ISTITUTO DI LITURGIA PASTORALE
“Abbazia di S. Giustina” – Padova Incorporato alla Facoltà di Sacra Teologia
del Pontificio Ateneo Sant’Anselmo in Roma
IL «SACERDOTALE» DI ALBERTO DA CASTELLO E LE SUE NUMEROSE EDIZIONI (1523-1603)
Analisi delle edizioni e della struttura del «Liber sacerdotalis». Una introduzione allo studio del testo e delle fonti
Tesi per il conseguimento della Licenza in Sacra Teologia con specializzazione liturgico-pastorale
Relatore: Chiar.ma prof.ssa Anna Maria CALAPAJ
Censore: Chiar.mo Prof. P. D. Francesco G. B. TROLESE OSB
Licenziando: Davide RIGHI
Padova
Anno Accademico 2012-2013
2
Ringrazio:
il Seminario Arcivescovile di Bologna, il rettore e il bibliotecario
il Seminario Vescovile di Fidenza, il rettore e il bibliotecario
la Biblioteca del Comune di Cento (FE)
la provincia dei frati Minori dell’Emilia-Romagna
il convento dell’Osservanza e la bibliotecaria
il convento della basilica di s. Francesco di Bologna e il bibliotecario
la biblioteca dell’Archiginnasio di Bologna
la biblioteca comunale di Carpi
la biblioteca del Seminario di Padova
la biblioteca del convento dei padri cappuccini di Arezzo
la biblioteca del convento dei padri cappuccini di Bologna
Il Museo “Castello del Buonconsiglio” fondo “Laurence K.J. Feininger” di Trento
3
INDICE
ABBREVIAZIONI 7
BIBLIOGRAFIA 8
Circa Alberto da Castello 8 Circa la liturgia e le questioni storico-liturgiche 8 Circa la silografia e la stampa 9
SITOGRAFIA 10
INTRODUZIONE 11
CAPITOLO 1: IL «LIBER SACERDOTALIS» DI ALBERTO DA CASTELLO. LO «STATUS
QUAESTIONIS» CIRCA L’AUTORE E LE MOLTEPLICI EDIZIONI DEL XVI SECOLO 13
1.1. STATO DEGLI STUDI 13 1.2. ALBERTO DA CASTELLO AUTORE DEL «LIBER SACERDOTALIS» 18
1.2.1. Castellani, Castellano, da Castello o de Castello? 18 1.2.2. Le fonti dei dati biografici di Alberto da Castello 21 1.2.3. I dati biografici di Alberto da Castello 25 1.2.4. Le opere attribuitegli e la sua opera di ricerca 36 1.2.5. Lista delle opere stampate a cura di Alberto da Castello 37
1.3. LE VENTIQUATTRO EDIZIONI VENEZIANE DEL «LIBER SACERDOTALIS /
SACERDOTALE» (1523-1603) 45 1.3.1. Il «liber sacerdotalis» nel tumultuoso diffondersi del libro stampato 45 1.3.2. L’accuratezza di Alberto da Castello nella revisione dei testi 46 1.3.3. Alcuni problemi posti dalle ventiquattro edizioni 47
CAPITOLO 2: LA PRIMA EDIZIONE DEL 1523 51
2.1. INFORMAZIONI GENERALI SULL’EDIZIONE E GLI EDITORI 51 2.1.1. Gli editori 51 2.1.2. Le scelte editoriali e la produzione di testi liturgici 52
2.2. CARATTERISTICHE SPECIFICHE 54 2.2.1. I contenuti specifici della prima edizione: una introduzione 54 2.2.2. L’approvazione da parte di Leone X (1513-1521) 55 2.2.3. L’«imprimatur» di Antonio Contarini, Patriarca di Venezia e di Dalmazia (1509-
1524) 59 2.2.4. La breve missiva dell’inquisitore Francesco Pisano 60 2.2.5. La dedica ad Adriano VI (1522-1523) 61 2.2.6 La poesia dedicatagli da Alessandro Gaboardo (1444ca-1517ca) 66
2.3. IL FRONTESPIZIO 70 2.4. LA «TABULA CONTENTORUM» E I CONTENUTI DELL’OPERA 72 2.5. LE PAGINE DELL’«INCIPIT» 72
2.5.1. Il titolo precedente l’«incipit»: richiamo ai sacerdoti della «cura animarum» 73 2.5.2. Le due pagine dell’«incipit» 74 2.5.3. Considerazioni varie sulla struttura delle pagine dell’«incipit» 79
4
2.6. L’IMPAGINAZIONE DEL CONTENUTO DAL PUNTO DI VISTA FORMALE 81 2.6.1. Il carattere tipografico 82 2.6.2. Le silografie e gli altri abbellimenti grafici 83 2.6.3. I capilettera e gli altri accorgimenti tipografici 100
2.7. LA POSTFAZIONE DI ALBERTO DA CASTELLO A CHIUSURA DELL’OPERA 107
CAPITOLO 3: LE EDIZIONI DEL «LIBER SACERDOTALIS» DAL 1537 AL 1603 109
3.1. Il problema delle altre ventitre edizioni 109 3.2. L’edizione del 1537 di Vittore Ravani e soci 110 3.3. L’edizione del 1548 degli eredi di Pietro Ravani e soci 115 3.4. L’edizione del 1554 degli eredi di Pietro Ravani e soci 120 3.5. L’edizione del 1555 di Pietro Boselli 126 3.6. L’edizione del 1559 di Pietro Boselli 131 3.7. L’edizione del 1560 di Giovanni Varisco 133 3.8. L’edizione del 1564 di Giovanni Varisco e soci 137 3.9. L’edizione del 1567 di Pietro Liechtenstein 140 3.10. L’edizione del 1569 di Giovanni Varisco e soci 147 3.11. L’edizione del 1576 dei fratelli Guerra e soci 150 3.12. L’edizione del 1578 di Domenico Nicolini 156 3.13. L’edizione del 1579 di Domenico Nicolini 160 3.14. L’edizione del 1579 di Lucantonio Giunta 162 3.15. L’edizione del 1579 di Giovanni Battista Sessa e fratelli 165 3.16. L’edizione del 1580 di Giovanni Battista Sessa e fratelli 168 3.17. L’edizione del 1585 di Giovanni Battista Sessa e fratelli 170 3.18. L’edizione del 1585 di Giunta 171 3.19. L’edizione del 1585 di Domenico Nicolini 174 3.20. L’edizione del 1587 di Giunta 176 3.21. L’edizione del 1588 di Giovanni Varisco e Paganino de’ Paganini 181 3.22. L’edizione del 1596 di Giovanni Battista e Giovanni Bernardo Sessa 184 3.23. L’edizione del 1597 di Giovanni Battista e Giovanni Bernardo Sessa 186 3.24. L’edizione del 1603 di Nicolò Polo 187 3.25. Sguardo complessivo e confronto tra le silografie della prima edizione e le
successive 191 3.26. Note sintetiche relative all’esame delle ventiquattro edizioni 212 3.27. Conclusioni circa l’esame delle ventiquattro edizioni 217
3.27.1. Da «liber sacerdotalis» a «sacerdotale» / «sacerdotale romanum» 217 3.27.2. Il numero di editori-tipografi che pubblicarono il «liber sacerdotalis» /
«sacerdotale» 218 3.27.3. Interessi in gioco nelle diverse edizioni 218 3.27.4. Risposte alle domande circa le ventiquattro edizioni e alcune linee conclusive 222
CAPITOLO 4: IL «LIBER SACERDOTALIS»: FINALITÀ, STRUTTURA E CONTENUTI 225
4.1. Considerazioni generali sulla struttura unitaria e tripartita dell’opera 225 4.2. I diversi elementi dai quali si evince la struttura unitaria dell’opera 226
4.2.1. Un libro per l’amministrazione dei sacramenti e la cura pastorale 226 4.2.2.: Un libro analogo al Pontificale a servizio dello zelo per le anime 227 4.2.3. I sacerdoti – vescovi e presbiteri – hanno il compito di pascere 230 4.2.4. Una spiritualità confermata dalla tradizione e dal magistero 232 4.2.5. La spiritualità del parroco delineata dai «praembula» 233 4.2.6. Intenzionale fissazione della norma per la celebrazione dei sacramenti 238 4.2.7. Il futuro “rituale” del sacerdote nello svolgimento ordinario del suo ministero 240
4.3. Elementi che evidenziano la struttura tripartita dell’opera 241
5
4.3.1. La postfazione 242 4.3.2. La disposizione della materia assai strutturata 243 4.3.3. La struttura tripartita parallela al Pontificale 245
4.4. Confronto con libri analoghi del XV e XVI secolo 247 4.4.1. Il «tractatus sacerdotalis» di Nicoalus de Blony: un trattato teologico con
attenzione ad alcuni problemi celebrativi 248 4.4.2. L’«obsequiale» di Frisinga (1484): una serie di rituali accostati in un’unico
volume 252 4.4.3. L’«agenda sive exequiale sacramentorum» di Strasburgo (1505): parti
eucologiche con alcune indicazioni rituali 253 4.4.4. L’«Ordinarium de administratione sacramentorum» di Maiorca del 1516 255 4.4.5. Il «liber sacerdotalis» di Alberto da Castello a confronto con alcuni altri rituali:
il rito di «introduzione della donna in chiesa dopo il parto» 258 4.5. Qualche linea conclusiva sul «liber sacerdotalis» 262
4.5.1. Progettato per essere un libro liturgico: il «sacerdotale» 262 4.5.2. Ambizione di esaustività relativamente al ministero sacerdotale 263 4.5.3. Collezione di rituali organica e strutturata 263 4.5.4. Ai diversi rituali sono premesse delle trattazioni teologico-celebrative
sintetiche basate su fonti autorevoli chiaramente espresse 264 4.5.6. Le fonti del «liber sacerdotalis» 265
CONCLUSIONE 267
APPENDICE 271
Allegato 1: Edizione della «tabula contentorum» confrontata con i titoli apposti da
Alberto da Castello all’inizio di ogni sezione e di ogni titolo 271
7
ABBREVIAZIONI
AFP = Archivum Fratrum Praedicatorum
CATTANEO, Il rituale romano (1967) = Enrico CATTANEO, Il rituale romano di Alberto
Castellani, in Miscellanea liturgica in onore di
sua Eminenza il Cardinale Giacomo Lercaro
Arcivescovo di Bologna presidente del
«Consilium» per l’applicazione della
Costituzione sulla sacra liturgia, vol. II, Roma
1967, pp. 629-647.
CREYTENS, Les écrivains (1960) = Raymond CREYTENS, Les écrivains dominicains
dans la Chronique d'Albert de Castello (1516),
AFP, XXX (1960) 227-313.
CURI NICOLARDI, Una società (1984) = Silvia CURI NICOLARDI, Una società tipografico-
editoriale a Venezia nel secolo XVI. Melchiorre
Sessa e Pietro Ravani (1516-1525), Leo S.
Olschki editore, Firenze 1984, 95p.
DBI = Dizionario Biografico degli Italiani, Treccani,
Roma, Istituto dell’enciclopedia italiana, 1960.
HANSSENS, Liber sacerdotalis (1923) = Joannes Michael HANSSENS, De “Liber
sacerdotalis” prima editione et auctore,
«Ephemerides Liturgicae» 37 (1923) 347-353.
JOUNEL, Il Rituale (1984) = Pierre JOUNEL, Il Pontificale e il Rituale, in Aimé
Georges MARTIMORT (ed.), La Chiesa in
preghiera, vol. 3, Queriniana, Brescia 20023, p.
17-26.
Liturgia = Domenico SARTORE – Achille TRIACCA – Carlo
CIBIEN (edd.), Liturgia, Milano 2001, ed. San
Paolo.
MOPH = Monumenta Ordinis Fratrum Praedicatorum
Historica.
NDL = Domenico SARTORE – Achille TRIACCA (edd.),
Nuovo Dizionario di Liturgia, Milano 1984.
PALMA, Castellano (1978) = Marco PALMA, CASTELLANO (da Castello)
Alberto, DBI 21 (1978), 642-644.
8
QUÉTIF – ECHARD, Scriptores (1721) = Jacobus QUÉTIF – Jacobus ECHARD, Scriptores
Ordinis Praedicatorum recensiti etc., Lutetieae
Parisiorum (Parigi), vol. I (1719) e II (1721).
WALZ, Castellano (1949) = Angelo WALZ, Castellano (de Castello) Alberto,
in Enciclopedia Cattolica, vol. III, Roma 1949,
coll. 1018-1019.
BIBLIOGRAFIA
Circa Alberto da Castello CREYTENS Raymond, Les écrivains dominicains dans la Chronique d'Albert de Castello (1516), in
AFP, XXX (1960) 227-313. DE MEYER Albertus OP, Registrum litterarum Fr. Thomae De Vio Caietani O.P. Magistri Ordinis
1508-1513, Romae 1935. HANSSENS Joannes Michael, De “Liber sacerdotalis” prima editione et auctore, «Ephemerides
Liturgicae» 37 (1923) 347-353. HANSSENS Joannes Michael, De libro sacerdotali P. A. Castellani, «Ephemerides Liturgicae» 38
(1924) 60-61. LOUIS R.-M., «Histoire du texte des constitutions dominicaines», in AFP, VI (1936) 334-341. MEERSSERNAN Gilles Gérard OP – PLANZER Dominikus OP, Magistrorum ac procuratorum
generalium O.P. registra litterarum minora (1469-1523), Romae 1947. PALMA Marco, CASTELLANO (da Castello) Alberto, in DBI, 21, 642-644. PLANZER Dominikus OP, Die Tabula Privilegiorum Ordinis Fratrum Praedicatorum des Franciscus
Pipinus O.P., in AFP X (1940) 242-246. QUÉTIF Jacobus - ECHARD Jacobus, Scriptores Ordinis Praedicatorum recensiti notisque historicis
et criticis illustrati (...) Inchoavit R. P. F. Jacobus Quetif S.T.P. absolvit R.P.F.Jacobus Echard, ambo conventus SS. Annunciationis Parisiensis, eiusdem ordinis sodales, J.B.Christophorum Ballard e Nicolaum Simart, Lutetieae Parisiorum, I (1719); II (1721).
REICHERT Benedict Maria OP, Acta capitulorum generalium Ordinis Praedicatorum, vol. IV, in MOPH IX, Romae 1901.
SANSOVINO Francesco, Venetia città nobilissima, et singolare, Venetia 1663. WALZ Angelo, Castellano (de Castello) Alberto, «Enciclopedia Cattolica», vol. III, Roma 1949,
coll. 1018-1019. ZANARDI Zita – RICCI Raffaella, Bibliotheca franciscana. Gli incunaboli e le cinquecentine dei Frati
Minori dell’Emilia-Romagna conservate presso il Convento dell’Osservanza di Bologna, coll. «Biblioteca di bibliografia italiana» CLIX, Leo S. Olschki editore, Firenze 1999.
Circa la liturgia e le questioni storico-liturgiche CABROL Fernand, Les livres de la liturgie latine, Bloud & Gay, Parigi 1930. CATTANEO Enrico, Il culto cristiano in occidente. Note storiche, C.L.V. Edizioni Liturgiche, Roma
1978.
9
CATTANEO Enrico, Il rituale romano di Alberto Castellani, in Miscellanea liturgica in onore di sua Eminenza il Cardinale Giacomo Lercaro Arcivescovo di Bologna presidente del «Consilium» per l’applicazione della Costituzione sulla sacra liturgia, vol. II, Roma 1967, pp. 629-647.
FOLSOM Cassian, I libri liturgici romani, in Scientia Liturgica. Manuale di liturgia 1 (Introduzione alla liturgia) a cura di Anscar J. CHUPUNGCO, p. 263-330.
HUGHES OLIPHANT Old, The Shaping of the Reformed Baptismal Rite in the Sixteenth Century, ed. Wm. B. Eerdmans Publishing Co., Grand Rapids (Michigan, USA).
JOUNEL Pierre, Il Pontificale e il Rituale, in Aimé Georges MARTIMORT (ed.), L’Église en prière. Introduction à la Liturgie, Desclée, Parigi 1984 consultato in traduzione italiana La Chiesa in preghiera, vol. 3, Queriniana, Brescia 20023, p. 17-26.
LARA Jaime, Roman Catholics in Hispanic America, in Geoffrey WAINWRIGHT – Karen BETH – Westerfield TUCHER (EDD.), The Oxford history of Christian worship, Oxford University Press, Oxford-New York 2006, p. 633-650.
NOCENT Adrien, Storia dei libri liturgici romani, in S. MARSILI – J. PINELL – A. M. TRIACCA – T. FEDERICI – A. NOCENT – B. NEUNHEUSER (edd.), Anàmnesis 2 (La Liturgia, panorama storico generale), Marietti, Casale Monferrato 1978, p. 147-183.
PALAZZO Éric, Histoire des livres liturgiques: Le Moyen Age. Des origines au XIIIe siècle, Parigi 1993 consultato nella traduzione inglese A History of liturgical books. Frome the Beginning to the Thirteenth Century, Pueblo Book – The liturgical Press, Collegeville (Minnesota, USA), 1998.
SCICOLONE Ildebrando, Libri Liturgici, in NDL, 653-665. SCICOLONE Ildebrando, Libri Liturgici, in Liturgia, 1011-1024. VOGEL C., Introduction aux sources de l'histoire du culte chrétien au moyen âge, coll. Biblioteca
degli «Studi medievali» 1, ed. Centro italiano di studi sull’alto medioevo, Spoleto 1981 (Riedizione anastatica dell’edizione originale).
WAINWRIGHT Geoffrey – BETH Karen – TUCHER Westerfield (EDD.), The Oxford history of Christian worship, Oxford University Press, Oxford-New York 2006.
WHITE James F., Roman Catholic Worship. Trent to Today, prefazione a cura di Nathan D. MITCHELL, Liturgical Press, Collegeville (Minnesota, USA) 20032.
ZANON Giuseppe, Catalogo dei rituali liturgici italiani dall’inizio della stampa al 1614, «Studia Patavina» 31 (1984) 496-564.
Circa la silografia e la stampa CASTELLANI Carlo, I Privilegi di stampa e la proprietà letteraria in Venezia dall’introduzione della
stampa nella città fin verso la fine del secolo XVIII. Lettura di Castellani prefetto della biblioteca di s. Marco, ed. Stabilimento tipo-litografico fratelli Visentini, Venezia 1888.
CURI NICOLARDI Silvia, Una società tipografico-editoriale a Venezia nel secolo XVI. Melchiorre Sessa e Pietro Ravani (1516-1525), Leo S. Olschki editore, Firenze 1984.
FRATTAROLO Renzo, La stampa in Italia fra Quattro e Cinquecento ed altri saggi, edizioni dell’Ateneo, Roma 1967.
MILANO Ernesto (ed.), Elementi per una storia della Xilografia, ed. Il Bulino, Modena 2001. MILANO Ernesto (ed.), Xilografia dal Quattrocento al Novecento. Percorso storico-artistico sui
fondi della Biblioteca Estense, ed. Il Bulino, Modena 1993 (coll. «Il giardino delle esperidi» vol. 2).
10
SITOGRAFIA
http://books.google.it Google Books
http://bsb-mdz12-spiegel.bsb.lrz.de Munchener DigitalisierungsZentrum
http://edit16.iccu.sbn.it Istituto Centrale per il Catalogo Unico
http://gallica.bnf.fr/ Bibliothèque nationale de France:
bibliothèque numérique
11
INTRODUZIONE
L’esame della situazione liturgica nel periodo contemporaneo e successivo al
concilio di Trento mi indusse a studiare e ad esaminare il Liber sacerdotalis. La
scoperta di alcune delle molteplici edizioni dell’opera che nella seconda metà del XVI
secolo aveva già assunto il titolo di Sacerdotale mi incuriosì, e la notizia – diffusa in
diverse pubblicazioni – circa la sua importanza in riferimento al Rituale romanum del
1614 suscitò in me quel necessario ulteriore interesse che è lo stimolo indispensabile
ad ogni ricerca. Tale curiosità mi ha guidato nell’analisi delle fonti e delle edizioni non
solo durante la stesura dell’elaborato, ma anche durante i numerosi viaggi che ho
dovuto intraprendere per esaminare qualcuna delle ventiquattro edizioni. Parte di esse
invece, pur essendo custodite in diverse biblioteche italiane ed estere, le ho potute
consultare grazie alla tecnologia digitale.
Le conclusioni alle quali sono pervenuto sono in parte conferme e in parte
novità. Le conferme riguardano il rapporto del Liber sacerdotalis con il Rituale
romanum: è stato per me interessante delineare alcune linee che videro la nascita di
tale libro liturgico ufficiale, tra esigenze diffuse nella Chiesa alle quali si sopperiva chi in
un modo e chi in un altro, e il genio di un teologo/pastore guidato dallo zelo per la
salvezza delle anime. Le novità hanno riguardato l’esame più specifico delle peculiarità
del Sacerdotale e il “segreto” della sua fortuna alla quale l’apporto grafico e silografico
non è certo stato estraneo.
Il presente studio potrà essere utile allo studioso di liturgia, anche se ho scritto
nella conclusione che diversi campi di indagine rimangono da esplorare: primo fra tutti
un’edizione rinnovata del testo del 1523, uno studio scientifico e sistematico delle
fonti utilizzate da Alberto da Castello, un confronto con le numerose opere, in
particolare libri liturgici diocesani, che ne rimasero influenzate.
A tali mancanze nel presente studio si è cominciato a sopperire offrendo in
appendice almeno l’edizione della tabula contentorum confrontata con i titoli che
Alberto da Castello aveva apposto all’interno del volume alle singole parti e trattati.
12
Chi non avrà modo di consultare l’edizione del 1523 potrà almeno esaminare quali ne
fossero i contenuti e, grazie ai primi due capitoli, avere le necessarie informazioni sia
riguardo all’autore, sia riguardo alla prima edizione.
Lo studio presente ritengo che potrà essere utile non solo agli studiosi di liturgia,
ma anche agli studiosi di storia della tipografia (poiché nel terzo capitolo mi sono
concentrato talvolta sulle variazioni tipografiche intervenute tra le edizioni), e agli
studiosi di storia della silografia e di storia dell’arte, perché precisamente alla fine del
secondo e alla fine del terzo capitolo ho fatto approfondimenti sia in merito alla
silografie riutilizzate o fatte fare per la prima edizione del 1523, sia confrontando le
sostituzioni di silografie che intervengono nelle successive 23 edizioni e che molto ci
dicono sui cambiamenti di gusti e sull’affinarsi della tecnica raffigurativa a servizio del
libro stampato durante il XVI secolo.
Ringrazio l’Istituto di Liturgia Pastorale presso il quale ho trascorso parte della
mia vita di studio e ricerca teologica e presso il quale mi auguro di potere approfondire
la presente ricerca.
13
CAPITOLO 1:
IL «LIBER SACERDOTALIS» DI ALBERTO DA CASTELLO.
LO «STATUS QUAESTIONIS» CIRCA L’AUTORE
E LE MOLTEPLICI EDIZIONI DEL XVI SECOLO
1.1. STATO DEGLI STUDI
Dopo che nella terza decade del secolo XX J. M. Hanssens esaminò la questione
del Liber sacerdotalis e il problema palesato dalle fonti antiche circa l’identificazione
del suo autore con Alberto da Castello1, fu Cattaneo a studiare in anni recenti il Liber
Sacerdotalis di Alberto da Castello, verso la fine degli anni ’60 del medesimo secolo2.
Egli ne sottolineò l’importanza nell’ambito di quel rinnovamento liturgico che ebbe
luogo già precedentemente al Concilio di Trento ma che si manifestò solo
contemporaneamente e successivamente ad esso con lo sforzo di unificazione liturgica
1 Joannes Michael HANSSENS sj, De “Libri sacerdotalis” prima editione et auctore, in Ephemerides
Liturgicae 37(1923) 347-353 e anche 38(1924) 60-61. Hanssens considera il Liber sacerdotalis quale primo rituale stampato della chiesa romana. L’articolo ha principalmente lo scopo di fugare ogni dubbio circa la prima edizione del volume e il suo autore. Pone l’attenzione sul dato erroneo di Zaccaria che, nella sua Bibliotheca ritualis, riteneva essere la prima edizione quella del 1537 – influenzando così autori più recenti che l’hanno seguito –; segnala di avere rinvenuto l’edizione del 1523 e che la lettera dedicatoria ad Adriano VI defunto il 14 settembre 1523 e ad Andrea Gritti patriarca delle Venezie toglieva ogni dubbio in merito. Estrapola anche i dati biografici di Alberto da Castello contenuti nella lettera di Leone X che anche noi riprenderemo a proposito dell’edizione in oggetto.
2 Cf. Enrico CATTANEO, Il rituale romano di Alberto Castellani, in Miscellanea liturgica in onore di sua
Eminenza il Cardinale Giacomo Lercaro Arcivescovo di Bologna presidente del «Consilium» per l’applicazione della Costituzione sulla sacra liturgia, vol. II, Roma 1967, pp. 629-647.
14
promosso dal Concilio medesimo e in parte già anticipato dall’opera di Alberto «da
Castello» o «Castellano» o «Castellani» o «de Castello».3
Stranamente la voce dell’Enciclopedia cattolica curata da A. Walz nel 1949
«Castellano (de Castello) Alberto», relativa all’autore del Liber sacerdotalis di cui ci
occupiamo, non riportava minimamente tale volume tra le opere di Alberto da Castello
degne di nota4, cosa che invece faceva M. Palma qualche anno dopo nel Dizionario
Biografico degli Italiani, probabilmente grazie alle pubblicazioni di E. Cattaneo5.
Similmente si comportava P. Jounel qualche anno dopo in uno studio sul Pontificale e
sul Rituale romano6.
Anche A. Ward e C. Johnson in anni recenti, ripubblicando il rituale romano nella
sua edizione del 1953, nella loro introduzione si soffermavano sul Liber sacerdotalis.
Essi lo inquadravano nel novero delle raccolte che avevano trovato nello straordinario
sviluppo della stampa un elemento propulsore e anche potenzialmente fuori controllo,
e inoltre lo annoveravano tra quei libri stampati che nelle ristampe avute dopo il
Concilio di Trento avevano cercato di recepire le indicazioni conciliari o per lo meno
dicevano di averlo fatto.7
L’ultimo sostanzioso studio sull’opera di Alberto da Castello rimane tuttavia
quello di Cattaneo. Egli riprendeva nel suo articolo del 1967 in maniera più estesa una
parte delle informazioni che erano già state divulgate nella seconda metà del XIX
secolo da Eugenio Cecconi8 nella rivista per il clero fondata da questi con spiccate
velleità e propensioni storiche.
In essa infatti, in una nota, si affermava:
Il Sacerdotale romano, che è in sostanza l’antico rituale, fu compilato in origine da Alberto Castellani dell’Ordine dei Predicatori, sotto il pontificato di Leone X. Da
3 Per le oscillazioni con le quali l’autore è citato nelle fonti bibliografiche vedi p. 18.
4 Angelo WALZ, Castellano (de Castello) Alberto, in Enciclopedia Cattolica, vol. III, Roma 1949, coll.
1018-1019. 5 PALMA, Castellano (1978), p. 642-644, con una abbondante bibliografia tratta anche e soprattutto
dalle fonti domenicane. 6 Pierre JOUNEL, Il Pontificale e il Rituale, in Aimé Georges MARTIMORT (ed.), La Chiesa in preghiera,
vol. 3, p. 17-26. 7 Antony WARD – Cuthbert JOHNSON (EDD), Rituale romanum. Reimpressio editionis primae post
typicam anno 1953 publici iuris factae, textibus postea approbatis, introductione et tabulis aucta, in Bibliotheca «Ephemerides Liturgicae» - Subsidia. Instrumenta liturgica quarreriensia; supplementa 6, p. X. Faccio notare che non è chiaramente espressa l’edizione del 1585 consultata dai due autori: quell’anno vide infatti tre diverse edizioni dell’opera (Sessa, Niccolino, Giunta) anche se sostanzialmente identiche. Il testo dei due studiosi porta inoltre altre sviste quale il titolo dell’opera pubblicata nel 1523 che, a loro dire, sarebbe stata Sacerdotale, seu liber sacerdotalis collectus, mentre invece fu Liber sacerdotalis nuperrime (...).
8 Cf. Francesco MALGERI, CECCONI, Eugenio, in DBI, vol. 23(1979).
15
questo del Castellani trasse in gran parte il suo Sacerdotale sive sacerdotum thesaurus etc. Francesco Samarini, beneficiato della patriarcale arcibasilica Lateranense nel 1579. Il Sacerdotale del Castellani fu bensì riveduto ed emendato per ordine di Pio IV, ma non espressamente approvato, checchè ne dica il frontespizio di codesto libro. Da questi antichi Sacerdotali, sopra tutto dal rituale del cardinale Santorio detto di s. Severina, fu estratto, sotto il Pontefice Paolo V, il nostro moderno rituale. Possono vedersi su tal proposito, oltre la Costituzione di Paolo V Apostolicæ sedi del 17 giugno 1614, posta in fronte al nostro rituale, il Ciacconio nella vita del cardinale di S. Severina (Tom. III, pag. 1044), Benedetto XIV (De Synodo dioec. lib. VII, cap. XV, num. 6), ed il P. Zaccaria (Biblioth. ritual., tom. I, lib. I, cap. 5, art. 8). Dell'opera del Castellani esistono varie edizioni, con qualche variante nel frontespizio. Quella da noi citata è del 1597, una delle più recenti9.
Si riconosceva perciò in Alberto da Castello l’«inventore» del libro liturgico
specifico per il ministero del sacerdote che dal 1614 in poi fu chiamato Rituale
romanum.
L’opera di Alberto da Castello è stata recentemente oggetto di attenzione anche
in studi liturgici di area anglofona. Ricordo l’opera di O. Hughes Oliphant10, J.F. White11,
e J. Lara nell’opera curata da G. Wainwright, K. Beth e W. Tucher12. Ricordo inoltre altri
studi di area tedesca13.
O. Hughes Oliphant sottolinea che – contrariamente al tardo Medioevo – l’opera
di Alberto da Castello tendeva ad una uniformazione dei riti e inoltre sottolinea la sua
influenza sul Rituale Romano di Paolo V del 1614 lasciando quasi intendere che il
primo sia “transitato” nel secondo o per lo meno che la formulazione finale del rito del
battesimo nel Rituale romano sia pesantemente debitrice nei confronti della sua
opera.
While the spirit of the late Middle Ages cherished the local variety, the spirit of the Renaissance and the new Christian Humanism preferred a more universal approach. In regard to the rite of baptism, the new desire for liturgical uniformity first emerged in the work of the Venetian Dominican Alberto Castellani, who in 1523 published an order for the administration of baptism which aimed at establishing a
9 Eugenio CECCONI (?), Archivio liturgico, in Archivio dell’ecclesiastico, anno I (1864) 449 in nota.
Essendo una raccolta e pubblicazione che desiderava riprendere documenti ufficiali e voleva rispondere a delle domande concrete sulla base di posizioni in merito alle quali la Chiesa si era già ufficialmente espressa, le raccolte di documenti e le trattazioni accluse non portano il nome di alcun autore o curatore, per lo meno nel volume 1 che ho consultato. F. Malgeri ricorda che alla rivista, per espresso invito di Cecconi, collaborarono anche Geremia Bonomelli (1831-1914) e Giovanni Perrone (1794-1876). La rivista cessò cinque anni dopo, nel 1868.
10 Old HUGHES OLIPHANT, The Shaping of the Reformed Baptismal Rite in the Sixteenth Century, ed.
Wm. B. Eerdmans Publishing Co., Grand Rapids (Michigan, USA) 1992, p. 5-6. 11
James F. WHITE, Roman Catholic Worship. Trent to Today, prefazione a cura di Nathan D. MITCHELL,
Liturgical Press, Collegeville (Minnesota, USA) 2003, 2a edizione. 12
Geoffrey WAINWRIGHT – Karen BETH – Westerfield TUCHER (EDD.), The Oxford history of Christian
worship, Oxford University Press, Oxford-New York 2006. 13
Hermann Josef SPITAL, Der Taufritus in den ersten gedruckten Ritualen bis zur Einführung des
Rituale Romanum, Aschendorffsche Verlagsbuchhandlung, Münster 1968.
16
more universal rite. One notices that the work of Castellani first appears in 1523, the same year in which both Martin Luther and Leo Jud published their first German baptismal rite. The work of Castellani was destined for every bit as much success as the work of the Reformers. On his work would be based the final formulation of the Roman baptismal rite which was established by Pope Paul V in 1614, and was used by Roman Catholic Churches until very recently.14
J.F. White, nel primo capitolo del suo studio relativo all’eredità del Concilio di
Trento, nella sezione relativa agli autori e agli eventi liturgici annovera Alberto da
Castello e il Liber sacerdotalis, ma le informazioni da lui riferite15 si basano e
sintetizzano esclusivamente lo studio di P. Jounel il quale a sua volta si basava per
alcune informazioni sull’articolo di Cattaneo del 1967 (come si desume da alcune
imprecisioni del Cattaneo che da White sono fedelmente riportate quali, ad esempio, il
cambiamento del titolo da Liber sacerdotalis a Sacerdotale che il Cattaneo riteneva
essere avvenuta già alla seconda edizione mentre invece intervenne solamente a
partire dalla quarta edizione del 1554), e per altre informazioni si basava sull’analisi
succinta – ma diretta – del volume16.
J. Lara nel suo studio intitolato Roman Catholics in Hispanic America, indica il
volume di Alberto da Castello quale fonte principale dei rituali di battesimo degli adulti
che si diffusero nelle Americhe per le conversioni e i battesimi di massa conseguenti
alla conquista. Lo studioso infatti afferma:
14
Old HUGHES OLIPHANT, The Shaping of the Reformed Baptismal Rite in the Sixteenth Century, ed.
Wm. B. Eerdmans Publishing Co., Grand Rapids (Michigan, USA) 1992, p. 5-6: «Mentre lo spirito del tardo Medioevo accarezzava la varietà locale, lo spirito del Rinascimento e il nuovo umanesimo cristiano preferivano un approccio maggiormente universale. A proposito del rito del battesimo, il nuovo desiderio di uniformità liturgica emerse per la prima volta nell’opera del domenicano Veneziano Alberto Castellani, che nel 1523 pubblicò un rituale per l’amministrazione del battesimo che aveva lo scopo di fissare un rito maggiormente universale. Si nota che l’opera del Castellani appare per la prima volta nel 1523, il medesimo anno nel quale sia Martin Lutero che Leo Jud pubblicano il loro primo rito tedesco del battesimo. L’opera di Castellani era destinata comunque ad avere successo tanto quanto quella dei riformatori. Sul suo lavoro sarebbe stata basata la formulazione finale del rito romano del battesimo che fu stabilito dal papa Paolo V nel 1614, e fu usato dalle chiese cattoliche romane fino all’epoca assai recente» (la traduzione è mia).
15 James F. WHITE, Roman Catholic Worship, p. 8-9: «La maggior parte del Rituale Romano era basato
sull’opera del domenicano Alberto Castellani che aveva pubblicato un libro per i sacerdoti nel 1523, e su un rituale successivo (1601) operato dal Cardinal Giulio Antonio Santori. Papa Paolo V esortò i vescovi e i sacerdoti ad usare il nuovo Rituale, ma non lo prescrisse in via obbligatoria. Risultato di ciò fu che “Al di fuori dell’Italia, il Rituale romano non si imporrà affatto nella sua integralità prima della metà del diciannovesimo secolo, e numerose diocesi conservarono fino al Concilio Vaticano II delle appendici locali”» (Much of the Roman Ritual was based on work by the Dominican Alberto Castellani, who published a book for priests in 1523, and on a subsequent ritual (1601) undertaken by Cardinal Giulio Antonio Santori. Pope Paul V urged bishops and priests to use the new Ritual, but he did not mandate it. As a result, “outside of Italy, the integral Roman Ritual was received hardly anywhere before the middle of the nineteenth century, and down to Vatican II many dioceses had their local appendixes to it).
16 Pierre JOUNEL, Il Pontificale e il Rituale, in Aimé Georges MARTIMORT (ed.), La Chiesa in preghiera,
vol. 3, p. 22-25.
17
An examination of the sources reveals that among the books that the friars had brought with them was the Liber sacerdotalis (Priest’s Handbook) of the Dominican Alberto Castellani (or da Castello). It had been first printed in Venice in 1523 for the conversion of Muslims and Jews in southern Europe, and thus was well suited to be used for similar conversions on the other side of the Atlantic. In his preface, the author states that he did his research in the Vatican Library, where he had found manuscripts of the “ancient and venerable customs and rites of the Western church”. The rites were perfectly adaptable to the new situation of mass conversions of adult Aztecs, Mayas and Incas17.
Non sappiamo, e il testo non è esplicito in questo, da dove J. Lara desuma la
notizia che Alberto da Castello avesse pubblicato il proprio testo a Venezia «per la
conversione dei Musulmani e dei Giudei nel sud dell’Europa». In ogni caso ci tengo a
precisare che lo studio di J. Lara prende in esame solo il rito del battesimo degli adulti
e non tutto il resto dell’opera.
Queste brevi note aiutano comunque a cogliere l’importanza dell’opera di
Alberto da Castello, in particolare la vastità della materia e dei rituali da lui raccolti nel
proprio volume e, soprattutto, l’influsso che la sua opera ebbe direttamente o
indirettamente sullo sviluppo del Rituale romano del 1614.
Prima però di addentrarci in qualsivoglia analisi del contenuto dell’opera è
necessario prendere in considerazione l’autore e le edizioni che veicolarono tale
contenuto il quale, a motivo degli eventi ecclesiali intercorsi in quel secolo – quali il
Concilio di Trento – e a motivo dei vari interessi che si concentrarono su tale opera sia
dal punto di vista editoriale che dal punto di vista del suo utilizzo pastorale, portarono
a delle variazioni non trascurabili nel contenuto dell’opera, o con ritocchi del testo o
con addizioni ai contenuti medesimi.
Tenteremo pertanto di scavare nella realtà storica della Venezia del XVI secolo,
dove furono stampate tutte le copie del Liber sacerdotalis poi diventato Sacerdotale, e
tenteremo di vagliare le diverse scelte editoriali che in tale secolo si avvicendarono per
rispondere a semplici ma fondamentali domande: quali interessi portarono al
moltiplicarsi di tali edizioni? Il fenomeno riscontrabile relativamente al Liber
17
Jaime LARA, Roman Catholics in Hispanic America, in Geoffrey WAINWRIGHT – Karen BETH –
Westerfield TUCHER (EDD.), The Oxford history of Christian worship, Oxford University Press, Oxford-New York 2006, p. 633-650, qui p. 635-637: «Un esame delle fonti rivela che tra i libri che i frati si erano portati appresso era il “Liber sacerdotalis” (manuale dei sacerdoti) del domenicano Alberto Castellani (o da Castello). Era stato pubblicato per la prima volta a Venezia nel 1523 per la conversione dei Musulmani e dei Giudei nel sud dell’Europa, e pertanto era assai adatto per essere usato per le conversioni simili dall’altra parte dell’Atlantico. Nella sua prefazione, l’autore afferma che egli aveva compiuto le proprie ricerche nella biblioteca vaticana dove aveva trovato dei manoscritti delle “antiche e venerabili consuetudini e riti della chiesa occidentale”. I riti erano perfettamente adattabili alla nuova situazione di conversioni di massa degli adulti Aztechi, Maya e Incas» (la traduzione è mia).
18
sacerdotalis fu un fenomeno isolato o si inscrisse dentro un interesse più ampio
relativo alla collazione e stampa di libri liturgici e direttori per sacerdoti analoghi ad
esso? Dato che Alberto da Castello era già defunto al momento della seconda edizione
del 1537, chi sostenne e guidò le successive edizioni? Per quali motivazioni e per quali
finalità?
1.2. ALBERTO DA CASTELLO AUTORE DEL «LIBER SACERDOTALIS»
Diverse sono le notizie relative all’autore del Liber sacerdotalis e le desumiamo
da diverse fonti bibliografiche che andremo citando mano a mano che affronteremo i
singoli dati.18
1.2.1. Castellani, Castellano, da Castello o de Castello?
Sul nome del padre domenicano – Alberto in italiano, Albertus in latino – autore
del testo oggetto del nostro studio non c’è alcun dubbio. Ma su quello che oggigiorno
chiameremmo il «cognome» ci sono parecchie incertezze. Tali incertezze sono il
risultato dell’incertezza con la quale le fonti biografiche o bibliografiche lo hanno
citato.
L’Istituto Centrale per il Catalogo Unico (ICCU) ad esempio, ha effettuato la scelta
di catalogarlo come “Alberto da Castello” citando però diverse fonti e le diverse
denominazioni da esse usate: l’enciclopedia italiana di Scienze lettere ed arti (Treccani)
che lo chiama «Alberto di Castello»); l’Indice Biografico italiano a cura di Nappo lo
chiama «Alberto Castellani»; l’Index biobibliographicus notorum hominum e il
Dizionario Biografico degli Italiani lo chiama «Alberto Castellano»; i cataloghi delle
diverse biblioteche (British Library, Bibliothèque Nationale de France, la Bayerische
Staatsbibliothek e il catalogo approntato a Boston per i libri in italiano delle biblioteche
nordamericane) lo chiamano, analogamente all’ICCU, «Alberto da Castello».
In anni recenti, nel 1978, M. Palma, nel Dizionario Biografico degli italiani (DBI) lo
cita come «CASTELLANO (da Castello)» così come qualche anno prima, nel 1949, A.
18
Cf. Marco PALMA, CASTELLANO (da Castello) Alberto, in DBI vol. 21 (1978), p. 642-644, con una
abbondante bibliografia. Angelo WALZ, «Castellano (de Castello) Alberto», in Enciclopedia Cattolica, vol. III, Roma 1949, coll. 1018-1019. Raymond CREYTENS, «Les écrivains dominicains dans la Chronique d'Albert de Castello (1516)», in AFP XXX (1960), pp. 227-313.
19
Walz, nell’Enciclopedia Cattolica, lo citava come «Castellano (de Castello)»19, in modo
tale che, accanto a «Castello» veniva specificato a volte il “da” italiano e a volte il “de”
latino per la sua provenienza.
Fu negli anni sessanta del XX secolo che il Cattaneo, nelle sue pubblicazioni, lo
citò come «Castellani»20 influenzando così, a mio giudizio, parte della letteratura
successiva quali Nocent,21 Folsom,22 Scicolone,23 Jounel,24 ricordando però in un’altra
pubblicazione25 – la quale riportava in verità il lavoro dei decenni precenti – che
l’autore può essere chiamato anche «da Castello».
L’utilizzazione della forma plurale, «Castellani», che potrebbe sembrare apparsa
di recente, non è affatto recente. La troviamo testimoniata già nel XIX secolo e più
volte. Così lo cita l’Archivio dell’ecclesiastico nel 186426; ancor prima Diclich nel suo
Dizionario sacro liturgico nel 183627, e precedentemente ancora l’Alberghetti nel suo
Compendio della storia civile ed ecclesiastica28 nel 1810.
Certo è che la denominazione al plurale, “Castellani” – salvo mio errore o
abbaglio – non si ritrova antecedentemente al XIX secolo perché nel XVIII, quando
Benedetto XIV lo cita nella sua opera De synodo diocesana lo chiama Albertus
Castellanus29 e la stessa cosa fa Zaccaria nel 1776 nella sua Bibliotheca ritualis
chiamandolo alla stessa maniera30.
19
WALZ, Castellano (1949) 1018-1019. 20
Enrico CATTANEO, Il rituale romano di Alberto Castellani, in Miscellanea liturgica in onore di sua
Eminenza il Cardinale Giacomo Lercaro Arcivescovo di Bologna presidente del «Consilium» per l’applicazione della Costituzione sulla sacra liturgia, vol. II, Roma 1967, pp. 629-647.
21 Nocent ADRIEN, Storia dei libri liturgici romani, in S. MARSILI – J. PINELL – A. M. TRIACCA – T. FEDERICI – A.
NOCENT – B. NEUNHEUSER (edd.), Anàmnesis 2 (La Liturgia, panorama storico generale), Marietti, Casale Monferrato 1978, 147-183, qui p. 170.
22 Cassian FOLSOM, I libri liturgici romani, in Scientia Liturgica. Manuale di liturgia 1 (Introduzione alla
liturgia) a cura di Anscar J. CHUPUNGCO, p. 263-330, qui p. 329. 23
Ildebrando SCICOLONE, Libri Liturgici, in NDL, Roma 1984, pp. 701-713, p. 1015. 24
Pierre JOUNEL, Il Pontificale e il Rituale, in Aimé Georges MARTIMORT (ed.), La Chiesa in preghiera,
vol. 3, Queriniana, Brescia 20023 (edizione originale L’Église en prière. Introduction à la Liturgie,
Desclée, Parigi 1984), p. 17-26, qui p. 23. 25
Enrico CATTANEO, Il culto cristiano in occidente. Note storiche, C.L.V. Edizioni Liturgiche, Roma 1978,
p. 287. 26
Eugenio CECCONI (?), Archivio liturgico, in Archivio dell’ecclesiastico, anno I (1864) 449 in nota. 27
Giovanni DICLICH, Dizionario sacro-liturgico, ed. Bragolin, Venezia 1836, p. 146. 28
Giuseppe ALBERGHETTI, Compendio della storia civile ecclesiastica e letteraria della città d’Imola,
1810, p. 64. 29
BENEDETTO XIV, De synodo diocesana, in Benedicti XIV pont. opt. max. olim Prosperi Cardinalis de
Lambertis operum editio novissima ad postremam remondinianam omnino exacta, tomo XI, Alber Ghettus et soc., Prato 1844.
30 Francesco Antonio ZACCARIA, Bibliotheca ritualis, tomo I, Roma 1776: Libro I, Capitolo V, Articolo III,
1: Primus inter editos Romanae Ecclesiae libros Rituales occurrit qui Romae MDXXXVII prodiit 4. &
20
Ma come «si firmava» lo stesso Alberto da Castello? Nella propria opera Rosario
de la gloriosa Vergine Maria pubblicato nel 1522 egli si definisce «Alberto castellano
Veneto»31. Nella lettera dimissoria, la excusatio authoris ad lectorem che compare già
a partire dalla prima edizione del Liber sacerdotalis (1523) – che ritengo stilata da
Alberto da Castello medesimo anche se in terza persona – si indica l’autore sempre,
anche se in latino, Albertus Castellanus Uenetus.
Appare dunque chiaro che Alberto da Castello medesimo preferisse chiamare se
stesso “Castellanus” nelle missive e nei testi latini e “Castellano” o “castellano” nei
testi italiani. Al contrario il Vicario Generale e viceprocuratore dell’Ordine dei frati
predicatori, fr. Antonio De Ferraria, il 12 maggio 1523 annotava:
Data est commissio Rev. S. Theol. professoribus fr. Gaspari de Perusio et
fr. Benedicto de Foiano, ut examinent causam inter mag. Marcum Antonium
Venetum et fr... et etiam inter ipsum fr. Marcum Antonium Venetum et fr.
Albertum de Castello, 12 Maii 1523.32
Egli utilizzava pertanto la denominazione latina “de Castello”, che sarà poi la
denominazione usata anche in epoca moderna da R. Creytens33, al contrario della
scelta onomastica che avevano operato nei primi decenni del XVIII secolo J.Quetif ed
sequente anno recusus Venetiis fuit in 4 apud heredes Petri Rabanis inscriptus «Sacerdotale» seu «liber sacerdotalis collectus», Leonis X auctoritate approbatus; itemque Venetiis MDLV apud Petrum Rosellvm (sic) 4. MDLXVII ex officina Petri Liechtenstein & MDXCVI apud Ioh. Baptistam & Ioh Bernardum Sessam 4 praenotatus Sacerdotale ad consuetudinem Sacrosanctae Romanae Ecclesiae, aliarumque Ecclesiarum. Auctor operis Albertus Castellanus ordinis Praedicatorum de quo Echardvs T. II. Scriptor ejus ordin. p. 48. Multo illud labore Castellanvs elucubravit, dicavitque Leoni X. P. M. Eo vero demortuo antequam typis traderetur, examinatum fuit jussu Pii IV atque emendatum. Non tamen fuisse a Pio IV adprobatum, sed privati auctoris opus esse, contra quam nonnullis visum est, cum Benedicto XIV in luculenta epistola ad Cardinalem Gvadagni suum in Urbe Vicarium a. MDCCLV perscripta confidenter adesimus. Faccio notare che da tale citazione si arguiscono diversi elementi. Innanzitutto che Zaccaria non era al corrente che l’edizione originale era del 1523 e non del 1537. Ci rende noto che l’anno seguente (1538?) fu edito dagli eredi di Pietro Ravani: probabilmente si confonde con l’edizione del 1548. Ha presente l’edizione del 1555 di Pietro Boselli, del 1567 di Lichtenstein e del 1596 di Sessa, tuttavia il titolo che cita, a motivo del sacrosanctae romanae ecclesiae è chiaramente l’edizione di Lichtenstein del 1567. Dal punto di vista liturgico ed ecclesiale è significativo che contesti l’informazione circa la revisione e l’approvazione del testo da parte di Pio IV (25/12/1559-09/12/1565). Circa tale millantata approvazione vedi note 159 a p. 100 e 160 a p. 100.
31 Alberto CASTELLANO, Rosario de la gloriosa Vergine Maria, Venezia 1522, p. 4r: Ca tutti gli deuoti in
Christo Jesu fratelli e sorelle scritti e che saranno scritti per lauenire nel sacro collegio e fraternita del Psalterio o vero Rosario della gloriosissima vergine Maria madre de Jdio e patrona nostra: Constituiti per tutte le parte del mondo frate Alberto castellano Ueneto nel ordine delli frati predicatori minimo manda la salute e la pace nel signore.
32 Gilles Gérard MEERSSEMAN OP – Dominikus PLANZER OP, Magistrorum ac procuratorum generalium
O.P. registra litterarum minora (1469-1523), Romae 1947, p. 151, n°80 e nota relativa. 33
CREYTENS, Les écrivains (1960), pp. 227-313 in particolare p. 229.
21
J. Echard34 con la denominazione “Albertus Castellanus” che è quella prediletta da
Alberto da Castello stesso per parlare di se stesso.
«Castellano Ueneto» fa riferimento al sestiere di Venezia?
Le fonti biografiche recenti mettono in relazione il suo appellativo/cognome
«Castellanus» «Castellano» con il sestiere Castello di Venezia, uno dei sei sestieri nei
quali era tradizionalmente suddivisa la città.35 Nelle fonti antiche la relazione non è
posta da Quetif-Echard, né azzardata da Walz36, mentre invece viene affermata da
Creytens37 e ripresa da Palma38.
C’è forse da mettere in dubbio tale ipotesi che è andata prendendo piede in
epoca moderna, probabilmente confondendo il fatto che il convento dei santi Pietro e
Paolo di Venezia presso il quale Alberto da Castello trascorse l’ultima parte della sua
vita si trova nel sestiere Castello e ipotizzando perciò quasi un “ritorno a casa” del frate
nell’ultima parte della sua vita, mentre invece sembra strano, se così fosse, che egli
fosse entrato nell’ordine dei frati predicatori a Brescia e non a Venezia.
Se si opera un’indagine sull’onomastica nelle fonti domenicane coeve, la
citazione del sestiere nei nomi veneziani dell’epoca è assolutamente inusuale così
come è inusuale l’uso di venetus per indicare una provenienza dalla città di Venezia. A
prova di ciò possiamo constatare che nello stesso registro del Maestro dei frati
predicatori si parla di fr. Ioanni Francisco de Venetiis, o di fr. Fancisco Salanza de
Venetiis,39 così come per tanti altri frati si indica con il de la città di provenienza o la
regione di provenienza ma mai un quartiere di una città e tantomeno di un sestiere
della città di Venezia. L’ipotesi pertanto assai più probabile che qui avanzo, è che il
“Castello” faccia riferimento non al sestiere della città di Venezia, ma alla zona
adiacente alla città di Castello o alla città di Castello medesima, nota oggigiorno come
“Castelfranco Veneto”, come avrò modo di argomentare più oltre.
1.2.2. Le fonti dei dati biografici di Alberto da Castello
Certamente dobbiamo annoverare tra le fonti più antiche Sansovino (1581),
Superbi, ma soprattutto Quetif-Echard che, per la mole e la sistematicità dei dati
34
QUÉTIF – ECHARD, Scriptores (1721), vol. II, p. 48. 35
Che sono: Dorsoduro, Santa Croce, San Polo, San Marco, Cannaregio e Castello. 36
WALZ, Castellano (1949) 1018: dove lo definisce solamente «oriundo di Venezia». 37
CREYTENS, Les écrivains (1960), p. 229: Albert de Castello, originaire du «sestiere» de Venise
qu’indique son nom... 38
PALMA, Castellano (1978), p. 642: Nacque a Venezia, nel sestiere di Castello da cui prese il nome. 39
Gilles Gérard MEERSSEMAN OP – Dominikus PLANZER OP, Magistrorum ac procuratorum generalium
O.P. registra litterarum minora (1469-1523), Romae 1947, p. 153. p. 155.
22
forniti, tanta influenza ebbero sugli scrittori successivi. Riportiamo qui le suddette fonti
sulla cui autorità discuteremo.
Francesco Sansovino (1521-1583)
Francesco Sansovino scrive nel 1580 a poco più di mezzo secolo dalla morte di
Alberto da Castello. Dalla sua opinione in parte anche Quetif-Echard sembrano
dipendere. Annotava:
Scrittori veneti. In questi anni furono illustri nelle lettere. Alberto Castellano dell’ordine dei Predicatori, e scrisse De virtutibus moralibus, una Cronica dell’ordine dei Predicatori. Vn catalogo de gli huomini illustri del suo ordine, e corresse il Catalogo de Santi di Pietro de Natali40.
Agostino Superbi (†1634)
Il frate minore autore di numerose opere di tenore storico divulgativo arricchite
soprattutto da immagini, annovera anche Alberto da Castello tra i personaggi storici
della città di Venezia ma, come apparirà dal giudizio di Quetif-Echard, con dati molto
approssimativi.41
Quetif-Echard (1719-1721)
Quetif-Echard invece nel 1721 scrivevano nel secondo volume degli Scriptores
ordinis praedicatorum recensiti tutti i dati a loro disposizione desunti sia da fonti
storiche quali il Sansovino e il Superbi, sia dalla documentazione interna all’ordine dei
predicatori, quali il carteggio di Alberto da Castello stesso al Generale dell’ordine.
Dimostrano inoltre di desumere altri dati dalla consultazione diretta delle opere curate
da Alberto da Castello e di potere condurre tale consultazione direttamente sugli
esemplari custoditi nella regia biblioteca di Parigi.
F. Albertus Castellanus
F. Albertus Castellanus Italus patriaque Venetus a nostris et ab extraneis
sæpe memoratus, editis in lucem propriis, aliorumve recensitis operibus,
aliquod sibi nomen apud posteros fecit.
Cœnobii SS. Joannis et Pauli Veneti fuisse alumnum ait Augustinus
Superbi, et ex concinnatis ab eo editionibus, quas e conventu SS. Johannis et
Pauli dicat omnes, videtur constare.
Floruit circa finem XV et sub initia sequentis XVI seculi, ut probant libri
ab eo typis commissi.
40
Francesco SANSOVINO, Venetia città nobilissima et singolare, Venezia 1581, p. 253v. 41
Agostino SUPERBI, Trionfo glorioso d’heroi illustri, et eminenti dell’inclita, & marauigliosa città di
Venetia li quali fiorirono nelle dignità ecclesiastiche, nell’armi, e nelle lettere. Diviso in tre libri, per Euangelista Deuchino, Venezia 1629.
23
Anno MDVII ad Thomam Cajetanum tum ordinis vicarium generalem
scribens, et constitutiones nostras nuncupans, ab annis jam viginti librorum
edendorum accurationi magistrorum ordinis Joachimi Turriani, Vincentiique
Bandelli auctoritate praefectum se testatur, pluraque suis curis et solicitudine,
uti subdit ibidem, præsertim ecclesiastica jam tum e prælo prodierant, qui
proinde tum ætate maturus esse debuerit quinquaginta circiter annorum.
Quibus autem anno et loco e vita migraverit nobis incompertum, quem
facile tamen in patria domoque sua nativa paulo post Loredanum LXXIV
Venetorum ducem, qui rempublicam administravit a MDI ad MDXXI, cum
Sansovino Hist. Venet. fol. 253 obiisse conjectamur: emendandique tum
Augustinus Superbi lib. 3 p. 98 qui Castellanum inter historicos ad annum
1568 pervenisse putat, quod veri speciem excedit, nisi Nestoreos illi tribueris
annos, et sexies septiesve viginti vixisse dixeris.
Haec ejus curis e praelo prodierunt:
Biblia Latina cum pleno apparatu tersissime et nitidissime impressa. Ad
calcem sic legitur Hoc opus per praestantissimum sacrae theologiae
professorem F. Albertum Castellanum Venetum ord. Prædic. emendatum atque
impressum characteribus Venetis, Venetiis apud Juntas 1506 fol. Lugduni
apud Jacobum Sacon 1506 in fol.
Eadem altera editione cum hac nota ad finem: Biblia cum concordantiis
veteris et novi testamenti, nec non et juris canonici, ac diversitatibus textuum,
canonibusque evangeliorum, ac quibusdam temporum incidentibus in margine,
positis etc. per venerabile patrem F. Albertum CAstellanum Venetum ord.
Præd. studiosissime revisa, correcta, emendata, et ad instar correctissimorum
exemplarium tam antiquorum quam novorum incontrata, comparata, et
collata, etc. Venetiis, impensis Lucæ Antonii de Giunta Florentini 1519 die 15
octob. in 8, charact. Goth.
Sermones B. Zenonis Veronensis episcopi.
Homiliæ et admonitiones B. Cæsarii Arelatensis episcopi.
Sermo de laudibus B. V. Mariæ ex authenticis SS. doctorum dictis
compilatus. Quæ uno volumine prodierunt. Ad calcem sic legitur:
Sermones in hoc volumine positi, et nunquam alias impressi, solertissime
recogniti, et studiosissime per ven. F. Albertum Castellanum ord. Præd.
correcti, Venetiis typis Jacobi de Leuco, impensis Benedicti Fontana 1508
januar. 24 in 8.
Alva sermonem illum ex SS. centonibus concinnatum Castellani ipsius
opus esse conjicit, eumque in suam bibliothecam virginalem intulit T. I p. 752
Matriti 1648 fol.
Editionem hanc sermonum B. Zenonis Venetam cur Guarino Veronensi
vulgo tribuant, nescio, nisi forte Guarinus codicem MS invenerit primus, et
Alberto tradiderit typis committendum.
Pontificale secundum ritum Romanae Ecclesiæ emendatum primum a
Jacobo de Lutiis episcopo Cajacensi, et Joanne Burckardo cærimoniarum
papæ magistro Romæ typis Stephani Plannck 1497, cum multis additionibus ex
recognitione F. Alberti Castellani Veneti ord. Prædic. Venetiis, Luc. Ant.
Giunta 1520 in fol. Leoni X Albertus nuncupavit.
24
Extat hæc editio Paris. in Regia E 2934. Hoc opus a Miræo Bibl. parte
altera p. 3 dicitur, Sacerdotale Romanæ Ecclesiæ.
Secutæ sunt aliæ editiones, una Pii IV auctoritate emendata, Venetiis,
Juntarum 1561 fol. quæ etiam in Regia E 2935. Laudatur & altera aucta &
emendata ad concilii Tridentini sanctiones, Venetiis 1579 fol.
Regula B. Augustini episcopi.
Constitutiones ordinis Prædicatorum, una cum adjectis ad singulos textus
opportune declarationibus quod Castellanus primus exequutus est.
Constitutiones monialium ejusdem ordinis.
Regula et privilegia Fratrum et Sororum de pœnitentia B. Dominici.
Liber de instructione officialium venerabilis Humberti magistri ordinis V.
Formularium electionum, confirmationum, et absolutionum priorum,
visitationum conventuum, judiciorum, et litterarum ad omne propositum, et
officii prioris provincialis directorium.
Item modus celebrandi capitula generalia et provincialia, eligendi
magistrum ordinis et priores provinciales.
Quae omnia Castellani curis una prodierunt Venetiis, Lazari de Soardis
1507 in 8, charact. Goth.
Ad finem formularii electionum legitur: R. P. F. Palmerio Botonto
procurante. Quæ indicant hoc formularium a dicto Palmerio concinnatum, et ut
typis daretur Castellano commissum.
Altera est eiusdem collectionis editio, quae curantibus patribus
congregationis Franciæ prodiit Lugduni, Ludovici Martini 1515 in 8. De ista
congregatione Franciæ locus erit agendi, ubi de Raimundo Gosino Tolosano
eius erectore.
Interea monendum in ista editione Lugdunensi titulos privilegiorum a
summis pontificibus concessorum ab editoribus fuisse mutatos, ut
congregationi Franciæ data viderentur, quæ reipsa primitus congregationi
utriusque Lombardiæ concessa sunt, ut ex privilegiorum ipsorum tenore
constat.
Nihil tamen contra veritatem egerunt editores illi, quia congregatio
Franciæ cum iisdem congregationis Lombardiæ privilegiis erecta fuit.
Id verò monendum fuit, ne quem læderet ista titulorum et ipsorum
privilegiorum in hac editione aliqualis dissensus.
Tabula super privilegia papalia ordini Prædicatorum concessa.
Privilegia majora et principaliora eiusdem ordinis.
Formularium electionum etc. idem quod supra.
Defensorium contra impugnantes Fratres Prædicatores, quod non vivant
secundum vitam apostolicam, editum a F. Jacobo de Voragine ord. Præd.
archiepiscopo Januensi.
Tractatus de proprio F. Raphaëlis de Promasio, sed hic mutilus.
Chronica brevis ab initio ordinis usque ad præsens tempus de omnibus
pontificibus Romanis et omnibus hujus Prædicatorum magistris generalibus, et
de viris illustribus tam sanctitate quam scientia præditis ipsius ordinis.
Hæc collectio Alberto Castellano vulgo ascripta prodiit primùm Venetiis,
Lazari de Soardis 1504 in 8.
25
De illa chronica monendum dici ex diversis chronicis ordinis, maxime ex
chronica F. Jacobi de Suzato excerptam. Hinc ejus non est, licet quandeque sub
ejus nomine citetur: at verisimilius est ab Alberto Castellano compilatam, in
qua chronicam Susati contraxerit, et ab anno MCCCCXV ad ann. MDIV
auxerit.
Plures postea secutae sunt editiones fere ad calcem constitutionum unde
Chronicon parvum ordinis dici consuevit, auctae illæ a variis juxta aetates, ac
pro arbitrio correctæ, nec dum tamen in ultima Romana anni 1690, quantum
res postulabat, emendatæ.
Catalogus illustrium ordinis virorum sub Castellani vel Alberti Veneti
nomine passim a Lusitano et aliis citatur, sed si a chronica mox laudata
distinctus, mihi plane incognitus est.
Catalogus sanctorum a Petro de Natalibus Veneto e regione Castellana
episcopo Equilino concinnatus, ab Alberto nostro a mendis expurgatus prodiit
Venetiis 1501 in fol. Sic Sansovinus.
Rosario de la gloriosa Vergine Maria. Opusculum tot prope iconibus
rudioribus ligneis vitam J. C. et B.V. repræsentantibus illustratum quot foliis
adversa pagina, Venetiis 1521 in 8.
Editiones a morte auctoris plures sequutæ sunt, Venetiis, Victoris della
Serena 1534 in 8 pp. 512, Ibid. Joann. de Varisco 1566 in 8, rursus ibid. Joan.
Andreæ Valvassori Guadagnino 1567 in 12 signat. A ad Y, cum similibus
iconibus sed brevioribus. Sunt forte et aliae a me non visae.
Tractatus de virtutibus moralibus. Sic Sansovinus.
Longe plura autem præsertim aliorum opera ejus curis edita quin sint haud
mihi dubium, cum ut supra ex ipso annotatum, annis viginti ante MDVII huic
labori operam daret, in illo nempe nascentis typographiæ fervore, sed quæ
veterum negligentia oblivione jam sunt sepulta42.
1.2.3. I dati biografici di Alberto da Castello
Premessa
Dopo avere esposto nel paragrafo precedente le fonti più antiche che sono alla
base di molte delle nostre conoscenze circa vita ed opere di Alberto da Castello,
tentiamo ora di esaminare i dati biografici essenziali e scarnissimi in nostro possesso e
di esaminarli criticamente.
Si dovrà cioè confrontare i pochissimi dati di quanti alla fine del XVI e nel XVII
secolo hanno scritto di lui – Sansovino e Superbi – con i dati ben più abbondanti forniti
nel XVIII secolo da Quetif-Echard e tralasciando i dati che ci pervengono da Benedetto
XIV e Zaccaria perché essi trattano più della sua opera, il Sacerdotale, che della sua
persona. Essi inoltre dimostrano di dipendere pesantemente, quanto a dati biografici,
42
QUÉTIF – ECHARD, Scriptores (1721), vol. II, p. 48a-49a.
26
da Quetif-Echard. Si dovranno ovviamente tralasciare le altre referenze bibliografiche
del XIX secolo perché, a quanto mi consta, nessuno in quel secolo si occupò di Alberto
da Castello se non per qualcuna delle sue opere.
Cercherò pertanto di esaminare i dati biografici di Alberto da Castello come sono
stati elaborati nel XX secolo da Hanssens nel 192343, da Walz nel 194944, da Creytens
nel 196045, da Cattaneo nel 196746, da Palma nel 197847.
Tentiamo di riordinare i dati in nostro possesso e di fare qualche passo ulteriore.
Anno di nascita
Nessuna delle fonti a noi note è riuscita a precisare l’anno e tantomeno la data
della sua nascita che rimane pertanto sconosciuta e viene calcolata a ritroso in modo
approssimativo a partire dall’informazione che Alberto da Castello stesso ci dà nel
dedicare il Liber sacerdotalis al papa Adriano VI (eletto papa il 9 gennaio 1522 e morto
il 14 settembre 1523) dove parla di cinquant’anni spesi nell’Ordine dei predicatori48:
questo è il dato che peraltro era già stato notato ed utilizzato da Quetif-Echard. Poiché
la dedica non può essere anteriore alla sua elezione a pontefice nel 1522, si colloca
approssivamente la sua data di ingresso nell’ordine attorno al 1470, e la nascita
attorno al 1450 ipotizzando che sia entrato nell’ordine da giovane attorno ai vent’anni.
Palma, seguendo Creytens, identifica il «fr. Albertus Venetus» citato nel capitolo
generale del 1508 con il nostro Alberto da Castello e interpreta l’appellativo di
«iubilarius» quale titolo onorifico. Ora il termine, più che indicare un titolo onorifico
indicherebbe secondo il lexicon infimae latinitatis «colui che ha perseverato per
cinquant’anni nel medesimo stato»49. In questo senso lo intende Creytens50 dal quale il
Palma sembra dipendere anche se Creytens approfondisce il significato assunto dal
termine all’interno dell’Ordine dei Predicatori e anche chi potesse fregiarsene e a quali
43
HANSSENS, Liber sacerdotalis (1923). 44
WALZ, Castellano (1949). 45
CREYTENS, Les écrivains (1960). 46
CATTANEO, Il rituale romano (1967). 47
PALMA, Castellano (1978). 48
Vedi a p. 78 la lettera di dedica. 49
DU CANGE, Glossarium mediae et infimae latinitatis, vol. 4, p. 432: «JUBILARIUS, qui quinquaginta
annos in eod. statu perseveravit». 50
CREYTENS, Les écrivains (1960), p. 231: C’est sans doute aussi signe de cette bienveillance qu’il faut
voir dans la nomination de Castello comme «jubilaire» au chapitre de Rome de 1508, où Cajetan venait d’être placé à la tête de l’Ordre. A cette époque Castello n’avait pas droit à ce titre, n’ayant pas encore accompli 50 ans dans l’Ordre, condition posée par le chapitre général de 1426.
27
privilegi accedesse51. Pensare ad un suo ingresso nell’Ordine dei frati predicatori
attorno al 1457 sarebbe forse eccessivo e presupporrebbe l’interpretazione di
«iubilarius» nel senso di «50 anni di professione religiosa». Ma forse si può mettere in
discussione il senso di iubilarius dato dal Du Cange e pensare invece al iubilarius quale
funzione liturgico-canora.52 Si potrebbe così capire maggiormente la competenza di
Alberto da Castello in materia musicale visto che appone al proprio testo parecchie
antifone musicate e anche un compendium musicæ, materia che non gli doveva essere
per nulla estranea. Questa è la mia ipotesi che qui formulo.
Quanto all’anno di nascita non penso, salvo rinvenimento di nuovi elementi e
nuovi documenti, che si possa procedere oltre per stabilirlo sulla base dei dati
attualmente noti.
Luogo di nascita
Palma afferma che nacque a Venezia nel sestiere di Castello da cui prese il nome,
verosimilmente intorno alla metà del sec. XV senza specificare da dove tragga tali
informazioni. Ci pare però che la sua fonte sia R. Creytens53 che parla di Venezia come
città natale (sa ville natale) e dice che egli è originaire du «sestiere» de Venise
qu’indique son nom54. Ma tale informazione da dove la deduce? È lui evidentemente
che compie l’identificazione avendo “scoperto” che il convento dei santi Giovanni e
Paolo a Venezia – dove Alberto da Castello vive parecchi anni nell’ultima parte della
sua vita – si trova nel sestiere Castello.
Creytens inoltre dimostra di intendere l’aggettivo uenetus nel senso di
«originario della città di Venezia» e non nel senso lato di «originario del territorio
51
Cita MOPH VIII, 183 dove si afferma: «Fratres iubilarii in nostro ordine existentes in festis
duplicibus et supra ad divina officia possint et debeant in tabula notari, invalidis dumtaxat exceptis, nolentes ut aliquis iubileum facere possit, nisi quinquaginta annis ab ingressu ordinis perseveraverit in eodem». Ricorda poi che il capitolo generale di Strasburgo del 1417 (MOPH VIII, 152) aveva esigito solamente 40 anni di vita religiosa. Continua affermando che «avanziamo questa ipotesi se non sotto una certa riserva, dal momento che è possibile che Castello avesse ottenuto questo privilegio per avere introdotto sei novizi nell’Ordine conformemente alla disposizione del Capitolo generale di Roma del 1484 (MOPH VIII,380): Volumus ut quicumque frater sex novicios ad ordinem introduxerit eosque in predictis instrui curaverit et eos sustentaverit, pro iubilario habeatur et sit de facto» (la traduzione dal francese è nostra). Cf. CREYTENS, Les écrivains (1960), p. 231 nota 19.
52 Cf. l’iscrizione «R[EVERENDUS] D[OMINUS]. IO[HANN]ES BLOCQUERIE. HUIUS. ECCL[ESI]AE.
CAN[ONI]C[US] CANTOR P[RES]B[ITE]R. IUBILARIUS D[ONUM] D[EDIT]. AN[N]O 1654» in Paul Bruyère, La collégiale Saint-Martin & Saint-Hadelin de Visé, Visé 2010.
53 CREYTENS, Les écrivains (1960), p. 229. Cf. nota 59.
54 CREYTENS, Les écrivains (1960), p. 229. Vedi nota 10 dove segnala un altro Alberto da Venezia, ma,
dice celui-ci est à identifier avec Pierre de Castello de Venise.
28
veneto» e perciò parla anche dell’altro Petrus Castellanus Venetus e dimostra di
intenderlo alla stessa maniera55.
Ora sono diversi i domenicani di quel periodo che sono originari di Venezia e la
loro provenienza viene espressa chiaramente con l’aggiunta di de Venetiis: Antonius de
Venetiis, Dominicus Teste de Venetiis, Franciscus de Venetiis, Iacobus de Venetiis,
Hippolytus de Venetiis, ecc. senza mai fare menzione del sestiere di cui sono originari.
Che le fonti domenicane facciano eccezione per alcune persone, e solo per quelle che
si chiamano de Castello, sembra fuorviante.
Diversi altri nominativi invece presentano l’aggiunta del semplice venetus:
Antonius venetus, Archangelus venetus, Damianus venetus, Dionysius venetus, ecc.56
ad indicare la provenienza dalla regione veneta probabilmente da paesi non famosi e
non noti per cui si preferisce indicare genericamente la regione, come avviene per altri
confratelli provenienti da altre regioni.
L’informazione che Venezia fosse sua città natale non può nemmeno essere
assunta da Francesco Sansovino (1521-1583) che scrive a poco più di mezzo secolo
dalla morte di Alberto da Castello dal quale in parte anche Quetif-Echard sembrano
dipendere. Sansovino infatti, che terminava la sua cronaca nel 1580, annovera
«Alberto Castellano» tra gli scrittori veneti:
Scrittori veneti. In questi anni furono illustri nelle lettere. Alberto Castellano dell’ordine dei Predicatori, e scrisse De virtutibus moralibus, una Cronica dell’ordine dei Predicatori. Vn catalogo de gli huomini illustri del suo ordine, e corresse il Catalogo de Santi di Pietro de Natali57.
Anche Quetif-Echard, che citano il Sansovino, si sono posti il problema.
Affermano che «Alberto Castellano è spesso ricordato dai nostri e dagli estranei essere
italiano e di avere il Veneto per patria»58 (F. Albertus Castellanus Italus patriaque
Venetus a nostris & ab extraneis sæpe memoratus). Ma dopo avere parlato dei compiti
affidatigli all’interno dell’ordine formulano una congettura riguardo al luogo di morte,
cioè che Venezia sia stata la sua patria:
Quibus autem anno et loco e vita migraverit nobis incompertum, quem facile tamen in patria domoque sua nativa paulo post Loredanum LXXIV Venetorum ducem,
55
Vedi nota precedente. 56
Ci è stato sufficiente consultare l’Archivum Fratrum Praedicatorum vol. V (1935) che contiene
anche i supplementi agli atti dei capitoli generali degli inizi del XVI secolo ed esaminare l’onomastica di quel periodo.
57 Francesco SANSOVINO, Venetia città nobilissima et singolare, Venezia 1581, p. 253v.
58 QUETIF–ECHARD, Scriptores Ordinis, II, p. 48A: F. Albertus Castellanus Italus patriaque Venetus a
nostris & ab extraneis sæpe memoratus.
29
qui rempublicam administravit a MDI ad MDXXI, cum Sansovino Hist. Venet. fol. 253 obiisse conjectamur.
Dunque le informazioni finora riferite da tutte le fonti sono basate sulla
congettura di Quetif-Echard che Creytens in epoca moderna ha riportato collegando il
Castellanus al sestiere Castello di Venezia, ma, come ho mostrato prima, si tratta di
una conclusione impropria.
Personalmente ritengo più logico formulare un’altra ipotesi, anche questa volta
basata sul Quetif-Echard. Quando i due autori trattano dell’edizione del catalogus
sanctorum di Pietro de Natali affermano: «Catalogus sanctorum a Petro de Natalibus
Veneto e regione Castellana episcopo Equilino concinnatus...» dove si può supporre
che la regione Castellana facesse riferimento alla zona di Castelfranco Veneto.
Anch’egli, come Alberto da Castello, viene talvolta scambiato come “veneziano”, ma
come Quetif-Echard ricordano è della regione Castellana.
Ritengo perciò che l’indicazione più volte ricordata dallo stesso Alberto da
Castello nelle sue opere, Albertus Castellanus Venetus ci indichi il suo luogo di nascita e
l’origine nella città di Castello (oggigiorno Castelfranco Veneto), per il fatto che quasi
mai omette di ribadire di essere castellanus uenetus, che pertanto ritengo più
opportuno significhi «della città di Castello che si trova nella regione veneta» per non
confondere la città di Castello con altre città omonime situate in altre regioni.
L’ingresso nell’Ordine dei frati predicatori
M. Palma afferma, basandosi probabilmente sempre sugli studi di Creytens59:
Verso il 1470 dovette vestire l’abito domenicano, che nel 1523 aveva portato per oltre mezzo secolo, come egli stesso afferma dedicando ad Adriano VI il Liber sacerdotalis.60
Riguardo al suo ingresso nella vita religiosa non possiamo dire di più di quanto
Alberto da Castello stesso afferma nei suoi scritti, in particolare nella sua dedica del
Liber sacerdotalis ad Adriano VI. Tutti coloro che si sono occupati della vita di Alberto
da Castello calcolano il suo ingresso nella vita religiosa a partire da quella
testimonianza di Alberto da Castello medesimo. Così anche Creytens:
Albert de Castello, originaire du sestiere de Venise qu’indique son nom, se fit dominicain, non pas dans sa ville natale mais a Brescia où il prit l’habit pour le couvent de Saint-Dominique vers 1470. Nous déduisons cette date du fait qu’il comptait un peu plus de cinquante ans de vie religieuse en 1522-3 ; il le dit dans son «Liber Sacerdotalis» dédié au pape Adrien VI. La date de sa naissance doit donc se placer dans les premières années de la seconde moitié du XVe siècle, vers 1450-5. L’histore
59
CREYTENS, Les écrivains (1960), p. 229. 60
PALMA, Castellano (1978), p. 643.
30
n’a conservé aucun souvenir de ses premières années de vie religieuse, ni des circonstances et lieux où il fit ses études. La première mention qu’on trouve de lui dans les registres des maîtres généraux date du 28 février 1489. C’est sa transfiliation du couvent de Brescia à celui de S.-Pierre-Martyr de Murano. Fr. Albert y demeura 4 années.61
Fino a nuovi ritrovamenti documentari ritengo che non si possa procedere oltre.
Il periodo bresciano della sua vita religiosa
Gli studi più approfonditi finora rimangono quelli di Creytens il quale dichiara che
quasi nulla possiamo affermare di Alberto da Castello riguardo al periodo bresciano
della sua vita religiosa.
L’histoire n’a conservé aucun souvenir de ses premières années de vie religieuse, ni des circonstances et lieux où il fit ses études. La première mention qu’on trouve de lui dans les registres des maîtres généraux date du 28 février 1489. C’est sa transfiliation du couvent de Brescia à celui de S.-Pierre-Martyr de Murano. Fr. Albert y demeura 4 années. Le 7 février 1493 maître Ioachim Torriani le renvoya dans son couvent de Brescia, annulant, on ne sait pourquoi, la transfiliation susdite.62
In nota Creytens appone i riferimenti alle fonti domenicane di tale spostamento,
sia dal convento di s. Domenico di Brescia al convento di S. Pietro Martire di Murano63,
sia dello spostamento inverso da Murano a Brescia64.
Dalle informazioni di Creytens sembra dipendere Palma65.
A partire da quanto lo stesso Alberto da Castello dichiara, il periodo bresciano fu
quello dei suoi studi e anche del suo avvio all’attività di correttore di testi in vista della
pubblicazione.
Dice Creytens:
A Brescia fr. Albert passa les 15 années suivantes, occupé principalement à l’édition de livres, por la plupart religieux et édifiants, en latin ou en langue vulgaire. Il
61
CREYTENS, Les écrivains (1960), p. 229. 62
CREYTENS, Les écrivains (1960), p. 229. 63
CREYTENS, Les écrivains (1960), p. 230, nota 12: Fr. Albertus de Venetiis transfertur de provincia
Lombardie et conventu Brixiensi ad provinciam S. Dominici et conventum Murrianensem, interveniente assensu vicarii generalis utriusque Lombardie et Maioris partis fratrum prelibati conventus Murrianensis. Venetiis, 28 febr. <1489>. Cita l’archivio generale dell’Ordine dei Predicatori, Reg. Ioach. Torriani IV. 9, f. 58v.
64 CREYTENS, Les écrivains (1960), p. 230, nota 13: Fr. Albertus de Venetiis privatur filiatione conventus
S. Petri Martyris de Muriano et remittitur ad conventum suum originalem S. Dominici Brixie, non obstantibus quibusvis litteris etc. Die septima februarii <1493>, Venetiis. Reg. Ioach. Torriani IV. 10, f. 64r.
65 PALMA, Castellano (1978), p. 642b-643a: «Trascorse il periodo iniziale della sua vita religiosa nel
convento di Brescia, da cui il maestro generale dell’Ordine Gioacchino Torriani lo trasferì il 28 febbr. 1489 a quello, certamente a lui più gradito, di S. Pietro Martire a Muraino. Tuttavia il 7 febbr. 1493 fu rimandato, per motivi rimasti ignoti, al convento bresciano. I registri magistrali dell’Ordine recano ancora il suo nome alla data del 4 maggio del 1505, quando il nuovo generale Vincenzo Bandelli impose al Castellano e ad altri tre frati di restituire entro quindici giorni la somma che dovevano a un fra Giacomo da Milano».
31
avait choisi ce champs d’activité, au moins dès 1487, parce qu’il convenait le mieux à ses goûts et ses talents. Il s’y distinguait d’ailleurs, car les maîtres généraux Joachim Torriani et Vincent Bandello, comme leurs successeurs, lui confièrent l’édition des livres officiels de l’Ordre ou le chargèrent d’en surveiller l’impression. A part cett activité spéciale, les documents contemporains n’ont enregistré aucun fait important de la vie de Castello pendant son séjour à Brescia, lequel se prolongea jusqu’en 1508. La seule chose que rapporte le registre de maître Bandello à son sujet est qu’il fut mêlé, avec d’autres confrères, à un litige avec Jacques de Milan, à propos d’une somme d’argent à restituer à ce dernier66.
Le informazioni che abbiamo sono dunque tratte ancora una volta da quanto
dichiarato dallo stesso Alberto da Castello e non abbiamo nessuna informazione
esterna a conferma di ciò. Ritengo perciò fondamentale, per proseguire la ricerca e
delineare il suo campo di attività di questo periodo, ricercare proprio tali edizioni e
tentare l’individuazione delle opere pubblicate grazie al suo lavoro, e,
conseguentemente, delineare come si sia mosso nell’ambito dell’editoria di questo
periodo. Con quali editori lavorò? In quali città? Quale interscambio ci fu tra le sue
intuizioni, il suo “genio”, e quello degli editori con i quali lavorò?
Stando alle opere di cui possiamo affermare con certezza che furono pubblicate
per le sue cure (vedi sotto nella sezione relativa alle opere), egli lavorò nel periodo
bresciano con l’editore Lazzaro Soardi sia per la pubblicazione della tabula super
privilegia papalia e gli altri testi annessi a questo nell’edizione del 1504 e nella
riedizione del 1506 riveduta e ampliata, sia per l’edizione della Regula beati Augustini
episcopi e gli altri testi annessi a questo pubblicati nel 1507. Nel 1508 lavorò anche con
gli editori Penzio67 e Fontana68 per la pubblicazione dei sermones luculentissimi beati
Zenonis Veronensis episcopi.
Forse cercando nelle pubblicazioni di tali editori, in particolare esaminando i libri
attinenti al mondo ecclesiale, liturgico e conventuale, si potranno trovare altre tracce
delle curatele di Alberto da Castello.
Il suo trasferimento e la sua presenza a Venezia
Scrive Palma rifacendosi con ogni evidenza agli studi di Creytens69:
Una svolta favorevole al Castellano segnò l’avvento alla guida dell'Ordine di Tommaso de Vio, detto il Gaetano. Fu infatti proprio quest’ultimo, dedicatario (ancora
66
CREYTENS, Les écrivains (1960), p. 230. 67
L’ICCU dice di Penzio: «Tipografo attivo a Venezia. Nacque a Lecco alla metà del XV s., lavorò a
Venezia dal 1495. Morì a Venezia probabilmente nel 1527». Cf. Edit16 alla ricerca di «Penzio», letto in data 4 marzo 2012.
68 L’ICCU dice di Benedetto Fontana: «Editore attivo a Venezia, figlio di Franz Renner; si servì delle
tipografie di Filippo Pinzi il vecchio e Giacomo Penzio». Cf. Edit16 alla ricerca di «Fontana, Benedetto», letto in data 4 marzo 2012.
69 CREYTENS, Les écrivains (1960), p. 230-231.
32
in qualità di vicario generale) dell’edizione del 1507 delle Costituzioni domenicane curate dal Castellano, a trasferirlo nuovamente a Venezia, nel convento dei SS. Giovanni e Paolo, il 29 giugno 1508. La decisione fu presa pochi giorni dopo l’elezione dei Gaetano a maestro generale, avvenuta a Roma nella stessa riunione del capitolo dell’Ordine in cui era stato conferito l’onorifico titolo di «iubilarius» ad un «fr. Albertus Venetus», che non poteva essere altri che il Castellano.70
Anche di questo spostamento Creytens annota i riferimenti alle fonti
domenicane.71
Il suo operato nella comunità di Venezia e la sua attività in vista delle pubblicazioni
Scrive Palma sempre rifacendosi a Creytens72:
Il 3 giugno 1510 il consiglio conventuale dei SS. Giovanni e Paolo designò il Castellano alla carica di vicepriore e il giorno seguente la nomina fu convalidata dal priore Matteo da Venezia. La sua presenza in qualità di vicepriore è attestata alle riunioni del consiglio conventuale tenutesi il 20 dic. 1510 e il 10 apr. 1511, mentre la menzione di questa carica non accompagna più il suo nome nella notizia della sua partecipazione alla seduta del 5 dic. 1514 (cf. CREYTENS, Les écrivains (1960), pp. 231 ss.) 73.
Tali informazioni relative ai ruoli e ai compiti assunti nella comunità del convento
dei santi Giovanni e Paolo di Venezia non le ritengo decisive se non al fine di mostrare
che, nonostante gli incarichi avuti all’interno della comunità, Alberto da Castello non
cessò la propria attività di curatore e revisore di nuove opere e nuove edizioni.
Annota Creytens aggiungendo altri dettagli da lui reperiti dopo ricerche di
archivio che riporto in nota:
Soutenu par l’autorité suprême de l’Ordre, Castello se remit au travail, faisant imprimer plusieurs ouvrages74, entre autres la chronique de 1516 dont nous nous occuperons plus loin. Cette activité ne l’empêcha pas de prendre part à la vie du couvent, au moins dans les premières années de son séjour à Venise. Le 3 juin 1510, deux ans après son arrivée, le conseil conventuel le désigna, d’un commun accord, comme sous-prieur du couvent et le jour suivant il reçut l’approbation du prieur.75 A
70
PALMA, Castellano (1978), 643a. CREYTENS, Les écrivains (1960), p. 230, nota 17: Fr. Albertus de
Castello Venetus fit filius SS. Iohannis et Pauli de conventu Brixiensi, cum assensu maioris partis. 29 iun. <1508> Rome (citando MOPH XVII, 74 n°56 bis (Reg. del Caietano).
71 CREYTENS, Les écrivains (1960), p. 230, nota 17: Fr. Albertus de Castello Venetus fit filius SS. Iohannis
et Pauli de conventu Brixiensi, cum assensu maioris partis. 29 iun. <1508> Rome (citando MOPH XVII, 74 n°56 bis (Reg. del Caietano).
72 CREYTENS, Les écrivains (1960), p. 231.
73 PALMA, Castellano (1978), 643a.
74 CREYTENS, Les écrivains (1960), p. 231, nota 20. A proposito delle opere pubblicate per le cure di
Alberto da Castello in questo periodo, Creytens, rimandando alla lista citata da Quetif-Echard, dice che a tale lista si deve aggiungere la Chronica Ordinis perché egli si va occupando dell’edizione della Chronica del 1516, e il Missale dominicanum pubblicato a Venezia nel 1522 che, stando a Creytens, sarebbe stato curato dal Castello stesso.
75 CREYTENS, Les écrivains (1960), p. 231-232, nota 21: anche in questo caso Creytens cita la fonte:
Venezia, ARCHIVIO DI STATO, Fondo ss. Giovanni e Paolo, busta 11, vol. I, Liber consiliorum: «1510, die 3 iunii. Congregato consilio more solito, presentibus magistro Leonardo de Tervisio dignissimo
33
ce titre nous le voyons assister à deux réunions du conseil: la première du 20 décembre 1510 où l’on stipula un contrat avec le chantre Bernardin76, la seconde du 10 april 1511 où l’on permit aux héritiers de Georges Ram, enterré dans le cloître, de renouveler la dalle de la tombe77. Le 2 février de l’année suivante, il n’était plus en fonction ; en tout cas il ne porte plus le titre dans le décret de maître Cajetan, daté de ce jour, qui lui confirme la possession de la chambre qu’il occupe au couvent78. Le 5 décembre 1514 il assiste à un conseil conventuel.79
Non si può individuare con chiarezza quali siano state le opere curate da Alberto
da Castello in questo periodo, se non il Processionarium Ordinis fratrum predicatorum
rursus recognitum et multis orationibus adauctum pubblicato nel 1509 e, qualche anno
più tardi nel 1511, la Biblia cum concordantijs Veteris et Noui Testamenti et sacrorum
canonum. Dopodiché l’interruzione di edizioni che sembra sussistere tra il 1511 e il
1516 sembra corrispondere al maggior carico di lavoro che la carica di priore implicò,
oppure, sulla base del dato che le sue pubblicazioni o riedizioni ripresero a partire dal
1516, questo fu un periodo di revisione e di preparazione di edizioni migliorate e
ancora più precisamente e puntigliosamente corrette ed emendate da errori.
Le poche informazioni delle fonti domenicane circa Alberto da Castello verso la fine
della sua vita
Tra le date 2 febbraio 1512 e il 12 maggio 1523 abbiamo sostanzialmente una
assenza di documentazione a causa della quale solo le testimonianze dirette di Alberto
da Castello circa se stesso nelle prefazioni e nelle postfazioni delle opere da lui date
alle stampe ci può venire in aiuto. Scrive il Palma richiamando, con tutta probabilità,
Creytens:
I registri magistrali lo ricordano ancora alle date del 2 febbr. 1512, quando il Gaetano gli confermò il possesso della stanza da lui occupata nel convento veneziano, e del 12 maggio 1523, quando, il vicario dell’Ordine Antonio da Ferrara incaricò i
provinciali nostre provincie et rev. magistro Matheo de Venetiis, priore conventus, cum aliis rev. magistris et patribus sine balotatione sed vive vocis oraculo, fuit electus in suppriorem huius conventus fr. Albertus de Castello et sequenti die, scilicet quarta iunii, per dictum rev. patrem priorem confirmatus».
