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Nivola L'investigazione dello spazio (G. Altea)

Date post: 19-Nov-2023
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NIVOLA L’investigazione dello spazio
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NIVOLAL’investigazione dello spazio

a cura di Carlo Pirovano

NIVOLAL’investigazione dello spazio

Indice

© Copyright 2010 Fondazione Costantino Nivola, OraniIlisso Edizioni, Nuoro

ISBN 978-88-6202-059-6

Mostra

Catalogo

ContributiGiuliana Altea, Antonella Camarda, Simona Campus, Ugo Collu, Mar-gherita Coppola, Maria Luisa Frongia, Concettina Ghisu, Rita Ladoga-na, Fred Licht, Maddalena Mameli, Micaela Martegani, Carlo Pirovano

Grafica e selezioni coloreIlisso Edizioni

Referenze fotograficheLe foto, quando non diversamente specificato in didascalia, apparten-gono a:Archivio Ilisso Edizioni: pp. 38, 48-49 e nn. 123, 144 (N. Dietzel);p. 41 (C. Gualà); p. 58 e nn. 7, 13-14, 25, 38-40, 45, 53, 57, 68-69, 76-79, 85, 88-89, 93, 95-99, 113-116, 119-122, 124-134, 139,145 (P.P. Pinna); p. 51 e nn. 105, 118 (D. Tore); pp. 40, 43 e nn. 1,32-37, 43-44, 46-47, 65-67, 70-71, 73-75, 94, 100, 112, 117.Archivio Fondazione Nivola: p. 60 e nn. 58-61, 141 (G. Dettori); p. 63(foto a colori).Archivio eredi Nivola: pp. 16, 19-21, 24, 27, 32-34, 42, 44-45, 62, 75.Archivio Giorgio Dettori: nn. 16-20, 28-31, 52, 143.Archivio Istituto Italiano di Cultura di Città del Messico: p. 63 (fotoin bianconero).Archivio privato: pp. 22-23, 62, 68, 142.

StampaLongo Spa

a cura di Carlo Pirovano

Nuoro, TRIBUpiazza Santa Maria della Neve22 dicembre 2009 - 21 giugno 2010

Con la collaborazione di

FONDAZIONE NIVOLA

N I VO L AL’investigazione dello spazio

Fondazione Banco di Sardegna

COMUNE DI NUORO

9 IntroduzioneCarlo Pirovano

17 Nivola e Le CorbusierMaddalena Mameli

25 La stanza verde. Bernard Rudofsky e il giardino di NivolaGiuliana Altea

39 Uno spazio urbano innovativo in Sardegna: Piazza Sebastiano Satta a NuoroMaria Luisa Frongia

55 Due argomenti che tutti conoscono così bene da dimenticarliFred Licht

59 Il messaggio morale e civile nell’opera di Costantino NivolaUgo Collu

71 L’investigazione dello spazio. Un itinerario

180 Nota biografica

183 Bibliografia citata

Progetto espositivoProgetto MediaAndrea NulliSilvana SermisoniFrancesco Vicari

Coordinamento allestimentoClaudio Mangoni

Strutture allestitiveArtigianato & DesignDomenico CongedduBruno Serra

Murale all’esterno del solarium, giardino Nivola, EastHampton, 1950 ca. (oggi distrutto).

L’amicizia più che decennale tra Bernard Rudofsky e Costantino Nivola, e la lorocollaborazione nel 1950 alla realizzazione del giardino di casa Nivola a Springs,nascono all’insegna del comune interesse per quella che il primo chiamava “artedel vivere”, e di cui lamentava la scomparsa nella società moderna. «Non ci vuoleun nuovo modo di costruire, ci vuole un nuovo modo di vivere», aveva proclama-to nel 1938 sulle pagine di Domus.1 «L’arte del vivere – avrebbe scritto ancora inArchitecture Without Architects, il catalogo della fortunata mostra da lui curata alMoMA nel 1964 – non viene insegnata né incoraggiata in questo paese. La consi-deriamo una forma di dissolutezza, inconsapevoli che i suoi principi sono frugali-tà, pulizia e un generale rispetto per la creazione, per non dire la Creazione».2L’ideale di un’esistenza semplice e armoniosa, sana e naturale ispira l’intera ricercadell’architetto viennese.3 Rudofsky concepiva il tema dell’abitare in stretto rappor-to con quelli, solo in apparenza marginali, dell’abbigliamento e del cibo, come al-trettanti aspetti di una Lebensweise, uno stile di vita che a suo parere aveva urgentebisogno di essere rimodellato per consentire di recuperare la gioia dei sensi e lachiarezza intellettuale. Questo “epicureo aristocratico”,4 il cui spirito di riformatrovava in ambito austriaco precedenti di rilievo (si pensi a Adolf Loos), rintraccia-va i modelli di un vivere più autentico nelle culture mediterranee, alle quali si eraaccostato fin dagli anni Venti con una serie di viaggi in Turchia, in Grecia e in Ita-lia, seguiti da soggiorni a Capri, Ischia e Procida.5 Era un mediterraneismo, il suo,lontano da tentazioni nostalgiche e insieme ben diverso da quello astratto e venatodi neoplatonismo prevalente fra i razionalisti italiani;6 una posizione che – rispec-chiata negli anni Trenta da lavori quali villa Oro a Napoli, progettata con LuigiCosenza (1935-37),7 e l’Albergo di San Michele, progettato con Gio Ponti perCapri e non realizzato (1938) – avrebbe in seguito assunto valore critico rispettoalla linea maestra del modernismo americano. Dopo il trasferimento in Brasile equindi negli USA (1941), l’opera di Rudofsky sarebbe apparsa infatti in sintoniacon le idee di quanti allora cominciavano a rivedere i parametri dell’InternationalStyle, mettendone in discussione il carattere di traduzione formalistica della lezio-ne del razionalismo europeo.8Mentre Rudofsky teorizza, propaganda e si sforza di applicare i criteri di un viverefondato sulla integrazione di sensi e intelletto, Nivola – genuino rappresentantedella tanto ammirata cultura mediterranea – sembra praticare spontaneamentel’arte del vivere, intesa come equilibrio tra spirito e circostanze materiali. La di-mensione di elementare armonia estetica che pare essergli connaturata colpiscequanti gli sono vicini, dalla moglie Ruth («per Tino, l’arte era parte della vita. Nonera un’attività separata»),9 ad amici come l’architetto Peter Blake, secondo il quale«c’era arte in tutto quel che faceva: nel modo in cui sbucciava un frutto; nel modoin cui cucinava; nel modo in cui versava il vino; nel modo in cui parlava, nel suoinglese imperfetto, alla famiglia e agli amici; nel modo in cui toccava la terra e lepiante e l’acqua e i muri che costruiva per definirli».10Se l’immagine di Nivola “artista naturale” era per qualche verso complementare auna certa sottovalutazione, da parte dell’ambiente newyorkese, della sua opera diartista professionale, non si può negare che essa abbia un fondo di verità. Dopotutto, la sua prima formazione era avvenuta all’interno di una cultura tradiziona-le – quella della Sardegna d’inizio secolo – in cui ogni aspetto della quotidianitàera governato da un ordine al tempo stesso morale ed estetico; una sorta di Ge-samtkunstwerk popolare, che, unita a tratti di temperamento, aveva lasciato in lui

