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L'attuazione negli altri Stati membri dei provvedimenti provvisori e cautelari nel regolamento Ue n....

Date post: 05-Feb-2023
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L’attuazione negli altri Stati membri dei provvedimenti provvisori e cautelari nel regolamento Ue n. 1215 del 2012 (Bruxelles I bis) MICHELE ANGELO LUPOI Professore associato dell’Università di Bologna Avvocato in Bologna [email protected] SOMMARIO: 1. La nozione europea di provvedimenti provvisori e cautelari. 2. Il criterio per la giurisdizione speciale cautelare in Bruxelles I. 3. La circolazione dei provvedimenti cautelari in Bruxelles I. 4. (Segue): motivi che escludono il riconoscimento e l’esecuzione delle misure cautelari. – 5. Le novità del regolamento n. 1215: la nozione di “provvedimenti provvisori e cautelari”. 6. La definizione di “decisione cautelare” idonea a circolare tra gli Stati membri. 7. La circolazione dei provvedimenti emessi inaudita altera parte. 8. Riconoscimento ed esecuzione delle decisioni nel sistema di Bruxelles I bis: le norme generali. 9. Il procedimento per il riconoscimento e l’opposizione all’esecuzione delle decisioni straniere: il rito applicabile. – 10. La circolazione dei provvedimenti cautelari nel nuovo regolamento. 11. Le modalità di attuazione della decisione straniera. 12. Conclusioni. 1. - Nell’ambito dello spazio di giustizia europeo in materia civile e commerciale creato dalla convenzione di Bruxelles del 1968 e consolidato dal regolamento Ce n. 44 del 2001 (Bruxelles I), un ruolo centrale è attribuito alla tutela provvisoria e cautelare, senz’altro fondamentale nell’ambito del contenzioso civile contemporaneo, e ancor più in quello a carattere transfrontaliero. Oggi, lo scenario normativo si è arricchito con l’approvazione del regolamento Ue n. 1215 del 2012 (Bruxelles I bis) ( 1 ), che dal 10 gennaio 2015 prenderà il posto del 1 ) Sulla genesi del nuovo regolamento v. BARIATTI, I profili internazionali del contrasto alla contraffazione: le prospettive di riforma del Regolamento (CE) 44/2001, in Dir. ind., 2011, p. 169; BEAUMONT, JOHNSTON, Can exequatur be abolished in Bruseels I whilst retaining a public policy defence?, in 6 Jour. priv. int. law, 2010, p. 249; BIAGIONI, L’abolizione dei motivi ostativi al riconoscimento e all’esecuzione nella proposta di revisione del regolamento Bruxelles I in Riv. dir. int. priv. proc., 2011, p. 971; BIAVATI, Judicial cooperation in Europe: is exequatur still necessary?, in Int. jour. proc. law, 2011, p. 421; BRIZA, Choice of court agreements: could the Hague choice of court agreements convention and the reform of the Brussels I regulation be the way out of the Gasser-Owusu disillusion?, in 5 Jour. priv. int. law, 2009, p. 537; CACHIA, Recent developments in the sphere of jurisdiction in civil and commercial matters, in Elsa Malta law rev., 2011, p. 69; CUNIBERTI, RUEDA, Abolition of exequatur. Addressing the Commission’s concerns, Law working paper series, 12-10-2010; KRAMER, Abolition of exequatur under the Brussels I Regulation: effecting and protecting rights in the European judicial area, in Neth. int. priv., 2011, p. 633 ss.; FERACI, L’ordine pubblico nel diritto dell’Unione europea, Milano, 2012, p. 213 ss.; FERACI, L’abolizione dell’exequatur nella proposta di revisione del regolamento n. 44/2001: quale destino per i motivi di rifiuto del riconoscimento e dell’esecuzione delle decisioni, in Riv. dir. int., 2011, p. 832; FRANZINA, La garanzia dell’osservanza delle norme sulla competenza giurisdizionale nella proposta di revisione del regolamento “Bruxelles I”, in 3 Cuad. der. transn., 2011, fasc. 1, p. 144; GILLIES, Creation of subsidiary jurisdiction rules in the recast of Brussels I : back to the drawing board?, in Jour. int. priv. law, 2012, p. 498 ss.; GAUDEMET- TALLON, La refonte du Règlement Bruxelles I, in La justice civile européenne en marche, a cura di Douchy-Pudot, Guinchard, Parigi, 2012, p. 22; KESSEDJIAN, Commentaire de la refonte du règlement n.
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L’attuazione negli altri Stati membri dei provvedimenti provvisori e cautelari

nel regolamento Ue n. 1215 del 2012 (Bruxelles I bis)

MICHELE ANGELO LUPOI

Professore associato dell’Università di Bologna

Avvocato in Bologna

[email protected]

SOMMARIO: 1. La nozione europea di provvedimenti provvisori e cautelari. – 2. Il criterio per la

giurisdizione speciale cautelare in Bruxelles I. – 3. La circolazione dei provvedimenti cautelari in

Bruxelles I. – 4. (Segue): motivi che escludono il riconoscimento e l’esecuzione delle misure cautelari. –

5. Le novità del regolamento n. 1215: la nozione di “provvedimenti provvisori e cautelari”. 6. La

definizione di “decisione cautelare” idonea a circolare tra gli Stati membri. – 7. La circolazione dei

provvedimenti emessi inaudita altera parte. – 8. Riconoscimento ed esecuzione delle decisioni nel

sistema di Bruxelles I bis: le norme generali. – 9. Il procedimento per il riconoscimento e l’opposizione

all’esecuzione delle decisioni straniere: il rito applicabile. – 10. La circolazione dei provvedimenti

cautelari nel nuovo regolamento. – 11. Le modalità di attuazione della decisione straniera. – 12.

Conclusioni.

1. - Nell’ambito dello spazio di giustizia europeo in materia civile e commerciale creato dalla

convenzione di Bruxelles del 1968 e consolidato dal regolamento Ce n. 44 del 2001 (Bruxelles

I), un ruolo centrale è attribuito alla tutela provvisoria e cautelare, senz’altro fondamentale

nell’ambito del contenzioso civile contemporaneo, e ancor più in quello a carattere

transfrontaliero. Oggi, lo scenario normativo si è arricchito con l’approvazione del regolamento

Ue n. 1215 del 2012 (Bruxelles I bis) (1), che dal 10 gennaio 2015 prenderà il posto del

1

) Sulla genesi del nuovo regolamento v. BARIATTI, I profili internazionali del contrasto alla

contraffazione: le prospettive di riforma del Regolamento (CE) 44/2001, in Dir. ind., 2011, p. 169;

BEAUMONT, JOHNSTON, Can exequatur be abolished in Bruseels I whilst retaining a public policy

defence?, in 6 Jour. priv. int. law, 2010, p. 249; BIAGIONI, L’abolizione dei motivi ostativi al

riconoscimento e all’esecuzione nella proposta di revisione del regolamento Bruxelles I in Riv. dir. int.

priv. proc., 2011, p. 971; BIAVATI, Judicial cooperation in Europe: is exequatur still necessary?, in Int.

jour. proc. law, 2011, p. 421; BRIZA, Choice of court agreements: could the Hague choice of court

agreements convention and the reform of the Brussels I regulation be the way out of the Gasser-Owusu

disillusion?, in 5 Jour. priv. int. law, 2009, p. 537; CACHIA, Recent developments in the sphere of

jurisdiction in civil and commercial matters, in Elsa Malta law rev., 2011, p. 69; CUNIBERTI, RUEDA,

Abolition of exequatur. Addressing the Commission’s concerns, Law working paper series, 12-10-2010;

KRAMER, Abolition of exequatur under the Brussels I Regulation: effecting and protecting rights in the

European judicial area, in Neth. int. priv., 2011, p. 633 ss.; FERACI, L’ordine pubblico nel diritto

dell’Unione europea, Milano, 2012, p. 213 ss.; FERACI, L’abolizione dell’exequatur nella proposta di

revisione del regolamento n. 44/2001: quale destino per i motivi di rifiuto del riconoscimento e

dell’esecuzione delle decisioni, in Riv. dir. int., 2011, p. 832; FRANZINA, La garanzia dell’osservanza

delle norme sulla competenza giurisdizionale nella proposta di revisione del regolamento “Bruxelles I”,

in 3 Cuad. der. transn., 2011, fasc. 1, p. 144; GILLIES, Creation of subsidiary jurisdiction rules in the

recast of Brussels I : back to the drawing board?, in Jour. int. priv. law, 2012, p. 498 ss.; GAUDEMET-

TALLON, La refonte du Règlement Bruxelles I, in La justice civile européenne en marche, a cura di

Douchy-Pudot, Guinchard, Parigi, 2012, p. 22; KESSEDJIAN, Commentaire de la refonte du règlement n.

regolamento n. 44: proprio alle novità introdotte dal legislatore europeo nella materia cautelare è

dedicato questo scritto.

Dalla natura “doppia” della normativa qui in esame deriva che, alla tutela provvisoria e cautelare,

sono riservate norme sia sulla giurisdizione (l’art. 24 della convenzione e l’art. 31 del

regolamento n. 44) che sulla circolazione dei provvedimenti attraverso le frontiere. L’analisi

delle prime è imprescindibile per un’analisi delle seconde.

La normativa comune europea, peraltro, è sempre stata avara di dettagli in questo specifico

ambito: come noto, né la convenzione del 1968 né il regolamento n. 44 forniscono alcuna

definizione di “tutela provvisoria e cautelare” ed anche il criterio di collegamento giurisdizionale

applicabile in questa materia non è esattamente individuato.

Quanto al primo aspetto, l’art. 31 del regolamento n. 44 si limita a menzionare, nella propria

rubrica, i “provvedimenti provvisori e cautelari” (che diventano i “provvedimenti provvisori o

cautelari” nel testo della norma), senza darne alcuna definizione, come già faceva l’art. 24 della

convenzione. D’altra parte, negli ordinamenti nazionali si sovrappongono molteplici rimedi

genericamente qualificabili come provvisori e cautelari, in una situazione di grande eterogeneità,

ciò che rende comunque molto arduo ogni tentativo di darne una definizione autonoma generale

ed astratta.

44/2001, in Rev. trim. dr. eur., 2011, p. 1; LEANDRO, La proposta per la riforma del regolamento

“Bruxelles I” e l’arbitrato, in Riv. dir. int. 11, 177; LUPOI, M.A., La proposta di modifica del

regolamento n. 44 del 2001: le norme sulla giurisdizione, in Giustizia senza confini. Studi offerti a

Federico Carpi, Bologna, 2012, p. 283; MIGLIORINI, Sulle proposte di modifica del regolamento 44/2001

in tema di competenza relativa alle controversie individuali di lavoro, in Riv. dir. int., 2010, p. 89;

SEATZU, La proposta per la riforma del regolamento “Bruxelles I” e i provvedimenti provvisori, in 3

Cuad. der. transn., 2011, fasc. 2, p. 170; SALERNO, Coordinamento e primato tra giurisdizioni civili nella

prospettiva della revisione del regolamento (CE) n. 44/2001, ivi, 2010, fasc. 1, p. 5; ROSSOLILLO, Forum

necessitatis e flessibilità dei criteri di giurisdizione nel diritto internazionale privato nazionale e

dell’Unione europea, ivi, p. 403; SANDRINI, Tutela cautelare in funzione di giudizi esteri, Padova, 2012,

p. 405 ss.; WEBER, Universal jurisdiction and third States in the reform of the Brussels I regulation, Max

Planck private law research paper n. 11\7, in http://ssrn.com/abstract=1804103, p. 3 ss.; DICKINSON,

The proposal for a regulation of the European Parliament and of the Council on jurisdiction and the

recognition and enforcement of judgments in civil and commercial matters (Recast) (“Brussels I bis”

Regulation), in http://ssrn.com/abstract=1930712, p. 12; TAKAHASHI, Review of the Brussels I

Regulation: a comment from the perspectives of non-Member States, in Jour. int. priv. law, 2012, p. 3 ss.;

tra i primi commenti al nuovo regolamento, si segnalano DE SANTIS, M., Il nuovo regolamento Bruxelles

I-bis e l’arbitrato: alcune riflessioni, in Dir. comm. int., 2013, p. 383; LEANDRO, Prime osservazioni sul

regolamento (UE) n. 1215/2012 (“Bruxelles I bis”), in Giusto proc. civ., 2013, p. 583; Ratkovic,

Zgrabljic Rotar, Choice of court agreements under the Brussels I Regulation (Recast), in Int. jour.. proc.

law, 2013, p. 245; SILVESTRI, C., Recasting Brussels I: il nuovo regolamento n. 1215 del 2012, in Riv.

trim. dir. proc. civ., 2013, p. 677.

