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Julia VICIOSO, Il Restauro del tempietto del Vignola, in «ANANKE Cultura, Storia e Tecniche della...

Date post: 01-Mar-2023
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Editoriale Marco Dezzi Bardeschi Francesco Rodolico e le pietre d'Italia Sforia e cui/lira della cOlI sen 'ozi oll e Alberto G. Cassani Le rughe del monumento. Cesare Brandi e il problema del colore I color; della ciuà Gaetano Miarelli Mariani Coloriture urbane: lo stato dell' arte RO!lla e i restauratori Pier Nicola Pagliara Villa Madama intonacata Giuseppe Cruciani Fabozzi Nietzsche e gli imbianchini Giancanlo Palmerio Giovanlla Tara$co 9ant Julia Vicios l Il restaurò del del ignola Claudio Varagnoli Sette'<t enho ;v' s NTovecento: '1 caso di sant'Eustachio Paolo Fancelli Sulle fontane di Roma in perenne restauro Itinerariv Gianni Biondillo Di hllf/ifu ape rto Mirella Simonetti Giovanni Carbonara Intervista Vittorio Locatelli Llloghi e cOll1ieri Maria Piera Sette Ci scrivono Alberto Ferrari La Roma estrema di Pasolini Dell'invalidante pulitura della Sistina Roma straordinaria Franco Purini: abbandoni e dislocazioni Montefiascone: una "nuova" roccafalisca Giù le mani dal castello Sforzesco!
Transcript

Editoriale

Marco Dezzi Bardeschi Francesco Rodolico e le pietre d'Italia Sforia e cui/lira della cOlIsen 'oziolle

Alberto G. Cassani Le rughe del monumento. Cesare Brandi e il problema del colore

I color; della ciuà

Gaetano Miarelli Mariani Coloriture urbane: lo stato dell' arte RO!lla e i restauratori

Pier Nicola Pagliara Villa Madama intonacata Giuseppe Cruciani Fabozzi Nietzsche e gli imbianchini Giancanlo Palmerio LafaCciatadiSantaMariaSO~aMinerva Giovanlla Tara$co 9ant Caterina,a~agnanapo' Julia Vicios l Il restaurò del tempiett~ del ignola Claudio Varagnoli Sette'<tenho ;v's NTovecento:

'1 caso di sant'Eustachio Paolo Fancelli Sulle fontane di Roma in perenne restauro Itinerariv

Gianni Biondillo Dihllf/ifu aperto

Mirella Simonetti Giovanni Carbonara Intervista

Vittorio Locatelli Llloghi e cOll1ieri

Maria Piera Sette Ci scrivono

Alberto Ferrari

La Roma estrema di Pasolini

Dell'invalidante pulitura della Sistina Roma straordinaria

Franco Purini: abbandoni e dislocazioni

Montefiascone: una "nuova" roccafalisca

Giù le mani dal castello Sforzesco!

NUMERO lO

Editoriale

Marco Dezzi Bardeschi

Storia e cultllra t!ella COflJer val. iolie

Alberto G. Cassani

I colori della città

Gaetano MiareIli Mariani

ROII/a e i resllIuratori

Pier Nicola Pagliara Giuseppe Cruciani Fabozzi Giancarlo Palmerio Giovanna Tarasco

Julia Vicioso Claudio Varagnoli Paolo FanceIli

f linerario

Gianni Biondillo

Dibarlito aperto

Mirella Simonetti Giovanni Carbonara

Imervisla

Vittorio LocateIli

Luog"i e wl/tieri

Maria Piera Sette

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~NArKH GIUGNO 1995

Le pietre di Francesco Rodolico: la storia siamo noi

Le rughe del monumento. Cesare Brandi e il problema del colore

Coloriture urbane: omologazione fra uniformità e dissonanze

Villa Madama intonacata Nietzsche e gli imbianchini Lafacciata di Santa Maria Sopra Minerva La chiesa di Santa Caterina a Magnanapoli: una breve storia e una cronaca dei restauri Il restauro del tempietto del Vignola Settecento YS Novecento: il caso di Sant'Eustachio Sulle fontane di Roma in perenne restauro

