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La corte, la quale altro non è, che uno spettacolo, hor Comico, e’l piu delle volte Tragico:...

Date post: 02-Feb-2023
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La corte, la quale altro non è, che uno spettacolo, hor Comico, e’l piu delle volte Tragico: Nuovi documenti sugli ultimi anni di vita di Francesco da Milano For the English translation: “The Lute”, L, 2010, pp. 34-59. Franco Pavan Possediamo poche informazioni sugli ultimi anni di vita di Francesco Canova da Milano, e ancora non sappiamo esattamente cosa abbia causato la sua morte e dove il grande liutista sia scomparso. Nel corso di questo scritto cercherò di sviluppare alcune riflessioni, sulla base di nuovi documenti, che possono fare luce su alcuni particolari della vita del Milanese ma soprattutto aprire nuovi scenari per una ricerca più puntuale su questi anni. Le informazioni finora conosciute riguardanti Francesco da Milano si riducono drammaticamente nel corso degli ultimi tre anni di vita del compositore. Sappiamo che nel mese di luglio del 1538 il liutista, appena sposato, viveva a Porta Nuova nella parrocchia di San Fedele, a Milano, con la moglie Clara Tizzoni, dividendo l’abitazione con il padre Benedetto e con la moglie di quest’ultimo, Francesca de Magni. Nell’aprile del 1540 dall’unione matrimoniale nasce Lelio Donato, l’unico figlio della famiglia Canova da poco costituitasi. Erano incerti finora i movimenti seguenti del nostro liutista. 1 1 Sulla biografia di Francesco da Milano si veda di chi scrive la voce "Francesco da Milano." Grove Music Online. Oxford Music Online, http://www.oxfordmusiconline.com/subscriber/article/grove/music/10093 , e relativa bibliografia; Franco Pavan, “Francesco (Canova) da Milano”, New Grove Dictionary of Music and Musicians, ed. Stanley Sadie, London. MacMillian, 2001, vol. IX, pp. 166-168.
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La corte, la quale altro non è, che uno spettacolo, hor Comico, e’l piu delle volte

Tragico: Nuovi documenti sugli ultimi anni di vita di Francesco da Milano

For the English translation: “The Lute”, L, 2010, pp. 34-59.

Franco Pavan

Possediamo poche informazioni sugli ultimi anni di vita di Francesco Canova da Milano, e

ancora non sappiamo esattamente cosa abbia causato la sua morte e dove il grande liutista sia

scomparso. Nel corso di questo scritto cercherò di sviluppare alcune riflessioni, sulla base di nuovi

documenti, che possono fare luce su alcuni particolari della vita del Milanese ma soprattutto aprire

nuovi scenari per una ricerca più puntuale su questi anni.

Le informazioni finora conosciute riguardanti Francesco da Milano si riducono drammaticamente

nel corso degli ultimi tre anni di vita del compositore. Sappiamo che nel mese di luglio del 1538 il

liutista, appena sposato, viveva a Porta Nuova nella parrocchia di San Fedele, a Milano, con la

moglie Clara Tizzoni, dividendo l’abitazione con il padre Benedetto e con la moglie di

quest’ultimo, Francesca de Magni. Nell’aprile del 1540 dall’unione matrimoniale nasce Lelio

Donato, l’unico figlio della famiglia Canova da poco costituitasi. Erano incerti finora i movimenti

seguenti del nostro liutista.1

1 Sulla biografia di Francesco da Milano si veda di chi scrive la voce "Francesco da Milano." Grove Music Online. Oxford Music Online, http://www.oxfordmusiconline.com/subscriber/article/grove/music/10093, e relativa bibliografia; Franco Pavan, “Francesco (Canova) da Milano”, New Grove Dictionary of Music and Musicians, ed. Stanley Sadie, London. MacMillian, 2001, vol. IX, pp. 166-168.

Nel corso del mese di agosto del 1541 si svilupparono i preparativi per l’abboccamento a Lucca fra

papa Paolo III e l’imperatore Carlo V, concordato in primo luogo per discutere dell’impresa di

Algeri. Le due corti confluirono nella cittadina toscana, coinvolgendo come di consueto altre

famiglie, principalmente quelle cardinalizie.2 Luca Contile, noto homo di lettere del Cinquecento

italiano, si recò nella piccola repubblica toscana al seguito del cardinale Agostino Trivulzio.

Nell’attesa dell’arrivo dell’imperatore Contile scrisse diverse missive, tra le quali una indirizzata a

Giulio Boiardo, conte di Scandiano, il giorno 30 agosto. Fra le righe di questo scritto possiamo

leggere:

[…]. E’ qui M. Francesco Milanese co’l suo fratello, & ho sentito far cose stupende questa matina, e non aveva altra audie[n]za che la mia, e in casa d’un de Buo[n]visi, che si diletta di sonare. […]3 Dalla lettura di un’altra missiva di Contile indirizzata a Boiardo possiamo affermare con certezza

che si tratti proprio del nostro musicista. Il 24 settembre il letterato scrisse al conte:

[…] Ho salutato M. Francesco Milanese à nome di V. S. egli è desideroso di ritornare in cotesti paesi; ha secondo me la sua maggior entrata à Salse, dove per quanto dice, vuol far sua vita, & in tutto allontanarsi da la corte, laquale altro non è, che uno spettacolo, hor Comico, e’l piu delle volte Tragico, e di piu, ch’io la battezzo Confusion di speranze, e certezza di continui fastidi. […]4 L’unico musicista di quel periodo conosciuto anche con il nome Francesco Milanese avente

interessi a Salso (l’odierna Salsomaggiore) era infatti Francesco Canova.5

Le testimonianze di Contile pongono numerosi interrogativi. Procediamo dunque con ordine.

Inoltre Mariagrazia Carlone, A Trip to Venice in 1530 by Francesco da Milano, “Journal of the Lute Society of America”, Vol. XXXIV, 2001, pp. 1-36. La stessa notizia biografica del liutista è trattata anche nell’articolo della medesima studiosa, New Biographical Information on Francesco da Milano, in “Recercare”, vol. XIII, 2001, pp. 79-96. 2 Sul soggiorno lucchese una buona sintesi si può leggere in Ludwg Von Pastor, Storia dei Papi dalla fine del Medio Evo, Vol. V, nuova versione italiana di mons. Prof. Angelo Mercati, Roma, Desclée & C. Editori Pontifici, pp. 432-435. 3 Delle Lettere | DI LVCA CONTILE | PRIMO VOLVME | diviso in due libri | Nella inclita citta di Pavia | Appresso Girolamo Bartoli. 1564 | Ad instantia di Gio:Battista Turbini Libraio. | cc. 36v-37r 4 Idem, c. 40r. il testo integrale delle lettere è posto in appendice. 5 Si veda Franco Pavan, Ex paupertate…art. cit., p. 369.

Nel suo Ragionamento sopra la proprietà delle imprese, pubblicato a Pavia nel 1574, il letterato

inserisce la propria impresa Alter Utra Monstratur Iter, e il proprio nome accademico, Il Guidato,

accludendo una breve biografia:

[…] Egli di x.anni fu allevato in Siena, attese alle lettere & alla musica, studiò in quella città in grammatica in Logica, in filosofia & nelle scientie mathematiche: de xxiii.anni andò a Bologna, quivi sotto il Bocca di Ferro studiò sette anni, fu molto amato dal signor Giulio Boiardo Conte di Scandiano, e menato da lui con molto favore in tutta la Lombardia, fu condotto a Roma dal gran Cardinale Trivultio detto Austino, quivi con molta comodità frequentò gli studi per sei anni, e fu ricevuto nella Accademia della Virtù dove era il concorso de primi splendori di tutti i tempi […] 6 Contile era nato nel 1505 a Cetona, nel territorio senese, ed era discendente dell’antica casata

Ildobrandina. Versato dunque anche nella musica, come dimostra la stessa sua impresa, visse dal

1528 al 1535 circa a Bologna per poi trasferirsi a Roma presso Agostino Trivulzio. Durante il

soggiorno bolognese ebbe modo di entrare nelle grazie di Giulio Boiardo, il destinatario delle lettere

prima citate. Con il Conte viaggiò “in tutta la Lombardia”, e non è da escludere che in questi viaggi

possa avere conosciuto Francesco Canova, forse a Milano. Non va però ignorata la possibilità di un

incontro bolognese. Il 2 gennaio 1533, infatti, Giovanni Spataro scriveva a Pietro Aron le seguenti

parole dalla città emiliana:

[…] Messer Nicolao et Don Leonardo a V. E. mandano saluti senza fine, el quale messer Nicolao dice che Victorio dice che non vole venire qua, ma vole ogni modo andare a Roma a la partita del papa, et a questo l’ha esortato Francesco milanese, optimo sonatore de leuto. Et io ho parlato con el barba de esso Victorio, el quale è canonico del nostro Sancto Petronio, el quale dice che el reverendissimo Cardinale da Campeggio ha tolto Victorio in protectione, et vole che vada a Roma. […]7 Dunque Francesco Canova si trovava nella città felsinea durante l’incontro fra Clemente VII e

l’imperatore Carlo V, ed in questo periodo potrebbe aver incontrato Contile, sicuramente attento e