La Corte di giustizia è dovuta, dunque, intervenire in più occasioni per cercare di tratteggiare i

contorni di una nozione europea di tali provvedimenti, senza però riuscire completamente

nell’intento e lasciando comunque molti dubbi (2).

In questa sede, si può solo ripercorrere in modo schematico il percorso di tale giurisprudenza.

In particolare, nella decisione Reichert c. Dresdner Bank (3), dopo avere enunciato la necessità di

un approccio autonomo per la definizione dell’ambito di applicazione della norma europea sulla

tutela cautelare, la Corte affermò che la finalità di una misura cautelare o provvisoria è di

preservare una situazione di fatto o di diritto per tutelare i diritti che sono oggetto del

procedimento di merito. Venne così evidenziato il carattere strumentale dei rimedi menzionati

nell’art. 31 del regolamento n. 44, in sintonia con il tradizionale approccio dell’ordinamento

processuale italiano alla tutela cautelare.

Questa decisione, peraltro, non aveva sciolto tutti i nodi della questione. Parlando di

strumentalità del rimedio, in particolare, la Corte non aveva toccato la tradizionale distinzione tra

misure conservative ed anticipatorie. In una decisione successiva, dunque, i giudici comunitari

hanno affrontato il concetto di “provvisorietà” nel contesto qui in esame: nella fattispecie, la

Corte ha esaminato una decisione sommaria che ordinava il pagamento di una somma di denaro,

giungendo a concludere che anche un provvedimento di questo tipo possa avere una natura

“provvisoria”, nel senso di cui all’art. 31 del regolamento n. 44. Per i giudici del Lussemburgo,

infatti, anche un ordine siffatto può essere strumentale alla tutela efficiente del diritto oggetto di

controversia. D’altro canto, nelle parole della Corte, per potere considerare “provvisorio” un tale

provvedimento, deve essere garantito il rimborso al convenuto della somma versata nell'ipotesi

in cui il ricorrente non vinca la causa nel merito. Con questa frase, a parere di chi scrive, i giudici

europei hanno voluto indicare che un ordine provvisorio di pagamento deve potere essere

revocato se, all’esito del procedimento di merito, si accerti l’infondatezza della pretesa del

creditore, con il conseguente diritto al rimborso in capo al soggetto che abbia pagato somme di

denaro in forza di tale provvedimento (4). Non è invece condivisibile la lettura per cui la Corte

abbia inteso condizionare l’emissione di un ordine “provvisorio” di pagamento di una somma di

denaro all’imposizione di una cauzione a carico del creditore per garantire il diritto al rimborso

2

) Rispetto alla nozione enucleata in queste pagine, FRADEANI, I provvedimenti cautelari nelle

controversie transfrontaliere, in I procedimenti cautelari, a cura di Carratta, Bologna, 2013, p. 1478 ss.,

ritiene, peraltro, che gli aggettivi qualificativi “provvisorio e cautelare” “indichino due istituti diversi”,

l’uno contenente l’altro, costituendo il primo un “quid pluris” rispetto al secondo, con riferimento, quanto

al sistema italiano, ad una misura sommaria che pur essendo non definitiva (in quanto non idonea al

giudicato) comunque non sia cautelare. 3) Corte giust., 26 marzo 1992, c. 261/90, in Riv. dir. int. priv. proc., 1993, p. 202.

4) Corte giust.,17 novembre 1998, c. 391\95, Van Uden Maritime BV v. Kommanditgesellschaft in Firma

Deco Line, in Dir. arb., 1999, p. 313; v. anche Corte giust.,27 aprile 1999, c. 99/96, Mietz v. Intership

Yachting Sneek BV, in Riv. dir. int. priv. proc., 1999, p. 658.

della controparte (5): un intervento di questo tipo, in effetti, andrebbe ben oltre i limiti del potere

interpretativo della Corte di giustizia, con un’integrazione degli ordinamenti processuali interni

non prevista né imposta dalla normativa comune e con notevoli dubbi anche di rango

costituzionale (ad esempio, sul piano dell’eguaglianza sostanziale di cui al nostro art. 3 Cost.).

D’altro canto, come si vedrà, in base alle regole del nuovo regolamento, una cauzione può essere

imposta in sede di attuazione del provvedimento in un altro Stato membro.

La Corte ha enunciato il principio della “garanzia del rimborso” con riferimento ad un

provvedimento che disponeva il pagamento in via immediata di una somma dovuta

contrattualmente, senza arrivare a generalizzare il requisito della “reversibilità” degli effetti

rispetto ad ogni provvedimento cautelare a natura anticipatoria, anche ove non abbia ad oggetto

il pagamento di somme di denaro. Resta, dunque, il dubbio se, ai fini della qualificazione di

“misura provvisoria e cautelare”, il provvedimento debba, in ogni caso, garantire la

“reversibilità” degli effetti da esso derivanti. Il dubbio non è di poco rilievo, dal momento che, in

ambito interno, non si dubita dell’ammissibilità di misure cautelari anticipatorie dagli effetti

tendenzialmente irreversibili, la cui attuazione soddisfa l’interesse della parte richiedente e

rispetto alle quali il destinatario dell’ordine del giudice può eventualmente ottenere solo una

tutela di carattere risarcitorio (6).

Al riguardo, si può argomentare che la sentenza Van Uden debba essere interpretata

restrittivamente e comunque nel senso di richiedere che la misura cautelare non pregiudichi mai

la decisione di merito in senso sfavorevole alla parte che abbia inizialmente ottenuto la tutela

provvisoria, con ogni conseguente provvedimento di carattere ripristinatorio della situazione quo

ante, se del caso in forma di risarcimento. In quest’ottica, sulla “provvisorietà” degli effetti si

farebbe prevalere l’urgenza del decidere, necessariamente sottesa alla tutela cautelare, intesa

come strumento per offrire rimedi efficienti ed efficaci a situazioni che non tollerano ritardi nella

decisione. Ove, invece, il decisum della Corte nel caso Van Uden dovesse essere esteso ad ogni

provvedimento anticipatorio, la nozione europea di tutela “provvisoria o cautelare” avrebbe un

5) V. anche FRADEANI, op. cit., p. 1480.

6) Con specifico riferimento ai provvedimenti d’urgenza, parte della giurisprudenza ammette la possibilità

di emanare misure ad effetti irreversibili (se non sul piano risarcitorio): v. ad esempio Cass., 25 febraio

2005, n. 4082, in Giust. civ. Mass., 2005, fasc. 2, per cui l’irreversibilità del provvedimento emesso ex art.

700 c. p. c. è caratteristica comune a molte situazioni umane ed è sempre giuridicamente emendabile

indirettamente con attività di segno contrario o con il risarcimento del danno; v. anche Trib. Verona, 10

aprile 2006, ord., in Giur. mer., 2006, p. 1939. Di segno contrario, peraltro, Trib. Modena, 5 maggio

2010, decr., in www.giuraemilia.it; Trib. Monza-Desio, 16 ottobre 2003, in Giur. mer., 2004, I, p. 672;

Trib. Modena, 17 giugno 2003, in Foro pad., 2004, 1, c. 116; App. Torino, 9 giugno 2000, ord., in Dir.

ind., 2002, p. 276; App. Torino, 29 novembre 2000, in Corr. giur., 2001, p. 371; Trib. Rieti, 9 gennaio

2006, ord., in Merito Spec., 2007, fasc. 1, p. 23.

ambito più limitato rispetto a quello riconosciuto alla tutela cautelare in molti ordinamenti

nazionali, tra cui quello italiano.

Da questa decisione della Corte, inoltre, sembra emergere un carattere “necessariamente

strumentale” dei rimedi provvisori, sulla falsariga di quanto previsto nell’ordinamento italiano

prima delle riforme del rito cautelare uniforme ad opera della legge n. 80 del 2005, con

l’introduzione della c.d. strumentalità attenuata (o anticipatorietà rinforzata). In realtà,

analizzando globalmente la giurisprudenza della Corte, non è possibile concludere che i giudici

europei giungano a richiedere che vi sia sempre un collegamento tra misura provvisoria e

procedimento di merito pendente o da instaurare necessariamente (7). Il ripristino della situazione

preesistente sotteso al concetto di provvisorietà deve essere considerato, in altre parole, solo un

risultato potenziale ed eventuale, ottenibile, se del caso, su impulso della parte colpita dal

provvedimento, con un meccanismo di inversione dell’onere dell’iniziativa processuale.

La Corte si è pronunciata in materia di “provvedimenti provvisori” nel contesto di Bruxelles I

anche nel caso St. Paul Dairy Industries Nv. c. Unibel Exser Bvba (8): nella fattispecie, i giudici

europei erano chiamati a valutare se il procedimento di escussione preventiva dei testimoni di cui

all’art. 186 del codice di rito olandese rientrasse nell’ambito della nozione europea di

provvedimenti provvisori o cautelari. Il rimedio in questione è finalizzato a consentire all’attore

di valutare le prospettive di successo di una futura controversia, consentendo di verificare la

fondatezza della relativa pretesa: la Corte, dunque, ha dato risposta negativa alla domanda

sottoposta alla sua attenzione, sul rilievo che un provvedimento di questo tipo non abbia carattere

provvisorio, ma, piuttosto, una natura “esplorativa”, svincolata da una situazione di urgenza.

Si è così confermato che presupposto della tutela “provvisoria o cautelare” di cui all’art. 31 del

regolamento n. 44 sia una situazione di “urgenza” riconducibile al periculum in mora ben

conosciuto nel diritto italiano (9). Per converso, dalla nozione europea di tutela “cautelare” sono

esclusi tutti i rimedi nazionali a carattere provvisorio o sommario, per la cui concessione non è

però richiesta una situazione di “urgenza” onde scongiurare un pregiudizio al diritto da tutelare:

rispetto a tali rimedi viene meno la ratio che giustifica l’attribuzione di una competenza speciale

svincolata dalla competenza sul merito (v. infra). Solo in presenza di una situazione di

“pericolo”, infatti, si rende opportuno derogare a tale competenza, a favore di quella del giudice

7) Anche QUERZOLA, Il nuovo sistema delle misure provvisorie e cautelari nel reg. Ue n. 1215 del 2012,

in Riv. trim. dir. proc. civ., 2012, p. 1487, parla di giudizio di merito “soltanto eventuale”. 8) Corte giust., 28 aprile 2005, c. 104\03, St. Paul Dairy Industries Nv. c. Unibel Exser Bvba, in Riv. dir.

int. priv. proc., 2005, p. 833. 9) V. anche VAN DROOGHENBROECK, Les contours de l’article 24 de la convention de Bruxelles –

Eléments de réflexion, in L’espace judiciaire européen en matières civile et commerciale, a cura di

Fentiman, Nuyts, Tagaras, Watté, Bruxelles, 1999, p. 257. Per una posizione difforme v. FRADEANI, op.

cit., p. 1475 ss.

del luogo in cui la misura provvisoria debba essere attuata. I provvedimenti “provvisori”, per la

cui concessione non si richiede l’urgenza del decidere, potranno essere richiesti al giudice del

merito e poi eventualmente “esportati” per l’esecuzione negli altri Stati membri, senza

incentivare situazioni di forum shopping. In quest’ottica, chi scrive aveva osservato che la Corte

avrebbe raggiunto una soluzione diversa rispetto a quella del caso St. Paul Dairy per i

procedimenti italiani di istruzione preventiva, il cui presupposto è, in sostanza, il timore di

perdere la prova di cui si chiede l’immediata assunzione. Sul punto si tornerà infra.

