UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI TORINO
Dipartimento di Culture, Politica e Società
Corso di laurea in Scienze Internazionali, dello Sviluppo
e della Cooperazione
LA STAMPA E LE TRASFORMAZIONI DELSISTEMA POLITICO IN MAROCCO
Candidato: Relatore:
Alessandro Pascuzzi Irene Bono
a.a. 2014/2015
INDICE
INTRODUZIONE …................................................................................1
CAPITOLO 1........................................................................................... 2
1.1. La versione marocchina della “Primavera Araba”..........................2
1.1.1. Il contesto internazionale..................................................................3
1.1.2. I nuovi media..................................................................................... 3
1.1.3. I giovani del Movimento 20 Febbraio................................................ 4
1.1.4. Il Re................................................................................................... 6
1.1.5. La nuova Costituzione.......................................................................8
1.1.6. Cosa manca?..................................................................................10
CAPITOLO 2.........................................................................................12
2.1. Il cambio di regno: Mohamed VI.....................................................12
2.1.1. Il nuovo Re......................................................................................13
2.1.2. L'Instance Equité et Réconciliation (IER)........................................14
2.1.3. La Mudawana..................................................................................15
2.1.4. L'Initiative Nationale du Développement Humain (INDH)................16
2.1.5. Cosa manca?..................................................................................17
2.1.6. Le libertà di stampa e la censura sotto Mohamed VI......................18
2.1.7. Il Codice della Stampa del 2003......................................................19
2.2. Il cambiamento di rotta del regno di Hassan II..............................19
2.2.1. La chiusura di Tazmamart e la liberazione dei prigionieri politici.....20
2.2.2. Le riforme costituzionali...................................................................21
2.2.3. Le elezioni parlamentari..................................................................22
2.2.4. Cosa manca?..................................................................................23
2.3. Gli Anni di Piombo...........................................................................24
2.3.1. Le riforme costituzionali...................................................................24
2.3.2. Le vittime del regime.......................................................................26
2.3.3. I tentativi di colpo di stato................................................................27
2.3.4. Cosa manca?..................................................................................28
CAPITOLO 3.........................................................................................29
3.1. Gli Anni di Piombo: l'esperienza di Zakya Daoud.........................29
3.1.1. Zakya Daoud e Lamalif....................................................................30
3.2. Dagli ultimi anni di Hassan II all'inizio del regno di Mohamed VI...............................................................................................................31
3.2.1. La stampa nel processo di democratizzazione...............................32
3.2.2. La stampa indipendente e i rapporti con le istituzioni......................33
CAPITOLO 4.........................................................................................36
4.1. Gli osservatori sulle libertà di stampa............................................36
4.1.1. Le raccomandazioni di RSF.............................................................38
4.2. Il dibattito sulla riforma del codice della stampa..........................39
4.3. Il caso di Ali Anouzla........................................................................40
4.3.1. Lo scandalo DanielGate..................................................................41
4.3.2. L'articolo di Lakome.com con riferimento all'AQMI..........................42
4.3.3. Le reazioni della stampa..................................................................43
4.3.4. Un giornalista “troppo libero”...........................................................44
CONCLUSIONE....................................................................................47
BIBLIOGRAFIA....................................................................................49
SITOGRAFIA.........................................................................................53
INTRODUZIONE
Questa tesi di laurea triennale si propone di scoprire ed analizzare quale
sia stato il ruolo della stampa nel processo di democratizzazione del
Marocco.
Nel fare ciò, verranno trattati anche molti altri protagonisti di questo
processo, quali costituzioni, tentativi di colpi di stato, riforme sociali e dei
nuovi tipi di media, tutti elementi generalmente e convenzionalmente
addotti per raccontare le trasformazioni del paese.
Il lavoro è diviso in due parti: la prima verte sul come si racconta il
mutamento politico del Marocco, e consisterà nei primi due capitoli dello
scritto; si tratterà, in particolare, l'aspetto storico, analizzando a ritroso
quali sono stati gli episodi fondamentali della liberalizzazione del regime
dall'indipendenza ad oggi.
La seconda parte, invece, verte più specificamente sulla stampa e sui
processi di mutamento politico: nel terzo capitolo si descriverà la
situazione della libertà di stampa e della censura dall'indipendenza
all'ascesa al trono di Mohamed VI, nel quarto si osserverà la situazione
della stampa all'epoca della “Primavera Araba”, portando in esempio un
caso concreto.
Per arrivare a questa struttura, sono partito da tre domande di lavoro che
mi hanno aiutato a schematizzare l'argomento e a focalizzarmi su
determinati aspetti della materia:
• quali sono gli episodi principali della storia contemporanea del
Marocco generalmente addotti per raccontare la liberalizzazione
politica del regime?
• concretamente, come si è trasformato il panorama degli attori
nell'ambito della stampa lungo tale arco temporale? Come si è
trasformato il quadro legislativo in materia di libertà di stampa?
• come si censura all'epoca della liberalizzazione politica?
1
CAPITOLO 1
Questo capitolo si propone di raccontare la versione marocchina della
“Primavera Araba”, ovvero quelle manifestazioni di dissenso che hanno
guadagnato l'attenzione del pubblico nel 2011 con il nome di Movimento
20 febbraio.
L'obiettivo è quello di identificare quali siano i fenomeni più citati e quali
siano invece trascurati nel dibattito pubblico per descrivere l'arco
temporale preso in considerazione.
Si individueranno i fenomeni più presenti nella trattazione e quelli che
vengono raramente coinvolti: a riguardo, emergerà che la stampa, i partiti
politici e i processi economici sono i grandi assenti nel racconto del
processo di trasformazione politica del Marocco.
1.1. La versione marocchina della “Primavera Araba”
Dal punto di vista cronologico si tratta di una storia raccontata con
particolare attenzione agli episodi che si sono succeduti tra gennaio e
novembre 2011.
I principali protagonisti di questa fase sono i nuovi media, i giovani militanti
del Movimento 20 Febbraio, il re e la nuova costituzione del luglio del
2011, senza tralasciare l'apertura internazionale del fenomeno.
Nel 2011, sulla scia delle proteste che si sono verificate in più paesi del
cosiddetto “mondo arabo”, anche il Marocco ha conosciuto un momento di
espressione generalizzata di dissenso: protagonista di queste rivolte è
stato sicuramente il Movimento 20 Febbraio.
Il movimento, che rivendica la sua indipendenza dai partiti politici, dai
sindacati e da altre organizzazioni politiche internazionali, si pone come
obiettivo il rispetto della legge e degli accordi internazionali sui diritti
umani, e invita il popolo marocchino a manifestare pacificamente per la
2
dignità, per il bene del paese contro la corruzione e l'umiliazione continua
dei cittadini alle prese con una situazione di grave deterioramento sociale1.
1.1.1. Il contesto internazionale
È frequente che le analisi che si concentrano sul “20 febbraio” mettano in
relazione tale movimento con le “Primavere arabe”, considerando queste
ultime come il contesto internazionale all'interno del quale il movimento in
Marocco si è sviluppato.
Si fa coincidere simbolicamente l'inizio di questa stagione di fermenti con il
gesto di un giovane venditore ambulante tunisino che il 17 dicembre 2010
si è dato fuoco per protestare contro le continue vessazioni da parte delle
forze di polizia locale. Il fenomeno marocchino è collegato alla caduta di
Zine El Abidine Ben Ali in Tunisia e di Hosni Moubarak in Egitto, e,
nonostante la diversità delle dinamiche con cui si è sviluppato, non è
difficile notare come i presupposti delle rivolte avvenute in questi paesi
siano accomunate da molti fattori: crisi economica e sociale, problema dei
diplomati disoccupati, discredito della “mascherata politica”,
monopolizzazione del potere e delle ricchezze da parte del re e dei suoi
collaboratori più stretti2.
In particolare, emergono dei nuovi protagonisti utili per descrivere questo
episodio: i nuovi media, con una particolare attenzione ad un social
network, Facebook.
1.1.2. I nuovi media
Ciò che più si apprende dalle analisi sull'emergere del “20 febbraio” è l'uso
1 José María Gonzáles Riera, Des années de plomb au 20 février, in “Le Maroc:changements et faux-semblants”, Confluences Méditerranée, L'Harmattan, n. 78,estate 2011, p. 41.
2 Mounia Bennani-Chraïbi, Mohamed Jeghllaly, La dynamique protestataire duMouvement du 20 Février à Casablanca, in “Revue française de science politique”,Presse de Sciences Po, vol. 62., n. 5, 2012.
3
che il movimento ha fatto dei nuovi media.
I processi rivoluzionari tunisino ed egiziano vengono seguiti attentamente
in Marocco, e il primo nucleo del movimento nasce ufficialmente il 14
gennaio 2011 su Facebook: per la prima volta, questo tipo di media entra
a far parte di un processo rivoluzionario rivestendo un ruolo di
fondamentale importanza, ovvero di diffusione delle idee tra un pubblico
relativamente omogeneo composto da giovani.
Il gruppo, inizialmente chiamato Des Marocains dialoguent avec le Roi,
diventa poi provvisoriamente Mouvement liberté et démocratie
maintenant, creando il primo passo verso il passaggio all'azione:
manifestare il 27 febbraio davanti ai palazzi della pubblica
amministrazione e davanti alle sedi delle prefetture e dei palazzi del
governo; il numero di persone coinvolto comincia gradualmente a
crescere, superando i 6000 individui nei primi giorni di febbraio3.
Si ha a che fare con un movimento che intende utilizzare lo spazio
pubblico come spazio per la contestazione, dal carattere eterogeneo, a cui
si allinea l'Associazione marocchina per i diritti dell'Uomo (AMDH)4.
1.1.3. I giovani del Movimento 20 Febbraio
Il terzo elemento sul quale la letteratura in materia si concentra è la forte
presenza di giovani all'interno del movimento. Come detto, il pubblico che
più viene affascinato dagli ideali del nuovo gruppo di Facebook coinvolge i
giovani; o meglio, si tende a raccontare che la popolazione appartenente a
questa fascia di età sia stata la più implicata nella vicenda, facendo,
quindi, poco riferimento anche al contributo e alla risposta delle
generazioni precedenti.
Il primo appello che viene fatto al popolo marocchino riguarda
l'abrogazione della costituzione e la designazione di una commissione
costituente composta da alcune tra le personalità più qualificate e più
3 Ibidem, pag. 878.4 J. M. Gonzáles Riera, Des années de plomb au 20 février, pag. 41.
4
integrate per poter redigerne una nuova che dia alla monarchia la
dimensione che le spetta5.
Dopo lo spostamento della data dal 27 al 20 febbraio a causa
dell'anniversario della proclamazione della Repubblica araba sahraouie, la
mobilitazione comincia ufficialmente con un comunicato in otto punti
pronunciato nella sede dell’AMDH, a Rabat, il 17 febbraio6; scritto da
giovani di diverso orientamento politico e da indipendenti, il testo rivendica
quanto segue:
1. un sistema giudiziario indipendente e, più in generale, la
separazione dei poteri;
2. il processo per tutti coloro che sono coinvolti nel saccheggio, nella
cattiva gestione e nello sperpero della ricchezza del paese;
3. il riconoscimento della lingua Amazigh come lingua ufficiale e il
riconoscimento della specificità dell'identità marocchina nei suoi
elementi essenziali: linguistici, culturali e storici;
4. il rilascio di tutti i prigionieri politici e la persecuzione giudiziaria di
tutti i responsabili di arresti arbitrari, "sparizioni", tortura e
repressione selvaggia;
5. integrazione dei diplomati disoccupati nel mondo del lavoro;
6. garantire una vita dignitosa per tutti e dunque aumento degli
stipendi e l’adozione dei minimi salariali;
7. garantire a tutti i cittadini l’accesso ai servizi pubblici, e assicurare
che siano dignitosi;
8. l’annullamento delle posizioni pubbliche occupate dagli amici del re,
che ha usato e abusato del suo potere per collocare le proprie
simpatie7.
