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Introduzione a A. Manzoni, Gli Sposi promessi, edizione critica a cura di B. Colli e G. Raboni,...

Date post: 03-Mar-2023
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I PROMESSI SPOSIEdizione critica diretta da Dante Isella

PIANO DELL’EDIZIONE

I

FERMO E LUCIAPrima minuta (1821-1823)

. - .

II

GLI SPOSI PROMESSISeconda minuta (1823-1827)

. - .

III

I PROMESSI SPOSI1827

. - .

ALESSANDRO MANZONI

GLI SPOSI PROMESSISeconda minuta (1823-1827)

A cura diBarbara Colli e Giulia Raboni

TESTO

MILANO

CASA DEL MANZONI

MMXII

-

© Tutti i diritti sono riservati

SOMMARIO

I G R

P

GLI SPOSI PROMESSI(Seconda minuta)

A ’ 571

I 591

I 595

INTRODUZIONE

di Giulia Raboni

Al termine di questo lungo lavoro sulle carte manzoniane, desideriamoringraziare quanti sono stati vicini nell’opera e nel pensiero a questa edi-zione, a partire dalla responsabile della Sala manzoniana della Biblio-teca Nazionale Braidense, Mariella Goffredo De Robertis, con tutto ilpersonale di Sala, sempre disponibile e attento. Un grazie anche ai tantiamici che hanno ascoltato, letto e commentato i risultati parziali di que-sti anni: Giovanni Agosti, Simone Albonico, Gianni Antonini, PaoloBongrani, Ferruccio Cecco, Andrea Comboni, Neil Harris, Silvia Isella,Paola Italia, Clelia Martignoni, Donatella Martinelli, Pier VincenzoMengaldo, Emanuela Sartorelli, Alfredo Stussi, Claudio Vela. AMartaArdenghi va tutta la nostra gratitudine per il puntualissimo lavoro diredazione, e a Piero Frizzerin e a Ivan Tonghini per la pazienza con cuihanno accolto tutte le nostre richieste tipografiche. Un grazie calorosoalla Fondazione Cariplo – nelle persone, in particolare, del PresidenteGiuseppe Guzzetti e del Segretario generale Gian Mario Vello –, cheha supportato economicamente l’intera impresa dei Promessi sposi e alcomitato scientifico del Centro Nazionale Studi Manzoniani e al suoPresidente Angelo Stella che l’hanno ospitata nelle pubblicazioni di CasaManzoni. L’ultimo pensiero affettuoso va, infine, a Dante Isella che haprogettato questa edizione, di cui ha visto stampato soltanto il primovolume, dedicato al Fermo e Lucia. Di questo secondo abbiamo potutoancora stabilire insieme l’impostazione di base, condotta su quei rigo-rosi principi di chiarezza che hanno sempre caratterizzato i suoi appa-rati critici. Ci piace immaginare che oggi, aprendo con noi Gli Sposipromessi, avrebbe un rimpianto in meno; noi abbiamo sicuramente unmotivo in più per essergli grati.

A Barbara Colli si devono testo, note e apparati dei tomi e , a Giu-lia Raboni quelli dell’introduzione e del tomo .

INTRODUZIONE1

A «F L»

Il 15 luglio 1823, qualche mese prima della fine della stesura delFermo e Lucia, Claude Fauriel, in procinto di venire in Italia,scriveva aManzoni per partecipargli il vivo interesse della comu-nità parigina per il suo romanzo («ce que vous avez dit de la tra-gédie historique, donne la plus grande envie de savoir commentvous entendez le roman historique: cette question du roman hi-storique est ici, pour le moment, la question littéraire à la mode»)e per annunciargli la disponibilità di Auguste Trognon, già tra-duttore delle Ultime lettere di Jacopo Ortis e del Carmagnola, amettersi al lavoro immediatamente per poter garantire l’uscita si-multanea del romanzo in Italia e in Francia. Proposta che Man-zoni accettava di buon grado (in una lettera collocabile tra il 10 e

1. Ci si avvale naturalmente dell’ampia e dettagliata ricostruzione fornita daFausto Ghisalberti nelle pagine iniziali delle sue Note al secondo volume del-l’edizionemondadoriana: I primi «Promessi sposi». Storia della loro composizione,in A. Manzoni, I promessi sposi. Testo critico della prima edizione stampata nel1825-27, a cura di A. Chiari e F. Ghisalberti, in «Tutte le opere di AlessandroManzoni», Milano, «I classici Mondadori», vol. , 1954, t. , pp. 679-711. Deimodi e dei tempi di composizione del manoscritto della Seconda minuta vieneinfatti data da Ghisalberti una descrizione accurata, che investe già alcuni deipunti più rilevanti che saranno trattati nelle nostre pagine; così come nelle noteai singoli capitoli sono riportatemolte delle varianti del manoscritto rispetto allastampa Ventisettana. La registrazione delle lezioni della Seconda minuta non ètuttavia esaustiva né tantomeno gerarchica, e non consente dunque una visioneintegrale del suo testo. Spunti importanti per la ricostruzione della composi-zione del Fermo e della Seconda minuta offrono i contributi di L. Toschi, Si diaun padre a Lucia. Studio sugli autografi manzoniani, Padova, Liviana, 1983 e Lasala rossa. Biografia dei «Promessi sposi», Torino, Bollati Boringhieri, 1989, a cuisi farà più volte riferimento. Molte delle ricerche utilizzate nelle pagine cheseguono erano già state avviate in occasione del primo volume della edizionecritica del romanzo diretta da Dante Isella: Prima minuta (1821-1823). Fermo eLucia, a cura di B. Colli, P. Italia, G. Raboni, Milano, Casa del Manzoni, 2006(da qui in avanti citata come Manzoni, Fermo e Lucia), mentre parte delle con-siderazioni qui svolte sono state anticipate in questi anni in singoli contributi,che qui si rielaborano, integrando e correggendo alla luce delle successive ac-quisizioni, e a cui mi permetto di rimandare: G. Raboni, Dove «giace la lepre»?Note sulle postille manzoniane alla Crusca, in «Spogliare la Crusca» (scrittori e

il 15 agosto 1823), fissando la data probabile di inizio stampa al-l’ottobre dello stesso anno e ripromettendosi di inviare a Parigi ivolumi (ancora quattro, secondo la suddivisione originaria) viavia che venivano stampati per poter garantire il procedere paral-lelo delle due edizioni.2 Di fatto la conclusione del Fermo e Luciaslitterà un po’ più avanti, al 17 settembre 1823, data registrata,probabilmente con un certo sollievo, sull’ultima pagina del ma-noscritto, mentre ben più lunga sarà la revisione, che condurrà al-l’inizio della stampa soltanto nel luglio dell’anno successivo.

Difficoltosa, ma insieme piena di gioia creativa, era certamentestata la stesura della Prima minuta del romanzo, e accompagnatanel suo lungo cammino (aprile 1821-settembre 1823) da cambia-menti strutturali e narrativi, in parte direttamente attuati sul ma-noscritto con rifacimenti, spostamenti e soppressioni di fogli (ilpiù ingente dei quali era stato l’accantonamento dellaColonna in-fame, inizialmente concepita come parte integrante dei capitolisulla peste e poi destinata a un’appendice), in parte ancora ap-puntati in brevi note sulla colonna sinistra dei fogli, lasciatabianca nella scrittura in previsione di una revisione finale cheavrebbe provveduto a uniformare le parti ancora incongrue e acolmare le lacune (come quelle delle gride) dovute alla indispo-

vocabolari nella tradizione italiana), a cura di P. Bongrani, Milano, Unicopli,2008, pp. 157-176; Ead., La scrittura purgata. Sulla cronologia della Seconda mi-nuta dei «Promessi sposi», in «Filologia italiana», n. 5, (2008ma 2009), pp. 191-208;Ead., Preliminari alla Seconda minuta dei «Promessi sposi». . Storia di un’edi-zione, con qualche corollario, in «Strumenti critici», n.s., a. , n. 2 (maggio2009), fascicolo dedicato agli atti della Giornata di studi «Dante Isella e la filo-logia d’autore» (Università di Pavia, 30 ottobre 2008), pp. 251-258; B. Colli,Pre-liminari alla Seconda minuta dei «Promessi sposi». .Tipologie correttorie, ivi, pp.259-264:G. Raboni,Doppie scempie e altri allotropi. Sulle correzioni dei «Promessisposi» tra Seconda minuta e Ventisettana, in Letteratura e filologia fra Svizzera eItalia. Studi in onore di Guglielmo Gorni, a cura di M. A. Terzoli, A. Asor Rosa,G. Inglese, vol. , Dall’Ottocento al Novecento: letteratura e linguistica, Roma,Edizioni di Storia e Letteratura, pp. 31-41; D. Martinelli -G. Raboni, Dall’edi-zione critica dei «Promessi sposi». Seconda minuta e Ventisettana, Capitolo Quinto,in «Studi di filologia italiana», vol. (2010), pp. 195-264. Dedico infine que-ste mie pagine al ricordo di mio padre, e a mia madre e ai miei figli Giacomo eCaterina che hanno in questi anni incoraggiato il mio lavoro.

2. A. Manzoni - C. Fauriel, Carteggio, a cura di I. Botta, Premessa di E. Rai-mondi, Milano, Centro Nazionale Studi Manzoniani, 2000, («Edizione Nazio-nale ed Europea delle Opere di Alessandro Manzoni», vol. 27), lettere 79 e 81.

« »

nibilità momentanea del materiale documentario. Una revisioneche Manzoni doveva immaginare piuttosto rapida, malgrado lapreoccupazione strisciante e ancora a questa altezza consideratairrisolvibile riguardo alla questione linguistica, già ben delineataall’inizio del lavoro nella famosa lettera allo stesso Fauriel del 3novembre 1821, e nondimeno affrontata con piglio fattivo, nellaconvinzione della necessità comunque di contribuire, attraversoun genere nuovo e allora al centro dell’interesse letterario euro-peo, alla proposta di una lingua di comunicazione moderna e na-zionale, istintivamente costruita mettendo a frutto le propriecompetenze d’autore, nella speranza di suscitare intorno a taleproposta linguistica un dibattito che andasse al di là della mera esterile contrapposizione tra purismo e innovazione:

Dans la rigueur farouche et pédantesque de nos puristi il y a, à mon avis,un sentiment général fort raisonnable; c’est le besoin d’une certainefixité, d’une langue convenue entre ceux qui écrivent et ceux qui lisent;je crois seulement qu’ils ont tort de croire que toute une langue est dansla Crusca et dans les écrivains classiques, et que, quand elle y serait, ilsauraient encor tort de prétendre qu’on l’y cherchât, qu’on l’apprit, qu’ons’en servit: car il est absolûment impossibile que des souvenirs d’une lec-ture il resulte une conaissance sûre, vaste, applicable à chaque instant detout le materiel d’une langue. Dites-mois à-present ce que doit faire unitalien, qui ne sachant faire autre chose, veut écrire. Pour moi, dans ledesespoir de trouver une règle constante et spéciale pour bien faire cemêtier, je crois cependant qu’il y a aussi pour nous une perfection ap-proximative de style, et que pour en transporter le plus possible dans sesécrits il faut penser beaucoup à ce qu’on va dire, avoir beaucoup lû lesitaliens dits classiques, et les écrivains des autres langues, les français surtout, avoir parlé dematières importantes avec ses concitoyens, et qu’aveccela on peut acquérir une certaine promptitude à trouver dans la languequ’on appelle bonne ce qu’elle peut fournir à nos besoins actuels, unecertaine aptitude à l’étendre par l’analogie, et un certain tact pour tirerde la langue française ce qui peut être mêlé dans la notre sans choquerpar une forte dissonance, et sans y apporter de l’obscurité.3

Nel pieno di un dibattito acceso tra scuola romantica e classica,tra difesa della tradizione e nuove esigenze imposte dal progre-dire «delle cognizioni», e in un infuocato clima politico che av-viava fra speranze e delusioni il progetto unitario italiano, Man-

3. Ivi, lett. 67.

zoni insomma si metteva in gioco, da una posizione in apparenzaprudentemente defilata, perseguendo un progetto più pragma-tico che teorico (la ossimorica perfection approximative), e offren-done il risultato da una posizione di assoluta centralità non soloitaliana ma anche europea, garantita, come si è visto, dallo strettolegame con gli intellettuali parigini.

L ’

Di questa posizione fiduciosa, sperimentale, aperta ai tentativi eai suggerimenti, è testimone la cosiddetta «Seconda introduzionescritta da ultimo», titolo non d’autore ma editoriale, imposto nel-l’edizione Ghisalberti del Fermo e Lucia a una stesura sicura-mente scritta alla fine del Fermo, e da Barbi in avanti consideratasostitutiva della prima redatta all’inizio del lavoro.4 A sua voltacomposta in due tranche di lavoro, la seconda introduzione foto-grafa nella sua mobilità e nella sua incompiutezza il momento ditransizione fra la chiusura della Prima e la ripresa della Secondaminuta (d’ora in avanti da noi siglata Sp, dal titolo provvisorioGliSposi promessi):5 momento non facile a definirsi con precisione vi-sto che, come si è accennato, l’intenzione di Manzoni era quelladi rivedere rapidamente il manoscritto del Fermo e Lucia (FL) edi darlo alle stampe in tempi brevissimi, riutilizzando material-mente (come poi avverrà soltanto per buona parte del primotomo e solo pochi fogli dell’ultimo) le carte della prima redazione:pertanto questa introduzione (sostituita poi, come si vedrà, an-cora due volte nel corso del lavoro), piuttosto che «Secondascritta da ultimo», potrebbe chiamarsi «Prima introduzione dellaSeconda minuta scritta all’inizio»; e così forse la consideravaManzoni, che la conservò di fatto tra i cosiddetti «Fogli staccati»della Seconda minuta e non nel faldone del Fermo.6

4. Si veda quanto osservato da Ghisalberti in Dall’autografo alle stampe del«Fermo e Lucia», in A. Manzoni, Fermo e Lucia. Prima composizione del 1820-1823, in «Tutte le opere di Alessandro Manzoni», Milano, «I classici Monda-dori», vol. , 1954, t. , pp. 755-756.

5. Per quanto riguarda il titolo del romanzo cfr. oltre, pp. sgg.6. Il manoscritto della Prima minuta (Fermo e Lucia) è conservato nella Sala

manzoniana della BibliotecaNazionale Braidense con la siglaManz. B.; quello

Quale il bilancio dunque in questo momento di transizione?Dopo la citazione dell’anonimo, che conserverà inalterata la suaposizione di apertura in tutte le introduzioni, la «Seconda intro-duzione» si distacca profondamente dalla prima del Fermo per lamaggior attenzione all’aspetto linguistico, assente quasi del tuttonella introduzione originaria, e per un giudizio apparentementenegativo rispetto al risultato raggiunto; una soluzione di com-promesso d’altra parte inevitabile per l’impossibilità di risolverealtrimenti il dilemma di una lingua inesistente, specchio a suavolta della mancanza di una società colta nazionale. Un bilancioche è stato però forse letto in maniera troppo letterale (e soprat-tutto alla luce delle successive soluzioni manzoniane), senza te-ner conto né della retorica dell’understatement che domina l’in-troduzione, né soprattutto del fatto che questa era premessa a untesto che si pensava in via di pubblicazione, e dunque non ancoratoccato dalla revisione linguistica che subirà qualche mese piùtardi. Né incrina questo impianto la dilatazione affidata ai fogliinseriti in seconda battuta, che dimostra la volontà di una piùampia disamina dei rapporti dialetti-lingua. La rapida rassegna,infatti, affronta il problema della caratterizzazione dei diversidialetti italiani, con particolare attenzione al lombardo, interro-gandosi sulla possibilità e insieme sulla opportunità di prescin-dere dall’apporto dei dialetti, nel quale si identifica peraltro lacomponente più viva e aderente al legame culturale e sentimen-tale di ogni autore nei confronti del proprio strumento lingui-stico:

della Seconda minuta (Sposi promessi) con le sigle Manz. B. e Manz. B.. Ifogli del Fermo e Luciamaterialmente riutilizzati nella revisione sono stati, conqualche eccezione, spostati da Manzoni nel faldone della Seconda minuta, esono comunemente indicati nella letteratura critica come ‘fogli trasposti’. Il fal-done dei «Fogli staccati», conservato in Sala manzoniana con la segnaturaManz.B.., contiene diversi fascicoli, numerati in progressione. La «Seconda intro-duzione» era conservata nel fascicolo n. 1 (con la segnatura 1a per la stesurabase, 1b per i fogli inseriti successivamente), da cui venne però spostata, in fasedi riordino archivistico, nel faldone della Prima minuta. Nella nostra edizionedel Fermo e Lucia, non essendo ancora chiara la cronologia del lavoro corretto-rio, questa introduzione era stata attribuita al Fermo, e posta pertanto in aper-tura del testo, mentre la redazione originaria del 1821 è stata pubblicata in Ap-pendice. Per una descrizione delle carte del manoscritto della Seconda minutasi veda oltre, al paragrafo Le carte autografe.

Quando l’uomo che parla abitualmente un dialetto si pone a scrivere inuna lingua, il dialetto di cui egli s’è servito nelle occasioni più attivedella vita, per l’espressione più immediata e spontanea dei suoi senti-menti, gli si affaccia da tutte le parti, s’impadronisce delle sue idee, glicola dalla penna e se egli non ha fatto uno studio particolare della lin-gua, farà il fondo del suo scritto. Di questo colore municipale si è fattoin varii tempi rimprovero a molti scrittori: che deturpasse gli scritti nonv’ha dubbio: quanto agli scrittori prima di rimproverarli così acrementesi sarebbe dovuto pensare che non è cosa tanto facile prescindere daquelle formole alle quali sono unite per abito tutte le memorie, tutti isentimenti, tutta la vita intellettuale. Non è cosa facile certamente; e nonè pur certo se questo sia un mezzo di far buoni libri.7

Tra l’altro nel brano citato sembra potersi cogliere, benché dis-simulata, la citazione ‘rovesciata’ di un passo della Prefazione diAntonio Cesari alla Crusca veronese,8 che pare confermare la po-sizione intermedia di Manzoni già espressa nella lettera a Faurieldel 3 novembre 1821: comprensione cioè della necessità teoriz-zata da Cesari di far riferimento a un patrimonio unitario, ma in-sieme rifiuto di interpretarla in maniera meccanica, come costri-zione all’utilizzo di un repertorio linguistico e lessicale fermo aimodelli tre e cinquecenteschi.

E ancora in questo senso va letta la breve annotazione relativaal toscano, che risulta aggiunta (e non sviluppata) sulla penultimapagina della introduzione e che a quelle pagine sui dialetti fa danecessario pendant:

Ve n’ha un’altra in Italia, incomparabilmente più bella, più ricca di que-sta, e di tutte le altre, e più adattata e che hamateriali per esprimere ideepiù generali etc. ed è, come ognun sa la toscana. Se poi anche questa lin-gua, la quale, fino ad una certa epoca bastava ad esprimere le idee piùelevate etc. era al livello delle cognizioni europee, lo sia ancora, se possasomministrare frasi proprie alle idee che si concepiscono ora, se abbia

7. Manzoni, Fermo e Lucia, vol. , pp. 15-16 (Appendice A).8. Dove si legge, a proposito dal rischio che corrono nello scrivere i nativi fio-

rentini: «Onde da questo lato i Fiorentini non han da’ Lombardi nessun van-taggio: anzi per avventura ne ponno haver dello scapito: essendo facile ad avve-nire, che per aver presti e famigliari que’ lor modi popolareschi, alcuno ne cadalor dalla penna, scorrendo ad imbrattar le scritture» (Vocabolario degli Accade-mici della Crusca, Tomo primo, Verona, Dalla Stamperia di Dionigi Raman-zini, 1806, p. ).

avuto libri sempre pari alle cognizioni, se abbia seguito il corso delleidee, è un’altra quistione su la quale non ardisco dire il mio parere.9

Non si tratta insomma della prefigurazione (a questa altezza,come si vedrà, non ancora elaborata) della scelta monolinguisticatoscana come base della revisione, ma della necessaria comple-tezza di analisi degli elementi in gioco nel dibattito linguistico ita-liano. Manzoni non ignora né vuole negare la ideale superioritàdel toscano, strumento della più alta letteratura nazionale e basecomune della nostra tradizione, ma non accetta l’adozione incon-dizionata di una lingua che non ha accompagnato la crescita cul-turale dei secoli successivi al Cinquecento, e che non permettedunque il superamento di quella abissale separazione tra scrittoe parlato che egli ritiene l’ostacolo maggiore nella delineazione diuna lingua nazionale e moderna.

Questa lettura mi pare sufficientemente comprovata da quellache sarà, anch’essa per breve tempo peraltro, la nuova introdu-zione a Sp (qui pp. 3-6), che da questa seconda deriva, sfrondataperò degli spunti abbozzati nei fogli e nelle annotazioni introdotte.Lo schema di base resta inalterato, ma significative sono alcunegrosse varianti che rendono più diretta la comunicazione degli in-tenti dell’autore, a partire dalla eliminazione di quel tocco di iro-nia che, di fatto, ha spesso ingannato sul significato originale diquelle pagine. Allo «scrivo male» e all’appello alla comunità degliscrittori a indicare una soluzione alternativa, si sostituisce qui,conservandosi inalterata la descrizione della lingua utilizzata (uninsieme di lombardismi, francesismi, latinismi, fiorentinismi e dilocuzioni ricavate per analogia), la sua piena rivendicazione; il chevale anche per il dialetto (l’idioma più vicino alla esperienza sen-timentale dell’autore) come fonte primaria per la creazione per viaanalogica di nuovi elementi carenti alla lingua di tradizione lette-raria, utilizzati perché e in quanto comprensibili a tutti, secondola ricetta presentata in via teorica nella introduzione precedente di«parole e cose che tutti i parlanti e scriventi riconoscano»:

Confessiamo candidamente che ricavando noi una storia lombarda,dalla narrazione d’un poco colto lombardo, avendo a riferire dialoghi,discorsi in cui i pensieri sono originariamente usciti in forme lombarde,

9. Manzoni, Fermo e Lucia, vol. , p. 20 (Appendice B).

di fatto qualche lombardismo s’è pure introdotto nel nostro rifacimen-to; talvolta senza che noi ce ne avvedessimo, e come si direbbe, a tradi-mento; talvolta anche con avvertito nostro consenso, per essere noi per-suasi, dopo molto pensare, che in quel caso il modo lombardo fosse nonsolo intelligibile ad ogni lettore italiano, ma il più proprio ad esprimereitalianamente il concetto che si voleva esprimere.

Il passaggio dall’una all’altra redazione dei due testi introduttiviè dunque lineare e ancora una volta pragmatico: eliminato l’indu-gio su questioni teoriche, rinviate ad altra sede, la scelta è ora as-sunta in maniera apertamente positiva; e occhieggia forse, nellaallusione a un passo dell’introduzione di Goldoni alle Comme-die,10 alla necessità di rifarsi a esperienze come quelle del teatro,dove la lingua si apre con maggior convinzione al parlato. Del re-sto nella primissima lettera a Fauriel del febbraio 1806 era pro-prio l’esempio delle commedie di Molière, ascoltate e compresein tutta la Francia e da tutti i ceti di cittadini, la garanzia della va-lidità e utilità morale e sociale del mestiere letterario.11

L’

Del tutto conseguente a questa impostazione risulta di fatto la re-visione dei capitoli iniziali del primo tomo, la cui riscrittura, sullestesse pagine del Fermo e Lucia (i cosiddetti ‘fogli trasposti’), pre-suppone ancora la validità teorica della prima introduzione di Sp.È anzi proprio il momento in cui questa stesura viene eliminataametterci sull’avviso di unmutare di intenti, che rende a un certopunto non più proponibile la ricetta linguistica lì dichiarata; ed èun momento per nostra fortuna facilmente identificabile perchéla sua eliminazione materiale dal faldone della Copia censura (la

10. Questo il passo della Prefazione di Goldoni al primo volume delle Com-medie nell’edizione Bettinelli del 1750 (ripresa nelle edizioni Paperini e Pa-squali): «Quanto alla Lingua ho creduto di non dover farmi scrupolo d’usarmolte frasi e voci Lombarde, giacché ad intelligenza anche della plebe più bassache vi concorre principalmente nelle Lombarde Città dovevano rappresentarsile mie Commedie».

11. Manzoni-Fauriel, Carteggio, lett. 1 (9 febbraio 1806): «Vi confesso ch’ioveggo con un piacere misto d’invidia il popolo di Parigi intendere ed applau-dire alle commedie di Molière».

copia cioè allestita da un copista professionista per essere sottopo-sta alla Censura e quindi utilizzata in tipografia; da qui in poi C)costringe l’amanuense a rinumerare le pagine già copiate sottra-endo quelle dell’introduzione: il che si verifica fino a p. 136 (rinu-merata 128) del cap. . È possibile che, mentre il copista si trovavaa questa altezza, Manzoni, che gli passava i fogli a blocchi per ac-celerare il lavoro, fosse arrivato un po’ più avanti; non di moltoperò, perché risulta chiaro dalle correzioni introdotte sulla Copiacensura che le carte venivano date al copista quasi appena scritte,tanto che i cambiamenti stabiliti su un capitolo non potevano es-sere acquisiti nei precedenti che nella fase di revisione di C.12

Di cosa si tratta in sostanza? Il confronto tra la stesura sul ma-noscritto della Seconda minuta dei primi capitoli e la loro revi-sione massiccia su C dimostra che fino al cap. Manzoni applicala formula rivendicata nell’introduzione, facendo ricorso a unaterminologia formata per via analogica, in taluni casi addiritturaaccentuandone l’utilizzo rispetto all’uso più mediato del Fermo.Mentre ancora scarso è l’impiego dei termini postillati sulla Cru-sca (dove Manzoni annota e confronta espressioni ricavate dallesue letture dei classici, e particolarmente dei comici toscani), cheinvece vengono utilizzati in maniera crescente negli ultimi capi-toli, secondo un diagramma ascendente che si rafforzerà ulterior-mente nel prosieguo della revisione.13 Termini che, per quanto ri-guarda i primi capitoli, risultano inseriti in seconda battuta, nellarevisione di C o, in qualche caso, in bozze. Appare cioè evidente

12. Oltre che per la mancanza di uniformazioni grammaticali, che potrebberoessere state volontariamente rinviate alla correzione di C, questo intreccio è evi-dente, per esempio, tra il cap. e l’ per il cambiamento onomastico Fermo→ Renzo, che avviene in rigo a 47 (f. 88b) e viene introdotto a ritroso su Spsolo a 12 (f. 83b): segno che il capitolo precedente era in mano al copistache lo aveva anzi già trascritto; Fermo rimane infatti in tutto il cap. non soloin Sp, ma anche in C, dove verrà corretto con interventi soprascritti.

13. Per le postille apposte da Manzoni sulla propria edizione veronese delVocabolario della Crusca (ora conservata nella Sala manzoniana della BibliotecaNazionale Braidense con la segnatura Manz. .205) si fa riferimento alla fon-damentale edizione: A. Manzoni, Postille al Vocabolario della Crusca nell’edi-zione veronese, a cura di D. Isella, Milano-Napoli, Ricciardi, 1964, ripubblicatacome volume 24 dell’«Edizione Nazionale ed Europea delle Opere di Alessan-dro Manzoni», Milano, Centro Nazionale Studi Manzoniani, 2005, cui si ri-manda anche per i contributi bibliografici usciti dopo la prima edizione.

che il lavoro di revisione, partito secondo certi presupposti, vienea mutare, per via pragmatica, nel corso della riscrittura, costrin-gendo a una globale ristrutturazione e a una nuova impostazioneteorica. Si veda, di seguito, una esemplificazione del rapporto trala stesura di Sp dei primi cinque capitoli e quella della stampa(quando i periodi sono confrontabili è registrata in prima posi-zione la lezione di Sp, seguita dopo la freccia da quella dell’edi-zione Ferrario; quando invece il periodo è del tutto nuovo vienepreceduto dalla sola sigla Fe. Le espressioni e i termini postillatisulla Crusca sono segnalati col corsivo. Il rinvio è al capitolo e aiparagrafi adottati nella presente edizione, che ripropongono quellistabiliti dall’edizione Caretti per la Ventisettana):14

Capitolo 7 e su le rive paesetti → ( 6) coi paesetti posti in sulle rive; 7Fe e comparendo in vetta ciò che poco innanzi vi si rappresentava insulla costa;15 62 vedete se quelle due figuracce dovevano proprio pian-tarsi su la mia strada, e prenderla con me! → vedete se quelle due figu-racce dovevano proprio piantarsi sul mio cammino, e pigliarla con me!;77 Ma! La doveva capitare a me! → Ma! la doveva venire in capo pro-prio a me!; 77 Fe Ella sa che questo le racconcia sempre lo stomaco; Ca-pitolo 4 senza contare ch’io sono il più accorto → lasciando stare ch’iosono il più accorto; Fe ma io non voglio andarne di mezzo; 46 come seniente fosse → come se nulla non fosse stato; Capitolo 18 e si pose asedere sul seggiolone → E si assettò sul seggiolone; 21 Dov’è costei?salta fuori, salta fuori → Dov’è costei? Vieni oltre, vieni oltre; 61 Dio ciaiuterà → Qualche santo ci aiuterà; Capitolo 36 ch’egli si riguardavacome il padre della famiglia → ch’egli si pigliava la famiglia sopra di sè;37 che altre volte non era che velleità → che altre volte gli s’era giratoper la mente; gli parve che Dio stesso gli avesse indicata la strada → gliparve che Dio stesso lo avesse messo sulla strada; 65 pronunziano trasfor-mate, con qualche lettera mutata → pronunziano smozzicate, con qual-che lettera mutata; Capitolo 1 e veggendo le due donne sole → e ap-

14. A. Manzoni, I promessi sposi, a cura di L. Caretti, volume secondo, I pro-messi sposi nelle due edizioni del 1840 e del 1825-27 raffrontate tra loro. Storiadella colonna infame, Torino, Einaudi, 1971. La stessa paragrafatura è stata uti-lizzata nell’edizione dei Promessi Sposi, tomo primo, I Promessi Sposi (1827), acura di S. S.Nigro,Mondadori, 2002, dove è stato apportato qualche interventodi disambiguamento (nel caso in cui il paragrafo cadesse in una riga con duenuovi periodi separati da punteggiatura forte), da noi accolto.

