L’attuazione negli altri Stati membri dei provvedimenti provvisori e cautelari
nel regolamento Ue n. 1215 del 2012 (Bruxelles I bis)
MICHELE ANGELO LUPOI
Professore associato dell’Università di Bologna
Avvocato in Bologna
SOMMARIO: 1. La nozione europea di provvedimenti provvisori e cautelari. – 2. Il criterio per la
giurisdizione speciale cautelare in Bruxelles I. – 3. La circolazione dei provvedimenti cautelari in
Bruxelles I. – 4. (Segue): motivi che escludono il riconoscimento e l’esecuzione delle misure cautelari. –
5. Le novità del regolamento n. 1215: la nozione di “provvedimenti provvisori e cautelari”. 6. La
definizione di “decisione cautelare” idonea a circolare tra gli Stati membri. – 7. La circolazione dei
provvedimenti emessi inaudita altera parte. – 8. Riconoscimento ed esecuzione delle decisioni nel
sistema di Bruxelles I bis: le norme generali. – 9. Il procedimento per il riconoscimento e l’opposizione
all’esecuzione delle decisioni straniere: il rito applicabile. – 10. La circolazione dei provvedimenti
cautelari nel nuovo regolamento. – 11. Le modalità di attuazione della decisione straniera. – 12.
Conclusioni.
1. - Nell’ambito dello spazio di giustizia europeo in materia civile e commerciale creato dalla
convenzione di Bruxelles del 1968 e consolidato dal regolamento Ce n. 44 del 2001 (Bruxelles
I), un ruolo centrale è attribuito alla tutela provvisoria e cautelare, senz’altro fondamentale
nell’ambito del contenzioso civile contemporaneo, e ancor più in quello a carattere
transfrontaliero. Oggi, lo scenario normativo si è arricchito con l’approvazione del regolamento
Ue n. 1215 del 2012 (Bruxelles I bis) (1), che dal 10 gennaio 2015 prenderà il posto del
1
) Sulla genesi del nuovo regolamento v. BARIATTI, I profili internazionali del contrasto alla
contraffazione: le prospettive di riforma del Regolamento (CE) 44/2001, in Dir. ind., 2011, p. 169;
BEAUMONT, JOHNSTON, Can exequatur be abolished in Bruseels I whilst retaining a public policy
defence?, in 6 Jour. priv. int. law, 2010, p. 249; BIAGIONI, L’abolizione dei motivi ostativi al
riconoscimento e all’esecuzione nella proposta di revisione del regolamento Bruxelles I in Riv. dir. int.
priv. proc., 2011, p. 971; BIAVATI, Judicial cooperation in Europe: is exequatur still necessary?, in Int.
jour. proc. law, 2011, p. 421; BRIZA, Choice of court agreements: could the Hague choice of court
agreements convention and the reform of the Brussels I regulation be the way out of the Gasser-Owusu
disillusion?, in 5 Jour. priv. int. law, 2009, p. 537; CACHIA, Recent developments in the sphere of
jurisdiction in civil and commercial matters, in Elsa Malta law rev., 2011, p. 69; CUNIBERTI, RUEDA,
Abolition of exequatur. Addressing the Commission’s concerns, Law working paper series, 12-10-2010;
KRAMER, Abolition of exequatur under the Brussels I Regulation: effecting and protecting rights in the
European judicial area, in Neth. int. priv., 2011, p. 633 ss.; FERACI, L’ordine pubblico nel diritto
dell’Unione europea, Milano, 2012, p. 213 ss.; FERACI, L’abolizione dell’exequatur nella proposta di
revisione del regolamento n. 44/2001: quale destino per i motivi di rifiuto del riconoscimento e
dell’esecuzione delle decisioni, in Riv. dir. int., 2011, p. 832; FRANZINA, La garanzia dell’osservanza
delle norme sulla competenza giurisdizionale nella proposta di revisione del regolamento “Bruxelles I”,
in 3 Cuad. der. transn., 2011, fasc. 1, p. 144; GILLIES, Creation of subsidiary jurisdiction rules in the
recast of Brussels I : back to the drawing board?, in Jour. int. priv. law, 2012, p. 498 ss.; GAUDEMET-
TALLON, La refonte du Règlement Bruxelles I, in La justice civile européenne en marche, a cura di
Douchy-Pudot, Guinchard, Parigi, 2012, p. 22; KESSEDJIAN, Commentaire de la refonte du règlement n.
regolamento n. 44: proprio alle novità introdotte dal legislatore europeo nella materia cautelare è
dedicato questo scritto.
Dalla natura “doppia” della normativa qui in esame deriva che, alla tutela provvisoria e cautelare,
sono riservate norme sia sulla giurisdizione (l’art. 24 della convenzione e l’art. 31 del
regolamento n. 44) che sulla circolazione dei provvedimenti attraverso le frontiere. L’analisi
delle prime è imprescindibile per un’analisi delle seconde.
La normativa comune europea, peraltro, è sempre stata avara di dettagli in questo specifico
ambito: come noto, né la convenzione del 1968 né il regolamento n. 44 forniscono alcuna
definizione di “tutela provvisoria e cautelare” ed anche il criterio di collegamento giurisdizionale
applicabile in questa materia non è esattamente individuato.
Quanto al primo aspetto, l’art. 31 del regolamento n. 44 si limita a menzionare, nella propria
rubrica, i “provvedimenti provvisori e cautelari” (che diventano i “provvedimenti provvisori o
cautelari” nel testo della norma), senza darne alcuna definizione, come già faceva l’art. 24 della
convenzione. D’altra parte, negli ordinamenti nazionali si sovrappongono molteplici rimedi
genericamente qualificabili come provvisori e cautelari, in una situazione di grande eterogeneità,
ciò che rende comunque molto arduo ogni tentativo di darne una definizione autonoma generale
ed astratta.
44/2001, in Rev. trim. dr. eur., 2011, p. 1; LEANDRO, La proposta per la riforma del regolamento
“Bruxelles I” e l’arbitrato, in Riv. dir. int. 11, 177; LUPOI, M.A., La proposta di modifica del
regolamento n. 44 del 2001: le norme sulla giurisdizione, in Giustizia senza confini. Studi offerti a
Federico Carpi, Bologna, 2012, p. 283; MIGLIORINI, Sulle proposte di modifica del regolamento 44/2001
in tema di competenza relativa alle controversie individuali di lavoro, in Riv. dir. int., 2010, p. 89;
SEATZU, La proposta per la riforma del regolamento “Bruxelles I” e i provvedimenti provvisori, in 3
Cuad. der. transn., 2011, fasc. 2, p. 170; SALERNO, Coordinamento e primato tra giurisdizioni civili nella
prospettiva della revisione del regolamento (CE) n. 44/2001, ivi, 2010, fasc. 1, p. 5; ROSSOLILLO, Forum
necessitatis e flessibilità dei criteri di giurisdizione nel diritto internazionale privato nazionale e
dell’Unione europea, ivi, p. 403; SANDRINI, Tutela cautelare in funzione di giudizi esteri, Padova, 2012,
p. 405 ss.; WEBER, Universal jurisdiction and third States in the reform of the Brussels I regulation, Max
Planck private law research paper n. 11\7, in http://ssrn.com/abstract=1804103, p. 3 ss.; DICKINSON,
The proposal for a regulation of the European Parliament and of the Council on jurisdiction and the
recognition and enforcement of judgments in civil and commercial matters (Recast) (“Brussels I bis”
Regulation), in http://ssrn.com/abstract=1930712, p. 12; TAKAHASHI, Review of the Brussels I
Regulation: a comment from the perspectives of non-Member States, in Jour. int. priv. law, 2012, p. 3 ss.;
tra i primi commenti al nuovo regolamento, si segnalano DE SANTIS, M., Il nuovo regolamento Bruxelles
I-bis e l’arbitrato: alcune riflessioni, in Dir. comm. int., 2013, p. 383; LEANDRO, Prime osservazioni sul
regolamento (UE) n. 1215/2012 (“Bruxelles I bis”), in Giusto proc. civ., 2013, p. 583; Ratkovic,
Zgrabljic Rotar, Choice of court agreements under the Brussels I Regulation (Recast), in Int. jour.. proc.
law, 2013, p. 245; SILVESTRI, C., Recasting Brussels I: il nuovo regolamento n. 1215 del 2012, in Riv.
trim. dir. proc. civ., 2013, p. 677.
La Corte di giustizia è dovuta, dunque, intervenire in più occasioni per cercare di tratteggiare i
contorni di una nozione europea di tali provvedimenti, senza però riuscire completamente
nell’intento e lasciando comunque molti dubbi (2).
In questa sede, si può solo ripercorrere in modo schematico il percorso di tale giurisprudenza.
In particolare, nella decisione Reichert c. Dresdner Bank (3), dopo avere enunciato la necessità di
un approccio autonomo per la definizione dell’ambito di applicazione della norma europea sulla
tutela cautelare, la Corte affermò che la finalità di una misura cautelare o provvisoria è di
preservare una situazione di fatto o di diritto per tutelare i diritti che sono oggetto del
procedimento di merito. Venne così evidenziato il carattere strumentale dei rimedi menzionati
nell’art. 31 del regolamento n. 44, in sintonia con il tradizionale approccio dell’ordinamento
processuale italiano alla tutela cautelare.
Questa decisione, peraltro, non aveva sciolto tutti i nodi della questione. Parlando di
strumentalità del rimedio, in particolare, la Corte non aveva toccato la tradizionale distinzione tra
misure conservative ed anticipatorie. In una decisione successiva, dunque, i giudici comunitari
hanno affrontato il concetto di “provvisorietà” nel contesto qui in esame: nella fattispecie, la
Corte ha esaminato una decisione sommaria che ordinava il pagamento di una somma di denaro,
giungendo a concludere che anche un provvedimento di questo tipo possa avere una natura
“provvisoria”, nel senso di cui all’art. 31 del regolamento n. 44. Per i giudici del Lussemburgo,
infatti, anche un ordine siffatto può essere strumentale alla tutela efficiente del diritto oggetto di
controversia. D’altro canto, nelle parole della Corte, per potere considerare “provvisorio” un tale
provvedimento, deve essere garantito il rimborso al convenuto della somma versata nell'ipotesi
in cui il ricorrente non vinca la causa nel merito. Con questa frase, a parere di chi scrive, i giudici
europei hanno voluto indicare che un ordine provvisorio di pagamento deve potere essere
revocato se, all’esito del procedimento di merito, si accerti l’infondatezza della pretesa del
creditore, con il conseguente diritto al rimborso in capo al soggetto che abbia pagato somme di
denaro in forza di tale provvedimento (4). Non è invece condivisibile la lettura per cui la Corte
abbia inteso condizionare l’emissione di un ordine “provvisorio” di pagamento di una somma di
denaro all’imposizione di una cauzione a carico del creditore per garantire il diritto al rimborso
2
) Rispetto alla nozione enucleata in queste pagine, FRADEANI, I provvedimenti cautelari nelle
controversie transfrontaliere, in I procedimenti cautelari, a cura di Carratta, Bologna, 2013, p. 1478 ss.,
ritiene, peraltro, che gli aggettivi qualificativi “provvisorio e cautelare” “indichino due istituti diversi”,
l’uno contenente l’altro, costituendo il primo un “quid pluris” rispetto al secondo, con riferimento, quanto
al sistema italiano, ad una misura sommaria che pur essendo non definitiva (in quanto non idonea al
giudicato) comunque non sia cautelare. 3) Corte giust., 26 marzo 1992, c. 261/90, in Riv. dir. int. priv. proc., 1993, p. 202.