La Roma estrema di Pasolini

Della invalidante pulitura della Sistina Roma straordinaria

Franco Purini: abbandoni e dislocazioni

Montefiascone: una "nuova" roccafalisca

p. 2

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p. 24 p. 26 p. 28

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Il restauro del tempietto del Vignola

Julia Vicioso

Oggi a Roma risultano assai più discusse le tipologie d'intervento relative alla ripresa di intonaci e coloriture dei prospetti a strada e al trattamento del travertino, rispetto agli interventi di coloritura sui paramenti in mattoni, molte volte intesi solo come semplici operazioni di "protezioni". Il primo recente caso di colore applicato su cortina laterizia risale, probabilmente, al restauro di palazzo Bonaparte in piazza Venezia. Altri interventi sono stati eseguiti su palazzo del Parlamento a Montecitorio, su palazzo Madama, sede del Senato, sulle chiese di Santa Maria Maggiore e Santa Maria in Cosmedin. In questa sede ci occupiamo di uno

dei più recenti casi di restauro in Roma: l'intervento di coloritura sulla cortina in mattoni della chiesa di Sant' Andrea sulla via Flaminia, il cosiddetto "tempi etto del Vignola". La chiesa venne progettata da Gia­como Barozzi da Vignola a metà del Cinquecento, contemporaneamente a villa Giulia, sotto la committenza di papa Giulio III. Il tempietto, di ridotte dimensioni, è conosciuto non solo per aver consolidato la reputa­zione del Barozzi di fronte a Giulio III, ma anche come una delle prime realizzazioni di cupola su pianta ova­le (1). Il tempietto, inizialmente noto come Sant' Andrea della Vigna, sor­se in mezzo ad orti e vigne sulla via Flaminia, dove i passanti potevano sostare sulle rampe della chiesa, di­sposte parallelamente alla strada, per guardare e pregare dalle finestre

In questa pagina: Chiesa di San Rocco a Roma: particolare della scialbatura giallastra sul pilastro in mattoni. Nel/a pagilla seguente: particolare del/a cortina del tamburo del tempietto prima (sopra, foto febbraio 1994) e a restauri iII corso (sotto, marzo 1995). A p. 51: rilievo dellafacciatadi Sant 'Andrea sulla Flaminia delta "tempiettodel Vignola",

