI:

20. in quo sacerdotes qualiter vivere, quid docere, qualiter ecclesiastica sacramenta conficere, ministrare et cum suis annexis dispensare debeant, quas res et qualiter benedicere, quas et quales processiones tam ordinarias quam extraordinarias facere: ecclesiasticum computum qualiter perscrutari debeant, modulationem ecclesiastici cantus qualiter discere: et postremo malignos spiritus ab energuminis qualiter expellere valeant plenissime informantur.

È questa strutturazione del contenuto del Liber sacerdotalis che esprime quanto

intendeva Alberto da Castello con «zelo» per la salvezza eterna delle anime (§3-5)

soprattutto quando conclude che «nessun sacrificio è maggiormente accetto a Dio

dello zelo per la salvezza delle anime» (Nullum enim sacrificium est Deo acceptius,

quam Zelus salutis animarum, §5). Passa poi a ricordare che tale zelo fu proprio del

nostro Salvatore nella sua incarnazione (§6-7) zelus iste salvatorem nostrum dominum

Iesum christum de coelo ad terram adduxit che costituisce Pietro (§8) e poi gli apostoli

(§9) per l’amministrazione dei sacramenti per sanare l’umanità ferita (§9).

Dunque per Alberto da Castello, «zelo» per le anime significa vita sacerdotale

autentica spesa soprattutto nella corretta celebrazione dei sacramenti, in quella

modalità che la Chiesa romana o altre chiese custodiscono e, quindi, non abbandonata

229

ad arbitri o sciatterie dei singoli sacerdoti impreparati o non forniti di libri rituali

conformi alla propria tradizione o a quanto il proprio ordinario o i sinodi diocesani

hanno stabilito. Similmente significa per lui non solo una corretta celebrazione dei

sacramenti, ma anche una vita sacerdotale consona con il ministero assunto con

l’ordinazione sacerdotale.

Ciò emerge soprattutto laddove richiama ad Adriano VI quanto era intercorso

con il suo predecessore (§16), quando scrive:

16. Quem Sacerdotalem librum ante eius impressionem prefato Sancto domino Leoni corrigendum presentavi. Et cum Sanctitas Sua ipsum examinari fecisset non modo eum imprimi iussit, verum etiam per litteras suas in forma brevis omnibus personis ecclesiasticis in virtute sanctae obedientiae mandavit quatenus librum ipsum sequi deberent et ecclesiastica sacramenta secundum formam in eo traditam ministrare tenerentur.

Quindi il riferimento non è solo alla celebrazione dei sacramenti (ecclesiastica

sacramenta secundum formam in eo traditam ministrare), ma anche a servirsi del

medesimo libro (librum ipsum sequi), cioè ad assumere quei contenuti che egli dai

Padri della Chiesa, dagli antichi concili, dalle decisioni autorevoli degli antichi pontefici

era andato raccogliendo e dalle quali si poteva evincere sempre più una spiritualità

sacerdotale per il pastore in cura d’anime, nell’amministrazione dei sacramenti e non

solo.

I riferimenti che Alberto da Castello fa alle fatiche e alle veglie trascorse nello

studio e nella redazione di tale volume non deve essere messo in relazione solo con la

facilità con cui ora i sacerdoti possono avere in un unico volume quello che prima era

disperso in molti e solo con fatica poteva essere raccolto. Deve essere messo in

relazione anche con lo «zelo» personale di Alberto da Castello che da quello zelo per la

salvezza delle anime è stato animato sia nella revisione del Pontificale ma soprattutto

nella composizione di tale Liber sacerdotalis. Egli infatti fa riferimento a «ciò che io con

immensi sforzi, sudori, veglie, in molti anni, (raccolsi ndt) quello che era stato disperso

fino ad oggidì», ma conclude la sua affermazione con l’espressione «avevo potuto

raccogliere per la salvezza delle anime» mostrando dunque le vere motivazioni che lo

avevano guidato nel lavoro (§18: ut ipsi in promptu haberent et sine labore colligerent

quae ego maximis laboribus sudoribus et vigiliis annis pluribus hinc inde dispersa ad

animarum salutem in unum congregassem) e che è anche il leit motiv dal quale la sua

dedica ad Adriano VI prende lo spunto.

230

4.2.3. I sacerdoti – vescovi e presbiteri – hanno il compito di pascere

Lo zelo per la salvezza delle anime portato da Cristo sulla terra

L’inizio dell’opera, il prohemium elaborato dal domenicano, dimostra che

l’incarnazione del Signore Gesù Cristo era da lui preferibilmente associata all’immagine

evangelica del buon samaritano che per Alberto da Castello altro non era che

l’immagine più nitida, insieme a quella del buon pastore, dello zelo per la salvezza delle

anime che si deve trovare nel sacerdote.

Vediamo l’inizio del Liber sacerdotalis:

Salvator noster d[omi]n[u]s Jesus [Cristus] qui tanq[ua]m verus samaritanus

desce[n]de[n]s ab celesti hierusale[m] et hierico idest humani generis defectui et

miserijs appropinquans [Lc 10] curationi eius alligamenta adhibuit, q[ui]a c[on]tra

originalis et actualis p[ec]c[a]ti vulnera q[ui]bus sauciu[m] erat sacr[ament]or[um]

remedia instituit et ordinavit.

Que q[ui]de[m] |f. 1v| dum in hac mortali peregrinatione versaret[ur] p[ro] se docuit

et co[m]plevit et post passione[m] sua[m] p[ro] sacerdotes suos fidelib[us] suis

ministranda precepit.

Ex q[ui]bus q[ui]dem duos ordines co[n]stituit ut sanctus euangelista lucas nono et

decimo cap[itu]lis eua[n]gelij sui testat[ur]: alter[um] q[ui]dem maior[um] i[dest]

duodecim apostolorum, alter[um] vero minor[um] LXXII v[m] dicipulorum: ita

dumtaxat ut priores ep[iscop]or[um] posteriores vero inferior[um] sacerdotum locum et

dignitate[m] obtinerent.

Dobbiamo qui richiamare quello che abbiamo già esposto nel secondo capitolo a

proposito di quelle che ho chiamato «pagine dell’incipit», perché altrimenti ci

sfuggirebbe l’intenzione profonda di Alberto da Castello.

L’inizio dell’opera, da me appena riportato, è in realtà corredato da diciotto

citazioni bibliche che intendevano per iscritto e per immagini trasmettere questo santo

zelo per la salvezza delle anime. Lo stesso figlio di Pietro Ravani, nel suo intento di

risparmiare carta, come abbiamo visto sopra, nella seconda edizione del 1537 andrà

omettendo nove delle diciotto citazioni che, come ho ipotizzato, erano state

collazionate e selezionate da Alberto da Castello durante la sua revisione della Vulgata

avvenuta negli anni precedenti (1511 Biblia cum concordantijs Veteris et Noui

Testamenti) e collocate all’inizio della sua opera.

Mentre i successivi editori di casa Ravani cercheranno di mantenere il

frontespizio – anche se già menomato da Vittore Ravani – nelle proprie edizioni del

1548, 1554, 1560, 1564, 1569, tutti gli altri editori a partire da Boselli – ma anche lo

stesso Varisco nell’edizione del 1588! – spazzeranno via tutte queste citazioni bibliche

che, a loro giudizio, nulla avevano a che fare con l’opera in sé.

231

Se si prendono in considerazione le diciotto citazioni che incorniciano l’inizio del

prohemium della prima edizione – già riportate nel secondo capitolo226 – si può

apprezzare maggiormente l’intento «pastorale» di Alberto da Castello.

Tutte le citazioni bibliche collazionate da Alberto da Castello indicano i doveri

principali del sacerdote:

1) ad agire personalmente secondo il cuore e l’anima di Dio (1Sam 2,35),

osservando la sua legge (1Mac 4,42), lasciandosi inebriare dai doni di Dio a beneficio

dei fedeli (Ger 31,14);

2) a pascere il gregge di Dio (1Pt5,2; Is 40,11; Ger 3,15), a non disperderlo (Ger

23,1.2), ad averne cura non abbandonandolo (Zac 11,3-6.15-17), dando la vita per le

proprie pecore (Gv 10,11);

3) ad insegnare la scienza e l’istruzione e la legge di Dio (Mal 2,7; Ger 18,18; Dan

12,3), studiandola, praticandola e insegnandola (Esd 7,10) al proprio gregge (Eccl

18,12-13), insegnando la differenza tra ciò che è santo e ciò che non lo è (Ez 44,23);

4) a santificare il popolo di Dio che è regnum sacerdotale gens sancta (Es 19,6),

popolo che Dio si è acquistato (Es 19,6).

Lo zelo ha guidato l’autore a rivedere il «Pontificale» e a comporre il «Sacerdotale»

Alberto da Castello vuole trasmettere ai suoi lettori sacerdoti già dall’inizio della

propria opera, così come farà con la postfazione, un richiamo alla santità del sacerdote

e ai suoi doveri di pastore, di maestro, di santificatore. Emerge anche, nell’economia

dell’inizio del prohemium, che tale zelo dove guidare tutti i pastori, vescovi e

presbiteri. Era questo zelo che lo aveva guidato a ripristinare il libro usato dai vescovi

nel loro ministero, il Pontificale, ed ora con il medesimo zelo voleva giovare anche agli

altri pastori, quelli di ordine inferiore, i sacerdoti, approntando un libro analogo al

Pontificale perché possano svolgere il loro ministero colmi di quello zelo che le

citazioni della scrittura da lui collazionate lasciano trasparire.

Che Pontificale-Sacerdotale costituiscano un binomio spicca nella prosecuzione e

nell’introduzione al libro stesso. I libri liturgici sono utili, soprattutto nella loro

completezza, ma non suppliscono al necessario zelo di cui il ministro di Dio, vescovo o

sacerdote, deve essere nutrito. Infatti egli parla del Pontificale come di un libro già

noto e conosciuto, e passa poi a introdurre la propria opera, chiamando il Liber

sacerdotalis come già aveva progettato che dovesse chiamarsi: Sacerdotale.

226

Vedi il secondo capitolo a p. 62.

232

|f. 2r:2-6| Et q[ui]a i[n] libro Po[n]tificali sufficie[n]ter de his, q[uae] ad off[iciu]m

po[n]tificu[m] specta[n]t, diffusius tractat[ur]; op[er][ae] pretiu[m] visum fuit in hoc

libro, q[ue] Sacerdotale nu[n]cupat[ur], ea, qu[ae] ad off[iciu]m curatoru[m]

p[er]tine[n]t, q[ua]e tu[m] deus dederit, inserere

Prosegue però Alberto da Castello a volere fare un’ulteriore premessa, questa

volta non sull’ordine e sul duplice ministero dei vescovi e dei presbiteri, ma sulle

necessarie qualità del sacerdote e del suo ufficio preso nella sua globalità, non solo

nell’amministrazione dei sacramenti, ma considerando i suoi doveri nel loro insieme.

Lascia al Pontificale le considerazioni relative ai vescovi, mentre invece dichiara

di volersi concentrare su quelle relative ai presbiteri:

|f. 2r:16-19| Ueru[m], anteq[ua]m opus hoc necessarium aggrediamur, no[n]nulla

p[er]sona[m] & officiu[m] sacerdotis co[n]cerne[n]tia videnda sunt, que[m] non

modicum decoris & ornamenti huic operi, nec minus vtilitatis ea dilige[n]ter

obseruantibus affere[n]t.

Se dunque si considerano velocemente i preambula da lui posti all’inizio

dell’opera, si può maggiormente constatare lo spessore del suo lavoro e delle sue

fatiche.

4.2.4. Una spiritualità confermata dalla tradizione e dal magistero

Questi dunque gli argomenti toccati da Alberto da Castello in quelli che egli

stesso definisce preambula sequentis operis. Ne vediamo i titoli e vi apporremo alcuni

commenti227.

cap. 1: Preambula quaedam sequentis operis. Unde dicatur sacerdos et unde ortum

habuit sacerdotium, et quid sit officium sacerdotis

cap. 2: Bona vita et sana doctrina sunt necessarie sacerdoti.

cap. 3: Que a sacerdotibus necessario scienda sunt.

cap. 4: Sacerdos parrochialis debet suis subditis predicare:

cap. 5: Que a sacerdotibus sunt suis plebibus predicanda.

cap. 6: Sacerdos ante omnia debet sibi commissos ad fidem catholicam firmiter

tenendam et superstitiones vitandas instruere.

cap. 7: Sacerdos admonere debet fideles qualiter in ecclesia conversari debeant et

qualiter virtutes debeant praedicare et vitia detestari.

cap. 8: Sacerdotes debent monere porcarios et bubulcos ut saltim diebus festis ad

ecclesiam conveniant.

cap. 9: Sacerdos admonere debet populum vt mane et vespere saltim pro se orent: et pro

diuersis plagis occurentibus.

cap. 10: Sacerdos docere debet ciues vt festa solemnia in ciuitatibus agant: et quae sint

festa de praecepto.

227

I titoli completi si trovano nell’appendice dove riporto sia i titoli che figurano nella tabula

contentorum sia i titoli dei capitoli che si ritrovano poi all’interno del testo. Qui riprendo solo i titoli che figurano all’interno del testo.

233

cap. 11: Sacerdos debet monere populum super decimis persoluendis

cap. 12: Sacerdos semper debet secum habere sacrum chrisma: et illud diligenter

conseruare: et in conuiuijs nuptialibus honeste se habere.

cap. 13: Compendiosa admonitio quae fit in concilijs provincialibus seu synodis: de vita

et officijs sacerdotum et clericorum.

Se scorriamo questi preambula appare palesemente la specificità del lavoro

compiuto da Alberto da Castello e la sua peculiarità. Faccio solo notare che lo sforzo

del sacerdote domenicano è stato quello di fondare le sue affermazioni sull’autorità

della sacra scrittura, sui padri autorevoli (si cita quasi sempre e solo s. Agostino), sulla

tradizione autorevole, in particolare una serie numerosa di concili circa l’autenticità dei

quali dovremmo dedicare uno studio a parte, soprattutto con un’analisi complessiva e

critica di tutte le fonti utilizzate.

Dunque prima di ogni antologia di testi liturgici Alberto da Castello sapeva che

era importante chiarire quale dovesse essere lo stile di vita del sacerdote, i libri dai

quali doveva spiritualmente e intellettualmente nutrirsi, lo stile della sua preghiera

quotidiana, il modo concreto di celebrare la Messa e gi altri sacramenti, e, soprattutto,

i doveri nei confronti dei fedeli che gli competono per il ministero che egli ha assunto

nell’ordinazione presbiterale e accettando di adempiere un «ufficio». Sono proprio i

semplici fedeli i destinatari dell’esercizio del sacerdozio per i quali deve nutrire

rispetto, quand’anche vivano una vita cristiana trascurata o una vita simile a quella

degli animali, come gli sfugge di scrivere.

4.2.5. La spiritualità del parroco delineata dai «praembula»

I «praeambula» che Alberto da Castello premette al suo Liber sacerdotalis ci

aiutano a delineare la figura ideale del parroco o del sacerdote curato agli inizi del XVI

secolo.

1. L’ufficio del sacerdote è sostanzialmente la «cura animarum»

Circa l’ufficio – oggi diremmo il ministero – del sacerdote Alberto da Castello trae

le mosse dall’eucologia dell’ordinazione per porne in evidenza i compiti: celebrare la

santa Messa, benedire, presiedere, predicare, battezzare, assolvere (Officium autem

sacerdotum iuxta suae ordinationis canonem est offerre benedicere [...] preesse

predicare baptizare [...] ligare et absolvere). Anche in questo caso tuttavia Alberto da

Castello «fonda» i compiti inerenti l’ufficio sacerdotale su testi teologici e soprattutto

su testi biblici: Gv 20, Ex 14, Deut 14, Lc 4, 1 Cor 9. Corrobora inoltre il proprio discorso

sulla base dell’autorità dei Padri con un lungo passo che Alberto da Castello attribuisce

234

ad Agostino ma che probabilmente è di un certo Teodolfo ai confratelli della diocesi di

Orléans (citato da Baronio, Annali ecclesiastici IX, p. 835), dove, tra l’altro, si dice:

Veraciter nosse debetis et semper meminisse quia nos quibus regendarum animarum

cura commissa est, pro his qui nostra negligentia pereunt, rationem reddituri sumus;

insistendo così sul compito della cura animarum.

2. La «bona vita» o il necessario comportamento del sacerdote

Innanzitutto circa la cura animarum Alberto da Castello evidenzia la necessità di

una rettitudine di vita, quella che egli chiama bona vita.

A partire da quelli che sono definiti concili provinciali o sinodi, Alberto da

Castello raccoglie una serie di ammonizioni (cap. 13) generalmente fatta in seconda

persona plurale e riguardanti il tenore di vita del sacerdote. Tale tenore di vita deve

essere irreprensibile, senza convivere con donne, alzandosi in ore notturne, cantando

l’ufficio nelle ore stabilite, celebrando la messa essendo digiuni, vestendo i prescritti

abiti liturgici, proibendo ad utilizzare tali abiti liturgici per altri scopi; celebrando

devotamente e religiosamente, con suppellettili e biancheria pulita, ecc...

In altri frangenti (cap. 12) Alberto da Castello suggerisce, appoggiandosi ad un

certo concilio Basense ma probabilmente Vasense, concilio della Gallia, che il

sacerdote deve avere con sé il crisma per potere completare la crismazione

eventualmente non ricevuta nel momento del battesimo (nel caso l’infante fosse stato

battezzato urgentemente solamente con l’infusione dell’acqua e l’invocazione

trinitaria). A tal proposito ricorda a partire dal concilio di Valenza che il sacerdote

prima della Pasqua deve chiedere al proprio vescovo il Crisma; a partire dal concilio di

Tours ricorda che il sacerdote ha il compito, una volta ricevuto il crisma, di custodirlo.

Circa il comportamento del sacerdote nei convivi (cap. 12) si rifà ad un concilio di

Neocesarea, ad un concilio africano, ad un concilio antiocheno e poi ad una

immancabile frase di sant’Agostino.

3. L’acquisizione della «sana doctrina» al fine della «cura animarum»

Nel secondo capitolo dei preambula Alberto da Castello insiste sulla sana

doctrina perché ricorda che la bona vita non è di per sé sufficiente all’espletamento

del ministero sacerdotale (f. 3r: et quia etiam bona vita sola non sufficit ad sacerdotem

sine peritia litterarum, quoniam imperitus et indoctus non potest officium sacerdotis

recte complere) e appoggia tale affermazione sulla lettera di papa Gelasio, poi sul

detto di papa Anacleto. Poi viene appoggiata su Dan 12: qui docti fuerint fulgebunt

quasi splendor firmamenti. Ma cita anche Dan 11, e anche Agostino (ma in realtà

trattasi di Teodolfo vescovo di Orléans).

235

È significativo tuttavia che Alberto da Castello, a partire dalle fonti antiche e dagli

atti dei concili a lui famigliari, evidenzi quali siano le conoscenze minime che devono

essere attingibili dal sacerdote per tale sana doctrina.

Innanzitutto ricorda quali debbano essere i libri sui quali attingere tale sana

doctrina. I libri che il sacerdote deve assolutamente possedere o, in ogni caso, avere

disponibile e conoscere (l’affermazione di Alberto da Castello lascia intendere che nella

vita religiosa o canonicale i libri possono essere della comunità e non personali del

sacerdote) sono: liber sacramentorum228, lezionario, antifonario, battisterio (arguisco

che sia il libro per i battesimi), computo, canone penitenziale (per l’amministrazione

del sacramento della penitenza), salterio, omelie per le domeniche del “circolo

dell’anno” (quello che noi chiameremmo “anno liturgico”) e per le singole festività.

Deve inoltre conoscere i canoni ecclesiastici (il diritto canonico) e, circa quest’ultima

affermazione, si basa sulla lettera di Celestino Papa (cap. XX), poi sul concilio d’Orléans

(cap. VI).

4. Obbligo morale del sacerdote di predicare e istruire i fedeli affidati alle sue cure

L’acquisizione della sana doctrina era finalizzata, per Alberto da Castello, a

nutrire la predicazione del sacerdote dove però Alberto sa ben distinguere quella che è

la doctrina, dal ministero della predicazione che è annunzio vivo della parola di Dio o,

come egli afferma, della parola di salvezza, e non semplicemente “trasmissione” della

dottrina acquisita al popolo affidato alle sue cure (cap. 5: Munitus itaque sacerdos et

bona vita et scientia lucida, accingat se ad praedicationis ufficium et secundum sibi

traditam gratiam plebibus suis verbum salutis annuntiet). A tal proposito è

interessante il consiglio da lui offerto ai sacerdoti che sono consapevoli di non essere

dotati nella predicazione. Alberto da Castello sa che l’insegnamento verbale del

sacerdote non si risolve esclusivamente nella predicazione liturgica, ma anche in un

contatto quotidiano con il popolo di Dio, dove la scienza del sacerdote può di fatto

trasparire in una frequentazione quotidiana con il popolo affidato alle sue cure in

modo che i fedeli possano non solo ascoltare le sue parole ma anche confrontarle con

il suo stile di vita (cap. 5: et si est non multa poleat scientia secundum tandem? posse

suum verbo et exemplo omnibus prodesse studeat).

In modo speciale e particolare Alberto da Castello, forte della sua conoscenza

delle decisioni dei sinodi e dei concili, viene anche a considerare quali siano le verità

fondamentali di ogni predicazione che i fedeli devono trovare sulle labbra del

228

Da intendersi come «libro per la celebrazione dei sacramenti»?

236

sacerdote. Alberto da Castello riporta così che il concilio di Rouen (can. 1) aveva

stabilito che si dovesse predicare a tutti genericamente di credere che Padre, Figlio e

Spirito santo sono un unico Dio onnipotente che ha fatto tutte le cose, e che la divinità

la sostanza e la maestà delle tre persone divine è una e unica. Similmente aveva

stabilito (can. 2) che si dovesse predicare che il Figlio di Dio si è incarnato dallo Spirito

santo da Maria vergine per la salvezza del genere umano, che ha patito, è stato sepolto

e che il terzo giorno è risuscitato e che è asceso al cielo e che alla fine del mondo verrà

a giudicare tutti gli uomini secondo le proprie opere e che gli empi finiranno nel fuoco

eterno con il diavolo mentre i giusti saranno eternamente con Cristo.