6 Ragionamento | di Luca Contile | sopra la proprietà delle | imprese con le particolari | de gli Academici Affidati | et con le interpretazioni | et croniche. | Alla Sac. Cat. del Re Filippo | In Pavia l’anno M D LXXIIII, cc. 82v-83r. Su Contile si legga AA.VV., Luca Contile da Cetona all’Europa, Atti del Seminario di Studi, Cetona 20-21 ottobre 2007, a cura di Roberto Gigliucci, [Roma] Vecchiarelli Editore, 2009; va ancora però consultato Abd-El-Kader Salza, Luca Contile uomo di lettere e di negozi del secolo XVI, contributo alla storia della vita di corte e dei poligrafi del 500, Firenze, Carnesecchi e Figli, 1903. 7 Si veda A Correspondence of Renaissance Musicians, ed. by Bonnie J. Blackburn, Edward E. Lowinsky, Clement A. Miller, Oxford, Clarendon Press, 1991, p. 612. Gli autori di questo studio riconoscono in Victorio lo studente al quale Spataro legge nel 1532 il Toscanello di Aron, e che entrerà in seguito al servizio del potente cardinale Nicolò Ridolfi: si veda ibidem, p. 1016.

partecipe ad un avvenimento di tale portata. Secondo l’ipotesi di Guido Rebecchini il liutista

potrebbe essere giunto a Bologna dopo essere entrato a far parte della famiglia di Ippolito de’

Medici, reclutamento che sarebbe avvenuto a Venezia contemporaneamente a quelli di Francesco

Berni e Giovan Francesco Valier, entrambi legati alla famiglia di Gian Matteo Giberti, al momento

del ritorno del cardinale fiorentino dal disastroso impegno bellico in Ungheria. Ippolito era giunto a

Venezia il 18 ottobre 1532, dove era stato subito ospitato nella casa di Murano del Valier, e aveva

lasciato la città della laguna il 31 dello stesso mese diretto a Mantova, dopo essersi fatto ritrarre da

Tiziano. Pietro Bembo ci informa del passaggio da Padova di Ippolito, con al seguito la sua

famiglia, comprendente sicuramente il Valier. Il cardinale de’ Medici si fermò poi un mese nella

città di Virgilio, trascorrendo il proprio tempo fra cacce e feste organizzate principalmente da

Giulio Romano, ricongiungendosi con l’Imperatore. Da lì raggiunse Bologna, dove arrivò il 13

dicembre.8 L’imperatore ripartì il 28 febbraio 1533, la corte papale il 10 marzo, volgendosi a Roma

per la via di Ancona. 9

Contile dunque potrebbe aver incontrato a Bologna il liutista, o forse, chissà, rinsaldato un

precedente incontro. D’altronde i legami con la città emiliana di Francesco Canova potrebbero

essere meno tenui di quanto sembrino, vista la familiarità del musico segnalata dal Bandello con la

corte, pur milanese e di fuoriusciti, di Alessandro Bentivoglio e di Ippolita Sforza.10

Infine, resta totalmente aperta l’opzione di un incontro fra Contile e Francesco nell’Urbe, data la

sicura presenza di entrambi i soggetti, pur se a diverse riprese, fra il 1535 e il 1541, anno delle

lettere lucchesi.

La dimestichezza e la familiarità con la quale Contile si rivolge a Giulio Boiardo a proposito di

Francesco da Milano ci fa presagire una conoscenza diretta fra il nostro musicista e il conte di

8 Il rapporto tra il Cardinal de’ Medici e Francesco da Milano è parzialmente ricostruito nello studio di Guido Rebecchini, « Un altro Lorenzo » Ippolito de’Medici tra Firenze e Roma (1511-1535), Venezia, Marsilio, 2010, in particolare pp. 200-201, 214 e relativa bibliografia. 9 Ludwig von Pastor, op. cit., p. 434. 10 Si veda l’articolo di chi scrive, Concezione e nascita dell’Intabolatura de leuto de diversi autori di G. A. Casteliono (1535-1536), di prossima pubblicazione.

Scandiano. Nipote del grande letterato Matteo Maria, il Boiardo aveva dato di piglio alla

ristrutturazione della Rocca grazie anche, e forse soprattutto, agli interessi letterari e artistici della

giovane moglie Silvia Sanvitale (c. 1512-1584), convocando presso di sé Nicolò dell’Abate proprio

negli anni intorno alla corrispondenza lucchese (1540-1542) per affrescare, secondo un programma

iconografico stringente, il camerino del castello. Negli affreschi, staccati e riportati su tela ed ora

esposti presso la Galleria Estense di Modena, si possono ammirare episodi tratti dall’Eneide, ma

anche uno spettacolare ottagono a soffitto realizzato seguendo la suggestione della camera degli

sposi mantegnesca, all’interno del quale si trovano raffigurati diversi musicisti e i membri stessi

della famiglia, fra cui Boiardo, Silvia Sanvitale nell’atto di cantare a libro, e la madre di

quest’ultima, Laura Pallavicina. Altri frammenti recano personaggi intenti a suonare strumenti,

donando così una suggestione anche di camera della musica alla camera picta della Rocca. Boiardo,

che come abbiamo visto aveva preso sotto la sua protezione Contile a Bologna, era feudatario

estense.11 I suoi legami con la corte di Ferrara furono costanti e assidui, soprattutto, almeno fino al

1541, con Renata di Francia. Non rimase certo senza eco l’ormai accertata presenza di Calvino a

Scandiano nel corso del 1536, dove il riformatore giunse proprio direttamente dal circolo di Renata

e da dove si sarebbe poi portato oltralpe.12 Un altro importante interlocutore a corte era Ippolito II,

senza dubbio sostenitore del partito filofrancese e grande amante delle arti. La problematica

11 Sulla notevole bibliografia relativa alla famiglia Boiardo Sanvitale e la Rocca di Scandiano si veda almeno: Erika Langmuir, Arma Virumque…Nicolò Dell’Abate’s Aeneid Gabinetto for Scandiano, “Journal of the Warburg and Courtauld Institutes”, vol. 39 (1976), pp. 151-170; George Nugent, Anti-Protestant Music for Sixteenth-Century Ferrara, “Journal of the American Musicological Society”, vol. 43, n. 2 (Summer, 1990), pp. 228-291; Katherine A. McIver, Matrons and Patrons: Power and Influente in the Courts of Northern Italy in the Renaissance, “Artibus et Historiae”, vol. 22, n. 43 (2001), pp. 75-89; Diego Cuoghi, L’Eneide a Scandiano, una ipotesi iconografica, in I luoghi di Nicolò dell’Abate. Pitture murali e interventi di restauro, Atti del Convegno, Interlinea Edizioni, 2007, pp. 107-126. 12 Si veda, tra gli altri, a questo proposito, Adriano Prosperi, Tribunali della coscienza. Inquisitori, confessori, tribunali, Torino, Einaudi, 1996, p. 35 e seguenti. Particolarmente interessante è l’atteggiamento rilevato presso la corte di Renata di Francia di “Gianetto cantore francese” che il venerdì santo di quel 1536 al momento dell’adorazione della croce “essendo ogniuno secondo il costume andato ad adorare la croce el predetto Gianetto non solo non vi andò ma…si partì con demonstrare di dispregiare et di tener (poco) conto de la fede di Cristo”. La corte di Renata “maculata di eresia” comprendeva anche il poeta Clément Marot.

presenza di Calvino a Scandiano e il legame forte con il partito francese spinsero Boiardo, al

momento della stretta inquisitoriale e dopo i fallimenti dei colloqui di Ratisbona del 1542, a

chiedere a Jacquet di Mantova di scrivere il mottetto anti-luterano Cantemus, da eseguire

probabilmente per il passaggio di Paolo III e di suo nipote Alessandro dalla Rocca nel giugno e nel

luglio del 1543.13 La corte papale si era infatti spostata a Busseto per incontrare Carlo V, e non

aveva disdegnato di visitare il castello e di sostarvi, anche per ammirare lo spettacolare ciclo di

Nicolò dell’Abate dedicato all’Eneide. Non rimangono purtroppo molte tracce di musicisti

regolarmente salariati da Boiardo: siamo certi della presenza di Jugdulus (Tuttovale) Menon grazie

ad un atto notarile del 16 luglio 1543 nel quale viene definito “[…] Ecc.mo musico Dominus

Jugdulus Menon Franchus […] familiarii Ill.mo D. Co. Julii Boiardi […]” e di un certo Minolo,

presente a corte nel 1540. Non ci sono però dubbi circa l’interesse della famiglia Boiardo-Sanvitale

nei confronti della musica: infatti oltre agli affreschi superstiti possiamo ammirare, in una incisione

di un’altra opera ora persa di Nicolò Dell’Abate, l’attività musicale della famiglia stessa.14