La stanza verde. Bernard Rudofsky e il giardino di Nivola Giuliana Altea

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Bernard Rudofsky, illustrazione da “Variazioni”, in Domus, n. 124, aprile 1938, p. 14.

Bernard Rudofsky, assonometria del giardino Nivola,inchiostro su carta, 46,4 x 86 cm, The BernardRudofsky Estate, Vienna.

accordo all’interno di alcune riviste di architettura, promuovendone il rinnova-mento e l’apertura verso il razionalismo europeo: The New Pencil Points vede Ru-dofsky in veste di direttore associato e grafico nel 1942-43, Nivola in quella digrafico tra aprile e novembre 1944; Interiors, curato da Nivola come art editor percinque anni, passa nel dicembre 1945 nelle mani di Rudofsky che vi assume pri-ma il ruolo di art editor, poi quello di direttore associato e architectural editor, einfine anche di managing editor.17 Se in questa attività la parte giocata da Rudof-sky appare più visibilmente propositiva (dato il suo profilo di pubblicista e scritto-re, e dato anche il fatto che Nivola, per sua ammissione, tendeva a dedicare menotempo possibile agli impegni redazionali, intesi soprattutto come lavoro “alimen-tare”), è chiaro che l’amicizia tra lui e il collega sardo si nutre in questo periodo diuna varietà di motivi di discussione e interessi condivisi. L’acquisto da parte di Nivola, nel 1948, di una vecchia fattoria a Springs, negliHamptons – una località di vacanza meta di diversi artisti, ma la cui trasformazio-ne in zona residenziale di lusso era ancora di là da venire18 – offre a Rudofsky l’op-portunità di mettere in atto negli Stati Uniti alcune idee coltivate da tempo sulrapporto tra architettura e paesaggio. Operando in piena sintonia per integrare ar-chitettura e arti visive (e indubbiamente divertendosi parecchio), i due creano nel

tracce visibili. Lo stesso rapporto – per Nivola fondamentale – con Le Corbusier sistabilisce sulla base di un’immediata simpatia estetica, suscitata dalla visione del-l’ambiente quotidiano dell’artista; entrato nel modesto appartamento di Costanti-no e Ruth nell’Ottava Strada, l’architetto è toccato dalla semplicità e ordine “me-diterranei” che vi regnano, e si sente subito a proprio agio.11 In seguito, il suoinsegnamento contribuisce a sviluppare la capacità di Nivola di trattare gli ele-menti di ogni casa da lui abitata «come parti volumetriche di una grande sculturaglobale in cui ci si potesse muovere all’interno».12 Questa attitudine a trattare este-ticamente lo spazio della vita, pur senza privarlo della sua densità emotiva, si riflet-te nel giardino della casa di Springs, creato insieme a Rudofsky. La conoscenza tra Rudofsky e Nivola risaliva con ogni probabilità all’anteguerra;fra il 1937 e il 1938 il primo era a Milano, impegnato nell’attività al fianco diPonti e nel lavoro per Domus, una rivista nella cui redazione anche Nivola all’epo-ca transitava;13 era inoltre in contatto con personaggi vicini all’artista sardo, qualiLeonardo Sinisgalli e – verosimilmente – Giuseppe Pagano,14 il cui esempioavrebbe più tardi inciso sulla rivalutazione dell’architettura spontanea attuata conArchitecture Without Architects.15 A New York, dove era giunto nel 1941, Rudof-sky aveva ritrovato Nivola, che doveva apparirgli come la vivente incarnazione ditutto ciò in cui credeva: depositario dell’arte del vivere, mediterraneo, e perfino –date le sue esperienze giovanili come muratore in Sardegna – “architetto sponta-neo”. Tra loro era nata un’amicizia presto cementata da un episodio di collabora-zione, in occasione della mostra Are Clothes Modern?, la prima delle rassegne cura-te da Rudofsky al MoMA.16 Negli anni cruciali che registrano la svolta definitivadella cultura americana verso il modernismo, i due si danno il cambio di comune

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Il pergolato del giardino Nivola, East Hampton, 1986 ca.

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Bernard Rudofsky, copertina di Interiors, gennaio 1946. Disegno già pubblicato in Domus, n. 123, marzo 1938.

Outdoors-indoors? Indoors-outdoors?, da G. Eckbo, The Art of Home Landscaping, New York, F.W. DodgeCorporation, 1956.