Dati i problemi relativi all’ignoranza del latino anche tra il clero – come

testimoniato dallo stesso concilio Lateranense V di pochi anni precedente – Alberto da

Castello (cap. 5) cita il concilio di Reims (can. 2) che aveva stabilito che tutti

conoscessero sia in latino che in lingua volgare la preghiera del Signore, il padre

nostro, e anche il simbolo degli apostoli, e che aveva disposto che ciò che si pronuncia

con le labbra fosse creduto con il cuore.

Inoltre, poiché egli ben sapeva che per la formazione del clero non era necessaria

solo la conoscenza a memoria delle formule fondamentali, ma anche la comprensione

delle verità da esse espresse e l’adesione intima a tali verità, raccomanda (cap. 6) che

tutte le verità di fede siano abbracciate fermamente respingendo tutto ciò che gli è

contrario (f. 4v: quia vero fides super omnia inconcusse et firmiter tenenda est et

omnia dyaboli figmenta ipsi fidei adversantia propulsanda sunt). Inoltre è consapevole

che il sacerdote debba mettere in guardia su tutte le possibili deviazioni dalla fede

(cap. 6, f. 4v: sacerdos admonere populum debet de sortilegiis praestigiis

incantantionibus observationibus temporum et rerum) consistenti in pratiche magiche

o superstizioni relative al calcolo di giorni particolari o all’uso di oggetti particolari.

5. I contenuti fondamentali della predicazione in ordine alla morale

In un capitolo introduttivo (cap. 7) Alberto da Castello tratta degli elementi

fondamentali della morale che il sacerdote è tenuto ad insegnare nella sua

predicazione. Sulla base del concilio di Tours e di Reims indica le istruzioni da dare ai

fedeli: non fare schiamazzi quando si entra in chiesa, non chiaccherare quando ci si

ferma in essa per pregare, che quando ci si trova in essa durante le celebrazioni solenni

ci si guardi dalle parole inutili e dai pensieri pericolosi, ecc... Ciò che più sorprende

negli ammonimenti del padre domenicano è che tali insegnamenti morali sono

accompagnati da utili suggerimenti al sacerdote che è richiamato ad inserirli in una

predicazione che richiami l’amore di Dio e del prossimo oltre alla della fede e alla

237

speranza da riporre in Dio, ai peccati che rendono schiavi del demonio e che sono

enumerati dall’apostolo (Paolo ), fornicazione, sporcizia, lussuria, idolatria, stregoneria,

inimicizia, ecc...

Contrariamente a quanto sembra volere richiamare in un titolo dei praeambula

(cap. 8) in modo moralistico, cioè il dovere dei predicatori di ricordare a porcari,

bifolchi, pastori, contadini, boscaioli (ut bubulcos atque porcarios vel alios pastores vel

aratores qui in agris assidue commorantur vel in silvis) il proprio dovere cristiano di

venire o permettere di venire alla Messa, mostra in modo straordinario l’afflato

evangelico e lo zelo pastorale di cui era animato. Infatti Alberto da Castello ricorda che

il Cristo non venne nel mondo tra oratori e nobili, ma scelse i propri discepoli tra

pescatori e idioti (...) e ricorda che furono i pastori i primi ai quali fu rivolto l’annuncio

del vangelo. Dimostra dunque di avere acquisito e personalmente rielaborato una

teologia del vangelo quale messaggio di salvezza e di avere a lungo meditato sia sui

testi biblici che sulle vicende bibliche in essi narrati.

Raccogliendo diverse indicazioni (cap. 9) attinte dalla tradizione cristiana e in

particolare dal concilio di Arles, ricorda il dovere di educare il popolo a pregare almeno

due volte al giorno al mattino e alla sera con alcune particolari preghiere: o con

simbolo e padre nostro, o con l’orazione qui plasmasti me miserere mei; o Deus

propitius esto mihi peccatori; e a fare preghiere di ringraziamento (f. 6r-v).

A partire dal concilio Agathense (f. 6v-7r), Alberto da Castello ricorda il dovere

dei predicatori d’insegnare ai cittadini (cives) a celebrare le grandi feste (Pasqua,

Natale, Pentecoste) con i vescovi, salvi i casi di malattia, e a privare della comunione

quanti avessero trasgredito tale norma. Ricorda inoltre che il sacerdote deve insegnare

quali siano i giorni festivi nei quali fare festa; passa così ad enumerare a partire da un

canone conciliare (dal concilio di Lione, can. 4) le feste di precetto dell’anno liturgico:

le domenche, Natale del Signore, santo Stefano, San Giovanni evangelista, Innocenti,

San Silvestro, ottava del Signore, Teofania (Epifania), Purificazione della beata vergine,

santa Pasqua e tutta l’ottava, tre giorni in occasione delle rogazioni, Ascensione del

Signore, i santi giorni di Pentecoste; festa del corpo di Cristo, san Giovanni battista, le

feste dei dodici apostoli soprattutto san Pietro e Paolo; san Lorenzo, Assunzione della

Vergine Madre, natività di Maria, dedicazione della basilica di san Michele arcangelo,

la dedicazione di un qualsiasi oratorio, tutti i santi, san Martino, e tutte le festività

indette dai singoli vescovi alle quali sono tenuti quanti abitano nelle vicinanze.

Interessante è inoltre il richiamo che Alberto da Castello fa al sacerdote riguardo

all’insegnamento che deve essere trasmesso ai fedeli circa il dovere di contribuire alle

238

necessità della Chiesa e che lui chiama dovere di offrire le decime a Dio (de decimis Deo

persolvendis). Tale insegnamento viene fondato sul concilio di Magonza che, a sua

volta, si basava su una frase di s. Agostino, la quale però è falsamente attribuita ad

Agostino. Come è stato mostrato in studi recenti229 circolavano collezioni di canoni

attribuite al concilio di Magonza (847) (Alberto da Castello li cita come canoni o capitoli

4 e 38) ma che in realtà si trovano già in Wilfrido Strabone nel suo De exordiis et

incrementis rerum ecclesiasticarum scritto tra l’840 e l’842. Si cita inoltre un concilio di

Nantes (canone 159).

Si conferma in tale frangente che Alberto da Castello si rifaceva a fonti, in questi

casi, di seconda mano, cioè documenti che al tempo godevano di autorevolezza, ma

che intuiamo dovrebbero essere messi al vaglio critico degli studiosi. Solo un eventuale

lavoro sistematico sulle fonti utilizzate da Alberto da Castello nel suo Sacerdotale ci

permetterà di fare qualche passo in più in tal senso. Non è però nel presente studio

che possiamo azzardarci a tale impresa.

4.2.6. Intenzionale fissazione della norma per la celebrazione dei sacramenti

Se precedentemente in merito all’unitarietà dell’opera abbiamo fatto parlare i

documenti riconducibili allo stesso Alberto da Castello, veniamo ora ai documenti che

non sono riconducibili a lui, ma alle persone che esaminarono il suo Liber sacerdotalis.

Alcuni stralci della lettera di Leone X, che qui riportiamo per comodità, sono assai

significativi.

1. Exponi nobis nup[er] fecit dilectus filius Albertus de Castello Venetus ordinis

praedicator[um] professor, q[uod] ipse q[ui] summis uigiliis ac laboribus p[ro] utilitate

Rector[um], praesertim parrochialium ecclesiar[um] curam animar[um] earundem

habentium, ut officium eis com[m]issum recte explere possint, libr[um] sacerdotalem

appellatu[m] ex sacra Bibliotheca apostolica et s[an]ctor[um] doctor[um]

catholicor[um] et sacror[um] canonum scriptis et institutionibus a se excerptu[m] et

collectum co[m]posuerit:

2. que[m] per dilectum filiu[m] Silvestru[m] de Prierio præfati ordinis p[ro]fessorem et

Mag[ist]r[u]m sacri palatii nostri apostolici inspici et terminari fecimus, (...)

4. Manda[n]tes omnibus personis ecclesiasticis in uirtute sanctae obedientiae ut

eundem librum postq[uam] ille impressus fuerit sequi, / et ecclesiastica sacramenta

iuxta formam in eo traditam ministrare et exercere teneantur.

229

Giorgio PICASSO, «Sacri Canones et monastica regula». Disciplina canonica e vita monastica nella

società medievale, ed. Vita e Pensiero, Milano 2006, p. 355-356.

239

Quella che abbiamo chiamato la finalità sacerdotale, pastorale e spirituale del

volume è stata assai bene colta da Leone X o almeno da chi, nella sua curia, ha steso il

testo della lettera per la sua firma.

Ha esattamente compreso che i destinatari dell’opera sono i Rettori e

soprattutto i sacerdoti delle chiese parrocchiali che sono “in cura d’anime” (§1: pro

utilitate Rectorum, praesertim parrochialium ecclesiarum) ma ha compreso che la

finalità non riguarda solo l’amministrazione dei sacramenti (§4: ecclesiastica

sacramenta iuxta formam in eo traditam ministrare et exercere teneantur), ma l’intero

loro ministero, l’«ufficio» loro affidato (§1: ut officium eis commissum recte explere

possint).

Di questo rinnovato esercizio dell’officium, il ministero diremmo oggi, non

saranno beneficiari i soli sacerdoti, bensi anche i fedeli che sono i destinatari dell’opera

e del ministero dei sacerdoti (§1: curam animarum earundem habentium).

Possiamo pensare che tale finalità sia stata colta da Leone X – o chi per lui – dalla

semplice lettura del frontespizio o del titolo interno all’opera (quello che nell’edizione

stampata diventerà il foglio 1r) più che dall’esame analitico del contenuto? Tali testi

infatti così recitavano:

Frontespizio

Liber Sacerdotalis nuperrime ex libris sancte Romane ecclesie &

quarundam aliarum ecclesiarum: & ex antiquis codicibus apostolice

bibliothece: & ex iurium santionibus & ex doctorum ecclesiasticorum scriptis

ad Reuerendorum patrum sacerdotum parrochialium & aliarum curam

habentium commodum collectus atque compositus: ac auctoritate Sanctissimi

D. Domini nostri Leonis decimi approbatus.

In quo continentur & officia omnium sacramentorum & resolutiones

omnium dubiorum ad ea pertinentium: Et omnia alia quae a sacerdotibus fieri

possunt:

quae quam sint pulchra & utilia ex indice collige

Titolo precedente l’incipit

Libri sacerdotalis de officio sacerdotis curati & omnibus ad a[n]i[m]ar[um]

curam p[er]tinentibus & sacramentor[um] exhibitionibus cum eor[um] annexis

s[ecundu]m ritum Sa[n]cte Romane & ap[osto]lice eccl[es]ie et aliar[um]

e[n]i[m] eccl[es]iar[um] vsib[us] acco[m]modati prohemium.

Se si constata che anche il frontespizio invitava a cogliere la preziosità del

contenuto nell’indice minuzioso che Alberto da Castello aveva desiderato tale, si può

desumere che Leone X – o chi per lui – potesse avere letto solo il frontespizio, l’indice

240

nella sua minuziosità, letto il titolo interno del proemio e scorso frettolosamente il

volume.

Tuttavia dal momento che la lettera di Leone X usa anche il vocabolo terminari, si

può desumere che l’esame sia stato piuttosto minuzioso se viene chiesto ad Alberto da

Castello di “integrare” il suo volume con alcuni sermoni, come egli stesso ammette

nella sua postfazione.

Che l’esame di Leone X sia stato approfondito o no, che la sua lettera sia stata

stilata dopo esame minuzioso del suo contenuto o dopo avere scorso frettolosamente

frontespizio e indice con qualche verifica interna a mo’ di saggio, io constato che, nero

su bianco, la finalità del volume che definisco di “spiritualità sacerdotale” e di

“uniformazione liturgica” è stata colta.

Personalmente tuttavia propendo per una risposta negativa alla domanda

suesposta. L’affermazione di Leone X – o chi per lui – non scaturisce da un esame

sommario del volume, né da una lettura attenta dei soli titoli e dell’indice e da qualche

frettoloso saggio di lettura del contenuto. Si sarebbe proceduto con ampie ed

ampollose lodi ed elogi di circostanza e non si sarebbe proceduto invece, come

avvenne, a «comandare» di utilizzare tale modalità nell’amministrazione dei

sacramenti una volta che fosse stata portata a compimento la stampa del volume. Pur

se tale ingiunzione raccoglie una serie di contraddizioni presenti nella lettera stessa,

essa è significativa.

4.2.7. Il futuro “rituale” del sacerdote nello svolgimento ordinario del suo

ministero

Tra i documenti che non sono riconducibili direttamente ad Alberto da Castello e

che tuttavia lasciano il loro giudizio circa il suo Liber sacerdotalis c’è anche la poesia di

Alessandro Gaboardo che viene posposta all’indice nell’edizione del 1523.

La presentazione della poesia e le notizie sommarie riguardanti il Gaboardo

nonché le ipotesi che si possono fare circa la data di composizione della poesia le ho

già trattate nel secondo capitolo230.

Ora prendo in considerazione quanto il Gaboardo afferma circa l’unitarietà

dell’opera e il suo fine. Infatti Gaboardo testimonia che «Alberto, dopo aver cercato in

varie parti del mondo, offrì ciò che da lungo tempo era nascosto» (Albertus varias

mundi spaciatus ad oras protulit in medium que latuere diu). La specificazione di

quanto «era da lungo tempo nascosto» (latere diu) la si intuisce nella prosecuzione

230

Vedi la sezione 2.2.6. del primo capitolo, p. 59 con il testo e la traduzione della poesia.

241

della poesia perché il Gaboardo ha compreso che Alberto da Castello riunisce «i divini

dogmi dei Pontefici fondati sopra i vari concili» (candidus accipiat diuini dogmata

lector pontificum varijs condita concilijs) in quanto raduna quanto stabilito dai concili e

dai sommi pontefici per ciò che attiene agli obblighi (munia) e all’ufficio (officium) del

sacerdote.

Il Gaboardo intuisce che ci si trova di fronte ad un libro liturgico in fieri perché «il

confessor e ogni presbitero potrà portare questo al suo servizio; vi troverà i riti che

secondo la norma il sacerdote può trattare» (confessor et omnis presbiter hoc poterit

munere ferre modum inveniet tandem ritus quos rite sacerdos pertractare potest):

dunque il ferre fa riferimento all’uso del volume durante l’esercizio del ministero e

l’inveniet ritus alla collazione dei rituali celebrabili dal sacerdote (quos rite sacerdos

pertractare potest).

Ma il Gaboardo ha intuito che ci si trova di fronte anche ad un libro di spiritualità

sacerdotale, perché non accenna solo a ciò che il Sacerdote deve celebrare secondo il

proprio ufficio, ma anche ciò che deve rifuggire. Può darsi che avesse presente i

defectus del trattato del Burcardo che Alberto da Castello va ad inserire nel proprio

volume, ma può darsi che avesse più semplicemente presente il proemio dell’opera

inerente i doveri del sacerdote.

Certo non possiamo pretendere da un testo poetico una testimonianza decisiva e

inequivocabile sull’opera che Alberto da Castello stava ancora redigendo; ritengo

tuttavia che tale testimonianza, proprio per la sua concisione e per la necessità di

dovere dire con poche parole qualcosa del volume – non di ciò che era, in quanto

probabilmente il Gaboardo forse la consultò solo in fieri o forse ne fu soltanto

verbalmente informato da Alberto da Castello– è di notevole importanza.

4.3. Elementi che evidenziano la struttura tripartita dell’opera

L’altro aspetto che desidero mettere in luce, cioè la tripartizione dell’opera, non

era solo un un elemento che appariva agli occhi del Patriarca o del notaio della sua

Curia nel suo documento di imprimatur, ma corrisponde di fatto all’esatto progetto e

finalità dell’opera concepita da Alberto da Castello, anche se poi a questa tripartizione

lo stesso Alberto deve ammettere di avere aggiunto altre cose utili e necessarie che

242

non erano previste nel suo originario piano tripartito, e che, in parte, egli stesso non

aveva voluto collocare nelle tre grandi categorie desunte dal pontificale e, in parte, gli

era stato suggerito di aggiungere da parte di altri.

Ma vediamo i diversi documenti che possono dimostrare tale tripartizione. A

questo proposito considereremo i documenti riconducibili ad Alberto da Castello: la

postfazione dell’autore, la strutturazione della materia così come si evince dalla tabula

contentorum, la prefazione al Pontificale da lui riveduto.

4.3.1. La postfazione

Così Alberto da Castello medesimo presentava la strutturazione della propria

opera nella postfazione.

2. In prima siquidem parte sacerdos quilibet qualiter viuere, quid discere,

quidve docere debeat: ecclasiastica [sic!] sacramenta & illis annexa &

accessoria qualiter c[on]ficienda ministranda exercenda & c[on]seruanda sint

luce clarius inueniet: ita vt nil necessarium opportunumq[u]e eius ministerio sit

pretermissum.

3. In secunda benedictiones diuerse ad sacerdotem non episcopum

pertine[n]tes in magno numero assignantur.

4. In tertia & vltima parte ritus processionum tam ordinariar[um] q[ua]m

extraordinariar[um] plenissime exarantur.

5. Adiunguntur insuper tractatus computi ecclesiastici & compendium

regular[um] musicalium: cum exorcismis & c[on]iurationibus demoniacor[um]

& c[on]tra tempestates ingruentes.

6. Nouissime ad aliquor[um] instantiam quidam breues Sermones per

sacerdotem ad populum habendi in aliquibus solennitatibus & tempore

c[on]tractus nuptiar[um] & electionis plebani vernacula & vulgari lingua

pronuntiandi positi sunt.

Dunque egli concepiva l’opera secondo una struttura tripartita (sacramenti,

benedizioni, processioni) che però, dopo la terza parte, prevedeva due inserzioni.

Una prima inserzione conteneva il computo ecclesiastico, il compendio di

musica, esorcismi contro gli indemoniati, scongiuri contro le grandinate.

Una seconda inserzione si desume che gli sia stata suggerita da altri al momento

della revisione dell’opera. Tali suggerimenti sembra abbiano portato Alberto da

Castello ad aggiungere alcuni sermoni (da tenere però in lingua volgare) in alcune

circostanze della vita pastorale nelle quali era opportuno che la predicazione fosse

maggiormente qualificata quanto a contenuti: le solennità dell’anno liturgico, i

matrimoni, l’elezione di un pievano.

243

4.3.2. La disposizione della materia assai strutturata

Se si esamina l’opera in sé e i titoli apposti all’inizio delle tre parti e un avviso

conclusivo alla loro fine, quelle parti alle quali nella postfazione ci si riferisce come se

fossero collocate successivamente alla terza parte (adiunguntur), comprendiamo che

Alberto da Castello le aveva successivamente fatte ricadere dentro la terza parte che,

pertanto, possiamo ritenere che in un certo senso le comprenda e della quale non

sono un’appendice estranea, pur non appartenendo al piano originario dell’opera.

Anche nella prima parte egli raccoglie i capitoli relativi a ciascun sacramento

entro sezioni che egli chiama “trattati”. Pertanto fa ricadere nel quarto trattato

relativo all’eucaristia sia il trattato de defectibus, sia il trattato de horis canonicis, sia

un’altra appendice dove porre altre questioni relative alla comunione eucaristica.

Così al quinto trattato relativo al sacramento dell’estrema unzione, egli

aggiungeva il de annexis seu concomitantibus hoc sacramentum particula.

Se pertanto si esamina la struttura generale emerge chiaramente che la maggior

parte dell’opera è dedicata alla celebrazione dei sacramenti e di quanto è ad essi

annesso e accessorio.

I parte f. 2r-200v Spiritualità sacerdotale e la celebrazione dei

sacramenti

II parte f. 201r-243v Le benedizioni

III parte f. 244r-367r Le processioni e altre cose necessarie

Se invece si considera la struttura più articolata e il suo corrispettivo in fogli,

avremo invece:

I parte f. 2r-200v Spiritualità sacerdotale e celebrazione dei sacramenti

f. 2r-10r Il sacerdote e il suo ministero pastorale

I trattato

f. 10v-29v Il battesimo

II trattato

f. 30r-42r Il matrimonio

III trattato

f. 42v-68v La penitenza

IV trattato

f. 68v-107r L’eucaristia

f. 107r-109r Le ore canoniche

244

f. 109r-112v La comunione eucaristica

f. 112v-114r la custodia del sacramento

V trattato

f. 114v-119v l’estrema unzione

f. 119v-200v uffici annessi dopo il decesso

II parte f. 201r-

243v

Le benedizioni

f. 201r-202r Proemio circa le benedizioni e il loro genere

f. 202v Benedizione dell’acqua per aspergere il

popolo

f. 202v-205r Benedizione del sale e dell’acqua

f. 205r-212v Benedizione dell’acqua la vigilia dell’Epifania

f. 212v-213r Aspersione dell’acqua benedetta nelle case

f. 213r-214r Benedizione dell’oro, incenso e mirra

nell’Epifania

f. 214r-214v Ammonizione al popolo circa confessione e

digiuno di quaresima

f. 214v-216v Benedizione delle ceneri

f. 216v-217r Benedizione dell’immagine della B.V. Maria

f. 217r-217v Benedizione delle ancone

f. 217v-243v [seguono un’altra settantina di benedizioni]

III parte f. 244r-

367r

Le processioni e altre cose necessarie

f. 244r-316v Le processioni

f. 317r-333v computo ecclesiastico

f. 334r-344v Compendio di musica + rivelazione a santa

Brigida

f. 344v-363r Esorcismi

f. 363v scongiuri contro le grandinate

f. 364r-367r Sermoni per diverse circostanze

Se si considera l’opera non come estensione di fogli, ma come numero di capitoli

(la cui lunghezza può variare) avremo i seguenti dati: 346 capitoli dai quali si devono

togliere i 13 titoli per un totale di 333 capitoli.

245

VOCI DELL’INDICE CORRISPONDENTI A CAPITOLI tabula

I parte

dedicati alle premesse sul sacerdote 15

dedicati al sacramento del battesimo 12

dedicati al sacramento del matrimonio 12

dedicati al sacramento della penitenza 26

dedicati al sacramento dell’eucaristia, ai «defectus» e alla «particula II»231 60

dedicati alle ore canoniche 10

dedicati all’unzione degli infermi e a quanto annesso (sepoltura) 42

totale 177

II parte

dedicati alle benedizioni 73

III parte

dedicati alle processioni e ad altre aggiunte 83

4.3.3. La struttura tripartita parallela al Pontificale

Abbiamo già visto all’inizio del presente capitolo che il Patriarca riconosceva

nella struttura tripartita del Liber sacerdotalis un evidente e ricercato corrispettivo

della tripartizione di quello che allora era chiamato liber pontificalis e che oggi

chiameremmo più semplicemente Pontificale.