Forse non casualmente intrecciano di nuovo la biografia di Francesco da Milano figure fortemente

legate al partito francese in Italia e ad una “irregolarità” religiosa non sconosciuta ad altri

personaggi legati al liutista milanese. A questo proposito potrebbe non essere del tutto casuale la

presenza del liutista in casa di “un dei Buonvisi” a Lucca, come scrive Contile nella prima delle sue

lettere. La famiglia mercantile dei Buonvisi era uno dei fuochi più potenti e antichi della

Repubblica toscana, con interessi nei fondaci e nei mercati di tutta Europa. La città maggiormente

legata a Lucca a causa del commercio era però Lione, dove i Buonvisi, come molti altri lucchesi,

vivevano come in una seconda patria.15 E’ certamente complesso riuscire ad individuare quale

membro della famiglia potesse aver ospitato Francesco da Milano in quella mattinata di fine agosto,

anche se forse il maggiore indiziato potrebbe essere Ludovico Buonvisi, fratello di Martino e che

13 George Nugent, art. cit., passim. 14 Georg Nugent, art. cit., p. 259, n. 64; e p. 260 per l’incisione relativa all’attività musicale della famiglia Boiardo. 15 Su Lucca nel ‘500 e l’importanza della famiglia Buonvisi si veda l’ormai classico studio di Marino Berengo, Nobili e mercanti nella Lucca del Cinquecento, Torino, Einaudi, 1974.

sarà Segretario della Repubblica nel 1542. Egli fu con grande probabilità la persona più attenta alle

lettere e alle arti nell’ambito della grande famiglia lucchese, come testimonia il suo ruolo di primo

piano già nelle interessantissime Forcianae Quaestiones di Ortensio Lando, stampate a Lione nel

1535 e a Venezia nel 1536 (con la falsa indicazione di Napoli come luogo di edizione) ma che

riflettono i dialoghi svolti presso la Villa Buonvisi a Forci, nei pressi di Lucca.16 Fra gli altri

protagonisti delle Quaestiones troviamo anche Martino Gigli. Quest’ultimo, in collaborazione con

Ludovico, avrebbe dovuto finanziare la traduzione dell’opera omnia di Erasmo, un progetto

senz’altro ai limiti dell’ortodossia nell’Italia che si avviava alla metà del Cinquecento. E’ ancora

Ortensio Lando che ci informa di questo progetto in un’opera data alle stampe nel 1540, In

Desiderii Erasmi Roterodami funus: l’avvio di questo programma letterario potrebbe essere stato il

libricino Dialogo erasmico di due donne maritate, in nel qual l’una mal contenta del marito si

duole, l’altra la consiglia e con efficaci esempi la induce a ben vivere, che avrebbe visto la luce a

Venezia nel 1542. Lucca si avviava proprio in quegli anni a divenire uno dei centri principali della

diffusione delle idee riformate, e non casualmente Ortensio Lando, uno dei poligrafi più noti

dell’Italia cinquecentesca e noto propugnatore in Italia delle idee erasmiane aveva deciso di

trascorrervi del tempo già nel 1535 ed avervi in questo modo stretto contatti duraturi. Nelle

Forcianae Quaestiones il punto più spinoso riguardante la fede non erano i velami erasmiani, ma

sicuramente i forti riferimenti luterani, particolarmente negli accenni alla salvezza ex sola fide che

si affacciano con grande chiarezza nella parte terminale dell’opera. Richiami evidenti agli scritti di

Cornelio Agrippa e i durissimi attacchi alla Spagna – la bestia imperiale secondo le parole di Lando

16 Su Ortensio Lando si veda l’ottima voce di S. Adorn, raccesi - S. Ragagli nel Dizionario Biografico degli Italiani : http://www.treccani.it/enciclopedia/ortensio-lando_(Dizionario-Biografico)/ e relativa bibliografia. Per i dialoghi avvenuti a Forci si veda: Forcia | nae quaestiones, in | quibus varia Italorum ingenia expli | cantur, multaq[ue] alias citu | non indigna, Autore Philalete Polytopiensi Cive, Neapoli [sic, ma Lione] excudebat Martinus de Ragusia. Anno. M. D. XXXVI. Una traduzione italiana del testo è consultabile in Le Forciane Questioni nelle quali i varii costumi degli italiani e molte cose non indegne da sapersi si spiegano di Filatete Cittadino Politopiense (Ortensio Lando), tradotte da Giovanni Paoletti, Venezia, Dalla Tipografia di Sante Martinengo, 1857. Sul progetto di traduzione in volgare delle opere di Erasmo da parte di Ortensio Lando si veda Silvana Seidel Menchi, Erasmo in Italia 1520-1580, Torino, Bollati Boringhieri, p. 189.

– contribuiscono a fare di questo testo di ambientazione lucchese una pagina con chiari influssi

riformati. Anche non volendo accettare l’identificazione del Buonvisi ospite di Francesco da Milano

con Ludovico, dobbiamo comunque tenere in considerazione che la famiglia mercantile era nella

Repubblica di Lucca un organismo strettamente circoscritto e con legami fortissimi al proprio

interno. Il fratello di Ludovico, Martino, uomo di altrettanta rilevanza politica essendo divenuto

Gonfaloniere e avendo fatto parte del consiglio degli Anziani, partecipa ai dialoghi tenuti a Forci,

condividendo quindi lo stesso humus culturale; Vincenzo - fratello di Antonio, banchiere a Londra e

amico stretto di Tommaso Moro – che sarà addirittura coinvolto in un processo inquisitoriale per

questioni di fede nel 1551, fu in stretti rapporti con Lando già dal 1534, quando entrambi vivevano

a Lione.17 Per il filone filo-francese non può essere inoltre un caso che nelle Forcianae Quaestiones

Lando facesse riferimento, fra le donne milanesi versate nella musica, a Faustina Maggiolini.

Moglie di Giovan Francesco Stampa, aveva ricevuto insieme al marito in dono da parte di

Francesco II Sforza il giardino di Porta Vercellina a Milano che già era appartenuto a Leonardo da

Vinci ed in seguito all’allievo di quest’ultimo Salaino. Proprio in Francia Giovanni Francesco aveva

contratto un debito di 50 scudi con Salaino, debito rimasto insoluto a causa della morte violenta del

pittore avvenuta il 19 gennaio 1524.18

Pur se non siamo a conoscenza di contatti fra Giulio Boiardo e Ortensio Lando, certo non può

passare inosservata la menzione di “Tutto vale Menon Francese abitatore di Correggio huomo

singolare” a poche righe dall’annotazione “Fra[n]cesco da Melano hebbe gra[n] lode nel toccare il

17 Per i rapporti fra Lando e la famiglia Buonvisi si veda Forciane Quaestiones, passim; inoltre Silvana Seidel Menchi, op. cit.. 18 Si veda Forcianae Quaestiones, op. cit., c. 16v: « […] Anna Anglica tam excellens fuit: ut redderet saxo stupidiores qui audirent. Clarissimae fuerunt illae duae filiae amatoris Cathalani: nostra verò aetate in urbe Mediolano quot foeminas: bone Deus? Reperies: no[n] solu[m] nataliu[m] sple[n]dore sed musices peritia illustres: è multis: non[n]ullas numerabo: in primis Blancam Mainam: Anastasiam Cotta[m]: Iulia[m] Varisiam: Faustinam Maggiolinam: Ca[n]didam Archintam atq[ue] illius sorore[m] Margaritam. Laura Foppam: addo etia[m] Angelam Beccariam: ac Margaritam Cacherana[m]. […]». Per il giardino di Salaino si veda il fondamentale lavoro sul mecenatismo lombardo di questi anni di Rossana Sacchi, Il disegno incompiuto. La politica artistica di Francesco II Sforza e di Massimilano Stampa, Milano, Led, 2005, vol. II, p. 409, nota 63.

liuto” inserita nell’edizione giolitina dei Sette libri de | cathaloghi a’ varie cose | appartenenti […],

pubblicata da Lando a Venezia nel 1552, e che sottolinea una probabile conoscenza diretta del

musico che era stato al servizio del conte di Scandiano.19

Francesco da Milano si trova così nuovamente a contatto con ambienti che volgono uno sguardo più

che attento alla riforma, oltre alle amicizie con Berni, Valier (che sarà giusitiziato nel 1542 per i

suoi segreti rapporti con la casa Valois), Giovan Francesco Bini, Francesco della Torre, e il

Galeazzo Florimonte del periodo pre-tridentino.20 Inoltre si evidenziano ancor più quei rapporti resi

espliciti dai pagamenti del Re Cristianissimo nel corso dell’incontro di Nizza del 1538 con la

corona di Francia, palesi anche grazie ai legami della famiglia Canova con la chiesa più fortemente

filo-francese di Milano, San Nazaro in Brolio, roccaforte della famiglia Trivulzio. 21

Ancor più sensibili dovettero essere i rapporti con la Francia del fratello di Francesco, Bernardino,

che allora risultava canonico residente presso la chiesa collegiata milanese e che alla fine del 1528

aveva con grande probabilità viaggiato in Francia al fianco di Jean Conseil.22 Fu lo stesso

Bernardino ad accompagnare Francesco a Lucca, essendo l’altro fratello del grande liutista,