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Carnets del settembre 1950 registra discorsi di Nivola indicativi dell’insoddisfazio-ne di questi per la pittura da cavalletto: «Nivola / La morte della pittura / decaden-za completa / bisogna che la pittura sia venduta al mq con il giusto coefficiente – iltramonto completo, la caduta attuale / il mercante, / il denaro / la Borsa!!! / mor-te».30 L’esaurimento della pittura, intrappolata in un’impasse commerciale, spingel’artista a cercarne il superamento nella dimensione ambientale e nella collabora-zione con l’architettura, per sperimentare le quali il progetto del giardino gli offreun’ottima occasione. Quando, nell’ottobre 1951, vengono pubblicate su Domus al-cune delle sue ultime ricerche – un murale e tre sculture realizzate con la nuovatecnica del sand-casting, inventata sulla spiaggia di Long Island e perfezionata nelcorso dei lavori per il giardino –, l’articolo non manca di sottolinearne il valore“spaziale” e “ambientale”, e l’appartenenza all’orizzonte della Gesamtkunstwerk(«Non mi faccio la casa per riempirla di pezzi d’arte, ma la faccio di pezzi d’arte,sembra dire Nivola»).31 A sua volta, la vicinanza di Nivola si direbbe alimenti l’in-teresse di Le Corbusier per l’integrazione delle arti, spingendolo a progettare unvolume sulla propria opera di muralista e scultore.32Quanto a Rudofsky, ritrova in Le Corbusier il proprio interesse per il Mediterraneoe per una cultura al tempo stesso della mente e del corpo; sul tema del giardino, pe-rò, le loro posizioni divergono. Per il francese, infatti, il punto non era tanto “vive-re” la natura quanto goderne visivamente. Le sue architetture dovevano posare sulpaesaggio come oggetti, senza modificarlo, lasciandone indisturbato il “sogno virgi-liano”.33 Neppure Rudofsky era interessato a intervenire sulla vegetazione; ma, se ilsuo era un “giardino senza giardinaggio”,34 doveva essere un giardino abitabile alpari di qualsiasi ambiente della casa, e per renderlo tale occorreva trasformarlo construtture costruite dall’uomo, pergole, panchine, recinzioni.35Il rifiuto di un rapporto puramente visivo con il paesaggio porta Rudofsky a con-dannare quello che chiama lo “spectator garden”, fruibile attraverso il filtro di unavetrata.36 La vetrata scorrevole era un elemento onnipresente nell’architettura mo-dernista americana, diffuso inizialmente soprattutto nel contesto californiano ecanonizzato negli anni Quaranta dal programma Case Study House della rivistaArts & Architecture di John Entenza.37 L’accento posto su questo tratto del razio-nalismo europeo, così come l’inedita importanza assunta dal tema del giardino,rispecchiavano il diffondersi negli Stati Uniti di un nuovo atteggiamento verso ilpaesaggio. Con la crescita delle aree suburbane, causata dal rifluire verso le perife-rie e la campagna di grandi masse di persone trasferitesi in città durante la guer-ra, era emersa una volontà di appropriazione individuale e intima della natura; siricercava con essa un rapporto “privato”, il che a sua volta favoriva la nascita diuna diversa concezione dell’abitare. Casa e giardino non erano più visti come en-tità separate, ma come parte di un nuovo senso dello spazio.38 Si voleva vivere acontatto con la natura, sia pure un contatto mediato da cortili e barbecue, stac-cionate e panchine. Benché Rudofsky enfatizzasse polemicamente il carattere contemplativo di questoatteggiamento verso il paesaggio, non mancavano nella cultura architettonicaamericana i sostenitori del giardino “abitabile”, le cui posizioni non differivanodalle sue che per qualche sfumatura. La voce più autorevole era quella di GarrettEckbo, il cui libro Landscape for Living, pubblicato proprio nel 1950 e destinato aesercitare enorme influenza, dichiarava fin dal titolo l’idea di un giardino non soloda guardare. «Il giardino deve essere qualcosa di più di un “soggiorno all’aperto” se

Costantino Nivola, copertina di Interiors, luglio 1948.

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terreno circostante la casa una serie di spazi concepiti come vere e proprie “stanzeall’aperto”.19 Nivola realizza da sé l’acciottolato delle pavimentazioni, le palizzate, lepanchine e diversi muri non funzionali ornati da dipinti. Al centro è lo spiazzo delbarbecue, con un camino in mattoni bianco e alcuni semplici sedili; a far da sfon-do, un murale su un muro libero, tra i primi risultati della svolta che, sulle orme diLe Corbusier, ha portato Nivola da una figurazione non priva di spunti decorativia una ricerca nutrita degli apporti dell’avanguardia europea. Cuore della vita convi-viale che anima il giardino nei weekend, quando i padroni di casa ricevono larghecomitive di amici, il barbecue è delimitato a sud ovest da una pergola dipinta dibianco, formante «dieci cubi perfetti»20 che scandiscono geometricamente lo spa-zio. Poco oltre sorge il solarium, cubo in muratura privo di aperture, cui si accedetramite una scala; all’interno, in parte pavimentato in mattoni e in parte ricopertodi sabbia, la temperatura è tale da consentire di prendere il sole (nudi, secondo leabitudini di Rudofsky) anche in gennaio. Le pareti sono rivestite di murali in cui,trascritte nella sintassi postcubista, sensuali figure femminili inneggiano alla libertàdel corpo a contatto con la natura. Non lontano dal solarium, infine, viene collo-cato un muro indipendente intonacato di bianco, forato da una finestrella attraver-so cui passa il ramo di un albero di melo. È un tratto giocoso («per innalzare unmuro … un uomo deve possedere lo Spieltrieb, l’istinto del gioco»),21 che riassumeperò il senso del giardino come “stanza all’aperto”, in cui la natura vive entro unacornice dalla quale trae struttura e significato; ed è anche in certo qual modo unsimbolo di tutta l’opera di Rudofsky. ll muro sottolinea il valore dell’integrazionedi natura e artificio nella definizione degli spazi abitativi,22 e dichiara la qualitàscultorea assunta dall’architettura non funzionale.23 Schermo vuoto sul quale siproiettano le ombre degli uccelli di passaggio, delle nubi e della vegetazione (unaconcezione molto vicina al sentire Zen di figure chiave del contesto americano diquegli anni, come John Cage e Robert Rauschenberg),24 afferma l’idea del giardinocome architettura e dell’architettura come arte. ll tema della open-air room era apparso già nelle ville costruite da Rudofsky in Brasi-le, e prima ancora si era affacciato nei suoi anni italiani: «Il cortile è la vera camerada stare – aveva scritto su Domus, presentando il progetto di una casa a Procida –.Il suo pavimento è formato da erba rasata con margheritine e veronica … Il cielocoi suoi mille aspetti fa da soffitto».25 Stanze a cielo aperto comprendeva anchel’Hotel San Michele, dove ogni camera aveva «un patio fra protettrici mura che in-cludono nel breve recinto qualche pino e qualche olivo».26 Sempre su Domus, Ru-dofsky pubblicava nel marzo 1938 il disegno di una stanza senza soffitto, arredatama col prato al posto del pavimento, che anticipa l’idea del solarium di Springs.27 Ildisegno (poi riutilizzato nel 1946 come copertina per Interiors) rivela il fascino eser-citato su di lui dall’attico dell’appartamento di Charles Beistegui (1931), stravagan-te mix di open-air room e tetto-giardino modernista creato da Le Corbusier per uncommittente ricco quanto eccentrico, con pavimento d’erba, mobili e camino rac-chiusi da un muro oltre la cui sommità si scorgevano i tetti di Parigi.Al di là del richiamo all’attico Beistegui, Rudofsky condivideva con Nivola l’am-mirazione per Le Corbusier, la cui presenza doveva aleggiare come quella di un nu-me tutelare sul giardino, e che durante i lavori vi si sarebbe recato in carne e ossa,ospite dell’artista sardo.28 Per quest’ultimo, la presenza del maestro del moderni-smo costituiva un ulteriore stimolo a riflettere sulla “sintesi delle arti”, un tema ca-ro a Corbu e allora di grande attualità nel dibattito internazionale.29 Una nota dei