5 M. Bennani-Chraïbi, M. Jeghllaly, La dynamique protestataire du Mouvement du 20Février à Casablanca, pag. 878.
6 Karem Yehia, Il movimento marocchino del 20 febbraio visto da un giornalistaegiziano, http://www.ossin.org/marocco/il-movimento-marocchino-del-20-febbraio-visto-da-un-giornalista-egiziano.html, 19 febbraio 2015.
7 Dall'intervista a Maya Hannouk, disponibile online all'indirizzohttp://www.infoaut.org/index.php/blog/conflitti-globali/item/4154-intervistasono-maya-hannouk-del-movimento-20-febbraio, 03 marzo 2012.
5
È interessante notare come né le rivendicazioni consegnate a questo
comunicato, né gli slogan di strada siano mai giunti al punto di chiedere la
caduta del regime o l’instaurazione di una Repubblica8, considerando
quindi indiscutibile la forma di governo monarchica.
1.1.4. Il Re
Le analisi sul tema prestano particolare attenzione al modo in cui la
monarchia ha reagito all'emergere del “Movimento 20 Febbraio”. Si può
dire che il terzo protagonista della vicenda sia sicuramente il Re,
Mohamed VI, salito al potere nel 1999 in seguito alla scomparsa del padre
Hassan II.
Il suo contributo nell'episodio riguarda la risposta politica alle rivolte, e
quindi quello che sarà il quarto protagonista del periodo: la riforma
costituzionale.
In seguito alla pubblicazione del comunicato, il Re e le istituzioni si
attivano sul piano politico e del confronto: accelerano i negoziati con i
diplomati disoccupati e con i sindacati con l'intento di interrompere le
proteste precedenti, raddoppiano il budget della cassa di compensazione,
raccomandano ai predicatori del venerdì di mettere in guardia contro il
caos, tutto con la speranza di guadagnare tempo e di scoraggiare la
formazione di gruppi politici compatti organizzati attraverso i social
network, in particolare Facebook9.
Ma le misure non si rivelano sufficienti.
Il 20 febbraio le maggiori città del Marocco vengono invase da
manifestanti, le cui proteste continuano fino al giorno successivo e portano
Mohamed VI a meditare sul futuro del paese.
Il Palazzo decide allora di reagire: il 21 febbraio 2011 Mohamed VI
annuncia la costituzione di un Conseil Economique et Social, istituzione
8 K. Yehia, Il movimento marocchino del 20 febbraio visto da un giornalista egiziano.9 M. Bennani-Chraïbi, M. Jeghllaly, La dynamique protestataire du Mouvement du 20
Février à Casablanca, pag. 880.
6
consultiva in materia di sviluppo, e in data 4 marzo il Conseil consultatif
des droits de l’Homme veniva sostituito dal Conseil national des droits de
l’Homme, dotato di più ampie prerogative al fine di rilanciare la politica del
regno sui diritti umani10.
Il punto di svolta risulta però essere il discorso reale tenuto il 9 marzo.
L'aspetto più importante che viene affrontato è l'annuncio di una riforma
costituzionale, che si decide di inscrivere all'interno del già avviato
processo di regionalizzazione.
Si ambisce a mettere in atto profonde riforme politiche e processi di
sviluppo, il tutto supportato da un quadro istituzionale adeguato, all'interno
del quale verrà riconosciuta la cultura Amazigh, si cercherà di consolidare
lo Stato di Diritto e di rafforzare l'attenzione nei confronti dei diritti umani in
tutte le dimensioni possibili.
A questo si aggiunge la ridefinizione del peso dei poteri, con il
conseguente consolidamento della separazione degli stessi.
Il discorso si chiude con un chiaro riferimento alle prime parole
pronunciate: tutte queste riforme dovranno essere contenute in una nuova
costituzione che dovrà essere approvata tramite referendum popolare.
Le parole del sovrano sono state interpretate da alcuni come un parziale
riconoscimento delle rivendicazioni del Movimento 20 febbraio, soprattutto
l'apertura alla riforma della costituzione vigente risulta essere un
momentaneo successo per quanti sono scesi in piazza in tutto il paese:
sul lungo periodo, però, le parole del re verranno rivalutate dai
manifestanti, in quanto la scelta di Mohamed VI di non affidare la
redazione del nuovo testo ad un'assemblea costituente eletta, ma ad una
commissione di esperti di nomina reale ha minato agli occhi dei
manifestanti la credibilità e le potenzialità della costituzione nascente.
Il passaggio dalle parole pronunciate alla pratica risulta essere lento e
macchinoso, tanto da spingere i manifestanti a rioccupare le città il 20
10 Serida Lucrezia Catalano, “Democrazia marocchina” e Movimento del 20 Febbraio:Primavera si, purché non troppo araba, in “SocietàMutamentoPolitica”, FirenzeUniversity Press, vol. 3, n. 5 2012, p.74.
7
marzo e il 24 aprile, in seguito alle quali, però, il Movimento 20 Febbraio
sembra subire un'inflessione nel suo seguito, tendenza che continuerà a
palesarsi con il definirsi della strategia di Palazzo.
Il 17 giugno la commissione per la riforma della costituzione presenta il
nuovo testo costituzionale, appoggiato dalla quasi totalità dell’arco politico
presente in Parlamento, con l’eccezione di due partiti minori, ma non del
Movimento del 20 Febbraio per i motivi prima citati: i manifestanti danno il
via alla campagna contro l’approvazione della nuova Costituzione,
ritenendo la revisione una mossa per conquistare consenso grazie alle
ridondanti affermazioni di principio, ma incapace di modificare realmente
l’assetto costituzionale del Regno11.
Il 1 luglio il popolo marocchino viene chiamato ad esprimersi sul nuovo
testo tramite referendum, e il 98,49% del 72,65% degli aventi diritto al voto
che si sono espressi ha optato per il “Sì”.
1.1.5. La nuova Costituzione
Il dibattito sugli avvenimenti del 2011 riconosce quindi un ruolo molto
importante alla riforma della costituzione. Il primo luglio, quindi, entra di
fatto in gioco il quarto protagonista della vicenda: la nuova costituzione.
Questa segna degli importanti passi in avanti riguardo all’affermazione dei
principi democratici, per quanto si tratti di disposizioni per lo più
programmatiche, e riconosce una serie di diritti fondamentali e l'impegno
del regno a rispettare e promuovere le disposizioni internazionali a tutela
dei diritti umani12. Questi, quindi, risultano maggiormente riconosciuti e
formalmente tutelati rispetto alle precedenti versioni.
Il nuovo testo prevede che la sovranità "appartiene alla nazione"13, a cui si
11 Anna Maria Lecis, Marocco. Approvata tramite referendum la nuova Costituzionemarocchina proposta da Mohammed VI, in “Diritto Pubblico Comparato ed Europeoonline”, n. 4, 2011, p. 1.
12 Ibidem, p. 2.13 Article 2 - La souveraineté appartient à la nation qui l’exerce directement par voie de
référendum et indirectement par l’intermédiaire de ses représentants. La nation choisitses représentants au sein des institutions élues par voie de suffrages libres, sincères
8
aggiunge l'idea di un potere che non vuole essere assoluto: in un quadro
costituzionale caratterizzato da una monarchia unitaria, si prevede
un'organizzazione territoriale del Regno fortemente decentralizzata,
basata su un regionalismo avanzato14, che, pur con le opportune
differenze, richiama indubitabilmente modelli, archetipi e stilemi di tipo
continentale europeo15.
In tutto questo, il ruolo della monarchia non ne esce ridimensionato, infatti
il Re viene definito come simbolo dell'unità della Nazione e garante dello
Stato e delle sue istituzioni nonché del rispetto della Costituzione oltre che
dei diritti e delle libertà dei cittadini16, a cui si aggiungono i poteri
comunemente conferiti ad un capo di stato, con l'aggiunta del titolo di Amir
al-Mouminin, che coincide con la mancata riforma del criticato art. 4117,
prima articolo 19 (potere comunque riscontrabile anche in un paese
occidentale come la Gran Bretagna).
Alla riforma costituzionale fanno seguito le elezioni parlamentari di
novembre, le prime dopo l'inizio della stagione della Primavera Araba.
La partecipazione alle urne è nettamente in calo rispetto alle precedenti
elezioni raggiungendo il 45% degli aventi diritto al voto, e, per la prima
volta, ottiene la maggioranza relativa il Partito per la Giustizia e lo
Sviluppo (PJD) di matrice islamica moderata, che porta Abdelillah
Benkirane a diventare il Primo Ministro del Marocco.
L'entrata in vigore della nuova Costituzione e la formazione di un nuovo
et réguliers.14 Article 1 - (…) L’organisation territoriale du Royaume est décentralisée, fondée sur
une régionalisation avancée.15 Francesco Clementi, La nuova Costituzione del Marocco. Cambiare, con intelligenza,
è possibile, in “qdR magazine”, 28 giugno 2011, n. 9, disponibile online all'indirizzohttp://www.qdrmagazine.it/2011/6/28/20_clementi.aspx.
16 Article 42 - Le Roi, Chef de l’Etat, son Représentant suprême, Symbole de l’unité dela Nation, Garant de la pérennité et de la continuité de l’Etat et Arbitre suprême entreses institutions, veille au respect de la Constitution, au bon fonctionnement desinstitutions constitutionnelles, à la protection du choix démocratique et des droits etlibertés des citoyennes et des citoyens, et des collectivités, et au respect desengagements internationaux du Royaume. Il est le Garant de l’indépendance duRoyaume et de son intégrité territoriale dans ses frontières authentiques. (…).
17 Article 41 - Le Roi, Amir Al Mouminine, veille au respect de l’Islam. Il est le Garant dulibre exercice des cultes.
9
governo non hanno però raffreddato il clima di tensione del paese: le
manifestazioni sono continuate negli anni successivi, e sono state seguite
da violente repressioni, arresti, condanne e, secondo quanto riporta
Amnesty International, maltrattamenti e torture18.
1.1.6. Cosa manca?
All'interno della vicenda appena descritta, è evidente che manchino degli
elementi comunemente collegati allo sviluppo di situazioni simili: si
proverà ora ad ipotizzare quali siano.
È importante notare che la maggior parte della letteratura di taglio
politologico recente si limiti a trattare gli episodi sopra citati. Non è facile
documentarsi sul periodo successivo al novembre del 2011. Alla scarsità
di letteratura analitica in materia si contrappone la pubblicistica prodotta
dagli attori del movimento: i principali documenti reperibili riguardano la
commemorazione delle rivolte e dei principi rivoluzionari che hanno spinto
all'azione i militanti del Movimento 20 Febbraio, contenenti, tra l'altro,
pochissimi riferimenti all'evoluzione della vicenda dopo le elezioni.
Nella letteratura analitica precedentemente analizzata scarseggiano i
riferimenti ai processi economici: viene accennato alla crisi economica
trattando l'aspetto internazionale della vicenda, ma l'evoluzione della
situazione in Marocco non è stata praticamente raccontata.