Giovanni Battista, morto prima o durante il 1536. Siamo già a conoscenza di una collaborazione in

ambito musicale fra Bernardino e Francesco, avvenuta in casa di Monsignor Valier nel gennaio del

1530, che come abbiamo visto era al soldo di Francia.23 Bernardino comunque non disdegnava

affatto la possibilità di fare affari anche con persone fortemente legate all’impero. E’ il caso di uno

19 Sette libri de | cataloghi a’ varie cose | appartenenti, non solo | antiche, ma anche | moderne: opera | utile molto | alla | Historia, et da cui pren=|der si po materia di fa=|vellare d’ogni proposito che ci | occorra. In Vinegia appresso Gabriel | Giolito de’ Ferrari, | e fratelli | MDLII, p. 512. Sulle fonti dei Sette libri si veda Paolo Cherchi, l’Officina del Testore e alcune opere di Ortensio Lando, “MLN”, Vol. 95, n. 1, Italian Issue, (Jan. 1980) pp. 210-219, e dello stesso autore La fonte dei Cathaloghi di Ortensio Lando, in “Studi e problemi di critica testuale”, XVIII, 1979, pp. 135 seguenti, dove si dimostrano i principali debiti nei confronti dellOfficina di Jean Tixier de Ravisy. 20 Si veda di chi scrive Ex pauperate evasit: Francesco da Milano et sa famille, in Le Concert des Voix et des Instruments à la Renaissance, a cura di Jean-Michel Vaccaro, CNRS, Paris, pp. 361-370. 21 Franco Pavan, Francesco Canova and his Family in Milan: New Biographical Findings, “Journal of the Lute Society of America», XXIX, (1991), pp. 1-13. 22 Ex paupertate evasit, art. cit., p. 366. 23 Mariagrazia Carlone, A Trip…art. cit., pp. 1-36.

scambio livellario che si procurò con Bernardo Scaccabarozio, maestro della Zecca imperiale di

Milano, nel corso del 1537.24 Questo contratto rivela una familiarità fra Scaccabarozio e Bernardino

Canova, che può aver portato quest’ultimo ad ammirare le opere dipinte presso le case della Zecca e

la piccola, ma estremamente rilevante collezione pittorica raccolta in quelle stanze. Una descrizione

degli interessi artistici di Scaccabarozio ci è fornita da Vasari, che elenca fra le altre opere un

importante lavoro di Bramantino, già impegnato nelle opere presso San Nazaro in Broglio della

maestosa Cappella Trivulzio:

“[…] dipinse nel cortile della Zecca di Milano a fresco, in una facciata, la Natività di Cristo Nostro Salvatore […]”; ed inoltre “[… Leonardo fu imitato] molto bene da Cesare da Sesto, anch’egli milanese, e fece […] un gran quadro che è nelle case della zecca di Milano, dentro al quale, che è veramente copioso e bellissimo, Cristo è battezzato da Giovanni. E’ anco di mano del medesimo nel detto luogo una testa d’una Erodiade con quella di San Giovanni Battista in un bacino, fatte d’un bellissimo artificio […] Di mano del medesimo frate [Girolamo Bonsignori] ho veduto nella medesima casa della Zecca di Milano un quadro ritratto da un di Lionardo, nel quale è una femina che ride et un San Giovanni Battista giovinetto, molto bene imitato. […] Di mano di Giangirolamo Bresciano [Savoldo] si veggono molte opere in Vinezia et in Milano, e nelle case della Zecca sono quattro quadri di notte e di fuochi, molto belli. […]”.25 Le case della Zecca si trovavano fra le attuali Via del Bollo e Via della Zecchia Vecchia, a due

passi dall’abitazione milanese di Pietro Paolo Borrono.26 I quadri ad oggi identificati della

24 Archivio di Stato di Milano, Fondo Registri del Fondo di Religione, Registro 11f, c. 213 [Prebenda Canonicale S. Gio Battista /Livello attivo da L[ire] 27: in: in: [sic!] contanti posto sopra Beni di Liscate / Pieve di Settala, Cassetto n. 11, n. 7] Cambio seguito trà il Sig. Bernardo Scacabarozio del q[uonda]m Sig. Luiggi p[er] una parte et il Sig. Bernardino de Canova f[iglio] del Sig. Benedetto Can[onico] Prebenda[to] della Chiesa Colleg[ia]ta di S. Nazaro in Broglio di Milano à nome della sua Cano[nica]le Prebenda sotto il Titolo di S. Gio[vanni] Evangelista p[er] l’altra nel quale p[er] parte del d[et]to Sig[nor] Can[onico] si assegna a d[et]to Sig. Bernardo il diretto Dominio di quelle L[ire] 27 Imp[eriali] che ogni anno si pagava a d[ett]o Sig[gno]r Canonico sopra certi beni di Ruppinello Diocesi di Milano descritti nell’Istrom[ent]o nell’Istrom[ent]o [sic!] rogato da Galeazzo Visconti l’anno [manca] et da d[ett]o Sig. Bernardo si assegna à d[ett]o Sig[nor] Can[oni]co à nome come sopra un diretto Dominio, e livel possesso de L[ire] 27.12 sopra certi beni siti nel territorio di Liscate p[iev]e di Settala Ducato di Milano in vigore d[ett]o Intrstrom[ent]o rogato da Andrea Corradi Nott[ai]o di Mil[an]o descritti nell’Istrom[ent]o di Cambio Stipulato da Gio[vanni] And[re]a Confaloniero Not[ai]o Arciv[escovi]le di Mil[an]o _____13 Giugno___1537 25 Si veda a questo proposito Rossana Sacchi, op. cit., Vol. I, pp. 87-92. 26 Si veda Franco Pavan, L’Officina delle Intavolature. La societas milanese di Pietro Paolo Borrono e Giovanni Antonio Castiglione, in Francesco da Milano-Pietro Paolo Borrono, Intavolatura di Lauto, Sala Bolognese, Forni Editore, 2002, p. V. Anche l’articolo di chi scrive

collezione Scaccabarozio sono Il Battesimo di Cristo di Cesare da Sesto, ora nella collezione

Gallarati Scotti e, con non altrettanta certezza ma con alta probabilità, il San Matteo con l’Angelo di

Savoldo ora al Metropolitan Museum di New York. Alessandro Conti ha con notevole arguzia e

solidi argomenti riconosciuto nella “femina che ride” di mano del Bonsignori una replica della

Gioconda, così come il “San Giovanni Battista giovinetto” in una copia del quadro di Leonardo

oggi al Louvre.27 Possiamo così sapere che nell’immaginario artistico di Bernardino Canova, oltre

alle opere d’arte romane e veneziane, vi erano echi profondi della cultura artistica lombarda.

Scaccabarozio fu in seguito in contatto diretto anche con il potente cardinale de Granvelle, che era

allora in stretta vicinanza con Adrian Willaert per questioni artistiche, per la fusione di ben seicento

medaglie recanti il motto DVRATE, il simbolo del Granvelle tratto direttamente dall’Eneide e posto

in musica in seguito dallo stesso Willaert nella composizione O socii durate.28 Interlocutore fra

Scaccabarozio e Granvelle fu Marco Antonio Patanella, canonico di Santa Maria della Scala che

avrà la sua lapide sepolcrale a pochi passi da quella di Francesco da Milano all’interno della chiesa

collegiata milanese.29

Non possediamo purtroppo un inventario dei beni posseduti dal ramo maschile della famiglia

Canova, ma solo un breve elenco relativo ai possedimenti di Francesca de Magni, l’ultima moglie di

Benedetto, padre di Bernardino e di Francesco. Fra gli oggetti posseduti dalla donna possiamo

annotare:

Concezione e nascita dell’Intabolatura de leuto de diversi autori di G. A. Casteliono (1535-1536), di prossima pubblicazione. 27 Alessandro Conti, Osservazioni e appunti sulla «Vita » di Leonardo di Giorgio Vasari, in kunst des Cinquecento in der Toskana, a cura di Monika Cämmarer, München, Bruckmann, 1992, pp. 23-36. 28 Cfr. Ignace Bossuyt, O Socii Durate: A Musical Correspondence from the Time of Philippe II, “Early Music”, vol. 26, n. 3 (Aug. 1998), pp. 432-444. 29 MEMORIE ANTICHE | DI MILANO | E d’alcuni altri luoghi dello Stato, | raccolte, e dedicate | AL SIG. CARLO GIROLAMO CAVATIO |DELLA SOMAGLIA | Dal P. D. Puccinelli Decano Cassinense | Indagatore delle Antichità Venerande. | In Milano, nella Reg. Duc. Corte, per Gio. Battista, e Giulio Cesare fratelli Malatesta Stampatori Reg. Cam. | Con licenza de’ Superiori, 1650, p. 117 n. 39: M. Anto. Patanella humanae conditionis memor sibi, & suis pos. die XX. Maij MDLVI per la lapide di Francesco e quella di supporto del padre Benedetto si veda oltre.