Le Corbusier, attico dell’appartamento di Charles Beistegui, Parigi, 1930.

Il forno sardo con il doppio totem zebrato, 1952. Da “Scultura dipinta all’aperto”, in Domus, ottobre 1952.

Isposos, muro-totem realizzato a sand-cast. Da “Scultura dipinta all’aperto”, in Domus, ottobre 1952.

Il doppio totem dipinto con motivi decoratividifferenti. In primo piano, davanti al forno, Pietro e Chiara Nivola giocano a fare il pane.

Un gruppo di ospiti davanti al barbecue, giardino Nivola, East Hampton, anni Sessanta (foto S. Greenburg).

deve essere degno del suo nome – scriveva Eckbo –. Deve fare delle cose per ilsuo proprietario – divertirlo, stimolarlo, deliziarlo, rilassarlo – perché la sua esi-stenza possa essere giustificata. Deve fornirgli quel contatto rivitalizzante con lacrescita delle piante e la fecondità della terra, senza il quale l’uomo perde la suaforza e la sua ispirazione. Come una moglie, deve essere perennemente attraente,perennemente allegro, perennemente delizioso. Ogni visita deve essere un’avven-tura e un’esperienza».39 Richiamo alla terra e paragoni maschilisti a parte, Eckbova oltre le stesse posizioni di Rudofsky nell’affermare la necessità di un giardino“vivibile”. È stato detto che l’originalità dell’architetto viennese risiederebbe nelsuo impegno teorico e nell’affermare l’incompletezza di una casa priva di una“stanza all’aperto”;40 in realtà, però, questi sono aspetti presenti anche in Eckbo,le cui tesi circolavano ampiamente già negli anni Quaranta attraverso una serie diinterventi sulla stampa. Il valore del giardino di Springs, in effetti, non risiede tanto nell’originalità dellaconcezione di Rudofsky, quanto nella collaborazione che egli vi attua con Nivola,nell’armonioso intreccio che vi si realizza tra pittura, scultura, architettura e pae-saggio (oltre che, come vedremo, nel carattere “in progress” che gli interventi arti-stici vi avrebbero assunto). Questi aspetti rimandano a un modo di pensare la pro-gettazione che aveva origine in Italia, e al quale gli Stati Uniti guardavano in quelmomento con forte interesse.41 Il design italiano, frutto degli sforzi di un paeseuscito semidistrutto dalla guerra ma carico di fermenti e di energie, colpiva gliamericani per la sua tendenza alla fusione delle arti, per l’accento posto sul lavorodi squadra e su una nuova e più intensa esperienza del vivere;42 elementi che ven-gono messi in rilievo nel panorama della produzione italiana pubblicato nel 1948,a cura di Rudofsky,43 in un numero di Interiors di cui – non a caso – è Nivola a fir-mare la copertina, raffigurante il soggetto italianissimo della madre col bambino.44Fusione delle arti, lavoro di squadra e accresciuto senso del vivere connotavano

L’interno del solarium del giardino con un murale di Nivola, East Hampton, 1950 ca.

Copertina di The Architectural Review, n. 664, aprile 1952.

Bernard Rudofsky, Bernardo Sandalse Bernardo Separates indossati da una modella non identificata sullo sfondo del solarium del giardino Nivola, East Hampton, 1951 ca.

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l’esperienza personale dell’artista sardo fin dagli anni formativi, e caratterizzanoanche il progetto del suo giardino.Proprio sul terreno della collaborazione, tuttavia, doveva nascere il dissidio tra idue amici. Ben presto il giardino diventa campo di una contesa che da latente sifarà via via più aperta. Dapprima Rudofsky ne mette in atto una sorta di appro-priazione simbolica, usandolo come set per una serie di foto che documentano ifrutti della sua attività di designer per l’abbigliamento. Negli scatti, un’amica posanel solarium, davanti ai murali, indossando calzature e abiti creati dall’architettocome parte della sua battaglia per la riforma del vestire (i notissimi Bernardo San-dals, sandali infradito tuttora in produzione, e i Bernardo Separates, linea di indu-menti – in verità piuttosto goffi – di taglio geometrico ed essenziale). I dipinti diNivola recedono a mero sfondo, diventano una quinta per la sfilata dei modellidel collega. Poco dopo, questi presenta il giardino sulla stampa assumendone inte-ramente la paternità. In un articolo apparso su Domus e – in versione più ampia –su Arts & Architecture, ne pubblica le foto accompagnandole con le proprie rifles-sioni teoriche, ma omettendo il nome di Nivola, che figura appena in una dida-scalia come autore dei soli murali.45

Nivola posa davanti alla fontana del giardino con indosso il completo di velluto dei pastori e contadini sardi, 1952 ca.