Il richiamo era evidentemente al Pontificale che Alberto da Castello aveva

contribuito a riportare alla sua originaria integrità. Infatti così scrive C. Folsom riguardo

al Pontificale:

L’editio princeps del pontificale romano fu pubblicata nel 1485; era una versione corretta e aggiornata del pontificale di Guglielmo Durando, edita da Piccolomini e Burchard: gli stessi maestri di cerimonie che scrissero sia un cerimoniale per il papa che uno per i viescovi, come già menzionato. In questa nuova edizione furono soppressi gli elementi antiquati (come l’espulsione dei penitenti il mercoledì delle ceneri e la loro riconciliazione il giovedì santo), vennero aggiunte istruzioni di rubrica e fu eliminato tutto ciò che non competeva esclusivamente ai vescovi. Una seconda edizione fu pubblicata nel 1497 da Burchard e Giacomo de Luzzi, e conteneva diverse piccole modifiche; fu ristampata diverse volte. Alberto Castellani, un famoso editore di testi liturgici (che pubblicò anche un rituale, come vedremo in seguito) intraprese una revisione del pontificale (1520), per reinserire certi capitoli del pontificale di Guglielmo Durando che erano stati omessi nelle edizioni più recenti. Sebbene esistessero diverse ristampe per tutto il sec. XVI, con variazioni minori, il testo rimase sostanzialmente lo

231

Questa «particula secunda» riguardante il sacramento dell’eucaristia è stato posto nella sezione

dedicata all’ufficio divino, segno che forse fu aggiunta mentre il lavoro di impaginazione era già avanzato e si dovette arrivare probabilmente a compromessi tipografici.

246

stesso. Questo Pontificale Romanum fu promulgato per l’intera Chiesa latina da papa Clemente VIII nel 1595. Alcuni cambiamenti minori vennero apportati da Urbano VIII e Benedetto XIV, ma fino a papa Paolo VI, il pontificale rimase fondamentalmente quello di Piccolomini-Burchard, che era in sostanza quello di Guglielmo Durando232.

Ora, come scrive lo stesso Folsom, il merito e il vantaggio del Pontificale di

Guglielmo Durando – sulla base del quale Alberto da Castello apportò le proprie

correzioni e integrazioni al Pontificale romanum che omaggiò a Leone X – era quello

di avere una struttura chiara. Il contenuto si divide in tre parti: 1) ordinazione, consacrazione e benedizione delle persone; 2) consacrazione e benedizione degli oggetti; 3) altre celebrazioni (...) Grazie alla sua chiarezza e praticità, presto cominciò ad imporsi, e divenne il fondamento di tutte le edizioni successive del pontificale romano233.

Che questa fosse la suddivisione del pontificale ben chiara anche ad Alberto da

Castello lo si può evincere dalla struttura del Pontificale che egli stesso dichiara

all’inizio del pontificale da lui riveduto nel 1520 e dedicato a Leone X. Scrive234:

Pontificalis ordinis liber incipit. In quo ea tantum ordinata sunt, que ad

officium pontificis pertinent.

Qui tres in se partes continet. In quarum prima de benedictionibus et

consecrationibus personarum. In secunda de consecrationibus et

benedictionibus rerum. In tertia vero de quibusdam sacramentis et

ecclesiasticis officijs agitur.

Appare assolutamente evidente che il Pontificale deve contenere solo ciò che è

specifico del Pontefice, cioè del Vescovo. Ma che fosse ai suoi occhi evidente che in

parallelo al Pontificale ci dovesse essere anche il Sacerdotale lo dichiara egli stesso

sempre nella dedica del Pontificale a Leone X all’epoca della quale il Sacerdotale, come

egli già lo chiama, doveva già essere pronto. Scrive:

Ut ipse T[uae] S[anctitatis] humil[l]imus servulus accendar ad

deprome[n]du[m] sacerdotale opusculu[m] q[uo]d hac hyeme d[omi]no

largie[n]te pro parochialibus sacerdotibus a me iam c[on]fectu[m] et

completum ex sacre bibliothece ap[osto]lice fonte perenni undequaq[ua]m

collectum non minoris utilitatis q[ua]m po[n]tificale nec inferioris fructus pro

animarum salute impressoribus trada[m].

232

Cassian FOLSOM, I libri liturgici romani, in Scientia Liturgica. Manuale di liturgia 1 (Introduzione alla

liturgia) a cura di Anscar J. CHUPUNGCO, p. 326. 233

Cassian FOLSOM, I libri liturgici romani, p. 326. 234

Ho consultato non l’edizione del 1520, che non ho reperito, ma la ristampa del 1542: Pontificale

secundum ritum sacrosancte Romane ecclesie cum multis additionibus opportunis ex apostolica bibliotheca sumptis et alias non impressis quarum brevis index post epistolam S. Domino Domino nostro pape dicatam statim sese offert. Aptissimis figuris gestus et motus personarum ex officiorum decoro exprimentibus excultum. Quottationibus etiam marginalibus auctoritatum sacre pagine in eo existentium quo libro quoto quoque capite habeantur signatum. Opus sane laudabile atque divinum, Lione 1542. L’opera si trova sul web: cf. Google books: http://books.google.it/books?id=6ANH7q_a5jUC.

247

Ut sicut episcopus in pontificali ita curatus in sacerdotali que ad eorum

officium spectant in promptu habeant et devote exequantur.

C’era dunque un progetto assai chiaro nella mente di Alberto da Castello, e

questo era già definito nel momento in cui preparava il Pontificale: un libro liturgico

alla pari del Pontificale, questa volta per i sacerdoti e, proprio per questo, si sarebbe

dovuto chiamare Sacerdotale.

4.4. Confronto con libri analoghi del XV e XVI secolo

La situazione dei libri liturgici che il sacerdote doveva e poteva usare

nell’esercizio del proprio ministero, se si eccettuano il Missale e il breviarium, agli inizi

del XVI secolo era piuttosto complicata. Tale situazione di grande diversità non nasceva

dal nulla. Infatti, come scrive il Nocent sintetizzando un articolo di G.Löw235 di alcuni

anni precedente:

Il IV Concilio di Toledo (a. 633) con il suo can. 26 prescriveva che il presbitero al momento di essere assegnato ad una parrocchia, ricevesse dal suo vescovo un «officiale libellum» in modo da non incorrere in errori nella celebrazione dei «divini sacramenti». Ammesso che un tale libro debba identificarsi in qualche modo con il Rituale, di fatto bisognerà attendere il sec. XII prima di trovare un libro del genere, e anch'esso in uso di un monastero: è il Rituale di S. Floriano finché al sec. XIV cominceranno ad apparire libri sotto nomi diversi, ma di contenuto più o meno identico: Agenda, Ordinarium, Manuale, Liber agendorum. Ma in pratica si deve ritenere che i presbiteri in cura d’anime si approntassero privatamente un proprio rituale236.

Naturalmente si devono fare alcune precisazioni sui termini. Nei primi anni del

XVI secolo erano comparsi sia l’ordinarium missae di Giovanni Burcardo così come

l’ordinarium sacramentorum o ordinarium de administratione sacramentorum di varie

diocesi237. Il termine ordinarium finiva così per indicare il libro che conteneva un ordo

di qualche celebrazione.

235

Giuseppe LÖW, Rituale romano, in Enciclopedia Cattolica XXIV, Sansoni, Firenze 1953, coll. 1010-

1016. 236

Adrien NOCENT, Storia dei libri liturgici romani, p. 170. 237

Come, ad esempio, l’Ordinarium de administratione sacramentorum cum pluribus additionibus

adeo necessariis secundum ritum alme sedis maioricensis, Maiorca 1499.

248

Alla fine del XV secolo il nome più usato, prevalentemente nel nord europa, era

l’obsequiale seu benedictionale238. Si usava inoltre il termine ceremoniale.

Si deve tuttavia tenere conto di quanto scriveva sempre Nocent circa la necessità

di un lavoro di ricerca sui rituali medievali, sulla difficoltà della loro inventariazione,

catalogazione e classificazione:

In questo senso, dal punto di vista della storia della Liturgia locale, il Rituale è un libro del massimo interesse. D'altra parte proprio questo suo carattere eminentemente «locale», che implica spesso tutta una serie di adattamenti, rende difficile una classificazione dei manoscritti che rimangono. Non per nulla ancora si attende e forse si dovrà attendere per molto tempo ancora tanto l'inventario dei Rituali già reperiti o ancora da reperire, quanto la loro analisi e la loro classificazione.239

4.4.1. Il «tractatus sacerdotalis» di Nicoalus de Blony: un trattato teologico

con attenzione ad alcuni problemi celebrativi

Uno dei libri che, precedentemente alla diffusione del Liber sacerdotalis, ebbe

maggiore diffusione tra il clero non solo italiano, fu senza dubbio l’opera di Nicolaus de

Blony240, pregevole in particolare per la trattazione sistematica dei sacramenti. Un

passaggio dell’opera di Alberto da Castello, al foglio 2v, può lasciarci intendere che

l’opera che sarà denominata nelle edizioni più tardive – quale quella di Salamanca del

1500 – con il motto evangelico medice cura teipsum doveva essergli nota:

Accipies exemplar a sacerdotibus; sive bene vivendi, ne forte eis evangelicum illud obiiciatur Medice cura te ipsum Luce IIII et ne iuxta dictum apostoli 1Cor IX cum aliis bene predicauerint, ipsi reprobi efficiantur (...)

Già a breve distanza dall’invenzione della stampa, risultano incunaboli dedicati

alla stampa del Tractatus sacerdotalis utilissimus domini Nicolai de Ploue... de

sacramentis et diuinis officijs, pubblicato a Breslavia da Caspar Elyan attorno al 1475,

poi pubblicato a Strassburgo nel 1486 da Johann Prüss, poi sempre a Strassburgo da

Jordanus de Quedlinburg nel 1487, poi da Martin Flach nel 1488 nel 1490 nel 1492 nel

1493 poi nel 1496 e nel 1499; quindi a Pamplona nel da Arnaldo Guillen de Brocar in

data 30 gennaio 1499; poi a Salamanca da Juan Giesser nel 1500241. Si procedette a

238

Obsequiale seu benedictionale, Bressanone 1493. 239

Adrien NOCENT, Storia dei libri liturgici romani, p. 170. 240

L’autore è citato nelle fonti antiche come Nicolaus De Ploue oppure “de Plove” o “de Plowe”. In

Google Books è stato catalogato come “Nicolaus de Blony” ma lo si ritrova anche come “de Blonie” o “de Blonié” o “de Blone”. Vedi l’ICCU in Edit16 che dà le seguenti informazioni: Teologo e canonista polacco, cappellano del vescovo di Poznan, attivo intorno alla metà del XV secolo (http://edit16.iccu.sbn.it/scripts/iccu_ext2.dll?fn=11&res=6739).

241 Nicolaus DE PLOVE, Tractatus sacerdotalis de sacramentis deque divinis officijs: & eoru(m)

administratio(n)ibus valde vtilis ac pernecessarius cunctis fidelibus et presertim omnibus ecclesiasticis: editus a reuerendo et eximio Nicolao decretorum doctore dignissimo, impressus per

249

ristampare il Tractatus sacerdotalis utilissimus242 a Parigi qualche anno dopo nel

1516243, e poi ancora nel 1545244. Altre ristampe del Tractatus sacerdotalis de

sacramentis seguirono a Parigi nel 1551245, e a Lione nel 1553246 e nel 1561247.

Sempre nel 1500 erano comparsi – oltre al suo Tractatus sacerdotalis – alcuni

volumi sui sacramenti e la loro amministrazione quali il Tractatus de sacramentis

deque divinis officiis "Medice cura teipsum"248 nonché il De administratione

sacramentorum249.

L’idea di Nicola de Blony era certamente eccellente perché il suo intento era di

fornire uno strumento sia al clero che ai laici finalizzato ad amministrare gli uni e a

fruire gli altri i sacramenti nel modo più fruttuoso possibile per la vita dello spirito.

Se si analizza tuttavia il suo volume, benché alcune edizioni siano pensate per

essere tascabili ed altre meno tascabili, emerge con chiarezza che ci si trova di fronte a

trattazioni, dove si parla sì dei problemi nei quali si può incorrere nell’amministrazione

dei sacramenti, ma che tuttavia non si possono leggere durante l’amministrazione dei

medesimi semplicemente perché presuppone l’esistenza e l’utilizzo di un rituale che il

Arnaldum guillermum de Brocario, Lugdunij 1503. Sembra essere a prima vista il medesimo trattato che verrà stampato una decina di anni dopo, Tractatus sacerdotalis utilissimus d(omi)ni Nicolai de Ploue ... : de expositio(n)e misse, De dicendis horis canonicis, De sente(n)tia excommunicationis et suspe(n)sionis, De interdicto ecclesiastico, De irregularitate, impensis Joha(n)nis Parui, Parisijs 1514. All’edizione del 1514 seguì a breve l’edizione del 1516 che aggiungeva il trattato falsamente attribuito a Tommaso d’Aquino sulla confessione Tractatus Sacerdotalis vtilissimus d[omi]ni Nicolai de ploue ... de sacrame[n]tis et diuinis officijs : scilicet De expositione misse. De dicendis horis canonicis .... Superadditum est in fine huius Tractatus Confessionale beati Thome de aquino, Berthold de Rembolt, Parisijs 1516. Altre ristampe seguirono.

242 Nicolaus DE PLOVE, Tractatus sacerdotalis utilissimus d(omi)ni Nicolai de Ploue ... : de expositio(n)e

misse, De dicendis horis canonicis, De sente(n)tia excommunicationis et suspe(n)sionis, De interdicto ecclesiastico, De irregularitate, impensis Joha(n)nis Parui, Parisijs 1514.

243 Nicolaus DE PLOVE, Tractatus Sacerdotalis vtilissimus d[omi]ni Nicolai de ploue ... de sacrame[n]tis

et diuinis officijs : scilicet De expositione misse. De dicendis horis canonicis .... Superadditum est in fine huius Tractatus Confessionale beati Thome de aquino, Berthold de Rembolt, Parisijs 1516.

244 Nicolaus DE PLOVE, Tractatus sacerdotalis de ecclesiasticis sacramentis ac debitis eorum

administrationibus deq[ue] censuris [ecclesiasticis] canonice obseruandis..., ed. Pedro Bernuz, Jean Gerson, Bartolomé de Nájera, de Lapide Johannes, 1545.

245 Pubblicato a Parigi. Non ho reperito ulteriori informazioni circa tale edizione.

246 Nicolaus DE PLOVE, Tractatus sacerdotalis de sacramentis deque divinis officijs: & eoru(m)

administratio(n)ibus valde vtilis ac pernecessarius cunctis fidelibus et presertim omnibus ecclesiasticis: editus a reuerendo et eximio Nicolao decretorum doctore dignissimo, Lvgdvni, apud T. Bertellum 1553.

247 Nicolaus DE PLOVE, Tractatus sacerdotalis D. Nicolao de Plove, ... authore. Huic accessit

confessionale divi Thomae de Aquino, Lugduni: Thomas Bertellus, 1561. 248

Nicolaus DE PLOVE, Tractatus de sacramentis deque divinis officiis «Medice cura teipsum», Johannes

Gysser 7 abril, Salamanca 1500 che però non sembra essere altro che il medesimo tractatus sacerdotalis con la variazione del titolo.

249 Nicolaus DE PLOVE, De administratione sacramentorum, Johannes Giesser, Salmanticae 1500.

250

libro in sé non offre. Inoltre non si fa distinzione tra i sacramenti amministrabili dal

Vescovo e quelli amministrabili dal sacerdote perché si prendono in considerazione

anche la confermazione e l’ordine.

Le voci presenti nell’indice

Ci sono cinquantanove voci nell’indice, comprensive anche delle scomuniche,

sospensioni e irregolarità: dunque un trattato ben più ristretto di quello di da Castello

che, alla parte dei sacramenti, dedica centosettantasette capitoli.

Se si eccettuano i titoli relativi alla missa dove viene presentata una analisi

strutturata (prima parte missae, secunda parte ecc.), si ha una successione di capitoli

indistinta e che possiamo definire, in confronto con l’opera del da Castello, «non

strutturata»250.

Inoltre il trattato non è indirizzato ai soli sacerdoti presbiteri, ma anche ai

Vescovi, dal momento che si tratta del sacramento della Confermazione e dell’Ordine.

250

Per rendersi conto della materia trattata dal De Blony, riporto qui di seguito l’indice del suo

volume: De facramentis in genere; Quid sit facramentum, et quot sint; De sacramento baptismi; Baptismus

quomodo definitur; Quod triplex est baptismus; De baptismi accidentibus; De cautelis circa hoc sacramentum servandis; De catechismo et exorcismo; De modo baptizandi; De sacramento confirmationis; Quae sunt de substantia huius sacramenti; De accidentibus circa sacramentum confirmationis; Cautelae huius sacramenti; De sacramento eucharistiae; De credendis circa hoc sacramentum; De cautelis servandis circa hoc sacramentum ex parte sumentium; De cautelis servandis ex parte sacerdotis hoc sacramentum conferentis vel conficientis; De sacramento poenitentiae; De contritione quae est prima pars poenitentiae; De confessione nunc sequitur ; De modo audiendi confessiones; De casibus ad papam pertinentibus; Casus episcopales nunc sequuntur; De satisfactione quae est tertia pars poenitentiae; De poenitentiis iniungendis secundum canones; De restitutione ablatorum in satisfactione; Cautelae ex parte confitentis servandae; De cautelis seruandis ex parte confessoris; De poenitentiis infirmorum et decedentium de hac vita; Quomodo sacerdos se habere debeat erga infirmos; Regulae quibus peccata mortalia atque venialia sunt cognoscenda; De sacramento extremae unctionis; De sacramento ordinis; De cautelis obseruandis; De sacramento matrimonii; De sponsalibus; De diffinitione matrimonii; De cautelis huius sacramenti; De espositione missae; De prima parte missae; De secunda parte missae; De tertia parte missae; De quarta parte missae; Sequitur secunda pars canonis; sequitur tertia pars canonis; De quinta parte principali missae; De sexta parte missae; Cautelae servandae in celebratione missae; De dicendis horis canonicis; De modo dicendi horas canonicas; Cautelae in dicendis horis canonicis servandae; De excommunicatione; De effectu excommunicationis; De participatione cum excommunicatis; De suspensionis sententia; De forma ferendae excommunicationis; De ecclesiastico interdicto qualiter sit obsevandum; De irregularitate; Cautelae circa praedicta observandae.

251

Le finalità dell’opera

Se si esamina poi quanto dichiarato dall’autore stesso nel suo prologus circa la

situazione liturgica tra il clero delle diverse diocesi, possiamo rilevare una grande

consonanza con le istanze che mossero Alberto da Castello. Dice infatti il de Blony251:

Et quonia[m] his periculosis te[m]poribus in pluribus ecclesiis contra

sancta instituta in administra[n]dis sacramentis quae sunt instrume[n]ta

spiritualis curationis, plaerosq[ue] non ta[m] errasse q[uam] variasse circa

eadem cognovimus adeo ut vera sit illa Rabanensis sente[n]tia.

Co[m]mune est medicorum semper circa aegritudines variari. Unde si tres

vel quatuor medici veniunt ad infirmum nunq[uam] in assignatione vel

exhibitione curae conveniunt. Haec ille.

Et hoc idem, quod verum sit heu nostris temporibus res fidelibus subiecta

populis quotidiana experie[n]tia clarius manifestat.

Profecto siquidem cum aliquod sacramentorum administrandum sit in

Ecclesia Dei.

Vix diocaesis totius clerus in ipso ritu et canonice tradendo co[n]cordat aut

convenit.

Sed nunc in hac Ecclesia hic addit; in alia ille minuit. Ille praeponit

postpone[n]da. Ille postponit praeponenda. Ille benedictione[m] persuadet. Ille

nequaq[uam] asserit. Ille corrigit librum tanq[uam] deviu[m] et erroneum. Ille

corrigit corrige[n]tem tanq[uam] ignarum. Sic praelati mutua discrepatione

collidentes, non sine gravi scandalo animos subditorum in co[n]fusionis

labyrinthum praecipitant et demergu[n]t.

Se tale era dunque la situazione dalla quale l’autore aveva preso le mosse, se tale

era a suo giudizio il morbo che attanagliava il clero (il prologo comincia proprio dalla

frase medice cura teipsum) la cura che aveva progettato di somministrare, il suo

tractatus sacerdotalis de ecclesiasticis sacramentis ac debitis eorum administrationibus

(e proseguiva con deque censuris ecclesiasticis canonice observandis praesbiteris (sic)

[maximae (sic) curam animarum gerentibus] pernecessarius) aveva il grande limite – o

il pregio – di essere un tractatus teologico con alcuni capitoli attenti all’aspetto

pastorale e celebrativo.

Il volume tuttavia non si prestava ad essere usato nella celebrazione di alcun

sacramento, come invece l’opera di Alberto da Castello. Certo anche il Sacerdotale di

Alberto da Castello, ad esempio riguardo alle ore canoniche, prevedeva solo una serie

di rubriche senza contemplare minimamente alcunché di celebrativo; ma se si

251

Lo cito nell’edizione del XVI secolo NICOLAUS DE BLONY, Tractatus sacerdotalis de ecclesiasticis

sacramentis ac debitis eorum administrationibus, Caesaraugusta (Saragozza) 1549, in aedibus Bartholomaei de Nagera, f. 2r.

252

escludono la celebrazione dell’Eucaristia – che inglobava l’ordo missae del Burcardo –

e delle Ore canoniche, il Liber sacerdotalis di Alberto da Castello poteva svolgere

benissimo il servizio di libro liturgico per la celebrazione, contenendo sia elementi

rituali che elementi testuali ed eucologici.

Motivi della grande diffusione del trattato di Nicola de Blony

Il trattato riporta nella prefazione anche la minaccia di sanzioni a tutti i sacerdoti

che, in occasione della visita canonica, si fossero dimostrati sprovvisti del trattato (qui

secundum dicti tractatus formam modum et dispositionem se non gesserit in omnibus

supradictis aut qui eundem non habuerit prae manibus poenam sinodalem

irremissibiliter persolvendam pro prima vice se noverit incursurum pro aliis vero vicibus

ad arbitrium nostrum de caetero puniendum).

Comprendiamo dunque i motivi di tale diffusione quando qualche vescovo aveva

provveduto a volere fare adottare tale testo al proprio clero. Ma l’adozione di tale

testo teologico non poteva cambiare la prassi, soprattutto quand’essa fosse inveterata

e soprattutto quando recepiva consuetudini locali alquanto condivise e sedimentate.