2. - Rispetto al criterio di collegamento giurisdizionale utilizzabile in questo ambito, l’art. 31 del

regolamento n. 44 presuppone una regola inespressa: quella per cui, in generale, il giudice

competente per il merito ha competenza per emettere ogni provvedimento a natura provvisoria o

cautelare, con riferimento sia a un procedimento di cognizione già pendente che ad uno ancora

da instaurare (10

).

L’art. 31, dunque, si occupa della competenza giurisdizionale del giudice che non sia già

normalmente competente per il merito (11

) ovvero avanti al quale si voglia proporre un’istanza

provvisoria o cautelare dopo l’inizio della causa sul merito in un altro Stato membro (in tale

ipotesi, infatti, l’operare della norma sulla litispendenza europea priva di potere decisionale

qualsiasi altro giudice diverso da quello preventivamente adito e di cui sia accertata la

competenza) (12

).

Rispetto all’art. 24 della convenzione del 1968, alcuni interpreti avevano sostenuto che la norma

non contenesse alcun criterio di collegamento autonomo ma che, rinviando ai provvedimenti

disponibili in base alla legge del foro adito, si limitasse a richiamare le disposizioni sulla

giurisdizione cautelare previste dal diritto interno degli Stati membri (13

), compresi eventuali

criteri di collegamento esorbitanti.

Chi scrive, peraltro, ritiene preferibile considera l’art. 31 del regolamento n. 44 sia a tutti gli

effetti una norma sulla giurisdizione, per quanto il criterio di collegamento da utilizzare non sia

espresso, ma debba essere dedotto dalla ratio della norma stessa.

Da questo punto di vista, si deve partire dal presupposto che, come si è anticipato, il giudice

competente per il merito ha una intrinseca giurisdizione cautelare “universale” (nel senso che i

10

) C. Van Uden, cit. V. anche MOSCONI, CAMPIGLIO, Diritto internazionale privato e processuale, vol. I,

VI ed., Torino, 2013, p. 103. 11

) Anche qualora la competenza sul merito sia devoluta ad un arbitrato: v. c. Van Uden, cit. 12

) V. anche Corte giust., 27 marzo 1979, c. 143/78, De Cavel v. De Cavel, in Racc., 1979, p. 1055; Corte

giust., 31 marzo 1982, c. 25/81, W. c. H., in Foro it., 1983, IV, c. 30. 13

) V. ad esempio BETLEM, Civil liability for transfrontier pollution – Dutch environmental tort law in

international cases in the light of Community law, 1993, p. 144.

suoi provvedimenti provvisori sono idonei a circolare in tutti gli altri Stati membri). Si deve

anche considerare che la normativa europea sulla giurisdizione in materia civile e commerciale

aspira a ridurre il forum shopping e a vincolare l’esercizio della giurisdizione a uno stretto

collegamento tra giudice, parti e controversia. In tale ottica, la norma speciale sulla giurisdizione

cautelare si giustifica solo in funzione del bilanciamento tra la posizione del ricorrente (che mira

ad ottenere una tutela urgente più efficace ed efficiente rispetto a quella ottenibile da parte del

giudice del merito) e quella del resistente (che deve contare su criteri di competenza prevedibili e

certi). Dal primo punto di vista, il sistema comune europeo attualmente esclude la circolazione

attraverso le frontiere dei provvedimenti cautelari emessi inaudita altera parte (v. infra); d’altro

canto, in ambito cautelare, vincolare l’esecuzione del provvedimento alla previa instaurazione

del contraddittorio implica la perdita di qualsiasi elemento di sorpresa (14

). Per converso, la tutela

della posizione del difensore induce ad escludere che l’art. 31 possa rinviare sic et simpliciter

alle norme esorbitanti sulla giurisdizione previste dagli Stati membri, senza alcuna limitazione

territoriale, per non entrare in contraddizione con l’intera ratio della normativa comune europea.

Con queste premesse, l’art. 31 offre all’affermato creditore di ottenere una misura cautelare

immediatamente spendibile, senza bisogno di passare attraverso il procedimento di exequatur,

anche inaudita altera parte. In tale ottica, il criterio di collegamento implicito nella norma in

esame non può che avere una natura territoriale, attribuendo giurisdizione al giudice del luogo in

cui la misura cautelare debba essere eseguita (di norma, lo Stato in cui si trovino beni del

debitore o in cui il debitore svolga attività). Così interpretata la norma, la locuzione:

“provvedimenti provvisori o cautelari previsti dalla legge di uno Stato membro” ivi utilizzata

non va riferita ai criteri di collegamento giurisdizionale previsti dalla lex fori quanto ai rimedi

disponibili in ogni Stato membro in base alla legge nazionale applicabile (15

).

Tale approccio è stato supportato dalla Corte di giustizia dapprima nel caso Denilauer (ove essa

ha affermato che il giudice del luogo in cui si trovano i beni oggetto dell’istanza cautelare è il più

appropriato per valutare le circostanze del caso concreto) (16

) e poi, più esplicitamente, nella

sentenza Van Uden, in cui ha affermato che, alla base dell’art. 24 della convenzione, si trova

l’esistenza in collegamento effettivo tra l’oggetto del provvedimento e la giurisdizione

territoriale dello Stato del foro, giungendo a limitare la giurisdizione speciale in materia

14

) V. c. St. Paul Dairy, cit. 15

) V. anche MAHER, RODGER, Provisional and protective remedies: the British experience of the

Brussels convention, in Int. comp. law quar., 1999, p. 306; c. Van Uden, cit. 16

) Corte giust., 21 maggio 1980, c. 125\79, Denilauer c. Couchet frères, in Racc., 1980, p. 1553, su cui

QUERZOLA, Tutela cautelare e convenzione di Bruxelles nell’esperienza della Corte di giustizia delle

Comunità europee, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2000, p. 817 ss.; CONSOLO, La tutela sommaria e la

convenzione di Bruxelles: la circolazione comunitaria dei provvedimenti cautelari e dei decreti ingiuntivi,

in Riv. dir. int. priv. proc., 1991, p. 603.

cautelare di ogni Stato membro alle decisioni che possano essere attuate nell’ambito del loro

territorio (17

).

Quanto precede non implica che la misura cautelare debba essere immediatamente attuabile nel

foro: ciò che rileva è, piuttosto la verosimiglianza della futura eseguibilità del provvedimento

nello Stato (18

).

3. - Nel sistema di Bruxelles I non sono previste norme ad hoc sul riconoscimento e l’esecuzione

negli altri Stati membri di un provvedimento provvisorio e cautelare. D’altro canto, alla luce

dell’ampia nozione di “decisione” utilizzata dall’art. 32 del regolamento n. 44, senz’altro nella

stessa rientra anche un siffatto provvedimento (19

).

Si è, peraltro, posto il dubbio se ogni provvedimento provvisorio o cautelare sia destinato alla

circolazione negli altri Stati membri. Le conclusioni raggiunte rispetto al criterio di collegamento

desumibile dall’art. 31 del regolamento (v. secondo paragrafo), peraltro, hanno intuitive

conseguenze a tale riguardo. Da un lato, infatti, i provvedimenti emessi dal giudice competente

sul merito hanno un’intrinseca natura “extraterritoriale” che ne rende possibile, ove necessaria,

l’attuazione negli altri Stati membri (20

): in quest’ottica, ad esempio, un sequestro conservativo

concesso dal giudice italiano competente sul merito può senz’altro essere attuato in un altro Stato

membro in cui si trovino beni del debitore. Dall’altro canto, invece, i provvedimenti emessi dal

giudice competente ai sensi dell’art. 31, coerentemente con il criterio territoriale sotteso a tale

norma, sono attuabili esclusivamente nell’ambito dello Stato membro nel quale sono stati

concessi, senza possibilità di essere “esportati” in un altro Stato membro, anche nel caso in cui

beni o mezzi finanziari che all’epoca del ricorso cautelare erano ancora nello Stato del foro adito

siano poi stati riposizionati altrove (21

). In altre parole, tali provvedimenti non hanno efficacia

universale ma territoriale.

17

) V. anche la decisione Mietz v. Intership Yachting Sneek BV, cit.; GARDELLA, Sviluppi in tema di

misure cautelari nella convenzione di Bruxelles del 1968, in Dir. mar., 2000, p. 1304 ss.; per NORMAND,

Rev. crit. dr. int. pr., 1999, p. 362, la Corte sembra richiedere che il provvedimento espressamente indichi

i beni oggetto del provvedimento; Trib. Bologna, 15 luglio 2008, ord., in www.giuraemilia.it; mette

l’accento sulla territorialità della misura cautelare autorizzata ai sensi dell’art. 31 VAN

DROOGHENBROECK, op. cit., p. 252 ss. 18

) V. anche CONSOLO, Van Uden e Mietz: un’evitabile Babele, in Int’l lis, 2002, p. 32. 19

) Corte giust., c. De Cavel v. De Cavel, cit.; SALERNO, La giurisdizione italiana in materia cautelare,

Milano, p. 234; dubbi di KAYE, Extraterritorial Mareva orders and the relevance of enforceability, in

Civ. just. quar., 1990, p. 14 ss. 20

) V. Corte giust., c. Mietz v. Intership Yachting Sneek BV cit.; c. Van Uden, cit.; c. Denilauer, cit.;

HESSE, PFEIFFER, SCHLOSSER, The Brussels I Regulation 44/2001. Application and enforcement in the

EU, Monaco, 2008, p. 178. 21

) CONSOLO, op. ult. cit., p. 32, parla di esecuzione infra moenia; LUPOI, M. A., Provisional remedies in

the European space of justice: issues of transnational jurisdiction and enforcement, in Comparative

studies on enforcement and provisional measures, a cura di Sturner e Kawano, Friburgo, 2011, p. 314 ss.;

Tale conclusione, come si è detto, non si desume dal testo normativo del regolamento n. 44, ma

appare inevitabile, date le premesse qui accolte. L’aspetto problematico è che, per distinguere i

provvedimenti provvisori o cautelari passibili di attuazione in un altro Stato membro, il giudice

di tale Stato deve essere in grado di conoscere il criteri di collegamento sulla cui base il giudice

straniero ha esercitato la propria giurisdizione. Al riguardo, è dunque opportuno che il giudice

adito per una richiesta cautelare transnazionale specifichi espressamente, nel proprio

provvedimento, la base giurisdizionale del suo potere decisorio, salvo ritenere, in mancanza, che

il giudice ad quem debba presumere che il provvedimento sia stato emesso da una corte non

competente per il merito (22

). In alternativa, si dovrebbe consentire, in sede di attuazione della

misura straniera, un’analisi sul criterio di collegamento sulla cui base il provvedimento è stato

emesso: analisi che, peraltro, non rappresenterebbe una violazione dell’art. 35, para. 1 del

regolamento n. 44, il quale limita ad alcune ipotesi specifiche il controllo sulla competenza

indiretta del giudice a quo. Qui, infatti, non si deve valutare la corretta applicazione delle norme

comuni sulla giurisdizione, quanto verificare in base a quale criterio di collegamento sia stata

esercitata la giurisdizione cautelare nel caso specifico.

4. - I motivi che, in base al regolamento n. 44 del 2001, possono ostacolare l’ingresso di una

misura cautelare sono elencati dagli artt. 34 e 35.

In particolare, nel contesto che ci riguarda qui, speciale considerazione merita il n. 2 dell’art. 34,

che esclude la circolazione della decisione straniera resa in un processo in cui non è stato

garantito il diritto di difesa della parte convenuta. Nel contesto che ci riguarda, infatti, è pacifico

che le misure cautelari emesse inaudita altera parte non siano eseguibili all’estero (23

).