Schizzo planimetrico del giardino di East Hampton,inchiostro su carta, Menabò A, p. 25.

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Fontana di tegole metalliche e murale graffito, giardino Nivola, East Hampton, metà degli anni Cinquanta.

Murale graffito, giardino Nivola, East Hampton, anni Cinquanta.

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“The pergola-village, vined Orani”, illustrazione da Interiors, gennaio 1953.

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Ai murali stessi il testo dedica un cenno fugace, contrapponendoli al gioco di om-bre proiettato sul muro forato: «Tre murali astratti competono con le fantasmagorieombrose».46 L’uso del verbo competere è rivelatore di una sotterranea resistenzanei confronti dell’idea della sintesi delle arti.47 Su questo tema Rudofsky non sisofferma nei suoi scritti, benché, come si è detto, sembri apprezzarne il valore nel-la cultura italiana.48 Per Rudofsky, in fin dei conti, l’architettura non ha bisognodelle altre arti; il muro forato è “scultura” di per sé, riflessi e ombre sull’intonacobianco rimpiazzano perfettamente la pittura.49 A questa (sottaciuta) convinzione siaggiunge una certa inclinazione al protagonismo e all’autopromozione, con cuiNivola si era già trovato a fare i conti tempo prima, quando l’amico aveva inopi-natamente rivendicato come proprio il progetto da lui presentato a un concorsodel MoMA per il disegno di una lampada.50 Lo spiacevole episodio era stato origi-ne di un primo raffreddamento nei rapporti tra i due, ai quali l’articolo su Domuse Arts & Architecture avrebbe dato il colpo di grazia.51Ben presto Nivola comincia a riaffermare i propri diritti sul giardino. Il serviziofotografico che Domus gli dedica nell’ottobre 1952 (a probabile risarcimentodell’articolo di Rudofsky)52 mostra un’effervescenza di ricerche senza precedenti:

Bernard Rudofsky, muro indipendente con albero di melo, giardino Nivola, East Hampton, 1950 ca.

densi pattern geometrici rivestono due muri liberi; una scultura primitivista si ac-campa sull’erba; un forno tradizionale sardo, custodito da un doppio totem in ce-mento, maschile e femminile, appare in due successive varianti di colore (una del-le quali zebrata) a far da contraltare al barbecue minimalista.53 Poco dopo, l’artistacostruisce una fontana che convoglia l’acqua lungo tegole di rame infisse su aste,progetto vagamente memore – nell’effetto di leggerezza del liquido che cade dal-l’alto scorrendo sul metallo – della Fontana di mercurio esposta da Calder nel padi-glione spagnolo all’Expo parigina del 1937.54 Davanti agli steli metallici, l’artistaposa orgogliosamente per l’obbiettivo con indosso il completo di velluto dei pa-stori sardi, quasi a contrapporre l’abito “etnico” all’abbigliamento “riformato” diRudofsky, e a proclamare contro il mediterraneismo generico di questi la propriaappartenenza a una personale tradizione mediterranea. Nel 1954, forte della sicu-rezza conquistata con il successo del rilievo per lo showroom Olivetti a New York,decide di pubblicare a sua volta le immagini delle prime “stanze all’aperto” diSprings, includendole tra quelle di un ampio articolo dedicatogli su Interiors a fir-ma del nuovo direttore della rivista, Olga Guelft.55Nel frattempo il giardino continua a vivere. Nivola delimita l’area della fontana conuna palizzata di assi orizzontali bianche e un murale su un muro libero, realizzato agraffito, tecnica che gli era familiare fin dagli anni milanesi e verso la quale il suointeresse era stato risvegliato dall’esempio di Le Corbusier.56 Di stagione in stagionemoltiplica gli interventi, decorando panchine, rinnovando periodicamente colori edisegni dei murali, collocando, spostando e rimuovendo sculture. Gli spazi intornoalla casa diventano luogo di incessanti trasformazioni, teatro di eventi plastici e pit-torici che accompagnano lo svolgersi della vita quotidiana dell’artista, dei suoi fa-miliari e degli amici; l’ideale del giardino “da vivere” si realizza così in un senso cheoltrepassa le intenzioni di Rudofsky. Al di là dei conflitti per la sua paternità, l’esperienza del giardino sarebbe rimastafondamentale per entrambi i suoi creatori. Per Rudofsky rappresentò l’unica operaarchitettonica da lui costruita tra il 1941 e il 1962, un banco di prova delle sue teo-rie e uno spunto prezioso per la loro pubblicizzazione. A Nivola diede modo di im-pegnarsi per la prima volta nel dialogo con l’architettura, in un contesto protetto eper così dire sperimentale (l’anno in cui il giardino viene pubblicato, il 1952, è an-che l’anno del suo primo significativo lavoro di collaborazione con un architetto, ilmurale di casa Gagarin per Marcel Breuer); e soprattutto lo aiutò a sviluppare me-glio la sua concezione di un’arte libera da confini disciplinari, che dallo spazio pri-vato della casa si sarebbe poi trasferita in quello pubblico. Così, nel 1953, il motivorudofskiano della pergola doveva suggerire all’artista una delle sue invenzioni piùfelici: un progetto per Orani, il suo paese natale in Sardegna, secondo cui le casedel piccolo centro (allora di 4000 abitanti) avrebbero dovuto essere congiunte l’unaall’altra da un traliccio ricoperto di tralci di vite: una «lezione di integrazione fraambiente civico, arte e paesaggio»57 che anticipava nella sua poetica semplicità mo-tivi centrali del successivo dibattito sull’arte pubblica.