15. L’inserimento avviene però qui in un foglio sostituito nella stampa in unmomento successivo, per cui vedi pp. sgg.

pena ebbe traguardate le donne; 7 Tutto pensato → Contrappesato il proe il contro di questo e quel partito; 12 ora cercava di racconciarla → Mavolendo rattopparla; 19 sempre pronte a venire in aiuto alla lingua →buone da venire in aiuto della lingua; 22 Fe non era troppo buon’aria perme; 36 al quale parve cosa molto graziosa → al quale parve cosa moltogarbata; 54 Or bene tutti quelli che possono saper le cose di buon ca-nale → ( 53) e so di buon luogo; 58 che il conte duca non penetri imme-diatamente → che il conte duca te lo ha già indovinato; 58 e quando èriuscito a scavare una mina, trova la contrammina → che è? quando èriuscito a scavare una mina, trova la contrammina;

A questa cospicua introduzione in sede di correzione di lemmi elocuzioni postillate sulla Crusca si contrappone l’uso decisa-mente minoritario di termini postillati già nella lezione base delmanoscritto:

Introduzione 15 lasciando stare che in verità è un argomento un po’troppo frivolo; Capitolo 28 L’ho detto io, che c’era misterio sotto; Ca-pitolo 21 grida fresca; son quelle che fanno più paura; Capitolo 61(bisogna bene che noi trascriviamo le sue precise parole); Capitolo 2 ilfrate diventava di mille colori; 43 Sarebbe bella che si dovesse dirgli; 66Lo avrebbe egli mandato a spasso volentieri;

Diversa appare la situazione nei capitoli successivi (e in manieranettamente crescente, dal cap. in avanti), dove molti lemmicompaiono già nella stesura base di Sp:

Capitolo 43 non s’era mai trovato nella occasione di assottigliarmoltoil suo; 52 Così la intendo; Capitolo 1 a rassettare le truppe; 6 Le pa-role dell’iniquo che è forte penetrano e sfuggono; 39 tanto che infino allenostre donne, le non sono curiose; 40 non attaccano quistioni con gli al-tri avventori; Capitolo 13 Che c’è? che c’è? domandò Perpetua an-sante ai fratelli; 25 Fatti però, non ve n’ebbe altri; 35 i quali non hannonulla da partire tra loro; Capitolo 18 addottrinò le donne come doves-sero portarsi colla signora; 21 d’un non so quale talento feroce; 34 io vor-rei piuttosto morire che cadere nelle sue mani; 39 anche noi qui siamobuoni da qualche cosa; 47Accozzando questa qualsiasi testimonianza; 53per farle parer buono il chiostro; 67 aveva già pigliate le sue misure; 73avrebbe avuto di grazia di ricevere da essi qualche dimostrazione di be-nevolenza alla pari, e scendeva a mendicarne; 76 Ma quando lo vide ap-parire, con quel sopracciglio; 81 non lasciava di venire anch’essa soventead infestare la povera rinchiusa; Capitolo 16 voi date un calcio a tutte

queste minchionerie (45 sapessero bene a cui davano un calcio); 19 e po-ter essere in punto di buon’ora l’indomani; 47 mi do a credere; 53 questopartito non può stare assolutamente con ciò ch’io debbo a me stesso; 56aveva per massima di andare adagio nel credere; 60 Gertrude si fece unagran forza; 63 non avrebbe potuto far più che compiangerla; 86 Le suorecomportavano alla meglio tutte queste vicissitudini; 89 cosa di cui si cu-rasse meno, che di toccare il fondo di quel mistero; Capitolo 6 Questil’aspettava in capo della scala; 8 te lo aggiusto io; 24 Non già ch’ella si an-dasse lamentando col terzo e col quarto; 31 ma che costrutto si potevaegli cavare da questo fatto così asciutto?; 35 La parola usciva arrantolatadalla strozza, e smozzicata fra i denti; 60 aveva inteso raccontar mirabi-lia; 63 Alla fine, se vien oltre il padrone, glieli pagherò; 70 e si rallegròd’essere avviato ad un cappuccino; 72 Renzo rimase goffo; 73 racconte-remo brevemente al possibile.

Mentre decrescenti (secondo un diagramma inversamente pro-porzionale rispetto alla campionatura precedente) sono quelli in-trodotti in fase di correzione:

Capitolo 38 Ih! se avete ragione! → L’è chiara come il sole; 55 Fe Dibugie, sono in debito io con mia moglie, e tanto tanto, che non so se ar-riverò mai a saldare il conto; 56 E concertati fra loro i più minuti parti-colari dell’impresa, uscirono → Con questo uscirono; Capitolo 32 Fenoi dobbiamo tornare un passo addietro; 40 tanto che il povero oste nonsia citato a far deposizione → ( 71) tanto che il povero oste non nevada di mezzo; 52 Fe la casa è in capo del paese; 58 Fe e a vigilare il mo-mento in cui ogni abitante sarebbe ritirato; Capitolo 31 Fe parte nelcasolare e parte all’osteria; 37 Fe affinchè la sua loquela potesse far cre-dere ad Agnese che la spedizione veniva da quella parte; 43 Fe il gar-zoncello trema come una foglia; 46 Fe era in capo del villaggio; 47 Fe La-sciamoli andare, e torniamo un passo addietro a pigliare Agnese ePerpetua; 51 come a pigliar aria → ( 57) sotto scusa di pigliare un po’d’aria; 56 Fe Renzo che era il più in cervello di tutti; Capitolo 20 Ilsuo aspetto, che poteva dinotare venticinque anni → Il suo aspetto, chemostrava un’età di venticinque anni;16 46 inducevano nel cervellodella fanciullina la persuasione → inducevano nel cervello della fanciul-lina l’idea implicita; Capitolo 52 sarà un fastidio e uno struggimentoper voi → Sarebbe un fastidio e uno sfinimento per voi; 95 v’era un uomotroppo impegnato → v’era un uomo troppo deliberato; Capitolo 42Dugento scudi, e la facoltà di liberar due banditi → Cento scudi l’uno

16. Anche questa lezione appartiene però a un foglio sostituito tardivamente,per cui si veda pp. sgg.

sull’altro, e la facoltà di liberar due banditi; 65 tanto che, quasi ad ognipasso ne svolava via qualche spolveratura → tanto che tratto tratto nesvolava pur via un qualche spolvero.

Si vede inoltre che alcuni dei termini introdotti nei primi capitoliin fase di revisione riappaiono direttamente in Sp nei capitoli suc-cessivi, come avverrà anche nell’Introduzione allegata autografa almomento della stampa (10 accozzando; 14mandare a spasso) e poinei tomi e :

39 essere buoni da; 6 in capo del; 35 smozzicata; 63 venir oltre; 1 venire in capo; 18 buon’aria; 37, 57, 22 andarne dimezzo; 24, 21, 25 assettarsi; 29Qualche santo ti aiu-terà; 13 pigliare sopra di sé; 4 girare per la mente; 50, 9smozzicato; 18 traguardare; 9 contrappesare; 55 rattoppare; 5 buono da; 30 di buon luogo; 32 che è?; 54 tanto tanto; 42 Con questo; 13, 21, 39, 47 ecc. vigilare; 39, 36, 49 in capo del; 57, 52 essere/tornare in cervello; 36 da partire.

Un incremento di termini e locuzioni toscane in fase di revisionedei primi capitoli si registra anche estendendo la ricerca al di làdei termini postillati, a lemmi attestati negli autori di lingua. Uti-lizzando come campionatura (benché certamente parziale) quellafornita da Luca Danzi,17 con circa duecento spogli per il primotomo, si ricava che di questi circa ottanta sono già presenti nelFermo (spesso però con diversa dislocazione, e in numero mag-giore negli ultimi capitoli), un numero di poco superiore entra in-vece fin da subito nella riscrittura, mentre i restanti appartengonoalla revisione posteriore (e anche qui, come nei casi precedenti,sono poi utilizzati nella stesura base dei capitoli successivi: fra pa-rentesi segue l’indicazione dei luoghi ulteriori):

Introduzione 15 quando non è troppo → quando non è d’avanzo; Capi-tolo 56 torsi anch’egli la voglia → cavarsi anch’egli la voglia; 76 Fe èpronto a calar le…; 76 Fe È egli tempo da codeste baggianate?; 77 Fe civuol altro cerotto; Capitolo 4 Fe Se tu ti senti il bruciore addosso; 31

17. L. Danzi, Il Cesari e la lingua dei primi «Promessi sposi», in Id., Lingua na-zionale. Lessicografia milanese. Manzoni e Cherubini, Alessandria, Edizioni del-l’Orso, 2001, pp. 195-243.

Potreste farmi stare due ore sulla corda → Potreste darmi la corda; 49vedeva cadere il nimico → lo vedeva cadere e dare i tratti; Capitolo 36 come l’uomo nuovo sta sulla piazza → come un materialone sta sullapiazza; 46 E per far tornare l’abbondanza → E per far tornare il buontempo (in Sp presente da 39); 55 Fe Al vedere che una povera tosa;56 gli bruttassero la barba di fango → gl’inzaccherassero la barba difango; Capitolo 28 Fe Vedete come è concio (il verbo conciare è utiliz-zato in Sp da 8); Capitolo 19 Fe pronti, chi appena gl’inzigasse (pre-sente in Sp 45); 58 Fe che cosa bolle in pentola; Capitolo 33 sep-pero far così bene → seppero far così pulito (ripreso in Sp 56 e 29); 52 pescando certe scuse magre → cavando fuori certe ragioni senzasugo (ripresa in Sp 29); 55 Fe Qualche pastocchia troverò; Ca-pitolo 24 non me ne saprei spicciare in nessun modo → non potreiuscirne a bene (l’espressione in Sp 51); 44 lasciamoli andar tutti al co-vaccio → ( 77) Lasciamoli andar tutti a pollaio; 52 Fe ma non è sa-bato, e me ne rido (presente in Sp 18); 57 Fe e con ciò temesse di nonportare il soccorso di Pisa (utilizzato in Sp 60); 69 Fe L’altro è unbaciocco (il lemma torna a Sp 45); 76 Fe di avergli spianate le costure;Capitolo 17 Alcuni corsero alla porta su la strada; la porta era chiusae sprangata → ( 57) I primi arrivati corsero alla porta della chiesa:era serrata (porta e paletto sono serrati in Sp 33); 29 Fe Dà di piglioalle brache (poi in Sp 32, 66); 38 Fe ogni scalino che scric-chiolasse; 44 Fe si sconfondono, si scompigliano; 31 è incapace di alte-rare la verità → è la bocca della verità

Insomma, quel che sembra potersi ricavare dai dati elencati è chese l’utilizzo di termini ricavati dalle letture accompagna la stesuradel Fermo,18 soprattutto nella parte finale, incrementandosi ulte-

18. Per quanto riguarda l’uso di questi termini nel Fermo si vedano almenogli studi di T.Matarrese,Lombardismi e toscanismi nel «Fermo e Lucia», in GSLI, (1977), pp. 380-427; S. Mambretti,Aspetti della lingua del «Fermo e Lucia»di A. Manzoni, in ACME, (1982), pp. 67-96; Ead.,Aspetti linguistici dellacomponente milanese del «Fermo e Lucia», in Studi di lingua e letteratura lombardaofferti a Maurizio Vitale, Pisa, Giardini, 1983, vol. , pp. 747-763. Per questi,come per i lemmi postillati nella Crusca e già presenti nella Prima minuta (eperciò non considerati nella nostra rassegna), occorrerà stabilire con più preci-sione se la postilla stia a monte dell’inserimento o intervenga invece in fase suc-cessiva a confermarne la certificazione toscana (come ipotizzava anche la Ma-tarrese e un po’ come avverrà, ma in chiave di fiorentino d’uso, con il recuperonella Quarantana di espressioni che erano state ritenute, all’altezza della stampaFerrario, solo milanesi e quindi eliminate). In questo senso sembrerebbero te-stimoniare alcuni recuperi, in fase di correzione, di lemmi o locuzioni che, pre-senti nel Fermo, nello stesso o in altri luoghi, erano stati inizialmente accanto-

riormente nella prima fase di scrittura di Sp, tuttavia soltanto inunmomento successivoManzoni (probabilmente confortato dallalarga messe di cui è ormai in possesso) appare determinato a rag-giungere la completa ‘esaustività toscana’, e dunque a espungerelocuzioni analogiche o ‘neutre’ a favore di lemmi certificati; e cheproprio in questa fase il Vocabolario della Crusca, utilizzato in unmomento iniziale con maggior sospetto, si rivela invece ai suoiocchi come preziosa fonte, purché confermata da altre attesta-zioni e fruita con attenzione. Il che è ulteriormente comprovatodalla eliminazione dal testo dei residui lombardismi privi di cer-tificazione toscana, mantenuti solo, quando Manzoni non ne co-nosca l’equivalente toscano, grazie alla esplicita denuncia del lorovalore di colore locale.19 Così vengono eliminate espressioni ‘ana-logiche’ come fare di publica ragione (dal latino publici juris facere),

nati in Sp e più avanti, invece, utilizzati immediatamente nella riscrittura. Adesempio: Intr. 12 Fe data la briga (FL , 11 e , 23; Sp 41); 14 a fondo→ ben bene (FL in più luoghi; Sp 28); Fe 6 di mano in mano (FL , 103;Sp 53); 9 aveva cominciato a parlare → posto gli occhi addosso (FL , 46;Sp 88); 15 tra due fuochi → tra l’ancudine e il martello (FL , 67; doveè incudine); 56 Fe buco nell’acqua (FL , 26; Sp 36); Fe 28 spauracchio(FL , 48 – in periodo dapprima eliminato e poi recuperato; Sp 55).

19. Il che non esclude che nella preferenza assegnata a certe espressioni regi-strate sulla Crusca valga anche la consonanza con forme del dialetto milanese,come si evince del resto da numerose annotazioni, del tipo «è anche pretto mi-lanese», ecc. Sulla cosiddetta fase ‘tosco-milanese’ e il trattamento dei lom-bardismi si vedano almeno F. D’Ovidio, Le correzioni ai «Promessi sposi» e laquestione della lingua, Napoli, Pierro, 1892; G. De Robertis, Il Vocabolario delCherubini, in Id.,Primi studi manzoniani e altre cose, Firenze, LeMonnier, 1948,pp. 84-98; V. G. Bono, Osservazioni sui cosiddetti “lombardismi” nell’edizioneventisettana dei «Promessi sposi», Tortona, Tip. San Lorenzo, 1974; M. Corti,Uno scrittore in cerca della lingua, ora in Ead.,Nuovi metodi e fantasmi, Milano,Feltrinelli, 2001, pp. 143-159; F. Forti, L’«eterno lavoro» di AlessandroManzoni,in Id., Fra le carte dei poeti, Milano-Napoli, Ricciardi, 1965, pp. 215-245; A.Stella, Problemi di lingua e di stile nel Manzoni, in «Cultura e scuola», nn. 49-50(1974), pp. 105-117; Id., In margine al secondo tomo degli scritti linguistici, inManzoni: l’«eterno lavoro». Atti del Congresso internazionale sui problemi dellalingua e del dialetto nell’opera e negli studi del Manzoni (Milano, 6-9 novem-bre 1985),Milano, CentroNazionale StudiManzoniani, 1987, pp. 57-73;M. Vi-tale, pagine introduttive alla sezione Dalle postille al Vocabolario della Cruscanell’edizione veronese, in A. Manzoni, Scritti linguistici, Torino, UTET, 1990,pp. 103-107; G. Nencioni, Manzoni e il problema della lingua tra due centenari(1973-1985), inManzoni: l’«eterno lavoro», pp. 36-49.

presente nella prima introduzione di Sp, a favore di dare alla luce,che è la traduzione fornita appunto dalla Crusca, metter gli occhiin capo a chi che sia (Sp 10) dal milanese mett i œucc in del cooa vun; di buon canale sostituita da di buon luogo; mi si è coperta lavista; rappigliarsi nel sonno a favore di velar l’occhio; alle poste loro;tirarsi dietro il muro per vivere di limatura; calcando le parole perspiccando le parole; mentre altre poche espressioni resistono, maappunto glossate o sottolineate dal corsivo.20

C

Resta però da stabilire la cronologia reale di questi due momenti:l’inizio della revisione, concepita ancora, come si è detto, comecompletamento della stesura della Prima minuta, e il suo defini-tivo divenire testo autonomo. L’ipotesi fino ad oggi corrente è chela prima abbia inizio nella primavera del ’24, ma occorre forse ri-percorrere brevemente il calendario manzoniano di questi mesiper poter proporre un diagramma più preciso. Di certo sappiamoche immediatamente seguente alla chiusura del Fermo è la letterasul Romanticismo al marchese d’Azeglio, datata 22 settembre: te-sto ben consonante alle riflessioni spassionate e originali di Man-zoni sulla questione linguistica, portatore com’è di un messaggiodi profonda fiducia in un sistema letterario basato non sull’ade-sione a posizioni teoriche e dogmatichema sulla possibilità di tro-vare un equilibrio direi quasi sperimentale, retto da criteri di uti-lità sociale e morale, tra le diverse istanze del classicismo (intesocome riferimento a un patrimonio tradizionale) e del romantici-smo (come apertura alle idee, alle conoscenze e alla sensibilitàmoderne). In questi giorni, intanto, si prefigura l’arrivo aMilanodi Fauriel, vero mentore dell’attività manzoniana in questi anni.

20. Rinvio per un maggior dettaglio dei casi segnalati a Raboni, La scritturapurgata, pp. 195-197. Un elenco delle voci lombarde sottolineate col corsivonella Ventisettana è fornito da Danzi, Il Cesari, pp. 220-224; mentre per una ti-pologia e per le diverse sfumature delle glosse si veda G. Antonelli, Notazionimetalinguistiche nei «Promessi sposi», in Studi linguistici per Luca Serianni, a curadi V. Della Valle e P. Trifone, Roma, Salerno, 2007, pp. 237-251, poi ampliatoin Id.,Le glosse metalinguistiche nei «Promessi sposi», in «Studi di lessicografia ita-liana», vol. (2008), pp. 141-178.

Ai propositi iniziali di un incontro in Toscana durante l’estate del’23, già nel maggio era subentrata la consapevolezza che i Man-zoni non sarebbero potuti partire che dopo il completamento delromanzo. Da qui il nascere di una proposta alternativa da partedi Alessandro, che in lettera del 21 maggio, informando l’amicodei propri progetti, lo invitava a raggiungerlo nella sua villa diBrusuglio, per poi proseguire insieme en grande famille il viaggioverso Firenze:

Je vous dirai à present un môt à la hâte de nos projets actuels, et des mo-tifs qui nous ont fait abandonner le premier. Nous nous transporteronsà la campagne (Brusuglio à 5. milles deMilan à peu près) la sémaine pro-chaine, nous y passerons l’été, et une partie de l’automne, à la fin du quel,nous comptons encore partir pour la Toscane, ou nous passerons l’hy-ver. Le retard a été causé d’abord par mon ennuyeux fatras qui m’a prisplus de temps que je ne pensais lui en donner; l’emporter à moitié faitpour le terminer ailleurs ç’aurait été un trop grand embarras, parce qu’ilme faut consulter à tout moment quantité de livres, de bouquins, de pa-perasses même, dont plusieurs rares, et même uniques, et que je n’aiqu’en prêt. J’en suis actuellement à la moitié du 4.eme et dernier volume,mais l’achêvement et la correction pourront exiger encor peut-être troismois. […] j’ai besoin d’espérer que le projet de vous posséder ne sera dé-rangé en rien par ces changemens, et que nous pourrons passer ensem-ble l’été, l’hiver, ce que vous pourrez nous accorder, en Toscane, où ici,car je n’ose plus parler de choses à faire comme de choses faites.21

Il progetto si concretizzerà (solo per quanto riguarda l’arrivo diFauriel) all’inizio di novembre. È probabile quindi cheManzoni,che teneva in gran conto il parere dell’amico, ne abbia aspettatol’arrivo per intraprendere la revisione del romanzo, che forse inqueste more venne dato in lettura a Tosi (il 14 gennaio del ’24,infatti, Giulia Beccaria, scrivendo al prelato, dà per scontata lasua conoscenza del testo del Fermo, almeno per quanto riguardai capitoli di Geltrude).22 Possibile è anche che a questo momentodi pausa appartenga la stesura della «Seconda introduzione scritta

21. Manzoni-Fauriel, Carteggio, lettera 78.22. Giulia Beccaria, «Col core sulla penna». Lettere 1791-1841, a cura di G.M.

Griffini Rosnati, premessa di C. Carena,Milano, Centro Nazionale StudiMan-zoniani, 2001 («Quaderni dell’Edizione Nazionale ed Europea delle Opere diAlessandro Manzoni», ), lett. 16, pp. 262-265.

da ultimo», che rivela comunque, nella sua incompletezza, il bi-sogno di una profonda messa a punto. Di certo, quando Faurielarriva a Milano il testo di riferimento è ancora il manoscritto delFermo, su cui lo stesso inserisce una serie di postille di lettura chesi limitano però al primo tomo.23 Non privo di significato è ancheil fatto che Fauriel non postilli nessuna delle introduzioni: segnoforse che la prima (ossia la «Seconda scritta da ultimo») era giàconsiderata superata, e che la seconda (la prima della Secondaminuta) si trovava ancora in una fase provvisoria, se non si vuolpensare che questa sia stata redatta proprio a stretto contatto conl’amico francese, col quale lo scambio è in questi mesi intensis-simo, come riporta Giulia Beccaria ancora a Tosi il 14 gennaio:«M.r Fauriel fa la vita di Alessandro sempre sempre in casascrivendo e studiando». Nella stessa lettera Giulia fornisce peròun’altra indicazione interessante, ossia che il figlio è in questomomento «quasi alla fine di un volume sopra la lingua italiana»,lavoro che lo impegna molto, anche per lo sforzo di trovare unapropria linea indipendente e di «non contrastare nessuno anzi diconciliare molte idee fin’ora state cagione di controversie per nondire ingiurie reciproche», come ribadirà lo stesso Alessandro scri-vendo il 17 febbraio al prelato.24

23. Sulla postillatura di Fauriel e Visconti si vedano G. G. Amoretti, Le po-stille di Claude Fauriel a «I promessi sposi», in «Revue des études italiennes», (1986), pp. 19-32; Id., Dal «Fermo e Lucia» a «I promessi sposi». La partedi Visconti, in «Versants», 16 (1989), pp. 33-51 (poi in Id.,Gli autori dei Promessisposi. Partecipazioni creative e critiche alla composizione del romanzo manzoniano,Torino, Scriptorium, 1996); V. Paladino, La revisione del romanzo manzonianoe le postille del Visconti, Firenze, Le Monnier, 1964; S. Casalini, Introduzione aErmes Visconti. Dalle lettere: un profilo, a cura di S. Casalini, premessa di A.Stella, Milano, Centro Nazionale StudiManzoniani, 2004 («Quaderni dell’Edi-zione Nazionale ed Europea delle Opere di Alessandro Manzoni», ), pp. -, in particolare, pp. -; l’Introduzione di Isella a Manzoni, Fermo e Lucia,pp. - e Raboni, La scrittura purgata, pp. 201-203.

24. A. Manzoni, Tutte le lettere, a cura di C. Arieti, con un’aggiunta di let-tere inedite o disperse a cura di D. Isella, Milano, Adelphi, 1986, lett. 194:«Giacchè Ella si è degnata mostrare qualche timore di cattivi effetti che il lavoroche mi occupa attualmente possa produrre per la mia salute, e per la mia tran-quillità d’animo, Le dirò quanto alla prima, che veramente le ricerche in cuisono ingolfato mi stancano alquanto; ma cerco di contemperare il lavoro e il ri-poso in modo che quello non mi incomodi sensibilmente; e infatti da qualchetempo, meno alcun giorno un po’ tristo, me la passo discretamente. Quanto alle

La notizia, confermata in un’altra lettera del giugno ’24 di Fau-riel a Victor Cousin,25 ha portato perciò a ipotizzare una sosta nellavoro intorno al romanzo tra l’ottobre del ’23 e il marzo del ’24,mesi dedicati appunto alla stesura di un trattato sulla lingua. Il ri-trovamento sulla Seconda minuta, e in parte fra fogli dispersi, dialcuni appunti di argomento linguistico tutti siglati con le lettere«Pr» (Premessa, Prefazione, o forse addirittura Promessi?) ha datoin seguito corpo a questo misterioso libro sulla lingua: il cosid-detto «Libro d’avanzo»26 (così battezzato dalla introduzione al ro-manzo), bruciato, secondo la testimonianza del figliastro StefanoStampa, dopo il viaggio a Firenze perché ormai inadeguato allanuova idea linguistica, costituirebbe in pratica l’antefatto, il suntodegli spogli e delle riflessioni di un Manzoni insoddisfatto dellasoluzione del Fermo, e, per dirla con una felice formula coniata daMaria Corti, «in cerca della lingua»; premessa dunque fondamen-tale per l’inizio del lavoro di riscrittura. Senonché altri indizi nonfanno ritenere probabile questa scansione. Il primo è appuntoquello delle nostre introduzioni. Se infatti questo lavoro fosseprecedente all’inizio della riscrittura, si sarebbe trattato di unoscritto favorevole alla ricetta linguistica rivendicata nella primaintroduzione alla Seconda minuta, rispetto alla quale la revisione

nimicizie letterarie, io credo di poter confidare che la pubblicazione di ciò chevado scribacchiando non sia per attirarmene. Rintracciando le idee con la mag-gior possibile diligenza, e ponendole in carta sinceramente quali mi si presen-tano, mi trovo, nel vero, in opposizione con molti, ma non sono con alcun par-tito. Ora, s’io non m’inganno, le contraddizioni che vengono da partito sonoquelle che eccitano specialmente la collera di chiunque è nel partito opposto;perchè ognuna risveglia l’idea di tutti i contrasti, e rianima i sentimenti di tuttala guerra abituale. Le mie opinioni solitarie e spassionate potranno ben parerestravaganti o insulse, ma non provocatrici; e il povero autore moverà forse unacompassione sprezzante, ma ire, spero, anzi credo di no. Ad ogni modo, io soncerto di porre attento studio a non darne cagione, e come che le cose vadano poi,questa coscienza è una buona consolazione».

25. La lettera, edita in G. Gentile, Victor Cousin e l’Italia, in «Rassegna bi-bliografica della letteratura italiana», (1898), p. 206, è ora riprodotta in Man-zoni, Fermo e Lucia, pp. -.