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verso l'interno e proseguire poi il loro cammino. Oggi la struttura presenta la facciata in peperino a vis~a, il tamburo circolare ed i rimanenti prospetti in mattoni, in una zona della città trasformatasi da rurale ad urbanizzata tra il 1870 e il 1930 (2). L'intervento sulla facciata della chiesa di Sant' Andrea sulla via Flaminia è stato realizzato dal 1992 al 1994; attualmente sono in corso i lavori per i tre prospetti rimanenti e la cupola (3). A partire dal 1990, è stata svolta una ricerca sul tempietto mirata, in particolare, all'approfondimento dello studio delle superfici (4), ma non è stato possibile avere informa­zioni sul tipo di intervento, né avere la possibilità di accedere al cantiere come osservatori, perché in attesa della pubblicazione dei restauri. Successi vamente è stata data alla stampa una relazione relativa alle opere realizzate nella chiesa, con un breve accenno al problema delle cortine scialbate: «La cortina laterizia posta tra il timpano e la cornice a dentelli è stata protetta con una scialbatura pigmentata», di cui era indicata la composizione (5). Dopo la rimozione dei ponteggi, si è potuto costatare che, oltre al consolidamento ed alla ripresa delle parti in peperino alterate, la muratura in mattoni al di sopra del timpano in pietra ha assunto una nuova veste decorativa. Il Direttore dei lavori, durante un colloquio finalizzato alla comprensione dei criteri in base ai quali erano state operate le scelte di restauro, definiva l'intervento sulle cortine della chiesa una comune e documentata procedura di protezione, da adottare con mattoni di "scarsa qualità" posti in ambienti "fortemente inquinati". Le coloriture superficiali delle cortine laterizie sono state realizzate con uno scialbo tinteggiato a base di latte di calce, legante e terre naturali o polvere di mattone (6). Questa tecnica risale ad alcuni trattamenti superficiali largamente adoperati in passato, mirati a proteggere ed a migliorare l'immagine di cortine laterizie o di murature più "povere", di qualità considerata "non ottimale" (7), realizzate in uno o più tempi con elementi di diverse cromie e provenienze. Alcuni di questi trattamenti, che dipendono dalla qualità della muratura sottostante ed ai quali risale la odierna tecnica della scialbatura delle cortine, sono: le tinte, documentate come "rosso laterizio", "color mattone" o "color tavolozza" (8); la finta o falsa cortina, una finitura per uniformare la muratura sottostante con intonaco o stucco stilato, colorato in pasta o in superficie (9) analogo al più noto finto travertino (lO); e "l'arrotatura, stuccatura e sìgnatura delle cortine" (11). Schematizzando i risultati dell' indagine storica sul tempietto del Vignola e analizzando le superfici murarie della chiesa, si sottolinea la concordanza tra i dati materiali e le notizie documentarie che testimoniano la costruzione in due soli anni (1551-1553) di una fabbrica realizzata in mattoni di primo impiego, da diverse fornaci, con la facciata in peperino "di recupero". Dallo studio delle murature (12) si individua un tipo di cortina che si potrebbe definire come "ordinario", simile a molti altri apparecchi dello stesso periodo, stuccati a finto travertino, a finto mattone o con laterizi lasciati a vista (13). Comunque il dibattito (14) su un supposto stucco che doveva rivestire il tempietto (15), rimane ancora aperto sotto il profilo storico-critico (16). Seguendo la prassi in uso a Roma in questi ultimi anni, appare quasi "doveroso" intervenire per la pulitura dei mattoni degli esterni rimovendo radicalmente le parti sporche e annerite. La rimozione integrale di questi depositi è ormai generalizzata fra la maggior parte degli operatori, che valutano tale tipo di alterazione come negativo per l'impatto figurativo nell' opera e per la conservazione dei materiali esposti all'esterno. Si sostiene che, come accade per gli altri materiali, i sedimenti superficiali accelerano e favoriscono i processi di degrado ~17). Per la conservazione dell 'integrità dell 'immagine e della materia, a volte è sufficiente la sola rimozione dei depositi più superficiali. In questo modo le parti più aderenti rimaste, che corrispondono alle patine natural i ed alle patine artificiali ("aggiunte") sui mattoni, non sempre distinguibili fra di loro (18), dovrebbero essere conservate e ritenute di valore estetico in quanto patine del tempo (19). . U n tipo di pulitura blando e rispettoso delle patine è costituito dai semplici lavaggi a getti

d'acqua (a pressione d'acquedotto o nebulizzata a brevi intervalli, per ridurre il rischio di smuovere i sali solubili) con l'aiu­to manuale di spazzole morbide, oppure da impacchi di soluzioni chimiche necessari nei casi più compromessi. Questi trattamen­ti non dovrebbero richiedere l'uso di ulte­riori prodotti consolidanti o protettivi (tra­sparenti (20) o colorati), come avviene in­vece nel caso di adozione di metodi più incisivi e veloci come alcuni mezzi mecca­nici che rendono le superfici pulite più aspre e vulnerabili, per avere sacrificato parte della pelle superficiale dei materiali. La stesura di scialbi colorati sui mattoni dovrebbe essere utile ai casi più rigorosi di ristabilimento della potenziale unità figura­tiva di un prospetto ed alle riprese di singole parti di cortina, dove una sapiente omogeneizzazione del colore può contribu­ire ad attenuare il tono delle parti reintegrate rispetto ai tratti venuti alla luce solo dopo la pulitura (21). Nella volontà di cercare so­stanze coloranti che abbiano anche una certa velatura per un migliore equilibrio (22), che può essere facilmente perso (per lo spessore