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Note

vori nati entrambi nel 1951 nel fervido clima di ricercadel Black Mountain College in South Carolina, dove –sarà il caso di ricordare – anche Rudofsky e la moglieBerta Doctor avevano tenuto dei cicli di lezioni nel1944 e 1945.

25. B. Rudofsky, “Pianta della casa di Procida”, in Do-mus, n. 123, marzo 1938, p. 10.

26. (G. Ponti), “Un nuovo tipo d’albergo progettato daPonti e Rudofsky per le coste e le isole del Tirreno e chepuò essere ideale per la Dalmazia”, in Stile, n. 8, agosto1941, p. 16.

27. Il disegno è pubblicato col titolo Problema, a riscon-tro di un articolo di Ponti, “Falsi e giusti concetti nellacasa”, in Domus, n. 123, marzo 1938, p. 1. In aprile larivista pubblica una foto dell’attico Beistegui (p. 9).

28. Durante una delle visite ai Nivola a Springs, di ri-torno da Bogotà alla fine del settembre 1950, Le Cor-busier eseguiva due murali nel soggiorno della loro casa(sull’opera, cfr. G. Altea, “Muri parlanti” cit.). Duranteun’altra visita, nel maggio 1951, realizzava nel giardinoalcune sculture con la tecnica, inventata da Nivola, delsand-casting.

29. Sulla posizione di Le Corbusier, cfr. C. Menz (ed.),Le Corbusier ou la Synthèse des arts, catalogue, Skira,Genève, 2006. Per un panorama del dibattito in Ame-rica, cfr. il resoconto del convegno tenuto al MoMA il19 maggio 1951, “A symposium on how to combinearchitecture, painting and sculpture”, in Interiors, May1951, pp. 103-105.

30. Le Corbusier Sketchbooks, notes by F. de Franclieu,Architectural History Foundation-The MIT Press,New York-Cambridge, Mass., 1981-81, 2, 1950-54,Bogota-New York II, Septembre 1950, D16’’, 234.

31. (G. Ponti), “Fantasia degli italiani. Tino Nivola”, inDomus, ottobre 1951, p. 47. A proposito dell’aspettostraniante degli “oggetti spaesati all’aperto” nel giardi-no, l’articolo cita l’attico Beistegui.

32. Le Corbusier Sketchbooks cit., Bogota-New York II,Septembre 1950, D16’’, 247.

33. L’espressione, spesso citata, è di Le Corbusier, Préci-sions sur un état présent de L’architecture et de l’urbanisme,Paris, Vincent Fréal, 1960, p. 138. L’atteggiamento diLe Corbusier verso il paesaggio aveva dato spunto aprecoci critiche; nel 1930 Fletcher Steele notava adesempio la banalità dei suoi giardini (“New pioneeringin landscape design”, in Landscape Architecture, Oct.1930).

34. B. Rudofsky, “The Bread of Architecture” cit., p. 45.

35. «La sola vegetazione sembra non possa fornire la co-modità che rende un giardino vivibile. Essa dipende dal-la presenza di alcuni elementi inanimati: un cancello,una panchina, dei pali, che costituiscono per così diredei centri di gravità in una sfera agitata di forme e colori,suoni e odori». B. Rudofsky, Behind the Picture Window,New York, Oxford University Press, 1955, p. 160. Nelvolume sono ripubblicate le foto del giardino Nivola.

36. B. Rudofsky, “The Bread of Architecture” cit., p. 28.

37. Il programma Case Study House, promosso dalla ri-vista californiana Arts & Architecture e sviluppatosi con

nel 1938) rievoca i propri rapporti con Rudofsky: “Ru-dofsky”, in Furor Mathematicus, Firenze, Ponte alleGrazie, 1992, pp. 165-169. Per una considerazione diRudofsky nel contesto della visione dell’architetturadi Sinisgalli, cfr. S. Zuliani, Il demone della contraddi-zione. Sinisgalli critico d’arte, Milano, Guerini, 1997,p. 125. Che Rudofsky fosse in contatto con Pagano –con cui Nivola collaborò a diversi allestimenti di mo-stre, dopo esserne stato allievo all’ISIA – è pressochécerto, dato anche il suo rapporto con Luigi Cosenza,amico di Pagano.

15. Per il valore di precedente, nei confronti di Archi-tecture Without Architects, della mostra Architettura ru-rale italiana, curata da Pagano e Guarniero Daniel allaVI Triennale di Milano (1936), cfr. A. Bocco Guarnie-ri, “The Art of Dwelling” cit., p. 130. Alla realizzazionedella mostra milanese aveva collaborato anche Nivola.

16. Rudofsky si era trasferito a New York dal Brasile(dove era emigrato nel 1938) dopo aver vinto il con-corso del MoMA Organic Design. Nel 1944, Nivolacollabora alla mostra del MoMA Are Clothes Modern?traducendo in scultura dei disegni di Rudofsky. Cfr. G.Altea, Costantino Nivola, Nuoro, Ilisso, 2005, p. 54.

17. Rudofsky, entrato a Interiors nel dicembre 1945,nel gennaio 1946 si presenta ai lettori senza falsa mode-stia come «architetto-ingegnere-industrial designer-scrittore, e in generale commentatore sui progetti uma-ni per la vita, di fama internazionale», e annuncia lacostituzione nella rivista di un “Architectural Depar-tment” da lui diretto (“Rudofsky joins Interiors”, Inte-riors, Jan. 1946, p. 14), cosa che gli consente di distin-guere le proprie funzioni da quelle di Francis de N.Schroeder, che rimane formalmente direttore; curainoltre l’impaginazione e la tipografia, e occasional-mente le copertine. Dal gennaio 1946 la rivista cambiail nome in Interiors and Industrial Design.

18. Sull’architettura estiva negli Hamptons e l’ambienteartistico che vi si era creato negli anni Quaranta, cfr. A.Gordon, Weekend Utopia. Modern Living in the Ham-ptons, New York, Princeton Architectural Press, 2001.