4) Corte giust.,17 novembre 1998, c. 391\95, Van Uden Maritime BV v. Kommanditgesellschaft in Firma
Deco Line, in Dir. arb., 1999, p. 313; v. anche Corte giust.,27 aprile 1999, c. 99/96, Mietz v. Intership
Yachting Sneek BV, in Riv. dir. int. priv. proc., 1999, p. 658.
della controparte (5): un intervento di questo tipo, in effetti, andrebbe ben oltre i limiti del potere
interpretativo della Corte di giustizia, con un’integrazione degli ordinamenti processuali interni
non prevista né imposta dalla normativa comune e con notevoli dubbi anche di rango
costituzionale (ad esempio, sul piano dell’eguaglianza sostanziale di cui al nostro art. 3 Cost.).
D’altro canto, come si vedrà, in base alle regole del nuovo regolamento, una cauzione può essere
imposta in sede di attuazione del provvedimento in un altro Stato membro.
La Corte ha enunciato il principio della “garanzia del rimborso” con riferimento ad un
provvedimento che disponeva il pagamento in via immediata di una somma dovuta
contrattualmente, senza arrivare a generalizzare il requisito della “reversibilità” degli effetti
rispetto ad ogni provvedimento cautelare a natura anticipatoria, anche ove non abbia ad oggetto
il pagamento di somme di denaro. Resta, dunque, il dubbio se, ai fini della qualificazione di
“misura provvisoria e cautelare”, il provvedimento debba, in ogni caso, garantire la
“reversibilità” degli effetti da esso derivanti. Il dubbio non è di poco rilievo, dal momento che, in
ambito interno, non si dubita dell’ammissibilità di misure cautelari anticipatorie dagli effetti
tendenzialmente irreversibili, la cui attuazione soddisfa l’interesse della parte richiedente e
rispetto alle quali il destinatario dell’ordine del giudice può eventualmente ottenere solo una
tutela di carattere risarcitorio (6).
Al riguardo, si può argomentare che la sentenza Van Uden debba essere interpretata
restrittivamente e comunque nel senso di richiedere che la misura cautelare non pregiudichi mai
la decisione di merito in senso sfavorevole alla parte che abbia inizialmente ottenuto la tutela
provvisoria, con ogni conseguente provvedimento di carattere ripristinatorio della situazione quo
ante, se del caso in forma di risarcimento. In quest’ottica, sulla “provvisorietà” degli effetti si
farebbe prevalere l’urgenza del decidere, necessariamente sottesa alla tutela cautelare, intesa
come strumento per offrire rimedi efficienti ed efficaci a situazioni che non tollerano ritardi nella
decisione. Ove, invece, il decisum della Corte nel caso Van Uden dovesse essere esteso ad ogni
provvedimento anticipatorio, la nozione europea di tutela “provvisoria o cautelare” avrebbe un
5) V. anche FRADEANI, op. cit., p. 1480.
6) Con specifico riferimento ai provvedimenti d’urgenza, parte della giurisprudenza ammette la possibilità
di emanare misure ad effetti irreversibili (se non sul piano risarcitorio): v. ad esempio Cass., 25 febraio
2005, n. 4082, in Giust. civ. Mass., 2005, fasc. 2, per cui l’irreversibilità del provvedimento emesso ex art.
700 c. p. c. è caratteristica comune a molte situazioni umane ed è sempre giuridicamente emendabile
indirettamente con attività di segno contrario o con il risarcimento del danno; v. anche Trib. Verona, 10
aprile 2006, ord., in Giur. mer., 2006, p. 1939. Di segno contrario, peraltro, Trib. Modena, 5 maggio
2010, decr., in www.giuraemilia.it; Trib. Monza-Desio, 16 ottobre 2003, in Giur. mer., 2004, I, p. 672;
Trib. Modena, 17 giugno 2003, in Foro pad., 2004, 1, c. 116; App. Torino, 9 giugno 2000, ord., in Dir.
ind., 2002, p. 276; App. Torino, 29 novembre 2000, in Corr. giur., 2001, p. 371; Trib. Rieti, 9 gennaio
2006, ord., in Merito Spec., 2007, fasc. 1, p. 23.
ambito più limitato rispetto a quello riconosciuto alla tutela cautelare in molti ordinamenti
nazionali, tra cui quello italiano.
Da questa decisione della Corte, inoltre, sembra emergere un carattere “necessariamente
strumentale” dei rimedi provvisori, sulla falsariga di quanto previsto nell’ordinamento italiano
prima delle riforme del rito cautelare uniforme ad opera della legge n. 80 del 2005, con
l’introduzione della c.d. strumentalità attenuata (o anticipatorietà rinforzata). In realtà,
analizzando globalmente la giurisprudenza della Corte, non è possibile concludere che i giudici
europei giungano a richiedere che vi sia sempre un collegamento tra misura provvisoria e
procedimento di merito pendente o da instaurare necessariamente (7). Il ripristino della situazione
preesistente sotteso al concetto di provvisorietà deve essere considerato, in altre parole, solo un
risultato potenziale ed eventuale, ottenibile, se del caso, su impulso della parte colpita dal
provvedimento, con un meccanismo di inversione dell’onere dell’iniziativa processuale.
La Corte si è pronunciata in materia di “provvedimenti provvisori” nel contesto di Bruxelles I
anche nel caso St. Paul Dairy Industries Nv. c. Unibel Exser Bvba (8): nella fattispecie, i giudici
europei erano chiamati a valutare se il procedimento di escussione preventiva dei testimoni di cui
all’art. 186 del codice di rito olandese rientrasse nell’ambito della nozione europea di
provvedimenti provvisori o cautelari. Il rimedio in questione è finalizzato a consentire all’attore
di valutare le prospettive di successo di una futura controversia, consentendo di verificare la
fondatezza della relativa pretesa: la Corte, dunque, ha dato risposta negativa alla domanda
sottoposta alla sua attenzione, sul rilievo che un provvedimento di questo tipo non abbia carattere
provvisorio, ma, piuttosto, una natura “esplorativa”, svincolata da una situazione di urgenza.
Si è così confermato che presupposto della tutela “provvisoria o cautelare” di cui all’art. 31 del
regolamento n. 44 sia una situazione di “urgenza” riconducibile al periculum in mora ben
conosciuto nel diritto italiano (9). Per converso, dalla nozione europea di tutela “cautelare” sono
esclusi tutti i rimedi nazionali a carattere provvisorio o sommario, per la cui concessione non è
però richiesta una situazione di “urgenza” onde scongiurare un pregiudizio al diritto da tutelare:
rispetto a tali rimedi viene meno la ratio che giustifica l’attribuzione di una competenza speciale
svincolata dalla competenza sul merito (v. infra). Solo in presenza di una situazione di
“pericolo”, infatti, si rende opportuno derogare a tale competenza, a favore di quella del giudice
7) Anche QUERZOLA, Il nuovo sistema delle misure provvisorie e cautelari nel reg. Ue n. 1215 del 2012,
in Riv. trim. dir. proc. civ., 2012, p. 1487, parla di giudizio di merito “soltanto eventuale”. 8) Corte giust., 28 aprile 2005, c. 104\03, St. Paul Dairy Industries Nv. c. Unibel Exser Bvba, in Riv. dir.
int. priv. proc., 2005, p. 833. 9) V. anche VAN DROOGHENBROECK, Les contours de l’article 24 de la convention de Bruxelles –
Eléments de réflexion, in L’espace judiciaire européen en matières civile et commerciale, a cura di
Fentiman, Nuyts, Tagaras, Watté, Bruxelles, 1999, p. 257. Per una posizione difforme v. FRADEANI, op.
cit., p. 1475 ss.
del luogo in cui la misura provvisoria debba essere attuata. I provvedimenti “provvisori”, per la
cui concessione non si richiede l’urgenza del decidere, potranno essere richiesti al giudice del
merito e poi eventualmente “esportati” per l’esecuzione negli altri Stati membri, senza
incentivare situazioni di forum shopping. In quest’ottica, chi scrive aveva osservato che la Corte
avrebbe raggiunto una soluzione diversa rispetto a quella del caso St. Paul Dairy per i
procedimenti italiani di istruzione preventiva, il cui presupposto è, in sostanza, il timore di
perdere la prova di cui si chiede l’immediata assunzione. Sul punto si tornerà infra.
2. - Rispetto al criterio di collegamento giurisdizionale utilizzabile in questo ambito, l’art. 31 del
regolamento n. 44 presuppone una regola inespressa: quella per cui, in generale, il giudice
competente per il merito ha competenza per emettere ogni provvedimento a natura provvisoria o
cautelare, con riferimento sia a un procedimento di cognizione già pendente che ad uno ancora
da instaurare (10
).
L’art. 31, dunque, si occupa della competenza giurisdizionale del giudice che non sia già
normalmente competente per il merito (11
) ovvero avanti al quale si voglia proporre un’istanza
provvisoria o cautelare dopo l’inizio della causa sul merito in un altro Stato membro (in tale
ipotesi, infatti, l’operare della norma sulla litispendenza europea priva di potere decisionale
qualsiasi altro giudice diverso da quello preventivamente adito e di cui sia accertata la
competenza) (12
).
Rispetto all’art. 24 della convenzione del 1968, alcuni interpreti avevano sostenuto che la norma
non contenesse alcun criterio di collegamento autonomo ma che, rinviando ai provvedimenti
disponibili in base alla legge del foro adito, si limitasse a richiamare le disposizioni sulla
giurisdizione cautelare previste dal diritto interno degli Stati membri (13
), compresi eventuali
criteri di collegamento esorbitanti.
Chi scrive, peraltro, ritiene preferibile considera l’art. 31 del regolamento n. 44 sia a tutti gli
effetti una norma sulla giurisdizione, per quanto il criterio di collegamento da utilizzare non sia
espresso, ma debba essere dedotto dalla ratio della norma stessa.
Da questo punto di vista, si deve partire dal presupposto che, come si è anticipato, il giudice
competente per il merito ha una intrinseca giurisdizione cautelare “universale” (nel senso che i
10
) C. Van Uden, cit. V. anche MOSCONI, CAMPIGLIO, Diritto internazionale privato e processuale, vol. I,
VI ed., Torino, 2013, p. 103. 11
) Anche qualora la competenza sul merito sia devoluta ad un arbitrato: v. c. Van Uden, cit. 12
) V. anche Corte giust., 27 marzo 1979, c. 143/78, De Cavel v. De Cavel, in Racc., 1979, p. 1055; Corte
giust., 31 marzo 1982, c. 25/81, W. c. H., in Foro it., 1983, IV, c. 30. 13
) V. ad esempio BETLEM, Civil liability for transfrontier pollution – Dutch environmental tort law in
international cases in the light of Community law, 1993, p. 144.
suoi provvedimenti provvisori sono idonei a circolare in tutti gli altri Stati membri). Si deve
anche considerare che la normativa europea sulla giurisdizione in materia civile e commerciale
aspira a ridurre il forum shopping e a vincolare l’esercizio della giurisdizione a uno stretto
collegamento tra giudice, parti e controversia. In tale ottica, la norma speciale sulla giurisdizione
cautelare si giustifica solo in funzione del bilanciamento tra la posizione del ricorrente (che mira
ad ottenere una tutela urgente più efficace ed efficiente rispetto a quella ottenibile da parte del
giudice del merito) e quella del resistente (che deve contare su criteri di competenza prevedibili e
certi). Dal primo punto di vista, il sistema comune europeo attualmente esclude la circolazione
attraverso le frontiere dei provvedimenti cautelari emessi inaudita altera parte (v. infra); d’altro
canto, in ambito cautelare, vincolare l’esecuzione del provvedimento alla previa instaurazione
del contraddittorio implica la perdita di qualsiasi elemento di sorpresa (14
). Per converso, la tutela
della posizione del difensore induce ad escludere che l’art. 31 possa rinviare sic et simpliciter
alle norme esorbitanti sulla giurisdizione previste dagli Stati membri, senza alcuna limitazione
territoriale, per non entrare in contraddizione con l’intera ratio della normativa comune europea.