76 CREYTENS, Les écrivains (1960), p. 232, nota 22: Liber consiliorum: 20 dic. 1510. Annota Creytens
che il convento stipulò un contratto con il sacerdote Bernardino, chantre. Il contratto fu modificato, d’accordo con Bernardino, «per manu mea scriptis et sigillata sigillo conventus in manibus dicti presbyteri Bernardini ex toto conformis huic decreto, que lecta fuit in consilio coram patribus».
77 CREYTENS, Les écrivains (1960), p. 232, nota 23: Liber consiliorum: 10 aprile 1511. Il consiglio
conventuale permette agli eredi dei Georges Ram, seppellito nel chiostro, di rinnovare la pietra tombale «in quo <consilio> interfuerunt infrascripti rev. magistri et patres, videlicet rev. pater mag. Matheus, prior; mag. Eugenius... et fr. Albertus de Castello, supprior».
78 CREYTENS, Les écrivains (1960), p. 232, nota 24 dove Creytens cita MOPH XVII, 94 n° 193 precisando
che Gerolamo de Sebenico ovvupava già la carica di vicepriore prima del 2 maggio 1512. Cf. Liber consiliorum di quell’anno.
79 CREYTENS, Les écrivains (1960), p. 232, nota 25 dove Creytens cita M.T. CASELLA-G.POZZI, Francesco
Colonna, I, Padova 1959, 131.
34
professori di teologia fra Gaspare da Perugia e fra Benedetto da Foiano di esaminare la controversia tra il Castellano e il confratello Marco Antonio da Venezia.80
In verità, esaminando il fatto che nel 1519 Alberto da Castello pubblica la
seconda edizione ad opera di Giunta della Biblia cum concordantiis e, soprattutto,
l’anno seguente omaggia al pontefice Leone X la revisione del Pontificale (Pontificale
secundum ritum Sacrosancte Romane Ecclesie), intuiamo con facilità a cosa alluda il
nostro autore quando parla di «veglie» e «fatiche» che portavano frutto nei suoi lavori
editoriali.
Il suo operato verso la fine della vita e la mancanza di elementi certi circa la data
della morte
Scrive Palma:
Il 20 luglio 1523, giorno in cui fu finito di stampare il Liber sacerdotalis, è anche l’ultima data in cui il Castellani appare ancora in vita. L’assenza del suo nome nel necrologio del convento dei SS. Giovanni e Paolo rende plausibile l’ipotesi che sia morto altrove.81
Non sappiamo perché si possa affermare con tanta certezza che il giorno in cui si
conclude la stampa del Liber sacerdotalis, o meglio la data appostavi dall’editore, il suo
autore, Alberto da Castello fosse ancora in vita.
Certo è che, una missiva relativa ad un provvedimento disciplinare del
procuratore generale dell’ordine dei predicatori – datato 12 maggio 1523 – che qui
riporto, lo presuppone necessariamente in vita almeno fino a poco tempo prima,
almeno fino al 12 maggio 1523.
Data est commissio Rev. S. Theol. professoribus fr. Gaspari de Perusio et
fr. Benedicto de Foiano, ut examinent causam inter mag. Marcum Antonium
Venetum et fr... et etiam inter ipsum fr. Marcum Antonium Venetum et fr.
Albertum de Castello, 12 Maii 1523.82
Cosa si può ricostruire ancora circa la sua vita? Avendo egli dedicato interamente
le sue energie alle pubblicazioni e soprattutto ai libri “religiosi”, è in questi e negli
indizi dell’operato di Alberto da Castello che va rintracciata la mappa dei dati che ci
possono parlare della sua attività in questi ultimi anni di vita.
Certo è che, se il Gaboardo morì attorno alla metà della seconda decade del XVI
secolo83, fece in tempo a comporre una poesia encomiastica relativa al Liber
80
PALMA, Castellano (1978), 643a. 81
PALMA, Castellano (1978), 643a. 82
Gilles Gérard MEERSSEMAN OP – Dominikus PLANZER OP, Magistrorum ac procuratorum generalium
O.P. registra litterarum minora (1469-1523), Romae 1947, p. 151, n°80 e nota relativa. 83
Non è nota con certezza la data di morte di Gaboardo.
35
sacerdotalis – poesia che Alberto da Castello fa apporre nella pagina finale della tabula
contentorum –. Ciò significa che l’ultima fatica di Alberto da Castello, il Liber
sacerdotalis, doveva essere stata concepita da diversi anni. Inoltre ciò significa che il
frate domenicano doveva avere descritto, se non addirittura mostrato, almeno al
Gaboardo, un abbozzo del lavoro già iniziato di raccolta del materiale e che doveva
avere già chiara la struttura della sua opera se si guadagna il giudizio di “genio” dalla
penna del letterato84.
Caratteristiche delle edizioni curate negli ultimi anni (il «Rosario» e il «Liber
sacerdotalis»)
Una delle caratteristiche degli editori con i quali pubblicò le sue ultime opere, la
società tipografico-editoriale Sessa-Ravani, era quella di prediligere l’uso
dell’immagine accanto al testo. Geniale sarà la sua scelta di apporre una immagine sul
retro del foglio per ciascun foglio. Tale scelta, lo ricordiamo, aveva colpito anche
Quetif-Echard i quali riportano, trattando dell’operetta, scritta in volgare, del Rosario il
dato:
Rosario de la gloriosa Vergine Maria. Opusculum tot prope iconibus rudioribus ligneis
vitam J. C. et B.V. repræsentantibus illustratum quot foliis adversa pagina, Venetiis
1521 in 8.85
Vogliamo però ricordare che ci trovavamo a poco più di 50 anni dall’invenzione
della stampa! Dato che alcune delle silografie usate nell’operetta saranno poi usate
anche nel Liber sacerdotalis penso che si possa ravvisare in questo “tratto” uno degli
aspetti del “genio” di Alberto da Castello, e le molteplici edizioni di alcune delle opere
da lui curate saranno il dato tangibile di riconoscimento di tale suo “genio”.
Altri dati caratteristici delle sue curatele tenteremo di individuarli
successivamente, a partire dall’esame del Liber sacerdotalis / Sacerdotale. Tali dati
penso potranno essere utili a rintracciare le “impronte” di Alberto da Castello nelle
edizioni da lui curate e, conseguentemente, ad ipotizzare il suo stile nella revisione dei
testi.
84
Per il testo e la traduzione della poesia cf. p. 56. 85
QUÉTIF–ECHARD, Scriptores Ordinis, II, p. 49A.
36
1.2.4. Le opere attribuitegli e la sua opera di ricerca
Scrive Palma che sono da attribuire a Castellani numerose edizioni di testi sacri,
storico-ecclesiastici e canonistici 86. Walz specifica che la fonte biografica dell’autore è
una lettera del Castellani stesso. Tale citazione è quella richiamata da Quetif-Echard.
Scrive Walz:
una lettera del 1500 diretta al Gaetano, vicario generale dell’Ordine, dice di esser stato incaricato da vent’anni dai maestri generali Torriani (m. nel 1500) e Bandelli (m. nel 1506) della correzione di libri da stamparsi, e che il Bandelli gli affidò l’edizione delle costituzioni, la quale non ancora pronta alla morte del Bandelli, viene ora dedicata al Gaetano.87
Circa le opere pubblicate per opera e per le cure di Alberto da Castello,
continuava Walz:
Curò l’edizione del Pontificale romano (Roma 1497), della Biblia latina cum pleno apparatu (Venezia 1506), Sermones b. Zenonis Veronensis ep., Homiliae et admonitiones b. Caesarii Arelatensis ep. , Sermo de laudibus B. V. Mariae (ivi 1508), Biblia cum concordantiis (ivi 1519), poi – probabilmente – Tabula super privilegia papalia Ordini Praedicatorum concessa. Chronica brevis (ivi 1504) e certamente la Regula b. Augustini ep. ; Constitutiones Ordinis Praedicatorum (ivi 1507), Rosario de la gloriosa Vergine Maria (con silografie, ivi 1521 e spesso ancora). Nella Tabula privilegiorum Castellano si basa sulla tavola compilata da Francesco Pipino, nella Cronaca su quella di Giacomo di Soest (m. nel 1426[E. Martène, Veterum scriptorum ampl. collectio, VI, Parigi 1729, coll. 344-96]) con aggiunte fino al 1504. Questa cronaca divenne poi il Chronicon Ordinis che si trova con varie rielaborazioni in calce nelle costituzioni domenicane fino al 1690.88
Alcuni anni più tardi sarà Marco Palma a riprendere le informazioni che Walz
aveva tratto in gran parte da Quetif-Echard e che aveva cercato di collocare
temporalmente, per tentare una nuova collocazione temporale per ciascuna delle
opere pubblicate.
Il nome del Castellano è legato alla cura di numerose edizioni di testi sacri, storico-ecclesiastici e canonistici, cui si dedicò dietro invito dei maestri generali Torriani e Bandelli. Per la stampa il Castellano si servì di prestigiose tipografie veneziane, tra cui spiccano quelle di Luca Antonio Giunta e Lazzaro de Soardis. Le edizioni, tutte posteriori al 1500, sicuramente a lui attribuibili comprendono (senza considerare le numerose ristampe): una Bibbia "cum pleno apparatu" (1506), una
86
PALMA, Castellano (1978), 643b. 87
PALMA, Castellano (1978), 643b. In realtà si tratta della dedica delle Costituzioni domenicane al
Caietano che viene citata da Creytens (Les écrivains, p. 230, nota 15): Quumque exiguitatem meam magna et preclara aut mediocria attemptare non posse perspicerem, ne veluti brutum animal et inutilis servus in domo Domini ocio torperem, cogitavi saltem minima ac parva exercitia apprehendere, ut qui vas magnum aut phyala in templo Dei esse non valui, saltem ciatus vel parvulus essem. Ob quam causam, pater Rev.me, iam annis XX decursis duorum Rev.morum patrum generalium, videlicet magistri Ioachini et magistri Vincentii bona venia et commissione, corretioni librorum imprimendorum operam dedi efficacem, et non pauca ex ipsis (ecclesiastica presertim) mea solicitudine in lucem edita sunt.
88 WALZ, Castellano (1949), col. 1019.
37
miscellanea storico-religiosa i cui testi principali sono una raccolta dei privilegi papali concessi ai domenicani e una breve cronaca dell’Ordine (1506), le Costituzioni domenicane con annessi formulari per gli atti dell’Ordine e altri testi minori (1507), una collezione di sermoni e omelie di s. Zeno e di s. Cesario cui è acclusa un’antologia di scritti mariani (1508), il Liber pontificalis della Chiesa romana dedicato a Leone X (1520), un Rosario accompagnato da pregevoli silografie rappresentanti scene della vita di Gesù e Maria (1521) e il Liber sacerdotalis (1523)89
Circa dunque la produzione letteraria curata da Alberto da Castello potremmo
tentare di integrare le fonti biografiche moderne con quelle antiche e di vederne le
discrepanze e, inoltre, di esaminare se tutte le informazioni pervenute in epoca
moderna sono esatte. Tale opera ci costerebbe un soverchio impiego di tempo.
Rimandiamo ad altri o ad una successiva pubblicazione tale verifica. Qui di seguito ci
limitiamo a fornire una prima lista di tali curatele.
1.2.5. Lista delle opere stampate a cura di Alberto da Castello
Poiché la maggior parte delle opere di Alberto da Castello sono state curatele di
edizioni di libri liturgici o di testi storici, oppure raccolte di testi liturgici come il caso
del Liber sacerdotalis, oppure compilazioni, certo geniali, di testi biblici e della
tradizione come il Rosario de la gloriosa Vergine Maria, non faccio distinzioni tra opere
da lui composte e opere da lui curate.
anno # Titolo dell’opera curata editore
???? De virtutibus moralibus
1497 1. Pontificale Romanum
1504 2. Tabula super privilegia papalia Ordini Praedicatorum
concessa (Venezia)
Lazzaro Soardi
3. Privilegia maiora et principaliora eiusdem ordinis
(Venezia)
Lazzaro Soardi
4. Formularium electionum et omnium pertinentium ad
officia prelatorum eiusdem ordinis videlicet
prouincialium visitatorum priorum et formule
litterarum ad omnes casum. (Venezia)
Lazzaro Soardi
5. Defensorium contra impugnantes fratres predicatores
quae non viuant secundum vitam apostolicam editum
a reuerendissimo patre domino fratre Iacobo de
Veragine Ordinis predicatorum archiepiscopo Ianuensi
(...) Herueo Britone totius ordinis nostri generali
magistro (Venezia)
Lazzaro Soardi
6. Tractatus magistri Raphaelis de Parnasio de proprio
non habendo in Ordine predicatorum (Venezia)
Lazzaro Soardi
7. Cronica breuis ab initio Ordinis Lazzaro Soardi
1506 8. Biblia latina cum pleno apparatu (edita a Venezia)
89
PALMA, Castellano (1978), 643b.
38
anno # Titolo dell’opera curata editore
Si edita nuovamente la Tabula super privilegia e le
altre opere ad essa annesse che erano già state
ripubblicate nel 1504 ma aggiungendo la
Lazzaro Soardi
9. Littera domini Petri de Palude quae fratres
predicatores habere possunt possessiones et reditus
Lazzaro Soardi
Catalogus sactorum a Petro de Natalibus Lucantonio Giunta
1507 10. Regula beati Augustini episcopi Lazzaro Soardi
11. Constitutiones fratrum ordinis predicatorum cum suis
declarationibus insertis editis per ... Vincentium de
Castronouo
Lazzaro Soardi
12. Tabula per alphabetum super Constitutiones
copiosissima
Lazzaro Soardi
13. Constitutiones monialium Ordinis predicatorum Lazzaro Soardi
14. Regula et priuilegia fratrum et sororum de penitentia
beati Dominici
Lazzaro Soardi
15. Liber de instructione officialium fratrum ordinis
predicatorum
Lazzaro Soardi
16. Item formularium electionum ... priorum ... Lazzaro Soardi
1508 17. Sermones luculentissimi beati Zenonis Veronensis
episcopi.
Penzio-Fontana
18. Omelie et admonitiones beati Cesarij Arelatensis
episcopi.
Penzio-Fontana
19. Sermo de laudibus beatissime virginis Mariae ex
autenticis sanctorum doctorum dictis compilatus.
Penzio-Fontana
20. Omelia Origenis super euangelio Maria stabat ad
monumentum foris plorans (Venezia)
Penzio-Fontana
1509 21. Processionarium Ordinis fratrum predicatorum rursus
recognitum & multis orationibus adauctum
Lucantonio Giunta
1511 22. Biblia cum concordantijs Veteris et Noui Testamenti &
sacrorum canonum: nec non & additione in
marginibus varietatis diuersorum textuum: ac etiam
canonibus antiquis quatuor euangeliorum insertis: &
accentu omnium vocabulorum difficilium signato
summa cum diligentia reuisa & emendata
Lucantonio Giunta
1516 (si edita nuovamente la Tabula super privilegia e le
altre opere ad essa annesse che erano già state
ripubblicate nel 1506 ma aggiungendo e aggiornando
i dati relativi ai privilegi: Priuilegia maiora &
principaliora eiusdem ordinis: ex quibus praesenti
impressione multa sunt super addita alias non
impressa.
23. (si edita nuovamente con la collaborazione di Alberto
da Castello il Catalogus sanctorum a Petro de
Natalibus
Nikolaus von
Frankfurt
1519 Biblia cum concordantiis (Venezia) (Ristampa
dell’edizione edita nel 1511 sempre a Venezia da
Lucantonio Giunta)
Lucantonio Giunta
1520 24. Pontificale secundum ritum Sacrosancte Romane
Ecclesie
Lucantonio Giunta
39
anno # Titolo dell’opera curata editore
1521 25. Rosario de la gloriosa Vergine Maria (Venezia con
ristampe successive)
Sessa-Ravani
1523 26. Liber sacerdotalis Sessa-Ravani
Di seguito cercherò di dare l’indicazione precisa delle opere pubblicate e censite
dall’Istituto Centrale per il Catalogo Unico, il loro anno di edizione, il luogo, l’editore.
De virtutibus moralibus
Non sono stato in grado di identificare l’opera. Anche Quetif-Echard ne
riprendevano la notizia dal Sansovino ma anch’essi non avevano potuto identificare
l’opera.
1. Pontificale Romanum (1497)
Il Walz scriveva che Alberto da Castello curò l’edizione del Pontificale romano
(Roma 1497)90 tuttavia dimostra di fraintendere la notizia riportata da Quetif-Echard.
Certamente curò l’edizione del Pontificale del 1520 che offrì e dedicò a Leone X. Per
tale edizione vedi oltre a p. 42.
2. Tabula super privilegia papalia Ordini fratrum Praedicatorum concessa (1504)
Il titolo rintracciato nell’achivio dell’ICCU è:
In hoc libello continentur infrascripta tabula super priuilegia papalia Ordini fratrum predicatorum concessa. Priuilegia maiora et principaliora eiusdem ordinis. Formularium electionum et omnium pertinentium ad officia prelatorum eiusdem ordinis videlicet prouincialium visitatorum priorum et formule litterarum ad omnes casum. Defensiorum contra impugnantes fratres predicatores quae non viuant secundum vitam apostolicam editum a reuerendissimo patre domino fratre Iacobo de Veragine Ordinis predicatorum archiepiscopo Ianuensi. Tractatus magistri Raphaelis de Parnasio de proprio non habendo in Ordine predicatorum. Cronica breuis ab initio Ordinis.
L’opera fu edita nel 1504 da Lazzaro Soardi (per Lazarum de Soardis) il 4
dicembre 1504. Altre edizioni comparvero poi, sempre ad opera del medesimo editore,
nel 1506 (idi di ottobre = 15 ottobre) e il 26 luglio 1516.
3. Privilegia maiora et principaliora eiusdem ordinis (1504)
Pubblicato nel volume della Tabula super priuilegia papalia, vedi sopra (p. 39).
4. Formularium electionum et omnium pertinentium ad officia prelatorum eiusdem
ordinis videlicet visitatorum priorum et formule litterarum ad omnes casum (1504)
Pubblicato nel volume della Tabula super priuilegia papalia, vedi sopra (p. 39).
90
WALZ, Castellano (1949), col. 1019.
40
5. Defensorium contra impugnantes fratres predicatores quae non viuant secundum
vitam apostolicam (1504)
Pubblicato nel volume della Tabula super priuilegia papalia, vedi sopra (p. 39).
6. Tractatus magistri Raphaelis de Parnasio de proprio non habendo in Ordine
predicatorum (1504)
Pubblicato nel volume della Tabula super priuilegia papalia, vedi sopra (p. 39).
7. Cronica breuis ab initio Ordinis (1504)
Pubblicato nel volume della Tabula super priuilegia papalia, vedi sopra (p. 39).
8. Biblia latina cum pleno apparatu
È il Walz che afferma che Curò ... Biblia latina cum pleno apparatu (Venezia
1506)91 tuttavia non abbiamo trovato riscontro all’indicazione di Walz. Tutte le opere
che abbiamo rinvenuto ed esaminato Biblia cum pleno apparatu summariorum
concordantiarum et quadruplicis repertorii sine indicii numerique foliorum distinctione
tersissime ac verissime impressa sono pubblicate anch’esse a Venezia (1506) da editori
stranieri ma non ho trovato alcun riferimento di un’eventuale curatela ad opera di
Alberto da Castello.
9. Littera domini Petri de Palude quae fratres predicatores habere possunt
possessiones et reditus (1506)
Pubblicato nella riedizione della Tabula super priuilegia papalia (vedi sopra, p.
39) che però viene arricchito della presente lettera.
10. Regula beati Augustini episcopi (1507)
Il titolo rintracciato nell’achivio dell’ICCU è:
In hoc volumine continentur infrascripta. Regula beati Augustini episcopi. Constitutiones fratrum ordinis predicatorum cum suis declarationibus insertis editis per ... Vincentium de Castronouo ... Tabula per alphabetum super Constitutiones copiosissima. Constitutiones monialium Ordinis predicatorum. Regula et priuilegia fratrum et sororum de penitentia beati Dominici. Liber de instructione officialium fratrum ordinis predicatorum. Item formularium electionum ... priorum
L’opera fu edita da Lazzaro Soardi (per Lazarum de Soardis) il 2 ottobre 1507.
11. Constitutiones fratrum ordinis predicatorum cum suis declarationibus insertis
editis per Vincentium de Castronouo (1507)
Pubblicato nel volume della Regula beati Augustini episcopi, vedi p. 40.
12. Tabula per alphabetum super Constitutiones copiosissima (1507)
Pubblicato nel volume della Regula beati Augustini episcopi, vedi p. 40.
91
WALZ, Castellano (1949), col. 1019.
41
13. Constitutiones monialium Ordinis predicatorum (1507)
Pubblicato nel volume della Regula beati Augustini episcopi, vedi p. 40.
14. Regula et priuilegia fratrum et sororum de penitentia beati Dominici (1507)
Pubblicato nel volume della Regula beati Augustini episcopi, vedi p. 40.
15. Liber de instructione officialium fratrum ordinis predicatorum (1507)
Pubblicato nel volume della Regula beati Augustini episcopi, vedi p. 40.
16. Formularium electionum priorum (1507)
Pubblicato nel volume della Regula beati Augustini episcopi, vedi p. 40.
17. Sermones luculentissimi beati Zenonis Veronensis episcopi (1508)
Il titolo rintracciato nell’achivio dell’ICCU è:
In praesenti opusculo infrascripta continentur. Sermones luculentissimi beati Zenonis Veronensis episcopi. Omelie et admonitiones beati Cesarij Arelatensis episcopi. Sermo de laudibus beatissime virginis Mariae ex autenticis sanctorum doctorum dictis compilatus. Omelia Origenis super euangelio Maria stabat ad monumentum foris plorans
Fu edito da Giacomo Penzio e Benedetto Fontana (per magistrum Iacobum de
Leuco : impensis domini Benedicti Fontana, 1508 die xxiiij Ianuarij) il 24 gennaio 1508.
18. Omelie et admonitiones beati Cesarij Arelatensis episcopi (1508)
Pubblicato nel volume dei Sermones luculentissimi beati Zenonis, vedi p. 41.
19. Sermo de laudibus beatissime virginis Mariae ex autenticis sanctorum doctorum
dictis compilatus (1508)
Pubblicato nel volume dei Sermones luculentissimi beati Zenonis, p. 41.
20. Omelia Origenis super euangelio Maria stabat ad monumentum foris plorans
(1508)
Pubblicato nel volume dei Sermones luculentissimi beati Zenonis, cf. p. 41.
21. Processionarium Ordinis fratrum predicatorum (1509)
Titolo dell’opera secondo la catalogazione ICCU:
Processionarium Ordinis fratrum predicatorum rursus recognitum & multis orationibus adauctum.
Pubblicato a Venezia da Lucantonio Giunta (per Lucamantonium de Giunta
Florentinum) il 21 aprile 1509 (XI calendas Maij).
22. Biblia cum concordantiis (1511)
Il catalogo dell’ICCU porta il seguente titolo:
Biblia cum concordantijs Veteris et Noui Testamenti & sacrorum canonum: nec non & additione in marginibus varietatis diuersorum textuum: ac etiam canonibus
42
antiquis quatuor euangeliorum insertis: & accentu omnium vocabulorum difficilium signato summa cumdiligentia reuisa & emendata.
La pubblicazione dell’opera avvenne a Venezia ad opera di Lucantonio Giunta:
(per nobilem virum dominum Lucamantonium de Giunta Florentinum diligenter, MDXI
V calendas Iunij).
23. Catalogus sanctorum a Petro de Natalibus
Sicuramente l’edizione del 1516 fu curata da Alberto da Castello. Non so se tale
curatela fu la seconda o una terza, cioè fu la successiva rispetto all’edizione del 1506.
Secondo il catalogo dell’ICCU ha il seguente titolo:
Catalogus sanctorum & gestorum eorum ex diuersis voluminibus collectus: editus a reuerendissimo in Christo patre domino Petro de Natalibus de Venetijs Dei gratia episcopo Equilino multis nouis additionibus decoratus.
Fu edito nel 1516 a Venezia il 1 dicembre (per Nicolaum de Franckfordia
solertissime impressus explicit, Calendis decembris MDXVI).
24. Il Pontificale
Dice il Palma:
Il suo Liber pontificalis, più volte edito nel corso del sec. XVI, divenne con l’edizione del 1595 il Pontificale d’uso normale nella Curia romana.92
L’annotazione dello studioso sembra imprecisa in quanto sembra confondere il
liber pontificalis con il Pontificale romanum.
Cattaneo ci dà qualche informazione in più quando afferma:
Alberto Castellani è noto agli studiosi di liturgia per un’edizione del Pontificale romano pubblicata nel 1520. Sappiamo con certezza che dopo la preparazione di tale libro attese a quella del Rituale. Se ne ha prova da un registro del 1519-1520 dove si legge che egli ricevette «ducati 25 per un Libro Pontificale et uno Sacerdotale procurati a Sua Santità»93.
Uno studio sul liber pontificalis o Pontificale da lui curato sarà certamente
necessario al fine di esaminare quali siano le intersezioni con il Liber sacerdotalis di cui
ci stiamo occupando e dal quale Alberto da Castello sembra trarre alcuni dei testi che
va collazionando.
L’edizione censita dall’ICCU e pubblicata a Venezia da Lucantonio Giunta nel
1520 ha il seguente titolo:
92
PALMA, Castellano (1978), 643b. 93
CATTANEO, Il rituale romano (1967), p. 632 dove a proposito dell’apporto dato dal Castellano al
Pontificale cita I. BAUDOT, Le Pontifical, Parigi 1910, p. 58 e P. DE PUNIET, Le Pontifical romain, Parigi 1930, I, 59 ricordando che «l’Alcuin Club riprodusse in un volume gli splendidi disegni».
43
Pontificale secundum ritum Sacrosancte Romane Ecclesie cum multis additionibus opportunis ex apostolica bibliotheca sumptis & alias non impressis ... opus sane laudabile atque diuinum.
L’editore è Lucantonio Giunta il vecchio (per spectabilem virum dominum
Lucamantonium de giunta florentinum) la cui stampa fu terminata il 15 settembre
1520.
25. Rosario de la gloriosa Vergine Maria
Dal momento che quest’operetta fu edita dal medesimo editore del Liber
sacerdotalis – la società Sessa-Ravani – e dal momento che diverse silografie in essa
presenti furono riutilizzate nel Liber sacerdotalis, non ci sembra fuori luogo fermarci su
questa piccola operetta per ricavarne elementi utili alla comprensione del Liber
sacerdotalis.
Dopo il censimento delle cinquecentine ad opera dell’ICCU si può apprezzare la
fortuna della sua operetta. Infatti si annoverano 33 edizioni negli anni compresi tra il
1522 e il 1600 e, di tali edizioni, ne sono stati censiti 122 esemplari.
anno luogo di edizione ed editore # censite
1522 Nella inclita citta de Venetia: studiosissimamente impresso per Marchio
Sessa & Piero di Rauani compagni, 1522 adi xxvij de marzo
11
1524 Nella inclita citta de Venetia: studiosissimamente impresso per Marchio
Sessa & Piero da la Serena compagni, 1524 adi XV Decembrio
13
1534 Nela inclita cita de Venetia: impresso per Vittor della Serena &
compagni, 1534 adi 15 zenero
2
1536 Venetia: per Vittor della Serena et compagni 3
1539 Venetia: per Vittor della Serena et compagni 4
1541 nella inclita citta de Venetia: per Vittor della Serena et compagni, 1541.
del mese di Ottobre
5
1545 Nella inclita citta di Venetia studiosissimamente impresso: per li heredi
de Pietro Rauani e compagni, 1545 del mese di marzo
1
1548 Venetia: per gli heredi di Pietro Rauani e compagni 2
1551 Nella inclita citta di Venetia: per gli heredi di Pietro Rauani & compagni 7
1556 Venetia: per gli heredi di Pietro Rauani e compagni 8
1559 In Vinegia: appresso Giouanni Varisco et compagni 7
1561 In Vinegia: appresso Giouanni Varisco et compagni 3
1564 In Vinegia: appresso Giouanni Varisco & compagni 8
1566 Venegia: appresso Giovanni Varisco & compagni 3
1567 In Venetia: appresso del Liectenstein 2
1569 In Venetia: appresso del Liectenstein 1
1572 In Venetia: appresso Valvassori 1
In Venetia: appresso Dominico de Franceschi, in Frezzaria al segno della
regina
1
1573 In Venetia: appresso Dominico de’ Franceschi 4
(In Venetia: appresso Dominico de' Franceschi in Frezzaria al segno
della Regina
3
44
anno luogo di edizione ed editore # censite
1575 In Venetia: appresso Dominico de Franceschi, in Frezzaria al segno della
Regina
1
1576 In Venetia: appresso Piero de' Franceschi & nepoti 4
In Venetia: presso i Valuassori, & Micheli 1
1578 In Vinegia: appresso Giouanni Varisco, & compagni 4
In Venetia: per li heredi di Luigi Valvassori, et Gio. Domenico Micheli 2
1579 In Venetia: al segno della Regina 3
1583 In Venetia 1
1585 In Venetia: presso la Compagnia degli Uniti 1
In Vinegia: appresso Giouanni Varisco 3
1587 Venetia: presso Gio. Antonio Bertano 3
1591 In Venetia: presso Gio. Antonio Bertano 8
1599 In Venetia: appresso Giorgio Varisco 1
In Venetia: in Frezzaria, al segno della Regina 1
Se si può desumere dal numero delle copie “localizzate” la scelta dell’editore
quanto a copie stampate e soprattutto la sua rete di distribuzione, si può arguire
facilmente da tale tabella che la capacità di distribuzione che la società del Ravani-
Sessa ebbe fu soprattutto per l’operosità del Sessa. Infatti le edizioni ad opera di
Vittore Ravani sono poco diffuse e tornano ad esserlo solo dopo l’intervento del
Varisco. Di ciò se ne deve tener conto anche per l’altra opera pubblicata più volte dal
Varisco, cioè il Sacerdotale. Non è dunque un caso che nella prima parte del XVI secolo
gli editori che tornano a pubblicare il Rosario de la gloriosa Vergine Maria siano anche
i medesimi che tornano a pubblicare il Liber sacerdotalis nella nuova veste e con il
nuovo titolo che aveva assunto di Sacerdotale.
26. Il «Liber sacerdotalis»
Scrive Palma:
Anche il Liber sacerdotalis, diffuso largamente in Italia e Francia, costituì a partire dalla metà del Cinquecento il modello comune per i Rituali diocesani.94
Quanto affermato da Palma presuppone che i rituali diocesani diffusi e stampati
non solo nel XVI secolo ma anche nel XVII, siano venuti a conoscenza e in qualche
modo “ispirati” dell’opera di Alberto da Castello.
Qui tuttavia si devono considerare due problemi.
Il primo è che l’opera di Alberto da Castello fu riprodotta nel XVI secolo con
parecchie edizioni che apportarono, in qualche caso, anche significativi cambiamenti
all’opera originaria. Dunque quale edizione influenzò maggiormente i rituali diocesani
stampati e diffusi nel XVI e XVII secolo?
94
PALMA, Castellano (1978), 643b.
45
In secondo luogo si ravvisa la necessità di uno studio che esamini il tipo di
influsso che il Liber sacerdotalis ebbe nei confronti del Rituale romanum e degli altri
rituali diocesani, pena il permanere una mera affermazione: tenteremo successiva-
mente di dare alcune indicazioni in merito.
È necessario perciò affrontare il problema delle molteplici edizioni, dal 1523 al
1603.
1.3. LE VENTIQUATTRO EDIZIONI VENEZIANE DEL «LIBER SACERDOTALIS / SACERDOTALE» (1523-1603)
1.3.1. Il «liber sacerdotalis» nel tumultuoso diffondersi del libro stampato
Il momento storico nel quale compare la prima edizione del Liber sacerdotalis e
poi, nei decenni successivi, le edizioni che seguirono con il titolo ormai definitivamente
modificato in Sacerdotale, fu un periodo nel quale ebbero luogo fenomeni diversi che
intervennero in tale moltiplicazione.
Le raccolte di testi liturgici di carattere locale ora venivano collazionate appunto
su richiesta o con il concorso inconsapevole, se non sotto la spinta, della stampa. Certo
tali raccolte avvenivano sotto l’iniziativa dei Vescovi o dei padri Provinciali, o per lo
meno sotto il loro controllo, tuttavia non sempre tale controllo fu davvero effettivo o
per lo meno accurato.
Con l’introduzione delle potenzialità che la stampa offriva, cioè la riproduzione di
un testo in tempi brevi e per un numero di copie non comparabile alle potenzialità
riproduttive degli amanuensi, il commercio del libro subì un notevole impulso nel
quale anche le istituzioni ecclesiastiche non furono semplicemente spettatrici.
La scelta che l’ordine dei predicatori effettuò, di dedicare Alberto da Castello e il
suo lavoro alla cura dei testi a stampa, esprimeva sia la lungimiranza rispetto al
fenomeno della stampa e alle sue potenzialità positive, sia la volontà di vigilare per
evitare la diffusione su larga scala degli errori che si sarebbero o sarebbero stati
prontamente riprodotti. Era assolutamente necessario verificare ciò che si andava
stampando perché stampare significava riprodurre su vasta scala: l’ordine dei
predicatori dedicato alla diffusione delle verità cristiane sapeva che la stampa poteva
essere uno strumento utile alla diffusione dell’errore così come della verità, alla
diffusione di un testo più o meno corrotto così come di un testo emendato, alla
46
diffusione di orazioni progressivamente modificatesi da manoscritto a manoscritto così
come alla diffusione di copie conformi agli originali antichi.
Scrivono infatti Ward-Johnson:
Inoltre, le esigenze di praticità fanno sì che tali compilazioni siano fortemente debitrici delle consuetudini e delle circostanze locali, compreso, a volte, il rischio di corruzione dei testi e di infiltrazione di materiale spurio. Intanto, l’entrata in campo delle stamperie introduceva un altro fattore che metteva la committenza, la compilazione e la diffusione delle raccolte rituali nelle mani di una nuova figura che godeva spesso di un ampio grado di autonomia. Si modificò in particolare la logica commerciale della produzione libraria anche nell’ambiente ecclesiastico, dando vita così ad un susseguirsi accelerato di raccolte stampate di vario contenuto e titolo95.
Riguardo poi all’opera di Alberto da Castello, scrivono i due curatori:
Nel 1523, ad esempio, il domenicano Alberto Castellani fa uscire il suo Sacerdotale, seu Liber sacerdotalis collectus che, approvato dal Papa Leone X, ha
conosciuto per parecchi decenni tutta una serie di edizioni, tra le quali di particolare importanza quella tardiva veneziana del 1585, intitolata Sacerdotale Romanum, ad consuetudinem S. Romanae Ecclesiae et aliarum ecclesiarum [...] collectum [...] summa nuper cura iuxta S. Tridentini Concilii sanctiones emendatum et auctum [...]. Si vede nella storia di quest’opera l’esistenza di un pubblico interessato a possederne una copia, il particolare interesse commerciale degli stampatori, e, da quanto emerge dal titolo appena citato, la volontà di adeguarsi ormai a quanto decretato dal Concilio di Trento, o almeno dare l’impressione di conformarsi allo spirito dell’epoca.96
Cambia l’ambiente ecclesiale che diventa un pubblico interessato a possederne
una copia mentre contemporaneamente cambia il mondo produttivo delle stamperie,
il particolare interesse degli stampatori. Inoltre si deve tenere conto degli editori, tutti
protesi non solo a stampare, ma anche a preoccuparsi della diffusione delle proprie
opere. Cosa ci si può e ci si deve chiedere riguardo a tale cambiamento dell’editoria a
partire dalle edizioni del Liber sacerdotalis?
1.3.2. L’accuratezza di Alberto da Castello nella revisione dei testi
Un passo significativo del Liber sacerdotalis palesa che Alberto da Castello era
consapevole di tutto ciò che il fenomeno della stampa comportava così come palesa
anche il suo acume e il suo sforzo per essere, delle edizioni che gli venivano affidate e
in particolare dei testi liturgici, un curatore oltremodo attento.
Dopo avere presentato «l’ordo del battesimo comunemente usato e già da lungo
tempo stampato “secondo l’uso di santa romana Chiesa” » (edizione del 1523, f. 15v, r.
1-2: Ordo baptizandi vulgatus et iam diu impressus secundum usum sancte Romane
ecclesie), alla sua conclusione scrive:
95
Antony WARD – Cuthbert JOHNSON (EDD), Rituale romanum. Reimpressio, p. IX-X. 96
Antony WARD – Cuthbert JOHNSON (EDD), Rituale romanum. Reimpressio, p. IX-X.
47
Ordo prescriptus in diversis libellis baptismalibus impressus fuit et vulgatus cum
titulo «secundum consuetudinem Sancte Romane ecclesie». Verumtamen ego
recensens libros antiquos et novos de hac materia tractantes in sacra bibliotheca
apostolica nusquam inveni talem ordinem secundum dictam ecclesiam, sed in libro
novo quo sanctitas domini nostri pape utitur in divinis repperi sequentem ordinem
inscriptum secundum consuetudinem Sacre Romane ecclesie. Positus igitur hic fuit
vterque modus ut omnibus satisfiat97.
Ecco dunque un esempio delle verifiche che Alberto da Castello operava sui testi
in vista dell’edizione. Un libro si presentava con il titolo secondo la consuetudine di
santa romana Chiesa. Da dove era tratto e da quali esemplari manoscritti era stata
tratta l’edizione stampata? Era effettivamente conforme ai manoscritti più autorevoli?
Tutto questo veniva annotato e dava luogo alla sua ricerca presso gli archivi della
Biblioteca apostolica e anche presso la cerchia della Curia romana per sapere quale
fosse il rito che effettivamente veniva usato dal Papa.
Non è a caso perciò che Alberto da Castello parli di molte vigilie e notti spese
nella verifica di tali rituali e documenti...
L’esempio precedente inoltre diventa significativo. C’è già una consuetudine
della Chiesa che non può essere ignorata e tantomeno combattuta (la diffusione di un
testo secundum usum). Una verifica più attenta mostra l’infondatezza di questa
conformità alla consuetudine romana. La scelta di Alberto da Castello è quella di non
escludere né ciò che si è ormai diffuso come consuetudine – anche se originariamente
non lo era – né il rito conforme alla consuetudine romana tratto dal libro usato dal
Papa medesimo. Nella consapevolezza poi che talvolta vigono anche usanze locali
approvate dai singoli Vescovi, a tale ordo egli aggiungerà anche quello conforme
all’uso del patriarcato.
1.3.3. Alcuni problemi posti dalle ventiquattro edizioni
La domanda, o, meglio, le domande che è imprescindibile porsi dopo una
sommaria analisi di alcune delle edizioni sono le seguenti.
1. Le varie edizioni del Sacerdotale furono realmente edizioni diverse – a
testimonianza che il Sacerdotale, come ormai lo si intitolava nella seconda metà del
XVI secolo, era diventato un successo editoriale sicuro – per gli interessi liturgico
pastorali ai quali offriva un sicuro supporto oppure furono mere e semplici ristampe?
Non c’è la possibilità che le diverse edizioni, per la composizione complessa
97
1523:18v,24-32. È stata riportata tutta l’annotazione perché contrassegnata da Alberto da Castello
con il carattere “C” usato come paraffo, cioè ad indicare un capitolo della sezione.
48
soprattutto per la parte in musica, non siano state altro che la riproposizione sotto
diverse spoglie della medesima edizione migliorata?
2. Con le modifiche progressivamente apportate all’opera di Alberto da Castello
dagli editori, i lettori del Sacerdotale venivano a contatto con l’opera originaria o con
una “corruzione” della medesima?
3. La prima edizione fu curata certamente dallo stesso Alberto da Castello e
porta tutti i segni della sua cura e minuziosità e probabilmente anche delle sue
“battaglie” con gli editori: basti guardare l’indice che nell’edizione del 1523 impiega 5
fogli, ben 10 pagine! Tutti gli editori successivi invece cercheranno sempre
drasticamente di ridurre tale numero con sistemi diversi, o con l’introduzione
dell’italico, o disponendo l’indice su due colonne, o con un carattere tipografico più
ridotto. Ci si chiede: le edizioni successive da chi furono curate? Chi decise la
sostituzione dei praenotanda del Burkardo con quelle del nuovo messale e
l’introduzione delle parti relative al breviario e la loro diversa collocazione all’interno
dell’opera?
4. Chi si incaricò di aggiungere le parti che furono successivamente aggiunte,
anche se non di grande entità, nelle edizioni di Giunta del 1587 e di Varisco e Paganino
de’ Paganini del 1588?
5. C’erano dei diritti su tale opera che, ricordiamo, era pubblicazione di testi che
aspiravano a diventare e ad essere utilizzati nella liturgia sotto l’autorizzazione
dell’autorità ecclesiastica?
A questa serie complessa di domande cercheremo di dare risposta dopo l’esame
di ciascuna delle edizioni nei capitoli successivi e che qui ci limitiamo ad elencare
dandone le coordinate fondamentali.
Ecco l’elenco completo – per quanto mi è stato possibile ricercare98, ma non
escluderei di trovarne altre – delle edizioni apparse nel XVI secolo e agli inizi del XVII99.
Apponendo in un’apposita colonna anche il numero delle copie censite in Europa e nel
98
G. Zanon segnala che presso la Biblioteca apostolica vaticana si conserva una copia di un’edizione
stampata a Lione nel 1542 con variazioni: Un'edizione fu stampata a Lione (Francia) con modifiche nel 1542 (ne esiste una copia presso la Bibl. Vaticana) ma non ho potuto identificare tale copia tramite il catalogo on-line della Biblioteca vaticana. Cf. G. ZANON, Catalogo dei rituali liturgici italiani dall'inizio della stampa al 1614, «Studia Patavina» XXXI (1984) 514.
99 Dopo una prima fase di ricerca nella quale avevo collazionato ben ventitre edizioni, è emersa
un’altra edizione, quella di Domenico Nicolini del 1578 di cui l’ICCU segnala una copia localizzata. In un primo tempo avevo pensato ad un errore di catalogazione dell’unica copia localizzata (conservata al museo Laurence K.J. Feininger di Trento) dell’edizione omonima dell’anno successivo, ma dopo esame della stessa abbiamo dovuto ricrederci ed identificarla come edizione distinta.
49
mondo100 ed Italia (edit16)101, desidero fare comprendere quanto il volume concentrò
in sé gli interessi sia degli editori, sia di un’utenza ecclesiale che si dimostrava
interessata a possedere il volume e ad utilizzarlo.
# anno editore Europa edit16
1 1523 per Melchiorrem Sessam et Petrum de Ravanis 5 18
2 1537 Victor a Rabanis 7 17
3 1548 apud haeredes Petri Rabani 1 13
4 1554 apud haeredes Petri Rabani et socios 8 16
5 1555 apud Petrum Bosellum 4 22
6 1559 apud Petrum Bosellum 1102 –
7 1560 apud Joannem Variscum 4 20
8 1564 apud I. Variscum et socios 5 32
9 1567 in officina Petri Liechtenstein 13 27
10 1569 apud Joannem Uariscum et socios 7 19
11 1576 apud Guerraeos fratres et socios 12 35
12 1578 apud Dominicum Nicolinum - 1
13 1579 apud Dominum (sic) Nicolinum 5 14
14 1579 apud Io. Bap. Sessam et fratres 3 10
15 1579 apud Juntas (Lucantonio Giunta) 4 6
16 1580 apud Io. Bap. Sessam et fratres 2 8
17 1585 apud Io. Bap. Sessam 1 3
18 1585 apud Dominicum Nicolinum 5 34
19 1585 apud Junctas 1 8
20 1587 apud Juntas 12 44
21 1588 apud Joannem Variscum et Paganinum de Paganinis 8 23
22 1596 apud Io. Bap. et Io. Bernardum Sessam - 6
23 1597 apud Io. Bap. et Io. Bernardum Sessam 2 6
24 1603 apud Nicolaum Polum (Niccolò Polo) 1 –
totali 111 382
L’altissimo numero di copie localizzate ci mostra che la diffusione più alta
l’ebbero le edizioni di Lichtenstein (1567), di Guerra (1576) e l’edizione di Giunta del
1587 che però è anche la più problematica perché, come vedremo, si allontana in certi
casi anche in modo non trascurabile dall’edizione di Alberto da Castello con inserzioni
significative che Alberto da Castello aveva volutamente escluso dal suo volume. Valga
come esempio la sezione relativa alla confermazione (inclusa nel volume di Giunta,
assolutamente assente da ventidue delle altre ventitre edizioni), nonché una diversa
100
Mi sono servito del sito www.ubka.uni-karlsruhe.de/kvk_en.html per rintracciare le copie
localizzate in Europa e fuori da essa in data 14 novembre 2012. 101
I dati delle copie localizzate le ho consultate in edit16 il 24 febbraio 2012. 102
Presso la biblioteca Complutense di Madrid. http://cisne.sim.ucm.es/record=b1933106~S4*spi
letto in data 12/11/2012. Stranamente non si trova in Italia nessuna copia localizzata di tale edizione.
50
organizzazione della materia e una scelta editoriale certamente e volutamente
innovativa.
In questo mio studio tento pertanto – utilizzando il Censimento nazionale delle
edizioni italiane del XVI secolo (EDIT16) – di ricostruire anche la storia delle edizioni del
Sacerdotale in quel secolo.
Cercherò di incrociare i dati provenienti dall’Istituto Centrale per il Catalogo
Unico103 con i dati relativi agli editori (1° dato) e confrontando la presenza e il
cambiamento nelle diverse edizioni delle silografie (2° dato) e cercando di esaminare
quali siano state le correzioni tipografiche degli editori successivi relativamente al
contenuto complessivo dell’opera (3° dato) o alla tavola dei contenuti (4° dato).
Procedendo con ordine dobbiamo innanzitutto prendere in esame l’edizione del
1523.
103
http://edit16.iccu.sbn.it/web_iccu/imain.htm letto in data 12 dicembre 2011 dove si specifica che
il progetto EDIT16 ha lo scopo di documentare la produzione italiana a stampa del XVI secolo e di effettuare la ricognizione degli esemplari a livello nazionale. La base dati descrive edizioni stampate tra il 1501 e il 1600 in Italia, in qualsiasi lingua, e all’estero in lingua italiana. Contiene inoltre notizie di authority inerenti autori, titoli uniformi, editori e marche tipografiche consultabili autonomamente e l’archivio delle fonti bibliografiche connesse. Al Censimento partecipano circa 1.500 biblioteche tra statali, di enti locali, universitarie, ecclesiastiche e private che in stretta collaborazione con l'ICCU, responsabile del progetto, contribuiscono in vario modo alla sua realizzazione.
51
Capitolo 2: LA PRIMA EDIZIONE DEL 1523
2.1. INFORMAZIONI GENERALI SULL’EDIZIONE E GLI EDITORI
La prima edizione, da me consultata presso la biblioteca del Seminario Vescovile di Fidenza nel dicembre 2011, porta la data del 19 luglio 1523 (XIII cal. Augusti) e fu opera della società tipografica fondata pochi anni prima da Melchior Sessa e Pietro Ravani. Come ricorda il catalogo dell’ICCU, la società tra Melchior Sessa e Pietro Ravani fu una
Società tipografico-editoriale fondata a Venezia nel 1516 e sciolta nel 1525. Da tale data sia Sessa che Ravani continuarono
a lavorare ciascuno per proprio conto. Le marche usate dalla società erano quelle di Sessa.104
Per un esame approfondito della società tipografico-editoriale – come viene
definita dalla Nicolardi – della sua attività, della produzione libraria da essa promossa e
delle caratteristiche dei volumi editi, non mi posso qui soffermare a lungo e rimando
ad uno studio specifico ad essa dedicato105. Qui me ne occuperò solamente quel tanto
che basta per comprendere le dinamiche sottese alla pubblicazione del volume che a
noi interessa.
2.1.1. Gli editori
Dei due tipografi il Ravani era originario di Brescia106 e morì tra il 1528 e il 1531.
(...) gli successero la vedova Luchina e il figlio Vittore. Secondo un documento del 1525 era libraio all'insegna della Gatta, cioè nella stessa bottega di Melchiorre
104
http://edit16.iccu.sbn.it/web_iccu/imain.htm alla voce dell’Editore “Melchior Sessa e Pietro
Ravani”, letto in data 22 dicembre 2011. 105
Silvia CURI NICOLARDI, Una società tipografico-editoriale a Venezia nel secolo XVI. Melchiorre Sessa e
Pietro Ravani (1516-1525), Leo S. Olschki editore, Firenze 1984, 95p. 106
Vedi però quanto affermato da CURI NICOLARDI, Una società (1984), p. 9 dove l’origine bresciana del
Ravani è desunta dalla sua firma ma non da altre fonti storiografiche.
Marca tipografica di Melchior Sessa e indicazioni della
data di edizione: 19 luglio 1523 (f. 367v)
52
Sessa il vecchio, allora suo socio; in un altro documento del 1527 risulta libraio "in Merzeria" dove aveva come insegna la Sirena (che però compare già nelle sottoscrizioni della società con Sessa nel 1524 e nel 1525).107
Le informazioni che ci vengono date sia della sua paternità rispetto al figlio
Vittore (che sarà l’editore dell’edizione del 1937) sia relative alla sua marca tipografica,
la sirena bicaudata, sono molto importanti. Infatti la Sirena bicaudata fu
successivamente non solo la marca tipografica usata dal figlio di Pietro Ravani, Vittore,
per la seconda edizione del Liber sacerdotalis del 1537, ma fu anche la marca
tipografica utilizzata negli anni seguenti dagli eredi di Pietro Ravani e soci – che del
Liber sacerdotalis editeranno la terza edizione nel 1548 e la quarta nel 1554 – ma
soprattutto divenne la marca tipografica usata da uno di questi soci, Giovanni Varisco,
che diventerà anche «l’erede» del Sacerdotale: egli infatti pubblicherà più edizioni da
solo e in società con altri negli anni 1560, 1564, 1569, 1588.
Melchiorre Sessa invece fu
Editore, tipografo e libraio attivo a Venezia, figlio di Giovanni Battista il vecchio. Stampò da solo dal 1506 al 1516, poi fu in società con Pietro Ravani, e dal 1526 riprese a lavorare da solo. Sposò Veronica Barone ed ebbe 6 figli: Giovanni Battista, Giovanni Bernardo, Melchiorre, Bernardino, Isabetta e Faustina. Come editore, si servì di molte tipografie, tra cui quelle dei Nicolini da Sabbio, dei Giglio, di Bernardino Bindoni e di Francesco Rampazetto. Vianello ipotizza che abbia usato sia l'insegna della gatta che quella della nave. La sua bottega si trovava a San Giuliano, vicino al campo San Lio. Morì probabilmente nella seconda metà del 1565 o nel 1566; la firma Melchiorre Sessa dal 1555 al 1565 potrebbe riferirsi sia al padre che al figlio omonimo.108
Se davvero la bottega dei Sessa, anche attorno al 1520, data presunta dei
contatti del Castellani con gli editori, si trovava a «San Giuliano vicino al campo San
Lio», costatiamo la vicinanza del convento dei santi Giovanni e Paolo – convento nel
quale risiedette Alberto da Castello fino al termine della sua vita – alla tipografia che
egli incaricò per la stampa delle sue ultime fatiche, cioè il Rosario e il Liber sacerdotalis.
Anche la stirpe dei Sessa, dopo la prima società con Pietro Ravani, tornerà ad
occuparsi dell’edizione del Sacerdotale promuovendo svariate altre edizioni (1579,
1580, 1585, 1596, 1597).
2.1.2. Le scelte editoriali e la produzione di testi liturgici
Negli anni in cui fu attiva, tra il 1516 e il 1525, la società di Melchior Sessa e
Pietro Ravani pubblicò diversi testi di diversi generi. Per la produzione editoriale della
107
http://edit16.iccu.sbn.it/web_iccu/imain.htm alla voce dell’Editore “Pietro Ravani”, letto in data
22 dicembre 2011. 108
http://edit16.iccu.sbn.it/web_iccu/imain.htm alla voce dell’Editore “Melchior Sessa”, letto in data
22 dicembre 2011.
53
società Sessa-Ravani, le scelte dei tipi a seconda delle edizioni, le silografie usate
abbondantemente nelle edizioni da loro curate e altre informazioni rimando a studi
specifici sia sulla società editrice109, sia sulla silografia nella stampa del Cinquecento110
e presento qui sinteticamente i risultati dello studio della Nicolardi.
Le responsabilità all’interno della società
A partire da ipotesi che erano state formulate da Vianello, cioè che ci fosse stato
un impegno maggiormente editoriale per Melchiorre Sessa e un impegno più sul
versante della realizzazione tipografica per il Ravani, ricorda Curi Nicolardi, che
le uniche prove a favore di un’attività prevalentemente tipografica da parte di Pietro di Ravani derivano dal documento citato, in cui si fa riferimento alla stamperia che donna Luchina aveva ereditato111.
Suggerisce inoltre, dopo esame di documenti d’archivio, esame della produzione
libraria della società ed esame della produzione editoriale dei due soci dopo il 1525,
anno di scioglimento della società, che
(...) non vi sia stata una divisione vera e propria dei compiti fra i due soci, cioè solo un impegno editoriale per Melchiorre e tutto il lavoro di impostazione e di realizzazione tipografica per il Ravani, nel senso che probabilmente entrambi hanno scelto i testi da stampare, ne hanno curato l’esecuzione tipografica e hanno provveduto alla loro vendita. Pietro di Ravani potrebbe aver seguito prevalentemente la pubblicazione dei testi religiosi e dei classici latini in folio (continuerà infatti questo tipo di produzione anche dopo aver sciolto la società), Melchiorre aver controllato soprattutto la stampa dei testi di astronomia e di scienza già impresse da Giovan Battista suo padre e le opere di letteratura contemporanea in volgare, che seguiterà a produrre con sempre maggiore impegno negli anni in cui stamperà da solo. Entrambi i soci, inoltre, possono essersi giovati per far funzionare l’officina tipografica di caratteri acquistati o ceduti da altri stampatori, secondo l’uso ormai invalso in quegli anni.112
I generi pubblicati dalla società Sessa-Ravani
Oltre ad opere di carattere profano113, di classici latini114 e altre di astronomia115,
Melchior Sessa e Pietro Ravani pubblicarono diverse opere di carattere religioso, quali
109
Silvia CURI NICOLARDI, Una società tipografico-editoriale a Venezia nel secolo XVI. Melchiorre Sessa e
Pietro di Ravani (1516-1525), Leo S. Olschki editore, Firenze 1984. 110
Ernesto MILANO, Xilografia dal Quattrocento al Novecento. Percorso storico-artistico sui fondi della
Biblioteca Estense, coll. “Il giardino delle esperidi” 2, ed. Il Bulino, Modena 1993. 111
CURI NICOLARDI, Una società (1984), p. 35. 112
CURI NICOLARDI, Una società (1984), p. 37. 113
Quali, ad esempio, la Gloria damore composta per Baldasarre Olympo de li Alexandri da Sasso
ferrato. Strambotti de laude, mattinate, littere damore, prosa, sonetti, capitoli, egloghe. Et con vno capitolo agionto pubblicato nel 1522;
114 Quali, ad esempio, testi di Severino Boezio, Marco Tullio Cicerone, Giovenale, Tito Livio, Plauto,
Plinio, Plutarco, Sallustio, Virgilio, Terenzio. 115
Quali, di Alchabitius, Praeclarum opus ad scrutanda stellarum magisteria isagogicum pristino
candori nuperrime restitutum ab excellentissimo doctore Antonio de Fantis Taruisino, qui notabilem eiusdem auctoris libellum de planetarum coniunctionibus nusquam antea impressum
54
il De imitatione Christi et de contemptu mundi in vulgari sermone nel 1516; e alcuni
testi liturgici, quali il Psalmista secundum consuetudinem Romane Curie nel 1518, il
Martyrologium secundum morem Romane Curie nel 1520, il Psalterium secundum
consuetudinem Romane Curie nel 1520, il Rosario della gloriosa Vergine Maria dello
stesso Castellani nel 1522 – ristampato a breve distanza di tempo nel 1524 –, il Liber
sacerdotalis di cui ci stiamo occupando nel 1523 e il Psalterion nel 1525.
Il formato usato
Il formato usato dai due editori, per la maggior parte delle edizioni, è l’8° che, a
detta della Nicolardi, in quegli anni si era ormai ampiamente affermato e che appare
ormai associato al termine enchiridion ad indicare la maneggevolezza di tale
formato116. I due editori stamperanno anche in folio prevalentemente testi di classici
latini, così come stamperanno in 4° testi di scienza grammatica e religione117, ma il
formato da essi maggiormente usato rimane l’8°.
2.2. CARATTERISTICHE SPECIFICHE
Il Liber sacerdotalis della prima edizione del 1523 si andava così ad inscrivere in una lista di opere di carattere religioso che la tipografia di Sessa-Ravani pubblicava accanto ad altri, e soprattutto avendo già edito dello stesso Alberto da Castello il Rosario de la gloriosa vergine Maria. Tale parentela tra le due opere non è data soltanto dal medesimo autore e dal medesimo editore, ma, come vedremo, anche dall’uso di alcune silografie del Rosario nell’edizione oggetto del nostro studio.118
Il Liber sacerdotalis di questa prima edizione consta di 367 fogli per un totale di 734 pagine. L’indicazione che viene data al foglio 367v, subito prima della marca tipografica, è che la stampa si concluse il 13° giorno delle calende di agosto, dunque il 19 luglio del 1523.
2.2.1. I contenuti specifici della prima edizione: una introduzione È necessario notare che, subito dopo il frontespizio, questa prima edizione – e
solo questa prima edizione – riporta la lettera del pontefice Leone X, datata 2 novembre 1520, con la quale si approvava l’opera e se ne riservava la stampa al
addidit & pleraque scitu dignissima cum castigatissimo Ioannis de Saxonia commentario pubblicato nel 1521.
116 CURI NICOLARDI, Una società (1984), p. 19.
117 CURI NICOLARDI, Una società (1984), p. 19.
118 Per il confronto tra le silografie vedi più avanti nel capitolo.
55
Castellani per un decennio119. Inoltre compaiono una lettera redatta dal notaio del palazzo patriarcale con l’approvazione accordata da Antonio Contarini patriarca di Venezia e della Dalmazia datata 16 aprile 1520120 e inoltre la lettera dell’inquisitore frate Francesco Pisano, datata 24 aprile 1520121. Ad esse veniva posposto dall’autore la sua dedica a papa Adriano VI122 il quale tuttavia non dovette avere avuto modo di esaminare l’opera, o per lo meno di esaminarla a lungo, perché morì proprio nel 1523 – anno di pubblicazione del sacerdotale – nel mese di settembre, a due mesi dalla conclusione della stampa.
Riproduco qui il testo di questi documenti, similmente a quanto aveva fatto Cattaneo, che però aveva omesso sia la dichiarazione dell’inquisitore sia l’informazione da dove avesse tratto i documenti che pubblicava in calce al suo articolo. Aveva inoltre omesso di pubblicare la post-fazione che è quasi sicuramente opera di Alberto da Castello stesso.123
2.2.2. L’approvazione da parte di Leone X (1513-1521)
Circa l’approvazione da parte di Leone X – che fu papa dal 9 marzo 1513 al 1
dicembre 1521 – ecco il testo124 che porta la data del 2 novembre 1520125.
LEO PAPA DECIMUS
Ad futuram rei memoriam.
1. Exponi nobis nup[er] fecit dilectus filius Albertus de Castello Venetus
ordinis praedicator[um] professor, q[uod] ipse q[ui] summis uigiliis ac
laboribus p[ro] utilitate Rector[um], praesertim parrochialium ecclesiar[um]
curam animar[um] earundem habentium, ut officium eis com[m]issum recte
explere possint, libr[um] sacerdotalem appellatu[m] ex sacra Bibliotheca
apostolica et s[an]ctor[um] doctor[um] catholicor[um] et sacror[um] canonum
scriptis et institutionibus a se excerptu[m] et collectum co[m]posuerit:
2. que[m] per dilectum filiu[m] Silvestru[m] de Prierio præfati ordinis
p[ro]fessorem et Mag[ist]r[u]m sacri palatii nostri apostolici inspici et
terminari fecimus, inprimi facere intendat/cupiatq[ue] ei concedi q[uod] per
aliu[m] sine eius expressa licentia ad decenniu[m] imprimi non possit.
119
Per il testo vedi pag. 44. 120
Per il testo vedi pag. 45. 121
Per il testo vedi pag. 47. 122
Per il testo vedi pag. 48. 123
CATTANEO, Il rituale romano (1967). 124
Per la leggibilità del testo latino ho sciolto le abbreviazioni senza segnalarle. Chiedo venia al lettore
se riscontra qualche errore o incoerenza in esse. 125
A comodità della consultazione ho apposto una numerazione all’inizio dei paragrafi e talvolta ho
spezzato con la numerazione alcuni periodi latini molto lunghi. Ho preferito, per la scientificità della trascrizione latina, apporre tra parentesi quadre “[“ e “]” il testo che ricostruisco “sciogliendo” le abbreviazioni – talvolta di non immediata lettura – in modo tale che lo studioso, in caso di mio errore, potrà correggere il testo.
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3. Nos itaq[ue] eius honesto desiderio annue[n]tes, / omnibus et singulis
cuiuscumq[ue] status, / gradus ordinis et conditionis existant sub
exco[mun]icationis latæ sente[n]tiæ a qua non nisi a nobis et successoribus
nostris Romanis pontificibus praeterq[uam] in mortis articulo absolvi
nequeant, / ac mille ducatoru[m] auri de Camera quos pro una Camerae
apostolicæ, / p[ro] alia uero partibus dicto Alberto applicamus pœnis eo ipso
incurrendis districtius inhibemus ne librum ipsum absq[ue] ipsius Alberti
licentia in scriptis tradita usque ad decennium imprimere aut imprimi facere
audea[n]t vel præsumant.
4. Manda[n]tes omnibus personis ecclesiasticis in uirtute sanctae
obedientiae ut eundem librum postq[uam] ille impressus fuerit sequi, / et
ecclesiastica sacramenta iuxta formam in eo traditam ministrare et exercere
teneantur.
5. Ac universos et singulos patriarchas, Archiepiscopos, episcopos et alias
p[er]sonas in dignitate ecclesiastica constitutas eorumq[ue] vicarios et
officiales necnon canonicos quarumcumq[ue] Metropolitar[um] vel aliar[um]
Cathedralium ecclesiar[um] et executores ac defensores qui assistant et
praemissa observari faciant deputamus per praesentes, cum potestate
contradictores per censura[m] ecclesiasticam et alia iuris opportuna remedia
appellatione postposita compescendi, et auxilium brachii secularis implorandi.
6. Non obstan. fe[licis] re[cordationis] Bonifatii papae VIII praedecessoris
nostris de una et Concilii generalis de duabus dietis, dummodo non ultra dietas
tres, ac aliis apostolicis constitutionibus, et ordinationibus, ac quibusvis statutis
et consuetudinibus etiam iuramento confirmatione apostolica vel quavis
firmitate alia roboratis, ac privilegiis indultis et litteris apostolicis quibusvis
personis forsan concessis, quibus quo ad hoc specialiter et expresse derogamus
contrariis Quibuscu[m]q[ue].
7. Datu[m] Romae apud Sanctum Petrum Sub Annulo Piscatoris.
Die II Novembris MDXX Pontificatus nostri Anno octavo.
Diversi sono gli elementi della lettera di Leone X da mettere in luce. Vediamoli.
Tenore contraddittorio: iniziativa di un privato con autorevolezza apostolica?
Innanzitutto il testo è stato presentato a Leone X per iniziativa di Alberto da
Castello: dunque non c’è stato nessun incarico ufficiale assunto da quest’ultimo che
perviene ad una sua conclusione. L’iniziativa è privata. Pur tuttavia Leone X ne ha
promosso una revisione definitiva (inspici et terminari), fatta compiere da una
personalità dell’ordine di cui aveva piena fiducia e che uno dei suoi predecessori,
Giulio II, aveva eletto nella carica di maestro del sacro palazzo, P. Silvestro de
Prierio126.
126
Silvestro Mazzolini da Prierio (1456–1527) svolse un ruolo chiave nella curia romana agli inizi del
XVI secolo. Egli in particolare fu incaricato a rispondere alle 95 tesi che Lutero aveva pubblicato nel 1517.
57
Benché Alberto da Castello premetta al testo e sottoponga all’attenzione del
lettore «l’approvazione» di Leone X, il testo della lettera papale lascia intendere che il
Liber sacerdotalis rimane iniziativa di un privato. Certo gli viene concesso di stampare il
testo a proprie spese, dandogli il privilegio di stamparlo per dieci anni, concedendogli
quindi sicuramente anche un beneficio economico; traspare tuttavia dalla lettera
papale che esiste anche la possibilità che il testo medesimo non venga dato alle
stampe o possa anche non diventare un libro stampato (imprimi facere intendat,
cupiatque).
Ancora. Si commina un pesantissima scomunica per coloro che contravverranno
a tale ingiunzione, si impone una pesantissima ammenda a beneficio della Sede
apostolica e dell’interessato, si tutela la “proprietà letteraria” di Alberto da Castello
concedendogli di potere essere solo lui, per dieci anni, a dare licenza scritta di
stampare il volume. Dunque non c’è sostanzialmente un’assunzione autorevole
dell’opera da parte della Sede apostolica. Non si prospetta ancora la possibilità che
un’opera di questo tenore sia fatta stampare per iniziativa e per responsabilità diretta
della Sede Apostolica. Ciononostante, c’è già la volontà di pervenire a una decisione in
tal senso. Infatti, pur rimanendo iniziativa di un privato, se pur lodevole, se pur
revisionata dal punto di vista dottrinale e liturgico, con l’autorizzazione, se lui la farà
stampare, per diventare un libro stampato, si arriva ad un’affermazione quasi
contraddittoria, cioè a ingiungere che tutte le persone ecclesiastiche dovranno
servirsene in virtù di santa obbedienza, e che siano tenuti ad amministrare e ad
esercitare i sacramenti della chiesa secondo la forma trasmessa in esso. Dunque si
prescrive di usarlo e di amministrare i sacramenti secondo le modalità in esso
descritte, ma non solo, ci si spinge ben oltre, perché alla fine si impone a tutti i singoli
patriarchi, arcivescovi, vescovi e altre persone costituite nella dignità ecclesiastica, e i
loro vicari e ufficiali e i canonici di qualsiasi Metropolitana o di altre chiese cattedrali, li
incarichiamo con la presente ad esserne esecutori e difensori e a farla osservare, come
Entrato nell’ordine domenicano all’età di quindici anni e svolti gli studi con successo, insegnò
teologia a Bologna, Pavia e a Roma dove fu chiamato nel 1511 da papa Giulio II. Nel 1515 fu nominato maestro del sacro palazzo, carica che egli ricoprì fino alla morte.
Le sue opere più importanti sono Ephitoma responsionis ad Lutherum (Perugia, 1519); Errata et argumenta M. Lutheris recitata, detecta, repulsa et copiosissime trita (Roma, 1520); Summa Summarum, quæ Sylvestrina dicitur (Bologna, 1514) che ebbe ben quaranta ristampe; Aurea Rosa idest preclarissima expositio super evangelia totius anni de tempore et de sanctis tum secundum Ordinem predicatorum quam secundum Curia (Bologna, 1503); In theoricas planetarum (Venezia, 1513). Per un profilo completo circa la sua vita e le sue opere cf. Michael M. TAVUZZI, Prierias: The Life and Works of Silvestro Mazzolini Da Prierio, 1456-1527, Duke university Press, Durham e Londra 1997, 189p.; Franz MICHALCKI, De Sylvestri Prieratis vita et scriptis, Münster, 1892; Cf. anche http://en.wikipedia.org/wiki/Sylvester_Mazzolini.
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dire che si minaccia tutti volendo imporre l’uso di tale libro stampato e anche di farlo
usare e di imporne l’uso.
Si è ancora nella fase in cui l’autorità Pontificia cerca di controllare quanto però
sa bene che ricade sotto l’autorità dei Vescovi o dei Provinciali. Non sussiste ancora la
Congregatio pro sacris Ritibus et Caeremoniis che verrà istituita da Sisto V solo il 22
gennaio 1587 con la bolla Immensa Aeterni Dei con competenze sulla materia liturgica,
sull’amministrazione dei sacramenti e sul culto dei santi. Solo dopo l’istituzione di tale
Congregazione sussisterà quell’autorità centrale alla quale tutte le chiese e tutti i
singoli «patriarchi, arcivescovi, vescovi, dignitari ecclesiastici, vicari, ufficiali, canonici di
qualsiasi metropolitana e di qualsiasi cattedrale» sono sottoposti in materia liturgica.
La stampa come mezzo per giungere ad una uniformazione liturgica
Si intravede già nelle parole di Leone X che la stampa è stata individuata quale
mezzo attraverso il quale pervenire a tale uniformazione: mandantes (...) ut eundem
librum postquam ille impressus fuerit sequi et ecclesiastica sacramenta iuxta formam in
eo traditam ministrare et exercere teneantur. Si vuole sottrarre l’amministrazione dei
sacramenti e delle azioni liturgiche agli arbitrî individuali o ad eventuali tradizioni locali
più ispirate al devozionalismo, o all’arbitrio dei singoli, o all’imperizia dei pastori
piuttosto che alla sana tradizione; ma si vuole sottrarre l’amministrazione dei
sacramenti anche alle diverse consuetudini diocesane talvolta diverse da regione a
regione, da diocesi a diocesi per non dire da parrocchia a parrocchia, come dopo si
vedrà a proposito del trattato di Nicola de Blony.
Che tale fosse uno scopo che Leone X intendeva perseguire lo si ricava anche dal
fatto che richiede di essere esecutori di tale suo comando a tutti «i patriarchi, gli
arcivescovi, i vescovi e tutti i dignitari ecclesiastici, i loro vicari e i loro ufficiali nonché i
canonici» e non solo i canonici «delle metropolitane» ma anche di tutte le altre chiese
cattedrali: insomma tutti coloro che in qualsiasi grado avessero avuto possibilità di
incidere sulla prassi liturgica in qualsiasi chiesa si trovassero, dovevano sentirsi
destinatari della sua ingiunzione e “obbligati in virtù di santa obbedienza” ad esserne
esecutori.
I mezzi previsti potevano anche essere coercitivi tramite censura o «altri rimedi
giuridici opportuni» fino anche ad arrivare a ricorrere al «braccio secolare».
Non c’è che dire: in tutte le ristampe del Liber sacerdotalis tale bolla di Leone X
verrà omessa, già a partire dalla seconda edizione! L’abbondanza delle riedizioni che
videro la luce nei decenni successivi testimoniano che buona parte del clero si era già
cominciata ad uniformare nella celebrazione dei sacramenti già prima delle
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disposizioni del concilio di Trento, proprio con l’utilizzo diffuso del Liber sacerdotalis
che era ormai diventato, a partire dal 1554, il Sacerdotale.
2.2.3. L’«imprimatur» di Antonio Contarini, Patriarca di Venezia e di Dalmazia
(1509-1524)
L’«imprimatur» viene richiesto e concesso dal patriarca di Venezia Antonio
Contarini (1450-1524) che rivestì la carica di Patriarca a partire dal 5 febbraio 1509,
dunque poco dopo l’arrivo di Alberto da Castello a Venezia e che ivi morì il 7 novembre
1524.
Anche questo testo l’ho diviso in paragrafi per potere citarlo con più precisione.
1. Antonius Contareno miseratione divina patriarcha Venetiarum
dalmatiaeq[ue] primas dilecto nobis i[n] christo fratri Alberto de Castello
Veneto ordinis praedicator[um] salute[m] in domino sempiternam:
laudabilibus studiis et laboribus quibus pro animar[um] salute a multis annis
citra diligenti sollicitudine inservitis considerationis nostrae i[n]tuitum
dirigentes cogimur vestris piis et honestis supplicationibus condescendere.
2. Hinc est q[uod] vos dum anno praesenti Romae essetis multa praeclara
ex antiquis libris apostolicae bibliothecae excerpsistis quae curatis sacerdotibus
valde oportuna esse iudicantur, eaq[ue] vestro studio et diligentia in unu[m]
volumen quibusdam valde necessariis permaxime circa ecclesiae sacramenta
superadditis congregastis velletisq[ue] dictum opus i[m]pressoribus tradere ut
omnibus possit esse communis.
3. Quod quide[m], ad instar pontificalis episcopor[um], tribus partibus
distinctum a sacerdotibus curatis pro quibus illud composuistis librum
Sacerdotalem appellastis.
4. Extetq[ue] inhibitio sacri laterane[n]sis co[n]cilii q[uod] nullus possit
aliquem librum imprimere vel imprimi facere sine lice[n]tia dyocesani et
inquisitoris hereticae pravitatis, humiliter a nobis huiusmodi licentiam vobis et
impressoribus dari petistis.
5. Quare nos dictu[m] opus examinantes et toti ecclesiae proficuum fore
arbitrantes, tenore presentium co[n]cedimus vobis liberam facultatem illud
imprimendi, modo accedat assensus Reverendi inquisitoris.
6. In quor[um] fidem praesentes fieri fecimus et nostri sigilli parvi
impressione muniri mandavimus. In contrariu[m] facientibus non obstantibus
quibuscu[m]q[ue].
7. Datum Venetiis in nostro patriarchali palatio. Die XVI aprilis MDXX.
Pontificatus Sanctissimi d[omini] D[omi]ni nostri Leonis papae X Anno VIII.
Joannes Franciscus Zentilinus
Curiae patriarcalis notarius
mandato scripsit.
Diversi sono gli elementi da non lasciarsi sfuggire. Li individuiamo brevemente.
60
Intento pastorale dell’opera di Alberto da Castello
Il Patriarca, o meglio il notaio della curia Patriarcale, riesce a rilevare prima di
tutto l’orientamento pastorale dell’opera di Alberto da Castello e inoltre dà
testimonianza che a tali studi si stava dedicando da molti anni (§1: pro animarum
salute a multis annis).
Inoltre dimostra di essere consapevole che la raccolta di rituali operata da
Alberto da Castello è stata principalmente motivata e condotta proprio dall’intento
pastorale, cioè dall’intento di fornire, a partire da un congerie di testi quasi
indominabile consegnati dalla tradizione, uno strumento unico nelle mani dei pastori
d’anime (§2: multa praeclara ex antiquis libris apostolicae bibliothecae excerpsistis
quae curatis sacerdotibus valde oportuna esse iudicantur). Tale finalità è ribadita più
volte (§2: vestro studio et diligentia in unum volumen quibusdam valde necessariis
permaxime circa ecclesiae sacramenta supradditis congregastis).
Tale raccolta riguarda innanzitutto i sacramenti della Chiesa (§2: permaxime circa
ecclesiae sacramenta), e la denominazione di tale volume è Liber sacerdotalis del quale
si coglie l’analogia con il Pontificale dei vescovi (§3).
Qualche dato biografico di Alberto da Castello
Oltre al dato che Alberto da Castello si stesse dedicando all’opera da molti anni,
il documento ci offre l’informazione relativa al suo spostamento a Roma (§2: dum anno
praesenti Romae essetis): il suo soggiorno a Roma (probabilmente non l’unico e forse
l’ultimo) e il suo scavo d’archivio nella Biblioteca apostolica vaticana sembra datare nei
primi mesi del 1520, alcuni mesi o settimane prima del documento del notaio della
curia patriarcale.
2.2.4. La breve missiva dell’inquisitore Francesco Pisano
Il testo l’ho diviso in paragrafi per suddividere gli argomenti trattati e potere
citarlo con più precisione.
1. Nos frater Franciscus Pisanus ordinis minor[um] et sacrae theologiae
p[ro]fessor in ciuitate Venetiar[um] etc. hereticae prauitatis i[n]quisitor a sede
apostolica deputatus omnibus praesentes litteras inspecturis significam[us]
qualiter librum Sacerdotalem per uenerabilem patrem fratrem Albertum de
castello Venetum ordinis praedicator[um] compositum et ordinatum diligenter
perspeximus examinavimus et percurrimus: ipsumq[ue] per omnia sacris
canonibus et doctoribus theologis conuenire comperimus: speramusq[ue]
ipsum ualde utilem fore ecclesiae sanctae dei et Reuerendis Sacerdotibus
curam animarum gerentibus.
2. Idcirco iuxta formam sacri lateranensis co[n]cilii auctoritate officii
nostri concedimus ei quatenus libru[m] ipsum imprimi faciat et publicari.
In contrarium facientibus non obstantibus quibuscunq[ue].
61
In quoru[m] fidem praesentes manu propria roboravimus et sigillo nostro
minori munivimus.
3. Datum Venetiis. In co[n]ventu nostro domus magnae appellato. Die
xxiiii mensis aprilis MDXX Pontificatus sanctissimi domini nostri D[omi]ni
Leonis Papae Decimi Anno viii.
Frater Franciscus Pisanus hereticae prauitatis inquisitor manu propria
subscripsimus
Non ci sembra molto utile il «biglietto» dell’inquisitore per quanto da lui
affermato che sembra semplicemente riprendere i titoli del volume, il frontespizio e il
titolo interno (§1: Reuerendis Sacerdotibus curam animarum gerentibus).
Certo l’inquisitore formula un auspicio circa l’utilizzazione del volume nella prassi
ecclesiale (speramusque ipsum ualde utilem fore ecclesiae sanctae dei) affermando di
averlo «osservato, esaminato, scorso» (perspeximus examinavimus et percurrimus).
Si deve notare tuttavia che l’imprimatur dato dall’inquisitore è datato 24 aprile
1520 e, quindi, solo nemmeno 8 giorni dopo l’imprimatur del Patriarca: quindi il tempo
che l’inquisitore, p. Francesco Pisano dei frati minori, ebbe a disposizione per
esaminare il volume dovette essere ben poco. Dei tre verbi da lui utilizzati perspeximus
examinavimus et percurrimus si deve presumere che il suo fu più uno «scorrere»
(percurrere), mentre dovette fermarsi ad «osservare» ed «esaminare» qualche
elemento della prima parte del volume, quella dedicata ai sacramenti, a mo’ di
campionatura, dato che è la parte più cospicua dell’opera (più della metà).
2.2.5. La dedica ad Adriano VI (1522-1523)
Dopo la lettera di Leone X che veniva a confermare con la sua benedizione e
ingiunzione apostolica quanto concesso dal Patriarca (facultas imprimendi) e
confermato dottrinalmente dall’inquisitore, Alberto da Castello appone stretta in due
facciate la sua dedica ad Adriano VI (eletto al soglio pontificio il 9 gennaio 1522 e
deceduto il 14 settembre 1523) che diventa per noi una miniera di informazioni
storiche, soprattutto in riferimento all’autore.
Anche questo testo l’ho diviso in paragrafi per avere più comodità nel citarlo.
Eccone il testo.
1. S[an]ctissimo ac beatissimo p[at]ri et d[omi]no d[omi]no Adriano VI
divina electio[n]e et p[ro]vide[n]tia s[an]c[t]e Romanae et uniuersalis
eccl[es]iae Po[n]tifici maxi[m]o.
2. Albertus Castellan[us] Venet[us] ord[inis] p[re]dicator[um] p[ro]fessor
humile[m] et debita[m] servitute[m], et pedu[m] oscula b[ea]tor[um].
62
3. Inter o[mn]ia quae in hac mortali vita verus dei cultor et minister agere
pot[est], P[ate]r Beatissime, nil puto Deo acceptius gratiusq[ue] esse, q[uam]
Zelus, et fervens salutis a[n]i[m]ar[um] p[ro]curatio, et ipsar[um] ad
aeterna[m] beatitudine[m] caritativa p[ro]motio.
4. Si eni[m] laudatur ho[mo] q[ui] proximu[m] sibi a corruptibilis
corp[or]is p[er]iculis salvaverit, si talis e[s]t praeclaris laudib[us] extollit[ur];
atq[ue] (apud priscos romanos) e[s]t coronis i[n]signibus q[ui] civem servasset,
donabat[ur], tanq[uam] qui re[m] piam optima[m]q[ue] fecisset, cur no[n]
magis Chr[ist]ianus religiosus, p[rae]sertim p[ro] a[n]i[m]abus ad Imagine[m]
dei creatis, et in aeternum ma[n]suris, q[uan]tum cu[m] dei adiutorio op[er]ari
potest, ut ad aeternam salute[m] perveniant, et enixe laborare et o[mn]i suo
conatu eniti debet?
5. Nullu[m] eni[m] sacrificiu[m] est Deo acceptius, q[uam] Zelus salutis
a[n]i[m]ar[um]. In hoc enim uno et dei o[mn]ipote[n]tis ma[n]data, et caritatis
praecepta servantur.
6. Mandavit enim Deus (inq[ui]t sapiens) unicuiq[ue] de proximo suo. Et
apostolus Jacobus. Qui converterit, i[n]quit, peccatorem ab errore viae suae,
salvabit anima eius a morte.
7. Et ut multa quae ad hoc adduci possent missa faciam: zelus iste
salvatorem nostrum d[omi]n[u]m Iesum christum de coelo ad terra[m] adduxit:
et homo factus, animas q[uae] peccatis perierant, innumeris oppressas
erroribus reperiens, purgavit, docuit, instruxit, multiplicibusq[ue] laboribus,
p[re]ssuris ta[n]de[m]q[ue] praeciosissimo sanguine rede[m]ptas, ad coelestia
pascua, tanq[uam] Optimus pastor humeris suis i[m]positas reduxit.
8. Qui peractis humanae salutis operibus, ad coelos asce[n]ssurus (sic!)
beatissimum Petr[um] apostolor[um] principem pro se unicu[m] vicarium et
Ecclesiae suae moderatore[m] in terris reliq[ui]t, cuius tu, Pater B[ea]tissime,
divina dispositio[n]e, id bonitate, s[an]c[t]itate, excellenti doctrina, singulari
sapie[n]tia, p[er]vigili prude[n]tia, fama praeclarissima, mor[um] integritate,
q[ui]bus insignita est S[anctitas] T[ua] p[ro]mere[n]tibus, et locu[m] et
cathedra[m] et auctoritate[m] dignissime es consecutus.
9. Caeteros vero ap[osto]los discipulos coadiutores, et in parte[m]
sollicitudinis ministros, p[ro] earunde[m] animar[um] p[ro]curanda salute
instituit ordinavitq[ue] XXI di[ebus] decretis, divina sacr[ament]a in ear[um]
salute co[n]stituens: q[ui]bus sauciatae p[ec]c[a]tor[um] vulneribus
sanarent[ur], roborare[n]turq[ue] et ad optatu[m] fine[m] aeternae vitae
p[er]ducere[n]t[ur].
10. Hic e[s]t a[n]i[m]aru[m] zel[us] (divina id inspira[n]te virtute)
egregiu[m] Eccl[es]iae pugile[m] b[ea]t[u]m d[omi]nicu[m] p[at]rem meu[m],
ut ordine[m] fratr[um] p[rae]dicator[um] ad a[n]i[m]ar[um] salute[m]
indefesse p[ro]curandam salubriter i[n]stitueret, p[ro]vocavit.
63
11. Ex quor[um] numero (no[n] aut[em] p[er]fectio[n]e et fervore) cum
ego in eade[m] militia supra an[n]os L i[n]sudassem, e[ss]etq[ue]
i[n]tent[i]o[n]is meae qu[or]um magna atte[m]ptare no[n] possem, ut
pleriq[ue] viri eiusde[m] p[ro]fessio[n]is p[rae]clarissimi, in o[mn]i s[an]ctitate
virtutis et doctrinar[um] genere p[rae]stantissimi sum[m]a cu[m] laude
p[er]fecissent: ne o[mn]ino i[n]fructuosus i[n]venirer, et occiosus, minora
salte[m] attingere iuxta mihi desup[er] concessam gr[ati]am te[m]ptavi: ut
alicui vel parvo usui in dei eccl[es]ia veluti p[ar]vulus cyathus, in te[m]plo
d[omi]ni ad a[n]i[m]ar[um] salute[m] reponerer.
12. Cu[m]q[ue] decurrente aetate, plurima ad a[n]i[m]ar[um] salute[m]
p[er]tine[n]tia, ta[m] latina q[uam] vernacula lingua, diversis t[em]p[or]ibus
edidisse[m], et novissime po[n]tificale[m] libr[um] in multis diminutu[m] et
detru[n]catu[m], pluriu[m] praelator[um] et p[rae]stantissimor[um] viror[um]
co[n]silio, suasu i[m]pulsuq[ue], pristinae integritati restituisse[m],
ip[su]mq[ue] s[an]c[ta]e memoriae Leoni X s[anctitatis] tuae p[re]decessori
dedicasse[m], et p[ro]priis s[an]c[t]i[|p. iii|]tatis suae manibus obtulisse[m]
atq[ue] a s[an]c[t]itate sua gratissime fuisset exceptus et approbat[us].
13. Subiit a[n]i[m]o et[iam] sacerdotale[m] libr[um] colligere, ut
q[ua]n[do]quide[m] Ep[iscop]is re[m] grata[m] et accom[m]oda[tam]
fecera[m] ita et[iam] sacerdotib[us] p[a]rochialib[us] cura[m]q[ue]
a[n]i[m]ar[um] gere[n]tib[us] re[m] necessaria[m] et opportuna[m]
p[er]agere[m], preserti[m] cu[m] in talib[us] plerosq[ue] no[n] par[um]
deficere meis oculis multotie[n]s co[n]spexisse[m].
14. Roma[m] igit[ur] p[ro]fect[us] ad sacrae bibliothecae ap[osto]licae
fo[n]te[m] p[er]enne[m] et thesaur[um] i[n]deficie[n]te[m] me co[n]tuli et
o[mn]imoda co[m]moditate q[uam] optaba[m] p[er]q[ui]rendi mihi
p[re]sta[n]tibus optimis uiris Hieronimo alea[n]dro viro o[mn]i s[cient]iar[um]
genere p[re]sta[n]tissimo ac multar[um] li[n]guar[um] p[er]itissimo.
Ap[osto]lico bibliothecario, ite[m]q[ue] Romulo Ma[m]macino archidiacono
areti[n]o o[mn]is bo[n]itatis virtutis ac bo[n]ar[um] l[itte]rar[um] alu[m]no;
necno[n] L. p[ar]menio piceno poeta i[n]signi, a[m]bob[us] ap[osto]licis
cubiculariis, et eiusde[m] bibliothecae fidis custodib[us]
15. ex antiq[ui]s s[an]cte romanae eccl[es]iae libris q[uos] inibi vigila[n]ti
custodia serva[n]t[ur], ite[m]q[ue] ex sacror[um] theologor[um] et doctor[um]
canonicor[um] scriptis, libru[m] hu[n]c sacerdotale[m] magnis cu[m]
laborib[us], vigiliis et lucubratio[n]ib[us], co[n]cede[n]te d[omi]no, post
pluriu[m] an[n]or[um] decursu[m] ad optatu[m] fine[m] p[er]duxi: Thoma
et[iam] Diplovatatio i[m]periali co[n]sta[n]tinopolitana linea p[ro]genito ac
utriusq[ue] iuris doctor[e] egregio huic op[er]i n[on] par[um] favoris, et
non[n]ullos libros a[n]tiquos ad hoc idoneos co[n]cede[n]te.
16. Que[m] Sacerdotale[m] libr[um] an[te] ei[us] i[m]p[re]ssione[m]
p[re]fato S[ancto] d[omino] Leoni corrige[n]du[m] p[rese]ntavi. Et cum
S[anctitas] S[ua] ip[su]m examinari fecisset no[n] mo[do] eu[m] imprimi
iussit, ver[um] et[iam] p[er] l[itte]ras suas in forma brevis o[mn]ibus p[er]sonis
eccl[es]iasticis in virtute s[an]c[ta]e obedie[n]tiae ma[n]davit q[ua]ten[us]
libru[m] ip[su]m seq[ui] debere[n]t et eccl[es]iastica sacr[ament]a s[ecundu]m
forma[m] in eo tradita[m] ministrare tenerent[ur].
64
17. Ver[um] d[omini]co Po[n]tifice an[te] eiusde[m] libri i[m]pressione[m]
via[m] universae carnis i[n]gresso et s[an]c[t]itate tua ad hoc sup[re]mu[m]
dignitatis culme[n] (ut p[re]dixi) divinit[us] assumpta dignissimu[m] fore
iudicavi S[anctitatis] T[uae] q[uae] et auctoritate et doctrina et sapi[enti]a et
bonitate pollet, libr[um] ip[su]m nu[n]c pri[m]o i[m]press[um] humil[ite]r
dedicare eiusq[ue] examini sapie[n]tissimo subdere, co[n]fide[n]s q[uod]
grat[us] erit S[anctitati] T[uae] utilis eccl[es]iae s[an]c[ta]e dei, sacerdotib[us]
acco[m]modat[us] ac a[n]i[m]ar[um] saluti p[ro]ficu[us].
18. Nec q[ui]sq[uam] me ita temerariu[m] aut arroga[n]te[m] iudicet
q[ua]si velim d[omi]nos meos ac pr[aesul]es sacerdotes curatos i[n]struere,
cu[m] ab ipsis ego i[n]strui debea[m], q[ui]a id feci no[n] appete[n]s eos
docere sed ut ipsi i[n] pro[m]ptu h[ab]erent et sine labore colligere[n]t q[uae]
ego maximis laborib[us] sudorib[us] et vigiliis a[n]nis plurib[us] hinc inde
dispersa ad a[n]i[m]ar[um] salute[m] in unu[m] co[n]gregasse[m].