19. Ringrazio Chiara Nivola per avermi aiutato a defi-nire la successione degli interventi nel giardino, e Mi-chael Gotkin per lo scambio di idee avuto sui rapportitra Nivola e Rudofsky. La descrizione che segue si rife-risce alla prima fase dei lavori (i murali oggi non esisto-no più). Per un esame del giardino nel suo stato attua-le, cfr. A. Gordon, “The Nivola Garden” cit.

20. A. Hammer, “An Outdoor House on Long Is-land”, in The Architectural Review, CXI, April 1952,p. 268.

21. B. Rudofsky, “The Bread of Architecture”, in Arts &Architecture, n. 69, Oct. 1952, p. 45.

22. A. Bocco Guarnieri, Bernard Rudofsky cit., p. 51.

23. «Un muro autonomo, semplice, senza specialicompiti, oggi è inaudito. In un giardino, un muro si-mile assume il carattere della scultura». B. Rudofsky,“The Bread of Architecture” cit., p. 45.

24. L’idea del muro bianco come schermo per gli acca-dimenti della natura fa pensare ai White Paintings diRauschenberg e alla performance 4’33” di Cage (in cuiil silenzio era sfondo ai rumori casuali della realtà), la-

1. B. Rudofsky, “Non ci vuole un nuovo modo di co-struire, ci vuole un nuovo modo di vivere”, in Domus,n. 123, marzo 1938, pp. 6-8.

2. B. Rudofsky, Architecture Without Architects. A ShortIntroduction to Non-Pedigreed Architecture, New York,Doubleday & Company, 1964, s.p.

3. Gli ultimi anni hanno visto rinascere l’interesse perla figura di Rudofsky. Cfr. in particolare A. BoccoGuarneri, Bernard Rudofsky. A Humane Designer,Springer, Wien-New York, 2003; Lessons from BernardRudofsky. Life as a Voyage, catalogue, Birkhäuser, Basel-Boston-Berlin, 2007.

4. Definizione di A. Bocco Guarneri, Bernard Rudofskycit., p. 57.

5. Rudofsky aveva soggiornato a Capri, Ischia e Procidatra il 1932 e il 1937. Cfr. A. Bocco Guarneri, “The Artof Dwelling. Domestic Well-being, Mediterranean Spi-rit, and Architectural Design”, in Lessons from BernardRudofsky cit., pp. 126-164.

6. Cfr. B. Gravagnuolo, Il mito mediterraneo nell’archi-tettura contemporanea, Napoli, Electa, 1994.

7. Sulla villa, cfr. I. Baller et al., Villa Oro, Berlin, We-stkreuz-Verlag, 2008.

8. Cfr. F. Scott, “Aesthetics and Utility: The Untran-sposable Fetish of Bernard Rudofsky”, in Assemblage,No. 38 (Apr. 1999), pp. 58-89.

9. Ruth Guggenheim, citata in A. Gordon, “The Nivo-la Garden”, in M. Martegani (a cura di), Costantino Ni-vola in Springs, catalogo della mostra, Southampton-Nuoro, The Parrish Art Museum-Ilisso, 2003, p. 35.

10. P. Blake, No Place Like Utopia. Modern Architectureand the Company We Kept, Norton, New York-London,1993, p. 68.

11. Nivola ha spesso raccontato la prima visita di LeCorbusier, nel 1946, all’appartamento dell’Ottava Stra-da: «Questa stanza era ben tenuta, non c’erano altrimobili, qualche scaffale con qualche libro, un tavolo damodella che serviva anche da tavolo, pavimento pulito,mia moglie era molto ordinata, e un bel bambino chegiocava al sole. Zoccolo azzurro, soffitto azzurro, paretibianche, ha cercato di sorridere, ha brontolato qualchecosa riguardo al Mediterraneo … Gli è piaciuto…». (P.Baggiani, G. Pinna Parpaglia, intervista inedita a Co-stantino Nivola, 1980, archivio Ilisso, pp. 51-52). Sullapercezione di Nivola, da parte di Le Corbusier, comeincarnazione di un’originaria armonia “mediterranea”,cfr. G. Altea, “Muri parlanti. Pollock, Le Corbusier,Nivola e la memoria dell’origine”, relazione al conve-gno Arte e memoria dell’arte, a cura di M.I. Catalano eP. Mania, Università della Tuscia, 1-2 luglio 2009, attiin corso di stampa.

12. R. Ingersoll, “Costantino Nivola in America”, in F.Licht et al., Nivola. Sculture, Milano, Jaca Book, 1991,p. 160.

13. Su richiesta di Ponti, Rudofsky curò i numeri diDomus di febbraio, marzo e aprile 1938. Nivola ricorda(in P. Baggiani, G. Pinna Parpaglia cit., p. 43) di averlavorato a Domus, benché le sue biografie non riporti-no la notizia.

14. Sinisgalli (amico di Nivola e suo testimone di nozze

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le ombre dei rami «forniscono un murale che cambiacon le stagioni e il movimento del sole».

50. Il concorso, lanciato nel 1950 dal MoMA con laHeifetz Company, aveva visto la partecipazione di piùdi 600 designer con circa 3000 oggetti. Nivola avevaottenuto un terzo premio ex-aequo per due modelli dilampada ricavati dagli elementi di un gioco di costru-zioni per bambini, ma in seguito alle rivendicazioni diRudofsky l’esito venne annullato. Cfr. le lettere del di-rettore del procedimento Greta Daniel e di Peter Blakea Marcel Breuer (membro della giuria): Marcel BreuerPapers, Correspondance, Archives of American Art, Smi-thsonian Institute: lettera (copia) di Rudofsky a GretaDaniel, 19 settembre 1950; G. Daniel, bozza di letteraa Nivola, s.d.; lettera di G. Daniel a M. Breuer, 3 otto-bre 1950; lettera (copia) di P. Blake a G. Daniel, 4 ot-tobre 1950. Sull’esito del concorso, cfr. “Lamp Com-petition: a new flexibility in machine for lighting”, inInteriors, April 1951, pp. 136-139.