Con queste premesse, l’art. 31 offre all’affermato creditore di ottenere una misura cautelare
immediatamente spendibile, senza bisogno di passare attraverso il procedimento di exequatur,
anche inaudita altera parte. In tale ottica, il criterio di collegamento implicito nella norma in
esame non può che avere una natura territoriale, attribuendo giurisdizione al giudice del luogo in
cui la misura cautelare debba essere eseguita (di norma, lo Stato in cui si trovino beni del
debitore o in cui il debitore svolga attività). Così interpretata la norma, la locuzione:
“provvedimenti provvisori o cautelari previsti dalla legge di uno Stato membro” ivi utilizzata
non va riferita ai criteri di collegamento giurisdizionale previsti dalla lex fori quanto ai rimedi
disponibili in ogni Stato membro in base alla legge nazionale applicabile (15
).
Tale approccio è stato supportato dalla Corte di giustizia dapprima nel caso Denilauer (ove essa
ha affermato che il giudice del luogo in cui si trovano i beni oggetto dell’istanza cautelare è il più
appropriato per valutare le circostanze del caso concreto) (16
) e poi, più esplicitamente, nella
sentenza Van Uden, in cui ha affermato che, alla base dell’art. 24 della convenzione, si trova
l’esistenza in collegamento effettivo tra l’oggetto del provvedimento e la giurisdizione
territoriale dello Stato del foro, giungendo a limitare la giurisdizione speciale in materia
14
) V. c. St. Paul Dairy, cit. 15
) V. anche MAHER, RODGER, Provisional and protective remedies: the British experience of the
Brussels convention, in Int. comp. law quar., 1999, p. 306; c. Van Uden, cit. 16
) Corte giust., 21 maggio 1980, c. 125\79, Denilauer c. Couchet frères, in Racc., 1980, p. 1553, su cui
QUERZOLA, Tutela cautelare e convenzione di Bruxelles nell’esperienza della Corte di giustizia delle
Comunità europee, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2000, p. 817 ss.; CONSOLO, La tutela sommaria e la
convenzione di Bruxelles: la circolazione comunitaria dei provvedimenti cautelari e dei decreti ingiuntivi,
in Riv. dir. int. priv. proc., 1991, p. 603.
cautelare di ogni Stato membro alle decisioni che possano essere attuate nell’ambito del loro
territorio (17
).
Quanto precede non implica che la misura cautelare debba essere immediatamente attuabile nel
foro: ciò che rileva è, piuttosto la verosimiglianza della futura eseguibilità del provvedimento
nello Stato (18
).
3. - Nel sistema di Bruxelles I non sono previste norme ad hoc sul riconoscimento e l’esecuzione
negli altri Stati membri di un provvedimento provvisorio e cautelare. D’altro canto, alla luce
dell’ampia nozione di “decisione” utilizzata dall’art. 32 del regolamento n. 44, senz’altro nella
stessa rientra anche un siffatto provvedimento (19
).
Si è, peraltro, posto il dubbio se ogni provvedimento provvisorio o cautelare sia destinato alla
circolazione negli altri Stati membri. Le conclusioni raggiunte rispetto al criterio di collegamento
desumibile dall’art. 31 del regolamento (v. secondo paragrafo), peraltro, hanno intuitive
conseguenze a tale riguardo. Da un lato, infatti, i provvedimenti emessi dal giudice competente
sul merito hanno un’intrinseca natura “extraterritoriale” che ne rende possibile, ove necessaria,
l’attuazione negli altri Stati membri (20
): in quest’ottica, ad esempio, un sequestro conservativo
concesso dal giudice italiano competente sul merito può senz’altro essere attuato in un altro Stato
membro in cui si trovino beni del debitore. Dall’altro canto, invece, i provvedimenti emessi dal
giudice competente ai sensi dell’art. 31, coerentemente con il criterio territoriale sotteso a tale
norma, sono attuabili esclusivamente nell’ambito dello Stato membro nel quale sono stati
concessi, senza possibilità di essere “esportati” in un altro Stato membro, anche nel caso in cui
beni o mezzi finanziari che all’epoca del ricorso cautelare erano ancora nello Stato del foro adito
siano poi stati riposizionati altrove (21
). In altre parole, tali provvedimenti non hanno efficacia
universale ma territoriale.
17
) V. anche la decisione Mietz v. Intership Yachting Sneek BV, cit.; GARDELLA, Sviluppi in tema di
misure cautelari nella convenzione di Bruxelles del 1968, in Dir. mar., 2000, p. 1304 ss.; per NORMAND,
Rev. crit. dr. int. pr., 1999, p. 362, la Corte sembra richiedere che il provvedimento espressamente indichi
i beni oggetto del provvedimento; Trib. Bologna, 15 luglio 2008, ord., in www.giuraemilia.it; mette
l’accento sulla territorialità della misura cautelare autorizzata ai sensi dell’art. 31 VAN
DROOGHENBROECK, op. cit., p. 252 ss. 18
) V. anche CONSOLO, Van Uden e Mietz: un’evitabile Babele, in Int’l lis, 2002, p. 32. 19
) Corte giust., c. De Cavel v. De Cavel, cit.; SALERNO, La giurisdizione italiana in materia cautelare,
Milano, p. 234; dubbi di KAYE, Extraterritorial Mareva orders and the relevance of enforceability, in
Civ. just. quar., 1990, p. 14 ss. 20
) V. Corte giust., c. Mietz v. Intership Yachting Sneek BV cit.; c. Van Uden, cit.; c. Denilauer, cit.;
HESSE, PFEIFFER, SCHLOSSER, The Brussels I Regulation 44/2001. Application and enforcement in the
EU, Monaco, 2008, p. 178. 21
) CONSOLO, op. ult. cit., p. 32, parla di esecuzione infra moenia; LUPOI, M. A., Provisional remedies in
the European space of justice: issues of transnational jurisdiction and enforcement, in Comparative
studies on enforcement and provisional measures, a cura di Sturner e Kawano, Friburgo, 2011, p. 314 ss.;
Tale conclusione, come si è detto, non si desume dal testo normativo del regolamento n. 44, ma
appare inevitabile, date le premesse qui accolte. L’aspetto problematico è che, per distinguere i
provvedimenti provvisori o cautelari passibili di attuazione in un altro Stato membro, il giudice
di tale Stato deve essere in grado di conoscere il criteri di collegamento sulla cui base il giudice
straniero ha esercitato la propria giurisdizione. Al riguardo, è dunque opportuno che il giudice
adito per una richiesta cautelare transnazionale specifichi espressamente, nel proprio
provvedimento, la base giurisdizionale del suo potere decisorio, salvo ritenere, in mancanza, che
il giudice ad quem debba presumere che il provvedimento sia stato emesso da una corte non
competente per il merito (22
). In alternativa, si dovrebbe consentire, in sede di attuazione della
misura straniera, un’analisi sul criterio di collegamento sulla cui base il provvedimento è stato
emesso: analisi che, peraltro, non rappresenterebbe una violazione dell’art. 35, para. 1 del
regolamento n. 44, il quale limita ad alcune ipotesi specifiche il controllo sulla competenza
indiretta del giudice a quo. Qui, infatti, non si deve valutare la corretta applicazione delle norme
comuni sulla giurisdizione, quanto verificare in base a quale criterio di collegamento sia stata
esercitata la giurisdizione cautelare nel caso specifico.
4. - I motivi che, in base al regolamento n. 44 del 2001, possono ostacolare l’ingresso di una
misura cautelare sono elencati dagli artt. 34 e 35.
In particolare, nel contesto che ci riguarda qui, speciale considerazione merita il n. 2 dell’art. 34,
che esclude la circolazione della decisione straniera resa in un processo in cui non è stato
garantito il diritto di difesa della parte convenuta. Nel contesto che ci riguarda, infatti, è pacifico
che le misure cautelari emesse inaudita altera parte non siano eseguibili all’estero (23
).
Un altro ostacolo al riconoscimento di un provvedimento cautelare può derivare dai n. 3 e 4
dell’art. 34, sul conflitto tra decisioni incompatibili rese rispettivamente nello Stato ad quem o in
uno Stato terzo. La Corte di giustizia ha chiarito che due decisioni sono contrastanti quando le
conseguenze giuridiche di ciascuna di esse si escludono reciprocamente (24
). Sebbene un
provvedimento provvisorio sia emesso sulla base di una cognizione sommaria, senza idoneità
critiche sul punto di HONORATI, Provisional measures and the recast of Brussles I regulation: a missed
opportunity for a better ruling, in Riv. dir. int. priv. proc., 2012, p. 542; dubbi di HESSE, PFEIFFER,
SCHLOSSER, op. cit., p. 181; MERLIN, Le misure provvisorie e cautelari nello spazio giuridico europeo, in
Riv. dir. proc., 2002, p. 790 ss., ammette la circolazione all’estero di provvedimenti relativi a beni di cui
sia mutata l’originaria collocazione territoriale. 22
) V. CONSOLO, op. ult. cit., p. 32. 23
) Corte giust., c. Denilauer, cit. 24
) Corte giust., 4 febbraio 1988, c. 145/86, Hoffman v. Krieg, in Racc., 1988, 2, p. 645.
alla stabilità della cosa giudicata, la Corte (25
) ha ritenuto che vi possa essere contrasto, ai sensi
dell’art. 34, n. 3, tra due misure provvisorie; nella fattispecie, in particolare, si ritenne sussistere
incompatibilità tra una misura cautelare concessa in Germania e il provvedimento italiano che
aveva negato un’analoga istanza in Italia.
Tale decisione è problematica e può condurre a un diniego di giustizia: essa, infatti, non
considera che la concessione o il diniego di un’istanza cautelare sono strettamente collegati alle
mutevoli circostanze del caso concreto, valutate dal giudice con una cognizione sommaria, non
destinata ad acquisire la stabilità della cosa giudicata. Seguendo il ragionamento della Corte, ad
esempio, qualora venisse respinta in Italia un’istanza cautelare ante causam ai sensi dell’art. 31,
il successivo provvedimento provvisorio emesso dal giudice competente per il merito, in
pendenza di lite, non potrebbe essere eseguito in Italia.