Anche i partiti risultano scarsamente trattati dalle analisi sulle
trasformazioni occorse dal 2011. La loro relativa marginalità nel dibattito
può spingere a pensare che non abbiano avuto un ruolo preponderante in
questa fase storica: nonostante il loro coinvolgimento nelle elezioni di
novembre, sono stati raramente riconosciuti come parte integrante del
processo, vista anche l'indipendenza che il Movimento 20 Febbraio ha
rivendicato nei loro confronti. La loro presenza nel racconto risulta quindi18 Amnesty International, Marocco: a due anni della manifestazioni del 20 febbraio,
Amnesty International chiede la fine della repressione delle proteste (comunicatostampa), 20 febbraio 2013. Disponibile all'indirizzo http://www.amnesty.it/marocco-a-due-anni-dalle-manifestazioni-del-20-febbraio-bisogna-fermare-repressione-proteste.
10
essere del tutto marginale al contesto.
Ultimo, ma non ultimo, è da sottolineare l'assenza della stampa: non ci è
dato sapere quale sia stato il ruolo di questo fenomeno nel contesto
rivoluzionario. Trovare articoli scritti da militanti, o interviste agli stessi fatte
negli anni successivi risulta abbastanza facile, ma ciò non fa della stampa
uno dei protagonisti del racconto.
11
CAPITOLO 2
Questo capitolo si propone di ripercorrere a ritroso la storia
contemporanea del Marocco, partendo dall'ascesa al trono di Mohamed
VI, per tornare indietro fino al periodo dell'indipendenza.
Gli episodi del 2011, raccontati nel primo capitolo, sono spesso letti, infatti,
come se si trattasse dell'episodio più recente di un percorso di progressiva
liberalizzazione politica del regime: ripercorrere a ritroso la storia del
Marocco permetterà di individuare gli episodi principali generalmente
addotti per raccontare tali trasformazioni politiche.
La maniera in cui la storia viene raccontata sembra un percorso di
graduale apertura politica; in questa storia si parla molto di certi fenomeni,
come le costituzioni, i movimenti, i diritti umani, mentre si parla poco di
altri.
Partire da fatti relativamente recenti e tornare indietro nel tempo,
individuando tre fasi nella storia del paese, permetterà di capire come il
cambiamento politico viene raccontato nella storia.
Questo capitolo è costruito attorno a tali fasi.
Il primo paragrafo tratta il periodo che intercorre tra il cambio di regno,
avvenuto nel luglio del 1999, e la riforma della Mudawana (codice di
famiglia) introdotta nel 2004; nel secondo paragrafo si prendono in
considerazione le trasformazioni politiche introdotte negli ultimi anni del
regno del re Hassan II. L'ultimo paragrafo è dedicato a quel vasto arco di
tempo che è generalmente definito “Anni di Piombo”.
2.1. Il cambio di regno: Mohamed VI
L'ultimo episodio utile per raccontare l'apertura politica è in genere
individuato nell'ascesa al potere di Mohamed VI, succeduto nel 1999 a
12
suo padre Hassan II al momento della sua morte dopo trentotto anni di
regno.
L'arco temporale che è generalmente preso in esame va dal luglio del
1999 fino al 2005, anno dell'avvio dell'Initiative Nationale du
Développement Humain (INDH).
I protagonisti di questi sei anni di storia sono il già citato INDH, l'Instance
Equité et Réconciliation (IER), la Mudawana (o Codice di Statuto
Personale Marocchino) e ovviamente la figura del nuovo re.
2.1.1. Il nuovo Re
Protagonista principale dell'episodio è il nuovo re Mohamed VI: il 30 luglio
1999, in seguito alla morte di Hassan II, Sidi Mohammed, all'età di 36
anni, diventa il terzo sovrano della storia del Marocco indipendente.
Capire il suo ruolo nel contesto storico dell'arco temporale preso in
considerazione è fondamentale per definire gli altri elementi che hanno
determinato il modo di raccontare questa parte di storia.
La nomina di Mohamed VI viene raccontata come una svolta epocale
verso un Marocco più democratico: il nuovo re, acclamato dai media
marocchini e stranieri come “il Re dei poveri”, sembra essere la
personificazione della modestia, della moderazione e della giustizia
sociale.
I primi mesi del suo regno sono caratterizzati da gesti simbolici che
sembrano indicare una certa liberalizzazione politica del regime. Nei suoi
primi discorsi alla nazione difende i diritti delle donne, invocando una loro
piena partecipazione alla vita pubblica del paese; esprime avversione per
la povertà, condanna la corruzione e la scarsa qualità della giustizia a
livello istituzionale; invoca un nuovo concetto di autorità basato sui diritti
umani e sulle libertà individuali; finanzia programmi sociali per aiutare i
poveri delle città e conduce diverse campagne per soccorrere la
13
popolazione rurale colpita da due anni di siccità19.
A questi gesti dal forte valore simbolico, si aggiungono il richiamo
dall'esilio i politici cacciati dal padre e la costituzione di una commissione
indipendente per risarcire le vittime di violazioni dei diritti umani (1.2.2.):
sembra venirsi a creare dunque sul piano interno un clima di progressiva
liberalizzazione politica20.
Dopo due anni di regno, però, le parole dette da Mohamed VI non mutano
in effettivi programmi di riforma, evidenziando soprattutto in tre modi la
lentezza e la difficoltà con cui il nuovo re si sta svincolando dal sistema
autoritario del passato: in primis, la sua iniziativa è risultata essere ad hoc
piuttosto che mossa da un concreto progetto di progresso; a questo si può
aggiungere come il suo obiettivo di stabilire una rule of law sia venuto
meno bypassando i processi formali e decisionali delle istituzioni; infine,
questa stessa iniziativa riproduce, seppur in forma nettamente differente,
la vecchia immagine del despota benevolo, lasciando attivo il meccanismo
medievale di esercizio dell'autorità politica21.
La storia racconta quindi di un re inizialmente acclamato come portatore di
novità e diritti, e poi più reggente intento a salvaguardare la stabilità
politica piuttosto che quella sociale. Questa seconda fase può considerarsi
intervallata dall'entrata in scena degli altri tre protagonisti prima citati.
2.1.2. L'Instance Equité et Réconciliation (IER)
Il primo dei tre protagonisti in genere convocati nel ripercorrere questo
episodio entra in gioco nel gennaio 2004: viene istituito dalle autorità
marocchine l'Instance Equité et Réconciliation (IER), ovvero una
commissione speciale nominata per accertare le violazioni dei diritti umani
compiutesi dalla data dell'indipendenza alla data di istituzione della
19 Abdeslam Maghraoui, Political Authority in Crisis, Mohammed VI's Morocco, in“Middle East Report”, n. 218, primavera 2001, p. 14.
20 Ibidem21 Ibidem
14
commissione.
Tra i compiti principali dell'IER vi è il perseguimento del lavoro intrapreso
dal 1999 al 2003 dalla Commission d'Arbitrage incaricata di determinare
gli indennizzi da destinare alle famiglie delle vittime di violazioni e le altre
forme di riparazione al fine di permettere il loro reintegramento nella
società, e la responsabilità di proporre delle misure atte ad impedire nuove
violazioni dei diritti umani.
Il lavoro e le competenze dell'IER sono state però limitate dalla presenza
di alcuni statuti che escludevano categoricamente l'identificazione dei
nominativi delle persone responsabili delle violazioni: conseguenza di ciò
è stata la manifestazione di preoccupazione da parte del Comitato dei
Diritti Umani per la non completa operatività della nuova commissione.
Al termine di due anni di lavoro, il rapporto è stato presentato al re, il cui
discorso a riguardo si è incentrato su due punti: oltre alla questione degli
indennizzi si parla del rispetto del “cambiamento nella continuità”, vale a
dire il divieto di perseguire legalmente gli ufficiali o i funzionari che hanno
lavorato di concerto con il suo predecessore22.
Dal racconto storico il raggio di azione della commissione risulta, quindi,
essere vincolato: si può dire che la verità dei fatti avvenuti prima del 1999
sia stata portata a galla e riconosciuta anche a livello istituzionale, senza
che però si sia garantita una piena giustizia di quanto accaduto.
2.1.3. La Mudawana
Il secondo elemento che viene richiamato per raccontare gli sviluppi del
periodo riguarda la concessione di alcuni particolari diritti, fondamentali
per il progresso sociale del paese.
22 Pascal Fenaux, Maroc – Équité et Réconciliation, une initiative limitée, in “AmnestyInternational”, venerdì 4 maggio 2007, disponibile online all'indirizzohttp://www.amnestyinternational.be/doc/s-informer/notre-magazine-le-fil/libertes-archives/les-anciens-numeros/434-Numero-de-mai-2007/3-Dossier,1311/MAROC-EQUITE-ET-RECONCILIATION-UNE.
15
Nel febbraio 2004 si realizza la riforma della Mudawana (o Codice dello
Statuto Personale Marocchino), ovvero la legge marocchina sul diritto di
famiglia: tale riforma costituisce una storica vittoria per il movimento
femminista marocchino.
Con l'entrata vigore di questo nuovo codice familiare, si sancisce
l'uguaglianza e la corresponsabilità tra donna e uomo nella gestione della
famiglia, nonché il progresso di uno degli statuti più retrogradi del mondo
arabo. Le differenze rispetto al testo precedente (risalente al 1957) sono il
divorzio consensuale, la ripartizione dei beni materiali, il diritto materno
alla tutela dei figli o al domicilio familiare in caso di divorzio e il vincolo del
benestare della donna alla poligamia del marito23.
Si tratta, quindi, di un progresso fondamentale per il graduale
riconoscimento dell'uguaglianza tra uomo e donna.
2.1.4. L'Initiative Nationale du Développement Humain (INDH)
Seguendo il corso degli eventi, l'ultimo elemento ad entrare in scena nella
maniera di raccontare le trasformazioni politiche legate all'arrivo di
Mohamed VI è l'Initiative Nationale du Développement Humain (INDH).
Il 18 maggio 2005 Mohamed VI ha pronunciato un discorso storico in cui
ha annunciato il lancio di questa iniziativa mirante a lottare contro la
povertà e l'esclusione sociale.
La constatazione che fa da perno all'avvio dell'iniziativa riguarda le
condizioni di vita di larghe frange della popolazione marocchina,
lontanamente compatibili con il perseguimento di una vita dignitosa e
decente: si fa in particolare riferimento alle persone che vivono nelle
bidonvilles, nei quartieri più poveri delle zone urbane o nelle aree rurali
nelle quali soffrono dell'assenza dei servizi di base, quali sanità, acqua,
23 Marta Pranzetti, La “generazione Moudawana”, il nuovo femminismo marocchino, in“LookOut News”, n. 8, settembre 2013.
16
educazione, elettricità e infrastrutture.
L'iniziativa dell'INDH si basa sull'avvio di un progetto di sviluppo duraturo
incentrato su politiche pubbliche inscritte in un progetto globale a cui tutti i
componenti della società devono aderire per la buona riuscita; gli obiettivi
primari riguardano la creazione dell'accesso ai servizi di base e la
promozione delle attività generatrici di reddito, in quanto i fattori economici
sono riconosciuti come una delle principali cause di questo degrado
sociale24.
Nella prima fase d'azione dell'INDH (2005-2010), si è raggiunto un
aumento del 20,3% del reddito medio familiare della popolazione rurale25.
2.1.5. Cosa manca?
È facile constatare immediatamente l'assenza degli stessi elementi citati
nel primo capitolo., ovvero i processi economici, i partiti politici e la
stampa.