26. A.Manzoni,Frammenti di un libro d’avanzo, a cura di A. Stella e L.Danzi,Pavia, Dipartimento di Scienza della Letteratura, 1983; i frammenti sono oggicompresi nella edizione degli Scritti linguistici, a cura di A. Stella e L. Danzi,Milano, Mondadori, 1990, e degli Scritti linguistici inediti, a cura di A. Stella eM. Vitale, Milano, Centro Nazionale Studi Manzoniani, 2000 («Edizione Na-zionale ed Europea delle Opere di Alessandro Manzoni», vol. 17, t. ).

iniziata circa in marzo (e conclusa per il primo tomo nel giugno)avrebbe registrato, senza soluzione di continuità, prima un ade-guamento e quindi un progressivo cambiamento di opinione,senza tuttavia provocare alcun momento di riflessione, né tanto-meno produrre uno scritto cui affidare le nuove posizioni acqui-site. Più probabile allora l’ipotesi di un lavoro parallelo di revi-sione del romanzo e di spoglio linguistico registrato su foglivolanti (il numero alto delle pagine, e la conformazione dei fo-glietti ritrovati potrebbe far pensare a un insieme di appunti), cheabbia portato a un certo punto a una più chiara messa a fuoco delproblema linguistico. Cronologicamente si può ipotizzare che larevisione sia iniziata a stretto ridosso della chiusura del Fermo,forse nel novembre stesso del ’23, appena arrivato Fauriel, e siapoi proseguita per qualche mese, prima che lo scavo linguisticoparallelo avesse portato in luce una tale ricchezza da far prenderecoscienza a Manzoni della possibilità di un vero cambiamento; eche solo a questo punto, usufruendo degli spogli via via fino ad al-lora condotti, Manzoni abbia pensato a dar corpo a un vero sag-gio linguistico, come annunciato appunto nelle lettere a Tosi enella stessa introduzione al romanzo, utilizzando e organizzandogli appunti raccolti nel corso della revisione.27 La stesura dei re-stanti capitoli sarebbe allora successiva alla pausa dedicata al librosulla lingua oppure, ed è forse l’ipotesi più plausibile visto il mo-dus operandi di Manzoni, si tratterebbe anche qui di ipotizzare unprocedere parallelo, almeno fino alla fine del primo tomo delFermo (che arrivava fino al cap. ); come pare in effetti provareanche l’ulteriore incremento dei lemmi postillati sulla Crusca dalcap. in avanti. Una pausa a questa altezza potrebbe poi benspiegarsi con la necessità di rimeditare più a fondo sulla strutturadel romanzo, che proprio qui presenta le più forti dissonanze ri-spetto all’impianto della Prima minuta: la divisione in tre tomianziché in quattro, la riduzione dei capitoli sulla monaca diMonza, e, soprattutto, la diversa intersezione delle vicende deidue promessi sposi.28 Come è noto, infatti, mentre la struttura del

27. Per altre ipotesi riguardo al libro sulla lingua si rimanda a Raboni, Lascrittura purgata, pp. 203-206.

28. Tutti aspetti cui alludono le postille di Visconti, probabilmente succes-sive a quelle di Fauriel e forse in parte annotate proprio in questo momento dipausa. Cfr. nota 23.

Fermo prevedeva un andamento per blocchi, prima tutte le av-venture di Lucia poi quelle di Fermo, non privo a volte di con-traddizioni, in Sp (e poi nella stampa) le vicissitudini dei due gio-vani si intersecano, con maggior rispetto della realtà cronologica,secondo un procedimento a incastro, la cui prima prova è data dalrimaneggiamento, nei capp. e , della notte degli imbrogli,dove i movimenti degli sposi e dei bravi vengono rimescolati inCopia censura.29 Si tratta di una ristrutturazione che porta l’au-tore ad abbandonare completamente, a partire dal cap. , l’ideadi poter riutilizzare le carte del Fermo, e ad impostare invece exnovo il manoscritto della Seconda minuta (salvo pochi recuperi,come si vedrà, nel cap. del terzo tomo). La brevità deltempo ipotizzato per la revisione dei primi cinque capitoli (duemesi circa tra novembre e gennaio) e dei capp. - (febbraio-marzo, come si è detto, contemporaneamente al ‘saggio’ lingui-stico), è del resto perfettamente compatibile con i ritmi di lavorodi Manzoni, considerato anche che in questa fase la narrazionesegue piuttosto fedelmente quella del Fermo e Lucia, di cui recu-pera molte carte. Per fare un paragone confrontabile e stavoltacerto, sappiamo (ne parleremo più avanti) che tra giugno e otto-bre del ’24 Manzoni rivede interamente anche quasi tutto il se-condo tomo (che sarà però, poi, fortemente rimaneggiato), al-meno fino al cap. : sei mesi dunque per la riscrittura di 11capitoli (compreso l’, che inizialmente apparteneva al secondotomo e viene aggiunto solo in settembre al primo), operazioneben più impegnativa, per il loro completo rimaneggiamento ri-spetto al Fermo, e affiancata inoltre dalla correzione delle bozze

29. L’attenzione all’entrelacement e al richiamo fra vari punti del testo è unadelle linee correttorie più chiaramente perseguite nella revisione e assume in al-cuni casi l’aspetto di una vera e propria autocitazione: così l’espressione ba-ciocco, utilizzata dall’oste per qualificare Gervaso a 69 (assente in Sp), ri-torna a 45 quando Renzo al suo ritorno in paese scambia Tonio per ilfratello; o nella bonaria schermaglia tra Renzo e don Abbondio a 29 ri-compare l’espressione cavar fuori già utilizzata durante l’episodio evocato a 52 («cavando fuori certe ragioni senza sugo»); ma lo stesso valore presenta peresempio il recupero del personaggio di fra Galdino («quel delle noci») nel cap., o l’analoga descrizione dei commensali di don Rodrigo e del conte zio (cfr.nota 56). Alcune delle sostituzioni di fogli avvenute durante la stampa sem-brano tra l’altro giustificarsi proprio con la volontà di anticipare elementi chetorneranno in punti più avanzati del testo (cfr. nota 102).

del primo tomo. Mentre circa quattro mesi (marzo-fine giugno)sarebbero quelli impiegati per la revisione della Copia censuradei primi capitoli e la stesura dei capp. -: lavoro anch’essocomplesso, sia per la ritessitura dei capp. e dedicati allanotte degli imbrogli sia per la totale riscrittura dei successivi, conlo scorciamento dell’episodio della monaca diMonza e il tormen-tato rifacimento dell’ingresso di Renzo a Milano.30

L’ S

La progressiva messa a fuoco da parte di Manzoni del proprioprogetto linguistico e le nuove strategie narrative spiegano perciòa sufficienza il ritardo con cui inizierà la stampa rispetto alle ot-timistiche previsioni dell’estate precedente, quando la fine dellaprima stesura sembrava separare di pochissimo l’inizio del lavorotipografico. La data del viaggio a Firenze si sposta sempre più inlà: Fauriel pensa ora alla primavera del ’24, ma di fatto sarà luisolo a partire in aprile con Mary Clarke per un viaggio nel Ve-neto, lasciando Alessandro nel pieno della riscrittura. Gli accordiper la stampa vengono infine presi in maggio con la tipografiaFerrario e la richiesta alla Censura è del 30 giugno, come regi-strato nelle carte dell’Archivio Regio Imperiale conservate alla

30. La revisione della Copia censura dovette risultare impegnativa anche peri frequenti errori del copista, non sempre tra l’altro individuati da Manzoni.Sulla figura dell’anonimo copista e sulla fisionomia della Copia censura si vedail recente contributo di D. Martinelli, Lo scrivano della bottega Ferrario, in«Strumenti critici», 125, n.s., anno (gennaio 2011), fascicolo 1, pp. 43-57,che accerta indubitabilmente la dipendenza del copista dalla tipografia, da cuisembrano derivare alcuni accorgimenti utili alla composizione stessa del testo(rigatura delle pagine della copia, conforme alla ipotizzata mise en page dell’edi-zione, utilizzo del rosso per i corsivi). Gli errori del copista verranno tutti cen-siti nella edizione critica della Ventisettana, a cura di D. Martinelli, previstacome terzo volume della presente edizione, distinguendo opportunamente traerrori emendati da Manzoni attraverso il restauro della lezione primitiva (in ta-vola apposita), errori che provocano una riscrittura innovativa da parte dell’au-tore, registrati nell’apparato, e errori che sfuggono anche alla correzione man-zoniana e restano dunque nel testo della Ventisettana. Uno specimen della nuovaedizione critica (i cui lavori sono in corso) della stampa Ferrario è stato antici-pato in Martinelli-Raboni, Dall’edizione critica dei «Promessi sposi».

Biblioteca Braidense (Manz. Ant. B.1./1a): «Rassegno a co-desto R.I. Uff.o di Censura il P[ri]mo Tomo del romanzo storicodel Sig.re D.n Alessandro Manzoni int[itolat]o Gli Sposi promessi,dimandando la permissione della Stampa».31

Quasi scontata la scelta della tipografia di Vincenzo Ferrario,già editore delCarmagnola e dell’Adelchi, che in questi anni si erasegnalato per la correttezza e la coerenza delle proprie impreseeditoriali, nonché per la forte consonanza con il gruppo roman-tico milanese, per il quale aveva pubblicato il foglio del «Conci-liatore». A partire dal luglio del ’24 (la Copia censura porta il vi-sto del 3 luglio)32 ha inizio la stampa, con la necessaria revisionedelle bozze a cui vengono chiamati in aiuto i più stretti collabo-ratori di quegli anni, Tommaso Grossi in primis – che addiritturaviveva nella casa di Manzoni in via Morone e che stava atten-dendo in questi mesi aiLombardi alla prima crociata – Torti, Ros-sari, Cattaneo; revisione che Manzoni alterna alla prosecuzionedella stesura del manoscritto. Di questo lavoro parallelo fra bozzee riscrittura del romanzo abbiamo all’interno stesso del mano-scritto della Seconda minuta un segnale lampante: quando nelsettembre del ’24, infatti, viene presa la decisione (probabilmentedeterminata dal calcolo del numero delle pagine per ogni volume)di aggiungere l’ capitolo al primo tomo, Manzoni deve rinu-merare i fogli già scritti del secondo tomo di Sp, sottraendo ifogli dell’ex primo capitolo: una rinumerazione che si verifica finoa un foglio 90, poi scartato e conservato fra i «Fogli staccati», cheapparteneva in origine al cap. (poi diventato ). Siamoquindi certi che alla fine della stampa del primo tomo la rielabo-razione del secondo fosse giunta almeno a questo punto. Ma altriindizi permettono di seguire il procedere dei due cantieri (bozzee Secondaminuta) fra luglio e settembre, consegnandoci, insiemealla fotografia della stretta collaborazione tra l’autore e la tipogra-fia e della vicinanza degli amici, un calendario molto più detta-gliato. In particolare è fondamentale in questo senso l’analisi delladiversa distribuzione nella stampa delle nuove scelte grafo-fone-tiche e grammaticali operate da Manzoni, le quali (tipiche di una

31. Sul titolo si veda oltre, pp. sgg.32. Sul frontespizio del tomo primo di C sono registrati i permessi della Cen-

sura: «Admittitur Bellisomi», e di fronte «1541. I. R. Censura|Milano li 3 luglio1824|Imprimatur Zanatta».

fase correttiva più precisa e capillare come quella delle bozze) mi-rano principalmente, anche se in maniera certo non esaustiva nésempre coerente, all’eliminazione di doppioni di tipo fonetico omorfologico o lessicale, vale a dire all’adozione di forme unichecontro gli allotropi utilizzati nel Fermo o nella riscrittura in fasecreativa.33

Già dall’inizio della revisione, del resto, Manzoni aveva ope-rato alcune scelte uniformanti o alternative rispetto alla Primaminuta, all’interno delle quali possono rilevarsi due linee guidafondamentali (non prive tuttavia di eccezioni): ragioni di tipo eti-mologico (relativamente alla scelta tra doppie e scempie o ad al-ternanze fonetiche) e rispetto della regola del dittongo mobile.Così la forma pubblico/publico (e pubblicare, ripubblicare), altale-nante nel Fermo viene sostituita in Sp dalla forma scempia conpochissime eccezioni ( 14, 24, 42 e 53 tutte scempiate in Fe);34

tanto che le poche doppie della Ventisettana ( 82; 13; 36; 58; 25), corrispondenti a forme scempie di Sp, vanno cer-tamente considerate arbitrii del copista o della tipografia;35 men-tre la doppia è riservata alle citazioni seicentesche, da quella del-l’anonimo (Intr. 5) alle grida ( 22 già in Sp), con una prassiulteriormente perfezionata in C, dove la scempia di Sp a 19 e 30 viene raddoppiata. Decisa fin dall’inizio pare anche l’adozionedel tipo femina/feminile (già prevalente nel Fermo), per cui le duesole forme geminate di Sp ( 3, 53, quest’ultima scem-piata in Fe) saranno attribuibili a distrazione (la seconda tra l’al-tro appartiene a carte riprese dal Fermo), mentre delle due gemi-nate rimaste in Fe, se una deriva da mancata correzione ( 3),l’altra ( 45), assente in Sp, è errore di copista. Ancora, proccu-rare, forma quasi unica nel Fermo (sole eccezioni a , 28 e , 79, che potrebbero far pensare a una decisione per la scem-pia sul finire del Fermo, ma contraddetta, forse per automatismo,

33. Forme che si analizzano qui soltanto in funzione di ricostruzione filolo-gica, ma che necessiterebbero di studi ben più approfonditi, e in particolare diuna contestualizzazione nel quadro delle discussioni linguistiche coeve.

34. Ma frequenti sono le correzioni sul manoscritto dovute a un automati-smo di scrittura. Si vedano in apparato le correzioni a Intr. 10, 30, 15 e 45, 57, e la doppia in Appendice 9.

35. È certamente errore del copista a 82, mentre per gli altri luoghi nonsiamo in grado di decidere, mancando il secondo volume della Copia censura.

a , 16 e , 8) è decisamente corretta fin dall’inizio della re-visione, e ne rimane in Sp una sola occorrenza ( 7 proccuraste),che viene però scempiata in Copia censura. Ugualmente decisa lascelta per dinanzi (di contro a innanzi, sempre doppia), già del re-sto risolta nel Fermo, dove la doppia si presentava soltanto nei ca-pitoli iniziali: l’unica presenza doppia in Sp si trova in un periodoripreso dal Fermo ( 18), ma verrà immediatamente corretta inC, come già era avvenuto per le precedenti occorrenze dellaPrima minuta. A riscrittura iniziata appartengono invece altri in-terventi: susurrare, doppia in Seconda minuta a 60, 24 e 69 conformemente all’uso finale del Fermo (dove invece la formascempia era precedente), è scempiata a partire da 90, e le treprecedenti occorrenze vengono corrette in bozze (con scempie a 60 e 69, corrispondente a Fe 77, e sostituendo sussur-rando con mormorando a 24); ommettere/ommesso utilizzato dop-pio in Sp a 17, 5, 7, rimane nella stampa soltanto nellaprima occorrenza, ma non si può stabilire esattamente quando ladecisione a favore della scempia prevalga, perché gli altri due casicadono nella riscrittura; di certo la scempia è definitiva nel se-condo tomo dove compare in Fe a 55 e costantemente di lì inavanti, correggendo anche la doppia involontaria a 47 di Sp(dove la forma omettere è presente in 57, 3). In sensoinverso va la eliminazione della forma scempia burasca ereditatadal Fermo (dove alterna con la doppia) in 66, 17, sostituitain Sp dalla geminata a partire da 54: ne consegue la correzionea ritroso in Copia censura a 17 (mentre la precedente occor-renza cade).

Altro settore di intervento è l’alternanza monottongo/dittongo.Nella forma movere/muovere già il Fermo sembra testimoniare iltendenziale accoglimento della regola del dittongo mobile, che siaccentua nell’ultimo tomo dove, rispetto all’uso più frequente deltipo monottongato - anche sotto accento - dei primi tre tomi (mo-vere, move, moversi), troviamo , 22 muovere; , 12 muoversi;, 84 muovere; , 24 rimuovere; , 70 muove; , 63muovere; , 8 muovere; con la sola eccezione di , 72 mo-versi. Tendenza rispettata da Sp ed estesa anche alla riscritturadei primi tomi, anche se non priva di deroghe: 59 smovere, 9 moverti, 22 si move, 8 mover, 46 rimoverlo, 32moversi, tutte forme corrette o cadute ( 8 e 46) in Fe,

tranne la prima a 59, dovuta a una distrazione nel correggereo forse a una coscienza ancora non così chiara a questa altezzadella revisione. Inverso il percorso per il verbo suonare/sonare (erisuonare/risonare), sempre dittongato nel Fermo: la differenzia-zione avviene a partire dalla fine del primo tomo (Sp 34: so-nare a martello) e diventa da qui in avanti stabile tranne dueeccezioni: a 17 (risuonare, corretto però in Fe) e 53 (suonò,rimasto anche nella stampa).36 I precedenti luoghi di Sp dovecompariva il dittongo in posizione atona vengono invece tutti eli-minati nella Ventisettana ( 81 suonata, 82 suonò che diventain Fe 29 suona, 59 suonare). Stesso iter presenta il verbointuonare/intonare, dittongato nell’unica occorrenza del Fermo(, 6 intuonata) e nella prima di Sp ( 16 intuonare), ma cor-retto in Fe dove compare monottongo anche a 51; e da lì inavanti con monottongo in atonia in entrambi i testimoni. Men-tre mantiene il dittongo fuori accento anche in Fe l’unica occor-renza di tuonò ( 17): il che, unito al precedente caso di suonò,può far pensare a una istintiva resistenza al monottongo nei bi-sillabi tronchi (così anche a 30, dove votò corregge in sopra-scrizione la precedente lezione dittongata). Infine è corretta inmonottongo in Fe anche la forma arruolati di Sp 49 (il caso suc-cessivo, già in formamonottongata si ripresenterà solo a 56);mentre la forma riscuotevano di Sp 8 (corretta in Fe) è adde-bitabile a distrazione, dato che scuotere (sempre con dittongo nelFermo) soggiace immediatamente alla regola del dittongo mobile( 32 scotendo). Lo stesso trattamento si conferma anche per ac-corare ( 8, 28, 15, 27 e 41, 38, 41 accorando; 20 mi accuora, 11 accorata), rincorare (dove tuttavial’uso del monottongo viene anche esteso in posizione atona a 31, in linea con una tendenza più tarda al monottongo, per cuicfr. oltre p. ), cuocere/cocere, non presente nel Fermo ( 42cuocere; 11 cocendogli; 31 coceva). Immediata l’ado-zione della forma giucare e derivati rispetto alla forma giuocare(assolutamente prevalente nelFermo con un’unica eccezione: giu-cando a , 10) che resta soltanto in due luoghi a 26 e 27(derivati però dal Fermo; il primo rimasto per mancata corre-

36. La forma risuonanza, evidentemente più spontanea, è ancora presente, inprima battuta a 61 (sostituita da rimbombo).

zione anche nella stampa).37 Da segnalare, infine, l’unica occor-renza, corretta in Fe, di truova a 28, mai attestato neanche inFL. Per quanto riguarda aggettivi e sostantivi il dittongo è co-stante fino alla fine della stampa in bagnuolo, barcaiuolo, batticuore,cuoco, cuore, figliuolo, gragnuola, lenzuolo, libricciuolo, malincuore,mariuolo,muricciuolo, (correggendo in questo senso anche la formamonottongata di Sp, ma residua delFermo, a 28) resticciuolo, sen-teriuolo, spagnuolo, stradicciuola, stuolo, suola, suolo, usciuolo, indi-pendentemente dunque dalla presenza o meno di palatale. In-certo il comportamento sulla forma tovagliuolo/ole: se a 20 sipassa dal dittongo di Sp al monottongo di Fe, inversa è la corre-zione a 49; mentre all’applicazione della regola del dittongomobile va addebitato il passaggio direttamente in Sp di figliuo-lanza in figliolanza a 51 (ma la prima occorrenza di figliuo-lanza, a 38, rimane anche nella stampa). Numerose anchele scelte che risolvono incertezze fonetiche: ambasciata, an-ch’esso ereditato dal Fermo, viene sostituito da subito con imba-sciata (prima occorrenza a 62); decisione questa che sembra giàpresa a partire dal tomo secondo del Fermo (, 80; , 84;, 59; , 81; contro le tre occorrenze di ambasciata delprimo tomo: , 1; , 58; , 59). La lezione con a- resta sol-tanto (anche nella stampa) per disattenzione in Sp 40. Prestocorretta anche la forma chiacchera e derivati, esclusiva nel Fermo,inizialmente utilizzata in Sp ( 3 chiacchere; 36 chiaccherata,luogo quest’ultimo non ereditato dal Fermo) ma già cambiata a 11 (Chiacchiere!), e di lì in avanti (Appendice del cap. e poi 18);e corretta in C a 3 e in bozze a 36. Scartata definitivamenteanche la forma nimicizia per inimicizia, e risolta l’alternanza dena-ro/danaro presente in Primaminuta, con l’adozione del solo tipo da-naro: la forma denaro rimasta a 35 in Sp, è eliminata da Man-zoni in C e di lì in poi costantemente evitata, tranne in tre luoghi, 40, 29, 50, il primo e il terzo corretti in Fe, l’altrocaduto. Tendenzialmente risolta, con qualche eccezione, anche l’al-ternanza questione/quistione: rispetto al Fermo, dove le due forme

37. Queste le occorrenze in Fe: 19, 27 (giucheresti contro giuocheresti diSp), 57, 58, 63, 18, 39, 43, 10, 7, 63, 39;ma che spontaneamente Manzoni utilizzasse anche la forma dittongata è evi-dente da correzioni interne (vedi l’apparato a 47 e 43). Il dittongo resta,invece, molto più a lungo nel sostantivo giuoco, per cui si veda oltre p. .

sono sostanzialmente paritetiche (19 con -e- e 17 con -i-), in Sp re-stano soltanto 5 casi (di cui 2 su parti condivise col Fermo) con la-e- (4 in Fe), probabilmente inavvertiti: va però sottolineato comela lettura del manoscritto, tanto della Prima che della Secondami-nuta, presenti su questo punto una notevole incertezza. Utilizzatainizialmente la forma ubbidire e derivati, presente anche nellastampa fino a 44 (in occorrenza nuova rispetto a Sp) e in seguitoespunta (Sp 16 e 17-20, entrambi caduti) a favore del tipocon o-; eliminate da subito le forme leggero/a/i (presenti, benchéin misura largamente minoritaria, nel Fermo), mentre nell’avver-bio (per la regola del dittongo mobile) è decisamente adottata laforma leggermente, come testimonia la correzione in Fe di quasitutte le occorrenze di Sp e lo stesso immediato passaggio in corsodi scrittura a 57: i pochi casi di leggiermente ( 28, 34, 3, 11) sembrano perciò dovuti a distrazione.38 Ma altre alter-nanze rimangono inavvertite, e mentre alcune si prolungano finoalla conclusione della stampa (per es. elemosina/limosina, getta-re/gittare, capelli/capegli, risguardare/riguardare; concludere/con-chiudere; radunare/ragunare, sciagura(to)/sciaura(to)), altre si ri-solveranno nel corso della scrittura dei tomi successivi. Non èrisolta, fra l’altro, l’alternanza tra -ng- e -gn- (giugnere, pignere, ecc.):entrambe le forme sono infatti presenti fino alla fine, pur essen-doci tendenzialmente la volontà di privilegiare la forma palatale.39

Restano più a lungo anche alcune forme con cambio di classecome bicchiero a 33 e 60 e 27, rimasto nella prima occorrenzaanche in Fe, emestiero ( 9),40 mentre cavaliero, per quattro voltein Sp nel cap. (39-41: non solo in derivazione materiale dalFermo), è già eliminato in Copia censura. Resta invece indecisa,seppur con preferenza per la seconda forma, l’oscillazione fore-stiero/forestiere. Infine, mantiene il doppio genere la forma orec-

38. Rimangono tuttavia in Fe due occorrenze di leggiermente, la prima a 34 per mancata correzione, la seconda a 29, introdotta forse erroneamentedal copista.

39. Per es., per il solo verbo giungere, appaiono corrette in questo senso traSp e Fe le occorrenze 13 e 60, 26, 3 e 13, 61, 45, , 24. Rimane però la forma con -ng- a , , , , 19, 1, 10, 46, 50, 33, 19, 55.

40. La forma resiste peraltro in un foglio sostituito successivamente nellastampa, per cui cfr. nota 102.

chio/orecchi/orecchie: se infatti il singolare maschile ha una solaeccezione nel cap. (14: orecchia), i plurali rimangono al-ternanti fino alla fine, pur con netta prevalenza del maschile, salvodecisioni provvisorie a favore dell’una o dell’altra forma.

Per quanto riguarda i verbi, da notare è l’uso esclusivo, a par-tire dal secondo tomo, della prima persona del presente indica-tivo di fare, fo (con l’unica eccezione di 26, rimasto anche astampa), contro l’uso costante di faccio nel primo (e nel Fermo,dove si hanno solo due occorrenze di fo a , 44 e , 67). Unasola occorrenza di fo nel primo tomo, a 37, è introdotta inbozze all’interno di un periodo che mostra peraltro la volontà diacquisire un tono più vicino al parlato: «io non faccio di questeazioni» → «io non fo di questi lavori io»; resta però in Fe il tipofaccio di Sp (oltre che nei precedenti 37 e 20) a 47, 10e 8, a segno che la forma fo è utilizzata nel luogo sopra citatoancora come possibile alternativa, determinata forse da ragionistilistiche e ritmiche, mentre solo successiva sarà la determina-zione grammaticale a favore di fo.

Dal punto di vista della grafia, fin dall’inizio sembra presa ladecisione di eliminare il grafema j come plurale da -io a favore di-ii o della semplice -i (per limitarci alle occorrenze iniziali su cartecondivise col Fermo: varii, privilegii, rimedii, misteri, cerchi, vec-chi, occhi), o come semiconsonante (cuoio, sguaiato, gioia, operaio,filatoio, ghiaie, ecc.), tuttavia con numerate eccezioni: rimangonoinfatti un certo numero di j nei primi capitoli, perlopiù ereditatematerialmente dal Fermo ( 26 ajuto; 51 granajo; 53 elogj,augurj; 59 ajuta; 33 uficj; 21 avoltoj; 23 guaj; 44 aju-tarmi; 30bis nojoso; 33 annojato; 32 ossequj) ma in qual-che caso introdotte nella riscrittura ( 76 abbajano; 28 ajutate; 37 ajutare; 43 ajutarlo; 8 ajuti; 10 pajono; 32 ajuti; 42 ajutarsi; 52 ajuto,Savoja; 24 jersera; 29 jeri). È insommaevidente che, a parte le sviste di correzione, si tratta di automati-smi (che infatti riguardano soprattutto le forme aiuto e aiutare,nel Fermo sempre scritte con la semiconsonante), che tuttavia de-crescono progressivamente e saranno tutti eliminati già in Copiacensura. Di fatto nella Ventisettana è presente un unico caso, pe-raltro introdotto dal copista e sfuggito a Manzoni: stajo di 20,che era stato già corretto in staio in Seconda minuta. Ancora sulpiano grafico, restano alternanze tra forme in scrizione continua

e separata (in fatti/infatti; da vero/davvero; di sopra/disopra, ecc.)non sempre distinguibili con certezza nel manoscritto quandonon comportino raddoppio. Per quanto riguarda, infine, accentie apostrofi in forme tronche e apocopate, qualche alternanza (per-lopiù eliminata nel progredire della stampa) continua a perma-nere, così come per l’accentazione di certe parole, ma rinviamoper questo ai criteri di trascrizione del testo, dove quei casi sonotrattati partitamente.41 In particolare è da segnalare la diversa at-testazione di pover uomo e poveruomo, il primo tipo costante in Spfino a (con le sole eccezioni di 76 e 64) e in seguitosostituito dalla forma unita, a sua volta superata a partire da da pover’uomo; Fe utilizza più frequentemente la forma apo-strofata, pur mantenendo anche il tipo senza apostrofo fino a tuttoil secondo tomo ( 79); forma che sostituisce anche alla scri-zione unita di Sp in 3 casi su 8 ( 5 e 50 e 52). Nei restanti: 76 è separato senza apostrofo, 38 cade mentre , 15 e 18 mantengono la forma unita.

Le indicazioni più utili per la nostra cronologia si ricavanoperò, come si diceva, da quelle forme cheManzoni risolve in ma-niera definitiva nel momento in cui ha già intrapreso la stampa, eche perciò ci permettono di stabilire i progressi fatti dall’autoresul fronte parallelo della tipografia e dell’allestimento del mano-scritto: e si tratta di interventi, questa volta, probabilmente ispiratiproprio dalla correzione delle bozze (e forse discussi e suggeritidagli amici o dallo stesso tipografo). Una tale cronologia interna,inoltre, ha il vantaggio di offrire in maniera più chiara il progres-sivo affinarsi della sensibilità di Manzoni anche su minute que-stioni ortografiche (certamente sollecitata anche dalla tipografia),e permette a noi di discernere con più chiarezza fra alternanze re-almente vitali fino alla fine, e altre invece solo apparenti, dovuteal procedere sussultorio della stampa.

Significative in questo senso risultano le correzioni raccolto →ricolto; capuccio, capuccino (e derivati) → cappuccio, cappuccino;ispirare (e derivati) → inspirare; providenza e provedere (e derivati)

41. Va infine registrata, anche se è un problema che riguarda esclusivamentel’edizione della Ventisettana, e che sarà perciò affrontato in quella sede, la pre-senza in 7 casi della forma dimandare per domandare, assente in Sp e inserita intipografia: 36, 25 e 56, 29, 34, 41, 23.