E’ vero che si deve tenere conto del divieto di riesame nel merito che governa il sistema europeo
sulla circolazione delle decisioni, ma la Corte avrebbe potuto almeno dare “prevalenza” al
provvedimento cautelare concesso o negato dal giudice competente per il merito (la cui decisione
finale è comunque destinata a prevalere su qualsiasi decisione provvisoria contrastante
eventualmente emessa in altri Stati membri ai sensi dell’art. 31). Più in generale, inoltre, si
potrebbe adottare una nozione diversa di “contrasto” tra decisioni in materia cautelare, nella
quale non ci si limiti a considerare l’incompatibilità tra le conseguenze dei provvedimenti quanto
piuttosto i fatti e le circostanze tenute in considerazione in ciascuna decisione nel contesto
temporale di riferimento, consentendo il riconoscimento della misura cautelare successiva,
emessa sulla base di una situazione “nuova” rispetto a quella oggetto del primo provvedimento
nazionale. Una simile analisi non si tradurrebbe in un inammissibile riesame nel merito (per
valutare la “correttezza” del provvedimento) quanto in una verifica circa la compatibilità
“cronologica” tra le due misure provvisorie o cautelari.
5. - Rispetto a questo scenario, il regolamento Ue n. 1215 del 2012 introduce innovazioni solo
apparentemente secondarie.
Il legislatore, in effetti, ha perso l’occasione per disegnare un sistema più organico della tutela
provvisoria o cautelare nell’ambito dello spazio di giustizia europeo ma non si può ignorare che
quella qui in esame sia una materia caratterizzata da notevole eterogeneità e che l’intervento
normativo europeo tendenzialmente si limita a dettare norme generali cui le norme nazionali
possano adattarsi senza crisi di rigetto.
25
) Corte giust., 6 giugno 2002, c. 80\00, Italian Leather spa c. Weco Polstermöbel gmbh & co., in Riv.
dir. int., 2002, p. 431.
Le novità, dunque, sono disperse nel testo del regolamento e del suo preambolo, senza pretese
sistematiche, a volte a livello di mera indicazione “programmatica”: esse sono comunque
significative e meritano attenta analisi.
In materia di giurisdizione, la norma già stabilita dall’art. 24 della convenzione e dall’art. 31 del
regolamento è rimasta sostanzialmente invariata (26
): cambia la numerazione (l’articolo di
riferimento è ora il 35) e si elimina l’inciso “in forza del presente regolamento” in relazione alla
determinazione della competenza sul merito: per il resto il testo resta quello analizzato nel
paragrafo secondo. Il legislatore europeo, non accogliendo le proposte formulate dalla
Commissione (27
), ha in effetti rinunciato ad una più penetrante riscrittura dalla norma di
Bruxelles I, risolvendo i dubbi e colmando le lacune messe in risalto dalla relativa applicazione
(28
). Ancora una volta, in particolare, non si è saputo o voluto dettare una nozione uniforme di
provvedimenti provvisori e cautelari.
Si potrebbe pensare, quindi, ad un’occasione perduta per il legislatore europeo di chiarire la
natura della giurisdizione speciale in materia cautelare ai sensi del nuovo art. 35. In realtà,
almeno alcuni di tali chiarimenti sono comunque stati forniti.
In primo luogo, è stato compiuto un primo timido (e forse maldestro) tentativo di definizione di
“misure provvisorie e cautelari”: non però in una delle norme del regolamento, quanto in uno dei
considerando introduttivi; e non con una definizione sistematica “in positivo”, bensì con alcune
esemplificazioni di provvedimenti che dovrebbero o non dovrebbero rientrare in tale nozione
(29
).
Il considerando 25, in particolare, afferma che, nella categoria in esame, dovrebbero essere
ricomprese, ad esempio, le ordinanze cautelari dirette a ottenere informazioni o a conservare le
prove di cui agli artt. 6 e 7 della direttiva 2004/48/CE del 29-404, sul rispetto dei diritti di
proprietà intellettuale. Il senso di tale specificazione non è ben chiaro. Essa, probabilmente, serve
a chiarire che il regolamento n. 1215 è applicabile anche rispetto ai provvedimenti cautelari in
ambito istruttorio, fatta comunque salva l’applicazione del regolamento n. 1206 del 2001, sulla
cooperazione fra le autorità giudiziarie degli Stati membri nel settore dell’assunzione delle prove
in materia civile o commerciale.
26
) V. pure HONORATI, Provisional measures, cit., p. 525 ss.; QUERZOLA, Il nuovo sistema delle misure
provvisorie, cit., p. 1479. 27
) Su cui v. il mio La proposta di modifica del regolamento n. 44 del 2001, cit., p. 304 ss. 28
) Per una critica rispetto alla timidezza della proposta della Commissione in questo ambito SANDRINI,
Tutela cautelare, cit., p. 425 ss. 29
) Critiche rispetto a tale approccio del legislatore europeo di HONORATI, Provisional measures, cit., p.
533, per la quale: “The derogation to both the general principles of the Regulation and to the approach
previously followed should result clearly and prima facie”.
Lo stesso considerando 25, peraltro, si premura di escludere della nozione in questione i
provvedimenti che non hanno natura cautelare, come quelli che ordinano l’audizione di un teste:
si tratta, in sostanza, del recepimento della decisione della Corte di giustizia nel caso St. Paul
Dairy (30
). Si devono, dunque, confermare qui le conclusioni raggiunte rispetto a tale decisione:
ovvero che essa non esclude che, a certe condizioni, anche l’ordine di audizione di un teste possa
avere natura cautelare, essendo stata esclusa tale natura solo con riferimento ad un procedimento
rivolto ad assumere prove prima del giudizio per consentire di verificare la fondatezza di una
pretesa prima di dare corso all’azione (31
). La Corte, invece, non si è pronunciata rispetto
all’escussione urgente di un teste che si teme non possa essere ascoltato in un futuro giudizio.
Anche in ragione dell’inclusione nell’art. 35 dei provvedimenti istruttori in materia di diritto
industriale (v. supra), dunque, vi è da ritenere che pure l’apparentemente perentorio
considerando qui in esame non escluda che possa essere assunta una prova testimoniale a futura
memoria nel foro del luogo in cui si trova il teste, in applicazione del criterio dell’art. 35 del
nuovo regolamento (32
).
6. - Un’ulteriore novità, almeno sul piano del testo normativo, si riscontra nel nuovo art. 2,
dedicato alle “definizioni” di alcune delle nozioni utilizzate dal regolamento.
Alla lett. a), in particolare, si definisce il concetto di “decisione” (rilevante ai fini del
riconoscimento e dell’esecuzione), riprendendo peraltro, nella prima parte, il testo dell’art. 32 del
regolamento n. 44. Di interesse in questa sede è la seconda parte della lett. a), che, in primo
luogo, chiarisce che solo i provvedimenti provvisori e cautelari emessi da un’autorità
giurisdizionale competente a conoscere nel merito ai sensi del regolamento sono idonei a
30
) Il legislatore non ha dunque seguito le indicazioni di HESSE, PFEIFFER, SCHLOSSER, op. cit., p. 186,
per cui la decisione St. Paul Dairy “should be reconsidered”. 31
) In questo senso v. pure HESSE, PFEIFFER, SCHLOSSER, op. cit., p. 186. 32
) Di contrario avviso LEANDRO, Prime osservazioni, cit., p. 628, per cui i provvedimenti di cui all’art.
693 c. p. c. non rientrerebbero comunque nella nozione di “decisione cautelare” del regolamento non
essendo strumentali rispetto al processo di merito per salvaguardare diritti sostanziali, nel senso enucleato
dalla giurisprudenza della Corte di giustizia. Il rilievo può essere superato osservando che i provvedimenti
di istruzione preventiva, in quanto strumentali alla preservazione del diritto alla prova, sono comunque,
per quanto in via indiretta, strumentali alla salvaguardia del diritto sostanziale oggetto di tale prova.
D’altra parte, lo stesso considerando 25 prevede che, nella nozione di provvedimenti cautelari, rientrino
alcuni rimedi di preservazione urgente della prova previsti in materia di diritto industriale. Sul punto, l’a.
citato qualifica quella introdotta dal considerando 25 come un’eccezione (da interpretare restrittivamente)
alla regola generale, finalizzata ad eliminare il dubbio “se quei provvedimenti possono costituire
provvedimenti cautelari ai fini applicativi del regolamento”. In tal caso, non si capirebbe la ratio di tale
“eccezione”, che avrebbe, a quel punto, un carattere arbitrario. E’ dunque preferibile ritenere che si tratti
non di un’eccezione bensì di un esempio, da cui è possibile desumere il principio generale cui ci si
riferisce nel testo. In questo senso anche QUERZOLA, Il nuovo sistema delle misure provvisorie e
cautelari, cit., p. 1484.
circolare all’estero, ad esclusione, dunque, di quelli emessi ai sensi del criterio speciale di
giurisdizione di cui all’attuale art. 35 dal giudice non competente per il merito (33
).
Il concetto è esplicitamente ribadito nel considerando 33 che, anzi, rinforza il concetto
affermando: “Quando invece i provvedimenti provvisori, tra cui anche quelli cautelari, sono
disposti da un’autorità giurisdizionale di uno Stato membro che non è competente a conoscere
nel merito, la loro efficacia a norma del presente regolamento dovrebbe limitarsi al territorio
dello Stato membro interessato”.
Come si è visto, a tale conclusione parte della dottrina era già arrivata rispetto al testo del
regolamento n. 44, dopo che la Corte di giustizia aveva affermato che il foro speciale cautelare
presuppone la possibilità di eseguire il provvedimento nello Stato del foro, facendo così ritenere
che tale provvedimento non fosse idoneo all’esportazione (34
). L’odierna precisazione è dunque
opportuna perché risolve un’accesa diatriba interpretativa (35
).
Come si vedrà infra, il giudice che emette il cautelare autocertifica la sua eventuale competenza
per il merito, nell’apposito modulo rilasciato ai sensi dell’art. 53. In questo modo, si
semplificano i meccanismi esecutivi del provvedimento cautelare all’estero, senza possibilità, vi
è da ritenere, che l’autorità esecutiva dello Stato ad quem possa contestare le valutazione del
giudice d’origine circa la natura della propria competenza. Alla luce dei principi della fiducia
reciproca e dell’equivalenza tra le giurisdizioni, infatti, nell’ambito dello spazio europeo di
giustizia, di norma, i giudici di uno Stato membro non possono interferire con le decisioni dei
giudici degli altri Stati membri in merito alla sussistenza della propria giurisdizione. Al riguardo,
dunque, possono essere considerati solo strumenti di diritto interno: da un lato, per contestare le
valutazioni del giudice adito in merito al criterio di collegamento invocabile nella fattispecie (ad
esempio, in sede di reclamo ex art. 669-terdecies c. p. c.) (36
); dall’altro, per correggere eventuali
“errori” nella compilazione del modulo di cui all’art. 53 del regolamento (in cui, ad esempio, si
33
) V. anche QUERZOLA, op. ult. cit., p. 1480. Per una critica a tale formulazione v. HONORATI,
Provisional measures, cit., p. 528 ss., per cui, p. 532, la soluzione raggiunta dal legislatore “is clearly
inconsistent with the general aim of the Regulation to foster and strengthen the circulation of judgments”. 34
) In senso difforme HONORATI, op. ult. cit., p. 530. 35
) Per HEINZE, Choice of court agreements, coordination of proceedings and provisional measures in the
reform of the Brussels I regulation, Max Planck private law research paper n. 11\5, in
http://ssrn.com/abstract=1804111, p. 35, i provvedimenti cautelari emessi da un giudice non competente
per il merito potrebbero comunque essere eseguiti in altri Stati membri in forza di norme nazionali più
favorevoli eventualmente applicabili; critica sulla nuova norma, con riferimento al testo della proposta
della Commissione, HONORATI, op. ult. cit., p. 528. 36
) Deve, in effetti, ritenersi sussistere un interesse della parte soccombente a proporre reclamo contro il
provvedimento emesso nei suoi confronti anche solo per “rettificare” il criterio di collegamento
giurisdizionale cui abbia fatto riferimento il giudice: per il soccombente, infatti, dalla prospettiva di
circolazione del provvedimento cautelare concesso sull’erroneo presupposto della sussistenza della
competenza sul merito deriva un interesse giuridicamente rilevante a un riesame della decisione sul punto.
sia accreditata la competenza sul merito del giudice che ha emesso il provvedimento quando da
tale decisione emerga, invece, l’applicazione dell’art. 35).