Ciò che salta più all'occhio, in questo caso, riguarda il riferimento
temporale: il periodo preso in considerazione arriva, come detto, fino
all'avvio dell'INDH, ovvero al 2005. L'episodio precedentemente
raccontato, invece, prende il via nel gennaio del 2011.
Quello che manca è un'adeguata documentazione dell'intervallo tra il 2005
e il 2011.
Si possono fare vaghi accenni al peggioramento della situazione
economica e sociale prima del 2011, oppure al Moroccan Organisation of
Human Rights (che nel 2008 ha presentato il Document pour la Réforme
Constitutionelle con l'intento di definire le linee guida di una riforma
costituzionale mancante dal 1996), comunque non sufficienti per costruire
24 Documento ufficiale del Regno del Marocco disponibile online all'indirizzohttp://www.maroc.ma/fr/content/indh.
25 Soumaya Bencherk, Les résultats de la troisième enquête sur l'impact de l'INDHattendus en 2015, in “Le Matin”, 18 dicembre 2014, disponibile online all'indirizzohttp://www.ondh.ma/sites/default/files/documents/le_matin_-_18_decembre_2014.pdf.
17
un quadro storico adeguato.
Per quanto riguarda la stampa, invece, nonostante non sia generalmente
addotta per raccontare le vicende del periodo, ci sono state delle
importanti novità che riguardano le libertà e la censura (2.1.6) e
soprattutto il Codice della Stampa del 2003 (2.1.7.)
2.1.6. Le libertà di stampa e la censura sotto Mohamed VI
Nel 2006 Reporters Sans Frontières ha pubblicato il suo rapporto annuale
sulla libertà di stampa in Marocco, facendo emergere un quadro in cui il
diritto di informazione risulta essere molto lontano dalla piena efficienza: i
giornalisti marocchini sono relativamente liberi di esercitare il loro
mestiere.
Le istituzioni hanno posto dei paletti molto rigidi per tentare di mantenere il
controllo sull'informazione pubblica; questi paletti sono le tematiche che
non devono essere trattate dai professionisti del mestiere: la questione
territoriale (in particolare l'integrità territoriale e il Sahara occidentale), la
questione politico-religiosa (in altre parole tutto ciò che riguarda il re), e i
vari traffici in cui sono implicati a volte importanti personalità del Regno.
La lista di condanne è lunga, e una delle cause che più si è ripetuta è il
rifiuto a sottoporsi ai sacri valori che il regime pretendeva di imporre
sempre di più al popolo.
Da lì a due anni, tuttavia, la situazione non è mutata.
Il rapporto annuale del 2008 parla ancora di evidenti limiti delle istituzioni
nei confronti dell'apertura democratica in tema di libertà di stampa.
Lo stato ha vinto tutti i processi contro le testate giornalistiche e i
giornalisti, sottolineando la mancanza di indipendenza del potere
legislativo26.
La “giustizia”, quindi, diventa sempre più uno strumento di pressione
26 Reporters Sans Frontières, Rapport annuel 2008, p. 174, disponibile onlineall'indirizzo http://www.rsf.org/IMG/pdf/rapport_fr-3.pdf.
18
contro coloro che superano i paletti posti dalle istituzioni; a molti giornalisti
più remissivi non resta altro che provare a limitare le interferenza
governative con uno dei mezzi più veloci e facili da utilizzare:
l'autocensura.
2.1.7. Il Codice della Stampa del 2003
Il codice della stampa tutt'ora in vigore in Marocco risale al 2003, ed è
stato uno degli apparenti passi in avanti nel processo di
democratizzazione del paese. In realtà, si è rivelato una delusione per i
difensori delle libertà.
Sono state confermate le pene detentive per i reati di stampa, nonostante
la riduzione quantitativa: cinque anni di prigione per attentato alla dignità
del re, contro i venti previsti dallo statuto precedente.
Il concetto di diffamazione è stato allargato anche alla religione
musulmana e all'integrità territoriale.
Una novità sta nel fatto che il potere di vietare o sospendere le
pubblicazioni delle testate non è più una prerogativa amministrativa ma
giudiziaria, fattore che, in assenza di una giustizia indipendente, non
cambia molto le cose nella pratica27.
2.2. Il cambiamento di rotta del regno di Hassan II
L'episodio che precede l'arrivo al trono di Mohamed VI, con il quale si
identifica in genere l'”inizio” della liberalizzazione politica, è in genere
ricondotto alle misure di apertura politica concesse da Hassan II negli
ultimi anni del suo regno.
L'arco temporale che è generalmente preso in considerazione va dal 1991
27 Maroc: La liberté de presse, in “BiblioMonde bibliographie”, disponibile onlineall'indirizzo http://www.bibliomonde.com/donnee/maroc-liberte-presse-172.html.
19
al 1997, anno delle elezioni parlamentari.
Gli elementi solitamente addotti per raccontare questa transizione
democratica sono la liberazione dei prigionieri politici detenuti dagli Anni di
Piombo, le due riforme costituzionali del 1991 e del 1996, la chiusura del
centro di detenzione segreto di Tazmamart e il cambio degli equilibri
politici in seguito alle elezioni parlamentari del 1997.
All’inizio degli anni Novanta il regime aveva deciso, grazie soprattutto ad
una pressione internazionale,di voltare pagina, liberando la maggior parte
deidetenuti politici e impegnandosi nella logica del rispetto dei diritti
umani28. Ma al contempo si esigeva che i marocchini rinunciassero a
chiedere che icolpevoli delle gravi violazioni di diritti umani venissero
condannati, e che le vittime della detenzione arbitraria o della sparizione
forzata si accontentassero dell’indennizzo economico che era stato loro
promesso29 (si veda 1.2.2.).
2.2.1. La chiusura di Tazmamart e la liberazione dei prigionieri politici
I principali elementi che vengono addotti per sostenere la tesi della
transizione democratica del paese riguardano i diritti umani: crescente
attenzione fu rivolta a questo tema, in particolare con la chiusura di un
carcere di massima sicurezza (1991) e con la liberazione dei prigionieri
politici (1994) arrestati durante gli Anni di Piombo.
All'inizio degli anni Settanta, un gruppo di soldati marocchini che hanno
partecipato ad un tentativo di colpo di stato contro il re (1.4.3.) sono stati
praticamente sepolti vivi in una prigione isolata dal mondo30, collocata
sulla catena dell’Alto Atlante in una zona militare a cui è interdetto
28 Fatna El Bouih, Abdellatif Zrikem, Aziz El Ouadie, Nour-Eddine Saoudi, Sole Nero,Anni di Piombo in Marocco, a cura di Elisabetta Bartuli, Mesogea Editore, 2004, p.284.
29 Ibidem, p. 285.30 Fabio Gambaro, Ho visto nel buio delle prigioni, in “La Repubblica”, 17 aprile 2001.
20
l’accesso31. Le loro condizioni di vita erano disumane: per diciotto anni
hanno vissuto al buio, senza mai uscire dalle loro celle e senza alcun
rapporto con il mondo esterno, cercando di resistere a tutti i tipi di
intemperie immaginabili. Il carcere in questione si chiamava Tazmamart ed
è stato chiuso nel 1991, quando i pochissimi sopravvissuti, grazie alla
pressioni internazionali, sono stati liberati32.
Si tratta di una delle prime concessioni di Hassan II in seguito a pressioni
internazionali: il governo marocchino è stato anche invitato a rispettare le
convenzioni internazionali da esso sottoscritte ponendo fine alla
detenzione per motivi politici, ai sequestri illegali e alla tortura33, progresso
che verrà realizzato solo nel 1994 con la liberazione dei prigionieri politici.
2.2.2. Le riforme costituzionali
Un altro fenomeno riconosciuto in genere come protagonista della
transizione democratica sono le due riforme costituzionali realizzate nel
1992 e nel 1996.
Al termine degli anni Novanta il clima politico richiedeva dei cambiamenti,
questa volta più concretamente in senso democratico. Utile a questo fine è
risultata essere la riconciliazione con l'opposizione attuata con la
democratizzazione dell'apparato statale e la promessa di una nuova
costituzione più conforme al nuovo clima politico.
Il 4 settembre 1992 viene varata una nuova carta costituzionale che
riconosce i diritti dell'uomo, prevedendo, al tempo stesso, una revisione
dei poteri del sovrano.
Con la nuova costituzione il governo rappresenta, oltre che il Re, anche la
Camera dei Rappresentanti, dato che l'esecutivo non ha più bisogno della
31 Susan Slymovics, The preformance of human rights in Morocco, University ofPennsylvania Press, Philadelphia, 2005, p. 58.
32 F. Gambaro, Ho visto nel buio delle prigioni, 2001.33 Risoluzione del Parlamento Europeo, Doc. XII n. 157, 24 marzo 1994, disponibile
online all'indirizzo https://www.senato.it/service/PDF/PDFServer/BGT/804086.pdf.
21
fiducia del re, bensì di quella del Parlamento; inoltre il re non dispone più
del potere di scegliere il Primo Ministro e gli altri ministri: ora spetta al
primo la scelta dei secondi.
Risulta evidente il tentativo di attenuazione dei tratti assolutistici
delineatesi con la prima Costituzione del 1962, ma dalla riforma
costituzionale successiva (1996) scaturisce un ulteriore allontanamento
dalla forma monarchica assoluta.
Il nuovo testo prevede il ritorno al bicameralismo, costituito da una
Camera dei Rappresentanti, eletta a suffragio universale, e una Camera
dei Consiglieri, eletta indirettamente, entrambe dotate dei poteri per
sfiduciare il governo.
Viene modificata la composizione del Consiglio Costituzionale ma non le
sue funzioni: il re continuerà a non essere vincolato dalle decisioni del
Consiglio; a questo si aggiunge la conservazione di quasi tutti i poteri
sanciti dalla costituzione del 1962, in particolare quelli sanciti dall'art. 1934,
che dava (e dà) al monarca il ruolo di Capo dei Credenti (Amir al-
Mouminin) e di rappresentante della Nazione35.
2.2.3. Le elezioni parlamentari
Al termine di questo quadriennio di riforme, entra in scena il terzo
protagonista dell'episodio in questione: le elezioni parlamentari.
Viene usato un sistema elettorale proporzionale corretto, che,
permettendo la frammentazione politica, limita le possibilità di formazione
di una maggioranza assoluta, rendendo inevitabile la creazione di governi
di coalizione e favorendo il re.
Ciò si concretizza con l'arretramento nelle preferenze del partito
34 Article 19 – Le Roi, Amir Al Mouminine. Représentant Suprême de la Nation, Symbolede son unité, Garant de la pérennité et de la continuité de l'Etat, veille au respect del'Islam et de la Constitution. Il est le protecteur des droits et libertés des citoyens,groupes sociaux et collectivités.
35 Abdelaziz Lamghari Moubarrad, La Nouvelle constitution de 1996, Rabat, 1996.
22
dell'Istiqlal che aveva guidato la lotta per l'indipendenza, e l'avanzamento
dell'Unione socialista delle forze popolare (USFP), partito di ispirazione
socialista costituito in seguito a ripetute scissioni del partito dell'Istiqlal, il
cui leader, Abderrahmane Youssoufi, compagno di lotta di Ben Barka e
reduce da quindici anni di esilio, viene nominato da Hassan II capo del
primo governo di coalizione del Marocco, senza però che il risultato
elettorale suffragasse la scelta.