[…] tavorella una dove e dipinta la madona co[n] le sue ante […] uno officio da dona a la francixa ameniato doro […] u[n]a centura de ambra segnata di argento u[n]a corona di ambra segnata darg[en]to u[n]a centura de ambre negra corone 2 de ambre negre corona u[n]a de cristallo cu[n] drento u[n]a croxeta doro u[n]a dexena de ave maria de avollio u[n]a corona negra adorata u[n] bareta da puntino de broca darg[en]to u[n]a filza de coralli u[n]a altra filza di coralli più grossa da metere a collo […] collane annelle et altre zoiie qual a sua co[n]scientia dirà esser sue li sieno date. Una collezione d’oggetti suntuari e in qualche modo artistici certamente lontana dalle raccolte della

Zecca, ma comunque di un certo interesse per essere la raccolta appartenente alla moglie del capo

famiglia.30

Bernardino Canova e il più noto fratello Francesco quali altri musicisti avrebbero incontrato a

Lucca? Non possediamo molta documentazione a proposito, ma siamo certi della presenza di Perino

Fiorentino e Lorenzo (Spiriti) da Gaeta. I due musicisti si recarono nella repubblica toscana al

seguito di una parte della famiglia del cardinal nipote Alessandro Farnese, ma il 4 settembre si

trovavano ancora a Poggibonsi, pur se “con gli stivali per Castel Fiorentino”.31 A Roma i musici di

30 Archivio di Stato di Milano, Fondo Notarile, cart. 12393, [Notaio Giovanni Guglielmo de Pusterla di Francesco, 23 aprile 1551, testamento di Benedetto de Canova quondam Francesco] Inventario de le robbe et mobilia qual sono in caxa de m[esse]r Benedetto Canova maritto de m[adonn]a francescha di magni et dette robbe sono de ditta m[adonn]a franc[esc]a. 31 «[…] Sig.re Cardinale, Ancorché abbiate assassinata la famiglia con farla stare a Siena un dì e mezzo a tutto pasto a marzapani mal cotti, non resta però che non abbiamo preso piacere di 24 sospiri di messer Antonino impiagati per amor di madama Eufrasia Venturi: robba ch’ancora ha commosso Lorenzo da Gaeta, con tutto che a maggior pericolo fusse San Lorenzo, avendo a dormire con Perino citaredo; ma gran cosa è la teatinaria che sel tocca con la camicia, e quando la notte li galli cantano essi si trovano a caldo di lenzoli […] Da Poggibonzi, ad ore 18, con li stivali per Castel Fiorentino, die 4 Septembris 1541.» Paolo Giovio, Lettere, a cura di Giuseppe Guido Ferrero, ad iniziativa dell’Istituto Storico Italiano per l’Età Moderna e Contemporanea, Volume Primo (1514-1544), Istituto Poligrafico dello Stato, Libreria dello Stato, Roma, 1956, pp. 268-69. Torno sulla questione dell’identificazione di “messer Antonino”, che nel volume curato da me e da Mirco Caffagni, Perino Fiorentino, Opere per Liuto,Bologna, Ut Orpheus, 1996, p. IV, n. 9 avevo cercato di identificare con Antonio Brandici. Richard Falkenstein nel suo articolo Perino Fiorentino (1523-1552), His Life and Works, “Journal of the Lute Society of America”, Vol. XXXIV, 2001, pp. 37-100: 48, nota 49, aveva proposto il cantore della cappella papale Antonio Capello. Va tenuto però conto che Brandici fu alle dirette dipendenze di Alessandro Farnese presso San Lorenzo in Damaso fra il 1530 e il 1538 e poi

Castel Sant’Angelo avevano ottenuto il 26 agosto un pagamento per comprare un cavallo a testa per

recarsi a Lucca, e i musicisti “provisionati” nelle spese particolari di Paolo III erano stati pagati con

il consueto salario il 15, il 16 e il 17 agosto.32 Si trattava di Laura de Rogeris musica, del Siciliano

(Giovan Battista Sansone) e di Galeazzo Baldo: non sappiamo però se questi musicisti si siano

avviati anch’essi all’abboccamento lucchese. Se però così fosse si sarebbe radunato un gruppo

straordinario di liutisti e strumentisti. Conosciamo infatti assai bene le doti di Francesco da Milano,

di Perino Fiorentino e Galeazzo Baldi in relazione al liuto, così come del Siciliano con il violone e

di Lorenzo Spiriti sullo strumento da tasto.33 Bernardino Canova e Laura de Rogeris avranno

nuovamente nel giugno 1557: si veda Luca Della Libera, L’attività musicale nella Basilica di S. Lorenzo in Damaso nel Cinquecento, “Rivista Italiana di Musicologia”, vol. XXXII, 1997, n. 1, pp. 25-56: 56. Antonio Capello non avrebbe dovuto viaggiare con la famiglia del Cardinal Farnese, facendo parte della familia papale. 32Archivio di Stato di Roma, Camerale I, 1290, [c. 24: pagamento per giugno e luglio il giorno 13 giugno a Lorenzo da Gaeta, ducati 30] [c. 30: pagamento a Laura musica il 15 agosto, ducati 8] [c. 31: pagamento a Siciliano il 16 agosto, ducati 20] [c. 31: pagamento a Galeazzo, il 17 agosto, ducati 8]; c. 33 [26 agosto 1541] E piu � ottanta pagati alli musici di Castello q[u]ali S. S.ta gli dona p[er] co[m]prarse un Cavallo p[er] cadauno d[e] loro p[er] andar[e] co[n] sua beat[itudi]ne al viaggio di Lucca______� 80 b[aiocchi]_____ La mia trascrizione differisce per alcuni particolari da quella proposta da Alison Sanders McFarland, Papal Singers, the Musica Segreta, and a Woman Musician at the Papal Court: the View from the Private Treasury of Paul III, “Studi Musicali”, Anno XXIV-1995, pp. 209-230: 229, n. 82. c. 35 [4 ottobre, Galeazzo musico riceve 16 ducati per la sua paga di settembre e ottobre]. Potrebbe dunque Galeazzo essere rimasto a Roma durante i giorni spesi a Lucca dalla familia papale 33 Lorenzo Spiriti da Gaeta è fortemente legato in questi anni al Cardinale Alessandro Farnese anche a causa dell’incarico di organista che ricopriva presso San Lorenzo in Damaso. Si veda Luca Della Libera, art. cit., particolarmente p. 34. Spiriti fu l’organista salariato della Basilica dal 1539 al 1554, ma probabilmente già tra il 1524 e il 1526. Va ricordato che nell’aprile del 1559 farà il suo ingresso a S. Lorenzo in Damaso come maestro di cappella Johannes Matelart, che nello stesso anno pubblica l’ Intavolatura de leuto […] Libro Primo novamente da lui composto intabulato & corretto | & posto in luce, con gratia & privilegio de li Superiori, In roma per Valerio Dorico, l’anno M.D.LIX, che contiene sei (o sette) composizioni di Francesco da Milano alle quali lo stesso Matelart aggiunse una seconda parte di liuto. Su Sansone è tornato Anthony M. Cummings, Three Gigli: Medici Musical Patronage in the Early Cinquecento, “Recercare”, XV, 2003, pp. 39-71, particolarmente pp. 64-68. Cummings riproduce anche un’interessante incisione, seppur artisticamente assai modesta, raffigurante le sembianze del Siciliano, che non corrisponde affatto con le fattezze raffigurate da Orazio Vecellio nel quadro ora conservato alla Galleria Spada di

partecipato al convito probabilmente con il canto. Non va dimenticato, inoltre, che a Roma erano

presenti in quel periodo altri due liutisti: un non meglio identificato Marc’Antonio e il suo allievo

Alessandro. E’ forte la tentazione di riconoscere il Marc’Antonio or ora citato con Marc’Antonio

del Pifaro, autore di una intavolatura di liuto pubblicata a Venezia nel 1546.34 Infatti l’oroscopo di

quest’ultimo musicista è incluso nel Tractatus Astrologicus pubblicato da Luca Gaurico nel 1552,

volume che contiene carte astrali di altri liutisti gravitanti intorno alle corti romane, come gli