→ provvidenza e provvedere; scellerato (e derivati) → scelerato;vuoto → voto: interventi che ci forniscono un diagramma via viapiù stringente della corrispondenza fra stampa e Sp. Tra tutti icasi di allotropia presenti nella stampa, quello che riguarda laforma cappuccino/capuccino è, tra l’altro, l’unico a venir segnalatonell’Errata Corrige, dove sono indicate le residue forme scempienei capitoli fino al .42 E si tratta di una forma su cui Manzoni hariflettuto a lungo, se all’inizio della revisione, rispetto alla oscilla-zione del Fermo, aveva optato per la scempia, correggendo leforme che spontaneamente gli venivano doppie alla penna (sfug-gite solo per ripresa materiale del Fermo a 43, 58, ; laprima corretta in C), e quelle introdotte arbitrariamente dal co-pista, per mutare poi di opinione durante la revisione delle bozze,e precisamente all’altezza del foglio 8, corrispondente alle pp.113-128, condivise dai capp. e . La prima correzione in que-sto senso si trova infatti a 6 (p. 122) dove la lezione di Sp e C(«partigiano dei capuccini») viene corretta in bozze, probabilmenteper influenza della precedente occorrenza dello stesso foglio 8 (p.115, cap. 58) dove era rimasta la doppia per eredità materialedella Prima minuta («il lembo dell’abito, il cordone, il cappuc-cio»). Il controllo parallelo sulla stesura base della Seconda mi-nuta ci permette, in questo caso, di fissare il momento a cui eragiunta l’elaborazione del manoscritto: tra 6, dove comparivacapuccino ancora scempio, e il cap. , dove al par. 10 la formadoppia entra per la prima volta in rigo.43 Poco oltre ci porta la cor-rezione della forma ispirare e derivati (sempre così nel Fermo):l’ultima senza ns è registrata infatti in Fe nel fascicolo 8 (p. 118:cap. 65), mentre la prima dissimilata è testimoniata nel foglio9 (p. 139: cap. 38: «Fu una vera inspirazione»). In questo casopossiamo perciò stabilire un termine ante quem, quello cioè di 5 di Sp, dove la forma con ns viene direttamente assunta in rigo(l’ultima occorrenza senza ns si trova invece in Sp a 38). A unafase più avanzata della stampa porta la decisione di scempiare le

42. Nell’Errata, posta in coda all’ultimo volume, viene segnalato che l’erroresi ripete in più luoghi fino a p. 109.

43. Non significative le doppie a 14, 15, 70, 71; 9; 7, 33, 52, perchérisultato di correzioni tardive o collocate su fogli sostituiti in unmomento di re-visione successivo, su cui cfr. oltre, pp. sgg. Sfugge a questa correzione aritroso soltanto l’occorrenza di 55, emendata in bozze.

forme provvedere/provvidenza/provvedimento/provvisione. In Fe, in-fatti, la lezione è ancora doppia a 76 (provvedimento), mentre ilmomento del cambiamento in Sp si può identificare in manieraprecisa: si passa infatti dalla doppia a 50 per provvidenza (cor-retta poi in soprascrizione) e a 52 per provvisione, alla scempia diprovidenza a 53.44 Successivo il passaggio da scellerato e deri-vati a scelerato, che risulta corretto in Fe da 40 (mentre man-tiene ancora la doppia a 82), e che è attestato in Sp a partire da 10 (dove peraltro è il risultato di una correzione in rigo, sullaprecedente forma geminata), laddove l’ultima occorrenza doppiasi registra a 58 (in una carta poi sostituita). Ancora, al mo-mento quasi di chiusura della stampa ci porta l’adozione dellaforma monottongata voto, aggettivo e sostantivo, per ‘vuoto’. Seinfatti il verbo vuotare è soggetto fin dall’inizio alla regola del dit-tongo mobile (mentre nel Fermo è sempre dittongato, anche inposizione atona),45 con l’unica eccezione di 69 (vuotandolo) cor-retto daManzoni in C, aggettivo e sostantivo vuoto, come la formadel presente del verbo, mantengono in base alla stessa regola ildittongo. La norma viene però applicata in Sp soltanto fino a 46 («Il tempo gli si affacciò dinanzi vuoto»), mentre da 57 siinstaura, e da lì definitivamente, il monottongo.46 Nel cap. tut-tavia, in maniera del tutto isolata, già il manoscritto presentavaal par. 84 la lezione «nel voto accidioso dell’animo suo»; può es-sere stata questa la spinta ad adottare, di lì in avanti, il monot-

44. Le forme scempie di providenza di Sp a 19 e 25 sono infatti il risultatodi interventi tardivi, mentre quella di provisione a 15 (f. 38c) si trova in un fo-glio sostituito in una fase successiva. Ancora a 43 e 15, per automati-smo, Manzoni utilizza inizialmente le forme doppie Provvidenza e provvisione,che poi interviene a correggere. Il termine provvidenza è soggetto inoltre a unaulteriore oscillazione riguardo all’uso della maiuscola che, assente in tutto ilprimo tomo, viene introdotta in rigo in Sp a 40, con correzione a ritroso a 19 e 25, e 61, mentre resta minuscola a 50 e 53, e 60 dove non havalore religioso. In Fe le due occorrenze del cap. restano minuscole (forse acausa di errore del copista, cui può essere sfuggita la correzione) e la maiuscola(per l’accezione religiosa) è adottata sistematicamente solo da 40 in avanti.

45. Il primo esplicito segnale dell’applicazione di questa regola si incontra a 48 in un periodo ripreso materialmente dal Fermo, dove Manzoni correggevuotato in votato.

46. Che si tratti di una decisione del momento sembra testimoniarlo la cor-rezione in rigo: «voto] prima vuot<o>».

tongo, correggendo la forma di Sp a partire da 34: «la casa tro-vata vota».47

Grazie alla somma di questi dati interni con le testimonianzeepistolari e documentarie, è stato possibile stabilire un calenda-rio di massima, così formalizzabile:48

Cronologia

30 giugno ’24

3 luglio ’24

Metà di luglio-primi di agosto’24 [lettera 104 aGrossi]

Primi giorni diagosto ’24[lettera 106 aGrossi]

Stampa Ferrario.Tomo primo.

Richiesta del permesso distampa alla Censura da partedi Vincenzo Ferrario.

Imprimatur e admittitur dellaCensura.

Prove di impaginazione.Viene scelta quella a 28righe (applicata dal copistanella Copia censura).

La composizione è giunta alfoglio 2 (pp. 17-32).Manzoni ringrazia chi gli hasegnalato la ripetizione apoca distanza di tre avevaa p. 30 ( 52).

Seconda minuta.Tomo secondo.

47. Risultano pertanto tutte corrette in Fe le forme dittongate di Sp a 26, 39, 50, 3, 48, 50, 54, 36, 46. Ancora in Sp il dit-tongo è utilizzato per distrazione a 3; e anch’esso è emendato nella stampa.Nella Ventisettana di fatto rimane un’unica occorrenza dittongata a 11 (sucui cfr. nota 104), mentre l’altra occorrenza di Sp precedente alla scelta del mo-nottongo ( 45: «la larga circonferenza che rimase vuota») è caduta. Un inter-vento a parte è costituito infine dall’uso dell’accento circonflesso, introdotto inFe da 84 per la necessità di disambiguare vôto rispetto a voto nel senso di ‘im-pegno religioso’ in contesti dubbi.

48. Le lettere a Grossi nella tabella seguente sono sempre citate e numeratesecondo l’edizione di T.Grossi,Carteggio 1816-1853, a cura di A. Sargenti,Mi-lano, Centro Nazionale Studi Manzoniani, 2005, 2 voll. («Quaderni dell’Edi-zione Nazionale ed Europea delle Opere di Alessandro Manzoni», ).

Primi diecigiorni di agosto’24 [lettera 107 aGrossi]

Post 6 - ante 12agosto ’24[lettera 108 aGrossi]

Post 14 - ante 24agosto ’24[lettera 109 aGrossi]

Manzoni invia i ff. 4 e 5(pp. 49-80), suggeriscecorrezioni ai ff. 14 e 22(quella al f. 22 non vieneperò inserita), restituisce lap. 30 (da rimandare allaCensura a causa del grannumero di correzioni) eraccomanda un intervento alcap. sulla Copia censura.Sceglie il tipo di carta, segnoche la stampa definitiva nonera ancora cominciata.

Si stampa il f. 6 (pp. 81-96).A p. 86 ( 48) vieneinserita la prima correzionedi ricolto per raccolto.

Si compone il f. 8 (pp. 113-128). Manzoni raccomandaattenzione per la p. 123 dellaCopia censura, particolar-mente rielaborata, «chepotrebbe imbrogliare ilcompositore». A p. 115 dellastampa ( 58) viene accettatala doppia a cappuccio, cheprovoca la successivacorrezione ap. 122 ( 6).

Manzoni lavora al f. 9(pp. 129-144) segnalandodegli interventi da attuarsi ap. 134 ( 38-40: feciali perFeciali, que’ politiconi perquesti p.; quegli altri per questialtri) e a p. 143 ( 60-62:il periodo sui Navarrini sucui cfr. nota 94). A 38 èstata inserita la formainspirazione.

La lezione ricolto èinserita soprascrittaa 7ter.

La correzioneavviene dopo 6,dove la forma inrigo era ancoracapuccino. Nellalettera a GrossiManzoni utilizzal’espressioneritentiva, presentein prima stesura inSp 42 (inseguito espunta).

La lezione inspirareè utilizzata in rigo a 5.

Chiusa la stampa del primo tomo, la stesura del secondo prose-gue in maniera continua fino al cap. , come indica la nume-razione progressiva che parte dal foglio 76 dei «Fogli staccati» earriva appunto fino al cap. ; numerazione poi cambiata in se-

Prima metà disettembre ’24[bozza inviataa VincenzoFerrario,lettera 210]49

Prima metà disettembre ’24[lettera 110 aGrossi]

Lunedì 27settembre ’24[lettera 112 aGrossi]

Lunedì 4 ottobre’24 [lettera 113 aGrossi]

Primi di ottobre’24

Manzoni restituisce aFerrario la bozza correttadi p. 274 ( 72-74), cheappartiene al f. 18(pp. 273-288). A p. 275( 76) resta la doppiaa provvedimento.

Manzoni scrive a Grossi dicorreggere struggimento insfinimento a p. 301 ( 52),appartenente al f. 19 (pp.289-304).

Manzoni accusa la ricevutadel foglio 20 (pp. 305-320), eannuncia che «il cap.o chedeve compiere il o tomo èin mano del copista».

Manzoni annuncia che ilcap. è alla Censura.

Viene mandato in tipografial’autografo della Secondaminuta per non ritardare lastampa. Nelle bozze delcap. (f. 21, pp. 321-336)entra la correzione di votaa 34 (p. 334) e di scelerata a40 (p. 336).

L’intervento sicolloca tra 52,dove resiste laforma doppia diprovvisione, e 53dove è in rigo lalezione providenza.

La sottrazione delcap. dal fascicolodel tomo secondodetermina larinumerazionedei ff. da 1 a 90(cap. ).

Scelerato e votosono in rigo in Sprispettivamente da 10 e da 57(mentre 46 haancora la lezionevuoto).

49. Manzoni, Tutte le lettere, lett. 210.

guito alla decisione, subentrata alla fine di questa prima fase, dirielaborare i capitoli già scritti. Insomma, alla fine dell’ottobre ’24,quando Fauriel annuncia la conclusione della stampa del primotomo50, Manzoni aveva già riscritto praticamente tutto il succes-sivo, e dunque poteva ancora pensare che il romanzo sarebbestato interamente pubblicato entro la primavera del ’25, in mododa permettergli di fantasticare nuove date per il progettato viag-gio a Firenze.

I :

Le cose però, ancora una volta, non andarono nel modo sperato,e la revisione del secondo tomo comporterà di fatto un tempomolto più lungo di quello programmato. Infatti, dopo una stesurapiuttosto rapida (luglio-inizio settembre per i capp. -, set-tembre-ottobre per i capp. -), se si considera anche l’avviodella stampa e la parallela correzione delle bozze del primo tomo,il rifacimento richiederà ancora mesi di lavoro, e si concluderàsoltanto nel maggio del ’25 con la consegna della copia al censore,e subito dopo alla tipografia, dove la stampa inizia a metà dellostesso mese.

I segnali delle difficoltà cheManzoni sta attraversando si ritro-vano nelle lettere di questo periodo degli amici e dei famigliari, ein particolare delle donne di casa a Fauriel. Così scrive Enrichettaall’amico francese il 13 febbraio 1825:

Alexandre a peu travaillé pendant quelque tems, a cause d’un peu de fa-tigue de tête et d’un certain découragement (que vous conaissez aussi)et qu’occasionne un ouvrage commencé depuis longtems, son secondvolume n’est pas encore fini.51

50. Così Fauriel a Mary Clarke il 25 di ottobre: «L’impression du 1er vol. duroman d’Alex. n’est pas encore terminée; elle pourra l’être d’ici à 5 ou 6 jours.Ce n’est qu’à cela qu’il tient que je vous le porte» (A. Galpin, Fauriel in Italy.Unpublished correspondence (1822-1825), Roma, Edizioni di Storia e Lettera-tura, 1962, p. 110).

51. E. Manzoni Blondel, «Par pièces et morceaux». Lettere 1809-1833, a curadi F. Danelon, con una nota diM.Morazzoni, Milano, Centro Nazionale StudiManzoniani, 2006 («Quaderni dell’Edizione Nazionale ed Europea delle Operedi Alessandro Manzoni», ), lett. 67.

:

E ancora Giulia, il 3 marzo, allo stesso:

L’ouvrage de mon fils est bien ariere, il n’a pas encore acheve de fairede refaire et de faire encore le 2o volume. Ainsi il en a pour toute l’étéou j’espere que dans la solitude de Brussù il se haterà de tout achever.Il a partout dans la tete et toujours il Mercato Vecchio mais comme nec’est que cela et puis cela je crois que dans tous le cas quelques mois del’automne en Toscane pourroint lui suffire mais nous en parlerons touta votre aise, en attendant il nous ecorche les oreilles par tous ces tosca-nismes.52

La data conclusiva del lavoro sul secondo tomo si ricava infinedalla lettera del 15 maggio di Alessandro a Eustachio Degola,dove le notizie sull’avanzamento del romanzo, fornite con la con-sueta autoironia (al fondo della quale brilla però sempre la lucidae intelligentissima certezza nel proprio lavoro), si accompagnanoal solito a inverosimili previsioni circa la conclusione dell’interoromanzo:

Come mai avete la bontà d’interessarvi alle bazzecole che escono dalmio calamaio? Sapete voi di che genere sia quella intorno a cui sto fati-cando, come se fosse un affare d’importanza? È di quel genere di com-posizioni, agli autori delle quali, il vostro e mio Nicole regalava, senzacerimonia, il titolo di empoisonneurs publics. Certo, io ho posto ogni stu-dio a non meritarlo; ma ci sarò poi riuscito? Quando abbiate vedutal’opera, aspetterò con impazienza, e non senza timore il vostro giudizio.Vi avverto però che io, da buon autore, ho in pronto apologie contratutte le obiezioni che mai vi possano venire in mente; e intendo di giu-stificare il mio lavoro non solo dalla taccia di pernizioso, ma, vedete! an-che dall’accusa di inutilità.

Ma queste son baje: abbiate la carità di pregare Quello che non si il-lude, affinchè si degni di non permettere che io mi illuda miseramente.E giacchè desiderate sapere a che termine sia questo lavoro, vi dirò cheho dato al torchio il 2.o vol.e, e fra tre o quattro mesi, spero di aver fattolo stesso del 3.o ed ultimo.53

Cosa dunque ha fatto così ritardare Manzoni in questa revisione,impegnandolo dal novembre del 1824 al maggio del ’25? Che cosalo costringe a un ritorno sui capitoli già scritti? Quali sono gli am-

52. Beccaria, «Col core sulla penna», lett. 14, pp. 175-176.53. Manzoni, Tutte le lettere, lett. 218.

pliamenti e i cambiamenti maggiori che introduce a questa al-tezza? Naturalmente le cose non sono così facili da stabilirsi, per-ché, malgrado la conservazione di alcune delle carte scartate nelcorso della revisione, molte sono andate perdute e non si puòquindi ragionare che per ipotesi e attraverso il confronto con lastesura del Fermo, dalla quale, tuttavia, la Seconda minuta già sidiscostava profondamente. L’indizio più evidente è quello costi-tuito dalla conservazione, nel fascicolo dei «Fogli staccati», di al-cune carte eliminate, e dalla rinumerazione dei capitoli. In so-stanza, e a parte numerosissimi interventi già sui primi capitoli(per il cui dettaglio si rinvia alla Nota al testo dei singoli capitoli)– che comportano ampliamenti e riscritture di porzioni impor-tanti del testo,54 e una diversa suddivisione dei capitoli (si vedanola Nota al testo dei capp. e ) – i più grossi cambiamentisono quelli che investono il cap. , probabilmente rivisto in piùfasi, alcune anche posteriori al rifacimento integrale del tomo, nelquale, come ha ben mostrato Domenico De Robertis che a que-ste carte ha dedicato un saggio analitico, si assiste alla progressivatrasformazione favolistica dell’avventura di Renzo;55 e quelli cheriguardano i capp. e , che risultano totalmente riscritti(come indica la presenza su questi fogli della numerazione defi-nitiva già in prima battuta). Se riguardiamo, inoltre, al nostrocalendario del lavoro svolto parallelamente su bozze e Sp nel-l’estate-autunno del ’24, potremo notare che i capp. - ave-vano avuto una fase di riscrittura rapidissima, concentrata tuttatra settembre e i primi di ottobre, e che quindi verosimilmente ri-calcava abbastanza da presso la redazione della Prima minuta; ilche spiega come in seguito proprio questi capitoli siano dovutisottostare a un rifacimento così integrale.

54. Si veda, in particolare, per il cap. il tormentato lavorìo sulla presenta-zione delle cause della carestia, di cui è rimasta testimonianza nei «Fogli stac-cati»; o nei capp. e la descrizione del monologo dell’oste e della sua de-posizione, nonché il dialogo tra Renzo e il notaio criminale. La rielaborazionedel cap. è però, almeno in parte, ascrivibile alla prima fase continuata discrittura, se è vero che la correzione ricolto soprascritta a raccolto, che si pre-senta tre volte in questo capitolo, viene inserita in Fe già nel cap. , dunque al-l’inizio della stampa.

55. D. De Robertis, La favola di Renzo («Promessi sposi» XVII), in Manzoni1785-1985, Atti del Convegno di Lugano (13 novembre 1985), Lugano, Edi-zioni Cenobio, 1986, pp. 332-356.

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Particolarmente importante risulta la massiccia revisione delcap. , perché dedicato nella prima parte all’incontro tra ilconte zio e il padre provinciale, che subisce nella rielaborazioneun enorme ampliamento rispetto all’impianto del Fermo. Diver-samente da altre carte superate che sono state conservate nei «Fo-gli staccati», la prima redazione di queste pagine non è rimasta,ma una loro valutazione numerica ci porta a pensare che la primastesura fosse più vicina nella struttura a quella del Fermo, dove ildialogo fra le due ‘potestà’ veniva risolto in pochi paragrafi (, 87-104). Nella redazione conclusiva, infatti, il colloquio nonsi incentra da subito, come era nel Fermo, sugli interessi privatidel conte zio, ma risulta inserito, come era già stato per la cena acasa di don Rodrigo (di cui costituisce una replica, ma in sensosocialmente e politicamente ascendente),56 all’interno di una piùlarga esemplificazione dei rapporti fra poteri forti, dove il casodello scontro fra don Rodrigo e Cristoforo, e quello della sciagu-rata vicenda di Renzo, rientrano nelle strategie di controllo e diprevaricazione della politica, dalla quale i piccoli casi delle gentimeccaniche finiscono per essere inevitabilmente condizionati. Sitratta, quindi, di un ulteriore passo avanti nell’approfondimentodel legame tra storia privata e storia pubblica che caratterizza illavoro di riscrittura della Seconda minuta, e che a volte si apreanche verso dilatazioni poi eliminate (come accadrà ancora nelcap. del terzo tomo con la digressione sulla peste a Ber-gamo) secondo un processo che Toschi ha già ben individuato al-l’interno della elaborazione del Fermo, fattosi ancor più cogentein fase di riscrittura. Legata a questo intervento, e apparente-mente in contraddizione, è invece la ristrutturazione del ritrattodell’innominato, la cui redazione intermedia è stavolta conservatatra i «Fogli staccati» (vedi Appendice al cap. e l’Album di pa-gine dell’autografo, n. 9). La drastica riscrittura cui il ritratto vieneassoggettato, infatti, oltre a eliminare digressioni sul governo spa-gnolo e sulle grida d’impunità (forse anche dettata da prudenzapolitica per la trasparenza delle allusioni), pare costruita quasi a

56. Anche qui la cena si svolge intorno a discussioni di tipo politico sulle ma-novre del governo spagnolo, e ugualmente sottomesso è il comportamento delleautorità e dei commensali, alcuni dei quali vengono qualificati in modo del tuttoanalogo a quello usato per gli ospiti anonimi di don Rodrigo nel cap. .

‘sbalzo’, verso un incremento della dimensione misteriosa delpersonaggio, vero erede di una tipologia romantica: la cancella-zione dei dettagli delle imprese criminose (nelFermo e Lucia l’uc-cisione dell’avversario sul sagrato, e nella stesura intermedia dei«Fogli staccati» la lotta contro il bargello, già tuttavia connotatacome una sorta di resa figurale di uno sdoppiamento della co-scienza) mira infatti a differenziarne la statura rispetto ai tanti si-gnorotti seicenteschi (cade, ad esempio, l’episodio della sua fugain convento, mentre acquista spazio l’analisi degli elementi di crisiinteriore), in modo da esaltarne la valenza di strumento dellaprovvidenza in seguito alla conversione. Un modo, ancora unavolta, per assicurare la coesistenza tra una illuministica fiducianelle ricette di buon governo e la visione pessimistica di un ge-nere umano vocato al male, la cui unica possibilità di redenzionepoggia nell’intervento della grazia divina, come il ‘sugo’ dell’in-tera storia del romanzo vuole infine significare.

La sensazione di dover rielaborare a fondo le pagine già scritte,percepita forse in corso d’opera (come sembra dimostrare l’esi-stenza di alcune postille sul manoscritto), è stata probabilmentela causa di un diverso procedere dell’organizzazione del lavoro ri-spetto ai modi utilizzati in precedenza. A differenza del primotomo dove, come abbiamo visto, l’intersezione tra riscrittura, re-visione della Copia censura e stampa è molto stretta, la rinume-razione di tutte le carte sul manoscritto del secondo tomo dimo-stra che questa volta Manzoni non ha consegnato i fogliall’amanuense via via che venivano riscritti, ma che nel momentoin cui è arrivato alla fine della stesura ha ancora in mano l’interofaldone della Seconda minuta e procede qui alla sua rielabora-zione. Anche in questo caso la revisione à rebours comporta cam-biamenti di tipo ortografico o fonetico, che non sempre Manzoniattua in maniera completa (rinviando l’uniformazione alla Copiacensura o alla tipografia), salvo laddove la correzione sia impli-cata in un rifacimento più ampio; col risultato che spesso riman-gono delle allotropie. Ad esempio, fra quelle già citate per la cro-nologia della stampa del primo tomo, la forma scempiata perscelerato (e derivati) è introdotta a ritroso su 58 (dove si col-loca all’interno di un cartiglio) ma non a 22 24 59 e 9 (ele tre prime occorrenze sfuggiranno anche in Fe), mentre il dit-tongo in vuoto resta in Sp 26, 39, 50; 3, 48, 50, 54; 36;

:

46 (tutti luoghi corretti o caduti in Fe). Al secondo tomo ap-partengono, inoltre, altri interventi, alcuni dei quali tuttavia nonsaranno confermati in maniera definitiva. Tra i più notevoli sonosenz’altro le forme monottongate per gioco e scola, stabilite certa-mente durante il periodo della revisione del tomo secondo (no-vembre ’24-maggio ’25),57 mentre unica è l’occorrenza di novo a 48, caduta però in Fe. Eliminate a partire dal secondo tomosono inoltre le forme soperchiante/soperchieria (presenti invece nelprimo in 7 occorrenze, l’ultima a 2, contro le 5 con fricativa)a favore di soverchiante/soverchieria, e nimico, forma largamenteminoritaria rispetto a nemico già nel Fermo, ma ancora presenteperò nella prima stesura di Sp contemporanea alla stampa (e in-fatti mantenuta in tutto il primo tomo di Fe) a 53, 15, 52 e nei «Fogli staccati» relativi all’innominato (così, per mancatacorrezione, nella stampa, dove viene eliminata solo la secondaoccorrenza). Da rilevare, infine, in questi stessi fogli scartati, lapresenza della forma scempia per obligare (cap. , Appendice 8obligatorio, 9 obligavano, 30 obligazione; la prima occorrenza pe-raltro sostituisce in rigo una precedente doppia) poi non più uti-lizzata (occorre però ricordare che molti fogli della prima stesuradel secondo tomo, e in particolare quelli attigui al ritratto dell’in-nominato, sono andati perduti).

Diversa anche la conduzione della stampa. Di fatto, mentrel’impressione del primo tomo si era intrecciata, come abbiamo vi-sto, con la riscrittura del secondo, questo non avviene per i duetomi successivi: nei mesi dedicati alla stampa del secondo tomo,58

57. Il dittongo in giuoco, sempre presente nel primo tomo ( , , , 49), è ancora mantenuto in 60, mentre è eliminato in 57, 6 e 6, tutte lezioni che si trovano in fogli sostituiti (46c, 59d, 72c: per cui si veda laNota al testo relativa ai singoli capitoli). Resta per distrazione (copiato forsedalla precedente redazione sostituita) in 53. Le lezioni dittongate non ven-gono corrette neanche in Fe. La forma scola è attestata in Sp a 52 e 25 sufogli rifatti (34d, 104c), mentre quella dittongata, utilizzata nel primo tomo a 13, è ancora presente a 26 in uno dei fogli appartenenti alla prima stesura(e rimane anche nella stampa). Viene invece corretta in bozze (a meno che nonsi tratti di un errore di tipografia) l’ultima occorrenza monottongata di Sp a 34, primo capitolo del terzo tomo, ultima attestazione della voce nel romanzo.

58. La stampa è iniziata, come abbiamo visto, all’incirca a metà maggio 1825.Di giugno è un biglietto a Rossari (Manzoni, Tutte le lettere, lett. 220), in cuiManzoni preannuncia all’amico l’arrivo di tre nuovi fogli di bozze da rivedere

Manzoni non prosegue la revisione della Seconda minuta, comedimostrano le caratteristiche del cap. aggiunto in extremis, ea cui fa riferimento Fauriel in una lettera alla Clarke del 20 ago-sto 1825, addebitando il ritardo nella conclusione del volume allamancanza di «deux feuilles qui devaient être imprimées il y a sixsemaines»;59 due fogli corrispondono, infatti, all’incirca all’interoultimo capitolo, che presenta sulla Seconda minuta la dicitura: «Ipromessi sposi | Aggiunta al tomo secondo», e che consta di 44pagine, quindi dei fascicoli 21(parzialmente)-23. Il fatto che que-sto capitolo sia stato non solo allegato ma anche materialmentescritto nella fase conclusiva della stampa è confermato anche daaltri elementi: il primo, che i suoi fogli hanno da subito la nume-razione corretta, progressiva rispetto al tomo secondo, e dunquenon vengono sottratti da un fascicolo già allestito per il terzo (nelqual caso avrebbero presentato la sua numerazione; del resto an-che il ha una numerazione nuova e non corretta); il secondo,che due correzioni fonetiche subentrate a questa altezza nellascrittura ci forniscono con esattezza l’indicazione del punto pre-ciso a cui era giunta la tipografia: la scempia ad obbedire, infatti,si presenta in Seconda minuta a partire da 22 (obedendo) ediventa d’ora in avanti esclusiva (con una sola eccezione a 50,probabilmente per il prevalere dell’abitudine su una decisionepresa da pochissimo), laddove la forma doppia era stata utilizzata

e chiede se sia ancora possibile introdurre in uno dei fogli «già corretti, e ricor-retti» una variante: «a un luogo dove dice: bianco come un panno curato, vorrei aquesta ultima parola sostituire lavato. Non so in che foglio sia; ma il luogo èdove il vicario di prov[isione] scende dalle scale incontro al gran cancelliere[cap. , 55; fasc. 3, p. 46]. Caro Rossari, per quella lingua toscano-milaneseche vagheggiamo insieme, va, corri, vola da Ferrario, vedi se il foglio è ancoracorreggibile, se non è tirato, e correggi, altrimenti mi converrà forse fare unquartino, cioè un baratto: risparmiami quei quattro soldi, che il publico non mene rimborserebbe». La correzione non viene però introdotta, a segno che il fo-glio era già stato tirato e che Manzoni decise di risparmiarsi la spesa di questoquartino. Si veda anche oltre p. .