51. In futuro, Rudofsky avrebbe rimosso ogni tracciadi Nivola dalla documentazione del giardino, indicatonel suo archivio semplicemente come «house garden,Long Island» (Bernard Rudofsky Papers, Research Li-brary, ca. 1910-1987, The Getty Research Institute,Los Angeles, 920004: folder 9); e Nivola avrebbe ricor-dato l’ex amico con qualche sarcasmo: «Un certo Ber-nard Rudofsky, che quando venne in Italia Ponti glidiede la chiave dell’editrice dicendogli fai quello chevuoi … È una persona molto chic, che scrive libri…».(P. Baggiani, G. Pinna Parpaglia cit., p. 44).

52. (G. Ponti), “Scultura dipinta all’aperto”, in Domus,ottobre 1952, pp. 46-48.

53. Al barbecue Nivola sovrapporrà uno schermo cur-vilineo (oggi distrutto) con un pattern color arancio,vicino alle ricerche decorative svolte per il rilievo delloshowroom Olivetti (1953).

54. Nivola ricordava l’impressione avuta all’Expo del1937 dal padiglione spagnolo, che si recò più volte avisitare e i cui film di propaganda contribuirono a ri-svegliarne i sentimenti antifascisti. La fontana di Caldersi trovava davanti a Guernica di Picasso, nel patio dovei film venivano proiettati. In seguito Calder, conosciutonegli USA, era diventato amico dei Nivola.

55. O.G. (O. Guelft), “Sardinia and an artist”, in Inte-riors, July 1954, n. 11, pp. 86-93.

56. Era a graffito uno dei murali dipinti negli anniTrenta da Le Corbusier a Cap-Martin, nella villa diJean Badovici, l’E-1027; l’opera era stata pubblicatanel giugno 1948 su Interiors: cfr. J. Thrall Soby, “LeCorbusier, muralist”, in Interiors, June 1948, n. 11,p. 101.

57. O.G. (O. Guelft), “Interiors to come”, in Inte- riors, Jan. 1953, p. 78. Non a caso, nel 1987 – men-tre infuriava la polemica sul Tilted Arc di Richard Ser-ra, esempio di un’arte pubblica che anteponeva ilpensiero dell’artista alle esigenze della comunità – Ni-vola propose al Comune di Orani di realizzare il pro-getto, mirante alla creazione di «un’oasi di naturaleconvivenza, dove il recupero dei rapporti umani ha lapriorità assoluta, perché indispensabile al vivere socia-le». C. Nivola, lettera al sindaco di Orani, novembre1987, archivio Ilisso, Nuoro.

interruzioni tra il 1945 e il 1966, era un esperimento diedilizia residenziale nato per far fronte all’emergenzaabitativa causata dal ritorno dei reduci della guerra, cheportò a commissionare progetti di case-tipo a nomi dispicco dell’architettura modernista, da Richard Neutra aCharles e Ray Eames, a Eero Saarinen.

38. Cfr. Ch. Macy, S. Bonnemaison, Architecture andNature. Creating the American Landscape, London &New York, Routledge, 2003, pp. 222-223.

39. G. Eckbo, Landscape for Living (1950), introduc-tion by D.C. Streatfield, University of MassachusettsPress – Library of American Landscape History, Am-herst, 2009, p. 135. Negli ambienti progettati dagli ar-chitetti modernisti americani del dopoguerra, la diffe-renza tra “vivere la natura” nella stanza all’aperto oportarla all’interno della casa era alquanto sottile. InThe Art of Home Landscaping (1956) Eckbo ironizzasu questo fatto con una vignetta che contrapponel’“Outdoors-indoors” di un soggiorno interamente ve-trato e affollato di piante all’“Indoors-outdoors” dellastanza chiusa e senza soffitto rudofskiana.

40. A. Bocco Guarnieri, Bernard Rudofsky cit., p. 65.

41. Cfr. M. Casciato, “Between Craftsmanship and De-sign: ‘Italy at Work’”, in J.M. Pozo Munico, J. MartinezGonzàlez (eds.), La arquitectura nortamericana motor yespejo de la arquitectura española, Pamplona, Servicio Pu-blicaciones ETSA, 2006, pp. 9-18.

42. Cfr. M.R. Rogers, “Introduction”, in Italy at Work.The Renaissance in Design Today, catalogo della mostra,Roma, CNA, 1950, pp. 13-17.

43. Nell’introduzione alle 50 pagine dedicate al designitaliano, George Nelson ne indicava fra i tratti distintiviil concetto di un “lusso” inteso non quale abbondanzadi comfort borghese, ma come «uso del riparo e deisuoi contenuti per creare un accresciuto senso del vive-re»: G. Nelson, “Blessed are the poor…”, in Interiors,July 1948, n. 12, p. 71.

44. La copertina trascrive in chiave decorativa alcuni ri-tratti coevi di Ruth con la figlia Chiara, nei quali l’arti-sta sperimenta per gradi il passaggio dalla figurazione auna scomposizione ispirata da Le Corbusier e da Léger.

45. B. Rudofsky, “Giardino, stanza all’aperto (a proposi-to della ‘casa giardino’ a Long Island N.Y.)”, in Domus,luglio-agosto 1952, pp. 1-5 e 70; Id., “The Bread of Ar-chitecture” cit., pp. 27-29 e 45. L’attribuzione del giar-dino a Rudofsky, con la menzione di Nivola solo in rap-porto ai murali, si trova anche in A. Hammer, “AnOutdoor House on Long Island” cit.

46. B. Rudofsky, “The Bread of Architecture” cit., p. 45.Il corsivo è mio.

47. Resistenza non infrequente tra gli architetti. Lostesso Le Corbusier, a dispetto delle sue teorizzazionisulla sintesi delle arti, di fatto vedeva in quest’ultimapoco più di un mezzo per legittimare i propri interven-ti di pittore nell’architettura.

48. A differenza di Eckbo, che proponeva l’applicazio-ne al paesaggio della sintesi delle arti (cfr. Landscape forLiving cit., p. 231).

49. In Behind the Picture Window (cit., p. 139), Rudof-sky scrive, a commento della foto del muro forato, che


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