19. Accipiat igit[ur] S[anctitas] T[ua] sapie[n]tissima libellu[m] hu[n]c
su[m]ma cu[m] dilige[n]tia collectu[m] ta[m] ritui s[anctae] Romanae et
ap[osto]licae eccl[es]iae q[uam] aliar[um] eccl[es]iar[um]
acco[m]mod[at]u[m], clara dilige[n]tia ordinatu[m], stylo humili ad o[mn]ium
i[n]tellige[n]tia[m] digestu[m], sacror[um] Ro[manorum] Po[n]tificu[m] et
universalium co[n]cilior[um] iuriu[m]q[ue] auctoritate firmatu[m],
Theologor[um] et canonistar[um] s[ente]n[t]iis munitu[m], b[ea]tissimi
p[re]decessoris tui auctoritate approbatu[m],
20. in quo sacerdotes qual[ite]r vivere, q[ui]d docere, qual[ite]r eccl[es]iastica
sacr[ament]a co[n]ficere, ministrare et cu[m] suis a[n]nexis dispe[n]sare
de[be]ant, q[ua]s res et qual[ite]r b[e]n[e]dicere, q[ua]s et q[ua]les
p[ro]cessio[n]es ta[m] ordinarias q[uam] extraordinarias facere:
eccl[es]iasticu[m] co[m]putu[m] qual[ite]r p[er]scrutari de[be]ant, modula-
tione[m] eccl[es]iastici ca[n]tus qual[ite]r discere: et postremo malignos
sp[irit]us ab energuminis qual[ite]r expellere valea[n]t plenissime i[n]forman-
t[ur].
21. Si q[ui]d aut[em] in eo laudabil[ite]r scriptu[m] benignissima
S[anctitas] T[ua] i[n]venerit, id totu[m] deo o[mn]ipote[n]ti bonor[um]
o[mn]ium largitori deputet, si vero q[ui]d min[us] b[o]n[um] appositu[m] fuerit
s[an]c[t]itatis tue sapi[enti]ae et s[an]c[ta]e Ro[manae] eccl[es]ie cui
S[anctitas] T[ua] dignissime p[re]sidet ce[n]surae et correctio[n]i humil[ite]r
co[m]mitto.
Cui[us] sapie[n]tissimo iuditio, et illius s[an]c[t]issimae sedis me et mea
humil[ite]r subicio et suppono. +
Gli elementi autobiografici sono stati già considerati nel capitolo precedente127 e
perciò ne tralascio la considerazione.
Richiamo tuttavia, tra i dati autobiografici da noi non esaminati, quanto riportato
ai §14-15 riguardanti i suoi contatti con alcuni studiosi di spicco dell’epoca che egli
127
Cf. nel capitolo precedente il paragrafo “1.2.3. I dati biografici di Alberto da Castello” a p. 22 e
seguenti.
65
dichiara di avere conosciuto a Roma proprio in occasione della consultazione della
Biblioteca Apostolica vaticana e che devono essergli stati in qualche modo d’aiuto:
Girolamo Aleandro, Romolo Mammacini, Lorenzo Parmenio, Tommaso Diplovatazio.
Innanzitutto nomina il bibliotecario della biblioteca apostolica vaticana, Girolamo
Aleandro128 che egli dichiara essere vir omni scientiarum genere prestantissimus ac
multarum linguarum peritissimus Apostolicus bibliothecarius.
Dichiara inoltre di avere ricevuto il consiglio o l’aiuto di Romolo Mammacini129
che egli definisce archidiaconus aretinus omnis bonitatis virtutis ac bonarum litterarum
alumnus e menziona nondimeno anche Lorenzo Parmenio definendolo picenus poeta
insignis: entrambi furono custodi della Biblioteca Apostolica che Alberto da Castello
incontrò personalmente ricevendone un prezioso aiuto.
Importante è anche ciò che afferma di Tommaso Diplovatazio130 huic operi non
parum favoris, et nonnullos libros antiquos ad hoc idoneos concedente, per il fatto che
ci dovette essere consonanza tra il tipo di lavoro critico che Alberto da Castello
intendeva effettuare e il metodo di lavoro usato dal rinomato giurisperito per le fonti
giuridiche medievali. Inoltre ci dovette essere anche una completa fiducia nei riguardi
128
Girolamo Aleandro (1480-1542) – segnala l’enciclopedia Treccani – fu umanista, prelato e
diplomatico (...) Studiò a Padova; dotto in greco e lingue orientali, fece parte del circolo di Aldo Manuzio a Venezia, ove conobbe Erasmo; insegnò latino e greco nell'università di Parigi (1508-13). Divenuto poi segretario di Erardo de la Marck, vescovo di Liegi, e da lui mandato a Roma (1516), fu nominato da Leone X bibliotecario della Palatina (1519). Inviato nunzio in Germania (1520) con l'incarico di pubblicare e far eseguire la bolla «Exsurge Domine», ottenne, nella dieta di Worms (1521), la messa al bando di Lutero. Nei confronti della Riforma assunse subito un atteggiamento rigidamente negativo. Da Clemente VII fu inviato nunzio a Francesco I, col quale venne preso prigioniero nella battaglia di Pavia (1525). Di nuovo nunzio in Germania (1531-32) e a Venezia (1533-35), assisté Paolo III e fece parte della commissione incaricata di redigere il «Consilium de emendanda Ecclesia». Creato cardinale (1538), fu inviato a Vienna per sorvegliare e impedire i tentativi imperiali di pacificazione con i protestanti (1538-1539). Lasciò numerosi manoscritti e una copiosa corrispondenza. Larga diffusione ebbe il suo Lexicon graeco-latinum (1512). Cf. http://www.treccani.it/enciclopedia/girolamo-aleandro/ e anche DBI vol. 2, alla voce «ALEANDRO, Girolamo» curata da G. Alberigo.
129 Romolo Mammacini, originario di Arezzo, fu uno dei custodi della Biblioteca apostolica vaticana.
Della sua presenza presso la medesima resta un riferimento all’anno 1512. Cf. Repertorium Officiorum Romanae Curiae in Th. FRENZ, Die Kanzlei der Päpste der Hochrenaissance (1471-1527), coll. “Bibliothek Des Deutschen Historischen Instituts in ROM”, ed. M. Niemeyer, 1986.
130 Tommaso Diplovatazio (1468-1541), figlio di nobili greci, frequentò l’università di Padova, poi
Perugia e conseguì il dottorato a Ferrara ricoprendo poi diversi incarichi e mansioni nel Ducato di Pesaro, poi per un anno come governatore a Perugia. Esperto di diritto, le sue edizioni sono state oggetto di studio in epoca moderna perché
«rivestono grande importanza sia per la tradizione dei testi, sia per la storia letteraria della giurisprudenza medievale. Le numerose additiones fornivano infatti elementi di attribuzione e notizie criticamente vagliate sulla produzione dei commentatori, spesso più precise e sicure che nel Liber de claris iurisconsultis. Considerate a lungo per buona parte perdute, solo la storiografia recente ha potuto rintracciarne gli esemplari rarissimi ed avviarne lo studio diretto (...)». Cf. la voce «DIPLOVATAZIO (Diplovataccio), Tommaso» in DBI 40 (1991).
66
di Alberto da Castello se arrivò a prestargli dei volumi di quella preziosa biblioteca
personale per cui tanto si adoperò perché non andasse dispersa, cosa poi che avvenne.
2.2.6 La poesia dedicatagli da Alessandro Gaboardo (1444ca-1517ca)
Già Cattaneo aveva riportato al termine del proprio articolo la poesia dedicata ad
Alberto da Castello da parte di Alessandro Gaboardo di Parma (1444c-1517c)131 che
Alberto da Castello dovette avere conosciuto prima della di lui morte collocata
approssimativamente attorno al 1517.
È dunque sicuramente antecedentemente a tale data che Alberto da Castello
doveva avere già esposto al Gaboardo non solo le proprie intenzioni circa la
composizione dell’opera, ma anche alcuni specimen del proprio lavoro che è
magistralmente ritratto dalla poesia dedicatagli dal Gaboardo che doveva averla fatta
pervenire all’amico perché la potesse premettere all’opera.
Inclita perpetuo reboabunt templa fauore
Extollent sacri nomen ad astra chori
Gli incliti sacrari risuoneranno in perpetuo di plauso
e i sacri cori ne solleveranno fino agli astri il nome;
Albertus varias mundi spaciatus ad oras
Protulit in medium que latuere diu
Alberto, dopo aver cercato in varie parti del mondo,
offrì ciò che da lungo tempo era nascosto.
Candidus accipiat diuini dogmata lector
Pontificum varijs condita concilijs
Il lettor accolga con candore i divini dogmi
dei Pontefici fondati sopra i vari concili.
Sacra sacerdotum conscribit munia solers
Presulis officium nec minus ille canit
Solerte i sacri obblighi dei sacerdoti redige
né decanta in modo inferior del Presule l’ufficio
Indoctus doctusque simul confessor et omnis
Presbiter hoc poterit munere ferre modum
l’ignorante e il dotto, il confessor e ogni Presbitero
potrà portare questo al suo servizio.
Inveniet tandem Ritus quos rite sacerdos
Pertractare potest: quos fugiatque simul
Vi troverà i riti che secondo la norma il sacerdote
può trattare: e insieme quant’è da rifuggire;
Alberto meritos igitur reddamus honores
Nobilis est patria: nobilis ingenio.
rendiamo onori e meriti ad Alberto
nobile per la patria e nobile per l’ingegno.
Alcuni dati biografici di Alberto da Castello desumibili dalla lettera di Leone X
La lettera del pontefice Leone X così come la lettera del Patriarca Antonio
Contarini e gli altri documenti che furono stampati solamente nella prima edizione del
1523 sono ricchi di elementi autobiografici e dati cronologici che devono essere
131
Alessandro Gaboardo fu di origine parmense, nato attorno al 1444 nella frazione di Torricella di
Sissa. Studiò lettere a Mantova dove ebbe per maestro il bolognese Giambattista Pio che lo ricorda con le seguenti parole Alexandri Gabuardi Parmensis auditoris mei cum publice Mantuae docerem, juvenis antiquitatis studiosissimi (Alessandro Gabuardi di parma, mio uditore mentre insegnavo pubblicamente a Mantova, giovane studiosissimo dell’antichità). Insegnò poi a Pesaro e successivamente, nel 1513, a Gubbio dove fu docente di grammatica e dove si trasferì per l’insolvenza del Comune di Pesaro relativa alla propria docenza. Cf. http://www.parmaelasuastoria.it/ita/Gabba-Gastelli.aspx?idMostra=38&idNode=252#gaboardi%20alessandro letto in data 2 gen 2012.
67
raccolti e composti per la ricostruzione della biografia e anche dell’opera del nostro
autore.
Il 16 aprile 1520 Alberto da Castello ottiene dal Patriarca di Venezia Antonio
Contarini la licenza di stampa che è condizionata dall’assenso dell’inquisitore. Tale
assenso verrà ottenuto dopo esame dell’opera pochi giorni dopo, il 24 aprile 1520,
nella persona di Francesco Pisano dell’Ordine dei Frati minori. Dopo tali consensi
Alberto da Castello si muove alla volta di Roma per ottenere la benedizione e il
privilegio di stampa da parte di Leone X che gli verrà rilasciato in data 2 novembre
1520.
La sua lettera dedicatoria ad Adriano VI contiene il riferimento ad un soggiorno
romano con un intenso periodo di studio presso la Biblioteca apostolica vaticana che
dovrebbe essere avvenuto nel 1519 o, al più tardi,nei primissimi mesi del 1520
partendo dal presupposto implicito nella lettera di Leone X che il testo da lui fatto
esaminare era ormai già «definitivo».
Dunque l’ultimo mese e mezzo del 1520 e i due anni seguenti dovettero essere
dedicati alla stampa e alla correzione delle bozze del Liber sacerdotalis, anche se
sappiamo che l’anno seguente e precedentemente alla pubblicazione del Liber
sacerdotalis ci fu la pubblicazione del Rosario della gloriosa vergine Maria che dovette
sicuramente assorbire le forze e il tempo del padre domenicano.
Finalità pastorale ed ecclesiale dell’opera
La finalità precipua di Alberto da Castello, di offrire cioè uno strumento per tutti
coloro che si trovavano in situazione di cura pastorale, è la finalità che è stata colta da
Leone X, anche se forse nella sinteticità della lettera del pontefice tale finalità è
desunta più dal titolo che dall’esame del contenuto (§1: pro utilitate Rectorum,
praesertim parrochialium ecclesiarum curam animarum earundem habentium).
Di altro tenore invece è l’«imprimi potest» del patriarca di Venezia. La sua
valutazione sembra proceda da un esame più dettagliato dell’opera. Innanzitutto il suo
notaio, che è materialmente colui che redige l’atto e probabilmente anche colui che ha
esaminato il volume, coglie immediatamente il valore dell’opera di Alberto da
Castello. Comprende e riconosce che l’opera è divisa in tre parti e comprende essere il
frutto di ardua e lunga ricerca (§2: laudabilibus studiis et laboribus). Nel documento
egli lascia trapelare che è solo al termine di lunga ed ardua ricerca che Alberto da
Castello ha operato un vaglio critico per offrire ai pastori quanto era giudicato
opportuno (§2: excerpsistis quae curatis sacerdotibus valde oportuna esse iudicantur),
anzi, coglie che la massima utilità e la maggior parte del volume (§2: permaxime) è
68
dedicato ai sacramenti ed è consapevole che il punto di forza dell’opera sta proprio
nell’offrire raccolto in un unico libro quanto fino ad allora era sparso in molti (§2: in
unum volumen quibusdam valde necessariis permaxime circa ecclesiae sacramenta
supradditis congregastis).
Si intuisce chiaramente che i destinatari “naturali” di tale volume sono proprio i sacerdoti (§3: sacerdotibus curatis pro quibus illud composuistis) e che proprio per questo tale opera sarà utilissima alla vita della Chiesa (§4: toti ecclesiae proficuum fore arbitrantes). Stessa valutazione è esternata dall’inquisitore, anzi, dando l’impressione di ricalcare semplicemente per la prima parte la valutazione del Notaio del Patriarca (§1: speramusque ipsum ualde utilem fore ecclesiae sanctae dei), mentre per la seconda sembra semplicemente ricalcare le parole del titolo (§1: Reuerendis Sacerdotibus curam animarum gerentibus).
La genialità dell’opera: fare una sintesi ponderata e soppesata dei rituali, e non solo,
conformi alla tradizione autorevole della Chiesa
La poesia dedicata dal Gaboardo ad Alberto da Castello potrebbe sembrare senza
grande valore storico, in quanto probabilmente fu redatta prima della redazione finale
del lavoro, quando il da Castello aveva cominciato il proprio lavoro ma sicuramente
non ne era ancora arrivato alla conclusione: ricordo tuttavia che non essendo edotti in
modo preciso circa la data di morte del Gaboardo non possiamo affermare con
certezza che non abbia avuto modo di esaminare l’opera di Alberto da Castello alla sua
conclusione. Mi sembra tuttavia che la questione storica non possa essere ridotta al
problema della data di morte del Gaboardo e alla data di conclusione della revisione
dell’opera da parte del domenicano.
Gaboardo con il suo giudizio di valore dimostra più del “si stampi” del Patriarca e
anche forse più della lettera di Leone X di avere colto la preziosità dell’opera.
Egli probabilmente non aveva presente solo quanto appariva evidente ad una
analisi anche frettolosa del testo, come sembra abbia fatto l’inquisitore, e come tutti
hanno intuito: il testo una volta stampato si sarebbe offerto come un libro
indispensabile e utilissimo per l’esercizio del ministero pastorale e ogni sacerdote se lo
sarebbe potuto portare appresso (Indoctus doctusque simul confessor et omnis
presbiter hoc poterit munere ferre modum) perché nel testo sono compresi i riti
necessari all’esercizio del ministero e gli obblighi legati al proprio ufficio (Sacra
sacerdotum conscribit munia solers presulis officium nec minus ille canit).
Il Gaboardo sembra avere colto maggiormente lo sforzo di Alberto da Castello
costituito dalle premesse all’intero volume e da quelle premesse alle singole sezioni
circa i sacramenti, le benedizioni, le processioni che sono frutto del suo studio e della
sua ricerca: gli atti dei concili e dei sinodi dell’antichità e del periodo medievale, con
69
quanto da essi prescritto in merito alle diverse celebrazioni, le decisioni dei concili, le
decisioni approvate dai papi erano la garanzia dell’autorevolezza del testo (Candidus
accipiat diuini dogmata lector pontificum variis condita conciliis). Alberto da Castello
non andava affermando nella propria opera a partire dalla propria autorità e dal
proprio genio cosa il sacerdote dovesse fare, ma si era ingegnato a raccogliere nella
sua opera ciò che l’autorità della Chiesa, i concili, i sinodi con relative disposizioni
papali dirette o indirette, erano andati stabilendo nel corso dei secoli e che, quindi,
dovevano essere considerate decisioni valevoli e obbliganti in coscienza tutti i
sacerdoti, proprio in ragione dell’autorità della Chiesa e dei documenti quivi raccolti.
Questo aspetto dell’opera mi sembra sia stata colta solamente dal Gaboardo.
Alberto da Castello nel titolo del Liber sacerdotalis cita i libri di alcune chiese
(quarundam aliarum ecclesiarum), ma prima di tutto quelli della curia romana (ex libris
sancte Romane ecclesie) facendo riferimento agli antichi codici della Biblioteca
vaticana quali testimoni della norma di preghiera della chiesa antica (ex antiquis
codicibus apostolice bibliothece); richiama le sanzioni che il diritto ecclesiastico era
andato elaborando a partire dai canoni e dalle diverse altre fonti del diritto
ecclesiastico (ex iurium santionibus) e cita inoltre gli scritti dei dottori della Chiesa (ex
doctorum ecclesiasticorum scriptis).
Se si esamina anche solo l’inizio del suo trattatello riguardante ciò che i sacerdoti
devono sapere, predicare, ecc... basta esaminare le fonti citate: lettera di Celestino I
papa, concilio di Arles, scritti di s. Agostino, concilio di Rouen, concilio di Reims,
concilio di Braga, concilio di Augusta, concilio di Valentia, concilio di Antiochia, sinodo
africano, concilio di Tours, ecc...
Insomma, solo chi aveva potuto, come il Gaboardo, essere edotto e «saggiare»
nel colloquio con Alberto da Castello la preziosità dell’opera poteva essersi reso conto
della genialità dell’impresa e della sua importanza (Alberto meritos igitur reddamus
honores nobilis est patria: nobilis ingenio). La sua silloge non era solo silloge di rituali,
ma anche di documenti autorevoli della Chiesa e del magistero ecclesiastico che
sarebbero stati così utilissimi per una formazione teologica, giuridica e pastorale del
clero.
Molto probabilmente Alberto da Castello si rifaceva a raccolte di atti conciliari e
documenti papali circolanti nella sua epoca. Ciò che vogliamo fare notare è il suo
spirito metodico di selezionare, catalogare e ordinare tutto ciò e solo ciò che riguarda
l’esercizio del ministero pastorale e, in particolare, l’amministrazione dei sacramenti e
di riversarlo, ben ordinato e strutturato, nella propria opera.
70
2.3. IL FRONTESPIZIO
Il frontespizio illustra – sotto forma di
immagine – come aveva già suggerito il Cattaneo132, lo
stesso Alberto da Castello che riceve da parte di Leone
X l’approvazione ufficiale della sua opera anche se, di
fatto, Leone X, morto nel 1521, non arrivò mai a
vederne l’opera stampata per i ritardi che si ebbero
nella pubblicazione.
Il titolo esatto e completo del frontespizio è, in
questa edizione, completamente in rosso, ed è il
seguente:
Liber Sacerdotalis | nuperrime ex libris s[an]c[t]e Romane eccl[es]ie & q[ua]rundam aliar[um] | ecclesiar[um]: & ex antiq[ui]s codicib[us] apostolice bibliothe|ce: & ex iuriu[m] sanctionibus & ex doctor[um] eccl[es]ia|sticor[um] scriptis ad Reuere[n]dor[um] patr[um] sacer|dotu[m] parrochialium & a[l]iar[um] cura[m] ha|bentiu[m] co[m]modum collet[us] atq[ue] | composit[us]: ac auctoritate | S[an]ctissimi D. D[omi]ni n[ost]ri | Leonis decimi appro|bat[us]. In q[uo] c[on]tinent[ur] & officia o[mn]ium | sacr[ament]or[um] & resolut[i]o[n]es o[mn]ium dubior[um] ad | ea p[er]tine[n]tium: Et o[mn]ia alia q[ue] a sacerdotib[us] fieri | possunt: q[ue] q[ua]m sint pulchra & utilia ex i[n]dice collige.
Rispetto a tutti gli altri frontespizi delle edizioni che seguiranno questo è l’unico
che è scritto completamente in inchiostro rosso ed è l’unico ad avere il titolo «Liber
sacerdotalis» su una sola riga, la prima, e due capitali per la “L” di Liber e “S” di
Sacerdotalis. Il seguito del titolo viene disposto “ad imbuto” con il tentativo e la
velleità di dare una dimensione artistica al frontespizio non solo con la silografia che
sovrasta il titolo, ma anche mediante la disposizione centrata delle righe che si vanno
riaprendo e riallargando nella parte bassa.
La silografia del frontespizio rimarrà invariata fino alla 5ª edizione del 1555,
quando Pietro Boselli provvederà a sostituirla.
Il Cattaneo ipotizza che possa essere stato il medesimo Alberto da Castello
l’autore dell’incisione del frontespizio e delle altre ventitrè silografie presenti nella
prima edizione motivando tale ipotesi sulla base di un articolo di Menegazzo133.
132
Cf. Enrico CATTANEO, Il culto cristiano in Occidente. Note storiche, p. 288. 133
Così afferma il Cattaneo (CATTANEO, Il rituale romano (1967), p. 641: Già la prima edizione è
arricchita da ventuno silografie: se il Castellani fu davvero anche miniatore, potrebbero essere opera sua) citando E. MENEGAZZO, Per la biografia di Francesco Colonna, in Italia medievale e umanistica 5 (1962), p. 232-272 (soprattutto p. 251-255).
Il frontespizio della prima edizione del
1523
71
Per un approfondimento circa le silografie vedi oltre nel presente capitolo e nel
capitolo successivo.
2.3.1. Il titolo «Liber sacerdotalis»
Nelle prime pagine del libro emerge chiaramente che il Liber sacerdotalis era
l’analogato del pontificale.
Il parallelo con il pontificale è stabilito dallo stesso Alberto da Castello quando
afferma:
Et quare in libro Pontificali sufficienter de his, quae ad officium pontificum spectant, diffusius tractatur; operae pretium visum fuit in hoc libro, que Sacerdotale nuncupatur, ea, quae ad officium curatorum pertinent, quae tum deus dederit, inserere; quatenus quilibet sacerdos in promptu habeat: qualiter ministerium suum ad animarum sibi comissarum salutem salubriter valeat exercere134.
D’altronde lo stesso patriarca di Venezia nel suo decreto circa il “si stampi” aveva
affermato quod quidem, ad instar pontificalis episcoporum (...) librum Sacerdotalem
appellastis (§3).
Probabilmente Alberto da Castello era consapevole e forse si auspicava che il
frutto del proprio lavoro avrebbe dato origine ad un nuovo libro liturgico, alla pari del
Pontificale. Egli inoltre si auspicava che acquisisse analogamente al Pontificale il nome
di Sacerdotale, cosa che avvenne ben presto a partire dalla quarta edizione del 1554.
Dunque la sua previsione e il suo auspicio fu confermato dai fatti.
2.3.2. L’approvazione di Leone X alla quale allude il frontespizio
Il frontespizio dichiara esplicitamente l’approvazione di Leone X che, in effetti, il
lettore poteva trovare immediatamente dopo, girando la pagina del frontespizio sotto
una grande scritta in lettere capitali maiuscole: LEO PAPA DECIMUS.
Tale era dunque la collocazione più opportuna che Alberto da Castello aveva
voluto per la lettera papale che così tanta autorità e autorevolezza dava al suo libro,
quantunque ne lasciasse la stampa alla sua iniziativa di privato. La lettera di Leone X
tuttavia sarà fatta sparire già dalla seconda edizione, anche se il riferimento a Leone X
rimarrà nel frontespizio sia della seconda edizione del 1537 che della terza del 1548
per diventare nella quarta edizione del 1554 un generico summorum pontificum
authoritate multoties adprobatum sulla cui veridicità si soffermerà Benedetto XIV
stesso circa due secoli dopo135.
134
Foglio 2r:2-8. 135
Cf. quanto detto sul multoties adprobatum a p. 92.
72
Sul valore dell’approvazione di Leone X vedi il testo dell’approvazione e le
osservazioni al privilegio da lui concesso136.
2.4. LA «TABULA CONTENTORUM» E I CONTENUTI DELL’OPERA
Per quanto riguarda la tabula contentorum rimando all’appendice che ho
completamente dedicato a tale scopo.
2.5. LE PAGINE DELL’«INCIPIT»
Parlo di «incipit» dell’opera perché il volume inizia con l’indice locupletissimus, a
cui segue la poesia dedicatagli da Gaboardo, la lettera di Leone X, il «si stampi» del
Patriarca, la lettera dell’inquisitore. Si devono dunque aspettare diverse pagine per
giungere all’inizio vero e proprio dell’opera, quello che ho chiamato «incipit». Anche
qui tuttavia l’autore, per avvisare che ora si procede proprio a cominciare l’oera,
riprende brevemente il titolo del frontespizio ma in modo più sintetico e realistico,
omettendo l’accenno ai contenuti (in quo continentur) a cui si riferiva il frontespizio
medesimo.
136
Vedi sopra a p. 47.
73
La pagina dell’«incipit» e la pagina prospicente in una curatissima veste grafica
2.5.1. Il titolo precedente l’«incipit»: richiamo ai sacerdoti della «cura
animarum»
(in rosso) Libri sacerdotalis de officio sacerdotis curati et omnibus ad animarum curam pertinentibus et sacramentorum exhibitionibus cum eorum annexis secundum ritum Sancte Romane et apostolice ecclesiae et aliarum ecclesiarum usibus accomodati prohemium.
Con tale titolo Alberto da Castello desidera introdurre il sacerdote lettore ad una
considerazione generale su quello che la tradizione occidentale da quasi un millennio
ormai indicava come «ufficio», il suo «ministero» diremmo oggi, ricordando
esplicitamente che tale ufficio è relativo alla cura animarum e specificando subito che
tale cura è data non solo dalla exibitio sacramentorum, ma anche da tutto ciò che non
è direttamente implicato con i sacramenti, gli annexa: le vedremo trattate sia nella
recita di quello che da secoli veniva ormai chiamato «ufficio», sia negli uffici funebri
della prima parte, ma non è escluso che non si accenni anche alle benedizioni della
seconda parte e alle processioni della terza.
Che Alberto da Castello operasse la distinzione tra curatus e il sacerdote gerens
cura animarum mi sembra una indicazione esplicita ad una realtà della Chiesa che va al
di là di quel momento storico. Quanto da lui è qui offerto non si intendeva solo per il
clero diocesano e quanti avevano la cura pastorale di una parrocchia, ma anche per
74
tutti quei religiosi (come lo stesso Alberto) che si trovavano al servizio di chiese
cittadine assai frequentate dai semplici fedeli o che nei propri viaggi avevano
occasione di celebrare nei medesimi luoghi e nelle medesime chiese in cui prestavano
servizio i sacerdoti curati. Nella sua dedica ad Adriano VI fa accenno a tale esperienza
diretta.
Il titolo che precede l’incipit fa inoltre riferimento non solo al ritus sanctae
romanae et apostolice ecclesiae, ma anche agli usus aliarum ecclesiarum, come quello
patriarchino che è esplicitamente citato nei riti del battesimo.
2.5.2. Le due pagine dell’«incipit»
L’incipit dell’opera è interessantissimo perché i due fogli interessati– sia il foglio
verso precedente l’«incipit», sia il foglio 1 recto dell’«incipit», vedi la foto riprodotta
sopra – sono corredati sui lati da una lunga serie di immagini di busti umani e da
altrettante citazioni bibliche, in tutto diciotto citazioni, quasi a volere rappresentare
l’autorità delle sacre Scritture con la raccolta di diverse profezie relative ai pastori e al
compito pastorale.
Questo fatto rivela un tratto della personalità di Alberto da Castello. Dopo avere
corretto la redazione latina della vulgata, conoscendo così approfonditamente la sacra
scrittura e avendone redatto anche degli indici assai esaustivi, la pietà del padre
domenicano doveva avere prodotto una silloge di citazioni tutte inerenti l’ufficio del
buon pastore e, al contrario, ciò che Dio minaccia ai cattivi pastori. La pubblicazione
del Liber sacerdotalis diventa perciò l’occasione nella quale sottoporre alla lettura del
clero che si servirà del suo volume, tutte quelle citazioni scritturistiche che richiamano
i pastori al proprio dovere di fronte a Dio.
Le citazioni presenti sul «verso» del foglio precedente l’«incipit»
Queste le citazioni bibliche che si trovano sul verso del foglio precedente l’incipit
dell’unica edizione del 1523. Per comodità le ho numerate progressivamente.
N°1 - 1ª immagine a sinistra a partire dall’alto: pascite qui in vobis est gregem Dei
providentes non coacte sed spontanee secundum Deum. j Petri V («pascete il gregge di
Dio che è tra di voi, provvedendo non forzatamente, ma spontaneamente, secondo
Dio» 1Pt 5,2);
N°2 - 2ª immagine a sinistra a partire dall’alto: suscitabo mihi sacerdotem fidelem
qui iuxta cor meum et animam meam faciet. j Regum ij («farò sorgere al mio servizio
un sacerdote fedele che agirà secondo il mio cuore e il mio desiderio » 1 Sam 2,35);
75
N°3 - 3ª immagine a sinistra a partire dall’alto: labia enim sacerdotis custodient
scientiam et legem requirent ex ore eius quia angelus Domini exercituum est Mal II («le
labbra del sacerdote devono custodire la scienza e dalla sua bocca si ricerca
l’istruzione, perché egli è messaggero del Signore degli eserciti» Mal 2,7);
N°4 - 4ª immagine a sinistra a partire dall’alto: Vae pastoribus qui disperdunt
gregem pascuae meae. Ecce ego visitabo super vos. Hie. 23 («Guai ai pastori che
disperdono il gregge del mio pascolo (...) Ecco io li visiterò» Ger 23,1.2);
N°5 - 1ª immagine a destra a partire dall’alto: Elegit iudas sacerdotes sine macula
voluntatem habentes in lege Dei et mundaverunt. j Mc 4 («Giuda scelse dei sacerdoti
senza macchia osservanti della legge di Dio che purificarono» 1Mac 4,42);
N°6 - 2ª immagine a destra a partire dall’alto: non enim peribit lex a sacerdote
neque consilium a sapiente nec sermo a propheta. Ie. 18 («non verrà meno la legge al
sacerdote, né il consiglio al sapiente, né l’oracolo al profeta» Ger 18, 18);
N°7 - 3ª immagine a destra a partire dall’alto: Sicut pastor gregem suum pascet:
in brachio suo congregabit agnos. Esa. xl («Come un pastore pasce il suo gregge; con il
suo braccio radunerà gli agnelli» Is. 40,11);
N°8 - 4ª immagine a destra a partire dall’alto: qui ad iustitiam erudiunt multos
quasi stellae in perpetuas aeternitates. Dan xij («coloro che avranno indotto molti alla
giustizia risplenderanno come le stelle per sempre» Dan 12,3);
N°9 - Lunga citazione nella parte bassa del foglio con una immagine a sinistra
della lunga citazione:
76
haec dicit Dominus Deus meus. Pasce
pecora occisionis: quae qui possederant
occidebant: et non dolebant: et vendebant
ea dicentes. Benedictus Dominus: divites
facti sumus: et pastores non parcebant
eis. «et infra» Adhuc sume tibi vasa
pastoris stulti. Quia ecce ego suscitabo
pastorem in terra: qui derelicta non
visitabit: dispersum non quaeret: et
contritum non sanabit: et id quod stat non
enutriet: et carnes pinguium comedet: et
ungulas eorum dissolvet: O pastor et
idolum derelinquens gregem. Gladius
super brachium eius: et super oculum
dextrum eius. Brachium eius ariditate
siccabitur: et oculus eius dexter
tenebrescens obscurabitur. Zacharie. xj.
«Così parla il Signore mio Dio: «Pasci
quelle pecore da macello che i compratori
sgozzano impunemente, e i venditori
dicono: Sia benedetto il Signore, mi sono
arricchito, e i pastori non se ne curano
affatto. ecc. Prenditi gli attrezzi di un
pastore insensato, poiché ecco, io
susciterò nel paese un pastore, che non
avrà cura di quelle che si perdono, non
cercherà le disperse, non curerà le malate,
non nutrirà le affamate; mangerà invece
le carni delle più grasse e strapperà loro
perfino le unghie. Guai al pastore stolto
che abbandona il gregge! Una spada sta
sopra il suo braccio e sul suo occhio
destro. Tutto il suo braccio si inaridisca e
tutto il suo occhio destro resti accecato»
Zac 11,3-6.15-17
Le citazioni presenti sul «recto» del foglio dell’«incipit»
Queste di seguito invece sono le citazioni bibliche che costellano l’incipit delle
edizioni del 1523, 1537, 1548, 1554, 1560, 1564, 1567137 e 1569:
N°10 - 1ª immagine a sinistra a partire dall’alto: Mea est omnis terra et vos eritis
mihi in regnum sacerdotale gens sancta. Exodi XIX («Mia è tutta la terra e voi sarete
per me un regno sacerdotale, una gente santa. Es 19,6»);
N°11 - 2ª immagine a sinistra a partire dall’alto: Dabo vobis pastores iuxta cor
meum, et pascent vos scientia et doctrina, Jerem III («Vi darò pastori secondo il mio
cuore che vi pasceranno con la scienza e con la dottrina Ger 3,15»);
N°12 - 3ª immagine a sinistra a partire dall’alto: Bonus pastor animam suam dat
pro ovibus suis, Joh X («Il buon pastore dà la vita per le proprie pecore, Gv 10,11»);
N°13 - 4ª immagine a sinistra a partire dall’alto: Paravit cor suum, ut investigaret
legem Domini, et faceret et doceret præceptum, Esd VII («si era dedicato con tutto il
137
Da verificare perché l’edizione da me consultata era mutila del foglio dell’incipit.
77
cuore a studiare la legge del Signore e a praticarla e ad insegnare la legge e il diritto»,
Esd 7,10);
N°14 - 1ª immagine a destra a partire dall’alto: Vos estis gens sanctum, regale
sacerdotium: gens sancta, populus acquisitionis («Voi sarete una gente santa, un
sacerdozio regale: gente santa popolo di acquisizione, Es 19,6»);
N°15 - 2ª immagine a destra a partire dall’alto: Qui misericordias habet, docet et
erudit sicut pastor gregem suum. Ecclesiasti XVIII («Chi ha compassione insegna e
istruisce come un pastore il proprio gregge, Eccl 18,12-13»);
N°16 - 3ª immagine a destra a partire dall’alto: Inebriabo animas sacerdotum
pinguedine, et populus meus bonis adimplebitur. Iere. XXXI («Inebrierò le anime dei
sacerdoti con il grasso e il mio popolo sarà ricolmo di beni, Ger 31,14»)
N°17 - 4ª immagine a destra a partire dall’alto: Sacerdotes populum meum
docebunt quid sit inter sanctum et pollutum etc. Ezechie. XLIIII («I sacerdoti
insegneranno al mio popolo la differenza tra ciò che è santo e ciò che è impuro, Ez
44,23»).
N°18 - C’è inoltre la lunga citazione di Ezechiele 34 sulla parte bassa della pagina
dell’incipit:
78
Haec dicit Dominus Deus pastoribus Israel:
qui pascebant semetipsos: Nonne greges a
pastoribus pascuntur? Lac comedebatis, et
lanis operiebamini: et quod crassum erta
occidebatis: gregem autem meum non
pascebatis: quod infirmum fuit non
consolidastis: et quod aegrotum non
sanastis: quod confractum est non
alligastis: et quod abiectum est non
reduxistis, et quod perierat non quaesistis:
sed cum austeritate imperabatis eis et
cum potentia. Et dispersae sunt oves meae
eo quod non est pastor: et factae sunt in
devorationem. Propterea pastores audite
verbum domini. Haec dicit dominus deus:
Ego ipse super pastores requiram gregem
meum de manu eorum, et cessare faciam
ut ultra non pascant gregem meum nec
pascant amplius pastores semetipsos.
Ezech. XXIIII (sic !!!)138
«Questo dice il Signore ai pastori d'Israele
che pascono se stessi! I pastori non
dovrebbero forse pascere il gregge? Vi
nutrivate di latte, vi rivestivate di lana,
ammazzavate le pecore più grasse, ma
non pascolavate il gregge. Non avete reso
la forza alle pecore deboli, non avete
curato le inferme, non avete fasciato
quelle ferite, non avete riportato le
disperse. Non siete andati in cerca delle
smarrite, ma le avete guidate con crudeltà
e violenza. Si sono disperse le mie pecore
perché non c’è il pastore e sono diventate
preda. (...) Perciò, pastori, ascoltate la
parola del Signore (...) Dice il Signore Dio:
Eccomi contro i pastori: chiederò loro
conto del mio gregge e non li lascerò più
pascolare il mio gregge, così i pastori non
pasceranno più se stessi, Ez 24 (sic),2-10»
Se si considera che le citazioni neotestamentarie sono solo due su diciotto (1Pt
5,2 e Gv 10,11) mentre le altre sedici sono tutte tratte dall’antico testamento (Es 19,6
due volte; 1Sam 2,35; Esd 7,10; Sir 18,12-13; Is 40,11; Ger 3,5; 18,18; 23,1-2; 31,14;
Dan 12,3; Ez 34,2-10; 44,23; 1Mac 4,42; Zac 11,3-6.15-17; Mal 2,7) si deve parlare di
una familiarità fuori dal comune che l’autore doveva avere con le Sacre Scritture e in
particolare con l’Antico Testamento.
La silloge delle citazioni e l’impianto iconografico presente nel foglio precedente
il foglio 1r assommato all’impianto iconografico del foglio prospiciente dove c’è
appunto l’incipit mi induce inoltre a parlare non di «pagina» dell’incipit, ma di
«pagine». L’inizio dell’opera deve essere stato meditato e studiato da Alberto da
138
Faccio notare che la citazione sarà corretta da «XXIIII» a «XXXIIII» solo a partire dall’ottava
edizione ad opera di Giovanni Varisco nel 1564. L’errore commesso probabilmente dal primo editore (Sessa-Ravani) rimarrà non corretto fino alla settima edizione che è opera di Giovanni Varisco e che, pur avendo avvisato, all’inizio della sesta edizione del 1560, di avere compiuto una accurata correzione degli errori, non si era avveduto di tale errore.
79
Castello in tutti i suoi dettagli: nelle citazioni bibliche con le quali “coronare” le due
pagine dell’incipit, le silografie dei busti umani dei profeti e degli apostoli per
accompagnare tali citazioni, la silografia della Trinità e del Cristo salvatore: nulla è
lasciato al caso ma tutto è compaginato perché il lettore sacerdote possa subito essere
favorevolmente impressionato e richiamato al proprio dovere sacerdotale e pastorale.
Che poi Alberto da Castello avesse in mente il sacerdote come lettore sono
molteplici gli indizi che lo indicano al punto che diventa superfluo soffermarmi: non
solo viene dichiarato nel frontespizio (ad Reuerendorum patrum sacerdotum
parrochialium et aliarum curam habentium commodum colletus atque compositus), nel
titolo (de officio sacerdotis curati et omnibus ad animarum curam pertinentibus), nella
postfazione chiedendo ai sacerdoti di ricordarlo nelle preghiere e nelle messe (Alberti
Castellani Ueneti ordinis predicatorum filii vestri qui tantum laborem subiit in vestris
missis et orationibus rogo memores estote), ma anche nella lettera di Leone X, nella
dedica ad Adriano VI, lo testimonia il Gaboardo con la sua poesia, e tantissimi altri
elementi.
Tale destinazione «sacerdotale» potrebbe apparire scontata, ma così non è se si
considera che quello che doveva essere intenzionalmente il primo Rituale romanum, il
thesaurus sacerdotalis di Francesco Samarino del 1580 – edito con una data antergata
nei primi anni del XVII secolo – era indirizzato quibuscunque sacerdotibus episcopis et
praelatis necnon cunctis Christifidelibus.
Era lo zelo per la salvezza delle anime che lo aveva condotto a passare dalla
revisione della Biblia vulgata al libretto del Rosario in lingua vulgare. Ora, con il suo
sacerdotale, continuava ad adoperarsi con il medesimo zelo, non prendendosi cura
direttamente delle anime, ma di coloro che della salvezza delle anime si devono
prendere cura: i sacerdoti.
2.5.3. Considerazioni varie sulla struttura delle pagine dell’«incipit»
Come ho precedentemente affermato si deve dunque parlare non di «pagina»
dell’incipit, ma di «pagine». Faccio notare poi che ciascuna delle citazioni presenti nelle
pagine dell’incipit è accompagnata dall’immagine di busto umano che sembra volere
rappresentare figurativamente gli apostoli e i profeti dai cui libri sacri tali citazioni sono
tratte.
Un modo, questo, che doveva essere stato frutto di un desiderio di Alberto da
Castello e che il Ravani – come vedremo tra i due editori forse il più attento
all’impianto figurativo– dovette accogliere con benevolenza. Il busto dei diversi
personaggi, tutti corredati da copricapi di fattezze ispirate a culture per la maggior
80
parte vagamente orientali, era un artifizio figurativo per avvalorare l’autorità e
l’autorevolezza delle sacre scritture sulla base delle quali si vuole appoggiare questa
insistenza nei confronti dei pastori circa il loro compito e la loro missione pastorale.
Effigi poste sopra o accanto alle citazioni bibliche nelle pagine dell’incipit
Alcune delle figure sono ripetute, segno che l’editore non poteva disporre di
diciotto busti diversi e, dunque, opta per riprodurre in modo duplice alcune delle
silografie.
L’orientamento di questi personaggi poi non è casuale. Tutte le figure sono
rivolte verso la parte interna del foglio e, dunque, indicano in ciascuna pagina un
centro.
Ora nel verso della pagina antistante la
pagina dell’incipit e che si viene a trovare
esattamente a sinistra del folio recto dell’incipit, il
centro di tutte le profezie (si tratta di una
citazione neotestamentaria, 1Pt, e di otto
citazioni veterotestamentarie) rimane la
«contemplazione della gloria di Dio Trinità» che
risplende e si manifesta quale sorgente di grazia
comunicata nel calice dell’eucaristia, sacramento
specifico del ministero pastorale dei sacerdoti
(per la spiegazione di tale silografia che era già stata utilizzata nel Rosario vedi oltre a
p. 84).
La gloria della Trinità adorata dai profeti
81
La pagina dell’incipit invece ha come centro ideale la silografia del Cristo, la “S”
del Saluator noster dominus Jesus Cristus tamquam verus samaritanus che vuole
dunque richiamare il mistero dell’incarnazione nella
persona del Verbo quale manifestazione suprema della
cura di Dio per il suo popolo colpito dagli humani generi
defectus et miseriae (f. 1r).
Richiamo l’importanza di tale impianto iconografico
che dovette essere ideato e fortemente voluto proprio
da Alberto da Castello, dopo che con gli editori Sessa e
Ravani aveva pubblicato due anni prima il volume del
Rosario che – con il suo abbondantissimo impianto
iconografico – così grande successo doveva avere già riscosso, nonostante non si fosse
ancora proceduto alla sua riedizione. Infatti nella postfazione che Alberto da Castello
volle apporre al termine del volume, e che rimase in tutte le successive edizioni139,
dopo il titolo excusatio authoris ad lectorem che fu introdotto da Vittore Ravani
nell’edizione del 1537, Alberto da Castello parla del Liber sacerdotalis come se fosse
stato “rifinito” perché nulla rimanesse al caso: ad finem peroptatum perductum et
consumatum (postfazione §1).
Se poi si tiene conto che Vittore Ravani nel 1537, per risparmiare sulla carta,
decise di “abbreviare” l’opera in diverse maniere, una delle quali fu quella di omettere
la pagina frontaliera rispetto a quella dell’incipit, capiamo bene quanto doveva essere
stato voluto dall’autore questo incipit così solenne, non solo dal punto di vista
letterario ma anche grafico e anche a costo di fare lievitare il costo del volume.
2.6. L’IMPAGINAZIONE DEL CONTENUTO DAL PUNTO DI VISTA FORMALE
Nell’impaginazione “fisica” dell’opera, laddove ci sono righe dall’altezza normale
e non necessariamente variate per grandezza del carattere, si tiene in una media di 35
righe per pagina.
139
Per il testo e la traduzione della postfazione vedi p. 82.
Il Cristo benedicente dell’incipit
82
Nell’ultima parte dell’opera invece, dopo i riti di esorcismo e probabilmente per
ragioni di spazio, a partire dal foglio 363v, si comincia ad usare un carattere tipografico
più piccolo, ma sempre con carattere tipografico gotico. Il risultato è che si ottengono
fogli con 54 righe e più.
2.6.1. Il carattere tipografico
Mi sembra di potere affermare,
dopo avere esaminato svariati testi di
questo periodo, che il carattere
tipografico gotico usato da Sessa-
Ravani nell’edizione del Liber sacerdotalis era assai comune nelle tipografie dell’epoca
ed a quel tempo era definito «carattere veneto» come nella Biblia cum pleno apparatu
summariorum stampato nel 1506 viene definito: impressum est characteribus
venetis140 (vedi immagine qui a fianco).
La stessa Curi Nicolardi ricorda che in questo momento dell’evoluzione della
stampa si è già verificata una sempre maggiore unificazione dei tipi dovuta all’impiego
da parte dei tipografi non più di caratteri propri da loro disegnati incisi e fusi, ma di
quelli forniti loro da fonditori e fonderie141.
Il carattere tipografico maggiormente usato per la stampa del sacerdotale, non
solo nell’edizione del 1523 ma anche in quelle successive, è quello classificato in epoca
moderna con il nome di gotica rotunda.
Le maiuscole
Registro dei 46 fascicoli che compongono il volume.
Da esso si evince in forma sintetica anche la forma dei caratteri tipografici maiuscoli e di alcuni minuscoli (f. 367v)
Ci viene in aiuto il registrum, annotazione utile al rilegatore per la composizione
dei quaderni (omnes sunt quaterniores «sono tutti quaderni»), per avere una visione
complessiva dell’alfabeto completo.
140
Biblia cum pleno apparatu summariorum, 1506, foglio 347v, B. 141
CURI NICOLARDI, Una società (1984), p. 19 dove parzialmente cita S. SAMEK LUDOVICI, Arte del libro, p.
140.
Biblia cum pleno apparatu (1506): riferimento al carattere gotico veneto
83
Significativo è che non venga percepita nessuna distinzione tra la “I”
e la “J” e tra la “U” e la “V”: per gli editori sono la medesima lettera che,
quando viene stampata in minuscolo, può avere sia una forma che l’altra.
Non ho rinvenuto la forma maiuscola per le lettere “x”, e “z”, mentre invece ho
rinvenuto la forma della “y” maiuscola, anche se non è usata di frequente, all’inizio
della parola “Immo” scritta “Ymmo” (f. 13r:1).
Le minuscole
La forma delle lettere minuscole invece presenta notevoli variazioni soprattutto
per alcune lettere.
a b c d d e f g h i-j
La lettera “d” ha una duplice forma: una di stile gotico e una già simile alla lettera
dell’italico e dell’alfabeto occidentale attuale.
i-j k l m m (finale)
n o p q r
r s s s (finale) t u-v u-v x y z
La lettera “i” viene scritta talvolta come “i” e talvolta come “j”.
La lettera m finale assume talvolta la forma identica alla lettera “z”.
La “r” si ritrova in una duplice forma entrambe usate senza una logica evidente.
La lettera “s” ha una triplice forma una delle quali specifica per la finale di parola,
mentre invece le altre due vengono scambiate senza una apparente logica.
Le lettere “u” e “v” sono anch’esse scambiate senza logica apparente.
2.6.2. Le silografie e gli altri abbellimenti grafici
A proposito di un certo gruppo di opere di carattere religioso, circa il loro
apparato decorativo, così scrive la Nicolardi:
Alcune di queste edizioni, in 4° e in 8°, sono particolarmente curate nella decorazione e nell’esecuzione tipografica, come il Martyrologium e lo Psalterium romanum entrambi del 1520, il Rosario di Alberto da Castello del 1522, ristampato nel 1524, e il Liber sacerdotalis sempre dello stesso autore del 20 luglio 1523.
y maiuscola
84
Quest’ultima edizione, in 4°, molto rara, è da segnalare non solo per le belle incisioni e le grandi iniziali su fondo bianco una delle quali, una S, contiene la figura del Cristo benedicente, ma anche per i pentagrammi e le note musicali presenti in numerose carte. Inoltre sono di particolare interesse due xilografie che si trovano a c. 334r e v., la prima delle quali raffigura le dita di una mano in cui sono schematicamente indicati i tasti dell’organo, la seconda rappresenta sinteticamente le canne di un organo cinquecentesco insieme alle relative notazioni musicali142.
Ci proponiamo dunque nella prossima sezione di presentare sinteticamente le
silografie presenti nel volume cercando di evidenziarne le caratteristiche e gli “stili” e
vedere gli eventuali paralleli soprattutto con l’altra opera di Alberto da Castello
particolarmente ricca di silografie: il Rosario.
Secondo Curi-Nicolardi gli studi sulle silografie utilizzate da Sessa e Ravani
parlano di diversi artisti che lavorarono per le edizioni della società tipografico
editoriale veneziana, quali Luc’Antonio degli Uberti, sull’opera e il tratto artistico del
quale però non ci sono giudizi concordi143, ma anche Zoan Andrea da Venezia144,
Eustachio Celebrino da Udine145 e altri che lavorarono per la società di Sessa-Ravani.
In nessuna delle più di venti silografie utilizzate nell’opera sono riuscito a
scorgere le iniziali dell’incisore, anche se le fattezze delle figure umane così come
alcuni elementi iconografici sono sicuro che potranno portare altri studiosi ad
identificare con certezza tali incisori o almeno le loro botteghe.
La contemplazione della gloria della santissima Trinità
Solamente nell’edizione del 1523, al centro
della pagina prospicente la pagina dell’incipit, nel
verso del foglio precedente, possiamo vedere una
silografia che rappresenta la gloria di Dio.
Sappiamo che essa rappresenta la gloria di Dio
perché è la riutilizzazione della silografia già usata
nel Rosario146 al foglio 190v-191r che aveva per
titolo contemplazione della gloria della santissima
Trinità e che veniva spiegata al foglio 191r con le
parole: contempla anima fidele la gloria del
paradiso e massimamente della santissima trinitade. In essa Padre Figlio e Spirito santo
142
CURI NICOLARDI, Una società (1984), p. 23-24. 143
CURI NICOLARDI, Una società (1984), p. 25-28. 144
CURI NICOLARDI, Una società (1984), p. 28-29. 145
CURI NICOLARDI, Una società (1984), p. 28-29. 146
Così indicherò in modo abbreviato l’altra opera di Alberto da Castello che ho consultato nella
seconda edizione del 1524 e non nell’edizione originaria del 1521.
Incipit - La gloria della santissima Trinità
85
sono collocati sotto un grande copricapo che richiama il triregno papale. Essi stanno
attorno ad una piccola croce infissa sulla sommità di una fontana dalla quale sgorgano
attraverso tre cannelli, tre fiotti d’acqua che alimentano un unica vasca d’acqua dalla
quale, attraverso un unico cannello, viene versato in un grande calice, il contenuto
della vasca.
Attorno alla trinità, nella parte alta dell’immagine, sono disposte le immagini di
numerosi angeli rappresentati solo con volto ed ali, mentre nella parte soggiacente
sono raffigurati sei fedeli uomini, due dei quali hanno in mano una corona del rosario
con una decina di grani e sono tutti in atteggiamento di preghiera a mani giunte e
rivolti al grande calice che campeggia nella parte centrale inferiore della silografia.
d) Il battesimo: Il battesimo dei bambini (f. 10v: de triplici baptismo et eius efficacia;
19r: ordo ad cathecumenum faciendum)
Al foglio 10v e, ripetuta, al foglio 19r, viene
apposta una silografia che ritrae il battesimo di un
infante. Al foglio 10v è apposta all’inizio della
sezione riguardante il battesimo, mentre al foglio
19r è apposta alla sezione dove si presenta il rito
del battesimo secondo i libri utilizzati dal papa.
Le caratteristiche di tale impostazione
silografica mi sembra possano essere:
1. la presenza di una finestrella con volta a botte e con profilo rimarcato da un
secondo tratto che la incornicia;
2. le figure umane tratte di profilo, con un accenno di chierca molto ridotta e
arcate sopracciliari ricurve e naso tendente al piatto; gli adulti vengono ritratti con una
certa marcatura degli zigomi;
3. il pavimento tenta di presentare un lastricato a lastre quadrate e abbozza una
prospettiva, ma senza riuscirvi;
4. Una specie di catino absidale nel muro di sfondo con cornici fino alle colonne
presenti sul muro esterno con tanto di base a forma tonda;
5. Gli ampi drappi che le vesti liturgiche del celebrante e del ministrante
presentano;
6. L’estrema semplicità della vasca battesimale di forma quadrata;
7. I chiari scuri ottenuti con una zigrinatura del legno sovente uniforme.
f. 10v e 19r Il battesimo dei bambini
86
Gesù battezzato nel Giordano da Giovanni battista (f. 15v)
Al foglio 15v si trova una silografia che per stile e
composizione è assai diversa da quella precedente ed
è di mano evidentemente diversa. È la riutilizzazione
della silografia già comparsa nel Rosario al foglio 80v e
che porta il titolo Christo Iesu fu battizato.
È chiaramente segno della volontà di abbellire in
modo grafico il testo anche con il riutilizzo di silografie
che non hanno immediata inerenza con il contesto se
non perché richiamano la scena del battesimo per
eccellenza, cioè il battesimo di Cristo.
Da notare il tentativo di raffigurazione della Trinità con il Padre a braccia aperte
in segno di accoglienza del Figlio, lo spirito santo che discende a capofitto sul Cristo sul
quale Giovanni battista sta versando, per infusione, l’acqua. I tratti fisiognomici delle
figure umane, la raffigurazione dei drappeggi delle due figure umane che assistono al
battesimo di Cristo, suggeriscono immediatamente una mano diversa quanto
all’autore, rispetto alla silografia del battesimo.
Il sacramento del matrimonio (f. 30r)
All’inizio della sezione relativa al sacramento del
matrimonio al foglio 30r viene apposta un’altra
silografia.
Dal punto di vista artistico, al fine di individuare
ed identificare l’incisore autore della silografia, ci
sembra di potere affermare che le caratteristiche sono
assai simili alla tipologia della silografia relativa al
battesimo dei bambini. Le figure, a parte quella del
celebrante, sono tutte ritratte di profilo con la consueta caratteristica di sopracciglia
arquate e nasi non sporgenti. Le vesti presentano ampi drappeggi soprattutto il
celebrante, il ministrante, il nubendo e il testimone del nubendo. Nella parte sinistra è
presente una finestra questa volta raffigurata come una vetrata colorata con vetri
tondi piombati; al centro, dietro alle figure dei tre celebranti, in una raffigurazione che
ha tutta l’aria di essere più teologica che figurativa, la rappresentazione di un trittico
con tre figure esattamente dietro alle figure di celebrante, nubendo e nubenda:
appare dunque raffigurato il luogo del matrimonio: non la chiesa ma la sacrestia o
comunque un altro vano distinto dalla chiesa con pavimenti non lastricati, pareti senza
f. 15v Il battesimo di Gesù
f. 30r Il matrimonio
87
absidi ma solo con quadri e raffigurazioni sacre, finestre non alte e con volte a tutto
tondo, ma ad altezza d’uomo e con vetri (cf la raffigurazione simile di una finestra in
Rosario f. 51v-52r dove si raffigura l’Exercitio sancto de Maria in la casa de Elisabeth).
L’esortazione allo sposo e alla sposa: lo sposalizio della vergine (f. 33v)
Al foglio 33v nella sezione relativa al matrimonio,
all’inizio del capitolo dove si presenta «l’esortazione e
l’ammonizione da tenersi allo sposo e alla sposa da
parte del sacerdote e la forma secondo cui contrarre il
matrimonio e benedirlo» (De exhortatione et
admonitione facienda sponso et sponse per
sacerdotem et de forma contrahendi matrimonium et
eius benedictione) viene apposta la silografia che
ritengo rappresenti lo sposalizio della vergine Maria
con Giuseppe.
Intuiamo trattarsi del riutilizzo di una silografia a
motivo della forma che è sviluppata più in altezza che in larghezza, come le silografie
del libro del Rosario; tuttavia nell’esame dell’edizione del Rosario del 1524 non
abbiamo trovato tale silografia.
Certo è che nella disposizione dei soggetti appare chiara una certa relazione della
silografia con la pittura dell’epoca. Il soggetto con Giuseppe a destra del celebrante
(nella parte sinistra) non era usuale nella pittura precedente, come appare dallo
sposalizio della vergine opera del Ghirlandaio a s. Maria Novella di Firenze, dove
Giuseppe è posto nella parte destra della raffigurazione. Appare più in relazione con lo
stile del Perugino (1450-1523) nel suo lo sposalizio della Vergine del (1501-1504) sia
per la posa di Giuseppe che ha in mano un giglio, sia per l’atteggiamento di Maria sul
punto di farsi mettere l’anello al dito, sia per la raffigurazione sacerdotale centrale
contraddistinta da un copricapo simile ad una mitria episcopale.
La raffigurazione di una nicchia absidata sullo sfondo l’abbiamo già trovata nella
raffigurazione del battesimo dei bambini ed è di stile decisamente rinascimentale
anche se appare di fattezza ed esecuzione diversa da quella.
f. 33v Lo sposalizio della Vergine Maria
88
La benedizione della sposa: le nozze di Cana (f. 36r)
Sempre nel capitolo relativo al sacramento del
matrimonio al foglio 36r, in corrispondenza della
benedizione della sposa (Benedictio sponse) laddove,
dopo il Padre nostro e l’eventuale velazione dove è di
consuetudine (ubi consuevit) il sacerdote recita
l’orazione Propitiare domine supplicationibus nostris e,
subito dopo, il dominus vobiscum in canto con la
benedizione della sposa tutta musicata, troviamo una
silografia che rappresenta le nozze di Cana. Tale
identificazione è piuttosto agevole essendo
rappresentato Gesù ad un banchetto ed essendo bene
evidenti in primo piano sei anfore da una delle quali un inserviente sta versando il
liquore contenuto in essa in una coppa.
Anche in questo caso, nonostante la finestra sia rappresentata da una presa di
luce bifora con volte a tutto tondo e stipiti a colonnina, la rappresentazione della
collocazione familiare è data sempre delle vetrate nella parte superiore delle finestre,
rappresentate con vetri tondi piombati. Nella parete ad altezza d’uomo viene
raffigurato un fregio ornamentale.
La silografia si ritrova anche nel Rosario al f. 82v dove campeggia il titolo primo
miracolo de Jesu fatto nelle noce de chana de Galilea.
«Ordo» della benedizione della donna dopo il parto: la natività di Giovanni Battista
(f. 41r)
Al foglio 41r subito dopo il titolo Ordo
benedictionis mulieris post partum in domo, c’è la
silografia che identifichiamo con quella presente al
foglio 52v del Rosario che porta il titolo nati[vità] del
gl[or]ioso p[ro]pheta San Giouanni battista.
La figura femminile in primo piano con l’aureola
che stringe tra le sue braccia il bambino mentre
defilata alle sue spalle si trova una inserviente, la
Identifichiamo così con la Vergine Maria, mentre la
donna reclinata sul giaciglio e assistita da un’altra
serva è chiaramente Elisabetta. Questo è dunque un
f. 36r Le nozze di Cana
f. 41r La natività di Giovanni battista
89
esempio riuscito di riutilizzo all’interno di un’opera di una silografia concepita per
un’altra opera.
L’impianto iconografico della silografia ci sembra possa vagamente assomigliare
all’affresco del Ghirlandaio presente a S. Maria Novella a Firenze sul medesimo
soggetto. Mi sembra tuttavia che il tratto caratteristico della presente silografia e sulla
base del quale si possano cercare paralleli pittorici nel periodo della fine del
Quattrocento o agli inizi del Cinquecento (quale potrebbe sembrare l’opera del
Pinturicchio custodita in un affresco della cattedrale di s. Maria Assunta di Siena) sia
non solo la disposizione dei personaggi, ma anche il drappeggio nella parte superiore
del letto e nella parte sovrastante il capo di Elisabetta. Esaminate alcune miniature
medievali si potrebbe arguire che il parallelo e il modello ispiratore dell’incisore
potrebbe risiedere non nella pittura precedente e coeva, ma nelle rappresentazioni
iconografiche della miniatura.
Il sacramento della penitenza: la confessione auricolare dei peccati (f. 42v)
Al foglio 42v accanto all’inizio del terzo trattato
del libro sacerdotale esattamente sotto al titolo De
sac[ramen]to penitentie quid sit et de partibus eius si
trova una silografia che raffigura il sacramento della
confessione. Il confessore, rivestito di abiti sacerdotali
con una stola evidente sulle spalle ma anche un
copricapo non liturgico sulla testa, accoglie un
penitente che sta di fronte a lui in ginocchio.
L’autore sembra il medesimo della silografia del battesimo dei bambini per le
caratteristiche figure umane rappresentate di profilo con naso non pronunciato e
arcate sopraccigliari un po’ arcuate, il panneggio dei vestiti molto abbondante. Il
sacerdote è seduto ma su uno scranno leggermente rialzato da una sottilissima
predella così come nel battesimo dei bambini il battistero era collocato non
direttamente sul pavimento ma rappresentato anche là sopra una sottile predella.
Entrambe le figure si trovano davanti ad una non ben identificata cassapanca o
sarcofago. Il muro è raffigurato con l’intessitura dei mattoni ben evidenziata. La
finestra rappresentata questa volta in modo quadrato, ben incorniciata, con le
inferriate e con un profilo che ne indichi la profondità del muro. Il pavimento è
delineato con lastroni quadrati ad abbozzare una prospettiva come nella scena di
battesimo. sullo sfondo nella parte destra una nicchia trilobata contenente la statua di
un santo o una raffigurazione di un’opera pittorica di un santo.
f. 42v Il sacramento della penitenza
90
I canoni penitenziali antichi: il Cristo intercede presso il Padre (f. 58r)
Al foglio 58r Alberto da Castello accanto all’inizio
dei canones penitentiales antiqui, dove raccoglieva e
riportava i canoni antichi raccolti dall’opera di
Guglielmo Durando, colloca una silografia raffigurante
Dio Padre che, avvolto nelle nubi, brandisce tre strali
rivolti verso l’umanità collocata nella parte bassa
dell’incisione e raffigurata solo dal busto in su con otto
tra uomini e donne con copricapi diversi. Accanto a Dio
Padre sulla parte destra ed in posizione laterale e più
bassa, in ginocchio e con le mani alzate, rivolto verso
Dio Padre, è rappresentato il Cristo avvolto anch’egli di nubi, che porta sulle sue mani i
segni evidenti della sua passione nell’atto di intercedere presso il Padre.
La silografia era anch’essa già stata utilizzata nell’edizione del Rosario, al foglio
167v, dove appare con il titolo Jesu quanto alla humanita pregaua el padre per nostri
peccati. E spiegava così la silografia:
Contempla qui anima deuota: come Christo iesu nostro saluatore secondo la humanita sua prega Dio padre che non punisca noi secondo gli nostri peccati. Et accioche inclina la maiesta sua a misericordia gli mostra el suo lato trapassato dalla lanza et le piaghe delle mane e de gli piedi dicendo quel ditto de Zacharia propheta al decimotertio capitolo...147
Forma di assoluzione dalla scomunica: la conversione di Maria Maddalena (f. 61v)
Al foglio 61v invece, là dove si comincia il
capitolo dal titolo de forma absoluendi ab
excomunicatione maiori Alberto da Castello colloca
la silografia della peccatrice che piange ai piedi di
Gesù ispirata al vangelo di Lc 7,36-50.
Come per altre silografie le figure umane
sono rappresentate prevalentemente ma non
esclusivamente di profilo e la raffigurazione dei
nasi e delle arcate sopracciliari arquate suggerisce
come autore il medesimo incisore autore di altre
incisioni del Rosario e probabilmente, per la composizione di luogo, il medesimo
dell’incisione delle nozze di Cana. La forma delle due finestre – una monofora e una
bifora – è rappresentata con arcate a tutto tondo e stipiti a colonnina e richiama altre
147
Alberto DA CASTELLO, Rosario de la gloriosa vergine Maria, f. 168r.
f. 58r Il Cristo intercede presso il Padre
f. 61v La conversione di Maria Maddalena
91
raffigurazioni del medesimo elemento architettonico (vedi la monofora e la bifora della
silografia delle nozze di Cana). Qui si deve notare la raffigurazione del soffitto che
lascia intravvedere un abbozzo di travatura.
Nel Rosario l’incisione è usata al f. 86v e ha per titolo la conuersatione mirabile
de Maria magdalena. L’incisione viene illustrata nel modo seguente:
Contempla qui anima deuota el frutto mirabile della predicatione de Christo: imperoche conuertiua peccatori grandissimi con le sue dolcissime e feruentissime parole. E tra gli altri conuertì Maria magdalena. La quale come dice san Luca al settimo capitolo: era una famosa peccatrice nella città. La quale udita la predica di Christo e in essa compuntta (sic): odendo che christo mangiaua con Simone chera stato leproso porto un bussolo de unguento e stando da drieto appresso a li piedi di Christo comincio con le lachrime sue a lauare li piedi al saluatore: con li capelli suoi sugaua et li basiaua et vngeuali col unguento. E dapoi vn poco recita lo euangelista che Christo gli disse. Te sono perdonati gli tuoi peccati.
È chiaro che è la frase del vangelo analogato della formula assolutoria che guida
Alberto da Castello a collocare tale silografia in questo punto della parte del Liber
sacerdotalis relativa alla penitenza.
La Vergine intercede presso il Cristo glorioso (f. 63r)
Al foglio 63r troviamo invece una curiosa
silografia rappresentante il Cristo glorioso. Questa
volta è lui stesso assiso sulle nubi dalle quali è
circondato a brandire tre strali rivolti verso sette
figure umane (tre donne sulla sinistra e quattro
uomini al centro e sulla destra) tutti genuflessi e
con il volto e lo sguardo rivolto verso l’alto
nell’atteggiamento di invocare pietà.
Accanto al Cristo sulla parte destra ed in
posizione laterale e più bassa, in ginocchio e con le
mani aperte, una abbassata e l’altra invece sollevata a stringere qualcosa, rivolta verso
il Cristo è rappresentata la Vergine Maria. Non è chiaro cosa stringa la seconda mano
della vergine fino a che non leggiamo nel Rosario la spiegazione della silografia che
troviamo al foglio 189v. Il titolo della silografia è Maria vergine sempre prega el figliolo
per gli peccatori. Nella spiegazione comprendiamo che la Vergine mostra al proprio
figlio il proprio seno e la mammella dalla quale ha preso il latte implorando così la
misericordia per i peccatori. Questa la spiegazione che là ne dà Alberto da Castello.
Contempla qui anima deuota come la beatissima vergine Maria sempre sta apresso al suo dilettissimo figliolo Christo Jesu benedetto et prega per gli peccatori et con sue sacratissime pregiere (sic) lieua via la ira sua da loro. Et come piatosamente se può pensare et secondo che san Bernardo suo deuotissimo scriue cosi come el figliolo
f. 63r La Vergine intercede presso Il Cristo
92
suo quanto alla humanita mostra al padre suo el costato impiagato elle altre piaghe delle mane et degli piedi cosi lei dinanci al suo figliolo mostra el petto suo santissimo et le mamelle purissime che la lattado. Et a questo modo troua la gratia per gli peccatori altramente molti perirano che per le sue prehiere sono saluati.148
È difficile dire se l’autore della silografia si sia ispirato a qualche esempio
pittorico coevo o precedente. Certo è che la rappresentazione della Vergine Maria che
mostra un seno nell’atto di allattare il Cristo bambino è frequente anche
nell’iconografia (galactotrofusa) e la si ritrova fin dal tardo medioevo. Non mi sembra
comune invece la Vergine che mostra il seno di fronte al figlio giudice.
Tale silografia viene collocata al foglio 63r dove ci sono i riti e le orazioni per la
visita agli infermi. Nella parte alta della pagina c’è la formula di assoluzione dalle
censure e dalle pene, mentre nella parte bassa, accanto alla silografia, c’è l’ordo
qualiter se habere debet sacerdos in suscipienda confessione infirmi. Non
comprendiamo pienamente quale logica abbia seguito Alberto da Castello nel
collocare tale silografia in questa pagina fino a quando non leggiamo l’inizio del salmo,
nell’ultima riga, che il sacerdote recitava dopo il saluto all’infermo il salmo 6: Domine
ne in furore tuo arguas me neque in ira tua corripias me («Signore non punirmi nel tuo
furore e non castigarmi nella tua ira»).
L’autore della silografia sembra essere il medesimo che ha inciso la silografia del
Cristo che intercede presso il Padre e descritta poco sopra per la tecnica di
rappresentazione delle nubi che sono rappresentate con una frastagliatura esterna e
anche per la medesima tipologia e disposizione del soggetto e degli strali che brandisce
nella mano destra.
La comunione eucaristica (f. 68v)
Al foglio 68v in corrispondenza con l’inizio
del tractatus (...) de sacramento eucharistie
viene posta una silografia che ritrae un
sacerdote che sta amministrando la comunione
eucaristica ad un gruppo di cinque fedeli.
Il Sacerdote è assistito da un un
ministrante sulla parte sinistra dell’immagine
caratterizzato da un abito liturgico con ampi
drappeggi e larghe maniche. Il sacerdote volge le
spalle, amministrando la comunione, all’altare a muro che si trova alle sue spalle. Sullo
148
Alberto DA CASTELLO, Rosario de la gloriosa vergine Maria, f. 190r.
f. 68v La comunione eucaristica
93
sfondo appare un fregio ornamentale. Il ministrante regge uno stilo sulla cima del
quale sembra sia posto un cero acceso. Il ministrante è ritratto di profilo così come vari
dei fedeli che si accostano alla comunione che sono anch’essi caratterizzati dal naso
senza profilo pronunciato e le solite arcate sopracciliari arcuate. Sembra perciò che
l’autore della silografia sia l’autore della silografia del battesimo e della penitenza che,
in effetti, hanno il medesimo sviluppo longitudinale.
Non mi sembra di potere ravvisare un parallelismo dell’incisione con altri modelli
iconografici o pittorici dell’epoca.
L’ultima cena (f. 73v)
Al foglio 73v, sempre all’interno del trattato
relativo all’eucaristia, viene posta l’incisione del Cristo
circondato dagli apostoli mentre stanno celebrando
l’ultima cena attorno ad un tavolo sul quale sono poste
coppe, cibo e soprattutto un agnello pasquale sopra un
piatto di portata.
Alcune delle figure umane sono ritratte di profilo
ma diverse di esse sono ritratte in posizione frontale e
con una tipologia iconografica un po’ diversa da quella
delle altre silografie presenti nel volume.
Sono segni caratteristici ai fini dell’identificazione dell’incisore la raffigurazione di
parte del soffitto con travature e, soprattutto, le due finestre monofore con volte a
tutto tondo caratterizzate sia nella parte superiore come anche nelle ante, da vetri
tondi piombati: simile raffigurazione si trova nella silografia delle nozze di Cana al
foglio 36r. Inoltre le finestre sono caratterizzate dallo spessore del muro che appare
dalla visione prospettica. Mi sembra di poter cogliere anche l’elemento architettonico
della predella sopra la quale è collocata sia la mensa che i commensali.
Al foglio 93v-94r del Rosario la medesima silografia ha il seguente titolo: Jesu
mangiò lagnello paschale institui el sacramento dell’altare. Nella pagina accanto alla
silografia si dice:
Contempla qui anima fedele et deuota come el saluatore nostro sapendo che era propinqua la sua passione volle mangiare l’ultima cena con gli suoi apostoli. E mandò doi de loro apparecchiare nella città de Hierusalem. Et mangiorno lo agnello legale. E mangiando disse: Io ve dico discipoli miei: che vno de voi me tradirà (...)
f. 73v L’ultima cena
94
L’estrema unzione (f. 114v)
Al foglio 114v laddove si tratta del
sacramento dell’estrema unzione et ei annexis
et consequentibus viene presentata l’unzione
di un infermo. Il malato è disteso sul letto e ai
piedi del letto in posizione eretta sta il
ministrante, questa volta non in abiti liturgici,
nell’atto di reggere un cero. Il sacerdote che si
trova nella parte opposta del letto è
ritrattonell’atto di ungere la mano
dell’infermo o dell’inferma. La parete di fondo è scura. Il sacerdote al quale un
ministrante sta reggendo il libro liturgico per l’unzione, è reclino verso il malato e
intento a leggere nel libro. La soluzione iconografica adottata per indicare che si tratta
del sacerdote è il disegno della stola collocata sulle sue spalle sulla quale appare
chiaramente disegnata una croce nella fattezza assai simile alla stola del sacerdote che
amministra la comunione eucaristica (f. 68v), del sacerdote che amministra la
penitenza (f. 42v) e del sacerdote che amministra il battesimo dei bambini (f. 10v e
19r).
Anche in questa silografia alcune figure sono ritratte di profilo con le medesime
caratteristiche incisorie della silografia del battesimo dei bambini.
La collocazione è all’inizio del trattato dell’estrema unzione dove si afferma:
extreme vncionis sacramentum debet dari laborantibus in extremis. Et istud
sacramentum inducit mundationem a peccatis.
L’ufficio funebre (f. 155v)
Al foglio 155v laddove si tratta
dell’ufficio funebre cioè de officio sepolture
sacerdotis vel clerici defunctis, si appone una
silografia un po’ particolare.
Dal punto di vista iconografico si
rappresenta la medesima figura raffigurata
precedentemente nell’unzione degli infermi al
foglio 114v ora già defunta e distesa sul
catafalco. Al capezzale diversi ministranti che
f. 114v L’estrema unzione
f. 155v L’ufficio funebre
95
portano dei ceri sulla sommità di candelieri molto affusolati e alti, una croce astile e un
cero. Il ministrante che porta il cero è caratterizzato da un lungo mantello, segno che si
pensa alle esequie di un chierico.
Dalla parte opposta e di profilo il sacerdote nell’atto di benedire la salma e
assistito alle spalle da qualche ministrante. Il sacerdote indossa il piviale.
Caratteristiche che spiccano immediatamente sono il pavimento che accenna, nella
disposizione dei lastroni del pavimento, ad una prospettiva come in altre raffigurazioni.
Ma sono soprattutto le finestre che raffigurano delle finestre con vetri tondi e
piombati che ci fa comprendere una tipologia e uno stile silografico già ravvisato
all’incisione delle nozze di Cana e dell’ultima cena. Similitudini si ravvisano nella
silografia del battesimo dei bambini e nella confessione quanto a prospettiva del
pavimento.
La sua collocazione nel Liber sacerdotalis è esattamente dopo una rubrica che
spiega come procedere al termine della messa per i defunti: il sacerdote senza casula
né piviale e con i ministri e il suddiacono con la croce, con i ceri e l’incenso e l’acqua
benedetta stent in circuitu feretri in modum rote et sacerdos a capite incipiat absolute
hanc orationem fine. Il sacerdote a questo punto recita, dopo l’oremus, l’orazione Non
intres in iudicium cum seruo/a tuo/a domine...
La dormizione della Vergine (f. 189v)
Al foglio 189v si ritrova una silografia che, dato
il suo sviluppo verticale, fa pensare al riutilizzo di una
silografia del Rosario. Non escludo che non si trovi
nell’edizione originale del Rosario del 1521. Nella
seconda edizione da me consultata (quella del 1524)
la raffigurazione del transito della vergine è del tutto
diversa.
Nell’immagine qui accanto la composizione è
piuttosto articolata con l’effetto di volere collocare in
poco spazio molti personaggi che quindi hanno
contorni e tratti fisiognomici poco rifiniti. I drappeggi,
i chiaro scuri ottenuti con una zigrinatura piuttosto
complessa e più raffinata più giocata sulle sfumature degli scuri e dei tratti più o meno
scuri, le figure più prevalentemente ritratte di fronte piuttosto che di profilo, la forma
della finestra bifora sullo sfondo sormontata da un arco chiuso a tutto sesto nella parte
alta del quale campeggia una apertura circolare – figura del tutto diversa da quelle
f. 189v La dormizione della Vergine
96
esaminate in precedenza – lasciano intendere la mano di un incisore diverso da quelli
autori delle silografie precedenti.
La sua collocazione all’interno del Liber sacerdotalis è esattamente all’inizio della
parte che porta il titolo missa in agenda pro mortuis e si trova esattamente accanto
alla parte in canto gregoriano del requiem eternam dona eis domine.
Le benedizioni e la benedizione dell’acqua (f. 201r e 203r)
Al foglio 201r e 203r si ritrova una
silografia che per composizione artistica appare
molto simile alla silografia del battesimo dei
bambini e opera del medesimo autore anche se
cambiano alcuni soggetti iconografici in essa
presenti.
I soggetti iconografici paralleli a quella
silografia sono le due figure umane in essa presenti, il ministro e il ministrante che
sono tratte anch’esse di profilo, con un accenno di chierca ridotta. Le arcate
sopracciliari ricurve sono più ridotte rispetto a quella e il naso tendente al piatto come
in quella. Di entrambe, come in quella, sono caratteristici gli ampi drappeggi delle
vesti.
Il pavimento tenta di presentare un lastricato a lastre quadrate e abbozza una
prospettiva. Alcune finestre sia nella parte alta a sinistra che sul retro della grande
vasca lustrale posta quasi al centro della silografia cercano di dare un ulteriore senso di
prospettiva anche se lo sfondo è completamente nero. Sullo sfondo nella parte destra
viene accennato e abbozzato un dipinto o un affresco del quale è difficile cogliere il
soggetto: vi appaiono due personaggi che sembrano reciprocamente interloquire e,
nella parte bassa, sembra apparire la metà di una croce con crocifisso collocata però in
una posizione incredibilmente bassa. Al centro il grande bacile questa volta non di
forma quadrata ma più di fattezze rinascimentali con una vasca circolare alquanto
sollevata da terra ad altezza d’uomo e sorretta da un evidente tripode similmarmoreo
lavorato del quale appaiono solo due piedi.
Al foglio 201r la silografia che è piuttosto grande ed occupa tutta la larghezza del
foglio, è collocata all’inizio della seconda sezione del liber sacerdotalis dove
innanzitutto si tratta delle benedizioni in generale: benedicere seu benedictio
multipliciter accipitur in diuina scriptura. Faccio notare che la disquisizione di Alberto
da Castello trae le mosse sempre dalla sua solida conoscenza scritturistica derivatagli
dalla sua revisione della bibbia vulgata operata già diversi anni prima.
f. 201r e 203r Le benedizioni
97
Al foglio 203r invece la figura è collocata subito dopo la rubrica sacerdos incipit
absolute exorcismus salis dopo la quale si dà il titolo della sezione successiva
exorcismus salis.
Il catino con l’acqua (f. 209v e 273v)
A distanza piuttosto accentuata (quasi 60 fogli)
compare in due posizioni diverse la medesima
silografia, un catino/bacile ligneo pieno d’acqua
caratterizzato dalla presenza di quattro elementi
disposti sui suoi bordi verso i quattro punti cardinali. Il
bacile appare colmo d’acqua.
Al foglio 209r appare evidente la significazione
della raffigurazione. Il contesto è l’exorcismus super aquam sale conspersam dove il
sacerdote recita l’orazione: Exorcizo te creatura aque sale conspersa per deum viuum,
per deum verum per deum totius creature... aggiungendo immediatamente dopo una
nuova orazione Te autem creatura aque adiuro per deum viuum per deum verum per
deum sanctum per eum te adiuro... e una rubrica spiega nel bel mezzo di questa
seconda orazione «qui divida l’acqua in quattro parti secondo questa figura» (Hic
diuidat aquam in quattuor ad hanc figuram) facendo comprendere che era necessario
segnarla con un segno di croce tracciato sopra il contenitore dell’acqua secondo i
quattro punti cardinali anche se successivamente vuole indicare la necessità, dopo la
benedizione, di versare l’acqua verso i quattro punti cardinali.
Al foglio 273v invece la figura è collocata nel
bel mezzo del prefazio da cantare per la
benedizione del fonte il sabato santo e nella vigilia
di pentecoste (f. 271r Sequens prefatio cum suo
cantu dicitur ad benedictionem fontium die sabbati
sancti et in vigilia pentecostes). Al foglio 272r una
rubrica suggerisce di toccare l’acqua e dividerla a
mo’ di croce (Hic manu tangat et diuidat aquam in modum crucis); di nuovo in modo
simile viene suggerito al f. 273r e poi, al 273v proprio accanto alla figura hic diuidat et
effundat aquam in quatuor partes dove si lascia intendere che si dovesse versare un
po’ dell’acqua su ciascuno dei quattro punti cardinali ideali del bacile.
f. 209v – bacile ligneo
f. 273v – bacile ligneo
98
Le processioni (f. 244r)
Al foglio 244r, è collocata una
silografia caratteristica di questa terza
parte del Liber sacerdotalis che è
dedicato alle processioni. Essa è collocata
esattamente in corrispondenza con
l’inizio di questa terza parte de
processionibus faciendis.
E infatti la prima affermazione
riguarda proprio il fatto che le processioni si fanno e si devono fare per diverse cause e
diverse necessità e che furono istituite dalla Chiesa cattolica fin dall’antichità.
Nella silografia sono rappresentati in un corteo processionale ben otto persone:
due nella parte destra sorreggenti due candelieri; uno dietro di loro sorreggente una
croce astile; quattro dietro di loro in atteggiamento orante e l’ultimo, evidentemente il
sacerdote celebrante, come ultimo e alla conclusione della processione. Tutte le vesti
liturgiche sono caratterizzate da ampi drappeggi e rassomigliano ad abiti monastici per
l’abbondanza delle aperture delle maniche. Il celebrante e i quattro chierici antistanti
hanno tutti un copricapo sul capo a differenza dei tre ministranti candelieri e
cruciferario che mostrano una chierica evidente. La maggior parte di essi è ritratta di
profilo con la solita caratteristica del naso longilineo mentre solo due dei quattro
religiosi sono ritratti con il volto rivolto a chi osserva la silografia. Le mani sono per la
maggior parte nascoste negli ampi drappeggi e sembra che vogliano stringere altri
indumenti. Il religioso che pare chiudere la processione sembra che indossi un piviale.
Sullo sfondo un abile gioco di chiaroscuri ottiene un effetto prospettico con la
rappresentazione di sei finestre collocate ad una certa altezza di un muro a pietra viva
del quale si raffigurano in modo piuttosto accentuato le pietre che lo costituiscono. Le
finestre sono tutte monofore con arco a tutto tondo e presentano in modo evidente lo
spessore del muro essendo raffigurate in modo prospettico, almeno le quattro più
vicine, e in esse si ottiene un effetto di luminosità e di ombra raffigurando le due più
grandi e più prossime alla processione con zigrinature scure, quelle mediane come se
fossero colpite dalla luce che trapela dallo spessore del muro tutto bianco. Quelle sullo
sfondo rappresentate nuovamente in scuro. Sulla parte destra, sullo sfondo della
processione, una scena agreste e un accennato orizzonte montagnoso suggeriscono
una collocazione esterna a qualsiasi ambiente o struttura architettonica.
f. 244r Le processioni
99
La fattura della silografia con sviluppo longitudinale, lascia pensare ad una
silografia commissionata appositamente per quest’opera e non riutilizzata a partire da
altre opere.
La mano musicale (f. 334r) e la scala musicale (f. 334v)
Al foglio 334r è collocata, in
corrispondenza con l’inizio del
compendium musice una curiosa silografia
che ha attirato l’attenzione dei bibliotecari
che spesso hanno segnalato, nella
schedatura dell’opera presente, tale
silografia insieme a quella
immediatamente seguente.
Non essendo io un esperto non mi
azzardo ad avanzare particolari ipotesi ed
analisi in proposito rimandando a studi di
storia della musica149.
Da ciò che capisco il sistema era già in uso precedentemente ad Alberto da
Castello che riproduce questa mano musicale ma, contrariamente a quanto fa per altre
fonti, senza spiegare all’inizio del trattato da dove tragga le proprie informazioni,
iniziando il compendium musice entrando direttamente nel merito: Proprietas in
musica est deriuatio plurium vocum ab vno eodemque principio.
149
Si veda in proposito Giuseppe MASSERA, Historiae musicae cultores ; La "mano musicale perfetta" di
Francesco de Brugis dalle prefazioni ai corali di L. A. Giunta: Venezia, 1499-1504, L.S. Olschki, Firenze 1963. Inoltre vedi http://www.geocities.ws/tokyo/temple/8529/musica/scrittura/scrittura.html letto in data 15 marzo 2011.
f. 334r – la mano musicale
100
Indubbiamente si dovrebbe, in uno
studio di storia della musica, identificare la
fonte del trattato di Alberto da Castello.
Al foglio 334v appare nel verso del
foglio immediatamente successivo a quello
dove troviamo la mano musicale la
silografia qui accanto e che ho chiamato “la
scala musicale”.
È posta accanto ad un titolo che
torna a riprodurre il titolo della pagina
precedente: compendium musice che inizia con le parole: Quisquis ad canendi
scientiam erudiendus accedis dispositionem vim et ordinem litterarum per quos omnis
cantus habet discretionem cordi... e prosegue dicendo quod ponuntur et sunt in ordine
manus seu palme viginti littere que diuiduntur in subgrauibus grauibus acutis et
superacutis.
Non ho le competenze per esaminare quanto qui riportato. Lascio agli storici
della musica l’esame delle suddette silografie.
2.6.3. I capilettera e gli altri accorgimenti tipografici
Informazioni generali sull’uso dei capilettera da parte di Sessa-Ravani
Curi Nicolardi ricorda alcune caratteristiche proprie della produzione letteraria di
Sessa-Ravani relativa all’uso dei capilettera, in particolare delle grandi iniziali
testimoniandone un uso variegato. Scrive:
Numerose altre iniziali sia ornate che istoriate su fondo bianco o nero, di varia misura, decorano le edizioni stampate dal Sessa insieme al Ravani, mentre, dopo lo scioglimento della società, raramente le opere stampate da Melchiorre sono arricchite da grandi iniziali ornate e istoriate; più spesso vengono usate solo piccole iniziali ornate su fondo nero di tipo piuttosto comune, o vengono lasciati gli spazi bianchi con letterina guida, reando nel testo «“finestre” bianche per iniziali mai eseguite».150
Si lascia dunque intendere che fosse il Ravani a curare questo aspetto grafico
ornamentale. Oltre alle suddette grandi iniziali, la studiosa aveva presentato poco
prima altre due tipologie di capilettera, uno cosiddetta criblé e un’altra serie con
animali e figure umane. Scriveva:
A questo proposito è opportuno ricordare che si trova in queste edizioni un’interessate serie di iniziali che presentano graziosi e bizzarri arabeschi su di uno sfondo nero che viene alleggerito e schiarito da puntini bianchi (si tratta del tipico
150
CURI NICOLARDI, Una società (1984), p. 23.
f. 334v – La scala musicale
101
fondo criblé) con un ottimo effetto di eleganza e di leggerezza. Secondo il Boffito, questa fusione di arabeschi e di fondo criblé compare per la prima volta nell’edizione delle Vitae di Plutarco stampata dai due soci il 26 novembre 1516; per la verità già l’edizione della Storia naturale di Plinio del 14 agosto 1516 è decorata da quattro grandi iniziali arabescate su fondo criblé e l’edizione dello Speculum lapidum del Leonardi del 20 novembre 1516 è arricchita da da cinque iniziali dello stesso tipo (...) ma almeo una o due iniziali su fondo criblé ornano quasi tutte le opere stampate dai due soci.151
I capilettera «criblé»
A conferma di quanto
affermato da Curi Nicolardi circa
l’uso di questi capilettera criblé,
nella nostra opera viene usata una
lettera, la “P” di tale tipo, ai fogli
253r e 258r.
I capilettera usati nel resto dell’opera sono di vario tipo e di diversa grandezza
oltre che di diverso colore, e non mi sembra che si possa individuare un criterio che lo
stampatore abbia seguito nel loro uso.
La grandezza dei capilettera: 2, 3, 4, 8 righe di testo
I capilettera sono generalmente di forma quadrata e hanno diverse misure:
variano da un’altezza di due, tre, quattro, per passare direttamente ai capilettera alti
otto righe.
Esempio di capolettera alto 2 righe (f. 69r)
Esempio di capolettera alto 3 righe (f. 344v)
Esempio di capolettera alto 4 righe (f. 344v)
151
CURI NICOLARDI, Una società (1984), p. 22.
Iniziale criblé
102
Esempio di capolettera alto 8 righe (f. 357v)
Una caratteristica significativa è che la seconda lettera della parola che è stata
cominciata con un capolettera, è sempre maiuscola. Tale artificio doveva essere
diventato ormai usuale per aiutare l’occhio del lettore, nel caso di capolettera che si
trovano davanti a parecchie righe di testo, ad individuare la parola interessata dal
capolettera.
Il colore: rosso o nero
Sono attestati
capilettera di colore
rosso e nero. L’uso
del colore tuttavia
non è generalizzato, ma è limitato solo ai capilettera alti due righe, cioè i capilettera
ricavati da lettere di stile vagamente gotico.
Il criterio dell’uso del colore del capolettera mi sembra sia il seguente: quando il
testo è scritto prevalentemente in nero e si deve porre un capolettera, allora si pone
un capolettera rosso. Quando ci si trova in una pagina di rubriche, si opta per la scelta
contraria.
I vari tipi di capilettera: ornamentali e dimensionali
Possiamo distinguere due tipologie: i capilettera di tipo ornamentale e i
capilettera di tipo dimensionale. Questi ultimi variano, rispetto al carattere tipografico
consueto, per il semplice fatto di essere di dimensioni diverse rispetto al carattere
tipografico, i primi invece per essere caratterizzati da ornamenti di diverso tipo con
raffigurazioni floreali, umane e di fantasia.
I capilettera ornamentali sono di diverse dimensioni. Comincio considerando i
capilettera ornamentali alti 8 righe di testo.