59. Correspondance de Fauriel et Mary Clarke, publiée par O. de Mohl, Pa-ris, Plon, 1911, p. 185. La stampa venne completata pochi giorni dopo. In unalettera a Pietro Manzoni del 26 agosto, infatti, Tommaso Grossi scrive: «Con-segnerai al Papà il qui unito esemplare del secondo volume del suo romanzo, egli dirai che la copia destinata pel Cons.e Giudici l’ho qui io ed aspetto i suoiordini per sapere quando glie la debba consegnare» (Grossi,Carteggio, lett. 120).

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fino a 35 (obbediente); la stampa presenta lo scempiamentosolo in quest’ultima occorrenza, mentre mantiene la doppia intutte le precedenti fino a 49 (obbediente), con tre sole eccezioni( 13 e 32, 6).60 Più preciso ancora l’indizio fornitoci dall’in-tervento che porta alla forma paroco, attestata per la prima voltain Sp a 64: la correzione infatti viene introdotta in Fe soloin questo capitolo (da 31) mentre la doppia è presente fino atutto il cap. ( 27, 28, 34, 41, 47).61 Mettendo insieme i dueelementi si può perciò stabilire con precisione che Manzoni ab-bia corretto il foglio 20 (p. 306 «in segno di accettazione obedien-te») prima o parallelamente a Sp 22, ma che lo avesse già con-segnato (e fosse dunque tirato) quando si trovava a Sp 64.62

La diversa fenomenologia del secondo tomo sembra insommaindicare in questa fase un rallentamento del ritmo scrittorio, chepotrebbe giustificarsi, se le ipotesi dei curatori degli scritti lingui-stici sono corrette, con un ennesimo tentativo di concretizzare inuno scritto parallelo la riflessione linguistica;63 ma forse si dovràimputare a semplice stanchezza o alla necessità di ulteriore docu-mentazione in vista della rielaborazione del terzo tomo, ricco dinotizie storiche.

Parallelo al lavoro di ristrutturazione narrativa, prosegue an-che in questo tomo l’arricchimento lessicale derivato dagli spoglidei testi toscani registrati sul Vocabolario della Crusca, terminiampiamente utilizzati nella riscrittura (nella quale, tra le partipiù rielaborate, si trovano numerosi dialoghi e monologhi, luoghiprincipe per l’utilizzo di voci e locuzioni ricavate dalle letture diquei mesi). Un lavoro certosino e quasi commovente per l’entu-siasmo che rivela nello scrittore, che sente di impadronirsi a poco

60. Vedi nota 95.61. Lo scempiamento non riguarda però il sostantivo parrocchia e l’aggettivo

parrocchiale che mantengono la doppia fino alla fine della stampa ( , , , , ).

62. Non significativa invece, per la sua sporadicità, la forma intiera a 57:a fronte di altre due sole attestazioni successive ( 22, 34), rimane in-fatti nettamente maggioritario il tipo non dittongato. In Fe viene corretta sol-tanto la seconda occorrenza.

63. Secondo Danzi (in Manzoni, Scritti linguistici, pp. 997-998) sono attri-buibili a questo torno di tempo gli appunti preparatori per iModi di dire irre-golari. E si veda anche il cappello introduttivo ai Modi di dire, in Manzoni,Scritti linguistici inediti, vol. , p. 39.

a poco della lingua, scava nelle espressioni per precisarne in ma-niera sempre più netta il senso, a volta piegando a un significatodiverso o solo più specializzato termini che nel Fermo aveva usatoistintivamente, in maniera ancora generica (alcuni di questi casivengono da noi evidenziati nelle note all’elenco che segue), o in-terviene a modificare le reggenze, a sostituire in una locuzione unverbo con un altro simile, ma forte della certificazione toscana.Le postille che accompagnano queste registrazioni (e che ora po-tranno venire datate con più esattezza grazie al confronto precisocon il loro utilizzo nel romanzo) dimostrano chiaramente qualesia la bussola del Manzoni in questo momento, con il frequenterichiamo all’uso, certo ora forzatamente costretto a un controllolibresco, ma nel quale, come sottolineato dalla Corti, il richiamoalle testimonianze degli eruditi sei-settecenteschi serve spesso diconforto alla auspicata validità attuale di un termine più antico,spesso cinquecentesco.64

Ne forniamo qui un elenco, se non completo, tuttavia ampia-mente significativo (alcune postille richiederebbero infatti unapuntualizzazione ancor più mirata), e che andrebbe naturalmenteintegrato, per avere una visione completa del vocabolario costrui-tosi da Manzoni in questi mesi di lavoro, anche dal riscontro coni lemmi della Crusca non postillati, e con i termini certamente de-rivati dalle letture di questo periodo, ma non riportati sul Voca-

64. Corti, Uno scrittore in cerca della lingua. Ma qualche controllo saltuariopresso dei toscani «di carne e d’ossa» doveva venir fatto, tramite magari Grossio Rossari. In questo senso testimonia la lettera a Grossi databile fra metà luglioe metà agosto ’24 (Grossi,Carteggio, lett. 103): «Pur beato. Esclamazione di con-tentezza, che trovasi ne’ moderni scrittori toscani, e significa: manco male, tal-volta con la che dopo, talvolta senza = Corticelli, lib. 2, cap. . | Vorrei saperese questo pur beato viva nell’uso parlato di Toscana, o se si dica quell’altromanco male, che non trovo in veruno scrittore, o quale altro modo s’adoperi, adesprimere il preciso senso del nostro: bonna anmò = l’è anmò fortuna, d’una escla-mazione cioè non di pretta contentezza, ma di consolazione, per qualche circo-stanza che alleggerisca un male, che minori un inconveniente. | Tu oNoi [Ros-sari] non potreste avere la soluzione del presente quesito da qualche toscano dicarne e d’ossa: i miei (lasso!) son tutti di carta e d’inchiostro». L’espressione Purbeato, utilizzata nella introduzione a Sp verrà in effetti sostituita daManco malein quella definitiva. In particolare è possibile che i due amici facessero riferi-mento, per le indagini richieste, a quegli stessi toscani presenti a Milano cui siera rivolto per la compilazione del suo vocabolario Cherubini, col quale eranoentrambi in rapporto (e vedi su questo Danzi, Lingua nazionale, pp. 69 sgg.).

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bolario. Non registriamo di nuovo le voci e locuzioni già citateper il primo tomo, rimandando agli elenchi delle pp. -;al luogo in cui è attestato l’esempio per la prima volta seguono fraparentesi, senza riportare il contesto, le occorrenze successive delsecondo o del terzo tomo:

Capitolo 8bis cospiravano a render trista all’estremo ( 42); 20avevano fatto disegno sopra un disordine assai meglio condizionato; 27«Giudizio, figliuoli: badate bene: siete ancora a tempo ( 20);65 30Adesso adesso. A noi!» si urlava da giù ( , 30); 34 e dava ilcuore di far qualche bel fatto; 40 «pane? Sassate di libbra v’è da guada-gnare da quelle parti; Capitolo 5 preso da un nuovo soprassalto alcuore, si turava l’orecchie in fretta ( , 4); 8 e s’ingegnavano dismattonare a poco a poco, per fare una breccia; 12 gli spettatori non re-stavano di animarla colle grida; 18 La macchina fatale procede a balzi,a rivolte ( , 16); 26 Fanno a chi saprà spargere le voci più attead eccitare le passioni; 42 invaghito di quella buona grazia ( 46); 55bianco come un panno curato; 55 Quando vide Ferrer, trasse un gran re-spiro, gli tornò il polso; Capitolo 4 per lasciarsi poiminchionare a quelmodo; 11 vi danno mente come il papa ai furfanti: cosa da far buttarsi viaqualunque galantuomo; 13 quando quel bravo Ferrer sentirà questebelle cosette ( 15); 19 qualche cosa alla buona da mettere in castello;20 mi fate favore di venire a bere un tratto con me; 30 ho paura che nonli potremo più contare ( 37); 38 non è egli un gran dire ( 58);39 Ne ho una vena anch’io; 40 che ha a fare poeta con cervello balzano?;51 gli diedero subito alla testa; 55 di mettere in carta un povero figliuolo;Capitolo 1 Ma egli tornava pur sempre sulle medesime del nome; 8pose tosto le mani sulle tasche per vedere se v’era il morto. Ve lo trovò,e pensando che il domani il suo ospite avrebbe avuto tutt’altro negozioche di pagar lui, e che quelmorto sarebbe probabilmente caduto in manidi… ( 47); 14 tra il bere, e tra che di natura son larghi di bocca, nedicono d’ogni sorte; 17 Fossi almeno venuto solo; che avrei chiuso l’oc-chio per questa sera ( ; 8); 17 Ma signor no; tu mi vieni conun testimonio ( -, 19); 19 Che cosa importa a me che tu siaTaddeo o Bartolommeo?; 23 ma gli venne fallito, come avete veduto; 26so molto io dove lo è andato a pigliare; 45 Siamo in ballo bisogna ballare;49 due pezzetti di legno, come a dire due randelletti ( 23 e 56, 37); 54 nè che se la pigliasse tanto calda per la sua riputazione; 57e quegli che eglino pretendono allora d’aggirare; 58 Renzo adunque, ap-

65. L’espressione essere a tempo è già utilizzata in FL, ma la postilla sullaCrusca registra esattamente la forma di Sp: «siete ancora a tempo».

pena furono per via, cominciò a gittar gli occhi qua e là, a spandersi collapersona; 58 un certo che di sedizioso ( 18); 60 (ognuno è soggetto asbagliare); Capitolo 12 Di ragione i birri non si saran fatti in pezzi( 27); 14 Va e va, trova cascine, trova villaggi, tocca innanzi senzadomandarne il nome; 28 una cosa monca, la fine d’un atto piuttosto ched’un dramma ( 53); 29 «Voi, se la domanda è lecita.»; 36 Ma nonistimò bene di compier la frase ( 5, 13, 39, , 53);66 41 Renzo al suo posto, senza che paresse suo fatto, dava menteforse più che alcun altro; 44 i giudei dellaVia Crucis non ci son per nulla;44 se non fosse stato che non tornava conto di farsi scorgere ( 22);56 a proporre, così una galanteria, che si ammazzassero tutti i signori;67

57 che hanno gettato sossopra mezzo Milano ( ); 57 perchèquando la pera è matura, convien ch’ella caschi; 59 e concluse seco di muo-versi; 60 non mi sono lasciato vincere dalla curiosità ( 14); 60 Homoglie e figli; e poi, dico la verità i baccani non mi piacciono; Capitolo 6Pagherei qualche cosa a riscontrarmi, muso amuso, con quel mer-cante; 9 quell’andar cercando, come si dice a naso; 16 Era per perdersiaffatto; 28 e la prima cosa diede una girata d’occhi all’intorno ( 27, 6); 55 ti farà buona cera; 57 Figliuol mio, se tu non sei disposto asucciarti del baggiano a tutto pasto ( 23); Capitolo 8 e an-che la sua promessa sposa poteva esser considerata in certo modo comeroba di rubello; 22 Con tutto però che si sentisse portata a ricambiare laconfidenza; 29 «Oh la mia donna, che buon vento?»; 32 «Sì; ma questa èla mia rovina.» ( 65); 38 ma nel farlo valere, e nel farlo rendere al difuori, non aveva suoi pari;68 41 «Per la verità, debbo dire che il torto nonè dalla parte di Rodrigo; 42 i frati bisogna lasciarli cuocere nel loro brodo;43 su un certo fondo di goffaggine che la natura aveva dipinto nella suafaccia, velato poi e ricoperto a molte mani di politica;69 44 e ci bisognaaltro avvocato che vossignoria; Capitolo 10 Giucherei che ha dovutodar fastidio più d’una volta a vostra paternità; 19 A voler trovarne la ra-dice, o non se ne viene a capo, o danno in fuora cento altri garbugli; 24«È un passo, e non è un passo; 27 Da per tutto c’è degli attizzatori; 27

66. La locuzione era stata inizialmente utilizzata nella prosa dell’anonimonella «Seconda introduzione scritta da ultimo» (FL, Intr. 4).

67. Il termine galanteria è già presente in FL (, 35), dove peròmanca l’ac-cezione ironica, oggetto della postilla.

68. L’espressione («che corrisponde al milanese: non avere il suo compagno»)è sottolineata nel Vocabolario alla voce giuocolare, all’interno di una citazionedelMalmantile di Lippi.

69. Velato è utilizzato anche in FL nel senso di ‘annebbiato’, ma qui se nesottolinea particolarmente l’accezione tecnica («detto di colore a cui sia soprap-posto un altro leggieri che pur lo lasci trasparire, è voce speciale della pittura»),rilevata nella postilla.

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non dicomenarne vampo, trionfarne; ma…; 28 Son cose che facciamo franoi, da buoni amici; e tutto ha da rimaner sotterra;70 30 Perchè non vor-rei alle volte che mettessimo un impiastro dove non c’è ferita; 37 rinfer-vorato più che mai di venire a fine della sua bella impresa; 53 non gliavrebbe certamente fatto buon giuoco; Appendice 19 lascia in vedetta( ); Capitolo 2 nei fessi e sui ciglioni ( 23); 20 che dispo-nesse il tutto secondo quell’intesa ( 64 solo in Fe, 13); 24 Hobisogno d’un gran servigio; e voi sola potete farmelo; 45 che noia mi dàcostei! ( 6, 3, 10);71 Capitolo 4 e dalla voce così stra-ordinariamente indolcita di colei ( 11); Capitolo 12 A questoluogo della nostra storia noi non possiam di meno ( 58); 17 usòun vestito piuttosto povero che positivo ( 43); Capitolo 37«No, no, voi: v’ho già pregato d’altro,» rispose il cardinale; 39 e dalla suacera indovinò ancor meglio quel che c’era sotto; 41 farete dunque il favoreal parroco di questo paese e a me di pranzar con noi; 43 diè di nuovonell’occhio il nostro don Abbondio ( 6); 57 come per tenerlo in buona;59 ha male di troppo bene; 59 Potrebbe fare il mestier di Michelaccio; 62a casa mia si chiama precipitazione; 63 A pensare che mi tocca d’andarcon lui, a casa sua!; 65 anch’ella debb’essere scampata d’un gran punto( 16, 77); Capitolo 8 atterrato e confuso quello sguardo( 20); 8 «E a voi, a mille doppii, il bene che mi fanno codeste vostreparole.»; 27 e ha già avuto la sua; 36 tutte le sue facoltà appena sollevate;46 «Ho capito che spiegava il Vangelo in cambio del signor curato.»; 66Il curato badava a dire; 72 «Ma sì,» soggiunse ( 28); 72 in luogoche nè anche l’aria non lo avrebbe saputo; 89 a nessuno di loro passòmanco per la mente che, per esser lui convertito, si potesse prenderglianimo addosso; 94 l’aveva ora concussa egli medesimo; 96 ne sarà rima-sta qualche tradizione stracca e confusa?

Anche nel secondo tomo il lavoro di spoglio non è fatto una voltaper tutte, a priori, ma accompagna il lavoro di revisione, come di-mostra l’ingresso di nuovi termini o locuzioni in fase successivaa Sp (in questo caso non possiamo stabilire se in C o in bozze, es-sendo il secondo tomo della Copia censura andato perso); nuovitermini e locuzioni che, come è già accaduto per il primo tomo,nei capitoli successivi vengono invece già utilizzati in prima bat-tuta (conformemente all’elenco di p. , quando i periodi sonoconfrontabili è registrata in prima posizione la lezione di Sp, se-

70. Il termine compare già in FL, ma non in senso figurato (secondo invecel’accezione della postilla: ‘segreto’).

71. In FL solo «recar noja».

guita dopo la freccia da quella di Fe; quando invece il periodo èdel tutto nuovo viene preceduto dalla sola sigla Fe; seguono,come sempre fra parentesi, le eventuali ulteriori occorrenze):

7 Fe s’indicava il numero della sacca, spropositato; 14 Vogliamnoi fare il boia? → Vogliam noi tor l’arte al boia?; 41 Detto fatto, simise con gli altri a far far largo → diè dentro con gli altri a far far largo( 34, 32); 63 è già tanto di malumore per quel maladetto Ca-sale → ha già tanto le lune a rovescio per quel maladetto Casale; 1 pervoglia di scialarsi un po’ al largo → per voglia di asolare un po’ al largo; 14 un guazzabuglio di pentimenti, di rammarichi → un guazzabu-glio di pentimenti, di repetìi ( , 54); 21 (gli era venuto inuggia) → (gli era venuto in uggia, per quello scherzo che gli aveva fattola sera antecedente); 12 e non dovere andare alla scoperta di giornochiaro → e non dovere andare alla cerca di giorno chiaro ( ); 15 dinanzi a chi, vallo a cerca → con chi, indovinala grillo; 52 Invece,avranno quattro ghiottoni → In quel cambio avranno quattro ghiottoni( ); 57 costoro hanno fratelli da per tutto → 27 son gente chenon ha casa nè tetto;72 60 quanto fosse da farvi assegnamento sopra→ quanto fosse da farvi su fondamento; 27 A Lucia spiaceva assaidi rimanere staccata dalla gonna fidata della madre → A Lucia parevastrano assai di rimanere staccata dalla gonna fidata della madre.

Alcune postille, infine, appartengono a quartini sostituiti in unmomento successivo (su cui cfr. oltre, pp. sgg.):

10 FeMettiamo, per un supposto, che; 13 Fe chè è anche unosprezzo, un pitaffio col loro nome contarlo per niente; 17 io era quasiriuscito a passarla netta → io ne usciva netto; 72 Se in iscambio ilsignor curato ci avesse detto sinceramente la cosa → Se in quello scam-bio il signor curato ci avesse detto sinceramente la cosa

I :

Da subito lenta si configura la riscrittura del terzo tomo, ancheper una certa stanchezza che sembra appesantire il lavoro diMan-zoni in questo periodo. Di fatto meno intensi appaiono i contatti

72. Viene in questo caso recuperata la locuzione già utilizzata nel passo cor-rispondente di FL (, 69): «gente senza casa nè tetto», per cui vale quantoosservato alla nota 18.

:

con gli amici, un po’ più solitaria e ritirata in se stessa l’attivitàscrittoria, mentre intorno all’autore cominciano ad apparire nuovefigure: il giovanissimo Tommaseo e soprattutto il filosofo Ro-smini. Se ancora nel giugno del ’25 Fauriel sembrava credere cheanche la stampa del terzo tomo potesse concludersi in settembre,in tempo per partire tutti insieme per Firenze, risulta invece evi-dentissimo alla fine dell’estate che il lavoro è indietro, e cheMan-zoni sembra attraversare un momento di difficoltà nel portareavanti la revisione. Mentre cominciano a circolare alcune copiedei primi due tomi, e cresce l’attesa per la conclusione del ro-manzo,Manzoni non ha, infatti, ancora iniziato a scrivere il terzo,e la consegna alla Censura della copia avviene solo il 7 luglio ’26,limitatamente ai capp. -, cui seguono i capp. -,ammessi alla stampa il 1 agosto, e probabilmente mandati subitoin tipografia se in settembre, quando Manzoni spedisce a Faurieli fogli già stampati (fascicoli 1-14 e prime pagine del 15), risultagià completata la tiratura fino al cap. .73 Sono del resto capi-toli profondamente rimaneggiati, nei quali Manzoni deve affron-tare la descrizione della guerra del Monferrato e del propagarsidella peste, e che dimostrano, per la intensa rielaborazione dellecarte (in parte poi eliminate e conservate nei «Fogli staccati»), l’esi-genza di condurre la narrazione in modo più lineare, implicandospostamenti di blocchi narrativi che complicano la riscrittura.Particolarmente rifatti appaiono i capp. e dedicati allaguerra di successione al Ducato di Mantova e alla conseguentecontrapposizione politico-militare fra Spagna e Francia, necessa-ria premessa alla descrizione del diffondersi della peste nel Mila-nese. Anche qui ci aiutano a capire le difficoltà incontrate i fogliriscritti e quelli eliminati (si vedano le Appendici ai due capitoli),che mostrano come all’inizio Manzoni avesse rispettato nella so-stanza la traccia del Fermo, affrontando insieme, nel cap. ,le vicende preliminari e quelle successive all’assedio di Casale. Inseguito, però, decide di anticipare le vicende dinastiche che sonoall’origine dello scontro fra Francia e Spagna e l’inizio della guerrafino all’assedio di Casale nel cap. , riservando al cap. gli sviluppi successivi alla battaglia della Rochelle. Una diversadistribuzione narrativa che permette un andamento più ordinato

73. Si veda oltre, pp. sgg.

dal punto di vista cronologico, in modo da agganciare diretta-mente le vicende politiche e militari dopo la Rochelle (ritiro del-l’esercito francese e calata delle truppe alemanne al comando delColalto) alla propagazione della peste, e consente nello stessotempo di rispettare la verità storica, come annotato in una postillaal cap. (cfr. la Nota al testo relativa), facendo incontrare donGonzalo e il rappresentante di Venezia a Milano.

Ma numerosi sono anche gli interventi su parti narrative piùomogenee, come dimostrano anche in questo caso i numerosi fo-gli riscritti o sostituiti, e l’eliminazione di interi episodi. Per limi-tarci ai rifacimenti maggiori, nel cap. cade interamente l’epi-sodio del Prevosto di Seveso (per cui cfr. l’apparato), nel cap. è rifatto parte del colloquio tra Federigo e don Abbondio, nel cap. sono profondamente riscritte sia la descrizione della lotta diLucia per cancellare il ricordo di Renzo (il testo originale, tuttocassato, è in apparato), sia quella della biblioteca di don Ferrante;ancora nel cap. , oltre alla riscrittura delle parti storiche sulMonferrato, tormentate sonomolte delle pagine dedicate ai prov-vedimenti stabiliti dopo il tumulto di San Martino e alla descri-zione del lazzeretto. Lievemente meno accidentata appare la ela-borazione dei successivi capp. e soprattutto , dedicatialle vicende di Agnese, Perpetua e don Abbondio al castello del-l’innominato, mentre di nuovo complessa, e ricca di fogli intera-mente rifatti, è la stesura dei capp. - con il resoconto deldilagare della peste. Insomma, queste carte ben spiegano il ri-tardo nella consegna per i numerosi e profondi ripensamenti nar-rativi e stilistici che testimoniano, e per la probabile necessità checomportano, dovuta al largo uso di fonti storiche, di ulteriori ap-profondimenti e controlli.

Peraltro la consegna dei capp. - è ben lungi dal segnarela fine della revisione. Nel marzo ’27, alla Saluzzo di Roero chechiede di avere una copia del romanzo Manzoni risponde:

La filastrocca della quale Ella ha la bontà di richiederne, è bensì stam-pata in gran parte, ma nulla ne è ancor publicato, nè sarà che ad operacompiuta. Del quando, non posso fare alcuna congettura un po’ pre-cisa; perchè di quel che manca alla stampa, una parte manca ancoraallo scritto; e il compimento di questo dipende da una salute incerta ebisbetica, la quale spesso mi fa andare assai lento, e talvolta cessareaffatto per buon numero di giorni. Dell’essersi poi, come Ella mi ac-

:

cenna, veduto costì il già stampato, io non so che mi dire nè che pen-sare, non ve ne avendo io spedita certamente copia, nè in altra parted’Italia.74

Se forse non del tutto in buona fede è lo stupore manifestato ri-guardo alla circolazione dei tomi precedenti – visto che Manzonili aveva dati da leggere a non poche persone che, oltre che par-larne, avrebbero potuto a loro volta diffonderli o addiritturatrarne copia75 – è certamente vero che gli ultimi capitoli arrivanoa sgoccioli alla tipografia; movimento che riusciamo a seguire davicino grazie all’invio dei fogli appena stampati a Fauriel, affinché,come stabilito, li veda in anteprima e li passi al traduttore fran-cese. Il 5 maggio ’27 è Giulietta a inviare quattro nuovi fogli;76 e

74. Manzoni, Tutte le lettere, lett. 254.75. Per certo sappiamo che, oltre alle copie date a Fauriel, ebbero in lettura i

volumi Grossi, Visconti, Rosmini, Tommaseo, Cattaneo, Tosi, Giudici (cfr.nota 59). Né la diffusione si limitava a Milano. Il 21 aprile 1826, da Parigi, nescrivevano a Grossi Giovanni Berchet (Grossi, Carteggio, lett. 127): «E il ro-manzo d’Alessandro! Che birbone! come ha indovinato proprio la lingua e lostile che ci voleva! Nulla posso dire del tutt’insieme; ma intanto so che il leggerquel libro è un trattamento da ghiottone»; e Giovanni Arconati Visconti: «Saiche ho letto i due primi volumi del romanzo di Manzoni e che mi piace moltoma molto, ma tieni questa come l’espressione dei più giacchè i più son’asini egli asini non sono da disprezzare» (Grossi, Carteggio, lett. 128). Infine merite-rebbe più approfondite ricerche la testimonianza di Ezio Flori nella Introdu-zione (p. 12) al volume I colloqui col Manzoni di Giuseppe Borri, per la primavolta pubblicati da E. Flori, Bologna, Zanichelli, 1929, che dichiara di aver vi-sto nel fondo Stampa (poi passato all’istituto dei Figli della Provvidenza) unacopia manoscritta dei Promessi sposi di mano di Borri: «Per mezzo del Rossari,aveva stretto da tempo rapporti di amicizia col Grossi e col Torti, e fu così de’primi, nel 1827, a leggere I promessi sposi, se pur non li conobbe, a mezzo degliamici, man mano che si stampavano, cioè, in parte, qualche anno prima. Gli èche abbiam trovato nel Fondo Stampa, tutta di pugno del Borri una copia ma-noscritta dell’opera manzoniana con la data del 1826 (il 6, veramente, sembrarisultare dalla correzione d’un 5). C’è caso che, ricevendo ad uno ad uno i foglidi stampa a leggere, tutti li copiasse, per rileggerli e meglio gustarli insieme.Tanto, l’opera completa sarebbe venuta soltanto fra qualche anno».

76. Il Manzoni ed il Fauriel studiati nel loro carteggio inedito, da A. De Gu-bernatis, Roma, Tipografia Barbèra, 1880 (seconda edizione), p. 242 (la letteraè citata in italiano): «Il babbo vi manda quattro nuovi quaderni pel signor Tro-gnon, che gli saranno necessari, s’egli non è già stanco di questa briga […]. Ilterzo volume del romanzo si stampa; si spera che sarà finito pel fine di questomese, o al più per il principio dell’altro».

altri otto ne spedisce il 5 giugno, annunciando a brevissimo unalettera del padre con i fogli restanti.77

Papa entre dans l’instant pour me dire de vous annoncer que lundi ilaura une autre occasion, que certainement il vous écrira et vous enverrale reste, mais que vous ne les recevrez que vers la fin du mois car la per-sonne en question doit voyager lentement à ce qu’il parait.

La stesura degli ultimi sei capitoli, insomma, viene a costare an-cora quasi un anno di lavoro, per concludersi soltanto l’11 giu-gno ’27 quando unManzoni davvero sfinito spedisce a Fauriel gliultimi fogli di stampa:

Respice finem, cher ami; et c’est pour moi une véritable consolation depenser que désormais je vous entretiendrai d’autre chose que de cettefastidieuse histoire, dont je suis ennuyé moi-même autant que dix lec-teurs; moi, dis-je; pour vous, je vous le laisse à penser.78

Anche in questi ultimi capitoli la fisionomia del manoscritto mo-stra grossi interventi rielaborativi, che comporteranno in due casiil recupero delle carte del Fermo. Ma, in generale, tutta la conclu-sione del romanzo presenta una radicale ristrutturazione e dila-tazione rispetto all’impianto della Prima minuta, che costringonol’autore a un notevole impegno dal punto di vista creativo nonprivo di ripensamenti anche ingenti. Per limitarci a una rapidaelencazione (rinviando per maggiori dettagli alla Nota al testo deisingoli capitoli), particolarmente rielaborati risultano gli episodi

77. Carteggio di Alessandro Manzoni, a cura di G. Sforza e G. Gallavresi,(«Opere di Alessandro Manzoni», vol. - Parte seconda), Milano, Hoepli, 2voll., 1912 e 1921, vol. (1822-1831), lett. 442: «Me voilà encore une fois à vousécrire pour Papa!… Il n’en dit pas moins encore cette fois qu’il compte vousécrire bientôt. Par la première occasion qui se présentera il vous enverra le re-ste des feuilles qui seront, il croit, à peu près quatre; il vous en envoye huit cettefois ci n’en ayant pas davantage d’imprimées». Non tornano però i conti, datoche il terzo tomo consta di 26 fogli in totale. Supponendo infatti che l’invio del5 maggio comprendesse i ff. 15-18 (solo parte del 15 era stata infatti mandatoin ottobre), con la spedizione del 5 giugno si raggiungerebbe la cifra totale, enon si spiegherebbe perciò la mancanza di altri fogli. Si può forse pensare cheil primo invio del 5 maggio comprendesse dei fogli sostituiti (su cui cfr. oltrep. ), o semplicemente che Giulietta abbia fatto confusione.