Un altro ostacolo al riconoscimento di un provvedimento cautelare può derivare dai n. 3 e 4

dell’art. 34, sul conflitto tra decisioni incompatibili rese rispettivamente nello Stato ad quem o in

uno Stato terzo. La Corte di giustizia ha chiarito che due decisioni sono contrastanti quando le

conseguenze giuridiche di ciascuna di esse si escludono reciprocamente (24

). Sebbene un

provvedimento provvisorio sia emesso sulla base di una cognizione sommaria, senza idoneità

critiche sul punto di HONORATI, Provisional measures and the recast of Brussles I regulation: a missed

opportunity for a better ruling, in Riv. dir. int. priv. proc., 2012, p. 542; dubbi di HESSE, PFEIFFER,

SCHLOSSER, op. cit., p. 181; MERLIN, Le misure provvisorie e cautelari nello spazio giuridico europeo, in

Riv. dir. proc., 2002, p. 790 ss., ammette la circolazione all’estero di provvedimenti relativi a beni di cui

sia mutata l’originaria collocazione territoriale. 22

) V. CONSOLO, op. ult. cit., p. 32. 23

) Corte giust., c. Denilauer, cit. 24

) Corte giust., 4 febbraio 1988, c. 145/86, Hoffman v. Krieg, in Racc., 1988, 2, p. 645.

alla stabilità della cosa giudicata, la Corte (25

) ha ritenuto che vi possa essere contrasto, ai sensi

dell’art. 34, n. 3, tra due misure provvisorie; nella fattispecie, in particolare, si ritenne sussistere

incompatibilità tra una misura cautelare concessa in Germania e il provvedimento italiano che

aveva negato un’analoga istanza in Italia.

Tale decisione è problematica e può condurre a un diniego di giustizia: essa, infatti, non

considera che la concessione o il diniego di un’istanza cautelare sono strettamente collegati alle

mutevoli circostanze del caso concreto, valutate dal giudice con una cognizione sommaria, non

destinata ad acquisire la stabilità della cosa giudicata. Seguendo il ragionamento della Corte, ad

esempio, qualora venisse respinta in Italia un’istanza cautelare ante causam ai sensi dell’art. 31,

il successivo provvedimento provvisorio emesso dal giudice competente per il merito, in

pendenza di lite, non potrebbe essere eseguito in Italia.

E’ vero che si deve tenere conto del divieto di riesame nel merito che governa il sistema europeo

sulla circolazione delle decisioni, ma la Corte avrebbe potuto almeno dare “prevalenza” al

provvedimento cautelare concesso o negato dal giudice competente per il merito (la cui decisione

finale è comunque destinata a prevalere su qualsiasi decisione provvisoria contrastante

eventualmente emessa in altri Stati membri ai sensi dell’art. 31). Più in generale, inoltre, si

potrebbe adottare una nozione diversa di “contrasto” tra decisioni in materia cautelare, nella

quale non ci si limiti a considerare l’incompatibilità tra le conseguenze dei provvedimenti quanto

piuttosto i fatti e le circostanze tenute in considerazione in ciascuna decisione nel contesto

temporale di riferimento, consentendo il riconoscimento della misura cautelare successiva,

emessa sulla base di una situazione “nuova” rispetto a quella oggetto del primo provvedimento

nazionale. Una simile analisi non si tradurrebbe in un inammissibile riesame nel merito (per

valutare la “correttezza” del provvedimento) quanto in una verifica circa la compatibilità

“cronologica” tra le due misure provvisorie o cautelari.

5. - Rispetto a questo scenario, il regolamento Ue n. 1215 del 2012 introduce innovazioni solo

apparentemente secondarie.

Il legislatore, in effetti, ha perso l’occasione per disegnare un sistema più organico della tutela

provvisoria o cautelare nell’ambito dello spazio di giustizia europeo ma non si può ignorare che

quella qui in esame sia una materia caratterizzata da notevole eterogeneità e che l’intervento

normativo europeo tendenzialmente si limita a dettare norme generali cui le norme nazionali

possano adattarsi senza crisi di rigetto.

25

) Corte giust., 6 giugno 2002, c. 80\00, Italian Leather spa c. Weco Polstermöbel gmbh & co., in Riv.

dir. int., 2002, p. 431.

Le novità, dunque, sono disperse nel testo del regolamento e del suo preambolo, senza pretese

sistematiche, a volte a livello di mera indicazione “programmatica”: esse sono comunque

significative e meritano attenta analisi.

In materia di giurisdizione, la norma già stabilita dall’art. 24 della convenzione e dall’art. 31 del

regolamento è rimasta sostanzialmente invariata (26

): cambia la numerazione (l’articolo di

riferimento è ora il 35) e si elimina l’inciso “in forza del presente regolamento” in relazione alla

determinazione della competenza sul merito: per il resto il testo resta quello analizzato nel

paragrafo secondo. Il legislatore europeo, non accogliendo le proposte formulate dalla

Commissione (27

), ha in effetti rinunciato ad una più penetrante riscrittura dalla norma di

Bruxelles I, risolvendo i dubbi e colmando le lacune messe in risalto dalla relativa applicazione

(28

). Ancora una volta, in particolare, non si è saputo o voluto dettare una nozione uniforme di

provvedimenti provvisori e cautelari.

Si potrebbe pensare, quindi, ad un’occasione perduta per il legislatore europeo di chiarire la

natura della giurisdizione speciale in materia cautelare ai sensi del nuovo art. 35. In realtà,

almeno alcuni di tali chiarimenti sono comunque stati forniti.

In primo luogo, è stato compiuto un primo timido (e forse maldestro) tentativo di definizione di

“misure provvisorie e cautelari”: non però in una delle norme del regolamento, quanto in uno dei

considerando introduttivi; e non con una definizione sistematica “in positivo”, bensì con alcune

esemplificazioni di provvedimenti che dovrebbero o non dovrebbero rientrare in tale nozione

(29

).

Il considerando 25, in particolare, afferma che, nella categoria in esame, dovrebbero essere

ricomprese, ad esempio, le ordinanze cautelari dirette a ottenere informazioni o a conservare le

prove di cui agli artt. 6 e 7 della direttiva 2004/48/CE del 29-404, sul rispetto dei diritti di

proprietà intellettuale. Il senso di tale specificazione non è ben chiaro. Essa, probabilmente, serve

a chiarire che il regolamento n. 1215 è applicabile anche rispetto ai provvedimenti cautelari in

ambito istruttorio, fatta comunque salva l’applicazione del regolamento n. 1206 del 2001, sulla

cooperazione fra le autorità giudiziarie degli Stati membri nel settore dell’assunzione delle prove

in materia civile o commerciale.

26

) V. pure HONORATI, Provisional measures, cit., p. 525 ss.; QUERZOLA, Il nuovo sistema delle misure

provvisorie, cit., p. 1479. 27

) Su cui v. il mio La proposta di modifica del regolamento n. 44 del 2001, cit., p. 304 ss. 28

) Per una critica rispetto alla timidezza della proposta della Commissione in questo ambito SANDRINI,

Tutela cautelare, cit., p. 425 ss. 29

) Critiche rispetto a tale approccio del legislatore europeo di HONORATI, Provisional measures, cit., p.

533, per la quale: “The derogation to both the general principles of the Regulation and to the approach

previously followed should result clearly and prima facie”.

Lo stesso considerando 25, peraltro, si premura di escludere della nozione in questione i

provvedimenti che non hanno natura cautelare, come quelli che ordinano l’audizione di un teste:

si tratta, in sostanza, del recepimento della decisione della Corte di giustizia nel caso St. Paul

Dairy (30

). Si devono, dunque, confermare qui le conclusioni raggiunte rispetto a tale decisione:

ovvero che essa non esclude che, a certe condizioni, anche l’ordine di audizione di un teste possa

avere natura cautelare, essendo stata esclusa tale natura solo con riferimento ad un procedimento

rivolto ad assumere prove prima del giudizio per consentire di verificare la fondatezza di una

pretesa prima di dare corso all’azione (31

). La Corte, invece, non si è pronunciata rispetto

all’escussione urgente di un teste che si teme non possa essere ascoltato in un futuro giudizio.

Anche in ragione dell’inclusione nell’art. 35 dei provvedimenti istruttori in materia di diritto

industriale (v. supra), dunque, vi è da ritenere che pure l’apparentemente perentorio

considerando qui in esame non escluda che possa essere assunta una prova testimoniale a futura

memoria nel foro del luogo in cui si trova il teste, in applicazione del criterio dell’art. 35 del

nuovo regolamento (32

).

6. - Un’ulteriore novità, almeno sul piano del testo normativo, si riscontra nel nuovo art. 2,

dedicato alle “definizioni” di alcune delle nozioni utilizzate dal regolamento.

Alla lett. a), in particolare, si definisce il concetto di “decisione” (rilevante ai fini del

riconoscimento e dell’esecuzione), riprendendo peraltro, nella prima parte, il testo dell’art. 32 del

regolamento n. 44. Di interesse in questa sede è la seconda parte della lett. a), che, in primo

luogo, chiarisce che solo i provvedimenti provvisori e cautelari emessi da un’autorità

giurisdizionale competente a conoscere nel merito ai sensi del regolamento sono idonei a

30

) Il legislatore non ha dunque seguito le indicazioni di HESSE, PFEIFFER, SCHLOSSER, op. cit., p. 186,

per cui la decisione St. Paul Dairy “should be reconsidered”. 31

) In questo senso v. pure HESSE, PFEIFFER, SCHLOSSER, op. cit., p. 186. 32

) Di contrario avviso LEANDRO, Prime osservazioni, cit., p. 628, per cui i provvedimenti di cui all’art.

693 c. p. c. non rientrerebbero comunque nella nozione di “decisione cautelare” del regolamento non

essendo strumentali rispetto al processo di merito per salvaguardare diritti sostanziali, nel senso enucleato

dalla giurisprudenza della Corte di giustizia. Il rilievo può essere superato osservando che i provvedimenti

di istruzione preventiva, in quanto strumentali alla preservazione del diritto alla prova, sono comunque,

per quanto in via indiretta, strumentali alla salvaguardia del diritto sostanziale oggetto di tale prova.

D’altra parte, lo stesso considerando 25 prevede che, nella nozione di provvedimenti cautelari, rientrino

alcuni rimedi di preservazione urgente della prova previsti in materia di diritto industriale. Sul punto, l’a.

citato qualifica quella introdotta dal considerando 25 come un’eccezione (da interpretare restrittivamente)

alla regola generale, finalizzata ad eliminare il dubbio “se quei provvedimenti possono costituire

provvedimenti cautelari ai fini applicativi del regolamento”. In tal caso, non si capirebbe la ratio di tale

“eccezione”, che avrebbe, a quel punto, un carattere arbitrario. E’ dunque preferibile ritenere che si tratti

non di un’eccezione bensì di un esempio, da cui è possibile desumere il principio generale cui ci si

riferisce nel testo. In questo senso anche QUERZOLA, Il nuovo sistema delle misure provvisorie e

cautelari, cit., p. 1484.

circolare all’estero, ad esclusione, dunque, di quelli emessi ai sensi del criterio speciale di

giurisdizione di cui all’attuale art. 35 dal giudice non competente per il merito (33

).

Il concetto è esplicitamente ribadito nel considerando 33 che, anzi, rinforza il concetto

affermando: “Quando invece i provvedimenti provvisori, tra cui anche quelli cautelari, sono

disposti da un’autorità giurisdizionale di uno Stato membro che non è competente a conoscere

nel merito, la loro efficacia a norma del presente regolamento dovrebbe limitarsi al territorio

dello Stato membro interessato”.

Come si è visto, a tale conclusione parte della dottrina era già arrivata rispetto al testo del

regolamento n. 44, dopo che la Corte di giustizia aveva affermato che il foro speciale cautelare

presuppone la possibilità di eseguire il provvedimento nello Stato del foro, facendo così ritenere

che tale provvedimento non fosse idoneo all’esportazione (34

). L’odierna precisazione è dunque

opportuna perché risolve un’accesa diatriba interpretativa (35

).