Esempio di capolettera nero Esempio di capolettera rosso
103
Capilettera ornamentali fioriti alti otto righe di testo
Vi sono un certo numero
di capilettera, usati con
frequenza non eccessiva, che
sono di altezza otto volte
superiore al carattere
tipografico normale. Misurano
qualche centimetro di
larghezza, sempre di forma
quadrata. Per un certo numero di lettere (A, C, D, E) ne vengono usati due tipi, per le
altre un tipo solo; di due lettere (B e Z) non ne è presente nessuno. Tali capilettera li
definirei «capilettera ornamentali fioriti» perché i motivi sono sempre o floreali o
comunque attinti al mondo vegetale.
Qui sotto presento la lista di tali capilettera e la loro collocazione nell’opera.
Come emerge chiaramente non sono usati in modo eccessivamente frequente 1a tipologia 2a tipologia lettera foglio
A 190v, 193v (2x), 202v, 248r, 254v, 351v, 363v
manca manca B
C 179v, 201r, 250r, 253v, 254r, 255v, 260v (2x), 291r, 293r, 294r, 295r, 296v, 297r, 298r, 310v, 313r
D 109r, 180v, 186r, 191r, 192v, 275r, 276v, 346v, 348r
E 203r, 258r, 280v
– F 257v, 263r, 288r
– G 256r, 285v
104
1a tipologia 2a tipologia lettera foglio
– H 183r, 205r, 365v
– I J 148v, 249r, 257r, 289v, 357v
– L 157r, 186v, 193v
– M 162v, 182v
– N 156v, 170r
– O 202v, 249v, 255r, 281r
– P 185v, 244r, 244v, 253r, 261r, 263v, 278v, 279v, 313r
– Q 180r, 259r, 317r
– R 190r, 248v
– S 155v, 193r, 269v, 275v
– T 255v
– U – V 177r
manca manca Z
105
Capilettera ornamentali alti quattro righe di testo: ornamentali fiorite e figurative
Accanto alle sopramenzionate capilettera ornamentali fiorite alte quanto otto
righe di testo ce ne sono un certo numero di dimensioni più ridotte, alte circa tre o
quattro righe di testo e che sono di stile talvolta decisamente diverso e che
distinguiamo per duplice tipologia: una ornamentale fiorita e una ornamentale
figurativa.
Anche questa tipologia è stampata solo ed esclusivamente in inchiostro nero ed
è usata abbastanza spesso nella seconda e nella terza sezione del Liber sacerdotalis, in
particolare laddove ci sono antifone e melodie con notazione gregoriana, come
capilettera delle antifone, mentre sono assai più rari nella prima parte.
Anche di questi dò la lista e li presento perché se ne possa apprezzare
l’esecuzione artistica. fiorita 1 fiorita 2 lettera foglio
A 116r, 247v, 285r, 285v, 300v, 301r, 304v, 305v, 315r, 326v
B 295r, 298v, 302v
C 24r
D
274r (alla rovescia), 282v, 307v, 339r (2x), 340r, 341r, 344r
E 2r, 247v, 259r, 265r, 267r, 281v, 286r, 301v, 307r
manca – F
manca – G
H 266r, 343v
I J 285v, 286r, 290r, 290v(2x), 301v, 304v, 307r, 308v, 309v
manca – L
M 283r, 307v, 336r
106
fiorita 1 fiorita 2 lettera foglio
– N 344v
O 118r, 249r, 289v, 304r, 306r
manca – P
Q 265r, 265v, 306r, 334v, 343v
R 278r, 279v, 288r, 295r, 308r
S 28v, 123r, 264r, 285r, 287r, 296v, 303r, 308r, 316r, 339r
manca – T
U – V 287r, 294r, 298v, 302r, 303v
manca – Z
Faccio notare che la “D” è ottenuta rovesciando la “C”. Similmente la “O” è
ottenuta rovesciando la “M” e la “U” rovesciando la “N”.
Oltre ai capilettera ornamentali fioriti che abbiamo visto or ora ce ne sono
alcune, poche in tutto, che ho definito capilettera ornamentali figurativi. Si tratta
fondamentalmente di due lettere, la “L” e la “C” che vedono, soprattutto per la “C”,
una notevole varietà.
266v, 297v, 312r, 338v
278v, 306v, 364v 282v 302r, 306v, 247r, 300r, 305r
Tali capilettera erano già stati utilizzati nel Rosario, come alla pagina 191r.
Capilettera gotici alti due righe di testo
Sono usate assai spesso i capilettera gotici stampati con inchiostro nero o rosso a
seconda del contesto per una maggiore visibilità dell’inizio della frase.
A B C D E F
107
G H I L M
O P Q R S T
U
Gli esempi da noi presentati sono tutti di colore rosso, ma nelle sezioni dove
sono riportate abbondanti rubriche ci sono anche esempi di tali capilettera neri.
Non ho riportato le occorrenze di tali capilettera perché sono innumerevoli e non
lo ritengo decisivo ai fini della mia ricerca e delle ricerche che altri volessero compiere
anche a partire dall’edizione oggetto del nostro studio.
Indicazioni di paraffi
Per aiutare il lettore a scorrere e trovare
quanto nell’abbondantissimo indice era andato
elencando, Alberto da Castello si serve del carattere
“C” gotico maiuscolo, ben marcato, come paraffo,
cioè come segno che mette in evidenza la divisione
del proprio testo in paragrafi o sezioni. Sono così
poste delle evidenti “C” rosse accanto ai testi scritti
in nero, e delle ancor più evidenti “C” nere accanto ai
testi scritti in rosso.
Con esse non indica rigorosamente solo l’inizio del capitolo o un titolo di sezione
o di capitolo, ma anche l’inizio stesso del paragrafo con un passaggio a nuova
trattazione, oppure a delimitare i vari elementi di una lista.
2.7. LA POSTFAZIONE DI ALBERTO DA CASTELLO A CHIUSURA DELL’OPERA
Al termine del volume, nell’edizione del 1523 e in tutte le edizioni successive
tranne quella di Giunta del 1587 (devo ancora verificare quella di Giunta del 1585), c’è
Le “C” che indicano un titolo
108
la postfazione di Alberto da Castello che parla di se stesso in terza persona. Nelle
edizioni successive alla prima, essendo state omesse le missive di Leone X, del
Patriarca, dell’inquisitore e la dedica ad Adriano VI, tale postfazione rimarrà come
l’unico passo in cui compare il nome del curatore dell’opera.
Oltre al proprio nome ci vengono date parecchie altre informazioni, sulla
compilazione dell’opera e la sua struttura.
1. Accipite Reuerendi patres & domini sacerdotes tandem post longam
expectationem et plura tempor[um] spatia Sacerdotalem librum tripertitum: per
venerabilem patrem fratrem Albertum castellanum Uenetum ordinis predicator[um]
professorem summis laboribus vigilijs & expensis collectum elaboratum ad finem
peroptatum perductum & c[on]sumatu[m]: in quo sine labore & multor[um] libror[um]
reuolutione c[on]clusiue summatim clare & dilucide que ad officium vestrum spectare
& c[on]uenire dignoscuntur collecta digesta probata & approbata esse noscuntur: vt nil
sacerdoti curam animar[um] gerenti aliunde perquirere sit necesse.
2. In prima siquidem parte sacerdos quilibet qualiter viuere, quid discere, quidve
docere debeat: ecclasiastica [sic!] sacramenta & illis annexa & accessoria qualiter
c[on]ficienda ministranda exercenda & c[on]seruanda sint luce clarius inueniet: ita vt nil
necessarium opportunumq[u]e eius ministerio sit pretermissum.
3. In secunda benedictiones diuerse ad sacerdotem non episcopum pertine[n]tes in
magno numero assignantur.
4. In tertia & vltima parte ritus processionum tam ordinariar[um] q[ua]m
extraordinariar[um] plenissime exarantur.
5. Adiunguntur insuper tractatus computi ecclesiastici & compendium regular[um]
musicalium: cum exorcismis & c[on]iurationibus demoniacor[um] & c[on]tra
tempestates ingruentes.
6. Nouissime ad aliquor[um] instantiam quidam breues Sermones per sacerdotem ad
populum habendi in aliquibus solennitatibus & tempore c[on]tractus nuptiar[um] &
electionis plebani vernacula & vulgari lingua pronuntiandi positi sunt.
7. Que o[mn]ia clarius in repertorio libri ante eius principium posito patebunt.
8. Hec omnia patres Reuerendi in hoc volumine c[on]gesta & aggregata inuenietis:
non modo s[ecundu]m sacrasancta[m] Romanam ecclesiam sed etiam aliar[um]
ecclesiar[um] ritum ordinata.
9. Que si vestris Reuerendis p[ersonibus] grata & accepta erunt deo bonorum
omnium largitori i[m]mortales reddite & exhibete gratias: & Alberti Castellani Ueneti
ordinis predicator[um] filij vestri qui tantum laborem subijt in vestris missis &
orationibus rogo memores estote. Ualete patres optimi.
In questa postfazione che ritengo non possa essere stata scritta altri che dal
Castellano, egli richiama nuovamente la struttura della propria opera. Per tale
struttura tripartita si veda oltre il capitolo IV a p. 225.
109
Capitolo 3: LE EDIZIONI DEL «LIBER SACERDOTALIS»
DAL 1537 AL 1603
3.1. Il problema delle altre ventitre edizioni
Ho già posto precedentemente una serie di domande che ci si pone e ci si deve
porre di fronte alle ventiquattro edizioni del testo.
Giunti a questo punto del nostro studio ci chiediamo: su quali elementi si può
basare il confronto sulle diverse edizioni per capire il rapporto che le edizioni più
tardive ebbero con quelle precedenti?
Inoltre faccio notare che ci sono diverse edizioni che furono pubblicate nel
medesimo anno. Nel 1579 Nicolini, Giunta e Sessa pubblicano il Sacerdotale e, nel
1585 lo pubblicano nuovamente tutti e tre. Che rapporto di “parentela” sussiste tra
queste tre edizioni?
Il confronto tra le edizioni deve essere condotto certamente sulla base del
contenuto, il testo, ma ritengo che non ci si possa limitare ad esso quasi che il
«contentente» sia ininfluente sul contenuto e sull’utilizzo di tale contenuto nei riti
della Chiesa, soprattutto quando, in certi casi, sembra che sia stata la medesima
tipografia, a partire dalla composizione dei medesimi tipi e del medesimo testo, ad
averla data nuovamente alle stampe in anni più tardivi.
Prima di ogni esame dei criteri di confronto è necessario però chiarire i termini
del confronto, cioè a considerare ciascuna edizione in se stessa. Solo al termine di tale
presentazione si potrà procedere ai confronti e ai loro criteri.
Ecco pertanto la presentazione delle ventitre edizioni che seguirono la prima del
1523.
Al termine del capitolo tenteremo su una base di criteri esterni di individuare la
parentela tra le ventiquattro edizioni.
110
3.2. L’edizione del 1537 di Vittore Ravani e soci
Informazioni generali sull’edizione del 1537 e il titolo
L’edizione del 1537 fu stampata a Venezia per i tipi di Vittore Ravani e soci. Vittore Ravani, come attestato dall’Istituto centrale per il Catalogo unico, era figlio di Pietro e si trova su diverse edizioni con diverse denominazioni152 e con i soci non sempre chiaramente specificati. L’ICCU attesta che edizioni pubblicate da Vittore Ravani e soci sono testimoniate tra il 1531 e il 1541. Tali soci si presume possano essere la madre Luchina, Giovanni Varisco figlio di Martino e altri, secondo un documento
del 1540 riguardante Luchina Ravani153. Sotto tale indicazione editoriale pur se con alcune variazioni154, si possono
annoverare diversi filoni di edizioni. Il primo filone è di opere di carattere profano (Ariosto, di Boccaccio, di Baldassarre Castiglione, di Girolamo Benivieni). Il secondo è di classici latini o greci (Cicerone, Terenzio, Tito Livio, Valerio Massimo, Ovidio, Plutarco, Giuseppe Flavio, Isocrate). Il terzo filone è di opere di carattere religioso con un’opera dello stesso Castellani quali il Rosario de la gloriosa vergine Maria con ben quattro ristampe (1534, 1536, 1539, 1541), oppure altre opere di carattere liturgico il Breviarium Romanae curiae cum apostillis (1541), il Cathecuminorum liber iuxta ritum sanctae romanae ecclesiae (1534), il Familiaris clericorum liber (1535, 1540), un Missale Romanum (1538).
Il volume dell’edizione del 1537 consta di 351 pagine per un totale di 702 fogli.
Lo specchio di stampa misura cm 17,7x11,8.
Il libro è stato da me consultato nell’archivio della Biblioteca del Capitolo
metropolitano della Cattedrale di Modena.
152
I nomi attestati dalle diverse edizioni sono: «Victor a Rabanis et socii»; «Vettor q. Piero Ravano
della Serena et compagni»; «Vittore della Serena e compagni»; «Vettore de Ravani e compagni»; «Victor filius q. Petri de Ravanis et socii»; «Vettor de Ravaniani e compagni»; «Vettor de Rabani e compagni». Cf. http://edit16.iccu.sbn.it/scripts/iccu_ext.dll?fn=13&i=2928 letto in data 21 nov 2011.
153 http://edit16.iccu.sbn.it/scripts/iccu_ext.dll?fn=13&i=2928 letto in data 21 nov 2011.
154 Cf. http://edit16.iccu.sbn.it: Victor a Rabanis et socii; Vettor q. Piero Ravano della Serena et
compagni; Vittore della Serena e compagni; Vettore de Ravani e compagni; Victor filius q. Petri de Ravanis et socii; Vettor de Ravaniani e compagni; Vettor de Rabani e compagni.
Marca di Vittore Ravani
111
Il frontespizio
È sempre presente l’immagine dell’edizione del 1523
dove si rappresenta lo stesso Castellani che riceve da parte di
Leone X l’approvazione ufficiale della sua opera.
Contrariamente a tale edizione tuttavia che vedeva l’intero
titolo in frontespizio scritto in inchiostro rosso, le prime due
righe del titolo soggiacenti all’immagine sono in inchiostro
rosso mentre le righe sottostanti che vanno progressivamente
a decrescere creando un effetto “a imbuto”, sono in nero
eccetto la parola “addito” che è in risalto e con inchiostro rosso. Il titolo esatto è:
[in rosso] Liber Sacerdotalis nuperrime ex libris | Sancte Romane ecclesie: & quarundam aliar[um] ecclesiar[um]: & ex | [in nero] antiquis codicibus apostolice bibliothece: & ex iurium sanctionibus: & ex doctor[um] eccle|siasticor[um] scriptis: ad Reuerendor[um] patrum sacerdotum parrochialium: & animarum | curam habentium commodum: collectus atque compositus: ac auctoritate San|ctissimi domini domini nostri Leonis decimi approbatus. In quo co[n]tinentur | officia omnium sacramentor[um]: & resolutiones omnium dubior[um] ad ea per|tinentium: & omnia alia que a sacerdotibus fieri possunt: que q[ua]m sint pul|chra & utilia: ex indice collige. [in rosso] Addito [in nero] utili enchyridiolo ad age[n]dum | de feria tempore adue[n]tus: quadragesime: tempore paschali: & de | mense septembris: necnon infra annum: s[ecundu]m curiam Ro|manam. Et declaratione rubricarum generalium: & | ad inueninedum pascha: & alia festa mobilia: | que in alijs hactenus impressis mi|nime reperiuntur.
Dunque Vittore Ravani, mediante la scritta «addito» in inchiostro rosso, voleva
mettere in rilievo che erano stati aggiunti diversi contenuti alla prima edizione:
indicazioni circa le ferie di avvento, di quaresima, del tempo pasquale, del mese di
settembre; parla di «dichiarazione delle rubriche generali» (relative a cosa?). Parla
inoltre di sistema per trovare la data di pasqua e altre feste mobili, ecc... Si voleva
evidentemente “attirare” anche i vecchi possessori del sacerdotale ad acquistare la
nuova edizione per avvantaggiarsi di tutto quanto era stato aggiunto. Le addizioni
però, fatti i debiti confronti con il resto del testo e la sua voluminosità, ammontano
solamente alle sette pagine che vanno dal foglio 347v al foglio 350r.
La «Tabula» o indice dell’opera
Vittore Ravani, per tentare di ridurre la lunghezza del volume della prima
edizione (367 fogli!), comincia ad omettere nella propria edizione la lettera di Leone X,
la lettera del Patriarca, la lettera dell’inquisitore e la dedica di Castellani ad Adriano VI
(già 2 fogli!) e comincia a ricomporre l’abbondantissimo indice dell’edizione del 1523
(5 fogli per 10 pagine di testo!) con il medesimo carattere tipografico gotico ma con
frontespizio del 1537
112
un’altezza del carattere più ridotta in modo che possa stare in un numero inferiore di
fogli: dieci fogli occupava la «tabula» dell’edizione del 1523, sette fogli arriva a coprire
la tabula dell’edizione del 1537.
Con caratteri tipografici più piccoli decide di «sciogliere» parecchie abbreviazioni
che costellavano la tabula dell’edizione del 1523: «vn» diventa unde, «offm» diventa
officium, «ei9» diventa eius, «pdicare» diventa predicare e così via, ottenendo così una
maggiore leggibilità dell’indice del volume. Nonostante ciò egli decide di abbellire la
prima voce della tabula – quello che noi oggi chiameremmo indice – apponendo una
“P” capitale più elaborata e più bella rispetto alla “P” capilettera della parola
Prohemium «proemio».
Le voci dell’indice sono esattamente le medesime dell’edizione del 1523 con
l’unica aggiunta del De ordine celebrandi officii tempore adventus, cioè l’«Ordo per la
celebrazione dell’ufficio nel tempo di avvento» fatta alla fine dell’indice, l’unica vera
addizione da lui apportata.
Si sbarazza inoltre della poesia di 14 versi composta da Alessandro Gaboardo che
nell’edizione del 1523 seguiva alla conclusione della tabula. Inoltre si sbarazza della
pagina verso che stava di fronte al frontespizio con le nove citazioni bibliche (N°1-9) e
la relativa silografia.
Il tentativo di ridurre il numero dei fogli operato nella «tabula» tenta di
applicarlo anche al resto del testo, decidendo di cercare di restringere il più possibile il
testo in modo da potere risparmiare quanti più fogli possibili: in tal modo la prima
delle tre parti del Liber sacerdotalis, quanto nell’edizione del 1523 stava in 200 fogli,
riesce a contenerla in 188.
La pagina dell’«incipit»
L’aver tolto la pagina sinistra
dell’incipit, quella per la quale parlavo
nel capitolo precedente di «pagine»
dell’incipit al plurale più che di «pagina»,
sembra essere l’unica vera operazione di
Vittore Ravani, dal momento che lascia
la medesima silografia del Cristo
benedicente che emerge dalla lettera
“S” capilettera di Salvator noster «il
nostro Salvatore» che caratterizzerà l’«incipit» di diverse altre edizioni successive
(1548, 1554, 1555, 1559, 1560, 1564, 1567?, 1569) e la medesima serie di busti umani
Confronto tra la pagina destra dell’incipit del 1523 e
l’incipit del 1537
113
a corredo delle rimanenti 9 citazioni bibliche di tema e di «sprono» ai pastori apparse
anche nell’edizione del 1523155.
Appare però chiaro che c’è stato qualche intervento dell’editore: due delle
silografia raffiguranti i busti si sono scambiate di posto, qualche ritorno a capo sia del
testo che delle citazioni che accompagnano i busti sono cambiati. Inoltre è stata
cambiata la silografia del motivo ornamentale verso il fondo alla pagina mantenendo il
medesimo motivo ornamentale (quasi una cornice) in fondo alla pagina.
Il titolo precedente l’«incipit»
È il medesimo dell’edizione del 1523:
(in rosso) Libri sacerdotalis de officio sacerdotis curati et omnibus ad animarum curam pertinentibus et sacramentorum exhibitionibus cum eorum annexis secundum ritum Sancte Romane et apostolice ecclesie et aliarum etiam ecclesiarum usibus accomodati.
L’impaginazione del contenuto
Righe per pagina
Nell’impaginazione, laddove ci sono righe dall’altezza normale e non
necessariamente variate per grandezza del carattere, si tiene una media di 36 righe per
pagina e, dunque, rispetto all’edizione precedente si preferisce reimpaginare il tutto
per guadagnare una riga per ogni pagina, cioè circa 2 righe per foglio.
Vittore Ravani, oltre alla necessaria reimpaginazione del testo dovuta alle sue
scelte in ordine ad un risparmio economico sulle pagine complessive del volume, mi
sembra che operi alcuni altri particolari cambiamenti che vado ad esaminare.
Le abbreviazioni «sciolte» per migliore leggibilità
Innanzitutto, come per la tabula contentorum, per la leggibilità del testo cerca di
sciogliere diverse abbreviazioni: fres diventa fratres, csacerdotes dicenta
consacerdotes, coopatores diventa cooperatores e così via (cf. f. 7v, riga 27).
Capilettera collocati in corrispondenza superiore con il testo di cui sono capilettera
Inoltre, rispetto all’edizione
del padre, cerca una collocazione
più regolare dei capilettera. Il
padre talvolta aveva collocato i
capilettera con la base in
corrispondenza della riga della
155
Per il testo delle citazioni bibliche vedi p. 27 nella sezione relativa all’incipit dell’edizione del 1523.
Sistemazione diversa dei capilettera con diverso allineamento
114
parola interessata dal capolettera, con l’inconveniente che il capolettera alto due righe
si trovava così per metà in corrispondenza della fine del periodo precedente, in
corrispondenza dell’ultima riga, e per metà in corrispondenza della nuova. Laddove
riscontra questo brutto effetto visivo di partecipazione, Vittore cerca soluzioni diverse
dimostrando un suo proprio stile nell’impaginazione e anche un proprio gusto che si
discosta talvolta da quelle operate dal padre. L’esempio accanto mostra l’inizio
dell’orazione Famula dei accipe (1523: f. 24v; 1537: f. 23v) con l’esito dei due stili di
collocazione del capolettera.
Diverso gusto artistico per i capolettera gotica “S” e “B” alte due righe di testo
Vittore Ravani dimostra, nel Liber
sacerdotalis, di non apprezzare alcune scelte
ornamentali del Padre. Un esempio di tale
diverso gusto sono i capilettera gotici “S”,
“B” e “G”.
Nel testo del 1523 si presentano in una
forma che definisco “riccioluta” e che, in
effetti, è di pessimo gusto se la si confronta con il resto dei capilettera gotici alti due
righe di testo (cf. pag. 106).
Nell’edizione del 1537 sia la “S” riccioluta che la “B” e talvolta anche la “G”, sono
state sistematicamente rimpiazzate da un’altra “S”, un’altra “B” e un’altra “G” di
sapore anch’esse gotiche ma certamente meno ricercate e capricciosamente involute.
Vedremo poi come il Varisco tenterà un ripristino di tali capilettera.
Diverso gusto estetico per la disposizione del testo stampato
Non solo la scritta del frontespizio viene disposta
diversamente nello spazio della pagina, ma anche altri
testi vengono collocati “ad imbuto”, come ad esempio a
pag. 17v dove Sessa e Ravani avevano lasciato il testo
disposto con allineamento a destra, mentre vittore Ravani
lo va disponendo “ad imbuto” come il frontespizio e
aggiungendo al suo punto inferiore un piccolo disegno
floreale. Sono segni, questi, che l’editore va “cesellando”
la sua edizione non solo dal punto di vista testuale con la composizione del testo e la
correzione degli errori, la risoluzione delle abbreviazioni e quant’altro, ma anche dal
punto di vista estetico.
Capilettera “S” a confronto
Il diverso stile di impaginazione
115
Le silografie
Le silografie che Alberto da Castello probabilmente insieme al padre di Vittore
Ravani, Pietro, aveva sapientemente scelto di riutilizzare oppure che aveva
commissionato ex novo rimangono le medesime e non vengono né rimpiazzate né
spostate rispetto al testo accanto al quale erano state collocate.
Contenuti specifici dell’edizione di Vittore Ravani
Consistono solo nell’addizione che egli compie a partire dal foglio 348r, del de
ordine celebrandi officii tempore aduentus, al foglio 348v l’ordo ad agendum de feria
tempore quadragesime, al foglio 350r l’ordo ad agendum de feria infra annum, al f.
351r la regula ad inueniendum pascha resurrectionis et alia festa mobilia breuis et
infallibilis.
Valutazione complessiva dell’edizione di Vittore Ravani 1537
Si tratta di una edizione che opera la soppressione quasi sistematica dei
documenti fondamentali per la ricostruzione della genesi del Liber sacerdotalis e per i
dati biografici riguardanti l’autore. Compie risistemazioni grafiche nella disposizione
del testo e, in fondo all’opera, opera alcune aggiunte non particolarmente corpose o
significative che però sono richiamate in modo altisonante nel frontespizio del volume
per invogliarne l’acquisto.
3.3. L’edizione del 1548 degli eredi di Pietro Ravani e soci
Informazioni generali sull’edizione del 1548 e il titolo
L’edizione del 1548 veniva stampata sempre a Venezia
dagli «eredi di Pietro Ravani e soci», anche questa volta non
chiaramente specificati. Sembra tuttavia che dietro a questa
denominazione ci siano i soci di Vittore Ravani che, in tal data,
doveva già essere defunto e, stando alle edizioni del 1560 e 1564
che in gran parte riprendono le edizioni del 1537 e del 1548, tra tali soci ci doveva
essere Giovanni Varisco sotto il cui nome appariranno le edizioni del 1560 e del 1564 e
del 1569 sempre con la marca tipografica caratterizzata dalla sirena bicaudata che
aveva già contraddistinto l’edizione di Vittore Ravani del 1537.
Il volume consta di 352 pagine per un totale di 704 fogli.
116
Il volume è stato da me consultato parte presso l’Archiginnasio di Bologna
(frontespizio, incipit e colofone con marca tipografica dei Ravani) e parte presso la
Biblioteca dell’Osservanza di Bologna (tutto il resto del volume) dove è stato schedato
per errore come se si trattasse dell’edizione del 1537 essendo mutilo dell’ultimo foglio,
ma la verifica attenta del frontespizio lascia capire senza ombra di dubbio che si tratta
dell’edizione del 1548.
Il frontespizio
L’abbiamo consultato nella Biblioteca dell’Archiginnasio di
Bologna e inoltre nella biblioteca dell’Osservanza di Bologna,
dove però è stato censito erroneamente come se fosse l’edizione
del 1537156. Il frontespizio, avendo la medesima silografia e una
titolatura molto simile e disposta “ad imbuto” come nell’edizione
del 1537 può trarre in inganno, ma l’osservazione attenta dei
salti riga del frontespizio mostra che non può essere l’edizione
del 1537, bensì quella del 1548.
L’«addito» che nell’edizione precedente era messa in risalto dal colore rosso per
fare risaltare ciò che era stato aggiunto, è ora in inchiostro nero.
Il titolo del volume è:
[in rosso] Liber Sacerdotalis nuperrime ex libris | Sancte Romane ecclesie: & quarundam aliar[um] ecclesia|[in nero]r[um]: & ex antiquis codicibus apostolice bibliothece: & ex iurium sanctionibus: & | ex doctor[um] ecclesiasticor[um] scriptis: ad Reuerendor[um] patrum sacerdotum paro|chialiu[m]: & animarum curam habentiu[m] commodu[m]: collectus atque compositus: | ac auctoritate Sanctissimi d[omi]ni domini nostri Leonis decimi approba|tus. In quo continentur officia omnium sacramentorum: & resolutio|nes omnium dubiorum ad ea pertinentium: & omnia alia que a sa|cerdotibus fieri possunt: que q[ua]m sint pulchra & utilia: ex indice | collige. Addito vtili enchyridiolo ad agendum de feria | tempore aduentus: quadragesime: tempore paschali: | & de mense septembris: necnon infra annum: s[ecundu]m | curiam Romanam. Et declaratione rubri|carum generalium: & ad inueninedum | pascha: & alia festa mobilia: que | in alijs hactenus impres|sis minime repe|riuntur.
Per la leggibilità molte abbreviazioni tipografiche nel titolo del frontespizio sono
state sciolte, soprattutto la “um” finale e la “n” mediana (sacramentorum al posto di
«sacramentorum» (con um finale abbreviato); aduentus invece di «aduentus» (con la
“n” contraddistinta dalla «macron» soprascritta, e così via).
156
Zita ZANARDI – Raffaella RICCI, Bibliotheca franciscana. Gli incunaboli e le cinquecentine dei Frati
Minori dell’Emilia-Romagna conservate presso il Convento dell’Osservanza di Bologna, in «Biblioteca di bibliografia italiana» CLIX, Leo S. Olschki editore, Firenze 1999.
117
La «Tabula» o indice dell’opera
L’impaginatore ha assunto l’impaginazione del 1537 risistemandola. Si desume
ciò da diversi elementi dei quali ne indico solo alcuni che consistono soprattutto nella
risoluzione di alcune abbreviazioni.
Il titolo della tabula è: Tabula seu repertorium omnium contentorum in hoc
opere. Nell’edizione del 1537 la parola contentorum è abbreviata in contentor(um)
mentre nell’edizione del 1548 l’abbreviazione è sciolta.
Altre soluzioni di abbreviazioni: ba(n)nis faciendis nel testo del 1537, bannis
faciendis nel testo del 1548 (prima pagina della tabula). Sempre nel medesimo foglio:
co(n)trahe(n)di nel 1537, contrahendi 1548, e così via.
La pagina dell’«incipit»
Assomiglia molto a quello dell’edizione del 1537 e tuttavia si devono notare
almeno tre variazioni che riteniamo degne di nota.
Come nell’edizione precedente il
fregio sovrastante la citazione di Ezechiele
34 messa in calce di pagina torna
nuovamente ad essere cambiata con
un’altro nuovo motivo ornamentale un po’
più raffinato nel tratto. Il busto che si
trovava accanto alla citazione di Ezechiele
viene spostato di posizione al posto del
busto sulla sinistra (il terzo dall’alto) che viene così estromesso. Accanto alla citazione
di Ezechiele viene posta l’immagine di un sacerdote che tiene in mano un drappo sul
quale è scritta presumibilmente la propria identità: Iosue «Giosuè».
Il titolo precedente l’«incipit»
È il medesimo dell’edizione del 1523 e del 1537:
Libri sacerdotalis de officio sacerdotis curati et omnibus ad animarum curam pertinentibus et sacramentorum exhibitionibus cum eorum annexis secundum ritum Sancte Romane et apostolice ecclesie et aliarum etiam ecclesiarum usibus accomodati.
L’impaginazione del contenuto
Sguardo complessivo all’impaginazione
Il testo del 1537 e del 1548 sembrano identici perché un volume rispetto all’altro
sembra identico almeno per diverse decine di pagine, salto pagina per salto pagina, ma
ad uno sguardo più attento appaiono una serie di differenze.
118
Ad esempio al foglio 8v dell’edizione del 1537, in fondo alla pagina, è anticipata
la parola «anno» per l’impaginazione del quaderno. Nell’edizione del 1548 la parola è
stata scomposta o è caduta ed è stata maldestramente ricomposta in «nona».
Capilettera
Al foglio 23r il capolettera “C” del
cum venerit infantula «quando la fanciulla
arriva» è stata cambiata con una
capolettera diversa che porta al suo
interno un busto di uomo. Inoltre la parola
cathecuminus dell’edizione del 1537 vede
sparire la “h” e diventare catecuminus.
La sostituzione di capolettera sopra accennata è ravvisabile ai fogli 27r (“S”i
infans graviter), 36v (“S”i vero fuerint; “S”i autem fuerint); 37v, 38r, 39v (“S”acerdos),
42v “S”ecundum, e sembra riguardare sistematicamente la sostituzione solo della
lettera capolettera “S” con un’altra “S” di fattezze assai più brutte che abbiamo
chiamato convenzionalmente “S riccioluta” per i due riccioli interni che mostra.
Anzi, a proposito di tale “S” riccioluta si deve fare
notare che tale sostituzione non sembra tanto una
evoluzione nell’impaginazione, quanto piuttosto un
ritorno alle scelte originarie, quasi che l’impaginatore
abbia voluto contestare la scelta di Vittore Ravani, di
sostituire tale “S” riccioluta con un’altra “S” gotica
senza meno fronzoli.
Che si tratti della reimpaginazione del medesimo impaginato e non di due
impaginazioni diverse operate da tipografi diversi mi sembra indiscutibile a partire
dall’utilizzazione non solo della medesima marca tipografica del vecchio Pietro Ravani,
ma anche dalle silografie e dal confronto di tantissimi altri elementi tipici dell’edizione.
Tale sostituzione di capolettera, oltre al sistematico rimpiazzamento della “S”,
“B” e “G” di cui si è appena parlato, si denota anche ai fogli 101v (“D”ictum est supra),
103r (“D”icto superius) e in svariati altri passi del testo come ai fogli 169v (“A”bsolue
Domine animas), o al 170r (“D”ies ire dies illa).
Scelte di capilettera a confronto
119
Tale sostituzione quasi sistematica
dimostra però di andare all’eccesso fino al
fraintendimento del testo e ad
introduzione di errori. Al foglio 50v ad
esempio, dove si comincia la frase
Accessurus igitur sacerdos ad audiendas
con il capolettera “A”, la prima delle due “c” che la seguono è scritta in modo
maiuscolo ma facilmente confondibile con una “E”. Nell’abbellimento dei capilettera
dell’edizione del 1548 viene fraintesa la A iniziale e viene sostituita con una “S”
diventando così il testo SCcessurus facilmente comprensibile come Secessurus invece
che Accessurus. Qui accanto l’immagine che testimonia il confronto.
Alcune parole come cathecuminus vengono semplificate in catecuminus e altre
semplificazioni del testo analoghe a questa sono ravvisabili.
In altri foglio come all’85v-86r, alcune liste dei beati apostoli e martiri che erano
spaziati e disposti su due colonne nell’edizione del 1537 diventano non spaziati e
separati da soli due punti nell’edizione del 1548 con un pessimo risultato grafico.
Sperimentazione di soluzione sistematica delle abbreviazioni
Nella presente edizione a cura degli eredi di Pietro Ravani si deve segnalare
anche un tentativo di risoluzione quasi sistematica delle abbreviazioni al foglio 83r.
Sembra che lo stampatore abbia tentato di rendere maggiormente leggibile il testo per
rendersi conto quanto spazio e quante righe andava a perdere a fronte dell’acquisto di
una migliore leggibilità.
Lo squilbrio perduto con questa nuova impaginazione al foglio 83r viene
recuperato al foglio 85v-86r dove nell’edizione del 1937 c’era la lista degli apostoli e
dei martiri disposta su due colonne con capilettera in rosso, mentre nell’edizione del
1937 viene scritta non incolonnata e tutta in nero.
120
Diversi altri tentativi di reimpaginazione avvengono in altri punti al foglio 103r
con titoli che vengono centrati.
In conclusione si deve affermare che nell’edizione del 1548 si è partiti dallo
stesso impaginato del 1537 che vedeva una media di 36 righe per pagina e che rimane
sostanzialmente invariato.
Si lasciano le medesime silografie risistemando il testo quanto ad alcuni ritorni a-
capo, risoluzione di alcune abbreviazioni, qualche cambio di capilettera, diversa
impaginazione di piccoli tratti di testo.
Valutazione complessiva dell’edizione degli eredi di Pietro Ravani e soci del 1548
È evidente che tutto viene fatto con l’intento di non reimpostare il lavoro di
impaginazione, ma solo di risistemarlo e di renderlo più leggibile con qualche scelta
diversa dall’edizione del 1537 quanto a gusto estetico.
3.4. L’edizione del 1554 degli eredi di Pietro Ravani e soci
Informazioni generali sull’edizione del 1554 e il titolo
L’edizione del 1554 veniva stampata sempre a Venezia e
anche questa volta dagli «eredi di Pietro Ravani e soci», soci anche
questa volta non chiaramente specificati e sempre con la marca
tipografica usata da Vittore Ravani nel 1537 e successivamente
utilizzata nella terza edizione del 1548.
Il volume consta di 346 fogli per complessive 792 pagine e,
almeno apparentemente, non sembra discostarsi dal volume pubblicato poco meno di
dieci anni prima nel 1548.
L’edizione da me consultata è stata reperita in formato elettronico in google
books157.
157
http://books.google.it/books?id=74s8AAAAcAAJ
121
Il frontespizio
Il titolo del volume è:
[in rosso] Sacerdotale iuxta s. Romane ecclesie & alia|rum ecclesiarum, ex apostolice bibliothece, ac sanctorum pa|[in nero]trum iurium sanctionibus, & ecclesiasticorum doctorum scriptis ad optatum com|modum quorumcunq[u]e sacerdotum collectus, & omni nuper diligentia castigatus | ac summorum Pontificum authoritate multoties approbatum. In quo | co[n]tinentur officia omnium sacramentorum: & resolutiones omnium du|biorum ad ea pertinentium: & omnia alia, que a sacerdotibus fieri | possunt: que q[ua]m sint pulchra & utilia, ex
indice collige. Addi|to vtili enchyridiolo ad agendum de feria tempore ad|uentus, quadragesime, tempore paschali: & de mense | septembris: necnon infra annum: s[ecundu]m ecclesiam | Romanam. Et declaratione rubricarum | generalium: & ad inueninedum pa|scha: & alia festa mobilia: que | in alijs hactenus impres|sis minime repe|riuntur.
Da «Liber sacerdotalis» a «Sacerdotale»
L’innovazione o le “innovazioni” più significative nel frontespizio sono diverse e
non riguardano ovviamente la silografia, che è sempre la medesima, quanto piuttosto i
contenuti indicati dal titolo. Innanzitutto c’è la sostituzione del titolo del volume che
«slitta» da «liber sacerdotalis» a «sacerdotale»: evidentemente quanto era stato
auspicato da Alberto da Castello stesso già nella prima edizione viene ottenuto grazie
ad una denominazione ottenuta probabilmente “sul campo” nel gergo comune.
Dal riferimento all’approvazione di Leone X al «multoties approbatum»
Ancor più significativa è la sostituzione del riferimento puntuale all’approvazione
di Leone X delle precedenti edizioni (domini nostri Leonis decimi approbatus) con
summorum pontificum authoritate multoties approbatum. Sappiamo dagli scritti del
papa Benedetto XIV, card. De Lambertis, che tale molteplice approvazione era solo
millantata. Il papa aveva ben presente che dell’opera c’erano state diverse edizioni e,
dunque, parlava probabilmente facendo riferimento alle edizioni successive a Pio IV
che egli nomina espressamente158. Comunque, egli mette in dubbio tale approvazione
pontificia159. Su tale affermazione già disquisiva pochi anni dopo Zaccaria nel 1776
nella sua Bibliotheca ritualis dicendo che aderiva a quanto affermato dal papa160.
158
Poiché Benedetto XIV cita l’opera di Alberto da Castello con la denominazione Sacerdotale
Romanum fa probabilmente riferimento ad una delle edizioni della fine del XVI secolo perché tale denominazione si riscontra solo a partire dal 1585, con le edizioni di Sessa e Nicolini.
159 Prospero DE LAMBERTINIS (BENEDETTO XIV), De synodo diocesana, in Benedicti pont. opt. max. olim
Prosperi Cardinalis De Lambertis operum editio novissima, ed. Tipografia aldina, Prato 1844, tomo XI, lib. VII, cap. XV, VI, p. 232-233: Albertus duntaxat Castellanus «in suo Sacerdotali Romano», quod a summis Pontificibus approbatum fuisse asseritur (...) Verum egregius hic Ordinis Praedicat. Profes. qui exeunte seculo XV ac ineunte XVI floruit, eximiis quidem dotibus conspicuus fuit, idemque «Sacerdotale Romanum» concinnavit, quod ab ipso dicatum Leoni X. Pont. Max., deinde
122
In ogni caso il riferimento a Pio IV è sicuramente erroneo perché Pio IV fu
pontefice tra il 1559 e il 1565, mentre la presente edizione è del 1554! I papi che
potrebbero avere approvato il Liber sacerdotalis nel momento in cui gli eredi di Pietro
Ravani e soci cambiano il riferimento all’approvazione di Leone X con il summorum
pontificum authoritate multoties approbatum sono soltanto Clemente VII (1523-1534),
Paolo III (1534-1549) o Giulio III (1550-1555).
L’attribuzione di un’approvazione a Paolo IV (card. Pietro Carafa pontefice dal
1555 al 1559) è comprensibile solo se il cardinale procedette a tale approvazione,
peraltro da dimostrare, negli anni precedenti il proprio pontificato quando svolse la
mansione di Prefetto della congregazione del sant’Uffizio.
La «Tabula» o indice dell’opera
L’impaginatore non solo ha assunto l’impaginazione dell’edizione del 1548, ma
ha proceduto a correzioni degne di nota.
La prima parola è proemium che nell’edizione del 1548 era nella forma
prohemium mentre nell’edizione del 1554 attesta la forma proemium. È stata
introdotta subito dopo l’espressione preambula libri al primo contenuto: unde dicatur
sacerdos etc.
Il contenuto del foglio 4v che nella tabula del 1548 vedeva ancora la voce:
Sacerdos instruere debet subditos in fide catholica et ad superstitiones vitandas
admonere, nell’edizione del 1554 vede un cambiamento significativo che riflette
maggiormente il titolo di 4v-5r che è evidentemente stato riletto per una maggiore
sinteticità e contemporaneamente completezza della voce presente nella tabula:
Pii IV Pontificis jussu emendatum fuisse dicitur, juxta ea, quae leguntur «tom. 2. Scriptor. Ord. Praedicat.» P. Jacobi Echard pag. 48. Sed huiusmodi Opus legis auctoritatem et vim obtinere, admisso etiam, quod Pii IV auctoritate correctum fuerit, admodum ad probandum difficile judicatur.
160 Francesco Antonio ZACCARIA, Bibliotheca ritualis, tomo I, Roma 1776: Libro I, Capitolo V, Articolo III,
1: ... apud heredes Petri Rabanis inscriptus «Sacerdotale» seu «liber sacerdotalis collectus», Leonis X auctoritate approbatus (...) Eo vero demortuo antequam typis traderetur, examinatum fuit jussu Pii IV atque emendatum. Non tamen fuisse a Pio IV adprobatum, sed privati auctoris opus esse, contra quam nonnullis visum est, cum Benedicto XIV in luculenta epistola ad Cardinalem Gvadagni suum in Urbe Vicarium a. MDCCLV perscripta confidenter adesimus. Da tale citazione si arguiscono diversi elementi. Innanzitutto che Zaccaria non era al corrente che l’edizione originale era del 1523 e non del 1537. Ci rende noto che l’anno seguente (1538?) fu edito dagli eredi di Pietro Ravani: probabilmente si confonde con l’edizione del 1548. Ha presente l’edizione del 1555 di Pietro Boselli, del 1567 di Lichtenstein e del 1596 di Sessa, tuttavia il titolo che cita, a motivo del sacrosanctae romanae ecclesiae è chiaramente l’edizione di Lichtenstein del 1567. Dal punto di vista liturgico ed ecclesiale è significativo che contesti l’informazione circa la revisione e l’approvazione del testo da parte di Pio IV (25/12/1559-09/12/1565). Stando dunque a Zaccaria che cita Benedetto XIV, ci sarebbe stata una revisione ad opera di Pio IV (1555-1559), tuttavia circa questo dato quanto da noi affermato sopra.
123
Sacerdos populum instruere debet quod varia superstitionum genera vitet et de illarum
penis.
La pagina dell’«incipit»
Nessun cambiamento significativo rispetto all’edizione del 1548: le silografie
sono le medesime, fatta eccezione per il fregio separatore sopra la citazione di
Ezechiele 34 di fondo pagina che riporta fedelmente l’errore delle edizioni precedenti,
cioè la referenza erronea a Ezech. XXIIII.
Il titolo precedente l’«incipit»
Il titolo che precede l’incipit è sensibilmente modificato rispetto alle tre edizioni
precedenti del 1523, 1537 e 1548 con una notevole perdita di senso. Vediamolo in
parallelo:
edizioni del 1523, 1537 e 1548 edizione del 1554
Libri sacerdotalis de officio sacerdotis curati et omnibus ad animarum curam pertinentibus et sacramentorum exhibitionibus cum eorum annexis secundum ritum Sancte Romane et apostolice ecclesie et aliarum etiam ecclesiarum usibus accomodati.
Sacerdotale. De sacerdotis curati munere, ad animarum curam, et sacramentorum exhibitionem, atque aliarum ecclesiarum usus accommodatum.
La perdita del senso si ha nel riferimento alle aliae ecclesiae, ma essendo stato
omesso il riferimento alla Chiesa cattolica apostolica romana, o forse più
frettolosamente o superficialmente dato per presupposto, il nuovo titolo risulta
certamente meno complicato del precedente, ma anche più incomprensibile.
Il titolo delle prime edizioni infatti con il libri sacerdotalis, cioè un genitivo con
l’aggettivo concordato accomodati al termine del titolo, vedeva una costruzione
sintattica certamente usuale alla lingua latina, ma anche per il suo genere complessa
nella struttura e difficile anche da tradurre:
1523 1537 e 1548 1554
Il libro sacerdotale risistemato: l’ufficio del sacerdote curato e tutto ciò che attiene alla cura delle anime e all’amministrazione dei sacramenti insieme alle loro particolarità secondo il rito della chiesa santa e romana e apostolica e anche gli usi delle altre chiese.
Sacerdotale: il compito del sacerdote curato, risistemato per la cura delle anime e l’amministrazione dei sacramenti e all’uso delle altre chiese.
L’impaginazione del contenuto
Il contenuto invariato
Sulla base di un esame non puntuale di tutta l’edizione mi sembra di potere
affermare che l’editore non ha proceduto, come aveva fatto Vittore Ravani, ad
124
aggiungere qualche contenuto per rendere maggiormente appetibile il volume. Si
rimane esattamente al contenuto del 1548 con alcune piccole modifiche o novità che
qui sotto presento.
Qualche testo tradotto in volgare
Segnalo che è stata introdotta qualche traduzione. Infatti nella parte dell’Ordo
celebrandi missam al foglio 80r, dopo la formula latina faciatis vobis signum sancte
crucis cum contritione peccatorum vestrorum et dicatis sicut ego dixero c’è specificato
et dicat in vulgari sermone Ego confiteor deo omnipotenti... ora proprio nell’edizione
presente del 1554 viene introdotta, subito dopo la lunga formula latina, la medesima
in lingua volgare introdotta da questa e vna breue confessione volgare cauata da
questa latina. Fatevi il segno della santa croce con dolore e pentimento de i vostri
peccati e dite come dirò io così, Io mi confesso all’onnipotente Dio...
Stesso fenomeno è riscontrabile poco più oltre al foglio 81r:10 quando, dopo la
formula misereatur vestri omnipotens deus et dimissis omnibus peccatis vestris
perducat vos cum omnibus sanctis suis... si aggiunge, alla riga 15: La indulgenza e
perdonanza che voi hauete acquistata per venire alla chiesa e deuotamente vdire la
messa e il diuino officio e ogni altra buona operatione, così come io ve l’annuncio in
terra Dio ve le rapresenti in cielo ne beni di vita eterna.
Non so se in altre parti ci siano traduzioni analoghe a questa subito dopo i testi
latini. L’esame del contenuto in uno studio successivo permetterà di sciogliere il
dubbio.
Abbreviazioni risolte per una maggiore leggibilità
Le numerose abbreviazioni presenti nell’edizioni del 1523, 1537 e 1548 si tenta
di risolverle a partire dall’incipit per una immediata e migliore leggibilità, tuttavia la
particolarità di maggior rilievo è che si tenta di impaginare il testo aggiungendo circa 1-
2 righe a foglio: al foglio 2r l’edizione del 1548 ha 36 righe mentre quella del 1548 ne
ha 38. Anche nel prosieguo dell’impaginato l’edizione del 1554 cerca di introdurre
sempre tendenzialmente 37 righe per foglio, cioè una in più dell’altra edizione.
Nonostante ciò e nonostante gli errori nelle numerazioni delle pagine, la lunghezza del
volume è, rispetto all’edizione precedente (352 fogli), leggermente contratta (346
fogli).
La presente edizione condivide con l’edizione del 1523 e del 1548 la preferenza
per il capolettera “S riccioluta” di cui abbiamo parlato a pag. 118.
125
Passaggio al carattere tipografico romano per qualche sezione
Segnalo che a partire dal foglio 339v si decide di impaginare tutto il resto del
testo abbandonando il gotico veneto e adottando il carattere romano, probabilmente
per rimanere in un numero contratto di fogli e risparmiare un eventuale quaderno
quasi vuoto.
Inversioni di silografie
Si elimina qualche silografia riutilizzandone altre. La silografia dell’intercessione
della vergine Maria che mostra il seno al Figlio viene utilizzata anche laddove le
edizioni precedenti (1523-1548) vedevano la silografia del Cristo che intercede presso
il Padre (cf. f. 53v e riutilizzata in 58v). Altro esempio di scostamento nell’uso delle
silografie dalle edizioni precedenti è l’uso della silografia della sepoltura di Cristo che
viene usata al posto della silografia della dormitio virginis accanto all’antifona del
requiem eternam (f. 174v). Per il confronto tra le silografie tra le diverse edizioni vedi
l’apposita sezione a fine capitolo.
Valutazione complessiva dell’edizione degli eredi di Pietro Ravani e soci del 1554
A parte il dilemma di chi sia il responsabile o chi siano i responsabili della
presente edizione, visto che sono indicati come «eredi di Pietro Ravani e soci», e a
parte il dilemma se veramente tale edizione abbia ricevuto una ulteriore approvazione
papale o meno, l’edizione costituisce un punto di svolta rispetto alle precedenti per
alcune scelte che ci inducono a classificarla come un’evoluzione significativa. Ciò si
denota dal cambiamento del titolo in frontespizio – da Liber sacerdotalis a Sacerdotale
– dalla semplificazione del titolo all’interno prima dell’«incipit», dai tentativi di
introduzione di traduzioni in lingua volgare laddove le rubriche latine lo prevedevano,
dai tentativi di introdurre alcune parti in carattere tipografico romano, da una diversa
scelta di abbinamento silografie/testo con la sostituzione di alcune di esse.
126
3.5. L’edizione del 1555 di Pietro Boselli
Informazioni generali sull’edizione del 1555 e il titolo
L’edizione del 1555 venne stampata sempre a Venezia,
questa volta da Pietro Boselli. Pietro Boselli, – come si desume
dal ICCU – fu attivo tra il 1549 e il 1561. Egli era un
Libraio, editore e forse tipografo di origine bergamasca attivo a Venezia. Nel 1546 lavorava probabilmente per Antonio Gardane nella bottega di questi, all'insegna del Leone e Orso.
Insieme con Matteo, di cui era parente, aveva bottega all'insegna del Bo in Merceria.161
La sua marca tipografica è un guerriero con elmo piumato e con spada che
cavalca un toro e che era condivisa anche dal suo parente Matteo Boselli sul quale
però ci sono delle incertezze. Infatti di Matteo Boselli si sa che fu
Editore, libraio, e forse tipografo di origine bergamasca attivo a Venezia. Subì un processo per detenzione di libri proibiti nel 1571. Morì probabilmente nel 1572, anche se vi sono edizioni posteriori a questa data che recano il suo nome e che sono da attribuire ai suoi eredi. Non si sa quali fossero i suoi legami di parentela con Pietro Boselli, con cui aveva bottega all'insegna del Bo. Secondo il Dizionario dei tipografi, il Matteo Boselli attivo negli anni '50 era persona diversa da quello attivo fra il 1565 e il 1572.
Il volume consta di 331 fogli per un totale di 662 pagine. Tale numero ridotto di
fogli a fronto di contenuti non modificati è stato ottenuto con una impaginazione
leggermente più larga (ma non abbiamo potuto consultare dal vivo nessuna edizione
ma solo edizioni elettroniche) e certamente più lunga, cioè una impaginazione che usa
in modo quasi sistematico 39 righe per pagina. È con questo stratagemma che l’editore
riduce sensibilmente il numero dei fogli rispetto alle edizioni precedenti. Infatti il
passaggio dal carattere tipografico gotico a quello romano a partire dal foglio 325r si
trova già nell’edizione precedente del 1554 (all’inizio del foglio 339v: Oratio
devotissima ad remouendam tempestatem) e solo in quella perché nelle edizioni
precedenti del 1523, 1537 e 1548 il testo era impaginato sì da quel punto in poi con un
carattere tipografico più piccolo, ma sempre in stile gotico. Tale impaginazione
esattamente identica al carattere tipografico del contenuto precedente permetteva
una impaginazione con 55-56 righe per foglio.
L’edizione da me consultata è stata reperita in formato elettronico in google
books162.
161
http://edit16.iccu.sbn.it/web_iccu/imain.htm alla voce dell’Editore “Pietro Boselli”, letto in data
24 dicembre 2011.
127
Il frontespizio
Viene reimpaginato, con diverse variazioni nei cambi e nei salti riga, ma il
contenuto è pressoché identico al testo del frontespizio dell’edizione dell’anno
precedente, il 1554.
Il titolo del volume riportato nel frontespizio è:
[in rosso] Sacerdotale iuxta s. Romane ecclesie & aliarum | ecclesiarum, ex apostolice bibliothece, ac sanctorum patrum iurium | [in nero] sanctionibus, & ecclesiasticorum doctorum scriptis ad optatum commodum quorumcunq[u]e sacerdotum | collectum, & omni nuper diligentia castigatum ac summorum Pontificum authoritate multoties | approbatum. In quo continentur officia omnium sacramentorum: & resolutiones o|mnium dubiorum ad ea pertinentium: & omnia alia, que a sacerdotibus fie|ri possunt, que quam sint pulchra & utilia, ex indice collige. Addi|to vtili enchyridiolo ad agendum de feria tempore aduentus, qua|dragesime, tempore paschali: & de mense septembris: | necnon infra annum: s[ecundu]m ecclesiam Romanam. | Et
declaratione rubricarum generalium: | & ad inueniendum pascha: & alia | festa mobilia: que in alijs | hactenus impressis | minime repe|riuntur
La silografia del frontespizio che era rimasta identica dall’edizione del 1523
all’edizione del 1554 è ora stata sostituita con una che tenta di introdurre maggiori
effetti di prospettiva, ombreggiature e altri abbellimenti e rifiniture grafiche. Tale
nuova silografia si riscontrerà nelle edizioni successive del 1559, 1560, 1564, 1567,
1569 e 1588. Di fronte a tali dati, in una prima fase della ricerca, avevo ipotizzato che
l’impaginato utilizzato dal Boselli fosse quello degli eredi di Pietro Ravani, ma mi
sbagliavo.
La «Tabula» o indice dell’opera
Rispetto a tutte le edizioni precedenti, il presente editore ha compiuto diverse scelte innovative per il carattere tipografico, il capolettera e l’impaginazione.
Si abbandona il carattere tipografico gotico per assumere un carattere
tipografico di stile Romano, ma ciò solo nella tabula.
Il
capolettera
“P” del
proemium
viene
cambiato dopo essere rimasto invariato nelle edizioni del 1537, 1548 e 1554.
162
http://books.google.it/books?id=GYw8AAAAcAAJ.
Differenze del capolettera “P” di Proemium tra le prime edizioni
128
Si distribuisce l’indice su due colonne in modo sistematico e non solo in modo
saltuario come negli indici precedenti per alcuni gruppi di voci.
Dalla prima parola, proemium, e dall’omissione dell’espressione preambula libri
presente nelle edizioni del 1523, 1537, 1548 – e da altre voci dell’indice appare
chiaramente che l’edizione di riferimento è stata, almeno per l’indice, l’edizione del
1554.
Il titolo precedente l’«incipit»
È identico all’edizione del 1554 che aveva già effettuato dei cambiamenti
rispetto alle edizioni precedenti e che abbiamo già considerato precedentemente163.
Sacerdotale. De sacerdotis curati munere, ad animarum curam, et sacramentorum exhibitionem, atque aliarum ecclesiarum vsus accommodatum. Prohemium.
L’incipit
L’elemento che vogliamo fare notare dell’edizione
del 1555 a cura di Giovanni Boselli, è la meticolosa
sostituzione non solo dei busti umani, ma soprattutto della
collezione di citazioni bibliche tutte concernenti la
necessità che i pastori attendano alla cura pastorale.
Rimane soltanto la lunga citazione di Ezechiele 34 (sempre
con la citazione errata di Ez. 24) sui cattivi pastori che
pascono se stessi con una diversa silografia e reimpaginata
con il medesimo carattere tipografico di tipo romano della
tabula che è andato a sostituire il tipo gotico usato nelle
precedenti edizioni.
I busti sono stati sostituiti meticolosamente da immagini della vita di Cristo senza
alcuna citazione. A partire dalla sinistra dall’alto e verso il basso sono raffigurate: 1) la
cattura del Cristo nel giardino degli ulivi; 2) la presentazione davanti a Caifa; 3) la
presentazione davanti a Pilato; 4) la flagellazione; 5) Gesù legato alla colonna; da
destra dall’alto verso il basso: 6) Cristo sulla croce trafitto dalla lancia; 7) Cristo
deposto dalla croce; 8) Cristo nelle braccia della Madre; 9) Cristo deposto nel sepolcro;
10) Cristo risorto dal sepolcro. In basso a partire da sinistra nella pagina ci sono due
scene del vangelo relative all’infanzia di Cristo: 11) la nascita di Cristo nella mangiatoia
con asino e bue; 12) la presentazione di Cristo al tempio con il riscatto del primogenito.
163
Vedi quanto abbiamo considerato circa il titolo precedente l’incipit della 4ª edizione a p. 98.
Nuove silografie dell’incipit
129
La lettera “S” di Salvator,
inscritta nella silografia iniziale con la
relativa immagine di Cristo sembra la
medesima delle edizioni precedenti,
ma ad un confronto attento e
puntiglioso di una serie di particolari
appare una imitazione ben riuscita.
La base in basso a sinistra e le
fattezze stesse delle sopracciglia del
volto del Cristo, alcuni tratti della
barba, più altri piccoli particolari
dell’intera silografia ci hanno indotto
a pensare che non è la medesima e che, quindi, l’edizione esce da una tipografia che
ha tentato di riprodurre il più fedelmente possibile l’impaginato degli eredi Ravani.
Anche noi abbiamo faticato a capire che si trattava di una imitazione.
L’altra immagine a corredo della citazione di Ezechiele 34 relativa ai cattivi
pastori ritrae un pastore in atteggiamento genuflesso davanti ad un angelo intento a
parlargli. È stata perciò cambiata anche la silografia ritraente un sacerdote con un
panneggio contenente il nome Josue.
L’impaginazione del contenuto
Impaginazione e capilettera
Il testo del 1555, come già accennato, tenta una
reimpostazione dell’impaginato con un allargamento ed un
allungamento dello specchio tipografico della pagina
passando dalle 36-37 righe per pagina delle edizioni
precedenti a 39 righe.
Si tenta di sostituire i capilettera con altri più belli e
figurativi. In alcuni casi ci si limita a sostituire il capolettera con uno di stile gotico
molto grande, come nel caso qui accanto dell’inizio del Pange lingua (1554:f. 269v;
1555: f. 268r).
Non manca però nell’abbondantissimo lavoro di abbellimento del testo operato
dal Bosello, un uso talvolta spregiudicato dei capilettera, talvolta non sostituendo il
medesimo capolettera, ma mettendo lettere con immagini solamente più belle, come
al foglio 311r dove il capolettera “D” di Deus qui per vnigenitum tuum è stato sostituito
Confronto tra le silografie del Cristo benedicente dell’incipit
Capilettera a confronto
in Pange lingua
130
da un capolettera “O”. Di tali sviste, certamente volute per privilegiare l’aspetto
grafico-artistico ne sono riscontrabili parecchie.
Tutte le silografie sostituite
Tutte le silografie sono sostituite con nuove
silografie e un riutilizzo interno dei soggetti. La
silografia che nell’edizione originaria rappresentava il
Cristo che intercede presso il Padre è stata sostituita
da un’altra che ritrae la vergine che intercede presso il
Cristo che viene così utilizzata due volte. Per tale
operazione sulle silografie vedi alla fine del capitolo164. Devo tuttavia confermare
quanto dal confronto della silografia del Cristo benedicente andavo sospettando e che
dal confronto con la silografia del bacile d’acqua trova ulteriore conferma. Bosello ha
sostituito tutte le silografie e ha commissionato a qualche bottega l’imitazione di
alcune altre, come quella del bacile d’acqua qui accanto o, per il compendio di musica,
quella della mano musicale e della scala musicale. Dunque non ha stampato nella
medesima tipografia dei Ravani, ma la sua è un’impaginazione del tutto nuova del
testo.
L’edizione che Boselli ha preso come riferimento è certamente l’edizione del
1554 perché nella copia delle silografie e nella collocazione delle silografie rispetta
l’edizione del 1554 che al foglio 53v in corrispondenza dei canones penitentiales
antiqui non aveva posto una silografia con il Cristo che intercede presso Dio Padre
giudice, bensì aveva posto la vergine Maria che intercede presso il figlio. Così fa Boselli
che in corrispondenza dei canones penitentiales antiqui pone anch’egli una silografia
con la Vergine che intercede presso il Figlio.
Cambio di notazione gregoriana
Si comprende pertanto perché ci sia stato un cambiamento anche quanto alla
notazione gregoriana. Bosello va scegliendo, come si evince dall’immagine poco sopra
apposta e relativa all’antifona Pange lingua, una notazione gregoriana con forma
sempre quadrata ma più piccola di grandezza che ne diminuisce la leggibilità.
Valutazione complessiva dell’edizione di Boselli del 1555
L’edizione di Boselli del 1555 è l’ingresso nell’arena del mercato del libro di un
nuovo competitore che non solo cerca di copiare e imitare quanto può dell’edizione
del 1554, ma soprattutto cerca di migliorare il prodotto soprattutto dal punto di vista
164
Cf. la relativa sezione in fondo al capitolo a p. 129.
imitazione delle silografie delle
edizioni precedenti
131
grafico mediante scelte anche spregiudicate. Delle silografie che contorniavano
l’«incipit» con il richiamo al dovere dei pastori di pascere il popolo di Dio loro affidato
non rimane che la lunga citazione di Ezechiele: non si coglie tale elemento come
importante, non si riesce a «leggere» l’intenzione dell’autore, Alberto da Castello, ma
si vuole offrire ai sacerdoti che ormai vanno richiedendo e utilizzando il Sacerdotale un
prodotto più gradevole alla vista, con nuove silografie nel frontespizio, nuovi
capilettera, impaginazione più larga e più lunga. Talvolta però, come nel caso della
notazione gregoriana, il tentativo di miglioramento diventa un peggioramento con una
minore fruibilità del testo musicale.
3.6. L’edizione del 1559 di Pietro Boselli
Informazioni generali sull’edizione del 1559 e il titolo
L’edizione del 1559 venne stampata a Venezia da
Pietro Boselli. Per la sua presentazione vedi le informazioni
da noi sopra già anticipate per l’edizione del 1555 a p. 126.
Il volume consta di 331 fogli per un totale di 662
pagine.
Il titolo del volume è il medesimo e diviso nei salti riga in modo esattamente
identico al volume del 1555.
L’edizione da me consultata è stata reperita inizialmente presso l’Università
Complutense di Madrid e successivamente in formato elettronico in google books165.
Il frontespizio
Il frontespizio porta la medesima silografia – raffigurante il
papa contorniato da quattro cardinali e benedicente alcune
persone inginocchiate davanti a lui nell’atto di presentargli un
volume – già apparsa nell’edizione del 1555 e che apparirà
nell’edizione del 1560 a cura di Giovanni Varisco e in altre
successive.
Appare anche, in grande mostra, la marca tipografica
165
http://books.google.it/books?id=YKuPo-TGVPgC.
Marca di Pietro Boselli
132
dell’editore Pietro Boselli con il motto a furore rusticorum libera nos domine («dal
furore degli ignoranti liberaci o Signore») e, sotto la marca, l’anno di edizione.
La «Tabula» o indice dell’opera
Rimane identica, anche nei salti pagina e nei numeri di pagina, all’edizione del
1555.
L’incipit
È del tutto identico a quello dell’edizione del 1555. Per i
fregi superiore e inferiore, per le silografie, per la silografia del
Cristo benedicente che, come ho scritto sopra a proposito
dell’edizione del 1555, costituiva un’imitazione della silografia
delle edizioni di Sessa-Ravani utilizzata poi dagli eredi Ravani.
Anche per il titolo sovrastante l’incipit, per i salti riga, per i
diversi tipi usati per il testo (gotico veneto) e per la citazione di
Ezechiele a fondo pagina (romano) rimane tutto identico
all’edizione del 1555.
L’impaginazione del contenuto
L’esame dell’impaginato mostra che non si è toccata l’impaginazione, cercando
di correggere alcuni errori dei quali alcuni tuttavia sono sfuggiti. Ad esempio, i numeri
dei fogli 210-212 che nell’edizione del 1555 vedono il foglio 211, cioè successivo al
foglio 210 e precedente il foglio 212 con la benedizione Domine deus op(timu)s qui in
huius putei etc., numerato con il numero 210 invece che 211, rimane numerato 210 in
modo erroneo anche nell’edizione presente.
L’edizione rimane esattamente identica all’edizione del 1555 e con l’esatto ed
identico numero di fogli e con i medesimi e identici salti pagina. L’impaginato, come ho
scritto sopra, conta 39 righe per pagina.
Valutazione complessiva dell’edizione di Boselli del 1559
L’edizione del 1559 appare semplicemente una ristampa dell’edizione del 1555.
133
3.7. L’edizione del 1560 di Giovanni Varisco
Informazioni generali sull’edizione del 1560 e il titolo
L’edizione del 1560 venne stampata sempre a Venezia,
questa volta per i tipi di Giovanni Varisco che fu attivo tra il 1557
e il 1590.
Giovanni Varisco fu
Tipografo, editore e libraio bresciano attivo a Venezia, figlio di Giacomo. Sposò Marta Paganini, figlia di Alessandro e sorella di Gaspare, Paganino, Orazio, Camillo e Scipione, ed ebbe due figli, Giorgio e Marco, e una figlia, Cornelia. Marciani però cita un
documento del 1567 da cui risulterebbe che Varisco allora era sposato con Paola Soncino, figlia di Giacomo. Ebbe bottega al segno della Sirena a S. Giuliano. Lavorò per lo più in società con altri, fra cui gli eredi Ravani, i Paganini e gli eredi Faletti, con i quali ebbe anche delle controversie per la stampa del Messale. Aveva casa e bottega anche a Napoli e a Lanciano. Fece parte della società dell'Aquila che si rinnova. Morì nel 1590 o nel 1591. Secondo Curi Nicolardi un Giovanni Varisco, figlio di Martino, risulta socio nel 1540 di Luchina, vedova Ravani.166
Egli era stato tra i soci di Vittore Ravani, figlio di Pietro Ravani, il primo editore
del sacerdotale. Se gli elementi da noi raccolti presso l’Istituto centrale per il catalogo
unico sono esatti, allora sarebbe spiegabile il transito a Giovanni Varisco dei tipi, delle
silografie, delle paginazioni tipografiche e soprattutto della marca tipografica dei
Ravani. Inoltre, avendo sposato la sorella di Paganino de’ Paganini si comprende anche
la collaborazione con quest’ultimo per la pubblicazione del Sacerdotale del 1588.
Il volume consta di 346 fogli per un totale di 692 pagine.
L’edizione da me consultata è quella custodita presso la biblioteca comunale di
Cento di Ferrara.
166
http://edit16.iccu.sbn.it/web_iccu/imain.htm alla voce dell’Editore “Giovanni Varisco”, letto in
data 24 dicembre 2011.
134
Il frontespizio
Il titolo del volume è:
[in rosso] Sacerdotale iuxta s. Romane ecclesie & alia|[in nero]rum ecclesiarum, ex apostolice bibliothece, ac sa[n]ctorum pa|trum iurium sanctionibus, & ecclesiasticorum doctorum scriptis ad optatum | co[m]modum quorumcunq[u]e sacerdotum collectum, & omni nuper diligentia | castigatum ac summorum Pontificum authoritate multoties appro|batum. In quo continentur officia omnium sacramentorum: & re|solutiones omnium dubiorum ad ea pertinentium: & omnia | alia, quae a sacerdotibus fieri possunt, quae quam sint pulchra & | utilia, ex indice collige. [in rosso] Addito [in nero] vtili enchiridiolo ad | agendum de feria tempore aduentus, quadra|gesimae, tempore paschali, & de mense se|ptembri, necnon infra annum: | s[ecundu]m ecclesiam Romanam. | Canones etiam omnium excommunicationum additi sunt cum breui illarum & |
absoluta declaratione ex sacris doctoribus collecta. Lamentationes Hie|remiae prophetae inhebdomada sancta ab vno vel duobus decantan|dae. Interrogatorium breue super decem praeceptis decalogi. | Et declarationes rubricarum generalium, & ad inue|niendum pascha, & alia festa mobilia: quae in alijs | hactenus impressis minime reperiuntur.
La considerazione precipua, riguardo al frontespizio della pubblicazione di
Giovanni Varisco, è l’addizione e l’esplicazione di diversi contenuti. Nel titolo aggiunge
da Canones etiam omnium excommunicationum fino a praeceptis decalogi. In tale
addizione egli esplicita in gran parte contenuto già presente in tutte le edizioni
precedenti, quali le lamentazioni di Geremia da eseguire in canto con melodia per
solista o da eseguire con un duetto. L’interrogatorio circa i dieci precetti del decalogo
erano già nelle precedenti edizioni, così come le rubriche, il calcolo della Pasqua e
altro. Insomma l’operazione del Varisco, anche se termina con la frase «che in altri libri
finora stampati non si trovano minimamente» sembra essere più una frase
pubblicitaria che il reale apporto di addizioni e modificazioni al testo di quello che
ormai veniva chiamato «Sacerdotale».
135
La silografia rappresentante Alberto Castello ai piedi di Leone X
Abbiam
o già visto
come il Boselli
avesse
proceduto a
rimpiazzare
tutte le
silografie e, in
qualche caso, a sostituirle con delle copie ben fatte come abbiamo visto essere
accaduto con la silografia del Cristo benedicente. Quello che non mi spiego è come
abbia potuto il Varisco utilizzare la silografia del frontespizio che era stata introdotta
da Boselli nel 1555 ed era stata utilizzata nuovamente sempre da Boselli nella sua
edizione del 1559. Un confronto tra le silografie mi sembra non possa portare altro che
al giudizio di identità: la nuova silografia che rappresentava Alberto da Castello
inginocchiato ai piedi di Leone X mentre riceve il Liber sacerdotalis con la sua
benedizione è la medesima sia nell’edizione di Boselli che nell’edizione di Varisco.
Ora, se consideriamo il fatto che qualche altra silografia utilizzata da Boselli sarà
utilizzata da Varisco nell’edizione del 1564 dobbiamo ammettere che ci debba essere
stato un accordo commerciale tra i due: Varisco avrebbe acquistato o comunque deve
avere avuto nella propria disponibilità tali silografie. Un’altra ipotesi è che il Varisco
abbia ottenuto copia della silografia dalla medesima bottega dove fu prodotta, ma è
assai improbabile: infatti qualsiasi copia non è mai perfettamente identica all’originale
e le due immagini dei due frontespizi invece, a meno che non abbia commesso errori
di valutazione, escono invece da presse nelle quali è stata utilizzata la medesima
incisione.
La «Tabula» o indice dell’opera
Viene cambiato il capolettera della “P” di Proemium all’inizio della tabula
contentorum, senza riprendere nessuno dei capilettera usati precedentemente, né
quella dell’edizione del 1523, né quella usata per le edizioni 1537-1548, 1554, né
quella usata da Boselli per le edizioni del 1555 e 1559: semplicemente si usa un
capolettera nuovo.
Confronto tra la silografia del frontespizio introdotta da Boselli nel 1555
con quella dell’edizione di Varisco del 1560
136
L’incipit
L’incipit rimane esattamente tal quale l’incipit del 1554
curato dagli eredi di Pietro Ravani e soci, con una leggerissima
variazione in un motivo ornamentale che separa il testo vero e
proprio e la citazione di Ezechiele 34 a pie’ di pagina. Anzi, Se si
considera il titolo precedente il Proemio e il testo stesso, la
silografia di Cristo salvatore e i salti di riga dell’incipit, non si
troveranno grandi differenze con le edizioni precedenti degli
eredi di Pietro Ravani.
L’impaginazione del contenuto
Rispetto all’edizione precedente del Boselli si rimane alle vecchie silografie delle
edizioni curate dagli eredi Ravani. Non ne vengono introdotte delle nuove, ma si usano
le silografie delle edizioni precedenti a quelle del Boselli, cioè con le silografie del
1523-1554.
Circa lo specchio di pagina Varisco sceglie di continuare a stampare con 37-38
righe per pagina. L’effetto di tale impaginazione è che il numero di pagine da 331 al
quale era arrivato il Boselli, passa a 346, cioè 15 pagine in più, esattamente come
l’edizione del 1554.
L’edizione presente
condivide con l’edizione
del 1548 e del 1554 la
preferenza per i capilettera
“S”, “B” e “G” “riccioluti” di
cui abbiamo parlato a pag.
118. Tale preferenza può
essere un indice delle
preferenze e dei gusti tipici dell’editore che sappiamo essere stato tra i soci
collaboratori degli eredi di Pietro Ravani. Mi sembra però di potere affermare che ci si
trova davanti ad una ulteriore conferma che il Boselli avesse impaginato il testo
indipendentemente dall’impaginato degli eredi Ravani e soci. A partire dall’immagine
qui accanto appare evidente escludere che il Varisco nella propria edizione del 1560
abbia proceduto a risistemare l’impaginato del Boselli quanto a capilettera,
abbreviazioni, silografie, ecc... Quasi certamente per la sua edizione prese come base
l’impaginato degli eredi Ravani dell’edizione del 1554.
137
Il contenuto è il medesimo delle edizioni precedenti e non ci sono variazioni
degne di nota.
Valutazione complessiva dell’edizione di Varisco del 1560
I cambiamenti e le novità toccano quasi esclusivamente il frontespizio sia per
l’incisione – dal momento che utilizza, non si sa come, quella delle edizioni di Boselli –,
sia per l’anticipazione e l’esplicitazione di contenuti fatti passare per nuovi che però
erano già presenti nelle edizioni precedenti. Dunque, rispetto all’edizione del 1554 è
un’edizione con alcuni leggeri cambiamenti e innovazioni. L’introduzione di nuovo
materiale è più millantata che reale.
3.8. L’edizione del 1564 di Giovanni Varisco e soci
Informazioni generali sull’edizione del 1564 e il titolo
L’edizione del 1564 venne stampata sempre a Venezia da Giovanni Varisco e soci.
Per le informazioni inerenti l’editore e la possibile identificazione di tali soci vedi p.
133.
Il volume consta di 342 fogli per un totale di 684 pagine.
Il volume è stato da me consultato nella biblioteca del Seminario Arcivescovile di
Bologna.
Il frontespizio
Il titolo del volume presente sul frontespizio è:
[in rosso] Sacerdotale ad consuetudinem s. Romane | [in nero] Ecclesie aliarumque ecclesiarum, ex apostolicae bibliothecae, ac sanctorum | patrum iurium sanctionibus, & ecclesiasticorum doctorum scriptis, ad | optatum commodum quorumcunq(u)e sacerdotum, collectum: | atque summorum pontificum authoritate multoties appro|batum: omni nuper diligentia emendatum & auctum. | In quo non solum omnium Sacramentorum, quae a sacerdotibus fieri | possunt officia: verumtamen Resolutiones omnium dubiorum | ad ea pertinentium: & excommunicationum Canones: | cum breui illarum & absoluta declaratione ex sacris | doctoribus collecta, continentur. Quibus | etiam multa alia
sacerdotibus valde | vtilia ac necessaria sunt addita: quae | in alijs hactenus impressis | minime reperiuntur.
La prima variazione degna di nota è l’abbandono dell’espressione iuxta e
l’adozione dell’espressione ad consuetudinem.
138
Un’altra variazione degna di nota è lo spostamento dell’espressione omni nuper
diligentia castigatum e la sostituzione dell’espressione con emendatum & auctum.
Verificheremo in cosa consistono tali aggiunte che però non sono di molto conto.
Segnalo inoltre l’abbandono delle aggiunte che egli stesso aveva apportato al
titolo nell’edizione del 1560 per ritornare al titolo più breve e più vicino al titolo delle
edizioni precedenti.
Porta la medesima silografia dell’edizione delle edizioni del 1555, 1559 e 1560 e,
in basso, la marca tipografica di Giovanni Varisco e soci. Il luogo di edizione, l’editore e
l’anno di edizione viene specificato al foglio 342v.
La «Tabula» o indice dell’opera
Viene cambiato il capolettera della “P” di Proemium all’inizio della tabula
contentorum, senza riprendere neppure quello da lui stesso usato nell’edizione del
1560.
L’incipit
Conserva un certo numero di
quelle immagini che avevano
caratterizzato le prime edizioni, in
particolare le immagini di busti di
persone (profeti e scrittori sacri)
che sovrastavano le citazioni
bibliche tutte scritte in rosso. Si
devono notare però un certo
numero di variazioni. I quattro busti
della colonna di destra sono stati tutti spostati (frecce rosse). Nella fila di sinistra i tre
busti inferiori rimangono i medesimi e nella medesima posizione, tuttavia l’immagine
in alto a sinistra viene espunta e viene introdotta la silografia di un busto che avevamo
già visto nell’edizione del 1523, nella pagina a sinistra del frontespizio, proprio in alto a
sinistra del foglio, esattamente nella posizione in cui viene reintrodotto; era presente
anche nell’edizione del 1537, la seconda immagine a sinistra dal basso, immagine che
era stata espunta nell’edizione del 1548.
Si deve inoltre notare che l’edizione del 1564 deve avere visto un tentativo di
reimpaginazione anche delle citazioni bibliche presenti sotto i busti perché la seconda
immagine a sinistra a partire dall’alto, vede introdotto un evidente errore di
impaginazione. L’incipit del 1560 porta la scritta – sotto l’immagine in questione –
senza errori nel salto riga Dabo vobis pasto|res iuxta cor me|um. Nell’edizione del
139
1564 (e anche del 1569) c’è il seguente errore: Dabo vobis pasto|stores iuxta cor
meum. Anche questo errore diventa utile per rintracciare le “parentele” delle diverse
edizioni.
Il contenuto
Silografie
Emerge un cambiamento quasi sistematico delle silografie rispetto all’edizione
precedente che pure essa era opera di Varisco. Abbiamo già visto quanto alla silografia
del frontespizio, che ci doveva essere un certo accordo commerciale con il Boselli se
Varisco usa la medesima silografia raffigurante Leone X che benedice Alberto da
Castello che “ritira” il Liber sacerdotalis e che era stata introdotta dal Boselli
medesimo. L’uso delle silografie introdotte da Boselli diviene preponderante nella
presente edizione. Per i confronti sulle silografie vedi l’ultima parte del capitolo.
C’è però un cambiamento introdotto da Varisco nella presente edizione.
Precedentemente nella parte relativa alla penitenza sia da parte degli eredi Ravani a
partire dall’edizione del 1554, sia da parte del Boselli nel 1555 e 1559, sia da parte
dello stesso Varisco nel 1560, c’era stato l’utilizzo in corrispondenza dei canones
penitentiales antiqui di una silografia raffigurante l’intercessione della Vergine Maria,
poi una silografia raffigurante la conversione della Maddalena in corrispondenza del de
forma absoluendi ab excommunicatione maiori e poi nuovamente la silografia
dell’intercessione della Vergine Maria all’inizio dell’ordo qualiter se habere debet
sacerdos in suscipienda confessione infirmi.
Nella presente edizione Varisco usa la silografia
del Boselli dell’intercessione della Vergine in
corrispondenza della de forma absoluendi laddove
c’era una silografia del pianto della Maddalena ai
piedi di Gesù. In corrispondenza invece dei canones
penitentiales e dell’ordo qualiter se habere debet
sacerdos pone una nuova silografia del Padreterno
giudice.
Il foglio contiene tendenzialmente 37 righe per foglio, come nell’edizione
precedente. Ci sono piccole variazioni o estensioni di contenuto rispetto all’edizione
precedente che mi riservo di approfondire nella prosecuzione della mia ricerca.
La presente edizione condivide con l’edizione del 1548, del 1554 e con l’edizione
del medesimo Varisco del 1560 la preferenza per il capolettera “S riccioluto” di cui
abbiamo parlato e che abbiamo mostrato a pag. 118.
1564 – f. 58v Il Padreterno giudice
140
Il «compendium musice»
L’inizio del compendium musice è diverso rispetto a tutte le edizioni precedenti
che iniziavano nel modo seguente:
Proprietas in musica est deriuatio plurium vocum ab vno eodemque principio. Existentibus igitur modis siue proprietatibus tribus totius cantus.
L’inizio del compendium invece, dell’edizione di Varisco del 1564 inizia nel modo
seguente:
Quisquis ad canendi scientiam erudiendus accedis, dispositionem, vim, et ordinem literarum (per quas omnis cantus habet discretionem) cordi memoriter imprimas.
C’è stata l’evidente omissione di una pagina e mezzo di testo. Si deve desumere
quindi che ci sia stato un rimaneggiamento da parte di qualcuno esperto di musica o
probabilmente la dimenticanza dell’editore. Un’esame più puntuale e attento del
compendium è pertanto necessario per qualificare la portata di tale rimaneggiamento.
Valutazione complessiva dell’edizione di Varisco del 1564
È la testimonianza di evoluzioni ulteriori dell’edizione del 1560 costituite da
nuove scelte editoriali: nel frontespizio con il ridimensionamento della pubblicità
relativa ai contenuti «aggiunti»; nella pagina dell’«incipit», spostamenti di diverse
silografie che sono ancora le medesime dell’edizione del 1523; nel testo una
sostituzione sistematica delle silografie con quelle dell’edizioni di Boselli che, di fatto,
sono ora nella disponibilità di Varisco e l’introduzione di una nuova silografia; nel
compendium musicae appare o un’omissione di un brano iniziale o una revisione del
compendio.
3.9. L’edizione del 1567 di Pietro Liechtenstein
Informazioni generali sull’edizione del 1567 e il titolo
L’edizione del 1567 venne edita sempre a Venezia
nell’officina di Pietro Liechtenstein come scritto in frontespizio
sotto l’indicazione della Città (vedi foto accanto).
Pietro Lichtenstein fu
Tipografo, editore e libraio originario di Colonia, attivo a Venezia. Fu inizialmente in società con Johann Hamann. Secondo Borsa morì tra il
Marca tipografica di Pietro Liechtenstein
141
1528 e il 1530; gli eredi continuarono a usare la sua sottoscrizione (o forse l'erede era uno solo, suo omonimo).167
Pubblicate sotto suo nome si ritrovano già dai primi anni del XVI secolo, parecchi
volumi liturgici quali l’Antiphonarium Romanum integrum et completum continens
omnia que communiter cantantur in Ecclesia (edizioni del 1548, 1550) e
l’Antiphonarium Sacrosancte Romane Ecclesie integrum et completum (1554, 1579,
1585), il Missale Romanum (edizioni 1501, 1535, 1537, 1541, 1544, 1548, 1549), un
Missale Romanum ordine absolutissimo consummatum (1558 e 1566), nonché il
Missale Aquileyensis Ecclesiae (1517), il Missale monasticum secundum Ordinem
Camaldulensem (1567) nonché l’immancabile Rosario della gloriosa Vergine Maria di
Alberto da Castello pubblicato nel 1567 e nel 1569.
Il volume del Sacerdotale consta di 326 fogli per un totale di 652 pagine, ma il
volume da me consultato non è ben rilegato e probabilmente sono state smarrite delle
pagine e anche la pagina dell’Incipit risulta strappata. Termina con l’ordo celebrandi
officii per annum ma sicuramente mancano delle pagine perché l’indice prevedeva la
pagina 338. Lo specchio di stampa misura cm 19,2x12,4.
L’edizione da me consultata è quella custodita presso la biblioteca
dell’Osservanza di Bologna.
Il Frontespizio
Il titolo del volume è:
[in rosso] Sacerdotale ad consuetudinem Sacro Sancte | Romane Ecclesie: aliarumque ecclesiarum: | [in nero] Ex apostolicae bibliothecae, ac sanctorum patrum iurium sanctionibus, & ec|clesiasticorum doctorum scriptis, ad optatum commodum quorum|cunque sacerdotum, collectum: atque summorum pontificum | authoritate moltoties approbatum: omni nuper | diligentia emendatum & auctum. [in rosso] In quo, non solum omnium Sacramentorum, quae a sacerdo|tibus fieri possunt, officia: verumetiam Resolutiones omnium | dubiorum ad ea pertinentium: & excommu|nicationum Canones: | [in nero] Cum brevi illarum & absoluta declaratione ex sacris doctoribus collecta, con|tinentur. Quibus etiam multa alia sacerdotibus valde utilia ac | necessaria sunt addita: quae in alijs hactenus | impressis minime reperiuntur.
Porta la medesima silografia dell’edizione di Giovanni Varisco del 1564 che è
anche la medesima dell’edizione di Boselli del 1555 e del 1559.
167
http://edit16.iccu.sbn.it/web_iccu/imain.htm alla voce dell’Editore “Liechtenstein, Peter”, letto in
data 5 gennaio 2012.
Frontespizio dell’edizione di Pietro
Lichtenstein
142
È l’unica delle edizioni che premette l’aggettivo “Sacro” a Sancte Romane
ecclesie. Tale uso è riscontrabile anche in altri testi pubblicati sempre dallo stesso
editore168.
La marca dell’editore Pietro Liechtenstein porta l’immagine dell’agnello
vittorioso dell’apocalisse e la scritta AGNUS DEI QUI TOLLIS PECCATA MUNDI MISERERE
NOBIS.
La «Tabula» o indice dell’opera
Viene cambiato il capolettera della “P” di Proemium all’inizio della tabula
contentorum, introducendone uno assolutamente nuovo e caratterizzato da un volto
presente nel capolettera all’interno della lettera stessa.
L’incipit
Non l’ho ancora potuto consultare in quanto il volume da me consultato presso
la biblioteca del convento dell’Osservanza di Bologna dei frati minori dell’Emilia-
Romagna, è mutilo dell’incipit (f.1) e dell’ultimo foglio.
L’impaginazione del contenuto
Interventi diversi sui capilettera
Pietro Liechtenstein torna a
compiere l’impaginazione a 39
righe, ma dopo un esame preciso
della sua edizione emerge con
chiarezza che tale passaggio non
avviene a partire dall’impaginato
del Varisco, bensì a partire dall’impaginato del Boselli che viene seguito per gran parte
del volume pagina per pagina, salto pagina per salto pagina (almeno fino al foglio 133r
dove c’è una piccola differenza).
Ci sono piccoli abbellimenti e variazioni tipografiche, come la sostituzione di
alcuni capolettera con piccole silografie nel caso dei racconti della passione secondo i
quattro evangelisti (vedi esempio qui apposto), ma sostanzialmente l’edizione di
Lichtenstein è partita dall’impaginato del Boselli e, quindi, riflette le due edizioni del
Boselli del 1555 e la sua ristampa del 1559.
168
Quali l’Officum hebdomade sancte, secundum consuetudinem sacro Sancte Ecclesie Romane. A
domnica in ramis palmarum (Venezia 1565 e stessa cosa anche nell’edizione del 1566); Psalmista iuxta sacro Sancte Romane Ecclesie consuetudinem, una cum hymnario nouissime impressum, & ab erroribus plurimis vndique scatentibus diligentiori studio fideliter emendatum (Venezia 1566).
Variazioni di Lichtenstein su alcuni capilettera
143
Interventi alla notazione gregoriana e alle antifone
Altre variazioni
vengono apportate sia ai
capilettera con silografie che
il Boselli aveva apposto in
modo particolare alle
antifone gregoriane, sia alla
stessa notazione gregoriana
che, ricordiamo, nell’edizione
del Boselli è caratterizzata da
note quadrate ma sensibilmente più piccole e minute con un effetto di difficile lettura.
Sia le chiavi che le notazioni gregoriane vengono notevolmente ingrandite
mantenendo la forma quadrata delle note.
Per avere chiaro il quadro delle edizioni apparse fino alla presente edizione di
Lichtestein si deve aprire una parentesi su uno scenario assai complesso al centro del
quale ci sono le silografie.
Le silografie di Lichtestein: copie ben fatte dalla mano di un artista di discreta levatura
Ad una prima analisi la presente edizione di Lichtenstein non sembrava altro che
la riedizione del Varisco del 1564, lasciando pensare che Lichtenstein fosse stato
collaboratore di Varisco, o che Lichtestein fosse l’editore presso il quale Varisco aveva
stampato la propria edizione. In un momento successivo, come abbiamo fatto notare,
è apparso chiaro che Lichtestein ha utilizzato l’impaginato di Boselli. Ma a complicare il
quadro avevamo già visto esaminando la seconda edizione di Varisco del 1564 che tale
edizione aveva già assunto, oltre che la silografia del frontespizio introdotta da Boselli,
anche le altre silografie: come il Varisco sia venuto nella disponibilità di tali silografie
non ci è dato saperlo, tuttavia rileviamo il dato perché le silografie di Varisco del 1564
mi sembrano esattamente le medesime di Boselli del 1555 e del 1559. Invece la
presente edizione di Lichtenstein, pur utilizzando l’impaginato di Boselli ha
evidentemente prodotto per tutte le altre silografie delle imitazioni, copiate con abilità
e precisione da una mano meno felice rispetto all’autore degli originali.
Basta esaminarne alcune per rendersene conto. A titolo esemplificativo ne
presento tre oltre al frontespizio. Per mostrare che c’è continuità nell’uso delle
silografie tra l’edizione di Boselli e quelle di Varisco faccio un raffronto delle silografie
del frontespizio.
Variazioni di Lichtenstein ai capilettera e alla notazione gregoriana
144
Appare ben chiaro – e un esame più attento e puntiglioso mi sembra di averlo
condotto – che le edizioni di Boselli (1555, 1559) e di Varisco (1560, 1564) usino la
medesima silografia nel frontespizio. Appare invece evidente che non è la medesima
per l’edizione di Lichtenstein (1567).