78. Manzoni-Fauriel, Carteggio, lett. 96.

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dell’arrivo di Renzo in paese e della descrizione della vigna (cap.: dove viene a cadere, come si è già detto, l’approfondi-mento sulla diffusione della peste nel bergamasco), l’ingresso aMilano del giovane con la rassegna dei personaggi in cui si im-batte per la strada, l’incontro con la madre di Cecilia e la fuga diRenzo ‘untore’ (cap. ), il percorso di Renzo dall’ingresso nellazzeretto al ritrovamento di Lucia (capp. -). In parti-colare, va rilevata nel cap. la decisione, dopo una prima ste-sura del tutto nuova, di tornare in parte alla redazione della Primaminuta, recuperandonematerialmente le carte, che appaiono per-ciò cariche di correzioni e segni (manicule, richiami, annotazioniin inchiostro rosso), che le rendono un visibile manifesto dellatormentata gestazione della fase finale (se ne veda la riproduzionenell’Album di pagine dell’autografo, ai nn. 13 e 14). In entrambigli episodi sottoposti a questo doppio iter (quelli della madre diCecilia e della fuga di Renzo inseguito come untore) si assisteva,infatti, nella prima redazione di Sp a una drastica riduzione de-gli aspetti figurativi e drammatizzanti della narrazione: con l’eli-minazione, nel primo, dell’indugio sui contrasti chiaroscurali trala cerea candidezza della madre e della bambina morta e il cuposcenario mortuario, e del patetico dialogo fra il monatto e la ma-dre; nel secondo, con la sostituzione alla rocambolesca avventurasul carro dei monatti (e la plastica immagine del salto del giovanesul carro, non a caso paragonato nelFermo alMercurio del Giam-bologna) e alla cronaca della loro feroce allegria, di un percorsopiù solitario, che prevedeva l’appiattimento del giovane dietro ilcarro, baluardo insuperabile per la folla degli inseguitori.79

Il recupero della redazione del Fermo, per quanto fortementerielaborata, è frutto di un ripensamento che provoca anche neicapp. - l’abbandono o il rimaneggiamento di fogli giàscritti per tornare a una struttura narrativa più vicina a quelladella Prima minuta (la prima versione di Sp è data integralmente

79. Si rinvia per una approfondita analisi dell’elaborazione dell’episodiodella madre di Cecilia, dal Fermo alla Quarantana, al saggio di P. Gibellini,«Scendeva dalla soglia…» o la metamorfosi del dolore, in «Lettere italiane», (1978), pp. 141-162, poi in Id., L’Adda ha buona voce. Studi di letteratura lom-barda dal Sette al Novecento, Roma, Bulzoni Editore, 1984, pp. 177-208. Si po-trà ora aggiungere allo studio l’ulteriore tassello costituito dalla redazione inter-media della Seconda minuta.

in apparato nell’Appendice al cap. ). In sintesi, in quella chesarà anche la versione della Ventisettana, Renzo si inoltra nel laz-zeretto alla ricerca di Lucia, e, come già nella Prima minuta, in-contra fra Cristoforo, nel dialogo col quale, di fronte alla possibi-lità prospettata dal cappuccino di non ritrovare Lucia viva, silascia andare a propositi vendicativi, per poi subito pentirsene difronte alla reazione di sdegno del frate. In seguito, già commossodall’incontro, il giovane si imbatte in padre Felice Casati e nel suocorteo, e rinnova i sentimenti di compunzione che preparano il ri-trovamento provvidenziale della promessa sposa. Ma nella primaversione della Seconda minuta, la sequenza del percorso era stataalterata, invertendone l’ordine: prima l’incontro con padre Felice,poi quello con fra Cristoforo e don Rodrigo, forse per avvicinaremaggiormente il climax drammatico allo scioglimento definitivo.Un’inversione che aveva però provocato un contraccolpo signifi-cativo: dopo l’incontro con padre Felice, Renzo aveva attraversatotutte le tappe di una purificazione spirituale che avrebbe reso lasua reazione di ira davanti a padre Cristoforo incongrua o quan-tomeno infelice: dopo tanta commozione il «primo uomo della no-stra storia» avrebbe dato prova di un carattere eccessivamente ran-coroso (cosa che si scontrava con l’affetto con cui l’autore l’avevafin qui seguito); da qui l’eliminazione della reazione del giovane,immediatamente pronto al perdono, ma conseguentemente ancheuna certa caduta di pathos prima della vista del nemico morente.Le ragioni di una più attenta linea psicologica paiono dunquegiustificare il ritorno all’ordine iniziale, che meglio disegna nelprosieguo del viaggio di Renzo attraverso l’infernale girone dellazzeretto il suo percorso di edificazione; e sono ragioni che, a ri-troso, spingono forse al recupero del patetismo dell’episodio diCecilia e al restauro dell’arrivo del protagonista alle porte del laz-zeretto sul carro dei ‘dannati’.80

80. Su questa inversione e in generale sulla rielaborazione dei capitoli finalidel romanzo, si vedano le considerazioni di Toschi, La sala rossa, pp. 214-229.Si può notare in generale, anche per quanto riguarda il cap. di cui si è giàparlato, un aumento della dimensione allegorica: là con l’accentuazione del con-trasto tra lo sgomento nella selva e il diffondersi della luce dell’alba, qui con lamaggior aderenza a un percorso di progressiva purificazione, e l’introduzionedi nuovi elementi simbolici, quali il campanello indossato da Renzo per entrarenel settore femminile.

:

Non meno elaborata la stesura dei capitoli successivi, che inparticolare, rispetto al Fermo, si arricchiscono di nuovi episodi edi descrizioni più precise: basti pensare al finale della Prima mi-nuta, concentrato in poche pagine dalla partenza di Fermo dallazzeretto fino alla conclusione (FL , 21-69, per un totale di8 fogli) che in Sp occupa due interi capitoli (-), iquali, oltre a dettagliare gli avvenimenti là riassunti in poche bat-tute (il viaggio di ritorno di Renzo e l’accoglienza dell’amico e diAgnese, in FL solo accennati),81 aggiungono ex novo dialoghi (leschermaglie fra don Abbondio e Renzo e fra il curato e la vedova)e spunti di riflessione di capitale importanza dal punto di vistapoetico e morale. E tutto ciò non senza che Manzoni si conceda,proprio in coda, una ulteriore zampata sottilmente autoironicacon il racconto del disappunto di Renzo di fronte alla delusionee alle critiche dei paesani a Lucia nel primo soggiorno in terrabergamasca, episodio giustamente letto da Toschi come catarticaprefigurazione dell’accoglienza che Manzoni temeva per la suatanto attesa cantafavola ( ): «E che cosa ne importa a voi?E chi vi ha detto di aspettare? Sono io mai venuto a parlarvene?a dirvi che la fosse bella?».82

Infine, la rielaborazione narrativa continua ad accompagnarsialla lettura e allo spoglio, come dimostrano i frequenti inseri-

81. FL , 21: «Usciamone una volta anche noi; e teniam dietro a Fermo,il quale alloggiò la notte come potè, il giorno seguente benchè la pioggia venissea secchie si rimise in cammino, e si condusse fin presso al suo paese, dove giunseil terzo dì, molle, affaticato, sciupato, ma pure più lieto che non fosse stato daun gran pezzo. Il rivedersi di lui e d’Agnese, la gioja di questa alle novelle chegli eran date, sono di quelle cose che i narratori passano in silenzio, nel suppo-sto ragionevole, che il lettore se le può immaginare».

82. La considerazione è già avanzata da Paride Zajotti nel saggioDel romanzoin generale ed anche dei «Promessi sposi», romanzo di Alessandro Manzoni, in «Bi-blioteca italiana», tomi -, settembre e ottobre 1827, pp. 322-372 e 32-81: «Sembra che l’autore parlando di Lucia, che dov’era troppo aspettata nonpiacque, volesse fare una modesta allusione al suo libro»; lo scritto di Zajotti èora consultabile in A.Manzoni,Del romanzo storico e, in genere, de’ componimentimisti di storia e d’invenzione, Premessa di G. Macchia, Introduzione di F. Por-tinari, testo a cura di S. De Laude. Interventi sul romanzo storico (1827-1831)di Zajotti, Tommaseo, Scalvini, a cura di F. Danelon, Milano, Centro NazionaleStudi Manzoniani, 2000 («Edizione Nazionale ed Europea delle Opere di Ales-sandro Manzoni», vol. 14), pp. 141-216.

menti di espressioni postillate sulla Crusca, oltre ovviamente alriutilizzo di quelle già impiegate nei tomi precedenti:

Capitolo 5 Si diceva quel che stava bene del signor podestà; 13 loavessero levato in sulle braccia, e portato di peso, dalla porta del tempiofino appiè dell’altar maggiore; 17 dopo ch’egli l’aveva lasciata, eran natedelle cose, che veniamo a raccontare; 28 si esibì di prender la giovane incasa; 40 Tante accoglienze confondevano e imbalordivano Lucia; ma insostanza le fecero servigio ( , 49 e 54); 51 con cui non sipuò nè vincerla nè pattarla; Capitolo 2 non voleva che si desse al-l’arme ( 22); 19 Tutto si rovescia addosso a me; 30 non farà menzionedi altre cose notabili dette e fatte da Federigo in tutto il corso della vi-sita: nè delle sue larghezze; Capitolo 8 doveva chiuder l’occhio, ro-dere il freno, e far buon viso ( , 13); 19 lo corregge a suomodo, lo migliora, carica la mano, oppure smorza; 30 tutta impegnatadal canto suo a torle dall’animo colui; 48 e più d’una volta ebbe a dire( 33); 42 tutta roba scelta, tutte opere delle più riputate; 44 soste-neva la domificazione del Cardano contra un altro dotto attaccato fe-rocemente a quella dell’Alcabizio; 46 Siccome però quei sistemi, perquanto sieno ingegnosi, non si può tenerli tutti; 48 quantunque nel giu-dizio dei dotti don Ferrante passasse per un peripatetico consumato( 9); 52 V’era dunque ne’ suoi scaffali un palchetto assegnato aglistatisti; Capitolo 12 guasto e perdita effettiva di vettovaglie nellasommossa medesima ( 36); 28 ivi l’ospizio per lo più veniva accor-dato per carità e alle raccomandazioni del cardinale ( 59); 34 al-cuni di quei più derelitti e tratti a fine venivano levati di terra; 59 viavesse luogo un vero contagio;83 59 dalla malvagità degli alimenti;84 63che si soccorresse efficacemente il duca di Nevers; Capitolo 13 Eravero che del bene cadutole, per così dire, in grembo; 17 Con codeste suevesciche, mi scusi, non si andrebbe in nessun luogo; 20 o nelle case, aguardarle, a far fagotto; 31 che aveva portato di quel ben di Dio; 48 Sen-zachè, una potestà occupata in una guerra perpetua e spesso infelicecontra ribellioni vive e rinascenti poteva trovarsi abbastanza contentad’esser liberata dalla più indomabile e molesta, per non andare a cercaraltro ( 26); Capitolo 16 di venire in queste triste circostanze adarle disturbo (xxx 19);85 39 tralci a terra stramenati e calpesti; 39 sforac-chiate o cioncate le siepi (caduto in Fe); 42 son caduta in piedi: sia rin-

83. Aver luogo è espressione già utilizzata in FL, ma non nel senso postillatodi «avvenire in effetto cosa risoluta o aspettata».

84. La postilla si riferisce espressamente alla «mala qualità fisica».85. Secondo il preciso significato di déranger registrato nella Crusca («termine

di urbanità»).

:

graziato Dio e laMadonna e quel buon signore: posso proprio dire d’es-ser caduta in piedi; 45 e con di que’ carboni stessi, i guastatori, per ri-storo, avevano scombiccherate le muraglie di fantocci; 49 «Ma se non nevoglio sapere di queste cose,»; Capitolo 15 Ripamonti, il quale avevaspogliati i registri della Sanità; 22 E nel tribunale stesso la premura eraben lungi da adeguare l’urgenza; 23 Abbiamo già veduto come, ai primiannunzii della peste, andasse freddo nel fare, anzi nell’informarsi (Fe 39); 30 trafugati da parenti, da pigionali, da serventi; 40 rico-verarono il padrone in una casa amica, che per sorte era vicina; Capitolo 13 non si fa duro ad intendere; Capitolo 2 Camminando però,sentiva unamala voglia, un abbattimento, una stanchezza delle gambe;86

10 tutto, fuorchè una cosa, quella doglia al lato manco; 19 E in quella ilGriso entrò, e si pose con lui a forzare la serratura; 28 Per me, sono ere-tico: costoro abbaiano; 32 ne fu in fin di morte; 55 «Se l’ho avuta! Perfidae infame è stata;87 65 un pattume che copriva tutto il pavimento; 71 trale cose che a lui premeva di schiarire, una ve n’era di cui ella sola avevala chiave ( 28); Capitolo 4 Il tempo era chiuso; 12 e, avendotutt’altra voglia, come diceva poi, raccontando la cosa, che di pigliareuna bega; 29 veniva dalla parte di Renzo, camminando con gran riguardo,nel mezzo della via; 77 Ma che non può alle volte venire in acconcio?; 77di dir qualche sproposito che mettesse in malizia i passeggieri; Capitolo 25 fu balzato in piedi, più desto, più vigoroso di prima; 42 Macome volete che stia al mondo di là il poveretto; Capitolo 3 quellostrascico che ognuna si lasciava dietro per qualche tempo;88 4 venivasempre a galla un pensierino; 17 Ho trovato da comperar due pani, ieriin sulla bass’ora; ma, per verità non m’hanno toccato un dente;89 24 aconto del gran patire che abbiam fatto, almeno io; 31 chè d’ogni cosav’era gran mercato; 39 Conseguenza necessaria della grande facilità concui li gettavano quegli ordini, a dritto e a traverso; 47 l’anonimo ha sti-mato che portasse il pregio di stendersi un po’ più; 52 e la dottrina cheil povero don Ferrante era obbligato di metter fuora a pezzi e bocconi;Capitolo rispose il giovane, con una frase a stampa; ma cheavrebbe inventata egli in quel momento; 4 Come que’ cavalli bisbetici,che s’impuntano e si piantano lì; 5 La vedova, non solo non guastava la

86.Mala voglia è presente in FL solo nel senso di ‘malvolentieri’, mentre quivale «non sentirsi bene», come annotato nella Crusca relativamente a un esem-pio di Sacchetti.

87. Anche in questo caso, nuovo rispetto a FL è il valore fisico, «per nocevolee forte».

88. In FL strascico è usato soltanto in senso proprio, mentre la postilla ne sot-tolinea la valenza metaforica.

89. Sostituisce in variante tardiva la precedente lezione: «sono andati subitoin fondo delle calcagna».

compagnia; 14 Don Abbondio non ci sentiva da quell’orecchia; 17 per unuomo della stampa vecchia; 19 Non lo vedremo più andare intorno conquegli sgherracci dietro, con quell’albagìa, con quella puzza, con quelpalo in corpo; 24 i curati a tirar la carretta; 27 questi quattro dì che ci ab-biamo a stare ancora; 36 bisogna corrergli dietro e darglielo per un pezzodi pane; 37 La carità più fiorita, che vossignoria illustrissima possa farea questa gente; 45 e vi lascio considerare; 48 si vede un rialto, come unpoggetto artificiale; 59 patti più grassi non si sarebbero potuti sperare; 64esenzione per anni dieci, da ogni carico reale e personale; 69 La quale sev’ha dato qualche diletto, vogliatene bene all’anonimo e anche un po’ alsuo racconciatore.

Certo non è detto che parte di queste voci e locuzioni non fosserogià state annotate in precedenza e utilizzate ora, nel momento incui ‘venivano in taglio’, ma qualche caso dimostra come alcuneespressioni entrino fino all’ultimo, in fase di correzione di Copiacensura, o addirittura in bozze, insieme, come si vedrà dagliesempi seguenti, a un ulteriore processo di affinamento nella resadel parlato e nella scioltezza espressiva: dimostrazione quantomai evidente di come l’acquisizione dello ‘stile semplice’ sia il ri-sultato di uno sforzo condotto fino alla fine attraverso continuerevisioni.90 Si vedano i seguenti casi (anche qui la freccia è pre-sente per lezioni confrontabili, altrimenti comparirà la sola siglaFe; segue tra parentesi l’eventuale utilizzo successivo del lemmadirettamente su Sp, mentre bz indica che la variante è stata inse-rita in bozze):

57 La povera donna faceva il possibile per appurare quale fosse lavera, per iscoprire l’origine di questa e di quella → La povera donna fa-ceva il possibile, per appurare quale fosse la vera, per arrivare alla fontedi questa e di quella; 1 Ne toccheremo anche qui soltanto ciò cheè necessario all’intelligenza di questo passo del nostro racconto, rimet-tendo pel di più il lettore alla sua memoria, o agli storici → non saràmale che ne diciamo qui quanto basti per infarinarne chi ne avesse bi-sogno; 5 Fe attraversato dal partito della regina madre; 6 Fe non ne vo-leva udir novella; 26 Fe E in quella febbre di passioni, volle che il segre-tario desse subito mano alla penna, e rispondesse; 27 e come vipoteva entrar la Madonna a far che gli si mancasse di parola, a dargli un

90. Ci si riferisce allo studio di E. Testa, Lo stile semplice. Discorso e romanzo,Torino, Einaudi, 1997.

:

dispiacere di cui egli sarebbe morto? → ho ben sempre inteso dire chelaMadonna c’entra, per aiutare i tribolati, e per ottener delle grazie, maper far dispetto e per mancar di parola, non l’ho inteso mai; 21 col-l’imperatore che avrebbe dovuto esser savio, se quello era pazzo, accon-tentarlo, non istar sul puntiglio → (bz) coll’imperatore, che avrebbe do-vuto aver senno per l’altrui follia, lasciar andar l’acqua all’ingiù, non tantipuntigli; 30 Si conchiuse di fermarsi quivi un’ora a riposo: e, comeera quella del pranzo, il sarto offerse ai pellegrini quello che era prepa-rato per la sua famiglia → (bz) Si conchiuse di fermarsi quivi un poco ariposo; e, come era l’ora del pranzo, «signori,» disse il sarto: «hanno daonorare la mia povera tavola: alla buona: ci sarà un piatto di buon viso.»; 1 con una specie d’elogio funebre del conte Attilio, rapito a quellae ai vivi dalla peste → con una specie d’elogio funebre del conte Attilio,portato via dalla peste (Sp 59 Aveva essa portato via il padroned’un altro filatoio); 55 Adesso, aveva proprio bisogno d’un po’ diquiete, per rimettermi → (bz) Adesso, aveva proprio bisogno d’un po’di quiete, per rimettermi in tuono (Sp 22 Cercò d’Agnese; udìch’ell’era sana e in tuono); 8 e questa carità, cancellando i vostripeccati, raddolcirà anche i vostri dolori → E questa carità, ricoprendo ivostri peccati, raddolcirà anche i vostri dolori; 65 Fe Prima checompiesse l’anno del matrimonio.

Né mancano decisioni dell’ultim’ora su questioni fonetiche: laforma scempia per abominio/abominevole è introdotta in Sp dalcap. ,91 ed entra a ritroso in tutto il terzo tomo (la prima oc-correnza è a stampa in 4, e corregge la geminata di Sp); e an-cora più in là entrano imagine e derivati, presenti in Sp da 32, e nella stampa corrette a partire dal fascicolo 15 (prima occor-renza, imaginarie, a Fe 61; e vedi anche su questa forma ilparagrafo successivo, pp. -); uficiale sostituisce ufiziale(fino ad allora unica forma utilizzata) a partire da Sp 57,mentre viene definitivamente abbandonata la forma ufizio-ii al-ternante fin dall’inizio a uficio/-ii, a favore di quest’ultima (ufizioancora in Sp 4, corretto nella stampa, dove l’ultima occor-renza si trova nel tomo secondo, a 16).92

91. Precisamente a 82, in luogo poi caduto (cfr. apparato). Le occor-renze rimaste a testo sono a 20 e 23.

92. Il doppione con o- protonica officio (del resto già rarissimo in FL: , 8e , 5) compare solo due volte, ma nello stesso luogo, in Sp ( 18: «Egli nonche si arrendesse a quegli officii, ma ne riprese gli officiosi»), ed è regolarizzato(ufici, uficiosi) in Fe.

I :’ B

In tutto questo intreccio tra diverse fasi di lavoro inevitabili dove-vano essere i ritorni, a mesi se non ad anni di distanza, su alcuneparti già stampate, che provocarono necessariamente la ricompo-sizione di «quartini» o «baratti» o, alla francese, «cartons», secondola terminologia utilizzata da Manzoni (tecnicamente si parla dicancellans e di cancellantia per il nuovo o i nuovi fogli, o parti diessi, e di cancellandum/-andaper quelli sostituiti), ossia di un quartodi foglio di stampa, composto da 2 carte o 4 pagine (ogni fascicolodella Ventisettana, che è un esemplare in -8o, è composto da 8 carteo 16 pagine): ricomposizione che provocava dunque un lavoro ag-giuntivo rispetto al normale iter di correzione garantito dall’ac-cordo con la tipografia, e che dunque veniva ad essere interamentea carico dell’autore, il quale cercava il più possibile di risparmiar-sene la spesa. Riferimenti a queste operazioni sono frequenti nellacorrispondenza manzoniana93 e perciò sono sempre stati tenuti aprova certa delle sostituzioni, anche se finora se ne era trovata laprova materiale soltanto in un caso, nell’esemplareManz. .102-104 della Biblioteca Nazionale Braidense, che conserva la versioneprimitiva (ossia la prima tiratura, poi sostituita) delle carte 1.8 delfascicolo 9 del primo tomo (pp. 129-130 e 143-144, corrispondential cap. 25-30, 60-64). Per ironia della sorte questo esemplare èproprio quello che Manzoni utilizzò per apportarvi le correzionida attuarsi nella successiva edizione Quarantana, per cui una le-zione che appare profondamente corretta nella versione definitivadella Ventisettana tornò (omeglio, restò) nella Quarantana alla suaredazione precedente, senza che l’autore (che su questo punto erapiù volte intervenuto) se ne ricordasse.94

93. Fra le più note testimonianze al riguardo, la lettera a Rossari del giugno1825, citata nella nota 58.

94. N. Harris - E. Sartorelli, La Ventisettana dei «Promessi sposi». La colla-zione e i «cancellantia», in corso di stampa negli «Annali manzoniani». La corre-zione riguarda il § 61 del cap. . Nella stesura della Copia censura composta intipografia, il periodo era così formulato: «Così si chiamavano allora per ischernoe per dispetto, i francesi, dalla casa di Navarra che aveva cominciato con EnricoIV a regnare sopra di loro». Durante la frenetica correzione di bozze nell’ago-sto del ’24 Manzoni si accorge però di un errore storico e lo segnala a Grossi

: ’

La verifica eseguita da Emanuela Sartorelli con un collaziona-tore McLeod su 68 esemplari della Ventisettana ha permesso diindividuare un altro esemplare che conserva un cancellandum. Sitratta dell’esemplare L.P. 2389 della Biblioteca Ambrosiana, chemantiene la vecchia forma delle carte 1.8 del fascicolo 10 delprimo tomo (pp. 145-146 e 159-160, corrispondenti ai capp. 64-67 e 29-33). Inoltre, lo studio del supporto materiale, inclusala distribuzione delle filigrane, condotto da Harris-Sartorelli haconsentito di ipotizzare altri tredici cancellanda, nessuno dei quali,tuttavia, concretamente ricostruibile in quanto tutti gli esemplaricollazionati presentano la versione definitiva (si tratta tecnica-mente di ‘sostituzione perfetta’). Questi i tredici fogli che rive-lano anomalie tali da far ipotizzare la sostituzione:95

Tomo fasc. 1 3.6: pp. 5-6 e 11-12 (Intr. 9-12, cap. 4-9)fasc. 1 4.5: pp. 7-8 e 9-10 (Intr. 12-15, cap. 1-4)fasc. 5 3.6: pp. 69-70 e 75-76 (cap. 8-12, 22-25)fasc. 12 3.6: pp. 181-182 e 187-188 (cap. 22-26, 38-43)fasc. 16 3.6: pp. 245-246 e 251-252 (cap. 3-8, 17-21)

(Grossi, Carteggio, lett. 109): «È una frase che non può stare, perchè la casa diBorbone non fu mai chiamata Casa di Navarra. Corrige: “Così si chiamavano(o venivano chiamati, che non so come stia nel testo) per istrazio i francesi, daiprincipi di Navarra che etc”. Non va ancor bene, ma non ho tempo di far me-glio». Il periodo così corretto viene infatti inserito a testo, e tale si legge nel can-cellandum; ma più in là Manzoni tornerà su questo passo modificandolo ulte-riormente, come testimonia la lezione del cancellans: «Così dicevano ai partigianide’ francesi: e la parola era nata probabilmente nel tempo che al re di NavarraEnrico IV si contendeva la successione al trono di Francia, e veniva anch’eglida’ suoi avversarii chiamato il navarrese». Avendo però utilizzato per le corre-zioni da attuarsi nella Quarantana proprio l’esemplare che conserva il cancel-landum, la lezione definitiva risulta: «Così si chiamavano allora, per ischerno, iFrancesi, dai principi di Navarra, che avevan cominciato, con Enrico IV, a re-gnar sopra di loro».

95. Un problema rispetto alla consistenza complessiva dei quartini è costituitoda due occorrenze del verbo obedire in forma scempia, precedenti alla sua ado-zione costante a partire da 35 (cfr. qui pp. -). La forma doppia è infatticontraddetta in tre casi: 13 obedisca (p. 57), 32 obedisce (p. 66), 6 obe-dire (p. 83), di cui solo il primo appartenente a un cancellans (vol. , f. 4 4.5). Uncontrollo ulteriore da parte di Harris su questi fogli (vol. f. 5 1.8, e f. 6 2.7) nonha tuttavia riscontrato alcuna anomalia che possa farne ipotizzare la sostituzione.

Tomo fasc. 1 1.8: pp. 1-2 e 15-16 (cap. 1-5, 31-36)fasc. 2 1.8: pp. 17-18 e 31-32 (cap. 36-40, cap. 16-20)fasc. 2 3.6: pp. 21-22 e 27-28 (cap. 45-49, cap. 5-11)fasc. 3 3.6: pp. 37-38 e 43-44 (cap. 30-36, 46-51)fasc. 4 4.5: pp. 55-56 e 57-58 (cap. 7-15)fasc. 6 4.5: pp. 87-88 e 89-90 (cap. 15-22)fasc. 17 3.6: pp. 261-62 e 267-68 (cap. 41-45, 56-61)fasc. 23 1.8: pp. 353-54 e 367-68 (cap. 62-67, 94-96)

La fortuna ha però voluto che altri 5 quartini altrimenti scom-parsi possano essere ricostruiti con certezza grazie a uno sviluppocollaterale della vicenda dei Promessi sposi, che coinvolge questavolta Fauriel e Parigi.