Il legislatore europeo, tratteggiando la dicotomia tra provvedimenti del giudice di merito e
provvedimenti del giudice del luogo di attuazione, lascia aperti dubbi di non poco rilievo.
Nessun problema si pone quando già pende il procedimento sul merito, azionato in forza di uno
qualsiasi dei criteri uniformi di collegamento giurisdizionale. Se l’istanza cautelare è proposta al
giudice di tale procedimento, il relativo provvedimento sarà destinato a circolare all’estero; se,
invece, viene adito il giudice di un altro Stato membro, la decisione cautelare potrà trovare
attuazione solo in ambito “locale”.
Un primo problema si pone nell’ipotesi in cui la misura cautelare sia chiesta al giudice della
causa di merito il quale poi abbia a dichiararsi incompetente. Nell’esperienza italiana, la
contestazione della competenza del giudice adito non priva quest’ultimo del potere di emettere
misure cautelari in corso di causa e una pronuncia di incompetenza non determina ipso facto
l’inefficacia della misura cautelare. Nel nostro contesto specifico, peraltro, anche per contrastare
situazioni di forum shopping, si deve ritenere che la parte interessata, dopo una pronuncia di
difetto di giurisdizione, possa chiedere la correzione o la revoca del modulo emesso ai sensi
dell’art. 53, essendo venuto meno il presupposto per la circolazione del provvedimento in
questione tra gli Stati membri.
Le ipotesi più difficili sono, però, quelle relative alle cautele chieste ante causam: la
proposizione di un’istanza cautelare in uno Stato membro, infatti, non rende ancora operanti le
norme europee sulla litispendenza e sulla connessione tra cause e nulla impedisce la
proposizione di altre istanze cautelari o del procedimento di merito in uno Stato membro diverso
da quello adito con la prima azione per provvedimenti provvisori (37
).
In generale, mi pare da respingere la tesi per cui, prima dell’inizio della causa di merito, si debba
presumere che i provvedimenti cautelari siano comunque emessi ai sensi dell’art. 35 e dunque
non destinati alla circolazione (38
). La normativa europea, in effetti, non impone la pendenza
attuale del processo di merito né la necessaria instaurazione di tale giudizio entro un termine
peraltro non individuato né individuabile e sarebbe irragionevole pensare che la parte che voglia
ottenere una misura cautelare con effetti extraterritoriali sia costretta a dare corso ad un
procedimento di merito che, in base alla normativa applicabile, potrebbe restare meramente
eventuale.
37
) Su questi aspetti problematici v. HONORATI, op. cit., p. 538 ss. 38
) Riserve su questa opzione interpretativa anche da HONORATI, op. cit., p. 540.
E’ necessario trovare, quindi, una soluzione che unisca “semplicità” e rispetto dello spirito e
della ratio della normativa comune europea, partendo dall’osservazione che il sistema di
Bruxelles I dà per scontato che vi possa essere una pluralità di corti nazionali competenti sul
merito di una controversia. In applicazione della norma sulla pendenza della lite di cui all’art. 30
(l’art. 32 nel regolamento Bruxelles I bis), inoltre, la lite sul merito pende solo dal momento in
cui la domanda introduttiva viene notificata o depositata nella cancelleria del giudice. Sino a quel
momento, si deve ritenere che possa essere simultaneamente proposta una pluralità di istanze
cautelari in Stati membri diversi e che i giudici così aditi si possano, simultaneamente, ritenere
competenti per il merito ai (limitati) fini della circolazione del provvedimento che andranno
eventualmente a concedere. Il concorso di provvedimenti cautelari a effetti extraterritoriali sarà,
se del caso, risolto in base alle norme sul contrasto di decisioni (v. infra).
D’altro canto, la competenza per il merito è da valutare con riferimento alla situazione di fatto e
di diritto esistente alla data di proposizione dell’istanza cautelare. Ciò vuol dire che un giudice
adito con un’istanza cautelare ed ipoteticamente competente per la decisione del relativo merito
può emettere una misura cautelare ad effetti extraterritoriali anche se, dopo la proposizione
dell’istanza stessa, il procedimento di merito sia cominciato in un altro Stato membro.
E’ ovvio che un sistema come quello tratteggiato nel nuovo regolamento n. 1215 (ma desumibile
per via interpretativa anche rispetto al regolamento n. 44 del 2001) incoraggia il forum running,
per “blindare” la competenza cautelare ad effetti extraterritoriali tramite la proposizione del
giudizio di merito (anche con azioni di accertamento negativo), ma si tratta del corollario della
regola generale sulla prevenzione temporale in materia di litispendenza europea e non crea
particolare scalpore in un contesto in cui comunque i litiganti hanno ben chiaro il valore della
rapidità dell’azione in un panorama caratterizzato dalle diversità procedurali tra gli Stati membri.
7. - La lett. a) del nuovo art. 2, inoltre, “chiarisce” che, nella nozione di “decisione”, ai fini del
riconoscimento e dell’esecuzione, non rientrano i provvedimenti provvisori e cautelari emessi
dall’autorità giurisdizionale competente per il merito senza che il convenuto sia stato invitato a
comparire, a meno che la decisione contenente il provvedimento sia stata notificata o comunicata
al convenuto prima dell’esecuzione: si tratta di una innovazione rispetto al regime di Bruxelles I,
seppure più timida rispetto alla proposta della Commissione di prevedere l’esecutività
automatica anche dei provvedimenti emessi senza previa instaurazione del contraddittorio.
Come noto, in relazione alle norme della convenzione del 1968 e del regolamento n. 44, la Corte
di giustizia, nel caso Denilauer, aveva affermato che le decisioni giurisdizionali contenenti
autorizzazione di provvedimenti provvisori o cautelari, rese senza che la parte contro cui si
rivolgono sia stata citata a comparire e destinate ad essere eseguite senza essere state prima
notificate, non potessero fruire del regime comune di riconoscimento e di esecuzione (39
).
Come si vedrà meglio nel decimo paragrafo, dunque, il regolamento detta alcune regole ad hoc
per l’attuazione dei cautelari concessi inaudita altera parte, non senza sollevare dubbi
interpretativi.
Il considerando 33, d’altro canto, afferma che, in ogni caso, il riconoscimento o l’esecuzione dei
provvedimenti provvisori potrebbe essere possibile ai sensi della normativa locale più favorevole
eventualmente applicabile. Si è voluto così operare un compromesso tra il garantismo della
normativa europea ed eventuali disposizioni nazionali più favorevoli al soggetto in favore del
quale sia stata emessa una misura cautelare inaudita altera parte. Per l’Italia, questa “clausola di
salvezza” (che ha un forte odore di “procedure shopping”…) non ha ambito operativo,
considerato che, in forza della normativa interna sul riconoscimento e l’esecuzione delle
decisioni (art. 64 ss. l. n. 218 del 1995), di norma, solo provvedimenti passati in giudicato
possono trovare ingresso nel nostro Paese.
8. - Sul piano del riconoscimento e dell’esecuzione delle decisioni degli altri Stati membri, il
regolamento n. 1215 propone un sistema completamente rivoluzionato, per quanto con un
approccio più “timido” rispetto a quello della proposta originaria della Commissione.
In particolare, il nuovo art. 36 (che corrisponde, con alcuni adattamenti, all’art. 33 del
regolamento n. 44) conferma il principio del riconoscimento automatico, con la possibilità per
ogni parte interessata di chiedere una decisione giudiziale che attesti la mancanza di motivi di
diniego del riconoscimento. Non si fa, però, più riferimento alla “contestazione” della
controparte, “liberalizzando” così la procedura di riconoscimento (azionabile peraltro solo dalla
parte “interessata” e cui dunque possa derivare un’utilità giuridica da tale riconoscimento).
E’ stata anche parzialmente modificata la norma relativa al c.d. riconoscimento incidentale.
Oggi, infatti, si prevede che il giudice di merito, che conosca di una causa rispetto alla quale si
ponga come preliminare una richiesta di diniego di riconoscimento, possa decidere su tale
questione in via incidentale.
A tutela della parte contro cui viene chiesto il riconoscimento, l’art. 38 prevede la possibilità che
il giudice dello Stato ad quem possa sospendere il procedimento (totalmente o parzialmente)
qualora la decisione sia stata impugnata nello Stato membro d’origine (come già prevedeva l’art.
37, para. 1, di Bruxelles I) o qualora sia stata presentata una domanda al fine di accertare che non
sussistono motivi di diniego del riconoscimento di cui all’articolo 45 ovvero al fine di accertare
39
) V. HESSE, PFEIFFER, SCHLOSSER, op. cit., p. 180.
che il riconoscimento deve essere negato per uno dei predetti motivi. Tale seconda ipotesi
prevede, dunque, un rapporto di pregiudizialità tra il procedimento di riconoscimento ed il
giudizio in cui la decisione straniera sia stata impugnata, con sospensione, però, facoltativa e non
obbligatoria.
La principale novità del regolamento n. 1215 si riscontra però in materia di esecuzione. Al
riguardo, l’art. 39 prevede il superamento della necessità di ottenere l’exequatur nello Stato di
esecuzione prima di potervi dare attuazione alla decisione straniera (40
).
Da tempo, in effetti, il legislatore europeo considera il superamento dell’exequatur uno degli
obiettivi principali dell’evoluzione della cooperazione giudiziaria tra gli Stati membri, come
espressione della fiducia reciproca tra gli Stati membri. Sino ad ora, tale principio era stato
attuato in ambiti settoriali (ingiunzione europea di pagamento, titoli esecutivi per somme non
contestate, alcune decisioni in materia di minori, decisioni in materia di alimenti e così via). Con
il regolamento n. 1215, esso viene esteso a tutta la materia civile e commerciale, superando
l’approccio tradizionale del sistema di Bruxelles I (41
).
L’art. 39, dunque, stabilisce il nuovo principio per cui ogni decisione esecutiva nello Stato
membro di origine lo è pure, automaticamente, negli altri Stati membri, senza bisogno di dare
corso, in loco, ad ulteriori attività giudiziarie.
Il considerando 26 giustifica tale scelta del legislatore con la volontà di ridurre la durata e i costi
dei procedimenti giudiziari transfrontalieri ed indica, come conseguenza del nuovo sistema, che
la decisione emessa dall’autorità giurisdizionale di uno Stato membro debba essere trattata come
se fosse stata pronunciata nello Stato membro interessato per l’esecuzione.
Sia ai fini del riconoscimento che dell’esecuzione, dunque, ai sensi dell’art. 42, para 1, al
creditore basta “esibire” una copia autentica dalle decisione e l’attestato rilasciato ai sensi
dell’art. 53 dal giudice che ha emesso la decisione.