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dello scialbo atto a garantire la durabilità e l'omogeneità desiderata), si potrebbe tentare di ottenere un minore effetto coprente, oltre che diluendo la tinta, adoperando un tono il più vicino possibile al colore dell' impasto dei mattoni originali (23); evitando di dipingere i giunti di spessore elevato (24) e, inoltre, avendo particolare cura di evitare una diversità dei toni applicati su diversi campi di un medesimo prospetto. Sant' Andrea sulla via Flaminia era, prima dell' attuale intervento, costituito da mattoni porosi ma sani (25) , scuri ti per invecchiamento naturale e per la presenza di depositi superficiali come polvere e microrganismi , insieme ai resti di possibili finiture originali o di restauro. Con una linea evidentemente conservativa, è stato scelto di pulire le cortine ordinarie del tempi etto usando impacchi (26). Togliendo solo le sostanze più superficiali; si è però accentuata l'irregolarità dei paramenti in mattoni, caratterizzati dai residui dei precedenti stati di finitura. Quindi probabilmente si è dovuto provvedere a rimediare, per ridurre l'effetto scabro della cortina pulita (27), adoperando uno scialbo color mattone che praticamente ha assunto la stessa funzione degli strati superficiali rimossi (28).

Se il restauro della facciata del tempietto si fosse limitato alle parti lapidee senza arrivare alla pulitura delle cortine (29), l'unità dell' immagine dell' opera vignolesca non sarebbe stata compromessa, perché i mattoni non avrebbero contrastato negativamente con le parti in peperino restaurate, data la natura scura di quest' ultimo. Comunque, l'applicazione dello scialbo pigmentato sui mattoni della chiesa di Sant' Andrea sulla via Flaminia, ha conferito alla cortina rustica del tempietto un nuovo ed uniforme colore (30), alterando la lettura degli elementi di finitura che, come abbiamo visto, già prima dell' intervento erano poco chiari; si è così, in qualche modo, separato «il lato pratico dell'intervento di restauro dalle considerazioni estetiche e storiche che l'opera esige» (31). Possiamo concludere confermando che l 'applicazione di scialbi colorati sulle cortine laterizi e non sempre trova ragione nell 'ormai consueta prassi romana di giustificare gli

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interventi e le ricostruzioni con una specifica documen­tazione o con le tracce dei materiali ritrovati, ma anche, da «una certa insistenza nelle modalità pulitura-protezione dei prospetti» (3 2). Ci chiediamo infine se, nei restauri più recenti condotti a Roma, non sarebbe stato più corretto effettuare un mo­mento di riflessione prelimi­nare' teso a superare i di versi risultati in riferimento agli ultimi interventi più riusciti, come quello del restauro del­la facciata della basilica di San Pietro in Vaticano.

Lo stato delle cortine laterizie del fian co destro e del tamburo della cupola del tempietto del Vignola prima dei restauri. Si Il otino i saggi di pulitura e di colore (sopra,febbraio 1994).

l. Si veda W. Lotz, «Die Ovalen Kirchenraume des Cinque­cento», ROlllisches Jahrbuchfiir Kunstgeschichte, n. 7, 1955 , pp. 35-40. 2. Il tempietto si trova attualmente ub icato in un importante crocevia stradale, con una metropolitana di superficie di sposta a 90 cm dalla porta d'ingresso all a chiesa. 3. I lavori sono reali zzati sotto la direzione dell ' architetto Paola Raffae ll a David della Soprintendenza per i Beni am­bientali e architettonici di Roma. 4. La ricerca è stata al centro di una tesi di Dottorato di ricerca in Conservazione dei beni architettonici , Università degli studi di Roma "La Sapienza", V ciclo, di J. Vicioso e dal titolo Problellli di lellura delle supelfici architelloniche. Metodologia di restauro perunafabbrica romana del Cinquecento, ottobre 1993, tutori professor G iorgio Torraca e professor Arnaldo Bruschi , coord inatore professor Giovanni Carbonara. Per la storiografia della chiesa si veda J. Vicioso, «Il tempietto de l Vignola», Bollel/inod'arte, in corso di pubbl icazione. 5 . P. R. David, G. De Monte e C. Giovannone, «Sce lte metodologiche e ricerca interd isciplinare nel restauro della facciata lapidea di Sant' Andrea fuori Porta del Popolo a Roma», atti del convegno di studi Scienza e beni culturali n. lO. Bilancio e prospel/ive, Bressanone, 1994, p. 80. 6 . «Latte d i calce, Primal AC 33 e terre naturali" (ricetta dei s ignori Mora) sono i componenti dello sc ialbo dato sulle cortine lateriz ie de l tempi etto del Vignola , da P. R. David , G. De Monte e C. G iovannone, «Scelte metodologiche e ... » , 1994, nota 25. Per va riaz ion i a questa compos iz ione ved i nota 23. 7. Siamo d ' accordo con Pier Nicola Pagliara ne l considerare che la maggior parte del le cortine più accurate del Cinquecento a Roma, come quelle del pa lazzo Baldassini , erano destinate a rimanere a vista e non ad essere intonacate a finto travertino. P. N. Pagliara , recensione di «La materia e il co lo re ne ll' ar­chitettura romana tra Cinquecento e Neoc inquecento» , Ricerche di Sto ria dell' arte, n. 4 1-42, «Roma de l Rinasci ­mento», 1992, p. 173.