Come si è detto all’inizio della nostra introduzione, già nel ’23Manzoni aveva concordato con l’amico di affidare ad AugusteTrognon la traduzione del romanzo, in modo da garantirnel’uscita pressoché contemporanea sulle due piazze. Riferimenti aquesto progetto si trovano in più lettere di questi anni, dove Tro-gnon appare a volte entusiasta a volte, invece, più propenso a sca-ricare in parte il lavoro di traduzione al fratello, ma sempre nellafedeltà all’impegno iniziale.96 Fauriel è il tramite di questo con-tatto, e nel settembre del ’26 Manzoni gli invia i fogli già stam-pati del terzo tomo per poterli passare al traduttore, insieme aibaratti dei primi due tomi. L’invio avviene attraverso complicatemanovre che coinvolgono al solito Visconti, Rossari e Grossi, chedevono occuparsi del recupero dei fogli in tipografia (Manzoni sitrova infatti a Brusuglio) e farli pervenire alla contessa di Belgio-ioso in partenza per Parigi. Il 10 settembre Alessandro ne avvisaFauriel:

Cher ami, depuis je ne scais combien de mois, je me proposais tous lesjours de vous écrire une longue lettre, et de la tenir prête pour la pre-mière occasion qui se présenterait; depuis quelques jours, je me pro-posais de plus de faire un paquet de 14 feuilles imprimées de mon 3.e

vol.e et de quelques cartons essentiels pour les deux autres […] je viensd’apprendre que M.me la Comtesse de Belgioioso, la mère du prince

96. Vedi le lettere di Fauriel aManzoni del 16 e del 18 aprile 1826 (Manzoni-Fauriel, Carteggio, lettere 92 e 93).

: ’

avec qui vous avez fait connaissance ici-même, part demain pour Pa-ris, et je l’apprends de Visconti, qui m’envoye un exprès de Milan,pour me demander votre adresse. Ainsi, tous les discours que je meproposais de vous tenir, il faut les renvoyer à une autre fois. Pour cesfeuilles ou sont consignés les beaux discours que je prétends tenir aupublic, (qui, certes, ne dira pas qu’elles lui causent plus d’ennuiqu’elles ne m’en ont causé: ce serait impudent à lui) voici ce que je vaisfaire, ou essayer de faire. J’ècris à Grossi qui est à la champagne de soncôté, au casino, et qui seul connait l’endroit ou ces paperasses se trou-vent chez-moi à Milan, pour qu’il m’en donne une indication précise;Rossari, qui par un double bonheur nous est arrivé aujourdhui, vou-dra bien les aller chercher, et en faire le paquet; il donnera cette lettreà Visconti qui voudra bien prier M.me de Belgioioso de vouloir biens’en charger; et s’il jugera qu’il n’y ait pas de l’indiscretion, il la prieraaussi de se charger du paquet. Ainsi vous voyez qu’il faut bien des cir-costances favorables pour que le tout vous parvienne, et même, si parhasard Rossari ne trouvait pas Visconti ce soir à une heure convenable,je vous avertis que.. cette lettre même ne vous parviendrait pas. Aureste, je vous dirai que c’était 3 exemplaires que je comptais vous en-voyer, pour les faire aller avec le 3 que vous avez des 2 vol.s précédens;mais c’est bien assez abuser de la bonté de M.me de B[elgioioso] que dela charger d’un, au moment même de son départ. Je vous prie de lefaire passer à M.r Trognon, s’il persiste dans son projet, autrement,veuillez garder ces feuilles pour vous, et y jeter un coup-d’œuil lorsquevos occupations vous le permettront.97

Le circostanze della consegna mutano un po’: in una lettera delgiorno seguente a Rossari (e Grossi) Alessandro riassume spas-sosamente le vicende avvenute e incarica gli amici dei passi suc-cessivi:

Car.moDoo-poil frée-men-teneeembo Terríi-bile spieta-aaato, Ríitor-na il ciel-placa-aa-aa-aa-ato con quel che segue. Ecco che iersera, mentre tu eriforse ancora in via per costà, ci arriva Emilio [di Belgioioso] in persona,il quale mi dice che sua madre non partirebbe altrimenti oggi, ma do-mani, e che s’incaricherebbe egli di presentarle lettera e involto, etc. Perme l’andava di rondone; ma io pensava intanto a quel o a codesto po-vero Rossari, che appena a Milano si aveva a mettere in faccenda a cer-

97. Manzoni-Fauriel, Carteggio, lett. 94.

car di Visconti, e a quel povero Visconti etc. In questo, arriva Gallinacon la risposta di Grossi, dalla quale ritraggo ch’egli è stato a Milanoegli stesso, etc. Ti lascio considerare se, in mezzo alla consolazione delvedere assicurato il mio negozio, io mi struggeva dentro, pensandoagl’incomodi tollerati e da tollerarsi da tanta brava gente. Ma veniamoalla morale.

Giacchè la cosa si può ancora far bene, bisogna farla: mi premetroppo che ne abbiate onore in ricompensa delle vostre fatiche, e, comediceva messer Giulio, s’altro resta da farsi, il fatto è nulla. Se ieri adun-que Visconti non s’è potuto trovare, o se non ha potuto andare, o se nonè andato, perchè sapesse la dilazione della partenza, non c’è nulla difatto, e siamo a tempo a far tutto di nuovo. Bisogna dunque che Grossi,al quale ora mi rivolgo, attento bene! si faccia dar da Ferrario il di piùstampato, cioè i fogli 12, 13, 14, e faccia tirare pulitamente le 5 paginedel 15.o: che si faccia dare tutti i baratti (nel pacchetto speditomi non cen’è che due, e sono otto o nove, salvo il vero) e aggiungere il tutto all’in-volto imperfetto che si voleva consegnare ier sera, e l’involto così com-piuto, sigillarlo, scrivervi sopra: à M.r C. Fauriel, rue de Verneuil, n.o

47, e consegnarlo, o farlo tenere ad Emilio, il quale stamattina alle dieciparte da Affori per Milano, e vi starà tutto il giorno. Se poi il pacchettofosse già stato consegnato ier sera, bisogna fare un pacco nuovo con en-tro ogni cosa, e consegnarlo, ritirando l’informe di ieri. Se tu o Grossilo andaste a consegnare in persona ad Emilio, la cosa sarebbe fatta an-cor meglio. Io sono inteso con lui di tutto.98

Evidentemente, dunque, le copie dei primi due tomi che Faurielsi era portato via dall’Italia, la prima appena chiusa la stampa nel-l’ottobre-novembre ’24, la seconda nell’anno successivo, manca-vano di queste sostituzioni, che dovevano forse venire integrateda Fauriel stesso prima di passare l’esemplare al traduttore, o di-rettamente da quest’ultimo (il che suggerisce anche che si trat-tasse di copie sfascicolate).99 Rispetto, tuttavia, ai quindici barattitotali individuati, qui Manzoni ne menziona «otto o nove», il che

98. Manzoni, Tutte le lettere, lett. 244. Sempre lo stesso giorno Manzonimanda un biglietto aGrossi per metterlo sull’avviso (Grossi,Carteggio, lett. 133).

99. Significativa in questo senso una testimonianza di Tommaseo che, in unalettera del 18 luglio 1827 a Vieusseux, afferma che la rilegatura avvenne diret-tamente a casa Manzoni: «Ma se volete un giudicio d’altro genere, e non menoonorevole: un vecchio, letto il primo tomo, trovava piacere a riportare le coselette, e narrarle anche a chi le sapea: e prima che il libro uscisse, il legatore (poi-chè Manzoni si fece legare le copie in casa) il legatore veniva congratulandosicon lui del merito di quell’opera, e gliene ripeteva alcun passo nel suo dialetto,

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significa che altri sei o sette sarebbero stati composti in un mo-mento successivo, ossia negli ultimi mesi della stampa. Ora, se lacopia, anzi le copie, visto cheManzoni parla di tre copie dei primidue volumi già in mano all’amico francese, non sono mai state ri-trovate, certo è che Fauriel passò a Trognon i cancellantia spedi-tigli, in modo da permetterne la traduzione; prassi che continuòa seguire anche per gli ultimi fogli, inviati da Alessandro o daGiulietta (cfr. qui pp. -). Così nella già citata lettera dell’11giugno 1827 che segna la conclusione del lavoro:

Voici donc, pour finir d’en parler, les dernières feuilles du dernier vo-lume: vous aurez la bonté de les transmettre àM.r Trognon, s’il n’a pasjeté la plume après l’écritoire […]

Di fatto, però, Trognon non concluse mai la traduzione, mentrei fogli della stampa Ferrario presero un giro diverso, finendo nellemani del libraio-editore Baudry (che era peraltro già in trattativacon Manzoni per lo smercio di cinquanta o cento copie dell’edi-zione Ferrario)100, il quale cominciò subito a stampare il testo, inmodo da poter uscire a strettissimo ridosso della Ferrario.101 Ri-sultato: l’edizione Baudry, uscita anch’essa nel ’27, presenta in

mostrando d’averlo tutto inteso benissimo» (N. Tommaseo - G.P. Vieusseux,Carteggio inedito, a cura di R. Ciampini e P. Ciureanu, Roma, Edizioni di Sto-ria e Letteratura, 1956, vol. (1825-1834), p. 116).

100. Si vedano le lettere del 3 marzo 1826 di Manzoni a Fauriel e la rispostadi questi del 16 aprile, nonché quella del 20 novembre di Alessandro a Claudee di questi il 21 gennaio 1827 a Grossi, che esprimono perplessità sulla corret-tezza del Baudry a proposito dell’atteggiamento tenuto con Grossi per la ven-dita dei Lombardi alla prima crociata. In particolare, nella lettera a Grossi, Fau-riel invita l’amico a raccomandare prudenza ad Alessandro: «J’ai oublié deparler de Baudry à Alexandre; le tour qu’il me joue par rapport à vous, me faitcraindre quelque chose de pareil par rapport au roman. En conséquence, je prieAlexandre, dans le cas où il persisterait à charger Baudry d’une 50.e d’exem-plaires de son roman, de ne pas le faire sans que j’aie pu dire un mot à un au-tre libraire plus intelligent» (cit. in Manzoni-Fauriel, Carteggio, p. 504).

101. I Promessi sposi, storia milanese del secolo XVII scoperta e rifatta da Alessan-dro Manzoni, Terza edizione, Parigi, Baudry, Rue du Coq Saint-Honoré, n. 9,Fayolle, Grande Cour du Palais Royal, Bobée et Hingray, rue de Richelieu, n. 14,1827. L’indicazione di «Terza edizione» non si riferisce alle edizioni Baudry, di cuiquesta è senz’altro la prima, ma alle precedenti italiane, la Ferrario e la Batelli diFirenze (e si vedano, sull’ordine delle ristampe della Ventisettana,M. Parenti,Bi-bliografia manzoniana, con prefazione diG.Gentile, volume primo, Firenze, San-

effetti sei casi (i quartini, appunto, composti per ultimi) in cuimantiene la lezione dei cancellanda, e ci permette dunque di co-noscere altre redazioni intermedie finora ignote (particolarmentepreziose per il secondo tomo, dove, mancando la Copia censura,lo iato tra Seconda minuta e stampa è particolarmente forte): unosolo di questi, infatti, quello dell’esemplare braidense già citato,era noto. Oltre al recupero di preziose lezioni intermedie, la rico-struzione di questa vicenda ci fornisce anche altre indicazioni in-teressanti. Anzitutto, ci permette di attribuire i sei quartini nonancora eseguiti (vol. 1 3.6; 9 1.8; 12 3.6; 16 3.6; vol. 2 3.6; 173.6) a una data molto tarda, successiva al settembre ’26, a segnodi un lavoro inesausto, le cui motivazioni (insieme naturalmentea quelle degli altri 9 baratti precedenti) verranno analizzate insede di edizione della Ventisettana.102 Tardività del resto benconfermata anche da usi linguistici che appartengono a fasi moltoavanzate del lavoro: così nei cancellantia del tomo f. 16 3.6 e del

soni, 1936 e S. Giujusa, Bibliografia critica delle edizioni in lingua italiana nazio-nali e straniere de «I promessi sposi», vol. , Preambolo di R. Bacchelli, Prefazionedi C. C. Secchi, Edizioni Cultura Azienda Soggiorno e Turismo, Città di Lecco,1974). Nel 1828 Baudry fece una ristampa qualificata come «Quarta edizione», edue nel 1830 indicate come «Nona» e «Decima». Trognon, sospettato di aver pas-sato le carte, si giustificò in una lettera del 29 agosto 1827 a Fauriel, ipotizzandoche potesse essere stato il fratello (cfr. Carteggio di Alessandro Manzoni, vol. ,lett. 462). Alle differenze tra le edizioni Baudry e Ferrario ha dedicato un articoloS. Veggiato, Altre varianti dei «Promessi sposi» nell’edizione Baudry del 1827, in«Otto/Novecento», 1992, pp. 5-21 (tratto dalla sua tesi di laurea,Capitoli sulle tra-duzioni dei «Promessi sposi» in Francia, discussa nel 1991 all’Università Statale diMilano, relatore Prof. R. Ghigo Bezzola). Non conoscendo però il numero totaledei quartini sostituiti, Veggiato ipotizzava che Baudry non avesse integrato nellapropria edizione quelli spediti da Manzoni nel settembre ’26.

102. Per gli altri 9 quartini occorrerà invece dare una valutazione cronolo-gica, che si basi su considerazioni contenutistiche o formali. Si può, per esem-pio, stabilire che quelli delle cc. 3.6 del fasc. 5 (pp. 75-76) e delle cc. 1.8 del fasc.10 (pp. 145-146 e 159-160), sono motivati da ragioni di legame interno della vi-cenda: il primo perché introduce l’espressione vidit Ferrer in fondo alla grida( 25, p. 76) squadernata da Azzecca-garbugli davanti agli occhi di Renzo, chese ne ricorderà nel pieno della sommossa (Sp 12bis, poi anticipata in Fe 33); il secondo perché introduce a 30 (p. 159) il personaggio del cugino Bor-tolo, che ricomparirà («se vi ricorda») nel cap. . Tra l’altro, che il primo quar-tino citato appartenga a un momento ancor iniziale della stampa lo provano lapresenza in esso della ‘arcaica’ formamestiero, e del dittongo al sostantivo vuoto,già corretto, come abbiamo visto, dal cap. di Fe. Tanto da far nascere il dub-

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tomo f. 17 3.6, troviamo la forma scempia imaginare/imagine(cap. , p. 246 e cap. 41 e 43, pp. 261-262), altrimenti atte-stata, come si è detto, a partire dal cap. 61-62 (fasc. 15, p.226): ossia da un foglio tirato, appunto, dopo l’invio di settembrea Fauriel.

Ma il complesso giro delle carte arrivate daMilano ci consenteanche di ricostruire la paradossale situazione creatasi con le tra-duzioni francesi. Abbandonata da Trognon, l’impresa venne as-sunta quasi in contemporanea da Pierre-Joseph Gosselin e An-toine-François-Marius Rey Dussueil, le cui traduzioni, col titoloLes Fiancés, uscirono a Parigi nel ’28. Come si ricava dal fronte-spizio delle due edizioni, entrambe sono condotte su stampe Bau-dry («traduit de l’italien sur la troisième edition»), come accadràanche per le traduzioni di Jean-Baptiste de Montgrand nel 1832e ancora di GiovanniMartinelli nel 1877. Tutte, quindi, manten-gono nei sei casi segnalati la lezione dei cancellanda della Baudry.Non ci sarebbe da stupirsi tanto del fatto che questa differenzanon sia stata percepita, vista la libertà che i traduttori si prendono

bio se questo vada contato nel numero dei quartini inviati daManzoni a Fauriel,vista la sua sostituzione certamente anteriore alla chiusura della stampa delprimo tomo. Altri indizi linguistici offre il cancellans del tomo f. 4 4.5 (cap. 7-15), che presenta a p. 55 la forma scelerato (in Sp da 10); ulteriori elementipotranno ricavarsi da analisi più puntuali. Da segnalare, infine, la testimonianzadi Tommaseo che ricorda di aver suggerito lui stesso aManzoni una variante in-serita nell’introduzione (e appartenente dunque al quartino del tomo , f. 1 4.5;Intr. 12-15, cap. 1-4): «Corregge docilmente; e sovente al primo aprir dellabocca previene quel ch’altri intende di dirgli. Mi sovviene che nella prefazioneal romanzo dicend’egli verso la fine veduto il che, che in italiano è fuori dell’usoe scritto e parlato e non dà senso, egli diede retta a me giovane, e fece ristampareil carticino per dire il che veduto, soggiungendo ch’egli era il quibus perspectis; dalquale raffronto arguiva tacitamente egli stesso che la trasposizione sarebbe piùstrana in italiano, se non concessa neanco al latino» (N. Tommaseo, Colloqui colManzoni, a cura di A. Briganti, Roma, Editori Riuniti, 1985, pp. 58-59). Ma suicancellantia che coinvolgono la prima pagina dei capitoli iniziali dei tomi (f. 14.5) e (f. 1 1.8) vedi la nota 109.

103. Come nota Veggiato (Altre varianti, pp. 10-11), non poté accorgersi diquesta differenza Dorothée Christesco, che utilizzò per il suo studio, La fortuned’AlessandroManzoni en France (Paris, Edition Balzac, 1943), la stampa Baudry.Ma le discrepanze sfuggirono anche a René Guise, editore moderno della tradu-zione di Rey Dusseuil (Paris, Edition du Delta, 1968), che pure, nelle note, raf-fronta la traduzione con l’originale secondo l’edizione Chiari-Ghisalberti.

in più luoghi del testo originario,103 se non fosse che della versionedi Gosselin fu paziente collazionatore proprio Manzoni che il 25agosto 1828 inviò al traduttore un lunghissimo elenco di luoghi(circa quattrocento) in cui suggeriva cambiamenti nella tradu-zione, senza cogliere forse, o in ogni caso segnalare, la svistad’origine. Distrazione, indifferenza, o volontà di glissare su unospiacevole episodio? Come per il caso del vecchio quartino rima-sto nella copia usata per la Quarantana (ma lì eravamo ad anni didistanza), colpisce comunque tanta acquiescenza a fronte di unlavoro condotto per anni così capillarmente, né mai si ha traccianell’epistolario di lamentele dirette o indirette di Alessandro versoBaudry.

I

L’individuazione dei cancellantia perfetti operata da Harris-Sar-torelli (vedi p. ) permette di aggiungere nuovi dati su due ul-timi punti: quello legato al titolo del romanzo e quello relativoalle date poste nei frontespizi dei tre tomi. Partiamo dal primopunto. Che il titolo originario del romanzo fosse Gli Sposi pro-messi, lo sappiamo dalla Seconda minuta, dove compare auto-grafo nell’occhiello dei capp. e (in apertura dunque dei tomi e ), e ancora in occasione dell’aggiunta del cap. al primotomo. Lo stesso titolo compare nel primo tomo della Copia cen-sura, ed è così citato nella richiesta del permesso di stampa inol-trato daFerrario alla Censura nel giugno ’24 (riportato a p. ).104

104. Non è facile stabilire la volontà di Manzoni rispetto all’uso della maiu-scola o della minuscola: sul primo capitolo di Sp sembra tuttavia di poter leg-gere la maiuscola a Sposi, come appare anche nel frontespizio della Copia cen-sura e sulla prima pagina del primo capitolo della stessa. Maiuscola è anche sulprimo foglio del cap. , mentre certamente minuscola è sulla prima pagina delcap. , dove è posta l’indicazione autografa: «Gli sposi promessi (aggiunta altomo primo)». Ancora difforme l’annotazione sulla camicia (più tarda) che con-teneva l’intero tomo primo dove si legge «Gli Sposi Promessi». Abbiamo perciòdeciso di adottare la forma Gli Sposi promessi, in quanto così è registrata daManzoni nei due luoghi più significativi, ossia gli occhielli posti sui primi capi-toli dei tomi e .

La prima volta, invece, che compare il titolo definitivo è sulla Se-conda minuta del cap. , aggiunto, come abbiamo stabilitoprecedentemente, nel settembre ’25, a ridosso della chiusura dellastampa del secondo tomo.

Il cambiamento non è privo di peso, e su di esso ha richiamatol’attenzioneGianfranco Contini, che in un noto articolo (La firmadi Manzoni) ha sostenuto l’eccezionalità e lo «stridore» del sin-tagma promessi sposi, composto, con «forzatura linguistica, o anzisi dica grammaticale», da «un aggettivo (da participio) sostanti-vato, integrato da un’apposizione» e che produce un effetto di«sostantivizzazione della qualità» (sul tipo dei tanti aggettivi so-stantivati, in gran parte eliminati nel corso delle redazioni succes-sive): tipica e spontanea cifra dello stile manzoniano, non privaforse di motivazioni più propriamente gnoseologiche.105 Senon-ché, in questo caso, non tanto spontanea sembrerebbe questascelta, intervenuta in effetti a correggere a una certa altezza laforma precedente, costituita da una più regolare formula sostan-tivo più aggettivo. Più pertinente allora, su questo punto, la let-tura di Domenico De Robertis, che oltre a rivendicare la natura-lità del sintagma promessi sposi, rinviando ad analoghi usi diaggettivi participiali seguiti da sostantivo con valore di comple-mento predicativo (sul tipo di «candidato senatore»), ne ha rin-tracciato la frequente presenza nelle liste dei personaggi dellecommedie goldoniane («LaMarchesina Rosaura, dama di qualità,promessa sposa al Contino Florindo» nel Cavaliere di buon gusto,e così via): «esempio di quella sociale convivenza di lingua (di uso)e di letteratura (di una lingua per la letteratura) su cui il Manzoninon cessò mai d’interrogarsi».106 Che è osservazione certo da con-dividere, ed estendere oltre alle considerazioni sul titolo. Né saràforse inutile rilevare come al contrario fosse l’altra, precedenteforma (sposo promesso), quella utilizzata nelle pagine iniziali del-

105. G. Contini, La firma di Manzoni [1985], in Id., Ultimi esercizî ed elze-viri (1968-1987), Torino, Einaudi, 1989, pp. 373-402.

106. D. De Robertis, Sul titolo dei «Promessi sposi», in «Lingua nostra», ,fasc. 2-3 (giugno-settembre 1986), pp. 33-37.

107. Ultime lettere di Jacopo Ortis, ed. 1802, lettera del 23 ottobre (ed. 1798,lettera ): «V’era con lui un tale; credo, lo sposo promesso di sua figlia» (U. Fo-scolo,Opere, a cura di F.Gavazzeni,Milano-Napoli, Ricciardi, t. , 1974, p. 572).

l’Ortis; segno non dubbio della sua maggior letterarietà.107

Quando dunque Manzoni decide per questa nuova formula-zione? Che il titoloGli Sposi promessi fosse già stato stampato sulfrontespizio del primo tomo è dato noto, grazie a una testimo-nianza rilasciata a Giovanni Sforza da Vittoria Manzoni, che ri-cordava come la casa di via Morone fosse invasa dai frontespizieliminati della prima impressione.108 Si pensava però che l’elimi-nazione fosse avvenuta abbastanza presto, e anzi, a rigor di logica,ancor prima della stampa della pagina iniziale del capitolo (p. 9),sulla quale, in alto, è impresso il titolo «I PROMESSI SPOSI».Oggi però sappiamo che le cose non stanno così: che quella pa-gina appartiene a un quartino sostituito (f. 1 4.5, pp. 9-10 e 11-12),come pure la pagina di apertura del tomo secondo che presentaanaloga indicazione (f. 1 1.8, pp. 1-2 e 15-16).109

Altri dati portano poi a congetture ancor più stringenti. In-tanto, se è vero che il secondo tomo di C è andato perso, riman-gono però gli atti della Censura, conservati all’Archivio di Statodi Milano. Nelle Note pubblicate mensilmente con l’elenco delleopere esaminate compaiono infatti, nella sezione «Interno», tuttie tre i tomi del romanzo: il primo nella Nota del luglio ’24(ASMi, Atti di governo, Studi, parte moderna, cart. 79, n. 1832del ’24) registrato sotto «MANZONI Alessandro, Gli sposi pro-messi = Storia milanese del secolo . Admittitur», il secondo

108. Brani inediti dei «Promessi Sposi» di A. Manzoni, per cura di G. Sforza,Milano, Hoepli, 1905, Parte , p. : «Il romanzo ebbe prima il titolo diFermo e Lucia; e poi […] quello di Sposi promessi; titolo che seguitò a portaredurante la stampa, e fu impresso sul frontespizio e sulla copertina; ma che poivenne messo al bando. [segue in nota] Per moltissimi anni la casa del Manzonifu piena de’ vecchi frontespizi e delle vecchie copertine, come ebbe a dirmi lamia buona e compianta cugina Vittoria Manzoni ne’ Giorgini, figlia del Poeta,che, sebbene bambina, (era nata il 17 settembre del ’22), ne ricevette una taleimpressione, da non scordarla mai più».

109. A prova della tardività dei due cancellantia si possono portare inoltre al-cuni indizi: il più forte è costituito da un cambiamento nella composizione del-l’intitolazione «» nei tre tomi. Nel primo infatti essa appare molto spa-ziata, per una giustezza di 3 cm., che nel secondo si riduce a 2,5, e nel terzoaddirittura a 2,1. Con le eccezioni, nei tomi e , di quelle dei capitoli e ,la cui giustezza è di 2,1 cm., corrispondente cioè alla norma instauratasi nell’ul-timo tomo. Nella ricomposizione del secondo quartino (t. f. 1 1.8), sfugge tral’altro al tipografo la mancanza nel margine inferiore della pagina di aperturadell’indicazione di tomo e numerazione del fascicolo. Ancora, si può citare il ri-

nella Nota del maggio 1825 (cart. 79, n. 1420 del ’25), rubricatosotto il titolo: «SPOSI (gli) promessi. Tomo 2o.Admittitur»; l’ul-timo infine nell’agosto 1826 (cart. 80, n. 2389 del ’26) ancorasotto il titolo, ma stavolta definitivo: «SPOSI (i promessi). Tomo3o. Admittitur».110 È chiaro dunque che il titolo cambia versol’estate-autunno del ’25, quando, appunto, compare per la primavolta sul capitolo aggiunto in corsa al tomo secondo. Sem-brerebbe anzi potersi presumere, per una serie di altri indizi, chele copie che girarono presso amici e conoscenti in questi mesiavessero ancora il vecchio titolo, almeno negli occhielli sopra ilcapitolo iniziale dei due primi tomi, cambiati successivamentenei cancellantia. In questo senso parrebbe testimoniare un fatto,talmente evidente da essere fino ad oggi sfuggito alla osserva-zione. Esiste infatti un certo numero di esemplari della edizioneFerrario a cui sono state aggiunte delle illustrazioni firmate dallatipografia Ricordi. Si tratta di un totale di dodici figure, equa-mente distribuite tra i tre tomi, di scarsissima qualità, realizzatecertamente senza la supervisione di Manzoni, come dimostranoerrori anche marchiani nelle didascalie, che denunciano la man-

cordo di Tommaseo riportato alla nota 103, non datato ma verosimilmente col-locabile non prima della fine del ’25. Mentre più incerta è la spia linguisticaofferta dalla presenza nel cancellans della forma guarnigione (a p. 10), contro iltipo guernigione presente sia in Sp che in Fe fino a 3 (mentre la prima occor-renza con la -a- sarà solo in Sp 65 e quindi 58). La lezione guarnigio-ne è infatti introdotta erroneamente in C a 4 dal copista, ed è perciò possibileche, sfuggita a Manzoni nella correzione, fosse già presente nel cancellandum.

110. Questa l’intitolazione precisa delle Note: «IMPERIALE REGIO UF-FICIO DI CENSURA DI MILANO.NOTA delle opere esaminate nel decorsodel suddetto mese dall’Imp. Regia Censura, e dei voti interinali dalla medesimaemessi per servire di norma in pendenza dell’invocata approvazione dell’EccelsoSupremo Aulico Dicastero di Censura di Vienna.». Diverso invece l’elenco delleopere stampate, anch’esso emesso mensilmente: «IMP. R. UFFICIO CEN-TRALE DI CENSURA E REVISIONE. ELENCO DELLE OPERESTAMPATE E PUBBLICATE IN MILANO E NELLE PROVINCIELOMBARDE», cui seguiva l’indicazione del mese. Si veda sulla censura inLombardia negli anni di Manzoni, il recente contributo di G. Albergoni, Lacensura, in Immaginare e costruire la nazione.Manzoni da Napoleone a Garibaldi,a cura di L. Danzi e G. Panizza, Milano, il Saggiatore, 2012, pp. 63-73, al qualesi rimanda anche per ulteriori indicazioni bibliografiche.

111. Si veda per esempio l’illustrazione inserita tra le pp. 114 e 115, relativaal cap. 57, dove nell’immagine è lo stesso padrone di casa, e non il servitore,

cata comprensione del testo.111 Ma quello che ci interessa è chenella parte inferiore destra della pagina illustrata compare sem-pre questa dicitura: «Manzoni Sp. prom.», seguita dal capitolo re-lativo; e la stessa intitolazione si trova nel Manifesto di Associa-zione lanciato dalla tipografia Ricordi il 30 aprile 1827.112 Ora, ècerto che a questa altezza il titolo era cambiato, ma è molto pro-babile che i tomi sfascicolati in circolazione avessero ancora ilvecchio. E che questo fosse il titolo con cui il romanzo cominciòa circolare sembra confermarlo, ancora, la testimonianza di Sten-dhal, che, in una lettera del 21 marzo 1827 a M.lle Sophie Du-vaucel, la quale chiedeva notizie del terzo volume (altra prova dicome i due primi tomi avessero avuto una circolazione abba-stanza ampia), scrive: «O ingratitude! hier, chez le grand citoyenj’ai essuyé toute la conversation d’un ennuyeux pour avoir le troi-sième volume des Sposi promessi».113 O ancora Vincenzo Monti,che ricevuto nel giugno ’27 un esemplare della Ferrario (stavoltadi sicuro col titolo definitivo) sovrappone, forse, il ricordo del ti-

a porgere a padre Cristoforo il vassoio con il pane; come suggerisce la didasca-lia, che, attraverso un arbitrario taglio del testo, recita: «Il gentiluomo, portandoun pane sur un bacile d’argento lo presentò al padre Cristoforo».