Appare evidente dalla
mancanza di finiture del
pavimento nel primo piano, così
come i tratti del volto: l’artista
che ha imitato la silografia era in
evidente difficoltà nella
riproduzione dei volti, così come
gli sfugge qualche altro
particolare. Tenta di riprodurre
le ombreggiature in modo assai
simile, ma non gli riesce. Le
stesse dita del pontefice così come il volto di colui che impersona Alberto da Castello
sono assai differenti.
Nella riproduzione dei cappelli cardinalizi, così come nelle barbe dei medesimi
cardinali, nei panneggi degli abiti monastici e papali si notano una serie di piccole
differenze che non lasciano spazio a dubbi e non possono essere giustificate sulla base
di una inchiostratura differente del foglio o di difetto del supporto dal quale abbiamo
tratto l’immagine.
Raffronto tra le silografie del frontespizio di Boselli (1555-15559), Varisco (1560-1564) e Lichtenstein (1567)
Particolari del frontespizio
di Boselli-Varisco (1555-1564) e Lichtenstein (1567)
145
Non presento il
raffronto con le silografie
dell’edizione di Varisco del
1564 perché, come ho già
detto, egli usa le medesime
silografie del Boselli.
Dopo i primi sospetti mi
è apparso evidente che
Lichtenstein, pur servendosi
dell’impaginato di Boselli, ha
commissionato a qualche
incisore o a qualche bottega la
riproduzione delle silografie
che, ribadisco, se vengono
guardate sfogliando il volume
distintamente dall’altro
traggono in inganno perché in
un certo numero di rifiniture,
nella gestualità dei personaggi, in una serie di particolari quali drappeggi, espressioni
del volto, ombreggiature, sfondi e paesaggi, sono una buona imitazione dell’originale,
anche se non perfetta.
Se prendiamo come esempio lo sposalizio della vergine, osserviamo che
l’ombreggiatura della colonna alle spalle della vergine viene effettuata con una
striatura orizzontale invece che verticale come nell’originale. Tuttavia ciò che più
“distrae” l’attenzione di chi osserva è la forma del copricapo del sacerdote nell’atto
dell’operare l’immixtio manuum: i due “corni” che tanto rassomigliano alla forma delle
mitrie medievali nonché i personaggi quali la vergine a destra e san Giuseppe con il
giglio in mano a sinistra, entrambi aureolati, diventano già elementi sufficienti per fare
emettere al lettore un giudizio di “identità” della silografia, traendolo in inganno.
Tutto ciò ci ha quindi condotto alla convinzione che fino a Lichtenstein le
tipografie che si sono interessate alla stampa del Sacerdotale sono state almeno due e
che inoltre a partire dall’ingresso dell’edizione di Boselli ci deve essere stata una certa
“guerra” di silografie e di imitazioni. Come Boselli aveva innovato tutto l’impianto
silografico ad eccezione di alcune incisioni che erano state abilmente imitate (il bacile
d’acqua, la mano musicale e la scala musicale) a partire dal modello delle immagini
Particolari a confronto delle silografie
di Boselli-Varisco (1555, 1559, 1564) e Lichtenstein (1567)
146
dell’edizione degli eredi di Pietro Ravani dell’anno precedente, così Lichtentein copia le
silografie di Boselli che ora sono nel possesso e nella disponibilità di Varisco.
Che cosa abbia condotto a ciò non lo sappiamo anche se lo intuiamo e
formuliamo una ipotesi: la produzione di un volume già affermato sul mercato, che
godeva già di una discreta fama acquisita sul campo nell’amministrazione dei
sacramenti e nella prassi del clero, con una richiesta mai esaurita per una progressiva
diffusione del volume, se fatta con identico contenuto ad un prezzo concorrenziale
poteva essere davvero un vero affare per un editore intraprendente non solo nella
stampa, ma anche nella commercializzazione del proprio prodotto.
Il compendio di musica
Ulteriore prova di quanto fin qui affermato lo si può trovare nel compendio di
musica che, nell’edizione di Lichtenstein inizia al foglio 295r. L’inizio del compendio è
esattamente identico a tutte le edizioni precedenti ad eccezione dell’edizione di
Varisco del 1564. Infatti il compendio inizia con:
Proprietas in musica est deriuatio plurium vocum ab vno eodemque principio. Existentibus igitur modis siue proprietatibus tribus totius cantus.
L’inizio del compendium invece, dell’edizione di Varisco del 1564 iniziava invece
nel modo seguente:
Quisquis ad canendi scientiam erudiendus accedis, dispositionem, vim, et ordinem literarum (per quas omnis cantus habet discretionem) cordi memoriter imprimas.
omettendo l’introduzione al compendio (Proprietas in musica).
Valutazione complessiva dell’edizione di Lichtenstein del 1567
È la ripresa dell’impaginato di Boselli con l’inserimento di silografie abilmente
imitate a partire dalle silografie che erano di Boselli ma che nel frattempo sono entrate
nella disponibilità di Varisco. Emerge dunque che la competizione editoriale nei
confronti di Varisco, «erede» del sacerdotale quale socio degli eredi Ravani, è ora
Lichtenstein.
147
3.10. L’edizione del 1569 di Giovanni Varisco e soci
Informazioni generali sull’edizione del 1569 e il titolo
L’edizione del 1569 venne stampata a Venezia da Giovanni Varisco e soci. La
marca tipografica è la medesima delle edizioni di Varisco del 1560 e di Varisco e soci
del 1564. Ricordo inoltre che l’immagine al centro della marca di Varisco, la sirena
bicaudata, è l’immagine usata nelle edizioni di Vittore Ravani del 1537 e degli eredi di
Pietro Ravani del 1548 e del 1554.
Per le informazioni inerenti l’editore e la possibile identificazione dei soci vedi p.
133.
Il volume consta di 340 fogli per un totale di 680 pagine.
L’edizione da me consultata è stata reperita in formato elettronico in google
books169
Il frontespizio
Il titolo del volume nel frontespizio è:
[in rosso] Sacerdotale secundum usum sanctae Romanae | [in nero] Ecclesie aliarumque ecclesiarum, ex apostolicae bibliothecae, ac sanctorum | patrum iurium sanctionibus & ecclesiasticorum doctorum scriptis ad | optatum commodum quorumcunq[u]e sacerdotum collectum atque | summorum pontificum auctoritate multoties approbatum, | omni nuper diligentia emendatum & auctum: | In quo non solum omnium Sacramentorum, quae a sacerdotibus fieri | possunt, officia: verum etiam Resolutiones omnium dubiorum | ad ea pertinentium, & excommunicationum Canones | cum breui illarum & absoluta declaratione ex sacris | doctoribus collecta continentur. Quibus |
etiam multa alia sacerdotibus valde | vtilia ac necessaria sunt addita: quae | in alijs antea impressis | minime reperiuntur.
A parte il cambiamento di ad consuetudinem dell’edizione del 1564 con la
formulazione secundum usum, tutto il contenuto del frontespizio e anche i salti di riga
rimangono i medesimi. Anche alcune virgole e alcuni altri segni di interpunzione (alcuni
punti) sono stati tolti, ma per il resto rimane molto di invariato rispetto all’edizione del
1564.
Un leggerissimo cambiamento si ha nell’avvicendamento di hactenus impressis
con antea impressis, ma nella sostanza Varisco ricalca già a partire dal frontespizio la
propria edizione del 1564.
169
http://books.google.it/books?id=fK94Y425MdEC.
148
La «Tabula» o indice dell’opera
Viene cambiato il capolettera “P” di Proemium all’inizio della tabula
contentorum, introducendone una che riprende i motivi floreali delle fattezze dei
capilettera del 1564 proprii dell’edizione curata sempre dallo stesso Varisco, ma
trattasi con ogni evidenza di un capilettera nuovo.
La tabula viene distribuita diversamente rispetto all’edizione del 1564 perché in
tale edizione era disposta su 49 righe mentre in quella presente è disposta su 48. Non
si è cambiata molto l’impostazione perché l’esito finale è un numero identico di pagine
(7) per la tabula che però ora è meglio distribuita.
L’incipit
Può sembrare del tutto analogo a quello delle precedenti
edizioni, invece notiamo alcune variazioni, qualcuna più evidente
e qualche altra difficilmente percettibile ad un primo sguardo.
Se la silografia del Cristo che campeggia nella “S” capitale
del Salvator con cui inizia il testo è la medesima delle precedenti
edizioni (cioè quella dei Ravani e poi del Varisco), e anche il titolo
precedente il Proemium è il medesimo, cioè Sacerdotale ad vsum
Sacerdotis animarum curam gerentis, ad varios ecclesiae ritus
accommodatum, a un primo sguardo si nota subito che è stata fatta sparire la citazione
di Ezechiele 34 che nell’edizione del 1564 Varisco aveva lasciato correggendo peraltro
la citazione biblica di tutte le edizioni precedenti che la riportavano con “Ezech. xxiiij”,
cioè come Ezechiele 24. Solo l’edizione di Varisco del 1564 era stata corretta. Inoltre
appare il medesimo errore di impaginazione della seconda citazione a partire dall’alto
a sinistra, cioè la citazione Dabo vobis pastores iuxta cor meum che evidentemente
non è stata controllata e perciò rimane l’errore di impaginazione che era stato
introdotto dall’edizione dello stesso Varisco del 1564, cioè Dabo vobis pasto|stores
iuxta cor meum ecc... Questo errore ripetuto ci fa comprendere che siamo alle prese
con il medesimo impaginato dell’edizione del 1564 che è stato risistemato per una
nuova edizione.
Il contenuto
L’impaginazione
L’omissione della citazione di Ez. 34 in frontespizio altera l’impaginazione
rispetto all’impaginato del 1564, ma solo fino al foglio 9r dove si riprende l’impaginato
del 1564. Successivamente poi, per una diversa disposizione del testo, pur
mantenendo tendenzialmente entrambe le edizioni circa 37 righe per pagina, a partire
1569 - Incipit
149
dal foglio 17r si altera l’esatta corrispondenza dei salti pagina rispetto all’edizione del
1564.
Capilettera
Per quanto riguarda i capilettera, cerca di
introdurre qua e là dei capilettera fioriti e più
definiti (cf. ad esempio, al foglio 2r, 25r, 98v, 100r,
).
Nella presente edizione il Varisco sembra
avere scelto di ritornare ad alcune caratteristiche
da lui predilette quale il capolettera “S” riccioluto
di cui abbiamo parlato a pag. 118.
Nell’ultima parte del volume, laddove dopo
gli esorcismi il testo era stato impaginato già a
partire da Boselli con un carattere tipografico
Romano, Varisco e soci si mantengono fedeli alle
scelte operate cinque anni prima con l’edizione del
1564, con capilettera fioriti ma di stile romano e non richiamantesi allo stile gotico.
D’altronde lo stesso “antagonista” Lichtenstein due anni prima aveva preferito
non enfatizzare questa parte del testo con capilettera grandi e fioriti come i suoi
predecessori, ma rimanere al carattere tipografico romano con capilettera più
contenuti e di colore rosso.
Varisco invece riproduce anche in questo le scelte già operate nell’edizione del
1564.
Silografie
Sorprende al foglio 183r l’uso della silografia del
battesimo dei bambini già usata due volte nei riti
battesimali ai fogli 9v e 17r. In tutte le edizioni
precedenti, all’inizio della sezione relativa alle
benedizioni c’era una silografia raffigurante un
sacerdote che benedice un fonte battesimale e poi
successivamente, nella parte relativa alla benedizione dell’acqua e all’esorcismo del
sale era stata apposta la medesima silografia. Qui invece la silografia usata due volte
anche da Varisco stesso nell’edizione del 1564 ai fogli 183v e 185v è usata solo al foglio
184v in corrispondenza dell’exorcismus salis, mentre al foglio 183r è usata la silografia
del battesimo dei bambini.
edizioni 1555-1569, capilettera a confronto
1569, f. 184v exorcismus salis
150
Compendium musice
Sembra identico a quello dell’edizione del 1564 che era difforme dalle edizioni
precedenti dal momento che ometteva il cappello iniziale del compendio (Proprietas in
musica est deriuatio plurium vocum ab vno eodemque principio ecc...), quindi circa una
pagina di testo.
Valutazione complessiva dell’edizione di Varisco del 1569
Pur essendo terminato il concilio di Trento da poco più di cinque anni e con il
libro liturgico del breviario romano appena pubblicato l’anno precedente (1568),
Varisco non è nelle condizioni di potere «recepire» le indicazioni del nuovo breviario
per la celebrazione delle horae canonicae. La sua è una ristampa riaggiustata e
risistemata sotto vari aspetti (abbreviazioni, capilettera, salti pagina) dell’edizione del
1564 di Varisco e soci, ma senza scostarsi minimamente dalle scelte editoriali operate
alcuni anni prima.
3.11. L’edizione del 1576 dei fratelli Guerra e soci
Informazioni generali sull’edizione del 1576 e il titolo
L’edizione del 1576 venne stampata a Venezia dai fratelli Domenico e Giovanni
Battista Guerra e soci.
Stando all’ICCU sotto il nome dei due fratelli Guerra congiuntamente ai non ben
specificati soci sarebbero apparsi nel periodo di tale attività tipografica tra il 1571 e il
1582 – circa quattordici volumi tra i quali anche il nostro Sacerdotale170.
170
Data la novità di impostazione data dai due fratelli Guerra e soci al Sacerdotale vale la pena
annotare le scelte editoriali dei due fratelli e soci. Si devono notare innanzitutto alcuni filoni: quello giuridico con la pubblicazione del Dictionarium iuris tam ciuilis quam canonici di un certo Alberico da Rosate nell’anno 1572 e ristamparono il seguente; il Consiliorum siue responsorum iuris di Giovanni Cefali pubblicato nel 1575 e nel 1582; il Consiliorum siue malis responsorum Mariani Socini (...) di Mariano Soccini edito con due titoli simili (trattasi della medesima opera?) nel 1581; il Consiliorum siue Responsorum iuris d. Petri Rebuffi Montispessulani di Pietro Rebuffi e pubblicato nel 1588 e anche, di Niccolò Tedeschi, il Abbatis Panormitani Commentaria primae partis in secundum Decretalium librum pubblicato nel 1578 e ci sembra rientrare in tale filone anche il Io. Antonii Cannetii, Siculi (...) in extrauag. Volentes, Frederici (...) pubblicato nel 1576. Accanto al filone giuridico (9 volumi editi su 14!) si nota un filone filosofico (2 titoli) con il Dominici Soto Segobiensis praedicatoriae familiae theologi ac philosophi praestantissimi. In Porphirii Isagogen. Aristotelis categorias (...) pubblicato nel 1573 e l’introductio in dialecticam Aristotelis di Francisco Toledo pubblicato nel 1574. Gli altri tre volumi si dividono tra campo liturgico (2 volumi) con il Sacerdotale e, inoltre, con il Breuiarium monasticum secundum ritum monachorum Ordinis
151
L’attività tipografica dei due fratelli tuttavia si colloca nell’arco di un
quarantennio, tra il 1560 e il 1600. Dice il catalogo dell’ICCU che i fratelli Guerra furono
tipografi friulani attivi a Venezia, figli di Pietro da Valvasone presso Udine; lavorarono
sempre insieme, anche in società con Francesco Ziletti e con Bolognino Zaltieri171. La
loro bottega doveva essere in Calle Longa presso Santa Maria Formosa, anch’essa
come la bottega dei Ravani, situata nel sestiere Castello.
L’edizione da me consultata è stata reperita in formato elettronico in google
books172.
Il frontespizio
Il titolo del volume riportato nel frontespizio fa
subito emergere la volontà degli editori di offrire un
volume che ha recepito le disposizioni conciliari
tridentine. Infatti il titolo è:
[in rosso] SACERDOTALE | [in nero] Ad consuetudinem S. Romanæ Ecclesiæ aliarumque | eccle-siarum ex apostolicæ bibliothecæ ac Sanctorum | Patrum iurium sanctionibus, & ecclesiastico|rum doctorum scriptis, ad optatum quo|rumcunque sacerdotum commo|dum, collectum: | ATQUE SUMMORUM PONTIFICUM | authoritate multoties approbatum: | Summa nuper cura iuxta S. TRIDENTINI Concilij | Sanctiones emendatum, & auctum: | In quo omnium sacramentorum officia, resolutionesque omnium
dubiorum ad ea | pertinentium, excommunicationum Canones, cum breui illarum et abso|luta declaratione ex sacris Doctoribus collecta, continentur. [in rosso] Quibus etiam Rubricæ generales tum Missalis tum Breuiarij noui, mul|taque alia sacerdotibus ualde utilia ac necessaria, sunt addita: quæ | in alijs hactenus impressis desiderabantur.
Emerge a prima vista una serie di annotazioni da farsi, le prime di carattere
formale, altre di carattere contenutistico.
Innanzitutto appare chiaro un balzo in avanti che l’editore vuole fare rispetto alle
edizioni precedenti: si usa per la prima volta nel frontespizio un carattere tipografico
non gotico, di stile Romano classico e, inoltre, si introduce nelle varie parti del titolo il
carattere tipografico italico fatto creare da Aldo Manuzio all’inizio del secolo.
sancti Benedicti nel 1575. Il volume rimanente è un volume di area dogmatica apologetica di Capitone Feliciano, le Explicationes catholicae locorum fere omnium Veteris ac Noui Testamenti, quibus ad stabiliendas haereses nostra tempestate abutuntur haeretici pubblicato nel 1579.
171 http://edit16.iccu.sbn.it/web_iccu/imain.htm alla voce degli editori “Guerra, Domenico & Guerra,
Giovanni Battista & C.”, letto in data 1 febbraio 2012. 172
http://books.google.it/books?id=UIw8AAAAcAAJ.
1576 - frontespizio
152
Si usa scrivere in maiuscolo ciò che si intende mettere in forte evidenza:
innanzitutto il titolo dell’opera che ormai d’ora in poi non spartirà con nessun’altra
parola la prima riga del titolo e prenderà il titolo semplicemente di Sacerdotale. Inoltre
si vuole mettere in evidenza l’approvazione pontificia all’opera e, in inchiostro rosso, la
conformità e le correzioni apportate secondo i dettami del concilio tridentino.
Ultima considerazione deve essere fatta dalla silografia completamente nuova.
Sia la prima silografia che aveva caratterizzato le edizioni del 1523, 1537, 1548 e 1554,
che la seconda silografia che aveva caratterizzato le edizioni del 1555, 1559, 1560,
1564, 1567 (copia), 1569, rappresentavano Alberto da Castello che riceveva il volume
dal Papa Leone X. Tale esame era stato fatto da lui eseguire e a tale esame fa
riferimento la lettera stessa di Leone X pubblicata all’inizio dell’edizione del 1523. La
nuova silografia vuole rappresentare invece un papa, con addosso le vesti liturgiche
per la celebrazione eucaristica, inginocchiato davanti all’altare apparecchiato per la
celebrazione e inginocchiato davanti al crocifisso che sovrasta l’altare, in un atto di
profonda pietà che gli ha fatto deporre la tiara a terra, alla base dell’altare.
Dal punto di vista contenutistico c’è una evidente reimpostazione del
frontespizio: ciò che Alberto da Castello auspicava, cioè che la propria opera acquisisse
il nome di «sacerdotale», è ora una solida realtà che viene recepita e riflessa nel
volume.
La molteplice approvazione pontificia già precedentemente discussa173 è
ostentata e sono messe in luce le vere novità delle rubriche del nuovo messale e del
nuovo breviario e da molte altre cose utili... Significativo è lo stacco con tutte le
edizioni precedenti. Fin dalla seconda edizione di Vittore Ravani il frontespizio si
concludeva con la frase quae in aliis hactenus impressis minime reperiuntur («che in
libri stampati fino ad oggi non si trovano minimamente) e in tutti i cambiamenti
intervenuti questa frase è forse una delle cose che non è stata mai cambiata (solo
l’edizione di Varisco del 1569 aveva sostituito l’hactenus con antea). I fratelli Guerra
invece preferiscono non riprendere la variante antea di Varisco del 1569 ma
l’espressione delle edizioni precedenti sostituendo al minime reperiuntur il
desiderabantur. Solo l’esame più stringente del contenuto del volume potrà mostrare
se quanto dichiarato dai fratelli Guerra era mera pubblicità pari alla pubblicità di
Varisco nell’edizione del 1560 o meno.
173
Cf. nota 159 a p. 98 e nota 160 a p. 98.
153
La «Tabula» o indice dell’opera
Viene cambiato il capolettera della “P” di Proemium all’inizio della tabula
contentorum, introducendone uno che segue sempre motivi floreali ma è di fattezze
del tutto nuove.
Tutta la tabula è impaginata su due colonne ed è tutta in stile tipografico aldino
o italico e tutta contenuta in 3 fogli e mezzo, cioè sette pagine.
A parte le osservazioni di carattere tipografico editoriale, l’indice organizzato dai
fratelli Guerra e soci è completamente innovativo. Innanzitutto prevede l’inserimento,
nella voce dell’indice, del numero del capitolo che Alberto da Castello aveva apposto,
all’interno dell’opera, accanto ad ogni titolo. L’editore si accorge di alcune sviste di
numerazione commesse dal da Castello, come quella di avere scritto due capitoli
numerandoli entrambi con il numero 2: il De triplici confessione & quod confessio
sacramentalis est a Deo instituta (f. 43r) ma anche poco oltre il qui teneantur ad
confessionem (f. 44r). Provvede perciò ad ordinare la numerazione ma, per non
cambiare la numerazione di tutte le parti successive procede a mettere un duplice
numero 4.
Si provvede a riformulare alcune voci dell’indice sulla base dei titoli dei diversi
capitoli.
L’incipit
Riporta il titolo Sacerdotale ad vsum Sacerdotis
animarum curam gerentis, ad varios ecclesiae ritus
accommodatum. Prooemium come le edizioni
precedenti, ma stavolta scritto in carattere romano. La
parola prooemium scioglie quello che nelle edizioni del
1554, 1560, 1564 e 1569, probabilmente sempre ad
opera di Varisco, era stato indicato con la lettera “e”
«uncinata», cioè la lettera «ȩ» riminiscenza della
caduta della h di prohemium testimoniata dalle prime
tre edizioni.
Il capolettera “S” della parola Salvator azzarda
per la prima volta a non usare la silografia di Cristo salvatore benedicente, ma ad usare
un normalissimo e comunissimo capolettera “S” assai fiorito. Il testo invece è sempre
impaginato con lo stesso carattere tipografico gotico veneto di tutte le edizioni
precedenti.
ediz. Guerra 1576: il frontespizio
154
L’impaginazione del contenuto
Il volume consta di 376 fogli per un totale di 752 pagine ed è impaginato con 37
righe per pagina.
Errori nella numerazione delle pagine
Si fanno notare errori di numerazioni e salti pagina che aiutano ad imparentare la
presente edizione a quella di Nicolini e di Giunta del 1579.
Il foglio 72 è numerato 71 e di conseguenza esistono due fogli numerati 71 e
nessun foglio con numerazione 72. Il foglio 94 è numerato 92 perciò esistono due fogli
con il numero 92 e nessuno con il numero 94. Il foglio 256 è numerato 253 e di
conseguenza ci sono due fogli numerati 253 e nessuno numerato 256. Il foglio che
dovrebbe essere numerato 301 è numerato 302 e di conseguenza ci sono due fogli
numerati 302 e nessuno porta il numero 301.
Dopo il foglio 306 si salta indietro nella numerazione dei fogli successivi – che
dovrebbero portare i numeri 307 e 308 e numeri successivi – mentre invece si
ricomincia con i numeri 305 e 306 e successivi fino al foglio 308 dopo il quale si salta al
foglio 311 per recuperare evidentemente l’errore compiuto e con la conseguenza che
ci sono due fogli 305, due fogli 306 e nessun foglio porta il numero 309 e 310. Come se
non bastasse dopo il foglio 312 si torna a commettere l’errore e si prosegue con il
numero 311 e poi 312 e successivi, con la conseguenza che ci sono due fogli numerati
con i numeri 311 e 312.
foglio reale 305 306 307 308 309 310 311 312 313 314 315 (...)
foglio
stamp.
305 306 305 306 307 308 311 312 311 312 313 (...)
Inoltre, evidentemente per recuperare il numero reale del foglio, dopo il foglio
367 si salta subito al foglio 370 per recuperare i due numeri di scarto che sussistevano
tra il numero reale del foglio e quello stampigliato. Il foglio con il numero 368 finisce
per non esistere.
foglio reale 369 370 371 372 373 374 375 376
foglio stamp. 367 370 369 370 371 372 - -
Le nuove rubriche del «Missale romanum»
Vengono inserite al foglio 68v le rubriche del messale romano tridentino
pubblicate pochi anni prima nel 1570.
155
Faccio notare tuttavia che l’editore non sostituisce completamente quanto era
stato opera di Alberto da Castello, anzi, ne mantiene intatta l’opera. Dunque
l’introduzione riguardante la materia del sacramento, la forma, il ministro, l’effetto, il
luogo, il tempo opportuno e il quante volte si potesse celebrare l’eucaristia,
esattamente l’introduzione che potremmo definire “teologico-pastorale” escogitata
dal genio “sintetico” e “sunteggiatore” di Alberto da Castello viene conservato174.
Questo inserimento tuttavia si configura non come una semplice sostituzione,
ma come frutto di una considerazione che andava ad operare su una sezione
dell’opera del da Castello piuttosto complessa. Si sostituisce cioè quello che
nell’edizione del 1523 corrisponde ai fogli 73v-107r e che si concludeva con il de nova
specie apparente, alla quale seguiva una sezione riguardante le ore canoniche che
viene mantenuta, e una ulteriore sezione che riprende altri elementi relativi
all’eucaristia.
Le rubriche del nuovo breviario romano
Le rubriche del breviario vengono inserite verso la fine del volume, lasciando la
parte con il titolo de horis canonicis voluta da Alberto da Castello e posta nell’edizione
originaria successivamente alle rubriche del Burcardo che non viene pertanto
rimpiazzata. Verso la fine del volume, dopo l’oratio contra tempestates ingruentes (f.
346) vengono inserite le nuove rubriche che coprono circa una ventina di fogli (f. 346-
365). In tal modo si hanno sia le indicazioni che Alberto da Castello aveva tratto
dall’edizione di Armando di Aumeria Via salutis, sia le nuove rubriche del breviario.
Il compendium musice
Poiché il compendium musice al foglio 319v inizia alla stregua delle edizioni di
Varisco del 1564 e 1569 (Quisquis ad canendi scientiam erudiendus accedis...)
omettendo una serie di paragrafi introduttivi al compendium ravvisabili in tutte le altre
edizioni (Proprietas in musica est deriuatio ecc...) appare chiaro che il modello assunto
dagli editori Guerra sia stato l’edizione di Varisco del 1564 o quella del 1569. Poiché
l’edizione dei Guerra sarà la base delle edizioni di Nicolini, Giunta, Sessa nei decenni
successivi, tale omissione si ripercuote anche in tali edizioni.
Valutazione complessiva dell’edizione di Guerra del 1576
È un’edizione con un numero notevole di innovazioni sotto diversi punti di vista:
tipografico, silografico, concettuale – per la nuova strutturazione che si dà all’indice –
174
Quello che nell’edizione del 1523 si estende dal f. 67v al 73v e che nella presente edizione di
Guerra è ai fogli 63v-68r.
156
e, per le scelte relative all’inserzione dei praenotanda dei libri liturgici tridentini,
pastorale.
3.12. L’edizione del 1578 di Domenico Nicolini
Informazioni generali sull’edizione del 1578 a cura di Domenico Nicolini e il titolo
L’edizione del 1578 venne
stampata sempre a Venezia da
Domenico Nicolini.
Stando all’ICCU, l’attività di Domenico Nicolini dovette iniziare nel 1557. Egli fu
un
tipografo attivo a Venezia almeno fino al 1605, figlio di Giacomo, fratello di Cornelio, nipote di Pietro, Giovanni Antonio e Giovanni Maria, suocero di Giovanni Guerigli. Era domiciliato in contrada S. Giuliano. Nel 1585 aveva una libreria all'insegna della Vittoria. Lavorò da solo, con il fratello Cornelio e con Giovanni Guerigli. Fu anche in società con Andrea Muschio, gli eredi di Francesco Rampazetto e Altobello Salicato per stampare testi giuridici175.
Gli errori di numerazione riscontrabili alle pagine 306 e seguenti – che sono per
la prima volta riscontrabili nell’edizione di Guerra (1576) – sono presenti anche nella
presente edizione di Domenico Nicolini, cosicché possiamo stabilire una sicura
parentela tra le due edizioni affermando che sono uscite dalle medesime presse e dal
medesimo impaginato che, evidentemente, non era stato sufficientemente controllato
e corretto prima dell’edizione.
Inizialmente, quando non ero ancora in possesso della riproduzione
dell’edizione, a motivo dell’esiguità delle copie censite e localizzate della presente
edizione (una soltanto), ritenevo che si trattasse delle prove di stampa o dell’inizio
della stampa dell’edizione del 1579. Tuttavia, poiché nell’edizione del 1579 si
riscontrano alcuni cambiamenti già dal frontespizio, come la scelta di sostituire la
silografia con la marca tipografica, comprendiamo che l’edizione del 1578 non è l’inizio
della stampa dell’edizione che vide la luce l’anno successivo, ma è un’edizione distinta
anche se quasi del tutto identica a quella dell’anno successivo. Perciò l’edizione del
175
http://edit16.iccu.sbn.it/web_iccu/imain.htm alla voce dell’editore “Nicolini da Sabbio,
Domenico”, letto in data 1 febbraio 2012.
Indicazione della data dell’edizione di Nicolini del 1578
157
1578 e 1579 curate da Nicolini sono due edizioni, anche se la prima fu la base della
seconda.
Il volume consta di 374 fogli per un totale di 748 pagine.
L’unica edizione censita e localizzata dall’ICCU (edit16) è quella della Biblioteca
del Castello del Buon Consiglio di Trento, Fondo Laurence K. J. Feininger, che ho
consultato attraverso una riproduzione digitale gentilmente fornita dalla
Soprintendenza per i Beni librari archivistici e archeologici della Provincia Autonoma di
Trento.
Il frontespizio
Il titolo del volume è:
[in rosso] SACERDOTALE | [in nero] Ad
consuetudinem S. Romanæ Ecclesiæ aliarumque |
ecclesiarum ex Apostolicȩ bibliothecȩ ac Sanctorum |
Patrum iurium sanctionibus, & ecclesiastico|rum
doctorum scriptis, ad optatum quo|rumcunque
sacerdotum commo|dum, collectum: | ATQUE
SUMMORUM PONTIFICUM | authoritate multoties
approbatum: | [in rosso] Summa nuper cura iuxta S.
TRIDENTINI Concilii | Sanctiones emendatum, & auctum: |
[in nero] In quo omnium sacramentorum officia,
resolutionesque omnium dubiorum ad ea | pertinentium, excommunicationum
Canones, cum brevi illarum & absoluta | declaratione ex sacris Doctoribus collecta,
continentur. [in rosso] Quibus etiam Rubricae generales tum Missalis tum Breuiarij
Noui, multaque | alia sacerdotibus valde vtilia ac necessaria sunt addita: quae in aliis |
hactenus impressis desiderabantur.
L’elemento precipuo della presente edizione è la silografia del Cristo che tiene in
mano la croce e circondato da diverse persone recanti palme. Si è cioè seguito lo stile
dei Guerra, cercando però una nuova silografia, questa volta non rappresentante un
sacerdote e nemmeno un papa, ma che rappresentasse “il” sacerdote per eccellenza,
Gesù Cristo.
La «Tabula» o indice dell’opera
Viene cambiato il capolettera della “P” di Proemium all’inizio della tabula
contentorum, anche in questa edizione introducendone uno che segue sempre motivi
floreali ma di fattezze diverse da quello usato dai Guerra.
ediz. Nicolini 1578: il frontespizio
158
Come l’indice impostato dai Guerra, la tabula è impaginata su due colonne ed è
tutta in stile tipografico aldino o italico e tutta contenuta in 3 fogli e mezzo, cioè sette
facciate, a tal punto che si penserebbe a fogli usciti dalle medesime presse, invece si
nota qualche leggera variazione, sia nei salti colonna, sia per la sostituzione di qualche
carattere tipografico con qualche altro più elegante, come la sostituzione di “et” con
“&” in corrispondenza della voce alla p. 282.
Si segue l’indice organizzato dai fratelli Guerra con l’inserimento, nella voce
dell’indice, del numero del capitolo che Alberto da Castello aveva apposto, all’interno
dell’opera, accanto ad ogni titolo.
L’incipit
Comincia con la presente edizione l’introduzione di
una nuova silografia con cui inizia l’opera, la “S”
capilettera della parola Salvator con un Cristo orante in
secondo piano. Dunque si va a sostituire la silografia del
Cristo benedicente che aveva caratterizzato sia le
edizioni di Sessa-Ravani (1523, 1537, 1548, 1554) sia di
Varisco (1560, 1564, 1569) sia la copia della medesima
silografia riprodotta nelle edizioni di Boselli (1555, 1559)
e probabilmente di Lichtenstein, e che aveva visto già un
tentativo di innovazione con l’edizione dei Guerra che
aveva sostituito al Cristo benedicente un capolettera “S” assai fiorito.
La nuova silografia ha anch’essa una grande “S” ma questa volta viene
rappresentato sullo sfondo il Cristo inginocchiato e orante dove appaiono sullo sfondo
alcuni segni (una corona, una città stilizzata) che farebbero pensare forse alla sua
preghiera nel deserto durante le tentazioni (la tentazione del potere rappresentato
dalla corona?).
L’impaginazione del contenuto
Si nota che, per quanto riguarda gli errori nella numerazione dei fogli, rispetto
all’edizione dei Guerra c’è stato il tentativo di correggere tali errori.
Infatti questo è lo schema del confronto tra gli errori di numerazione dei fogli
dell’edizione dei Guerra e quella di Nicolini del 1578:
Nella prima parte dell’opera:
edizione foglio reale 54 (...) 72 (...) 94 (...) 101 (...) 134 (...) 256
ediz. Guerra 1576 foglio stamp. - (...) 71 (...) 92 (...) 201 (...) 234 (...) 253
ediz. Nicolini 1578 foglio stamp. 54 (...) 72 (...) 94 (...) 101 (...) 134 (...) 253
159
Si nota che Nicolini ha corretto la maggior parte degli errori di numerazione,
dalle omissioni dei numeri di pagina alle numerazioni erronee, ma al suo lavoro di
correzione qualcosa è sfuggito, come il foglio 256 anche da lui erroneamente
numerato 253.
Verso la parte finale, dopo pagina 300, si vede chiaramente che il lavoro di
Nicolini si è in un certo senso arrestato, non accorgendosi degli svariati errori di
sequenza della numerazione successivi a pag. 306 oppure di numerazione incompleta
come la pagina 315 che vede omessa la cifra delle centinaia!
edizione foglio reale 306 307 308 309 310 311 312 313 314 315 316 317
ed. Guerra 1576 stampato 306 305 306 307 308 311 312 311 312 313 314 15 (sic)
ed. Nicolini 1578 stampato 306 305 306 307 308 311 312 311 312 313 314 15 (sic)
Nella parte finale si riflettono gli errori dell’edizione dei Guerra aggiungendo un
numero di pagina là dove mancava, ma non nell’ultimo foglio, probabilmente per non
ingenerare confusione nella tabella.
edizione foglio reale 368 369 370 371 372 373 374 375 376
ediz. Guerra 1576 foglio stamp. 366 369 370 369 370 371 372 - -
ediz. Nicolini 1578 foglio stamp. 366 369 370 369 370 371 372 375 -
Troppi gli errori comuni all’una e all’altra edizione per potere sostenere che si sia
trattato di edizioni uscite da tipografie distinte.
Questa di Nicolini sembra un’impaginato che ha certamente, a motivo degli
errori di numerazione delle pagina, una stretta relazione con l’edizione dei Guerra,
tuttavia segnalo che alcune abbreviazioni che troviamo “sciolte” nell’edizione dei
Guerra le ritroviamo nuovamente qui (descendēs per descendens) o altro.
Valutazione complessiva dell’edizione di Nicolini del 1578
È sostanzialmente l’edizione di Guerra ereditata da un nuovo editore che tenta
qualche nuova scelta soprattutto dal punto di vista grafico con silografie particolari nel
frontespizio, e nell’interno del volume.
160
3.13. L’edizione del 1579 di Domenico Nicolini
Informazioni generali sull’edizione del 1579 a cura di Domenico Nicolini e il titolo
Una delle edizioni che apparvero nel 1579 venne stampata sempre a Venezia da Domenico Nicolini.
Il volume consta di 376 fogli per un totale di 752
pagine.
Stando all’ICCU, l’attività di Domenico Nicolini dovette
iniziare nel 1557.
Per le notizie relative all’editore vedi quanto scritto a proposito dell’edizione di
Nicolini del 1578 a p. 156.
Gli errori di numerazione riscontrabili alle pagine 306 e seguenti –che sono per la
prima volta riscontrabili nell’edizione di Guerra176– sono presenti anche nella presente
edizione di Domenico Nicolini, cosicché possiamo stabilire una certa parentela tra le
due edizioni.
L’errore di numerazione ha finito per trarre in inganno anche i tecnici di google
books o della Bayerische Bibliotek che così hanno finito per omettere – nel file
scaricabile dal sito – un numero di foglio, il 313r.
Lo specchio di stampa misura cm 17,7x11,8.
L’edizione è stata da me consultata parte sull’esemplare conservato presso la
biblioteca del convento dell’Osservanza di Bologna, e parte sull’edizione reperita in
formato elettronico presso la Bayerische Staatsbibliotek177.
Il frontespizio
Il titolo del volume riportato dal frontespizio è:
(in rosso) SACERDOTALE | (in nero) Ad consuetudinem S. Romanæ Ecclesiæ aliarumque | ecclesiarum ex Apostolicȩ bibliothecȩ ac Sanctorum | Patrum iurium sanctionibus, & ecclesiastico|rum doctorum scriptis, ad optatum quo|rumcunque sacerdotum commo|dum, collectum: | ATQUE SUMMORUM PONTIFICUM | authoritate multoties approbatum: | (in rosso) Summa nuper cura iuxta S. TRIDENTINI Concilii | Sanctiones emendatum, & auctum: | (in nero) In quo omnium sacramentorum officia, resolutionesque omnium dubiorum ad ea | pertinentium, excommunicationum Canones, cum brevi illarum & absoluta | declaratione ex sacris Doctoribus collecta,
continentur. (in rosso) Quibus etiam Rubricae generales tum Missalis tum Breuiarij
176
Vedi p. 48. 177
http://reader.digitale-sammlungen.de/de/fs1/object/display/bsb10164345_00005.html letto in
data 15 aprile 2012.
161
Noui, multaque | alia sacerdotibus valde vtilia ac necessaria sunt addita: quae in aliis | hactenus impressis desiderabantur.
A parte piccolissime variazioni (come Concilii rispetto al Concilij dei fratelli
Guerra), è in tutto e per tutto identico al frontespizio dell’edizione dei Guerra di
qualche anno prima. Si nota tuttavia il tentativo di abbellire ulteriormente il
frontespizio impaginato con un carattere tipografico di stile romano, già di per sé
elegante: per alcuni “&” ed alcune lettere finali si scelgono esemplari con “svolazzi” e
altri elementi analoghi.
Contrariamente a quanto fatto dai fratelli Guerra nella loro edizione e
contrariamente a quanto aveva fatto egli stesso l’anno precedente, al posto
dell’immagine che desiderava ispirare la pietà sacerdotale, viene apposta nel
frontespizio la marca tipografica, che è una delle dieci che l’editore usò durante il suo
lungo periodo di attività, cioè la donna alata che tiene nelle mani una corona d'alloro e
un ramo di palma (sigla Z1209 dell’ICCU)178.
La «Tabula» o indice dell’opera
Viene cambiato il capolettera della “P” di Proemium all’inizio della tabula
contentorum, introducendone uno che segue sempre motivi floreali ma è di fattezze
leggermente diverse da quello dell’edizione dei Guerra.
Tutta la tabula è impaginata su due colonne, tuttavia si abbandona lo stile
tipografico aldino o italico per ritornare ad una tavola in stile romanco e tutta
contenuta in soli 3 fogli, cioè sei facciate avendo così ridotto l’indice, rispetto
all’edizione dei Guerra, di un foglio. Si nota qualche errore introdotto (es. Quis sit
idoneos minister baptismi).
L’incipit
L’inizio dell’opera porta come titolo (in rosso)
SACERDOTALE | AD VSVM SACERDOTIS | ANIMARVM CVRAM GERENTIS | ad varios Ecclesiæ ritus accommodatum.
Come nell’edizione del 1578, Nicolini conferma
l’utilizzo della silografia del Cristo orante come capolettera
della parola “Salvator” dimostrando così di volere
mantenere un proprio stile nell’edizione.
L’impaginazione del contenuto
Avendo rimpiazzato il capolettera con una silografia
178
Vedi http://edit16.iccu.sbn.it/scripts/iccu_ext.dll?fn=12&i=289 consultato in data 15 aprile 2012.
162
leggermente più grande deve giostrarsi con alcune abbreviazioni che va
reintroducendo nelle prime parole e all’interno del testo e che i fratelli Guerra avevano
già “sciolto” nella propria edizione.
Il resto dell’impaginato rimane a 37 righe per foglio, come l’impaginato dei
fratelli Guerra.
Non sembra che ci siano state omissioni, soppressioni o addizioni rispetto
all’edizione precedente.
Valutazione complessiva dell’edizione di Nicolini del 1579
Sembra in tutto identica all’edizione dell’anno precedente con scelta di nuova
silografia nel frontespizio e nuova impostazione grafica della tabula contentorum.
3.14. L’edizione del 1579 di Lucantonio Giunta
Informazioni generali sull’edizione del 1579 di L. Giunta e il titolo
L’edizione del 1579 venne stampata a Venezia oltre che
da Domenico Nicolini e Giovanni Battista Sessa, anche da
Lucantonio Giunta.
Come riferito dall’ICCU, Lucantonio Giunta, attivo come
tipografo dal 1556 al 1601, era
Editore e tipografo, nato a Venezia nel 1540, figlio di Giovanni Maria. Fu spesso in società con altri tipografi, soprattutto per la stampa di edizioni giuridiche; a questo scopo fondò, con molti altri, la Società dell'aquila che si rinnova. A Roma aveva in affitto una libreria all'insegna del Liocorno in via del Pellegrino. Sposò Bianca Verdi ed ebbe due figli, Tommaso e Giovanni Maria. Morì il 6.3.1602; gli successero i figli.179
Il volume consta, come i volumi di Nicolini, di 375 fogli per un totale di 750
pagine.
L’edizione da me consultata è stata reperita nella Biblioteca del Seminario di
Padova.
Dato che sono constatabili diversi titoli stampati da Nicolini per conto
dell’editore Sessa180 tra il 1570 e il 1600 desumo che l’editore che procedette alla
179
http://edit16.iccu.sbn.it/web_iccu/imain.htm alla voce dell’editore “Giunta, Lucantonio <2.>”,
letto in data 8 febbraio 2012. 180
Per i Sessa, Domenico Nicolini da Sabbio stampò svariate opere e anche seconde e terze edizioni
delle medesime. Diamo qui un elenco: nel 1570: AURELIUS AUGUSTINUS, Diui Aurelii Augustinii
Marca tipografica di Giunta
ediz. 1579
163
composizione del Sacerdotale sia stato Nicolini e che abbia proceduto a stampare nella
propria tipografia il Sacerdotale con il marchio di Sessa ma avvalendosi del proprio
impaginato. Consultando l’ICCU rilevo che un certo numero di testi pubblicati sia da
Nicolini che da Sessa – attraverso la tipografia di Nicolini – sono editi nei medesimi
anni anche da Giunta. Ne deduco perciò che Giunta si sia servito della tipografia di
Nicolini anche per detti testi; sono tuttavia consapevole che tale conclusione si basa
esclusivamente sull’esame del solo Sacerdotale.181
Il frontespizio
Il titolo del volume è:
(in rosso) SACERDOTALE | (in nero) Ad consuetudinem S. Romanae Ecclesiae aliarumque | ecclesiarum, ex Apostolicȩ bibliothecȩ ac Sanctorum | Patrum iurium sanctionibus, & ecclesiastico|rum doctorum scriptis, ad optatum quo|rumcunque sacerdotum commo|dum, collectum: | ATQUE SUMMORUM
PONTIFICUM | authoritate multoties approbatum: (in rosso) Summa nuper cura iuxta S. TRIDENTINI Concilii | Sanctiones emendatum, & auctum: (in nero) In quo omnium Sacramentorum officia, resolutionesque omnium dubiorum ad ea | pertinentium,
excommunicationum Canones, cum breui illarum & absoluta | declaratione ex sacris Doctoribus collecta, continentur. | (in rosso) Quibus etiam Rubricae generales tum Missalis cum Breviarij Noui, multaque | alia sacerdotibus valde vtilia ac necessaria, sunt addita: quae in aliis | hactenus impressis desiderabantur.
È quasi del tutto identico al frontespizio di Nicolini del medesimo anno, salvo
ovviamente la marca tipografica: per il resto si faticherebbe a credere che si tratti di
due edizioni diverse perché le scritte del frontespizio sembrano uscite dalla medesima
tipografia, soprattutto se si nota la “e commerciale” dell’ “et ecclesiasticorum” oppure
la “Q” dell’ “ATQUE” o le lettere “m” ed “n” finali come nella scritta “commodum
collectum”.
Hipponensis episcopi Operum; nel 1572: GEOR EDER, Oeconomia Bibliorum siue Partitionum theologicarum libri quinque quibus Sacrae scripturae dispositio...; nel 1573, nel 1574 e poi nel 1583: IOANNES CHRISOSTOMUS, Diui Ioannis Chrysostomi archiepiscopi Constantinopolitani Opera (pubblicate da Nicolini lo stesso anno oppure un anno o due prima); nel 1578, nel 1582, nel 1587 di BARTOLOMEO FUMO, Summa aurea armilla nuncupata, casus omnes ad animarum curam attinentes...; nel 1584 di REGINALDO SPADONI, Mistico tempio del rosario con fiori & frutti alla gloriosa Vergine Maria madre di Dio; nel 1596 di DANTE ALIGHIERI, Dante con l’espositioni di Christoforo Landino; nel 1600 di HUGUES DE SAINT-CHER, Vgonis de S. Charo, S. Romanae Eccl. tit. S. Sabinae cardinalis primi Ordinis praedicatorum Opera omnia.
181 Opere pubblicate da Giunta in concomitanza con le edizioni di Sessa e contemporanee o
successive a quelle di Domenico Nicolini da Sabbio: nel 1570: AURELIUS AUGUSTINUS, Diui Aurelii Augustinii Hipponensis episcopi Operum; nel 1573 e nel 1583: IOANNES CHRISOSTOMUS, Diui Ioannis Chrysostomi archiepiscopi Constantinopolitani Opera.
164
La «Tabula» o indice dell’opera
È esattamente identica per il capolettera e per tutto il resto del contenuto, sia
dal punto di vista formale che contenutistico alla tabula dell’edizione di Nicolini del
medesimo anno, tanto che si può ipotizzare che sia frutto di un’unica e medesima
edizione della medesima tipografia.
L’incipit
Il titolo scritto a caratteri cubitali e in inchiostro rosso è:
(in rosso) SACERDOTALE | AD VSVM SACERDOTIS | ANIMARVM CVRAM GERENTIS | ad varios Ecclesiæ ritus accommodatum. (in nero) Prooemium
È anch’esso esattamente identico all’incipit dell’edizione
di Nicolini, con la medesima silografia del Cristo in preghiera
nell’orto degli ulivi.
Il testo è impaginato con i medesimi salti di riga e
un’identico salto pagina.
L’impaginazione del contenuto
È impaginato, come l’edizione di Nicolini, su 37 righe per pagina. I salti pagina e i
salti riga sono esattamente identici a quelli dell’edizione di Nicolini.
Anche per la presente edizione un errore evidente nella numerazione dei fogli ci
permette di individuare con certezza una parentela con quelle di Nicolini del
medesimo anno e con quella dei Guerra del 1576. Come nell’edizione di Guerra e di
Nicolini dopo il foglio 306 si commettono errori nella numerazione dei fogli seguenti,
ma per questo tipo di errore di numerazione dei fogli vedi sopra a p. 154.
Ecco dove le edizioni si avvicinano negli errori di numerazione e dove Giunta
concorda con tali errori.
edizione foglio reale 368 369 370 371 372 373 374 375 376
ediz. Guerra 1576 foglio stamp. 366 367 370 369 370 371 372 - -
ediz. Nicolini 1578 foglio stamp. 366 369 370 369 370 371 372 375 -
ediz. Nicolini 1579 foglio stamp. 366 369 370 371 372 373 374 375 -
ediz. Giunta 1579 foglio stamp. 366 369 370 371 372 373 374 375 -
ediz. Sessa 1579 foglio stamp. 366 369 370 371 372 373 374 375 -
Dunque, a partire da questi elementi esterni, l’edizione di Giunta del 1579
sembra essere stata stampata dalla medesima tipografia che aveva stampato
l’edizione di Nicolini con l’unico cambiamento della silografia nel frontespizio e i
165
riferimenti dell’editore, probabilmente una edizione commissionata all’editore-
stampatore Nicolini.
Valutazione complessiva dell’edizione di Giunta del 1579
È la stampa in tutto e per tutto identica a quella di Nicolini del medesimo anno e
probabilmente a lui commissionata. Per questo motivo abbiamo preferito ordinare le
edizioni classificando prima l’edizione di Nicolini e poi rispettivamente quelle di Giunta
e di Sessa.
3.15. L’edizione del 1579 di Giovanni Battista Sessa e fratelli
Informazioni generali sull’edizione del 1579 a cura di G.B. Sessa e fratelli e il titolo
Un’altra delle edizione che videro la luce nel 1579
venne stampata, come tutte le altre, sempre a Venezia, da
Giovanni Battista Sessa e fratelli.
Il volume consta di 376 fogli per un totale di 752
pagine.
L’edizione è stata da me consultata presso la Biblioteca
dei frati Cappuccini di Arezzo.
L’ICCU circa la stirpe dei Sessa, in particolare Giovanni
Battista e i fratelli, afferma che furono
Editori e tipografi attivi a Venezia, figli di Melchiorre il vecchio. I fratelli di Giovanni Battista il giovane erano Giovanni Bernardo, Melchiorre Sessa il giovane e Bernardino. Come editori si servirono di molte tipografie, tra cui quelle di Alessandro Griffio, Girolamo Polo, Egidio Regazzola, Pietro Dusinelli, e dei Rampazetto182
Il frontespizio
[in rosso] SACERDOTALE | [in nero] Ad consuetudinem S. Romanae Ecclesiae aliarumque | ecclesiarum, ex Apostolicȩ bibliothecȩ ac Sanctorum | Patrum iurium sanctionibus, & ecclesiastico|rum doctorum scriptis, ad optatum quo|rumcunque sacerdotum commo|dum, collectum: | ATQUE SUMMORUM PONTIFICUM | authoritate multoties approbatum: [in rosso] Summa nuper cura iuxta S. TRIDENTINI Concilii | Sanctiones emendatum, & auctum: | [in nero] In quo omnium Sacramentorum officia, resolutionesque omnium dubiorum ad ea | pertinentium, excommunicationum Canones, cum breui illarum & absoluta | declaratione ex sacris Doctoribus collecta, continentur. | [in rosso] Quibus etiam Rubricae generales tum
182
http://edit16.iccu.sbn.it/web_iccu/imain.htm alla voce dell’editore “Sessa, Giovanni Battista <2.>
& fratelli”, letto in data 9 febbraio 2012.
Frontespizio ed. Sessa (1579)
166
Missalis cum Breviarij Noui, multaque | alia sacerdotibus valde vtilia ac necessaria, sunt addita: quae in aliis | hactenus impressis desiderabantur.
È in tutto identico al titolo del frontespizio delle edizioni di Nicolini e Giunta,
salvo che Sessa non azzarda la sostituzione della silografia dell’edizione dei Guerra con
la propria marca tipografica, soluzione adottata da Nicolini e Giunta nella propria
edizione del medesimo anno, ma la sostituisce con una silografia che indica il Cristo in
preghiera nell’orto degli ulivi, con il calice della passione che gli viene porto. Tale
immagine rimarrà anche nell’edizione da lui pubblicata l’anno successivo, poi Sessa si
adeguerà allo stile degli altri editori, abbandonando l’idea di apporre una silografia
adatta al contenuto del volume e finendo per apporre come silografia del frontespizio
la propria marca tipografica.
La «Tabula» o indice dell’opera
È esattamente identica per il capolettera e per tutto il resto del contenuto, sia
dal punto di vista formale che contenutistico alla tabula dell’edizione di Nicolini e di
Giunta del medesimo anno. Anche per essa si può ipotizzare che sia frutto di un’unica
e medesima stampa effettuata dalla medesima tipografia. Per il momento ipotizziamo
che sia stato Nicolini ad essere stato commissionato da Giunta e da Sessa per produrre
un’edizione sotto il loro marchio tipografico.
L’«incipit»
In tutto e per tutto identico all’incipit di Nicolini e di
Giunta del medesimo anno.
Porta il titolo:
(in rosso) SACERDOTALE | AD VSVM SACERDOTIS | ANIMARVM CVRAM GERENTIS | ad varios Ecclesiæ ritus accommodatum. (in nero) Prooemium.
La lettera capitale “S” del “Salvator” è costituita
sempre dalla medesima silografia delle edizioni dell’anno
medesimo di Nicolini e Giunta, raffigurante il Cristo in
preghiera nell’orto degli ulivi.
L’impaginazione del contenuto
È impaginato, come l’altra edizione di Nicolini e di Giunta, su 37 righe per pagina.
I salti pagina e i salti riga sono esattamente identici a quelli dell’edizione di Nicolini.
Sessa 1579: incipit
167
Un errore evidente nella numerazione dei
fogli 305-313 più il salto foglio dopo il foglio
366 direttamente al foglio 369, ci permette di
individuare con certezza una parentela della
presente edizione con quelle di Nicolini e di
Giunta del medesimo anno e con quella dei
Guerra del 1576, tuttavia segnalo che la
presente edizione è stata certamente stampata
per ultima rispetto alle altre due edizioni del
medesimo anno, in quanto al foglio 327 si
commette un errore di numerazione
stampandolo con il numero 329. È difficile
pensare che ci fosse stata l’introduzione di un
errore e che ci sia stata successivamente la sua
correzione. Oltretutto la copia a mia
disposizione dell’edizione di Sessa del 1580 è manchevole di un quaderno, dal foglio
319 al foglio 327 compreso, e pertanto non ho potuto verificare se anche l’edizione di
Sessa del 1580 attesta il medesimo errore.
Quindi, a meno che non abbiamo preso un abbaglio, vennero stampate le tre
edizioni del 1579 presso la tipografia di Nicolini innanzitutto per il medesimo
editore/stampatore con una risistemazione dell’edizione che egli aveva edito l’anno
precedente; successivamente si stampò la medesima opera con la marca tipografica di
Giunta e, infine, per l’editore Sessa con la sua marca tipografica.
Valutazione complessiva dell’edizione di Sessa del 1579
È la stampa in tutto e per tutto identica a quella di Nicolini del medesimo anno e
probabilmente a questi commissionata. A motivo di alcuni errori di numerazione che si
riscontrano non presenti nelle edizioni di Nicolini e Giunta, ritengo che quella di Sessa
sia stata l’ultima stampata delle tre edizioni che probabilmente, al momento della
stampa, ha comportato l’introduzione di alcuni errori di numerazione dei foglio assai
frequenti all’epoca.
Edizioni 1578-1579 a confronto: errore di numerazione di p. 327
introdotto nell’edizione di Sessa 1579
168
3.16. L’edizione del 1580 di Giovanni Battista Sessa e fratelli
Informazioni generali sull’edizione del 1580 e il titolo
L’edizione del 1580 venne stampata a Venezia da
Giovanni Battista Sessa e fratelli.
Circa Giovanni Battista Sessa e i fratelli vedi le notizie
riguardanti i fratelli Sessa riportate a proposito
dell’edizione del 1579183.
L’editore, a meno che la copia da noi consultata non abbia subito menomazioni
nella parte finale, non porta la marca tipografica nella parte finale del volume e
nemmeno nel frontespizio dove, sopra l’indicazione degli editori, viene apposta una
silografia “a tema” con il testo che viene pubblicato, quindi la preghiera di Gesù nel
Getzemani in atto di bere il calice della passione che gli viene porto da un angelo.
Il volume consta di 376 fogli per un totale di 732 pagine: la numerazione infatti
presenta parecchi errori, soprattutto dopo il foglio 306.
La copia da noi consultata custodita presso la biblioteca del Convento di s.
Francesco a Bologna manca infatti delle pagine 319-327 e pensiamo trattarsi di copia
fallata o di un errore da parte dei rilegatori in uno dei diversi passaggi di rilegatura.
Verso la fine della ricerca siamo riusciti a rintracciarne una copia digitale in Google
books184.
Il frontespizio
Il titolo del volume è:
[in rosso] Sacerdotale | [in nero] Ad consuetudinem S. Romanæ Ecclesiæ aliarumque | ecclesiarum ex Apostolice bibliothece ac Sanctorum | Patrum iurium sanctionibus, & ecclesiastico|rum doctorum scriptis, ad optatum quo|rumcunque sacerdotum commo|dum, collectum: | ATQUE SUMMORUM PONTIFICUM | authoritate multoties approbatum: | [in rosso] Summa nuper cura iuxta S. TRIDENTINI Concilii | Sanctiones emendatum, & auctum: | [in nero] In quo omnium sacramentorum
officia, resolutionesque omnium dubiorum ad ea | pertinentium, excommunicationum Canones, cum breui illarum [et] absoluta | declaratione ex sacris Doctoribus collecta, continentur. | [in rosso] Quibus etiam Rubricæ generales tum Missalis tum Breuiarij Noui, multaque | alia sacerdotibus valde utilia ac necessaria, sunt addita: quæ in aliis | hactenus impressis desiderabantur.
183
Cf. nota 182 p. 56. 184
http://books.google.it/books?id=3Npees3k6xAC.
169
Mantiene la denominazione acquisita a partire dal 1554, cioè Sacerdotale, ma con la specifica ad consuetudinem sanctae romanae ecclesiae che è la denominazione più diffusa acquisita a partire dall’edizione di Giovanni Varisco e soci del 1564. Come nelle edizioni dell’anno precedente, si avvisa che è stato corretto e sono state apportate delle addizioni a partire dalle sanzioni del concilio di Trento e che sono state aggiunte le rubriche sia del Messale (1570) sia del Breviario (1568) e molte altre cose che nelle edizioni precedenti non si troverebbero minimamente. Lo studio più specifico dei contenuti rivelerà se è semplicemente rimasto il vecchio frontespizio con la promessa di nuovi desiderata.
L’incipit
Porta il titolo:
(in rosso) SACERDOTALE | AD VSVM SACERDOTIS | ANIMARVM CVRAM GERENTIS | ad varios Ecclesiæ ritus accommodatum. (in nero) Prooemium.
La lettera capitale “S” del “Salvator” è costituita sempre
dalla medesima silografia delle edizioni dell’anno precedente
di Nicolini, Giunta e degli stessi Sessa, raffigurante il Cristo in
preghiera nell’orto degli ulivi.
L’impaginazione del contenuto
È impaginato, come l’edizione di Nicolini del 1579, su 37 righe per pagina. I salti
pagina e i salti riga sono esattamente identici a quelli dell’edizione di Nicolini.
Un errore evidente nella numerazione dei fogli 305-313 ci permette di
individuare con certezza una parentela della presente edizione con quelle di Nicolini e
di Giunta dell’anno precedente.
Valutazione complessiva dell’edizione di Sessa del 1580
Salve novità che possono emergere dall’esame più puntuale dell’opera, a parte la
correzione della numerazione dei fogli, si tratta di una riedizione o ristampa
dell’edizione dell’anno precedente.
Edizione del 1580, incipit
170
3.17. L’edizione del 1585 di Giovanni Battista Sessa e fratelli
Informazioni generali sull’edizione del 1585 e il titolo
Una delle edizioni comparse nel 1585 venne stampata a
Venezia sempre per i tipi di Giovanni Battista Sessa e fratelli.
Circa Giovanni Battista Sessa e i fratelli vedi le notizie
riguardanti i fratelli Sessa riportate a proposito dell’edizione del
1579185.
L’edizione da me consultata è stata reperita presso la biblioteca provinciale dei
padri Cappuccini di Bologna.
Il frontespizio
Il titolo del volume è:
[in Rosso] SACERDOTALE | [in nero] ROMANUM | Ad consuetudinem S. Romanæ Ecclesiæ aliarumq[ue] Ec|clesiarum, ex Apostolicæ Bibliothecæ, ac Sanctorum | Patrum iurium sanctionibus, & Ecclesiastico|rum Doctorum scriptis, ad optatum | quorumcunq[ue]; Sacerdotum com|modum, collectum: | ATQUE SUMMORUM PONTIFICUM | authoritate multoties approbatum: | [in rosso] Summa nuper cura iuxta S. TRIDENTINI Concilij | Sanctiones emendatum, & auctum: | [in nero] In quo omnium Sacramentorum officia, resolutionesq[ue] omnium dubiorum ad ea | pertinentium, excommunicationum Canones: cum breui illarum [et] absoluta |
declaratione ex sacris Doctoribus collecta, continentur. [in rosso] Quibus etiam Rubricae generales tum Missalis tum Breuiarij Noui, multaq[ue] | alia sacerdotibus valde utilia, ac necessaria, sunt addita: quae in | aliis hactenus impressis desiderabantur.
Rispetto all’edizione del 1779 e del 1780 spicca l’introduzione di Romanum dopo
il Sacerdotale. Questo significa che l’ordo dei riti della chiesa romana che erano
talvolta riportati accanto agli ordines di altri riti prendono il sopravvento su questi
ultimi. Anche se la dicitura immediatamente precedente l’incipit che vede un ad varios
ecclesiae ritus accomodatum è assai chiaro, la maggior parte dell’utenza doveva essere
di rito romano latino e perciò sono i rituali della chiesa romana che interessa ora
offrire con questa nuova edizione.
185
Cf. nota 182 p. 56.
marca di Sessa del 1885
171
L’incipit
L’incipit è
(in rosso) SACERDOTALE | AD VSVM SACERDOTIS | ANIMARVM CVRAM GERENTIS | ad varios Ecclesiæ ritus accommodatum. (in nero) Prooemium.
L’impaginazione del contenuto
L’impaginazione e i salti pagina sono esattamente
identici a quelli del 1580 ma ci sono alcuni errori nella
numerazione delle pagine che ci fanno comprendere come il
lavoro sia stato compiuto in un tempo diverso con correzione
di errori o introduzione di essi nella numerazione delle
pagine.
Ad esempio la pag. 208, contrariamente all’edizione di Nicolini del medesimo
anno, è esattamente numerata. Tuttavia un errore evidente nella numerazione dei
fogli 305-313 ci permette di individuare con certezza una parentela della presente
edizione con quella di Guerra del 1576, di Nicolini del 1578, di Nicolini, Giunta e Sessa
del 1579, di Sessa del 1580 e di Nicolini, Giunta e Sessa del 1585.
Per tali errori di numerazione vedi p. 154 e anche le informazioni relative alle
singole edizioni.
Valutazione complessiva dell’edizione di Sessa del 1585
Si tratta di una riedizione della pubblicazione del medesimo editore del 1580 con
il passaggio da Sacerdotale a Sacerdotale romanum.
3.18. L’edizione del 1585 di Giunta
Informazioni generali sull’edizione del 1585 a cura di Giunta
Una delle edizioni apparse nel 1585 venne
stampata a Venezia dall’editore Giunta.
Circa le informazioni relative all’editore vedi
quanto riportato precedentemente a proposito
dell’edizione di Giunta del 1579 a p. 162.
Il volume consta di 375 fogli per un totale di 750 pagine. Lo specchio di stampa
misura cm 17,5x11,5.
incipit dell’edizione di Sessa e
fratelli del 1585
edizione di Giunta del 1585: marca
172
La copia localizzata dell’edizione da me consultata è quella della Biblioteca del
Castello del Buon Consiglio di Trento, Fondo Laurence K. J. Feininger, che ho consultato
attraverso una riproduzione digitale gentilmente fornita dalla Soprintendenza per i
Beni librari archivistici e archeologici della Provincia Autonoma di Trento.
Il frontespizio
Il titolo del volume è:
(in rosso) SACERDOTALE | (in nero) ROMANUM | Ad consuetudinem S. Romanæ Ecclesiæ aliarumq[ue] Ec|clesiarum ex Apostolicæ Bibliothecæ, ac Sanctorum | Patrum iurium sanctionibus, & Ecclesiastico|rum Doctorum scriptis, ad optatum | quorumcunq[ue] Sacerdotum com|modum, collectum: | ATQUE SUMMORUM PONTIFICUM | authoritate multoties approbatum: (in rosso) Summa nuper cura iuxta S. TRIDENTINI Concilii | Sanctiones emendatum, & auctum: (in nero italico) In quo omnium Sacramentorum Officia, resolutionesq[ue] omnium dubiorum ad ea | pertinentium, excommunicationum Canones, cum breui illarum & absoluta | declaratione ex sacris Doctoribus collecta, continentur. | (in rosso) Quibus etiam Rubricae generales tum Missalis cum Breviarij Noui, multaq[ue] | alia Sacerdotibus valde vtilia, ac necessaria, sunt addita:
quae in | alijs hactenus impressis desiderabantur.
Non è molto distante dagli altri frontespizi del medesimo anno di edizione con la
riconferma del “Romanum” accanto al “Sacerdotale” a riconferma che l’opera non era
più nota solamente come “sacerdotale”, ma come “sacerdotale romanum”.
La «Tabula» o indice dell’opera
Anche per la tavola dei contenuti Giunta vuole rompere con la tradizione
tipografica precedente e impostare delle nuove, più efficienti e chiare regole anche per
la tavola dei contenuti.
Sacerdotale del 1585 (Giunta):
frontespizio
173
L’incipit
Rispetto all’edizione di Sessa del medesimo anno
emerge l’evoluzione del carattere tipografico con il
quale si è scritto “PROŒMIUM”, più grande e più in
vista.
La “us” finale del sostantivo “Dominus” è
abbreviata, contrariamente a quanto fatto nelle
edizioni precedenti sia di Sessa che di Nicolini e perciò
mi sembra di ravvisare una risistemazione e ri-
impaginazione del testo rispetto alle edizioni
precedenti.
L’impaginazione del contenuto
Emerge il tentativo di affrancarsi dalle impostazioni tipografiche delle edizioni
che aveva condiviso con Nicolini e Sessa nel 1579. Questa tendenza emerge dai
capilettera, che riprendono talvolta modelli precedenti.
Da un esame il più possibile attento mi sembra di potere affermare che Nicolini,
lo stampatore, al momento in cui esegue per Giunta la stampa del 1585, era arrivato a
revisionare il testo con la sostituzione dei capilettera gotici a capilettera in stile
romano e con la risistemazione della notazione gregoriana da stile curvo a stile
quadrato grande fino al foglio 184v. Tale revisione si presenterà nell’edizione di
Nicolini del medesimo anno anche nei fogli successivi. Anche per tale motivo e per
alcuni altri errori di numerazione (ad esempio l’introduzione dell’errore di
numerazione della pagina 128 segnata come 120 che si trascinerà nelle edizioni di
Nicolini del medesimo anno e anche nell’edizione di Sessa del 1996) affermo che
l’esatta successione cronologica delle edizioni del 1585 fu: Sessa, Giunta e infine
Nicolini.
Le innovazioni che sembrano dipendere dal nuovo fascino esercitato
dall’eleganza del carattere tipografico romano troveranno spazio solo nell’edizione del
1587, che sarà l’edizione di Giunta veramente innovativa sia dal punto di vista grafico,
con il passaggio al solo carattere tipografico romano, sia dal punto di vista
contenutistico con l’introduzione di parti estranee all’opera originaria di Alberto da
Castello.
Valutazione complessiva dell’edizione di Giunta del 1585
Salvo sorprese derivanti da un esame più puntuale dell’edizione, si tratta di un
tentativo di risistemazione tipografica dell’edizione di Sessa del medesimo anno.
edizione di Giunta 1585: incipit
174
3.19. L’edizione del 1585 di Domenico Nicolini
Informazioni generali sull’edizione del 1585 a cura di
Domenico Nicolini e il titolo
Una delle edizioni apparse nel 1585 venne
stampata sempre a Venezia da Domenico Nicolini.
Circa Domenico Nicolini vedi le notizie riportate
per l’edizione del 1579186.
Il volume consta di 375 fogli per un totale di 750 pagine. Lo specchio di stampa
misura cm 17,5x11,5.
Abbiamo consultato il volume in parte presso la biblioteca del convento
dell’Osservanza di Bologna dei frati minori dell’Emilia-Romagna e in parte in google
books187.
Il frontespizio
Il titolo del volume è:
[in Rosso] SACERDOTALE | [in nero] ROMANUM | Ad consuetudinem S. Romanæ Ecclesiæ aliarumq[ue] Ec|clesiarum, ex Apostolicæ Bibliothecæ, ac Sanctorum | Patrum iurium sanctionibus, & Ecclesiastico|rum Doctorum scriptis, ad optatum | quorumcunq[ue]; Sacerdotum com|modum, collectum: | ATQUE SUMMORUM PONTIFICUM | authoritate multoties approbatum: | [in rosso] Summa nuper cura iuxta S. TRIDENTINI Concilij | Sanctiones emendatum, & auctum: | [in nero] In quo omnium Sacramentorum officia, resolutionesq[ue] omnium dubiorum ad ea | pertinentium, excommunicationum Canones: cum breui illarum [et] absoluta | declaratione ex sacris Doctoribus collecta, continentur. [in rosso] Quibus etiam Rubricae
generales tum Missalis tum Breuiarij Noui, multaq[ue] | alia sacerdotibus valde utilia, ac necessaria, sunt addita: quae in | alijs hactenus impressis desiderabantur.
La «Tabula» o indice dell’opera
È esattamente identica per il capolettera e per tutto il resto del contenuto, sia
dal punto di vista formale che contenutistico alla tabula dell’edizione di Sessa e di
Giunta del medesimo anno, tanto che si può ipotizzare, anche per questa edizione, che
sia frutto di un’unica e medesima edizione della medesima tipografia.
È anch’essa impaginata in sei facciate come nell’edizione di Sessa e nelle
precedenti.
186
Cf. nota 175 p. 54. 187
http://books.google.it/books?id=x4w8AAAAcAAJ letto in data 2 giugno 2012.
Marca tipografica di Nicolini del 1585
Edizione di Nicolini del 1585,
frontespizio
175
L’incipit
L’incipit è
(in rosso) SACERDOTALE | AD VSVM
SACERDOTIS | ANIMARVM CVRAM GERENTIS | ad
varios Ecclesiæ ritus accommodatum. (in nero)
Prooemium.
L’impaginazione del contenuto
Ad un esame attento e puntuale appare
evidente che lo specchio di pagina e l’impaginato
sono il medesimo dell’edizione di Sessa, tuttavia a
quell’edizione sono state apportate alcune variazioni
che, in un primo tempo e ad una vista frettolosa, possono risultare impercettibili.
I Capilettera sono stati talvolta variati, come al foglio 2 recto, dove la “E” fiorita
dell’«Et quia (ut praehabitum est)» è stata sostituita con un’altra “E” fiorita, ma con
fioriture differenti, oppure come la “E” dell’«Et quia etiam bona vita» del foglio 2 verso
dove nell’edizione del Nicolini del 1579 e nell’edizione di Sessa del 1585 è una “E”
gotica mentre nell’edizione di Nicolini del 1585 è stata sostituita con una “E” in stile
romano.
La presente edizione rappresenta il completamento della revisione dell’edizione
di Sessa del medesimo anno che, al momento della stampa per l’editore Giunta era
arrivata al foglio 184v, mentre nella presente edizione è stata portata a compimento
anche nel resto dell’opera la sostituzione dei capilettera gotici con capilettera in stile
romano e con la risistemazione della notazione gregoriana da stile curvo a stile
quadrato grande.
Anche la numerazione delle pagine registra delle differenze. Ad esempio il foglio
n° 208 non è esattamente numerato e porta invece il numero 200. Si può pensare ad
una edizione successiva a quella di Sessa e di Giunta che tenta un miglioramento
dell’impaginato e della resa grafica ma che, in tale abbellimento del testo tramite il
cambiamento dei capilettera e la necessaria risistemazione dell’impaginato per fare sì
che il contenuto di ogni pagina rimanga tale e quale e non debba essere collocato nella
pagina successiva inducendo quindi ad una più profonda e laboriosa ricomposizione
del testo: nel fare questo, ovviamente, si incorre in errori di numerazione pagina.
Tuttavia, nonostante la rimpaginazione del testo, rimangono gli errori evidenti nella
numerazione dei fogli 305-313 che ci permettono di individuare con certezza una
Incipit dell’edizione di Nicolini del 1585
176
parentela della presente edizione con quella di Sessa del medesimo anno, con quella di
Sessa del 1580 e di Nicolini del 1579.
Valutazione complessiva dell’edizione di Nicolini del 1585
È la risistemazione tipografica dell’edizione approntata nel medesimo anno, a
mio giudizio da Nicolini stesso, prima per Sessa con una ristampa dell’edizione del
1580, poi, dopo cambiamento di frontespizio e inizio di risistemazione e abbellimento
testuale, per Giunta, quindi, dopo la conclusione dell’abbellimento testuale e della
notazione gregoriana, per se medesimo.
3.20. L’edizione del 1587 di Giunta
Informazioni generali sull’edizione di Giunta del 1587 e il titolo
L’edizione del 1587 venne stampata a Venezia
da Lucantonio Giunta.
Circa Lucantonio Giunta vedi le notizie
riportate nell’edizione del 1579188.
La presente edizione costituisce forse la prima vera e propria edizione originale e
indipendente nella scelta tipi di stampa, silografie, disposizione del contenuto, da tutte
le edizioni precedenti con una ricomposizione di tutto il contenuto fatta da cima a
fondo.189
Il volume consta di 376 fogli per un totale di 752 pagine. Lo specchio di stampa
misura cm 21x12,8.
Abbiamo consultato il volume presso la biblioteca del convento dell’Osservanza
di Bologna dei frati minori dell’Emilia-Romagna.
188
Cf. nota 179 p. 55. 189
Per alcune osservazioni circa i cambiamenti significativi vedi a p. 64 l’«impaginazione del
contenuto».
177
Il frontespizio
Il titolo del volume è:
(in rosso) SACERDOTALE | AD S. R. ECCLESIAM (sic) | CONSUETUDINEM | (in nero) Sacri Concilij Tridentini sanctionibus, summorum | Pontificum constitutionibus, sanctorumq(ue) ; Pa|trum ac doctorum scriptis collectum. | (in rosso) NUPER EMENDATIORIBUS TYPIS | (in nero) de Superiorum licentia excussum: | (in italico) Cui, quæ ad commodiorem Sacerdotum usum addita, emen|data, atq(ue) perspicuè immutata fuerint, versum folium | INDICAT.
L’immagine della silografia che sovrasta il titolo è
nuova ed indica il signore Gesù Cristo con la sua croce al
centro della scena e attorno delle figure umane disposte
nell’atto di celebrare i sacramenti. Sotto l’immagine la scritta septem sacramenta (i
sette sacramenti).
Nel titolo sembra campeggi un errore quasi che ecclesiam sia assunto come
ecclesiasticam e aggettivo di consuetudinem.
Un tratto distintivo di Giunta rispetto a tutte le altre edizioni precedenti è la
scelta di apporre anche la marca tipografica in inchiostro rosso e non solo le parti più
importanti del titolo oltre che di sottolineare che la presente edizione è fornita di
emendatiora typa.
Si sceglie di non mettere tutte le informazioni relative all’edizione sul solo
frontespizio, ma si sceglie, nelle ultime tre parole del frontespizio (versum folium
indicat), di far riferimento al verso del folio per indicare i diversi altri contenuti aggiunti
nel volume: (sul retro del foglio)
Præter sacramentorum omnium officia, dubiorumque ad ea pertinentium explicationem, Canones excommunicationum, cum breui, et absoluta ex sacris doctoribus, et canonum interpretibus collecta declaratione (qua duce Sacerdos in sua vocatione non facile errabit) antea concinne compilata; hæc adiecimus præcipua. In primis, Tractatum illum, qui de confirmationis sacramento agit: De Computis item, Exorcismis, maleficijque varijs. Sermones etiam quinque, qui varijs anni temporibus recitandi latine legebantur, ad facilius Curatorum commodum, vulgarem in sermonem transferri curauimus. Nec Rubricas omnes tum Missae, tum diuini Officij prætermisimus. Quorum omnium capita, materiasque distinctas, sequens, copiosus quidem, & perspicuus Index ostendit.
La «Tabula» o indice dell’opera
Anche per la tavola dei contenuti Giunta vuole rompere con la tradizione
tipografica precedente e impostare delle nuove, più efficienti e chiare regole anche per
la tavola dei contenuti.
Nuova è la “P” di “Proemium” capolettera, ma soprattutto, rispetto alle edizioni
che la precedono, fa un nuovo passo avanti per una presentazione più sistematica e
178
organica del contenuto. Soprattutto vengono ripensate le voci della tabula come si può
vedere dal confronto delle prime cinque voci che qui, per chiarezza di esposizione,
appongo. Tale ripensamento porta ad ingenerare degli errori nel testo latino della
tabula. Ad esempio è evidente che alla quinta voce qui apposta ci si è dimenticati la “a”
in Quæ sacerdotibus sunt suis subditis prædicanda.
edizioni 1579N, 1585S, 1585N, Giunta (1587)
Proœmium. Prœmium in quo exponuntur ea, quæ
duplicis ordinis sacerdotes scire & docere
subditum sibi populum debeant, & quae
cauere teneantur. car. 12
Vnde dicatur sacerdos, origo sacerdotij, et
officium sacerdotis. cap. 1
Cap. 1. Vnde dicatur sacerdos, & à quo
habuerunt origine(m), quodq(ue); illorum
sit officiu(m).
Doctrina et bona vita necessariæ sunt
sacerdoti. ca. 2
Cap. 2. Quam maximè sacerdotes decent,
& sana doctrina, & uitae integritas.
Quæ necessario scienda sunt a sacerdote.
c. 3
Cap. 3. Quæ nam scire oporteat
sacerdotes
Sacerdos parochialis debet suis subditis
prædicare. cap. 4
Cap. 4. Sacerdos parrochialis subditis suis
prædicare debet.
Quae sint prædicanda a sacerdotibus
plebibus suis. cap. 5
Cap. 5. Quæ sacerdotibus sunt suis
subditis prædicanda.
A partire dall’edizione di Guerra (1576) infatti, gli editori avavano cominciato ad
apporre, al termine di ogni voce dell’indice, il numero del capitolo che Alberto da
Castello aveva espresso, non nell’indice, ma all’interno del volume, accanto ad ogni
capitolo di ciascuna sezione o sottosezione in cui aveva suddiviso il testo
commettendo talvolta palesi errori di numerazione (o l’autore o l’editore). Giunta
anticipa l’indicazione del capitolo all’inizio della voce dell’indice. L’effetto diventa
quello di maggiore chiarezza che mette in evidenza ancor più la sistematicità
dell’opera.
È anch’essa impaginata in sei facciate come nell’edizione di Sessa e nelle edizioni
degli anni precedenti di Nicolini e Sessa e nelle edizioni precedenti di Giunta stesso.
179
L’incipit
L’inizio dell’opera porta come titolo
(in rosso) SACERDOTALE | (in nero) AD QVORVMCVNQVE | Sacerdotum vsum, animarum præcipue curam | gerentium, & ad varios Ecclesiæ ritus | nuper accommodatum. | (in rosso) In quo ea exponuntur quæ duplicis ordinis Sacerdotes scire, | et docere subditum sibi populum debeant, | et quæ cauere teneantur.
La «S» di «Salvator» quale capolettera è sostituita da
una «S» con motivi assai fioriti e rifiniti.
Tutto il testo comincia ad essere impaginato con un
carattere tipografico di stile romano, mostrando la
preferenza di Giunta per tale carattere con l’abbandono definitivo da parte sua del
carattere tipografico gotico.
L’impaginazione del contenuto
Oltre ad alcuni elementi formali circa l’impaginazione del foglio per un
reperimento più veloce dei contenuti l’edizione vede qualche novità significativa.
Circa l’impaginazione il testo del foglio (non della pagina) viene diviso idealmente
in sei parti con l’apposizione delle lettere A-B-C nel foglio recto e delle lettere D-E-F al
foglio verso.
Per quanto riguarda invece il
contenuto, nella prima parte
relativa ai sacramenti fa capolino
una serie di capitoli in una nuova
sezione dal titolo De confirmandis,
seu Chrismandis in fronte.
I capitoli relativi all’eucaristia
che Alberto da Castello aveva
intitolato tractatus eiusdem
particula secunda e che aveva giustapposto al termine dei capitoli relativi all’ufficio
divino (ed. 1523, ff. 109-113), ritornando così su questioni relative all’eucaristia,
vengono da Giunta scorporati e posti in una sezione a parte, successiva alle indicazioni
relative al breviario e al messale e intitolate Capita quædam de communione (Giunta
1587, ff. 126-133).
Confermazione: silografia introdotta da Giunta (1587) (f. 26v)
180
Le silografie che in tutte le
edizioni precedenti erano state poste
in corrispondenza degli inizi di una
certa serie di capitoli, sono quasi
generalmente omesse, salvo che
alcune eccezioni.
Spicca pertanto una nuova
silografia relativa al matrimonio in una
sezione relativa agli impedimenti
matrimoniali dove, rappresentando
come un albero con i suoi rami i rami
della parentela si vuole dare una
rappresentazione grafica a tali gradi di
parentela e ai relativi impedimenti.
Tale silografia deve avere
certamente colpito il vecchio Varisco il
quale, non pago delle proprie imprese di gioventù, si deve essere sentito quasi punto
sul vivo se, proprio l’anno successivo, tenterà di presentare la sua versione migliorata
del Sacerdotale facendo riprodurre un’imitazione della silografia introdotta da Giunta
nella presente edizione.
La silografia invece relativa alle esequie che vuole rappresentare graficamente le
esequie di un pontefice è stata riprodotta e confrontata con altre immagini analoghe
nella parte del capitolo dove si procede ad un confronto puntuale sulle singole
silografie relative ai riti delle esequie.
Le Rubriche del messale e quelle del breviario inerenti l’ufficio appaiono essere
quelle del concilio tridentino e sono riprese nella tabula per ben due volte.
L’esame e l’edizione del Liber sacerdotalis potrà identificare più precisamente le
addizioni di Giunta del 1587 già specificate nel retro del frontespizio, così come
quantificarne la mole.
Valutazione complessiva dell’edizione di Giunta del 1587
Potremmo intitolare l’edizione di Giunta del 1587 “anche i migliori possono
sbagliare”. Se infatti l’edizione intendeva essere fortemente innovativa,
nell’impostazione sobria del frontespizio, nella trasparenza circa i nuovi contenuti
introdotti e con innovazioni sia dal punto di vista tipografico e grafico sia dal punto di
vista contenutistico, l’errore di latino nel frontespizio sembra quasi imperdonabile.
Vincoli di parentela impedienti il matrimonio (f. 29v)
181
3.21. L’edizione del 1588 di Giovanni Varisco e Paganino de’ Paganini
Informazioni generali sull’edizione del 1588 e il titolo
L’edizione del 1588 venne stampata a Venezia da
Giovanni Varisco e Paganino de’ Paganini. Dalle
informazioni raccolte dall’Istituto Centrale per il Catalogo
Unico (Edit16),
Paganino Paganini il giovane, figlio di Alessandro e fratello di Gaspare, Orazio, Camillo e Scipione, era cognato di Giovanni Varisco, che aveva sposato sua sorella Marta. Fu in società anche con gli eredi di Varisco, i figli Giorgio e Marco.190
Il volume consta di 296 fogli per un totale di 592 pagine!
Abbiamo consultato il volume in google books191.
Il frontespizio
Il titolo del volume è (l’ho potuto consultare per il
momento solo in una edizione monocromatica e non posso
quindi stabilire quali sono i passaggi dal rosso al nero):
SACERDOTALE | SECUNDUM VSVM | S.R. ECCLESIÆ | Aliarumque Ecclesiarum, ex Apostolicæ bibliothecæ, Concilii Tridentini, ac | sanctorum patrum iurium sanctionibus, & Ecclesiasticorum Doctorum | scriptis, ad optatum commodum quorumcunque sacerdotum col|lectum: atque summorum Pont. auctoritate moltoties appro|batu(m), omni nuper diligentia emendatum & auctum | In quo, non solum omnium Sacramentorum, quæ a sacerdotibus fieri possunt, | officia: verum
etiam Resolutiones omnium dubiorum ad ea pertinentium, | & excommunicationum Canones, cum breui illarum & absoluta | declaratione ex sacris doctoribus collecta, multaque alia sa|cerdotibus valde vtilia ac necessaria continentur. | In computo autem Ecclesiastico permulta sunt addita, ex kalendario Gregoriano | desumpta. Vt patet intuenti indicem proxime sequentem.
L’uso della silografia già utilizzata da Varisco e soci nelle edizioni degli anni 1560
e seguenti conferma che ci si trova di fronte ad un’edizione di Varisco che vuole
ricomparire sulla scena editoriale del Sacerdotale che però egli vuole continuare a
chiamare semplicemente Sacerdotale secundum usum s.r. ecclesiae e non Sacerdotale
romanum.
190
http://edit16.iccu.sbn.it/scripts/iccu_ext2.dll?fn=13&i=285 consultato in data 19 dicembre 2011. 191
http://books.google.it/books?id=34w8AAAAcAAJ letto in data 16 giugno 2012.
Frontespizio dell’edizione di Varisco e de’ Paganini
182
La «Tabula» o indice dell’opera
Quasi spronato dall’edizione del Giunta dell’anno precedente il Varisco vuole
superarlo quanto a stile e sostituisce la “P” del “proemio” con una silografia
ricercatissima e rifinitissima.
Per il resto tiene l’impaginato sui tipi gotici tradizionali disponendolo però su
duplice colonna.
L’incipit
Presenta una decorazione ricchissima ed assai
elaborata fatta per colpire l’occhio del lettore. Si
discosta assai da tutte le edizioni precedenti, anche
del Varisco stesso.
L’inizio dell’opera porta come titolo
(in rosso) SACERDOTALE | (in nero) AD
QVORVMCVNQVE | (in rosso) Sacerdotum vsum,
animarum præci|pue curam gerentium, & ad
va|rios Ecclesiæ ritus nuper | accommodatum. | (in
nero) IN QUO EA EXPONUNTUR | quæ duplicis
ordinis Sacerdotes sci|re, et docere subditum sibi
po|pulum debeant, | et quæ ca|uere teneantur.
L’impaginazione del contenuto
Il testo viene impaginato in uno specchio di pagina apparentemente più largo
(anche se non sono riuscito a prendere le misure avendolo consultato in edizione
elettronica) e sicuramente più lungo dove il Varisco e il Paganini cercano di impaginare
con 42 righe per pagina.
L’effetto diventa una sensibile diminuzione delle pagine.
183
Diversi elementi ci
inducono a considerare la
presente edizione di Varisco
e di de’ Paganini un’edizione
di risposta all’edizione di
Giunta. Ciò si può notare
dalla sezione relativa al
sacramento della
confermazione che era stata
introdotta da Giunta nel
1587 e che non c’è nelle
edizioni precedenti. Varisco e
de’ Paganini procedono
inoltre a fare realizzare
l’imitazione della silografia
relativa agli impedimenti di
matrimonio e che vanno
esplicando con la scritta arbor consanguinitatis e la introducono in corrispondenza al
testo accanto al quale Giunta aveva introdotto la propria.
La presente edizione ha tenuto conto di una certa serie di scelte editoriali e
iconografiche dell’edizione di Giunta del 1587 anche se, per i soggetti iconografici e le
silografie, si colloca in continuità con l’edizione di Varisco e soci del 1564 e 1569.
Valutazione complessiva dell’edizione di Varisco e di de’ Paganini del 1588
L’edizione di Varisco e del cognato de’ Paganini si può quasi classificare quale
«edizione di risposta» all’edizione di Giunta dell’anno precedente. Le novità grafiche e
silografiche di Giunta hanno certamente fatto «risentire» Varisco e lo hanno stimolato
a volere offrire la propria edizione cercando di migliorarla graficamente nel modo più
esagerato possibile per potere mostrare di essere un maestro al quale non si possono
dare lezioni di tipografia. L’estrema suscettibilità di Varisco dimostrata già nelle
edizioni del 1560 e del 1569 dimostra chiaramente che l’ormai vecchio editore aveva
accusato il colpo.
Albero della consanguineità (f. 23v)
184
3.22. L’edizione del 1596 di Giovanni Battista e Giovanni Bernardo Sessa
Informazioni generali sull’edizione del 1596 e il titolo
L’edizione del 1596 venne stampata a Venezia da Giovanni
Battista e Giovanni Bernardo Sessa.
Circa Giovanni Battista Sessa e i fratelli vedi le notizie
riguardanti i fratelli Sessa riportate a proposito dell’edizione del
1579192.
Il volume, che abbiamo consultato presso la biblioteca del convento
dell’Osservanza di Bologna dei frati minori dell’Emilia-Romagna, consta di 376 fogli per
un totale di 752 pagine. Lo specchio di stampa misura cm 17,7-18,0x11,5-11,7.