Come si vedrà infra, il giudice che emette il cautelare autocertifica la sua eventuale competenza

per il merito, nell’apposito modulo rilasciato ai sensi dell’art. 53. In questo modo, si

semplificano i meccanismi esecutivi del provvedimento cautelare all’estero, senza possibilità, vi

è da ritenere, che l’autorità esecutiva dello Stato ad quem possa contestare le valutazione del

giudice d’origine circa la natura della propria competenza. Alla luce dei principi della fiducia

reciproca e dell’equivalenza tra le giurisdizioni, infatti, nell’ambito dello spazio europeo di

giustizia, di norma, i giudici di uno Stato membro non possono interferire con le decisioni dei

giudici degli altri Stati membri in merito alla sussistenza della propria giurisdizione. Al riguardo,

dunque, possono essere considerati solo strumenti di diritto interno: da un lato, per contestare le

valutazioni del giudice adito in merito al criterio di collegamento invocabile nella fattispecie (ad

esempio, in sede di reclamo ex art. 669-terdecies c. p. c.) (36

); dall’altro, per correggere eventuali

“errori” nella compilazione del modulo di cui all’art. 53 del regolamento (in cui, ad esempio, si

33

) V. anche QUERZOLA, op. ult. cit., p. 1480. Per una critica a tale formulazione v. HONORATI,

Provisional measures, cit., p. 528 ss., per cui, p. 532, la soluzione raggiunta dal legislatore “is clearly

inconsistent with the general aim of the Regulation to foster and strengthen the circulation of judgments”. 34

) In senso difforme HONORATI, op. ult. cit., p. 530. 35

) Per HEINZE, Choice of court agreements, coordination of proceedings and provisional measures in the

reform of the Brussels I regulation, Max Planck private law research paper n. 11\5, in

http://ssrn.com/abstract=1804111, p. 35, i provvedimenti cautelari emessi da un giudice non competente

per il merito potrebbero comunque essere eseguiti in altri Stati membri in forza di norme nazionali più

favorevoli eventualmente applicabili; critica sulla nuova norma, con riferimento al testo della proposta

della Commissione, HONORATI, op. ult. cit., p. 528. 36

) Deve, in effetti, ritenersi sussistere un interesse della parte soccombente a proporre reclamo contro il

provvedimento emesso nei suoi confronti anche solo per “rettificare” il criterio di collegamento

giurisdizionale cui abbia fatto riferimento il giudice: per il soccombente, infatti, dalla prospettiva di

circolazione del provvedimento cautelare concesso sull’erroneo presupposto della sussistenza della

competenza sul merito deriva un interesse giuridicamente rilevante a un riesame della decisione sul punto.

sia accreditata la competenza sul merito del giudice che ha emesso il provvedimento quando da

tale decisione emerga, invece, l’applicazione dell’art. 35).

Il legislatore europeo, tratteggiando la dicotomia tra provvedimenti del giudice di merito e

provvedimenti del giudice del luogo di attuazione, lascia aperti dubbi di non poco rilievo.

Nessun problema si pone quando già pende il procedimento sul merito, azionato in forza di uno

qualsiasi dei criteri uniformi di collegamento giurisdizionale. Se l’istanza cautelare è proposta al

giudice di tale procedimento, il relativo provvedimento sarà destinato a circolare all’estero; se,

invece, viene adito il giudice di un altro Stato membro, la decisione cautelare potrà trovare

attuazione solo in ambito “locale”.

Un primo problema si pone nell’ipotesi in cui la misura cautelare sia chiesta al giudice della

causa di merito il quale poi abbia a dichiararsi incompetente. Nell’esperienza italiana, la

contestazione della competenza del giudice adito non priva quest’ultimo del potere di emettere

misure cautelari in corso di causa e una pronuncia di incompetenza non determina ipso facto

l’inefficacia della misura cautelare. Nel nostro contesto specifico, peraltro, anche per contrastare

situazioni di forum shopping, si deve ritenere che la parte interessata, dopo una pronuncia di

difetto di giurisdizione, possa chiedere la correzione o la revoca del modulo emesso ai sensi

dell’art. 53, essendo venuto meno il presupposto per la circolazione del provvedimento in

questione tra gli Stati membri.

Le ipotesi più difficili sono, però, quelle relative alle cautele chieste ante causam: la

proposizione di un’istanza cautelare in uno Stato membro, infatti, non rende ancora operanti le

norme europee sulla litispendenza e sulla connessione tra cause e nulla impedisce la

proposizione di altre istanze cautelari o del procedimento di merito in uno Stato membro diverso

da quello adito con la prima azione per provvedimenti provvisori (37

).

In generale, mi pare da respingere la tesi per cui, prima dell’inizio della causa di merito, si debba

presumere che i provvedimenti cautelari siano comunque emessi ai sensi dell’art. 35 e dunque

non destinati alla circolazione (38

). La normativa europea, in effetti, non impone la pendenza

attuale del processo di merito né la necessaria instaurazione di tale giudizio entro un termine

peraltro non individuato né individuabile e sarebbe irragionevole pensare che la parte che voglia

ottenere una misura cautelare con effetti extraterritoriali sia costretta a dare corso ad un

procedimento di merito che, in base alla normativa applicabile, potrebbe restare meramente

eventuale.

37

) Su questi aspetti problematici v. HONORATI, op. cit., p. 538 ss. 38

) Riserve su questa opzione interpretativa anche da HONORATI, op. cit., p. 540.

E’ necessario trovare, quindi, una soluzione che unisca “semplicità” e rispetto dello spirito e

della ratio della normativa comune europea, partendo dall’osservazione che il sistema di

Bruxelles I dà per scontato che vi possa essere una pluralità di corti nazionali competenti sul

merito di una controversia. In applicazione della norma sulla pendenza della lite di cui all’art. 30

(l’art. 32 nel regolamento Bruxelles I bis), inoltre, la lite sul merito pende solo dal momento in

cui la domanda introduttiva viene notificata o depositata nella cancelleria del giudice. Sino a quel

momento, si deve ritenere che possa essere simultaneamente proposta una pluralità di istanze

cautelari in Stati membri diversi e che i giudici così aditi si possano, simultaneamente, ritenere

competenti per il merito ai (limitati) fini della circolazione del provvedimento che andranno

eventualmente a concedere. Il concorso di provvedimenti cautelari a effetti extraterritoriali sarà,

se del caso, risolto in base alle norme sul contrasto di decisioni (v. infra).

D’altro canto, la competenza per il merito è da valutare con riferimento alla situazione di fatto e

di diritto esistente alla data di proposizione dell’istanza cautelare. Ciò vuol dire che un giudice

adito con un’istanza cautelare ed ipoteticamente competente per la decisione del relativo merito

può emettere una misura cautelare ad effetti extraterritoriali anche se, dopo la proposizione

dell’istanza stessa, il procedimento di merito sia cominciato in un altro Stato membro.

E’ ovvio che un sistema come quello tratteggiato nel nuovo regolamento n. 1215 (ma desumibile

per via interpretativa anche rispetto al regolamento n. 44 del 2001) incoraggia il forum running,

per “blindare” la competenza cautelare ad effetti extraterritoriali tramite la proposizione del

giudizio di merito (anche con azioni di accertamento negativo), ma si tratta del corollario della

regola generale sulla prevenzione temporale in materia di litispendenza europea e non crea

particolare scalpore in un contesto in cui comunque i litiganti hanno ben chiaro il valore della

rapidità dell’azione in un panorama caratterizzato dalle diversità procedurali tra gli Stati membri.

7. - La lett. a) del nuovo art. 2, inoltre, “chiarisce” che, nella nozione di “decisione”, ai fini del

riconoscimento e dell’esecuzione, non rientrano i provvedimenti provvisori e cautelari emessi

dall’autorità giurisdizionale competente per il merito senza che il convenuto sia stato invitato a

comparire, a meno che la decisione contenente il provvedimento sia stata notificata o comunicata

al convenuto prima dell’esecuzione: si tratta di una innovazione rispetto al regime di Bruxelles I,

seppure più timida rispetto alla proposta della Commissione di prevedere l’esecutività

automatica anche dei provvedimenti emessi senza previa instaurazione del contraddittorio.

Come noto, in relazione alle norme della convenzione del 1968 e del regolamento n. 44, la Corte

di giustizia, nel caso Denilauer, aveva affermato che le decisioni giurisdizionali contenenti

autorizzazione di provvedimenti provvisori o cautelari, rese senza che la parte contro cui si

rivolgono sia stata citata a comparire e destinate ad essere eseguite senza essere state prima

notificate, non potessero fruire del regime comune di riconoscimento e di esecuzione (39

).

Come si vedrà meglio nel decimo paragrafo, dunque, il regolamento detta alcune regole ad hoc

per l’attuazione dei cautelari concessi inaudita altera parte, non senza sollevare dubbi

interpretativi.

Il considerando 33, d’altro canto, afferma che, in ogni caso, il riconoscimento o l’esecuzione dei

provvedimenti provvisori potrebbe essere possibile ai sensi della normativa locale più favorevole

eventualmente applicabile. Si è voluto così operare un compromesso tra il garantismo della

normativa europea ed eventuali disposizioni nazionali più favorevoli al soggetto in favore del

quale sia stata emessa una misura cautelare inaudita altera parte. Per l’Italia, questa “clausola di

salvezza” (che ha un forte odore di “procedure shopping”…) non ha ambito operativo,

considerato che, in forza della normativa interna sul riconoscimento e l’esecuzione delle

decisioni (art. 64 ss. l. n. 218 del 1995), di norma, solo provvedimenti passati in giudicato

possono trovare ingresso nel nostro Paese.

8. - Sul piano del riconoscimento e dell’esecuzione delle decisioni degli altri Stati membri, il

regolamento n. 1215 propone un sistema completamente rivoluzionato, per quanto con un

approccio più “timido” rispetto a quello della proposta originaria della Commissione.

In particolare, il nuovo art. 36 (che corrisponde, con alcuni adattamenti, all’art. 33 del

regolamento n. 44) conferma il principio del riconoscimento automatico, con la possibilità per

ogni parte interessata di chiedere una decisione giudiziale che attesti la mancanza di motivi di

diniego del riconoscimento. Non si fa, però, più riferimento alla “contestazione” della

controparte, “liberalizzando” così la procedura di riconoscimento (azionabile peraltro solo dalla

parte “interessata” e cui dunque possa derivare un’utilità giuridica da tale riconoscimento).

E’ stata anche parzialmente modificata la norma relativa al c.d. riconoscimento incidentale.

Oggi, infatti, si prevede che il giudice di merito, che conosca di una causa rispetto alla quale si

ponga come preliminare una richiesta di diniego di riconoscimento, possa decidere su tale

questione in via incidentale.

A tutela della parte contro cui viene chiesto il riconoscimento, l’art. 38 prevede la possibilità che

il giudice dello Stato ad quem possa sospendere il procedimento (totalmente o parzialmente)

qualora la decisione sia stata impugnata nello Stato membro d’origine (come già prevedeva l’art.

37, para. 1, di Bruxelles I) o qualora sia stata presentata una domanda al fine di accertare che non

sussistono motivi di diniego del riconoscimento di cui all’articolo 45 ovvero al fine di accertare

39

) V. HESSE, PFEIFFER, SCHLOSSER, op. cit., p. 180.

che il riconoscimento deve essere negato per uno dei predetti motivi. Tale seconda ipotesi

prevede, dunque, un rapporto di pregiudizialità tra il procedimento di riconoscimento ed il

giudizio in cui la decisione straniera sia stata impugnata, con sospensione, però, facoltativa e non

obbligatoria.

La principale novità del regolamento n. 1215 si riscontra però in materia di esecuzione. Al

riguardo, l’art. 39 prevede il superamento della necessità di ottenere l’exequatur nello Stato di

esecuzione prima di potervi dare attuazione alla decisione straniera (40

).