Roma e tradizionalmente associato al Sansone. Alcuni critici non accettano l’attribuzione ad Orazio, stabilendone la paternità nel pennello di Tiziano stesso e datando l’opera, incompleta, verso il 1515. Si ricorda, ancora una volta, la negletta testimonianza di Luca Gaurico su questo compositore: […] Franciscus Sanson Siculus [nato il 22 luglio 1518 secondo la carta astrologica inserita da Gaurico], philosophia[m] publice profitetur in Urbe cum salario 300. Ducatorum auri in auro, Astrorum non ignarus, Graece & latine doctus, Abbatiam possidet no[n] pauci emolume[n]ti in Calabris saltibus Ioannes Baptista eius frater maior natu, in violone pulsando clarissimus ab illustrissimus Cardin. Medices habuit perenniter 25. Aureos quolibet mense. Secundus frater Francisci, maior etiam natu est ignarus, sed exigit proventus Abbatiarum in Calabria, & procurat negotia domestica.[…]; in: LVCAE GAV= | RICI GEOPHONENSIS | EPISCOPI CIVITATENSIS, | TRACTATVS ASTROLOGICVS | In quo agitur de praeteritis multorum hominum | accidentibus per proprias eorum geni | turas ad unguem examinatis. […] Venetiis, Apud Curtium Troianum Navò. M D LII, c.60v. Già pubblicato in Ex paupertate evasit, art. cit., p. 365, nota 28. 34 Si veda Howard Mayer Brown, Instrumental Music Printed Before 1600. A Bibliography, Cambridge Mass., London, England, Harvard University Press, 1979/3, p. 86, 1546/13. In Luca Gaurico, op. cit., c. 83r possiamo trovare la seguente testimonianza: Marcus Antonius de Pifaris Bononiensis [segue tavola astrologica] Anno 1504 Martio D. H. M. 21 10 0 Horol. 20 16 16 P.M Mercurius in domo Iovis, & finibus Veneris, partiliter in oroscopo supputatus, & Venus ibidem, effeceru[n]t hunc Marcum Antonium Musicum clarissimum, praecipue in fidibus canoris pulsandis. Verum Sol, Martis, & Saturni sperali tetragono fauciatus oculorum aciem hebetabit, verumenimvero Saturno, & Mars in Cancro signo aqueo, in aquis vitae discrimina denuntiare videntur. Gaurico dunque sottolinea le capacità anche di cantore al liuto di Marc’Antonio del Pifaro. Sui pagamenti nei registri papali a Marc’Antonio e Alessandro si veda Alison Sanders McFarland, art. cit., p. 227. Per confondere ancor più le acque segnalo un Marc’Antonio liutista condannato a Milano al taglio della mano destra nel gennaio della 1548 per un episodio di aggressione. Si veda Christine Suzanne Getz, Music in the Collective Experience in Sixteenth-Century Milan, Aldershot-Burlington, Ashgate, 2005, p. 176.

appena nominati Perino Fiorentino e Francesco da Milano.35 Potrebbero essere stati presenti a

Lucca anche Marc’Antonio e il suo allievo?

Francesco da Milano, Lorenzo da Gaeta e Sansone si conoscevano molto bene, essendo vissuti

insieme presso la famiglia di Ippolito de’Medici. Perino Fiorentino era stato addirittura allievo e

creato, cioè servitore, del Milanese. Lorenzo Spiriti alla morte del “magnifico” cardinale risultava

essere addirittura creditore del prelato; Sansone al contrario riceveva, secondo la testimonianza di

Gaurico, una pensione mensile di 25 ducati d’oro lasciatagli dal porporato, a fronte dei 20 ricevuti

quale musico segreto di Paolo III nell’agosto del 1541.36

Nonostante i serrati colloqui fra il Papa e l’Imperatore circa l’impresa d’Algeri e la situazione

politica italiana, è assai probabile che i musici si siano esibiti di fronte ai due potenti della terra. La

famiglia di Alessandro Farnese era alloggiata presso il palazzo di Vincenzo Guinigi, banchiere e già

giovanissimo Gonfaloniere nel 1537; Contarini aveva scelto l’abbazia di San Frediano, dove era

allora priore Pietro Martire Vermigli, poi fuggito da Lucca al volgere del 1542 verso Zurigo

inseguito dalle accuse di eresia. Marcello Cervini, poi protagonista della prima fase inquisitoriale

romana, fu ospitato insieme alla famiglia del Papa presso il Palazzo Vescovile.37

E’ difficile individuare al momento quando possa essere avvenuto il secondo incontro fra Contile e

Francesco da Milano. Le due date apposte in calce alle lettere scritte a Boiardo dal letterato toscano

non corrispondono alle date accertate circa il giungere e gli incontri di Carlo V e Paolo III.

Possiamo dunque supporre che il colloquio si sia svolto dopo alcuni giorni dall’arrivo

dell’Imperatore, avvenuto il 12 settembre.

I legami con Salso della famiglia di Francesco da Milano furono resi noti da Monsignor Angelo

Mercati, e facevano principalmente riferimento ad un breve scritto da Paolo III nel 1539 in favore di

Benedetto, il padre di Francesco Canova, relativo alla conferma di un incarico ufficiale da svolgere

35 Luca Gaurico, op. cit.. In realtà non mancano nell’opera anche i riferimenti a personalità bolognesi. 36 Si veda Guido Rebecchini, op. cit., p. 215, nota 84. 37 Ludwig von Pastor, op. cit., p. 433.

presso la cittadina emiliana.38 Possiamo ora aggiungere qualche altro piccolo elemento. Il breve del

1539 era stato infatti preceduto da almeno un altro breve, dal quale veniamo a conoscenza di due

particolari importanti:

Benedicti Canova mediolanensis [col quale] dilecti filii Francisci Canova musici nati tui super hoc nobis humiliter porrectis precibus inclinati [conferma] ad beneplacitum nostrum [la deputazione che il suo predecessore Clemente VII aveva fatto di lui a] commissario Salsimaioris super fabbrica salis ad certum expressum tempus.39 Dunque la concessione era stata già assegnata da Clemente VII, ed era relativa alla carica di

commissario della fabbrica del sale, importantissima risorsa dei possedimenti di San Pietro. Da altri

documenti in nostro possesso, possiamo essere certi di periodi di residenza a Salso di Benedetto

Canova. Egli infatti dava incarico a Francesco Beloto di ritirare la metà della somma portata in dote

da Clara Tizzoni per il matrimonio con Francesco da Milano proprio da Salso:

[…] [A Ludovico Varesi, notaio in Milano] Molto Magnifico et magior mio onorando. Tuta volta che messer Francesco Beloto abi recepito L. 2000 da messer Francesco Tizono, de le quale vostra signoria fu rogato de l’obligo, quela sarà contenta casare detto obligo, che così sono contento, et a vostra signoria mi ricomando. Da Salso ali 15 di gienaro 1539. Tuto ali piaceri di vostra signoria Benedetto de Canova40

C’è da chiedersi se il Francesco Beloto coinvolto nell’operazione non sia la stessa persona,

fiorentina, che sarebbe entrata in confidenza con Girolamo Cardano, quest’ultimo estensore di uno

degli oroscopi del liutista Milanese.41 Inoltre Benedetto avrebbe ricordato una persona legata a

Salso, probabilmente di fiducia e di famiglia, nel suo testamento del 1551:

38 Angelo Mercati, Favori di Paolo III a musici (Giacomo Archadelt- Ivo Barry – Bartolomeo Crotti – Francesco [Canova] da Milano), “Note d’Archivio”, Vol. X, (1933), pp. 113-114. 39 Archivio Segreto Vaticano, Armadio XL, t. 49, c. 82 [breve di Paolo III del 12 novembre 1534]. Il documento risale ad un mese dopo l’elezione di Paolo III al soglio pontificio, denotando un tempismo notevole nella protezione da parte del nuovo pontefice nei confronti di Francesco da Milano. Si veda Angelo Mercati, Studi di storia e letteratura, Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 1982, Vol. II, p. 321, nota 32. 40 Archivio di Stato di Milano, Notarile, cart. 8011 (n. 5976). 41 Si veda Girolamo Cardano, Della mia vita, a cura di Alfonso Ingegno, Milano, Serra e Riva, p. 70. [titolo originale dell’opera De Propria Vita Liber, Amsterdam, 1654, p. 50: «[…] Praeter caeteros Hieronymi Guerrini Gemmarij Mediolanensis, à quo multa didici arcana, quae in libros,

[…]Item lego et indico Sanctina de Legnano abitante in loco de Salso inter Parma et Placentia libras centu[m] imp[e]r[iales] ei danda et solvendas semel tantu[m] post meu[m] decessu[m] […]42 Santina di Legnano compare anche nell’elenco prima ricordato dei beni appartenenti a Francesca de

Magni:

[…] cassa una vegia mezzana qual he de Santina […] […] u[n]a scoella daranio de santina43 Da questi pochi accenni possiamo dunque verificare che il legame della famiglia Canova con

l’attuale Salsomaggiore dovette essere forte. Non stupisce dunque l’accenno effettuato dal Milanese

a Luca Contile di volersi ritirare proprio in quella località, allontanandosi per sempre “dalla corte”,

che propongo di interpretare non necessariamente con una particolare familia, ma come un luogo

socio culturale connotato da regole e canoni riconosciuti e ben conosciuti dagli umanisti.