Il frontespizio
Il titolo del volume è:
SACERDOTALE | ROMANUM | AD CONSUETUDINEM S. R. ECCLESIÆ | aliarumq(ue); Ecclesiarum ex Apostolicæ bibliothecæ, ac Sancto|rum Patrum iurium sanctionibus, & Ecclesiasticorum | Doctorum scriptis, ad optatum quorumcunq(ue) | Sacerdotum commodum, collectum: | ATQUE SUMMORUM PONTIFICUM | authoritate moltoties approbatum. | Summa nuper cura iuxta S. TRIDENTINI CONCILII | Sanctiones emendatum, & auctum. | In quo
omnium Sacramentorum officia, resolutionesq(ue) omnium dubiorum ad ea | pertinentium, excommunicationum Canones, cum breui illarum et abso|luta declaratione ex sacris Doctoribus collecta, continentur. | Quibus etiam Rubricae generales tum Missalis, tum Breuiarij Noui, multaque alia | Sacerdotibus valde utilia, ac necessaria, sunt addita: quæ in alijs | hactenus impressis desiderabantur.
La «Tabula» o indice dell’opera
Sia salti pagina che numeri di pagina sono identici all’edizione del 1585 tuttavia si
notano dei ritocchi sia per quanto riguarda il capolettera, sia con l’introduzione di
qualche dittongo quasi per rimanere in uno specchio di pagina leggermente più
ristretto senza dovere procedere alla reimpaginazione di tutto l’indice.
192
Cf. nota 182 p. 56.
185
L’incipit
Il titolo è il seguente
(in rosso) SACERDOTALE | (in nero) AD VSVM SACERDOTIS | (in rosso) ANIMARVM CVRAM GERENTIS, | ad varios Ecclesiæ ritus accommodatum. (in nero) PROOEMIUM
L’impaginazione del contenuto
L’impaginato soprattutto per numero di pagina e salti
pagina sembra riflettere l’edizione del 1585 alla quale sono
stati cambiati tutti i capilettera in stile gotico apponendo dei
capilettera in stile romano.
Anche altri capilettera fioriti in stile romano che erano
presenti nell’edizione del 1585 vengono cambiati.
Alcuni errori di numerazione delle pagine ci permettono di stabilire la parentela
delle edizioni. Innanzitutto gli errori di numerazione delle pagine 305-313 ci
permettono di individuare con certezza una parentela della presente edizione con
quella di Sessa e Nicolini del 1585, con Sessa del 1580, di Nicolini del 1579.
L’errore di numerazione della pagina 128 (segnata come 120) e similmente
l’errore di numerazione della pagina 191 (segnata come 185) compaiono nell’edizione
di Giunta e Nicolini del 1585. Invece gli errori di numerazione delle pagine 193 (segnata
come 393), 231 (che al posto dell’1 lascia intravvedere uno sgorbio), 282 (segnata
come 228), 327 (segnata come 329) sono cominciati a comparire solamente
nell’edizione di Nicolini del 1585.
Similmente il riallineamento della numerazione delle pagine che avviene a
partire dalla pagina 369 (che fino all’edizione di Giunta del 1585 era numerata 367)
riflette la correzione apportata già nell’edizione di Nicolini del 1585.
Valutazione complessiva dell’edizione di Sessa del 1596
È un’edizione che riflette in modo preponderante l’edizione di Nicolini del 1585
con tutti i suoi errori.
186
3.23. L’edizione del 1597 di Giovanni Battista e Giovanni Bernardo Sessa
Informazioni generali sull’edizione del 1597 e il titolo
L’edizione del 1597 venne stampata a Venezia da Giovanni
Battista e Giovanni Bernardo Sessa.
Circa Giovanni Battista Sessa e i fratelli vedi le notizie
riguardanti i fratelli Sessa riportate a proposito dell’edizione del
1579193.
Il volume consta di 376 fogli per un totale di 750 pagine.
Abbiamo consultato il volume custodito presso la Bayerische StaatsBibliothek di
Monaco nella versione digitale.
Il frontespizio
Il titolo del volume del frontespizio è:
(in rosso) SACERDOTALE | (in nero) ROMANUM | (in rosso) AD CONSUETUDINEM S. R. ECCLESIÆ | aliarumq(ue) Ecclesiarum ex Apostolicæ Bibliothecæ, ac Sancto|rum Patrum iurium sanctionibus, & Ecclesiasticorum | Doctorum scriptis, ad optatum quorumcunq(ue) | Sacerdotum commodum, collectum: | (in rosso) ATQUE SUMMORUM PONTIFICUM | authoritate moltoties approbatum: | (in nero) Summa nuper cura iuxta S. TRIDENTINI CONCILII | Sanctiones emendatum & auctum. | (in rosso) In quo omnium Sacramentorum officia, resolutionesq(ue) omnium
dubiorum ad ea | pertinentium, exommunicationum Canones, cum breui illarum et abso|luta declaratione ex sacris Doctoribus collecta, continentur. | (in nero) Quibus etiam Rubricae generales tum Missalis, tum Breuiarij Noui, multaq(ue) alia | Sacerdotibus valde utilia, ac necessaria, sunt addita: quæ in alijs | hactenus impressis desiderabantur.
La «Tabula» o indice dell’opera
Sia salti pagina che numeri di pagina sono identici all’edizione del 1596 al punto
che si potrebbe pensare alla medesima stampa.
193
Cf. nota 182 p. 56.
187
L’incipit
Il titolo è il seguente (i passaggi dal rosso al nero li
ipotizzo a partire dalla consultazione della copia in scala di grigi
che ho consultata).
(in rosso) SACERDOTALE | (in nero) AD VSVM SACERDOTIS | (in rosso) ANIMARVM CVRAM GERENTIS, | ad varios Ecclesiæ ritus accommodatum. (in nero) PROOEMIUM
Come si vede, nulla di modificato rispetto all’edizione
dell’anno precedente e ad altre alle quali il volume si
avvicinava.
L’impaginazione del contenuto
L’impaginato soprattutto per numero di pagina e salti pagina sembra riflettere
l’edizione del 1596 in tutto e per tutto al punto da fare pensare ad una medesima
stampa.
Un errore evidente nella numerazione dei fogli 305-313 ci permette di
individuare con certezza una parentela della presente edizione con quella di Sessa del
1596, di Sessa e di Nicolini del 1585, con quella di Sessa del 1580, di Nicolini del 1579.
Valutazione complessiva dell’edizione di Sessa del 1597
È un’edizione che riflette in tutto e per tutto l’edizione di Sessa dell’anno
precedente.
3.24. L’edizione del 1603 di Nicolò Polo
Informazioni generali sull’edizione del 1603 e il titolo
L’edizione del 1603 venne stampata a Venezia per i tipi di
Nicolò Polo.
Stando all’ICCU Nicolò Polo fu
Tipografo attivo a Venezia, fratello di Girolamo. Lavorò anche in società con il fratello e nel 1610 con Francesco Rampazetto il giovane.194
L’ICCU indica come date della sua attività gli anni 1590-1614.
194
http://edit16.iccu.sbn.it/web_iccu/imain.htm alla voce dell’editore “Polo, Niccolò” letto in data 16
feb 2012.
188
Il volume del Sacerdotale da lui edito consta di 372 fogli per un totale di 744
pagine.
Abbiamo reperito il volume in google books195.
Il Frontespizio
Il titolo del volume è:
SACERDOTALE | ROMANUM | AD CONSUETUDINEM S. R. ECCLESIÆ | aliarumq(ue) Ecclesiarum ex Apostolicæ Bibliothecæ, ac Sancto|rum Patrum iurium sanctionibus, & Ecclesiasticorum Do|ctorum scriptis, ad optatum quorumcunq(ue) Sacer|dotum commodum, collectum: | ATQUE SUMMORUM PONTIFICUM | Authoritate moltoties approbatum: | Summa nuper cura iuxta S. TRIDENTINI CONCILII | Sanctiones emendatum & auctum. | In quo omnium Sacramentorum officia, resolutionesq(ue) omnium
dubiorum ad ea | pertinentium, exommunicationum Canones, cum breui illarum et abso|luta declaratione ex sacris Doctoribus collecta, continentur. | Quibus etiam Rubricae Generales tum Missalis, tum Breuiarij Noui, multaq(ue) alia | Sacerdotibus valde utilia, ac necessaria, sunt addita: quæ in alijs | hactenus impressis desiderabantur.
Un piccolo salto a capo (nel Sanctorum) del titolo mostra che, rispetto all’edizione di Sessa del 1596-1597, anche se sembra che nulla sia cambiato, c’è stata una leggerissima modifica.
La «Tabula» o indice dell’opera
Viene reimpostata già dalla seconda pagina la tabula, con diverse piccole
modifiche.
Si omette qualche lettera nell’abbreviazione “c.” al posto di “cap.” e si cambia
immancabilmente il capolettera “P” del “Prooemium” nel primo foglio.
I titoli delle diverse sezioni vengono posti in italico, staccati dal resto del testo
prima e dopo per una migliore leggibilità.
Non viene toccata la scelta ormai consueta di disporre la tabula in 6 pagine (3
fogli) ma l’introduzione dei titoli in italico, più spaziati, porta a non avere spazio bianco
alla fine della tavola.
195
http://books.google.it/books?id=M49IAAAAcAAJ.
189
L’incipit
L’impaginazione del contenuto
Sembra che non si sia voluto variare il numero di righe per
ogni pagina, e che però si sia voluto allargare lo specchio di
pagina di qualche millimetro con l’effetto di potere spaziare
meglio alcune righe che risultavano nelle precedenti edizioni un
po’ compresse.
Un errore evidente nella numerazione dei fogli 305-313 ci
permette di individuare con certezza una parentela della
presente edizione con quella di Sessa del 1597, 1596, 1585, 1580; di Nicolini del 1585 e
1579; con quella dei Guerra del 1576.
Come nell’edizione di Guerra del 1576 per recuperare il numero reale del foglio,
dopo il foglio 367 si salta subito al foglio 370 per recuperare i due numeri di scarto che
sussistevano tra i numero reale del foglio e quello stampigliato. Si omettono perciò i
numeri di foglio 368 e 369 che così finiscono per non esistere.
foglio reale 305 306 307 308 309 310 311 312 313 314 315 (...) 369 370
stampato 305 306 305 306 307 308 311 312 311 312 313 (...) 367 370
Le note gregoriane sono di forma curva e sembrano identiche alla notazione
gregoriana usata da Sessa nell’impaginato del 1585 e del 1580, da Giunta e Niccolino
nel 1579 e Guerra nel 1576.
L’errore di numerazione del foglio 315 (cioè il foglio successivo a quello
numerato 314 ma che è evidentemente numerato erroneamente per i motivi
suesposti) che è numerato erroneamente con il numero 15, ci rimanda direttamente
all’edizione di Guerra del 1576.
Per la presente edizione di Polo il quadro sembra non tornare. Infatti i dati
riguardanti l’esame del contenuto, dalla pagina dell’«incipit» fino all’ultima pagina
sembrano usciti dalle stesse presse, con i medesimi errori di numerazione, e, per ciò
che riguarda le silografie, le stesse scelte di Guerra (1576). Sembra quasi che dopo i
diversi cambiamenti di abbinamento silografia/testo effettuati da Nicolini, Sessa,
Giunta e ai quali Guerra ha «trasmesso» e quasi «fatto ereditare» gli errori di
numerazione pagina nelle pagine 305-312 e successive, Polo voglia riprodurre il
Sacerdotale esattamente come quello di Guerra, con i medesimi errori nella
numerazione delle pagine!!!196
196
Circa il confronto tra le edizioni fatto su diversi criteri: tabula contentorum, silografie, notazione
gregoriana, errori di numerazione delle pagine, ecc... vedi oltre nel capitolo.
190
Se i due file in formato digitale che ho reperito in google books non sono
ingannevoli e non riflettono parzialmente le medesime immagini (essendo stati
digitalizzati da copie conservate presso la Bayerische Staatsbibliotek), l’unica
spiegazione che mi dò pertanto è la seguente. Nicolò Polo che ha a disposizione un
certo numero di copie del Sacerdotale stampate anni prima da Guerra, dal momento
che l’«incipit» dell’opera iniziava esattamente all’inizio del secondo quaderno,
provvede a stampare esclusivamente il primo quaderno con nuovo frontespizio con
annessa la propria marca tipografica, nuova tabula contentorum e fa rilegare il tutto.
Solo così è spiegabile l’edizione di Polo nella versione digitale di Google books.
Valutazione complessiva dell’edizione di Polo del 1603
È la composizione di una nuova edizione a partire dall’edizione di Guerra. Si
produce un nuovo primo quaderno – contentente un nuovo frontespizio e una nuova
tabula contentorum – che viene sostituito al primo quaderno dell’edizione di Guerra
del 1576.
191
3.25. Sguardo complessivo e confronto tra le silografie della prima edizione e le successive
Edizioni
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cale
z) la
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usi
cale
1.1523 Sessa-Ravani Aa Ax Ab Ac Ad Ae Ad Ag Ah Ai Aj Ak Am An Ao Ap Aq Ar As At Au Au Av Aw Av Ay Az
2.1537 V. Ravani Aa – Ab Ac Ad Ae Ad Ag Ah Ai Aj Ak Am An Ao Ap Aq Ar As At Au Au Av Aw Av Ay Az
3.1548 eredi Ravani Aa – Ab Ac Ad Ae Ad Ag Ah Ai Aj Ak Am An Ao Ap Aq Ar As At Au Au Av Aw Av Ay Az
4.1554 eredi Ravani Aa – Ab Ac Ad Ae Ad Ag Ah Ai Aj Ak Bo An Ao Ap Aq Ar As Bl Au Au Av Aw Av Ay Az
5.1555 Bosello Ba – Bf Ac2 Bd Be Bd Bg Bh Bi Bj Bk Co Bn Bo Bp Bq Br Bs Ct Bu Bu Bv Bw Bv By Bz
6.1559 Bosello Ba – Bf Ac2 Bd Be Bd Bg Bh Bi Bj Bk Co Bn Bo Bp Bq Br Bs Ct Bu Bu Bv Bw Bv By Bz
7.1560 Varisco Ba – Ab Ac Ad Ae Ad Ag Ah Ai Aj Ak Bo An Ao Ap Aq Ar As Bl Au Au Av Aw Av Ay Az
8.1564 Varisco e soci Ba – Ab Ac Bd Be Bd Bg Bh Bi Bj Bk Dm Cn Co Bp Bq Br Bs Ct Bu Bu Bv Bw Bv By Bz
9.1567 Lichtenstein Ba2 – – A? Bd2 Be2 Bd2 Bg2 Bh2 Bi2 Bj2 Bk2 Co2 Bn2 Bo2 Bp2 Bq2 Br2 Bs2 Ct2 Bu2 Bu2 Bv2 Bw2 Bv2 Cy Cz
10.1569 Varisco &soci
Ba – Ab Ac Bd Be Bd Bg Bh Bi Bj Bk Dm Cn Co Bp Bq Br Bs Ct Cd Bu Av Bw Av By Bz
11.1576 Guerra C – – B Cd Ce Cd Cg Ch Cq Cr Ck Er Dk Do Cp – Cr Cs Dr Dd Cd – Cw – Dy Dz
12.1578 Nicolini D – – Cc Cd Dd Cd Dg Ch Cq Cr Dk Er Ek Do Dp – Cr Cs Dr Dd Cd – Cw – Dy Dz
13.1579 Nicolini M – – Cc Cd Dd Cd Dg Ch Cq Cr Dk Er Ek Do Dp – Cr Cs Dr Ed Dd – Cw – Dy Dz
14.1579 Giunta M – – Cc Cd Dd Cd Dg Ch Cq Cr Dk Er Ek Do Dp – Cr Cs Dr Ed Dd – Cw – Dy Dz
15.1579 Sessa E – – Cc Cd Dd Cd Dg Ch Cq Cr Dk Er Ek Do Dp – Cr Cs Dr Ed Dd – Cw – Dy Dz
16.1580 Sessa E – – Cc Cd Dd Cd Dg Ch Cq Cr Dk Er Ek Do Dp – Cr Cs Dr Ed Dd – Cw – Dy Dz
17.1585 Sessa M – – Cc Cd Dd Cd Dg Ch Cq Cr Dk Er Ek Do Dp – Cr Cs Dr Ed Dd – Cw – Dy Dz
18.1585 Giunta M – – Cc Dd Ed Dd Dg Dh Dq Cr Dk Er Ek Do Dp – Cr Cs Dr Dd Cd – Cw – Dy Dz
19.1585 Nicolini M – – Cc Dd Ed Dd Dg Dh Dq Cr Dk Er Ek Do Dp – Cr Cs Dr Ed E – D – Dy Dz
20.1587 Giunta F – – D – – – – – – – – – – – Ep – – Ds – – – – – – Ey Ez
21.1588 Varisco Paganini
M – – E Bd Be Bd Bg Bh – Bj Bk Co Fk Eo F Cp Br Bs Ct Cd – – Bw – By Bz
22.1596 Sessa M – – Cc Dd Ed Dd Dg Dh Dq Cr Dk Er Ek Do Dp – Cr Cs Dr Ed E – D – Dy Dz
23.1597 Sessa M – – Cc Dd Ed Dd Dg Dh Dq Cr Dk Er Ek Do Dp – Cr Cs Dr Ed E – D – Dy Dz
24.1603 Polo M – – B Cd Ce Cd Cg Ch Cq Cr Ck Er Dk Do Cp – Cr Cs Dr Dd Cd – Cw – Dy Dz
Esplicazioni
Con la lettera maiuscola abbiamo voluto indicare la tipologia dell’immagine per
potere apprezzare le differenze da edizione a edizione. Per questo le lettere maiuscole
aiutano ad una lettura dall’alto verso il basso per rendersi conto, in uno sguardo
diacronico, quali sono innovative dal punto di vista artistico e silografico e quali invece
si limitano a riutilizzare le silografie di una precedente edizione. Ad esempio si può
192
apprezzare il fatto che l’edizione di Bosello del 1555 è fortemente innovativa nella
maggior parte delle silografie.
Con la lettera minuscola invece si può apprezzare l’utilizzo della silografia
all’interno della medesima edizione dal momento che abbiamo indicato ciascuna
silografia con una lettera minuscola. Diventa evidente pertanto la scelta dell'editore di
riutilizzare una silografia rimpiazzandone un’altra. Ad esempio Boselli invece di fare
riprodurre una silografia con il soggetto del Cristo che intercede presso il Padre
riutilizza due volte la medesima silografia della vergine che intercede presso il Cristo.
Con il “2” in esponente abbiamo indicato se si tratta di imitazione.
Ecco la lista delle silografie:
a) silografia del frontespizio
b) profeti e apostoli;
c) Salvator noster;
d) de triplici baptismo et eius efficacia il battesimo dei bambini;
e) ordo baptizandi vulgatus;
f) ordo ad cathecumenum faciendum;
g) qui sit matrimonium;
h) de exhortatione facienda sponso;
i) benedictio sponsae;
j) ordo benedictionis mulieris post partum;
k) paenitentia quid sit et quotuplex sit;
l) la sepoltura di Cristo (nelle edizioni del 1554 e 1560)
m) canones paenitentiales antiqui;
n) de forma absolvendi ab excommunicatione maiori;
o) qualiter se habere debet sacerdos in suscipienda confessionem infirmi;
p) de sacramento eucharistiae;
q) ordo missae Johannis Brocardi;
r) de sacramento extremae unctionis;
s) clerici defuncti officium sepolturae;
t) missa in agenda pro mortuis;
u) benedicere seu benedictio; exorcismum salis;
v) hic dividat aquam in quatuor;
w) de processionibus faciendis;
x) la gloria della Trinità (è solo nell’edizione del 1523 nelle pagine dell’incipit);
y) Compendium musice. Proprietas in musica: la mano musicale;
193
z) Compendium musice. Quisquis ad canendi scientia erudiendus: la scala
musicale.
a) Silografia del frontespizio
La silografia del frontespizio certamente non è significativa ai fini della
comparazione di un’edizione con le altre se non perché la presenza della medesima
silografia stabilisce una certa continuità tra una impressione tipografica e l’altra,
almeno una continuità materiale della disponibilità delle medesime silografie da parte
dell’editore o dello stampatore.
La prima silografia ci dice la continuità della bottega Ravani (1523 Pietro Ravani;
1537 Vittore Ravani; 1548 e 1554 eredi di Pietro Ravani e soci; abbiamo indicato tale
silografia nella tabella di comparazione con la lettera “A”).
La seconda silografia (tipo B) ci informa di una certa continuità tra la bottega di
Bosello (1555, 1559) e quella di Varisco (1560, 1564, 1569) e di Lichtenstein (1567).
Successivamente all’edizione di Lichtenstein solo qualche altro editore metterà
qualche silografia diversa (1576 Guerra “C”; Nicolini 1578 “D”; 1580 Sessa “E”, 1587
Giunta “F”).
Gli altri editori preferiscono lasciare in grandi caratteri tipografici generalmente
rossi la scritta SACERDOTALE e introducono spesso nel frontespizio, in posizione bassa,
la silografia della marca tipografica.
b) Profeti e apostoli
Caratterizza le edizioni di Sessa-Ravani e successivamente quelle attribuibili al
Varisco, ma va progressivamente perdendosi già con Boselli (1555 e 1559) e
definitivamente con Guerra (1576). Anche quando Varisco tornerà ad editare il testo
sostituirà tali silografie che dovevano essere figurativamente e qualitativamente
parlando già superate.
Confronto tra le silografie utilizzate nei frontespizi del Sacerdotale
194
c) «Salvator noster»: silografia di Cristo nell’«incipit»197
Un altro importante elemento di raffronto è dato dalla silografia dell’incipit.
Si può notare che la silografia del Cristo benedicente dell’edizione originaria (A),
“resiste” non solo nelle edizioni riconducibili ai Ravani, ma anche nelle edizioni di
Bosello (con copie ben fatte) e di Varisco.
L’edizione dei Guerra nel 1576 sembra indicare una scelta diversa o, ipotizzo, il
tentativo di stampare il testo indipendentemente dai Ravani e dal Varisco che dei
Ravani aveva ereditato anche la marca tipografica, cioè la sirena bicaudata. La
presenza del medesimo capolettera (B) ci aiuta a stabilire un certo rapporto tra
l’edizione dei Guerra e l’edizione di Polo di poco meno di trent’anni successiva.
La scelta successiva (C) che si impone con l’edizione di Niccolino del 1578 è
quella del Cristo in orazione. L’uso di tale silografia/capolettera così ci permette,
insieme ad altri elementi dell’impaginato, di stabilire un rapporto tra tale edizione e
quella di Giunta del medesimo anno, poi con quella di Sessa del 1580, di Giunta e
Nicolini del 1585, di Sessa del 1596 e 1597.
Del tutto fuori dalle scelte consuete le scelte editoriali di Giunta del 1587 (D) e di
Varisco e Paganino de’ Paganini nel 1588 (E).
d) «De triplici baptismo et eius efficacia»: silografia del battesimo198
Il capitolo delle silografie richiederebbe un capitolo a parte che mi riservo di
approfondire in uno studio ulteriore. Qui procedo per una semplice comparazione tra
le edizioni senza alcun esame stilistico né tantomeno in rapporto allo sviluppo della
silografia nella stampa, particolarmente nel secolo XVI.
La silografia relativa al battesimo dei bambini fin dalle prime edizioni viene
utilizzata almeno due volte: la prima all’inizio del trattato sul battesimo («de triplici
197
In tutte le edizioni tale silografia si trova al foglio 1r. 198
1523: 10v; 1537: 10r; 1548: 10r; 1554: 9v; 1555: 9r; 1559: 9r; 1560: 9v; 1564: 9v; 1567: 9r; 1569:
9v; 1576: 9v; 1578: 9v; 1579N: 9v; 1579G: 9v; 1579S: 9v; 1580: 9v; 1585S: 9v; 1585G: 9v; 1585N: 9v; 1587: –; 1588: 7v; 1596: 9v; 1597: 9v; 1603: 9v.
195
baptismo et eius efficacia») e successivamente relativamente al battesimo dei bambini
(«Ordo ad cathecumenum faciendum»).
Dunque, nelle ventiquattro edizioni da me consultate, all’inizio del trattato
riguardante il de triplici baptismo et eius efficacia vengono utilizzate quattro silografie
in tutto che ho definito con lettere dell’alfabeto: A, B, C, D.
La silografia di tipo “A” ha forti somiglianze con alcune altre silografie del volume
del 1523 e con qualche pubblicazione coeva dello stesso editore, ma non ho qui né il
tempo né le piene competenze per addentrarmi in tale analisi.
Faccio notare che il Varisco, dopo l’utilizzo della silografia di tipo “B” da parte di
Bosello, ritorna alla vecchia silografia di tipo “A” nella sua edizione del 1560 per
tornare sui suoi passi nell’edizione del 1564, essendo venuto nella disponibilità delle
silografie del Boselli, come abbiamo visto a proposito della sua edizione del 1564,
anche se non sappiamo come. Continuerà perciò la medesima scelta, quella del
cambiamento con l’utilizzo della silografia di tipo “B”, nell’edizione del 1569 e anche in
quella del 1588. Questo elemento è uno degli elementi che conferma una continuità,
pur se nella discontinuità, tra le edizioni di Bosello e Varisco del 1564. L’uso della
silografia “B” da parte di Lichtestein abbiamo già visto trattarsi di imitazione.
Faccio notare poi che, a parte l’edizione di Giunta del 1587 che fa capitolo a sé,
gran parte delle altre edizioni riconducibili all’edizione dei Guerra del 1576 utilizzano
una nuova silografia che ho chiamato “C” con una composizione molto più “plastica”
della scena di battesimo. Nicolini e Giunta nel 1585 e Sessa nelle edizioni del 1596 e
1597 variano ulteriormente con un’altra silografia ancora.
e) «Ordo baptizandi vulgatus et iam diu impressus»: battesimo di Cristo al Giordano 199
Nella sezione che riporta Ordo baptizandi vulgatus et iam diu impressus
secundum usum sanctae Romanae Ecclesiae il da Castello aveva collocato una
199
1523: 15v; 1537: 14v; 1548: 14v; 1554: 14r; 1555: 13r; 1559: 13r; 1560: 14r; 1564: 14r; 1567: 13r;
1569: 14r; 1576: 14r; 1578: 14r; 1579N: 14r; 1579G: 14r; 1579S: 14r; 1580: 14r; 1585S: 14r; 1585G: 14r; 1585N: 14r; 1587: –; 1588: 11r; 1596: 14r; 1597: 14r; 1603: 14r.
Silografie del battesimo a confronto
196
silografia del battesimo di Cristo al Giordano. Silografie con il medesimo soggetto si
manterranno fino all’edizione dei Guerra che decideranno di utilizzare la medesima
silografia usata precedentemente e di seguito a proposito del battesimo dei bambini.
La discontinuità nel soggetto iconografico è stabilita da Nicolini con l’edizione del
1578. Le tre edizioni del 1579 di Nicolini, Giunta e Sessa che erano pressoché
identiche, vedono invece nel 1585 una serie di differenze anche iconografiche scelte
da Giunta e Nicolini, con la decisione di utilizzare una nuova silografia al posto della
vecchia usata da Sessa. Lo stesso Sessa si adeguerà a tale scelta con le sue due edizioni
del 1596 e 1597.
f) «Ordo ad cathecvmenvm faciendvm»: il battesimo dei bambini200
Nella sezione nella quale il da Castello riportava l’Ordo ad cathecuminum
faciendum et baptizandum puerum masculum secundum consuetudinem Sacre
Romane ecclesie habitus ex libro quo utitur Sanctissimus dominus noster papa in divinis
si riutilizzava la silografia del battesimo dei bambini già utilizzata precedentemente.
La scelta degli editori non si discosta da quella fatta precedentemente.
200
1523: 19r; 1537: 18r; 1548: 18r; 1554: 17r; 1555: 16r; 1559: 16r; 1560: 17r; 1564: 17r; 1567: 16r;
1569: 17r; 1576: 17r; 1578: 17r; 1579N: 17r; 1579G: 17r; 1579S: 17r; 1580: 17r; 1585S: 17r; 1585G: 17r; 1585N: 17r; 1587: 17r –; 1588: 13v; 1596: 17r; 1597: 17r; 1603: 17r.
Silografie del battesimo di Cristo a confronto
197
g) «Quid sit Matrimonium et qualiter contrahatur legitime»: il matrimonio 201
Nella sezione relativa al matrimonio, quid sit matrimonium et qualiter
contrahatur legitime, viene collocata da tutti gli editori una silografia rappresentante la
celebrazione di un matrimonio. Fa eccezione il Giunta che, nella sua edizione del 1587,
opta per editare un testo con poche silografie ma con grande eleganza compositiva.
In tutte le silografie emerge un sacerdote al centro della scena, segno che ben
prima del Concilio di Trento ci si orientava a celebrare il matrimonio davanti al
sacerdote in via ordinaria.
Viene confermato il legame tra l’edizione dei fratelli Guerra (1576) e quella di
Polo (1603), così come il legame tra le edizioni di Nicolini, Giunta e Sessa che usano la
medesima silografia.
h) «De exhortatione et admonitione facienda sponso et sponsae per sacerdotem»:
sposalizio della vergine202
In occasione della sezione relativa al De exhortatione et admonitione facienda
sponso et sponsae per sacerdotem viene raffigurato lo sposalizio della Vergine, per lo
meno dalle edizioni di Sessa-Ravani (A) fino alle edizioni di Bosello e Varisco del 1569 e
del 1588 con una nuova tipologia nella quale tuttavia è sempre messo in evidenza un
201
1523: 30r; 1537: 28v; 1548: 28v; 1554: 27r; 1555: 25v; 1559: 25v; 1560: 27r; 1564: 27r; 1567: 25v2;
1569: 26v; 1576: 26v; 1578: 26v; 1579N: 26v; 1579G: 26v; 1579S: 26v; 1580: 26v; 1585S: 26v; 1585G: 26v; 1585N: 26v; 1587: –; 1588: 22r; 1596: 26v; 1597: 26v; 1603: 26v.
202 1523: 33v; 1537: 31v; 1548: 31v; 1554: 30r; 1555: 28v; 1559: 28v; 1560: 30r; 1564: 30r; 1567: 28v;
1569: 30r; 1576: 30r; 1578: 30r; 1579N: 30r; 1579G: 30r; 1579S: 30r; 1580: 30r; 1585S: 30r; 1585G: 30r; 1585N: 30r; 1587: –; 1588: 25r; 1596: 30r; 1597: 30r; 1603: 30r.
198
pontefice con il suo caratteristico copricapo (B). Nelle altre edizioni si predilige
riutilizzare la silografia del matrimonio già precedentemente usata e ancor più
attinente alla materia all’inizio della quale è collocata (C e D).
i) «Benedictio sponsae»: le nozze di Cana 203
In occasione della sezione relativa alla benedictio sponsae sono raffigurate
nell’edizione originaria di Sessa-Ravani le nozze di Cana (A). Similmente anche Bosello
che rinnova l’apparato silografico e ugualmente il Varisco del 1569 e del 1588 (B)
mantengono tale soggetto.
Nelle altre edizioni invece si predilige riutilizzare la silografia dell’ultima cena,
optando per un’immagine nella quale Gesù è sì a mensa, ma non alla mensa di un
matrimonio (C e D) o, forse, considerando il banchetto dell’ultima cena quale vero
banchetto nuziale.
j) «Ordo benedictionis mulieris post partum»: natività di Giovanni Battista 204
203
1523: 36r; 1537: 34r; 1548: 34r (stampato erroneamente con n° 24); 1554: 32v; 1555: 30v; 1559:
30v; 1560: 32v; 1564: 32v; 1567: 30v; 1569: 32v; 1576: 32v; 1578: 32v; 1579N: 32v; 1579G: 32v; 1579S: 32v; 1580: 32v; 1585S: 32v; 1585G: 32v; 1585N: 32v; 1587: 34r –; 1588: 27r –; 1596: 32v; 1597: 32v; 1603: 32v.
204 1523: 41r; 1537: 39r; 1548: 39r; 1554: 37r; 1555: 35r; 1559: 35r; 1560: 37r; 1564: 37r; 1567: 35r;
1569: 37r; 1576: 37v; 1578: 37v; 1579N: 37v; 1579G: 37v; 1579S: 37v; 1580: 37v; 1585S: 37v; 1585G: 37v; 1585N: 37v; 1587: 38v –; 1588: 30v; 1596: 37v; 1597: 37v; 1603: 37v.
199
In occasione della sezione relativa all’ordo benedictionis mulieris post partum in
domo è raffigurata nell’edizione originaria di Sessa-Ravani la natività del Battista che il
da Castello aveva riutilizzato dal suo Rosario (A). Similmente anche Boselli che rinnova
l’apparato silografico e ugualmente il Varisco del 1569 e del 1588 (B) mantengono tale
soggetto.
Il Guerra invece e, sorprendentemente, anche le edizioni di Giunta e Nicolini del
1585 mantengono la silografia che rappresenta un sacerdote in visita all’ammalato/a
dove è raffigurato un sacerdote presso il letto di un malato (C). L’idea di una donna
dopo il parto è dato dalla donna in primo piano sulla parte sinistra che tiene in braccio
un fanciullo in fasce e per mano un bambino già svezzato nonché dalla donna che
assiste il sacerdote presso il letto dell’ammalato.
k) «paenitentia quid sit et quotuplex sit»: la confessione auricolare 205
All’inizio della sezione relativa alla sezione de sacramento paenitentiae subito
dopo o accanto al titolo paenitentia quid sit et quotuplex sit è raffigurata in tutte le
edizioni a partire dall’edizione originaria di Sessa-Ravani, una confessione auricolare
con un confessore in atto di ascoltare un penitente inginocchiato davanti a lui.
Si conferma il legame tra l’edizione dei Guerra e l’edizione di Polo anche per
quanto riguarda la scelta della tipologia di silografia.
205
1523: 42v; 1537: 40v; 1548: 40v; 1554: 38v; 1555: 36v; 1559: 36v; 1560: 38v; 1564: 38v; 1567: 36v;
1569: 39r; 1576: 39v; 1578: 39v; 1579N: 39v; 1579G: 39v; 1579S: 39v; 1580: 39v; 1585S: 39v; 1585G: 39v; 1585N: 39v; 1587: 41r –; 1588: 32r; 1596: 39v; 1597: 39v; 1603: 39v.
La natività di Giovanni il Battista – ordo benedictionis mulieris post partum
Confronto tra le silografie relative alla penitenza
200
m) «canones paenitentiales antiqui»: il Cristo intercede presso il Padre 206
Nel passo in cui, a partire dal repertorio citato da Guglielmo Durando, il da
Castello aveva riportato i canones penitentiales antiqui, si alterneranno nelle diverse
edizioni una ridda di immagini associate a tali canoni penitenziali.
Si va dalle edizioni Ravani (1523, 1537 e 1548) con il Cristo che intercede presso il
padre (A) alle edizioni nelle quali più opera il Varisco, prima come collaboratore degli
eredi Ravani poi da solo (1560) o in collaborazione con altri (1588) e similmente nelle
copie di Boselli e Lichtenstein, nelle quali emerge chiaramente come si prediligesse la
Vergine Maria e la sua intercessione a proposito di tali canoni penitenziali (B e C). Il
Varisco va cambiando tale silografia anche con l’immagine del Padreterno giudice
(1564 e 1569)
Successivamente Io stesso Varisco predilige un’immagine del Padreterno adirato
verso gli uomini peccatori che lo supplicano (D).
Totalmente diversa la scelta dei Guerra e, a cascata, di Nicolini, Giunta e Sessa e
infine Polo che preferiscono l’immagine della visita di un sacerdote ad un ammalato o
ad un morente, silografia usata anche per altri contesti quali la benedizione dopo il
parto (E).
206
1523: 58r; 1537: 55v; 1548: 55v; 1554: 53v; 1555: 50v; 1559: 50v; 1560: 53v; 1564: 53v; 1567: 50v;
1569: 54r; 1576: 54r; 1578: 54r; 1579N: 54r; 1579G: 54r; 1579S: 54r; 1580: 54r; 1585S: 54r (erroneamente stampato come 27); 1585G: 54r; 1585N: 54r; 1587: 55v –; 1588: 44r; 1596: 54r; 1597: 54r; 1603: 54r.
201
n) «De forma absolvendi ab excomunicatione maiori»: conversione della Maddalena 207
Veramente singolare è invece la scelta degli editori circa la silografia da apporre
al passo nel quale il da Castello tratta del De forma absolvendi ab excomunicatione
maiori nel quale l’intenzione originaria dell’autore è di profonda ispirazione biblica e in
particolare evangelica. La silografia delle edizioni riconducibili ai Ravani e alla prima
edizione di Varisco (1560) rappresenta il brano di Lc 7,36-50, la peccatrice che piange
sui piedi di Gesù asciugandoli con i propri capelli (A). Il Boselli rinnova l’impianto
silografico e il Lichtenstein ne produce una copia ma rimanendo sul medesimo tema
(B). Varisco invece nelle sue edizioni del 1564 e 1569 preferisce rappresentare il Cristo
giudice con la Vergine nell’atto di intercedere per i peccatori (C). Tutti gli altri editori a
partire dai Guerra, preferiscono invece utilizzare la silografia che rappresenta un
sacerdote nell’atto di accogliere la confessione del penitente (D, E ed F) anche lo
stesso Varisco nell’edizione curata con Paganino de’ Paganini.
207
1523: 61v; 1537: 58v; 1548: 58v; 1554: 56v; 1555: 53v; 1559: 53v; 1560: 56v; 1564: 56v; 1567: 53v;
1569: 57r; 1576: 57r; 1578: 57r; 1579N: 57r; 1579G: 57r; 1579S: 57r; 1580: 57r; 1585S: 57r; 1585G: 57; 1585N: 57r; 1587: 58v –; 1588: 46v; 1596: 57r; 1597: 57r; 1603: 57r.
Confronto tra le silografie apposte al de forma absolvendi ab excomunicatione maiori
202
o) «Ordo qualiter se habere debet sacerdos in suscipiendo confessionem infirmi»: la
vergine Maria intercede presso il Figlio 208
Similmente singolare è la scelta degli editori circa la silografia da apporre al passo
nel quale il da Castello tratta del Ordo qualiter se habere debet sacerdos in suscipienda
confessionem infirmi nel quale l’intenzione originaria dell’autore è di ispirazione
tradizionale e riflettente il pensiero di san Bernardo209. La silografia delle edizioni
riconducibili ai Ravani e alla prima edizione di Varisco (1560) rappresenta la Vergine
che mostra il proprio seno al Figlio (A). Il Boselli rinnova l’impianto silografico con una
silografia che rappresenta l’intercessione della Vergine e similmente fa il Lichtenstein
che copia le silografie (B), mentre il Varisco appone una silografia del Padreterno
nell’atto di sferrare i dardi della sua ira sugli uomini peccatori (C).
208
1523: 63r; 1537: 60v; 1548: 60v; 1554: 58v; 1555: 55v; 1559: 55v; 1560: 58v; 1564: 58v; 1567: 55v;
1569: 58v; 1576: 58v; 1578: 58v; 1579N: 58v; 1579G: 58v; 1579S: 58v; 1580: 58v; 1585S: 58v; 1585G: 58v; 1585N: 58v; 1587: 60v –; 1588: 48r; 1596: 58v; 1597: 58v; 1603: 58v.
209 Circa il soggetto della silografia del 1523 cf. il capitolo 2° nella sezione riguardante tale silografia.
203
A partire dall’edizione dei Guerra si finisce per riutilizzare la silografia relativa alla
visita agli infermi e all’unzione degli infermi che era poi già stata utilizzata per la
benedizione della donna dopo il parto (D) e lo stesso fanno Varisco e Paganini con una
silografia similare (E).
p) «Tractatus quartus primae partis Sacerdotalis de sacramento eucharistiae»: la
comunione eucaristica 210
All’inizio del trattato riguardante il sacramento dell’Eucaristia, in corrispondenza
del tractatus quartus primae partis Sacerdotalis de sacramento eucharistiae il da
Castello o gli editori Sessa Ravani o entrambi, optano per una silografia che raffigura
un sacerdote nell’atto di amministrare la comunione eucaristica ai fedeli (A). Non
sembra raffigurare una celebrazione eucaristica, cosa invece che appare più evidente
nella silografia del Boselli poi riutilizzata dal Varisco (B), dove sembra raffigurarsi più
l’ostensione del Sacramento che la comunione eucaristica. Nell’edizione dei Guerra poi
ripresa dal Polo si raffigura un sacerdote nell’atto di celebrare a muro e, anche questa
volta, con i fedeli inginocchiati non però nell’atto dell’ostensione, quanto piuttosto
nell’atto dell’elevazione (C). Le edizioni di Nicolini, Giunta, Sessa a partire dal 1578
prediligono una silografia raffigurante la celebrazione privata dell’eucaristia con un
210
1523: 68v; 1537: 65v; 1548: 65v; 1554: 63v; 1555: 60v; 1559: 60v; 1560: 63v; 1564: 63v; 1567: 60v;
1569: 63v; 1576: 63v; 1578: 63v; 1579N: 63v; 1579G: 63v; 1579S: 63v; 1580: 63v; 1585S: 63v; 1585G: 63v; 1585N: 63v; 1587: 65v; 1588: 52r; 1596: 63v; 1597: 63v; 1603: 63v.
silografie collocate all’inizio del trattato sull’Eucaristia
204
sacerdote e un chierico assistente (D) anch’egli inginocchiato come nelle silografie
precedenti. Stranamente l’edizione di Giunta, che è fuori dalle righe rispetto a tutte le
altre, presenta una silografia relativa all’esposizione del santissimo sacramento che
appare esposto sia nella specie del pane che del calice con i sacerdoti assistenti
stranamente in posizione eretta e non inginocchiati (E). Per segnare ulteriormente la
discontinuità sulla falsariga di Giunta (1587), Varisco sceglie una raffigurazione di tema
neotestamentario con una silografia riguardante l’istituzione: Gesù a mensa con
Giovanni accanto a lui e Giuda, secondo un’iconografia ormai classica nella pittura,
dall’altra parte del tavolo (F).
q) «Ordo misse compositus per Reverendum patrem dominum Joannem brocardum»:
l’ultima cena 211
Dopo l’introduzione teologico-liturgica riguardante l’eucaristia, il da Castello
inglobava nella sua opera l’ordo misse compositus per Reverendum patrem dominum
Joannem brocardum e, in concomitanza con il suo inizio, una silografia raffigurante la
cena pasquale di Gesù con i suoi discepoli nel momento di istituire il sacramento
eucaristico (A). Il Boselli (1555, 1559) e il Varisco seconda maniera (1564 e 1569)
nonché il Lichtenstein (1567) rimangono sul medesimo soggetto (B), mentre invece il
Varisco, memore delle sue antiche edizioni, opta in occasione della sua ultima edizione
pubblicata in collaborazione con Paganino de’ Paganini, con la raffigurazione di un
sacerdote nell’atto di celebrare l’eucaristia e precisamente nell’atto dell’elevazione (C).
Le altre edizioni invece, a partire da quella dei Guerra (1576) optano per non mettere
211
1523: 73v; 1537: 70r; 1548: 70r; 1554: 68r; 1555: 65r; 1559: 65r; 1560: 68r; 1564: 68r; 1567: 65r;
1569: 68v. A partire dall’edizione del 1576 il riferimento è all’inizio della sezione con le rubriche generali del Messale romano che hanno sostituito le rubriche del Burcardo. 1576: 68v – ; 1578: 68v –; 1579N: 68v –; 1579G: 68v –; 1579S: 68v –; 1580: 68v –; 1585S: 68v –; 1585G: 68v –; 1585N: 68v –; 1587: 70v –; 1588: 55v; 1596: 68v –; 1597: 68v –; 1603: 68v –.
205
alcuna silografia in concomitanza con le rubriche del Messale Romano che erano
sopravvenute a sostituire l’ordo missae di Giovanni Burcardo.
r) «De sacramento extreme unctionis et ei annexis et consequentibus»: l’estrema
unzione 212
Sempre nella prima parte del volume, in concomitanza con l’inizio della sezione
de sacramento extreme unctionis et ei annexis et consequentibus, nelle prime edizioni
viene apposta una silografia indicante chiaramente un sacerdote che assiste un
moribondo assistito da un ministrante e da un altro fedele nell’atto di reggergli il
recipiente dell’olio degli infermi (A).
A tale raffigurazione si ispira anche il Boselli con la sua silografia poi ripresa dal
Varisco e copiata dal Lichtenstein (B), con una rappresentazione iconografica che cerca
quale elemento prospettico di novità e qualche ricercatezza raffigurativa nei
drappeggi.
Ancora più prospettica risulta la silografia utilizzata da Guerra in poi da Nicolini,
Giunta e Sessa fino anche a Polo (C), che diventerà una silografia dai molteplici usi: per
l’unzione degli infermi, per la benedizione della donna dopo il parto, per i canoni
penitenziali antichi, ecc...
Emerge perciò con chiarezza che Polo si trova in continuità con le scelte
iconografiche operate dai Guerra e talvolta seguite dai loro succedanei (Nicolini,
Giunta, Sessa).
212
1523: 114v; 1537: 108r; 1548: 108r; 1554: 105v; 1555: 100v; 1559: 100v; 1560: 105v; 1564: 105v;
1567: 100v; 1569: 105r; 1576: 107r; 1578: 107r; 1579N: 107r; 1579G: 107r; 1579S: 107r; 1580: 107r; 1585S: 107r; 1585G: 107r; 1585N: 107r; 1587: 134v –; 1588: 84v; 1596: 107r; 1597: 107r; 1603: 107r.
Confronto delle silografie apposte all’inizio della sezione riguardante l’unzione degli infermi
206
s) «Sacerdotis vel clerici defuncti officium sepolturae»: l’ufficio funebre dei prelati 213
L’ufficio della sepoltura di un chierico defunto vede avvicendarsi diverse scelte
iconografiche con una situazione che abbiamo già constatato per diverse altre
silografie: una prima serie di edizioni mantiene la silografia dell’edizione originaria (A),
una seconda serie inaugurata da Boselli opta per un soggetto identico ma secondo una
nuova e più moderna raffigurazione iconografica (B). Una terza serie di edizioni
inaugurata dai Guerra opera un altro cambiamento (C) e, sorprendentemente, anche
Giunta con la sua edizione innovativa (1587) opta per l’introduzione di una silografia
raffigurante, con ogni probabilità, la morte di un papa o di un vescovo (D).
t) «Missa in agenda pro mortuis»: la dormizione della vergine 214
Sempre nella prima parte del libro sacerdotale c’è la missa in agenda pro mortuis
dove il da Castello scelse di apporre la dormizione della vergine circondata dagli
apostoli (A).
Ci sono poi sostanziali anomalie. Il fatto che l’edizione degli eredi Ravani del 1554
abbia cambiato soggetto rispetto all’edizione del 1548 proponendo una deposizione di
213
1523: 155v; 1537: 145v; 1548: 145v; 1554: 142r; 1555: 134r; 1559: 134r; 1560: 142r; 1564: 142r;
1567: 135r; 1569: 141v; 1576: 144v; 1578: 144v; 1579N: 144v; 1579G: 144v; 1579S: 144v; 1580: 144v; 1585S: 144v; 1585G: 144v; 1585N: 144v; 1587: 170v; 1588: 112r; 1596: 144v; 1597: 144v; 1603: 144v.
214 1523: 189v; 1537: 178v; 1548: 178v; 1554: 174v; 1555: 166v; 1559: 166v; 1560: 174v; 1564: 173v;
1567: 166r; 1569: 173r; 1576: 178v; 1578: 178v; 1579N: 178v; 1579G: 178v; 1579S: 178v; 1580: 178v; 1585S: 178v; 1585G: 178v; 1585N: 178v; 1587: 203v –; 1588: 136v; 1596: 178v; 1597: 178v; 1603: 178v.
Confronto tra le silografie apposte all’inizio della missa in agenda pro mortuis nelle diverse edizioni
207
Cristo (B) è inusuale e il fatto che Varisco nel 1560 scelga di mantenere tale silografia
mostra una certa continuità tra l’ultima edizione riconducibile ai Ravani (1554) e la
prima del Varisco (1560), forse opera del Varisco prima di mettersi in proprio dal
momento che sembra fosse un collaboratore degli eredi Ravani.
Riprendono invece l’antico soggetto della dormitio virginis sia le edizioni
riconducibili al Boselli, sia le ultime edizioni di Varisco e la copia di Lichtenstein (C).
Del tutto fuori tema e classificabile come “riciclaggio” è la scelta dei Guerra,
Nicolini, Giunta, Sessa fino a Polo che arrivano ad utilizzare la medesima silografia
usata già per parecche altre materie: unzione degli infermi, benedizione della donna
dopo il parto, canoni penitenziali antichi e ora per la messa per i defunti.
u1) «Benedicere seu benedictio multipliciter accipitur in divina scriptura» la
benedizione dell’acqua 215
;
Singolari sono le scelte operate all’inizio della seconda parte del Sacerdotale:
prima le edizioni riconducibili ai Ravani e la prima di Varisco (A) mostrano un sacerdote
di fronte ad una vasca battesimale coadiuvato da un ministrante; medesimo soggetto è
ripreso, con una silografia più innovativa e rifinita, nelle edizioni riconducibili al Boselli,
nella seconda di Varisco e nell’imitazione di Lichtenstein (B). A partire invece
215
1523: 201r; 1537: 189v; 1548: 189v; 1554: 185v; 1555: 177r; 1559: 177r; 1560: 187v; 1564: 183v;
1567: 176r; 1569: 183r; 1576: 189v; 1578: 189v; 1579N: 189v; 1579G: 189v; 1579S: 189v; 1580: 189v; 1585S: 189v; 1585G: 189v; 1585N: 189v; 1587: 214v –; 1588: 145r; 1596: 189v; 1597: 189v; 1603: 189v.
208
dall’edizione del 1569, lo stesso Varisco opera un cambiamento rispetto alle proprie
edizioni precedenti che egli ripeterà nell’edizione più innovativa del 1588,
profondamente influenzata dall’edizione di Giunta del 1587 (C). Infatti i Guerra e le
edizioni ad essi riconducibili (D) adottano il medesimo soggetto, cioè il battesimo dei
bambini, che nulla ha a che vedere con il tema in oggetto (il benedire e le benedizioni).
Stranamente le edizioni di Nicolini Giunta e Sessa (E) si differenziano in modo strano
rispetto all’edizione di Giunta del 1585.
u2) «exorcismum/s salis»216
)
Le medesime scelte “strane” nella scelta dei soggetti solografici le possiamo
trovare poche pagine oltre, in occasione dell’exorcismus/m salis.
Infatti le edizioni dei Ravani e la prima di Varisco ripetevano il medesimo
soggetto silografico dell’inizio della seconda parte a proposito del “benedire” e delle
“benedizioni”, e così faceva il Boselli, il Varisco nella sua seconda e terza edizione e il
Lichtenstein con le sue silografie imitazioni delle silografie del Boselli poi passate a
Varisco (B).
I Guerra e subito dopo il Nicolini nella sua prima edizione (1578) scelgono di
riutilizzare la silografia del battesimo dei bambini probabilmente per la presenza, in
216
1523: 203r; 1537: 191v; 1548: 191v; 1554: 187v; 1555: 179r; 1559: 179r; 1560: 187v; 1564: 185v;
1567: 177v; 1569: 184v; 1576: 191r; 1578: 191r; 1579N: 191r; 1579G: 191r; 1579S: 191r; 1580: 191r; 1585S: 191r; 1585G: 191r; 1585N: 191r (erroneamente 185r); 1587: 216r –; 1588: 146r –; 1596: 191r (erroneamente 185r); 1597: 191r (erroneamente 185r); 1603: 191r.
209
tale rito, del rito del sale (C). Medesimo soggetto e silografia viene mantenuto dal
Giunta nel 1585 e da Polo nel 1603, mentre invece Nicolini Giunta Sessa nel 1579 e
1580 e poi Sessa nel 1585 propendono per un medesimo soggetto ma con una nuova
silografia non apparsa precedentemente (D). Del tutto inusuale e inappropriato è il
riutilizzo della silografia usata per la sezione relativa al de sacramento eucharistiae (E)
che ben poco ha a che vedere con l’esorcismo del sale operato da Nicolini nel 1585, e
dalle due edizioni di Sessa più tardive (1596 e 1597).
v1) «Hic dividat aquam in quatuor ad hanc figuram»: benedizione dell’acqua la
vigilia dell’Epifania217
;
v2) «hic dividat et effundat aquam in quatuor partes»218
: benedizione del fonte il
sabato santo
Una figura singolare ma
significativa è la rappresentazione di
un bacile che nell’edizione del 1523 e
in quelle ancora da essa influenzate
ricorre in due passi: la prima nel rito
di benedizione dell’acqua nella vigilia
dell’Epifania, la seconda invece nella
liturgia del sabato santo, in occasione
della benedizione del fonte
battesimale.
Il da Castello aveva probabilmente voluto tale silografia come rappresentazione
figurativa della benedizione che doveva essere impartita sul bacile e su come dovesse
essere versata l’acqua, cioè versandola verso i quattro punti cardinali ma facendola
cadere da punti diametralmente opposti del bacile. Per tale motivo anche la rubrica –
almeno per un certo numero di edizioni– suppone la presenza di tale silografia
esplicativa, almeno in occasione della benedizione dell’acqua la vigilia dell’Epifania
dove la rubrica accenna alla hanc figuram che, a partire dall’edizione dei Guerra
sparirà come sparirà la silografia.
217
1523: 209v; 1537: 197v; 1548: 197v; 1554: 193v; 1555: 184v; 1559: 184v; 1560: 193v; 1564: 191v;
1567: 183r; 1569: 190v; 1576: 197v –; 1578: 197v –; 1579N: 197v –; 1579G: 197v –; 1579S: 197v –; 1580: 197v –; 1585S: 197v –; 1585G: 197v –; 1585N: 197v –; 1587: 197v –; 1588: 151r –; 1596: 197v –; 1597: 197v –; 1603: 197v –.
218 1523: 273v; 1537: 259r; 1548: 259r; 1554: 254r; 1555: 243r; 1559: 243r; 1560: 245r; 1564: 251r
(erroneamente 241); 1567: 240r; 1569: 249v; 1576: 260v –; 1578: 260v –; 1579N: 260v –; 1579G: 260v –; 1579S: 260v –; 1580: 260v –; 1585S: 260v –; 1585G: 260v –; 1585N: 260v –; 1587: 284r –; 1588: 199r –; 1596: 260v –; 1597: 260v –; 1603: 260v –.
confronto della silografia del bacile con l’acqua
210
w) «De processionibus faciendis»: le processioni219
All’inizio della terza parte del Liber sacerdotalis viene posta dai Sessa-Ravani a
partire dalla prima edizione una silografia significativa con la rappresentazione di una
processione (A).
Il Boselli rimane sullo stesso soggetto rinnovando lo stile della nuova silografia
(B) e influenzando il Varisco seconda maniera e il Lichtenstein.
I fratelli Guerra, gli altri rinnovatori dell’apparato silografico del Liber sacerdotalis
insieme al Boselli, introducono una nuova silografia (C) che ritroviamo in numerose
altre edizioni successive.
Ancora fuori dall’immaginabile è la silografia di Nicolini nel 1585 e delle ultime
due edizioni di Sessa del 1596 e 1597 che continuano a rappresentare, anche a questo
proposito, un sacerdote nell’atto di celebrare la messa privata assistito da un
ministrante (D).
y) «Compendium musice. Proprietas in musica est derivatio plurium vocum ab uno
eodemque principio»: la mano musicale 220
Per ciò che riguarda le due silografie relative al compendium musicae, si deve
fare una premessa. Abbiamo qui catalogato con un’unica lettera le silografie identiche.
Vale a dire che le edizioni sottoscritte ad una tipologia di silografia fanno uso della
medesima silografia, non solo del medesimo soggetto. È chiaro che il soggetto
silografico è il medesimo, ma diversa ne è la silografia e l’esecuzione.
219
1523: 244r; 1537: 230r; 1548: 230r; 1554: 225r; 1555: 215r; 1559: 215r; 1560: 225r; 1564: 222v;
1567: 215r; 1569: 221v; 1576: 228r; 1578: 228r; 1579N: 228r; 1579G: 228r; 1579S: 228r; 1580: 228r; 1585S: 228r; 1585G: 228r; 1585N: 228r; 1587: 253v –; 1588: 175r; 1596: 228r; 1597: 228r; 1603: 228r.
220 1523: 334r; 1537: 317r; 1548: 317r; 1554: 312r; 1555: 299r; 1559: 299r; 1560: 312r; 1564: 308v;
1567: 295r; 1569: 307r; 1576: 319v; 1578: 319v; 1579N: 319v; 1579G: 319v; 1579S: 319v; 1580: 319v; 1585S: 319v; 1585G: 319v; 1585N: 319v; 1587: 348v; 1588: 257r; 1596: 319v; 1597: 319v; 1603: 319v.
211
Per un certo numero di edizioni tale silografia è apposta al testo con il quale
inizia il compendio, e cioè: proprietas in musica est derivatio plurium vocum ab uno
eodemque principio.
z) «Compendium musice. Quisquis ad canendi scientia erudiendus»: la scala musicale 221
Accanto al passo che inizia con quisquis ad canendi scientia erudiendus viene
apposta quella che ho chiamato «scala musicale», raffigurante le canne di un’organo
stilizzate e con diverse indicazioni poste nella quadrettatura relative alle note e ai toni.
Appare chiaro che cinque sono state le silografie prodotte alla base delle 24
edizioni. Le silografie (A) furono utilizzatate dai Sessa-Ravani e poi dal Varisco nella sua
prima edizione. Le silografie (B) furono utilizzate da Boselli e da Varisco a partire dalla
sua seconda edizione del 1564. Le silografie usate da Lichtenstein (C) sono
chiaramente diverse da quella del Boselli-Varisco e dimostrano che l’autore non ha
avuto la preoccupazione di imitare fedelmente la silografia di Boselli e Varisco come
era avvenuto per molte altre silografie della propria edizione.
221
1523: 334v; 1537: 317v; 1548: 317v; 1554: 312v; 1555: 299v; 1559: 299v; 1560: 312v; 1564: 309r;
1567: 295v; 1569: 307v; 1576: 320r; 1578: 320r; 1579N: 320r; 1579G: 320r; 1579S: 320r; 1580: 320r; 1585S: 320r; 1585G: 320r; 1585N: 320r; 1587: 349r; 1588: 257v; 1596: 320r; 1597: 320r; 1603: 320r.
212
Tutte le edizioni successive a partire dai Guerra usano le medesime altre
silografie (D) e, quindi, ci fanno capire che le opere sono state stampate dalla
medesima tipografia. Le silografie di Giunta del 1587 (E) mostrano che l’editore
fiorentino si era deciso ad affrancarsi dalla tipografia probabilmente di Nicolini e a
tentare un’edizione del Sacerdotale tutta propria.
3.26. Note sintetiche relative all’esame delle ventiquattro edizioni
Considerando e confrontando le caratteristiche delle ventiquattro edizioni si
prenderanno in esame diversi criteri di confronto che ritengo possano essere
innanzitutto la disponibilità delle medesime silografie e, in secondo luogo, un esame
complessivo che «incrocia» dati diversi quali tabula contentorum, dati di
impaginazione, carattere tipografico, notazione gregoriana.
Innanzitutto la silografia del frontespizio (colonna 1), quindi le modalità
espositive dell’indice dei contenuti, la tabula contentorum (colonna 2). Si è presa in
considerazione la silografia del Cristo benedicente o comunque che accompagna
l’incipit vero e proprio del testo (colonna 3).
Esamino anche la presenza delle altre silografie che caratterizzano il testo delle
prime edizioni (colonna 4) nonché il carattere tipografico usato – gotico o romano –
(colonna 5), il numero medio di righe per pagina (colonna 6), il numero totale di pagine
(colonna 7), la presenza o meno dell’errore di impaginazione delle pagine 305-315 che
caratterizzano un certo numero di edizioni a partire dall’edizione di Guerra del 1576
(colonna 8) e la notazione gregoriana (colonna 9).
213
«Tabula contentorum»
Nella comparazione
della tavola dei contenuti
preferiamo considerare
diversi elementi: il carattere
tipografico (G per gotico e R
per romano tondetto e R
per romano italico) di cui ci
si avvale. Inoltre la
disposizione del testo in 1 o
2 colonne (1 o 2) oppure
con andamento misto (m) e,
in più, il numero di pagine in
apice. Inoltre, con la lettera
“c” indichiamo quando
l’editore ha riportato nella
tabula il numero del
capitolo e se l’ha disposta
dopo la voce dell’indice (Rc
= voce dell’indice in romano
“R” seguito dal capitolo “c”)
oppure prima (cR =
indicazione del capitolo “c”
e poi il titolo in stile romano
“R”). Solo per Guerra
indichiamo anche il
carattere tipografico del carattere romano della tabula “i”, cioè che è completamente
in italico.
La tabula che abbiamo siglato «Gm» cioè che usa il carattere gotico (G) e che ha
un andamento alternativamente, a seconda della lunghezza delle voci dell’indice e a
discrezione dell’editore, su una o su due colonne (“m” sta per “mista”), è stata usata
non solo dalle quattro edizioni riconducibili ai Ravani (1523, 1537, 1548, 1554), ma
anche da tutte le prime edizioni riconducibili al Varisco (1560, 1564, 1569) e a
Lichtenstein (1567) (Gm).
214
È stato Bosello che, volendo essere fortemente innovativo, ha introdotto lo stile
romano nell’indice (R) e ha impaginato su due colonne (2) ma senza introdurre alcun
segno di capitolo (R2).
Invece Guerra introduce il romano in stile italico (Ri) e introduce l’indicazione del
capitolo (c) impaginando su due colonne (Ric2).
Nicolini nel 1579 e 1585, Giunta nel 1579, Sessa nel 1580, 1585, 1596 e 1597
nonché Polo nel 1603 utilizzano invece il romano (R) con l’indicazione del capitolo (c)
con la tabula disposta su due colonne (Rc2).
È Giunta che nella sua edizione del 1587 fa fare un salto di qualità ulteriore
all’edizione della tabula apponendo innanzitutto l’indicazione del capitolo e poi
facendolo seguire dalla voce dell’indice in stile romano (R) disposta su due colonne
(cR2).
Varisco invece nel 1588 dimostra di non riuscire a staccarsi dal Gotico (G)
nemmeno nella tabula che però impagina su due colonne (G2).
Carattere tipografico
Ho distinto solamente tra tipo
gotico (G) e romano (R). Da un esame del
carattere tipografico fatto in modo
assolutamente superficiale emerge che le
edizioni possibili potrebbero essere
solamente due.
Il carattere tipografico gotico veneziano è usato nel periodo coevo in altre
edizioni, soprattutto, come viene sottolineato a proposito delle scelte tipografiche di
Sessa-Ravani da Curi Leonardi,
Nella maggior parte delle edizioni Melchiorre e il Ravani usano il carattere romano per i testi, quello gotico per i titoli; soltanto nei libri di religione e in quelli di scienza usano il gotico per tutta l’opera.222
Comunque il carattere tipografico gotico veneziano è usato in tutte le edizioni
del Sacerdotale eccezion fatta per l’edizione di Giunta del 1587.
222
CURI NICOLARDI, Una società (1984), p. 20.
215
Notazione gregoriana
Sulla base della notazione gregoriana, cioè delle forme delle note gregoriane, si
possono individuare tre tipologie che ho indicato con «quadrata grande» (Qg),
«quadrata piccola» (Qp), «curva grande» (Cg). La notazione quadrata piccola è
caratteristica della prima edizione e delle successive fino all’edizione di Boselli del 1555
che, tra i cambiamenti tipografici che cerca di introdurre, azzarda anche il
cambiamento tipografico della notazione gregoriana e che sarà caratteristica
solamente delle sue due edizioni (1555 e 1559).
La notazione Quadrata grande invece rimane caratteristica dei Ravani (1523 e
1537) ed eredi (1548 e 1554) comprese le edizioni riconducibili a Varisco (1560, 1564,
1569, 1588), Lichtenstein (1567), Niccolò del 1585, Giunta del 1587; Sessa del 1596 e
1597.
La notazione che ho soprannominato curva grande, per la grande dimensione
delle note, invece, compare per la prima volta con l’edizione dei Guerra del 1576 e sarà
caratteristica di Niccolò e Giunta nel 1579, di Sessa nelle edizioni del 1580 e 1585; di
Polo nel 1603.
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216
1. 1523
M.Sessa-P. Ravani
A Gm10 O A G 35 367 Qg
2. 1537 V.
Ravani
A Gm7 O A G 36 351 Qg
3. 1548 eredi
Ravani
A Gm7 O A G 36 352 Qg
4. 1554 eredi
Ravani
A Gm7 O A G 37 346 Qg
5. 1555
Bosello
B R27 O B G 39 331 Qp
6. 1559
Bosello
B R27 O B G 39 331 Qp
7. 1560
Varisco
B Gm7 O A G 37 346 Qg
8. 1564
Varisco
B Gm7 O B G 37 342 Qg
9. 1567
Lichtenstein
B Gm7 O? B G 39 328 Qg
10. 1569
Varisco
B Gm7 O B G 37 340 Qg
11. 1576
Guerra
C Ric27 C1 C G 37 376 S Cg
12. 1578
Niccolò
13. 1579
Niccolò
M Rc26 V C G 37 376 S Cg
14. 1579
Giunta
M Rc26 V C G 37 376 S Cg
15. 1579 Sessa
16. 1580 Sessa D Rc26 V C G 37 376 S Cg
17. 1585 Sessa M Rc26 V C G 37 376 S Cg
18. 1585
Niccolò
M Rc26 V C G 37 376 S Qg
19. 1585
Giunta
20. 1587
Giunta
E cR26 C2 – R 36 376 N Qg
21. 1588
Varisco, Paganini
M G26 C3 B G 42 295 N Qg
22. 1596 Sessa M Rc26 V C G 37 376 S Qg
23. 1597 Sessa M Rc26 V C G 37 376 S Qg
24. 1603 Polo M Rc26 C1 C G 37 376 S Cg
217
3.27. Conclusioni circa l’esame delle ventiquattro edizioni
3.27.1. Da «liber sacerdotalis» a «sacerdotale» / «sacerdotale romanum»
Abbiamo già visto nella presentazione della prima edizione così come nella
presentazione dei vari documenti che la accompagnano e che abbiamo esposto nel
precedente capitolo, la finalità di Alberto da Castello: offrire un libro liturgico analogo
al Pontificale dei vescovi che avrebbe potuto diventare per i sacerdoti un libro liturgico
che li potesse accompagnare e sostenere nell’amministrazione corretta e ordinata e il
più possibile uniforme dei sacramenti. Anche se Alberto da Castello non si azzardò a
dare al proprio volume il titolo di Sacerdotale, costatiamo che quanto lui si auspicava e
la denominazione – quella di Sacerdotale – che già lui stesso utilizzava nella prima
edizione all’interno del volume finì ben presto per soppiantare la primigenia
denominazione di Liber sacerdotalis guadagnandosi talvolta anche l’aggettivo di
«romanum» alla pari del Pontificale o del Missale.
Il passaggio da Liber sacerdotalis a Sacerdotale non deve farci sfuggire il secondo
termine che ben presto acquisì, quello di «romanum», dal momento che riportava il
rito per l’amministrazione dei sacramenti, delle benedizioni e delle processioni proprie
del rito romano ma anche alcune consuetudini diffuse presso le popolazioni che
celebravano secondo il rito romano.
Quanto poi all’elemento che maggiormente poteva essere invocato per
denominarlo romanum, vale a dire l’approvazione dei romani pontefici, abbiamo visto
che solo nella prima edizione era effettiva (essendo accompagnata dalla lettera di
Leone X), nella seconda e terza edizione (1537 e 1548) era richiamata solo nel titolo,
nella quarta edizione (1554) era solo millantata: si vantava un’approvazione pontificia
ulteriore – che gli storici successivi identificano con un’approvazione ad opera di Paolo
IV (1555-1559) – della quale tuttavia non rimane alcun riferimento, fatti salvi nuovi
ritrovamenti documentarî.
218
3.27.2. Il numero di editori-tipografi che pubblicarono il «liber sacerdotalis» /
«sacerdotale»
Sulla base di tutte le analisi esterne e sommariamente interne alle 24 edizioni si
può affermare che esistettero non più di quattro “impaginati”, cioè composizioni
tipografiche, alla base delle 24 edizioni.
Il primo impaginato caratterizza le pubblicazioni di Sessa-Ravani (1523) e poi dei
soli Ravani ed eredi (1537, 1548, 1554) nonché le pubblicazioni di Varisco (1560, 1564,
1569, 1588).
Il secondo è rappresentato dall’edizione che mirava e riuscì ad essere una
innovazione del Sacerdotale dal punto di vista iconografico, con i tentativi di
reimpaginazione radicale del testo e delle silografie eseguita da Bosello (1555 e 1559),
il cui impaginato, a tale ipotesi alcuni indizi mi fanno propendere, fu ereditato o
acquistato da Lichtenstein (1567) con il tentativo, ben riuscito, di imitare le silografie
che erano state di Boselli e che nel frattempo erano passate ad abbellire le edizioni di
Varisco (1564, 1569) anche se l’ultima edizione di Varisco, quella del 1588, risente
fortemente dell’influenza dell’edizione di Giunta dell’anno precedente.
Il terzo impaginato è quello di Guerra (1576) che sta alla base di gran parte delle
edizioni successive: Nicolini (1579 e 1585), Giunta (1579 e 1585), Sessa (1580 e 1585,
1596, 1597), e che è «riciclato» anche da Polo (1603) che ne sostituisce il primo
quaderno.
Il quarto impaginato è quello di Giunta del 1587, assolutamente distante da tutte
le altre edizioni per carattere tipografico e composizione tipografica.
Questi quattro impaginati, o perché detenuti dalle medesime quattro tipografie,
o perché passati o venduti da tipografia a tipografia con tipi e silografie annesse, o
perché un editore-stampatore si offrì per editare dietro compenso il testo del
sacerdotale per qualche editore in cerca di un investimento sicuro apportandovi solo
gli aggiustamenti di gradimento all’editore e apponendovi soltanto la sua marca, sono
stati la base delle ventiquattro edizioni del Liber sacerdotalis poi diventato
Sacerdotale.
3.27.3. Interessi in gioco nelle diverse edizioni
Interessi economici
Nel moltiplicarsi delle edizioni – non dovrebbe destare meraviglia – appare
evidente che uno degli interessi maggiori fu quello economico.
219
Già dalla seconda edizione diventa palese l’interesse dell’editore di risparmiare
sul numero di pagine con la conseguente scelta di omettere tutto ciò che non era
indispensabile, fino ad omettere proprio la missiva di Leone X che dimostrava
l’approvazione papale del Liber sacerdotalis e ingiungeva di servirsi della forma in esso
descritta nell’amministrazione dei sacramenti. Non dimentichiamo che anche le due
pagine dell’«incipit» così a lungo studiate da Alberto da Castello vengono brutalmente
mutilate della loro metà! Le preoccupazioni teologiche e spirituali riguardanti la
spiritualità del pastore che avevano «dato un’anima» alle pagine dell’«incipit» della
prima edizione passano in secondo piano rispetto alla preoccupazione dell’editore di
vedere lievitare i costi, oltretutto davanti alla possibilità di risparmiare – con
soppressioni e stratagemmi tipografici – un intero quaderno!
Collaborazioni o competizioni editoriali
Ma emerge chiaramente che dietro il moltiplicarsi delle edizioni ci sono interessi
di dominio editoriale finalizzate con tutta evidenza a guadagnarsi fette di mercato con
un libro che doveva essere ormai assai richiesto.
Gli eventi soggiacenti ad alcune edizioni rimangono a noi oscure e le possiamo
solo intuire ma, almeno per il primo tentativo di Boselli (1555, 1559), il tentativo di un
nuovo editore «rampante» e innovativo che tenta di fare concorrenza agli eredi di
Pietro Ravani e soci, deve essere stato risolto da parte del Varisco – uno di questi soci –
con la sua aperta discesa in campo nell’impresa tipografica ed editoriale con
l’acquisizione del materiale silografico del competitore, come appare nelle sue
successive edizioni (1560, 1564).
Si costata tuttavia che subito dopo tali edizioni con le quali Varisco vuole
probabilmente affermare un proprio diritto esclusivo nell’edizione del Sacerdotale, si
affaccia un nuovo competitore, Lichtenstein (1567), che rileva il materiale di Boselli
ancora sul mercato e tenta anch’egli, essendo editore affermato già da mezzo secolo,
una nuova edizione-imitazione probabilmente per poterla diffondere a prezzo
inferiore.
La vicenda del Sacerdotale tuttavia non presenta solo competizioni, ma anche
collaborazioni editoriali come dimostrano le edizioni del 1579 e del 1585 – tre per
ciascuno degli anni – stampate probabilmente da Nicolini quella del 1579 anche per gli
altri due editori, Giunta e Sessa, che si limitano a fornire allo stampatore-editore la
propria marca tipografica o la silografia con la quale si intende connotare, oltre al
proprio nome, il frontespizio della propria edizione. Similmente nel 1585 Nicolini
sembra fornire prima a Sessa una ristampa dell’edizione già per lui stampata cinque
220
anni prima (1580) poi, in fase di revisione e abbellimento del testo, procede a
stampare per Giunta e, una volta terminato il lavoro di revisione, stampa e pubblica
anche per sé. Non c’era ancora il print on demand del giorno d’oggi, ma certamente in
tali edizioni (1579 e 1585) emerge qualcosa del genere.
Addizioni all’edizione originaria per fini commerciali
Si è inoltre notato in qualche caso la scelta dell’editore di arricchire il testo della
nuova edizione di materiale nuovo per «attrarre» la nuova clientela. In alcuni casi,
come abbiamo mostrato, si è trattato di aggiunte limitate quantitativamente e forse
più di millantata altisonanza del frontespizio che di reale incidenza nella consistenza
del volume (1537, 1560, 1564) con espressioni quali multa alia sacerdotibus valde
utilia ac necessaria sunt addita quae in aliis hactenus impressis minime reperiuntur
(1564, 1567, 1569) che testimoniano come la pubblicità «aggressiva» e un po’ bugiarda
non è certo una novità del nostro tempo.
Le aggiunte, anche se molto tenui e talvolta sempre le medesime delle
precedenti edizioni e continuamente sbandierate, hanno talvolta una pubblicità in
frontespizio meno aggressiva di quella di Varisco: quae in aliis hactenus impressis
desiderabantur (1576, 1578, 1579N, 1579G, 1579S, 1580, 1585S, 1585G, 1585N, 1596,
1597).
Di tutt’altro stile è Giunta (1587). Egli avvisa in dettaglio il lettore sul retro del
frontespizio in che cosa consistano le aggiunte nella propria edizione; dimostra così per
la prima volta una puntualità e una trasparenza nei confronti del lettore che non è
comune negli editori dell’epoca.
Addizioni di carattere teologico e pastorale
Talvolta però le addizioni sono state certamente motivate da motivi teologici o
pastorali, come l’addizione nell’edizione di Giunta del 1587 del sacramento della
confermazione, aggiunta ripresa dallo stesso Varisco nel 1588. Il motivo era
probabilmente già incluso nel fatto che nelle premesse relative allo stile di vita del
sacerdote veniva suggerito di prendere sempre con sé il crisma per l’amministrazione
della confermazione. Il concilio di Firenze e poi Trento avevano ribadito che il ministro
ordinario del sacramento era il Vescovo e perciò, la scelta di Alberto da Castello, era
stata chiara: il sacramento della confermazione doveva essere annoverato nel
Pontificale, non nel sacerdotale.
Si nota tuttavia che talvolta, quando il testo suggeriva che il sacerdote aiutasse i
fedeli a pregare vulgari sermone – essendo i testi sempre editi a Venezia innanzitutto
per un pubblico italiano – si sono introdotte delle traduzioni italiane di alcuni testi che i
221
sacerdoti dovevano fare recitare ai fedeli in lingua volgare (1554). Tali edizioni perciò
lasciano trapelare la preoccupazione pastorale di qualche editore o per lo meno si
deduce che o l’editore ha accolto il suggerimento di qualche sacerdote che gli chiedeva
per tali testi un maggior aiuto oppure l’editore stesso ha pensato di potere aggiungere
al libro tale ausilio per l’esercizio del ministero senza il timore di intaccare l’integrità
dell’opera, anzi, pensando di facilitare l’uso del libro.
Introduzioni di una certa importanza sono state anche quelle operate a partire
dall’edizione di Guerra (1576) dove sono state inserite le prenotanda del Messale e del
Breviario riformate dopo il concilio di Trento. Significativo è che le premesse di
carattere teologico-pastorale all’eucaristia e all’ufficio non vengono soppresse, ma
lasciate come introduzione alle rubriche dei nuovi libri liturgici.
Abbellimenti grafici e silografici del testo
L’arte silografica si era ormai messa a disposizione del libro stampato e si nota in
diverse edizioni la volontà di sorpassare la concorrenza (1555) o la volontà dell’editore
di migliorare la propria precedente edizione (1564) talvolta sulla base delle scelte di
altri editori competitori (1560, 1588), oppure per presentare dei capilettera
comprensivi di icone più appropriate al testo secondo la sensibilità dell’epoca.
I tentativi di miglioramento relativi agli elementi grafici consistettero spesso nella
scelta di una nuova silografia o nella sostituzione di qualcuna di esse con altre più
appropriate, oppure una diversa disposizione delle silografie nella pagina o in
riferimento al testo (1560), oppure la sostituzione di una silografia con un capolettera
piuttosto artistico (1576).
Abbellimenti tipografici del testo
Ci sono dietro ad ogni editore/tipografo gusti diversi ed attenzioni diverse per il
libro stampato: gusti diversi per i capilettera, talvolta esagerati (1555) si alternano con
gusti diversi per la disposizione delle righe nelle pagine (1537).
Anche la radicale decisione di Giunta (1587) di tagliare il cordone ombelicale con
il carattere tipografico gotico – ormai classico nei testi liturgici – per utilizzare per
l’intero testo il carattere tipografico romano fu una scelta coraggiosa che tuttavia la
storia dei secoli successivi ha sicuramente premiato e riconosciuto giusta. D’altronde
tale scelta era già stata anticipata da qualche edizione precedente almeno da Guerra
(1576) che avea osato introdurre nel frontespizio l’uso di un carattere Romano così
come l’uso dell’italico, e non solo. Guerra aprirà la strada ad un nuovo modo di
concepire l’indice non solo dal punto di vista tipografico, con un indice disposto
222
sistematicamente su due colonne, ma anche concettuale inserendo accanto ad ogni
voce l’indicazione del capitolo per fare emergere la struttura complessiva dell’opera.
Modifiche finalizzate ad una migliore fruibilità del testo in vista della celebrazione
Si constata già nella seconda edizione (1537), ma anche nelle edizioni degli eredi
Ravani (1548 e 1554) così come nella nitidezza dell’ultima edizione di Giunta (1587), la
volontà di offrire un testo più fruibile alla lettura in sede di celebrazione, con la scelta
talvolta sistematica e talvolta quasi sperimentale, di «sciogliere» le abbreviazioni del
testo che ci si rendeva ben conto potevano essere di non poco impedimento alla
lettura, soprattutto per il clero meno colto, o meno avezzo alla lettura del latino, o
semplicemente più in difficoltà con la vista. Abbreviazioni quali «per», «pro», «um»,
«rum», «mnium», ecc... da comprendersi solo in base ad una piccola stanghetta nella
gamba di una lettera, o per un piccolo svolazzo sopra essa – tutte abbreviazioni che
riproducevano tipograficamente le abbreviazioni della calligrafia dei manoscritti –
continuarono per decenni per tutto il XVI secolo e anche oltre, ma dovettero cedere il
passo già in diverse edizioni del Sacerdotale ad una forma più leggibile e non
abbreviata.
3.27.4. Risposte alle domande circa le ventiquattro edizioni e alcune linee
conclusive
Possiamo soltanto ora, dopo questo approccio che può essere sembrato anche
eccessivamente minuzioso, dare risposta alle domande che ci eravamo posti
precedentemente alla fine del primo capitolo223.
Al di là dei nomi dei singoli editori o stampatori che compaiono nelle edizioni,
non abbiamo alcuna informazione di personalità o chierici che «abbiano messo mano»
all’opera di Alberto da Castello nelle edizioni successive alla prima (1537-1603) anche
quando le manomissioni sono state più pesanti per adattare l’opera ai nuovi libri
liturgici post-tridentini.
Una di tali edizioni, quella di Giunta del 1587, è stata forse una delle più diffuse.
Coloro che si accostavano a tale edizione si trovavano tra le mani sostanzialmente
l’opera di Alberto da Castello, ma anche alcuni rimaneggiamenti del Liber sacerdotalis
originario. L’editore, che generalmente ha sempre sotto gli occhi almeno una edizione
precedente ma quasi mai quella originaria, si comporta generalmente con trasparenza
e con puntuale avviso al lettore, soprattutto nel momento in cui si aggiunge nuovo
materiale di potenziale interesse per il lettore/sacerdote.
223
Cf. p. 39.
223
Le generazioni successive, non solo Quetif-Echard o il Card. Prospero Lambertini
o Zaccaria nel XVIII secolo, ma anche altri autori nel XX secolo, assumono
generalmente l’edizione da essi consultata come un’edizione che riflette quella
originaria e abbiamo notato che talvolta la scambiano per essa.
È fuori di dubbio che mentre in alcuni casi si trattò di ristampe o poco più, in altri
casi si trattò di veri e propri tentativi di miglioramento del testo, per lo meno dal punto
di vista estetico, grafico e silografico. Tale miglioramento toccò anche la notazione
gregoriana che accompagna tanta parte del nostro testo, soprattutto la parte relativa
agli uffici funebri, con il risultato che talvolta si trattò di un miglioramento del testo e
talvolta di un peggioramento. Ci sembra di poter dire anche che in tali tentativi di
miglioramento, anche con la risoluzione delle abbreviazioni, furono certamente
introdotte varianti ed errori.
Trascorsi i dieci anni dalla sua prima edizione il testo divenne di dominio pubblico
e i diversi editori che lo hanno scelto per le proprie fortune editoriali, abbiamo
compreso che si sono serviti di tutti gli stratagemmi possibili per il proprio fine, fino a
«ricopertinare» le edizioni altrui.
Dopo tale esame «esterno» delle ventiquattro edizioni suggeriamo la necessità di
procedere ad un’edizione «critica» del testo con lo studio delle singole varianti. Dal
momento infatti che oltralpe fiorirono manuali per il clero sui quali il Liber sacerdotalis
/ Sacerdotale ebbe un certo ascendente, diventa senza dubbio necessaria un’edizione
con la quale identificare l’edizione di riferimento alla quale tali libri per il clero
attinsero.
Diventa perciò necessario mettere in evidenza quali furono gli elementi specifici
dell’opera di Alberto da Castello che tanta influenza ebbero nella formazione del
Rituale romano del 1614 e tentare un primo paragone con alcuni manuali analoghi in
circolazione alla fine del XV e agli inizi del XVI secolo.
225
CAPITOLO 4: IL «LIBER SACERDOTALIS»:
FINALITÀ, STRUTTURA E CONTENUTI
4.1. Considerazioni generali sulla struttura unitaria e tripartita dell’opera
Il 16 aprile 1520, nel dare il suo imprimatur al Liber sacerdotalis il patriarca di
Venezia, nella persona del notaio patriarcale, tra le altre cose, scriveva rivolgendosi ad
Alberto da Castello, autore del Liber sacerdotalis:
2. Hinc est q[uod] vos dum anno praesenti Romae essetis multa praeclara
ex antiquis libris apostolicae bibliothecae excerpsistis quae curatis sacerdotibus
valde oportuna esse iudicantur, eaq[ue] vestro studio et diligentia in unu[m]
volumen quibusdam valde necessariis permaxime circa ecclesiae sacramenta
superadditis congregastis velletisq[ue] dictum opus i[m]pressoribus tradere ut
omnibus possit esse communis.
3. Quod quide[m], ad instar pontificalis episcopor[um], tribus partibus
distinctum a sacerdotibus curatis pro quibus illud composuistis librum
Sacerdotalem appellastis.
Da quanto lì affermato emerge chiaramente e in modo sintetico la
consapevolezza del Patriarca circa due punti fondamentali.
Innanzitutto l’unitarietà dell’opera e la sua chiara finalità: era destinata all’uso
dei sacerdoti «curati» o che fossero «in cura d’anime» in particolare per la
celebrazione dei sacramenti per un duplice beneficio, ai sacerdoti per lo svolgimento
del loro ufficio, ai fedeli per la grazia dei sacramenti e dei sacramentali che avrebbero
ricevuto dai pastori dediti al proprio ministero.
Contemporaneamente, appariva chiara la mens che ne guidava la struttura, cioè
che aspirasse ad essere l’esatto analogo del Liber pontificalis o Pontificale, il libro
226
liturgico destinato ai Vescovi con il desiderio di riprodurne la tripartizione (ad instar
pontificalis episcoporum tribus partibus distinctum)224.
Procediamo ora ad evidenziare questi due caratteri che considero costitutivi del
Liber sacerdotalis: la struttura unitaria (nel senso che si presentano come un tutt’uno
elementi prima concepiti separatamente) e la struttura tripartita.
4.2. I diversi elementi dai quali si evince la struttura unitaria dell’opera
Che l’unitarietà dell’opera e in particolare la finalità “sacerdotale” non fosse solo
un elemento che traspariva agli occhi del Patriarca o del notaio della sua Curia, ma che
corrispondesse all’esatto progetto e finalità dell’opera concepita da Alberto da Castello
lo si evince da molti elementi, alcuni riconducibili direttamente ad Alberto da Castello
(la postfazione dell’autore, la dedica ad Adriano VI, la prefazione all’opera stessa), altri
riconducibili a coloro che avevano ricevuto le sue confidenze o avevano avuto modo o
l’onere di vagliare e valutare la sua opera (il sopracitato imprimatur del Patriarca, la
lettera apostolica di Leone X, l’imprimatur dell’inquisitore, la poesia del Gaboardo), e
altri elementi ancora desumibili dall’esame della produzione liturgica precedente e
coeva al Liber sacerdotalis.
4.2.1. Un libro per l’amministrazione dei sacramenti e la cura pastorale
Affermava l’autore della postfazione (che non possiamo identificare altri che con
Alberto da Castello) rivolgendosi direttamente ai sacerdoti:
1. Accipite Reuerendi patres et domini sacerdotes (...) Sacerdotalem librum tripertitum (...) in quo sine labore et multor[um] libror[um] reuolutione c[on]clusiue summatim clare et dilucide que ad officium vestrum spectare et c[on]uenire
224
Quello che oggi chiamiamo Pontificale Romano e che ai tempi di Alberto da Castello era
conosciuto come liber pontificalis, era diviso in tre parti: 1) la santificazione delle persone (la confermazione; ), 2) la consacrazione dei luoghi (posa della prima pietra, dedicazione e consacrazione della Chiesa, delle tovaglie e dei vasi sacri; dell’altare senza la consacrazione della chiesa, delle vesti sacerdotali, del turibolo, delle armi); 3) altri riti (espulsione dei penitenti all’inizio della quaresima; riconciliazione dei penitenti il giovedì santo; la consacrazione degli olii sempre il giovedì santo e l’ufficio del venerdì e sabato santo; la celebrazione dei sinodi, ecc...). Si veda il Pontificale romano curato da Alberto da Castello e la premessa da lui apposta alla revisione di tale libro liturgico.
227
dignoscuntur collecta digesta probata et approbata esse noscuntur: vt nil sacerdoti curam animar[um] gerenti aliunde perquirere sit necesse.225
Dunque sono i sacerdoti i destinatari della postfazione del Liber sacerdotalis: un
volume concepito già nel titolo per essere acquistato, letto, consultato e utilizzato nel
ministero da parte dei sacerdoti.
Ma che cosa assicurava ad Alberto da Castello che i sacerdoti avrebbero
utilizzato il Liber sacerdotalis nel loro ministero e che tale utilizzo si sarebbe diffuso?
Sicuramente la consapevolezza di avere racchiuso in un unico libro tutto ciò che il
sacerdote in precedenza doveva e poteva trovare in molti libri (§1: in quo sine labore
et multorum librorum reuolutione conclusiue summatim) e, quindi, ciò che in
precedenza si poteva avere solo con fatica (e dispendio), e dopo avere a lungo cercato
i libri necessari per la cura dei fedeli (§1: ut nil sacerdoti curam animarum gerenti
aliunde perquirere sit necesse).
Conferma di ciò la troviamo anche nella sua dedica ad Adriano VI.
4.2.2.: Un libro analogo al Pontificale a servizio dello zelo per le anime
Circa l’intento di Alberto da Castello nessun documento è esplicito più della
dedica ad Adriano VI che l’autore premette al volume se si eccettua la sua dedica a
Leone X premessa al Pontificale. Vediamone gli elementi precipui.
L’occasione e, se vogliamo, l’idea di comporre il liber sacerdoalis, è stata
maturata dopo la cura che egli mise nel rivedere il liber Pontificalis da lui stesso
consegnato al papa Leone X (§12). Come dice Alberto da Castello stesso, dal momento
che per i vescovi aveva fatto cosa gradita e opportuna (§13: quandoquidem Episcopis
rem gratam et accommodatam feceram) gli venne in mente di compiere un’opera
simile, per compiere proprio per i sacerdoti e la loro cura d’anime (§13: ita etiam
sacerdotibus parochialibus curamque animarum gerentibus) quella che Alberto
definisce «una cosa necessaria e opportuna» (§13: rem necessariam et opportunam
peragerem).
Quale il motivo e la finalità di quest’opera giudicata da Alberto da Castello
«necessaria e opportuna»? Il motivo, la causa, di tale opera, spiega Alberto, è che
aveva visto molte volte che i sacerdoti hanno lacune non piccole (§13: presertim cum
in talibus plerosque non parum deficere meis oculis multotiens conspexissem). Certo
egli non si vuole ergere a giudice o maestro nei confronti dei sacerdoti in genere, e così
previene tale possibile critica (§18: quasi velim dominos meos ac praesules sacerdotes
225
Per l’intero testo della postfazione, cf. capitolo 2, p. .