Da tempo, in effetti, il legislatore europeo considera il superamento dell’exequatur uno degli

obiettivi principali dell’evoluzione della cooperazione giudiziaria tra gli Stati membri, come

espressione della fiducia reciproca tra gli Stati membri. Sino ad ora, tale principio era stato

attuato in ambiti settoriali (ingiunzione europea di pagamento, titoli esecutivi per somme non

contestate, alcune decisioni in materia di minori, decisioni in materia di alimenti e così via). Con

il regolamento n. 1215, esso viene esteso a tutta la materia civile e commerciale, superando

l’approccio tradizionale del sistema di Bruxelles I (41

).

L’art. 39, dunque, stabilisce il nuovo principio per cui ogni decisione esecutiva nello Stato

membro di origine lo è pure, automaticamente, negli altri Stati membri, senza bisogno di dare

corso, in loco, ad ulteriori attività giudiziarie.

Il considerando 26 giustifica tale scelta del legislatore con la volontà di ridurre la durata e i costi

dei procedimenti giudiziari transfrontalieri ed indica, come conseguenza del nuovo sistema, che

la decisione emessa dall’autorità giurisdizionale di uno Stato membro debba essere trattata come

se fosse stata pronunciata nello Stato membro interessato per l’esecuzione.

Sia ai fini del riconoscimento che dell’esecuzione, dunque, ai sensi dell’art. 42, para 1, al

creditore basta “esibire” una copia autentica dalle decisione e l’attestato rilasciato ai sensi

dell’art. 53 dal giudice che ha emesso la decisione.

Rispetto al contenuto di tale attestato, l’art. 53 richiama il modulo di cui all’allegato I, che, nella

tradizione dei regolamenti processuali europei, serve a rendere immediatamente e facilmente

comprensibili nella dimensione transnazionale il contenuto e la portata della decisione, oltre che

a permettere di verificare nel modo più semplice i presupposti per l’applicazione del sistema

comune europeo per la relativa circolazione. In particolare, tale modulo certifica l’esecutività

40

) V. tra gli altri LEANDRO, op. ult. cit., p. 616; con riferimento alla proposta di revisione del regolamento

FARINA, Titoli esecutivi europei ed esecuzione forzata in Italia, Roma, 2012, p. 61 ss. 41

) Su queste tematiche, di recente KRAMER, Cross-border enforcement in the EU: mutual trust versus

fair trial? Towards principles of European civil procedure, in Int. jour. proc. law, 2011, p. 204 ss.; DE

CRISTOFARO, The abolition of exequatur proceedings: speeding up the free movement of judgments while

preserving the rights of the defense, ivi, p. 438 ss.; BIAVATI, op. cit., p. 406 ss.

della decisione (e dunque sostituisce l’apposizione della nostra formula esecutiva) (art. 42) e

fornisce tutti i dettagli oggettivi e soggettivi del provvedimento emesso dal giudice straniero.

L’attestato rilasciato dal giudice del paese d’origine non deve necessariamente essere tradotto

nella lingua del foro e che non se ne richiede la traslitterazione del contenuto: tali adempimenti

possono, però, essere richiesti dall’autorità competente per l’esecuzione. Allo stesso modo, tale

autorità può (non deve) chiedere la traduzione della decisione qualora in mancanza non sia in

grado di procedere (art. 42, para. 3).

Le implicazioni di questa novità sono evidenti a livello sia teorico, sul piano del maggiore livello

di integrazione tra gli ordinamenti nazionali, sia pratico, con un evidente risparmio di tempo e

denaro per il creditore transfrontaliero (42

).

Il testo finale del nuovo regolamento è, peraltro, meno “audace” della proposta della

Commissione, in cui il debitore vedeva fortemente compressa la possibilità di opporsi

all’esecuzione: nel testo varato dal Consiglio, infatti, al debitore e ad ogni parte interessata è

lasciata (art. 46) la possibilità di chiedere il diniego dell’esecuzione nello Stato di esecuzione,

contestando la sussistenza di uno o più dei motivi ostativi previsti dalla normativa comune

europea, così bilanciando la fiducia reciproca con il principio del giusto processo (43

).

I motivi che portano a negare il riconoscimento e l’esecuzione della decisione straniera sono

oggi elencati nell’art. 45 e sostanzialmente riproducono quelli già previsti dagli art. 34 e 35 di

Bruxelles I.

Le lett. a-d) del para. 1 dell’art. 45 (manifesta contrarietà all’ordine pubblico, difettosa

evocazione in giudizio del convenuto contumace, incompatibilità con una decisione emessa tra le

stesse parti nello Stato membro richiesto o in uno Stato terzo (44

)) corrispondono, con qualche

modifica lessicale, ai motivi di cui all’art. 34 del regolamento n. 44 del 2001 (45

). La lett. e) è,

42

) Come conseguenza di tale innovazione, nel regolamento n. 1215 sono state abrogate le norme di cui

agli artt. 38, da 39 a 48, 50, 52, 53, 55, para. 1 reg. 44\01, incompatibili con il nuovo sistema. 43

) V. KRAMER, op. cit., p. 221; CUNIBERTI, Some remarks on the efficiency of exequatur, Law working

paper series. Paper n. 2012-01, in http://papers.ssrn.com/sol3/papers.cfm?abstract_id=1998030, p. 575,

peraltro, osserva che la violazione del diritto al giusto processo si verifica in meno dell’uno per cento dei

casi. 44

) Il fatto che circolino solo i provvedimenti cautelari emessi dal giudice competente per il merito, di

base, dovrebbe ridurre il rischio di pronunce contrastanti. In caso di conflitto tra la decisione emessa dal

giudice di merito e quella del giudice competente ai sensi del criterio speciale dell’art. 35 dovrebbe

tendenzialmente prevalere la prima, salva comunque la valutazione sulle circostanze e sul contesto

temporale di cui si fa cenno supra nel testo. 45

) Il considerando 29, inoltre, sul presupposto che l’esecuzione diretta nello Stato membro richiesto di

una decisione emessa in un altro Stato membro senza dichiarazione di esecutività non dovrebbe

compromettere il rispetto dei diritti della difesa, afferma che tra i motivi per chiedere in rigetto

dell’esecuzione dovrebbe figurare anche la mancata possibilità di presentare le proprie difese qualora la

decisione sia stata resa in contumacia nell’ambito di un’azione civile collegata a un procedimento penale

invece, sostanzialmente equivalente all’art. 35, para. 1 di Bruxelles I e prevede alcune ipotesi in

cui il giudice ad quem può “sindacare” la c.d. competenza indiretta del giudice che ha emesso la

decisione. Oltre a confermare i casi già in precedenza previsti, con l’adattamento delle norme di

riferimento (disposizioni a tutela del convenuto contraente dell’assicurazione, assicurato,

beneficiario di un contratto di assicurazione, parte lesa, consumatore e criteri di collegamento

esclusivi ai sensi dell’art. 24), il controllo del giudice dello Stato è, peraltro, stato esteso alle

norme a tutela del convenuto lavoratore, colmando così una lacuna della disciplina previgente,

per quanto attiene il rispetto dei c.d. criteri di collegamento para-esclusivi. Per il resto, si

continua a prevedere che, nell’accertamento della competenza indiretta del giudice a quo,

l’autorità giurisdizionale cui sia stata presentata l’istanza sia vincolata dall’accertamento dei fatti

sul quale l’autorità giurisdizionale d’origine ha fondato la propria competenza e che il vaglio

dell’ordine pubblico non si estenda alle norme sulla competenza.

Il para. 2 dell’art. 41, inoltre, introduce una nuova disposizione alla cui stregua le ragioni di

diniego o di sospensione dell’esecuzione previsti dalla legge nazionale si applicano solo in

quanto non incompatibili con i motivi di cui all’art. 45. In effetti, il considerando 30 precisa che

la parte che si oppone all’esecuzione di una decisione emessa in un altro Stato membro

dovrebbe, nei limiti del possibile e, conformemente al sistema giuridico dello Stato membro

richiesto, poter invocare, nella medesima procedura, oltre ai motivi di diniego contemplati dal

regolamento, i motivi di diniego previsti dal diritto nazionale ed entro i termini previsti da tale

diritto. Tuttavia, il riconoscimento di una decisione dovrebbe essere negato solo in presenza di

uno o più dei motivi di diniego previsti dal presente regolamento. Al riguardo, si osserva che il

riferimento compiuto ai “motivi di diniego dell’esecuzione previsti dalla legge dello Stato

membro richiesto” non riguarderebbe i motivi ostativi (al “riconoscimento” ed) alla “esecuzione”

che ciascuno Stato membro individua al fine di negare ingresso nel proprio territorio a decisioni

non rientranti nell’ambito oggettivo o soggettivo di applicazione della disciplina comunitaria

uniforme, bensì le circostanze che, secondo il diritto interno, possono costituire altrettanti motivi

di opposizione all’esecuzione forzata propriamente intesa (46

). Si afferma pure che il legislatore

europeo sembrerebbe voler mantenere una certa “autonomia” della procedura che la domanda di

diniego dell’esecuzione è idonea ad instaurare rispetto ai rimedi giurisdizionali che ogni singolo

nonché i motivi che possono essere invocati sulla base di un accordo tra lo Stato membro richiesto e uno

Stato terzo a norma dell’art. 59 convenzione di Bruxelles del 1968. 46

) FARINA, in www.aldricus.com, che evidenzia l’incertezza sul modo di delineare un rapporto di

(in)compatibilità tra circostanze che possono condurre all’accertamento della insussistenza del diritto di

procedere ad esecuzione forzata in relazione a qualsiasi titolo esecutivo, a prescindere dalla sua

“provenienza”, e motivi che detto diritto finiscono con l’escludere in ragione della “irriconoscibilità” tout

court della decisione nello Stato membro richiesto.

Stato membro concede al debitore per contestare il diritto di procedere ad esecuzione forzata (per

motivi di rito e/o di merito) (47

).

Anche nel nuovo sistema, si conferma, in ogni caso, che la decisione straniera non può essere

riesaminata nel merito in sede di riconoscimento \ opposizione all’esecuzione in un altro Stato

membro (art. 52).

9. - Nella tradizione della convenzione del 1968 e del regolamento n. 44, neppure il regolamento

n. 1215 detta regola uniformi sul procedimento per il riconoscimento o per l’opposizione

all’esecuzione di un provvedimento emesso in un altro Stato membro: la normativa europea si

limita a stabilire alcune regole ad hoc, lasciando poi ad ogni Stato l’individuazione del modello

procedurale applicabile.

Dove altri ordinamenti si sono premutati di introdurre discipline specifiche di raccordo, l’Italia

non ha ancora saputo o voluto disporre interventi di tal tipo, rimettendo agli operatori e agli

interpreti la determinazione delle regole procedurali di riferimento.

A tale riguardo, va tenuto in considerazione l’art. 48, del regolamento alla cui stregua l’autorità

giurisdizionale dello Stato richiesto statuisce sulla domanda di diniego dell’esecuzione senza

indugio. Si tratta evidentemente di una norma programmatica, che sollecita il giudice nazionale a

provvedere sull’istanza il più rapidamente possibile, magari creando corsie privilegiate per la

trattazione e la decisione di queste istanze. La norma, peraltro, fornisce all’interprete anche un

importante fattore di valutazione ai fini dell’individuazione del modello procedimentale da

applicare in questo contesto.

In Italia, rispetto al sistema di Bruxelles I, dottrina e giurisprudenza erano giunte a ritenere che il

procedimento seguisse le forme del rito ordinario, per quanto strutturato secondo modalità lato

sensu riferibili al procedimento monitorio (e alla relativa opposizione) per l’ipotesi della

richiesta di exequatur. Rispetto al riconoscimento, dunque, si riteneva che la domanda

introduttiva dovesse avere la forma della citazione (48

), mentre l’opposizione all’exequatur

veniva assimilata all’opposizione a decreto ingiuntivo (49

). Non si riteneva, peraltro,

inammissibile la proposizione della domanda con ricorso, purché l’atto fosse notificato alla

controparte entro i termini perentori all’uopo previsti (50

).