4.4.2. L’«obsequiale» di Frisinga (1484): una serie di rituali accostati in

un’unico volume

Se si esamina invece uno dei volumi che erano nati proprio come raccolte di

rituali di uso comune, quindi nati per essere usati come rituali, capiamo quanto

lontano fosse il volume concepito da Alberto da Castello da tali libri liturgici.

L’«obsequiale» di Frisinga (1484): i suoi contenuti

Cito ad esempio l’obsequale di Frisinga edito nel 1484. Il testo, che è stampato in

un formato assai tascabile, 15x18, contiene i seguenti ventidue rituali o sezioni:

Benedictio salis et aque dominicis diebus

Ordo ad Cathecizandum et Baptisandum (sic)

Ad copulandum sponsum et sponsam

Ad introducendum sponsum et sponsa ad ecclesiam

Ad introducendum mulierem ad ecclesiam post partum

Pro peregrinantibus

Pre redeuntibus ex peregrinatione

Ordo pro unctione infirmorum

Ad sepeliendum mortuos

De visitacione feretri actus eiusdem

253

Benedictio cereorum

Benedictio cinerum

Exorcismus maior salis et aque

Ordo in die palmarum

Cena domini

Sexta feria parasceues

Vigilia pasce ignis benedictio

Benedictio fontis baptismi

In nocte sancta pasce

In die santo benedictio agni pascalis

Benedictio vini in die s. Iohannis evangelista

Inicia quatuor evangeliorum

Il testo è una sequenza ininterrotta di rituali, dove le benedizioni si confondono

con la celebrazione dei sacramenti e dove l’ordine dei rituali è puramente a

discrezione e giudizio dell’editore.

Inoltre non c’è nessuna premessa o introduzione al testo di ogni singolo rito se

non, al massimo, qualche brevissima rubrica.

Si evince dunque che un’ulteriore caratteristica fondamentale del Liber

sacerdotalis è di avere raggruppato i riti attinenti i sacramenti e di averli separati dalle

benedizioni o, per lo meno, di avere cercato di farlo. Ad esempio, nella prima parte del

trattato di Alberto da Castello il primo sacramento trattato è il battesimo, mentre la

benedizione dell’acqua e del sale viene posta all’inizio della seconda parte. Si

comprende che tale disposizione della materia era volto ad aiutare il sacerdote a non

considerare alla stessa stregua riti diversi da lui celebrati, magari anche a breve

distanza di tempo, ma ad aiutare il sacerdote ad avere maggiore rispetto e

venerazione per tutto ciò che atteneva i sacramenti.

4.4.3. L’«agenda sive exequiale sacramentorum» di Strasburgo (1505): parti

eucologiche con alcune indicazioni rituali

Anche per un altro testo liturgico di poco precedente il nostro Liber sacerdotalis,

cioè l’agenda sive exequiale sacramentorum et eorum que in ecclesiis parrochialibus

aguntur presumibilmente pubblicato a Strasburgo attorno al 1505, desidero riportare

l’indice ed esaminare il rito di introduzione della donna in chiesa dopo il parto.

254

I suoi contenuti

Come l’obsequale di Frisinga anche l’agenda di Strasburgo ha un formato

abbastanza ridotto (cm. 14,5x20) e non ha nel formato attualmente conservato presso

la Bayerische Staatsbibliotek, nessun frontespizio (forse l’ha perduto) e inizia con la

tabula eor[um] q[uae] in agenda co[n]tinent[ur] e poi prosegue direttamente con il

primo dei trentaquattro riti elencati senza alcuna premessa o introduzione.

Benedictio salis et aque dominicis diebus

Ordo catechizandi et baptizandi masculum

Ordo catechizandi et baptizandi femellam

De conditionali forma baptismi

De depositione et ablutione albarum baptizatorum

Ordo minoris baptismi in articulo necessitatis

Benedictio fontis cum suis temporibus non fuerit benedictus

Modus absolvendi que debent tenere curati circa confessione

Modus visitandi et communicandi infirmum

Se per impedimentum non valueri comunicare

Modus absolvendi infirmum excommunicatum

Ordo ad visitandum et inungendum infirmum

Septem psalmi paenitentiales cum antiphona et letania

Interrogationes faciende infirmo morienti

Ad sepeliendum mortuos

De solennisatione matrimonii

De introductione mulieris post partum

Benedictio cereorum in purificatione Marie

Benedictio cinerum

Benedictio palmarum

Quomodo altaria denudanda et lavanda sint

Ordo officii in die parasceue

Benedictio ignis in sabbato pasce

Benedictio cerei pascalis

Benedictio fontis

Ordo misse eiusdem diei

Ordo visitationis sepulchri in die sancto pasce

Ordo processionis et stationis eiusdemi diei

255

Benedictiones agni et aliorum

Informatio eorum que in vigilia penthecostes aguntur

Benedictiones herbarum et ad fruges novas

Benedictio ad omnia quae volueris

Benedictio vini in amorem festi Iohannis bibendi

Quatuor evangelia in processione corporis Cristi

Valutazione critica dell’«exequiale»: una sequenza di parti eucologiche con qualche

indicazione rituale

A tale volume si devono fare alcune critiche.

Innanzitutto si deve notare anzitutto l’assenza di una qualsiasi introduzione alla

collazione dei trentaquattro rituali, quasi che fosse inutile o superflua.

Inoltre si deve notare la mescolanza tra celebrazioni di sacramenti e altre

celebrazioni e benedizioni. Quello che il da Castello separa, la benedizione del sale e

dell’acqua o la benedizione del fonte battesimale e il rito del battesimo, qui è

giustapposto. L’effetto è che si passa dalla celebrazione dei sacramenti alle benedizioni

e dalle benedizioni alla celebrazione di altri sacramenti.

Per quanto riguarda invece gli aspetti rituali, si danno alcune indicazioni ma non

sempre abbondanti, dando spesso per presupposto che il sacerdote sappia dove deve

avvenire la celebrazione e con quali vesti liturgiche si debba vestire per tale

celebrazione e quali siano i gesti che accompagnano le parti eucologiche.

La preoccupazione precipua alla quale il rituale sembra vada incontro, è di

fornire in sequenza i testi eucologici dei vari riti.

4.4.4. L’«Ordinarium de administratione sacramentorum» di Maiorca del 1516

Si avvicina assai alla concezione del nostro Liber sacerdotalis un libro apparso

pochi anni prima, l’Ordinarium de administratione sacramentorum cum pluribus

additionibus adeo necessariis secundum ritum alme sedis maioricensis pubblicato a

Maiorca nel 1516252.

Elementi in comune con il «Liber sacerdotalis» di Alberto da Castello

La paginetta di premessa ha diversi elementi in comune con il libro di Alberto da

Castello.

252

Ordinarium de administratione sacramentorum cum pluribus additionibus adeo necessariis

secundum ritum alme sedis maioricensis, excussum Valentie ex officina Johannis joffre, Maiorca 1516.

256

Innanzitutto un afflato pastorale iniziale (generis humani supremus pastor

dignissime praesul et vos reverendi patres volens omnes quos suo praeciosissimo (sic)

sanguine redemit salvos fieri ministros et pastores constituit sacerdotes quibus

patefecit et stendit quanta charitate quove amore oves quae perierant dilexit), una

citazione non dichiarata della premessa del tractatus sacerdotalis di de Blony che

inquadra la situazione di grande confusione che regna tra il clero nell’amministrazione

dei sacramenti253 soprattutto per la difformità e la varietà constatabile

nell’amministrazione dei medesimi sacramenti, la giustificazione della compilazione del

volume (importuna multorum fratrum instantia me induxit ut de omnibus quibus

curatus quilibet seu sacerdos indiget aliquam facerem compilationem).

Inizialmente ci sono alcune pagine nelle quali vengono poste 1) le tabelle

essenziali per il computo liturgico del numero aureo per l’uso del 2) calendario

perpetuo con i dodici mesi e le varie feste e memorie fisse, e 3) una tabella per

ricavare la data della Pasqua e della Pentecoste e una 4) tavola per ricavare la lettera

domenicale.

Anche se il contenuto non si discosta dagli altri testi che abbiamo finora

esaminato (si comincia con la benedictio aquae salispassae diebus dominicis

preponendo innanzitutto l’esorcismo del sale) il testo contiene delle rubriche nelle

quali si spiega al sacerdote che ne fa uso quando e dove devono essere usati e

pronunciati alcuni testi, ad esempio:

In aspersione aque benedicte. In diebus dominicis per totum annum dicetur sequens antiphona. Et dum sequens antiphona dicetur sacerdos exiet a sacrastia et iet altare maius ad dandum salispassam ut moris est254.

Inoltre ci sono parti con molte annotazioni gregoriane, il che significa che c’è una

tradizione musicale che si vuole custodire e trasmettere.

I contenuti dell’«Ordinarium» di Maiorca

Benedictio aque salispasse

Quomodo aspergitur aqua benedicta in diebus dominicis

Benedictio panis diebus dominicis

253

Si tratta di quanto abbiamo riportato sopra a proposito del tractatus sacerdotalis di de Blony,

anche se con alcune piccole inserzioni (sottolineate). Sed nu[n]c in hac Ecclesia iste addit; in alia ille minuit. Ille p[rae]ponit postpone[n]da. Ille postponit p[rae]pone[n]da. Ille benedictione[m] persuadet. Ille nequaq[uam] asserit. Ille corrigit libru[m] tanq[uam] deviu[m] et erroneu[m]. Ille corrigit corrige[n]te[m] tanq[uam] ignar[um]. Sic[que] p[rae]lati rectores et curati mutua discrepatio[n]e collide[n]tes, no[n] sine gravi sca[n]dalo a[n]i[m]os subditor[um] in co[n]fusio[n]is labyrintu[m] p[rae]cipitant et demergu[n]t.

254 Ordinarium de administratione sacramentorum, Maiorca 1516, f. 4r.

257

Regule pro sacramento baptismi

De ritu baptismi pro masculo

De ritu baptismi pro femina

Quomodo debet fieri baptismus in tempore interdicti

De ritu sponsalium cum sponso praesente vel absente

De ritu nuptiarum ita de primis quam de secundis. Et in quo tempore sunt

prohibite et in quo tempore possint celebrari

De ritu tradendi corpus Christi secularibus infirmantibus

De ritu tradendi corpus Christi sacerdotibus infirmantibus

De ritu tradendi corpus Christi in tempore interdicti

De ritu tradendi corpus Christi sanis in ecclesia

De ritu precum que solent fieri diebus dominicis in ecclesiis et de tempore

ieiunorum quattuor temporum

De forma absolutionis alicuius excommunicati

De ritu sacramenti extremae unctionis

De recommendatione anime in articulo mortis

De modo sepelliendi cadavera

Quomodo habet fieri absolutio super tumulum

Quomodo habet fieri absolutio pro anniversario

Benedictio cere in die purificationis

Benedictio panis vini cere fructuum etc. in die sancti blasii vel sancte agathe

Quomodo datur cinis in primo die quadragessime et modus stationum in

absolutionibus

Benedictio ramis palmarum

Quomodo in die iovis sancta corpus Cristi extrahitur a domo sancta et sumitur

Benedictio fontis baptisterii in sabbato sancto. Et sabbato pentecostes

Benedictio termini in die sancte crucis mensis madii

Benedictio contra tempestates

Stationes quae fiunt in processione in die corporis Christi

Modus exorcizandi maleficiatum

Confronti dell’«Ordinarium» di Maiorca con il «Liber sacerdotalis» di Alberto da

Castello

Anche per il presente libro liturgico ci sono diverse parti che possono essere

definite “simili” a quelle che contempliamo nell’opera di Alberto da Castello.

258

Prima del rito del battesimo c’è una specie di piccolo e sintetico trattatello sul

battesimo che può essere assomigliato ai trattati sintetici che Alberto da Castello

premette alle sue varie parti, e alle sezioni delle varie parti. Come i tratti sintetici di

Alberto da Castello, anch’esso fa alcuni riferimenti alle fonti da cui sono tratte le

informazioni, anche se non in modo sistematico, anzi, più saltuariamente che

sistematicamente.

Exsuflatio debet fieri ad occidentem ut ait Sanctus Thomas et significat spiritus maligni expulsionem: et boni introductionem. Et habetur in quodam tractatu de sacramentis.

In tali riferimenti campeggia spesso il riferimento alla Summa Theologica, ma ci

sono anche citazioni non identificate, come ad esempio la seguente:

Dicit enim quidam doctor in suo tractatu resolvens dubia per modum biologi circa sacramenta in capi. 2 de baptismo. Secundum consuetudinem ecclesiarum quandoque fit trina immersio et aspersio et quandoque una et in hiis consuetudo ecclesiarum est observanda.

4.4.5. Il «liber sacerdotalis» di Alberto da Castello a confronto con alcuni altri

rituali: il rito di «introduzione della donna in chiesa dopo il parto»

Se si esamina il rito di «introduzione della donna in chiesa dopo il parto», che è

quasi sempre presente in tali rituali per il fatto che probabilmente era uno dei riti più

frequentemente celebrati, emergono con maggiore evidenza le particolarità

d’impostazione e di strutturazione del volume di Alberto da Castello.

L’«obsequiale» di Frisinga: una mera sequenza di parti eucologiche

Nel trattato di Alberto da Castello l’introduzione della sposa in chiesa dopo il

parto è collocato nella sezione riguardante il matrimonio e dopo il rito della

celebrazione del matrimonio; potrebbe dunque sembrare che anch’egli, come si

constata nell’«obsequiale» di Frisinga, confonda sacramenti e sacramentali. Faccio

tuttavia notare che il domenicano nel presentare la tripartizione del volume e la parte

dei sacramenti, presentava oltre che i sacramenti anche gli annexa e gli accessoria che

aveva racchiuso nella prima parte, rendendosi perfettamente conto di non potere

separare nettamente i riti dei sacramenti dal resto.

Devo inoltre fare presente che il trattato del domenicano ha delle premesse ad

ogni tractatus e talvolta ha almeno alcune righe di rubriche prima di ogni rituale e

all’interno del rituale stesso dove ne va a spiegare l’utilizzo e l’opportunità o la

necessità e anche gli spostamenti che devono avvenire.

259

A mo’ di esempio, in riferimento al rito appena citato dell’introduzione della

donna in chiesa dopo il parto, l’obsequiale, premette tale dicitura:

Ad introducendum mulierem ad ecclesiam post partum

Dopodiché comincia il rito che sta in una semplice paginetta, con un salmo

(levavi oculos meos in montes), il Pater noster, un responsorio (Salvam fac ancillam

tuam domine) e un’orazione (Omnipotens sempiterne deus maiestatem tuam

suppliciter exoramus ut sicut unigenitus filius tuus dominus noster Iesus Christus cum

nostrae carnis substanti in templo est presentatus ita hanc famulam tuam facias

purificata tibi mente presentari per eundem).

Quando si può celebrare il rito? Dove si deve svolgere il rito? Quali abiti liturgici

deve indossare il sacerdote? Cosa occorre per celebrare il rito? Occorre solo il testo

dell’obsequiale? A tutte queste domande l’obsequiale non risponde: si dà per

presupposto che il sacerdote sappia tutte queste cose. Alla pari degli antichi

sacramentari, il presente obsequiale (ma non sono diversi gli altri obsequialia coevi) ha

collazionato il repertorio eucologico e poco più. La consuetudine celebrativa che non

era fissata in tal libro, permetteva pertanto la grande diversità e le grandi variazioni

celebrative denunciate da de Blony.

L’«agenda sive exequiale sacramentorum» di Strasburgo: elementi eucologici con

alcune indicazioni rituali

Il rituale di Strasburgo, riguardo al rito dell’introduzione della donna in chiesa

dopo il parto, prevede l’indicazione circa il luogo in cui deve essere celebrato il rito

(ante fores ecclesie), ma non specifica ad esempio con quali vesti liturgiche. Dopo il

salmo (Sal 120 levavi oculos meos in montes) che viene riportato per intero, c’è

l’indicazione della recita del Gloria al termine del salmo, il Kyrieleyson che non si

comprende se fosse recitato in forma dialogica ripetuta dalla puerpera, l’indicazione

della recita del Pater noster e il lungo responsorio (Salvum fac famulam tuam). C’è

inoltre un’orazione che viene riportata (Omnipotens sempiterne deus) e solo alla fine

qualche indicazione rituale (Tunc aspergatur aqua benedicta et ipsa manu

apprehendens stolam intret ecclesiam presbytero dicente) che precede e accompagna

l’ultima orazione del sacerdote (Deus custodiat introitum tuum).

Ad introducendum mulierem post partum. dicat sacerdos ante fores ecclesie psalmum «levavi oculos meos in montes unde veniet auxilium mihi. Auxilium meum a Domino qui fecit caelum et terram. Non det in commotionem pedem tuum neque dormitet qui custodit te. Ecce non dormitabit neque dormiet qui custodit Israel. Dominus custodit te Dominus protectio tua super manum dexteram tuam. Per diem sol non uret te neque luna per noctem. Dominus custodit te ab omni malo custodiat animam tuam Dominus. Dominus custodiat introitum tuum et exitum tuum ex hoc nunc et usque in saeculum. Gloria. Kyrieleyson. Christeleyson. kyrieleyson. Pater

260

noster. Et ne». Preces. «Salvum fac famulam tuam. Deus meus sperantem in te. Mitte ei domine auxilium de sancto. Et de sion tuere eam. Nihil proficiat inimicus in ea. Et filius iniquitatis non apponat nocere ei. Esto ei domine turris fortitudinis. A facie inimici. Domine exaudi o[rationem meam]. Et clamor [meum perveniat ad te]. Dominus vobiscum. Et cum spiritu tuo. Oremus. Omnipotens sempiterne deus, maiestatem tuam suppliciter exoramus ut sicut unigenitus tuus cum nostre carnis substantia in templo est presentatus, ita et istam famulam tuam facias purificata tibi mente presentari. Per eundem». Tunc aspergatur aqua benedicta et ipsa manu apprehendens stolam intret ecclesiam presbytero dicente «Deus custodiat introitum tuum et exitum tuum ex hoc nunc et usque in seculum. Amen»255.

Peculiarità del testo di Alberto da Castello: indicazioni rituali e parti eucologiche

talvolta riassunte in una sequenza alternata per una celebrazione ordinata

Il testo di Alberto da Castello infatti non contemplava solo e tutta la parte

eucologica, ma dava molte altre indicazioni anche rituali. Dopo il titolo (Ordo quando

mulier post partum primo ecclesiam ingreditur expletis diebus sue purificationis) sono

offerte indicazioni sugli abiti che il sacerdote deve indossare e cosa deve fare.

Sacerdos cum superpelliceo et stolla facta confessione ante porta ecclesie aspergit mulierem aqua benedicta et dicit «adiutorium nostrum in nomine domini» Antifona «Miserere. Gloria.» Antifona repetitur. Postea dicit psalmum «Domini est terra» totum «Gloria» Antifona. «Hec accipiet benedictionem a domino et misericordiam a deo salutari suo quia hec est generatio querentium dominum». Postea dicat Psalmum «Deus misereatur» totum. «Gloria patri et filio et spiritui sancto». Psalmus: «credidi propter». Psalmus. «Laudate dominum omnes gentes». Psalmus. «Levavi oculos» totum. Psalmus «Ad te levavi». et post singulos psalmus dicatur «Gloria patri et filio et spiritui sancto. Sicut erat in principi[o]». Antiphona. «Exaudi nos domine quoniam benigna est misericordia tua secundum multitudinem miserationum tuarum respice nos domine Kyrie. Christe. Kyrie. Pater noster. Et ne nos.»

Durante tutta questa prima parte prevalentemente salmodica (Sal 50 miserere

mei Deus; Sal 23 domini est terra; Sal 66 deus misereatur; Sal 115 credidi propter quod

locutus sum; Sal 116 laudate dominum omnes gentes; Sal 120 levavi oculos meos in

montes; Sal 122 ad te levavi oculos meos qui habitas) Alberto da Castello mette solo

l’indicazione dei salmi da recitare presupponendo che il sacerdote li conosca a

memoria o che ne possa reperire agevolmente il testo. Perché non mette il testo per

intero? Probabilmente per non rendere eccessivamente voluminoso il proprio testo.

Confrontato il rito con quelli degli altri rituali ci si stupisce dall’abbondanza della

salmodia presente nel rito da lui riportato (ben sette salmi!) che doveva allungare

anche parecchio la celebrazione, quando invece gli altri rituali generalmente ne

prevedevano al massimo uno. Si tratta di tradizioni locali diverse oppure lo scavo di

archivio di Alberto da Castello lo ha condotto a volere ripristinare un rituale più antico

255

Agenda sive exequiale sacramentorum, Strasburgo 1505, f. 44r-44v. Ho consultato il volume nella

Bayerische Staatsbibliotek in versione digitale.

261

e più autorevole che la prassi aveva pensato di abbreviare? Solo esami più approfonditi

sulle fonti ci potranno essere d’aiuto.

Nel Liber sacerdotalis sono presenti indicazioni sommarie anche per la recita del

Kyrieleyson e del Pater noster come negli altri rituali. Invece, per la parte responsoriale

successiva, il compilatore mette per intero sia versicula che responsoria specificando

quale è il versiculum e quale è responsorium.

V[ersiculum] «Ego dixi domine miserere mei». R[esponsorium] «Sana animam meam quoniam peccavi tibi». V[ersiculum] «Salvam fac ancillam tuam». R[esponsorium] «Deus meus sperantem in te». V[ersiculum] «Mitte domine auxilium de sancto». R[esponsorium] «Et de sion tuere eam». V[ersiculum] «Nihil profitiat inimicus in ea». R[esponsorium] «Et filius iniquitatis non apponat nocere ei». V[ersiculum] «Esto ei domine turris fortitudinis». R[esponsorium] «A facie inimici, Domine exaudi orationem meam»

Appone poi la parte eucologica per intero (due orazioni) e un responsorio finale.

«Dominus vobiscum. Oremus». Oratio. «Deus qui per Moysen famulum tuum israelitice plebi mandasti ut mulier que filium peperisset ab ingressu templi sequestraretur: quesumus ut hanc famulam tuam N. ab omni inquinamento peccati mundare digneris quatenus mente et corpore mundata sinum matris sancte ecclesie valeat penetrare et tibi pro suis delictis acceptabile munus offere. Per dominum nostrum Jesum christum. Oremus». Oratio «Omnipotens sempiterne deus pater domini nostri Iesu christi deus sabaoth qui tuum unigenitum una cum matre sua post quadarginta a dierum spatium in templo presentasti bene+dicere digneris hanc famulam tuam N. quam ad templum tuum tibi domino deo nostro purificandi gratia presentamus et concede propitius ut sicut eam per nostrum officium in templum istud introducimus sic post finem vite presentis templum celeste mereatur introire. Per eundem» etc. «Qui venturus est iudicare vivos et mortuos et seculum per ignem». R[esponsorium]. «Amen».