Il nuovo governo si trova a fronteggiare pressanti problemi interni:
un’acuta crisi economica, una ripartizione del reddito non equilibrata, un
livello di disoccupazione che supera il 30% e l’insorgenza e la diffusione
del fondamentalismo islamico. L'impegno preso da Youssufi si manifesta
con un generale rinnovamento della classe dirigente marocchina,
formulando dei programmi di riforme atti a implementare i finanziamenti
nel settore sanitario e in quello educativo, e dimostrando maggiore
sensibilità nei confronti dei diritti umani: il tradizionale autoritarismo del
regime viene sempre meno.
2.2.4. Cosa manca?
È difficile ipotizzare quali siano gli elementi mancanti caratterizzanti questo
episodio.
Si possono ovviamente citare nuovamente la stampa e i processi
economici, ma non i partiti politici. O meglio, non del tutto, in quanto le
elezioni parlamentari hanno creato degli equilibri partitici nuovi per la
stabilità politica del paese: l'alternanza risulta essere infatti una nuova
caratteristica del quadro istituzionale del Marocco; nonostante ciò, questa
novità negli equilibri è scaturita dalla riforma costituzionale del 1996, non
da un processo riformatore nato dai partiti, fattore che rende impossibile la
classificazione di questi ultimi come protagonisti dell'episodio.
Una cosa che sicuramente manca è una documentazione sui motivi del
23
cambio di rotta del regno di Hassan II: vengono meno gli Anni di Piombo e
si crea, come detto, un processo di transizione democratica, ma non ci è
dato sapere quale sia stata la miccia di questa svolta. A riguardo si
possono citare le insinuazioni di alcuni studiosi, che hanno visto la caduta
del Muro di Berlino del 1989 e poi la dissoluzione dell'Unione Sovietica
come propiziatrici del cambiamento in senso democratico.
2.3. Gli Anni di Piombo
È significativo che, nel dibattito politico sul Marocco, l'epoca che precede
questi diversi episodi sia generalmente raccontata come un periodo
storico a sé stante che va dal 1956, anno dell'indipendenza del Marocco,
fino al 1999, anno della morte di Hassan II: questo lungo arco temporale
viene comunemente denominato “Anni di Piombo”.
Benché questo arco temporale sia estremamente esteso, se ne parla in
genere adducendo pochissime caratteristiche e ricordandone pochissimi
protagonisti, quasi come se ne potesse parlare come un periodo di tempo
tanto omogeneo quanto indefinito.
La maggior parte delle caratteristiche che vengono ricondotte al fenomeno
riguardano la figura di Hassan II.
Hassan II è sicuramente il protagonista di questi episodi, a partire dalla
sua ascesa al trono nel 1961, a cui si aggiungono le varie riforme
costituzionali, le vittime tra gli oppositori del regime e i colpi di stato del
1971 e 1972.
2.3.1 Le riforme costituzionali
Nel 1961, dopo la morte di Mohamed V, primo re della storia del Marocco
indipendente, sale al trono Hassan II.
Una delle prime manovre politiche del nuovo sovrano si concretizza nel
24
1962 con l'approvazione, tramite referendum popolare, della prima
Costituzione del Regno del Marocco. L'introduzione di una Costituzione è
stata una delle prime rivendicazioni dei partiti politici fin dallìindipendenza
del paese nel 1956. La Costituzione del 1962, tuttavia, risponde soltanto in
parte alle richieste dei partiti politici: dai tratti “octroyée”, la costituzione è
proposta da Hassan II stesso, e redatta con l'aiuto di una serie di
consulenti giuridici di fama internazionale, oltre ad affidare il potere
legislativo ad un Parlamento bicamerale, va a definire l'effettivo ruolo del
sovrano: in particolare, gli vengono garantiti ampi poteri come capo
religioso, dello Stato e delle forze armate, nonché capo di governo
attraverso la scelta del primo ministro. In altre parole, viene
costituzionalmente approvata la concentrazione di potere nelle mani di
Hasan II, creando una facciata democratica ma rendendo difficoltoso, se
non impossibile, lo sviluppo del regno in questo senso, consolidando
l'immagine di una monarchia assoluta.
In breve tempo viene ad instaurarsi un regime severo, avverso al
movimento nazionalista, ad ogni forma di opposizione politica e a qualsiasi
forza di matrice progressista.
Otto anni più tardi, nel 1970, dopo numerose rivolte popolari e dopo la
sospensione della Costituzione con la promulgazione dello stato
d'eccezione nel 1965, viene realizzata la seconda riforma costituzionale:
decisa unicamente dal “Palazzo”, si sono andati a rendere più incisivi i poteri
del sovrano, diminuendo al contempo la rappresentatività e i poteri del
Parlamento, ridotto ad una camera soltanto e privato di diritti come la
dichiarazione di guerra e l'iniziativa di revisione costituzionale, e quelli del
primo ministro36. Hassan II è quindi incaricato di esercitare la funzione
governativa, essendo il governo solo una sorta di équipe di alti funzionari
esecutivi capeggiati da un primo ministro che altro non è che una specie di
segretario generale37.36 Maati Monjib, 1965, ou comment Hassan II a maté la jeunesse, in “Zamane”, n. 7 –
maggio 2011.37 J. Dupont, Constitution et consultations populaires au Maroc, Paris, in “Annuaire del‟Afrique du Nord – Centrenational de la recherché scientifique”, Editions du CNRS, vol.
25
Due anni più tardi viene promulgata una terza costituzione, con la quale
vengono ampliate le materie su cui il parlamento può legiferare e limitate
quelle su cui il re può porre il suo veto: si tratta di un tentativo di
riconciliare il Palazzo con l'opposizione per allentare la morsa delle rivolte.
È interessante constatare che si tratta di tre costituzione pretestuose:
nessuna delle tre ha effettivamente modificato l'assetto del regime, ma
sono state utili per chetare le delicate situazioni che si erano venute a
creare.
Concretamente, sono state la base della Costituzione tutt'ora vigente in
Marocco, e sono ovviamente considerate fondamentali per descrivere il
progressivo processo di democratizzazione.
2.3.2. Le vittime del regime
La repressione è il repertorio principale con il quale si parla degli “anni di
piombo”.
Gravi violazioni dei diritti umani sono state commesse da un regime che, a
dispetto di una facciata di multipartitismo, ha sistematicamente perpetrato
una politica di energica repressione di qualsivoglia oppositore con il suo
corollario di sopruso e perfino di barbarie d’altri tempi38.
Durante gli Anni di Piombo i dissidenti furono arrestati, giustiziati e molti di
loro fatti scomparire, furono chiusi giornali e messi al bando libri.
Le ONG hanno definito queste violazioni crimini di Stato e crimini contro
l’umanità: migliaia di detenuti politici, centinaia di scomparsi (circa
millecinquecento secondo alcune organizzazioni per i diritti umani);
eliminazione fisica dei leader politici, tortura sistematica degli oppositori
(molti dei quali persero la vita), smisurata repressione delle masse (rivolta
del 23 marzo 1965, moti del giugno 1981 a Casablanca, del 1984 a
9, 1971, pp. 163-194.38 F. El Bouih, A. Zrikem, A. El Ouadie, N. Saoudi, Sole Nero, Anni di Piombo in
Marocco, p. 263.
26
Marrakech e del 1994 a Tétouan), processi politici iniqui39.
Gli elenchi ufficiali delle vittime di questi anni, tuttavia, non sono molto
attendibili: le sparizioni e le uccisioni a fine politico erano all’ordine del
giorno. Inoltre, anche molti che non erano coinvolti direttamente in
movimenti di opposizione sono stati vittime di detenzioni arbitrarie e
torture.
I molteplici apparati repressivi del sistema politico marocchino
disponevano, nella pratica, di una vera e propria carta bianca che
consentiva loro di agire in completa impunità, anche al di fuori della
legalità. Il fine ultimo consisteva nel mettere a tacere e/o domare
qualunque forma di opposizione al regime.
2.3.3. I tentativi di colpo di stato
Tra gli episodi più significativi con cui viene descritto questo periodo ci
sono senza dubbio i due tentativi di colpi di stato perpetrati contro Hassan
II, sintomo di instabilità politica e di malcontento delle istituzioni del paese.
Il 10 luglio 1971 è avvenuto il primo tentativo di golpe.
I giovani soldati marocchini, guidati dai propri ufficiali, mitragliarono il
Palazzo Reale di Skhirat nel pieno di un ricevimento offerto da Hasan II in
occasione del suo compleanno. Si ricorda ancora l’orrore della scena: i
soldati che sparano su tutti presenti (più di 100 morti), i ministri, gli
ambasciatori in smoking che si precipitano sotto ai tavoli o che vengono
falciati dalle raffiche, gli inseguimenti nel parco dove vengono abbattute le
signore in abito da sera.
Poi Hassan riprende il controllo e si mostra ai soldati: “Voi volete
assassinarmi! Io sono il vostro Re!”.
Il Re, pistola in pugno, riconquista il palazzo e soffoca la rivolta40.
39 Ibidem.40 Leo Rugens, Con la “macchina del tempo” viaggiamo nel Marocco che fu. Oggi è tutta
un'altra musica, in “Leo Rugens, che si spenga, per sempre, la semenza degli uominicoi piedi per terra”, 11 novembre 2013, disponibile online all'indirizzo
27
Il secondo tentativo di golpe è stato organizzato dal generale Mohamed
Oufkir, militare marocchino berbero che negli anni sessanta e nei primi
anni settanta fu ministro dell'interno e il braccio destro del re, occupandosi
della supervisione e del controllo di politici, sindacalisti e delle istituzioni
religiose41.
Oufkir, nel 1972, tentò un rovesciamento della monarchia, ordinando
all’aviazione militare marocchina di aprire il fuoco contro il jet del re ed
organizzando nel frattempo un colpo di mano a terra.
Hassan, però, sopravvisse, e, secondo alcune fonti, una volta ripreso
saldamente il controllo, avrebbe fucilato personalmente Oufkir. Secondo la
versione ufficiale, invece, Oufkir si sarebbe ucciso dopo essersi reso conto
del fallimento del golpe42.
2.3.4. Cosa manca?
Ipotizzare quali siano gli elementi mancanti per descrivere la storia di un
regime autoritario non è una cosa semplice.
Compare, però, un primo riferimento alla stampa nella lista dei diritti non
concessi da Hassan II; nonostante questo, è ovvio che i mezzi di
comunicazione vadano controllati se non eliminati per gli equilibri
dittatoriali, quindi risulta nuovamente assente la stampa come elemento
con cui si racconta la storia.
Anche i partiti paiono deboli e senza una propria identità, caratteristica
ripresentatasi negli altri episodi descritti.
https://leorugens.wordpress.com/2013/11/11/con-la-macchina-del-tempo-viaggiamo-nel-marocco-che-fu-oggi-e-tutta-unaltra-musica/.
41 Ibidem.42 Ibidem.
28
CAPITOLO 3
Questo capitolo si propone di analizzare il panorama di uno dei mezzi di
comunicazione più importanti, la stampa.
Come si è visto nei precedenti capitoli, la stampa è il grande assente tra
gli elementi addotti per raccontare la storia del Marocco indipendente: si
vedrà, quindi, quale ruolo ha effettivamente svolto nel corso degli anni, la
sua importanza e i suoi rapporti con le istituzioni.
A differenza di quanto fatto nel secondo capitolo, si proporrà una disamina
del panorama mediatico in chiave cronologica, partendo dagli Anni di
Piombo e l'esperienza di Zakya Daoud per arrivare all'epoca di Mohamed
VI.