Espressioni e commenti simili a quelli del liutista milanese sono diffuse nelle carte di molti letterati

dell’epoca, fra i quali Girolamo Muzio, Bernardo Tasso e Annibal Caro, che scriverà di lì a pochi

anni delle disgraziate vicende di Pietro Paolo Borrono.44 Un locus non fictus, la corte, che arriva a

rubare persino l’anima a chi è costretto a servirvi. La testimonianza di Francesco da Milano, così

come riportata da Contile, ci aiuta però a conoscere un piccolo tratto della sensibilità del liutista,

desideroso, ormai sposato e padre di un piccolo bimbo, di ritirarsi lontano dal rutilante mondo delle

corti. Una ritrosia che forse può essere intuita già dal Capitolo indirizzatogli dall’amico Francesco

Berni nel 1528, in cui il poeta toscano lo accusa in tono bonario di essersi rifugiato a Piacenza senza

non ut qui a libris subripiunt contuli: & per eum Francisco Bellotto, Florentino insinuatus sum […»]. Non è forse inutile ricordare che Benedetto Canova si dedicherà alla produzione dell’oro e dell’argento filato: Archivio di Stato di Milano, Fondo notarile, cart. 12393, 21 gennaio 1551. Si veda Franco Pavan Ex paupertate evasit…art. cit., p. 370, n. 59. 42 Archivio di Stato di Milano, Fondo Notarile, cart. 12393, [Notaio Giovanni Guglielmo de Pusterla di Francesco, 23 aprile 1551, testamento di Benedetto de Canova quondam Francesco] 43 Ibidem. Il significato di “aranio” è “di rame”. 44 Su queste vicende si veda Geo Pistarino, Un episodio della vita di Pietro Paolo Borrono, “Rivista Musicale Italiana”, vol. LI, 1949, pp. 299-305 e Alessandra Bollini, L'attività liutistica a Milano dal 1450 al 1550: nuovi documenti, “Rivista Italiana di Musicologia”, vol.XXI, n. 1, 1986, pp. 31-60.

mai scrivere una lettera agli amici.45 Ancor più stringente mi pare possa essere l’annotazione,

seppur tardiva, di Federico Borromeo:

« 4. Furono 3 eccellenti Musici in un tempo. Filippo, Alberto, et Fran.co Milanese. Il primo superava gl’altri di Teorica, il 2.o di m.o [molto, mano?] il terzo superava et era superato da tutti dice et sonava con tanta energia che faceva intendere le parole spiccate delle Canzoni francesi che allhora si cantavano ».46 In Fran.co Milanese possiamo agevolmente riconoscere il nostro liutista, che evidentemente faceva

mostra di notevole modestia, affermando di “essere superato da tutti”. Borromeo ci offre anche

un’importantissima annotazione di prassi esecutiva, circa la capacità di far intendere le parole delle

chansons grazie all’energia posta nel suonare. Una pratica che oggi mi sembra in gran parte

disattesa dai liutisti.

Un’altra frase attribuita al Canova era stata posta in rima da Philippo Oriolo da Bassano nel suo

Monte Parnaso:

[…] Eravi anchor Francesco melanese, Che ragionando inseme col Bombello A se chiamo Bernardin veronese, Dicendo, star convienci hoggi in cervello, Che qui son chi andar pon per tutto’l mondo, E star co ogni grand’huom saldi al martello […]47 Un atteggiamento decisamente diverso rispetto al desiderio di tenersi lontano dalle corti. Si può

osservare che non necessariamente Oriolo conoscesse Francesco da Milano, e che comunque la

testimonianza del Bassanese risale agli anni relativi all’avvio della carriera del musicista.

Non sembra però che il liutista fosse riuscito in tempi stretti a liberarsi dal giogo cortigiano. Il 24

giugno 1543 Margherita d’Austria, moglie infelice di Ottavio Farnese, scrive al D’Avalos,

governatore di Milano:

[al signor Marchese del Vasto]

Illustrissimo signore

45 Per questi aspetti si veda la sintesi di Mariagrazia Carlone, A Trip…art. cit., passim. 46 Biblioteca Ambrosiana, G. 309 inf. (ca. 1620). Ringrazio sentitamente Robert L. Kendrick per la segnalazione. 47 Si veda H. Colin Slim, Musicians on Parnassus, “Studies in the Renaissance”, Vol. 12 (1965), pp. 134-163: 146. Lo studioso data il codice fra il 1519 e il 1525.

Havendo sua santita fatto gratia di certi benefitij di non molta valuta à messer Gabbriello casato gentil’homo et doctore milanese et à messer Francesco da milano musico, de quali avendo secondo dicono trovato impedito el possesso da uno che vi pretende ragione sopra, desidererieno che vostra signoria Illustrissima fussi contenta commettere al commissario apostolico (al quale portano un Breve di sua santita per pigliarne il possesso), che conosca sommariamente chi di loro a ragione, et a quello si lassino godere, et poi che dalli detti non si domanda senon il dovere, et complimento della iustitia, non ho possuto mancare raccomandargli à vostra signoria Illustrissima alla quale mi raccomando et offerisco che nostro signor Dio La prosperi, et preservi come desidera. Da Roma el di xxiiij di Giugno M.D.XXXXIJ al comando di vostra signoria Illustrissima. Margarite d’Austria48

I rapporti fra Margherita d’Austria, figlia di Carlo V, e Francesco Canova, potrebbero essere stati

favoriti dal fatto che il liutista fosse stato il maestro di Ottavio Farnese. Non va dimenticato inoltre

che Margherita era stata presente agli incontri lucchesi del 1541, avendo anche in quella occasione

potuto intrattenersi con la musica del Milanese. Dal documento si ricava che Gabriele Casati, che

poi sarà Presidente del Senato, e il nostro Francesco erano incappati in un normale contrattempo

legato alle nomine dei benefici, particolarmente frequente nel Ducato di Milano.49 E che il nostro

liutista, nonostante il matrimonio, aveva ancora voce in capitolo nella raccolta delle rendite

ecclesiastiche. Ma ci informa anche della sua presenza nella città eterna, pur se con l’apparente

intenzione di muovere verso Milano con il breve pontificio in tasca.

Siamo certi che il nostro musicista morirà prima del 21 settembre del 1543, data in cui il padre

Benedetto presenta un nuovo testamento dal quale risulta che il nuovo erede universale della

famiglia Canova è Lelio Donato, quondam Francesco. La data della scomparsa del liutista è indicata

da Luca Gaurico nel 2 gennaio del 1543, ma nei Registri dei Morti di Milano non risulta in quella

data, o nelle vicinanze d’essa, il decesso del musico. Il giorno 17 aprile, due giorni dopo la data

comunemente accettata per la morte di Francesco, compare la seguente indicazione:

48 Archivio di Stato di Milano, Potenze Estere 2 (Austria), n. p.. Pubblicato in Christine Suzanne Getz, Music in the Collective Experience in Sixteenth-Century Milan, Aldershot-Burlington, Ashgate, 2005, p. 279. 49 A questo proposito si veda l’ottimo studio di Paola Oldrini, Debolezza politica e ingerenze curiali al tramonto della dinastia sforzesca: il carteggio con Roma al tempo di Francesco II Sforza (1530-1535), in Gli Sforza, la Chiesa lombarda, la corte di Roma. Strutture e pratiche beneficiarie nel ducato di Milano (1450-1535), a cura di Giorgio Chittolini, Napoli, Liguori, [1989], pp. 291-340.

[…] Franciscus de Mediolano annorum 36, ex ptisi cronica, non suspectus [pestis] decessit, iuditio domini magistri Io. Luce della Cruce phisici […]50 Anche se si volesse accettare un’identificazione con il nostro musicista dobbiamo però tenere in

considerazione che egli nel 1543 aveva già compiuto i 46 anni; che nei Registri dei Morti veniva

sempre indicato il cognome del defunto; e che una personalità come quella del liutista avrebbe

ricevuto un’attenzione sicuramente maggiore nel definirne la personalità da parte del proto-fisico

Giovanni Luca della Croce.

In questo volgere di tempo è Paolo Giovio, in una lettera inviata a Alessandro Farnese, a ricordare

ancora il musico: la missiva risale al gennaio del 1543.

[…] In summa, Signor mio, voi che sete ricco di giudicio non crederete più niente di quello vedrete; e se sarà così come io spero, arei ardire dire che meritaria il loco e il premio respective, notanter, di Francesco da Milano; poiché si metteva li strivalli per andar a sonare la caparbia a Papa Leone e la Màmera al Cardinal de’Medici. […] Da Roma, 21 Ianuarii 154351 Il Vescovo di Nocera si spende nel corso di questo scritto in favore di un giovane Giorgio Vasari,

sostenuto al fine di poterlo far lavorare presso il Palazzo della Cancelleria, dove il Farnese viveva.

Qui, durante i lavori poi assegnati al pittore aretino, Giovio avrebbe voluto vedere affrescato

Giovanni Battista Sansone con il suo archetto in mano.52 Dalla prosa sempre al limite del manierato

argomentare del Vescovo sembrerebbe che egli voglia suggerire al Cardinal nipote di concedere a

Vasari “il loco e il premio”, cioè il ruolo e la rendita, che erano stati di Francesco Canova,

probabilmente presso la famiglia del Farnese, denotando in questo modo o l’allontanamento

definitivo da Roma e dalle corti dell’Urbe del liutista, o addirittura la scomparsa.

Nel corso del 1543 Giovanni Battista Sansone e il Milanese vengono ricordati insieme da Silvestro

Ganassi nella sua Lettione Seconda, apparentemente ignaro della morte del compositore al

momento della stesura del suo testo:

50 Archivio di Stato di Milano, Atti di Governo, Popolazione, reg. 92. 51 Paolo Giovio, Lettere, op. cit., pp. 303-305:303. 52 Si veda Anthony M. Cummings, art.cit., p. 68, n. 98.