Oggi, però, i termini della questione sono cambiati.

47

) FARINA, in www.aldricus.com. 48

) Cass., 12 gennaio 2010, n. 253, sez. un., in Giust. civ., 2011, 1, I, p. 227; CAMPEIS, DE PAULI, La

disciplina europea del processo civile italiano, Padova, 2005, p. 401. 49

) Cass., 1 agosto 1997, n. 7151, in Riv. dir. int.. priv. proc., 1998, p. 570. 50

) Cass., 12 gennaio 2010, n. 253, sez. un., cit.

In primo luogo, il regolamento n. 1215 ha eliminato il procedimento di exequatur e dunque viene

meno il richiamo del procedimento monitorio, strutturato con una fase inaudita altera parte ed

una successiva di opposizione, Nel nuovo regime, in effetti, rispetto all’opposizione

all’esecuzione, si configura un procedimento di accertamento negativo, instaurato su iniziativa di

ogni parte interessata nei confronti del creditore.

La principale incertezza interpretativa deriva però dall’entrata in vigore del decreto legislativo n.

150 del 2011 (sulla c.d. semplificazione dei riti), il quale, all’art. 30, dal 7 ottobre 2011, prevede

l’applicazione del rito sommario (o meglio del modello ad hoc di tale rito tratteggiato dalla

normativa speciale) alle “controversie in materia di attuazione di sentenze e provvedimenti

stranieri di giurisdizione volontaria e contestazione del riconoscimento”. Tale norma in

questione si applica alle “controversie aventi ad oggetto l'attuazione di sentenze e provvedimenti

stranieri di giurisdizione volontaria di cui all'articolo 67 della legge 31 maggio 1995, n. 218” e

colma una lacuna della legge di riforma del diritto internazionale privato e processuale che, in

effetti, non esplicitava il modello procedimentale cui fosse assoggettato il procedimento per il

riconoscimento e l’esecuzione di una sentenza straniera. La scelta del legislatore del 2011 è

innovativa perché in precedenza, per via interpretativa, il modello procedurale di riferimento era

stato individuato nel processo ordinario di cognizione (51

), introdotto con citazione (52

) e definito

con sentenza collegiale. Il decreto legislativo del 2011 ha dunque cambiato rotta, in favore di un

rito più deformalizzato e snello, con una valutazione generale ed astratta circa la tendenziale

semplicità istruttoria dei procedimenti in questione. La relazione di accompagnamento al

decreto, in effetti, afferma che le controversie in questione sono state ricondotte al rito sommario

di cognizione, aderendo all’indicazione in tal senso formulata dalle competenti commissioni

parlamentari, in espressa considerazione del fatto che esso, nel suo pratico svolgimento, è

caratterizzato da un thema probandum semplice, cui consegue ordinariamente un’attività

istruttoria breve, a prescindere dalla natura delle situazioni giuridiche soggettive coinvolte o

delle questioni giuridiche da trattare e decidere.

Per quanto ci interessa qui, parte della dottrina (53

) ritiene che l’art. 30 del decreto legislativo n.

150 del 2011 sia applicabile anche rispetto ai procedimenti di riconoscimento e di opposizione

all’esecuzione previsti dai vari regolamenti europei sulla circolazione delle decisioni pronunciate

51

) Cass., 14 gennaio 2003, n. 365, in Riv. dir. int.. priv. proc., 2003, p. 201. Si escludeva, invece,

l’applicazione delle norme del procedimento camerale: App. Ancona, 21 luglio 1999, in Riv. dir. int. priv.

proc. 00, 169; contra App. Venezia 9-4-97, in Nuova giur. civ. comm., 1997, I, p. 890; App. Napoli, 14

gennaio 1998, in Giur. nap., 1998, p. 122. 52

) App. Perugia, 10 gennaio 2002, decr., in Riv. dir. int. priv. proc., 2003, p. 218; App. Venezia, 26

novembre 1997, in Dir. com. sc. int., 1998, p. 233. 53

) V. ad esempio FARINA, in La semplificazione dei riti civili, a cura di Sassani, Tiscini, 2011, p. 141.

negli Stati membri. Una autorevole dottrina afferma che gli argomenti che fanno propendere con

forza per l’estensione della disciplina del nuovo rito sommario al riconoscimento delle sentenze

comunitarie siano “plurimi” (54

). In particolare, si sostiene che quello oggi indicato dall’art. 30

del decreto del 2011 sia da considerarsi il modello procedimentale di riferimento per risolvere

ogni questione relativa all’accertamento dalla (in)sussistenza di ragioni ostative all’ingresso di

provvedimenti giudiziari stranieri nel nostro ordinamento. Si osserva pure che appare ormai

obsoleta ed ingombrante la scelta del rito deputato alla tutela di merito dei diritti soggettivi

rispetto a un procedimento in cui il giudice è chiamato a un mero controllo estrinseco circa la

regolarità procedurale della sentenza straniera, in un contesto che viene qualificato di

giurisdizione oggettiva (55

). In quest’ottica, anzi, si mostra irragionevole assoggettare il controllo

sulle decisioni provenienti dagli altri Stati membri (e soggette a minori “limiti” di accesso) a un

rito come quello ordinario, prevedendo invece un rito più informale per le sentenze degli Stati

terzi (56

). In questa linea di pensiero, si ritiene che la “rubrica” della norma non ne vincoli

l’ambito applicativo, considerando troppo formalistico il richiamo al riguardo della massima

“ubi lex voluit” (57

). L’art. 30 del decreto del 2011, infatti, non è ritenuto una norma a natura

eccezionale ai sensi dell’art. 14 disp. prel. c. c. e nulla dunque ne impedisce un’applicazione

estensiva, anche per via analogica. In effetti, come è stato rilevato, vi è omologia tra

procedimenti aventi tutti ad oggetto l’accertamento dei requisiti di riconoscibilità di

provvedimenti stranieri, con una lacuna da colmare rispetto alle decisioni coperte dai

regolamenti europei (58

).

La tesi interpretativa appena analizzata appare meritevole di condivisione: essa, infatti,

garantisce l’attuazione del principio di equivalenza tra la tutela interna e quella europea a

situazioni analoghe (59

), eliminando una evidente disparità di trattamento processuale a

svantaggio della seconda. Essa, inoltre, consente di dare attuazione al disposto dell’art. 48 del

regolamento (v. supra), essendo evidente che il rito sommario abbia tempistiche ben più celeri

rispetto a quello ordinario.

Anche nell’ambito del regolamento n. 1215, dunque, si può ritenere applicabile il modello di rito

sommario enucleato nel contesto del decreto sulla c.d. semplificazione dei riti.

54

) CONSOLO, Il nuovo rito sommario (a cognizione piena) per il giudizio di accertamento dell’efficacia

delle sentenze straniere in Italia dopo il d. lgs. n. 150/2011, in Riv. dir. int. priv. proc., 2012, p. 523. 55

) CONSOLO, op. loc. ult. cit. 56

) CONSOLO, op. loc. ult. cit. 57

) CONSOLO, op. loc. ult. cit. 58

) CONSOLO, op. cit., p. 524. 59

) CONSOLO, op. loc. ult. cit.

Come si è anticipato, peraltro, il regolamento contiene disposizioni “integrative” della normativa

interna sul procedimento di riconoscimento \ opposizione all’esecuzione.

Merita menzione, in primo luogo, l’art. 51, che prevede la sospensione del procedimento (anche

di impugnazione: v. infra) per l’ipotesi in cui la decisione straniera sia stata impugnata con un

mezzo di impugnazione ordinario nello Stato d’origine (o se il termine per una tale

impugnazione non sia ancora decorso). In quest’ultimo caso, l’autorità giurisdizionale può

fissare un termine entro il quale l’impugnazione deve essere depositata.

Ai sensi dell’art. 49, inoltre, la decisione emessa sull’istanza di riconoscimento o di opposizione

all’esecuzione può essere impugnata, rinviando, per la relativa competenza, alle indicazioni

all’uopo fornite da ogni Stato membro richiesto alla Commissione ai sensi dell’art. 75, lett. b).

Per la prima volta, inoltre, il legislatore ha previsto un’ulteriore (ed eventuale) grado di giudizio,

per l’impugnazione della decisione emessa sulla prima impugnazione: ai sensi dell’art. 50, tale

ulteriore riesame è possibile unicamente dietro indicazione dello Stato membro interessato alla

Commissione, ex art. 75, lett. c). Tradizionalmente, nel diritto italiano, non si prevede un terzo

livello di giudizio in materia di riconoscimento di decisioni straniere ma non è escluso che si

possa riconsiderare il giudizio per il riconoscimento o l’opposizione all’esecuzione della

sentenza straniera come procedimento da proporre, in primo grado, avanti al Tribunale, per

arrivare sino a un giudizio di legittimità avanti alla Cassazione in terza istanza. Una simile

soluzione, per quanto in controtendenza rispetto alle previsioni dell’art. 30 del decreto legislativo

n. 150 del 2011 (che attribuisce competenza in primo ed unico grado alla Corte d’appello),

avrebbe il vantaggio di alleggerire il lavoro delle oberatissime Corti distrettuali.

10. – Chiarito il quadro di riferimento generale, si può a questo punto passare ad esaminare le

“ricadute” del nuovo sistema di circolazione delle decisioni straniere sui provvedimenti

provvisori e cautelari.

Di tali provvedimenti verrà di norma in rilievo l’attuazione piuttosto che il riconoscimento.

Essendo emessi all’esito di una cognizione sommaria e priva di idoneità al giudicato, infatti,

misure siffatte, in un procedimento pendente all’estero, potranno al limite fornire qualche

indicazione, anche a livello presuntivo, liberamente apprezzabile dal giudicante.

Di esecuzione, inoltre, almeno dal punto di vista italiano, si può parlare solo in senso atecnico,

dal momento che, come conferma l’art. 669-duodecies c. p. c., è qui più proprio parlare di

“attuazione”. Rispetto alla normativa europea di riferimento, d’altro canto, tale precisazione

appare priva di conseguenze.

Alla luce del considerando 25 e dell’art. 2, lett. a) (v. supra), inoltre, di riconoscimento ed

esecuzione si potrà parlare solo in relazione ai provvedimenti provvisori o cautelari emessi dal

giudice competente per il merito, ad esclusione di quelli concessi dal giudice competente ai sensi

del criterio speciale dell’art. 35 (destinati esclusivamente ad un’attuazione “interna” in base alle

norme della lex fori).

Considerando che, nel nuovo sistema, non è più prevista una fase necessaria di concessione

dell’exequatur e che dunque, di norma, una misura cautelare potrà essere mandata direttamente

in attuazione, il legislatore si è preoccupato di mettere in condizione il soggetto incaricato di tale

attuazione di verificare la sussistenza dei presupposti applicativi delle nuove disposizioni.

Il para. 2 dell’art. 42 è, infatti, espressamente dedicato ai documenti che il richiedente deve

fornire alla competente autorità incaricata ai fini dell’esecuzione in uno Stato membro di una

decisione emessa in un altro Stato membro che dispone un provvedimento provvisorio o

cautelare. In particolare, oltre alla copia autentica del provvedimento, si richiede che il modulo di

cui all’allegato 1 contenga una descrizione del provvedimento e certifichi (al punto 4.6.2.2.1) che

l’autorità giurisdizionale è competente a conoscere del merito e che la decisione è esecutiva nello

Stato membro d’origine.

La semplice verifica della “casellina” all’uopo prevista nel modulo compilato dal giudice

d’origine, dunque, dovrebbe consentire all’autorità incaricata dell’attuazione del provvedimento

straniero di verificare se esso rientri nella nozione di decisione cautelare riconoscibile di cui

all’art. 2, lett. a). Ciò lascia pensare che il giudice ad quem non abbia margini di valutazione

rispetto alla competenza “sul merito” del giudice a quo, in linea con il tradizionale approccio

seguito nell’ambito del sistema di giustizia europea, ove si limitano al minimo i controlli sulla

competenza indiretta del giudice d’origine (sul punto, v. supra, paragrafo sesto).