Sarà importante sottolineare i processi di sviluppo di questo fenomeno,
capire come effettivamente la stampa sia stata d'aiuto nel processo di
democratizzazione, nonostante i pochi richiami fatti, e i modi e i motivi per
cui è stata censurata; diceva Joseph Pulitzer: “un'opinione pubblica bene
informata è la nostra corte suprema; perché ad essa ci si può appellare
contro le pubbliche ingiustizie, la corruzione, l'indifferenza popolare o gli
errori del governo; una stampa onesta è lo strumento efficace di un simile
appello”43.
3.1. Gli Anni di Piombo: l'esperienza di Zakya Daoud
Gli Anni di Piombo sono sicuramente anni molto bui per la libertà di
stampa e di espressione: come in tutti i regimi non democratici, la
limitazione di questi diritti è risultata un elemento determinante per il
mantenimento del pieno potere sul popolo e sull'intero paese.
43 Joseph Pulitzer, Sul Giornalismo, Bollati Boringhieri, 2009, frontespizio.
29
Tuttavia, per descrivere il periodo, si presenterà la storia di Zakya Daoud,
giornalista franco marocchina redattrice della rivista Lamalif, in attività dal
1966 al 1988: l'esperienza di questa donna racconta di un periodo in cui,
nonostante le difficoltà, la stampa era molto più “coraggiosa” di oggi, e
arrivava a sollevare temi di cui oggi non si riesce più a parlare.
3.1.1. Zakya Daoud e Lamalif
Zakya Daoud è una giornalista franco marocchina che ha iniziato la
propria carriera nel 1958 come corrispondente magrebina nel settimanale
Jeune Afrique. Nel 1966 diventa redattrice della rivista marocchina
Lamalif, entrando sempre più in contatto e in contrasto con le autorità
marocchine.
Questa rivista era rivolta ad una élite occidentalizzata che parlava una
lingua, il francese, e un linguaggio, quello universitario: si trattava, quindi,
di una frangia ristretta della popolazione44. Un'indagine effettuata dallo
stesso giornale nel 1985 ha confermato che del totale dei lettori molti
erano piuttosto giovani, un quarto erano di sesso femminile e più della
metà possedeva un'istruzione di alto livello45.
Lamalif era più un'istituzione giornalistica e intellettuale che un organo di
stampa, un'istituzione costruita pazientemente in ventidue anni e fondata
sulla durata, la quale veniva vista come un atto in sé, una forma di
opposizione, una sfida destinata a dimostrare che un altro Marocco
sarebbe stato possibile46.
Proprio questa tendenza anticonformista è stata la causa di frequenti
controlli da parte della polizia (anche nella propria dimora, nei confronti dei
44 ALM, La «révolution» Lamalif racontée par Zakya Daoud, in “Aujourd'hui.ma”, 20aprile 2007, disponibile online all'indirizzo http://www.aujourdhui.ma/maroc/culture/la-%C2%ABrevolution%C2%BB-lamalif-racontee-par-zakya-daoud-87693.
45 Bernard Schlemmer, L'enseignement et la jeunesse vus par l'intelligentsia Marocaine,11 luglio 2005, pagg. 58-59, disponibile online all'indirizzo http://www.revues.msh-paris.fr/vernumpub/schlemmer.pdf.
46 ALM, La «révolution» Lamalif racontée par Zakya Daoud, 20 aprile 2007.
30
propri familiari e a qualsiasi ora del giorno e della notte), oltre che di
minacce ed intimidazioni da parte delle istituzioni.
Lamalif è stato anche soggetto ad un nuovo tipo di censura: i mancati
finanziamenti statali. Il governo aveva deciso di allentare la morsa fisica
sulle varie testate giornalistiche stabilendo l'assegnazione di finanziamenti
statali alle testate “comode” alle istituzioni, ovvero a tutte quelle riviste e a
quei giornali che seguivano le linee guida del Palazzo senza alludere ai
vari problemi interni del regno.
Questi finanziamenti, però, erano fondamentali visti i costi di gestione, e
molte testate escluse dal programma governativo sono state costrette a
chiudere. Non è il caso di Lamalif, che, però, ha ritardato la chiusura di
pochi anni, al 1988: l'elevato numero di copie vendute da una rivista di
così alto spessore culturale aveva messo in allarme le istituzioni, le quali
hanno deciso di convocare direttamente Zakya Daoud per metterla al
corrente della situazione e fare in modo che questa cambiasse. La
decisione della giornalista è stata radicale: non valeva la pena continuare
a pubblicare limitando anche le copie, in quelle condizioni non rimaneva
altro da fare che cessare l'attività.
Il caso di Lamalif suggerisce dei margini di espressione libera che la
stampa si è riuscita a conquistare a dispetto delle condizioni imposte dal
regime totalitario degli Anni di Piombo.
3.2. Dagli ultimi anni di Hassan II all'inizio del regno di Mohamed VI
Il periodo storico preso in considerazione è quello che va dal 1992, ovvero
dagli anni della liberalizzazione del regno di Hassan II fino ai primi anni del
regno di Mohamed VI.
Come precedentemente osservato, si tratta di un periodo caratterizzato da
progressive aperture e concessioni anche sul piano dei diritti.
Il sistema mediatico marocchino, in questi anni, ha vissuto dei
31
cambiamenti significativi: di primaria importanza sono state la nascita della
stampa indipendente e il suo ruolo nella promozione e consolidamento
della democrazia47.
Lo sviluppo politico nella direzione della democratizzazione ha modificato
il sistema di informazione nazionale, riducendo il livello generale di
censura e diminuendo le ritorsioni nei confronti dei giornalisti e delle
istituzioni informative48.
3.2.1. La stampa nel processo di democratizzazione
Nel processo di democratizzazione, la stampa ha ricoperto il ruolo
fondamentale di luogo di confronto tra le diverse forze politiche del paese.
Nonostante i giornalisti operino sotto numerosi vincoli, il regime ha sempre
avuto difficoltà nell'esercitare pienamente il controllo su questo mezzo di
informazione.
La citata stampa indipendente, che consiste di tutte le testate che non
sono possedute da alcun partito o forza politica, è diventata un importante
forum per il dibattito pubblico su molti temi relativi ai processi innescatesi
dal 1992.
Questi, però, non hanno incluso la completa liberalizzazione dei
regolamenti sulla stampa: per questo motivo, l'assenza di una
regolamentazione democratica ha messo le istituzioni informative nella
condizione di essere vulnerabili ai tentativi di controllo da parte delle forze
politiche.
È importante sottolineare che, tra i cambiamenti previsti con il cambio di re
nel 1999, la diminuzione di controllo sul sistema informativo non era
prevista: altri erano i cambiamenti in programma, come l'incremento delle
pubblicazioni, la diversificazione dei giornali e un progressivo
ammorbidimento nelle restrizioni, senza dimenticare il diritto di scelta tra le47 Mohammed Ibahrine, Democratisation and the press: the case of Morocco, in “Nord-
Süd aktuell”, gennaio 2002.48 Ibidem.
32
diverse fonti di informazione per i giornalisti49; questo vuol dire che la
censura è stata alleggerita, e la stampa indipendente ha avuto una
primordiale apertura per trattare temi politici prima considerati tabù.
La stampa ha quindi abbondantemente beneficiato della progressiva
democratizzazione politica di questo decennio, in particolare
dell'alternanza governativa avviata nel 1997; negli anni successivi ha
tentato di creare una nuova tecnica lavorativa con due intenti precisi, più
appropriati per il periodo: il primo fine riguardava la creazione di una
nuova cultura giornalistica, simile a quella presente nei paesi che avevano
vissuto processi di democratizzazione paragonabili a quelli del Marocco, il
secondo riguardava l'intento di mettere a conoscenza il popolo
marocchino del proprio passato politico e di tutti gli ostacoli creati nel
tempo per rimandare la messa in pratica di una democrazia efficiente.
Da questi scopi si evince che, a livello interno, la stampa aveva il
potenziale per ricoprire un ruolo importante nella sensibilizzazione
popolare.
3.2.2. La stampa indipendente e i rapporti con le istituzioni
La riforma della stampa era una delle priorità del governo socialista
instauratosi dopo le elezioni parlamentarti del 1996: l'obiettivo era quello di
creare un ambiente informativo più aperto e pluralistico.
Nonostante questa intenzione, dal 1997 al 2001 il Marocco ha vissuto
degli attriti tra la stampa indipendente e il governo in carica: gli episodi di
censura erano all'ordine del giorno.
Gli argomenti un tempo considerati tabù, come la corruzione e l'abuso di
potere, sono diventati il soggetto preferito e l'elemento dominante di molte
testate giornalistiche indipendenti. Focalizzandosi su temi storici, politici e
sociali, la stampa indipendente ha distinto tra gli alleati e i nemici del
processo democratico: il fine era quello di creare un'opinione critica e di
49 Ibidem.
33
contribuire attivamente alla transizione democratica. Ciò può essere visto
come una dimostrazione del modo in cui la stampa indipendente è stata
coinvolta nella costruzione di una cultura democratica.
Alla fine del 1999 cresce la tensione tra alcuni membri ed ufficiali del
governo e gli esponenti della stampa indipendente: la sensazione è che la
libertà di stampa stia vivendo un momento di profonda crisi.
Due sono in particolare i casi emblema di questa iniziale fase di stallo: il
primo riguarda Khalid Mechbal, direttore del settimanale regionale
Achamal, il quale è stato accusato di incitazione all'odio razziale attraverso
la copertina di un numero dedicata agli immigrati clandestini subsahariani
intitolata “Les criquets noirs envahissent le Maroc”; il secondo riguarda
Mustapha Al Alaoui, condannato con tre mesi di prigione, revoca della
licenza giornalistica e multa di 2000 dollari per aver pubblicato
informazioni relative al coinvolgimento del ministro degli esteri marocchino
nella compravendita della residenza dell'ambasciata del Marocco a
Washington50.
La grazia concessa da Mohamed VI ad Al Alaoui e a Mechbal ha dato
però un barlume di speranza a coloro che sono stati intimoriti dalla piega
presa dalle istituzioni, spento poi da altri casi di chiusura di testate
giornalistiche (come Le Quotidien, La Nouvelle Tribune e Al Sahifa).
La stampa indipendente non è libera: il grado di libertà loro concesso
dipende in larga misura dalla loro posizione rispetto al governo in carica. Il
fatto che molti funzionari ministeriali siano i direttori di queste testate
giornalistiche fa sì che questi giornali giochino un ruolo propagandistico
per il regime anziché informare efficientemente il pubblico. Alcune
organizzazioni internazionali quali Article 19, Freedom Forum e Reporters
sans Frontières hanno espresso le loro preoccupazioni per il
deterioramento delle libertà di stampa in Marocco.
La condotta del governo socialista ricorda le abitudini del regno passato:
anche in un contesto di transizione democratica non c'è l'intenzione di
50 Ibidem.
34
rompere con la logica dell'intoccabilità del regime politico; la libertà di
stampa funziona allo stesso modo: coloro che criticano e si oppongono al
regime non hanno libertà di esprimere le proprie idee, in quanto il governo
considera la critica come una deviazione dalla partecipazione alla
valorizzazione del processo democratico51.
51 Ibidem.
35
CAPITOLO 4
Questo capitolo verterà su ciò che è successo al mondo dei media, e più
in generale alla libertà di espressione, nel periodo successivo al
Movimento 20 Febbraio: osservare, a partire da casi specifici, quali siano
le condizioni nelle quali opera la stampa oggi in Marocco è una maniera
alternativa ma efficace di trattare la stampa all'epoca della “Primavera
Araba”.