Rispetto al contenuto di tale attestato, l’art. 53 richiama il modulo di cui all’allegato I, che, nella
tradizione dei regolamenti processuali europei, serve a rendere immediatamente e facilmente
comprensibili nella dimensione transnazionale il contenuto e la portata della decisione, oltre che
a permettere di verificare nel modo più semplice i presupposti per l’applicazione del sistema
comune europeo per la relativa circolazione. In particolare, tale modulo certifica l’esecutività
40
) V. tra gli altri LEANDRO, op. ult. cit., p. 616; con riferimento alla proposta di revisione del regolamento
FARINA, Titoli esecutivi europei ed esecuzione forzata in Italia, Roma, 2012, p. 61 ss. 41
) Su queste tematiche, di recente KRAMER, Cross-border enforcement in the EU: mutual trust versus
fair trial? Towards principles of European civil procedure, in Int. jour. proc. law, 2011, p. 204 ss.; DE
CRISTOFARO, The abolition of exequatur proceedings: speeding up the free movement of judgments while
preserving the rights of the defense, ivi, p. 438 ss.; BIAVATI, op. cit., p. 406 ss.
della decisione (e dunque sostituisce l’apposizione della nostra formula esecutiva) (art. 42) e
fornisce tutti i dettagli oggettivi e soggettivi del provvedimento emesso dal giudice straniero.
L’attestato rilasciato dal giudice del paese d’origine non deve necessariamente essere tradotto
nella lingua del foro e che non se ne richiede la traslitterazione del contenuto: tali adempimenti
possono, però, essere richiesti dall’autorità competente per l’esecuzione. Allo stesso modo, tale
autorità può (non deve) chiedere la traduzione della decisione qualora in mancanza non sia in
grado di procedere (art. 42, para. 3).
Le implicazioni di questa novità sono evidenti a livello sia teorico, sul piano del maggiore livello
di integrazione tra gli ordinamenti nazionali, sia pratico, con un evidente risparmio di tempo e
denaro per il creditore transfrontaliero (42
).
Il testo finale del nuovo regolamento è, peraltro, meno “audace” della proposta della
Commissione, in cui il debitore vedeva fortemente compressa la possibilità di opporsi
all’esecuzione: nel testo varato dal Consiglio, infatti, al debitore e ad ogni parte interessata è
lasciata (art. 46) la possibilità di chiedere il diniego dell’esecuzione nello Stato di esecuzione,
contestando la sussistenza di uno o più dei motivi ostativi previsti dalla normativa comune
europea, così bilanciando la fiducia reciproca con il principio del giusto processo (43
).
I motivi che portano a negare il riconoscimento e l’esecuzione della decisione straniera sono
oggi elencati nell’art. 45 e sostanzialmente riproducono quelli già previsti dagli art. 34 e 35 di
Bruxelles I.
Le lett. a-d) del para. 1 dell’art. 45 (manifesta contrarietà all’ordine pubblico, difettosa
evocazione in giudizio del convenuto contumace, incompatibilità con una decisione emessa tra le
stesse parti nello Stato membro richiesto o in uno Stato terzo (44
)) corrispondono, con qualche
modifica lessicale, ai motivi di cui all’art. 34 del regolamento n. 44 del 2001 (45
). La lett. e) è,
42
) Come conseguenza di tale innovazione, nel regolamento n. 1215 sono state abrogate le norme di cui
agli artt. 38, da 39 a 48, 50, 52, 53, 55, para. 1 reg. 44\01, incompatibili con il nuovo sistema. 43
) V. KRAMER, op. cit., p. 221; CUNIBERTI, Some remarks on the efficiency of exequatur, Law working
paper series. Paper n. 2012-01, in http://papers.ssrn.com/sol3/papers.cfm?abstract_id=1998030, p. 575,
peraltro, osserva che la violazione del diritto al giusto processo si verifica in meno dell’uno per cento dei
casi. 44
) Il fatto che circolino solo i provvedimenti cautelari emessi dal giudice competente per il merito, di
base, dovrebbe ridurre il rischio di pronunce contrastanti. In caso di conflitto tra la decisione emessa dal
giudice di merito e quella del giudice competente ai sensi del criterio speciale dell’art. 35 dovrebbe
tendenzialmente prevalere la prima, salva comunque la valutazione sulle circostanze e sul contesto
temporale di cui si fa cenno supra nel testo. 45
) Il considerando 29, inoltre, sul presupposto che l’esecuzione diretta nello Stato membro richiesto di
una decisione emessa in un altro Stato membro senza dichiarazione di esecutività non dovrebbe
compromettere il rispetto dei diritti della difesa, afferma che tra i motivi per chiedere in rigetto
dell’esecuzione dovrebbe figurare anche la mancata possibilità di presentare le proprie difese qualora la
decisione sia stata resa in contumacia nell’ambito di un’azione civile collegata a un procedimento penale
invece, sostanzialmente equivalente all’art. 35, para. 1 di Bruxelles I e prevede alcune ipotesi in
cui il giudice ad quem può “sindacare” la c.d. competenza indiretta del giudice che ha emesso la
decisione. Oltre a confermare i casi già in precedenza previsti, con l’adattamento delle norme di
riferimento (disposizioni a tutela del convenuto contraente dell’assicurazione, assicurato,
beneficiario di un contratto di assicurazione, parte lesa, consumatore e criteri di collegamento
esclusivi ai sensi dell’art. 24), il controllo del giudice dello Stato è, peraltro, stato esteso alle
norme a tutela del convenuto lavoratore, colmando così una lacuna della disciplina previgente,
per quanto attiene il rispetto dei c.d. criteri di collegamento para-esclusivi. Per il resto, si
continua a prevedere che, nell’accertamento della competenza indiretta del giudice a quo,
l’autorità giurisdizionale cui sia stata presentata l’istanza sia vincolata dall’accertamento dei fatti
sul quale l’autorità giurisdizionale d’origine ha fondato la propria competenza e che il vaglio
dell’ordine pubblico non si estenda alle norme sulla competenza.
Il para. 2 dell’art. 41, inoltre, introduce una nuova disposizione alla cui stregua le ragioni di
diniego o di sospensione dell’esecuzione previsti dalla legge nazionale si applicano solo in
quanto non incompatibili con i motivi di cui all’art. 45. In effetti, il considerando 30 precisa che
la parte che si oppone all’esecuzione di una decisione emessa in un altro Stato membro
dovrebbe, nei limiti del possibile e, conformemente al sistema giuridico dello Stato membro
richiesto, poter invocare, nella medesima procedura, oltre ai motivi di diniego contemplati dal
regolamento, i motivi di diniego previsti dal diritto nazionale ed entro i termini previsti da tale
diritto. Tuttavia, il riconoscimento di una decisione dovrebbe essere negato solo in presenza di
uno o più dei motivi di diniego previsti dal presente regolamento. Al riguardo, si osserva che il
riferimento compiuto ai “motivi di diniego dell’esecuzione previsti dalla legge dello Stato
membro richiesto” non riguarderebbe i motivi ostativi (al “riconoscimento” ed) alla “esecuzione”
che ciascuno Stato membro individua al fine di negare ingresso nel proprio territorio a decisioni
non rientranti nell’ambito oggettivo o soggettivo di applicazione della disciplina comunitaria
uniforme, bensì le circostanze che, secondo il diritto interno, possono costituire altrettanti motivi
di opposizione all’esecuzione forzata propriamente intesa (46
). Si afferma pure che il legislatore
europeo sembrerebbe voler mantenere una certa “autonomia” della procedura che la domanda di
diniego dell’esecuzione è idonea ad instaurare rispetto ai rimedi giurisdizionali che ogni singolo
nonché i motivi che possono essere invocati sulla base di un accordo tra lo Stato membro richiesto e uno
Stato terzo a norma dell’art. 59 convenzione di Bruxelles del 1968. 46
) FARINA, in www.aldricus.com, che evidenzia l’incertezza sul modo di delineare un rapporto di
(in)compatibilità tra circostanze che possono condurre all’accertamento della insussistenza del diritto di
procedere ad esecuzione forzata in relazione a qualsiasi titolo esecutivo, a prescindere dalla sua
“provenienza”, e motivi che detto diritto finiscono con l’escludere in ragione della “irriconoscibilità” tout
court della decisione nello Stato membro richiesto.
Stato membro concede al debitore per contestare il diritto di procedere ad esecuzione forzata (per
motivi di rito e/o di merito) (47
).
Anche nel nuovo sistema, si conferma, in ogni caso, che la decisione straniera non può essere
riesaminata nel merito in sede di riconoscimento \ opposizione all’esecuzione in un altro Stato
membro (art. 52).
9. - Nella tradizione della convenzione del 1968 e del regolamento n. 44, neppure il regolamento
n. 1215 detta regola uniformi sul procedimento per il riconoscimento o per l’opposizione
all’esecuzione di un provvedimento emesso in un altro Stato membro: la normativa europea si
limita a stabilire alcune regole ad hoc, lasciando poi ad ogni Stato l’individuazione del modello
procedurale applicabile.
Dove altri ordinamenti si sono premutati di introdurre discipline specifiche di raccordo, l’Italia
non ha ancora saputo o voluto disporre interventi di tal tipo, rimettendo agli operatori e agli
interpreti la determinazione delle regole procedurali di riferimento.
A tale riguardo, va tenuto in considerazione l’art. 48, del regolamento alla cui stregua l’autorità
giurisdizionale dello Stato richiesto statuisce sulla domanda di diniego dell’esecuzione senza
indugio. Si tratta evidentemente di una norma programmatica, che sollecita il giudice nazionale a
provvedere sull’istanza il più rapidamente possibile, magari creando corsie privilegiate per la
trattazione e la decisione di queste istanze. La norma, peraltro, fornisce all’interprete anche un
importante fattore di valutazione ai fini dell’individuazione del modello procedimentale da
applicare in questo contesto.
In Italia, rispetto al sistema di Bruxelles I, dottrina e giurisprudenza erano giunte a ritenere che il
procedimento seguisse le forme del rito ordinario, per quanto strutturato secondo modalità lato
sensu riferibili al procedimento monitorio (e alla relativa opposizione) per l’ipotesi della
richiesta di exequatur. Rispetto al riconoscimento, dunque, si riteneva che la domanda
introduttiva dovesse avere la forma della citazione (48
), mentre l’opposizione all’exequatur
veniva assimilata all’opposizione a decreto ingiuntivo (49
). Non si riteneva, peraltro,
inammissibile la proposizione della domanda con ricorso, purché l’atto fosse notificato alla
controparte entro i termini perentori all’uopo previsti (50
).
Oggi, però, i termini della questione sono cambiati.
47
) FARINA, in www.aldricus.com. 48
) Cass., 12 gennaio 2010, n. 253, sez. un., in Giust. civ., 2011, 1, I, p. 227; CAMPEIS, DE PAULI, La
disciplina europea del processo civile italiano, Padova, 2005, p. 401. 49
) Cass., 1 agosto 1997, n. 7151, in Riv. dir. int.. priv. proc., 1998, p. 570. 50
) Cass., 12 gennaio 2010, n. 253, sez. un., cit.
In primo luogo, il regolamento n. 1215 ha eliminato il procedimento di exequatur e dunque viene
meno il richiamo del procedimento monitorio, strutturato con una fase inaudita altera parte ed
una successiva di opposizione, Nel nuovo regime, in effetti, rispetto all’opposizione
all’esecuzione, si configura un procedimento di accertamento negativo, instaurato su iniziativa di
ogni parte interessata nei confronti del creditore.
La principale incertezza interpretativa deriva però dall’entrata in vigore del decreto legislativo n.