112. F. Mazzocca, Quale Manzoni? Vicende figurative dei «Promessi sposi»,Milano, il Saggiatore, 1985, pp. 18-19.

113. Stendhal, Correspondance, t. , 1821-1834, Paris, Gallimard («Bibliothè-que de la Pléiade»), 1967, lett. 839, pp. 112-113; la lettera è citata in G. Vigorelli,Manzoni pro e contro, Milano, Istituto Propaganda Libraria, 1975, vol. , Otto-cento, pp. 104-105. Interessante anche, per rendersi conto di quanto fosse dif-fusa la notizia del progetto della traduzione di Trognon, della funzione di tra-mite di Fauriel e, ancora, delle difficoltà che Manzoni stava attraversando nelportare a termine il romanzo, il seguito della lettera: «Il y a un obstacle; il n’exi-ste pas, ou du moins M. Manzoni n’a publié que la première moitié de ce troi-sième volume. Il trouve son roman ennuyeux et l’on dit qu’il ne le finira pas. |J’ai entrevu chez vous,Mademoiselle, un homme qui est mon ennemi parce quej’ai dit devant lui un projet un peu trop viril. M. Ugoni de Brescia est l’hommede Paris qui peut le plus probablement vous placer vis-à-vis cette premièremoitié du troisième volume. | M. Fauriel, le seul savant non pédant de Paris,l’ancien ami de Madame de Condorcet, est l’intime de M. Manzoni et fait tra-duire Gli Sposi par un M. Trognon. Ce M. Trognon est le frère du précepteurde Monseigneur le duc de Beaujolais, ou le prince de Joinville, ou bien c’est leprécepteur lui-même. Ces princes habitent le Palais-Royal. M. Fauriel va chezmademoiselle Clarke, où madame Alexander pourrait peut-être lui parler. |Mais que je suis fou de faire leçon à une Française sur le moyen ingénieux demener à bien une affaire de ce genre! (M. Trognon est du Globe)».

tolo a lui più consueto e ringrazia Manzoni per «gli Sposi pro-messi».114 Altre notizie non si riescono a ricavare dalle lettere de-gli amici, dove il libro non è mai citato se non come «il romanzo

114. Carteggio di AlessandroManzoni, vol. , lett. 447: «Mio dilettissimo, Pa-padopoli e Primo mi avevano messa in core la dolce speranza che ieri mi avre-ste consolato d’una vostra desideratissima visita. Deluso di questa lusinga, e te-mendo che la vostra imminente mossa per Romami tolga la consolazione di piùrivedervi, poichè l’un dì più che l’altro sento avvicinarsi il mio fine, mi vi pre-sento in iscritto per dirvi che vado ad aspettarvi in cielo ove ho certa speranzadi rivedervi a suo tempo. Intanto prima che il mio Don Abbondio m’intuoni ilProficiscere voglio ringraziarvi del prezioso dono fattomi de’ vostri Sposi pro-messi, de’ quali dirò quello che già dissi del Carmagnola: Vorrei esserne io l’au-tore. Ho letto la vostra Novella, e finitane la lettura mi sono sentito meglio nelcore, ed aumentata la mia ammirazione. Sì, mio caro Manzoni, il vostro inge-gno è ammirabile e il vostro core è una inesauribile fontana di nobilissimi sen-timenti, cosa che rende singolare il vostro scrivere e vi pone in un’altezza, a cuinon possono aggiungere che i pauci quos aequus amavit Iupiter alla guisa che po-chi ponno amarvi e stimarvi come il tutto vostro V. Monti». Potrebbe trattarsi,tuttavia, anche dell’uso spontaneo della dizione più letteraria, secondo quantoosservato sopra; considerazione che potrebbe valere anche per la lettera di An-tonio Cesari all’abate Gaetano Della Casa, del 12 maggio 1828: «leggeste voi glisposi promessi del Manzoni milanese?» (Lettere del P. Antonio Cesari, raccolte epubblicate daG.Manuzzi, Firenze, Passigli, 1846, vol. , p. 422, cit. in C. Pian-castrelli, I Promessi Sposi nella Romagna e la Romagna nei Promessi Sposi, a curadi P. Palmieri, P. Rambelli, Bologna, il Mulino, 2004, pp. 80-81). Più curioso,dato il carattere ufficiale della pubblicazione, il lapsus che si verifica nelleNotedella Censura austriaca: nella lista a stampa del novembre 1827 (ASMi, Studi,p.m., cart. 80, n. 3505 del ’27), nella sezione delle «Opere provenienti dall’este-ro» è registrato l’«Admittitur» al primo tomo del romanzo edito a Lugano, sottol’indicazione: «Manzoni Alessandro. Gli sposi promessi»; titolo ribadito nellalista di dicembre (atto n. 2 del dicembre 1827) dove sono approvati i due tomisuccessivi. Non soltanto infatti non esiste alcun esemplare Veladini con questotitolo (in nessuna delle cinque ristampe uscite tra il ’27 e il ’38; su cui si vedanoParenti, Bibliografia manzoniana, Giujusa, Bibliografia critica e A. Ramelli, Leedizioni manzoniane ticinesi, Milano, Centro Nazionale StudiManzoniani, 1965),ma gli annunci della prima edizione pubblicati sulla «Gazzetta Ticinese» ripor-tano sempre la forma definitiva. Il primo apparve sulla «Gazzetta Ticinese» del6 novembre 1827, seguìto, il 13 novembre dall’informazione che «Il primo vo-lume già trovasi vendibile, e gli altri saranno immancabilmente pubblicati in-nanzi al finire di dicembre prossimo». Il 27 novembre usciva infatti l’annunciodel secondo volume, e il 23 dicembre quello del terzo: «e tutta l’opera trovasivendibile in Lugano alla libreria dei suddetti [Veladini], e di tutti i principalilibraj d’Italia al prezzo di Austr. lir. 6. tutti i 3. volumi». In atti di poco prece-denti, tra l’altro, erano stati correttamente citati i frontespizi della Ferrario (re-gistrata nell’«Elenco delle opere stampate e pubblicate in Milano e nelle pro-

di Manzoni», ma non sarà del tutto da trascurare, come nota delresto Contini in una postilla al proprio articolo, il fatto che nel ’24esca una traduzione di Gaetano Barbieri diThe Bride of Lammer-moor di Walter Scott, con il titolo La promessa sposa di Lammer-moor, pubblicata proprio da Vincenzo Ferrario.115

Questa ipotesi relativa ai tempi e ai modi della sostituzione deltitolo sembrerebbe però portare ancora maggior confusione ri-spetto alle date poste sui frontespizi dei tre tomi, non del tuttocorrispondenti alla realtà della stampa: 1825 sul primo tomo (chesappiamo in realtà finito di stampare, tranne i quartini sostituiti,nel 1824); 1825 sul secondo (l’unica data corrispondente al vero,ad eccezione, anche qui, dei quartini successivi); 1826 sul terzo(in realtà concluso nel 1827). In generale, la critica più recenteche si è interrogata su queste datazioni (in precedenza si ritenevache anche la stampa del primo tomo fosse del ’25: così ancoraGhisalberti) ha ritenuto che la data del ’25 fosse stata impressasul primo tomo nell’idea di concludere tutta l’edizione entroquell’anno e di avere perciò frontespizi uniformi, salvo poi la ne-cessità, dato il ritardo nella conclusione, di cambiare data per ilterzo tomo; per il quale la datazione si riferirebbe all’inizio dellastampa. Di fatto, stando a quanto abbiamo osservato sino ad ora,è molto probabile che i frontespizi siano stati tutti stampati suc-

vincie lombarde nel mese di giugno 1827» - ASMi, Studi, p.m. cart. 80 - al n.progr. 650, con l’indicazione di prezzo - 12 lire - e di tiratura: 1000 copie) e deitre volumi della ristampa torinese Pomba (che ricevono il Transeant nella se-zione delle «Opere provenienti dall’estero» della Nota di settembre: ASMi,Studi, p.m., cart. 80, n. 2814 del ’27). Il permesso di vendita per quest’ultimavenne sollecitato dallo stesso Ferrario, che aveva esaurito le proprie copie, e ap-provato daManzoni, che tramite Grossi, caldeggiò la richiesta dello stampatorepresso Gaetano Giudici: «Quanto al permesso che Ferrario domanda d’intro-durre copie della edizione di Torino, digli che faccia pure quel che gli tornaconto; e dicendolo tu a Giudici in mio nome, credo che non farà bisogno unamia dichiarazione più autentica. Del resto se qualche libraio mi domanda lostesso consenso, è probabile ch’io glielo dia: e di questo ti prego avvertir Ferra-rio; e non occorre dire che tu lo saluti tanto tanto in nome mio […] forse sapraiche qui se ne fa un’altra edizione in sei volumetti uno per settimana, e ne sonvenuti fuori due: avrà anche sei rametti. Facciano un po’ quel che vogliono,ch’io intanto sto preparando la mia seconda corretta e accresciuta» (Grossi,Car-teggio, lett. 147 del 17 settembre 1827).

115. Contini, La firma di Manzoni, p. 237.

cessivamente, e che dunque le ragioni della difformità vadano cer-cate altrove. La soluzione può essere suggerita, almeno in parte,dall’esemplare della Ventisettana che è stato sottoposto alla Cen-sura per l’autorizzazione alla vendita (anch’esso conservato nellaBiblioteca Braidense in Sala manzoniana: Manz. .A. 30/1-3).Sul frontespizio dei tre tomi vengono infatti registrate le consueteformule liberatorie: «Al N. 1278 del 1825|Admittitur|Bellisomi|I.R. Censura|Mil.o li 9 giugno 1827|Imprimatur Zanatta» nelprimo, ripetuta sul secondo, mentre sul terzo cambiano il numerodi atto e la data: «Visto|Bellisomi|al N. 2108 dell’Ag.|[la pagina èstata rifilata]|I.R. Censura|Mil.o 12 Giugno 182[7]|Imprima-tur|Zanatta». È chiaro, dunque, che si rinvia ad atti precedenti,quelli cioè che erano stati istruiti al tempo della presentazione delmanoscritto del copista. L’atto citato sul terzo tomo, il n. 2108, èinfatti lo stesso che compare nel visto sulla Copia censura, datato7 luglio 1826. Il che significa che quella era la data ufficiale dellapratica relativa a questo tomo, e che, pur essendosi poi la stampatrascinata oltre per quasi un anno, la data sul frontespizio del vo-lume stampato doveva corrispondere a quella registrata all’ori-gine. La mancata corrispondenza dei numeri di questi atti conquelli che abbiamo indicato alle pp. -, relativi alleNote a stampa dei libri esaminati è a sua volta chiara: leNote rias-sumono, in un’unica pubblicazione, tutte le opere esaminate ognimese, e vengono a loro volta archiviate con un numero progres-sivo. Gli atti relativi ad ogni singolo testo esaminato devonoquindi avere una numerazione compresa tra quella dellaNota delmese precedente e quella dellaNota conclusiva del mese in corso:il tomo secondo infatti ha il numero 1278 che sta tra il 1173 dellaNota di aprile e il 1420 di quella di maggio. Quel che non si spiegaperò è come mai nel primo tomo non sia stata impressa la data1824, e non sia stato registrato sul frontespizio il numero di pra-tica corrispondente a quello della Copia censura, ma invece diquella del secondo tomo. L’unico indizio può venire da una con-traddizione tra il numero registrato sulla Copia censura, 1541, equelli delle Note di giugno e luglio del ’24 conservate in Archi-vio: quella di giugno, infatti, è numerata 1542, e quella di luglio(sulla quale è autorizzato il primo tomo) 1832; un atto registratoil 3 luglio dovrebbe perciò portare una numerazione intermedia,molto vicina a quella della lista di giugno, ma non certo prece-

dente. Se vi fosse stata confusione negli atti, insomma, può essereche i censori abbiano deciso di aggregare la pratica del primotomo a quella del secondo, imponendo così per entrambi la datadel ’25. Ma è solo una ipotesi, sulla quale, come su tante altre sol-levate in queste pagine, sentiremo volentieri l’altrui parere.116

C

Le numerose pagine dedicate sin qui alla descrizione del lungoe laborioso processo che porta dal Fermo e Lucia all’edizioneVentisettana dovrebbero servire, a nostro parere, a spiegare leragioni di una scelta che può in prima battuta sorprendere:quella di pubblicare autonomamente la redazione della Secondaminuta. Nel piano originale dell’edizione dei Promessi sposi ela-borato da Isella negli anni ’70, infatti, la Seconda minuta nonavrebbe dovuto godere di un’edizione a sé, così come non ne go-deva nella raccolta mondadoriana di «Tutte le opere» curata daChiari e Ghisalberti. In conformità ai principi e ai metodi delleedizioni genetiche, la testimonianza del manoscritto della Se-conda minuta costituisce in effetti la prima tappa di un iter ela-borativo che porta, attraverso i testimoni successivi (Copia cen-sura, correzioni di Manzoni sulla stessa, interventi in bozze eeventuali varianti di stato e cancellantia), alla stampa Ferrario, ecome tale avrebbe dovuto venire formalizzata in apparato all’edi-zione Ventisettana; impostazione che, in teoria, avrebbe garan-tito la visione diacronica del procedere del lavoro manzoniano,secondo lo sviluppo frazionato che abbiamo descritto in questepagine. Di fatto, però, questa rappresentazione ha rivelato pre-sto quali sarebbero stati i suoi limiti, per la eccessiva ricchezzadocumentale dell’apparato che, registrando anche l’ingente la-voro correttorio interno al manoscritto della Seconda minuta, neavrebbe reso estremamente difficoltosa la consultazione, ri-schiando ancora una volta (come è già accaduto per l’apparatodell’edizione Ghisalberti, ben poco fruito negli studi manzo-

116. Un’altra possibile spiegazione potrebbe cercarsi nella volontà di affer-mare la priorità dell’edizione Ferrario rispetto alle stampe pirate che forse giàsi prevedevano.

niani) di lasciare in ombra un momento centrale nell’elabora-zione creativa e linguistica del romanzo. La scelta, elaborata giàdurante la preparazione del primo volume dell’edizione criticadel romanzo, il Fermo e Lucia, è stata perciò quella di dedicarealla Seconda minuta un intero volume, che ne permettesse unafruizione più adeguata, ben consci della particolarità di questasoluzione: del fatto, cioè, che il testo non possa essere letto inte-gralmente dall’inizio alla fine come il risultato di un processounico e unitario, ma occorra considerarlo come una sorta di workin progress, e intrecciarne la lettura con quella della Ventisettana,secondo il calendario che abbiamo delineato nelle pagine prece-denti.117 Certo è che questa scelta ha permesso uno sguardo piùanalitico sulla elaborazione del testo, permettendo di ridiscuteree mettere a fuoco la prima fase di riscrittura di cui si è parlatonei paragrafi iniziali, così come di precisare meglio e datare ilsorgere di alcune soluzioni grammaticali e linguistiche che ri-schiavano di restare nell’indeterminatezza: non si sarebbe colto,cioè, come gli scrupoli manzoniani verso l’elezione di una formaunica e l’eliminazione di allotropi si fosse venuta chiaramentedelineando già durante l’impressione della princeps. Alcuni diquesti casi, in particolare quelli relativi agli aspetti fonetici, sonostati elencati nei paragrafi precedenti e hanno permesso a voltedi datare dall’interno la cronologia del lavoro manzoniano. Altri,e in particolare le varianti di tipo morfosintattico, potranno es-sere oggetto di studi mirati e soprattutto venire analizzate nelquadro della norma e delle discussioni coeve.118 Infine, si potràcondurre un esame più preciso del diverso utilizzo, nel tempo,

117. Per stare ai dati più eclatanti, nel corso della Seconda minuta cambiano,come abbiamo visto, il titolo (da noi conservato secondo la formulazione ini-ziale) e i nomi di alcuni personaggi, su tutti Fermo, che diviene Renzo a partiredal cap. : la correzione onomastica non viene però attuata a ritroso su Sp, madirettamente sulla Copia censura, cosicché nella nostra edizione avremo ancoraFermo fino al cap. .

118. A partire intanto dalle schedature offerte da G. Patota, L’«Ortis» e laprosa del secondo Settecento, Firenze, presso l’Accademia della Crusca, 1987, daM. Vitale, La lingua di Alessandro Manzoni. Giudizi della critica ottocentescasulla prima e seconda edizione dei «Promessi sposi» e le tendenze della prassi corret-toria manzoniana, Milano, Cisalpino, seconda edizione, 1992 e da Danzi, Lin-gua nazionale.

del Vocabolario del Cherubini, prima come suggeritore di formeanalogiche, quindi come primo indicatore di parallele equiva-lenze toscane, verificate nella Crusca, secondo una indagine giàa suo tempo ben avviata da Giuseppe De Robertis.119 Così comeriteniamo sarà più facile, avendo a disposizione la scrittura con-tinuativa del testo, e la possibilità dunque di un confronto glo-bale con le redazioni attigue (Fermo e Lucia e testo della Venti-settana), comprendere e giudicare meglio alcuni degli interventinarrativi e stilistici, a volte profondi, che Manzoni andò perfe-zionando nel corso della rielaborazione, in modo da offrire nuovistimoli agli studi critici manzoniani.

In questo senso vanno anche alcune delle soluzioni tipografi-che adottate nella presente edizione, che ci pare possano aiutarenel confronto tra le varie redazioni del romanzo, prima di tuttocon quella del Fermo. Se è impossibile naturalmente stabilire unraffronto continuo tra i due testi, avendo a che fare, come si èdetto, con un cambiamento radicale di struttura, abbiamo peròdeciso di privilegiare la possibilità di un confronto puntualesulle carte ‘trasposte’ (vale a dire riutilizzate) dal Fermo, eviden-ziando attraverso un fondino grigio le parole o le frasi material-mente derivate dalla Prima minuta, in modo da consentire di in-dividuare gli interventi anche minimi attuati in fase di riscritturae di isolare eventuali usi passivi. Più immediato, invece, il con-fronto con la Ventisettana, che presenta sostanzialmente lo stessoimpianto strutturale. Confronto facilitato dall’utilizzo nella nostraedizione della stessa paragrafatura stabilita nell’edizione Carettidella Ventisettana (e della Quarantana), col ricorso a particolariespedienti di fronte a caduta o aggiunta di paragrafi: nel primocaso riassumendo in un solo paragrafo di Sp la numerazione diquelli della Ventisettana, nel secondo aggiungendo al paragraforimasto una numerazione «bis», «ter», ecc. che mantenga la cor-rispondenza con l’edizione Ferrario.120 L’unica eccezione a que-sta norma è presentata dai capp. e , nei quali lo sposta-mento dei paragrafi tra l’uno e l’altro in fase di revisione dellaCopia censura è stato riassunto nella Nota al testo dei capitolistessi.

119. Si veda la nota 19.120. Si veda anche la nota 14.

L

Tutte le carte della Seconda minuta dei Promessi sposi sono con-servate nella Sala manzoniana della Biblioteca Nazionale Brai-dense, sotto la segnatura Manz. B.-. Fa eccezione il cap. del primo tomo, costituito interamente da carte trasposte dalFermo, che è stato spostato in occasione di una mostra nel faldonedella Primaminuta, e vi è rimasto con la segnaturaManz.B. t. ,cap. . Ancora, nel fascicolo della Prima minuta sono conservatestesure provvisorie della Seconda minuta depositate su fogli tra-sposti poi rifatti (si veda, per esempio, la Nota al testo del cap. ).I tomi erano conservati all’interno di camicie con intestazione -autografa. La prima: «Gli Sposi Promessi | Tomo | (secondaminuta [soprascritto a composizione]) | dal principio al Cap. inclusiva. | NB. Tutta di mano dell’autore»;121 la seconda: «I |Promessi Sposi | Tomo (seconda minuta [soprascritto a com-posizione]) | dal Capitolo al Capitolo . | NB. Tutta dimano dell’autore»; la terza, di cui si conserva solo il piatto ante-riore: «I Promessi Sposi.| Tomo | (seconda minuta [sopra-scritto a composizione]) | dal Capitolo alla fine. | NB. Tuttadi mano dell’autore»».122

Infine, sotto la segnatura Manz. B.. sono conservati, di-stinti in 11 cartellette e numerati archivisticamente in sequenzae per carte da 1 a 79, i cosiddetti «Fogli staccati», ossia le reda-zioni intermedie cadute durante la rielaborazione. Per ognunadelle cartellette si indicano qui di seguito consistenza dei fogli,numerazione attuale (fra parentesi) e originaria, e il capitolo a cui

121. Più in basso, sempre autografo e cassato: «Fogli 137 | Tomo N. ». Sullacamicia, come su quelle dei tomi e , sono registrate annotazioni di Bassi,fra cui una che specifica che «la numerazione a matita delle carte non è mia ed èerrata. Sono carte 244 segnate entro parentesi ( )».

122. Sul passaggio nelle camicie dei tre tomi da «composizione» a «minuta» sisofferma Toschi (La sala rossa, p. 63), che considera questa correzione un indi-zio della volontà più tarda da parte di Manzoni di presentare Fermo e Lucia eSposi promessi come tappe di un unico iter compositivo. Sulla camicia del se-condo tomo, la intitolazione «I Promessi Sposi» è cancellata con matita azzurra.La stessa mano (non autografa e non di Bassi) annota sopra «Gli Sposi Pro-messi», e ancora più in alto «I Promessi Sposi?».

appartenevano. Per la descrizione puntuale e la trascrizione delcontenuto si rinvia naturalmente alla Nota al testo dei singolicapitoli e alle relative Appendici:

n. 1: mancante. Era contenuta qui la «Seconda Introduzione scrittada ultimo», su cui vedi pp. sgg.;n. 2: 12 ff. (17-40), num. da 75 a 86, cap. (poi );n. 3: 2 ff. (41-44), num. 27-28, cap. ;n. 4a: 4 ff. (49-52), num. 45-52, cap. ;n. 4b: 1 f. (53-54), num. 52, cap. ;n. 4c: 1 ritaglio di foglio (55) con disegnato l’albero genealogico deiGonzaga diMantova (cfr. la riproduzione nell’Album di pagine del-l’autografo, n. 12);n. 5: 1 f. (56-57), num. 109, cap. ;n. 6: 4 ff. (58-65), num. 131-134, cap. ;n. 7: 1 f. (66-67), num. 139, cap. ;n. 8: 1 f. (68-69), num. 149, cap. ;n. 9: 1 f. (70-71) intitolatoSaggio sulla carestia (cfr.Album di paginedell’autografo, n. 7); 3 fogli (72-77) siglati a b c, relativi alla Copiacensura; 1 f. (78-79) con appunti, cap. .

Nel corso del lavoro di edizione critica, iniziato nel 2000, lecarte manoscritte delle due stesure, nonché dei tomi e dellaCopia censura, sono state interamente digitalizzate per iniziativadella Biblioteca Nazionale Braidense. Ci si augura che presto que-sta digitalizzazione, che richiede qualche intervento integrativo esoprattutto un’opera di ordinamento e indicizzazione, divengaconsultabile al pubblico, in modo da proteggere le carte originalida una eccessiva esposizione.

C

In conformità ai criteri oggi comunemente adottati nella trascri-zione dei testi autografi, la nostra edizione si attiene a principistrettamente conservativi, nel pieno rispetto degli usi linguisticie grafici di Manzoni. Sono state perciò rispettate tutte le oscilla-zioni linguistiche (buona parte delle quali trattate nelle pagineche precedono), così come tutte le consuetudini paragrafemati-che del manoscritto, integrate solo laddove fosse necessario allacomprensione del testo. Rispetto al Fermo e Lucia dove la pun-

teggiatura era non di rado carente, e spesso affidata a un tratto an-cora irrisolto come l’uguale (=), in Sp essa appare del resto gene-ralmente curata, e lacunosa solo in pochi casi.123 In particolare,l’intervento è stato a volte necessario per i discorsi diretti, la cuirappresentazione è cambiata nel corso della Seconda minuta, pas-sando dall’uso iniziale del trattino in apertura (e a volte in chiu-sura) alle virgolette. Nella prima soluzione, utilizzata fino al cap., così come era già accaduto per il Fermo, Manzoni trascura avolte di segnalare l’inizio del discorso, rendendone difficile l’in-dividuazione; ma la stessa dimenticanza (quando il discorso siainterrotto da incisi) può verificarsi anche per le virgolette. In en-trambi i casi siamo intervenuti integrando il segno mancante,solo però in assenza di altri segni (i due punti di apertura, la vir-gola o un segno di punteggiatura forte negli incisi) sufficienti diper sé a introdurre il discorso diretto. Parallela a questa è l’evo-luzione nella resa dei monologhi (discorsi tra sé e sé o pensieri),inizialmente privi di qualsiasi indicazione paragrafematica (trannequalche raro caso di trattino), in seguito, dopo il passaggio allevirgolette per i dialoghi, segnalati dal tratto. Numerati interventiabbiamo anche attuato in caso di omissione di punteggiaturaconclusiva di un periodo (con punto fermo), mentre abbiamosempre rispettato punteggiature anche ‘irrazionali’ (specialmentele virgole), tranne laddove queste risultassero evidentemente ilresiduo di una mancata correzione (ma non le abbiamo però maiintegrate, se non per incisi in discorsi diretti). Abbiamo unifor-mato a tre i puntini di sospensione, spesso di numero superiore,mantenendoli staccati dalle parole contigue quando indichino,nelle citazioni, l’omissione di una porzione di testo da parte del-l’autore. Per quanto riguarda, invece, i lapsus di scrittura o le la-cune, spesso causate da correzioni imperfette o dal cambio dipagina, siamo intervenuti solo in pochi casi, naturalmente segna-lando l’emendamento con il segno di uncino e registrando la cor-rezione nella tavola relativa. Ogni dubbio di lettura o integra-zione è stato infine discusso nel paragrafoOsservazioni dei singolicapitoli. Raramente, e solo in casi significativi, sono state invecesegnalate le difformità di lettura rispetto al testo trascritto nelle

123. Ancora nei primi capitoli si trova qualche caso di uguale, in genere ere-ditato da FL, che viene da noi conservato.

Note dell’edizione Ghisalberti.Dal punto di vista della resa grafica, un problema particolare è

costituito dagli accenti (sempre gravi secondo le consuetudini diManzoni e dell’epoca). Sono infatti state rispettate tutte le scrit-ture alternanti quando fosse indubbia la lettura (se/sè, qua/quà,no/nò) e quando la loro frequenza testimoni di una reale incer-tezza nell’uso manzoniano (anche se progressivamente risolta nelprosieguo della riscrittura). Non abbiamo invece conservato i po-chissimi casi di dò e fà accentati, considerandoli lapsus calami (masegnalandoli sempre nelle Correzioni e uniformazioni). Più com-plessa si presenta la situazione delle parole accentate su i, inquanto il segno dell’accento è francamente ben poco distinguibiledal semplice puntino. Risultando impossibile discutere ogni sin-gola occorrenza, abbiamo optato costantemente per il puntino suqui, riservando invece l’accento, con funzione disambiguante, allaparticella affermativa sì. Abbiamo invece mantenuto l’oscillazio-ne, pur consci della difficoltà e in fondo della soggettività dellalettura, nel caso delle parole terminanti in -io/-ii, -ia/-ie, perché launiformazione ci sembrava appiattire e nascondere la progressivae faticosa ricerca di una norma nel corso della stampa.Mentre in-fatti nel primo tomo le alternanze sono frequentissime, e nonvengono del tutto risolte neanche in Fe, a partire dal secondotomo (salvo rare eccezioni) sembra affermarsi la regola di porrel’accento nelle parole in -io, ad esclusione di mormorio e bisbiglioche ne sono costantemente prive, e di non utilizzarlo invece nelleparole in -ia (uso già peraltro limitato nel primo tomo a braverìae ribalderìa).124

Un altro problema riguarda la distinzione tra apostrofo e ac-cento, anch’essa perlopiù impossibile da percepire con certezza,in forme con troncamento come po’, ve’, to’, e in tutti i passati re-moti rizoatoni. Abbiamo deciso in questo caso di uniformarci aquella che sembra essere la norma prevalente (ove appunto distin-guibile), mantenendo l’apostrofo per le forme tronche, con le ec-cezioni di mò e frà (per ‘frate’): dove sembra di leggere più chia-ramente l’accento; e l’accento per i verbi, ad esclusione di fe’,

124. La norma però si instaura in Fe, mentre il comportamento sul mano-scritto resta anche nei tomi successivi ampiamente oscillante.

dove pare invece di cogliere l’apostrofo (come sarà anche quasisempre nella Ferrario). Ovviamente, laddove vi siano forme nonaccentate né apostrofate (mo, fra, del resto prevalenti) abbiamorispettato l’alternanza.

Abbiamo infine integrato l’apostrofo in dieci casi dopo l’arti-colo femminile indeterminativo,125 e in gliel’augurarono di 22 ebuon’ora di 19; lo abbiamo invece eliminato in 2 casi nell’arti-colo indeterminativo maschile ( 25 Un altro; 12 un al-tro). Altri minimi interventi (a piedi corretto in a’ piedi, ne parti-cella di negazione in nè, dà preposizione in da) sono stati attuatiper evitare possibili ambiguità di lettura.

125. 32 un’aria; 48 un’oca; 58 un’aringa; 39 un’altra; 54un’opera; 39 un’indole; 40 un’aria; 2 un’altra, 35 un’angheria; 5 un’occhiata.


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