Diventa perciò interessante l’indicazione rituale che egli dà dove spiega che la

donna ha una candela accesa tra le mani e riceve dal sacerdote l’estremità della stola

che le viene pòrta mentre entra in chiesa con il sacerdote che recita una nuova

formula riportata per intero (famula dei N. ingredere etc) e con l’indicazione

riguardante l’eventuale celebrazione della Messa.

Si danno indicazioni sul vangelo da leggere (Lc 2,22 postquam impleti sunt dies

purgationis eius secundum legem Mosi) e su una nuova serie eucologica che precede la

benedizione delle quali la prima orazione è riportata per intero mentre una seconda

orazione (Deus qui salutis eterne) e in alternativa una terza (concede nos famulos tuos)

sono solo richiamate dal loro incipit.

Tunc mulier habens candellam accensam in manibus accipit a sacerdote caput stolle et ecclesiam ingreditur dicente sacerdote. «Famula dei N. ingredere in templum dei: adora filium beate marie virginis qui tibi tribuit fecunditatem prolis». Deinde sacerdos celebret missam si est hora conveniens et ipsa aliquid offerat sacerdoti. Postea dicat sacerdos evangelium sancti Joannis et evangeli. «Postquam impleti sunt dies purga». Postea dicat orationem. «Absolve quesimus domine delicta famule tue N.

262

et a peccatorum suorum nexibus que pro sua fragilitate contraxit tua benignitate liberetur». et Orationem «Deus qui salutis eterne» vel «Concede nos famulos tuos. Et benedictio dei omnipotentis patris + et filii + et spiritus + sancti descendat super te et maneat semper. Amen».

Infine si riporta per intero la benedizione conclusiva del rito.

4.5. Qualche linea conclusiva sul «liber sacerdotalis»

Quali conclusioni possiamo trarre dall’esame da noi fatto nel presente capitolo?

Preferisco partire dall’esame concreto del suo “rituale” confrontato con gli altri

rituali in circolazione precedentemente al suo per cercare di arrivare a quelle che

considero le peculiarità della sua opera.

4.5.1. Progettato per essere un libro liturgico: il «sacerdotale»

Innanzitutto il «liber sacerdotalis» di Alberto da Castello aspira a rappresentare

un novum della letteratura liturgica a lui contemporanea perché vuole chiaramente

essere una collezione di rituali e non un trattato di materia liturgica; inoltre mi sembra

di avere dimostrato sufficientemente e chiaramente che aspirava a diventare un libro

di uso comune del sacerdote esattamente e analogamente al Pontificale: il

Sacerdotale. Dunque non un libro dove si trattano i problemi liturgici nei quali il

sacerdote può incorrere nell’amministrazione dei sacramenti o dei sacramentali, ma

un libro liturgico finalizzato ad aiutare il sacerdote nella corretta celebrazione dei riti,

soprattutto dei sacramenti.

Diverse collezioni rituali a lui contemporanee avevano fondato su una chiara

spiritualità sacerdotale il loro afflato anche pastorale per una celebrazione il più

possibile omogenea, per lo meno nella stessa diocesi. In modo simile a tali raccolte

anche Alberto da Castello nella sua raccolta – lo abbiamo dimostrato – è guidato da

una chiaro zelo sacerdotale e pastorale e dalla volontà di profondere tale zelo negli

utenti del suo volume. Questo è l’intento unitario della sua opera che tutta la permea

e la struttura. Ci pare tuttavia che emergano anche alcuni altri tratti salienti.

Vediamoli.

263

4.5.2. Ambizione di esaustività relativamente al ministero sacerdotale

Rispetto alle collezioni a quel tempo in circolazione (obsequiale, agenda,

ordinarium, ecc..) la specificità del Liber sacerdotalis di Alberto da Castello consiste

prima di tutto nell’aspirazione alla completezza della raccolta. Egli non vuole

raccogliere la maggior parte dei rituali più utili ai sacerdoti o fare un florilegio dei

rituali da essi più utilizzati: tali erano le raccolte coeve, come abbiamo visto. Egli vuole

raccogliere tutto ciò che la Tradizione mette a disposizione del sacerdote cattolico

romano di rito latino per lo svolgimento di tutto il suo ministero, in particolare per

l’amministrazione di tutti sacramenti, ovviamente di tutti i sacramenti che il sacerdote

poteva celebrare, poi per gli altri due grandi capitoli che erano tutte le benedizioni e

tutte le processioni che il sacerdote si trovava ad amministrare e a presiedere. Tale

ambita completezza della raccolta lo induce anche ad inserire in qualche caso una

versione del rituale secondo il rito del Patriarcato di Venezia che – egli ne era

consapevole – contemplava alcune differenze che erano già consuetudini consolidate,

come nel caso del Battesimo.

Da tale completezza dovevano rimanere esclusi quei sacramenti che il sacerdote

non aveva il titolo di amministrare in quanto non ne era ministro ordinario. Così

pertanto esclude non solo l’Ordine, ma anche la Confermazione che, invece, in qualche

edizione successiva del suo Liber sacerdotalis, verrà introdotta da qualche zelante

editore o che il tractatus sacerdotalis di Nicolaus de Blony contemplava.

Questa ambita completezza appare più che evidente dal titolo del volume in

frontespizio: In quo continentur et officia omnium sacramentorum et resolutiones

omnium dubiorum ad ea pertinentium et omnia alia quae a sacerdotibus fieri possunt;

appare però chiaro dal titolo che tale ambita completezza è relativa al ministero dei

sacerdoti.

4.5.3. Collezione di rituali organica e strutturata

L’ambita completezza della raccolta di rituali e di testi che Alberto da Castello

racchiude nel suo Liber sacerdotalis è però accompagnata anche da un altro dato: la

strutturazione della materia. Pochi dei rituali a lui contemporanei – per non dire

nessuno, ma avendone io esaminati solo alcune decine ed essendo tali compilazioni

probabilmente non nell’ordine delle centinaia, ma delle migliaia non voglio

avventurarmi troppo facilmente in un giudizio che solo uno studio approfondito

potrebbe mostrare – tentano di strutturare la materia della prassi celebrativa del

sacerdote, dei suoi rituali. Si giustappongono celebrazioni dei sacramenti e

benedizioni, sacramentali e processioni cercando di apporre all’inizio o alla fine del

264

volume, in una tabula di una o due pagine o poco più, i riti contenuti nel volume per

una più facile reperibilità.

L’espressione quae quam sint pulchra et utilia ex indice collige! con cui si chiude

il frontespizio del Liber sacerdotalis di Alberto da Castello doveva essere un punto

d’onore per l’autore, il quale doveva avere strappato all’editore di potere diffondere in

ben cinque fogli (dieci pagine!) le più di trecento voci dell’indice. Nonostante il loro

numero tuttavia, esse sono collocate in una struttura assai evidente con bei titoli in

inchiostro rosso e centrati nella pagina. Questo avviene per ognuna delle tre parti e

anche per i trattati, cioè le sezioni delle tre parti che, però, si ritrovano in particolare

nella prima parte dedicata ai sacramenti e agli annexa.

4.5.4. Ai diversi rituali sono premesse delle trattazioni teologico-celebrative

sintetiche basate su fonti autorevoli chiaramente espresse

Se si procede però al confronto proprio con i trattati che circolavano e che

abbiamo visto ben rappresentati dal tractatus sacerdotalis di Nicolaus de Blony,

Alberto da Castello desidera offrire, all’inizio di ogni parte e all’inizio di ogni

sacramento, una sintesi teologica che, basata sulle fonti autorevoli delle sacre

scritture, dei Padri della Chiesa, dei decreti papali, dei Concili (capitoli e canoni)

potesse offrire non pagine e pagine di materia teologica, ma i fondamenti teologici sui

quali la prassi si fonda e che va inevitabilmente a implicare e dalla quale rimane

implicata. Dunque delle sintesi teologiche ridotte, di poche pagine, ma

intenzionalmente esaustive circa i problemi celebrativi e teologici implicati.

Tali sintesi erano assai preziose ed in esse Alberto da Castello dava il meglio di sé.

Ciò per la sua capacità compilativa e riepilogativa che abbiamo trovato anche in altri

testi e che si evince dalla sua attività di revisione editoriale. La peculiarità di tali sintesi

di Alberto da Castello può essere individuata nel fatto che egli integra il dato biblico, il

dato patristico, il dato della tradizione qualificata (pontefici e concili) e che riesce ad

operare tale integrazione sempre in poche pagine.

Certo qualche altro testo coevo offriva sintesi analoghe, ma la peculiarità delle

sintesi teologico-celebrative di Alberto da Castello è la ricercata trasparenza. Egli non

intende fare sfoggio della sua vasta cultura e, in particolare, della sua vasta conoscenza

delle fonti apponendo soltanto qua e là qualche rimando esplicito alla tradizione

precedente. Egli cerca di offrire sempre con una certa precisione e, in ogni caso, con

sistematicità, i rimandi alle fonti siano esse bibliche, patristiche, o di testi autorevoli

attribuiti a papi o a concili o a sinodi locali.

265

4.5.6. Le fonti del «liber sacerdotalis»

La ricercata trasparenza nel riportare le fonti eucologiche, conciliari, sinodali,

patristiche e bibliche mette in luce un tratto abbastanza chiaro e cruciale dell’opera di

Alberto da Castello e anche di un pregio di cui era pienamente consapevole.

Già dedicando il Pontificale a Leone X scriveva:

(...) ex antiquis pontificalibus sancte Romane ecclesie que in apostolica bibliotheca super aurum et topacion conservantur nihil de meo apponens sed que subtracta erant restituens magno labore et diligentia librum hunc pontificalem percurri et perfeci.256

Era desideroso, nel fare l’opera di reintegro del Pontificale, di non apporre nulla

di proprio (nihil de meo), ma, semmai, di basarsi sugli antichi pontificali custoditi alla

biblioteca vaticana per reintegrare il Pontificale e riportarlo alla sua forma originaria.

Ma tale è anche l’intenzione dichiarata nel frontespizio del nostro Liber

sacerdotalis dove non c’è un libro da restituire alla sua pristina forma, ma semmai un

nuovo libro da comporre basandosi tuttavia sulle medesime fonti, antiche ed

autorevoli:

nuperrime ex libris sancte Romane ecclesie et quarundm aliarum ecclesiarum et ex antiquis codicibus apostolice bibliothece et ex iurium santionibus ex doctorum ecclesiasticorum scriptis

Solo una nuova edizione più moderna del testo e lo studio approfondito delle

fonti utilizzate da Alberto da Castello potrà mettere in una luce ancora più chiara

l’apporto dato da quest’opera alla riforma liturgica.

In particolare sarà necessario identificare:

a) le fonti bibliche: quale testo della vulgata sia utilizzato da Alberto;

b) le fonti patristiche: cita spesso s. Agostino, ma anche Ambrogio e altri padri: in

parte abbiamo visto essere citazioni erronee, altre invece vanno identificate con

chiarezza.

c) le fonti eucologiche: cita sia i libri papali, i libri e i riti del patriarcato di Venezia

e anche rituali già stampati e diffusi: si tratta di identificare tali trattati.

d) le fonti dei concili e dei sinodi: le risoluzioni e le decisioni conciliari da quali

raccolte e repertori sono tratte?

e) le fonti di carattere giuridico e relative ai decreti papali: a quali fonti attinge

l’autore?

256

Pontificale secundum ritum sacrosancte Romane ecclesie cum multis additionibus opportunis ex

apostolica bibliotheca sumptis et alias non impressis (...), Lugduni (Lione) 1542

266

Solo dopo accurato studio delle fonti si potrà stabilire il peso di tale opera nella

riforma liturgica promossa dal Concilio di Trento. Indubbiamente l’opera testimonia un

ambiente assai fervido di grande rinnovamento; tuttavia solo dopo una pubblicazione

più accurata e uno studio più approfondito si potrà stabilire in quale misura il Liber

sacerdotalis abbia contribuito sia alla redazione di rituali diocesani durante tutto il XVI

e anche il XVII secolo, sia alla redazione del Rituale romano di Paolo V del 1614 e alla

successiva affermazione di tale rituale nella prassi della Chiesa.

267

CONCLUSIONE

A conclusione di questo mio studio cerco di cogliere sinteticamente i risultati

della ricerca.

Mi sembra di avere contribuito nel primo capitolo a fare qualche progresso per la

conoscenza di Alberto da Castello, tentando di chiarire i dati biografici certi dopo gli

studi di Creytens della metà del secolo scorso e anche, dopo l’inventario ormai datato

di Quetif-Echard, di avere tentato un primo elenco delle opere di Alberto da Castello o

per lo meno delle opere delle quali curò l’edizione e la stampa. Ulteriori e più

approfondite ricerche, soprattutto dopo l’inventario promosso dall’ICCU con Edit16,

potranno sicuramente integrare tale lista e mostrare altre sue curatele in altre

edizioni.

Ho cercato inoltre, sempre nel primo capitolo, di fare il punto degli studi a

proposito del Liber sacerdotalis mostrando la necessità di chiarire tanti punti oscuri a

proposito delle ventiquattro edizioni dell’opera avvenute nel giro di ottant’anni (1523-

1603) e a proposito degli editori e degli stampatori in quel periodo di grande progresso

e sviluppo veneziano del libro stampato e di ciò che alla stampa era connesso, come,

ad esempio, la silografia.

Nel secondo capitolo, concentratomi sulla prima edizione del 1523, ho cercato di

richiamare le scelte editoriali di Sessa-Ravani e di mettere in evidenza i documenti

contenuti in tale edizione e perduti nelle successive (1537 - 1603) a motivo di scelte

editoriali improntate al risparmio e al profitto. Ho messo in luce che la lettera di Leone

X, l’imprimatur del Patriarca di Venezia, l’imprimatur dell’inquisitore, la dedica di

Alberto da Castello ad Adriano VI, la poesia dedicatagli da Alessandro Gaboardo,

contengono una quantità notevole di dati storici e informazioni che contribuiscono a

chiarire non poco il contesto storico nel quale è maturata l’opera. Certo l’articolo di

Cattaneo del 1967 riportava in appendice tali testi, ma senza alcuna traduzione, senza

alcun commento, senza specificare da dove fossero tratti, dando l’impressione che si

268

fosse trattato della pubblicazione di una scheda bibliografica e poco più, anche se

alcuni dati contenuti in tali documenti erano chiaramente tenuti in considerazione

all’interno degli studi di Cattaneo.

L’utilità dell’approfondimento del terzo capitolo riguardante le rimanenti

ventitre edizioni (1537-1603) lo desumo da una citazione di A. Nocent nella quale,

trattando del rituale romano, citava il Liber sacerdotalis:

Il primo libro, che aprirà la via al nostro Rituale, sarà il Sacerdotale del Castellani del 1555, che, notato come i vescovi abbiano il loro «liber pontificalis», pensò bene di raccogliere «in un libro che si dice sacerdotalis tutto quello che concerne l'ufficio dei presbiteri in cura d'anime».257

A prescindere dall’abbaglio preso dall’autore circa il titolo dell’opera di Alberto

da Castello e, soprattutto, l’anno di edizione, si segnala l’inveterato costume di dare

per assodata l’identità delle edizioni che seguono l’edizione originaria di un’opera a

stampa. Certo lo studio dei testi liturgici e il confronto minuzioso delle loro variazioni

da edizione a edizione, i cambiamenti apportati da ogni singolo editore a proposito di

sostituzioni o inserimenti di silografie, di un diverso uso di capilettera, della decisione

di sciogliere le abbreviazioni o di reintrodurle, di allungare o allargare lo specchio di

pagina, di cambiare il carattere tipografico, di impostare diversamente la tabula

contentorum, possono sembrare puntigliosità e pedanterie che non apportano nulla

alla scienza liturgica. Mi sembra invece di avere mostrato che, prima delle variazioni

necessitate dopo il Concilio di Trento dalla riforma di alcuni libri liturgici, si sono

concentrate attorno al Sacerdotale delle vere competizioni editoriali.

Prima di tutto abbiamo mostrato che si dovette assistere ai tentativi dei Ravani

(Vittore ed eredi: 1537, 1548, 1554) di trarre beneficio da una ristampa migliorata del

libro talvolta con scelte editoriali particolari e talvolta con mere ristampe e poco più.

Poi sulla scena editoriale si assiste all’ingresso competitivo basato su miglioramenti

silografici più adeguati allo sviluppo della scienza figurativa (le edizioni di Bosello: 1555

e 1559). Negli anni immediatamente successivi da parte di uno dei collaboratori dei

Ravani che doveva avere ereditato dai Ravani stamperia e privilegi, abbiamo desunto

le acquisizioni delle silografie della concorrenza – avvenuta non si sa come – per

cercare di rimanere il detentore incontrastato dell’edizione del Sacerdotale (Varisco

1560, 1564 e 1569). Nei medesimi anni abbiamo mostrato il tentativo di un nuovo

editore di scendere sul mercato con un volume che imita sistematicamente le nuove

silografie (Lichtenstein 1567) e poi le scelte di altri editori che recepiscono parte dei

257

A. NOCENT, «Storia dei libri liturgici romani», p. 170.

269

nuovi libri liturgici tridentini aggiornando l’edizione del sacerdotale e scostandosi dai

canoni precedenti (Guerra e Nicolini 1576 e 1578) dando vita a collaborazioni editoriali

(Nicolini Sessa e Giunta: 1579, 1580 e 1585) dalle quali poi qualcuno si distacca per

dare una nuova impostazione editoriale e una nuova veste tipografica al Sacerdotale

(Giunta 1587) dalle cui scelte anche un vecchio editore del Sacerdotale non rimane

immune (il vecchio Varisco ormai in affari con il cognato Paganino de Paganini: 1588).

Negli anni successivi abbiamo mostrato che si dovette assistere ad altre nuove

ristampe (Sessa 1596, 1597) fino a «ricopertinature» di vecchie edizioni quale quella di

Nicolò Polo (1603) che mi sembra non apportino sostanziali modifiche alle edizioni

precedenti. Questo primo quadro complessivo ho mostrato che potrà essere

maggiormente definito e corretto solo dopo l’edizione del Liber sacerdotalis e la

verifica più puntuale di tutte le successive edizioni e delle loro scelte, soprattutto

riguardo alle modifiche e variazioni avvenute nei testi.

Una parte che è rimasta da indagare riguarda il rapporto tra il Liber sacerdotalis,

che ormai era chiamato Sacerdotale o Sacerdotale romanum, e i libri liturgici promossi

dal Concilio di Trento al quale il testo del Sacerdotale non rimane estraneo. Infatti non

solo i nuovi libri liturgici del breviario (1568) e del Messale (1570) avevano indotto gli

editori del Sacerdotale ad alcuni cambiamenti, ma lo stesso Sacerdotale influenzerà

positivamente la produzione di quel nuovo libro liturgico che prenderà il nome di

Rituale romanum e che vedrà luce solo nel 1614 ad opera di Paolo IV dopo un primo

tentativo di compilazione di un testo ufficiale ad opera di Francesco Samarini nel 1579

stampato negli anni seguenti ma mai ufficializzato. Quali i motivi dell’accantonamento

di tale opera? Cosa influenzò la compilazione del Rituale romanum del 1614? Spero, a

Dio piacendo, di potere approfondire tali aspetti in prossimi studi.

Con il quarto ed ultimo capitolo ho dimostrato quanto chiaramente Alberto da

Castello volesse diffondere un nuovo libro liturgico per un grande zelo pastorale da lui

avvertito e per lo zelo pastorale che egli riteneva necessario all’amministrazione dei

sacramenti da parte di tutti i pastori, vescovi e presbiteri.

Non ho comparato i singoli testi del Liber sacerdotalis con quelli di altre

compilazioni coeve o precedenti, ma ho tentato una comparazione con alcune raccolte

abbastanza diffuse in quel periodo esaminando l’impostazione di tali opere

confrontandola con quella del Liber sacerdotalis. Da tale esame ho mostrato che

l’opera del frate domenicano ambiva ad una completezza ed esaustività che era

sconosciuta precedentemente a tale tipo di raccolte. Inoltre ho mostrato che la

caratteristica del Liber sacerdotalis è quella di essere una compilazione strutturata

270

secondo una rigida impostazione che separava nettamente la celebrazione dei

sacramenti e degli annexa da tutto il resto che era anch’esso strutturato in benedizioni

alle cose e alle persone, in processioni e altre cose utili al sacerdote.

Inoltre ho mostrato la peculiarità della presenza di sintesi teologiche e liturgiche

all’inizio dei singoli trattati. In particolare ho mostrato che è la trasparenza e la

precisione di Alberto da Castello nel compiere tali sintesi e compilazioni da fonti

autorevoli ad essere caratteristica precipua della sua opera.

Certo, chi venne dopo di lui vide i pregi della sua compilazione e i suoi limiti.

I pregi furono riconosciuti soprattutto dagli editori che avevano trovato un

volume la cui stampa poteva godere di un mercato sicuro, il clero secolare e religioso,

addetto a chiese parrocchiali o alla cura d’anime. Ma il grande numero di edizioni nello

spazio di breve tempo e il grande numero di copie custodite nelle diverse biblioteche

oggigiorno ci assicura anche il grande credito che proprio il clero tributò all’opera. I

difetti furono visti da chi tentò compilazioni simili e cercò dei miglioramenti,

soprattutto nella proliferazione dei rituali diocesani che non furono soppiantati

neppure dalla pubblicazione del rituale romano del 1614 e continuarono a comparire

nei secoli successivi fino alla metà del XIX secolo. Tali raccolte diocesane quanto erano

debitrici al Rituale romanum? Quanto erano debitrici alle raccolte locali precedenti?

Quanto erano debitrici al Liber sacerdotalis o al Sacerdotale? Anche tali risposte

necessitano di studi ulteriori, soprattutto un esame particolare condotto rituale per

rituale.

In conclusione, le grandi fatiche che costarono ad Alberto da Castello il Liber

sacerdotalis e il merito della sua compilazione possono essere bene decantate proprio

dalla poesia del Gaboardo che riconobbe Alberto da Castello nobile per la patria e

nobile per l’ingenio.

271

APPENDICE

Allegato 1: Edizione della «tabula contentorum» confrontata con i titoli apposti da Alberto da Castello all’inizio di ogni sezione e di ogni titolo

Si è proceduto a mettere sotto gli occhi del lettore la voce dell’indice in una

casella (in carattere tipografico romano tondetto) e a farla seguire, nella casella

sottostante, leggermente rientrata, dal titolo presente all’interno del volume (in

carattere tipografico italico).