8. «Dai documenti finora noti non ri sulta se ne l Quattrocento e nel Cinquecento si usasse sovrapporre una tinta ai mattoni; questo procedimento avrebbe ulteriormente perfezionato l' ope­ra e non è quindi da escludere del tutto ; tuttavia in mancanza di conferme si può ritenere che le co loriture ogg i rinvenibili su alcune corline cinquecentesche siano dovute a interventi di manutenzione avvenuti in periodi in cui la pratica di tinteggiare i mattoni (dal Settecento in poi) è stata documentatamente in uso». P . N. Pagliara, «Note su murature e intonac i a Roma tra Quattrocento e Cinquecento», Ricerche di Storia dell'a rte, n. 11 , 1980, nota 7. Si veda anche G. Tabak, «Colore e tecn ica delle tinteggiature degli edifici di Roma nei documenti d'ar­chi vio (secc. XVII-XIX)>> , Rassegna degli Archivi di Stato , XLVI, n. 2, 1986, pp. 364 e 398. 9. La fal sa o finta cort ina è un trattamento «freq uentemente adottato in Roma ne i secoli XI e XII, ed anche nel Xlii , nell' intento soprattutto di meg lio contraffa re le antiche strut­ture» (C. Venanzi, Caml/eri costrul/ivi dei Monulllenti, I, Roma, 1953, pp. 35-39). Sulle fa lse cortine si veda anche R. Krautheimer, Corpus 111, 1967 , p. 240, e dello stesso autore CO'1JL1S Il , 1959, pp. 4 1-43; Avagnina e altri , «Strutture murariedegli ed ifici re ligiosi di Roma nei seco li VI-IX eXII», Rivista dell'/stituto nazionale d 'archeologia e storia dell'ar­te,XXIlI-XX IV , 1976- 1977, eseguenti ;J. E. BarclayLloyd, «Masonry teclmiques in medieval Romec. 1080- 1300», Papers ofrhe British school at Rome, LIII, 1985, p. 227. Pill di recente si veda anche P. N. Pagliara, «Note su murature ... », 1980, pp. 37-38 e P. N. Pagliara , «Raffaello e la rinascita delle tecniche antiche», Les chantiers de la Renaissance, actes des co lloques tenus à Tours enI 983- 1984, a cura di J. Guillaume, Pari s, 1991, p. 54. lO. Vedi sulle superfici stuccate a finto travertino «La materia e il co lore nell 'archi tettura romana tra il C inquecento e Neocinquecento . Storia e progetto», Ricerche d i Sto ria del­l'arte, n.4 1-42, 199 1. Il. Sull e murature in mattoni «arrottat i, stuccati e stilat i» si veda P. N. Pagliara, «Note su murature .. . », 1980, pp. 37-40; C.