150 del 2011 (sulla c.d. semplificazione dei riti), il quale, all’art. 30, dal 7 ottobre 2011, prevede
l’applicazione del rito sommario (o meglio del modello ad hoc di tale rito tratteggiato dalla
normativa speciale) alle “controversie in materia di attuazione di sentenze e provvedimenti
stranieri di giurisdizione volontaria e contestazione del riconoscimento”. Tale norma in
questione si applica alle “controversie aventi ad oggetto l'attuazione di sentenze e provvedimenti
stranieri di giurisdizione volontaria di cui all'articolo 67 della legge 31 maggio 1995, n. 218” e
colma una lacuna della legge di riforma del diritto internazionale privato e processuale che, in
effetti, non esplicitava il modello procedimentale cui fosse assoggettato il procedimento per il
riconoscimento e l’esecuzione di una sentenza straniera. La scelta del legislatore del 2011 è
innovativa perché in precedenza, per via interpretativa, il modello procedurale di riferimento era
stato individuato nel processo ordinario di cognizione (51
), introdotto con citazione (52
) e definito
con sentenza collegiale. Il decreto legislativo del 2011 ha dunque cambiato rotta, in favore di un
rito più deformalizzato e snello, con una valutazione generale ed astratta circa la tendenziale
semplicità istruttoria dei procedimenti in questione. La relazione di accompagnamento al
decreto, in effetti, afferma che le controversie in questione sono state ricondotte al rito sommario
di cognizione, aderendo all’indicazione in tal senso formulata dalle competenti commissioni
parlamentari, in espressa considerazione del fatto che esso, nel suo pratico svolgimento, è
caratterizzato da un thema probandum semplice, cui consegue ordinariamente un’attività
istruttoria breve, a prescindere dalla natura delle situazioni giuridiche soggettive coinvolte o
delle questioni giuridiche da trattare e decidere.
Per quanto ci interessa qui, parte della dottrina (53
) ritiene che l’art. 30 del decreto legislativo n.
150 del 2011 sia applicabile anche rispetto ai procedimenti di riconoscimento e di opposizione
all’esecuzione previsti dai vari regolamenti europei sulla circolazione delle decisioni pronunciate
51
) Cass., 14 gennaio 2003, n. 365, in Riv. dir. int.. priv. proc., 2003, p. 201. Si escludeva, invece,
l’applicazione delle norme del procedimento camerale: App. Ancona, 21 luglio 1999, in Riv. dir. int. priv.
proc. 00, 169; contra App. Venezia 9-4-97, in Nuova giur. civ. comm., 1997, I, p. 890; App. Napoli, 14
gennaio 1998, in Giur. nap., 1998, p. 122. 52
) App. Perugia, 10 gennaio 2002, decr., in Riv. dir. int. priv. proc., 2003, p. 218; App. Venezia, 26
novembre 1997, in Dir. com. sc. int., 1998, p. 233. 53
) V. ad esempio FARINA, in La semplificazione dei riti civili, a cura di Sassani, Tiscini, 2011, p. 141.
negli Stati membri. Una autorevole dottrina afferma che gli argomenti che fanno propendere con
forza per l’estensione della disciplina del nuovo rito sommario al riconoscimento delle sentenze
comunitarie siano “plurimi” (54
). In particolare, si sostiene che quello oggi indicato dall’art. 30
del decreto del 2011 sia da considerarsi il modello procedimentale di riferimento per risolvere
ogni questione relativa all’accertamento dalla (in)sussistenza di ragioni ostative all’ingresso di
provvedimenti giudiziari stranieri nel nostro ordinamento. Si osserva pure che appare ormai
obsoleta ed ingombrante la scelta del rito deputato alla tutela di merito dei diritti soggettivi
rispetto a un procedimento in cui il giudice è chiamato a un mero controllo estrinseco circa la
regolarità procedurale della sentenza straniera, in un contesto che viene qualificato di
giurisdizione oggettiva (55
). In quest’ottica, anzi, si mostra irragionevole assoggettare il controllo
sulle decisioni provenienti dagli altri Stati membri (e soggette a minori “limiti” di accesso) a un
rito come quello ordinario, prevedendo invece un rito più informale per le sentenze degli Stati
terzi (56
). In questa linea di pensiero, si ritiene che la “rubrica” della norma non ne vincoli
l’ambito applicativo, considerando troppo formalistico il richiamo al riguardo della massima
“ubi lex voluit” (57
). L’art. 30 del decreto del 2011, infatti, non è ritenuto una norma a natura
eccezionale ai sensi dell’art. 14 disp. prel. c. c. e nulla dunque ne impedisce un’applicazione
estensiva, anche per via analogica. In effetti, come è stato rilevato, vi è omologia tra
procedimenti aventi tutti ad oggetto l’accertamento dei requisiti di riconoscibilità di
provvedimenti stranieri, con una lacuna da colmare rispetto alle decisioni coperte dai
regolamenti europei (58
).
La tesi interpretativa appena analizzata appare meritevole di condivisione: essa, infatti,
garantisce l’attuazione del principio di equivalenza tra la tutela interna e quella europea a
situazioni analoghe (59
), eliminando una evidente disparità di trattamento processuale a
svantaggio della seconda. Essa, inoltre, consente di dare attuazione al disposto dell’art. 48 del
regolamento (v. supra), essendo evidente che il rito sommario abbia tempistiche ben più celeri
rispetto a quello ordinario.
Anche nell’ambito del regolamento n. 1215, dunque, si può ritenere applicabile il modello di rito
sommario enucleato nel contesto del decreto sulla c.d. semplificazione dei riti.
54
) CONSOLO, Il nuovo rito sommario (a cognizione piena) per il giudizio di accertamento dell’efficacia
delle sentenze straniere in Italia dopo il d. lgs. n. 150/2011, in Riv. dir. int. priv. proc., 2012, p. 523. 55
) CONSOLO, op. loc. ult. cit. 56
) CONSOLO, op. loc. ult. cit. 57
) CONSOLO, op. loc. ult. cit. 58
) CONSOLO, op. cit., p. 524. 59
) CONSOLO, op. loc. ult. cit.
Come si è anticipato, peraltro, il regolamento contiene disposizioni “integrative” della normativa
interna sul procedimento di riconoscimento \ opposizione all’esecuzione.
Merita menzione, in primo luogo, l’art. 51, che prevede la sospensione del procedimento (anche
di impugnazione: v. infra) per l’ipotesi in cui la decisione straniera sia stata impugnata con un
mezzo di impugnazione ordinario nello Stato d’origine (o se il termine per una tale
impugnazione non sia ancora decorso). In quest’ultimo caso, l’autorità giurisdizionale può
fissare un termine entro il quale l’impugnazione deve essere depositata.
Ai sensi dell’art. 49, inoltre, la decisione emessa sull’istanza di riconoscimento o di opposizione
all’esecuzione può essere impugnata, rinviando, per la relativa competenza, alle indicazioni
all’uopo fornite da ogni Stato membro richiesto alla Commissione ai sensi dell’art. 75, lett. b).
Per la prima volta, inoltre, il legislatore ha previsto un’ulteriore (ed eventuale) grado di giudizio,
per l’impugnazione della decisione emessa sulla prima impugnazione: ai sensi dell’art. 50, tale
ulteriore riesame è possibile unicamente dietro indicazione dello Stato membro interessato alla
Commissione, ex art. 75, lett. c). Tradizionalmente, nel diritto italiano, non si prevede un terzo
livello di giudizio in materia di riconoscimento di decisioni straniere ma non è escluso che si
possa riconsiderare il giudizio per il riconoscimento o l’opposizione all’esecuzione della
sentenza straniera come procedimento da proporre, in primo grado, avanti al Tribunale, per
arrivare sino a un giudizio di legittimità avanti alla Cassazione in terza istanza. Una simile
soluzione, per quanto in controtendenza rispetto alle previsioni dell’art. 30 del decreto legislativo
n. 150 del 2011 (che attribuisce competenza in primo ed unico grado alla Corte d’appello),
avrebbe il vantaggio di alleggerire il lavoro delle oberatissime Corti distrettuali.
10. – Chiarito il quadro di riferimento generale, si può a questo punto passare ad esaminare le
“ricadute” del nuovo sistema di circolazione delle decisioni straniere sui provvedimenti
provvisori e cautelari.
Di tali provvedimenti verrà di norma in rilievo l’attuazione piuttosto che il riconoscimento.
Essendo emessi all’esito di una cognizione sommaria e priva di idoneità al giudicato, infatti,
misure siffatte, in un procedimento pendente all’estero, potranno al limite fornire qualche
indicazione, anche a livello presuntivo, liberamente apprezzabile dal giudicante.
Di esecuzione, inoltre, almeno dal punto di vista italiano, si può parlare solo in senso atecnico,
dal momento che, come conferma l’art. 669-duodecies c. p. c., è qui più proprio parlare di
“attuazione”. Rispetto alla normativa europea di riferimento, d’altro canto, tale precisazione
appare priva di conseguenze.
Alla luce del considerando 25 e dell’art. 2, lett. a) (v. supra), inoltre, di riconoscimento ed
esecuzione si potrà parlare solo in relazione ai provvedimenti provvisori o cautelari emessi dal
giudice competente per il merito, ad esclusione di quelli concessi dal giudice competente ai sensi
del criterio speciale dell’art. 35 (destinati esclusivamente ad un’attuazione “interna” in base alle
norme della lex fori).
Considerando che, nel nuovo sistema, non è più prevista una fase necessaria di concessione
dell’exequatur e che dunque, di norma, una misura cautelare potrà essere mandata direttamente
in attuazione, il legislatore si è preoccupato di mettere in condizione il soggetto incaricato di tale
attuazione di verificare la sussistenza dei presupposti applicativi delle nuove disposizioni.
Il para. 2 dell’art. 42 è, infatti, espressamente dedicato ai documenti che il richiedente deve
fornire alla competente autorità incaricata ai fini dell’esecuzione in uno Stato membro di una
decisione emessa in un altro Stato membro che dispone un provvedimento provvisorio o
cautelare. In particolare, oltre alla copia autentica del provvedimento, si richiede che il modulo di
cui all’allegato 1 contenga una descrizione del provvedimento e certifichi (al punto 4.6.2.2.1) che
l’autorità giurisdizionale è competente a conoscere del merito e che la decisione è esecutiva nello
Stato membro d’origine.
La semplice verifica della “casellina” all’uopo prevista nel modulo compilato dal giudice
d’origine, dunque, dovrebbe consentire all’autorità incaricata dell’attuazione del provvedimento
straniero di verificare se esso rientri nella nozione di decisione cautelare riconoscibile di cui
all’art. 2, lett. a). Ciò lascia pensare che il giudice ad quem non abbia margini di valutazione
rispetto alla competenza “sul merito” del giudice a quo, in linea con il tradizionale approccio
seguito nell’ambito del sistema di giustizia europea, ove si limitano al minimo i controlli sulla
competenza indiretta del giudice d’origine (sul punto, v. supra, paragrafo sesto).
Inoltre, ai sensi della lett. c) del para. 2 dell’art. 42, il richiedente, qualora il provvedimento sia
stato disposto senza che il convenuto sia stato invitato a comparire, deve fornire la prova della
notificazione o comunicazione della decisione. In altre parole, si deve soddisfare il presupposto
cui fa riferimento il considerando n. 25 (v. supra, paragrafo settimo), alla cui stregua l’attuazione
di una misura inaudita altera parte non può avere luogo prima che al destinatario sia stato
comunicato o notificato il provvedimento in questione, al fine di consentirgli di dare corso
all’eventuale opposizione al riconoscimento o all’exequatur (60
).