228
curatos instruere). Spiega però la finalità del proprio lavoro e perciò diviene più chiaro
il suo intento: desidera che i sacerdoti abbiano disponibile in un unico libro tutti i
rituali che, fino a quel momento, si trovano dispersi in molte pubblicazioni (§18: ut ipsi
in promptu haberent et sine labore colligerent quae ego maximis laboribus sudoribus et
vigiliis annis pluribus hinc inde dispersa ad animarum salutem in unum congregassem).
Alberto da Castello tuttavia, essendo un pastore e per avere curato l’edizione di
decine e decine di libri di ambito ecclesiastico e liturgico, sa che un libro liturgico non
può cambiare una prassi liturgica. Noto e sottolineo perciò che non è soltanto una
finalità pratica quello che lo anima (il comporre un libro, silloge di altri libri liturgici),
bensì anche l’intento di contribuire a formare e a diffondere, tramite il suo libro, una
spiritualità sacerdotale che tenga in alta considerazione il ministero, quello cioè che
precedentemente ha chiamato «zelo delle anime». Infatti egli precisa subito che in tale
pubblicazione ha raccolto quello che si trova ordinato da pontefici, concili, teologi e
canonisti (§19). È da tali fonti autorevoli che ne ha tratto il contenuto. Tale contenuto
si presenta pertanto autorevolmente non per ciò che si afferma, ma per
l’autorevolezza delle fonti dalle quali è tratto e per l’autorevolezza con la quale le fonti
si esprimono non solo sulla modalità di celebrare i sacramenti, bensì anche sul tenore
di vita, l’insegnamento e la cura pastorale che devono accompagnare il ministero dei
sacerdoti.
Scriveva dunque nella sua dedica ad Adriano VI:
20. in quo sacerdotes qualiter vivere, quid docere, qualiter ecclesiastica sacramenta conficere, ministrare et cum suis annexis dispensare debeant, quas res et qualiter benedicere, quas et quales processiones tam ordinarias quam extraordinarias facere: ecclesiasticum computum qualiter perscrutari debeant, modulationem ecclesiastici cantus qualiter discere: et postremo malignos spiritus ab energuminis qualiter expellere valeant plenissime informantur.
È questa strutturazione del contenuto del Liber sacerdotalis che esprime quanto
intendeva Alberto da Castello con «zelo» per la salvezza eterna delle anime (§3-5)
soprattutto quando conclude che «nessun sacrificio è maggiormente accetto a Dio
dello zelo per la salvezza delle anime» (Nullum enim sacrificium est Deo acceptius,
quam Zelus salutis animarum, §5). Passa poi a ricordare che tale zelo fu proprio del
nostro Salvatore nella sua incarnazione (§6-7) zelus iste salvatorem nostrum dominum
Iesum christum de coelo ad terram adduxit che costituisce Pietro (§8) e poi gli apostoli
(§9) per l’amministrazione dei sacramenti per sanare l’umanità ferita (§9).
Dunque per Alberto da Castello, «zelo» per le anime significa vita sacerdotale
autentica spesa soprattutto nella corretta celebrazione dei sacramenti, in quella
modalità che la Chiesa romana o altre chiese custodiscono e, quindi, non abbandonata
229
ad arbitri o sciatterie dei singoli sacerdoti impreparati o non forniti di libri rituali
conformi alla propria tradizione o a quanto il proprio ordinario o i sinodi diocesani
hanno stabilito. Similmente significa per lui non solo una corretta celebrazione dei
sacramenti, ma anche una vita sacerdotale consona con il ministero assunto con
l’ordinazione sacerdotale.
Ciò emerge soprattutto laddove richiama ad Adriano VI quanto era intercorso
con il suo predecessore (§16), quando scrive:
16. Quem Sacerdotalem librum ante eius impressionem prefato Sancto domino Leoni corrigendum presentavi. Et cum Sanctitas Sua ipsum examinari fecisset non modo eum imprimi iussit, verum etiam per litteras suas in forma brevis omnibus personis ecclesiasticis in virtute sanctae obedientiae mandavit quatenus librum ipsum sequi deberent et ecclesiastica sacramenta secundum formam in eo traditam ministrare tenerentur.
Quindi il riferimento non è solo alla celebrazione dei sacramenti (ecclesiastica
sacramenta secundum formam in eo traditam ministrare), ma anche a servirsi del
medesimo libro (librum ipsum sequi), cioè ad assumere quei contenuti che egli dai
Padri della Chiesa, dagli antichi concili, dalle decisioni autorevoli degli antichi pontefici
era andato raccogliendo e dalle quali si poteva evincere sempre più una spiritualità
sacerdotale per il pastore in cura d’anime, nell’amministrazione dei sacramenti e non
solo.
I riferimenti che Alberto da Castello fa alle fatiche e alle veglie trascorse nello
studio e nella redazione di tale volume non deve essere messo in relazione solo con la
facilità con cui ora i sacerdoti possono avere in un unico volume quello che prima era
disperso in molti e solo con fatica poteva essere raccolto. Deve essere messo in
relazione anche con lo «zelo» personale di Alberto da Castello che da quello zelo per la
salvezza delle anime è stato animato sia nella revisione del Pontificale ma soprattutto
nella composizione di tale Liber sacerdotalis. Egli infatti fa riferimento a «ciò che io con
immensi sforzi, sudori, veglie, in molti anni, (raccolsi ndt) quello che era stato disperso
fino ad oggidì», ma conclude la sua affermazione con l’espressione «avevo potuto
raccogliere per la salvezza delle anime» mostrando dunque le vere motivazioni che lo
avevano guidato nel lavoro (§18: ut ipsi in promptu haberent et sine labore colligerent
quae ego maximis laboribus sudoribus et vigiliis annis pluribus hinc inde dispersa ad
animarum salutem in unum congregassem) e che è anche il leit motiv dal quale la sua
dedica ad Adriano VI prende lo spunto.
230
4.2.3. I sacerdoti – vescovi e presbiteri – hanno il compito di pascere
Lo zelo per la salvezza delle anime portato da Cristo sulla terra
L’inizio dell’opera, il prohemium elaborato dal domenicano, dimostra che
l’incarnazione del Signore Gesù Cristo era da lui preferibilmente associata all’immagine
evangelica del buon samaritano che per Alberto da Castello altro non era che
l’immagine più nitida, insieme a quella del buon pastore, dello zelo per la salvezza delle
anime che si deve trovare nel sacerdote.
Vediamo l’inizio del Liber sacerdotalis:
Salvator noster d[omi]n[u]s Jesus [Cristus] qui tanq[ua]m verus samaritanus
desce[n]de[n]s ab celesti hierusale[m] et hierico idest humani generis defectui et
miserijs appropinquans [Lc 10] curationi eius alligamenta adhibuit, q[ui]a c[on]tra
originalis et actualis p[ec]c[a]ti vulnera q[ui]bus sauciu[m] erat sacr[ament]or[um]
remedia instituit et ordinavit.
Que q[ui]de[m] |f. 1v| dum in hac mortali peregrinatione versaret[ur] p[ro] se docuit
et co[m]plevit et post passione[m] sua[m] p[ro] sacerdotes suos fidelib[us] suis
ministranda precepit.
Ex q[ui]bus q[ui]dem duos ordines co[n]stituit ut sanctus euangelista lucas nono et
decimo cap[itu]lis eua[n]gelij sui testat[ur]: alter[um] q[ui]dem maior[um] i[dest]
duodecim apostolorum, alter[um] vero minor[um] LXXII v[m] dicipulorum: ita
dumtaxat ut priores ep[iscop]or[um] posteriores vero inferior[um] sacerdotum locum et
dignitate[m] obtinerent.
Dobbiamo qui richiamare quello che abbiamo già esposto nel secondo capitolo a
proposito di quelle che ho chiamato «pagine dell’incipit», perché altrimenti ci
sfuggirebbe l’intenzione profonda di Alberto da Castello.
L’inizio dell’opera, da me appena riportato, è in realtà corredato da diciotto
citazioni bibliche che intendevano per iscritto e per immagini trasmettere questo santo
zelo per la salvezza delle anime. Lo stesso figlio di Pietro Ravani, nel suo intento di
risparmiare carta, come abbiamo visto sopra, nella seconda edizione del 1537 andrà
omettendo nove delle diciotto citazioni che, come ho ipotizzato, erano state
collazionate e selezionate da Alberto da Castello durante la sua revisione della Vulgata
avvenuta negli anni precedenti (1511 Biblia cum concordantijs Veteris et Noui
Testamenti) e collocate all’inizio della sua opera.
Mentre i successivi editori di casa Ravani cercheranno di mantenere il
frontespizio – anche se già menomato da Vittore Ravani – nelle proprie edizioni del
1548, 1554, 1560, 1564, 1569, tutti gli altri editori a partire da Boselli – ma anche lo
stesso Varisco nell’edizione del 1588! – spazzeranno via tutte queste citazioni bibliche
che, a loro giudizio, nulla avevano a che fare con l’opera in sé.
231
Se si prendono in considerazione le diciotto citazioni che incorniciano l’inizio del
prohemium della prima edizione – già riportate nel secondo capitolo226 – si può
apprezzare maggiormente l’intento «pastorale» di Alberto da Castello.
Tutte le citazioni bibliche collazionate da Alberto da Castello indicano i doveri
principali del sacerdote:
1) ad agire personalmente secondo il cuore e l’anima di Dio (1Sam 2,35),
osservando la sua legge (1Mac 4,42), lasciandosi inebriare dai doni di Dio a beneficio
dei fedeli (Ger 31,14);
2) a pascere il gregge di Dio (1Pt5,2; Is 40,11; Ger 3,15), a non disperderlo (Ger
23,1.2), ad averne cura non abbandonandolo (Zac 11,3-6.15-17), dando la vita per le
proprie pecore (Gv 10,11);
3) ad insegnare la scienza e l’istruzione e la legge di Dio (Mal 2,7; Ger 18,18; Dan
12,3), studiandola, praticandola e insegnandola (Esd 7,10) al proprio gregge (Eccl
18,12-13), insegnando la differenza tra ciò che è santo e ciò che non lo è (Ez 44,23);
4) a santificare il popolo di Dio che è regnum sacerdotale gens sancta (Es 19,6),
popolo che Dio si è acquistato (Es 19,6).
Lo zelo ha guidato l’autore a rivedere il «Pontificale» e a comporre il «Sacerdotale»
Alberto da Castello vuole trasmettere ai suoi lettori sacerdoti già dall’inizio della
propria opera, così come farà con la postfazione, un richiamo alla santità del sacerdote
e ai suoi doveri di pastore, di maestro, di santificatore. Emerge anche, nell’economia
dell’inizio del prohemium, che tale zelo dove guidare tutti i pastori, vescovi e
presbiteri. Era questo zelo che lo aveva guidato a ripristinare il libro usato dai vescovi
nel loro ministero, il Pontificale, ed ora con il medesimo zelo voleva giovare anche agli
altri pastori, quelli di ordine inferiore, i sacerdoti, approntando un libro analogo al
Pontificale perché possano svolgere il loro ministero colmi di quello zelo che le
citazioni della scrittura da lui collazionate lasciano trasparire.
Che Pontificale-Sacerdotale costituiscano un binomio spicca nella prosecuzione e
nell’introduzione al libro stesso. I libri liturgici sono utili, soprattutto nella loro
completezza, ma non suppliscono al necessario zelo di cui il ministro di Dio, vescovo o
sacerdote, deve essere nutrito. Infatti egli parla del Pontificale come di un libro già
noto e conosciuto, e passa poi a introdurre la propria opera, chiamando il Liber
sacerdotalis come già aveva progettato che dovesse chiamarsi: Sacerdotale.
226
Vedi il secondo capitolo a p. 62.
232
|f. 2r:2-6| Et q[ui]a i[n] libro Po[n]tificali sufficie[n]ter de his, q[uae] ad off[iciu]m
po[n]tificu[m] specta[n]t, diffusius tractat[ur]; op[er][ae] pretiu[m] visum fuit in hoc
libro, q[ue] Sacerdotale nu[n]cupat[ur], ea, qu[ae] ad off[iciu]m curatoru[m]
p[er]tine[n]t, q[ua]e tu[m] deus dederit, inserere
Prosegue però Alberto da Castello a volere fare un’ulteriore premessa, questa
volta non sull’ordine e sul duplice ministero dei vescovi e dei presbiteri, ma sulle
necessarie qualità del sacerdote e del suo ufficio preso nella sua globalità, non solo
nell’amministrazione dei sacramenti, ma considerando i suoi doveri nel loro insieme.
Lascia al Pontificale le considerazioni relative ai vescovi, mentre invece dichiara
di volersi concentrare su quelle relative ai presbiteri:
|f. 2r:16-19| Ueru[m], anteq[ua]m opus hoc necessarium aggrediamur, no[n]nulla
p[er]sona[m] & officiu[m] sacerdotis co[n]cerne[n]tia videnda sunt, que[m] non
modicum decoris & ornamenti huic operi, nec minus vtilitatis ea dilige[n]ter
obseruantibus affere[n]t.
Se dunque si considerano velocemente i preambula da lui posti all’inizio
dell’opera, si può maggiormente constatare lo spessore del suo lavoro e delle sue
fatiche.
4.2.4. Una spiritualità confermata dalla tradizione e dal magistero
Questi dunque gli argomenti toccati da Alberto da Castello in quelli che egli
stesso definisce preambula sequentis operis. Ne vediamo i titoli e vi apporremo alcuni
commenti227.
cap. 1: Preambula quaedam sequentis operis. Unde dicatur sacerdos et unde ortum
habuit sacerdotium, et quid sit officium sacerdotis
cap. 2: Bona vita et sana doctrina sunt necessarie sacerdoti.
cap. 3: Que a sacerdotibus necessario scienda sunt.
cap. 4: Sacerdos parrochialis debet suis subditis predicare:
cap. 5: Que a sacerdotibus sunt suis plebibus predicanda.
cap. 6: Sacerdos ante omnia debet sibi commissos ad fidem catholicam firmiter
tenendam et superstitiones vitandas instruere.
cap. 7: Sacerdos admonere debet fideles qualiter in ecclesia conversari debeant et
qualiter virtutes debeant praedicare et vitia detestari.
cap. 8: Sacerdotes debent monere porcarios et bubulcos ut saltim diebus festis ad
ecclesiam conveniant.
cap. 9: Sacerdos admonere debet populum vt mane et vespere saltim pro se orent: et pro
diuersis plagis occurentibus.
cap. 10: Sacerdos docere debet ciues vt festa solemnia in ciuitatibus agant: et quae sint
festa de praecepto.
227
I titoli completi si trovano nell’appendice dove riporto sia i titoli che figurano nella tabula
contentorum sia i titoli dei capitoli che si ritrovano poi all’interno del testo. Qui riprendo solo i titoli che figurano all’interno del testo.
233
cap. 11: Sacerdos debet monere populum super decimis persoluendis
cap. 12: Sacerdos semper debet secum habere sacrum chrisma: et illud diligenter
conseruare: et in conuiuijs nuptialibus honeste se habere.
cap. 13: Compendiosa admonitio quae fit in concilijs provincialibus seu synodis: de vita
et officijs sacerdotum et clericorum.
Se scorriamo questi preambula appare palesemente la specificità del lavoro
compiuto da Alberto da Castello e la sua peculiarità. Faccio solo notare che lo sforzo
del sacerdote domenicano è stato quello di fondare le sue affermazioni sull’autorità
della sacra scrittura, sui padri autorevoli (si cita quasi sempre e solo s. Agostino), sulla
tradizione autorevole, in particolare una serie numerosa di concili circa l’autenticità dei
quali dovremmo dedicare uno studio a parte, soprattutto con un’analisi complessiva e
critica di tutte le fonti utilizzate.
Dunque prima di ogni antologia di testi liturgici Alberto da Castello sapeva che
era importante chiarire quale dovesse essere lo stile di vita del sacerdote, i libri dai
quali doveva spiritualmente e intellettualmente nutrirsi, lo stile della sua preghiera
quotidiana, il modo concreto di celebrare la Messa e gi altri sacramenti, e, soprattutto,
i doveri nei confronti dei fedeli che gli competono per il ministero che egli ha assunto
nell’ordinazione presbiterale e accettando di adempiere un «ufficio». Sono proprio i
semplici fedeli i destinatari dell’esercizio del sacerdozio per i quali deve nutrire
rispetto, quand’anche vivano una vita cristiana trascurata o una vita simile a quella
degli animali, come gli sfugge di scrivere.
4.2.5. La spiritualità del parroco delineata dai «praembula»
I «praeambula» che Alberto da Castello premette al suo Liber sacerdotalis ci
aiutano a delineare la figura ideale del parroco o del sacerdote curato agli inizi del XVI
secolo.
1. L’ufficio del sacerdote è sostanzialmente la «cura animarum»
Circa l’ufficio – oggi diremmo il ministero – del sacerdote Alberto da Castello trae
le mosse dall’eucologia dell’ordinazione per porne in evidenza i compiti: celebrare la
santa Messa, benedire, presiedere, predicare, battezzare, assolvere (Officium autem
sacerdotum iuxta suae ordinationis canonem est offerre benedicere [...] preesse
predicare baptizare [...] ligare et absolvere). Anche in questo caso tuttavia Alberto da
Castello «fonda» i compiti inerenti l’ufficio sacerdotale su testi teologici e soprattutto
su testi biblici: Gv 20, Ex 14, Deut 14, Lc 4, 1 Cor 9. Corrobora inoltre il proprio discorso
sulla base dell’autorità dei Padri con un lungo passo che Alberto da Castello attribuisce
234
ad Agostino ma che probabilmente è di un certo Teodolfo ai confratelli della diocesi di
Orléans (citato da Baronio, Annali ecclesiastici IX, p. 835), dove, tra l’altro, si dice:
Veraciter nosse debetis et semper meminisse quia nos quibus regendarum animarum
cura commissa est, pro his qui nostra negligentia pereunt, rationem reddituri sumus;
insistendo così sul compito della cura animarum.
2. La «bona vita» o il necessario comportamento del sacerdote
Innanzitutto circa la cura animarum Alberto da Castello evidenzia la necessità di
una rettitudine di vita, quella che egli chiama bona vita.
A partire da quelli che sono definiti concili provinciali o sinodi, Alberto da
Castello raccoglie una serie di ammonizioni (cap. 13) generalmente fatta in seconda
persona plurale e riguardanti il tenore di vita del sacerdote. Tale tenore di vita deve
essere irreprensibile, senza convivere con donne, alzandosi in ore notturne, cantando
l’ufficio nelle ore stabilite, celebrando la messa essendo digiuni, vestendo i prescritti
abiti liturgici, proibendo ad utilizzare tali abiti liturgici per altri scopi; celebrando
devotamente e religiosamente, con suppellettili e biancheria pulita, ecc...
In altri frangenti (cap. 12) Alberto da Castello suggerisce, appoggiandosi ad un
certo concilio Basense ma probabilmente Vasense, concilio della Gallia, che il
sacerdote deve avere con sé il crisma per potere completare la crismazione
eventualmente non ricevuta nel momento del battesimo (nel caso l’infante fosse stato
battezzato urgentemente solamente con l’infusione dell’acqua e l’invocazione
trinitaria). A tal proposito ricorda a partire dal concilio di Valenza che il sacerdote
prima della Pasqua deve chiedere al proprio vescovo il Crisma; a partire dal concilio di
Tours ricorda che il sacerdote ha il compito, una volta ricevuto il crisma, di custodirlo.
Circa il comportamento del sacerdote nei convivi (cap. 12) si rifà ad un concilio di
Neocesarea, ad un concilio africano, ad un concilio antiocheno e poi ad una
immancabile frase di sant’Agostino.
3. L’acquisizione della «sana doctrina» al fine della «cura animarum»
Nel secondo capitolo dei preambula Alberto da Castello insiste sulla sana
doctrina perché ricorda che la bona vita non è di per sé sufficiente all’espletamento
del ministero sacerdotale (f. 3r: et quia etiam bona vita sola non sufficit ad sacerdotem
sine peritia litterarum, quoniam imperitus et indoctus non potest officium sacerdotis
recte complere) e appoggia tale affermazione sulla lettera di papa Gelasio, poi sul
detto di papa Anacleto. Poi viene appoggiata su Dan 12: qui docti fuerint fulgebunt
quasi splendor firmamenti. Ma cita anche Dan 11, e anche Agostino (ma in realtà
trattasi di Teodolfo vescovo di Orléans).
235
È significativo tuttavia che Alberto da Castello, a partire dalle fonti antiche e dagli
atti dei concili a lui famigliari, evidenzi quali siano le conoscenze minime che devono
essere attingibili dal sacerdote per tale sana doctrina.
Innanzitutto ricorda quali debbano essere i libri sui quali attingere tale sana
doctrina. I libri che il sacerdote deve assolutamente possedere o, in ogni caso, avere
disponibile e conoscere (l’affermazione di Alberto da Castello lascia intendere che nella
vita religiosa o canonicale i libri possono essere della comunità e non personali del
sacerdote) sono: liber sacramentorum228, lezionario, antifonario, battisterio (arguisco
che sia il libro per i battesimi), computo, canone penitenziale (per l’amministrazione
del sacramento della penitenza), salterio, omelie per le domeniche del “circolo
dell’anno” (quello che noi chiameremmo “anno liturgico”) e per le singole festività.
Deve inoltre conoscere i canoni ecclesiastici (il diritto canonico) e, circa quest’ultima
affermazione, si basa sulla lettera di Celestino Papa (cap. XX), poi sul concilio d’Orléans
(cap. VI).
4. Obbligo morale del sacerdote di predicare e istruire i fedeli affidati alle sue cure
L’acquisizione della sana doctrina era finalizzata, per Alberto da Castello, a
nutrire la predicazione del sacerdote dove però Alberto sa ben distinguere quella che è
la doctrina, dal ministero della predicazione che è annunzio vivo della parola di Dio o,
come egli afferma, della parola di salvezza, e non semplicemente “trasmissione” della
dottrina acquisita al popolo affidato alle sue cure (cap. 5: Munitus itaque sacerdos et
bona vita et scientia lucida, accingat se ad praedicationis ufficium et secundum sibi
traditam gratiam plebibus suis verbum salutis annuntiet). A tal proposito è
interessante il consiglio da lui offerto ai sacerdoti che sono consapevoli di non essere
dotati nella predicazione. Alberto da Castello sa che l’insegnamento verbale del
sacerdote non si risolve esclusivamente nella predicazione liturgica, ma anche in un
contatto quotidiano con il popolo di Dio, dove la scienza del sacerdote può di fatto
trasparire in una frequentazione quotidiana con il popolo affidato alle sue cure in
modo che i fedeli possano non solo ascoltare le sue parole ma anche confrontarle con
il suo stile di vita (cap. 5: et si est non multa poleat scientia secundum tandem? posse
suum verbo et exemplo omnibus prodesse studeat).
In modo speciale e particolare Alberto da Castello, forte della sua conoscenza
delle decisioni dei sinodi e dei concili, viene anche a considerare quali siano le verità
fondamentali di ogni predicazione che i fedeli devono trovare sulle labbra del
228
Da intendersi come «libro per la celebrazione dei sacramenti»?
236
sacerdote. Alberto da Castello riporta così che il concilio di Rouen (can. 1) aveva
stabilito che si dovesse predicare a tutti genericamente di credere che Padre, Figlio e
Spirito santo sono un unico Dio onnipotente che ha fatto tutte le cose, e che la divinità
la sostanza e la maestà delle tre persone divine è una e unica. Similmente aveva
stabilito (can. 2) che si dovesse predicare che il Figlio di Dio si è incarnato dallo Spirito
santo da Maria vergine per la salvezza del genere umano, che ha patito, è stato sepolto
e che il terzo giorno è risuscitato e che è asceso al cielo e che alla fine del mondo verrà
a giudicare tutti gli uomini secondo le proprie opere e che gli empi finiranno nel fuoco
eterno con il diavolo mentre i giusti saranno eternamente con Cristo.
Dati i problemi relativi all’ignoranza del latino anche tra il clero – come
testimoniato dallo stesso concilio Lateranense V di pochi anni precedente – Alberto da
Castello (cap. 5) cita il concilio di Reims (can. 2) che aveva stabilito che tutti
conoscessero sia in latino che in lingua volgare la preghiera del Signore, il padre
nostro, e anche il simbolo degli apostoli, e che aveva disposto che ciò che si pronuncia
con le labbra fosse creduto con il cuore.
Inoltre, poiché egli ben sapeva che per la formazione del clero non era necessaria
solo la conoscenza a memoria delle formule fondamentali, ma anche la comprensione
delle verità da esse espresse e l’adesione intima a tali verità, raccomanda (cap. 6) che
tutte le verità di fede siano abbracciate fermamente respingendo tutto ciò che gli è
contrario (f. 4v: quia vero fides super omnia inconcusse et firmiter tenenda est et
omnia dyaboli figmenta ipsi fidei adversantia propulsanda sunt). Inoltre è consapevole
che il sacerdote debba mettere in guardia su tutte le possibili deviazioni dalla fede
(cap. 6, f. 4v: sacerdos admonere populum debet de sortilegiis praestigiis
incantantionibus observationibus temporum et rerum) consistenti in pratiche magiche
o superstizioni relative al calcolo di giorni particolari o all’uso di oggetti particolari.
5. I contenuti fondamentali della predicazione in ordine alla morale
In un capitolo introduttivo (cap. 7) Alberto da Castello tratta degli elementi
fondamentali della morale che il sacerdote è tenuto ad insegnare nella sua
predicazione. Sulla base del concilio di Tours e di Reims indica le istruzioni da dare ai
fedeli: non fare schiamazzi quando si entra in chiesa, non chiaccherare quando ci si
ferma in essa per pregare, che quando ci si trova in essa durante le celebrazioni solenni
ci si guardi dalle parole inutili e dai pensieri pericolosi, ecc... Ciò che più sorprende
negli ammonimenti del padre domenicano è che tali insegnamenti morali sono
accompagnati da utili suggerimenti al sacerdote che è richiamato ad inserirli in una
predicazione che richiami l’amore di Dio e del prossimo oltre alla della fede e alla
237
speranza da riporre in Dio, ai peccati che rendono schiavi del demonio e che sono
enumerati dall’apostolo (Paolo ), fornicazione, sporcizia, lussuria, idolatria, stregoneria,
inimicizia, ecc...
Contrariamente a quanto sembra volere richiamare in un titolo dei praeambula
(cap. 8) in modo moralistico, cioè il dovere dei predicatori di ricordare a porcari,
bifolchi, pastori, contadini, boscaioli (ut bubulcos atque porcarios vel alios pastores vel
aratores qui in agris assidue commorantur vel in silvis) il proprio dovere cristiano di
venire o permettere di venire alla Messa, mostra in modo straordinario l’afflato
evangelico e lo zelo pastorale di cui era animato. Infatti Alberto da Castello ricorda che
il Cristo non venne nel mondo tra oratori e nobili, ma scelse i propri discepoli tra
pescatori e idioti (...) e ricorda che furono i pastori i primi ai quali fu rivolto l’annuncio
del vangelo. Dimostra dunque di avere acquisito e personalmente rielaborato una
teologia del vangelo quale messaggio di salvezza e di avere a lungo meditato sia sui
testi biblici che sulle vicende bibliche in essi narrati.
Raccogliendo diverse indicazioni (cap. 9) attinte dalla tradizione cristiana e in
particolare dal concilio di Arles, ricorda il dovere di educare il popolo a pregare almeno
due volte al giorno al mattino e alla sera con alcune particolari preghiere: o con
simbolo e padre nostro, o con l’orazione qui plasmasti me miserere mei; o Deus
propitius esto mihi peccatori; e a fare preghiere di ringraziamento (f. 6r-v).
A partire dal concilio Agathense (f. 6v-7r), Alberto da Castello ricorda il dovere
dei predicatori d’insegnare ai cittadini (cives) a celebrare le grandi feste (Pasqua,
Natale, Pentecoste) con i vescovi, salvi i casi di malattia, e a privare della comunione
quanti avessero trasgredito tale norma. Ricorda inoltre che il sacerdote deve insegnare
quali siano i giorni festivi nei quali fare festa; passa così ad enumerare a partire da un
canone conciliare (dal concilio di Lione, can. 4) le feste di precetto dell’anno liturgico:
le domenche, Natale del Signore, santo Stefano, San Giovanni evangelista, Innocenti,
San Silvestro, ottava del Signore, Teofania (Epifania), Purificazione della beata vergine,
santa Pasqua e tutta l’ottava, tre giorni in occasione delle rogazioni, Ascensione del
Signore, i santi giorni di Pentecoste; festa del corpo di Cristo, san Giovanni battista, le
feste dei dodici apostoli soprattutto san Pietro e Paolo; san Lorenzo, Assunzione della
Vergine Madre, natività di Maria, dedicazione della basilica di san Michele arcangelo,
la dedicazione di un qualsiasi oratorio, tutti i santi, san Martino, e tutte le festività
indette dai singoli vescovi alle quali sono tenuti quanti abitano nelle vicinanze.
Interessante è inoltre il richiamo che Alberto da Castello fa al sacerdote riguardo
all’insegnamento che deve essere trasmesso ai fedeli circa il dovere di contribuire alle
238
necessità della Chiesa e che lui chiama dovere di offrire le decime a Dio (de decimis Deo
persolvendis). Tale insegnamento viene fondato sul concilio di Magonza che, a sua
volta, si basava su una frase di s. Agostino, la quale però è falsamente attribuita ad
Agostino. Come è stato mostrato in studi recenti229 circolavano collezioni di canoni
attribuite al concilio di Magonza (847) (Alberto da Castello li cita come canoni o capitoli
4 e 38) ma che in realtà si trovano già in Wilfrido Strabone nel suo De exordiis et
incrementis rerum ecclesiasticarum scritto tra l’840 e l’842. Si cita inoltre un concilio di
Nantes (canone 159).
Si conferma in tale frangente che Alberto da Castello si rifaceva a fonti, in questi
casi, di seconda mano, cioè documenti che al tempo godevano di autorevolezza, ma
che intuiamo dovrebbero essere messi al vaglio critico degli studiosi. Solo un eventuale
lavoro sistematico sulle fonti utilizzate da Alberto da Castello nel suo Sacerdotale ci
permetterà di fare qualche passo in più in tal senso. Non è però nel presente studio
che possiamo azzardarci a tale impresa.
4.2.6. Intenzionale fissazione della norma per la celebrazione dei sacramenti
Se precedentemente in merito all’unitarietà dell’opera abbiamo fatto parlare i
documenti riconducibili allo stesso Alberto da Castello, veniamo ora ai documenti che
non sono riconducibili a lui, ma alle persone che esaminarono il suo Liber sacerdotalis.
Alcuni stralci della lettera di Leone X, che qui riportiamo per comodità, sono assai
significativi.
1. Exponi nobis nup[er] fecit dilectus filius Albertus de Castello Venetus ordinis
praedicator[um] professor, q[uod] ipse q[ui] summis uigiliis ac laboribus p[ro] utilitate
Rector[um], praesertim parrochialium ecclesiar[um] curam animar[um] earundem
habentium, ut officium eis com[m]issum recte explere possint, libr[um] sacerdotalem
appellatu[m] ex sacra Bibliotheca apostolica et s[an]ctor[um] doctor[um]
catholicor[um] et sacror[um] canonum scriptis et institutionibus a se excerptu[m] et
collectum co[m]posuerit:
2. que[m] per dilectum filiu[m] Silvestru[m] de Prierio præfati ordinis p[ro]fessorem et
Mag[ist]r[u]m sacri palatii nostri apostolici inspici et terminari fecimus, (...)
4. Manda[n]tes omnibus personis ecclesiasticis in uirtute sanctae obedientiae ut
eundem librum postq[uam] ille impressus fuerit sequi, / et ecclesiastica sacramenta
iuxta formam in eo traditam ministrare et exercere teneantur.
229
Giorgio PICASSO, «Sacri Canones et monastica regula». Disciplina canonica e vita monastica nella
società medievale, ed. Vita e Pensiero, Milano 2006, p. 355-356.
239
Quella che abbiamo chiamato la finalità sacerdotale, pastorale e spirituale del
volume è stata assai bene colta da Leone X o almeno da chi, nella sua curia, ha steso il
testo della lettera per la sua firma.
Ha esattamente compreso che i destinatari dell’opera sono i Rettori e
soprattutto i sacerdoti delle chiese parrocchiali che sono “in cura d’anime” (§1: pro
utilitate Rectorum, praesertim parrochialium ecclesiarum) ma ha compreso che la
finalità non riguarda solo l’amministrazione dei sacramenti (§4: ecclesiastica
sacramenta iuxta formam in eo traditam ministrare et exercere teneantur), ma l’intero
loro ministero, l’«ufficio» loro affidato (§1: ut officium eis commissum recte explere
possint).
Di questo rinnovato esercizio dell’officium, il ministero diremmo oggi, non
saranno beneficiari i soli sacerdoti, bensi anche i fedeli che sono i destinatari dell’opera
e del ministero dei sacerdoti (§1: curam animarum earundem habentium).
Possiamo pensare che tale finalità sia stata colta da Leone X – o chi per lui – dalla
semplice lettura del frontespizio o del titolo interno all’opera (quello che nell’edizione
stampata diventerà il foglio 1r) più che dall’esame analitico del contenuto? Tali testi
infatti così recitavano:
Frontespizio
Liber Sacerdotalis nuperrime ex libris sancte Romane ecclesie &
quarundam aliarum ecclesiarum: & ex antiquis codicibus apostolice
bibliothece: & ex iurium santionibus & ex doctorum ecclesiasticorum scriptis
ad Reuerendorum patrum sacerdotum parrochialium & aliarum curam
habentium commodum collectus atque compositus: ac auctoritate Sanctissimi
D. Domini nostri Leonis decimi approbatus.
In quo continentur & officia omnium sacramentorum & resolutiones
omnium dubiorum ad ea pertinentium: Et omnia alia quae a sacerdotibus fieri
possunt:
quae quam sint pulchra & utilia ex indice collige
Titolo precedente l’incipit
Libri sacerdotalis de officio sacerdotis curati & omnibus ad a[n]i[m]ar[um]
curam p[er]tinentibus & sacramentor[um] exhibitionibus cum eor[um] annexis
s[ecundu]m ritum Sa[n]cte Romane & ap[osto]lice eccl[es]ie et aliar[um]
e[n]i[m] eccl[es]iar[um] vsib[us] acco[m]modati prohemium.
Se si constata che anche il frontespizio invitava a cogliere la preziosità del
contenuto nell’indice minuzioso che Alberto da Castello aveva desiderato tale, si può
desumere che Leone X – o chi per lui – potesse avere letto solo il frontespizio, l’indice
240
nella sua minuziosità, letto il titolo interno del proemio e scorso frettolosamente il
volume.
Tuttavia dal momento che la lettera di Leone X usa anche il vocabolo terminari, si
può desumere che l’esame sia stato piuttosto minuzioso se viene chiesto ad Alberto da
Castello di “integrare” il suo volume con alcuni sermoni, come egli stesso ammette
nella sua postfazione.
Che l’esame di Leone X sia stato approfondito o no, che la sua lettera sia stata
stilata dopo esame minuzioso del suo contenuto o dopo avere scorso frettolosamente
frontespizio e indice con qualche verifica interna a mo’ di saggio, io constato che, nero
su bianco, la finalità del volume che definisco di “spiritualità sacerdotale” e di
“uniformazione liturgica” è stata colta.
Personalmente tuttavia propendo per una risposta negativa alla domanda
suesposta. L’affermazione di Leone X – o chi per lui – non scaturisce da un esame
sommario del volume, né da una lettura attenta dei soli titoli e dell’indice e da qualche
frettoloso saggio di lettura del contenuto. Si sarebbe proceduto con ampie ed
ampollose lodi ed elogi di circostanza e non si sarebbe proceduto invece, come
avvenne, a «comandare» di utilizzare tale modalità nell’amministrazione dei
sacramenti una volta che fosse stata portata a compimento la stampa del volume. Pur
se tale ingiunzione raccoglie una serie di contraddizioni presenti nella lettera stessa,
essa è significativa.
4.2.7. Il futuro “rituale” del sacerdote nello svolgimento ordinario del suo
ministero
Tra i documenti che non sono riconducibili direttamente ad Alberto da Castello e
che tuttavia lasciano il loro giudizio circa il suo Liber sacerdotalis c’è anche la poesia di
Alessandro Gaboardo che viene posposta all’indice nell’edizione del 1523.
La presentazione della poesia e le notizie sommarie riguardanti il Gaboardo
nonché le ipotesi che si possono fare circa la data di composizione della poesia le ho
già trattate nel secondo capitolo230.
Ora prendo in considerazione quanto il Gaboardo afferma circa l’unitarietà
dell’opera e il suo fine. Infatti Gaboardo testimonia che «Alberto, dopo aver cercato in
varie parti del mondo, offrì ciò che da lungo tempo era nascosto» (Albertus varias
mundi spaciatus ad oras protulit in medium que latuere diu). La specificazione di
quanto «era da lungo tempo nascosto» (latere diu) la si intuisce nella prosecuzione
230
Vedi la sezione 2.2.6. del primo capitolo, p. 59 con il testo e la traduzione della poesia.
241
della poesia perché il Gaboardo ha compreso che Alberto da Castello riunisce «i divini
dogmi dei Pontefici fondati sopra i vari concili» (candidus accipiat diuini dogmata
lector pontificum varijs condita concilijs) in quanto raduna quanto stabilito dai concili e
dai sommi pontefici per ciò che attiene agli obblighi (munia) e all’ufficio (officium) del
sacerdote.
Il Gaboardo intuisce che ci si trova di fronte ad un libro liturgico in fieri perché «il
confessor e ogni presbitero potrà portare questo al suo servizio; vi troverà i riti che
secondo la norma il sacerdote può trattare» (confessor et omnis presbiter hoc poterit
munere ferre modum inveniet tandem ritus quos rite sacerdos pertractare potest):
dunque il ferre fa riferimento all’uso del volume durante l’esercizio del ministero e
l’inveniet ritus alla collazione dei rituali celebrabili dal sacerdote (quos rite sacerdos
pertractare potest).
Ma il Gaboardo ha intuito che ci si trova di fronte anche ad un libro di spiritualità
sacerdotale, perché non accenna solo a ciò che il Sacerdote deve celebrare secondo il
proprio ufficio, ma anche ciò che deve rifuggire. Può darsi che avesse presente i
defectus del trattato del Burcardo che Alberto da Castello va ad inserire nel proprio
volume, ma può darsi che avesse più semplicemente presente il proemio dell’opera
inerente i doveri del sacerdote.
Certo non possiamo pretendere da un testo poetico una testimonianza decisiva e
inequivocabile sull’opera che Alberto da Castello stava ancora redigendo; ritengo
tuttavia che tale testimonianza, proprio per la sua concisione e per la necessità di
dovere dire con poche parole qualcosa del volume – non di ciò che era, in quanto
probabilmente il Gaboardo forse la consultò solo in fieri o forse ne fu soltanto
verbalmente informato da Alberto da Castello– è di notevole importanza.
4.3. Elementi che evidenziano la struttura tripartita dell’opera
L’altro aspetto che desidero mettere in luce, cioè la tripartizione dell’opera, non
era solo un un elemento che appariva agli occhi del Patriarca o del notaio della sua
Curia nel suo documento di imprimatur, ma corrisponde di fatto all’esatto progetto e
finalità dell’opera concepita da Alberto da Castello, anche se poi a questa tripartizione
lo stesso Alberto deve ammettere di avere aggiunto altre cose utili e necessarie che
242
non erano previste nel suo originario piano tripartito, e che, in parte, egli stesso non
aveva voluto collocare nelle tre grandi categorie desunte dal pontificale e, in parte, gli
era stato suggerito di aggiungere da parte di altri.
Ma vediamo i diversi documenti che possono dimostrare tale tripartizione. A
questo proposito considereremo i documenti riconducibili ad Alberto da Castello: la
postfazione dell’autore, la strutturazione della materia così come si evince dalla tabula
contentorum, la prefazione al Pontificale da lui riveduto.
4.3.1. La postfazione
Così Alberto da Castello medesimo presentava la strutturazione della propria
opera nella postfazione.
2. In prima siquidem parte sacerdos quilibet qualiter viuere, quid discere,
quidve docere debeat: ecclasiastica [sic!] sacramenta & illis annexa &
accessoria qualiter c[on]ficienda ministranda exercenda & c[on]seruanda sint
luce clarius inueniet: ita vt nil necessarium opportunumq[u]e eius ministerio sit
pretermissum.
3. In secunda benedictiones diuerse ad sacerdotem non episcopum
pertine[n]tes in magno numero assignantur.
4. In tertia & vltima parte ritus processionum tam ordinariar[um] q[ua]m
extraordinariar[um] plenissime exarantur.
5. Adiunguntur insuper tractatus computi ecclesiastici & compendium
regular[um] musicalium: cum exorcismis & c[on]iurationibus demoniacor[um]
& c[on]tra tempestates ingruentes.
6. Nouissime ad aliquor[um] instantiam quidam breues Sermones per
sacerdotem ad populum habendi in aliquibus solennitatibus & tempore
c[on]tractus nuptiar[um] & electionis plebani vernacula & vulgari lingua
pronuntiandi positi sunt.
Dunque egli concepiva l’opera secondo una struttura tripartita (sacramenti,
benedizioni, processioni) che però, dopo la terza parte, prevedeva due inserzioni.
Una prima inserzione conteneva il computo ecclesiastico, il compendio di
musica, esorcismi contro gli indemoniati, scongiuri contro le grandinate.
Una seconda inserzione si desume che gli sia stata suggerita da altri al momento
della revisione dell’opera. Tali suggerimenti sembra abbiano portato Alberto da
Castello ad aggiungere alcuni sermoni (da tenere però in lingua volgare) in alcune
circostanze della vita pastorale nelle quali era opportuno che la predicazione fosse
maggiormente qualificata quanto a contenuti: le solennità dell’anno liturgico, i
matrimoni, l’elezione di un pievano.
243
4.3.2. La disposizione della materia assai strutturata
Se si esamina l’opera in sé e i titoli apposti all’inizio delle tre parti e un avviso
conclusivo alla loro fine, quelle parti alle quali nella postfazione ci si riferisce come se
fossero collocate successivamente alla terza parte (adiunguntur), comprendiamo che
Alberto da Castello le aveva successivamente fatte ricadere dentro la terza parte che,
pertanto, possiamo ritenere che in un certo senso le comprenda e della quale non
sono un’appendice estranea, pur non appartenendo al piano originario dell’opera.
Anche nella prima parte egli raccoglie i capitoli relativi a ciascun sacramento
entro sezioni che egli chiama “trattati”. Pertanto fa ricadere nel quarto trattato
relativo all’eucaristia sia il trattato de defectibus, sia il trattato de horis canonicis, sia
un’altra appendice dove porre altre questioni relative alla comunione eucaristica.
Così al quinto trattato relativo al sacramento dell’estrema unzione, egli
aggiungeva il de annexis seu concomitantibus hoc sacramentum particula.
Se pertanto si esamina la struttura generale emerge chiaramente che la maggior
parte dell’opera è dedicata alla celebrazione dei sacramenti e di quanto è ad essi
annesso e accessorio.
I parte f. 2r-200v Spiritualità sacerdotale e la celebrazione dei
sacramenti
II parte f. 201r-243v Le benedizioni
III parte f. 244r-367r Le processioni e altre cose necessarie
Se invece si considera la struttura più articolata e il suo corrispettivo in fogli,
avremo invece:
I parte f. 2r-200v Spiritualità sacerdotale e celebrazione dei sacramenti
f. 2r-10r Il sacerdote e il suo ministero pastorale
I trattato
f. 10v-29v Il battesimo
II trattato
f. 30r-42r Il matrimonio
III trattato
f. 42v-68v La penitenza
IV trattato
f. 68v-107r L’eucaristia
f. 107r-109r Le ore canoniche
244
f. 109r-112v La comunione eucaristica
f. 112v-114r la custodia del sacramento
V trattato
f. 114v-119v l’estrema unzione
f. 119v-200v uffici annessi dopo il decesso
II parte f. 201r-
243v
Le benedizioni
f. 201r-202r Proemio circa le benedizioni e il loro genere
f. 202v Benedizione dell’acqua per aspergere il
popolo
f. 202v-205r Benedizione del sale e dell’acqua
f. 205r-212v Benedizione dell’acqua la vigilia dell’Epifania
f. 212v-213r Aspersione dell’acqua benedetta nelle case
f. 213r-214r Benedizione dell’oro, incenso e mirra
nell’Epifania
f. 214r-214v Ammonizione al popolo circa confessione e
digiuno di quaresima
f. 214v-216v Benedizione delle ceneri
f. 216v-217r Benedizione dell’immagine della B.V. Maria
f. 217r-217v Benedizione delle ancone
f. 217v-243v [seguono un’altra settantina di benedizioni]
III parte f. 244r-
367r
Le processioni e altre cose necessarie
f. 244r-316v Le processioni
f. 317r-333v computo ecclesiastico
f. 334r-344v Compendio di musica + rivelazione a santa
Brigida
f. 344v-363r Esorcismi
f. 363v scongiuri contro le grandinate
f. 364r-367r Sermoni per diverse circostanze
Se si considera l’opera non come estensione di fogli, ma come numero di capitoli
(la cui lunghezza può variare) avremo i seguenti dati: 346 capitoli dai quali si devono
togliere i 13 titoli per un totale di 333 capitoli.
245
VOCI DELL’INDICE CORRISPONDENTI A CAPITOLI tabula
I parte
dedicati alle premesse sul sacerdote 15
dedicati al sacramento del battesimo 12
dedicati al sacramento del matrimonio 12
dedicati al sacramento della penitenza 26
dedicati al sacramento dell’eucaristia, ai «defectus» e alla «particula II»231 60
dedicati alle ore canoniche 10
dedicati all’unzione degli infermi e a quanto annesso (sepoltura) 42
totale 177
II parte
dedicati alle benedizioni 73
III parte
dedicati alle processioni e ad altre aggiunte 83
4.3.3. La struttura tripartita parallela al Pontificale
Abbiamo già visto all’inizio del presente capitolo che il Patriarca riconosceva
nella struttura tripartita del Liber sacerdotalis un evidente e ricercato corrispettivo
della tripartizione di quello che allora era chiamato liber pontificalis e che oggi
chiameremmo più semplicemente Pontificale.
Il richiamo era evidentemente al Pontificale che Alberto da Castello aveva
contribuito a riportare alla sua originaria integrità. Infatti così scrive C. Folsom riguardo
al Pontificale:
L’editio princeps del pontificale romano fu pubblicata nel 1485; era una versione corretta e aggiornata del pontificale di Guglielmo Durando, edita da Piccolomini e Burchard: gli stessi maestri di cerimonie che scrissero sia un cerimoniale per il papa che uno per i viescovi, come già menzionato. In questa nuova edizione furono soppressi gli elementi antiquati (come l’espulsione dei penitenti il mercoledì delle ceneri e la loro riconciliazione il giovedì santo), vennero aggiunte istruzioni di rubrica e fu eliminato tutto ciò che non competeva esclusivamente ai vescovi. Una seconda edizione fu pubblicata nel 1497 da Burchard e Giacomo de Luzzi, e conteneva diverse piccole modifiche; fu ristampata diverse volte. Alberto Castellani, un famoso editore di testi liturgici (che pubblicò anche un rituale, come vedremo in seguito) intraprese una revisione del pontificale (1520), per reinserire certi capitoli del pontificale di Guglielmo Durando che erano stati omessi nelle edizioni più recenti. Sebbene esistessero diverse ristampe per tutto il sec. XVI, con variazioni minori, il testo rimase sostanzialmente lo
231
Questa «particula secunda» riguardante il sacramento dell’eucaristia è stato posto nella sezione
dedicata all’ufficio divino, segno che forse fu aggiunta mentre il lavoro di impaginazione era già avanzato e si dovette arrivare probabilmente a compromessi tipografici.
246
stesso. Questo Pontificale Romanum fu promulgato per l’intera Chiesa latina da papa Clemente VIII nel 1595. Alcuni cambiamenti minori vennero apportati da Urbano VIII e Benedetto XIV, ma fino a papa Paolo VI, il pontificale rimase fondamentalmente quello di Piccolomini-Burchard, che era in sostanza quello di Guglielmo Durando232.
Ora, come scrive lo stesso Folsom, il merito e il vantaggio del Pontificale di
Guglielmo Durando – sulla base del quale Alberto da Castello apportò le proprie
correzioni e integrazioni al Pontificale romanum che omaggiò a Leone X – era quello
di avere una struttura chiara. Il contenuto si divide in tre parti: 1) ordinazione, consacrazione e benedizione delle persone; 2) consacrazione e benedizione degli oggetti; 3) altre celebrazioni (...) Grazie alla sua chiarezza e praticità, presto cominciò ad imporsi, e divenne il fondamento di tutte le edizioni successive del pontificale romano233.
Che questa fosse la suddivisione del pontificale ben chiara anche ad Alberto da
Castello lo si può evincere dalla struttura del Pontificale che egli stesso dichiara
all’inizio del pontificale da lui riveduto nel 1520 e dedicato a Leone X. Scrive234:
Pontificalis ordinis liber incipit. In quo ea tantum ordinata sunt, que ad
officium pontificis pertinent.
Qui tres in se partes continet. In quarum prima de benedictionibus et
consecrationibus personarum. In secunda de consecrationibus et
benedictionibus rerum. In tertia vero de quibusdam sacramentis et
ecclesiasticis officijs agitur.
Appare assolutamente evidente che il Pontificale deve contenere solo ciò che è
specifico del Pontefice, cioè del Vescovo. Ma che fosse ai suoi occhi evidente che in
parallelo al Pontificale ci dovesse essere anche il Sacerdotale lo dichiara egli stesso
sempre nella dedica del Pontificale a Leone X all’epoca della quale il Sacerdotale, come
egli già lo chiama, doveva già essere pronto. Scrive:
Ut ipse T[uae] S[anctitatis] humil[l]imus servulus accendar ad
deprome[n]du[m] sacerdotale opusculu[m] q[uo]d hac hyeme d[omi]no
largie[n]te pro parochialibus sacerdotibus a me iam c[on]fectu[m] et
completum ex sacre bibliothece ap[osto]lice fonte perenni undequaq[ua]m
collectum non minoris utilitatis q[ua]m po[n]tificale nec inferioris fructus pro
animarum salute impressoribus trada[m].
232
Cassian FOLSOM, I libri liturgici romani, in Scientia Liturgica. Manuale di liturgia 1 (Introduzione alla
liturgia) a cura di Anscar J. CHUPUNGCO, p. 326. 233
Cassian FOLSOM, I libri liturgici romani, p. 326. 234
Ho consultato non l’edizione del 1520, che non ho reperito, ma la ristampa del 1542: Pontificale
secundum ritum sacrosancte Romane ecclesie cum multis additionibus opportunis ex apostolica bibliotheca sumptis et alias non impressis quarum brevis index post epistolam S. Domino Domino nostro pape dicatam statim sese offert. Aptissimis figuris gestus et motus personarum ex officiorum decoro exprimentibus excultum. Quottationibus etiam marginalibus auctoritatum sacre pagine in eo existentium quo libro quoto quoque capite habeantur signatum. Opus sane laudabile atque divinum, Lione 1542. L’opera si trova sul web: cf. Google books: http://books.google.it/books?id=6ANH7q_a5jUC.
247
Ut sicut episcopus in pontificali ita curatus in sacerdotali que ad eorum
officium spectant in promptu habeant et devote exequantur.
C’era dunque un progetto assai chiaro nella mente di Alberto da Castello, e
questo era già definito nel momento in cui preparava il Pontificale: un libro liturgico
alla pari del Pontificale, questa volta per i sacerdoti e, proprio per questo, si sarebbe
dovuto chiamare Sacerdotale.
4.4. Confronto con libri analoghi del XV e XVI secolo
La situazione dei libri liturgici che il sacerdote doveva e poteva usare
nell’esercizio del proprio ministero, se si eccettuano il Missale e il breviarium, agli inizi
del XVI secolo era piuttosto complicata. Tale situazione di grande diversità non nasceva
dal nulla. Infatti, come scrive il Nocent sintetizzando un articolo di G.Löw235 di alcuni
anni precedente:
Il IV Concilio di Toledo (a. 633) con il suo can. 26 prescriveva che il presbitero al momento di essere assegnato ad una parrocchia, ricevesse dal suo vescovo un «officiale libellum» in modo da non incorrere in errori nella celebrazione dei «divini sacramenti». Ammesso che un tale libro debba identificarsi in qualche modo con il Rituale, di fatto bisognerà attendere il sec. XII prima di trovare un libro del genere, e anch'esso in uso di un monastero: è il Rituale di S. Floriano finché al sec. XIV cominceranno ad apparire libri sotto nomi diversi, ma di contenuto più o meno identico: Agenda, Ordinarium, Manuale, Liber agendorum. Ma in pratica si deve ritenere che i presbiteri in cura d’anime si approntassero privatamente un proprio rituale236.
Naturalmente si devono fare alcune precisazioni sui termini. Nei primi anni del
XVI secolo erano comparsi sia l’ordinarium missae di Giovanni Burcardo così come
l’ordinarium sacramentorum o ordinarium de administratione sacramentorum di varie
diocesi237. Il termine ordinarium finiva così per indicare il libro che conteneva un ordo
di qualche celebrazione.
235
Giuseppe LÖW, Rituale romano, in Enciclopedia Cattolica XXIV, Sansoni, Firenze 1953, coll. 1010-
1016. 236
Adrien NOCENT, Storia dei libri liturgici romani, p. 170. 237
Come, ad esempio, l’Ordinarium de administratione sacramentorum cum pluribus additionibus
adeo necessariis secundum ritum alme sedis maioricensis, Maiorca 1499.
248
Alla fine del XV secolo il nome più usato, prevalentemente nel nord europa, era
l’obsequiale seu benedictionale238. Si usava inoltre il termine ceremoniale.
Si deve tuttavia tenere conto di quanto scriveva sempre Nocent circa la necessità
di un lavoro di ricerca sui rituali medievali, sulla difficoltà della loro inventariazione,
catalogazione e classificazione:
In questo senso, dal punto di vista della storia della Liturgia locale, il Rituale è un libro del massimo interesse. D'altra parte proprio questo suo carattere eminentemente «locale», che implica spesso tutta una serie di adattamenti, rende difficile una classificazione dei manoscritti che rimangono. Non per nulla ancora si attende e forse si dovrà attendere per molto tempo ancora tanto l'inventario dei Rituali già reperiti o ancora da reperire, quanto la loro analisi e la loro classificazione.239
4.4.1. Il «tractatus sacerdotalis» di Nicoalus de Blony: un trattato teologico
con attenzione ad alcuni problemi celebrativi
Uno dei libri che, precedentemente alla diffusione del Liber sacerdotalis, ebbe
maggiore diffusione tra il clero non solo italiano, fu senza dubbio l’opera di Nicolaus de
Blony240, pregevole in particolare per la trattazione sistematica dei sacramenti. Un
passaggio dell’opera di Alberto da Castello, al foglio 2v, può lasciarci intendere che
l’opera che sarà denominata nelle edizioni più tardive – quale quella di Salamanca del
1500 – con il motto evangelico medice cura teipsum doveva essergli nota:
Accipies exemplar a sacerdotibus; sive bene vivendi, ne forte eis evangelicum illud obiiciatur Medice cura te ipsum Luce IIII et ne iuxta dictum apostoli 1Cor IX cum aliis bene predicauerint, ipsi reprobi efficiantur (...)
Già a breve distanza dall’invenzione della stampa, risultano incunaboli dedicati
alla stampa del Tractatus sacerdotalis utilissimus domini Nicolai de Ploue... de
sacramentis et diuinis officijs, pubblicato a Breslavia da Caspar Elyan attorno al 1475,
poi pubblicato a Strassburgo nel 1486 da Johann Prüss, poi sempre a Strassburgo da
Jordanus de Quedlinburg nel 1487, poi da Martin Flach nel 1488 nel 1490 nel 1492 nel
1493 poi nel 1496 e nel 1499; quindi a Pamplona nel da Arnaldo Guillen de Brocar in
data 30 gennaio 1499; poi a Salamanca da Juan Giesser nel 1500241. Si procedette a
238
Obsequiale seu benedictionale, Bressanone 1493. 239
Adrien NOCENT, Storia dei libri liturgici romani, p. 170. 240
L’autore è citato nelle fonti antiche come Nicolaus De Ploue oppure “de Plove” o “de Plowe”. In
Google Books è stato catalogato come “Nicolaus de Blony” ma lo si ritrova anche come “de Blonie” o “de Blonié” o “de Blone”. Vedi l’ICCU in Edit16 che dà le seguenti informazioni: Teologo e canonista polacco, cappellano del vescovo di Poznan, attivo intorno alla metà del XV secolo (http://edit16.iccu.sbn.it/scripts/iccu_ext2.dll?fn=11&res=6739).
241 Nicolaus DE PLOVE, Tractatus sacerdotalis de sacramentis deque divinis officijs: & eoru(m)
administratio(n)ibus valde vtilis ac pernecessarius cunctis fidelibus et presertim omnibus ecclesiasticis: editus a reuerendo et eximio Nicolao decretorum doctore dignissimo, impressus per
249
ristampare il Tractatus sacerdotalis utilissimus242 a Parigi qualche anno dopo nel
1516243, e poi ancora nel 1545244. Altre ristampe del Tractatus sacerdotalis de
sacramentis seguirono a Parigi nel 1551245, e a Lione nel 1553246 e nel 1561247.
Sempre nel 1500 erano comparsi – oltre al suo Tractatus sacerdotalis – alcuni
volumi sui sacramenti e la loro amministrazione quali il Tractatus de sacramentis
deque divinis officiis "Medice cura teipsum"248 nonché il De administratione
sacramentorum249.
L’idea di Nicola de Blony era certamente eccellente perché il suo intento era di
fornire uno strumento sia al clero che ai laici finalizzato ad amministrare gli uni e a
fruire gli altri i sacramenti nel modo più fruttuoso possibile per la vita dello spirito.
Se si analizza tuttavia il suo volume, benché alcune edizioni siano pensate per
essere tascabili ed altre meno tascabili, emerge con chiarezza che ci si trova di fronte a
trattazioni, dove si parla sì dei problemi nei quali si può incorrere nell’amministrazione
dei sacramenti, ma che tuttavia non si possono leggere durante l’amministrazione dei
medesimi semplicemente perché presuppone l’esistenza e l’utilizzo di un rituale che il
Arnaldum guillermum de Brocario, Lugdunij 1503. Sembra essere a prima vista il medesimo trattato che verrà stampato una decina di anni dopo, Tractatus sacerdotalis utilissimus d(omi)ni Nicolai de Ploue ... : de expositio(n)e misse, De dicendis horis canonicis, De sente(n)tia excommunicationis et suspe(n)sionis, De interdicto ecclesiastico, De irregularitate, impensis Joha(n)nis Parui, Parisijs 1514. All’edizione del 1514 seguì a breve l’edizione del 1516 che aggiungeva il trattato falsamente attribuito a Tommaso d’Aquino sulla confessione Tractatus Sacerdotalis vtilissimus d[omi]ni Nicolai de ploue ... de sacrame[n]tis et diuinis officijs : scilicet De expositione misse. De dicendis horis canonicis .... Superadditum est in fine huius Tractatus Confessionale beati Thome de aquino, Berthold de Rembolt, Parisijs 1516. Altre ristampe seguirono.
242 Nicolaus DE PLOVE, Tractatus sacerdotalis utilissimus d(omi)ni Nicolai de Ploue ... : de expositio(n)e
misse, De dicendis horis canonicis, De sente(n)tia excommunicationis et suspe(n)sionis, De interdicto ecclesiastico, De irregularitate, impensis Joha(n)nis Parui, Parisijs 1514.
243 Nicolaus DE PLOVE, Tractatus Sacerdotalis vtilissimus d[omi]ni Nicolai de ploue ... de sacrame[n]tis
et diuinis officijs : scilicet De expositione misse. De dicendis horis canonicis .... Superadditum est in fine huius Tractatus Confessionale beati Thome de aquino, Berthold de Rembolt, Parisijs 1516.
244 Nicolaus DE PLOVE, Tractatus sacerdotalis de ecclesiasticis sacramentis ac debitis eorum
administrationibus deq[ue] censuris [ecclesiasticis] canonice obseruandis..., ed. Pedro Bernuz, Jean Gerson, Bartolomé de Nájera, de Lapide Johannes, 1545.
245 Pubblicato a Parigi. Non ho reperito ulteriori informazioni circa tale edizione.
246 Nicolaus DE PLOVE, Tractatus sacerdotalis de sacramentis deque divinis officijs: & eoru(m)
administratio(n)ibus valde vtilis ac pernecessarius cunctis fidelibus et presertim omnibus ecclesiasticis: editus a reuerendo et eximio Nicolao decretorum doctore dignissimo, Lvgdvni, apud T. Bertellum 1553.
247 Nicolaus DE PLOVE, Tractatus sacerdotalis D. Nicolao de Plove, ... authore. Huic accessit
confessionale divi Thomae de Aquino, Lugduni: Thomas Bertellus, 1561. 248
Nicolaus DE PLOVE, Tractatus de sacramentis deque divinis officiis «Medice cura teipsum», Johannes
Gysser 7 abril, Salamanca 1500 che però non sembra essere altro che il medesimo tractatus sacerdotalis con la variazione del titolo.
249 Nicolaus DE PLOVE, De administratione sacramentorum, Johannes Giesser, Salmanticae 1500.
250
libro in sé non offre. Inoltre non si fa distinzione tra i sacramenti amministrabili dal
Vescovo e quelli amministrabili dal sacerdote perché si prendono in considerazione
anche la confermazione e l’ordine.
Le voci presenti nell’indice
Ci sono cinquantanove voci nell’indice, comprensive anche delle scomuniche,
sospensioni e irregolarità: dunque un trattato ben più ristretto di quello di da Castello
che, alla parte dei sacramenti, dedica centosettantasette capitoli.
Se si eccettuano i titoli relativi alla missa dove viene presentata una analisi
strutturata (prima parte missae, secunda parte ecc.), si ha una successione di capitoli
indistinta e che possiamo definire, in confronto con l’opera del da Castello, «non
strutturata»250.
Inoltre il trattato non è indirizzato ai soli sacerdoti presbiteri, ma anche ai
Vescovi, dal momento che si tratta del sacramento della Confermazione e dell’Ordine.
250
Per rendersi conto della materia trattata dal De Blony, riporto qui di seguito l’indice del suo
volume: De facramentis in genere; Quid sit facramentum, et quot sint; De sacramento baptismi; Baptismus
quomodo definitur; Quod triplex est baptismus; De baptismi accidentibus; De cautelis circa hoc sacramentum servandis; De catechismo et exorcismo; De modo baptizandi; De sacramento confirmationis; Quae sunt de substantia huius sacramenti; De accidentibus circa sacramentum confirmationis; Cautelae huius sacramenti; De sacramento eucharistiae; De credendis circa hoc sacramentum; De cautelis servandis circa hoc sacramentum ex parte sumentium; De cautelis servandis ex parte sacerdotis hoc sacramentum conferentis vel conficientis; De sacramento poenitentiae; De contritione quae est prima pars poenitentiae; De confessione nunc sequitur ; De modo audiendi confessiones; De casibus ad papam pertinentibus; Casus episcopales nunc sequuntur; De satisfactione quae est tertia pars poenitentiae; De poenitentiis iniungendis secundum canones; De restitutione ablatorum in satisfactione; Cautelae ex parte confitentis servandae; De cautelis seruandis ex parte confessoris; De poenitentiis infirmorum et decedentium de hac vita; Quomodo sacerdos se habere debeat erga infirmos; Regulae quibus peccata mortalia atque venialia sunt cognoscenda; De sacramento extremae unctionis; De sacramento ordinis; De cautelis obseruandis; De sacramento matrimonii; De sponsalibus; De diffinitione matrimonii; De cautelis huius sacramenti; De espositione missae; De prima parte missae; De secunda parte missae; De tertia parte missae; De quarta parte missae; Sequitur secunda pars canonis; sequitur tertia pars canonis; De quinta parte principali missae; De sexta parte missae; Cautelae servandae in celebratione missae; De dicendis horis canonicis; De modo dicendi horas canonicas; Cautelae in dicendis horis canonicis servandae; De excommunicatione; De effectu excommunicationis; De participatione cum excommunicatis; De suspensionis sententia; De forma ferendae excommunicationis; De ecclesiastico interdicto qualiter sit obsevandum; De irregularitate; Cautelae circa praedicta observandae.
251
Le finalità dell’opera
Se si esamina poi quanto dichiarato dall’autore stesso nel suo prologus circa la
situazione liturgica tra il clero delle diverse diocesi, possiamo rilevare una grande
consonanza con le istanze che mossero Alberto da Castello. Dice infatti il de Blony251:
Et quonia[m] his periculosis te[m]poribus in pluribus ecclesiis contra
sancta instituta in administra[n]dis sacramentis quae sunt instrume[n]ta
spiritualis curationis, plaerosq[ue] non ta[m] errasse q[uam] variasse circa
eadem cognovimus adeo ut vera sit illa Rabanensis sente[n]tia.
Co[m]mune est medicorum semper circa aegritudines variari. Unde si tres
vel quatuor medici veniunt ad infirmum nunq[uam] in assignatione vel
exhibitione curae conveniunt. Haec ille.
Et hoc idem, quod verum sit heu nostris temporibus res fidelibus subiecta
populis quotidiana experie[n]tia clarius manifestat.
Profecto siquidem cum aliquod sacramentorum administrandum sit in
Ecclesia Dei.
Vix diocaesis totius clerus in ipso ritu et canonice tradendo co[n]cordat aut
convenit.
Sed nunc in hac Ecclesia hic addit; in alia ille minuit. Ille praeponit
postpone[n]da. Ille postponit praeponenda. Ille benedictione[m] persuadet. Ille
nequaq[uam] asserit. Ille corrigit librum tanq[uam] deviu[m] et erroneum. Ille
corrigit corrige[n]tem tanq[uam] ignarum. Sic praelati mutua discrepatione
collidentes, non sine gravi scandalo animos subditorum in co[n]fusionis
labyrinthum praecipitant et demergu[n]t.
Se tale era dunque la situazione dalla quale l’autore aveva preso le mosse, se tale
era a suo giudizio il morbo che attanagliava il clero (il prologo comincia proprio dalla
frase medice cura teipsum) la cura che aveva progettato di somministrare, il suo
tractatus sacerdotalis de ecclesiasticis sacramentis ac debitis eorum administrationibus
(e proseguiva con deque censuris ecclesiasticis canonice observandis praesbiteris (sic)
[maximae (sic) curam animarum gerentibus] pernecessarius) aveva il grande limite – o
il pregio – di essere un tractatus teologico con alcuni capitoli attenti all’aspetto
pastorale e celebrativo.
Il volume tuttavia non si prestava ad essere usato nella celebrazione di alcun
sacramento, come invece l’opera di Alberto da Castello. Certo anche il Sacerdotale di
Alberto da Castello, ad esempio riguardo alle ore canoniche, prevedeva solo una serie
di rubriche senza contemplare minimamente alcunché di celebrativo; ma se si
251
Lo cito nell’edizione del XVI secolo NICOLAUS DE BLONY, Tractatus sacerdotalis de ecclesiasticis
sacramentis ac debitis eorum administrationibus, Caesaraugusta (Saragozza) 1549, in aedibus Bartholomaei de Nagera, f. 2r.
252
escludono la celebrazione dell’Eucaristia – che inglobava l’ordo missae del Burcardo –
e delle Ore canoniche, il Liber sacerdotalis di Alberto da Castello poteva svolgere
benissimo il servizio di libro liturgico per la celebrazione, contenendo sia elementi
rituali che elementi testuali ed eucologici.
Motivi della grande diffusione del trattato di Nicola de Blony
Il trattato riporta nella prefazione anche la minaccia di sanzioni a tutti i sacerdoti
che, in occasione della visita canonica, si fossero dimostrati sprovvisti del trattato (qui
secundum dicti tractatus formam modum et dispositionem se non gesserit in omnibus
supradictis aut qui eundem non habuerit prae manibus poenam sinodalem
irremissibiliter persolvendam pro prima vice se noverit incursurum pro aliis vero vicibus
ad arbitrium nostrum de caetero puniendum).
Comprendiamo dunque i motivi di tale diffusione quando qualche vescovo aveva
provveduto a volere fare adottare tale testo al proprio clero. Ma l’adozione di tale
testo teologico non poteva cambiare la prassi, soprattutto quand’essa fosse inveterata
e soprattutto quando recepiva consuetudini locali alquanto condivise e sedimentate.
4.4.2. L’«obsequiale» di Frisinga (1484): una serie di rituali accostati in
un’unico volume
Se si esamina invece uno dei volumi che erano nati proprio come raccolte di
rituali di uso comune, quindi nati per essere usati come rituali, capiamo quanto
lontano fosse il volume concepito da Alberto da Castello da tali libri liturgici.
L’«obsequiale» di Frisinga (1484): i suoi contenuti
Cito ad esempio l’obsequale di Frisinga edito nel 1484. Il testo, che è stampato in
un formato assai tascabile, 15x18, contiene i seguenti ventidue rituali o sezioni:
Benedictio salis et aque dominicis diebus
Ordo ad Cathecizandum et Baptisandum (sic)
Ad copulandum sponsum et sponsam
Ad introducendum sponsum et sponsa ad ecclesiam
Ad introducendum mulierem ad ecclesiam post partum
Pro peregrinantibus
Pre redeuntibus ex peregrinatione
Ordo pro unctione infirmorum
Ad sepeliendum mortuos
De visitacione feretri actus eiusdem
253
Benedictio cereorum
Benedictio cinerum
Exorcismus maior salis et aque
Ordo in die palmarum
Cena domini
Sexta feria parasceues
Vigilia pasce ignis benedictio
Benedictio fontis baptismi
In nocte sancta pasce
In die santo benedictio agni pascalis
Benedictio vini in die s. Iohannis evangelista
Inicia quatuor evangeliorum
Il testo è una sequenza ininterrotta di rituali, dove le benedizioni si confondono
con la celebrazione dei sacramenti e dove l’ordine dei rituali è puramente a
discrezione e giudizio dell’editore.
Inoltre non c’è nessuna premessa o introduzione al testo di ogni singolo rito se
non, al massimo, qualche brevissima rubrica.
Si evince dunque che un’ulteriore caratteristica fondamentale del Liber
sacerdotalis è di avere raggruppato i riti attinenti i sacramenti e di averli separati dalle
benedizioni o, per lo meno, di avere cercato di farlo. Ad esempio, nella prima parte del
trattato di Alberto da Castello il primo sacramento trattato è il battesimo, mentre la
benedizione dell’acqua e del sale viene posta all’inizio della seconda parte. Si
comprende che tale disposizione della materia era volto ad aiutare il sacerdote a non
considerare alla stessa stregua riti diversi da lui celebrati, magari anche a breve
distanza di tempo, ma ad aiutare il sacerdote ad avere maggiore rispetto e
venerazione per tutto ciò che atteneva i sacramenti.
4.4.3. L’«agenda sive exequiale sacramentorum» di Strasburgo (1505): parti
eucologiche con alcune indicazioni rituali
Anche per un altro testo liturgico di poco precedente il nostro Liber sacerdotalis,
cioè l’agenda sive exequiale sacramentorum et eorum que in ecclesiis parrochialibus
aguntur presumibilmente pubblicato a Strasburgo attorno al 1505, desidero riportare
l’indice ed esaminare il rito di introduzione della donna in chiesa dopo il parto.
254
I suoi contenuti
Come l’obsequale di Frisinga anche l’agenda di Strasburgo ha un formato
abbastanza ridotto (cm. 14,5x20) e non ha nel formato attualmente conservato presso
la Bayerische Staatsbibliotek, nessun frontespizio (forse l’ha perduto) e inizia con la
tabula eor[um] q[uae] in agenda co[n]tinent[ur] e poi prosegue direttamente con il
primo dei trentaquattro riti elencati senza alcuna premessa o introduzione.
Benedictio salis et aque dominicis diebus
Ordo catechizandi et baptizandi masculum
Ordo catechizandi et baptizandi femellam
De conditionali forma baptismi
De depositione et ablutione albarum baptizatorum
Ordo minoris baptismi in articulo necessitatis
Benedictio fontis cum suis temporibus non fuerit benedictus
Modus absolvendi que debent tenere curati circa confessione
Modus visitandi et communicandi infirmum
Se per impedimentum non valueri comunicare
Modus absolvendi infirmum excommunicatum
Ordo ad visitandum et inungendum infirmum
Septem psalmi paenitentiales cum antiphona et letania
Interrogationes faciende infirmo morienti
Ad sepeliendum mortuos
De solennisatione matrimonii
De introductione mulieris post partum
Benedictio cereorum in purificatione Marie
Benedictio cinerum
Benedictio palmarum
Quomodo altaria denudanda et lavanda sint
Ordo officii in die parasceue
Benedictio ignis in sabbato pasce
Benedictio cerei pascalis
Benedictio fontis
Ordo misse eiusdem diei
Ordo visitationis sepulchri in die sancto pasce
Ordo processionis et stationis eiusdemi diei
255
Benedictiones agni et aliorum
Informatio eorum que in vigilia penthecostes aguntur
Benedictiones herbarum et ad fruges novas
Benedictio ad omnia quae volueris
Benedictio vini in amorem festi Iohannis bibendi
Quatuor evangelia in processione corporis Cristi
Valutazione critica dell’«exequiale»: una sequenza di parti eucologiche con qualche
indicazione rituale
A tale volume si devono fare alcune critiche.
Innanzitutto si deve notare anzitutto l’assenza di una qualsiasi introduzione alla
collazione dei trentaquattro rituali, quasi che fosse inutile o superflua.
Inoltre si deve notare la mescolanza tra celebrazioni di sacramenti e altre
celebrazioni e benedizioni. Quello che il da Castello separa, la benedizione del sale e
dell’acqua o la benedizione del fonte battesimale e il rito del battesimo, qui è
giustapposto. L’effetto è che si passa dalla celebrazione dei sacramenti alle benedizioni
e dalle benedizioni alla celebrazione di altri sacramenti.
Per quanto riguarda invece gli aspetti rituali, si danno alcune indicazioni ma non
sempre abbondanti, dando spesso per presupposto che il sacerdote sappia dove deve
avvenire la celebrazione e con quali vesti liturgiche si debba vestire per tale
celebrazione e quali siano i gesti che accompagnano le parti eucologiche.
La preoccupazione precipua alla quale il rituale sembra vada incontro, è di
fornire in sequenza i testi eucologici dei vari riti.
4.4.4. L’«Ordinarium de administratione sacramentorum» di Maiorca del 1516
Si avvicina assai alla concezione del nostro Liber sacerdotalis un libro apparso
pochi anni prima, l’Ordinarium de administratione sacramentorum cum pluribus
additionibus adeo necessariis secundum ritum alme sedis maioricensis pubblicato a
Maiorca nel 1516252.
Elementi in comune con il «Liber sacerdotalis» di Alberto da Castello
La paginetta di premessa ha diversi elementi in comune con il libro di Alberto da
Castello.
252
Ordinarium de administratione sacramentorum cum pluribus additionibus adeo necessariis
secundum ritum alme sedis maioricensis, excussum Valentie ex officina Johannis joffre, Maiorca 1516.
256
Innanzitutto un afflato pastorale iniziale (generis humani supremus pastor
dignissime praesul et vos reverendi patres volens omnes quos suo praeciosissimo (sic)
sanguine redemit salvos fieri ministros et pastores constituit sacerdotes quibus
patefecit et stendit quanta charitate quove amore oves quae perierant dilexit), una
citazione non dichiarata della premessa del tractatus sacerdotalis di de Blony che
inquadra la situazione di grande confusione che regna tra il clero nell’amministrazione
dei sacramenti253 soprattutto per la difformità e la varietà constatabile
nell’amministrazione dei medesimi sacramenti, la giustificazione della compilazione del
volume (importuna multorum fratrum instantia me induxit ut de omnibus quibus
curatus quilibet seu sacerdos indiget aliquam facerem compilationem).
Inizialmente ci sono alcune pagine nelle quali vengono poste 1) le tabelle
essenziali per il computo liturgico del numero aureo per l’uso del 2) calendario
perpetuo con i dodici mesi e le varie feste e memorie fisse, e 3) una tabella per
ricavare la data della Pasqua e della Pentecoste e una 4) tavola per ricavare la lettera
domenicale.
Anche se il contenuto non si discosta dagli altri testi che abbiamo finora
esaminato (si comincia con la benedictio aquae salispassae diebus dominicis
preponendo innanzitutto l’esorcismo del sale) il testo contiene delle rubriche nelle
quali si spiega al sacerdote che ne fa uso quando e dove devono essere usati e
pronunciati alcuni testi, ad esempio:
In aspersione aque benedicte. In diebus dominicis per totum annum dicetur sequens antiphona. Et dum sequens antiphona dicetur sacerdos exiet a sacrastia et iet altare maius ad dandum salispassam ut moris est254.
Inoltre ci sono parti con molte annotazioni gregoriane, il che significa che c’è una
tradizione musicale che si vuole custodire e trasmettere.
I contenuti dell’«Ordinarium» di Maiorca
Benedictio aque salispasse
Quomodo aspergitur aqua benedicta in diebus dominicis
Benedictio panis diebus dominicis
253
Si tratta di quanto abbiamo riportato sopra a proposito del tractatus sacerdotalis di de Blony,
anche se con alcune piccole inserzioni (sottolineate). Sed nu[n]c in hac Ecclesia iste addit; in alia ille minuit. Ille p[rae]ponit postpone[n]da. Ille postponit p[rae]pone[n]da. Ille benedictione[m] persuadet. Ille nequaq[uam] asserit. Ille corrigit libru[m] tanq[uam] deviu[m] et erroneu[m]. Ille corrigit corrige[n]te[m] tanq[uam] ignar[um]. Sic[que] p[rae]lati rectores et curati mutua discrepatio[n]e collide[n]tes, no[n] sine gravi sca[n]dalo a[n]i[m]os subditor[um] in co[n]fusio[n]is labyrintu[m] p[rae]cipitant et demergu[n]t.
254 Ordinarium de administratione sacramentorum, Maiorca 1516, f. 4r.
257
Regule pro sacramento baptismi
De ritu baptismi pro masculo
De ritu baptismi pro femina
Quomodo debet fieri baptismus in tempore interdicti
De ritu sponsalium cum sponso praesente vel absente
De ritu nuptiarum ita de primis quam de secundis. Et in quo tempore sunt
prohibite et in quo tempore possint celebrari
De ritu tradendi corpus Christi secularibus infirmantibus
De ritu tradendi corpus Christi sacerdotibus infirmantibus
De ritu tradendi corpus Christi in tempore interdicti
De ritu tradendi corpus Christi sanis in ecclesia
De ritu precum que solent fieri diebus dominicis in ecclesiis et de tempore
ieiunorum quattuor temporum
De forma absolutionis alicuius excommunicati
De ritu sacramenti extremae unctionis
De recommendatione anime in articulo mortis
De modo sepelliendi cadavera
Quomodo habet fieri absolutio super tumulum
Quomodo habet fieri absolutio pro anniversario
Benedictio cere in die purificationis
Benedictio panis vini cere fructuum etc. in die sancti blasii vel sancte agathe
Quomodo datur cinis in primo die quadragessime et modus stationum in
absolutionibus
Benedictio ramis palmarum
Quomodo in die iovis sancta corpus Cristi extrahitur a domo sancta et sumitur
Benedictio fontis baptisterii in sabbato sancto. Et sabbato pentecostes
Benedictio termini in die sancte crucis mensis madii
Benedictio contra tempestates
Stationes quae fiunt in processione in die corporis Christi
Modus exorcizandi maleficiatum
Confronti dell’«Ordinarium» di Maiorca con il «Liber sacerdotalis» di Alberto da
Castello
Anche per il presente libro liturgico ci sono diverse parti che possono essere
definite “simili” a quelle che contempliamo nell’opera di Alberto da Castello.
258
Prima del rito del battesimo c’è una specie di piccolo e sintetico trattatello sul
battesimo che può essere assomigliato ai trattati sintetici che Alberto da Castello
premette alle sue varie parti, e alle sezioni delle varie parti. Come i tratti sintetici di
Alberto da Castello, anch’esso fa alcuni riferimenti alle fonti da cui sono tratte le
informazioni, anche se non in modo sistematico, anzi, più saltuariamente che
sistematicamente.
Exsuflatio debet fieri ad occidentem ut ait Sanctus Thomas et significat spiritus maligni expulsionem: et boni introductionem. Et habetur in quodam tractatu de sacramentis.
In tali riferimenti campeggia spesso il riferimento alla Summa Theologica, ma ci
sono anche citazioni non identificate, come ad esempio la seguente:
Dicit enim quidam doctor in suo tractatu resolvens dubia per modum biologi circa sacramenta in capi. 2 de baptismo. Secundum consuetudinem ecclesiarum quandoque fit trina immersio et aspersio et quandoque una et in hiis consuetudo ecclesiarum est observanda.
4.4.5. Il «liber sacerdotalis» di Alberto da Castello a confronto con alcuni altri
rituali: il rito di «introduzione della donna in chiesa dopo il parto»
Se si esamina il rito di «introduzione della donna in chiesa dopo il parto», che è
quasi sempre presente in tali rituali per il fatto che probabilmente era uno dei riti più
frequentemente celebrati, emergono con maggiore evidenza le particolarità
d’impostazione e di strutturazione del volume di Alberto da Castello.
L’«obsequiale» di Frisinga: una mera sequenza di parti eucologiche
Nel trattato di Alberto da Castello l’introduzione della sposa in chiesa dopo il
parto è collocato nella sezione riguardante il matrimonio e dopo il rito della
celebrazione del matrimonio; potrebbe dunque sembrare che anch’egli, come si
constata nell’«obsequiale» di Frisinga, confonda sacramenti e sacramentali. Faccio
tuttavia notare che il domenicano nel presentare la tripartizione del volume e la parte
dei sacramenti, presentava oltre che i sacramenti anche gli annexa e gli accessoria che
aveva racchiuso nella prima parte, rendendosi perfettamente conto di non potere
separare nettamente i riti dei sacramenti dal resto.
Devo inoltre fare presente che il trattato del domenicano ha delle premesse ad
ogni tractatus e talvolta ha almeno alcune righe di rubriche prima di ogni rituale e
all’interno del rituale stesso dove ne va a spiegare l’utilizzo e l’opportunità o la
necessità e anche gli spostamenti che devono avvenire.
259
A mo’ di esempio, in riferimento al rito appena citato dell’introduzione della
donna in chiesa dopo il parto, l’obsequiale, premette tale dicitura:
Ad introducendum mulierem ad ecclesiam post partum
Dopodiché comincia il rito che sta in una semplice paginetta, con un salmo
(levavi oculos meos in montes), il Pater noster, un responsorio (Salvam fac ancillam
tuam domine) e un’orazione (Omnipotens sempiterne deus maiestatem tuam
suppliciter exoramus ut sicut unigenitus filius tuus dominus noster Iesus Christus cum
nostrae carnis substanti in templo est presentatus ita hanc famulam tuam facias
purificata tibi mente presentari per eundem).
Quando si può celebrare il rito? Dove si deve svolgere il rito? Quali abiti liturgici
deve indossare il sacerdote? Cosa occorre per celebrare il rito? Occorre solo il testo
dell’obsequiale? A tutte queste domande l’obsequiale non risponde: si dà per
presupposto che il sacerdote sappia tutte queste cose. Alla pari degli antichi
sacramentari, il presente obsequiale (ma non sono diversi gli altri obsequialia coevi) ha
collazionato il repertorio eucologico e poco più. La consuetudine celebrativa che non
era fissata in tal libro, permetteva pertanto la grande diversità e le grandi variazioni
celebrative denunciate da de Blony.
L’«agenda sive exequiale sacramentorum» di Strasburgo: elementi eucologici con
alcune indicazioni rituali
Il rituale di Strasburgo, riguardo al rito dell’introduzione della donna in chiesa
dopo il parto, prevede l’indicazione circa il luogo in cui deve essere celebrato il rito
(ante fores ecclesie), ma non specifica ad esempio con quali vesti liturgiche. Dopo il
salmo (Sal 120 levavi oculos meos in montes) che viene riportato per intero, c’è
l’indicazione della recita del Gloria al termine del salmo, il Kyrieleyson che non si
comprende se fosse recitato in forma dialogica ripetuta dalla puerpera, l’indicazione
della recita del Pater noster e il lungo responsorio (Salvum fac famulam tuam). C’è
inoltre un’orazione che viene riportata (Omnipotens sempiterne deus) e solo alla fine
qualche indicazione rituale (Tunc aspergatur aqua benedicta et ipsa manu
apprehendens stolam intret ecclesiam presbytero dicente) che precede e accompagna
l’ultima orazione del sacerdote (Deus custodiat introitum tuum).
Ad introducendum mulierem post partum. dicat sacerdos ante fores ecclesie psalmum «levavi oculos meos in montes unde veniet auxilium mihi. Auxilium meum a Domino qui fecit caelum et terram. Non det in commotionem pedem tuum neque dormitet qui custodit te. Ecce non dormitabit neque dormiet qui custodit Israel. Dominus custodit te Dominus protectio tua super manum dexteram tuam. Per diem sol non uret te neque luna per noctem. Dominus custodit te ab omni malo custodiat animam tuam Dominus. Dominus custodiat introitum tuum et exitum tuum ex hoc nunc et usque in saeculum. Gloria. Kyrieleyson. Christeleyson. kyrieleyson. Pater
260
noster. Et ne». Preces. «Salvum fac famulam tuam. Deus meus sperantem in te. Mitte ei domine auxilium de sancto. Et de sion tuere eam. Nihil proficiat inimicus in ea. Et filius iniquitatis non apponat nocere ei. Esto ei domine turris fortitudinis. A facie inimici. Domine exaudi o[rationem meam]. Et clamor [meum perveniat ad te]. Dominus vobiscum. Et cum spiritu tuo. Oremus. Omnipotens sempiterne deus, maiestatem tuam suppliciter exoramus ut sicut unigenitus tuus cum nostre carnis substantia in templo est presentatus, ita et istam famulam tuam facias purificata tibi mente presentari. Per eundem». Tunc aspergatur aqua benedicta et ipsa manu apprehendens stolam intret ecclesiam presbytero dicente «Deus custodiat introitum tuum et exitum tuum ex hoc nunc et usque in seculum. Amen»255.
Peculiarità del testo di Alberto da Castello: indicazioni rituali e parti eucologiche
talvolta riassunte in una sequenza alternata per una celebrazione ordinata
Il testo di Alberto da Castello infatti non contemplava solo e tutta la parte
eucologica, ma dava molte altre indicazioni anche rituali. Dopo il titolo (Ordo quando
mulier post partum primo ecclesiam ingreditur expletis diebus sue purificationis) sono
offerte indicazioni sugli abiti che il sacerdote deve indossare e cosa deve fare.
Sacerdos cum superpelliceo et stolla facta confessione ante porta ecclesie aspergit mulierem aqua benedicta et dicit «adiutorium nostrum in nomine domini» Antifona «Miserere. Gloria.» Antifona repetitur. Postea dicit psalmum «Domini est terra» totum «Gloria» Antifona. «Hec accipiet benedictionem a domino et misericordiam a deo salutari suo quia hec est generatio querentium dominum». Postea dicat Psalmum «Deus misereatur» totum. «Gloria patri et filio et spiritui sancto». Psalmus: «credidi propter». Psalmus. «Laudate dominum omnes gentes». Psalmus. «Levavi oculos» totum. Psalmus «Ad te levavi». et post singulos psalmus dicatur «Gloria patri et filio et spiritui sancto. Sicut erat in principi[o]». Antiphona. «Exaudi nos domine quoniam benigna est misericordia tua secundum multitudinem miserationum tuarum respice nos domine Kyrie. Christe. Kyrie. Pater noster. Et ne nos.»
Durante tutta questa prima parte prevalentemente salmodica (Sal 50 miserere
mei Deus; Sal 23 domini est terra; Sal 66 deus misereatur; Sal 115 credidi propter quod
locutus sum; Sal 116 laudate dominum omnes gentes; Sal 120 levavi oculos meos in
montes; Sal 122 ad te levavi oculos meos qui habitas) Alberto da Castello mette solo
l’indicazione dei salmi da recitare presupponendo che il sacerdote li conosca a
memoria o che ne possa reperire agevolmente il testo. Perché non mette il testo per
intero? Probabilmente per non rendere eccessivamente voluminoso il proprio testo.
Confrontato il rito con quelli degli altri rituali ci si stupisce dall’abbondanza della
salmodia presente nel rito da lui riportato (ben sette salmi!) che doveva allungare
anche parecchio la celebrazione, quando invece gli altri rituali generalmente ne
prevedevano al massimo uno. Si tratta di tradizioni locali diverse oppure lo scavo di
archivio di Alberto da Castello lo ha condotto a volere ripristinare un rituale più antico
255
Agenda sive exequiale sacramentorum, Strasburgo 1505, f. 44r-44v. Ho consultato il volume nella
Bayerische Staatsbibliotek in versione digitale.
261
e più autorevole che la prassi aveva pensato di abbreviare? Solo esami più approfonditi
sulle fonti ci potranno essere d’aiuto.
Nel Liber sacerdotalis sono presenti indicazioni sommarie anche per la recita del
Kyrieleyson e del Pater noster come negli altri rituali. Invece, per la parte responsoriale
successiva, il compilatore mette per intero sia versicula che responsoria specificando
quale è il versiculum e quale è responsorium.
V[ersiculum] «Ego dixi domine miserere mei». R[esponsorium] «Sana animam meam quoniam peccavi tibi». V[ersiculum] «Salvam fac ancillam tuam». R[esponsorium] «Deus meus sperantem in te». V[ersiculum] «Mitte domine auxilium de sancto». R[esponsorium] «Et de sion tuere eam». V[ersiculum] «Nihil profitiat inimicus in ea». R[esponsorium] «Et filius iniquitatis non apponat nocere ei». V[ersiculum] «Esto ei domine turris fortitudinis». R[esponsorium] «A facie inimici, Domine exaudi orationem meam»
Appone poi la parte eucologica per intero (due orazioni) e un responsorio finale.