Varagnoli , «Le cortine laterizie» , in <,Le tecniche edilizie e le lavorazioni piil notevoli ne l cantiere romano della prima metà del Seicento», Ricerche di Storia dell 'arte , n. 20, 1983 , p. 80; E. Pallottino, ,," Incrostature" romane tra Cinquecento e Sei­cento», Ricerche di Storia dell 'arte, n.4I-42, 1991 , pp. 79-83; A. Force llino , «La diffusione dei ri vestimenti a stucco nel corso del XVI secolo», Ricerche di Storia dell 'arte, n. 41 -42, 1991 , pp. 23-5 1; A. Forcellino , «Il problema dell e cortine lateri zie nell ' architettura de l primo Cinquecento», Ricerche di Storia dell'arte , n. 41 -42, 1991 , pp. 53-76; P. N. Pagliara, recensione di «La materia e ... », 1992, p. 173 ; P. N. Pagliara , «Murature lateri zie a Roma alla fine del Quattrocento» , Ricer­che di Storia dell 'arte, n. 48 , 1993, pp. 43-54 . 12. Dalla scheda delle murature ri sulta che i mattoni sono di c lasse dimensionale media per il periodo (lunghezza 26,5 cm ; testa 13 cm; spessore 3,5 cm) di modulo 27 ,5 cm. Di filari ori zzontali allineati e filari verticali non allineati con casuali ma frequenti mattoni di testa interi e frammentati e di alti g iunti ori zzontali e verticali (I ,5-2,Ocm). Nessun segno evidente di "arrotatura" né di stilatura de lla cortina. Mattoni d ' impasto omogeneo di colore giallo paglierino e mattoni rosso chiaro alternati senza una regolarità definita , comune per le fornaci secondo i tempi di cottura. 13. Per le murature in mattoni a vista soprattutto , P. N. Pag li ara , «Murature lateri zie a ... », 1993 p. 46. 14 .11 dibattitn sull e finiture originali de lla chiesa di SanI' An­drea sulla via Flaminia è partito dall ' ipotesi del " tempi etto 111armoreo" avan zato da E. Pallotino, «"Incrostature" romane tra ... », 1991 , p. 90 e nota 82, sulla base di una tracc ia d ' into­naco rin venuta su un fianco della chiesa e di una noti zia doc ume ntaria al tempo dei restauri ottocenteschi. Si veda anche P. Marconi , «Roma 1806- 1829: un monumento cri ­tico pe r la formaz ione de lla metodolog ia de l re stauro architettonico», Ricerche di Storia dell' arte, n. 8 , 1978 , pp. 66-67 . 15 . È comunque molto difficile anali zzare con certezza nei laboratori , le tracce di poss ibi li scialbature colore mattone per determinarne la composizione e per capire se sono prodotti di alterazioni o incrostazioni. Si veda F. Pochetti , M. L. Santarelli e G. Torraca, «Uso dell ' anali si termica nello studio dei Monu­menti in Pie tra», Le Pietre nell 'Architettura: Struttura e Supe!fici, atti de l conveg no di studi Scienza e beni cultura­li , Bressanone, 1991 , a cura di G. Biscontin e D. Mietto , pp . 370-37 1. 16. «La presenza di una finitura es terna originaria (sc ialbo , stucco o colletta) sul paramento laterizio e sull e cornici in peperino non è accertata», come afferma anche il direttore dei lavori dell ' attuale res tauro sul tempi etto. Paola R. David, «Scelte Metodologiche e ... », 1994, p. 72. 17 . II trattamento di pulitura de i mattoni viene eseguito come que llo dei materiali lapidei porosi per la natura lapidea dei lateri zi. S i veda la raccomandazione NORMAL 20/85,ll1ter­venti conservati vi. Progettazione, esecuzione e valutazione preventiva. 18. Potremmo definire la patina sul mattone come una altera­zione naturale della superfici e del materiale , che si presenta come un velo scuro aderente in tutta la parte centrale di una gran parte dei mattoni di una cortina di città , insieme alla patina artificiale composta dall e agg iunte originali o posteriori (pro­dotti di finiture interi o res ti come la ricciatura). Questa patina sull e cortine deve ancora essere oggetto di più studi per capire se si tratta di resti prodotti di trasformazioni chimiche come gli ossalati di calcio. 19. C. Brandi , Teoria del restauro, Torino , 1977 , pp. 27 e 101. 20. Si tratta di pelli cole idrorepellenti trasparenti , per ev itare di alterare cromaticamente le superfici, come i s iliconi prece­dute, se necessario , da consolidanti come il sili cato d 'etile . L ' uso di questi protettivi vari sul mercato sono, per la maggior