Per analizzare la situazione odierna, verranno presi in considerazione i
rapporti annuali degli osservatori sulla libertà di stampa, per capire se si
stia percorrendo la strada di una progressiva liberalizzazione oppure se le
promesse espresse da Mohamed VI nel momento dell'incoronazione e
nell'immediato post 2011 stiano rimanendo parole fini a se stesse.
Seguirà una breve analisi sul dibattito del codice della stampa (vedi 2.1.7.)
Infine, un caso concreto come quello di Ali Anouzla illustrerà il precario
equilibrio in cui operano quotidianamente gli esperti del settore
informativo, tra persecuzione interna e solidarietà internazionale.
4.1. Gli osservatori sulla libertà di stampa
Come si è visto, nonostante le "aperture" e la retorica riformista avviata a
fine anni '90, le autorità sono riuscite ad imbrigliare il panorama mediatico
nazionale, impedendogli di assumere il ruolo di garante dell'annunciata
"transizione" e quella funzione di controllo del potere, sintomo della salute
di ogni democrazia, sia essa consolidata o in divenire.
I canali televisivi restano di esclusivo monopolio statale, la comparsa delle
radio private è inquadrata da un'autorità di nomina politica, e il proliferare
di titoli nelle edicole sembra ormai inversamente proporzionale alla qualità
36
dei loro contenuti52.
Il miglior modo per analizzare il livello di libertà di espressione nel periodo
post Movimento 20 Febbraio è fare riferimento ai rapporti sul tema
pubblicati dai siti specializzati, come Reporters Sans Frontières e
International Freedom of Expression Exchange (IFEX).
Nella classifica sulle libertà di stampa nel mondo relativa all'anno
2011/2012, il Marocco si posiziona al 138° posto, poco dietro la vicina
Tunisia e ben staccata dalla confinante Algeria. Negli anni successivi, c'è
stato un lieve miglioramento della situazione, portando il paese ad
assestarsi al 130° posto, sempre dietro agli altri paesi del Maghreb.
Garantita dalla Costituzione che il re ha concesso nel 2011, la libertà di
stampa è al centro di un progetto che tenta di mettere al sicuro i cosiddetti
soggetti sensibili e che, nel segno delle costituzioni più mature, vuole
evitare la prigione ai giornalisti accusati di diffamazione. Ma il tema fatica a
varcare le aule del Parlamento, scalzato ogni volta da argomenti più
"urgenti". Un consorzio di associazioni marocchine ha lanciato un
osservatorio permanente, con tanto di applicazione coofinanziata
dall'Unione europea53.
RSF ha un rimprovero mirato nei confronti del Marocco: le promesse non
mantenute. RSF evoca delle riforme annunciate dal governo Abdelilah
Benkirane, il capo del Partito Giustizia e Sviluppo (PJD), vincitore delle
elezioni legislative del novembre 2011. Questo esecutivo, che ha il
compito di applicare la nuova Costituzione del 2011, aveva promesso, tra
l’altro, “la depenalizzazione dei delitti d’informazione”54: tutte parole
52 Jacopo Granci, Marocco. Dove la stampa diventa “terrorista”, in “Osservatorio Iraq,Medioriente e Nordafrica”, 29 ottobre 2013, disponibile online all'indirizzohttp://osservatorioiraq.it/approfondimenti/marocco-dove-la-stampa-diventa-terrorista.
53 Libertà di stampa, pioggia di denunce in Marocco, in “ANSAmed”, 28 aprile 2015,disponibile online all'indirizzohttp://www.ansamed.info/ansamed/it/notizie/rubriche/politica/2015/04/28/liberta-di-stampa-pioggia-di-denunce-in-marocco_1bb7e004-1f61-490c-a97e-67a0930add31.html.
54 Hicham Houdaïfa, tradotto da Stefanella Campana, Libertà d'espressione in Marocco.La fine di un'era, l'inizio di un'altra, in “babelMed”, dicembre 2013, disponibile onlineall'indirizzo http://ita.babelmed.net/cultura-e-societa/74-marocco/13330-liberta-despressione-in-marocco-la-fine-di-unera-linizio-di-unaltra.html.
37
rimaste tali e non trasformatesi in azioni concrete.
Mentre i venti della Primavera Araba inauguravano una nuova era, nei
rapporti tra la stampa libera e il poteri le cose non hanno fatto che
peggiorare55, portando il termine “giornalismo libero” ad essere troppo
spesso associato alla parola “prigione”.
Sono tanti gli esempi citabili per sostenere quanto detto: Rachid Niny, Ali
Anouzla (vedi 3.3), Driss Ksikes e Ali Lmrabet sono solo alcuni dei
giornalisti condannati per aver scritto cose scomode a Palazzo.
4.1.1. Le raccomandazioni di RSF
Il 15 novembre 2014 RSF ha pubblicato le proprie raccomandazioni
riguardo alla regolamentazione della libertà di stampa in Marocco.
I punti salienti del documento redatto sono:
• apertura e consolidamento del processo di consultazione sui
progetti di legge;
• avvio di una concreta consultazione, di azioni di sensibilizzazione e
di informazione dei giornalisti e della società civile riguardo la
messa in pratica di un sistema di autoregolazione di un'autorità
indipendente;
• garanzia esplicita della libertà di informazione su internet;
• definizione del mestiere del giornalista affinché sia conforme agli
standard internazionali;
• interruzione di regolamentazioni specifiche per i giornalisti e per le
pubblicazioni straniere;
• consacrazione di un articolo specifico col fine di proteggere le
sorgenti informative;
55 Ibidem.
38
• assicurazione di un credibile diritto d'accesso all'informazione
conforme agli standard internazionali;
• messa in pratica di un vero meccanismo di protezione dei
giornalisti, in particolare con la creazione di leggi atte a prevenire
attacchi alla categoria e limitando la creazione di ostacoli al loro
lavoro;
• soppressione del reato di recidività;
• soppressione del reato di oltraggio al re, alla religione e di
incitamento all'attentato all'integrità nazionale (la cosiddetta “linea
rossa”);
• garanzia del principio di proporzionalità delle sanzioni;
• limitazione del ricordo all'uso del blocco dei siti internet e
dell'interruzione delle pubblicazioni dei mezzi di informazione
cartacei56.
4.2. Il dibattito sulla riforma del codice della stampa
Il dibattito sulla riforma del codice della stampa è attualmente in corso in
Marocco: quello tutt'ora in vigore risale al 2003 (2.1.7.)
Sono stati presentati tre progetti di legge dal Ministero delle comunicazioni
il 18 ottobre 2014: il primo riguarda “la stampa e le pubblicazioni”, il
secondo “lo statuto dei giornalisti” e il terzo “il Consiglio Nazionale della
Stampa”57.
La volontà di procedere verso una sostanziale riforma del codice della
stampa è stata accolta favorevolmente dalle organizzazioni internazionali
di difesa della libertà di informazione, soprattutto perché si tratterebbe
56 RSF, RSF publie ses recommandations sur les projets de loi sur la presse, 21novembre 2014, disponibile online all'indirizzo http://fr.rsf.org/maroc-rsf-publie-ses-recommandations-sur-21-11-2014,47259.html.
57 Ibidem.
39
della messa in pratica di progetti decantati dopo il referendum
costituzionale del 2011. In particolare, RSF ha sottolineato la necessità di
mettere in pratica delle riforme giuridiche con l'intento di garantire
l'integrità del principio della libertà d'informazione58.
La cancellazione della prigione come pena per i reati commessi
nell'ambito della comunicazione è stata una delle principali innovazioni dei
testi proposti (ma non ancora approvati) riguardanti la regolamentazione
della stampa; non è da ignorare, però, che l'incarcerazione è ancora
prevista nei casi di oltraggio al re, alla religione e all'integrità del territorio
nazionale59: infatti, la tanto attesa riforma della “linea rossa”, limitante le
pubblicazioni sui temi appena citati, non è ancora stata realizzata.
Per quanto questo ammorbidimento possa sembrare un passo in avanti
nel consolidamento della libertà d'espressione e di informazione, i
professionisti credono che la privazione della libertà possa essere
facilmente sostituita da ammende sproporzionate ed esorbitanti, utili a
limitare ancora di più la libertà di manifestare per iscritto il proprio
pensiero60.
4.3. Il caso di Ali Anouzla
Dopo aver analizzato in generale la situazione della libertà di stampa, è
importante segnalare uno dei casi più recenti di repressione dell'attività
giornalistica, quello di Ali Anouzla.
Ali Anouzla è un giornalista della stampa indipendente del Marocco
famoso per i suoi articoli in aperto contrasto con il regno di Mohamed VI;
da dicembre 2010 è il capo redattore della versione araba del giornale
online Lakome.com, fondato insieme ad Aboubakr Jamai.
58 Ibidem.59 RSF, Durcissement de la répression à l'egard des journalistes, 5 marzo 2015,
disponibile online all'indirizzo http://fr.rsf.org/maroc-durcissement-de-la-repression-a-l-05-03-2015,47652.html.
60 Ibidem.
40
Il caso di Ali Anouzla viene generalmente raccontato tramite due episodi
che hanno portato la questione alla ribalta anche dei giornali stranieri: lo
scandalo DanielGate e l'articolo contenente un riferimento
all'organizzazione Al-Qaïda au Maghreb islamique (AQMI).
4.3.1. Lo scandalo DanielGate
Nonostante le diverse sanzioni subite nel corso dagli anni per diversi
articoli riguardanti l'assenteismo del re, la gestione del budget e altri
argomenti inclusi nella “linea rossa”, l'episodio che viene generalmente
addotto per iniziare a raccontare la persecuzione di Ali Anouzla è lo
scandalo DanielGate.
Il 30 luglio 2013 è stato celebrato l'anniversario dell'ascesa al trono di
Mohamed VI, e, come ad ogni grande evento, in base ad un accordo tra
Marocco e Spagna, è stata concessa la grazia ad alcuni prigionieri,
quarantotto in questa circostanza, tutti di nazionalità spagnola.
Tra questi prigionieri c'era anche Daniel Galván Fiña, condannato a
trent'anni di carcere per avere abusato sessualmente di undici bambini
marocchini aventi tra i due e i quindici anni.
Esistono versioni contrastanti riguardo la concessione di questa grazia: le
istituzioni marocchine dicono di non essere state sufficientemente
informate riguardo alla situazione penale di Galván, i media spagnoli,
invece, dicono che il governo di Madrid ha presentato una lista di
quarantotto nomi a Rabat, di cui diciotto da graziare e trenta da trasferire
in Spagna per finire di scontare la pena, e Galván faceva parte di questo
secondo gruppo di prigionieri61.
La grazia è stata poi revocata e Galván è stato arrestato a Murcia, in
Spagna.
61 Benjamin Roger, Le pédophile espagnol, gracié par le roi du Maroc, arrêté enEspagne, in “Jeune Afrique”, 5 agosto 2013, disponibile online all'indirizzohttp://www.jeuneafrique.com/169296/politique/le-p-dophile-espagnol-graci-par-le-roi-du-maroc-arr-t-en-espagne/.
41
Lakome.com, giornale online di Ali Anouzla, è stato l'unico mezzo di
informazione a trattare la notizia in Marocco, creando una catena di
proteste riguardo alla decisione di Mohamed VI di concedere la grazia: la
gente è scesa in piazza a protestare (limitata anche con l'uso della
violenza da parte delle forze dell'ordine) e sui social network si è
scatenata la solidarietà di users provenienti da ogni parte del mondo.