Quando una voce in stile italico non è preceduta da alcuna voce in stile tondetto,

ciò significa che tale capitoletto dell’opera non era stato indicizzato nella tabula

contentorum preposta all’inizio del Liber sacerdotalis.

Ogni contenuto è stato affiancato da un numero che lo identifica.

Nel redigere tale tavola la sorpresa è stata che, per errore del tipografo o dello

stesso estensore dell’indice oppure, sospettiamo, per volontà dell’autore (vedi la parte

degli esorcismi), alcuni contenuti del volume non siano stati indicizzati e, dunque, non

si ritrovano nella tabula contentorum.

TABULA

* [Tabula p. 1] Tabula seu repertorium omnium contentorum in

hoc opere258

1 * Prohemium

Libri sacerdotalis de officio sacerdotis curati et omnibus ad

animarum curam pertinentibus: et sacramentorum

exhibitionibus cum eorum annexis secundum ritum Sancte

Romane et apostolice ecclesiae et aliarum ecclesiarum usibus

accomodati Prohemium259

2 * Prea[m]bula libri vn[de] dicat[ur] sacerdos [et] origo [et] off[iciu]m

ei[us]

258

1523; 1587 Tabula qvorvmcvnqve contentorum in hoc opere. 259

1523:1r,6: Prohemium.

272

Preambula quaedam sequentis operis. Unde dicatur sacerdos et

unde ortum habuit sacerdotium, et quid sit officium sacerdotis

capitulum I260

3 * Doctrina [et] bona vita necessariae sunt sacerdoti

Bona vita et sana doctrina sunt necessarie sacerdoti. Capitulum

II261

4 * Que necessario scienda [sunt

]262 a sacerdote

Que a sacerdotibus necessario scienda sunt. Capitulum

tertium263

5 * Sacerdos parrochialis debet [264

suis264]

subditis p[re]dicare

Sacerdos parrochialis debet suis subditis predicare: Capitulum

quartum265

6 * Quae sint p[rae]dicanda a sacerdotibus plebibus suis

Que a sacerdotibus sunt suis plebibus predicanda. Capitu[lum]

V 266

7 * Sacerdos [267

instruere debet subditos in fide catholica: [et] ad

superstitiones vitandas admonere267]

Sacerdos ante omnia debet sibi commissos ad fidem catholicam

firmiter tenendam et superstitiones vitandas instruere.

Capitulum VI268

8 * Sacerdos admonere fideles qualiter in ecclesia conversentur: [et]

virtutes predicare [et] vita [sic] detestari debet

Sacerdos admonere debet fideles qualiter in ecclesia conversari

debeant et qualiter virtutes debeant praedicare et vitiae

detestari. Capitulum VII269

9 * Sacerdos debet monere porcarios et bubulcos ad audiendam

missam saltim dominicis [et] festis diebus

Sacerdotes debent monere porcarios et bubulcos ut saltim

diebus festis ad ecclesiam inveniant. Capitulum VIII270

10 * Sacerdos debet monere populum ut saltem mane [et] vespere orent

p[ro] diversis plagis occurentibus

260

1523:2r,20-21. 261

1523:3r,10-11. 262

1564 omit. 263

1523:3v,12-13. 264

1523: 1559 text; 1564: omit. 265

1523:3v,30-31. 266

1523:4r,11-12. 267

1523, 1537 text 1559, 1564, 1567, 1579: Sacerdos populum instruere debet quod varia

superstitionum genera vitet, et de illarum penis. 268

1523:4v,12-14. 269

1523:5v,4-6. 270

1523:6r,9-11.

273

Sacerdos admonere debet populum vt mane et vespere saltim

pro se orent: et pro diuersis plagis occurentibus. Capitulum

IX271

11 * Sacerdos de[bet] mone[re] ciues vt salti[m] natale d[omi]ni,

festu[m] pasche resurrect[i]o[n]is [et] pe[n]t[ecostes] i[n]

ciuitatib[us] aga[n]t, [et] q[uae] su[n]t festa de p[re]cepto

Sacerdos docere debet ciues vt festa solemnia in ciuitatibus

agant: et quae sint festa de praecepto. Capitulum X272

12 * Sacerdos admonere de[bet] p[o]p[u]l[u]m sup[er] decimis soluendis

Sacerdos debet monere populum super decimis persoluendis

Capitulum XI273

13 * Sacerdos debet secum habere sacru[m] chrisma [et] illud

dilige[n]ter c[on]seruare [et] in c[on]uiuijs nuptialib[us] se honeste

h[ab]ere

Sacerdos semper debet secum habere sacrum chrisma: et illud

diligenter conseruare: et in conuiuijs nuptialibus honeste se

habere. Capitulum XII274

14 * Compendiosa admonitio que fit in concilijs synodalib[us] de vita

[et] honestate [et] officijs sacerdotum [et] clericorum

Compendiosa admonitio quae fit in concilijs provincialibus seu

synodis: de vita et officijs sacerdotum et clericorum. Capitulum

XIII275

Expliciunt preambula presentis operis.276

15 * Diuisio vniuersalis toti[us] o[per]is i[n] trib[us] p[ar]tib[us]

principalibus

Diuisio generalis totius operis277

16 * C. Capitula I partis libri sacerdotalis

C. Libri sacerdotalis de sacramentis per sacerdotem

ministrandis [et] de annexis adiunctis: [et] accedentibus ad

alia. Pars prima incipit278

17 * C. Primae partes [sic] Tractat[us] primus de sacr[ament]o

baptismi

C. Tractatus primus prime partis libri sacerdotalis de

sacramento baptismi. Incipit.279

18 * De triplici baptismo [et] eius efficatia[sic]

271

1523:6r,25-27. 272

1523:6v,10-12. 273

1523:7r,7-8. 274

1523:7v,12-14. 275

1523:8r,14-15. 276

1523:10r,4. 277

1523:10r,5. 278

1523:10v,1-3. 279

1523:10v,4-5.

274

De triplici baptismo [et] eius efficacia. Cap. I280

19 * De institutione sacramenti baptismi multiplici

De institutione huius sacramenti baptismi multipliciter facta.

Cap. II281

20 * De materia baptismi

Que sit materia sacramenti baptismi. Cap. III282

21 * De forma baptismi

Que sit forma baptismi: [et] qualiter in ea posset errare

baptizans. Capitulum IIII283

22 * Quis sit ydoneus minister baptismi

Quis sit ydoneus minister huius sacramenti baptismi. Capitulum

V284

23 * Quis debeat baptizari et quis non

Quis debeat baptizari et quis non. Capitulum VI285

24 * De ritu baptismi [et] qualiter debeat exhiberi

De ritu baptismi [et] qualiter debeat exhiberi. Capitulum VII286

25 * De effectu baptismi multiplici

Quis effectus sequitur ex baptismo legitime suscepto. Capitulum

VIII287

26 * Ordo baptiza[n]di s[ecundu]m curia[m] Romana[m] vulgat[us] [et]

imp[re]ssus

Ordo baptizandi vulgatus et iam diu impressus secundum usum

sancte Romane ecclesie288

27 Ordo prescriptus in diversis libellis baptismalibus impressus

fuit et vulgatus cum titulo secundum consuetudinem Sancte

Romane ecclesie. Verumtamen ego recensens libros antiquos et

novos de hac materia tractantes in sacra bibliotheca apostolica

nusquam inveni talem ordinem secundum dictam ecclesiam, sed

in libro novo quo sanctitas domini nostri pape utitur in divinis

repperi sequentem ordinem inscriptum secundum

consuetudinem Sacre Romane ecclesie. Positus igitur hic fuit

vterque modus ut omnibus satisfiat289

280

1523:10v,6. 281

1523:11r,27-28. 282

1523:11v,5. 283

1523:11v,35-12r,1. 284

1523:12v,21-22. 285

1523:13v,6. 286

1523:14r,2-3. 287

1523:15r,19. 288

1523:15v,1-2. 289

1523:18v,24-32. È stata riportata tutta l’annotazione perché contrassegnata da Alberto da Castello

con il carattere “C” che indica un capitolo della sezione.

275

28 * Ordo baptiza[n]di masculu[m] s[ecundu]m Romana[m] curia[m]

[et] p[at]riarchinu[m]

Ordo ad cathecuminum faciendum et baptizandum puerum

masculum secundum consuetudinem Sacre Romane ecclesie

habitus ex libro quo utitur Sanctissimus dominus noster papa in

divinis. Et hic idem ordo servatur in patriarcatu Venetiarum.290

29 Incipit off[iciu]m abrenu[n]ciatio[n]is [et] cathecismus291

30 * Ordo baptizandi feminam s[ecundu]m eosdem

Ordo ad puellam cathecuminam faciendam. Cap[itulum]. X292

31 Incipit officium abrenunciationis [et] cathecismus293

32 * Ordo baptiza[n]di i[n]fa[n]te[m] i[n] p[er]ic[u]lo mortis

c[on]stitutu[m] ad succurre[n]du[m]

Forma baptizandi puerum vel puellam de cuius morte dubitatur

Ad succurrendum. Capi[tulum] XI.294

Explicit tractatus prim[us] prime partis libri sacerdotalis de

sacramento baptismi.295

33 * Prime p[ar]tis Tractatus s[e]c[un]d[u]s de sacr[ament]o matrimonij

[tabula p. 2]

Tractatus II prime partis libri sacerdotalis de sacramento

matrimonij296

34 * Quid sit matrimoniu[m] [et] qualiter legiptime co[n]trahatur [et] de

eius institutione [et] tribus bonis ipsius

Quid sit matrimonium et qualiter contrahatur legittime: et de

eius institutione et de tribus bonis matrimonii. Ca[pitulum] I297

35 * De duplici matrimonio legiptimo [et] clandestino [et] de bannis298

faciendis

De duplici matrimonio, s[cilicet]. legittimo [et] clandestino [et]

de bannis publice faciendis. Capi[tulum]. II299

.

36 * De impedimentis matrimonij

De impedimentis matrimonii que sunt XIIII. Cap[itulum]. III300

.

37 * De exhortatione [et] admonitione facienda sponso [et] sponse p[er]

sacerdotem [et] de forma contrahendi matrimonium [et] ei[us]

b[e]n[e]dictione an[te] missam, in missa [et] post missam

290

1523:19r,1-4. 291

1523:21v,35. 292

1523:24r,28. 293

1523:21v,35. 294

1523:28v,1-2. 295

1523:29v,27-28 296

1523:30r,1-2. 297

1523:30r,3-4. 298

1523, 1564: bannis; 1559: pannis. 299

1523:30v,23-24. 300

1523:31r,21.

276

De exhortatione [et] admonitione facienda sponso [et] sponsae

per sacerdotem [et] de forma contrahendi matrimonium [et]

eius benedictione. Cap[itulum] IIII 301

.

38 * Benedictio quando sponsa non habuit alium virum, [et] sponsus

habuit aliam vxorem

Benedictio quando sponsa non habuit alium virum, et sponsus

habuit aliam uxorem. Capitulum V.302

39 * Benedictio quando sponsus non habuit aliam vxorem: [et] sponsa

habuit alium virum

Benedictio quando sponsus non habuit aliam uxorem: et sponsa

habuit alium virum. Capitulum VI303

40 * De i[n]gressu spo[n]se i[n] eccl[es]ia octauo die post

b[e]n[edicti]one[m] facie[n]da

De ingressu sponse in ecclesia octavo die post benedictionem

faciendo ubi consuevit. Capitulum VII304

41 * Pro fuganda sterilitate mulieris oratio

Pro fuganda sterilitate mulieris oratio305

42 * Or[ati]o p[ro] i[m]peditis in m[at]rimonio a demone vel malefitiis

[sic]

Oratio pro impeditis in matrimonio a demone vel maleficiis.

Capitulum IX306

43 * De b[e]n[e]dictio[n]e fetus in utero m[at]ris de cui[us] p[er]iculo

dubitat[ur]

De benedictione fetus in utero matris de cuius periculo

dubitatur. Capitulum X307

44 * Ordo b[e]n[e]dictio[n]is mulieris post partu[m] in domo

Ordo benedictionis mulieris post partum in domo.308

45 * Ordo q[ua]n[do] mulier post partu[m] primo ingreditur ecclesiam

Ordo quando mulier post partum primo ecclesiam ingreditur

expletis diebus sue purificationis. Capitulum XI 309

Explicit tractatus II prime partis libri sacerdotalis310

46 * C. Primae partis Tractatus tertius de sacramento paenitentiae

C. Tractatus tertius prime partis libri sacerdotalis de

sacramento penitentie. Incipit.311

301

1523:33v. 302

1523:38v. 303

1523:38v. 304

1523:38v. 305

1523:39r. 306

1523:39v. 307

1523:40r. 308

1523:41r. 309

1523:41v. 310

1523:42r.

277

47 * De sacr[ament]o penitentie quid sit [et] de partibus eius.

Paenitentia quid sit, et quotuplex fit, et de tribus verae

paenitentiae partibus Capitulum I312

48 * De triplici c[on]fessione et qu[od] c[on]fessio sacr[ament]alis e[st]

a deo i[n]stituta

De triplici confessione et quae confessio sacramentalis est a

deo instituta. Capitulum II313

Qui teneant[ur] ad c[on]fessione[m] [et] ex quo t[em]p[or]e

ho[mo] ad ea[n]dem obliget[ur]. c[apitulum] ij

49 * Qualiter sacerdos se habere debet erga paenitentes [et] subditos

suos in sacramento paenitentie

Qualiter sacerdos se habere debet erga paenitentes et subditos

suos in sacramento paenitentiae. Capitulum III314

50 * Sacerdos tenet[ur] scire ce[n]suras et casus reseruatos

Sacerdos tenetur scire censuras et casus reseruatos. Capitulum

IIII315

51 * Excommunicatio quid sit [et] quotuplex

Excommunicatio quid sit et quotuplex. Capitulum V316

52 * Casus et censure reseruate domino pape in processu annuali in cena

domini

Casus et censurae reservate domino pape in processu annuali

in cena domini. Capitulum VI317

53 * Censure que reseruantur domino pape in iure vel i[n]

extrauagantibus [et] ex concilio lateranensi

Censurae quae reseruantur domino papae in iure vel in

extrauagantibus et ex concilio lateranensi. Capitulum VII318

54 * Censure episcopis dyocesanis reseruate

Censurae episcopis diocesanis reseruatae. Capitulum VIII319

55 * Casus q[ui] sunt aliq[ua]n[do] papales et aliquando episcopales

Casus qui sunt aliquando papales et aliquando episcopales.

Capitulum IX320

56 * Casus ep[iscop]is reseruati

De casibus episcopis reseruatis. Capitulum X321

311

1523: 42r. 312

1523:42v. 313

1523:43r. 314

1523:44r. 315

1523:44v. 316

1523:45r. 317

1523:45r. 318

1523:46r. 319

1523. 320

1523:49v. 321

1523:50r.

278

57 * De exco[mmun]icatio[n]e minori

De excommunicatione minori. Capitulum XI322

58 * De i[n]terdicto

De interdicto. Capitulum XII323

59 * De suspe[n]sio[n]e

De suspensione. Capitulum XIII324

60 * De irregularitate

De irregularitate. Capitulum XIIII325

61 * Sacerdos accessurus ad audiendas confessiones prius debet

diuinum suffragium implorare

Sacerdos accessurus ad audiendas confessiones prius debet

diuinum suffragium implorare. Capitulum XV326

62 * De interrogationibus faciendis ante c[on]fessionem [tabula p. 3]

De interrogationibus faciendis ante confessionem. Capitulum

XVI327

[Quae docere et interrogare sacerdotes debeant paenitentes

antequam propria et singula peccata confiteantur]328

63 * De circunstantijs vere confessionis

De circumstantijs confessionis vere. Capitulum XVII329

64 * Forma breuis interrogandi s[ecundu]m X precepta legis [et] VII

peccata mortalia in versibus

Forma breuis interrogandi secundum decem precepta legis et

septem peccata mortalia in versibus. Capitulum XVIII330

65 * Qual[ite]r se h[abe]re de[bet] sacerdos cu[m] paenite[n]te audita

ei[us] c[on]fessio[n]e

Qualiter se habere debet sacerdos cum paenitente audita eius

confessione. Capitulum XIX331

66 * Canones p[e]n[itent]iales antiq[ui] s[ecundu]m d[omi]n[u]m

Gulelmu[m] duranti

Canones paenitentiales antiqui. Dominus Guillelmus durantis

in suo repertorio Rubrica de penitentijs a canonibus constitutis

ita dicit. Capitulum XX332

322

1523:50v. 323

1523:51v. 324

1523:51v. 325

1523:52v. 326

1523:53r. 327

1523:53v. 328

1523:-!!!. 329

1523:54v. 330

1523:55r. 331

1523:57v.

279

67 * De forma absoluendi ab exco[mmun]icatio[n]e maiori et a peccatis

De forma absoluendi ab excommunicatione maiori. Capitulum

XXI333

68 * De communi forma absoluendi ab excommunicatione minori saltim

ad cautellam [sic] [et] etiam a peccatis

De communi forma absoluendi ab excommunicatione minori

saltim ad cautellam et etiam a peccatis. Capitulum XXII 334

69 * Forma absolutions plenarie in mortis articulo facie[n]da his q[ui]

habe[n]t gratiam a sanctissimo domino nostro papa

Forma absolutions plenarie in mortis articulo facienda illi qui

habet gratiam a sanctissimo domino nostro papa. Capitulum

XXIII335

70 * De forma absolutionis plenissima

De forma absolutionis plenissima. Capitulum XXIIII336

71 * Ordo qualiter se habere debet sacerdos in suscipienda co[n]fessione

infirmi

Ordo qualiter se habere debet sacerdos in suscipienda

confessione infirmi. Capitulum XXV337

72 * De penitentia imponenda infirmo

De paenitentia imponenda infirmo. Capitulum XX 338

73 * C. Partis I Tractatus IIII de sacr[ament]o eucharistie particula I

C. Incipit Tractat[us] IIII prime partis libri sacerdotalis de

mento [sic] eucharistie.

C. Que c[on]tineantur in hoc tractatu. C. I339

74 * Que contineantur in hoc tractatu

Quae contineantur in hoc tractatu. Capitulum I340

75 * Que sit materia huius sacramenti

Que sit materia huius sacramenti. Capitulum II341

76 * Forma sacramenti eucharistie quae sit

Forma sacramenti eucharistiae quae sit. Capitulum III342

77 * De ministro huius sacramenti

De ministro huius sacramenti. Capitulum IIII343

332

1523:58r. 333

1523:61v. 334

1523:62r. 335

1523:62v. 336

1523:62v. 337

1523:63r. 338

1523:67r. 339

1523:68v. 340

1523:68v. 341

1523:69r. 342

1523:69v.

280

78 * De effectu huius sacramenti

De effectu huius sacramenti. Capitulum V344

79 * Quis locus ydoneus sit ad misse celebrationem

Quis locus idoneus sit ad missae celebrationem. Capitulum

VI345

80 * Quo tempore missa celebranda sit

Quo tempore missa celebranda sit. Capitulum VII346

81 * Quoties in die quis possit celebrare

Quotiens in die quis possit celebrare. Capitulum VIII347

82 * De ordine [et] ritu celebrandi s[ecundu]m c[on]suetudine [sic]

sancte Romane eccl[es]ie [[et] de preparatione [et] sacramentali

confessione [et] orationib[us] dicendis ante missam]

De ordine et ritu celebrandi secundum consuetudinem sancte

Romanae ecclesiae. Capitulum IX348

83 * Sacerdos celebratur[us] lauat man[us] an[te] celebrationem

Sacerdos celebraturus lauat manus ante celebrationem.

Capitulum X349

84 * Sacerdos paratur sacris vestibus

Quae dicere sacerdos debeat quando paratur sacris vestibus

Capitulum XI350

85 * Or[ati]ones deuote dice[n]de an[te] accessum ad altare

Sacerdos postquam est paratus potest dicere sequentes

orationes. Capitulum XII351

86 * Sacerdos qualiter ad altare accedere debeat

Sacerdos qualiter ad altare accedere debet. Capitulum XIII352

87 * Sacerdos qualiter missam incipiat

Sacerdos qualiter missam incipiat. Capitulum XIIII353

88 * Quae dici debeant per sacerdotem plane et que alte

Quae dici debent per sacerdotem plane et que alte. Capitulum

XV354

89 * Dicta confessione qualiter sacerdos missam prosequatur

343

1523:70r. 344

1523:71r. 345

1523:71v. 346

1523:72r. 347

1523:72r. 348

1523:73r. 349

1523:76r. 350

1523:76v. 351

1523:77r. 352

1523:78r. 353

1523:78v. 354

1523:80v.

281

Dicta confessione qualiter sacerdos missam prosequatur.

Capitulum XVI355

90 * De «gloria in excelsis» [et] quando dicendum sit

De gloria in excelsis quando dicendum sit. Capitulum XVII356

91 * De or[ati]onibus in missa [et] quot [et] q[ue] dicende sint

De orationibus in missa. Capitulum XVIII357

92 * De ep[isto]la Gradua[li]358

all[elui]a, tractib[us] [et] seq[ue]ntijs

i[n] missa dice[n]dis [Tabula p. 4]

De epistola gradualibus et alleluia, tractibus prosis et

sequentijs in missa dicendis. Capitulum XIX359

93 * De Euangelio in missa dicendo

De euangelio in missa dicendo. Capitulum XX360

94 * De «Credo» et quando debeat dici

De credo in missa dicendo et quando debeat dici. Capitulum

XXI361

95 * De Offertorio dicendo in missa [et] de oblationibus fidelium post

illud [et] generali confessione ad p[o]p[u]l[u]m facienda

De offertorio dicendo in missa et oblatione fidelium post illud

facienda et confessione generali. Capitulum XXII362

96 * De oblatione hostie [et] calicis super altare

De oblatione hostie et calicis super altare. Capitulum XXIII363

97 * Sacerdos lauat manus ad cornu altaris

Sacerdos lauat manus ad cornu altaris. Capitulum XXIIII364

98 * Sacerdos v[er]tit se ad p[o]p[u]l[u]m [et] dicit «Orate fratres»

[et]c[etera].