[…] uno modo de sonar over pratticar il tuo diminuir & no[n] diminuir fora delli tasti cioe sul corpo del liuto & il violon alla estremita del manico come il peritissimo di tal istrome[n]to diro del violon un messer Alfonso da Ferrara, & un Messer Ioa[n]battista Cicilian io dico haverli veduto a far q[ue]llo che si puo mai far s’ul ditto Strome[n]to il medesimo un Messer Fra[n]cesco da Milano & un Messer Rubertino Ma[n]toano& certo no[n] si trova in fama hoggi di solo questi q[ua]ttro i[n] tal Strome[n]to e Stroma[n]ti & certissimame[n]te sono degni di gra[n]dissima laude si che io dico averli visto a pratticar tal Strome[n]ti di fuora de li tasti cioe sul corpo del liuto & alla estremita del manico della viola co[n] ta[n]ta agilita & effetto bono come se gel fusse stato li tasti posti alli sui termini […]53 La lapide dedicata dal padre Benedetto al figlio, un tempo conservata presso la collegiata di Santa

Maria alla Scala, pone altri interrogativi. Della presenza di un ricordo perpetuo del liutista in una

chiesa di giuspatronato imperiale, che stride con la vita passata da Francesco all’ombra di Francia,

ho già scritto in altra sede. Interessa sottolineare qui che un documento conservato presso

l’Archivio Storico Diocesano di Milano elenca la lapide del Canova fra i sepulcra mortuorum,

indicando così l’effettiva sepoltura nella città lombarda del grande liutista.54 E’ difficile però essere

certi circa la veridicità di questo testo, poiché non è datato e perché da un’analisi paleografica il

testimone sembra risalire al diciassettesimo secolo. Proprio a metà di quel secolo compare la prima

trascrizione nota in un testo a stampa della lapide del liutista, effettuata dal padre Puccinelli, che

reca la data in calce del 1544.55 Potrebbe essere dunque stato innalzato il sepolcro Canova un anno

o molti mesi dopo la morte di Francesco, proprio a causa di una scomparsa del musico avvenuta

lontano da Milano? Interrogativi che attendono per il momento ancora una risposta.

53 Lettione seconda pur della pratica di sonare il violone d’arco da tasti. Composta per Silvestro Ganassi del Fontego […] [al termine della Tabula: Stampata per lauttore proprio. Nel.M.D.XXXXIII], c. GIVv. Edizione in fac-simile, Sala Bolognese, Arnaldo Forni Editore, 1978. Trascritto anche in Anthony M. Cummings, art. cit., pp. 64-65, n. 92; e tradotto in inglese a p. 65. 54 Archivio Storico Diocesano di Milano, San Fedele XXVII, documento X (Elenco delle famiglie che hanno il sepolcro in detta chiesa)]. Ringrazio la professoressa Marina Toffetti per avermi consegnato una riproduzione del documento. 55 Memorie Antiche…op. cit., p. 115, n. 20 e 21: Francisco Canovae fidicini omnium omnis aetatis praestantissimo, quem Reges, ac Maximi Pontifices opibus, dignitateq; honestarunt Benedictus Pater P. MDXLIIII. La lapide di supporto del padre: Benedictus sibi, & suis V. F.. la parola dignitateq; della prima lapide va sciolta in dignitateque; Pater P., in Pater Posuit; la sigla V. F. della seconda lapide in Vivens Fecit. Nel testamento del 23 aprile 1551, Benedetto chiede: « […] Item volo statuo et ordino ac jubeo et mando […] cadaver meu[m] sepeliri debet in ecclesia domina S.ta Maria de la Scalla, in qua volo fieri debere septimum trigesimum et annuale. Item lego et indico illustrissi]me ecclesie seu R[everen]dis d[omi]nis preposito in Canonicis eiusdem, annu[m] fictu[m] libraru[m] quinq[ue] et par[um] duor[um] capon[orum] […]».

APPENDICE

AL CONTE GIULIO BOIARDO

Conte di Scandiano Per una lettera di V. S. mi vien commesso, ch’io le scriva alcuna cosa di novo, ma che d’ogni aviso, piu le dilettaria, se le mandassi qualche composition di Mons. Tolomei, persuadendosi ella che’l gusto de le stanze de gradi de la bellezza, la faccia secur di veder altri miracoli di quel soprahumano ingegno, il qual’ha molte cose, ma non se gli possano cavar di mano, si perche no[n] cura questo rumor d’ambitione, si ancora per non haver egli te[m]po di rivederle, e di correggerle. Dogliomi di non averlo potuto godere in questo viaggio, che fu il mio primo disegno di tenergli co[m]pagnia e gustarlo ben bene, massimamente che in atto simile si rappresentano molte e diverse materie. Imperò non s’è potuto havere questa ventura, perche stando à servigi del S. Duca di Castro, no[n] comportare S. Ecc. di vederselo mai troppo lontano, anzi in Roma spesso rimanevo ingannato sperando di ritrovarlo in casa, et era co[n] quel Sig. al qual mi fe baciar le mani un giorno, e sentilo giudiziosamente ragionare. Non stanno seco altri che vertuosi grandi, letterati famosi, e Capitani di gran nome, Si che Roma è piu che mai trionfante, nel governo di questo santissimo Papa, e nella conversatione di suo figliuolo, e suoi nipoti, co quali ha trattenimento ogni persona di valore. Però di qua[n]to piu desidera V. S. non ho modo hora di farla partecipe. Dir le posso che l’Imp[eratore] s’aspetta domane, e per tal cagione qui tutto’l mondo concorre, & benche questa città sia picciola, nondimento è tanto bene accasata & è tanto comoda e copiosa di palazzi, che trova ognuno d’alloggiare. E’ qui M. Francesco Milanese co’l suo fratello, & ho sentito far cose stupende questa matina, e non aveva altra audie[n]za che la mia, e in casa d’un de Buo[n]visi, che si diletta di sonare. La Sant[tità] di N. S. stà bene, & è allegra. Molte cose si dicono, ma per dir quel ch’io credo, si risolverà di far guerra contr’Algieri, & i segni, oltra che pubblicamente se ne parla, ce lo da[n]no ad intendere, massimamente l’apparecchio di galee, e de Navi in Genova. Sono ancor molti che non credon questo, preponendo con i loro giuditij diverse chimere, e forse non disporrò fuor di proposito. Io dopò tale abboccamento penso liberamente, che no[n] potrò ritornarmene in Lombard[ia] e ne son fuori di speranza, pur non voglio disperarmene in tutto, Non ma[n]carò di servirla, se cosa degna mi potrà esser soggetto, onde V. S. ne prenda piacere. à la quale di cuore mi raccomando. Di Lucca. À XXX. D’Agosto. M D X L I

[ Delle Lettere | DI LVCA CONTILE | PRIMO VOLVME | diviso in due libri | Nella inclita citta di Pavia | Appresso Girolamo Bartoli. 1564 | Adinstantia di Gio:Battista Turbini Libraio. | cc. 36v-37r]

AL CONTE GIULIO

di Scandiano Ho ricevuta questa mattina la lettera di V Sig.[.] dogliomi, che non si sa cosa veruna, essendo Carlo V. arrivato qui di sei giorni, fu bella vista a veder tanti Cavalieri, che sembravano Imperatori, e veder uno Imperatore, che som[i]gliava con quel suo saio di panno un bottegaio ben fallito, fu ricevuto con gran pompa in questa Città, & con terribili sparamenti di artiglierie. Il Papa, e Carlo sono ogni dì à parlame[n]to, le cose ch’à lor importano s’indovinano, ma non si sanno. Voce publica è che si fa l’impresa contra Algieri, e l’apparecchio è grande di Navi in Genova, in Sicilia, & in Napoli, e la spedition d’Italiani è certa, chi dice di sei mila, chi di diecimila, molti negotij de Stati, e Terre particolari si sanno, ma ch’importa à scriverne, par ch’alcuni credano, e Dio lo voglia, che l’imperatore ceda Milano al Duca Ottavio, e si va barbottando de parentadi, ma non so come, per non haver’io il cervello à queste conietture. Solo desidero, che i Signori Italiani siano grandi. Ho salutato M. Francesco Milanese à nome di V. S. egli è desideroso di ritornare in cotesti paesi; ha secondo me la sua maggior entrata à Salse, dove per quanto dice, vuol far sua vita, & in tutto allontanarsi da la corte, laquale altro non è, che uno spettacolo, hor Comico, e’l piu delle volte Tragico, e di piu, ch’io la battezzo Confusion di speranze, e certezza di continui fastidi. Non sarò piu lungo in questa, raccomandandomi à V. Signoria. Di Lucca à XXIIII. Di Settembre. M D X L I [ Delle Lettere | DI LVCA CONTILE | PRIMO VOLVME | diviso in due libri | Nella inclita citta di Pavia | Appresso Girolamo Bartoli. 1564 | Adinstantia di Gio:Battista Turbini Libraio. | cc. 39v-40r]

Impresa di Luca Contile, in: Ragionamento | di Luca Contile | sopra la proprietà delle | imprese con

le particolari | de gli Academici Affidati | et con le interpretazioni | et croniche. | Alla Sac. Cat. del

Re Filippo | In Pavia l’anno M D LXXIIII, cc. 82v


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