«Dominus vobiscum. Oremus». Oratio. «Deus qui per Moysen famulum tuum israelitice plebi mandasti ut mulier que filium peperisset ab ingressu templi sequestraretur: quesumus ut hanc famulam tuam N. ab omni inquinamento peccati mundare digneris quatenus mente et corpore mundata sinum matris sancte ecclesie valeat penetrare et tibi pro suis delictis acceptabile munus offere. Per dominum nostrum Jesum christum. Oremus». Oratio «Omnipotens sempiterne deus pater domini nostri Iesu christi deus sabaoth qui tuum unigenitum una cum matre sua post quadarginta a dierum spatium in templo presentasti bene+dicere digneris hanc famulam tuam N. quam ad templum tuum tibi domino deo nostro purificandi gratia presentamus et concede propitius ut sicut eam per nostrum officium in templum istud introducimus sic post finem vite presentis templum celeste mereatur introire. Per eundem» etc. «Qui venturus est iudicare vivos et mortuos et seculum per ignem». R[esponsorium]. «Amen».
Diventa perciò interessante l’indicazione rituale che egli dà dove spiega che la
donna ha una candela accesa tra le mani e riceve dal sacerdote l’estremità della stola
che le viene pòrta mentre entra in chiesa con il sacerdote che recita una nuova
formula riportata per intero (famula dei N. ingredere etc) e con l’indicazione
riguardante l’eventuale celebrazione della Messa.
Si danno indicazioni sul vangelo da leggere (Lc 2,22 postquam impleti sunt dies
purgationis eius secundum legem Mosi) e su una nuova serie eucologica che precede la
benedizione delle quali la prima orazione è riportata per intero mentre una seconda
orazione (Deus qui salutis eterne) e in alternativa una terza (concede nos famulos tuos)
sono solo richiamate dal loro incipit.
Tunc mulier habens candellam accensam in manibus accipit a sacerdote caput stolle et ecclesiam ingreditur dicente sacerdote. «Famula dei N. ingredere in templum dei: adora filium beate marie virginis qui tibi tribuit fecunditatem prolis». Deinde sacerdos celebret missam si est hora conveniens et ipsa aliquid offerat sacerdoti. Postea dicat sacerdos evangelium sancti Joannis et evangeli. «Postquam impleti sunt dies purga». Postea dicat orationem. «Absolve quesimus domine delicta famule tue N.
262
et a peccatorum suorum nexibus que pro sua fragilitate contraxit tua benignitate liberetur». et Orationem «Deus qui salutis eterne» vel «Concede nos famulos tuos. Et benedictio dei omnipotentis patris + et filii + et spiritus + sancti descendat super te et maneat semper. Amen».
Infine si riporta per intero la benedizione conclusiva del rito.
4.5. Qualche linea conclusiva sul «liber sacerdotalis»
Quali conclusioni possiamo trarre dall’esame da noi fatto nel presente capitolo?
Preferisco partire dall’esame concreto del suo “rituale” confrontato con gli altri
rituali in circolazione precedentemente al suo per cercare di arrivare a quelle che
considero le peculiarità della sua opera.
4.5.1. Progettato per essere un libro liturgico: il «sacerdotale»
Innanzitutto il «liber sacerdotalis» di Alberto da Castello aspira a rappresentare
un novum della letteratura liturgica a lui contemporanea perché vuole chiaramente
essere una collezione di rituali e non un trattato di materia liturgica; inoltre mi sembra
di avere dimostrato sufficientemente e chiaramente che aspirava a diventare un libro
di uso comune del sacerdote esattamente e analogamente al Pontificale: il
Sacerdotale. Dunque non un libro dove si trattano i problemi liturgici nei quali il
sacerdote può incorrere nell’amministrazione dei sacramenti o dei sacramentali, ma
un libro liturgico finalizzato ad aiutare il sacerdote nella corretta celebrazione dei riti,
soprattutto dei sacramenti.
Diverse collezioni rituali a lui contemporanee avevano fondato su una chiara
spiritualità sacerdotale il loro afflato anche pastorale per una celebrazione il più
possibile omogenea, per lo meno nella stessa diocesi. In modo simile a tali raccolte
anche Alberto da Castello nella sua raccolta – lo abbiamo dimostrato – è guidato da
una chiaro zelo sacerdotale e pastorale e dalla volontà di profondere tale zelo negli
utenti del suo volume. Questo è l’intento unitario della sua opera che tutta la permea
e la struttura. Ci pare tuttavia che emergano anche alcuni altri tratti salienti.
Vediamoli.
263
4.5.2. Ambizione di esaustività relativamente al ministero sacerdotale
Rispetto alle collezioni a quel tempo in circolazione (obsequiale, agenda,
ordinarium, ecc..) la specificità del Liber sacerdotalis di Alberto da Castello consiste
prima di tutto nell’aspirazione alla completezza della raccolta. Egli non vuole
raccogliere la maggior parte dei rituali più utili ai sacerdoti o fare un florilegio dei
rituali da essi più utilizzati: tali erano le raccolte coeve, come abbiamo visto. Egli vuole
raccogliere tutto ciò che la Tradizione mette a disposizione del sacerdote cattolico
romano di rito latino per lo svolgimento di tutto il suo ministero, in particolare per
l’amministrazione di tutti sacramenti, ovviamente di tutti i sacramenti che il sacerdote
poteva celebrare, poi per gli altri due grandi capitoli che erano tutte le benedizioni e
tutte le processioni che il sacerdote si trovava ad amministrare e a presiedere. Tale
ambita completezza della raccolta lo induce anche ad inserire in qualche caso una
versione del rituale secondo il rito del Patriarcato di Venezia che – egli ne era
consapevole – contemplava alcune differenze che erano già consuetudini consolidate,
come nel caso del Battesimo.
Da tale completezza dovevano rimanere esclusi quei sacramenti che il sacerdote
non aveva il titolo di amministrare in quanto non ne era ministro ordinario. Così
pertanto esclude non solo l’Ordine, ma anche la Confermazione che, invece, in qualche
edizione successiva del suo Liber sacerdotalis, verrà introdotta da qualche zelante
editore o che il tractatus sacerdotalis di Nicolaus de Blony contemplava.
Questa ambita completezza appare più che evidente dal titolo del volume in
frontespizio: In quo continentur et officia omnium sacramentorum et resolutiones
omnium dubiorum ad ea pertinentium et omnia alia quae a sacerdotibus fieri possunt;
appare però chiaro dal titolo che tale ambita completezza è relativa al ministero dei
sacerdoti.
4.5.3. Collezione di rituali organica e strutturata
L’ambita completezza della raccolta di rituali e di testi che Alberto da Castello
racchiude nel suo Liber sacerdotalis è però accompagnata anche da un altro dato: la
strutturazione della materia. Pochi dei rituali a lui contemporanei – per non dire
nessuno, ma avendone io esaminati solo alcune decine ed essendo tali compilazioni
probabilmente non nell’ordine delle centinaia, ma delle migliaia non voglio
avventurarmi troppo facilmente in un giudizio che solo uno studio approfondito
potrebbe mostrare – tentano di strutturare la materia della prassi celebrativa del
sacerdote, dei suoi rituali. Si giustappongono celebrazioni dei sacramenti e
benedizioni, sacramentali e processioni cercando di apporre all’inizio o alla fine del
264
volume, in una tabula di una o due pagine o poco più, i riti contenuti nel volume per
una più facile reperibilità.
L’espressione quae quam sint pulchra et utilia ex indice collige! con cui si chiude
il frontespizio del Liber sacerdotalis di Alberto da Castello doveva essere un punto
d’onore per l’autore, il quale doveva avere strappato all’editore di potere diffondere in
ben cinque fogli (dieci pagine!) le più di trecento voci dell’indice. Nonostante il loro
numero tuttavia, esse sono collocate in una struttura assai evidente con bei titoli in
inchiostro rosso e centrati nella pagina. Questo avviene per ognuna delle tre parti e
anche per i trattati, cioè le sezioni delle tre parti che, però, si ritrovano in particolare
nella prima parte dedicata ai sacramenti e agli annexa.
4.5.4. Ai diversi rituali sono premesse delle trattazioni teologico-celebrative
sintetiche basate su fonti autorevoli chiaramente espresse
Se si procede però al confronto proprio con i trattati che circolavano e che
abbiamo visto ben rappresentati dal tractatus sacerdotalis di Nicolaus de Blony,
Alberto da Castello desidera offrire, all’inizio di ogni parte e all’inizio di ogni
sacramento, una sintesi teologica che, basata sulle fonti autorevoli delle sacre
scritture, dei Padri della Chiesa, dei decreti papali, dei Concili (capitoli e canoni)
potesse offrire non pagine e pagine di materia teologica, ma i fondamenti teologici sui
quali la prassi si fonda e che va inevitabilmente a implicare e dalla quale rimane
implicata. Dunque delle sintesi teologiche ridotte, di poche pagine, ma
intenzionalmente esaustive circa i problemi celebrativi e teologici implicati.
Tali sintesi erano assai preziose ed in esse Alberto da Castello dava il meglio di sé.
Ciò per la sua capacità compilativa e riepilogativa che abbiamo trovato anche in altri
testi e che si evince dalla sua attività di revisione editoriale. La peculiarità di tali sintesi
di Alberto da Castello può essere individuata nel fatto che egli integra il dato biblico, il
dato patristico, il dato della tradizione qualificata (pontefici e concili) e che riesce ad
operare tale integrazione sempre in poche pagine.
Certo qualche altro testo coevo offriva sintesi analoghe, ma la peculiarità delle
sintesi teologico-celebrative di Alberto da Castello è la ricercata trasparenza. Egli non
intende fare sfoggio della sua vasta cultura e, in particolare, della sua vasta conoscenza
delle fonti apponendo soltanto qua e là qualche rimando esplicito alla tradizione
precedente. Egli cerca di offrire sempre con una certa precisione e, in ogni caso, con
sistematicità, i rimandi alle fonti siano esse bibliche, patristiche, o di testi autorevoli
attribuiti a papi o a concili o a sinodi locali.
265
4.5.6. Le fonti del «liber sacerdotalis»
La ricercata trasparenza nel riportare le fonti eucologiche, conciliari, sinodali,
patristiche e bibliche mette in luce un tratto abbastanza chiaro e cruciale dell’opera di
Alberto da Castello e anche di un pregio di cui era pienamente consapevole.
Già dedicando il Pontificale a Leone X scriveva:
(...) ex antiquis pontificalibus sancte Romane ecclesie que in apostolica bibliotheca super aurum et topacion conservantur nihil de meo apponens sed que subtracta erant restituens magno labore et diligentia librum hunc pontificalem percurri et perfeci.256
Era desideroso, nel fare l’opera di reintegro del Pontificale, di non apporre nulla
di proprio (nihil de meo), ma, semmai, di basarsi sugli antichi pontificali custoditi alla
biblioteca vaticana per reintegrare il Pontificale e riportarlo alla sua forma originaria.
Ma tale è anche l’intenzione dichiarata nel frontespizio del nostro Liber
sacerdotalis dove non c’è un libro da restituire alla sua pristina forma, ma semmai un
nuovo libro da comporre basandosi tuttavia sulle medesime fonti, antiche ed
autorevoli:
nuperrime ex libris sancte Romane ecclesie et quarundm aliarum ecclesiarum et ex antiquis codicibus apostolice bibliothece et ex iurium santionibus ex doctorum ecclesiasticorum scriptis
Solo una nuova edizione più moderna del testo e lo studio approfondito delle
fonti utilizzate da Alberto da Castello potrà mettere in una luce ancora più chiara
l’apporto dato da quest’opera alla riforma liturgica.
In particolare sarà necessario identificare:
a) le fonti bibliche: quale testo della vulgata sia utilizzato da Alberto;
b) le fonti patristiche: cita spesso s. Agostino, ma anche Ambrogio e altri padri: in
parte abbiamo visto essere citazioni erronee, altre invece vanno identificate con
chiarezza.
c) le fonti eucologiche: cita sia i libri papali, i libri e i riti del patriarcato di Venezia
e anche rituali già stampati e diffusi: si tratta di identificare tali trattati.
d) le fonti dei concili e dei sinodi: le risoluzioni e le decisioni conciliari da quali
raccolte e repertori sono tratte?
e) le fonti di carattere giuridico e relative ai decreti papali: a quali fonti attinge
l’autore?
256
Pontificale secundum ritum sacrosancte Romane ecclesie cum multis additionibus opportunis ex
apostolica bibliotheca sumptis et alias non impressis (...), Lugduni (Lione) 1542
266
Solo dopo accurato studio delle fonti si potrà stabilire il peso di tale opera nella
riforma liturgica promossa dal Concilio di Trento. Indubbiamente l’opera testimonia un
ambiente assai fervido di grande rinnovamento; tuttavia solo dopo una pubblicazione
più accurata e uno studio più approfondito si potrà stabilire in quale misura il Liber
sacerdotalis abbia contribuito sia alla redazione di rituali diocesani durante tutto il XVI
e anche il XVII secolo, sia alla redazione del Rituale romano di Paolo V del 1614 e alla
successiva affermazione di tale rituale nella prassi della Chiesa.
267
CONCLUSIONE
A conclusione di questo mio studio cerco di cogliere sinteticamente i risultati
della ricerca.
Mi sembra di avere contribuito nel primo capitolo a fare qualche progresso per la
conoscenza di Alberto da Castello, tentando di chiarire i dati biografici certi dopo gli
studi di Creytens della metà del secolo scorso e anche, dopo l’inventario ormai datato
di Quetif-Echard, di avere tentato un primo elenco delle opere di Alberto da Castello o
per lo meno delle opere delle quali curò l’edizione e la stampa. Ulteriori e più
approfondite ricerche, soprattutto dopo l’inventario promosso dall’ICCU con Edit16,
potranno sicuramente integrare tale lista e mostrare altre sue curatele in altre
edizioni.
Ho cercato inoltre, sempre nel primo capitolo, di fare il punto degli studi a
proposito del Liber sacerdotalis mostrando la necessità di chiarire tanti punti oscuri a
proposito delle ventiquattro edizioni dell’opera avvenute nel giro di ottant’anni (1523-
1603) e a proposito degli editori e degli stampatori in quel periodo di grande progresso
e sviluppo veneziano del libro stampato e di ciò che alla stampa era connesso, come,
ad esempio, la silografia.
Nel secondo capitolo, concentratomi sulla prima edizione del 1523, ho cercato di
richiamare le scelte editoriali di Sessa-Ravani e di mettere in evidenza i documenti
contenuti in tale edizione e perduti nelle successive (1537 - 1603) a motivo di scelte
editoriali improntate al risparmio e al profitto. Ho messo in luce che la lettera di Leone
X, l’imprimatur del Patriarca di Venezia, l’imprimatur dell’inquisitore, la dedica di
Alberto da Castello ad Adriano VI, la poesia dedicatagli da Alessandro Gaboardo,
contengono una quantità notevole di dati storici e informazioni che contribuiscono a
chiarire non poco il contesto storico nel quale è maturata l’opera. Certo l’articolo di
Cattaneo del 1967 riportava in appendice tali testi, ma senza alcuna traduzione, senza
alcun commento, senza specificare da dove fossero tratti, dando l’impressione che si
268
fosse trattato della pubblicazione di una scheda bibliografica e poco più, anche se
alcuni dati contenuti in tali documenti erano chiaramente tenuti in considerazione
all’interno degli studi di Cattaneo.
L’utilità dell’approfondimento del terzo capitolo riguardante le rimanenti
ventitre edizioni (1537-1603) lo desumo da una citazione di A. Nocent nella quale,
trattando del rituale romano, citava il Liber sacerdotalis:
Il primo libro, che aprirà la via al nostro Rituale, sarà il Sacerdotale del Castellani del 1555, che, notato come i vescovi abbiano il loro «liber pontificalis», pensò bene di raccogliere «in un libro che si dice sacerdotalis tutto quello che concerne l'ufficio dei presbiteri in cura d'anime».257
A prescindere dall’abbaglio preso dall’autore circa il titolo dell’opera di Alberto
da Castello e, soprattutto, l’anno di edizione, si segnala l’inveterato costume di dare
per assodata l’identità delle edizioni che seguono l’edizione originaria di un’opera a
stampa. Certo lo studio dei testi liturgici e il confronto minuzioso delle loro variazioni
da edizione a edizione, i cambiamenti apportati da ogni singolo editore a proposito di
sostituzioni o inserimenti di silografie, di un diverso uso di capilettera, della decisione
di sciogliere le abbreviazioni o di reintrodurle, di allungare o allargare lo specchio di
pagina, di cambiare il carattere tipografico, di impostare diversamente la tabula
contentorum, possono sembrare puntigliosità e pedanterie che non apportano nulla
alla scienza liturgica. Mi sembra invece di avere mostrato che, prima delle variazioni
necessitate dopo il Concilio di Trento dalla riforma di alcuni libri liturgici, si sono
concentrate attorno al Sacerdotale delle vere competizioni editoriali.
Prima di tutto abbiamo mostrato che si dovette assistere ai tentativi dei Ravani
(Vittore ed eredi: 1537, 1548, 1554) di trarre beneficio da una ristampa migliorata del
libro talvolta con scelte editoriali particolari e talvolta con mere ristampe e poco più.
Poi sulla scena editoriale si assiste all’ingresso competitivo basato su miglioramenti
silografici più adeguati allo sviluppo della scienza figurativa (le edizioni di Bosello: 1555
e 1559). Negli anni immediatamente successivi da parte di uno dei collaboratori dei
Ravani che doveva avere ereditato dai Ravani stamperia e privilegi, abbiamo desunto
le acquisizioni delle silografie della concorrenza – avvenuta non si sa come – per
cercare di rimanere il detentore incontrastato dell’edizione del Sacerdotale (Varisco
1560, 1564 e 1569). Nei medesimi anni abbiamo mostrato il tentativo di un nuovo
editore di scendere sul mercato con un volume che imita sistematicamente le nuove
silografie (Lichtenstein 1567) e poi le scelte di altri editori che recepiscono parte dei
257
A. NOCENT, «Storia dei libri liturgici romani», p. 170.
269
nuovi libri liturgici tridentini aggiornando l’edizione del sacerdotale e scostandosi dai
canoni precedenti (Guerra e Nicolini 1576 e 1578) dando vita a collaborazioni editoriali
(Nicolini Sessa e Giunta: 1579, 1580 e 1585) dalle quali poi qualcuno si distacca per
dare una nuova impostazione editoriale e una nuova veste tipografica al Sacerdotale
(Giunta 1587) dalle cui scelte anche un vecchio editore del Sacerdotale non rimane
immune (il vecchio Varisco ormai in affari con il cognato Paganino de Paganini: 1588).
Negli anni successivi abbiamo mostrato che si dovette assistere ad altre nuove
ristampe (Sessa 1596, 1597) fino a «ricopertinature» di vecchie edizioni quale quella di
Nicolò Polo (1603) che mi sembra non apportino sostanziali modifiche alle edizioni
precedenti. Questo primo quadro complessivo ho mostrato che potrà essere
maggiormente definito e corretto solo dopo l’edizione del Liber sacerdotalis e la
verifica più puntuale di tutte le successive edizioni e delle loro scelte, soprattutto
riguardo alle modifiche e variazioni avvenute nei testi.
Una parte che è rimasta da indagare riguarda il rapporto tra il Liber sacerdotalis,
che ormai era chiamato Sacerdotale o Sacerdotale romanum, e i libri liturgici promossi
dal Concilio di Trento al quale il testo del Sacerdotale non rimane estraneo. Infatti non
solo i nuovi libri liturgici del breviario (1568) e del Messale (1570) avevano indotto gli
editori del Sacerdotale ad alcuni cambiamenti, ma lo stesso Sacerdotale influenzerà
positivamente la produzione di quel nuovo libro liturgico che prenderà il nome di
Rituale romanum e che vedrà luce solo nel 1614 ad opera di Paolo IV dopo un primo
tentativo di compilazione di un testo ufficiale ad opera di Francesco Samarini nel 1579
stampato negli anni seguenti ma mai ufficializzato. Quali i motivi dell’accantonamento
di tale opera? Cosa influenzò la compilazione del Rituale romanum del 1614? Spero, a
Dio piacendo, di potere approfondire tali aspetti in prossimi studi.
Con il quarto ed ultimo capitolo ho dimostrato quanto chiaramente Alberto da
Castello volesse diffondere un nuovo libro liturgico per un grande zelo pastorale da lui
avvertito e per lo zelo pastorale che egli riteneva necessario all’amministrazione dei
sacramenti da parte di tutti i pastori, vescovi e presbiteri.
Non ho comparato i singoli testi del Liber sacerdotalis con quelli di altre
compilazioni coeve o precedenti, ma ho tentato una comparazione con alcune raccolte
abbastanza diffuse in quel periodo esaminando l’impostazione di tali opere
confrontandola con quella del Liber sacerdotalis. Da tale esame ho mostrato che
l’opera del frate domenicano ambiva ad una completezza ed esaustività che era
sconosciuta precedentemente a tale tipo di raccolte. Inoltre ho mostrato che la
caratteristica del Liber sacerdotalis è quella di essere una compilazione strutturata
270
secondo una rigida impostazione che separava nettamente la celebrazione dei
sacramenti e degli annexa da tutto il resto che era anch’esso strutturato in benedizioni
alle cose e alle persone, in processioni e altre cose utili al sacerdote.
Inoltre ho mostrato la peculiarità della presenza di sintesi teologiche e liturgiche
all’inizio dei singoli trattati. In particolare ho mostrato che è la trasparenza e la
precisione di Alberto da Castello nel compiere tali sintesi e compilazioni da fonti
autorevoli ad essere caratteristica precipua della sua opera.
Certo, chi venne dopo di lui vide i pregi della sua compilazione e i suoi limiti.
I pregi furono riconosciuti soprattutto dagli editori che avevano trovato un
volume la cui stampa poteva godere di un mercato sicuro, il clero secolare e religioso,
addetto a chiese parrocchiali o alla cura d’anime. Ma il grande numero di edizioni nello
spazio di breve tempo e il grande numero di copie custodite nelle diverse biblioteche
oggigiorno ci assicura anche il grande credito che proprio il clero tributò all’opera. I
difetti furono visti da chi tentò compilazioni simili e cercò dei miglioramenti,
soprattutto nella proliferazione dei rituali diocesani che non furono soppiantati
neppure dalla pubblicazione del rituale romano del 1614 e continuarono a comparire
nei secoli successivi fino alla metà del XIX secolo. Tali raccolte diocesane quanto erano
debitrici al Rituale romanum? Quanto erano debitrici alle raccolte locali precedenti?
Quanto erano debitrici al Liber sacerdotalis o al Sacerdotale? Anche tali risposte
necessitano di studi ulteriori, soprattutto un esame particolare condotto rituale per
rituale.
In conclusione, le grandi fatiche che costarono ad Alberto da Castello il Liber
sacerdotalis e il merito della sua compilazione possono essere bene decantate proprio
dalla poesia del Gaboardo che riconobbe Alberto da Castello nobile per la patria e
nobile per l’ingenio.
271
APPENDICE
Allegato 1: Edizione della «tabula contentorum» confrontata con i titoli apposti da Alberto da Castello all’inizio di ogni sezione e di ogni titolo
Si è proceduto a mettere sotto gli occhi del lettore la voce dell’indice in una
casella (in carattere tipografico romano tondetto) e a farla seguire, nella casella
sottostante, leggermente rientrata, dal titolo presente all’interno del volume (in
carattere tipografico italico).
Quando una voce in stile italico non è preceduta da alcuna voce in stile tondetto,
ciò significa che tale capitoletto dell’opera non era stato indicizzato nella tabula
contentorum preposta all’inizio del Liber sacerdotalis.
Ogni contenuto è stato affiancato da un numero che lo identifica.
Nel redigere tale tavola la sorpresa è stata che, per errore del tipografo o dello
stesso estensore dell’indice oppure, sospettiamo, per volontà dell’autore (vedi la parte
degli esorcismi), alcuni contenuti del volume non siano stati indicizzati e, dunque, non
si ritrovano nella tabula contentorum.
TABULA
* [Tabula p. 1] Tabula seu repertorium omnium contentorum in
hoc opere258
1 * Prohemium
Libri sacerdotalis de officio sacerdotis curati et omnibus ad
animarum curam pertinentibus: et sacramentorum
exhibitionibus cum eorum annexis secundum ritum Sancte
Romane et apostolice ecclesiae et aliarum ecclesiarum usibus
accomodati Prohemium259
2 * Prea[m]bula libri vn[de] dicat[ur] sacerdos [et] origo [et] off[iciu]m
ei[us]
258
1523; 1587 Tabula qvorvmcvnqve contentorum in hoc opere. 259
1523:1r,6: Prohemium.
272
Preambula quaedam sequentis operis. Unde dicatur sacerdos et
unde ortum habuit sacerdotium, et quid sit officium sacerdotis
capitulum I260
3 * Doctrina [et] bona vita necessariae sunt sacerdoti
Bona vita et sana doctrina sunt necessarie sacerdoti. Capitulum
II261
4 * Que necessario scienda [sunt
]262 a sacerdote
Que a sacerdotibus necessario scienda sunt. Capitulum
tertium263
5 * Sacerdos parrochialis debet [264
suis264]
subditis p[re]dicare
Sacerdos parrochialis debet suis subditis predicare: Capitulum
quartum265
6 * Quae sint p[rae]dicanda a sacerdotibus plebibus suis
Que a sacerdotibus sunt suis plebibus predicanda. Capitu[lum]
V 266
7 * Sacerdos [267
instruere debet subditos in fide catholica: [et] ad
superstitiones vitandas admonere267]
Sacerdos ante omnia debet sibi commissos ad fidem catholicam
firmiter tenendam et superstitiones vitandas instruere.
Capitulum VI268
8 * Sacerdos admonere fideles qualiter in ecclesia conversentur: [et]
virtutes predicare [et] vita [sic] detestari debet
Sacerdos admonere debet fideles qualiter in ecclesia conversari
debeant et qualiter virtutes debeant praedicare et vitiae
detestari. Capitulum VII269
9 * Sacerdos debet monere porcarios et bubulcos ad audiendam
missam saltim dominicis [et] festis diebus
Sacerdotes debent monere porcarios et bubulcos ut saltim
diebus festis ad ecclesiam inveniant. Capitulum VIII270
10 * Sacerdos debet monere populum ut saltem mane [et] vespere orent
p[ro] diversis plagis occurentibus
260
1523:2r,20-21. 261
1523:3r,10-11. 262
1564 omit. 263
1523:3v,12-13. 264
1523: 1559 text; 1564: omit. 265
1523:3v,30-31. 266
1523:4r,11-12. 267
1523, 1537 text 1559, 1564, 1567, 1579: Sacerdos populum instruere debet quod varia
superstitionum genera vitet, et de illarum penis. 268
1523:4v,12-14. 269
1523:5v,4-6. 270
1523:6r,9-11.
273
Sacerdos admonere debet populum vt mane et vespere saltim
pro se orent: et pro diuersis plagis occurentibus. Capitulum
IX271
11 * Sacerdos de[bet] mone[re] ciues vt salti[m] natale d[omi]ni,
festu[m] pasche resurrect[i]o[n]is [et] pe[n]t[ecostes] i[n]
ciuitatib[us] aga[n]t, [et] q[uae] su[n]t festa de p[re]cepto
Sacerdos docere debet ciues vt festa solemnia in ciuitatibus
agant: et quae sint festa de praecepto. Capitulum X272
12 * Sacerdos admonere de[bet] p[o]p[u]l[u]m sup[er] decimis soluendis
Sacerdos debet monere populum super decimis persoluendis
Capitulum XI273
13 * Sacerdos debet secum habere sacru[m] chrisma [et] illud
dilige[n]ter c[on]seruare [et] in c[on]uiuijs nuptialib[us] se honeste
h[ab]ere
Sacerdos semper debet secum habere sacrum chrisma: et illud
diligenter conseruare: et in conuiuijs nuptialibus honeste se
habere. Capitulum XII274
14 * Compendiosa admonitio que fit in concilijs synodalib[us] de vita
[et] honestate [et] officijs sacerdotum [et] clericorum
Compendiosa admonitio quae fit in concilijs provincialibus seu
synodis: de vita et officijs sacerdotum et clericorum. Capitulum
XIII275
Expliciunt preambula presentis operis.276
15 * Diuisio vniuersalis toti[us] o[per]is i[n] trib[us] p[ar]tib[us]
principalibus
Diuisio generalis totius operis277
16 * C. Capitula I partis libri sacerdotalis
C. Libri sacerdotalis de sacramentis per sacerdotem
ministrandis [et] de annexis adiunctis: [et] accedentibus ad
alia. Pars prima incipit278
17 * C. Primae partes [sic] Tractat[us] primus de sacr[ament]o
baptismi
C. Tractatus primus prime partis libri sacerdotalis de
sacramento baptismi. Incipit.279
18 * De triplici baptismo [et] eius efficatia[sic]
271
1523:6r,25-27. 272
1523:6v,10-12. 273
1523:7r,7-8. 274
1523:7v,12-14. 275
1523:8r,14-15. 276
1523:10r,4. 277
1523:10r,5. 278
1523:10v,1-3. 279
1523:10v,4-5.
274
De triplici baptismo [et] eius efficacia. Cap. I280
19 * De institutione sacramenti baptismi multiplici
De institutione huius sacramenti baptismi multipliciter facta.
Cap. II281
20 * De materia baptismi
Que sit materia sacramenti baptismi. Cap. III282
21 * De forma baptismi
Que sit forma baptismi: [et] qualiter in ea posset errare
baptizans. Capitulum IIII283
22 * Quis sit ydoneus minister baptismi
Quis sit ydoneus minister huius sacramenti baptismi. Capitulum
V284
23 * Quis debeat baptizari et quis non
Quis debeat baptizari et quis non. Capitulum VI285
24 * De ritu baptismi [et] qualiter debeat exhiberi
De ritu baptismi [et] qualiter debeat exhiberi. Capitulum VII286
25 * De effectu baptismi multiplici
Quis effectus sequitur ex baptismo legitime suscepto. Capitulum
VIII287
26 * Ordo baptiza[n]di s[ecundu]m curia[m] Romana[m] vulgat[us] [et]
imp[re]ssus
Ordo baptizandi vulgatus et iam diu impressus secundum usum
sancte Romane ecclesie288
27 Ordo prescriptus in diversis libellis baptismalibus impressus
fuit et vulgatus cum titulo secundum consuetudinem Sancte
Romane ecclesie. Verumtamen ego recensens libros antiquos et
novos de hac materia tractantes in sacra bibliotheca apostolica
nusquam inveni talem ordinem secundum dictam ecclesiam, sed
in libro novo quo sanctitas domini nostri pape utitur in divinis
repperi sequentem ordinem inscriptum secundum
consuetudinem Sacre Romane ecclesie. Positus igitur hic fuit
vterque modus ut omnibus satisfiat289
280
1523:10v,6. 281
1523:11r,27-28. 282
1523:11v,5. 283
1523:11v,35-12r,1. 284
1523:12v,21-22. 285
1523:13v,6. 286
1523:14r,2-3. 287
1523:15r,19. 288
1523:15v,1-2. 289
1523:18v,24-32. È stata riportata tutta l’annotazione perché contrassegnata da Alberto da Castello
con il carattere “C” che indica un capitolo della sezione.
275
28 * Ordo baptiza[n]di masculu[m] s[ecundu]m Romana[m] curia[m]
[et] p[at]riarchinu[m]
Ordo ad cathecuminum faciendum et baptizandum puerum
masculum secundum consuetudinem Sacre Romane ecclesie
habitus ex libro quo utitur Sanctissimus dominus noster papa in
divinis. Et hic idem ordo servatur in patriarcatu Venetiarum.290
29 Incipit off[iciu]m abrenu[n]ciatio[n]is [et] cathecismus291
30 * Ordo baptizandi feminam s[ecundu]m eosdem
Ordo ad puellam cathecuminam faciendam. Cap[itulum]. X292
31 Incipit officium abrenunciationis [et] cathecismus293
32 * Ordo baptiza[n]di i[n]fa[n]te[m] i[n] p[er]ic[u]lo mortis
c[on]stitutu[m] ad succurre[n]du[m]
Forma baptizandi puerum vel puellam de cuius morte dubitatur
Ad succurrendum. Capi[tulum] XI.294
Explicit tractatus prim[us] prime partis libri sacerdotalis de
sacramento baptismi.295
33 * Prime p[ar]tis Tractatus s[e]c[un]d[u]s de sacr[ament]o matrimonij
[tabula p. 2]
Tractatus II prime partis libri sacerdotalis de sacramento
matrimonij296
34 * Quid sit matrimoniu[m] [et] qualiter legiptime co[n]trahatur [et] de
eius institutione [et] tribus bonis ipsius
Quid sit matrimonium et qualiter contrahatur legittime: et de
eius institutione et de tribus bonis matrimonii. Ca[pitulum] I297
35 * De duplici matrimonio legiptimo [et] clandestino [et] de bannis298
faciendis
De duplici matrimonio, s[cilicet]. legittimo [et] clandestino [et]
de bannis publice faciendis. Capi[tulum]. II299
.
36 * De impedimentis matrimonij
De impedimentis matrimonii que sunt XIIII. Cap[itulum]. III300
.
37 * De exhortatione [et] admonitione facienda sponso [et] sponse p[er]
sacerdotem [et] de forma contrahendi matrimonium [et] ei[us]
b[e]n[e]dictione an[te] missam, in missa [et] post missam
290
1523:19r,1-4. 291
1523:21v,35. 292
1523:24r,28. 293
1523:21v,35. 294
1523:28v,1-2. 295
1523:29v,27-28 296
1523:30r,1-2. 297
1523:30r,3-4. 298
1523, 1564: bannis; 1559: pannis. 299
1523:30v,23-24. 300
1523:31r,21.
276
De exhortatione [et] admonitione facienda sponso [et] sponsae
per sacerdotem [et] de forma contrahendi matrimonium [et]
eius benedictione. Cap[itulum] IIII 301
.
38 * Benedictio quando sponsa non habuit alium virum, [et] sponsus
habuit aliam vxorem
Benedictio quando sponsa non habuit alium virum, et sponsus
habuit aliam uxorem. Capitulum V.302
39 * Benedictio quando sponsus non habuit aliam vxorem: [et] sponsa
habuit alium virum
Benedictio quando sponsus non habuit aliam uxorem: et sponsa
habuit alium virum. Capitulum VI303
40 * De i[n]gressu spo[n]se i[n] eccl[es]ia octauo die post
b[e]n[edicti]one[m] facie[n]da
De ingressu sponse in ecclesia octavo die post benedictionem
faciendo ubi consuevit. Capitulum VII304
41 * Pro fuganda sterilitate mulieris oratio
Pro fuganda sterilitate mulieris oratio305
42 * Or[ati]o p[ro] i[m]peditis in m[at]rimonio a demone vel malefitiis
[sic]
Oratio pro impeditis in matrimonio a demone vel maleficiis.
Capitulum IX306
43 * De b[e]n[e]dictio[n]e fetus in utero m[at]ris de cui[us] p[er]iculo
dubitat[ur]
De benedictione fetus in utero matris de cuius periculo
dubitatur. Capitulum X307
44 * Ordo b[e]n[e]dictio[n]is mulieris post partu[m] in domo
Ordo benedictionis mulieris post partum in domo.308
45 * Ordo q[ua]n[do] mulier post partu[m] primo ingreditur ecclesiam
Ordo quando mulier post partum primo ecclesiam ingreditur
expletis diebus sue purificationis. Capitulum XI 309
Explicit tractatus II prime partis libri sacerdotalis310
46 * C. Primae partis Tractatus tertius de sacramento paenitentiae
C. Tractatus tertius prime partis libri sacerdotalis de
sacramento penitentie. Incipit.311
301
1523:33v. 302
1523:38v. 303
1523:38v. 304
1523:38v. 305
1523:39r. 306
1523:39v. 307
1523:40r. 308
1523:41r. 309
1523:41v. 310
1523:42r.
277
47 * De sacr[ament]o penitentie quid sit [et] de partibus eius.
Paenitentia quid sit, et quotuplex fit, et de tribus verae
paenitentiae partibus Capitulum I312
48 * De triplici c[on]fessione et qu[od] c[on]fessio sacr[ament]alis e[st]
a deo i[n]stituta
De triplici confessione et quae confessio sacramentalis est a
deo instituta. Capitulum II313
Qui teneant[ur] ad c[on]fessione[m] [et] ex quo t[em]p[or]e
ho[mo] ad ea[n]dem obliget[ur]. c[apitulum] ij
49 * Qualiter sacerdos se habere debet erga paenitentes [et] subditos
suos in sacramento paenitentie
Qualiter sacerdos se habere debet erga paenitentes et subditos
suos in sacramento paenitentiae. Capitulum III314
50 * Sacerdos tenet[ur] scire ce[n]suras et casus reseruatos
Sacerdos tenetur scire censuras et casus reseruatos. Capitulum
IIII315
51 * Excommunicatio quid sit [et] quotuplex
Excommunicatio quid sit et quotuplex. Capitulum V316
52 * Casus et censure reseruate domino pape in processu annuali in cena
domini
Casus et censurae reservate domino pape in processu annuali
in cena domini. Capitulum VI317
53 * Censure que reseruantur domino pape in iure vel i[n]
extrauagantibus [et] ex concilio lateranensi
Censurae quae reseruantur domino papae in iure vel in
extrauagantibus et ex concilio lateranensi. Capitulum VII318
54 * Censure episcopis dyocesanis reseruate
Censurae episcopis diocesanis reseruatae. Capitulum VIII319
55 * Casus q[ui] sunt aliq[ua]n[do] papales et aliquando episcopales
Casus qui sunt aliquando papales et aliquando episcopales.
Capitulum IX320
56 * Casus ep[iscop]is reseruati
De casibus episcopis reseruatis. Capitulum X321
311
1523: 42r. 312
1523:42v. 313
1523:43r. 314
1523:44r. 315
1523:44v. 316
1523:45r. 317
1523:45r. 318
1523:46r. 319
1523. 320
1523:49v. 321
1523:50r.
278
57 * De exco[mmun]icatio[n]e minori
De excommunicatione minori. Capitulum XI322
58 * De i[n]terdicto
De interdicto. Capitulum XII323
59 * De suspe[n]sio[n]e
De suspensione. Capitulum XIII324
60 * De irregularitate
De irregularitate. Capitulum XIIII325
61 * Sacerdos accessurus ad audiendas confessiones prius debet
diuinum suffragium implorare
Sacerdos accessurus ad audiendas confessiones prius debet
diuinum suffragium implorare. Capitulum XV326
62 * De interrogationibus faciendis ante c[on]fessionem [tabula p. 3]
De interrogationibus faciendis ante confessionem. Capitulum
XVI327
[Quae docere et interrogare sacerdotes debeant paenitentes
antequam propria et singula peccata confiteantur]328
63 * De circunstantijs vere confessionis
De circumstantijs confessionis vere. Capitulum XVII329
64 * Forma breuis interrogandi s[ecundu]m X precepta legis [et] VII
peccata mortalia in versibus
Forma breuis interrogandi secundum decem precepta legis et
septem peccata mortalia in versibus. Capitulum XVIII330
65 * Qual[ite]r se h[abe]re de[bet] sacerdos cu[m] paenite[n]te audita
ei[us] c[on]fessio[n]e
Qualiter se habere debet sacerdos cum paenitente audita eius
confessione. Capitulum XIX331
66 * Canones p[e]n[itent]iales antiq[ui] s[ecundu]m d[omi]n[u]m
Gulelmu[m] duranti
Canones paenitentiales antiqui. Dominus Guillelmus durantis
in suo repertorio Rubrica de penitentijs a canonibus constitutis
ita dicit. Capitulum XX332
322
1523:50v. 323
1523:51v. 324
1523:51v. 325
1523:52v. 326
1523:53r. 327
1523:53v. 328
1523:-!!!. 329
1523:54v. 330
1523:55r. 331
1523:57v.
279
67 * De forma absoluendi ab exco[mmun]icatio[n]e maiori et a peccatis
De forma absoluendi ab excommunicatione maiori. Capitulum
XXI333
68 * De communi forma absoluendi ab excommunicatione minori saltim
ad cautellam [sic] [et] etiam a peccatis
De communi forma absoluendi ab excommunicatione minori
saltim ad cautellam et etiam a peccatis. Capitulum XXII 334
69 * Forma absolutions plenarie in mortis articulo facie[n]da his q[ui]
habe[n]t gratiam a sanctissimo domino nostro papa
Forma absolutions plenarie in mortis articulo facienda illi qui
habet gratiam a sanctissimo domino nostro papa. Capitulum
XXIII335
70 * De forma absolutionis plenissima
De forma absolutionis plenissima. Capitulum XXIIII336
71 * Ordo qualiter se habere debet sacerdos in suscipienda co[n]fessione
infirmi
Ordo qualiter se habere debet sacerdos in suscipienda
confessione infirmi. Capitulum XXV337
72 * De penitentia imponenda infirmo
De paenitentia imponenda infirmo. Capitulum XX 338
73 * C. Partis I Tractatus IIII de sacr[ament]o eucharistie particula I
C. Incipit Tractat[us] IIII prime partis libri sacerdotalis de
mento [sic] eucharistie.
C. Que c[on]tineantur in hoc tractatu. C. I339
74 * Que contineantur in hoc tractatu
Quae contineantur in hoc tractatu. Capitulum I340
75 * Que sit materia huius sacramenti
Que sit materia huius sacramenti. Capitulum II341
76 * Forma sacramenti eucharistie quae sit
Forma sacramenti eucharistiae quae sit. Capitulum III342
77 * De ministro huius sacramenti
De ministro huius sacramenti. Capitulum IIII343
332
1523:58r. 333
1523:61v. 334
1523:62r. 335
1523:62v. 336
1523:62v. 337
1523:63r. 338
1523:67r. 339
1523:68v. 340
1523:68v. 341
1523:69r. 342
1523:69v.
280
78 * De effectu huius sacramenti
De effectu huius sacramenti. Capitulum V344
79 * Quis locus ydoneus sit ad misse celebrationem
Quis locus idoneus sit ad missae celebrationem. Capitulum
VI345
80 * Quo tempore missa celebranda sit
Quo tempore missa celebranda sit. Capitulum VII346
81 * Quoties in die quis possit celebrare
Quotiens in die quis possit celebrare. Capitulum VIII347
82 * De ordine [et] ritu celebrandi s[ecundu]m c[on]suetudine [sic]
sancte Romane eccl[es]ie [[et] de preparatione [et] sacramentali
confessione [et] orationib[us] dicendis ante missam]
De ordine et ritu celebrandi secundum consuetudinem sancte
Romanae ecclesiae. Capitulum IX348
83 * Sacerdos celebratur[us] lauat man[us] an[te] celebrationem
Sacerdos celebraturus lauat manus ante celebrationem.
Capitulum X349
84 * Sacerdos paratur sacris vestibus
Quae dicere sacerdos debeat quando paratur sacris vestibus
Capitulum XI350
85 * Or[ati]ones deuote dice[n]de an[te] accessum ad altare
Sacerdos postquam est paratus potest dicere sequentes
orationes. Capitulum XII351
86 * Sacerdos qualiter ad altare accedere debeat
Sacerdos qualiter ad altare accedere debet. Capitulum XIII352
87 * Sacerdos qualiter missam incipiat
Sacerdos qualiter missam incipiat. Capitulum XIIII353
88 * Quae dici debeant per sacerdotem plane et que alte
Quae dici debent per sacerdotem plane et que alte. Capitulum
XV354
89 * Dicta confessione qualiter sacerdos missam prosequatur
343
1523:70r. 344
1523:71r. 345
1523:71v. 346
1523:72r. 347
1523:72r. 348
1523:73r. 349
1523:76r. 350
1523:76v. 351
1523:77r. 352
1523:78r. 353
1523:78v. 354
1523:80v.
281
Dicta confessione qualiter sacerdos missam prosequatur.
Capitulum XVI355
90 * De «gloria in excelsis» [et] quando dicendum sit
De gloria in excelsis quando dicendum sit. Capitulum XVII356
91 * De or[ati]onibus in missa [et] quot [et] q[ue] dicende sint
De orationibus in missa. Capitulum XVIII357
92 * De ep[isto]la Gradua[li]358
all[elui]a, tractib[us] [et] seq[ue]ntijs
i[n] missa dice[n]dis [Tabula p. 4]
De epistola gradualibus et alleluia, tractibus prosis et
sequentijs in missa dicendis. Capitulum XIX359
93 * De Euangelio in missa dicendo
De euangelio in missa dicendo. Capitulum XX360
94 * De «Credo» et quando debeat dici
De credo in missa dicendo et quando debeat dici. Capitulum
XXI361
95 * De Offertorio dicendo in missa [et] de oblationibus fidelium post
illud [et] generali confessione ad p[o]p[u]l[u]m facienda
De offertorio dicendo in missa et oblatione fidelium post illud
facienda et confessione generali. Capitulum XXII362
96 * De oblatione hostie [et] calicis super altare
De oblatione hostie et calicis super altare. Capitulum XXIII363
97 * Sacerdos lauat manus ad cornu altaris
Sacerdos lauat manus ad cornu altaris. Capitulum XXIIII364
98 * Sacerdos v[er]tit se ad p[o]p[u]l[u]m [et] dicit «Orate fratres»
[et]c[etera].
Sacerdos, lotis manibus, orat vertit se ad populum et dicit Orate
fratres. Capitulum XXV 365
99 * Sacerdos dicit prefationem
Sacerdos dicit prefationem. Capitulum XXVI366
355
1523:80v. 356
1523:81r. 357
1523:81v. 358
1523: gradua. (con punto). Così anche le edizioni 1537-1567. L’edizione di Varisco del 1569
esplicita con graduali quella che era una evidente abbreviazione e che nessuno degli editori successivi aveva corretto. Le edizioni successive torneranno, per brevità, ad abbreviare ulteriormente il termine.
359 1523:84v.
360 1523:85r.
361 1523:85v.
362 1523:86v.
363 1523:87v.
364 1523:88r.
365 1523:88v.
282
100 * Sacerdos incipit canone[m] [et] prosequitur
Sacerdos incipit canonem et prosequitur. Capitulum XXVII367
101 * De vltimis or[ati]onibus dice[n]dis in missa s[cilicet] post
co[mmun]ionibus [???]
De vltimis orationibus dicendis in missa scilicet post
communionibus. Capitulum XXVIII368
102 * De vltima benedictione in fine misse
De vltima benedictione in fine misse danda. Capitulum XXIX369
103 * De euangelio «In principio» dicendo
De euangelio In principio dicendo. Capitulum XXX370
104 * Or[ati]ones dicende post missam a sacerdote
Orationes dicendae post missam a sacerdote. Capitulum
XXXI371
105 * De his que omittuntur in missa pro defunctis
De his quae omittuntur in missa pro defunctis. Capitulum
XXXII372
106 * De celebratione duar[um] vel trium missar[um] eadem die
De celebratione duarum vel trium missarum eadem die.
Capitulum XXXIII373
107 * De missa sicca nuncupata
De missa sicca nuncupata. Capitulum XXXIIII374
108 * De eade[m] missa sicca in mari vel fluminibus celebra[n]da
De eadem missa sicca in mari vel fluminibus celebrari solita.
Capitulum XXXV375
109 * De eade[m] missa sicca cora[m] i[n]firmo v[e]l[] alia p[er]so[n]a
celebra[n]da
De eadem missa coram infirmo vel alia persona celebranda.
Capitulum XXXVI376
110 * C. Tractatus de defectibus in missa occurrentibus
Tractatus de defectibus in missa occurrentibus. Capitulum
XXXVII 377
366
1523:89r. 367
1523:89v. 368
1523:94v. 369
1523:95v. 370
1523:96r. 371
1523:96v. 372
1523:99v. 373
1523:99v. 374
1523:100r. 375
1523:100r. 376
1523:101r. 377
1523:101r.
283
111 * Primo de defectu panis
Primo de defectu panis. Capitulum XXXVIII378
112 * Quale debeat esse vinu[m] q[uo]d in c[on]secratione sacr[ament]i
eucharistie ministrat[ur]: [et] de deffectibus [sic] eius q[ui]
occurrere possu[n]t
Quale esse debeat vinum quod in consecratione sacramenti
eucharistie ministratur: et de defectibus eius qui occurrere
possunt. Capitulum XXXIX379
113 * De defectu aque
De defectu aquae. Capitulum XL380
114 * De defectu forme
De defectu formae. Capitulum XLI381
115 * De defectu intentionis ministri
De defectu intentionis ministri. Capitulum XLII382
116 * De defectu vestimentorum
De defectu vestimentorum. Capitulum XLIII383
117 * De defectibus dispositionis corporis
De defectibus dispositionis corporis. Capitulum XLIIII384
118 * De immunditia corporali
De immunditia corporali. Capitulum XLV385
119 * De defectu dispositionis animae
De defectu dispositionis animae. Capitulum XLVI386
120 * De pollutione
De pollutione. Capitulum XLVII387
121 * De defectib[us] missa[m] celebra[n]ti interdum occurrentibus
De defectibus missam celebranti interdum occurrentibus.
Capitulum XLVIII388
122 * De p[er]turbationibus occurrentib[us] missam celebra[n]tib[us]
De perturbationibus occurrentibus missam celebrantibus.
Capitulum XLIX389
378
1523:101r. 379
1523:101v. 380
1523:102v. 381
1523:102v. 382
1523:103r. 383
1523:104v. 384
1523:104v. 385
1523:105r. 386
1523:105r. 387
1523:105v. 388
1523:105v. 389
1523:106r.
284
123 * Si cadit corpus christi
Quando cadit corpus Christi. Capitulum L390
124 * Q[ua]n[do] cadit sanguis chr[ist]i
Quando cadit sanguis Christi. Capitulum LI391
125 * De vomitu sacr[ament]i
De vomitu sacramenti. Capitulum LII392
126 * De musca v[e]l[] aranea v[e]l[] veneno mixtis cu[m] sa[n]gui[n]e
chr[ist]i
De musca vel aranea vel veneno mistis cum sanguine Christi.
Capitulum LIII393
127 * De noua specie apparente
De noua specie apparente. Capitulum LIIII394
128 * C. De horis canonicis a sacerdotibus dicendis Tractatus
C. De horis canonicis a sacerdotibus dicendis Tractatus395
129 * De matutinis
De matutinis. Capitulum I396
130 * De laudibus [Tabula p. 5]
De laudibus. Capitulum II397
131 * De prima
De prima. Capitulum III398
132 * De tertia
De tertia. Capitulum IIII399
133 * De sexta
De sexta. Capitulum V400
134 * De nona
De nona. Capitulum VI401
135 * De vesperis
De vesperis. Capitulum VII402
390
1523:106r. 391
1523:106v. 392
1523:107r. 393
1523:107r. 394
1523:107r. 395
1523:107r. 396
1523:107v. 397
1523:107v. 398
1523:108r. 399
1523:108r. 400
1523:108r. 401
1523:108r. 402
1523:108v.
285
136 * De completorio
De completorio. Capitulum VIII403
137 * Quare diuersimode hore incipiuntur
Quare diuersimode horae incipiuntur. Capitulum IX404
138 * De his qui tenent[ur] dicere horas canonicas
De his qui tenentur dicere horas canonicas. Capitulum X405
139 * Qualiter hoc sacratissimu[m] eucharistie sacr[amentu]m sit
dispensa[n]du[m] fidelibus tractatus eiusdem particula secunda
Quibus hoc sacratissiumum sacramentum dispensandum sit
fidelibus et quibus non. Capitulum I406
140 * Que sint que impediant communicandum
Que sint que impediant communicandum. Capitulum II407
141 * Ordo ad communicandum populum in ecclesia tam in paschate
quam in alijs diebus
Ordo ad comunicandum populum in ecclesia tam in paschate
quam in alijs diebus. Capitulum III408
142 * Ordo ad communicandum infirmum
Ordo ad communicandum infirmum. Capitulum IIII409
143 * De custodia sacr[ament]i eucharistie eiusde[m] tractat[us]
p[ar]ticula III
De custodia sacramenti eucharistie. Capitulum I410
144 * De p[e]ni[tenti]a male serva[n]tis sacr[amentu]m eucharistie
De penitentia male servantis sacramentum. Capitulum II411
145 * Casus p[ro]hibiti [et] c[on]cessi t[em]p[or]e g[e]n[er]al[is]
interdicti ecclesiastici
Casus prohibiti et concessi tempore generalis interdicti
ecclesiastici. Capitulum III412
146 * C. Partis prime Tractat[us] V de sacr[ament]o extreme unctio[n]is
Incipit V tractatus prime partis libri sacerdotalis: de sacramento
extreme unctionis et ei ennexis et consequentibus. De materia,
forma, ministro, effectu sacramenti extreme unctionis, et quibus, et
qua corporis parte dari debeat, et an debeat iterari413
403
1523:108v. 404
1523:108v; 1537; 1548; 1554; 1555; 1559; 1560; 1564; 1567; 1576; 1579S; 1579N; 1580; 1585N;
1585J; 1587; 1588:109; 1597. 405
1523:109r. 406
1523:109r. 407
1523:109v. 408
1523:110r. 409
1523:111r. 410
1523:112v. 411
1523:113r. 412
1523:113r. 413
1523:114v.
286
147 * Materia sacramenti extreme vnctionis
Materia sacramenti extremae unctionis que sit. Capitulum I414
148 * Forma huius sacramenti que sit
Forma huius sacramenti que sit. Capitulum II415
149 * Minister huius sacramenti quis sit
Minister huius sacramenti quis sit. Capitulum III416
150 * De effectu huius sacramenti
De effectu huius sacramenti. Capitulum IIII417
151 * Quibus dari debeat hoc sacramentum
Quibus dari debeat hoc sacramentum. Capitulum V418
152 * Quib[us] p[ar]tibus corporis dari debeat hoc sacramentum
Quibus corporis partibus debeat dari hoc sacramentum.
Capitulum VI419
153 * An hoc sacramentum possit reiterari
An hoc sacramentum possit reiterari. Capitulum VII420
154 * Ordo ad vnge[n]du[m] infirmum s[ecundu]m Romanam curiam
Ordo ad vngendum infirmum secundum Romanam curiam.
Capitulum VIII421
155 * Ordo ad vnge[n]du[m] i[n]firmu[m] s[ecundu]m Ritu[m]
p[at]riarchatus Ueneti
Ordo vngendi infirmum secundum usum patriarchatus
Venetiarum. [Capitulum IX]422
156 * C. De annexis seu concomita[n]tibus hoc sacr[amentu]m particula
-423
157 * De b[e]n[edicti]one ciner[um] in q[ui]bus infirmus morie[n]s e[st]
ponendus
Benedictio cinerum in quibus ponendus est infirmus moriens, et
cilicii quo cadaver defuncti est involvendum424
158 * De b[e]n[e]dictione cilitij in quo cadauer est inuoluendum
Item benedictio cilitii425
414
1523:114v. 415
1523:114v. 416
1523:115r. 417
1523:115r. 418
1523:115r. 419
1523:115v. 420
1523:115v. 421
1523:116r. 422
1523:118r. 423
1523: –. 424
1523:119v. 425
1523:120r.
287
159 * De oratione facienda in visitatione infirmorum
De oratione facienda in visitatione infirmorum. Capitulum III426
160 * De petitio[n]ibus facie[n]dis infirmo in mortis articulo
De petitionibus faciendis infirmo morienti valde utilibus.
Capitulum IIII427
161 * De protestationibus faciendis a moriente
428
De protestationibus faciendis a moriente. Capitulum V429
162 * Oratio dicenda in agone mortis
Oratio utilis ad dicendum in agone mortis. Capitulum VI430
163 * Or[ati]ones dicende in agone mortis ad beatam virgine[m]
Orationes dicende in agone mortis ad beatam virginem
mariam. Capitulum VII431
164 * Letania pro infirmo moriente cu[m] multis orationibus
Letania pro infirmo moriente. Capitulum VIII432
165 * Commendatio anime ante mortem
Commendatio anime ante mortem. Capitulum IX433
166 * Orationes deuote dicende in agone mortis
Sequentes orationes dicende sunt super agonizante in transitu
deuote morose et intelligibiliter vt infirmus audire possit434
167 * Psalmi dicendi in agone mortis super infirmum
Psalmi dicendi in agone mortis super infirmum. Capitulum
XI435
168 * Symbolum Athanasij [Tabula p. 6]
Symbolum siue fides catholica sancti Athanasij episcopi. Cap.
XII436
169 * Passio d[omi]ni nostri Jesu Christi s[ecundu]m Mattheum
426
1523:120r. 427
1523:123r. 428
Delimitato dalla lettera maiuscola “C” che – come paraffo – delimita i capitoli e le sezioni dei
capitoli c’è il seguente testo: hae protestationes morientium reuelatae fuerunt cuidam religioso viro adhunc finem: quia multi in extremis laborantes: etiam post sacramentalem confessionem inciderun ex diabolica tentatione in baratrum desperationis. Revelatumque est, quod nullus qui ex corde talia quae sequuntur fuerit protestatus damnari poterit «Queste suppliche dei morienti furono rivelate ad un certo uomo religioso presso la fine:poiché molti negli ultimi momenti di vita fanno fatica:anche dopo la confessione sacramentale sono caduti a causa della tentazione del diavolo, nel baratro della disperazione».
429 1523:114r.
430 1523:125r.
431 1523:126r.
432 1523:127r.
433 1523:128r.
434 1523:130r.
435 1523:135r.
436 1523:138v.
288
Passio domini nostri Jesu Christi secundum Mattheum.
Capitulum XIII437
170 * Passio d[omi]ni nostri Jesu Christi s[ecundu]m Marcum
Passio domini nostri Jesu Christi secundum Marcum.
Capitulum XIIII438
171 * Passio d[omi]ni nostri Jesu Christi s[ecundu]m Lucam
Passio domini nostri Jesu Christi secundum Lucam. Capitulum
XV439
172 * Passio domini nostri Jesu christi s[ecundu]m Joannem
Passio domini nostri Jesu Christi secundum Joannem.
Capitulum XVI440
173 * Sermo d[omi]ni nostri Jesu christi ante passionem habitus cora[m]
apostolis legendus in transitu alicuius
Sermo domini nostri Jesu Christi ante passionem habitus coram
apostolis. Capitulum XVIII [sic !!!]441
174 * De off[ici]o com[m]e[n]datio[n]is anime post egressum de corpore
De officio faciendo post egressum anime de corpore. Capitulum
XVIII442
175 * Delatio corporis defuncti ad ecclesiam
Delatio corporis defuncti ad ecclesiam. Capitulum XIX443
176 * De off[ici]o sepulture sacerdotis vel clerici defuncti
De officio sepulturae sacerdotis vel clerici defuncti. Capitulum
XX444
177 * Tractatus an aliq[ui]d sit exigendu[m] pro sepultura
An aliquid sit exigendum pro sepultura. Capitulum XX445
[sic !!! ndr]
178 * An facienda sint conuiuia sacerdotibus in funere defunctorum
An facienda sint conuiuia sacerdotibus in funere defunctorum.
Capitulum XXI446
179 * Quibus p[er]sonis denegatur ecclesiastica sepultura
Quibus personis denegatur ecclesiastica sepultura. Capitulum
XXII447
437
1523:139r. 438
1523:142v. 439
1523:145v. 440
1523:148v. 441
1523:150v. 442
1523:154v. 443
1523:155r. 444
1523:155r. 445
1523:163r. 446
1523:167v. 447
1523:168r.
289
180 * De officio sepulture secularium
De officio sepulturae secularium. Capitulum XXIII448
181 * De officio sepulture paruulorum
De officio sepulturae paruulorum. Capitulum XXIIII449
182 * Ritus sepelie[n]di seculares s[ecundu]m p[at]riarchatu[m] Uenetum
tam in die sepulture q[ua]m in anniuersario
Ritus sepeliendi defunctum secularem secundum vsum
patriarchatus Uenetiarum. Capitulum XXV450
183 * Uespere defunctorum in cantu
Incipit officium in agenda mortuorum. Ad vesperum absolute
incipit. Capitulum XXVII [sic!]451
184 * Matutine defunctorum in cantu
Ad matutinum incipitur Invitatorium. Capitulum XXVII452
185 * Missa de mortuis tota in cantu cum Kyrie[l]. sequentia, sanctus, [et]
agnus dei
Missa in agenda pro mortuis. Capitulum XXIX 453
186 * Ordo visita[n]di tumulos defu[n]ctor[um] post missa[m] cu[m]
p[ro]cessio[n]e
Ordo visitandi tumulos defunctorum. Capitulum XXX454
187 * Septem psalmi penitentiales
Incipiunt septem psalmi paenitentiales. Capitulum XXXI455
188 * Litanie que in ecclesia solenniter cantatur notate
Letania. Capitulum XXXI [sic!]456
189 * Psalmi graduales
Psalmi graduales. Capitulum XXXIII457
190 * C. Expliciunt capitula prime partis libri sacerdotalis
C. Explicit v. et vltimus Tractatus prime partis Libri
sacerdotalis de sacr[ament]o extreme vnctionis [et] de
sepulturis [et] alijs annexis.458
191 * C. Incipiunt capitula II partis eiusdem libri
C. Libri sacerdotalis de officio sacerdotis curati pars ij.
Incipit. Prohemium. 459
448
1523:170. 449
1523:171r. 450
1523:172r. 451
1523:174v. 452
1523:176v. 453
1523:189v. 454
1523:194r. 455
1523:195r. 456
1523:196r. 457
1523:198v. 458
1523:200v.
290
192 * Prohemium in II parte[m] libri sacerdotalis de multiplici genere
benedictionum
C. Benedicere seu benedictio multipliciter accipitur in diuina
scriptura.460
193 * De aque benedicte qua in ecclesia populus aspergitur, institutione
[et] effectu
De aque benedicte qua in ecclesia populus aspergitur,
institutione [et] effectu. Capitulum I461
194 * De b[e]n[edicti]one sal[is] [et] aq[ue] s[ecundu]m
c[on]suetudine[m] Romane curie
De benedictione salis [et] aquae secundum consuetudinem
Romanae curie. Capitulum II462
195 * An[tiphone]. «Asp[er]ges» [et] «Uidi aquam» notate que cantari
debent q[ua]ndo aqua b[e]n[e]dicta asp[er]git[ur] super populum
cu[m] sua or[ati]one
Antiphone que cantari debent quando aqua benedicta
aspergitur super populum cum sua oratione. Capitulum III463
196 * B[e]n[edicti]o aque que fit in vigilia epiphanie cum cantu
De benedictione aque in vigilia epyphanie: Que licet in Romana
curia non fiat in multis tn??? ecclesijs solemniter celebratur. 464
197 * Or[ati]ones dicende in asp[er]sione domor[um] cum p[rae]dicta
aqua
De aspersione aque benedicte per domos fidelium per clericos
facienda. Cap. VII465
198 * B[e]n[e]dictio auri, thuris [et] myrrhe in epiphania domini [tabula
p. 7]
In festo epyphanie solent benedici aurum thus et mirrha in
comemorationem munerum trium magorum: et taliter benedicta
super se portata cum dei timore et reuerentia portanti prosunt
ad salutem.466
199 * Q[uod] sacerdotes ante q[ua]dragesimam debent admonere
populu[m] ad confessionem [et] ieiunium quadragesime
Quod sacerdotes ante quadragesimam debent populum
admonere circa confessionem [et] ieiunium quadragesimae.
Capitulum V467
200 * B[e]n[e]dictio ciner[um] in IIII feria in capite ieiunij
459
1523:201r. 460
1523:201r. 461
1523:202v. 462
1523:202v. 463
1523:204r. 464
1523:205r. 465
1523:212v. 466
1523:213r. 467
1523:214r.
291
De benedictione cinerum in quarta feria in capite ieiunij.
Capitulum VI468
201 * B[e]n[e]dictio imaginis b[ea]te virgi[ni]s h[ab]ita ex pontificali
De benedictione imaginis beate marie virginis. Capitulum
VII469
202 * B[e]n[e]dictio anchonar[um] seu imaginu[m] dei [et]
s[an]c[t]or[um]
Benedictione [sic sine “de”] anchonarum seu ymaginum dei et
sanctorum. Capitulum VIII470
203 * B[e]n[e]dictio pabuli a[n]imaliu[m]. s. salis, ordei, siliginis, auene
[et] ceterorum in festo s[an]c[t]i stephani p[ro]thomartyris
Benedictio pabuli animalium seu salis ordei auene et ceterorum
que in aliquibus regionibus fit in festo sancti Stephani
prothomartyris. Capitulum IX471
204 * B[e]n[e]dictio vini c[on]tra venenu[m] in festo s[an]c[t]i ioannis
eua[n]g[elist]e
De benedictione vini in festo sancti Joannis euangelistae contra
venenum. Capitulum X472
205 * B[e]n[edicti]o panis [et] fructuu[m] i[n] festo s[an]c[t]i blasij
c[on]tra malu[m] gutturis
De benedictione panis vini fructuum et seminum in festo sancti
Blasij contra malum gutturis. Capitulum XI473
206 * B[e]n[e]dictio alia panis in eodem festo
Alia benedictio panis in eodem festo474
207 * B[e]n[e]dictio vini [et] fructuu[m] [et] seminu[m] in eodem festo
De benedictione vini fructuum et seminum in festo eiusdem
sancti blasij episcopi et martyris. 475
208 * B[e]n[e]dictio fructuum particularis eadem die
Eodem die benedictio fructuum.476
209 * B[e]n[e]dictio particularis seminum eadem die
Eodem die benedictio seminum.477
210 * B[e]n[e]dictio panis c[on]tra p[er]iculu[m] ignis in festo s[an]c[t]e
agathae
468
1523:214v. 469
1523:216v. 470
1523:217r. 471
1523:217v. 472
1523:218v. 473
1523:219v. 474
1523:220r. 475
1523:220v. 476
1523:220v. 477
1523:220v.
292
Benedictione [sic sine “de”] panis in festo sancte agathe contra
ignis periculum. Capitulum XIII478
211 * B[e]n[e]dictio agni [et] carnium in pascha
De benedictione agni et carnium in die sancto pasche.479
212 * Benedictio ouorum in pascha
Benedictio ouorum in pascha.480
213 * B[e]n[e]dictio segetu[m] [et] seminu[m] in festo sancti Marci
De benedictione segetum et seminum in festo sancti Marci
euangeliste. Capitulum XV481
214 * B[e]n[e]dictio vue noue in festo transfigurationis domini
De benedictione vue noue in festo transfigurationis domini.
Capitulum XVI482
215 * B[e]n[e]dictio pueror[um] ad eccl[es]iam a pare[n]tibus
adductor[um]
De benedictione puerorum a parentibus ad ecclesiam
adductorum. Capitulum XVII483
216 * B[e]n[e]dictio pueror[um] q[ua]n[do] eis capilli primo inciduntur
Benedictio puerorum quando eis capilli primo inciduntur.484
217 * B[e]n[e]dictio ca[n]dellar[um]
De benedictione candelarum. Capitulum XVIII485
218 * B[e]n[e]dictio alia ad ide[m]
Alia benedictio ad idem. Capitulum XIX486
219 * Benedictio incensi
Benedictio incensi.487
220 * B[e]n[edicti]o viduae castitate[m] p[ro]fite[n]tis ex po[n]tificali
habita
De benedictione vidue castitatem profitentis. Capitulum XX488
221 * B[e]n[e]dictio sup[er] peregrinos exeuntes
Benedictio super peregrinos exeuntes.489
* - !
478
1523:221r. 479
1523:222r. 480
1523:221v. 481
1523:221v. 482
1523:222v. 483
1523:222v. 484
1523:223v. 485
1523:223v. 486
1523:224r. 487
1523:224r. 488
1523:224v. 489
1523:225v.
293
Benedictio super baculos et capsellas.490
222 * B[e]n[e]dictio sup[er] peregrinos ad terra[m] s[an]c[t]am
p[ro]ficiscentes
Ordo benedictionis ad peregrinos nauigare volentes ad terram
sanctam.491
223 * B[e]n[e]dictio peregrinor[um] in reditu a peregrinatione
Ordo benedictionis peregrinorum domum reuenientium.492
224 * B[e]n[e]dictio muneris quod offertur in ecclesia
De benedictione muneris quod offertur in ecclesia. Capitulum
XXII.493
225 * B[e]n[e]dictio ad po[n]derandum per votu[m] obligatum
Ordo ad ponderandam personam per votum obligatam dare de
aliqua re quantum ponderat corpus eius sicut triticum oleum
ceram vinum vel alia.494
226 * B[e]n[e]dictio sole[n]nis panis in diebus dominicis
De benedictione solennis panis in diebus dominicis et magnis
festiuitatibus. Capitulum XXIII.495
227 * Benedictio panis pro infirmantibus
Benedictio panis pro infirmantibus. 496
228 * Benedictio aque pro infirmis
De benedictione aque pro infirmis. 497
229 * Benedictio prandij caritatis
Ad benedicendum prandium caritatis.498
230 * B[e]n[e]dictio contra aereas tempestates
Benedictio contra aereas tempestates. 499
231 * Benedictio loci vel domus
De benedictione loci vel domus. Capitulum XXV.500
232 * B[e]n[e]dictio domus noue vel a daemonio vexate
Benedictio domus noue vel a demonio vexate. Capitulum
XXVI.501
490
1523:226v. 491
1523:227r. 492
1523:228r. 493
1523:228v. 494
1523:229r. 495
1523:229v. 496
1523:230r. 497
1523:230v. 498
1523:230v. 499
1523:231r. 500
1523:233r. 501
1523:233r.
294
233 * Benedictio thalami vel camerae
Benedictio thalami vel camerae. 502
234 * Benedictio nauis nouae [tabula p. 8]
Benedictio nauis nouae. Capitulum XXVII.503
235 * B[e]n[edicti]o seu asp[er]sio aq[ue] benedicte p[er] officinas
dom[us]
De benedictione seu aspersione aque benedicte per officinas
canonice vel domus proprie. Capitulum XXVIII.504
236 * B[e]n[e]dictio ad initium boni operis
Benedictio ad initium alicuius operis boni. Capitulum XXIX.505
237 * Benedictio ignis
De benedictione ignis. Capitulum XXX.506
238 * Benedictio domus ne comburatur ab igne
De benedictione domus ne comburatur ab igne. Capitulum
XXXI.507
239 * B[e]n[e]dictio putei noui
De benedictione novi putei. Capitulum XXXII.508
240 * B[e]n[e]dictio nouae aree
De benedictione nove aree. Capitulum XXXIII.509
241 * B[e]n[edicti]o vasor[um] nouor[um]
De benedictione ad vasa nova. Capitulum XXXIIII.510
242 * B[e]n[e]dictio panis noui
De benedictione novi panis. Capitulum XXXV.511
243 * B[e]n[edicti]o vini noui
De benedicitone vini novi. Capitulum XXXVI.512
244 * B[e]n[e]dictio auium
De benedictione avium. Capitulum XXXVII.513
245 * B[e]n[e]dictio lardi
De benedicitone lardi. Capitulum XXXVIII.514
502
1523:234r. 503
1523:234r. 504
1523:236v. 505
1523:239r. 506
1523:239r. 507
1523:239r. 508
1523:239v. 509
1523:239v. 510
1523:239v. 511
1523:240r. 512
1523:240r. 513
1523:240r.
295
246 * B[e]n[e]dictio casei vel butiri
Benedictio casei vel butiri. Capitulum XXXIX.515
247 * B[e]n[e]dictio lactis [et] mellis
Benedictio lactis et mellis. Capitulum XL.516
248 * Benedictio seminum oler[um] vel leguminum
De benedictione seminum olerum vel leguminum. Capitulum
XLI.517
249 * Benedictio co[n]tra vermes, mures vel locustas vel alia animalia
terram vel fructus vastantia
Benedictio contra aves, vermes, mures vel locustas vel alia
animalia terram vel fructus vastantia vel aquas inficientia. 518
250 * Benedictio salis [et] aque contra vermes [et] aues semina
possessionum vastantes
De benedictione salis et aque contra vermes et aves semina
possessionum vastantes. Capitulum XLII.519
251 * B[e]n[edicti]o terre seminate
De benedictione terre seminate. Capitulum XLIII.520
252 * B[e]n[e]dictio arborum
De benedictione arborum. Capitulum XLIIII.521
253 * B[e]n[edicti]o fruct[us] arbor[um]
De benedictione fructus arborum. Capitulum XLV.522
254 * B[e]n[e]dictio nouor[um] pomor[um]
De benedictione novorum pomorum. Capitulum XLVI.523
255 * Benedictio vinee
De benedictione vinee. Capitulum XLVII.524
256 * Benedictio co[mun]is super fruges [et] vineas
De benedictione communi super fruges et vineas. Capitulum
XLVIII.525
257 * B[e]n[edicti]o vue vel ficuu[m]
514
1523:240r. 515
1523:240v. 516
1523:240v. 517
1523:240v. 518
1523:240v. 519
1523:241v. 520
1523:241v. 521
1523:241v. 522
1523:241v. 523
1523:241v. 524
1523:242r. 525
1523:242r.
296
De benedictione uve vel ficuum vel quorumcumque aliorum
fructuum526
258 * B[e]n[edicti]o ad fruct[us] nouos
De benedictione ad fructus novos. Capitulum L.527
259 * B[e]n[e]dictio in co[mmun]i [???]
De benedictione communi ad omnia. Capitulum LI.528
260 * B[e]n[edicti]o in peste a[n]i[m]alium
De benedictione in peste animalium. Capitulum LII.529
261 * B[e]n[edicti]o salis q[uo]d dat[ur] a[n]i[m]alib[us]
De benedictione salis quod datur animalibus. Capitulum
LIII.530
262 * B[e]n[e]dictio crucis
Benedictio crucis. Capitulum LIIII.531
263 * B[e]n[e]dictio olei
Benedictio olei. Capitulum LV.532
264 * B[e]n[e]dictio cilitij ex p[ae]n[itent]ia induendi
Benedictio cilitij ex paenitentia induendi. Capitulum LVI.533
265 * C. Epliciunt [sic] cap[itu]la II partis libri sacerdotalis
Libri sacerdotalis de officio sacerdotis curati de diversis
benedictionibus ad ipsum pertinentibus faciendis pars II
principal explicit.534
266 * C. Incipiunt cap[itu]la III partis libri sacerdotalis
Libri sacerdotalis de officio sacerdotis curati Pars III et ultima.
In qua tractatus quatuor continentur. Incipit535
267 * De processio[n]ibus faciendis prohemium
Tractatus primus III partis libri sacerdotalis de processionibus
faciendis. Prohemium.536
268 * Un[de] ortum habueru[n]t p[ro]cessionu[m] celebratio
Unde ortum habuerit processionum celebratio. Capitulum I.537
269 * De p[ro]cessionibus ordinarijs [et] extraordinarijs
526
1523:242v. 527
1523:242v. 528
1523:242v. 529
1523:242v. 530
1523:243r. 531
1523:243r. 532
1523:243v. 533
1523:243v. 534
1523:243v. 535
1523:244r. 536
1523:244r. 537
1523:244v.
297
Quot sint processiones quae ordinarie fiunt per anni circulum
et que sint processiones extraordinarie. Capitulum II.538
270 * Quibus ex causis fiant processiones
Quibus ex causis fiant processiones. Capitulum III.539
271 * De Ritu [et] mo[do] p[ro]cessionu[m] facie[n]darum
De ritu et modo processionum faciendarum. Capitulum IIII.540
272 * De processione in festo purificationis [et] benedictione candellarum
[sic]
De processione in festo purificationis beate marie. Capitulum
V.541
273 * De processione in ramis palmarum [et] b[e]n[edicti]one
eoru[n]de[m]
- [manca il segno dell’inizio del capitolo. C’è solo una “I”
capitale dell’«In die palmarum»]542
274 * Adoratio crucis in feria VI in parasceue
- [manca il segno dell’inizio del capitolo. C’è solo una “F”
capitale del «Feria VI. In parasceve»]543
275 * Processio ad pone[n]du[m] corp[us] chri[sti] i[n] sepulchro
eade[m] die
De processione in feria VI in parasceve ad ponendum corpus
domini in sepulchro.544
276 * Cum autem venissem ad locum
- [manca il segno di inizio del capitolo]545
277 * Processio eadem die circa ide[m] more Ueneto
Supra posita processio more veneto fit infrascripto ordine.546
278 * [tabula p. 9] Processio ad benedictionem fontis in sabbato sancto
[et] in vigilia pentecostes
Sabbato sancto cantatis lectionibus ante missam et dicta
oratione.547
279 * Processio ad extrahendum corpus christi de sepulchro in die
paschae
De processione in nocte pasche ante matuti [sic!] ad
sepulchrum christi.548
538
1523:245r. 539
1523:245r. 540
1523:246r. 541
1523:246v. 542
1523:249r. 543
1523:257v. 544
1523:263r. 545
1523:267r. 546
1523:269r. 547
1523:269v. 548
1523:275r.
298
280 * Processio ad manifestandum resurrectionem christi ante matutinum
eodem die
- [manca il segno di inizio del capitolo]549
281 * Processio post ves.[perum] ad fontes eadem die
In die sancto pasche fit processio ad fontes post vespe[rum].550
282 * Publicatio paschae in die epiphanie facienda
In die epyphanie cantato euangelio dyaconus pronuntiat
futurum pascha in hunc modum.551
283 * Processio i[n] festo s. marci in litanijs maioribus
De processione facienda in letania maiori in festo sancti marci
euangeliste.552
* -
Ex concilio maguntiensi. Capitulum VI.
284 * An[tiphone] ca[n]tandae in singulis ecclesijs per q[ua]s p[ro]cessio
tra[n]sit
Antiphone dicende in ecclesiis per quas processio transit
secundum earum titulos.553
285 * Processio in rogationibus
De processionibus faciendis in tribus diebus Rogationum.554
* -
De processione in orationibus rogationum in quibus fiunt
letanie minores.555
286 * Processio in festo ascensionis
Processio in festo ascensionis domini.556
287 * Processio in die Pentecostes
De processione in festo pentecostes.557
288 * Processio in festo corporis chr[ist]i sacratissimi
De processione in festo corporis christi.558
289 * Processio in festo patroni ecclesiae
De processione facienda in festo sancti vel sancte patroni
ecclesie.559
549
1523:275v. 550
1523:278v. 551
1523:279v. 552
1523:280v. 553
1523:285v. 554
1523:287v. 555
1523:288r. 556
1523:289v. 557
1523:290r. 558
1523:290r. 559
1523:290v.
299
290 * Processio in commemoratione omnium fidelium defu[n]ctorum
post festum omnium sanctorum
Ordo processionis pro defunctis in crastino omnium
sanctorum.560
291 * Processio ad pete[n]dam pluuia[m] in t[em]p[or]e siccitatis
De processione facienda ad petendam pluuiam tempore
siccitatis.561
292 * Processio pro petenda serenitate
De processione pro postulanda serenitate.562
293 * Pro t[em]p[or]e pestis [et] mortalitatis
De processione facienda tempore pestis et mortalitatis.563
294 * Processio t[em]p[or]e quaru[m]cunq[u]e tribulationum
De processione facienda in tempore tribulationum
quarumcunque. 564
295 * Processio tempore belli
De processione tempore belli. 565
296 * Processio pro victoria habita de inimicis
De processione facienda pro victoria habita de inimicis.566
297 * Hymni cantandi in processione ad libitum
Hymni cantandi in processionibus ad libitum. Hymnus.567
298 * Ordo ad recipie[n]dum legatum vel praelatu[m] aduenie[n]te[m]
Ordo ad recipiendum processionaliter prelatum vel legatum.568
299 * Ordo ad recipiendum episcopum nouiter creatum
Ordo ad recipiendum episcopum nouiter creatum. 569
300 * Ordo qualiter recipi debeat episcopus qua[n]do venit ad visitandas
parrochias
Ordo qualiter recipi debeat episcopus quando venit ad
visitandas parrochias. 570
301 * An[tiphonae]. Alma redemptoris. Aue regina celor[um]. Salue
regina cantande diuersis temporibus post completorium
560
1523:291r. 561
1523:293r. 562
1523:294r. 563
1523:295r. 564
1523:296r. 565
1523:297r. 566
1523:298r. 567
1523:299v. 568
1523:310v. 569
1523:313r. 570
1523:313r.
300
Antiphone subscripte cantantur post completorium per totum
annum ordine subscripto. A primo sabbato de aduentu vsque ad
purificationem beate marie dicitur «Alma redemptoris»; A
purificatione vsque ad pascha dicitur «Ave regina celorum». A
pascha vsque ad octaua pentecostes dicitur «Regina celi». ab
octava pentecostes vsque ad aduentum dicitur «salve
regina».571
302 * Tractatus computi ecclesiastici
Tractatus computi summatim excerptus ex computo
Reuerendissimi patris domini Gulelmi durantis episcopi
mimarensis valde necessarius sacerdotibus. 572
303 * De anno solari
Incipit primus tractatus de anno. Quid sit annus solaris.
Capitulum I573
304 * De anni diuersis no[m]i[ni]b[us]
De diuersis nominibus anni. Capitulum II574
305 * De signis zodiaci
De signis zodiaci. Capitulum III575
306 * De bisexto
De bissexto. Capitulum IIII576
307 * De q[ua]tuor temporibus anni
De quatuor temporibus anni. Capitulum V577
308 * De solstitio [et] aeq[ui]noctio
De solstitio et aequinoctio. Capitulum V [sic! e non VI come
dovrebbe essere]578
309 * De mense
Incipit secundus tractatus. Et primo de mense. Capitulum I579
310 * De calendis, nonis et idib[us]
De calendis, nonis et idibus. Capitulum II580
311 * De dieb[us] aegyptiacis
Diebus aegyptiacis. Capitulum III581
571
1523:315r. 572
1523:317r. 573
1523:317rv. 574
1523:317v. 575
1523:318r. 576
1523:319r. 577
1523:319v. 578
1523:320r. 579
1523:320v. 580
1523:321v.
301
312 * De dieb[us] canicularibus
De diebus canicularibus. Capitulum IIII582
313 * De septimana [et] nominibus eius
De septimana et nominibus dierum eius. Capitulum V583
314 * [tabula p. 10] Qua die septimane quilibet mensis intret
Qua die septimanae quilibet mensis intret. Capitulum VI584
315 * De regularibus solis
De regularibus solis. Capitulum VII585
316 * De c[on]currentibus [et] cyclo solari
De concurentibus et cyclo solari. Capitulum VIII586
317 * De littera dominicali
De littera dominicali. Capitulum IX587
318 * De indictione
De indictione. Capitulum X588
319 * De die naturali [et] artificiali
De die naturali et artificiali. Capitulum XI589
320 * De an[n]o lunari [et] quot dies continet
Tractatus secunde partis tractatis de anno lunari. Quid sit
annus lunaris et quot dies continet. Capitulum I590
321 * De regularibus lunaribus
De regularibus lunaribus. Capitulum II591
322 * De epacta
De epacta. Capitulum III592
323 * De annis embolismali et com[m]uni
De anno embolismali et communi. Capitulum IIII593
324 * De aureo numero
De aureo numero. Capitulum V594
581
1523:322v. 582
1523:323r. 583
1523:323r. 584
1523:324r. 585
1523:324v. 586
1523:325r. 587
1523:325v. 588
1523:326r. 589
1523:326r. 590
1523:326v. 591
1523:327r. 592
1523:327v. 593
1523:328v. 594
1523:330r.
302
– –
De termino paschali et primo de clauibus festorum mobilium.
Capitulum VI595
325 * Rationes ad inuenie[n]dum pascha
Rationes ad inueniendum pascha. Capitulum VII596
326 * De cyclis
De cyclis. Capitulum VIII597
327 * Compendium musice
Compendium musice. 598
328 * De manu musicali
Compendium musice599
329 * Regula p[ro] faciendis mutationibus
Brevis et vtilis regula pro fiendis mutationibus.600
330 * De coniunctionibus vocum
De coniunctionibus vocum que sint.601
331 * De tono [et] semitono [et] ditono
De tono. De semitonio (sic).602
332 * De diatessaron
De diatessaron.603
333 * De diapente
Diapente604
334 * De tropi seu toni descriptione [et] eius quadruplici distinctione
De tropi seu toni descriptione.605
335 * Quomodo toni ex dyatessaron, dyapente, dyapason constituant[ur]
595
1523:330v. 596
1523:331v,3-4. 597
1523:333v,1. 598
1523:334r,1. 599
1523:334v,12. Mi sembra tuttavia che nell’indice premesso al volume si sia fatta confusione così
come alla pagina 334. Infatti la mano musicale è al foglio 334r e si usa lo stesso titolo compendium musice sia al f. 334r che al f. 334v. Il fatto che in alcune edizioni più tardive sia stata saltata la prima parte (334r) può essere stato causato da ciò. Forse nell’intenzione di Alberto da Castello c’era l’intenzione di dare il titolo di De manu musicali alla prima porzione, cioè al f. 334r-v e poi a quanto seguiva compendium musice. Nella compilazione dell’indice sono stati conservati i due titoli, mentre nei titoli all’interno dell’opera il de manu musicali si è smarrito.
600 1523:336r.
601 1523:338v.
602 1523:338v.
603 1523:339v.
604 1523:339v.
605 1523:340v.
303
Quomodo predicti tropi modi seu toni ex supra nominatis
speciebus, sive diatessaron, diapente, ac diapason constituantur
ac formentur.606
336 * Demonstratio tropi perfecti [et] plagiatis
Demonstratio prothi perfecti. Demonstratio plagalis prothi
perfecti.607
337 * Modus cantandi diuinum officium a domino Jesu christo sancte
Brigide reuelatus
Sancta Brigida. [dopo un paragrafo di sette righe scritte in
nero, in rosso continua] Hic modus cantandi reuelatus fuit a
domino Jesu christo sancte Brigide vidue: vt habetur in suo
volumine et in libro extrauaganti. Capitulum IIII608
338 * Exorcismi daemoniacorum
Exorcismi contra Demoniacos diuersorum Sanctorum
approbati et magne efficatie. Incipiunt.609
339 Instructio exorciste volentis expellere demones a maleficiatis
vel demoniacis. Rubrica.610
340 De modo quem tenet dyabolus ad intrandum in humana
corpora. Capitulum I611
341 De malefitijs. Capitulum II612
342 De signis quibus cognoscitur aliquis esse demoniacus.
Capitulum III613
343 De signis quibus cognoscitur quis esse malefitiatus. Capitulum
IIII614
344 Conditiones exorciste et qualiter se preparare debet. Capitulum
V615
345 De signis quae apparent quando sacerdos coniurat
malefitiatum. Capitulum VI616
346 De mo[do] quem tenet dyabolus ad egrediendum de corporibus.
Capitulum VII617
606
1523:340v. 607
1523:341r. 608
1523:344v. 609
1523:344v. 610
1523:344v. 611
1523:345v. 612
1523:345v. 613
1523:346r. 614
1523:346r. 615
1523:346v. 616
1523:346v. 617
1523:347r.
304
347 De malitijs et deceptionibus quibus nituntur demones
exorcistam deciperet. Capitulum VIII618
348 * Instructio exorciste volentis daemones expellere
De mo[do] quem tenere d[ebe]t exorcista in confurando
aliquam personam. Capitulum IX619
349 * Exorcismus sancti ambrosij optimus
Incipit exorcismus beati Ambrosij archiepiscopi mirabilis
efficacie super demoniacos, cuius practica proprie spectat ad
sacerdotes. Tu igitur quicunque fueris nulla leuitate ductus: sed
sola necessitatis vel charitatis causa hanc rem disponas
assumere arduam et oportet quod premisso trium dierum
ieiunio tertio mane diligenter cum contritione confessus missam
de spiritu sancto deuotissime celebres faciendo in ipsa missa
commemorationem de infrascriptis orationibus.620
350 * Exorcismus alius perfectus [et] probatus
Incipit alius exorcismus optimus et probatus621
351 * Exorcismus contra malefitiatos [sic] [et] demoniacos
Incipit exorcismus contra demoniacos et malefitiatos (sic) et
incantationes et facturas et domos a demonio vexatas.
Optimus.622
352 * Oratio contra tempestates ingruentes
Oratio deuotissima ad remouendam tempestatem623
353 * Sermones per sacerdotem habendi ad plebem in missarum solennijs
[sic]
Sermones aliqui per sacerdotem plebibus suis certis diebus
festiuis in ecclesia missis solennijs faciendi ad earum
instructionem et esortationem624
354 * Sermo in festo natiuitatis d[omi]ni
In nativtate domini nostri iesu christi. Dicto offertorio in missa
sacerdos conuersus ad populum in hunc vel similem modum
ipsum alloquatur625
355 * Sermo in festo epiphanie post pronunciationem festorum per
dyaconum habendus
618
1523:347r. 619
1523:347v. 620
1523:348r. 621
1523:351v. 622
1523:357v (nella tabula 355). 623
1523:363v. 624
1523:364r. 625
1523:364r.
305
In festo epiphanie cantato euangelio dyaconus pronunciat
futurum pascha solenniter cantando pro vt supra. folium 279.
Et postea in vernacula vel vulgari lingua ipsum pascha et alia
festa mobilia declarat et pronuntiat modo infrascripto vel
simili: videlicet626
356 * Sermo in die sancto paschae
In die sancto pasche sacerdos in missa post offertorium
conuersus ad populum poterit ita eum alloqui vel aliter vt
placuerit ei627
357 * Sermo in tractatu nuptiarum
In celebratione nuptiarum Sermo628
358 * Sermo in electione plebani629
vel archipresbeteri [sic!] vel
sacerdotis parochialis
In electione alicuius prelati seu plebani archipresbiteri vel
rectoris alicuius ecclesie sermo630
359 De ordine celebrandi officij tempore aduentus631
360 Regula ad inveniendum Pascha632
361 Explicit III et ultima pars Libri sacerdotalis
626
1523:364v. 627
1523:365r. 628
1523:365v. 629
È chiaro che con plebanus si indicava il sacerdote che presiedeva o che aveva la cura di una pieve o
comunque di una porzione di fedeli. Cf. DU CANGE, Glossarium mediae et infimae latinitatis, vol. 6, p. 364, B-C.
630 1523:366v.
631 1523: -.
632 1523: -.