Sacerdos, lotis manibus, orat vertit se ad populum et dicit Orate

fratres. Capitulum XXV 365

99 * Sacerdos dicit prefationem

Sacerdos dicit prefationem. Capitulum XXVI366

355

1523:80v. 356

1523:81r. 357

1523:81v. 358

1523: gradua. (con punto). Così anche le edizioni 1537-1567. L’edizione di Varisco del 1569

esplicita con graduali quella che era una evidente abbreviazione e che nessuno degli editori successivi aveva corretto. Le edizioni successive torneranno, per brevità, ad abbreviare ulteriormente il termine.

359 1523:84v.

360 1523:85r.

361 1523:85v.

362 1523:86v.

363 1523:87v.

364 1523:88r.

365 1523:88v.

282

100 * Sacerdos incipit canone[m] [et] prosequitur

Sacerdos incipit canonem et prosequitur. Capitulum XXVII367

101 * De vltimis or[ati]onibus dice[n]dis in missa s[cilicet] post

co[mmun]ionibus [???]

De vltimis orationibus dicendis in missa scilicet post

communionibus. Capitulum XXVIII368

102 * De vltima benedictione in fine misse

De vltima benedictione in fine misse danda. Capitulum XXIX369

103 * De euangelio «In principio» dicendo

De euangelio In principio dicendo. Capitulum XXX370

104 * Or[ati]ones dicende post missam a sacerdote

Orationes dicendae post missam a sacerdote. Capitulum

XXXI371

105 * De his que omittuntur in missa pro defunctis

De his quae omittuntur in missa pro defunctis. Capitulum

XXXII372

106 * De celebratione duar[um] vel trium missar[um] eadem die

De celebratione duarum vel trium missarum eadem die.

Capitulum XXXIII373

107 * De missa sicca nuncupata

De missa sicca nuncupata. Capitulum XXXIIII374

108 * De eade[m] missa sicca in mari vel fluminibus celebra[n]da

De eadem missa sicca in mari vel fluminibus celebrari solita.

Capitulum XXXV375

109 * De eade[m] missa sicca cora[m] i[n]firmo v[e]l[] alia p[er]so[n]a

celebra[n]da

De eadem missa coram infirmo vel alia persona celebranda.

Capitulum XXXVI376

110 * C. Tractatus de defectibus in missa occurrentibus

Tractatus de defectibus in missa occurrentibus. Capitulum

XXXVII 377

366

1523:89r. 367

1523:89v. 368

1523:94v. 369

1523:95v. 370

1523:96r. 371

1523:96v. 372

1523:99v. 373

1523:99v. 374

1523:100r. 375

1523:100r. 376

1523:101r. 377

1523:101r.

283

111 * Primo de defectu panis

Primo de defectu panis. Capitulum XXXVIII378

112 * Quale debeat esse vinu[m] q[uo]d in c[on]secratione sacr[ament]i

eucharistie ministrat[ur]: [et] de deffectibus [sic] eius q[ui]

occurrere possu[n]t

Quale esse debeat vinum quod in consecratione sacramenti

eucharistie ministratur: et de defectibus eius qui occurrere

possunt. Capitulum XXXIX379

113 * De defectu aque

De defectu aquae. Capitulum XL380

114 * De defectu forme

De defectu formae. Capitulum XLI381

115 * De defectu intentionis ministri

De defectu intentionis ministri. Capitulum XLII382

116 * De defectu vestimentorum

De defectu vestimentorum. Capitulum XLIII383

117 * De defectibus dispositionis corporis

De defectibus dispositionis corporis. Capitulum XLIIII384

118 * De immunditia corporali

De immunditia corporali. Capitulum XLV385

119 * De defectu dispositionis animae

De defectu dispositionis animae. Capitulum XLVI386

120 * De pollutione

De pollutione. Capitulum XLVII387

121 * De defectib[us] missa[m] celebra[n]ti interdum occurrentibus

De defectibus missam celebranti interdum occurrentibus.

Capitulum XLVIII388

122 * De p[er]turbationibus occurrentib[us] missam celebra[n]tib[us]

De perturbationibus occurrentibus missam celebrantibus.

Capitulum XLIX389

378

1523:101r. 379

1523:101v. 380

1523:102v. 381

1523:102v. 382

1523:103r. 383

1523:104v. 384

1523:104v. 385

1523:105r. 386

1523:105r. 387

1523:105v. 388

1523:105v. 389

1523:106r.

284

123 * Si cadit corpus christi

Quando cadit corpus Christi. Capitulum L390

124 * Q[ua]n[do] cadit sanguis chr[ist]i

Quando cadit sanguis Christi. Capitulum LI391

125 * De vomitu sacr[ament]i

De vomitu sacramenti. Capitulum LII392

126 * De musca v[e]l[] aranea v[e]l[] veneno mixtis cu[m] sa[n]gui[n]e

chr[ist]i

De musca vel aranea vel veneno mistis cum sanguine Christi.

Capitulum LIII393

127 * De noua specie apparente

De noua specie apparente. Capitulum LIIII394

128 * C. De horis canonicis a sacerdotibus dicendis Tractatus

C. De horis canonicis a sacerdotibus dicendis Tractatus395

129 * De matutinis

De matutinis. Capitulum I396

130 * De laudibus [Tabula p. 5]

De laudibus. Capitulum II397

131 * De prima

De prima. Capitulum III398

132 * De tertia

De tertia. Capitulum IIII399

133 * De sexta

De sexta. Capitulum V400

134 * De nona

De nona. Capitulum VI401

135 * De vesperis

De vesperis. Capitulum VII402

390

1523:106r. 391

1523:106v. 392

1523:107r. 393

1523:107r. 394

1523:107r. 395

1523:107r. 396

1523:107v. 397

1523:107v. 398

1523:108r. 399

1523:108r. 400

1523:108r. 401

1523:108r. 402

1523:108v.

285

136 * De completorio

De completorio. Capitulum VIII403

137 * Quare diuersimode hore incipiuntur

Quare diuersimode horae incipiuntur. Capitulum IX404

138 * De his qui tenent[ur] dicere horas canonicas

De his qui tenentur dicere horas canonicas. Capitulum X405

139 * Qualiter hoc sacratissimu[m] eucharistie sacr[amentu]m sit

dispensa[n]du[m] fidelibus tractatus eiusdem particula secunda

Quibus hoc sacratissiumum sacramentum dispensandum sit

fidelibus et quibus non. Capitulum I406

140 * Que sint que impediant communicandum

Que sint que impediant communicandum. Capitulum II407

141 * Ordo ad communicandum populum in ecclesia tam in paschate

quam in alijs diebus

Ordo ad comunicandum populum in ecclesia tam in paschate

quam in alijs diebus. Capitulum III408

142 * Ordo ad communicandum infirmum

Ordo ad communicandum infirmum. Capitulum IIII409

143 * De custodia sacr[ament]i eucharistie eiusde[m] tractat[us]

p[ar]ticula III

De custodia sacramenti eucharistie. Capitulum I410

144 * De p[e]ni[tenti]a male serva[n]tis sacr[amentu]m eucharistie

De penitentia male servantis sacramentum. Capitulum II411

145 * Casus p[ro]hibiti [et] c[on]cessi t[em]p[or]e g[e]n[er]al[is]

interdicti ecclesiastici

Casus prohibiti et concessi tempore generalis interdicti

ecclesiastici. Capitulum III412

146 * C. Partis prime Tractat[us] V de sacr[ament]o extreme unctio[n]is

Incipit V tractatus prime partis libri sacerdotalis: de sacramento

extreme unctionis et ei ennexis et consequentibus. De materia,

forma, ministro, effectu sacramenti extreme unctionis, et quibus, et

qua corporis parte dari debeat, et an debeat iterari413

403

1523:108v. 404

1523:108v; 1537; 1548; 1554; 1555; 1559; 1560; 1564; 1567; 1576; 1579S; 1579N; 1580; 1585N;

1585J; 1587; 1588:109; 1597. 405

1523:109r. 406

1523:109r. 407

1523:109v. 408

1523:110r. 409

1523:111r. 410

1523:112v. 411

1523:113r. 412

1523:113r. 413

1523:114v.

286

147 * Materia sacramenti extreme vnctionis

Materia sacramenti extremae unctionis que sit. Capitulum I414

148 * Forma huius sacramenti que sit

Forma huius sacramenti que sit. Capitulum II415

149 * Minister huius sacramenti quis sit

Minister huius sacramenti quis sit. Capitulum III416

150 * De effectu huius sacramenti

De effectu huius sacramenti. Capitulum IIII417

151 * Quibus dari debeat hoc sacramentum

Quibus dari debeat hoc sacramentum. Capitulum V418

152 * Quib[us] p[ar]tibus corporis dari debeat hoc sacramentum

Quibus corporis partibus debeat dari hoc sacramentum.

Capitulum VI419

153 * An hoc sacramentum possit reiterari

An hoc sacramentum possit reiterari. Capitulum VII420

154 * Ordo ad vnge[n]du[m] infirmum s[ecundu]m Romanam curiam

Ordo ad vngendum infirmum secundum Romanam curiam.

Capitulum VIII421

155 * Ordo ad vnge[n]du[m] i[n]firmu[m] s[ecundu]m Ritu[m]

p[at]riarchatus Ueneti

Ordo vngendi infirmum secundum usum patriarchatus

Venetiarum. [Capitulum IX]422

156 * C. De annexis seu concomita[n]tibus hoc sacr[amentu]m particula

-423

157 * De b[e]n[edicti]one ciner[um] in q[ui]bus infirmus morie[n]s e[st]

ponendus

Benedictio cinerum in quibus ponendus est infirmus moriens, et

cilicii quo cadaver defuncti est involvendum424

158 * De b[e]n[e]dictione cilitij in quo cadauer est inuoluendum

Item benedictio cilitii425

414

1523:114v. 415

1523:114v. 416

1523:115r. 417

1523:115r. 418

1523:115r. 419

1523:115v. 420

1523:115v. 421

1523:116r. 422

1523:118r. 423

1523: –. 424

1523:119v. 425

1523:120r.

287

159 * De oratione facienda in visitatione infirmorum

De oratione facienda in visitatione infirmorum. Capitulum III426

160 * De petitio[n]ibus facie[n]dis infirmo in mortis articulo

De petitionibus faciendis infirmo morienti valde utilibus.

Capitulum IIII427

161 * De protestationibus faciendis a moriente

428

De protestationibus faciendis a moriente. Capitulum V429

162 * Oratio dicenda in agone mortis

Oratio utilis ad dicendum in agone mortis. Capitulum VI430

163 * Or[ati]ones dicende in agone mortis ad beatam virgine[m]

Orationes dicende in agone mortis ad beatam virginem

mariam. Capitulum VII431

164 * Letania pro infirmo moriente cu[m] multis orationibus

Letania pro infirmo moriente. Capitulum VIII432

165 * Commendatio anime ante mortem

Commendatio anime ante mortem. Capitulum IX433

166 * Orationes deuote dicende in agone mortis

Sequentes orationes dicende sunt super agonizante in transitu

deuote morose et intelligibiliter vt infirmus audire possit434

167 * Psalmi dicendi in agone mortis super infirmum

Psalmi dicendi in agone mortis super infirmum. Capitulum

XI435

168 * Symbolum Athanasij [Tabula p. 6]

Symbolum siue fides catholica sancti Athanasij episcopi. Cap.

XII436

169 * Passio d[omi]ni nostri Jesu Christi s[ecundu]m Mattheum

426

1523:120r. 427

1523:123r. 428

Delimitato dalla lettera maiuscola “C” che – come paraffo – delimita i capitoli e le sezioni dei

capitoli c’è il seguente testo: hae protestationes morientium reuelatae fuerunt cuidam religioso viro adhunc finem: quia multi in extremis laborantes: etiam post sacramentalem confessionem inciderun ex diabolica tentatione in baratrum desperationis. Revelatumque est, quod nullus qui ex corde talia quae sequuntur fuerit protestatus damnari poterit «Queste suppliche dei morienti furono rivelate ad un certo uomo religioso presso la fine:poiché molti negli ultimi momenti di vita fanno fatica:anche dopo la confessione sacramentale sono caduti a causa della tentazione del diavolo, nel baratro della disperazione».

429 1523:114r.

430 1523:125r.

431 1523:126r.

432 1523:127r.

433 1523:128r.

434 1523:130r.

435 1523:135r.

436 1523:138v.

288

Passio domini nostri Jesu Christi secundum Mattheum.

Capitulum XIII437

170 * Passio d[omi]ni nostri Jesu Christi s[ecundu]m Marcum

Passio domini nostri Jesu Christi secundum Marcum.

Capitulum XIIII438

171 * Passio d[omi]ni nostri Jesu Christi s[ecundu]m Lucam

Passio domini nostri Jesu Christi secundum Lucam. Capitulum

XV439

172 * Passio domini nostri Jesu christi s[ecundu]m Joannem

Passio domini nostri Jesu Christi secundum Joannem.

Capitulum XVI440

173 * Sermo d[omi]ni nostri Jesu christi ante passionem habitus cora[m]

apostolis legendus in transitu alicuius

Sermo domini nostri Jesu Christi ante passionem habitus coram

apostolis. Capitulum XVIII [sic !!!]441

174 * De off[ici]o com[m]e[n]datio[n]is anime post egressum de corpore

De officio faciendo post egressum anime de corpore. Capitulum

XVIII442

175 * Delatio corporis defuncti ad ecclesiam

Delatio corporis defuncti ad ecclesiam. Capitulum XIX443

176 * De off[ici]o sepulture sacerdotis vel clerici defuncti

De officio sepulturae sacerdotis vel clerici defuncti. Capitulum

XX444

177 * Tractatus an aliq[ui]d sit exigendu[m] pro sepultura

An aliquid sit exigendum pro sepultura. Capitulum XX445

[sic !!! ndr]

178 * An facienda sint conuiuia sacerdotibus in funere defunctorum

An facienda sint conuiuia sacerdotibus in funere defunctorum.

Capitulum XXI446

179 * Quibus p[er]sonis denegatur ecclesiastica sepultura

Quibus personis denegatur ecclesiastica sepultura. Capitulum

XXII447

437

1523:139r. 438

1523:142v. 439

1523:145v. 440

1523:148v. 441

1523:150v. 442

1523:154v. 443

1523:155r. 444

1523:155r. 445

1523:163r. 446

1523:167v. 447

1523:168r.

289

180 * De officio sepulture secularium

De officio sepulturae secularium. Capitulum XXIII448

181 * De officio sepulture paruulorum

De officio sepulturae paruulorum. Capitulum XXIIII449

182 * Ritus sepelie[n]di seculares s[ecundu]m p[at]riarchatu[m] Uenetum

tam in die sepulture q[ua]m in anniuersario

Ritus sepeliendi defunctum secularem secundum vsum

patriarchatus Uenetiarum. Capitulum XXV450

183 * Uespere defunctorum in cantu

Incipit officium in agenda mortuorum. Ad vesperum absolute

incipit. Capitulum XXVII [sic!]451

184 * Matutine defunctorum in cantu

Ad matutinum incipitur Invitatorium. Capitulum XXVII452

185 * Missa de mortuis tota in cantu cum Kyrie[l]. sequentia, sanctus, [et]

agnus dei

Missa in agenda pro mortuis. Capitulum XXIX 453

186 * Ordo visita[n]di tumulos defu[n]ctor[um] post missa[m] cu[m]

p[ro]cessio[n]e

Ordo visitandi tumulos defunctorum. Capitulum XXX454

187 * Septem psalmi penitentiales

Incipiunt septem psalmi paenitentiales. Capitulum XXXI455

188 * Litanie que in ecclesia solenniter cantatur notate

Letania. Capitulum XXXI [sic!]456

189 * Psalmi graduales

Psalmi graduales. Capitulum XXXIII457

190 * C. Expliciunt capitula prime partis libri sacerdotalis

C. Explicit v. et vltimus Tractatus prime partis Libri

sacerdotalis de sacr[ament]o extreme vnctionis [et] de

sepulturis [et] alijs annexis.458

191 * C. Incipiunt capitula II partis eiusdem libri

C. Libri sacerdotalis de officio sacerdotis curati pars ij.

Incipit. Prohemium. 459

448

1523:170. 449

1523:171r. 450

1523:172r. 451

1523:174v. 452

1523:176v. 453

1523:189v. 454

1523:194r. 455

1523:195r. 456

1523:196r. 457

1523:198v. 458

1523:200v.

290

192 * Prohemium in II parte[m] libri sacerdotalis de multiplici genere

benedictionum

C. Benedicere seu benedictio multipliciter accipitur in diuina

scriptura.460

193 * De aque benedicte qua in ecclesia populus aspergitur, institutione

[et] effectu

De aque benedicte qua in ecclesia populus aspergitur,

institutione [et] effectu. Capitulum I461

194 * De b[e]n[edicti]one sal[is] [et] aq[ue] s[ecundu]m

c[on]suetudine[m] Romane curie

De benedictione salis [et] aquae secundum consuetudinem

Romanae curie. Capitulum II462

195 * An[tiphone]. «Asp[er]ges» [et] «Uidi aquam» notate que cantari

debent q[ua]ndo aqua b[e]n[e]dicta asp[er]git[ur] super populum

cu[m] sua or[ati]one

Antiphone que cantari debent quando aqua benedicta

aspergitur super populum cum sua oratione. Capitulum III463

196 * B[e]n[edicti]o aque que fit in vigilia epiphanie cum cantu

De benedictione aque in vigilia epyphanie: Que licet in Romana

curia non fiat in multis tn??? ecclesijs solemniter celebratur. 464

197 * Or[ati]ones dicende in asp[er]sione domor[um] cum p[rae]dicta

aqua

De aspersione aque benedicte per domos fidelium per clericos

facienda. Cap. VII465

198 * B[e]n[e]dictio auri, thuris [et] myrrhe in epiphania domini [tabula

p. 7]

In festo epyphanie solent benedici aurum thus et mirrha in

comemorationem munerum trium magorum: et taliter benedicta

super se portata cum dei timore et reuerentia portanti prosunt

ad salutem.466

199 * Q[uod] sacerdotes ante q[ua]dragesimam debent admonere

populu[m] ad confessionem [et] ieiunium quadragesime

Quod sacerdotes ante quadragesimam debent populum

admonere circa confessionem [et] ieiunium quadragesimae.

Capitulum V467

200 * B[e]n[e]dictio ciner[um] in IIII feria in capite ieiunij

459

1523:201r. 460

1523:201r. 461

1523:202v. 462

1523:202v. 463

1523:204r. 464

1523:205r. 465

1523:212v. 466

1523:213r. 467

1523:214r.

291

De benedictione cinerum in quarta feria in capite ieiunij.

Capitulum VI468

201 * B[e]n[e]dictio imaginis b[ea]te virgi[ni]s h[ab]ita ex pontificali

De benedictione imaginis beate marie virginis. Capitulum

VII469

202 * B[e]n[e]dictio anchonar[um] seu imaginu[m] dei [et]

s[an]c[t]or[um]

Benedictione [sic sine “de”] anchonarum seu ymaginum dei et

sanctorum. Capitulum VIII470

203 * B[e]n[e]dictio pabuli a[n]imaliu[m]. s. salis, ordei, siliginis, auene

[et] ceterorum in festo s[an]c[t]i stephani p[ro]thomartyris

Benedictio pabuli animalium seu salis ordei auene et ceterorum

que in aliquibus regionibus fit in festo sancti Stephani

prothomartyris. Capitulum IX471

204 * B[e]n[e]dictio vini c[on]tra venenu[m] in festo s[an]c[t]i ioannis

eua[n]g[elist]e

De benedictione vini in festo sancti Joannis euangelistae contra

venenum. Capitulum X472

205 * B[e]n[edicti]o panis [et] fructuu[m] i[n] festo s[an]c[t]i blasij

c[on]tra malu[m] gutturis

De benedictione panis vini fructuum et seminum in festo sancti

Blasij contra malum gutturis. Capitulum XI473

206 * B[e]n[e]dictio alia panis in eodem festo

Alia benedictio panis in eodem festo474

207 * B[e]n[e]dictio vini [et] fructuu[m] [et] seminu[m] in eodem festo

De benedictione vini fructuum et seminum in festo eiusdem

sancti blasij episcopi et martyris. 475

208 * B[e]n[e]dictio fructuum particularis eadem die

Eodem die benedictio fructuum.476

209 * B[e]n[e]dictio particularis seminum eadem die

Eodem die benedictio seminum.477

210 * B[e]n[e]dictio panis c[on]tra p[er]iculu[m] ignis in festo s[an]c[t]e

agathae

468

1523:214v. 469

1523:216v. 470

1523:217r. 471

1523:217v. 472

1523:218v. 473

1523:219v. 474

1523:220r. 475

1523:220v. 476

1523:220v. 477

1523:220v.

292

Benedictione [sic sine “de”] panis in festo sancte agathe contra

ignis periculum. Capitulum XIII478

211 * B[e]n[e]dictio agni [et] carnium in pascha

De benedictione agni et carnium in die sancto pasche.479

212 * Benedictio ouorum in pascha

Benedictio ouorum in pascha.480

213 * B[e]n[e]dictio segetu[m] [et] seminu[m] in festo sancti Marci

De benedictione segetum et seminum in festo sancti Marci

euangeliste. Capitulum XV481

214 * B[e]n[e]dictio vue noue in festo transfigurationis domini

De benedictione vue noue in festo transfigurationis domini.

Capitulum XVI482

215 * B[e]n[e]dictio pueror[um] ad eccl[es]iam a pare[n]tibus

adductor[um]

De benedictione puerorum a parentibus ad ecclesiam

adductorum. Capitulum XVII483

216 * B[e]n[e]dictio pueror[um] q[ua]n[do] eis capilli primo inciduntur

Benedictio puerorum quando eis capilli primo inciduntur.484

217 * B[e]n[e]dictio ca[n]dellar[um]

De benedictione candelarum. Capitulum XVIII485

218 * B[e]n[e]dictio alia ad ide[m]

Alia benedictio ad idem. Capitulum XIX486

219 * Benedictio incensi

Benedictio incensi.487

220 * B[e]n[edicti]o viduae castitate[m] p[ro]fite[n]tis ex po[n]tificali

habita

De benedictione vidue castitatem profitentis. Capitulum XX488

221 * B[e]n[e]dictio sup[er] peregrinos exeuntes

Benedictio super peregrinos exeuntes.489

* - !

478

1523:221r. 479

1523:222r. 480

1523:221v. 481

1523:221v. 482

1523:222v. 483

1523:222v. 484

1523:223v. 485

1523:223v. 486

1523:224r. 487

1523:224r. 488

1523:224v. 489

1523:225v.