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parte dei casi, piil un "optional" oneroso di durata molto limitata (c irca 5 anni). 2 1. In sintonia con una piil generale metodologia di trattamen­to dell e lacune . Si veda C. Brandi , Teoria del restauro , 1977 , p.17. 22. C. Brandi , Teoria del restauro , 1977 , pp. 102- 106. 23 . Le tinte ve ngono ottenute in genere con terre naturali. Queste terre possono essere sostituite con polvere di mattoni non " industriali " dello stesso colore dell'impasto de l mattone ri sulta generalmente piil chiaro quando viene applicato , si potrebbe "correggere" il tono aggiungendo pozzolana o tinta nera. L' aggiunta di una tinta in forma di terre naturali o di polvere di mattoni aumenta il corpo de lla velaturaconferendo alla coloritura una durata superiore. 24. La tinteggiatura dei giunti conferi sce alla muratura un effetto unitario che può essere arbitario. S i potrebbe conside­rare elevata l' altezza dei giunti es istenti sul tempietto del Vignola pari a circa 1,2 cm. 25 . Sono note le qualità di durata e resi stenza nel te mpo che i lateri zi hanno dimostrato agli agenti aggress ivi dell ' ambiente come gli acidi. Per le alterazioni sui lateri zi, vedi C. Manganel­li de l Fà, F. Olmi , A. Pase tti , <<1 lateri zi: caratteri zzazion'e e fenomeni di alterazione», Arkos, n. I , pp. 4-9. 26. «Ammonio bicarbonato (50 gli) + E.D.T.A. te trasodico (50 gli) applicati con impacco di polpadi cellulosa esepiolite» (ri cetta dei signori Mora per materiali lapidei). P. R . David, G . De Monte e C. Giovannone, «Scelte metodolog iche e ... », 1994, nota 19. 27. S i rende ev idente l' utilitàdi efficaci saggi di pulitura prev ia scelta dei trattamenti manutenti vi. 28 . C iò è stato verifi cato dall ' esterno della chiesa, ancora prima de lla conclusione dell ' attuale restauro, dopo la pulitura ad impacchi sui finachi della chiesa. Da notare ladifferenza fra i ri sultati sull ' aspetto del prospetto sini stro dove, dopo la pulitura , è venuta alla luce una superfici e con meno tracce di resti di fini ture che que lla de l lato opposto. Questa di fferenza è dovuta in parte a che questo lato era stato, prima intonacato per esse re diventato parte dell ' interno della prima sagres ti a (costruita quando la chiesa è di ventata parrocchia ne11 561) e poi demolito e accuratamente scalpellato nel 1806 dal Valadier. AI posto della vecchia sagrestia è stata costruita nel 1826 la struttura attuale . 29. Sceg liendo in casi spec ifi ci di non intervenire con la pulitura de lle cortine, rimane comunque l' intervento sui le tti di malta , che rappresentano una delle parti piil alterate delle cortine in mattoni faccia a vista. Come è noto, nel tempo la coes ione della malta si tende a perdere, in un processo di alterazione relative alla qualità dell ' impasto, alla posa in opera ed a particolari fattori esterni. Il restauro di tali giunti dovrebbe però anche qui tener conto della le ttura di ulteriori informazio­ni sui metodi di finitura (stilatura e alli sciaturadei giunti a filo della parete, a gola incavata , a spiovente o a scarpa) , sui saggi per l' anali si delle malte e sui process i di degrado stesso (umidità, ri schi statici , erosione, e tc .) mantenendo in parte con l' intervento manutenti vo la concavità dell ' erosione, ed even­tualmente scurendo la malta per evitare toni troppo chiari ri spetto ai mattoni invecchiati. 30. In general e, le scialbature a tinta sui prospetti non hanno una ev idente reversibilità , malgrado siano tinte acalce, come sembra dimostrare lo stato delle scialbature di prospetti in mattoni reali zzate in precedenza. Ricordiamo quelle del palaz­zo del Parlamento a Montecitorio o quelle di palazzo Mass i-1110 , presso la stazione tennini a Roma. 31. C. Brandi , Teoria del restauro , 1977, p. 100. 32. G. Carbonara, interve nto alla presentazione del volume speciale de l Bollellinod 'arte: «L ' Istituto Centrale del Restau­ro per Palazzo Te» (a cura di E . Guiducci , Roma, 1994) tenutosi all ' Accademia San Luca di Roma il 16.3 .95.


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