60
) V. anche TIMMER, Abolition of exequatur under the Brussels I regulation: ill conceived and
premature?, in Jour. priv. int. law, 2013, p. 134.
Il regolamento n. 1215 tenta, qui, un difficile compromesso tra le ragioni del creditore e quelle
del debitore, ma il risultato rende perplessi: in ogni caso, infatti, l’onere di previa notifica della
decisione emessa inaudita altera parte farà venire meno l’effetto sorpresa.
D’altro canto, ai sensi dell’art. 40 del regolamento stesso, una decisione esecutiva implica di
diritto l’autorizzazione a procedere a provvedimenti cautelari previsti dalla lex fori dello Stato di
esecuzione. Questa disposizione, a un primo esame, appare sostanzialmente irrilevante nel
contesto qui esaminato: che senso potrebbe avere, infatti, ottenere misure cautelari in attesa di
attuare altre misure cautelari? A ben vedere, però, il combinato disposto degli artt. 42 e 40
induce a ritenere che chi voglia dare attuazione a un provvedimento cautelare emesso inaudita
altera parte, prima di notificare la decisione, in ottemperanza al requisito di cui alla lett. c)
dell’art. 42, para. 2, possa richiedere la concessione automatica di un provvedimento cautelare,
in ipotesi dal contenuto identico a quello del provvedimento (a sua volta cautelare) di cui già
dispone, anche questo inaudita altera parte, in base alle norme della lex fori, dimostrando ad
esempio i presupposti di cui al nostro art. 669 c. p. c.
Il regolamento, d’altro canto, non stabilisce un termine minimo che debba decorrere tra la
notifica della decisione emessa inaudita altera parte e l’inizio della sua attuazione. Secondo gli
auspici del considerando 32, tale notifica o comunicazione dovrebbe avvenire “in tempo
ragionevole anteriormente alla prima misura di esecuzione”, con la specificazione che, in questo
contesto, per prima misura di esecuzione dovrebbe intendersi la prima misura di esecuzione dopo
la notifica o comunicazione. Si tratta, inevitabilmente, di una indicazione sin troppo generica e
che rischia di creare problemi interpretativi non indifferenti, soprattutto ove non sia approvata
una normativa interna di raccordo tra disciplina europea e lex fori (ciò che appare irrealistico per
l’Italia).
Per l’interprete, il termine che appare possibile richiamare è quello dilatorio previsto dall’art. 482
c. p. c. tra la notifica del precetto e la richiesta del pignoramento.
11. - Il nuovo art. 41 del regolamento chiarisce che l’esecuzione concreta della decisione
straniera è disciplinata dalla lex fori, salvo quanto previsto dal regolamento. Si tratta di una
previsione forse superflua (ma che richiama quella di altri regolamenti in ambito processuale),
considerato che, sinora, il legislatore europeo si è guardato dall’intervenire per l’armonizzazione
delle regole dell’esecuzione forzata.
Per quanto riguarda l’attuazione in Italia di misure provvisorie o cautelari concesse in un altro
Stato membro vengono principalmente in rilievo gli artt. 669-duodecies e 677 ss. c. p. c.
Rispetto alle previsioni “ad hoc” del regolamento, va considerato innanzi tutto che la decisione
di cui si chiede l’esecuzione non deve necessariamente essere tradotta nella lingua dello Stato
ospite. Il para. 2 dell’art. 43, in effetti, prevede che il debitore possa richiedere tale traduzione se
sia domiciliato in uno Stato membro diverso da quello dello Stato d’origine, qualora la decisione
non sia redatta in una lingua a lui conosciuta ovvero nella lingua ufficiale dello Stati membro in
cui è domiciliato. La tutela “linguistica” del debitore è attuata prevedendo che sinché
quest’ultima non abbia ricevuto la traduzione della decisione (anche prima dell’inizio
dell’esecuzione, come si desume dalla parte finale del para. 2), non possa essere attuata alcuna
misura esecutiva. In tale lasso di tempo è possibile attuale solo misure cautelari (61
). Le garanzie
di rapidità sottese all’esecuzione di un provvedimento cautelare (emesso anche ai sensi dell’art.
40, sulla base della mera esecutività della decisione straniera) hanno peraltro indotto il
legislatore europeo ad escludere in tal caso l’onere di traduzione della decisione in questione
(para. 3) (62
).
Il para. 3 dell’art. 41, inoltre, nell’ottica della deformalizzazione delle procedura, esonera la parte
che chiede l’esecuzione dal munirsi di recapito postale nello Stato richiesto o di rappresentante
autorizzato, salvo che tale rappresentanza sia obbligatoria nello Stato a prescindere dalla
cittadinanza o dal domicilio delle parti, come nel caso dell’Italia.
Un disposizione di diritto processuale uniforme è contenuta anche all’art. 54, che si occupa
dell’ipotesi in cui la decisione straniera contenga un provvedimento ignoto alla legge dello Stato
membro richiesto. In tal caso, il provvedimento in questione deve essere adattato, nella misura
del possibile, a un provvedimento previsto dalla legge dello Stato di esecuzione che abbia
efficacia equivalente e che persegua obiettivi e interessi analoghi. In altre parole, l’autorità
esecutiva locale si dovrà sforza di adattare tale decisione a quella più simile prevista dalla lex
fori, quanto ad efficacia e ad obiettivi ed interessi perseguiti. Ai sensi del considerando 28, ogni
singolo Stato membro ha la prerogativa di determinare le modalità e i soggetti competenti per
l’adattamento in questione. Da questo punto di vista, le indicazioni contenuto nell’attestato
rilasciato ai sensi dell’art. 53 dovrebbero fornire utili punti di riferimento. La norma, peraltro,
chiarisce che, da tale adattamento, non possono derivare effetti che vanno oltre quelli previsti
dalla legge dello Stato membro d’origine. Si tratta di un’importante precisazione, per eliminare
ogni dubbio in merito al fatto che l’ambito oggettivo dell’esecuzione del provvedimento
straniero è governato dalla legge dello Stato d’origine.
61
) Per FARINA, in www.aldricus.com, si tratta di un meccanismo farraginoso. 62
) V. SANDRINI, La tutela del creditore in pendenza del procedimento di exequatur nel regolamento
Bruxelles I, in Riv. dir. int. priv. proc., 2012, p. 615 s. che osserva che l’esigenza di informare
compiutamente la controparte sorge solo in relazione agli atti propriamente esecutivi e riguardo alle
misure meramente conservative.
La norma si preoccupa pure di stabilire un “controllo” sull’adattamento del titolo esecutivo
straniero, stabilendo che qualsiasi parte (e dunque sia il creditore che il debitore che,
eventualmente, un terzo coinvolto nell’esecuzione possa impugnare il relativo provvedimento
davanti a un’autorità giurisdizionale. In Italia, l’impugnazione in questione dovrebbe prendere la
forma dell’opposizione agli atti. Non si può escludere, peraltro, che, in determinate ipotesi, si
possa prospettare pure il ricorso all’opposizione (di terzo) all’esecuzione, come ad esempio nel
caso in cui l’adattamento disposto dal giudice riguardi la (im)pignorabilità di un determinato
bene o la (in)coercibilità di un obbligo di fare o non fare.
L’art. 44, inoltre, si occupa del coordinamento tra l’immediata eseguibilità della decisione
straniera e la possibilità per il debitore di chiedere il rigetto della relativa esecuzione ai sensi
della sez. 3 (63
). Si prevede in particolare che, dopo la proposizione dell’opposizione, il giudice
dello Stato membro richiesto possa:
a) limitare il procedimento a misure cautelari: in sostanza, per bilanciare gli interessi
contrapposti delle parti, si possono disporre misure provvisorie (ad esempio, di natura
conservativa) senza ancora compiere i veri e propri atti esecutivi (ad esempio, il pignoramento e
la vendita dei beni del debitore); nel contesto di cui ci stiamo occupando, ovvero l’attuazione di
misure cautelari, questa disposizione appare sostanzialmente superflua, almeno per quanto
riguarda i provvedimenti a natura “conservativa” e dunque “non satisfattiva”;
b) subordinare l’esecuzione alla costituzione di una garanzia (la “cauzione” del diritto italiano);
tale previsione può avere un rilievo nell’ambito qui in esame, con particolare riferimento alle
misure cautelari anticipatorie, per attualizzare la garanzia del rimborso di cui parla la
giurisprudenza della Corte di giustizia (v. supra, paragrafo secondo);
c) sospendere il procedimento di esecuzione (64
); tale ipotesi appare del tutto residuale nel
contesto che ci riguarda, sempre in ragione della natura provvisoria e tendenzialmente
“reversibile” dei provvedimenti di cui si chiede l’attuazione.
Il para. 2 dell’art. 44, inoltre, prevede che il procedimento di esecuzione sia sospeso se
l’esecutività della decisione sia sospesa nello Stato membro di origine: rispetto a un cautelare
proveniente dall’Italia, una situazione siffatta si può riscontrare in caso di “sospensiva” disposta
in sede di reclamo ai sensi dell’art. 669-terdecies, ult. comma, c. p. c.
12. – Si possono trarre a questo punto le conclusioni dell’analisi che precede.
63
) V. SANDRINI, op. ult. cit., p. 614. 64
) Per SANDRINI, op. ult. cit., p. 615, la scelta del giudice tra le tre alternative consentite dipenderà anche
dallo stato di avanzamento della procedura esecutiva eventualmente già iniziata e in ragione degli
strumenti offerti dal diritto nazionale.
La tutela cautelare svolge un ruolo fondamentale nel contenzioso transfrontaliero: eppure dalle
banche dati emerge una giurisprudenza ben poco nutrita, in particolare per quanto riguarda
l’esecuzione di misure provvisorie e cautelari attraverso le frontiere.
Ciò può dipendere da vari fattori, a cominciare dal fatto che la giurisprudenza di merito ha meno
occasioni di “divulgazione” rispetto a quelle di legittimità. L’impressione è, comunque, che i
litiganti preferiscano ottenere misure destinate ad un’attuazione “locale” piuttosto che fare valere
all’estero provvedimenti ad effetti extraterritoriali.
Il nuovo sistema del regolamento n. 1215 del 2012 appare idoneo a modificare solo in parte
questo stato di cose.
La possibilità di dare attuazione automatica alle misure cautelari emesse dal giudice del merito in
ogni altro Stato membro costituirà senz’altro un “bonus” di notevole rilievo per la parte
interessata, in termini di costi e tempi risparmiati.
D’altro canto, nei casi in cui si voglia colpire la controparte a sorpresa, il nuovo sistema non è
adeguato: di norma, dunque, il creditore preferirà agire nello Stato in cui la misura, concessa
inaudita altera parte, dovrà poi trovare attuazione.
In quest’ottica, assume particolare rilievo pratico la giurisdizione speciale attribuita dall’art. 35
del regolamento. Parte della dottrina, invero, ritiene che la norma abbia ormai una funzione
molto limitata ma a mio parere non è questo il caso (65
).
I dubbi interpretativi sollevati dalla nuova normativa sono peraltro numerosi: sarà, dunque,
interessante verificare come l’esperienza applicativa li saprà affrontare nei prossimi anni.
65
) QUERZOLA, Il nuovo sistema delle misure provvisorie, cit., p. 1481, ad esempio, scrive “l’art. 35 non
possiede più alcuna effettiva vitalità”.