293

Benedictio super baculos et capsellas.490

222 * B[e]n[e]dictio sup[er] peregrinos ad terra[m] s[an]c[t]am

p[ro]ficiscentes

Ordo benedictionis ad peregrinos nauigare volentes ad terram

sanctam.491

223 * B[e]n[e]dictio peregrinor[um] in reditu a peregrinatione

Ordo benedictionis peregrinorum domum reuenientium.492

224 * B[e]n[e]dictio muneris quod offertur in ecclesia

De benedictione muneris quod offertur in ecclesia. Capitulum

XXII.493

225 * B[e]n[e]dictio ad po[n]derandum per votu[m] obligatum

Ordo ad ponderandam personam per votum obligatam dare de

aliqua re quantum ponderat corpus eius sicut triticum oleum

ceram vinum vel alia.494

226 * B[e]n[e]dictio sole[n]nis panis in diebus dominicis

De benedictione solennis panis in diebus dominicis et magnis

festiuitatibus. Capitulum XXIII.495

227 * Benedictio panis pro infirmantibus

Benedictio panis pro infirmantibus. 496

228 * Benedictio aque pro infirmis

De benedictione aque pro infirmis. 497

229 * Benedictio prandij caritatis

Ad benedicendum prandium caritatis.498

230 * B[e]n[e]dictio contra aereas tempestates

Benedictio contra aereas tempestates. 499

231 * Benedictio loci vel domus

De benedictione loci vel domus. Capitulum XXV.500

232 * B[e]n[e]dictio domus noue vel a daemonio vexate

Benedictio domus noue vel a demonio vexate. Capitulum

XXVI.501

490

1523:226v. 491

1523:227r. 492

1523:228r. 493

1523:228v. 494

1523:229r. 495

1523:229v. 496

1523:230r. 497

1523:230v. 498

1523:230v. 499

1523:231r. 500

1523:233r. 501

1523:233r.

294

233 * Benedictio thalami vel camerae

Benedictio thalami vel camerae. 502

234 * Benedictio nauis nouae [tabula p. 8]

Benedictio nauis nouae. Capitulum XXVII.503

235 * B[e]n[edicti]o seu asp[er]sio aq[ue] benedicte p[er] officinas

dom[us]

De benedictione seu aspersione aque benedicte per officinas

canonice vel domus proprie. Capitulum XXVIII.504

236 * B[e]n[e]dictio ad initium boni operis

Benedictio ad initium alicuius operis boni. Capitulum XXIX.505

237 * Benedictio ignis

De benedictione ignis. Capitulum XXX.506

238 * Benedictio domus ne comburatur ab igne

De benedictione domus ne comburatur ab igne. Capitulum

XXXI.507

239 * B[e]n[e]dictio putei noui

De benedictione novi putei. Capitulum XXXII.508

240 * B[e]n[e]dictio nouae aree

De benedictione nove aree. Capitulum XXXIII.509

241 * B[e]n[edicti]o vasor[um] nouor[um]

De benedictione ad vasa nova. Capitulum XXXIIII.510

242 * B[e]n[e]dictio panis noui

De benedictione novi panis. Capitulum XXXV.511

243 * B[e]n[edicti]o vini noui

De benedicitone vini novi. Capitulum XXXVI.512

244 * B[e]n[e]dictio auium

De benedictione avium. Capitulum XXXVII.513

245 * B[e]n[e]dictio lardi

De benedicitone lardi. Capitulum XXXVIII.514

502

1523:234r. 503

1523:234r. 504

1523:236v. 505

1523:239r. 506

1523:239r. 507

1523:239r. 508

1523:239v. 509

1523:239v. 510

1523:239v. 511

1523:240r. 512

1523:240r. 513

1523:240r.

295

246 * B[e]n[e]dictio casei vel butiri

Benedictio casei vel butiri. Capitulum XXXIX.515

247 * B[e]n[e]dictio lactis [et] mellis

Benedictio lactis et mellis. Capitulum XL.516

248 * Benedictio seminum oler[um] vel leguminum

De benedictione seminum olerum vel leguminum. Capitulum

XLI.517

249 * Benedictio co[n]tra vermes, mures vel locustas vel alia animalia

terram vel fructus vastantia

Benedictio contra aves, vermes, mures vel locustas vel alia

animalia terram vel fructus vastantia vel aquas inficientia. 518

250 * Benedictio salis [et] aque contra vermes [et] aues semina

possessionum vastantes

De benedictione salis et aque contra vermes et aves semina

possessionum vastantes. Capitulum XLII.519

251 * B[e]n[edicti]o terre seminate

De benedictione terre seminate. Capitulum XLIII.520

252 * B[e]n[e]dictio arborum

De benedictione arborum. Capitulum XLIIII.521

253 * B[e]n[edicti]o fruct[us] arbor[um]

De benedictione fructus arborum. Capitulum XLV.522

254 * B[e]n[e]dictio nouor[um] pomor[um]

De benedictione novorum pomorum. Capitulum XLVI.523

255 * Benedictio vinee

De benedictione vinee. Capitulum XLVII.524

256 * Benedictio co[mun]is super fruges [et] vineas

De benedictione communi super fruges et vineas. Capitulum

XLVIII.525

257 * B[e]n[edicti]o vue vel ficuu[m]

514

1523:240r. 515

1523:240v. 516

1523:240v. 517

1523:240v. 518

1523:240v. 519

1523:241v. 520

1523:241v. 521

1523:241v. 522

1523:241v. 523

1523:241v. 524

1523:242r. 525

1523:242r.

296

De benedictione uve vel ficuum vel quorumcumque aliorum

fructuum526

258 * B[e]n[edicti]o ad fruct[us] nouos

De benedictione ad fructus novos. Capitulum L.527

259 * B[e]n[e]dictio in co[mmun]i [???]

De benedictione communi ad omnia. Capitulum LI.528

260 * B[e]n[edicti]o in peste a[n]i[m]alium

De benedictione in peste animalium. Capitulum LII.529

261 * B[e]n[edicti]o salis q[uo]d dat[ur] a[n]i[m]alib[us]

De benedictione salis quod datur animalibus. Capitulum

LIII.530

262 * B[e]n[e]dictio crucis

Benedictio crucis. Capitulum LIIII.531

263 * B[e]n[e]dictio olei

Benedictio olei. Capitulum LV.532

264 * B[e]n[e]dictio cilitij ex p[ae]n[itent]ia induendi

Benedictio cilitij ex paenitentia induendi. Capitulum LVI.533

265 * C. Epliciunt [sic] cap[itu]la II partis libri sacerdotalis

Libri sacerdotalis de officio sacerdotis curati de diversis

benedictionibus ad ipsum pertinentibus faciendis pars II

principal explicit.534

266 * C. Incipiunt cap[itu]la III partis libri sacerdotalis

Libri sacerdotalis de officio sacerdotis curati Pars III et ultima.

In qua tractatus quatuor continentur. Incipit535

267 * De processio[n]ibus faciendis prohemium

Tractatus primus III partis libri sacerdotalis de processionibus

faciendis. Prohemium.536

268 * Un[de] ortum habueru[n]t p[ro]cessionu[m] celebratio

Unde ortum habuerit processionum celebratio. Capitulum I.537

269 * De p[ro]cessionibus ordinarijs [et] extraordinarijs

526

1523:242v. 527

1523:242v. 528

1523:242v. 529

1523:242v. 530

1523:243r. 531

1523:243r. 532

1523:243v. 533

1523:243v. 534

1523:243v. 535

1523:244r. 536

1523:244r. 537

1523:244v.

297

Quot sint processiones quae ordinarie fiunt per anni circulum

et que sint processiones extraordinarie. Capitulum II.538

270 * Quibus ex causis fiant processiones

Quibus ex causis fiant processiones. Capitulum III.539

271 * De Ritu [et] mo[do] p[ro]cessionu[m] facie[n]darum

De ritu et modo processionum faciendarum. Capitulum IIII.540

272 * De processione in festo purificationis [et] benedictione candellarum

[sic]

De processione in festo purificationis beate marie. Capitulum

V.541

273 * De processione in ramis palmarum [et] b[e]n[edicti]one

eoru[n]de[m]

- [manca il segno dell’inizio del capitolo. C’è solo una “I”

capitale dell’«In die palmarum»]542

274 * Adoratio crucis in feria VI in parasceue

- [manca il segno dell’inizio del capitolo. C’è solo una “F”

capitale del «Feria VI. In parasceve»]543

275 * Processio ad pone[n]du[m] corp[us] chri[sti] i[n] sepulchro

eade[m] die

De processione in feria VI in parasceve ad ponendum corpus

domini in sepulchro.544

276 * Cum autem venissem ad locum

- [manca il segno di inizio del capitolo]545

277 * Processio eadem die circa ide[m] more Ueneto

Supra posita processio more veneto fit infrascripto ordine.546

278 * [tabula p. 9] Processio ad benedictionem fontis in sabbato sancto

[et] in vigilia pentecostes

Sabbato sancto cantatis lectionibus ante missam et dicta

oratione.547

279 * Processio ad extrahendum corpus christi de sepulchro in die

paschae

De processione in nocte pasche ante matuti [sic!] ad

sepulchrum christi.548

538

1523:245r. 539

1523:245r. 540

1523:246r. 541

1523:246v. 542

1523:249r. 543

1523:257v. 544

1523:263r. 545

1523:267r. 546

1523:269r. 547

1523:269v. 548

1523:275r.

298

280 * Processio ad manifestandum resurrectionem christi ante matutinum

eodem die

- [manca il segno di inizio del capitolo]549

281 * Processio post ves.[perum] ad fontes eadem die

In die sancto pasche fit processio ad fontes post vespe[rum].550

282 * Publicatio paschae in die epiphanie facienda

In die epyphanie cantato euangelio dyaconus pronuntiat

futurum pascha in hunc modum.551

283 * Processio i[n] festo s. marci in litanijs maioribus

De processione facienda in letania maiori in festo sancti marci

euangeliste.552

* -

Ex concilio maguntiensi. Capitulum VI.

284 * An[tiphone] ca[n]tandae in singulis ecclesijs per q[ua]s p[ro]cessio

tra[n]sit

Antiphone dicende in ecclesiis per quas processio transit

secundum earum titulos.553

285 * Processio in rogationibus

De processionibus faciendis in tribus diebus Rogationum.554

* -

De processione in orationibus rogationum in quibus fiunt

letanie minores.555

286 * Processio in festo ascensionis

Processio in festo ascensionis domini.556

287 * Processio in die Pentecostes

De processione in festo pentecostes.557

288 * Processio in festo corporis chr[ist]i sacratissimi

De processione in festo corporis christi.558

289 * Processio in festo patroni ecclesiae

De processione facienda in festo sancti vel sancte patroni

ecclesie.559

549

1523:275v. 550

1523:278v. 551

1523:279v. 552

1523:280v. 553

1523:285v. 554

1523:287v. 555

1523:288r. 556

1523:289v. 557

1523:290r. 558

1523:290r. 559

1523:290v.

299

290 * Processio in commemoratione omnium fidelium defu[n]ctorum

post festum omnium sanctorum

Ordo processionis pro defunctis in crastino omnium

sanctorum.560

291 * Processio ad pete[n]dam pluuia[m] in t[em]p[or]e siccitatis

De processione facienda ad petendam pluuiam tempore

siccitatis.561

292 * Processio pro petenda serenitate

De processione pro postulanda serenitate.562

293 * Pro t[em]p[or]e pestis [et] mortalitatis

De processione facienda tempore pestis et mortalitatis.563

294 * Processio t[em]p[or]e quaru[m]cunq[u]e tribulationum

De processione facienda in tempore tribulationum

quarumcunque. 564

295 * Processio tempore belli

De processione tempore belli. 565

296 * Processio pro victoria habita de inimicis

De processione facienda pro victoria habita de inimicis.566

297 * Hymni cantandi in processione ad libitum

Hymni cantandi in processionibus ad libitum. Hymnus.567

298 * Ordo ad recipie[n]dum legatum vel praelatu[m] aduenie[n]te[m]

Ordo ad recipiendum processionaliter prelatum vel legatum.568

299 * Ordo ad recipiendum episcopum nouiter creatum

Ordo ad recipiendum episcopum nouiter creatum. 569

300 * Ordo qualiter recipi debeat episcopus qua[n]do venit ad visitandas

parrochias

Ordo qualiter recipi debeat episcopus quando venit ad

visitandas parrochias. 570

301 * An[tiphonae]. Alma redemptoris. Aue regina celor[um]. Salue

regina cantande diuersis temporibus post completorium

560

1523:291r. 561

1523:293r. 562

1523:294r. 563

1523:295r. 564

1523:296r. 565

1523:297r. 566

1523:298r. 567

1523:299v. 568

1523:310v. 569

1523:313r. 570

1523:313r.

300

Antiphone subscripte cantantur post completorium per totum

annum ordine subscripto. A primo sabbato de aduentu vsque ad

purificationem beate marie dicitur «Alma redemptoris»; A

purificatione vsque ad pascha dicitur «Ave regina celorum». A

pascha vsque ad octaua pentecostes dicitur «Regina celi». ab

octava pentecostes vsque ad aduentum dicitur «salve

regina».571

302 * Tractatus computi ecclesiastici

Tractatus computi summatim excerptus ex computo

Reuerendissimi patris domini Gulelmi durantis episcopi

mimarensis valde necessarius sacerdotibus. 572

303 * De anno solari

Incipit primus tractatus de anno. Quid sit annus solaris.

Capitulum I573

304 * De anni diuersis no[m]i[ni]b[us]

De diuersis nominibus anni. Capitulum II574

305 * De signis zodiaci

De signis zodiaci. Capitulum III575

306 * De bisexto

De bissexto. Capitulum IIII576

307 * De q[ua]tuor temporibus anni

De quatuor temporibus anni. Capitulum V577

308 * De solstitio [et] aeq[ui]noctio

De solstitio et aequinoctio. Capitulum V [sic! e non VI come

dovrebbe essere]578

309 * De mense

Incipit secundus tractatus. Et primo de mense. Capitulum I579

310 * De calendis, nonis et idib[us]

De calendis, nonis et idibus. Capitulum II580

311 * De dieb[us] aegyptiacis

Diebus aegyptiacis. Capitulum III581

571

1523:315r. 572

1523:317r. 573

1523:317rv. 574

1523:317v. 575

1523:318r. 576

1523:319r. 577

1523:319v. 578

1523:320r. 579

1523:320v. 580

1523:321v.

301

312 * De dieb[us] canicularibus

De diebus canicularibus. Capitulum IIII582

313 * De septimana [et] nominibus eius

De septimana et nominibus dierum eius. Capitulum V583

314 * [tabula p. 10] Qua die septimane quilibet mensis intret

Qua die septimanae quilibet mensis intret. Capitulum VI584

315 * De regularibus solis

De regularibus solis. Capitulum VII585

316 * De c[on]currentibus [et] cyclo solari

De concurentibus et cyclo solari. Capitulum VIII586

317 * De littera dominicali

De littera dominicali. Capitulum IX587

318 * De indictione

De indictione. Capitulum X588

319 * De die naturali [et] artificiali

De die naturali et artificiali. Capitulum XI589

320 * De an[n]o lunari [et] quot dies continet

Tractatus secunde partis tractatis de anno lunari. Quid sit

annus lunaris et quot dies continet. Capitulum I590

321 * De regularibus lunaribus

De regularibus lunaribus. Capitulum II591

322 * De epacta

De epacta. Capitulum III592

323 * De annis embolismali et com[m]uni

De anno embolismali et communi. Capitulum IIII593

324 * De aureo numero

De aureo numero. Capitulum V594

581

1523:322v. 582

1523:323r. 583

1523:323r. 584

1523:324r. 585

1523:324v. 586

1523:325r. 587

1523:325v. 588

1523:326r. 589

1523:326r. 590

1523:326v. 591

1523:327r. 592

1523:327v. 593

1523:328v. 594

1523:330r.

302

– –

De termino paschali et primo de clauibus festorum mobilium.

Capitulum VI595

325 * Rationes ad inuenie[n]dum pascha

Rationes ad inueniendum pascha. Capitulum VII596

326 * De cyclis

De cyclis. Capitulum VIII597

327 * Compendium musice

Compendium musice. 598

328 * De manu musicali

Compendium musice599

329 * Regula p[ro] faciendis mutationibus

Brevis et vtilis regula pro fiendis mutationibus.600

330 * De coniunctionibus vocum

De coniunctionibus vocum que sint.601

331 * De tono [et] semitono [et] ditono

De tono. De semitonio (sic).602

332 * De diatessaron

De diatessaron.603

333 * De diapente

Diapente604

334 * De tropi seu toni descriptione [et] eius quadruplici distinctione

De tropi seu toni descriptione.605

335 * Quomodo toni ex dyatessaron, dyapente, dyapason constituant[ur]

595

1523:330v. 596

1523:331v,3-4. 597

1523:333v,1. 598

1523:334r,1. 599

1523:334v,12. Mi sembra tuttavia che nell’indice premesso al volume si sia fatta confusione così

come alla pagina 334. Infatti la mano musicale è al foglio 334r e si usa lo stesso titolo compendium musice sia al f. 334r che al f. 334v. Il fatto che in alcune edizioni più tardive sia stata saltata la prima parte (334r) può essere stato causato da ciò. Forse nell’intenzione di Alberto da Castello c’era l’intenzione di dare il titolo di De manu musicali alla prima porzione, cioè al f. 334r-v e poi a quanto seguiva compendium musice. Nella compilazione dell’indice sono stati conservati i due titoli, mentre nei titoli all’interno dell’opera il de manu musicali si è smarrito.

600 1523:336r.

601 1523:338v.

602 1523:338v.

603 1523:339v.

604 1523:339v.

605 1523:340v.

303

Quomodo predicti tropi modi seu toni ex supra nominatis

speciebus, sive diatessaron, diapente, ac diapason constituantur

ac formentur.606

336 * Demonstratio tropi perfecti [et] plagiatis

Demonstratio prothi perfecti. Demonstratio plagalis prothi

perfecti.607

337 * Modus cantandi diuinum officium a domino Jesu christo sancte

Brigide reuelatus

Sancta Brigida. [dopo un paragrafo di sette righe scritte in

nero, in rosso continua] Hic modus cantandi reuelatus fuit a

domino Jesu christo sancte Brigide vidue: vt habetur in suo

volumine et in libro extrauaganti. Capitulum IIII608

338 * Exorcismi daemoniacorum

Exorcismi contra Demoniacos diuersorum Sanctorum

approbati et magne efficatie. Incipiunt.609

339 Instructio exorciste volentis expellere demones a maleficiatis

vel demoniacis. Rubrica.610

340 De modo quem tenet dyabolus ad intrandum in humana

corpora. Capitulum I611

341 De malefitijs. Capitulum II612

342 De signis quibus cognoscitur aliquis esse demoniacus.

Capitulum III613

343 De signis quibus cognoscitur quis esse malefitiatus. Capitulum

IIII614

344 Conditiones exorciste et qualiter se preparare debet. Capitulum

V615

345 De signis quae apparent quando sacerdos coniurat

malefitiatum. Capitulum VI616

346 De mo[do] quem tenet dyabolus ad egrediendum de corporibus.

Capitulum VII617

606

1523:340v. 607

1523:341r. 608

1523:344v. 609

1523:344v. 610

1523:344v. 611

1523:345v. 612

1523:345v. 613

1523:346r. 614

1523:346r. 615

1523:346v. 616

1523:346v. 617

1523:347r.

304

347 De malitijs et deceptionibus quibus nituntur demones

exorcistam deciperet. Capitulum VIII618

348 * Instructio exorciste volentis daemones expellere

De mo[do] quem tenere d[ebe]t exorcista in confurando

aliquam personam. Capitulum IX619

349 * Exorcismus sancti ambrosij optimus

Incipit exorcismus beati Ambrosij archiepiscopi mirabilis

efficacie super demoniacos, cuius practica proprie spectat ad

sacerdotes. Tu igitur quicunque fueris nulla leuitate ductus: sed

sola necessitatis vel charitatis causa hanc rem disponas

assumere arduam et oportet quod premisso trium dierum

ieiunio tertio mane diligenter cum contritione confessus missam

de spiritu sancto deuotissime celebres faciendo in ipsa missa

commemorationem de infrascriptis orationibus.620

350 * Exorcismus alius perfectus [et] probatus

Incipit alius exorcismus optimus et probatus621

351 * Exorcismus contra malefitiatos [sic] [et] demoniacos

Incipit exorcismus contra demoniacos et malefitiatos (sic) et

incantationes et facturas et domos a demonio vexatas.

Optimus.622

352 * Oratio contra tempestates ingruentes

Oratio deuotissima ad remouendam tempestatem623

353 * Sermones per sacerdotem habendi ad plebem in missarum solennijs

[sic]

Sermones aliqui per sacerdotem plebibus suis certis diebus

festiuis in ecclesia missis solennijs faciendi ad earum

instructionem et esortationem624

354 * Sermo in festo natiuitatis d[omi]ni

In nativtate domini nostri iesu christi. Dicto offertorio in missa

sacerdos conuersus ad populum in hunc vel similem modum

ipsum alloquatur625

355 * Sermo in festo epiphanie post pronunciationem festorum per

dyaconum habendus

618

1523:347r. 619

1523:347v. 620

1523:348r. 621

1523:351v. 622

1523:357v (nella tabula 355). 623

1523:363v. 624

1523:364r. 625

1523:364r.

305

In festo epiphanie cantato euangelio dyaconus pronunciat

futurum pascha solenniter cantando pro vt supra. folium 279.

Et postea in vernacula vel vulgari lingua ipsum pascha et alia

festa mobilia declarat et pronuntiat modo infrascripto vel

simili: videlicet626

356 * Sermo in die sancto paschae

In die sancto pasche sacerdos in missa post offertorium

conuersus ad populum poterit ita eum alloqui vel aliter vt

placuerit ei627

357 * Sermo in tractatu nuptiarum

In celebratione nuptiarum Sermo628

358 * Sermo in electione plebani629

vel archipresbeteri [sic!] vel

sacerdotis parochialis

In electione alicuius prelati seu plebani archipresbiteri vel

rectoris alicuius ecclesie sermo630

359 De ordine celebrandi officij tempore aduentus631

360 Regula ad inveniendum Pascha632

361 Explicit III et ultima pars Libri sacerdotalis

626

1523:364v. 627

1523:365r. 628

1523:365v. 629

È chiaro che con plebanus si indicava il sacerdote che presiedeva o che aveva la cura di una pieve o

comunque di una porzione di fedeli. Cf. DU CANGE, Glossarium mediae et infimae latinitatis, vol. 6, p. 364, B-C.

630 1523:366v.

631 1523: -.

632 1523: -.


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