Inoltre, ai sensi della lett. c) del para. 2 dell’art. 42, il richiedente, qualora il provvedimento sia

stato disposto senza che il convenuto sia stato invitato a comparire, deve fornire la prova della

notificazione o comunicazione della decisione. In altre parole, si deve soddisfare il presupposto

cui fa riferimento il considerando n. 25 (v. supra, paragrafo settimo), alla cui stregua l’attuazione

di una misura inaudita altera parte non può avere luogo prima che al destinatario sia stato

comunicato o notificato il provvedimento in questione, al fine di consentirgli di dare corso

all’eventuale opposizione al riconoscimento o all’exequatur (60

).

60

) V. anche TIMMER, Abolition of exequatur under the Brussels I regulation: ill conceived and

premature?, in Jour. priv. int. law, 2013, p. 134.

Il regolamento n. 1215 tenta, qui, un difficile compromesso tra le ragioni del creditore e quelle

del debitore, ma il risultato rende perplessi: in ogni caso, infatti, l’onere di previa notifica della

decisione emessa inaudita altera parte farà venire meno l’effetto sorpresa.

D’altro canto, ai sensi dell’art. 40 del regolamento stesso, una decisione esecutiva implica di

diritto l’autorizzazione a procedere a provvedimenti cautelari previsti dalla lex fori dello Stato di

esecuzione. Questa disposizione, a un primo esame, appare sostanzialmente irrilevante nel

contesto qui esaminato: che senso potrebbe avere, infatti, ottenere misure cautelari in attesa di

attuare altre misure cautelari? A ben vedere, però, il combinato disposto degli artt. 42 e 40

induce a ritenere che chi voglia dare attuazione a un provvedimento cautelare emesso inaudita

altera parte, prima di notificare la decisione, in ottemperanza al requisito di cui alla lett. c)

dell’art. 42, para. 2, possa richiedere la concessione automatica di un provvedimento cautelare,

in ipotesi dal contenuto identico a quello del provvedimento (a sua volta cautelare) di cui già

dispone, anche questo inaudita altera parte, in base alle norme della lex fori, dimostrando ad

esempio i presupposti di cui al nostro art. 669 c. p. c.

Il regolamento, d’altro canto, non stabilisce un termine minimo che debba decorrere tra la

notifica della decisione emessa inaudita altera parte e l’inizio della sua attuazione. Secondo gli

auspici del considerando 32, tale notifica o comunicazione dovrebbe avvenire “in tempo

ragionevole anteriormente alla prima misura di esecuzione”, con la specificazione che, in questo

contesto, per prima misura di esecuzione dovrebbe intendersi la prima misura di esecuzione dopo

la notifica o comunicazione. Si tratta, inevitabilmente, di una indicazione sin troppo generica e

che rischia di creare problemi interpretativi non indifferenti, soprattutto ove non sia approvata

una normativa interna di raccordo tra disciplina europea e lex fori (ciò che appare irrealistico per

l’Italia).

Per l’interprete, il termine che appare possibile richiamare è quello dilatorio previsto dall’art. 482

c. p. c. tra la notifica del precetto e la richiesta del pignoramento.

11. - Il nuovo art. 41 del regolamento chiarisce che l’esecuzione concreta della decisione

straniera è disciplinata dalla lex fori, salvo quanto previsto dal regolamento. Si tratta di una

previsione forse superflua (ma che richiama quella di altri regolamenti in ambito processuale),

considerato che, sinora, il legislatore europeo si è guardato dall’intervenire per l’armonizzazione

delle regole dell’esecuzione forzata.

Per quanto riguarda l’attuazione in Italia di misure provvisorie o cautelari concesse in un altro

Stato membro vengono principalmente in rilievo gli artt. 669-duodecies e 677 ss. c. p. c.

Rispetto alle previsioni “ad hoc” del regolamento, va considerato innanzi tutto che la decisione

di cui si chiede l’esecuzione non deve necessariamente essere tradotta nella lingua dello Stato

ospite. Il para. 2 dell’art. 43, in effetti, prevede che il debitore possa richiedere tale traduzione se

sia domiciliato in uno Stato membro diverso da quello dello Stato d’origine, qualora la decisione

non sia redatta in una lingua a lui conosciuta ovvero nella lingua ufficiale dello Stati membro in

cui è domiciliato. La tutela “linguistica” del debitore è attuata prevedendo che sinché

quest’ultima non abbia ricevuto la traduzione della decisione (anche prima dell’inizio

dell’esecuzione, come si desume dalla parte finale del para. 2), non possa essere attuata alcuna

misura esecutiva. In tale lasso di tempo è possibile attuale solo misure cautelari (61

). Le garanzie

di rapidità sottese all’esecuzione di un provvedimento cautelare (emesso anche ai sensi dell’art.

40, sulla base della mera esecutività della decisione straniera) hanno peraltro indotto il

legislatore europeo ad escludere in tal caso l’onere di traduzione della decisione in questione

(para. 3) (62

).

Il para. 3 dell’art. 41, inoltre, nell’ottica della deformalizzazione delle procedura, esonera la parte

che chiede l’esecuzione dal munirsi di recapito postale nello Stato richiesto o di rappresentante

autorizzato, salvo che tale rappresentanza sia obbligatoria nello Stato a prescindere dalla

cittadinanza o dal domicilio delle parti, come nel caso dell’Italia.

Un disposizione di diritto processuale uniforme è contenuta anche all’art. 54, che si occupa

dell’ipotesi in cui la decisione straniera contenga un provvedimento ignoto alla legge dello Stato

membro richiesto. In tal caso, il provvedimento in questione deve essere adattato, nella misura

del possibile, a un provvedimento previsto dalla legge dello Stato di esecuzione che abbia

efficacia equivalente e che persegua obiettivi e interessi analoghi. In altre parole, l’autorità

esecutiva locale si dovrà sforza di adattare tale decisione a quella più simile prevista dalla lex

fori, quanto ad efficacia e ad obiettivi ed interessi perseguiti. Ai sensi del considerando 28, ogni

singolo Stato membro ha la prerogativa di determinare le modalità e i soggetti competenti per

l’adattamento in questione. Da questo punto di vista, le indicazioni contenuto nell’attestato

rilasciato ai sensi dell’art. 53 dovrebbero fornire utili punti di riferimento. La norma, peraltro,

chiarisce che, da tale adattamento, non possono derivare effetti che vanno oltre quelli previsti

dalla legge dello Stato membro d’origine. Si tratta di un’importante precisazione, per eliminare

ogni dubbio in merito al fatto che l’ambito oggettivo dell’esecuzione del provvedimento

straniero è governato dalla legge dello Stato d’origine.

61

) Per FARINA, in www.aldricus.com, si tratta di un meccanismo farraginoso. 62

) V. SANDRINI, La tutela del creditore in pendenza del procedimento di exequatur nel regolamento

Bruxelles I, in Riv. dir. int. priv. proc., 2012, p. 615 s. che osserva che l’esigenza di informare

compiutamente la controparte sorge solo in relazione agli atti propriamente esecutivi e riguardo alle

misure meramente conservative.

La norma si preoccupa pure di stabilire un “controllo” sull’adattamento del titolo esecutivo

straniero, stabilendo che qualsiasi parte (e dunque sia il creditore che il debitore che,

eventualmente, un terzo coinvolto nell’esecuzione possa impugnare il relativo provvedimento

davanti a un’autorità giurisdizionale. In Italia, l’impugnazione in questione dovrebbe prendere la

forma dell’opposizione agli atti. Non si può escludere, peraltro, che, in determinate ipotesi, si

possa prospettare pure il ricorso all’opposizione (di terzo) all’esecuzione, come ad esempio nel

caso in cui l’adattamento disposto dal giudice riguardi la (im)pignorabilità di un determinato

bene o la (in)coercibilità di un obbligo di fare o non fare.

L’art. 44, inoltre, si occupa del coordinamento tra l’immediata eseguibilità della decisione

straniera e la possibilità per il debitore di chiedere il rigetto della relativa esecuzione ai sensi

della sez. 3 (63

). Si prevede in particolare che, dopo la proposizione dell’opposizione, il giudice

dello Stato membro richiesto possa:

a) limitare il procedimento a misure cautelari: in sostanza, per bilanciare gli interessi

contrapposti delle parti, si possono disporre misure provvisorie (ad esempio, di natura

conservativa) senza ancora compiere i veri e propri atti esecutivi (ad esempio, il pignoramento e

la vendita dei beni del debitore); nel contesto di cui ci stiamo occupando, ovvero l’attuazione di

misure cautelari, questa disposizione appare sostanzialmente superflua, almeno per quanto

riguarda i provvedimenti a natura “conservativa” e dunque “non satisfattiva”;

b) subordinare l’esecuzione alla costituzione di una garanzia (la “cauzione” del diritto italiano);

tale previsione può avere un rilievo nell’ambito qui in esame, con particolare riferimento alle

misure cautelari anticipatorie, per attualizzare la garanzia del rimborso di cui parla la

giurisprudenza della Corte di giustizia (v. supra, paragrafo secondo);

c) sospendere il procedimento di esecuzione (64

); tale ipotesi appare del tutto residuale nel

contesto che ci riguarda, sempre in ragione della natura provvisoria e tendenzialmente

“reversibile” dei provvedimenti di cui si chiede l’attuazione.

Il para. 2 dell’art. 44, inoltre, prevede che il procedimento di esecuzione sia sospeso se

l’esecutività della decisione sia sospesa nello Stato membro di origine: rispetto a un cautelare

proveniente dall’Italia, una situazione siffatta si può riscontrare in caso di “sospensiva” disposta

in sede di reclamo ai sensi dell’art. 669-terdecies, ult. comma, c. p. c.

12. – Si possono trarre a questo punto le conclusioni dell’analisi che precede.

63

) V. SANDRINI, op. ult. cit., p. 614. 64

) Per SANDRINI, op. ult. cit., p. 615, la scelta del giudice tra le tre alternative consentite dipenderà anche

dallo stato di avanzamento della procedura esecutiva eventualmente già iniziata e in ragione degli

strumenti offerti dal diritto nazionale.

La tutela cautelare svolge un ruolo fondamentale nel contenzioso transfrontaliero: eppure dalle

banche dati emerge una giurisprudenza ben poco nutrita, in particolare per quanto riguarda

l’esecuzione di misure provvisorie e cautelari attraverso le frontiere.

Ciò può dipendere da vari fattori, a cominciare dal fatto che la giurisprudenza di merito ha meno

occasioni di “divulgazione” rispetto a quelle di legittimità. L’impressione è, comunque, che i

litiganti preferiscano ottenere misure destinate ad un’attuazione “locale” piuttosto che fare valere

all’estero provvedimenti ad effetti extraterritoriali.

Il nuovo sistema del regolamento n. 1215 del 2012 appare idoneo a modificare solo in parte

questo stato di cose.

La possibilità di dare attuazione automatica alle misure cautelari emesse dal giudice del merito in

ogni altro Stato membro costituirà senz’altro un “bonus” di notevole rilievo per la parte

interessata, in termini di costi e tempi risparmiati.

D’altro canto, nei casi in cui si voglia colpire la controparte a sorpresa, il nuovo sistema non è

adeguato: di norma, dunque, il creditore preferirà agire nello Stato in cui la misura, concessa

inaudita altera parte, dovrà poi trovare attuazione.

In quest’ottica, assume particolare rilievo pratico la giurisdizione speciale attribuita dall’art. 35

del regolamento. Parte della dottrina, invero, ritiene che la norma abbia ormai una funzione

molto limitata ma a mio parere non è questo il caso (65

).

I dubbi interpretativi sollevati dalla nuova normativa sono peraltro numerosi: sarà, dunque,

interessante verificare come l’esperienza applicativa li saprà affrontare nei prossimi anni.

65

) QUERZOLA, Il nuovo sistema delle misure provvisorie, cit., p. 1481, ad esempio, scrive “l’art. 35 non

possiede più alcuna effettiva vitalità”.


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