Lakome.com, in linea con il quotidiano spagnolo El País, ha pubblicato (e
quindi sostenuto) la versione del governo di Madrid, parlando
dell'esistenza di due liste di prigionieri, dando quindi le colpe alle istituzioni
marocchine, le quali hanno smesso di rilasciare dichiarazioni il 5 agosto.
Il merito della revoca della grazia va anche alle pressioni esercitate dal
giornale di Anouzla: si tratta del primo vero passo indietro di Mohamed VI
dalla sua incoronazione nel 1999 ai tempi moderni.
Ciò che è derivato da questo episodio è stato un aumento delle critiche nei
confronti del regno, a cui è seguito un inasprimento delle pene nei
confronti degli oppositori dell'autoritarismo reale; le pubblicazioni di
Anouzla, considerato dalle istituzioni il responsabile di questo polverone,
sarebbero state severamente controllate da quel momento in avanti.
4.3.2. L'articolo di Lakome.com con riferimento all'AQMI
Nel mese di settembre 2013, la versione araba di Lakome.com ha
pubblicato un articolo riguardo all'attività dell'organizzazione Al-Qaïda au
Maghreb islamique (AQMI) in Marocco e agli eccessi della monarchia.
A questo articolo è stato allegato un link che rimandava ad una
pubblicazione del quotidiano spagnolo El País contenente un video,
intitolato “Maroc, le royaume de la corruption et du despotisme”, messo in
rete dalla stessa organizzazione terroristica.
Il 17 settembre, quattro giorni dopo la pubblicazione dell'articolo
contenente il link, Anouzla è stato arrestato nella sua abitazione di Rabat
42
con l'accusa di istigazione al terrorismo e di minaccia all'integrità
territoriale del regno del Marocco, con conseguente confisca di tutti i dati e
i computer degli uffici della sede di Lakome.com62.
L'articolo in questione conteneva un'accurata descrizione del video
allegato: oggetto della critica era Mohamed VI, ed in particolare la sua
politica; il video terminava con un appello al popolo marocchino a ribaltare
il regno di Mohamed VI.
Il video era stato ripreso e commentato anche dalla versione francofona di
Lakome pochi giorni prima dell'arresto di Anouzla: Aboubakr Jamai,
direttore dell'edizione francese e residente all'estero, non ha subito
immediati provvedimenti; Anouzla, invece, dopo oltre un mese di custodia
cautelare iniziata il 17 settembre, resta incriminato per apologia del
terrorismo e incitamento e sostegno materiale all'esecuzione di atti
terroristici63.
Attivisti e componenti della società civile sono stati subito messi in allarme
dall'arresto di Anouzla, pronti a denunciare l'ennesima deriva autoritaria
del regime64, tanto da portare alla nascita di manifestazioni e sit-in di
solidarietà nei confronti del fondatore di Lakome.
La persecuzione di Anouzla non è scaturita dall'infrazione del Codice della
Stampa, in quanto questo non copre le pubblicazioni online; le autorità
marocchine hanno fatto leva su uno strumento ancora più repressivo: la
legge anti-terrorismo emanata nel 2003, la quale riduce sensibilmente le
garanzie dell'indagato e prevede lunghe pene detentive65.
4.3.3. Le reazioni della stampa
Pochi giorni dopo l'arresto di Anouzla, i collaboratori di Lakome hanno
62 Human Rights Watch, Morocco: Leading Editor Arrested, 18 settembre 2013,disponibile online all'indirizzo https://www.hrw.org/news/2013/09/18/morocco-leading-editor-arrested.
63 J. Granci, Marocco. Dove la stampa diventa “terrorista”, 29 ottobre 2013.64 Ibidem.65 Ibidem.
43
pubblicato il seguente comunicato:
"La pubblicazione del video di AQMI contribuisce all'informazione, i
cittadini hanno il diritto di sapere che un'organizzazione terrorista minaccia
i suoi dirigenti".
A queste parole sono seguite numerose citazioni di casi di media europei
che quotidianamente propongono video del calibro di quello dell'AQMI,
prendendo le distanze dal loro contenuto come fatto da Anouzla66.
Uscendo dall'ambiente di Lakome, la stessa constatazione è stata fatta da
molti altri giornali, anche internazionali, come The Washington Post, The
Guardian, Le Monde e Al-Jazeera, i quali hanno reagito con stupore alla
vicenda in cui si trova coinvolto il giornalista marocchino67.
Risulta pertanto difficile comprendere l'accanimento nei confronti di
Anouzla: bisogna ricollegarsi all'episodio di DanielGate (4.3.1) e citare
precedenti attriti con le istituzioni marocchine per capire come sia stata
possibile una simile persecuzione nei confronti di un giornalista.
4.3.4. Un giornalista “troppo libero”
L'arresto di Anouzla appena descritto fa parte di una storia molto più
lunga, fatta di continue critiche al potere dispotico del re.
La lista di articoli riguardanti temi critici è molto lunga: si va da alcune
testimonianze inedite degli Anni di Piombo (catalogate come top secret
dall'IER), al sostegno delle mobilitazioni pacifiche e democratiche del
Movimento 20 Febbraio, alle denunce sulla cooptazione della classe
politica e sulle “riforme di facciata” in risposta alle rivendicazioni sociali e
politiche della piazza68 nel 2011.
Se a queste pubblicazioni si aggiunge il caso DanielGate (4.3.1.), diventa
facile intuire che il video di AQMI sia stato usato come un espediente per
limitare la libertà di espressione di Anouzla.66 Ibidem.67 Ibidem.68 Ibidem.
44
Questa serie di episodi ha suscitato notevole imbarazzo tra le alte sfere
reali, mettendo anche in dubbio la reale credibilità del potere di Mohamed
VI.
Anche l'ultimo articolo scritto prima dell'arresto è da inserire nella lista
delle cause scatenanti: si tratta di una pubblicazione in cui Anouzla si è
soffermato sulle ingerenze saudite nella regione mediorientale del paese,
mettendo in guardia il Marocco da una rinnovata intesa con gli al-Saud,
principali finanziatori delle casse del regno alawita69.
È importante capire che questo non è un episodio a sé stante: gli elementi
in gioco sono numerosi, così come le conseguenze in ambito sociale. Ali
Sbai, giornalista del Courrier international, scrive a riguardo il 25
settembre 2013:
“(...) In gioco ci sono la dignità di tutti i marocchini (qualunque sia la loro
opinione), la libertà della stampa e i diritti del cittadino (riconosciuti dalla
Costituzione). (…) Si può non condividere il punto di vista di Lakome, ma il
suo contributo a sfatare i tabù e ad favorire il dibattito su temi che toccano
l'insieme della società rimane di fondamentale importanza nel cammino
verso la completa libertà di espressione”70.
Con l'arresto di Anouzla non si è cercato soltanto di mettere a tacere la
sua voce, ma si è voluto anche dare l'esempio agli altri, spaventandoli e
costringendoli all'autocensura per non incappare nello stesse genere di
sanzioni71.
All'incarcerazione di Anouzla si è aggiunto il blocco delle pubblicazioni da
parte di Lakome.com: si tratta di un duro colpo per la stampa indipendente
marocchina.
Dopo un mese di detenzione, Anouzla è stato rimesso in libertà
provvisoria in attesa del processo che, tuttavia, ha continuato a subire
69 Ibidem70 Ali Sbai, Ali Anouzla, un journaliste trop libre toujours en prison, in “Courrier
international”, 25 settembre 2013, disponibile online all'indirizzohttp://www.courrierinternational.com/article/2013/09/23/ali-anouzla-un-journaliste-trop-libre-toujours-en-prison.
71 J. Granci, Marocco. Dove la stampa diventa “terrorista”, 29 ottobre 2013.
45
rinvii.
L'ultimo data scelta per il processo era il 20 maggio 2014, spostata a data
da destinarsi a causa della partenza per le vacanze del giudice che
avrebbe dovuto emettere il verdetto72.
Anouzla, fervente difensore della libertà di espressone, si è visto
assegnare un premio dall'alto valore simbolico dall'ONG americana
“Project on Middle East Democracy”, e comprare nella lista dei “cento eroi
dell'informazione” pubblicata da RSF in occasione della giornata mondiale
della libertà di stampa occorsa il 3 maggio 201473.
72 RSF, Sept mois après sa libération, Ali Anouzla est toujours dans le collimateur de lajustice, 20 maggio 2014, disponibile online all'indirizzo http://fr.rsf.org/maroc-sept-mois-apres-sa-liberation-ali-20-05-2014,46315.html.
73 Ibidem.
46
CONCLUSIONE
Per costruire questa argomentazione si è cercato di rispondere a tre
domande utili per creare un discorso coerente e mirato.
Sono stati definiti gli episodi principali del processo di democratizzazione
del Marocco dall'indipendenza ad oggi: gli Anni di Piombo e l'autoritarismo
del Re Hassan II, il cambio di strategie del sovrano, l'ascesa al trono di
Mohamed VI e la versione marocchina della “Primavera Araba”.
Sono stati definiti gli elementi particolareggianti ogni singolo periodo, ma
soprattutto quelli in comune: le costituzioni, il ruolo del re e le concessioni
sul piano politico e sociale; a questi sono stati aggiunti gli elementi
mancanti in comune: i partiti, le riforme e la stampa.
Questo passaggio ha permesso di approfondire l'argomentazione
rispondendo alla seconda domanda, spiegando il panorama della stampa
nell'arco temporale scelto, in parallelo con i processi di mutamento
politico.
L'esperienza di Zakya Daoud ha reso evidente come, nonostante gli Anni
di Piombo siano un'epoca totalitaria e restrittiva nei confronti delle libertà
politiche e sociali, potessero esistere dei margini di espressione libera in
cui la stampa aveva la possibilità di agire: da qui si è osservato lo sviluppo
della censura, da fisica ad economica, con l'introduzione dei finanziamenti
statali alle testate “comode” a Palazzo.
Le riforme in tema di stampa degli ultimi anni del regno di Hassan II e
quelle di Mohamed VI avevano lasciato presagire primi cambiamenti in
senso democratico, rimasti tali a causa del poco interesse nell'avviare un
progetto concreto di progressiva liberalizzazione dei mezzi di
comunicazione.
Ne è una prova la situazione odierna, il cui racconto risponde alla terza
domanda. Gli osservatori sulle libertà di stampa continuano la loro opera
47
di sensibilizzazione pubblicando rapporti annuali e raccomandazioni per
migliorare la regolamentazione delle libertà, il tutto mentre il dibattito sulla
riforma del Codice della Stampa del 2003 continua ad essere in atto senza
l'avvicinarsi di una rapida soluzione.
Infine, il caso specifico di Ali Anouzla ha esemplificato come operano gli
esperti del settore ai giorni nostri, tra l'ostilità e la censura delle istituzioni e
la solidarietà delle testate internazionali.
La situazione politica e sociale dal 1956 ad oggi sembra essere migliorata,
ma è evidente che la stampa sia ancora imbrigliata e troppo dipendente
dal Palazzo. I casi concreti portati a sostegno della tesi, però, dimostrano
che un Marocco diverso è possibile, indipendentemente dal contesto
politico più o meno totalitario in cui i giornalisti sono costretti a lavorare.
48
BIBLIOGRAFIA
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changements et faux-semblants”, Confluences Méditerranée, L'Harmattan,
n. 78, estate 2011.
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Mouvement du 20 Février à Casablanca, in “Revue française de science
politique”, Presse de Sciences Po, vol. 62., n. 5, 2012.
Catalano S. L., “Democrazia marocchina” e Movimento 20 Febbraio:
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